Thunder Road

di KimLennox
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The screen door slams, Mary’s dress waves ***
Capitolo 2: *** One soft infested summer me and Terry became friends ***



Capitolo 1
*** The screen door slams, Mary’s dress waves ***


Ero seduto al pianoforte, nella mia casa a Long Branch.
Di solito scrivevo le mie canzoni ovunque: sul retro degli spartiti, sui post-it per il frigorifero, sui volantini che distribuiscono per le strade, sulle cartine per le sigarette.
Ero un poeta occasionale, di quelli che, quando scrivono, lo fanno senza perdere tempo, di fretta, per non tralasciare nessuna parola, nessuna congiunzione o preposizione, affinché non si perdano.
Quel giorno invece mi ero lavato, avevo indossato un paio di jeans nuovi e la solita canotta bianca, e mi ero seduto al pianoforte, davanti alla finestra, con un taccuino nuovo in mano. Mi piaceva quel taccuino, mi dava la sensazione di essere un poeta vero, di quelli che scrivono versi e guadagnano.
E avevo cominciato a scrivere delle frasi. E avevo strappato fogli, e scarabocchiato, e scritto, e strappato.
Poi la zanzariera sbatte e sento dei passi leggeri provenire dall’ingresso.
-Bruce!- la voce di Mary è cadenzata come sempre, una dolce cantilena che mi culla.
Mi alzo, il taccuino ancora in mano. Lei si avvicina, le bacio la fronte, poi si allontana e fa un giro su sé stessa per mostrarmi il nuovo vestito che ha appena comprato. Le sta bene, una favola.
-Mozzafiato!- sussurro.
E intanto lei sorride, gli occhi socchiusi, e volteggia sulle note di una canzone che solo lei può sentire, e mi afferra le mani e balliamo insieme.
E la bacio, perché è troppo bella da guardare.
Poi scioglie l’abbraccio e si allontana in cucina.
Io torno a sedermi al piano, con il taccuino in mano.
E ricomincio a scrivere; e stavolta non strappo pagine, perché quei versi mi piacciono; e forse scrivo una nuova canzone.
No, anzi, scrivo un nuovo album: il più grande disco rock di sempre!


The screen door slams, Mary’s dress waves
Like a vision she dances across the porch
As the radio plays

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Capitolo 2
*** One soft infested summer me and Terry became friends ***


Ricordo ancora quella notte in cui io e Terry diventammo amici.
Era una notte silenziosa, infestata dal caldo, una tipica notte del New Jersey.
Stavo tornando a casa, ero in ritardo, mio padre mi avrebbe ammazzato di botte, di nuovo.
Di solito mi accorgevo che era sveglio entrando nel giardinetto, vedendo la sua ombra proiettarsi dalla cucina sull’erba. E non appena entravo in casa cominciava a urlare, e a svegliare la mamma, e ad afferrarmi per il collo, nonostante fossi, seppur di poco, più alto di lui. E non mi è mai passato per la mente di rispondergli con un pugno o di provare a difendermi dalle sue violenze, e forse di questo un po’ mi pento.
Quella sera comunque le strade erano buie e deserte, normalissimo per una cittadella come Freehold a quell’ora tarda. L’aria era stantia e il caldo era percepibile a fior di pelle. Incontrai Terry per caso, o forse no, forse per volere del destino. Si stava facendo pestare da un gruppo di ragazzi alti e grossi, di qualche anno più grande di lui.
E se a mio padre non avevo avuto il coraggio di tirare nemmeno un pugno, quella sera diedi a quegli stronzi una lezione che non avrebbero dimenticato facilmente. Ero magrolino e gracile, si, ma avevo un gancio destro da fare invidia a Cassius Clay.
-Tutto ok?- chiesi al ragazzo per terra.
Lui mi guardò di traverso, asciugandosi il labbro spaccato. Gli tesi la mano ma lui la rifiutò e si rialzò da solo, seppur dolorante.
Era gracile, di un anno circa più piccolo di me, ma con le spalle forti e le mani callose. Mi somigliava, da un certo punto di vista.
-Come ti chiami?- gli chiesi, cercando un fazzoletto da prestargli.
Ci mise un po’ per rispondere.
–Terry- disse alla fine. E gli porsi il fazzoletto.
Lo rifiutò, guardandomi male sotto il grumo di sangue che copriva il suo sopracciglio destro. Si sarebbe tumefatto nel giro di poche ore e probabilmente avrebbe usato la scusa delle scale per giustificarsi. La usava spesso anche mia madre.
-Bene, Terry, cosa mi dici dei tuoi amici?- gli chiesi, cercando di capire cosa avesse scatenato quella rissa.
-Non sono cazzi tuoi.- mi rispose. Tenace.
E rimanemmo in silenzio, lui a crogiolarsi nei suoi pensieri, io stravolto da quella risposta tanto arguta.
E va bene, se non vuoi parlarne non ne parliamo, pensai.
-Comunque io sono Bruce- gli dissi, rimettendo il fazzoletto in tasca.
-Bene, Bruce. Ti aspetti che io ti ringrazi, ora?- mi chiese, con aria di sfida.
Sorrisi. –No, non lo faresti mai, ho capito che tipo sei. Sei come me.
-Io non ho nulla a che fare con te, perbenista del cazzo- rispose.
Sorrisi di nuovo. –Io mi sarei detto la stessa cosa.- gli confessai, e poi mi allontanai verso casa, nella direzione opposta alla sua, sicuro che mi stesse seguendo con lo sguardo, magari anche maledicendomi.
Avevo trovato un amico, avevo trovato un fottutissimo amico.



One soft infested summer me and Terry became friends
Trying in vain to breathe the fire we was born in

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