Caran e il lupo di areon (/viewuser.php?uid=47888)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Caran ***
Capitolo 2: *** Convivenza ***
Capitolo 3: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Caran ***
01. Caran
Caran viveva, sin dal giorno
della
sua nascita, in un piccolo paesino arroccato in mezzo alle montagne
scoscese. Sin da quando, a tre anni, sua nonna le aveva regalato un
mantellino rosso da cui si era sempre rifiutata di separarsi, era stata
soprannominata Rossa .
Ispirato a Cappuccetto
Rosso di Perrault
Seconda classificata al contest Cappuccetto Rosso
di Gely_9_5
Rating: arancione
Genere: angst, dark, sentimentale
Personaggi: //
Note: long-fic (3 capitoli)
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- CARAN E IL
LUPO -
Capitolo 1
– Caran
Caran viveva, sin dal giorno della sua nascita, in un piccolo paesino
arroccato in mezzo alle montagne scoscese che caratterizzano
l’intera regione, uno di quei posti in cui tutti conoscono
tutti,
di un paio di centinaia di anime al massimo, le case ammassate nelle
vallette.
Sin da quando, a tre anni, sua nonna le aveva regalato un mantellino
rosso da cui si era sempre rifiutata di separarsi, era stata
soprannominata Rossa:
Caran
fu tanto entusiasta di quel mantello che sua nonna, quando crebbe, fu
costretta a fargliene degli altri, sempre più grandi,
adattando
la taglia alla sua nuova statura. Oltretutto, quel soprannome divenne
ancor più calzante quando, verso i dodici anni, il suo naso
e le
sue guance iniziarono a riempirsi di lentiggini che spuntavano come
funghi in autunno.
Era cresciuta forte e sana, giocando con i coetanei e passeggiando
spesso tra i boschi del posto. Le piaceva camminare in mezzo agli
alberi, a prescindere dalla stagione: che fosse estate o inverno, che
il sottobosco fosse coperto di foglie da poco cadute o di fiori appena
spuntati, quando poteva usciva per un giro nel bosco o nei prati della
valle attorno.
La Rossa
era certamente una
ragazza solare e gentile, benvoluta da tutto il paesello, ma aveva
anche un carattere fermo e determinato, per il quale, in seguito alla
prematura dipartita del padre, aveva assunto il ruolo di uomo di casa.
Sua nonna, che viveva con loro, non era entusiasta della cosa, ma dopo
il primo inverno con pasti caldi grazie alla legna da ardere raccolta
dalla nipote divenne un po’ meno insofferente rispetto alla
cosa;
certo non era entusiasta che una ragazza adolescente andasse in giro da
sola nel bosco, ma s’era dovuta rassegnare. La madre invece
era
relativamente tranquilla in merito: certo nemmeno lei era entusiasta,
ma sapeva che Caran sapeva quel che faceva – in fondo, non
era
cresciuta seguendo passo passo il padre fino ai tredici anni per nulla
– che era molto responsabile per la sua età, e
soprattutto
era consapevole del fatto che avevano bisogno di qualcuno che
pascolasse le pecore, raccogliesse la legna e facesse tutti gli altri
lavori che prima erano compito del marito.
***
Caran aveva da poco compiuto sedici anni.
Era ancora autunno, anche se piuttosto inoltrato, ma la neve aveva
già iniziato a cadere prematuramente, annunciando un inverno
lungo e rigido e stendendo un leggero manto bianco. Fortunatamente la
neve caduta era poca, quindi quel giorno Caran poteva andare a
raccogliere un po’ di legna.
La mattina, dopo aver fatto colazione con un po’ di latte e
aver
munto le pecore si preparò ad uscire. Raccolse i lunghi
capelli
corvini in una treccia, che le scendeva morbida fino
all’addome,
salutò la madre e la nonna, prese il suo mantello rosso e lo
infilò sopra alla lunga tunica bianca, indossò
gli spessi
guanti di pelle e tirò sulla testa il cappuccio del
mantello.
Infine, si caricò l’ascia in spalla e
uscì dopo
aver salutato una seconda volta le due donne, annunciando appena prima
di chiudere la porta che sarebbe tornata per pranzo.
Il cielo era plumbeo, quel giorno: probabilmente il sereno, se
così poteva essere chiamato, non sarebbe durato ancora molto
a
lungo.
Caran gettò l’ascia nella carriola, che prese per
i manici
avviandosi verso il bosco lungo il sentiero sconnesso. Gli stivali di
rigido cuoio scuro contrastavano con il colore latteo del terreno,
completamente coperto di neve che lentamente impregnava
l’orlo
della gonna candida al suo passaggio.
Cercava rami caduti, ma che non fossero fuscelli eccessivamente
gracili, e un qualche vecchio albero malato che avesse vissuto
abbastanza a lungo da poter salutare questo mondo e la foresta in cui
viveva senza rimpianti. Lungo il tragitto si fermava a raccogliere
qualche ramo, finché vagando non trovò un albero
che era
esattamente come lo cercava: era un vecchio abete, chiaramente morto a
causa della totale assenza di aghi sui suoi rami spogli.
Iniziò
a spezzare le fronde più esterne e basse, per farsi largo
verso
la base del tronco. Lavorò da metà mattinata
finché non si avvicinò l’ora di pranzo.
Poiché la carriola era quasi piena decise di spezzare
qualche
altra frasca e avviarsi poi verso casa, con l’intento di
riprendere il lavoro dopo aver mangiato.
Aveva appena iniziato a nevicare. Mentre finiva diligentemente di
caricare la carriola sentì un rumore sospetto dietro di
sé. Poteva essere solo un animale innocuo, ma per sicurezza
prese l’accetta e si voltò caricando un fendente.
Si trovò davanti un ragazzo dai corti capelli scuri, il viso
giovane e asciutto, non scarno, dimostrava pressoché la
stessa
età che aveva la ragazza. Sotto il mantello marrone si
intravedevano una camicia bianca e un paio di pantaloni color terra
infilati negli stivali di cuoio scuro, della stessa tonalità
dei
guanti che avvolgevano le mani – o almeno, quella in vista.
Anche
se il fisico era coperto dal mantello si intuiva che fosse abbastanza
muscoloso, abituato ai lavori duri, alle lunghe camminate e a
maneggiare l’ascia.
Lo riconobbe all’istante, calando la scure e piantandola a
terra.
“Bel modo di accogliere un amico, Rossa.”
la prese in giro il ragazzo con la sua voce profonda.
“Njl! Ti sembra questo il modo di comparire alle spalle di
una ragazza indifesa?”
“Indifesa? La tua accetta dice il contrario, mi
sembra.”
Lei rise. Njl adorava quando rideva, sembrava che le lentiggini le
danzassero sul volto, e non poté fare a meno di sorridere.
“Sei sempre il solito.”
“Spero sia un complimento.”
“Non ci conterei troppo…”
scherzò tranquilla “Allora, come mai questo
agguato?”
“Agguato? Quale agguato? Ti ho solo vista da lontano, in
fondo il
tuo mantello è inconfondibile e si fa decisamente notare in
mezzo al bosco. Così ho pensato di passare a salutarti,
portandoti questa.”
Finalmente anche l’altra mano si mostrò: stringeva
tra le
dita una rosa selvatica, sopravvissuta probabilmente per un qualche
miracolo al freddo precoce. Era rossa, ma a causa delle temperature
assai basse appariva bianca per il ghiaccio cristallizzato sui petali.
Caran gli si avvicinò prendendo il fiore con
un’espressione stupita sul volto, ma anche dolce.
“L’ho trovata per caso lungo la strada, ho pensato
che avrebbe potuto piacerti.”
“Non me l’aspettavo proprio!”
Gli diede un bacio sulla guancia in segno di gratitudine.
“Grazie, è molto bella.”
“Come te.”
Di scatto spostò gli occhi dalla rosa a Njl. Lui sorrideva,
ma
non scherzosamente come sempre: si notava che era molto serio.
“Ma che dici? Non prendermi in giro!” Rideva
nervosamente
mentre parlava: quella situazione era strana, non ci si trovava a
proprio agio. Njl non si era mai comportato così, da che lo
conosceva: erano migliori amici sin dall’infanzia, anche se
lui
era più grande di un anno erano cresciuti assieme;
l’aveva
sempre presa in giro, e lei non era certo da meno, e qualche volta
quando la vedeva triste le portava dei fiori per strapparle un sorriso,
ma non le aveva mai detto che era bella.
Njl non era il tipo da dire certe cose, o almeno non su di lei.
“Non ti sto prendendo in giro.”
Smise di sorridere, diventando completamente e indubbiamente serio.
“Sono innamorato di te.”
Caran era sconvolta. Mai si sarebbe aspettata qualcosa di simile, men
che meno con il suo migliore amico. Era assurdo,
completamente privo di senso.
“No. No, non puoi essere innamorato di me.”
“Sì che posso, e lo sono.”
“No, non ha senso, noi siamo amici, siamo cresciuti
assieme… siamo praticamente fratelli!”
“No…” iniziò a ripetere Njl
“no…”
“Ascoltami, Njl, io ti voglio bene, ma non posso
amarti…
è sbagliato. Anche se non siamo davvero parenti, per me sei
come
un fratello maggiore.”
Il tono di Caran era gentile come sempre, cercava di farlo ragionare.
“No, no, no!”
Aveva alzato la voce, non l’aveva mai fatto.
L’afferrò bruscamente per le braccia mentre
parlava,
facendola sobbalzare per lo spavento.
“Scusa, mi dispiace, non volevo spaventarti.”
ammorbidì la presa, accarezzandole le spalle per
tranquillizzarla. La voce gli tremava. “Ma ascoltami tu, ora.
Noi
non siamo fratelli, e io ti amo.”
“Mi dispiace,” replicò Caran con un filo
di voce “devo tornare a casa.”
Lui lasciò del tutto la presa, lei gli restituì
il fiore.
“Ok, allora ti accompagno.”
“Preferisco di no, vorrei andare da sola.”
La ragazza gli diede le spalle per finire di mettere la legna nella
carriola.
La rosa cadde per terra mentre lui le si avvicinava.
L’afferrò alle spalle, bloccandola come poteva con
un
braccio e tappandole con l’altra mano la bocca e il naso per
farla svenire. Quando perse conoscenza le fece bere con attenzione il
contenuto di una borraccia, poi le spezzò una gamba; infine,
se
la caricò in spalla senza troppi problemi, come se fosse un
sacco di patate, e se ne andò.
La neve che cadeva sempre più forte coprì
complice le sue tracce.
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E questo primo capitolo è andato… la storia si
compone di tre capitoli, non è eccessivamente lunga :)
Piccola nota finale: il nome non è scelto a caso, Caran infatti
è un termine elfico che significa rosso.
L’idea era di intitolare la storia come la fiaba originale,
ma
usando i termini elfici, in quanto ho scelto di usare il nome Caran tra
i tanti che avevo selezionato con lo stesso significato, solo che Helf Caran non mi
suonava bene, così ho dato alla storia il titolo che
effettivamente ha.
Qualcuno si chiederà: dice
di amarla e le spezza una gamba? Non è coerente. Bene.
Per Njl lo è. Scoprirete tutto nel prossimo capitolo.
Nel frattempo, spero abbiate gradito e che vorrete lasciare un commento
^^ Ci si vede al prossimo capitolo.
Baci,
areon
|
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Capitolo 2 *** Convivenza ***
02. Convivenza
Caran viveva, sin dal giorno
della
sua nascita, in un piccolo paesino arroccato in mezzo alle montagne
scoscese. Sin da quando, a tre anni, sua nonna le aveva regalato un
mantellino rosso da cui si era sempre rifiutata di separarsi, era stata
soprannominata Rossa .
Ispirato a Cappuccetto
Rosso di Perrault
Seconda classificata al contest Cappuccetto Rosso
di Gely_9_5
Rating: arancione
Genere: angst, dark, sentimentale
Personaggi: //
Note: long-fic (3 capitoli)
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Riassunto del capitolo precedente: Caran abita in una casetta di
montagna con la madre e la nonna, e dopo la morte del padre
è
lei che si occupa dei lavori da uomo. Un giorno dei suoi sedici anni
esce a prendere della legna per riscaldarsi dal precoce arrivo
dell’inverno, quando la raggiunge il suo caro amico
d’infanzia Njl. Njl le confessa di essere innamorato di lei,
ma
lei lo rifiuta dicendo che sono come fratelli, quindi non
può
ricambiarlo. Mentre Caran sta tornando a casa, l’amico
l’aggredisce alle spalle, facendole perdere i sensi,
spezzandole
una gamba e potandola in un luogo ignoto.
- CARAN E IL
LUPO -
Capitolo
2 – Convivenza
La prima cosa che percepì, riprendendosi lentamente, fu il
dolore lancinante alla gamba destra.
Era vagamente consapevole della morbidezza del giaciglio su cui era
distesa e del calore della coperta; erano ben chiari invece la
fasciatura che le impediva il movimento, il dolore acuto e la
confusione che le regnava in testa.
“Ehi.”
Aprì gli occhi sentendo la voce familiare che la chiamava
gentilmente al suo leggero movimento, sottovoce così da non
destarla inutilmente in caso dormisse ancora. Njl era accanto al letto,
la vegliava in attesa del suo risveglio.
Una luce grigio-bianca filtrava dalla finestra, opaca ma comunque
accecante per Caran, che aveva tenuto gli occhi chiusi per due giorni
interi, come le spiegò in seguito Njl.
Accorgendosi di non riuscire a parlare – aveva la bocca
impastata
dal sonno prolungato – si spaventò, ma
l’amico la
calmò subito, raccontandole cos’era accaduto.
“Tranquilla. Bevi questa” disse porgendole un
bicchiere che
conteneva una tisana e aiutandola a bere. Inizialmente si
rifiutò con qualche lamento basso, ma quando le
spiegò di
cosa si trattava accettò, quasi rassegnata.
“è un
miscuglio di valeriana, camomilla, melissa e un po’ di
biancospino, diminuisce il dolore e favorisce il riposo: hai passato
gli ultimi due giorni dormendo, non aveva senso tenerti sveglia e in
preda al dolore. In ogni caso, ormai era ora che ti svegliassi almeno
per un po’: devi mangiare se vuoi guarire in fretta, senza
avere
altri problemi.”
Mentre le parlava lei bevve la tisana a piccoli sorsi; non era fredda,
ma nemmeno bollente: aveva avuto la premura di scaldargliela un
po’ così che fosse più facile da bere.
Poi
spostò il bicchiere dalle sue labbra e lo depose sullo
sgabello
che aveva posizionato appositamente accanto al letto,
l’aiutò a distendersi, le sistemò la
coperta e le
diede un bacio sulla fronte.
“Vado a scaldarti un po’ di cibo, torno
subito.” la rassicurò accarezzandole una guancia.
Caran rimase per qualche istante a fissare il soffitto, non
riconoscendo l’ambiente, mentre ascoltava i rumori di passi
in
allontanamento, di un caminetto attizzato e di una pentola che veniva
appesa sul fuoco, poi altri passi che si avvicinavano di nuovo. Poi Njl
ricomparve nel suo campo visivo, sedendosi ancora una volta di fianco
al letto.
“Ti ricordi cos’è successo?”
Lei scosse piano la testa. Lui sospirò, sorridendole
rassicurante.
“È normale, hai sbattuto la testa molto forte. Sei
qui da
due giorni. Ricordi di essere andata nel bosco per raccogliere della
legna?”
Vedendola annuire, continuò la propria spiegazione.
“Bene. Ricordi quando ti stavi avviando verso casa, e sei
caduta?”
In risposta, Caran aggrottò le sopracciglia – non
ricordava, probabilmente le erbe che le aveva dato l’avevano
confusa, ma questo lei non lo poteva sapere. Lui sospirò
ancora,
vedendo la sua reazione, e riprese a raccontare.
“Hai messo male un piede, la neve probabilmente aveva
nascosto un
buco o qualcosa di simile: sei scivolata e sei caduta molto male,
battendo la testa tanto forte da perdere i sensi e da romperti una
gamba. Sono riuscito a prenderti al volo prima che cadessi ancora
peggio, e ti ho portata qui, a casa mia, per curarti: casa tua era
troppo lontana, la neve stava cadendo molto forte e avremmo rischiato
di perderci nel bosco perché le tracce non si vedevano quasi
più. Quando siamo arrivati qui ti ho fasciato la gamba e
preparato un infuso di erbe come quello di prima, solo più
potente, poi ti ho messa a letto. Ho continuato a darti
l’infuso
mentre dormivi, e un po’ di zuppa per farti mangiare
qualcosa, ma
due giorni di riposo mi sembravano sufficienti, così oggi ho
aspettato che ti svegliassi, anche perché hai bisogno di
mangiare qualcosa di meglio di un po’ di zuppa, se vuoi
riprenderti come si deve.”
Caran chiuse gli occhi, meditando qualche istante. Non ricordava nulla,
solo lui che l’afferrava – probabilmente era a
causa della
botta in testa che aveva preso.
“C’è un’altra cosa che devi
sapere…” la ragazza riaprì gli occhi,
tornando a
guardarlo. “In questi due giorni in cui hai dormito
è
caduta molta neve, quindi saremo bloccati in casa almeno per un
po’, finché il tempo non migliorerà e
si
scioglierà abbastanza neve – però se
continua a
nevicare così saremo bloccati fino all’inizio
della
primavera. In ogni caso tu non puoi assolutamente camminare prima di
due lune, se vuoi guarire davvero.”
Se avesse potuto, Caran l’avrebbe ucciso: costretta a letto
per
due lune intere – se non di più – era
una cosa
assolutamente inaccettabile per lei, che quando s’ammalava
faceva
fatica a rimanere a letto anche solo per quattro o cinque giorni.
Vedendo la sua espressione allibita, Njl non poté
trattenersi
dal concludere con: “Mi dispiace, ma è per il tuo
bene.”
A quelle parole lo sguardo dell’amica divenne carico di odio
– se quell’occhiataccia avesse potuto incenerirlo,
di lui
ormai non vi sarebbe più traccia – mentre lui
iniziava a
ridere, felice di vedere che anche con una gamba rotta era la stessa di
sempre.
Non appena il pasto fu pronto, Njl glielo servì, aiutandola
a
mangiare. Poi le diede dell’altra tisana, e lei
tornò a
riposare. Uno scenario simile si ripeté la sera a ora di
cena, e
ancora nei giorni successivi. Nel frattempo, Njl riduceva gradualmente
le dosi di biancospino e melissa ogni giorno, Caran invece passava
sempre meno tempo a dormire e sempre di più a guardare
apatica
fuori dalla finestra la leve che cadeva lenta e senza alcuna sosta,
cercando di ricordare cos’era accaduto quel giorno nel bosco,
senza però riuscirci.
Il ragazzo era preoccupato dal silenzio protratto dell’amica:
era
una persona solare ed energica, non era il tipo che taceva per giorni
né che rimaneva a letto due mesi senza protestare
– per
questo si era aspettato che si sarebbe come minimo lagnata per la prima
mezza luna, se non anche di più. E invece era ufficialmente
arrivato l’inverno, non solo nella stagione ma anche nel
calendario, e lei ancora non parlava.
Solo sei giorni dopo, quando si avvicinava la luna piena, Caran gli
chiese se potesse procurargli dei panni puliti e aggiungere della
calendula alla tisana. Njl fece come richiesto, senza chiedere il
motivo – non gli serviva, aveva già capito. Ogni
tanto lei
gli chiedeva se poteva rimanere da sola, e lui provvedeva ad uscire,
dicendole che comunque avrebbe potuto chiamarlo se avesse avuto bisogno
di aiuto. Lei fece accuratamente in modo di non averne bisogno,
poiché sarebbe stato assai imbarazzante per entrambi, e Njl
le
fu internamente riconoscente per questo. Sei giorni dopo, Caran smise
di chiedergli i panni, e lo informò che non avrebbe
più
avuto bisogno della calendula – fino alla luna successiva,
tralasciò di dire – e anche di questo Njl fu
mentalmente
grato.
Dopo le imbarazzanti vicende dei giorni precedenti, in seguito ad un
altro giorno di pesante silenzio, la ragazza si rese conto che sua
madre e sua nonna probabilmente erano preoccupate a morte per lei, non
vedendola tornare e non avendo più avuto sue notizie per
più di mezza luna, così si fece dare
dall’amico
inchiostro, penna e pergamena e scrisse un messaggio alla famiglia,
sperando di riuscire a farlo avere loro prima della fine della sua
convalescenza – oppure, ne era abbastanza certa, sua nonna
avrebbe rischiato di morire di crepacuore pensando che le fosse
capitato chissà cosa.
Successivamente iniziò a lagnarsi della convalescenza
forzata,
ma aveva notato che Njl era così gentile da far di tutto per
fargliela pesare il meno possibile, e aveva ogni genere di riguardi
possibile nei suoi confronti. Era premuroso, la ricopriva di
attenzioni, le aveva insegnato qualcosa sulle erbe per distrarla,
passava il tempo a raccontare storie, sia quelle classiche sia alcune
inventate. Le aveva persino ceduto il suo letto sin dal primo giorno, e
dato che si era trasferito lì in seguito alla morte del
padre e
vi abitava da solo, quello era l’unico letto disponibile: lui
dormiva per terra. Si abituarono gradualmente a quella strana atmosfera
di intimità – Caran smise di protestare quando lui
le
scostava la gonna per verificare lo stato di guarigione o le spalmava
qualche unguento sulla gamba, sui piedi o sulle mani, che a suo dire
dovevano favorire la guarigione o la circolazione del sangue. Certo,
essendo cresciuti assieme sin da piccoli erano ormai avezzi alla
presenza fisica l’uno dell’altro, ma mai prima
d’ora
questa si era protratta così a lungo ed ininterrottamente, o
era
stata così stretta, in particolare da quando la madre di
Caran
le aveva ordinato di smettere di star sempre accanto
all’amico.
La convivenza forzata proseguì senza eccessivi intoppi per
un’altra luna, durante la quale non smise che per pochi
giorni di
nevicare, finché Caran, avendo esaurito le altre varie
argomentazioni, se ne uscì con il fatto che Njl doveva
riprendersi il letto. Lui le fece ragionevolmente notare che lei non
stava bene, quindi non poteva dormire per terra – e lei era
una
ragazza, e le ragazze non dormono per terra mentre i ragazzi si tengono
il letti – e non era conveniente
che dormissero assieme, poiché le male lingue avrebbero
già avuto da dire a lungo per quell’ampio periodo
di
sparizione che lei avrebbe passato interamente nella stessa casa con
lui; inizialmente tacque per quanto il ragazzo le aveva fatto notare,
lievemente in imbarazzo, ma poco dopo gli rispose che in ogni caso ci
sarebbe stato qualcuno pronto ad insinuare che avessero fatto qualcosa
di sconveniente,
quindi tanto
valeva che dormisse comodo, anziché preoccuparsi per la sua
reputazione. Sosteneva infatti che questa fosse già rovinata
dal
suo svolgere lavori da uomo e dall’assoluta
incapacità di
eseguire lavori femminili, e concluse la sua arringa con una battuta
sul fatto che, se proprio doveva preoccuparsene così tanto,
poteva sempre salvargliela sposandola. Lo scherzo non sortì
l’effetto sperato, in quanto non appena finì la
frase
avvamparono entrambi e Njl si dileguò per un po’,
uscendo
di casa senza dire una parola. Quando quella sera fu il momento di
coricarsi Caran gli chiese di nuovo se volesse dormire lì
– in realtà riuscì a chiedere soltanto
“Vuoi…?” senza essere in gradi di
terminare la
frase, ma limitandosi ad indicare il giaciglio. Njl le chiese se fosse
convinta e lei annuì, e lui accettò adducendo
come scusa
che non poteva assolutamente dirle di no. Quando si distese di fianco a
lei, il viso accanto al suo, Caran si rese conto per la prima volta di
cosa fosse davvero l’aroma dolce che tanto caratterizzava
l’amico: profumava di erbe. Inizialmente quella nuova
intimità fu imbarazzante, ma vi si abituarono gradualmente,
apprezzando ogni sera un po’ di più la presenza
accanto a
sé, il calore reciproco, i diversi aromi di cui i rispettivi
capelli erano impregnati – finché infine non si
confusero
in uno unico mescolandosi.
Dopo due lune e mezzo dall’inizio di quella strana avventura
la
gamba di Caran guarì del tutto, ma la neve continuava ancora
a
cadere, a fasi alterne, ed erano entrambi ancora bloccati in casa
– inoltre, essendo guarita da poco, la ragazza non aveva
ancora
ripreso a camminare bene, e faticava a riabituarsi: iniziò
così un lungo periodo di riabilitazione, in cui Njl era
sempre
dietro di lei, pronto a prenderla in caso le gambe non la reggessero.
Inizialmente Caran era frustrata da quella situazione, ma poi
riuscì a camminare da sola sempre di più e sempre
meglio,
e qualche volta passava del tempo appena fuori casa, avvolta nel suo
mantello, a guardare la neve cadere. Andare a vedere la neve, in
particolare, era stata la prima cosa che aveva voluto fare quando aveva
iniziato a reggersi sulle gambe, e Njl non aveva potuto far altro se
non accompagnarla. Caran amava la neve, la sua bianchezza
incomparabile, il modo in cui ovattava il mondo e lo avvolgeva in uno
stato di torpore, il modo in cui il sole si rifletteva sulla neve.
La neve ci mise ancora due lune a sciogliersi abbastanza da rendere i
sentieri praticabili. Questo diede a Caran il tempo che effettivamente
le serviva per riprendersi appieno. Così, quando finalmente
la neve fu sciolta abbastanza da poter attraversare il bosco, Caran e
Njl si misero in cammino verso casa di lei: quelle quattro lune e mezzo
di assenza della ragazza erano state più che sufficienti a
far
venire un attacco di cuore alla nonna, probabilmente.
Quando arrivarono, le due donne scoppiarono in lacrime nel vederla sana
e salva. Quando si calmarono, i due spiegarono loro quanto accaduto,
rassicurandole che ora stava bene e assolutamente nulla di male, a
parte quell’assai sfortunato incidente, le era accaduto. Njl
rimase con loro per il resto della giornata, e prima del tramonto si
avviò verso casa: nessuno dei due era entusiasta della
separazione, ma dovevano salutarsi.
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Ed ecco qui anche il secondo capitolo… Ne manca solo uno
alla fine della storia.
Piccola nota tecnica sulle erbe: quelle presenti nel testo non sono
state selezionate a caso. Le fonti sono questi siti per delle
indicazioni generiche sulle erbe con determinate proprietà:
http://www.my-personaltrainer.it/erboristeria/analgesiche.html
http://www.my-personaltrainer.it/erboristeria/narcotiche.html
http://www.my-personaltrainer.it/erboristeria/sedative.html
e questi per le descrizioni specifiche delle singole erbe nominate:
http://www.cure-naturali.it/valeriana/2329
http://www.cure-naturali.it/camomilla/2399
http://www.cure-naturali.it/melissa/2189
http://www.cure-naturali.it/biancospino/2191
http://www.cure-naturali.it/calendula/2132
Passando alle cose non-tecniche della storia, spero l’abbiate
gradito, e che vogliate lasciarmi un parere ^^ Ci si vede al prossimo
capitolo.
Baci,
areon
|
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Capitolo 3 *** Epilogo ***
03. Epilogo
Caran viveva, sin dal giorno
della
sua nascita, in un piccolo paesino arroccato in mezzo alle montagne
scoscese. Sin da quando, a tre anni, sua nonna le aveva regalato un
mantellino rosso da cui si era sempre rifiutata di separarsi, era stata
soprannominata Rossa .
Ispirato a Cappuccetto
Rosso di Perrault
Seconda classificata al contest Cappuccetto Rosso
di Gely_9_5
Rating: arancione
Genere: angst, dark, sentimentale
Personaggi: //
Note: long-fic (3 capitoli)
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Riassunto del capitolo precedente: Dopo essere stata rapita da Njl,
Caran è costretta a passare dei mesi a letto a causa della
gamba
rotta. Non potendo uscire a causa della neve, sono costretti ad una
convivenza forzata che li fa abituare l’uno
all’altro
creando un clima di strana intimità. Quando Caran
è
finalmente guarita, grazie alle amorevoli cure di Njl, e
l’inverno è passato, lui l’accompagna a
casa
propria, dove la madre e la nonna l’attendevano da mesi senza
avere sue notizie.
- CARAN E IL
LUPO -
Capitolo
3 – Epilogo
La prima notte in cui Caran dormì da sola nel proprio letto
faticò ad addormentarsi, e capì che le mancava la
presenza rassicurante di Njl accanto a sé – aveva
cercato
di ignorare la fitta al cuore che aveva percepito quel pomeriggio al
momento di salutarlo, ma non ci era riuscita e da quando se
n’era
andato non aveva pace, e la tormentava impietosa. Capì
mentre si
rigirava insonne nel letto di sentire moltissimo la mancanza di Njl,
come mai prima d’allora le era capitato, quasi che di
quell’assenza potesse morire. Ma non era così, la
sua era
solo acuta nostalgia del periodo passato con l’amico e
desiderio
di stare ancora con lui, anche per tutto il tempo che le rimaneva.
Capì di essere innamorata di lui, di esserlo sempre stata:
quei
momenti passati assieme gliel’avevano fatto intuire, ma non
l’aveva davvero capito finché non si erano
separati.
Alla fine si addormentò esausta, incapace di assopirsi
serenamente senza la presenza di Njl accanto a sé.
Il mattino successivo indossò il suo mantello rosso,
coprendo il
capo con il cappuccio, uscì di casa e si diresse a casa
dell’amico. Quando arrivò era nel panico, ma prese
coraggio e bussò alla porta.
“Arrivo.”
Njl aprì la porta, trovandosi davanti un tripudio di
lentiggini
stirate in un sorriso a metà tra l’agitato e la
gioia.
“Ciao.” fece lei.
“Ciao.” rispose lui, imbambolato per la sorpresa:
non credeva di rivederla tanto presto.
Vi fu qualche minuto di silenzio, interrotto infine da Caran:
“Mi fai entrare?” gli chiese.
“Certo! Scusami…” si scostò
dall’uscio,
per permetterle il passaggio. Lei entrò, rimanendo comunque
nei
pressi della porta. “Ti serve qualcosa?”
“In realtà sì.”
Njl la guardava interrogativo, invitandola a proseguire con lo sguardo.
“Questa notte ho avuto difficoltà a
dormire.” disse
solo quello, come se potesse essere sufficiente a spiegare ogni cosa.
Vedendo che non proseguiva, l’amico prese la parola.
“Vuoi
della camomilla per le prossime notti?”
“No.” rispose Caran, avvicinandosi di quei pochi
passi
necessari a trovarglisi esattamente davanti, a pochi centimetri da lui.
Il cuore le batteva a mille, e si sforzava di continuare a guardarlo
negli occhi, di non abbassare lo sguardo sulle sue labbra.
“Voglio te.”
Sentendo quelle parole, Njl le prese il volto tra le mani e la
baciò: era un bacio a fior di labbra, irruento e dolce allo
stesso tempo.
Quando si separarono, entrambi sorridevano radiosi. Caran gli
gettò le braccia al collo, mentre lui le strinse la vita.
Rimasero così per una quantità
pressoché
incalcolabile di tempo, abbracciati in silenzio, i volti incastrati
nell’incavo del collo dell’altro. Alla fine la
Rossa ruppe
il silenzio.
“Ehi, Njl…”
“Dimmi.”
“Spero che quella tua proposta di matrimonio sia ancora
valida, perché intendo accettarla.”
Njl si scostò all’improvviso, quasi avesse preso
una
scottatura; ma si calmò subito: “Lo
è.”
asserì con un sorriso.
“Bene.” rispose Caran. “Perché
mi ricordo
tutto, e ritengo che sarebbe assai scortese da parte tua ritirare
proprio ora l’offerta.”
Njl impallidì lievemente. “Tutto tutto? Ogni singola
cosa?”
“Sì.”
Rimasero entrambi in silenzio per qualche minuto. In particolare lui,
era spiazzato.
“E allora perché sei tornata?”
“Perché ti amo. E quello che hai fatto era solo
quanto
necessario per farmi aprire gli occhi e rendermene conto.”
Nel parlargli non aveva smesso un secondo di sorridere rassicurante:
voleva fargli capire che lo amava davvero, che non stava mentendogli
né illudendolo, che era assolutamente ed incondizionatamente
sincera.
Ma un po’ aveva paura. Non sapeva come fare – non
c’era mai stato nessuno che le avesse insegnato come si
dimostra
l’amore – così lo baciò di
nuovo,
perché era l’unica cosa che sapeva fare. Sentiva
il cuore
martellare nel petto e nelle orecchie, le labbra di Njl morbide che
accarezzavano le sue, le sue braccia forti che la stringevano come a
non volerla mai lasciar andare. Poi, gradualmente, lui
approfondì il bacio, facendo attenzione a non metterle
fretta
per non spaventarla, con calma perché nemmeno lui, in
effetti,
sapeva davvero cosa dovesse fare. Quando le slacciò in
mantello,
Caran trasalì; Njl la rassicurò, accarezzandola
gentile.
Appese il mantello all’appendino, quindi la prese in braccio
senza alcun preavviso: lei si mise a ridere, più tranquilla.
La
condusse al letto, adagiandovela delicatamente e sedendosi accanto a
lei. La baciò delicatamente, accarezzandole la giacca, e poi
la
baciò ancora e ancora.
Piano piano l’insicurezza svanì, i baci divennero
sempre
meno casti e sempre più focosi e passionali. Senza nemmeno
sapere bene come, Caran si trovò distesa sul letto, con Njl
sopra di sé: alternava carezze dolci a strette possessive
sulle
braccia e sui fianchi, mentre lei gli passava le dita tra i capelli.
Poi i vestiti calarono ad uno ad uno, mentre continuavano a baciarsi
fino a non avere più respiro.
Caran rincasò solo la sera. Sapeva che sarebbe passato molto
tempo prima che Njl potesse chiedere a sua madre il permesso di
sposarla, ma intanto potevano sempre continuare a vedersi.
Quella notte Caran dormì più serena,
addormentandosi
– quasi come una rassicurazione – con una mano
sulla spalla
su cui Njl quel pomeriggio le aveva lasciato un morso.
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Eccoci infine al terzo capitolo… chi è contento
che sia finita alzi la mano! Umh, quanta gente…
Iniziamo con l’angolo delle ultime precisazioni.
Come già detto nell’introduzione, ancora due
capitoli fa,
la storia prende ispirazione dalla versione di Cappuccetto Rosso di
Perrault; questo perché questa versione mi sembrava
più
adatta come riferimento rispetto a quella dei Grimm – per chi
non
la conosce, in Perrault il lupo si mangia la nonna e Cappuccetto Rosso,
e nessuno le salva: insomma, vince il lupo.
Anche qui, in un certo senso, vince il lupo: Njl non uccide Caran come
il lupo, ma riesce nel proprio intento di plagiarla e farla innamorare
di sé – lo scopo del rapimento, e del romperle una
gamba,
era esattamente quello di prendersi cura di lei fino a dimostrarle che
lui le era necessario
e a
convincerla che è innamorata di lui. E Njl ci e riuscito
talmente bene che Caran non si è accorta di essersi
innamorata
mentre era “ospite” da lui, ma crede di esserlo
sempre
stata e di essersene accorta quando poi se n’è
andato.
Qui si inserisce la spiegazione del nome Njl: è ispirato al
nome
di Nils Bejerot, il criminologo e psicologo che per primo
coniò
il termine Sindrome di
Stoccolma
in merito a casi di rapimento in cui la vittima finiva col provare un
profondo affetto e attaccamento verso il proprio carnefice fino
addirittura all’amore. Per maggiori informazioni vedere
http://it.wikipedia.org/wiki/Sindrome_di_Stoccolma.
Fine del backstage/approfondimento psicologico.
Ora che la storia è conclusa – spero tanto che vi
sia
piaciuta!! – vi chiedo ancora una volta di commentare,
così da poter avere un’idea su cosa ne pensate.
Grazie per
essere arrivati fino alla fine.
Ci si vede alla prossima storia.
Bacissimi,
areon
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