Sorridimi sulle labbra.

di Intrighidistelle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ti sento ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - You found me ***



Capitolo 1
*** Ti sento ***


PROLOGO

TI SENTO
(Asia)

 

 

Ricorda tanto l'infinito, il mare.
Un'immensa distesa d'acqua salata.
Un tronco che potrebbe essere venuto dall'altra parte dell'oceano.
La bottiglia con l'etichetta in cinese.
Continuiamo a passarci accanto, a quei ricordi di mondo, ma non li notiamo, passiamo avanti e li buttiamo da un lato.
Pensiamo che le persone siano incivili e basta.
Nessuno si ferma a parlare con una bottiglia e gli chiede 'Da dove vieni?', nessuno neanche lo pensa. Non ce ne rendiamo conto, di cosa abbiamo accanto, non ci rendiamo conto, di quanto è vicino il mondo.
Le coincidenze non esistono, ci deve essere un motivo per cui quel bastoncino è lì.
Nulla è per caso, ma nulla è a causa del destino.
E' tutto semplicemente a causa nostra, a causa degli altri e a causa delle cose.
Il vento, che lo ha fatto cadere dall'albero, la bambina, che lo ha preso e ci ha giocato, il cane, che l'ha portato in acqua, le correnti, che lo hanno portato fino a questa spiaggia.
Se solo uno di queste azioni non fossero state ripetute, non sarebbe qui.

Ecco, faccio un'altro esempio.
Se non mi fossi seduta in riva al mare a fissare le conchiglie e i legnetti dieci minuti fa, non sarebbe passato Mattia con la chitarra, e non mi avrebbe salutato.
E, se non mi avesse salutato, riuscirei a pensare lucidamente e le miei idee non sarebbero mischiate al suo timbro di voce ed al suo colore di capelli.
Vedi? Non sono coincidenze, se fosse stata una coincidenza, l'avrei incontrato anche se fossi stata sul lettino, invece no, in realtà non l'avrei incontrato proprio.
Non è neanche coincidenza il fatto che le rocce si siano sgretolate ed abbiano formato la sabbia.
E, a questi granelli, non mancano i propri fratelli?
Figli della stessa roccia, frammentata in mille pezzi.
Lo sapevano, loro, che si sarebbero separati?
Che i loro legami si sarebbero spezzati?
Da piccola giocavo con altri bambini a fare profondi buchi e castelli maestosi.
Raramente trovavamo dei pezzi di sabbia incollati tra loro, dovuti alla pioggia.
Erano granelli di sabbia, era quel loro modo di ritrovarsi, che ci intrigava. Di nuovo insieme, per poco.
Siamo proprio simili ad essi, noi.
Ci perdiamo per ritrovarci, ci ritroviamo per perderci.
Siamo fragili, al primo soffio di vento potremmo staccarci e volare via.
Abbiamo paura di tutto, e quando possiamo stiamo vicini, tutti ammucchiati, tutto abbracciati, a dimostrarci il nostro amore.
Siamo succubi delle conseguenze delle azioni degli altri, non riusciamo a far prevalere le nostre.
Non siamo capaci di restare uniti, di restare insieme, sappiamo già che la nostra fine è vicina, che non potremmo essere più uniti.
Siamo in balia degli eventi, come granelli di sabbia.
Noi siamo solo granelli di sabbia.






Spazio autore.
E' da molto che non pubblico niente, e se lo faccio, è perché quel che scrivo mi piace molto. Spero piaccia anche a voi. Rispecchia tanto me, la protagonista. E un po' rispecchierà il 'mio' lui, il protagonista maschile. Già questo capitolo sa tanto di lui, ma dettagli. C'ho messo l'anima per scrivere questo capitolo, è corto, ma è solo l'essenza, sono solo pensieri in riva al mare. Spero che sia di vostro gradimento. 
Amen, vado a dormire.
Eh, sono dell'idea "Una recensione in più non è peccato".
K.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - You found me ***


Capitolo 1

You found me
(Asia)







 
Lost and insecure,
 you found me, you found me
Lying on the floor,
 surrounded, surrounded
Why'd you have to wait? 
Where were you? Where were you?
Just a little late
 you found me, you found me.

 






Il naso rosso per il troppo freddo, le labbra tutte screpolate. Gli occhi fissi sul terreno, il maglione troppo largo, i capelli troppo spettinati. L'aria troppo triste, la camminata persa.
Asia era una di quelle ragazze che nessuno notava. Mimetica, forse.
Non parlava mai, non aveva amici. I suoi compagni di classe la odiavano, in tre anni non era riuscita a formulare un discorso concreto con nessuno. Era goffa, insicura e timida; alle interrogazioni faceva quasi sempre scena muta anche se sapeva perfettamente tutto. Le persone, le persone la facevano entrare in panico. Tanti tipi di panico: gli adulti le incutevano terrore, i suoi coetanei più che altro schifo, Matteo, Matteo le incuteva amore. Nonostante non sapesse nulla di quel sentimento, lei sentiva di amarlo.
Una volta le aveva sorriso, di sbieco, quando era andata a prendere l'acqua alle macchinette. Le era partito il cuore. Lui era bello, nel suo modo strano, era bellissimo.
Ma non era per lei, nessuno era fatto per lei. Era come un pezzo di puzzle perfettamente quadrato, che non si incastra con nessun'altro. Era un puzzle già completo, ed aveva paura di scomporsi. Per questo era sola, e lo sarebbe rimasta per sempre, se nessuno l'avrebbe salvata.
 
Quella mattina era stata un po' movimentata, nella sua classe. Era arrivata una nuova ragazza, Jade, nel bel mezzo dell'anno scolastico. Si era trasferita da Milano, aveva passato l'intera mattinata a raccontare di quanto fosse figo vivere in centro e cose così.
Si era seduta vicino a Margherita, una delle ragazze più popolari della scuola, più oche e più pettegole.
C'erano due posti vuoti, nella sua classe, quello vicino a Margherita e quello vicino ad Asia. La prima doveva stare da sola perché faceva casino, la seconda voleva stare da sola. Le avevano provate a mettere vicine, ma non era durata. Margherita le cercava di dare in tutti i modi fastidio; si odiavano, loro due, un po' tanto.
Margherita e Jade, invece, sembravano una coppia perfetta. Quel giorno, le lezioni erano state praticamente interrotte: qualsiasi professore ci fosse, tutta l'ora parlavano loro due di cose futili.
Fino a quando la prof di latino, la terribile professoressa, le aveva divise ed aveva obbligato Jade a mettersi vicino a Asia. Non si erano degnate di uno sguardo, Asia era troppo concentrata a seguire la lezione, non le interessava minimamente di Jade.
Poi le lezioni erano finite e si era preparata a correre a prendere l'autobus. Tutti i giorni prendeva il primo perché era vuoto e non aveva problemi di restare in piedi. Aveva il terrore di sbagliare, di cadere. La campanella non era ancora suonata, lei aveva tutto pronto.  Ma la sua vicina di banco l'aveva fermata. Aveva interrotto la sua fuga. E lei, come un ladro scoperto dalla polizia, aveva parlato velocemente e a testa bassa. Le aveva chiesto come doveva fare per tornare a casa, se sapeva quale era la via più veloce per arrivare in corso Garibaldi. Le aveva solo risposto che sapeva solo come ci si arrivava per la via della stazione, ma no, non era la più corta.
Non abito in centro, non mi posso permettere di vivere in centro, non mi interesso delle vie del centro; aveva ammesso a testa bassa. Il ladro confessa il crimine. Di solito viene arrestato, mani in alto. Ma lei è veloce e riscappa. E finisce nelle mani della giustizia più dura e crudele. Centinaia di ragazzi che si riversavano per i corridoi ridendo, parlando, facendo rumore. La testa le scoppiava, aveva paura. Odiava quelle situazioni, le erano capitate poche volte, ma erano sempre micidiali. Era brava, scappava prima, sempre; aveva imparato a fuggire dalle cose brutte. A fuggire dal mondo, perché il mondo intero è una cosa brutta. Si sentiva mancare l'aria. C'era forse troppa vita lì intorno e lei si sentiva morta. Passo dopo passo, stava arrivando all'uscita. Si spostò un attimo per respirare, un piede le intranciò il cammino. Inciampò e cadde, addosso a un paio di ragazze. Il ragazzo che l'aveva fatta cadere la guardò e rise. "Sfigata di merda, guardi dove metti i piedi, psicopaticata." Poi si voltò e se ne andò. Le due ragazze si lamentarono per un'unghia rotta e per il male ad una costola, la guardarono e se ne andarono. Lei rimase a terra, cercando di alzarsi. Da sola. 
Era in ginocchio quando una mano entrò nella sua visuale. La invitava ad alzarsi. Non guardò di chi fosse, la vergogna era troppa e la limitava. Mano maschile, forte; si intravedeva la manica della giacca a vento. Con lo sguardo rivolto verso terra, la prese e si rimise in piedi, con il suo aiuto. La gente continuava a guardarla, mentre passava. Era tutto successo nel giro di pochi minuti eppure le sembravano ore da quando era suonata la campanella. I ragazzi spettegolavano, ridevano. Quanto è sfigata, quanto è sbagliata.
Il ragazzo che l'aveva aiutata le chiese se stava bene. Annuì debolmente ed alzò lo sguardo. Voleva ritirarlo il suo sto bene malandato. Si sentiva svenire, ora. 





ANGOLO AUTORE.
E' corto e fa schifo ok. Datemi un parere, davvero. 
L'angolo autore lo riaggiorno quando sono ispirata, scusate.
K.

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