Mai Scommettere col Nemico

di LazySoul
(/viewuser.php?uid=126100)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Five Minutes of Heaven ***
Capitolo 2: *** The right place and the right time ***
Capitolo 3: *** Feeling like a betrayer ***
Capitolo 4: *** Trust me ***
Capitolo 5: *** The potion’s effect ***
Capitolo 6: *** Rumours don’t kill ***
Capitolo 7: *** Hickey on the neck ***
Capitolo 8: *** War ***
Capitolo 9: *** Feeling like a bitch ***
Capitolo 10: *** Transparent tear ***
Capitolo 11: *** Tenderness ***
Capitolo 12: *** Hogsmeade ***
Capitolo 13: *** Invitations and masks ***
Capitolo 14: *** Before party ***
Capitolo 15: *** Private party in the bathroom ***
Capitolo 16: *** Kiss me ***
Capitolo 17: *** You win ***
Capitolo 18: *** Are you mad?! ***
Capitolo 19: *** Draco’s plan ***
Capitolo 20: *** Cursed bracelet ***
Capitolo 21: *** Jealousy and doubts ***
Capitolo 22: *** Quarrels and a drunk Draco ***
Capitolo 23: *** Rival ***
Capitolo 24: *** Where is he? ***
Capitolo 25: *** Prediction ***
Capitolo 26: *** Island ***
Capitolo 27: *** This is the problem ***
Capitolo 28: *** After Midnight ***
Capitolo 29: *** Run away ***
Capitolo 30: *** Epilogue ***



Capitolo 1
*** Five Minutes of Heaven ***


Buonsalve popolo di EFP, ecco alcune premesse prima di iniziare questa storia:

- È cringe, questo perché è stata scritta da una me diciassettenne che seguiva un po' la moda delle fanfiction che tutt'ora imperversa e che ha portato alla pubblicazione di capolavori quali "Cinquanta sfumature di grigio" e "After".

- La storia è stata infatti scritta nel lontano 2013, ben sette anni fa e, per quanto io abbia apportato alcune modifiche minime negli anni, per migliorarne la forma, rimane una storia con ben poche pretese e uno stile ancora acerbo, per certi versi.

- All'interno della storia ci sono riferimenti velati o meno a situazioni che un tempo pensavo fossero eccitanti e interessanti da inserire in una storia, e che ora trovo abbastanza sciocche, ma fanno parte di quella che è la storia originale e toglierle sarebbe ingiusto per la me di sette anni fa che ha dato del suo meglio per scrivere una bella storia, ha un po' fallito, ma questo non è importante. Vi dico ciò, per avvertirvi che ogni tanto nelle note autrice ci saranno dei riferimenti a quanto scritto nel capitolo che spiegano perché il mio attuale pensiero si discosta da quanto ho scritto sette anni fa.

- I capitoli sono piuttosto lunghi e questa storia fa parte di una trilogia conclusa, quindi non dovrete attendere ulteriori capitoli o aggiornamenti.

Detto ciò, buona lettura!





 

MAI SCOMMETTERE COL NEMICO




 

1. FIVE MINUTES OF HEAVEN



 

L'odore dei libri vecchi e pieni di polvere non mi aveva mai dato particolarmente fastidio, anzi, col tempo, era diventato sempre più piacevole e confortante.

La biblioteca era l'unico posto dove mi piacesse davvero stare.

Tutto era tranquillo e silenzioso, forse anche troppo.

Adoravo sedermi sulla solita sedia in legno e spargere sul tavolo di fronte a me tutti i libri di cui avevo bisogno per studiare o per fare i compiti o per le ricerche che ci assegnavano i professori.

Harry e Ron non erano con me, dato che era sabato e avevano gli allenamenti di Quidditch, ma in fondo non ero certa di esserne poi così tanto dispiaciuta; quando venivano a studiare con me non facevano altro che fare rumore, disturbarmi e distrarre gli altri.

Dovevo portare al professor Piton la relazione su un incantesimo che aveva appena accennato due giorni prima e poi dovevo finire di studiare pozioni, in confronto alle centinaia di esercizi che ci assegnavano di solito era ancora poco.

L'anno scolastico era iniziato da nemmeno due settimane, eppure mi sentivo così stanca che a volte la mattina faticavo ad alzarmi.

Ma sapevo perfettamente che era una cosa normale, mi capitava così tutti gli anni; i primi giorni erano sempre i più difficili, mi dovevo solo riabituare alla routine.

«Ciao, Hermione!», mi salutò con il suo solito sguardo smarrito Luna Lovegood.

«Oh, ciao», dissi spostando dei libri, così da farle un po' di posto accanto a me.

«Grazie», disse sorridendo e sedendosi vicino a me: «Studi?», chiese, mentre sfogliava distrattamente la rivista che gestiva suo padre, il Cavillo.

«Sto preparando una relazione, Difesa Contro le Arti Oscure», feci una piccola smorfia, ma Luna non la notò, dato che continuava a tenere gli occhi incollati alle pagine del Cavillo.

«Ah-ah», disse con un tono poco interessato.

Tra di noi calò il silenzio.

Passarono quelli che mi sembrarono pochi minuti, dato che ero tornata a prestare attenzione al compito di fronte a me sul tavolo e non allo scorrere del tempo, quando spuntò Ginny che si sedette sulla sedia vuota alla mia sinistra.

Mi sentivo vagamente circondata, come se l'avessero fatto apposta a sedersi ai miei lati, per tenermi d'occhio.

«Non lo sopporto più!», esclamò la nuova arrivata, mentre se la prendeva con un elastico per capelli che si passava da una mano all'altra e che tirava e annodava senza pietà.

«Hai litigato con...»

«Sì! È terribilmente soffocante! "E dove stai andando?"; "E perché non me l'avevi detto?"; "E perché non andiamo a fare una passeggiata domani?"; "E cosa fai 'sta sera?"... Basta! Ho deciso: lo lascio!»

Dean, era di lui che stava parlando, lo sapevo, eravamo miglior amiche e ci dicevamo tutto.

«Sicura?», le chiesi, mentre giungevo finalmente alla fine della ricerca e con soddisfazione chiudevo tutti i libri che avevo di fronte.

«Dean è carino», intervenne Luna, posando la rivista e sorridendo appena.

«Lo so che è carino e bacia anche bene, ma questo non significa che non sia stressante!»

«Lo hai detto anche la settimana scorsa e poi alla fine non l'hai lasciato», le ricordai, appoggiandole una mano sulla spalla sinistra.

Adesso che non ero più concentrata sul compito mi accorsi che stava piangendo in silenzio.

Mi allungai verso di lei e la abbracciai: «Perché piangi?»

«È solo che hai ragione, alla fine non riuscirò a lasciarlo perché in realtà sto bene con lui, però allo stesso tempo mi fa andare in bestia».

Presto i singhiozzi cessarono sostituiti dal nulla, ma restammo comunque abbracciate, sapevo che era ciò di cui aveva bisogno, quindi aspettai che fosse lei a sciogliere l'abbraccio.

«Vedrai che si sistemerà tutto, è normale litigare, tutte le coppie litigano, serve a capirsi e a comprendersi», disse Luna, mentre si alzava e si inginocchiava accanto a noi, mettendo le braccia intorno ad entrambe.

Alla fine, quando tornò il sorriso sul volto di Ginny ne fui felice. Era doloroso vedere un'amica piangere e soffrire, soprattutto se era per colpa di un ragazzino idiota.

«Meglio?», le chiesi e lei annuì.

«Adesso devo andare a studiare, qui in biblioteca non ci riesco», si alzò in piedi e si asciugò il volto con una manica: «Ci vediamo a cena».

Scomparve, seguita da Luna che le raccontava le innumerevoli proprietà di una pianta alquanto strana che si credeva provenisse da un altro pianeta.

Rimasi ancora pochi minuti in biblioteca per sistemare i libri che avevo preso dagli scaffali e poi raccolsi la mia borsa e mi diressi con passo spedito verso il ritratto della Signora Grassa.

«Maltafinocchia», dissi la parola d'ordine, ricevendo un sorrisetto accondiscendente da parte della Signora Grassa.

Varcai il buco del ritratto, entrando nella sala comune, dove alcuni Grifondoro stavano chiacchierando tranquillamente.

Accanto al caminetto vidi Ron e Harry che stavano confabulando qualcosa.

«Hey! Com'è andato l'allenamento?», chiesi, sedendomi tra loro.

«Bene, tranne il piccolo particolare che non abbiamo potuto allenarci», rispose acido Ron, lanciando una pallina di carta nel caminetto acceso.

«Come mai?», domandai, stupita, osservando con attenzione le fronti aggrottate e le smorfie ben visibili sui visi dei miei amici.

«I Serpeverde avevano il permesso scritto firmato da Piton, noi firmato dalla McGranitt; insomma eravamo pari, ho proposto di allenarci insieme o prima una squadra poi l'altra... », iniziò Harry.

«Loro hanno pensato che volessimo spiare le loro mosse e si sono impuntati sul fatto che l'avevano fatto firmare cinque giorni fa, mentre a noi ce l'ha firmato solo ieri... », proseguì Ronald.

«Così alla fine si sono allenati solo loro e noi no», conclusero insieme.

«Oh, mi dispiace», dissi, mentre osservavo il fuoco scoppiettare nel camino e mi mordicchiavo pensosamente il labbro.

«Non ti preoccupare», disse Harry.

«Mmh, Hermione?»

«Si, Ron? Che c'è?», chiesi guardandolo in faccia.

Il volto si chiazzò appena di rosso: «Tu per caso hai già fatto il compito di Pozioni?»

Io annuii, non c'era bisogno di dire altro, sapevo cosa voleva.

«Posso copiarlo, vero?»

Sorrisi appena: «No», dissi con tono secco, prima di alzarmi e dirigermi verso uno dei tavoli vuoti della sala comune: «Ma se vuoi posso aiutarti».

Ron, che in un primo momento aveva reagito al mio rifiuto con una smorfia di sconforto si rianimò e mi sorrise: «Grazie, 'Mione».

***

Dopo aver aiutato i miei due migliori amici con Pozioni e Difesa Contro le Arti Oscure, ci dirigemmo tutti insieme verso la Sala Grande per cena.

Durante il tragitto ci imbattemmo in una scenetta romantica che vedeva come protagonisti Ginny e Dean, che dovevano aver fatto pace mentre aiutavo Harry e Ron coi compiti.

La coppia era addossata ad un muro e si scambiava leggeri baci a fior di labbra, tra una parola e l'altra.

«Ehi! Toglile le mani di dosso!», urlò Ron, facendo allontanare e sbiancare allo stesso tempo il povero Dean. La reazione di Ginevra fu molto diversa da quella del ragazzo, lei non sbiancò, ma si limitò a lanciare al fratello uno sguardo di fuoco, prima di prendere la mano di Dean e scomparire dietro l'angolo.

«Appena la incontro in sala comune mi sente!», esclamò furioso Ron, lanciando un'occhiata a Harry, che sembrava perso nei suoi pensieri, mentre osservava il punto in cui Ginny e Dean erano scomparsi.

Continuammo a percorrere i corridoi fino a raggiungere la Sala Grande, già piena zeppa di studenti intenti a mangiare.

Ci sedemmo ai nostri soliti posti e io passai quasi tutta la serata ad osservare Harry, tra un boccone e l'altro, decisa a capire il motivo per cui sembrasse così scontroso quella sera.

In un primo momento pensai che la causa fosse da imputarsi agli allenamenti mancati di Quidditch.

Poi mi resi conto di come lo sguardo di Harry sembrasse posarsi sempre nel posto vuoto che solitamente occupava Ginny e all'improvviso realizzai che quello che sembrava consumare Harry, poteva essere soltanto gelosia.

Appena giunsi a quella conclusione sorrisi soddisfatta e rischiai di applaudirmi da sola.

«Sai, Harry, non credo che domani riuscirò a giocare a Quidditch, non mi sento affatto pronto, sbaglierò tutto e tu poi sarai costretto a trovare un altro portiere per la squadra», mugugnò Ron, con uno sguardo abbattuto.

«Ma no! Andrai benissimo», disse Harry, distogliendo lo sguardo dal posto vuoto di Ginny, cercando di essere da supporto morale per l'amico.

Stavo per dire anche io qualcosa al riguardo, quando una voce affilata s'intromise nel discorso.

«Hey, Sfregiato! Come mai così triste? Paura di perdere domani?», chiese Malfoy, con accanto Blaise Zabini che sembrava troppo intento a guardarsi le unghie per prestare attenzione a quello che gli succedeva intorno.

«Vattene, Malfoy», disse Harry, con un gesto della mano che sembrava voler scacciare, anche se con poca convinzione, un insetto fastidioso.

«Weasel hai paura di non riuscire a parare nemmeno una palla, non è così?», continuò il Serpeverde, sulle labbra sfoggiava il suo ghigno più crudele e gli occhi sembravano brillare per la cattiveria.

Io mi alzai in piedi, come una molla, senza pensare davvero a quello che stavo per fare: «Smettila, Malfoy», dissi fissandolo dritto negli occhi chiari e maligni.

«Prendi le difese del tuo fidanzatino, Mezzosangue?», sussurrò talmente piano che probabilmente riuscii a sentirlo solo io.

Percepii una fitta dolorosa all'altezza del cuore e il fantasma delle lacrime pungermi gli occhi, ma le ricacciai indietro all'istante.

Per un breve secondo provai il forte desiderio di colpirlo, proprio come avevo fatto il terzo anno, e pensai che quello che avevo di fronte non era un ragazzo, ma un lurido verme schifoso.

Come faceva Malfoy a sapere sempre cosa dire per ferire le persone? Era forse un dono di natura? O forse era fin troppo plateale la mia cotta segreta per Ronald?

«Draco?», chiamò una ragazza bionda, una Serpeverde, che riconobbi solo dopo averla osservata bene; si trattava di Daphne Greengrass.

Malfoy guardò per qualche secondo la nuova arrivata, poi tornò ad osservarci con uno sguardo di finte scuse: «Vogliate perdonarmi, ma ho altro da fare al momento, ci vediamo domani alla partita, Sfregiato».

E scomparve tra la folla che abbandonava la Sala Grande accanto alla Greengrass, che sembrava intenta a parlargli fitto fitto nell'orecchio.

Lo osservai allontanarsi con un misto di preoccupazione e rabbia, chiedendomi come potesse aver indovinato quello che cercavo di celare perfino a me stessa da molto tempo.

***

La mattina successiva a quello spiacevole incontro, mi svegliai con un terribile mal di testa.

"Ecco, così impari a studiare fino a mezzanotte!", pensai con una smorfia, spostando le tende del letto a baldacchino.

Mi stiracchiai e poi mi tolsi la camicia da notte, prima di indossare la divisa scolastica e la sciarpa con i colori di Grifondoro, pronta per andare ad assistere alla partita di Quidditch di quel giorno.

Mi feci un codino e poi diedi una veloce occhiata al mio riflesso.

La mia immagine era sempre uguale, la divisa mi faceva sembrare più grassa di quanto in realtà fossi e i miei occhi scuri, così come i capelli, mettevano in risalto la mia carnagione chiara.

Non persi tempo a truccarmi e mi limitai a controllare l'ora, constatando di avere tempo di andare a fare colazione, prima della partita.

Stavo per uscire, per andare a cercare Harry e Ron, quando decisi che forse era il caso di svegliare Ginevra, che era famosa per i suoi terribili ritardi e il sonno pesante.

«Ginny?», chiamai, scuotendola appena.

La sentii borbottare qualcosa di indefinito e poi sbadigliò: «Che ore sono?»

«Sono le otto, è ora di alzarsi», le dissi.

Risi quando lei si buttò letteralmente giù dal letto urlando: «Oddio! Ma è tardissimo!»

Decisi di lasciarle un po' di privacy, così che si potesse vestire in pace e scesi in sala comune.

Harry era seduto su una sedia e si stava mordendo le labbra, sembrava davvero preoccupato per quella partita.

«Hey! Dormito bene?», gli chiesi sedendomi davanti a lui.

Lui continuava a fissare un punto indefinito sopra alla mia spalla, allora alzai una mano e gliela sventolai sotto il naso: «Harry? Ci sei?»

Lui tornò alla realtà e sorrise imbarazzato: «Si, scusa Hermione».

«A cosa stavi pensando?»

Lo vidi arrossire appena e scuotere la testa: «Niente».

"Stavi pensando a Ginny, vero?"

Pensai, ma non dissi niente, certa che fosse già abbastanza impensierito senza che io iniziassi a punzecchiarlo ulteriormente.

«Preoccupato per la partita?», chiesi.

Lui annuì: «Non sai quanto».

«Andrà tutto bene, non ti preoccupare».

Lui sorrise appena e capii all'istante che i miei deboli tentativi di rincuorarlo non avevano funzionato molto.

«Avete visto il mio rospo?», chiese Neville, comparendo dal nulla con addosso un pigiama a righe bianche e azzurre.

Io scossi la testa e Harry fece lo stesso.

Lui sbuffò e poi fece dietro front e per poco non andò a sbattere contro Ronald, che con una terribile espressione corrucciata aveva appena sceso la scala dei dormitori.

«Perderemo», disse avvicinandosi a noi.

Lo guardai e provai una fitta al petto nel constatare quanto fosse pallido e sinceramente preoccupato.

«Andiamo a fare colazione?», chiesi, nel tentativo di alleggerire a tensione che percepivo fin troppo bene nell'aria.

Ricordai lo spiacevole scambio di battute del giorno prima, quando Malfoy aveva definito Ronald il mio "fidanzatino" e non potei fare a meno di arrossire, mentre mi dirigevo verso la Sala Grande con i miei amici.
Non era la prima volta che Malfoy riusciva con una sua cattiveria a sconvolgermi tanto; dopo che mi aveva chiamata per la prima volta "Sanguesporco", il secondo anno, ero rimasta a ripetermi quella parola per giorni e giorni, senza riuscire a levarmela dalla testa.

Ora sembrava essere successo qualcosa di molto simile, dato che sembravo incapace di levarmi dalla mente la parola "fidanzatino" e di procedere normalmente con la mia vita.

Il problema era che questa volta Malfoy c'entrava fino a un certo punto, dato che quella che s'innamorava sempre e soltanto delle persone sbagliate ero io, non lui.

Come in quarta elementare, quando mi ero presa una cotta per un ragazzino con un anno in più di me che alla fine non la smetteva di prendermi in giro per i miei capelli crespi e i miei denti leggermente sporgenti.

Oppure come quando mi ero presa una cotta proprio per Malfoy, la prima volta che l'avevo visto ad Hogwarts, per mia fortuna la mia infatuazione non era durata a lungo e proprio l'insulto col quale mi aveva apostrofata il secondo anno aveva, una volta per tutte, congelato i miei sentimenti.

Poi era arrivato Harry. Sì, c'era stato un periodo in cui credevo di amarlo davvero, ma poi mi ero resa conto che era solo una forte amicizia, che lui per me era come un fratello e che non avrei mai potuto mettermi con lui.

Poi c'era stato Krum, al quale avevo dato il mio primo bacio due anni prima e con il quale continuavo a sentirmi via gufo, occasionalmente, dato che eravamo rimasti ottimi amici e sembrava essere uno dei pochi a capire la mia passione per i libri e lo studio.

E ora, Ron...

Continuavo a cambiare idea così spesso, che non mi sarei stupita più di tanto se, entro pochi mesi, mi fossi ritrovata a fantasticare su qualcun altro.

Quando riemersi dai miei pensieri, mi resi conto che eravamo ormai giunti di fronte alla Sala Grande, dove tutti gli studenti sembravano in fermento per la partita che presto si sarebbe svolta.

I Serpeverde continuavano a canticchiare una canzoncina che faceva più o meno così: "Noi siamo i vincitori, noi siamo i migliori, noi saremo i campioni!"

Probabilmente una nuova canzone ideata da Malfoy per far innervosire i giocatori di Grifondoro, in alternativa a "Weasley è il nostro re".

Al tavolo rosso e oro non c'era nessuna canzone, ma solo molta tensione.

Malfoy si parò di fronte a noi appena varcammo la soglia della Sala Grande e sentii una leggera fitta al petto nel trovarmelo di fronte all'improvviso, considerando che fino a pochi secondi prima avevo ricordato quanto fossi stata sciocca ad avere una cotta per lui il primo e secondo anno.

Un tempo anche solo vedere di sfuggita la chioma bionda del Serpeverde mi avrebbe fatto sentire le gambe molli e arrossire il viso in modo a dir poco imbarazzante.

Malfoy non mi degnò di uno sguardo, troppo concentrato com'era a scaricare qualche cattiveria su Harry e Ron: «San Potty e Weasel, spero che siate pronti a perdere».

Il ghigno sul suo volto era crudele e strafottente, poi i suoi occhi si posarono sul mio viso e, per pochi attimi, una strana sensazione si calore diffuse nel mio petto, facendomi arricciare il naso per il disappunto.

"Hermione! Torna in te, accidenti!"

«Sanguesporco», sussurrò facendomi un cenno con il capo, sembrava quasi gentile: «Immagino che ora vorrai intervenire, difendendo i tuoi amichetti del cuore, giusto?»

Sentii un macigno posarsi all'altezza del mio petto e feci una piccola smorfia, ma non gli permisi di mettermi i piedi in testa: «In realtà avrei preferito lasciarvi litigare in pace ma, dato che mi metti in mezzo, direi che in fondo tu non hai nessun motivo per essere tanto sicuro di vincere. Innanzitutto tu non sei un vero cercatore dato che ti sei comprato l'ammissione in squadra, inoltre i tuoi compagni sono delle inutili teste vuote che, oltre a barare, non sanno fare altro. Quindi, in poche parole...»

«Herm non ne vale la pena», mi sussurrò Harry all'orecchio, mentre mi prendeva per un braccio e mi trascinò via, affiancato da Ronald, che lanciò qualche insulto a Malfoy.

Facemmo solo un paio di passi, prima che riuscissi a liberarmi e a voltarmi nuovamente verso Malfoy, decisa a concludere la spiacevole conversazione che avevamo ormai iniziato.

Prima che pero potessi dire alcunché, una mano mi afferrò e mi trascinò fuori dalla Sala Grande con passi concitati.

Seguii la persona di fronte a me in uno stato di trance, mentre osservavo quella mano stretta intorno al mio braccio e mi chiedevo con che coraggio mi stesse toccando con tanta confidenza.

Ero sul punto di protestare, quando Malfoy mi liberò.

Eravamo in uno dei tanti sgabuzzini dove Gazza riponeva scope e stracci per pulire e il mio stupore non poteva raggiungere vette più alte.

O almeno, così credevo. Mi dovetti ricredere quando sentii chiaramente la mano di Malfoy prendermi il mento e costringermi con un gesto deciso a guardarlo dritto in faccia.

«Mezzosangue odio quando ti metti in mezzo e per una volta avresti anche potuto stare zitta, non pensi? Inoltre io non mi sono comprato un bel niente, ho fatto un provino come chiunque altro!»

Dire che ero sconvolta era un eufemismo.

«Uhu?», fu tutto quello che riuscii ad emettere dalle mie labbra, congelate in una smorfia a dir poco sorpresa.

Avrei voluto picchiarmi, pur di farmi tornare in me.

«Dio, Granger, quasi non ti riconosco! Hai perso l'uso della lingua?», mormorò avvicinandosi troppo, quasi volesse controllare che la mia bocca avesse tutte le parti funzionanti.

«Malfoy, cosa diavolo...», le parole mi morirono in gola quando notai il modo in cui mi stava fissando le labbra e all'improvviso sentii troppo caldo.

«Granger, quanto ci scommetti che riesco a zittirti ancora?»

«Io non scommetto niente Malfoy, io voglio solo andare a fare colazione con i miei amici che mi staranno cercando, quindi, se non ti dispiace gradirei che tu ti spostassi e che mi lasciassi immediatamente andare!», dissi, scostandolo abbastanza da mettere qualche prezioso centimetro tra di noi.

Fece un ghigno, uno di quelli che ero abituata a vedere sul suo viso: «Scommetti, Granger e ti lascerò andare».

«No, Malfoy», dissi, cercando di mantenere un tono di voce serio e convincente.

«Granger, non vorrai mica che vada dallo Sfigato e che lo informi della tua cotta più che esagerata per lui, vero?»

Sbarrai gli occhi: «Quale cotta?», cercai di dire, ma capii subito dall'espressione sul viso del Serpeverde, che il mio tentativo di mentire era fallito miseramente.

«Scommetti, oppure tutta Hogwarts saprà della tua patetica cotta».

Strinsi con forza le labbra, tanto furiosa da faticare ad articolare parole di senso compiuto, poi mi arresi e mi limitai ad annuire.

Solitamente non mi sarei arresa così facilmente, ma non volevo che Malfoy andasse a spargere voci, soprattutto poco prima di un'importante partita di Quidditch, che vedeva Grifondoro contro Serpeverde.

«D'accordo, Malfoy».

«Cosa vuoi scommettere?», chiese, un sorriso soddisfatto sulle labbra sottili.

«C-cosa voglio...?»

«Sì, Granger, cosa vuoi scommettere?», ripeté, ghignando.

«I-io... non lo so!», ammisi, incerta, rendendomi conto che quella che stavamo avendo era, molto probabilmente, la conversazione più stramba e ridicola che avessi mai sostenuto.

Malfoy sbuffò e sollevò gli occhi al cielo: «Ci sono varie cose che si possono scommettere, soldi, oggetti, te stessa...»

«M-me stessa?», domandai, leggermente terrorizzata, portandomi istintivamente ancora più lontana da lui, quasi temessi di essere aggredita fisicamente.

«Non hai mai scommesso nulla in vita tua Granger?»

Io scossi la testa e lui rise.

«Con te stessa intendevo, ovviamente è un esempio, che se perdi sei in mio potere per un giorno, una notte, due ore... capisci?»

Se possibile divenni ancora più disgustata e mi chiesi, non per la prima volta, come potessi aver avuto il primo e secondo anno una cotta per lui.

«Capisco, preferirei scommettere altro...», tentennai, incerta su come continuare la conversazione.

«Hai paura di perdere Granger? Dov'è finito il tuo coraggio Grifondoro?»

Chiusi per qualche istante gli occhi e sospirai.

Se c'erano delle parole che avrebbe potuto dire per convincermi ad accettare qualsiasi cosa, erano proprio quelle. Bastava tirare in ballo il mio coraggio o il mio orgoglio, per avere la mia completa attenzione.

«Ci sto Malfoy, dimmi cosa vuoi scommettere», risposi decisa.

«Un mese, se riesco a trovare un modo per zittirti e , quindi vincere, sarai in mio potere per un mese intero, se invece vinci tu sarò io in tuo potere per trenta giorni».

Aggrottai le sopracciglia. Un mese era tanto tempo, ma non volevo che mettesse di nuovo in dubbio il mio coraggio, così strinsi maggiormente le labbra e annuii: «Ci sto, Malfoy».

Lui sorrise: «Per zittire intendo non pronunciare una parola di senso compiuto, i gemiti, i ringhi, i mugolii e cose simili non contano. Tutto chiaro?»

«Va bene, ma tu non puoi tapparmi la bocca con la magia, le mani o dei bavagli».

«Niente magia, mani e bavagli sulla tua bocca, hai la mia parola», disse, ma si vedeva dal ghigno  che continuava a sfoggiare, che doveva aver in mente qualcosa.

Allungò una mano nella tasca, prese la bacchetta e pronunciò una formula che avrebbe reso il nostro patto vincolante, se uno dei due non avesse mantenuto la parola data gli sarebbe successo qualcosa, dalla perdita della voce alla deformazione del volto.

Per un secondo, un sorrisetto comparve sulle mie labbra al ricordo del quinto anno e dell'incantesimo che avevo utilizzato per incantare la pergamena, dove erano affissi i nomi dei membri dell'Esercito di Silente e di quello che era successo a Marietta, quando era andata a spifferare alla Umbridge dei nostri incontri segreti al settimo piano.

Malfoy allungò la propria mano destra e io la strinsi, suggellando in quel modo il nostro patto.

«Pronta, Granger?»

«Non abbiamo stabilito il tempo», gli ricordai.

Lui sorrise: «Due minuti?»

«Va bene», acconsentii tirando fuori la mia bacchetta e facendo comparire dal nulla una clessidra che feci partire immediatamente.

Stavo per parlare, così da vincere fin da subito la nostra scommessa quando, all'improvviso mi ritrovai le labbra coinvolte in qualcosa che non avevo assolutamente previsto e che quindi mi colse di sorpresa.

Mi stava baciando.

Le sue labbra calde e sottili si trovavano proprio contro le mie e sapevano di buono, come se avesse appositamente mangiato qualcosa di dolce prima di quel nostro strano incontro.

Socchiusi le labbra per la sorpresa e non mi opposi quando sentii la sua lingua invadere con maestria la mia bocca.

Aprii gli occhi che avevo chiuso e incontrai i suoi, incredibilmente azzurri ed incredibilmente vicini.

Una sua mano mi accarezzò la guancia, per poi stringere spesse ciocche dei miei capelli raccolti in una coda alta.

Ero nel centro esatto dell'inferno, o almeno, mi sarei dovuta sentire al centro esatto dell'inferno, eppure mi sembrava il più bel paradiso del mondo.

Gemetti e sentii la sua mano libera appoggiarsi sul mio fianco, poi salire in alto, fino a quando non si appoggiò contro il mio seno, nascosto sotto strati di vestiti.

A quel punto, in quel momento preciso, quando sentii la sua mano posarsi a coppa sul mio petto e stringere appena, mi ricordai della scommessa.

Mi ci era voluto non sapevo quanto tempo per accorgermi di ciò che realmente stava accadendo e ormai era troppo tardi, dato che liberarsi sembrava impossibile.

Ero contro il muro, letteralmente spalmata su di lui, la bocca occupata e mi sentivo accaldata ed eccitata!

E tutto questo stava accadendo con lui: Draco Malfoy!

Lo spinsi via con una forza che non credevo di possedere, prima di urlare: «No!»

Sfortunatamente era ormai troppo tardi, la clessidra era ormai al suo quinto giro e questo significava che...

«Hai perso Granger, sei mia per un mese», disse, recuperando il fiato che sembrava avere corto quasi quanto il mio, mentre i suoi occhi continuavano a vagare sul mio viso.

Solo una parte del mio cervello ascoltò e registrò le sue parole, mentre l'altra continuava a pensare: cinque minuti, cinque minuti, cinque minuti...

«Sei eccitata, Granger?»

Le sue parole mi fecero sussultare, arrossire e sgranare gli occhi.

«Mi fai schifo, Malfoy!», dissi, cercando di ricompormi e di tornare in me.

Il sorriso s'inchinò appena sul volto del Serpeverde, mentre si portava le mani nelle tasche dei pantaloni: «Lo prendo per un sì. Ora devo andare, Granger, ho una partita di Quidditch da vincere...»

Fece per uscire dallo sgabuzzino, ma si fermò con la mano sulla maniglia e voltò un'ultima volta il capo per osservarmi con attenzione: «Ti si vedono i capezzoli».

E con quelle parole uscì dallo sgabuzzino, lasciandomi sola.

Senza pensarci portai istintivamente le mani a coprirmi il petto e, una volta sicura di essere sola, abbassai lo sguardo sul maglione che indossavo e sulle protuberanze ben visibili dei miei capezzoli.

Mi sentii avvampare, incapace di realizzare quello che era appena successo.

Mi ha baciata e mia ha toccata!

E io...

Accidenti! Io avrei voluto che continuasse!

Uscii da quel posto scombussolata e disgustata dai miei stessi pensieri.

Raggiunsi la Sala Grande, ma non c'era quasi più nessuno, tutti erano andati a vedere la partita, eppure a me era passata la voglia, così presi un toast e feci dietro front, correndo verso la mia camera.

Se avessi avuto ancora la gira tempo avrei fatto di tutto pur di non farmi entrare in quello sgabuzzino con Malfoy. Di tutto!

Passai un paio d'ore a fare i compiti e a leggere, riuscendo quasi completamente a levarmi dalla testa l'accaduto, quando un Colin Canon piuttosto eccitato entrò in Sala Comune, esultante: «Abbiamo vinto!», urlò a me e ad un paio di ragazzi che giocavano a scacchi in un angolo.

Sorrisi soddisfatta, mentre pensavo: "Hai sbagliato previsione Serpe, la partita non l'hai affatto vinta".





 

***
 

Buonsalve (di nuovo)!

Per chi di voi ha iniziato per la prima volta questa storia: benvenut* e grazie per essere qui, spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto e che avrete voglia di continuare con la lettura!

Per chi invece ha già letto la storia e nota delle differenze, ebbene sì, ho leggermente modificato parte del capitolo, spero che vi piaccia comunque!

Un bacio,

LazySoul

 

p.s. Nel caso foste interessat* potete trovarmi anche su Instagram, il nome dell'account è lazysoul_efp, se invece siete grandi fan delle mie storie e volete supportare il mio lavoro, allora spero abbiate modo di seguirmi anche su Ko-fi; potete trovare il link per la mia pagina nella bio!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** The right place and the right time ***


2. THE RIGHT PLACE AND THE RIGHT TIME
 



Appena vidi entrare in sala comune Harry e Ron mi fiondai tra le loro braccia, complimentandomi.

Fortunatamente non commentarono il fatto che non c'ero tra gli spalti a fare il tifo per Grifondoro durante la partita e ne fui felice.

In meno di due minuti erano cominciate a circolare burrobirre e chissà chi aveva messo anche della musica.

Ginny mi raggiunse porgendomi un bicchiere di succo di zucca e incominciò a raccontarmi quanto fosse stato bravo Ron a parare e quanto in fretta Harry avesse recuperato il Boccino.

Lasciai che la sua allegria mi contagiasse e per pochi istanti mi dimenticai totalmente di Draco Malfoy, della nostra scommessa, del suo bacio, delle sue mani, delle sue parole. Tutto.

Incrociai tra la folla Harry che, sorridente e rilassato, sembrava un'altra persone rispetto a quella mattina, mentre Ron era letteralmente al settimo cielo e stava ridendo con un gruppo di ragazzi al centro della sala.

Sorrisi ad una ragazza di un anno più giovane che mi chiese se avessi visto Fred e George, glieli indicai e, alzando lo sguardo, vidi l'ultima cosa che mi sarei mai aspettata di vedere.

Ron avvinghiato a Lavanda Brown.

Sentii qualcosa spezzarsi dentro di me e gli occhi bruciare.

«Ron...», sussurrai, prima di voltarmi verso il ritratto della Signora Grassa e fuggire.

Mi rintanai nella prima aula vuota che trovai, accesi una candela e mi sedetti sulla cattedra, mentre cercavo di capire cose stavo provando.

Era doloroso, questo era sicuro, ma mi faceva sentire anche debole, senza forze...

Tirai fuori la bacchetta, mentre mi chiedevo se il mio stato d'animo avesse potuto influenzare la riuscita di un incantesimo.

Ma non successe niente di strano, semplicemente spuntarono dal nulla dei magnifici uccellini azzurri che, cinguettando, incominciarono a volarmi accanto.

Sentii la porta aprirsi e vidi Harry, il mio migliore amico, entrare in quell'aula e guardarmi preoccupato.

«Oh, ciao, Harry. Mi stavo esercitando», dissi, mentre cercavo di nascondere le lacrime che non volevo versare davanti a lui, non volevo mostrarmi debole.

Lui disse che i miei uccellini erano venuti bene e io commentai che Ron si stava davvero divertendo alla festa. Lo vidi irrigidirsi, a disagio, mentre provava a consolarmi.

In quel momento entrò nell'aula Ron con a braccetto Lavanda Brown.

Era insopportabile il modo in cui ridacchiavano, inoltre non c'erano molti motivi per entrare nel cuore della notte con una ragazza in un'aula vuota. In effetti me ne veniva in mente solo uno ed ero sicura che non comprendesse vestiti da parte degli interessati.

La rabbia che avevo dentro era terribile, dolorosa e avevo una voglia matta di rimanere sola.

Mi alzai in piedi, sorrisi amaramente e poi esclamai: «Oppugno!»

Gli uccellini si precipitarono su Ron, graffiando la sua pelle. Non ero abbastanza forte da poter stare ancora in sua compagnia, non quella notte; così uscii dalla stanza, scontrandomi con la Brown che mi guardava con sufficienza.

Percorsi parecchi corridoi, nel vano tentativo di calmarmi e di tornare me stessa, eppure non riuscivo a smettere di piangere.

Non sapevo cosa mi aveva dato più fastidio; il fatto che Ron avesse baciato la Brown o lo sguardo che quest'ultima mi aveva rivolto: chi si credeva di essere?

Era solo un'oca, brutta, antipatica, grassa e...

Ma chi volevo prendere in giro?

Lei sarà stata anche brutta ma, a quanto pareva, se Ron l'aveva baciata, voleva dire che la trovava più bella di me!

Camminai a lungo fino a trovarmi nei pressi del parco interno della scuola, dove mi fermai un istante ad osservare la luna e la sua luce pura che illuminava appena le panchine e colonne.

Stavo singhiozzando piano, cercando di fare il minor rumore possibile, quando scorsi una figura scura appoggiata ad una colonna del parco.

Ero indecisa se avvicinarmi per scoprirne l'identità o no, quando sentii la sua voce chiamarmi: «Ti mancavo così tanto da non poter sopportare la lontananza, Granger?»

Io sussultai e provai con gesti nervosi e veloci ad asciugarmi il volto rigato dalle lacrime, ma non fui abbastanza svelta e lui si accorse che stavo piangendo.

«Che succede, Mezzosague?», domandò avvicinandosi, dopo aver spento la sigaretta con la punta della scarpa.

In una mano aveva una bottiglia, probabilmente Firewhiskey, che appoggiò ad un muretto.

«Niente», dissi facendo un passo indietro e provando ad andarmene, ma le sue braccia mi circondarono, stringendomi.

Aveva un buon profumo, sapeva di menta, tabacco e liquore. Mi fece quasi venire mal di testa, per quanto era intenso il suo odore.

«Raccontami cos'è successo, piccola».

Io scossi la testa contro il suo petto: «Non chiamarmi "piccola" o "dolcezza", Malfoy. Io non sono una sgualdrina da quattro soldi e non mi sciolgo se tu fai il gentile», chiarii, allontanandomi e provando a liberarmi dal suo abbraccio.

«Come vuoi essere chiamata, tesoro?»

Gli lanciai uno sguardo che sperai lo uccidesse seduta stante e lui rise.

Non era un ghigno o un sorrisino malizioso, stava ridendo davvero!

«Senti Malfoy, io...», mi bloccai, insicura su cosa volessi dirgli.

"... io non ho la minima intenzione di farmi prendere in giro da te?"

"... io non sono in vena di scherzare in questo preciso momento, dato che il ragazzo per cui credo di provare qualcosa ha baciato un'altra?"

"... io ho paura di non voler continuare questa stupida scommessa?"

"... io..."

«Granger? Posso baciarti?», chiese, facendomi sbarrare gli occhi.

Non riuscivo a capire se la mia sorpresa fosse dovuta dal fatto che me lo avesse chiesto gentilmente o semplicemente dal fatto che me lo avesse chiesto.

«Uhu?»

Seconda volta, in una giornata, che mi coglieva di sorpresa. Seconda volta, in una giornata, che facevo la figura dell'idiota non riuscendo ad articolare una frase di senso compiuto.

Lui sorrise appena, forse pronto a fare qualche battutina delle sue, poi cambiò espressione, ritornando serio: «Dimmi di sì».

"Sì!"

Urlò una vocina dentro di me, facendomi vergognare profondamente, prima che esclamassi: «No!»

Lui mise il broncio.

Sembrava in modo sovrannaturale uno dei cagnolini che avevo visto nella cesta di un'anziana signora che li vendeva nella Londra babbana.

Cosa stava facendo? Voleva farmi sentire in colpa?

Accidenti a lui!

«Malfoy, non mi sarei mai aspettata di vederti mettere il muso», ammisi, mentre lo vedevo sorridere.

«Sai, mi sono appena ricordato che grazie alla nostra scommessa non ho affatto bisogno di chiedere», mormorò con un ghigno.

Tempo zero e mi ritrovai le sue labbra morbide contro le mie.

Era piacevole in un modo terribilmente disgustoso, eppure non volevo smettere di baciarlo. Quando sentii una sua mano appoggiarsi con fin troppa confidenza sul mio fianco, prima di scendere piano verso il sedere mi ritrassi, schiaffeggiandogli appena in dorso dell'arto incriminato.

L'unica reazione che ottenni dalla mia piccola ribellione fu di vederlo ridere di gusto.

«Ora mi dici cos'è successo di così terribile da farti piangere?», mi chiese, facendomi tornare alla mente Ron e quanto volessi ucciderlo con le mie stesse mani.

Volevo tenermi tutto per me, ma il suo sguardo era così sincero e limpido che non mi passò nemmeno per l'anticamera del cervello che avrebbe potuto prendermi in giro, così cominciai a raccontare: «Dopo la partita c'è stata una festa alla torre Grifondoro, stavo per andare il camera mia, dato che non avevo affatto voglia di stare in mezzo a tutta quella gente - le feste non mi sono mai piaciute - quando ho visto Ron che... »

Mi bloccai, arrossendo come un pomodoro ben maturo e distogliendo lo sguardo da lui.

No, non potevo dargli conferma del fatto che mi piaceva Ron, che poi in effetti era solo una cotta, ne ero sicura perché il vero amore di cui parlavano film e libri in generale, era molto diverso, era qualcosa che eclissava tutto il resto, qualcosa di talmente potente che non ti permetteva di pensare ad altro giorno e notte, che...

«Cos'ha combinato Lenticchia? Si è spogliato davanti all'intera sala comune? Si è messo a ballare? Non dirmi che ha incominciato a baciare tutte le persone che si ritrovava di fronte e che per sbaglio e finito tra le braccia di San Potty e entrambi si sono accorti di esser pazzi l'uno per l'altro!»

Lo fissai per alcuni istanti con la bocca e gli occhi sbarrati, prima di incominciare a ridere, seguita a ruota da lui. Appoggiai la fronte alla sua spalla, sentendomi bene, in pace, nel posto giusto al momento giusto...
No! Certi pensieri non andavano affatto bene!

Tu? In pace con te stessa vicino a Malfoy?!

Stiamo scherzando?!

Mi allontanai, mettendo mezzo metro tra me e lui, troppo poco in effetti, ma abbastanza per poter riprendere il controllo di me stessa.

«Deduco dalle tue risate che non è successo nulla di simile, ho indovinato?»

Io annuii appena, prima di sussurrare: «Ha baciato Lavanda Brown».

Calò il silenzio, prima che io continuassi a parlare, spinta da chissà quale bisogno di essere compresa da qualcuno: «Non so perché mi ha dato fastidio, però in quel momento mi sono sentita sbagliata, fuori posto e poi mi faceva male vederli e allora sono fuggita. Ti rendi conto? Io, orgogliosa e coraggiosa Grifondoro sono scappata...», sussurrai sconvolta, mentre sentivo il dolore tornare e gelarmi interamente.

Alzai il volto e vidi che mi osservava con uno sguardo leggermente preoccupato, serio e... comprensivo?

Oddio! Draco Malfoy comprensivo?!

«Non ti devi vergognare di quello che provi, Granger. Anche se, insomma, Lenticchia?», alzò un sopracciglio, quasi disgustato: «Non potevi scegliere meglio?»

Feci una smorfia contrariata e stavo per ribattere, quando venni interrotta dal suo dito, posato sulle mie labbra: «Dimmi cosa ti piace di lui».

Io ci pensai per pochi minuti, prima di ammettere: «Il suo modo di fare. Mi piace quando è concentrato durante le partite a scacchi. Può sembrare un idiota, ma in fondo credo che non lo sia... o forse si... Dio! Non lo so! Non c'è una domanda di riserva?»

«Cosa provi quando sei con lui?», domandò.

Mi chiesi se lo facesse apposta a pormi le uniche domande alle quali non sapevo o non avevo la minima intenzione di rispondere.

«È tutto così confuso! Fino a un paio di anni fa era solo il mio amico un po' tonto e ora tutte le volte che lo guardo cerco di scoprire se è davvero lui che voglio. E tutte le volte non faccio altro che convincermi che non posso volere nient'altro, che non posso avere nessun'altro, però allo stesso tempo mi chiedo se un giorno incontrerò qualcosa di meglio, se prima o poi troverò anch'io lungo la strada il mio principe azzurro...»

«Dio Granger, questo si che è un discorso patetico da ragazzina immatura. Da te non me lo sarei mai aspettato. Ti rendi conto che quello che hai detto non ha un senso logico? Nella prima parte della frase hai affermato che non ci può essere nessun altro "giusto" come lui per te al mondo e subito dopo che stai ancora aspettando il tuo principe azzurro. Credo che tu abbia leggermente le idee confuse e ciò significa che non sai quello che vuoi e quindi non è lui la persona giusta per te», mi interruppe lui, bevendo un lungo sorso di Firewiscky.

La sua arroganza mi fece infuriare: «Come ti permetti?! Fino a ieri non mi rivolgevi la parola, tranne che per insultarmi, ovvio! Poi oggi incominci a baciarmi senza un apparente motivo e a illuminarmi con queste tue "preziose" perle di saggezza. Spiegami che cosa vuoi da me e lasciami in pace!»

Lui sorrise malizioso, facendo un lungo passo verso di me e cancellando - di nuovo - la distanza tra i nostri corpi.

Poi, senza nessun preavviso, mi passò la sua bottiglia di Firewiskey: «Bevi».

Io alzai un sopracciglio, leggermente preoccupata, mentre cercavo di pensare a che cosa potesse avere in mente.

«Non ho intenzione di ubriacarmi!», esclamai facendo un passo indietro.

«Di solito ubriacarsi una volta ogni tanto aiuta a rilassarsi e a smettere di pensare. E credo proprio che tu abbia bisogno di una pausa dalla vita e da tutti i ragionamenti che ti frullano nel cervello. Sappi che puoi farlo di tua spontanea volontà oppure ti costringo. A te la scelta».

Feci un lungo respiro.

La giornata era stata surreale; la scommessa, il suo bacio, la partita, Ron con Lavanda e ora lui mi stava proponendo di ubriacarmi, come se fosse una cosa del tutto normale.

«Non potrei semplicemente declinare l'invito e andare a dormire?», chiesi, sperando in una risposta affermativa che purtroppo non arrivò.

«Mi dispiace non è una delle opzioni che ti ho dato», rispose lui porgendomi la bottiglia.

La afferrai con fare incerto e ne odorai il contenuto, l'odore era forte e pungeva il naso eppure non avevo scelta, così ne bevvi un goccio.

La gola mi andò in fiamme per un breve istante, ma lasciando dietro di sé un piacevole sapore dolciastro. Ne assaggiai ancora un goccio e mi resi conto che mi piaceva.

«Non è male», ammisi con la gola leggermente roca, facendolo sorridere e avvicinare ancora di più.

«Se vuoi ubriacarti, sappi che puoi contare su di me. Giuro che non abuserò di te e che se dovessi addormentarti ti riporterò in un modo o nell'altro alla tua sala comune o comunque in un posto sicuro dove nessuno potrà farti del male, compreso il sottoscritto», disse seriamente.

Ovviamente io avevo parecchi dubbi al riguardo, inoltre ubriacarsi con lui non mi sembrava il miglior modo per dimenticare quell'assurda giornata...

E se gli avessi detto cose imbarazzanti sotto l'effetto dell'alcol? E se avessi fatto cose imbarazzanti?

No, no, no.

Assolutamente no!

«Mi dispiace, ma io non ho nessuna fiducia in te, quindi passo», gli dissi, porgendogli la bottiglia.

«Prova a fidarti», sussurrò, ignorando il fatto che gli volevo restituire la bevanda.

«No».

«Dammi un'occasione, prometto che non te ne pentirai. Inoltre è un modo come un altro per vendicarti in parte di quell'idiota di Weasley», aggiunse.

Non saprei dire cosa mi passò per la testa in quel momento.

Forse era il suo odore che mi aveva confuso terribilmente le idee e mi aveva fatto sentire su di giri, forse era quel sorriso sincero che non gli avevo mai visto illuminare il viso, forse ancora era quello sguardo carico di bisogno che mi aveva lanciato.

Lui sentiva la necessità che io mi fidassi di lui.

«Non mi toccherai con un dito», sibilai, mentre lanciavo occhiate preoccupate a lui e alla bottiglia che stringevo ancora tra le mani.

«Lo prometto».

A quelle due semplici parole decisi che ero stanca di fare sempre e costantemente la brava ragazza, volevo ribellarmi.

E quale modo migliore se non quello di ubriacarsi con il proprio peggior nemico?


 

***


«Ancora?»

Chiese una voce accanto a me, porgendomi una bottiglia.

«Certo che si!»

Vidi i suoi occhi color ghiaccio puntarsi su di me e una sua mano sfiorarmi il viso.

«Sei ubriaca fradicia, Granger».

«Lo so», risposi ridacchiando e buttandogli le braccia al collo: «Tu invece no».

«Sono abituato all'alcol», disse sorridendo, mentre mi guardava prendere un altro sorso dalla bottiglia.

«Baciami».

«Sai Mezzosangue, preferirei che me lo proponessi quando sei sobria, non dopo esserti sgolata mezzo litro di Firewiskey», sussurrò, ma guardava le mie labbra con una fame che mi fece sentire all'improvviso troppo accaldata.

«Malfoy... », iniziai leccandomi le labbra: «... perché quando ti guardo ho una voglia terribile di saltarti addosso?»

Lui ghignò, prendendomi per i fianchi e avvicinandomi a lui: «Mi dispiace tanto piccola, ma ti ho promesso che non ti avrei toccata con un dito».

«Ma tu mi stai toccando», gli feci notare e lui strinse ancora di più la presa su di me.

«Con tutta la mano, non con un solo dito», rispose sorridendo malizioso.

«Baciami».

Lui avvicinò pericolosamente il suo viso al mio e a un centimetro dalle mie labbra sussurrò: «No», prima di lasciami i fianchi e distogliere lo sguardo.

«Perché no?», chiesi, mentre sentivo un pensiero fastidioso farsi largo nella mia mente.

«Perché ti ho promesso che non avrei abusato del fatto che saresti stata ubriaca. Di solito mantengo la parola data, perciò... »

«Mi trovi brutta?», mi lasciai scappare, vedendolo sgranare gli occhi.

«Certo che no! Insomma, rispetto alla Mezzosangue zannuta che conoscevo fino a un paio di anni fa, sei migliorata parecchio. Non sei brutta Granger, hai una bellezza tutta tua».

Io alzai un sopracciglio, non gli credevo.

«Allora baciami».

 

 

*****

NOTE aggiunte in un secondo momento (nel 26/06/20):

Mi sento in dovere di far notare che, quando Draco bacia Hermione malgrado lei gli dica chiaramente di no, è una molestia.

Lo so che hanno scommesso e quindi quel bacio potrebbe essere visto come un "suo diritto", ma rimane comunque il fatto che baciare qualcuno contro la volontà dell'interessato sia sbagliato e NON giustificabile.

Anche l'insistenza di Draco, che malgrado il rifiuto iniziale, continua a consigliare ad Hermione di bere con lui non va bene e non solo perché bere alcolici fa male a lungo anadare, ma (soprattutto) perché il sì che ottiene alla fine non è un vero sì, perché lei accetta solo per esasperazione/sfinimento e non perché vuole davvero bere con lui.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Feeling like a betrayer ***


3. FEELING LIKE A BETRAYER
 





Aprii lentamente gli occhi e mi stiracchiai, facendo una smorfia quando mi resi conto del terribile mal di testa che avevo.

Provai a ricordare cosa fosse successo la sera prima, ma era tutto troppo confuso e l'unica cosa su cui ero sicura era che mi ero ubriacata.

Mi guardai intorno e, quando mi resi conto che quella non era la mia stanza, mi sollevai di scatto, cercando di capire dove mi trovassi.

Era una camera da letto a dir poco enorme e, oltre al comodo letto a baldacchino sul quale mi ero svegliata c'erano un enorme armadio in un angolo, un camino ormai spento e davanti ad esso un piccolo divano di pelle verde scuro.

Le coperte che mi coprivano erano sempre verdi, ma di un colore più chiaro e con molte decorazioni argentate. L'unica cosa che mi venne in mente fu che quelli erano i colori dei Serpeverde.

Oh. Mio. Dio.

Si era approfittato di me.

Non c'era altra spiegazione plausibile.

Accidenti! Che stupida che ero stata a fidarmi di lui!

Mi alzai di scatto e notai sconvolta che indossavo solo le mutande e il reggiseno.

Bofonchiai qualcosa di indistinto prima di tirare un calcio al nulla e iniziare a singhiozzare.

La mia prima volta e non ricordavo nulla.

"Accidenti a te Malfoy! Giuro che me la pagherai, in un modo o nell'altro!"

Stavo indossando nervosa e piena di rabbia la mia divisa, quando l'occhio mi cadde sulla sveglia che occupava il comodino accanto al letto.

Meno di mezz'ora e sarebbero iniziate le lezioni.

Mi bloccai per un istante sconvolta, prima di vestirmi in fretta e furia e di fiondarmi fuori dalla stanza.

La porta che avevo appena chiuso scomparve, come assorbita dal muro e capii dove avevo dormito: la Stanza delle Necessità.

Sempre meglio di trovarsi nel dormitorio di Serpeverde come avevo temuto fino a pochi istanti prima.

Ma non persi tempo e corsi come una pazza verso la torre Grifondoro.

Riuscii chissà come, a raccogliere nella mia stanza tutti i libri di cui avrei avuto bisogno durante la giornata e a entrare nell'aula di Pozioni in perfetto orario.

Provavo talmente tanti sentimenti contrastanti in quel momento, che avevo una grande confusione in testa e una voglia matta di rubare una Giratempo per poter impedire a Draco Malfoy di...

«Hermione! Ma dove diavolo sei stata? Ginny ci ha detto che non ti ha vista ritornare ieri sera e che questa mattina non eri nel tuo letto!», esclamò Harry, occupando il posto accanto a me, mentre Ron si sedeva due file dietro di noi con la Brown.

«Io... ecco alla fine... non me la sentivo di tornare alla festa, così... però non volevo farvi preoccupare! È solo che...», cominciai a balbettare, sentendo una voglia matta di sprofondare e sparire, assorbita dal pavimento.

Mi salvò fortunatamente (o forse sarebbe meglio dire: sfortunatamente) un imbronciato Blaise Zabini che mi consegnò la busta di una lettera, prima di tornare al suo posto dall'altra parte dell'aula, accanto a un ghignante Draco Malfoy che, chissà come, riusciva sempre a comparire dal nulla senza che io me ne accorgessi.

Sentii una rabbia omicida crescermi dentro e provai lo strano impulso di alzarmi e di polverizzare quel povero furetto senza cervello, ma Harry mi distrasse, dicendo: «Hey, e quella cos'è? Cosa vuole Zabini da te?»

Solo in quell'istante mi concentrai davvero su quella busta, la fissai per qualche istante, poi scossi la testa sconsolata: «Non lo so, Harry».

La aprii lentamente, avevo paura che accadesse chissà che cosa, e invece era una banalissima busta e al suo interno c'era una banalissima lettera scritta a mano.


 

Mezzosangue,

probabilmente sarai un po' confusa su ciò che è successo ieri sera. Vorrei poterti dire che non ti ho sfiorata nemmeno con un dito, ma per portarti in camera ti ho dovuta prendere in braccio, quindi non ho del tutto mantenuto la promesso, ma ti posso giurare che non ho approfittato della situazione in nessun modo.

Per quanto riguarda invece la nostra piccola scommessa, vorrei ricordarti che non ti puoi opporre al mio volere e ciò che io desidero che tu faccia oggi per me è versare nel bicchiere di Weasley una pozione, non ti preoccupare non morirà, ma penso che per un po' di tempo non sembrerà quasi più lui.

Incontriamoci dentro lo stanzino delle scope accanto all'aula di Pozioni alla fine dell'ora.


Ti aspetterò, ti conviene non farmi arrabbiare.

D.M.



 

Fissai come incantata la lettera per alcuni istanti, prima che il professore entrasse in aula, interrompendo il chiacchiericcio.

Nascosi poi il foglio di carta nella mia borsa e non prestai attenzione alle domande ficcanaso ed insistenti di Harry.

Una pozione.

Voleva che fossi sua complice per versare nel bicchiere di Ron una pozione...

... ma era impazzito!?

Scommesso o no, io non avrei mai, MAI, fatto una cosa del genere, neanche se...

Ma il corso dei miei pensieri venne interrotto, quando mi voltai verso Ronald e lo vidi infilare una mano sulla gamba della Brown e poi più su.

Oltre al rossore che percepii nascermi sulle guance, sentii anche i sentimenti distruttivi della rabbia, gelosia, invidia e dolore invadermi, fino a farmi ghignare appena.

Forse somministrare quella pozione sarebbe stato più soddisfacente di quanto avessi potuto immaginare...



 

***



«Sei venuta» mormorò Malfoy, guardandomi come se fossi una nuova scoperta scientifica.

«Ne dubitavi forse?» chiesi, ma si sentiva dal tono di voce che nemmeno io ero sicura di ciò che stavo facendo.

«Certo che sì!» esclamò con tono serio.

«Beh, sbagliavi a dubitarne! Come puoi notare sono qua. Ha vinto la rabbia» ammisi.

«La rabbia?» sussurrò scrutandomi attentamente.

«Sì, sono arrabbiata, va bene?!»

«Perchè? Cosa ti ha fatto questa volta Lenticchia?» chiese Malfoy e sembrava sinceramente curioso di conoscere la risposta.

«Beh, direttamente nulla, ma alla fine della lezione Lavanda mi ha dato un biglietto e... guarda, mi sono trattenuta a stento dal picchiarla!» raccontai mentre tiravo fuori quel pezzo di carta incriminato e lo rileggevo per la ventesima volta.



 

So che hai una cotta per il mio Ron-Ron ed è per questo che ti voglio informare che lui è MIO! Non te la prendere con me, è solo che non vorrei che nutrissi false speranze: lui non ti guarderà mai e non solo perché - scusa se te lo dico in questo modo - non sei affatto bella ma anche perché sei noiosa e nessuno avrebbe mai il coraggio di mettersi con te! Quindi vedi di stare lontana dal mio AMORE e non metterti in mezzo!

Lavanda Brown

Ps. Ieri sera mi sono divertita come una matta con il mio Ron-Ron, non sai cosa significhi baciarlo!



 

Sentii come una pugnalata al cuore, quando sentii la mano di Malfoy sfiorare la mia per togliermi di mano quel biglietto.

Vidi che lo leggeva attentamente e che ogni tanto faceva delle smorfie infastidite o schifate.

«E non lo voglio neanche sapere» lo sentii sussurrare alla fine della lettura e capii che si riferiva al post scriptum, poi i suoi occhi si fissarono nei miei e sentii il suo dito scorrere lentamente lungo la mia guancia, afferrando una lacrima salata, che non mi ero resa conto di aver versato.

«Non ne vale la pena, Granger, qui a scuola ci sono ragazzi molto più intelligenti, belli ed interessanti di quell'idiota e...»

«Tipo te?» domandai, chiedendomi dove volesse arrivare.

«Certo, io sono un esempio. E comunque non ti illudere: è impossibile che baci come me, quindi è Lavanda quella che non ha idea di cosa sia un vero bacio».

Io sorrisi: «Sempre il solito modesto, vedo».

Malfoy fece uno dei suoi ghigni, prima di posare nel palmo della mia mano una fiala, al cui interno si trovava un liquido verdastro.

«Che cos'è?» gli chiesi, sentendo l'ansia per ciò che stavo per fare.

«Fidati di me» mormorò, facendomi tornare in mente la sera prima, il suo bisogno, il suo sguardo...

«Cos'è successo ieri sera?» chiesi, cambiando discorso: «Non ricordo nulla e...»

«Non ti preoccupare, hai tentato di saltarmi addosso un paio di volte, ma io ho calmato i tuoi bollenti spiriti, anche se avrei voluto non averti promesso nulla...» mormorò sfiorandomi il viso, che sentivo all'improvviso molto caldo.

Lo sapevo che non avrei dovuto ubriacarmi!

Era stato un errore enorme e terribilmente imbarazzante!

«Cos'ho detto?» chiesi con voce strozzata.

«Tante cose, non mi ricordo per filo e per segno...»

«Allora dimmi tutte le cose imbarazzanti che ho detto!» lo pregai.

Aggrottò le sopracciglia, mentre mi passava una mano intorno alla vita, fino a portarla a circondarmi la schiena.

«Vediamo... hai detto che sei stata con Victor Krum perché volevi dimostrare un po' a tutti, ma soprattutto a Ron, che era stato uno stupido a non averti invitato al Ballo del Ceppo, poi hai ammesso che bacio meglio di chiunque altro, mi hai chiesto di baciarti almeno una ventina di volte, hai ammesso di aver avuto una cotta per Potter e mi hai letteralmente trascinato nel letto con te quando ti ho portata nella stanza delle Necessità dicendo che volevi fare sesso con me, ti sei mezza spogliata, nel vano tentativo di farmi cedere e alla fine sono stato costretto a coricarmi con te se no ti saresti tolta anche l'intimo - o almeno così avevi detto - e dato che ero certo che, se ti avessi vista nuda, non sarei riuscito a trattenermi dal toccarti sul serio, ho dovuto giungere ad un compromesso con la promessa che ti ho fatto...» ammise, insinuando la mano sotto la camicia della divisa, fino a raggiungere il gancetto del mio reggiseno, tirandolo appena e facendolo cozzare con la mia pelle bollente: «Sai, forse tornando indietro, non riuscirei più a trattenermi dal...»

Lasciò apposta la frase in sospeso, guardandomi con uno sguardo che la diceva lunga su ciò che mi avrebbe voluto e potuto fare e, se possibile, mi sentii ancora più accaldata.

«Granger», mormorò piano avvicinando il volto al mio: «Davvero bacio meglio di chiunque altro?»

«Non ho molti metri di paragone» ammisi, cercando di indietreggiare, ma ritrovandomi contro il muro dello stanzino.

«È un sì?»

«Io...»

«Posso baciarti?»

«Io...»

Cavolo sì che puoi!

Cioè... no!

«Chi tace acconsente» sussurrò, appoggiando le sue labbra sulle mie e incominciando a baciarmi come solo lui sapeva fare, facendomi sentire eccitata in talmente poco tempo, che mi sconvolse.

E in quel breve istante dimenticai tutto.

Ron, Lavanda, la scommessa, la pozione verdastra...

Tutto.

Ormai esisteva soltanto più Malfoy; le sue labbra sulle mie, quel bacio e il modo in cui mi mordeva: sembrava un affamato nel deserto.

Senza rendermene conto mi avvicinai ancora di più al suo viso e strinsi molte ciocche dei suoi capelli biondi tra le dita, sentendomi inebriata dal suo sapore e odore.

«Granger, guarda che non scappo, anzi...»

Le sue parole mi fecero ritrovare un minimo di lucidità e, mentre riprendevo fiato, mi spostai di fianco, nel vano tentativo di riuscire a fuggire da lui.

«Devo andare», ansimai.

«Peccato» sussurrò piano o forse me lo immaginai: «La pozione, mi raccomando, tutta nel bicchiere.»

Si dileguò ancora prima che potessi rispondergli, lasciandomi accaldata e con uno strano formicolio nel corpo.



 

***


 

«Dato che nessuno conosce la risposta a questa domanda...»

Sentii la rabbia montarmi dentro, mentre cercavo di alzare ancora di più il braccio.

«... mi toccherà assegnarvi per compito...»

«Signore!»

La mia esclamazione fece voltare il professor Piton verso di me; fu impossibile non notare il fastidio che trapelava dai suoi occhi neri e dalle sue labbra strette in una linea sottile.

«Vedo, signorina Granger, che non ha ancora imparato a parlare solo quando viene interpellata. Dieci punti in meno a Grifondoro. Stavo dicendo...»

Rimasi sconvolta, a bocca aperta a fissare la schiena del professore che si allontanava.

Sentii la rabbia aumentare e provai l'istinto di alzarmi e di uscire dall'aula sbattendo la porta dietro di me, ma non mi mossi e strinsi forte le dita intorno alla mia piuma, rischiando di spezzarla.

La mano di Harry si appoggiò sul mio avambraccio, facendomi sussultare.

«Non ti arrabbiare Hermione, non ne vale la pena.»

Incontrai i suoi occhi verdi e gli sorrisi appena: «Sì, hai ragione. È che a volte mi fa impazzire.»

Distolsi lo sguardo e tornai ad ascoltare in parte quello che Piton stava dicendo.

Eppure, la mia mente era distratta dalla piccola fialetta che avevo nella borsa e che presto avrei dovuto usare.

Mi sentivo una traditrice, no di più, un mostro, una creatura abominevole, una...

«Herm!»

Mi voltai verso Ron, che mi lanciò un foglio appallottolato.

Lo raccolsi provando una strana sensazione all'altezza dello stomaco; avevo paura di illudermi eppure, allo stesso tempo, non potevo impedirmi di farlo.


 


Questa sera sei di ronda?


 

Sapevo che si riferiva ai miei compiti e doveri di Caposcuola e per questo rimasi di stucco, non capendo dove volesse andare a parare.


 

.


 

Vidi il suo viso illuminarsi mentre leggeva la mia risposta, scrisse di fretta un paio di righe, poi mi rilanciò il biglietto.


 

Bene, allora potresti chiedere alla persona con cui fai la ronda di controllare i primi piani, così tu puoi controllare gli altri, tranne l'aula di Difesa Contro le Arti Oscure?


 

Le sue parole mi lasciarono basita.


 

Perché non dovrei controllare l'aula di Difesa Contro le Arti Oscure?



Gli ripassai il biglietto, ma lui fu costretto a nasconderlo per non rischiare di finire in punizione, dato che Piton stava guardando proprio dalla sua parte.

Appena riuscì a leggere la mia domanda, mi fece segno che me l'avrebbe detto dopo.

Alla fine dell'ora il professore ripeté per l'ennesima volta come avremmo dovuto svolgere il compito di tre rotoli di pergamena che avremmo dovuto consegnare entro tre giorni e io sentii l'ansia aumentare.

Mi diressi con Harry verso la Sala Grande, ormai già gremita di studenti e professori che attendevano impazienti il pranzo.

Mi sedetti apposta davanti a Ron per due ovvi motivi: non mi aveva ancora spiegato il motivo della sua richiesta e poi dovevo versargli quella stupida pozione nel bicchiere.

Sfortunatamente non riuscii a parlare con Ronald per almeno una quindicina di minuti dato che Lavanda lo tenne appiccicato a sé; dal modo in cui lo baciava sembrava che volesse mangiarlo vivo.

Quando quell'oca se ne andò sculettando per una faccenda che non avevo capito, potei finalmente dedicarmi al mio interrogatorio.

«Ron, perché...», iniziai, ma venni interrotta dal ragazzo.

«Allora Herm, puoi farmi questo favore?»

«Devi dirmi per quale motivo vuoi che...»

«Parla piano!», mi riprese lui, facendomi notare che il mio tono di voce doveva essere stato troppo alto.

«Allora?» lo incalzai.

«Oh, e va bene, te lo dico, ma mi devi promettere che non mi giudicherai in nessun modo!»

«Perché dovrei farlo?»

«Voglio fare una sorpresa a Lavanda e invitarla lì per una serata romantica. Ecco, te l'ho detto, ora...»

«Tu cosa?»

La mia povera mente si era fermata alle parole "serata romantica" ed aveva incominciato ad inviare segnali alle mie ghiandole lacrimali che stavano diligentemente producendo lacrime.

«Sì, hai capito, allora? Puoi? Ti prego!»

Distolsi lo sguardo dai suoi occhi azzurri, piantandoli nel mio piatto.

«Lo sai che è contro il regolamento...»

«Oh, dai, Herm! Quando mai hai seguito il regolamento? Vuoi che ti rinfreschi la memoria? Non ricordi tutte le nostre scappatelle notturne per salvare il mondo magico? Le ricerche nella sezione proibita della biblioteca e...»

«Ron! Guarda!»

Il ragazzo si voltò verso Harry, che gli indicò qualcosa dall'altra parte della stanza.

Fu un attimo, anzi, forse di meno, ma la mia mente inviò il comando e, beh, le mie mani agirono in fretta.
Presi dalla tasca la fialetta con la pozione verdognola e la versai nel bicchiere di Ronald, ebbi giusto il tempo di chiedermi se avrebbe modificato il gusto o l'odore della bevanda, prima che il ragazzo tornasse a guardarmi.

Nessuno si era accorto di niente.

«Ti prego», ripeté.

«Ci posso provare» gli risposi, prima di alzarmi dal mio posto e di camminare il più velocemente possibile fuori dalla Sala Grande.

Sentii il suo ringraziamento ma non mi voltai; stavo fuggendo da quello che avevo fatto.

Perché, sembrava incredibile, ma non avrei mai pensato che sentirsi come un traditrice fosse così doloroso e pesante da sopportare.


 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Trust me ***


4. TRUST ME




«Bel lavoro, Granger».

La voce di Malfoy mi fece sussultare; pensavo di essere fuggita abbastanza in fretta in modo che nessuno potesse seguirmi, ma dovevo aver calcolato male; lui era riuscito a raggiungermi.

«Vattene, Malfoy.»

Il mio ordine sembrò entrargli in un orecchio e uscirgli dall'altro, dato che non mi ascoltò e si sedette sul banco accanto al mio.

«Come ci si sente, Granger?»

"Ma bravo!", pensai: "Gira pure il coltello nella piaga, ne ho davvero bisogno!"

«Vuoi la verità?»

«Sì».

«Ci si sente uno schifo, va bene?»

La mia risposta lo fece sorridere appena: «Ti capisco».

«No, non puoi capirmi. Tu sei abituato a mentire, a tradire e a fregartene del prossimo, ma io non sono così!»

Gli urlai contro come valvola di sfogo, pensando che bastasse e, invece, no.

In tutti quegli anni avevo accumulato uno stress e una tensione sempre più grandi, attimo dopo attimo avevo dovuto controllarmi per non sbagliare, per tentare di compensare il fatto di non essere una vera strega, ma solo una "Sporca Mezzosangue"; avevo studiato duramente ed ero diventata la migliore, eppure sentivo che mancava qualcosa nella mia vita, mi mancava una vera valvola di sfogo, un modo per rilassarmi e...

«Fidati Granger, ti capisco meglio di quanto tu possa immaginare.»

Mi voltai verso di lui con l'intendo di insultarlo e magari di picchiarlo, ma mi bloccai, incantata dai suoi occhi grigio-azzurri e dalla sincerità e trasparenza che vi trapelava.

Non riuscii ad emettere alcun suono, sentendomi per la prima volta in vita mia presa in contropiede.

Cosa potevo dirgli?

Che non gli credevo?

Sarebbe stata una bugia.

«Lui ti ha ferita, ti ha fatto del male volontariamente, tu gli hai semplicemente ricambiato il favore».

Le sue parole avevano un timbro strano, sembrava che mi stesse ipnotizzando e io non potessi fare nulla per fermarlo, tranne, forse...

«Non del tutto», sussurrai piano.

«In che senso?» mi chiese lui e notai il suo sguardo scendere sulle mie labbra socchiuse: «Dimmi ciò che vuoi e lo avrai».

La sua promessa sembrava così sincera che per un attimo sorrisi maliziosa: «Qualsiasi cosa?»

«Sì, qualsiasi cosa».

Gli passai le mani tra i capelli e avvicinai il suo viso al mio: «Avevi ragione, penso davvero che tu baci meglio di chiunque altro».

Non so perché glielo dissi; l'unica cosa di cui ero certa era che ne avevo bisogno, volevo che lui mi baciasse come aveva già fatto quella mattina o la sera prima, volevo sentire il suo desiderio per me e dimenticarmi in quel modo di Ron e Lavanda.

«Dimmelo, Granger. Dimmi che tu lo vuoi».

Le sue parole mi fecero sospirare piano e stringere ancora di più la presa tra i suoi capelli chiari.

«Malfoy?»

«Sì?»

«Tu lo vuoi?»

La mia domanda lo colse impreparato e vidi i suoi occhi perdersi nei miei, forse alla ricerca di una risposta.

«Di cosa hai paura Granger?»

La sua domanda mi fece nuovamente arrabbiare, stava cercando di cambiare discorso o, comunque, di spostare i riflettori su di me, di nuovo.

«Rispondimi».

La sua mano premuta contro la mia schiena mi spinse più vicino a sé, facendo scontrare i nostri corpi, mentre l'altra strinse i miei capelli in una morsa dolorosamente piacevole.

Il suo bacio violento mi tolse il respiro, facendomi ansimare in cerca d'aria.

«Ti basta come risposta?»

Le sue parole vennero però soffocate da un altro bacio e poi un altro ancora, prima che allentasse appena la presa e mi concedesse di riprendere fiato.

«No».

I suoi occhi si fissarono nei miei: «Granger, pensi che se non ti volessi perderei tempo con te? Credi che se non mi piacesse continuerei a baciarti? Vuoi tutta la verità? Quando ti bacio mi sembra di essere un altro e dimentico tutto il resto...»

Tornò a baciarmi con un'intensità maggiore, entrambe le sue mani si strinsero intorno ai miei fianchi,
facendomi scivolare di schiena sul banco dove ero stata seduta fino a pochi istanti prima.

«Davvero?» mormorai, mentre le sue labbra si spostavano sul mio collo.

I suoi occhi tornarono ad incontrare i miei e pensai che probabilmente non sarei riuscita a resistere e a fermarlo, prima che...

«Ron-Ron, vieni qua!»

L'esclamazione giunse dal corridoio fuori dalla stanza e l'istante dopo la porta si aprì, facendo entrare le figure incollate di Lavanda Brown e Ronald.

Malfoy, mi fece scendere all'istante dal banco e mi allontanò abbastanza dal suo corpo, in modo che il nostro essere insieme potesse sembrare una normale litigata, eppure il suo comportamento mi fece sentire una fastidiosa sensazione all'altezza del petto e mi resi conto che volevo che Ron sapesse, volevo che fosse geloso, volevo...

«Che schifo, Lenticchia, tu e la Brown potreste andare ad accoppiarvi anche da qualche altra parte! Mi dispiace, Gran... Mezzosangue, ma mi è passata la voglia di litigare. Penso che andrò a vomitare».

Le parole di Malfoy mi fecero sorridere, lo vidi fare qualche passo verso la porta e lo seguii, quando la voce di Lavanda mi bloccò, ghiacciandomi sul posto: «Certo, Malfoy, posso capirti, condividere l'aria con una come Hermione dev'essere disgustoso, oltre al fatto che è una Mezzosangue, è anche brutta».

Mi voltai verso quell'oca con il chiaro intento di ucciderla con un Avada Kedavra, quando sentii la mano di Malfoy appoggiarsi sul mio braccio e bloccarmi.

«Sai Brown? Sono io che non capisco il qui presente Lenticchia: come fai a stare con una ragazza del genere? Non ti viene la nausea a sentire il suo alito da iena?»

Vedere il volto sconvolto della Brown mi fece sentire come una regina, stavo per voltarmi verso Malfoy per intimargli di andare, quando sentii la ragazza esclamare: «Da quand'è che difendi la Granger, Malfoy?»

Lanciai uno sguardo al biondo che significava: "Lascia perdere" e feci per andamene quando la sua risposta mi fece sussultare e arrossire allo stesso tempo.

«Da quando me la porto a letto».

«Cosa?!» esclamammo nello stesso istante Ron, Lavanda ed io.

«Oh, dovreste vedere le vostre facce! Beh, devo dire che ne è valsa la pena di dire una bugia anche se... Granger vieni con me, devo proporti cose sconce...»

Lo fissai sconvolta, mentre cercavo in tutti i modi di nascondere il fastidio per il comportamento impassibile di Ron davanti agli insulti di Lavanda diretti a me: non mi aveva difesa.

«Tu sei matto, Malfoy» dissi mentre uscivo dall'aula, seguita a ruota da lui.

«È un: "Certo, Malfoy farò qualsiasi cosa tu voglia", Granger?»

«No, è un...» mi voltai verso di lui sorridendo maliziosa: «...esponimi prima cos'hai da propormi e poi vediamo».

La porta si chiuse dietro di me e all'istante Malfoy mi passò un braccio intorno al fianco, sorridendo a trentadue denti.

«Granger, dimmi la verità, accetteresti davvero di ascoltare delle proposte sconce da me, o l'hai detto solo per far ingelosire il povero Lenticchia?»

«Mi dispiace Malfoy, ma devo andare a lezione».

Sorrisi della sua smorfia infastidita, mentre me ne andavo, lasciandolo senza una risposta.


 

***

 

«Per questo motivo i maghi del passato decisero di...»

Ascoltare le lezioni della McGranitt non mi era mai sembrato così difficile, continuavo a pensare agli occhi di Malfoy e alla sua domanda e dentro di me mi chiedevo perché cavolo non gli avessi detto la verità. Nella mia mente il suo sguardo venne sostituito dagli occhi azzurri di Ron e dal modo in cui baciava Lavanda ogni singolo giorno. Mi chiesi perché diavolo mi fossi comportata in quel modo; lasciandogli intendere che tra me e Malfoy ci fosse qualcosa in più di semplice odio.

Lanciai uno sguardo veloce ad Harry, seduto vicino a me e mi chiesi come facesse a resistere e a sopportare tutte le storie di Ginny senza intervenire. Si vedeva che gli piaceva molto eppure...

Hannah Abbott, una delle care amiche della Brown si voltò verso di me: «Ma è vero che hai una relazione con Malfoy?»

Senza voltarmi verso il mio amico, seduto nel banco accanto a me, immaginai i suoi occhi sgranarsi dietro agli occhiali tondi e il viso sbiancare; io invece avrei solo voluto staccare la testa a morsi a quell'oca che stava con Ron.

Ridacchiai piano: «Davvero la Brown si è bevuta la battuta orribile di Malfoy? Se ti può interessare gli ho tirato uno schiaffo per quello che ha insinuato ci potesse essere tra di noi».

«Questo vuol dire che...» iniziò Hannah, scrutandomi attentamente: «...anche Malfoy si è bevuto la sua stessa battuta?»

«In che senso, scusa?»

«Beh, prima l'ho incontrato e mi ha chiesto se può sostituirmi questa sera e fare la ronda con te, perché deve proporti... beh... ha detto...»

«Cose sconce» dissi io, scuotendo infuriata la testa.

«Esatto».

«Io lo uccido» sussurrai abbandonato lo sguardo, prima di tornare a guardare Hannah: «E tu cosa gli hai detto?»

«Beh, ho pensato di dirgli di no, ma poi ho pensato che, in questo modo, io farò la ronda con quella bomba che è il Prefetto di Corvonero e quindi ho accettato».

«Va bene, mi toccherà spegnere i suoi bollenti spiriti, grazie Hannah».

La ragazza tornò a voltarsi verso la professoressa, mentre io stavo pensando a quanto Malfoy fosse subdolo, viscido e privo di pudore come una serpe.

«Herm, dimmi che non c'è nulla tra te e Malfoy».

La voce di Harry mi fece sussultare.

Mentire ad Hannah era una cosa, ma mentire ad Harry sarebbe stato un altro paio di maniche, soprattutto perché lui mi conosceva e avrebbe potuto riconoscere la menzogna sul mio volto.

«Harry, davvero pensi che...?»

«Hermione, io sono tuo amico e penso che accetterei qualsiasi notizia da te, ma mi piacerebbe che mi dicessi certe cose, prima che altri le sappiano».

Mi voltai verso di lui e, vedere che i suoi occhi erano sinceri, mi fece sentire ancora più traditrice di quanto non mi sentissi già.

«Beh, diciamo che Malfoy è convinto di potermi conquistare, ma io sto cercando di farlo desistere».

Bugiarda, bugiarda, bugiarda!

«Ma perché Malfoy dovrebbe...»

«Non lo so Harry, non lo so».

Alla fine della lezione mi diressi verso la biblioteca con l'intento di svolgere il più in fretta possibile il compito assegnatoci dal professor Piton, ma mi bloccai a metà strada, facendo finta di cercare qualcosa nella mia borsa, sentendo così due ragazze del quarto anno di Tassorosso spettegolare animatamente.

«... Io ho sentito così, non me lo sono inventato!» esclamò la più bassa.

«Sì, ma non è andata proprio così! Da quello che mi ha detto Jennifer, alla quale lo ha detto Yvonne, che l'ha saputo da Denise che lo ha scoperto da Britney: Lavanda era entrata in un'aula per parlare con Ronald di qualcosa, quando ha visto nella stanza Malfoy che baciava la Granger, la Brown ha detto qualcosa sul fatto che Malfoy aveva coraggio a respirare la stessa aria di Hermione, o qualcosa del genere e lui l'ha difesa. Alla domanda di Lavanda, che ha chiesto a Draco il motivo del suo comportamento, lui ha detto che si porta a letto la Granger!»

«Sì, ma io ho sentito dire anche che Malfoy ha chiesto di poter fare la ronda questa sera con la Granger e, da quello che mi hanno confidato, lui sembrava più che convinto di non fare solo la ronda con lei, non so se mi spiego...»

A quelle parole non riuscii più a trattenermi oltre e aumentai il passo per raggiungere il prima possibile la biblioteca; avevo bisogno di silenzio, non volevo più sentire nulla di quello che Lavanda aveva raccontato in giro, su quello che era successo dopo pranzo in quella stramaledetta stanza.

Ovunque andassi vedevo ragazzine voltarsi verso di me, indicarmi ed incominciare a parlare fitto.

Solo quando raggiunsi la biblioteca trovai finalmente un po' di silenzio e solitudine per incominciare il compito da consegnare a Piton.



 

***



«Sorpresa?»

«Neanche un po', sei in ritardo di venti minuti, Malfoy».

Vidi il suo volto rabbuiarsi, mentre cominciavo a camminare verso i sotterranei: «Io direi di partire da questo piano, poi passiamo a...»

«Davvero non sei sorpresa?»

«No, perché dovrei?»

«Vuoi un disegno?» chiese in tono ironico.

«Se hai voglia di...»

«Come facevi a sapere che sarei venuto io e non la Abbott?» chiese Malfoy, prendendomi per un gomito e voltandomi verso di lui.

«Hannah me l'ha detto questo pomeriggio, davanti ad Harry, che da quel momento non ha smesso neanche un istante di guardarmi in modo strano, come se...»

«Lo avessi tradito?» concluse lui la frase facendomi bloccare il respiro in gola.

«Ti stai divertendo, vero?», gli chiesi lanciandogli uno sguardo truce: «Avermi in tuo potere ti fa sentire forte? Pensi che tutto quello che ho fatto avesse solo il fine di assecondarti, non pensi che io lo abbia fatto anche per me stessa?»

«Non l'ho mai pensato. Tu sei troppo intelligente, Granger, per lasciarti comandare a bacchetta, ma devo ammettere che sì, è stato divertente e lo è ancora».

Una pugnalata nel petto avrebbe fatto meno male, ne ero certa.

Senza pensare a nulla, gli tirai uno schiaffo sulla guancia, lasciandogli il segno delle mie cinque dita.
«Io controllo dal terzo piano in poi, tu gli altri. Buona serata, Malfoy».

Mi voltai e cominciai a camminare decisa verso le scale che mi avrebbero portata ai piani superiori.

Non sentii i suoi passi seguirmi e una parte di me ci rimase male, mentre l'altra esultava per la bellissima uscita di scena che avevo fatto, ma ben presto dentro di me sentii solo una grande desolazione e solitudine.

Ron aveva Lavanda, Harry presto o tardi sarebbe riuscito a confessare i suoi sentimenti a Ginny, ma io? Io chi avevo?

«... Nessuno, ti dico. Non c'è nessuno qui».

Mi bloccai di scatto, riconoscendo la voce di Ron e mi chiesi che cosa ci facesse lì, ma il corso dei miei pensieri venne interrotto dalla voce sibilante di Malfoy: «Chi ti credi di essere?»

Le sue parole mi presero in contropiede, dato che non mi aspettavo il suo contrattacco.

«Come, scusa?», mi voltai verso di lui, pronta ad affrontarlo a testa alta, da vera Grifondoro.

«Ti sembra educato tirare uno schiaffo senza motivo?»

«Senza motivo? Starai scherzando spero! Io non sono il giocattolo di nessuno!»

I suoi occhi da infuriati si trasformarono; diventando dapprima confusi e poi sorpresi.

«Cavolo, Granger! Ma lo fai apposta a non capire o ti viene naturale fraintendere sempre le mie parole?!»

La sua reazione mi lasciò basita: «E con questo cosa vorresti dire?»

«Tu non sei il mio giocattolo, o almeno, non solo. Tu sei semplicemente mia, punto», il suo sguardo sembrò volermi ipnotizzare e le sue mani si posarono a coppa sui lati del mio viso, avvicinandolo al suo.

«E se pensi che abbia detto di starmi divertendo per offenderti, hai capito male...»

I suoi occhi, con la luce della luna, sembravano trasparenti e le sue mani sul viso parevano bruciarmi la pelle.

«Granger, avrei preferito non importelo, ma ho bisogno che tu sia mia, non chiedermi il motivo, non posso dirti qualcosa che neanche io capisco. Non hai idea di cosa significhi essere me, di tutte le cose che mio padre si aspetta che io faccia o di tutti i rimproveri... e forse è meglio così, però, ti prego, non mi abbandonare».

Se avevo le idee confuse prima, ora mi sentivo come se nella mente avessi una matassa attorcigliata ed impossibile da dipanare.

Lui aveva bisogno di me?

«Malfoy, cosa vuoi che faccia?»

Dissi quelle cinque parole senza pensarci e allo stesso tempo lo abbracciai, affondando il viso contro il suo petto.

«Fidati di me», mormorò contro i miei capelli, aspirando a fondo il mio odore.

«L'ho già fatto, lo sai, e lo rifarei».

«Davvero?», chiese e nel suo tono ci lessi della disperazione.

«Sì», sussurrai, alzando lo sguardo e incontrando i suoi occhi chiari.

«Allora baciami.»

Non me lo feci ripetere due volte, anche perché era quello che aspettavo dal nostro incontro dopo pranzo, e lo baciai lentamente, assaporando ogni istante, prima che il desiderio aumentasse e il bacio diventasse qualcosa di morboso e assolutamente necessario.

«Dimmi che mi vuoi, dimmi di sì», ansimò, mentre indietreggiavamo verso quella che mi sembrava la porta dell'aula di Difesa Contro le Arti Oscure.

Sì!

Volevo dire, no!

«Fidati di me».

A quelle parole mi arresi, e non solo a lui, ma anche a me stessa.

Era inutile continuare a resistere, era come tentare di arginare un fiume creando una diga: possibile, ma contro natura.

«Sì».

Alla mia risposta lo sentii spingermi contro la porta dell'aula e aprirla.

Si staccò dalle mie labbra per respirare e stavo per baciarlo io, quando la voce di Lavanda Brown mi fece ghiacciare sul posto.

«Sì, Ron-Ron, sì!»

Vidi Malfoy fare una smorfia e voltarsi verso la cattedra, io non ne ebbi il coraggio e scivolai fuori dall'aula.

Cercai di trascinare il Serpeverde fuori con me, ma lui si liberò dalla mia stretta schiarendosi la voce per far capire ai due che erano stati scoperti.

«Bene, bene. Lenticchia, vedo che ti dai da fare», nella sua voce, oltre al fastidio, c'era anche della rabbia.

«Mal-Malfoy?»

La voce di Ron sembrava provenire da molto lontano e sembrava affaticata.

Sentii la nausea e appoggiai la fronte alla parete fredda del corridoio per cercare di controllarmi e di non pensare a nulla, soprattutto a quello che dovevamo aver interrotto.

«Sì, Weasel, sono proprio Malfoy e se proprio vuoi sapere la mia opinione su quello che stai facendo con la Brown; devo dire che hai del fegato, io già fatico a guardarla in faccia, figurati scoparla...»

Io scossi la testa, mentre continuavo a ripetermi che non stava accadendo davvero, che il mio Ron non stava...

Il mio Ron?

Lui non era mio!

Lui era di Lavanda, era...

«Come ti permetti di parlare di lei in questo modo?! Vattene!» intervenne Ronald.

Sentii la risata di Malfoy: «Non ti preoccupare, meno vedo del vostro teatrino e meglio è, comunque vorrei ricordarvi che state infrangendo le regole e, quindi, cinquanta punti in meno a testa. Buona notte, Lenticchia».

Uscì dalla stanza, si chiuse la porta alle spalle e si voltò subito verso di me, guardandomi con uno sguardo preoccupato stampato in volto.

«Granger?» sussurrò piano, prendendomi il viso tra le mani.

«Sto bene», sussurrai, prendendogli una mano e stringendola forte tra le dita: «Andiamocene».

Lo vidi annuire e poi sorridere appena: «Ti va di ubriacarti con me, piccola?»

«Non mi chiamare "piccola", mi dà fastidio».

«Allora?», chiese sorridendo e passandomi un braccio intorno alla vita: «Che ne dici se vado a prendere una bottiglia di Firewiskey nella mia camera e poi...»

«Beh, possiamo andarla a prendere insieme», proposi, appoggiando la fronte contro la sua spalla.

«Mmh, che bell'idea...»

«Però...»

«Però?»

«Mi devi promettere che non mi toccherai con un dito», sussurrai, guardandolo dritto negli occhi grigi.

«Ancora?»

Il suo tono di voce mi fece sorridere; sembrava sofferente.

«Quando sono ubriaca non ricordo ciò che faccio, quindi non vorrei rischiare di dimenticare se dovesse succedere "qualcosa" tra di noi, capisci?»

«Sì, capisco e hai la mia parola».



 

***


 

«Il tuo letto è così comodo», sussurrai, appoggiando la testa sul cuscino e chiudendo gli occhi.

«Granger?», sussurrò, accarezzandomi i capelli.

«Sì?»

«Cosa hai provato quando hai capito cosa stavano facendo Weasel e la Brown in quell'aula?»

La sua domanda mi fece tornare in mente quello strano sentimento, che la mia mente - grazie all'alcol - aveva cancellato.

«Mi sono sentita male, ma non perché lui sia stato con una ragazza, ma perché sia stato con lei! Lavanda non l'ho mai sopportata e vedere Ron tra le sue braccia, mi fa sentire male, perché mi rendo conto che se a lui piacciono le ragazze come lei, io non gli potrò mai piacere, capisci?»

«Certo, Granger. Provo anche io le stesse cose» mormorò piano.

«Ah, sì? E per chi?»

«Per la ragazza più bella del mondo, peccato che lei sia innamorata di una persona totalmente diversa da me», mi guardò dritto negli occhi e sentii le sue parole penetrarmi dentro.

«Sono certa che riuscirai a conquistarla».

«Tu dici?»

«Certo! Nessuna ragazza può resistere al tuo fascino da bello e dannato, Malfoy», gli dissi avvicinando il suo viso al mio e accarezzandogli la guancia.

«Nemmeno tu?», domandò baciandomi la punta del naso.

«No, nemmeno io.»

 

 

****

 

NOTE aggiunte in un secondo momento (26/06/20):

 

Da dove cominciare...

In questo capitolo Draco dice a Hermione che è sua, riferendosi molto probabilmente alla scommessa vinta da lui, ma la cosa è comunque disturbante. Hermione fa bene a dirgli di non essere un giocattolo perché ha ragione. Hermione è un essere umano e in quanto tale non appartiene a nessuno se non a se stessa. 

Questa "usanza" nelle fanfiction di far dire frasi come "Sei mia"/"Dimmi che sei mia" e tutte le altre varianti che possono venirvi in mente, al personaggio maschile sono retaggio di una società che vede la donna alla stregua di un oggetto carino che si deve possedere e tenere al sicuro dallo sguardo di altri uomini, che posso essere una minaccia.

Nella vita reale se qualcuno mi dicesse una frase simile non mi sentirei lusingata o amata, ma solo un oggetto sessuale e cercherei di fuggire il più lontano possibile.

Draco di nuovo si fa dire di sì da Hermione, portandola allo sfinimento e quindi invalidando il sì che è stato detto dalla ragazza perché stanca di tacere o dire di no.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** The potion’s effect ***


5. THE POTION'S EFFECT





La mano sul mio fianco era calda, piacevole... mi faceva sentire protetta.

Ogni singolo muscolo del mio corpo era in completo relax, era come se avessi dormito per più di una settimana per recuperare tutte le ore di sonno perse per studiare, eppure...

C'era qualcosa che non andava in tutta quella perfezione, anzi, qualcuno.

Mi voltai di 180° gradi nell'enorme letto e sentii la mano (che non mi apparteneva) scivolare appena, fino a cadere tra le coperte.

Senza quel contatto sentii improvvisamente una sensazione di gelo ovunque che mi fece rabbrividire.

Stavo per aprire gli occhi, per cercare una soluzione, quando percepii la mano di prima appoggiarsi sulla mia coscia e salire lentamente, passando per il mio sedere, i fianchi, la schiena, le braccia, il seno, la pancia...


 

«Mi devi promettere che non mi toccherai con un dito.»
«... hai la mia parola.»

 


Nella mia mente una semplice parola si fece largo nella mia mente, al ricordo di quella promessa: bugiardo!

Stavo per svegliarmi del tutto e tirare uno schiaffo a quell'odioso furetto, quando sentii le sue labbra appoggiarsi lentamente sulle mie, in un modo dolce e del tutto inaspettato che mi fece gemere piano.

«Buongiorno, Granger» lo sentii sussurrare, prima di ricevere un altro bacio, innocente come il precedente.

«Buongiorno» farfugliai aprendo gli occhi e ritrovandomi i suoi vicinissimi.

«Dormito bene?», chiese, passandomi le mani tra i capelli ribelli.

«Sì».

«Bene. Sai, mi sono svegliato nemmeno due secondi fa, ma mi è tornata in mente una nostra discussione non ancora conclusa» disse, dandomi un altro bacio.

Sta cercando di confondermi, pensai.

«Ah, sì? Quale?»

«Granger, sinceramente, accetteresti davvero di ascoltare delle proposte sconce da me, o l'avevi detto solo per far ingelosire Lenticchia?» chiese, guardandomi in modo malizioso e lascivo.

La sua domanda mi lasciò di stucco e mi confuse ancora di più, mentre il mio cervello ancora addormentato, cercava di trovare una risposta adeguata al quesito.

«No! Cioè, non accetterei mai e sì, volevo far ingelosire Ron» risposi, sapendo perfettamente di essere una pessima bugiarda, ma volendoci provare lo stesso.

«Ah, allora perché sta notte ti ho fatto la stessa domanda e hai risposto l'opposto?» disse, alzando un sopracciglio.

«Ero ubriaca» esclamai, come se potesse bastare come scusante.

«Non sai dire le bugie, Granger, è inutile che ci provi», sussurrò ad un centimetro dalle mie labbra: «Sai cosa succede alle bambine cattive che mentono?»

«C-cosa?» domandai, fissando la sua bocca che si muoveva e provando l'irrefrenabile desiderio di essere baciata come solo lui sapeva fare.

«Finiscono in punizione» rivelò, prendendomi un polso e alzandolo, fino ad appoggiarlo vicino alla testiera del letto, per poi fare lo stesso con l'altro.

Lo fissai dritto negli occhi, osservando ogni sua singola espressione e sentendo un tuffo al cuore, quando lo sentii spostarsi sopra di me e schiacciarmi contro il materasso con il suo peso.

«Che genere di punizione?»

Avevo appena finito di chiederlo, quando sentii qualcosa di duro e metallico chiudersi intorno ai miei polsi.

Manette.

Non ci potevo credere.

«Malfoy, che diavolo...?!»

Come al solito però, interruppe la mia protesta con un bacio lungo e profondo.

«Tu non hai idea di cosa ti farei in questo momento, Granger, proprio non-ne-hai-idea» scandì per bene le ultime parole, mentre mi stringeva i seni tra le mani.

«Te lo posso raccontare, dato che non penso che me lo farai mai mettere in pratica?»

«Dovrò ascoltare... com'è che le chiami tu? Cose sconce?» chiesi, sembrando molto più sicura di quanto in realtà fossi; quelle manette mi impedivano di schiaffeggiarlo in caso si spingesse troppo oltre e quindi un pericolo per me, ma un vantaggio per lui.

«Oh, sì».

«Tipo?»

«Incominciamo dall'inizio: intanto ti spoglierei lentamente, uno strato per volta, fino a farti rimanere nuda, poi incomincerei a morderti l'orecchio e a leccarti il collo e la gola; riempiendoti di succhiotti, poi passerei ai tuoi seni, li leccherei tutti e poi...»

La sua espressione, mentre mi parlava in quel modo, era carica di allusioni e di voglie, cosa che si poteva capire benissimo anche dal rigonfiamento dei suoi pantaloni che premeva contro il mio ventre, facendomi sentire ancora più accaldata.

«... poi penso che mi concentrerei per un po' sui tuoi capezzoli, fino a farli diventare rossi e turgidi e, dopo averti fatto urlare un paio di volte, incomincerei a fare sul serio. Ti bacerei all'altezza dell'ombelico, per poi scendere più in basso, fino a...»

Toc, toc, toc.

La porta mi salvò dallo svenire, non per l'imbarazzo, ma perché volevo che mettesse in pratica le sue parole e basta, senza torturarmi in quel modo.

Anche se non l'avrei mai e poi mai ammesso ad alta voce.

«Draco?»

Era una voce maschile e questo mi fece sentire sollevata e tesa allo stesso tempo; non avevo potuto impedirmi di chiedermi se Malfoy, mentre ci provava con me, stesse con qualcun'altra e quindi sentire una voce non femminile mi aveva fatto sentire leggermente più tranquilla.

«Vattene, Blaise», disse lui, senza distogliere lo sguardo da me.

«Fidati, è meglio che entri e ti racconti cos'è successo durante la colazione».

«Dimmelo da lì».

«E va bene... dunque, la Brown e Weasley si stava baciando come al solito, quando è successa una cosa incredibile: a Weasel sono cominciati a spuntare brufoli un po' ovunque, fino a ricoprirgli interamente la faccia, la sua ragazza-cesso ha incominciato ad urlare in preda al panico, mentre i primi brufoli cominciavano ad esplodere pus un po' ovunque... ehi! Ma mi stai ascoltando?»

Malfoy non distoglieva lo sguardo da me, sembrava volesse dirmi qualcosa, sembrava volesse dimostrarmi qualcosa...

«Malfoy?!» lo chiamò Zabini da fuori: «Posso entrare? Mi sento un cretino a parlare con una porta!»

«No, non puoi».

«Chi c'è con te? La Parkinson? La Greengrass?»

«No, lo sai che non le sopporto», rispose il furetto, avvicinando il viso al mio e mordendomi piano le labbra.

«Continuiamo il nostro discorso più tardi, va bene?», mi sussurrò all'orecchio, prima di slacciare le manette e di togliersi da sopra il mio corpo.

«Allora, chi? Non dirmi che...»

«Puoi entrare, ora» lo interruppe Malfoy, mentre si alzava e raccoglieva da terra la cravatta, infilandosela intorno al collo e abbozzando un nodo.

Solo in quell'istante mi resi conto che era ancora vestito come la sera prima e che probabilmente non si era cambiato prima di addormentarsi.

Zabini entrò nella stanza come un ladro, strisciando i piedi e cercando di fare il minor rumore possibile, prima di lanciare uno sguardo al letto e di veder chi c'era al suo interno.

«Lo sapevo! Malfoy, ce l'hai fatta!»

Io guardai perplessa entrambi.

«No» disse semplicemente il furetto, prima di farmi segno di alzarmi.

Io lo studiai per qualche istante, prima di scuotere la testa: «Sono comoda così».

Tutto pur di non eseguire i suoi ordini.

«Tra meno di venti minuti incominciano le lezioni» disse Zabini, facendomi alzare all'istante.

«Che cosa?!» esclamai, lanciando uno sguardo tutt'intorno a me alla ricerca della mia cravatta: «E tu, idiota, mi hai anche legato al letto! Ma dove sono finita, in una scuola di matti?!»

«L'hai legata al letto?», chiese Blaise, lanciando uno sguardo malizioso a Malfoy, che ghignò sotto i baffi.
Sentii le guance colorarmisi di rosso, mentre raccoglievo le mie cose nel modo più stizzito che conoscevo e mi riabbottonavo i pochi bottoni della camicia che l'idiota era riuscito a slacciarmi.

Stavo per uscire dalla stanza sbattendo dietro di me la porta, quando una mano mi afferrò per il polso, facendomi girare su me stessa.

«Dove fuggi?», domandò, bloccandomi.

«A lezione».

«Mi aspetti un istante?»

«Perché dovrei? Non ho tempo per giocare, Malfoy, devo andare a recuperare i miei libri e i compiti e...», venni interrotta dal suo dito sulla bocca.

«Un istante», ripeté, prima di dirigersi verso il letto e di raccogliere i suoi libri dalla scrivania, diede una pacca sulla spalla all'amico moro e poi aprì la porta e uscire prima di lui.

«Ci ho messo tanto?» chiese mentre percorrevamo la sala comune di Serpeverde, senza incontrare nessuno e ci dirigevamo verso quella di Grifondoro.

«No» dissi stizzita.

Il viaggio non durò molto e per tutto il tempo non feci altro che sbuffare per fare intendere al Furetto platinato, che mi stava seguendo, quanto poco gradissi la sua compagnia.

«Potremmo incontrare qualcuno, rischi di rovinare la tua reputazione immacolata facendoti vedere in giro con me...» dissi, con l'intento di farlo allontanare, ma lui fece finta di niente e mi affiancò, passandomi un braccio intorno alla vita e dandomi un bacio sulla tempia.

In poche parole ottenni l'opposto di ciò che volevo.

«Non ci casco, Granger. Devi migliorare la furbizia» mormorò, prima di lasciarmi e di fermarsi davanti al quadro della Signora Grassa.

«Ti aspetto».

Annuii appena e sussurrai la parola d'ordine con l'intento di non farla sentire a lui e attraversai la Sala comune con una grande confusione in testa.

Continuavo a chiedermi il motivo per cui all'improvviso lo odiavo meno e provavo di nuovo quello strano calore all'altezza del petto che sentivo quando il primo anno avevo avuto una malsana cotta per lui.

Ricordavo il nostro primo incontro sul treno i suoi occhi che assomigliavano ad una tempesta di sentimenti contrastanti e i suoi modi gentili... beh, questo era accaduto prima che il cappello parlante mi smistasse a Grifondoro, prima di scoprire che io ero una Sanguesporco e quindi non degna delle sue attenzioni.

E forse è anche per questo che fin dall'inizio avevo cercato di tenergli testa, di prendere voti più alti e di fargli vedere quanto - anche se "impura" - meritassi di essere una strega; volevo che lui si pentisse di avermi insultata per tutti quegli anni.

Mi bloccai davanti alla porta della mia stanza per pochi secondi, mentre mi tornavano in mente le prime parole che mi aveva rivolto sul treno e l'espressione sorridente sul suo volto che, solo dopo, capii essere molto rara da scorgere.

 


«Cerchi qualcosa?», domandò una voce, facendomi voltare di scatto e incrociare lo sguardo con un paio di occhi grigi, profondi e curiosi.

«Sto aiutando un ragazzo di nome Neville a ritrovare il suo rospo, lo ha perso un paio di minuti fa...», avevo risposto e, segretamente, avevo sperato che si fermasse a darmi una mano a cercare quell'animaletto verdastro.

«Un rospo?» ripeté, con una piccola smorfia sul viso: «I gufi sono migliori, l'ha detto mio padre».

«Beh, c'è chi, a quanto pare, non si può permettere di comprare un gufo», ribattei, portandomi le mani sui fianchi e lanciandogli uno sguardo di sfida.

Mi guardò in silenzio per alcuni lunghi istanti, prima di sorridere: «L'altro giorno mia madre mi ha insegnato un incantesimo per rintracciare gli animali dispersi... se vuoi te lo posso insegnare».

Sorrisi, non riuscii a trattenermi, e annuii con forza: «Certo! Mi piacerebbe molto».

«Bene, devi muovere il polso in questo modo e dire ad alta voce: "Revelio!" pensando all'animale che vuoi scovare» spiegò il ragazzo biondo.

«Così?», chiesi muovendo in modo impacciato il polso e quindi sbagliando l'incantesimo.

Sentii all'istante le sue dita stringersi intorno alle mie con delicatezza e muoversi piano per mostrarmi nuovamente il movimento circolare.

Il suo volto era vicinissimo al mio e da stupida ragazzina qual'ero sentii il mio cuore battere all'impazzata, percependo il suo respiro contro la mia pelle e pensando che forse, una volta diventati più grandi tra di noi...

«Draco?!», sentimmo una voce chiamare e vidi una ragazza mora spuntare da uno degli scompartimenti, sorridendo al biondo, che lasciò all'istante la mia mano e si allontanò di un passo o due da me.

«Che c'è Pansy?»

«Beh, non ti vedevamo tornare, io Daphne e Theo ci stavamo chiedendo dove fossi finito» disse la ragazzina, passandosi una mano tra i capelli lunghi e lisci, proprio l'incontrario dei miei.

«Arrivo» rispose il biondino, facendo un gesto scocciato con la mano.

«Va bene, ti aspettiamo» la mora scomparve di nuovo all'interno dello scomparto.

«Emh, io devo andare...» disse lui, porgendomi la mano e stringendo dolcemente la mia: «È stato un piacere conoscerti... io sono Draco Malfoy».

«Hermione Granger» risposi, sentendo il respiro bloccarmisi in gola, notando i suoi occhi diventare ad un tratto guardinghi, come se qualcosa lo avesse colto di sorpresa.

«Spero che tu riesca a trovare il rospo che stai cercando, Hermione» sussurrò piano, prima di lasciare la mia mano e allontanarsi, scomparendo nello stesso scomparto in cui era scomparsa la sua amica.



 

Abbassai la maniglia e mi diressi con passo spedito verso la mia scrivania, raccogliendo i miei libri e una penna con cui prendere appunti.

Mentre tornavo indietro, passando nuovamente per la sala comune, mi chiesi sinceramente che cosa avessi in mente di fare; quale era il motivo che mi spingeva a stare sempre più a contatto con quell'odioso furetto che si ostinava a baciarmi e a farmi tremare al solo pensiero di stare da soli per pochi istanti?

Mi bloccai davanti al quadro e presi un profondo respiro.

Prima di uscire mi tornò alla mente quando, una volta arrivata per la prima volta in Sala Grande, il cappello parlante mi aveva smistato a Grifondoro e la freddezza nello sguardo di Malfoy quando i nostri occhi si erano incrociati.

Avevo capito il motivo di quell'occhiataccia solo quando lo avevo visto camminare verso il tavolo dei Serpeverde e avevo capito che da quel momento in poi, io e lui, saremmo dovuti essere nemici.

Scacciai quei pensieri fastidiosi e mi decisi finalmente ad uscire in corridoio, dove un paio di occhi grigio-azzurri si posarono istantaneamente su di me, facendomi aumentare la temperatura corporea e i battiti cardiaci.

«Andiamo?» chiese, sondando le mie reazioni alla sua vicinanza e ghignando appena.

Inutile tentare di sembrare distaccata; non ero in grado di mentire in nessun modo e lui questo lo sapeva perfettamente.

 


***



Le lezioni della mattina terminarono più in fretta di quanto avessi mai sperato, mentre uno sconvolto Harry e una pallida Lavanda, mi raccontavano ciò che era successo a colazione, mentre io - chissà perché loro non si accorgevano di quando mentivo - ero andata a "cercare un volume in biblioteca per terminare un compito di pozioni".

«Beh, io e il mio Ron-Ron, stavamo chiacchierando... quando lui ha incominciato a tossire forte e in pochi istanti il suo volto era ricoperto interamente da pustole rosse e viola che non facevano altro che esplodere, spargendo pus ovunque...», la versione della Brown.

«Ron e Lavanda si stavano baciando quando Ron l'ha allontanata di scatto e ha incominciato a tossire forte, dopo aver bevuto un sorso d'acqua sembrava essersi ripreso, invece in pochi secondi ha cominciato a diventare tutto rosso e poi delle strane pustole e brufoli gli sono spuntate sul viso, sulle braccia... ovunque e ogni tanto ne esplodeva una, schizzando pus... Madama Chips ha detto che qualcuno deve avergli dato una pozione o fatto un incantesimo, altrimenti non si spiegherebbero i suoi sintomi, comunque si dovrebbe riprendere presto...»

Le parole di Harry mi fecero sussultare e abbassare di scatto lo sguardo.

Non potevo guardarlo negli occhi, non quando sapevo perfettamente chi aveva versato quella pozione nel bicchiere di Ronald, non quando ero stata proprio io.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Rumours don’t kill ***


6. RUMORS DON'T KILL




«Dove fuggi, Mezzosangue?», chiese l'insopportabilmente familiare voce di Malferret, affiancandomi, mentre camminavo con passo veloce verso la torre Grifondoro.

«Vattene, Malfoy», sibilai, ignorando la sua mano che si era appoggiata sul mio fianco e che mi aveva avvicinato a lui: «Rischi che qualcuno ci veda».

«Non m'importa e poi con le storie che girano già su noi due...» mormorò al mio orecchio, facendomi bloccare in mezzo al corridoio.

«Che storie?!» esclamai, fissandolo con gli occhi sbarrati.

«Beh, ti ricordi quella volta, quando lo Straccione e la sua "Dama" sono entrati nell'aula mentre io e te stavamo accidentalmente pomiciando su uno dei tavoli, no? Granger, non penserai mica che la pettegola Brown non abbia pensato ad una nostra possibile relazione, vero?» domandò molto retoricamente, incrociando le braccia al petto e alzando un sopracciglio in attesa di una mia risposta.

«Vuoi dire che... tutta Hogwarts pensa che io e te...»

«Facciamo sesso, sì», concluse con tono impassibile, prima di fare una piccola smorfia: «Sfortunatamente non è così».

«E con questo cosa vorresti dire? Che ti dispiace che i pettegolezzi che ci sono in giro non siano veri?» domandai, con una strana ansia all'altezza del petto.

«Esattamente».

Il suo sguardo sincero e serio, per nulla divertito, fece morire dentro di me ogni speranza di non venire coinvolta emotivamente in quello stupido gioco.

Inutile mentire, ormai provavo qualcosa per lui.

Cosa di preciso non lo sapevo ancora, ma di sicuro c'entrava quella stupida attrazione che mi aveva legata a lui fin dal primo momento che i nostri sguardi si erano incontrati, su quel treno cinque anni prima.

«Tu sei pazzo, Malfoy» sussurrai, nel vano tentativo di non fargli capire che era riuscito a far dissolvere nel nulla uno dei tanti strati che avvolgevano il mio povero cuore.

Il ragazzo si avvicinò, piano, tentennando appena, prima di accarezzare lentamente il mio viso con le sue dita lunghe: «Tu credi, Granger?»

Annuii piano, vedendolo sorridere.

«Baciami, Mazzosangue» ordinò, spostando la mano dietro alla mia nuca e avvicinando il mio volto al suo.

«Potrebbe passare di qui qualcuno da un momento all'altro e...»

«Ti sei scordata la scommessa, Granger?», chiese, stuzzicandomi e ridendo sotto i baffi.

Sospirai: «Ok, ma solo uno.»

Non gli diedi il tempo di rispondere, anche perché non ero certa che la sua risposta mi sarebbe piaciuta; nel migliore dei casi avrebbe semplicemente constatato quanto fosse facile farmi cedere, cosa che per il mio orgoglio non sarebbe stato nulla di positivo, io lo avrei mandato a quel paese e non l'avrei baciato e non gli avrei permesso di farlo fino a quando non avrei sbollito la rabbia e il fastidio.

Ma questo non andava bene, perché in quel caso avrei dovuto aspettare ancora, prima di poter constatare cosa fosse cambiato da quando un velo di quella leggera patina che avvolgeva il mio cuore se n'era andato.

E quello che sentii ovunque nel mio corpo sembrava amplificato rispetto a quella mattina, quando mi aveva baciato nello stesso identico modo.

Non ricordavo che le sue labbra fossero così morbide, come non mi ero mai resa conto di quel favoloso sapore che avevano; caffè, menta, tabacco...

«Ma quelli sono la Granger e Malfoy! E si stanno baciando!»

Quell'esclamazione mi fece sussultare e allontanare di un passo dal ragazzo che mi stava - troppo - teneramente stringendo a sé.

Pensai ad una soluzione che mi avrebbe fatto passare per la vittima della situazione e subito un'idea mi fece esclamare: «Malfoy! Cosa diavolo ti passa per la mente!»

Lo schiaffo che gli tirai sulla guancia fece male più a me che a lui, anche perché dentro di me capii di aver sbagliato e mi sentii in colpa.

Corsi via senza degnare di uno sguardo tutta quella gente che si era radunata nel corridoio a guardarci e a spettegolare su di noi, prima di chiudermi nel bagno di Mirtilla Malcontenta per tentare di calmarmi e di pensare lucidamente a quello che mi stava succedendo.


 

***


Lasciai cadere la borsa a terra, mentre stringevo il bordo del lavandino con le dita.

Allentai appena la cravatta, persa nei miei pensieri.

Non avevo riconosciuto il gruppetto di persone che avevano assistito a quel bacio, ma ero certa che Harry, Ginny e Ron non ne facessero parte.

Aprii il rubinetto e mi sciacquai il volto e bagnai appena il collo.

Solo in quell'istante trovai il coraggio di guardarmi nello specchio vecchio e rovinato dagli anni che avevo di fronte.

Ero sempre io, esternamente non c'era nessuna differenza tra l'Hermione di pochi giorni prima e quella di adesso, tranne forse le guance e le labbra arrossate per quel bacio.

Per il resto i miei occhi erano sempre ugualmente scuri, ma avevano una strana scintilla di pazzia e di emozione che non riuscivo a riconoscere, mentre i capelli erano sempre ribelli e privi di forma.

Chiusi il rubinetto e mi passai le mani ancora bagnate sulle braccia per rinfrescarmi, gesto un po' particolare, dato che il freddo stava arrivando in fretta e presto l'inverno avrebbe portato con sé il vento pungente, le piogge, i temporali e le nevicate.

Mi staccai dal lavandino e mi appoggiai alla parete accanto, sedendomi e stringendo contro il mio petto le gambe.

Non riuscivo più a capire cosa mi stava succedendo e cominciavo a temere che Malfoy mi avesse fatto un incantesimo o somministrato una pozione senza che io me ne rendessi conto.

Non parlavo con i miei amici da quella che mi sembrava una vita; tutte le volte mi ritrovavo il furetto lungo la strada e non riuscivo ad ignorarlo come mio solito.

Era tutta colpa di quella stupida scommessa, o almeno questo era quello di cui ero convinta.

Strinsi tra le dita l'orlo della gonna e sospirai, cercando di ricordare una situazione in cui mi ero sentita più confusa; forse quando avevo per la prima volta sentito le farfalle nello stomaco per colpa di un abbraccio di Ron, oppure quando avevo accettato l'invito di Victor Krum al Ballo del Ceppo senza veramente voler andarci con lui, o quando...

«Ciao, Hermione, ti senti bene?»

Alzai di scatto lo sguardo ed incontrai due profondi occhi grigio-azzurri, tremendamente simili a quelli che mi avevano guardato neanche dieci minuti prima con stupore quando avevo tirato quello schiaffo.

«Ciao, Luna», la salutai, alzando appena i lati delle labbra verso l'alto.

«Pensi?», domandò sedendosi accanto a me, stringendo tra le dita uno strano paio di auricolari a forma di fiore.

«Sì», sussurrai.

«In giro si dice che tu e Malfoy stiate insieme», disse guardandomi: «Stai pensando a questo?»

«Sì, ma...», iniziai, desiderosa di chiarire la situazione.

Lei alzò la mano, come se non volesse ascoltarmi: «Non devi giustificare le tue azioni in nessun modo, come dice mio padre: "Quando il cuore decide la propria strada, la mente non può far nulla per impedirgli di seguirla", certo ci potresti provare, ma perché soffrire?»

Si fermò un istante a fissare il pavimento e mi chiesi se si aspettasse una mia risposta, ma poi tornò a parlare: «Quello che volevo provare a dirti è che se ti piace Malfoy non dovresti nasconderlo, soprattutto ai tuoi amici. E poi ricorda: i pettegolezzi non uccidono, basta ignorarli».

La vidi alzarsi e porgermi una mano, che afferrai titubante: «Ci vediamo in giro», salutò scomparendo in pochi secondi fuori dal bagno.

Ero di nuovo sola, ma era stato bello sentire le parole di Luna; in tutta la scuola almeno c'era una persona che avrebbe "accettato" una possibile relazione tra me e Malfoy e la cosa era confortante...

Oh, cavolo!

Come mi era potuto passare per la testa?!

"Una possibile relazione tra me e Malfoy?!"

Mai!

Mi passai distrattamente le mani sulla gonna per cercare di pulirla dalla polvere, raccolsi la mia borsa e presi un profondo respiro.


 

***
 


La Sala Grande era gremita di ragazzi che si dirigevano verso i loro tavoli per cominciare cena, tutti avevano almeno un amico o amica vicino con cui chiacchieravano e ridevano di qualcosa.

E, per quanto potesse sembrare un comportamento paranoico, non riuscivo a togliermi dalla mente il pensiero che forse stessero parlando e ridendo di me.

Ma, per quanto dentro di me mi sentissi insicura, all'esterno sapevo di sembrare tranquilla come sempre.

Individuai subito la chioma rossa di Ginny e mi diressi verso il posto vuoto tra lei e Neville.

«Ciao», salutai entrambi, prima di ricevere uno sguardo strano dalla mia amica.

«Come va?» mi chiese lei, ma si vedeva che stava come tentando di arginare un fiume in piena.

Era arrabbiata con me o soltanto molto curiosa?

«Bene. Tu?»

La vidi fissare con uno sguardo vacuo il suo piatto che si riempiva magicamente - come il mio - di pietanze, prima di vederla scuotere la testa: «Non riesco a resistere: dimmi tutto, fino all'ultimo dettaglio!»

Io alzai un sopracciglio, mentre speravo che non si riferisse al bacio con Malfoy, che ormai doveva aver fatto il giro di tutta la scuola.

«Riguardo cosa?», domandai, fingendomi tranquilla e disinteressata, prendendo in mano la forchetta e assaggiando un po' di patate al forno.

La sentii respirare forte, quasi stesse cercando di calmarsi, mentre vedevo Harry avvicinarsi al tavolo e puntare proprio il posto a sedere vuoto davanti a noi.

«Non fare la finta tonta», mi rimproverò, prendendo con la forchetta una patata bollita e puntandomela contro come arma: «Lavanda mi ha detto che la sua cara amica Kiha ha assistito ad un tuo bacio con Malfoy. Ora, le opzioni sono due; uno: Kiha è diventata cieca è ti ha confusa per qualcun'altra, due: tu mi stai nascondendo qualcosa... allora? Quale delle due mie opzioni è corretta?»

«Se la tua amica Kiha avesse assistito attentamente al "bacio" avrebbe anche visto che, dopo, Malfoy si è beccato uno schiaffo per averci provato», dissi concentrandomi di nuovo sul mio piatto e la forchetta.

«Non importa come hai reagito! A me interessa com'è stato!», esclamò, proprio mentre Harry si sedeva.

«Ciao, ragazze», disse, lanciando uno sguardo da innamorato a Ginny e uno preoccupato a me.

«Ciao, Harry», lo salutammo contemporaneamente, prima che la più piccola di casa Weasley tornasse all'attacco: «Allora? Hai intenzione di rispondermi o devo rubare un po' di Veritaserum dalle scorte di Piton per sapere la verità dalla mia migliore amica?»

«Cosa vuoi che ti dica Ginny? È stato viscido e...»

Lasciai scorrere lo sguardo intorno alla ricerca di un'altra parola da poter aggiungere per sembrare convincente, quando i miei occhi si soffermarono distrattamente dentro uno sguardo color tempesta che mi fece segno di alzarmi e sulle sua labbra vidi comparire un ghigno di quelli vecchi, maligni e privi di quel tocco di gentilezza che ultimamente mi riservava.

Distolsi lo sguardo, sentendomi strana, prima di sentire Ginny, incitarmi: «Viscido e...?!»

«Non lo so, prima che me lo chiedessi ero quasi riuscita a rimuoverlo, ora...»

"Aula di pozioni, adesso!"

La sua voce sibilante e furiosa nella mia testa mi fece stringere più forte la forchetta tra le dita.

Alzai di nuovo lo sguardo, ma Malfoy non c'era più.

Ma allora erano vere le voci che lo definivano un Legilimens...

Pensai di ignorarlo, ma poi mi tornò in mente la scommessa e in due secondi ero già in piedi.

Ginny e Harry mi guardarono smarriti e in un istante mi venne in mente la scusa più plausibile: «Scusate, ma ho dimenticato un libro in biblioteca, vado a recuperarlo...»

«Non mangi più?», chiese il mio amico.

Io scossi la testa: «No, mi sento un po' di nausea, magari poi passo a chiedere qualcosa a Madama Chips e vado a trovare Ron. Ci vediamo!»

Mi diressi con passo deciso verso i sotterranei, sperando di non incontrare troppi Serpeverde lungo il cammino e rimanendo a lungo davanti alla porta della'aula di Pozioni, prima di abbassare titubante la maniglia e di entrare.

Dalle finestre giungeva poca luce fioca, ma riuscii a distinguere all'istante la figura alta e longilinea di Malfoy, appoggiato alla cattedra che mangiava distrattamente una mela verde.

«Cosa vuoi?», chiesi, certa che si fosse già accorto della mia presenza.

Il suo sguardo si fissò nel mio e rimasi stupida dal vederlo freddo e privo del calore che mi aveva trasmesso fino a quella mattina, quando nel suo letto...

Tirò fuori dalla sua borsa dei volumi di scuola e dei rotoli di pergamena, appoggiandoli nel banco davanti a lui: «Mezzosangue».

L'asprezza della sua voce mi fece aggrottare la fronte, ma cercai di rimanere impassibile più che potevo: «Questi sono i miei compiti per questa e la prossima settimana», continuò ghignando: «Divertiti».

Si scostò dalla cattedra, mentre io capivo all'istante cosa voleva che io facessi, così mi appoggiai alla porta dell'aula; dovevo impedirgli di uscire da lì.

«Te lo scordi, Malfoy», dissi, mentre mi chiedevo che fine avesse fatto l'altra parte di lui, che mi aveva fatto battere il cuore in quei giorni.

Fece qualche passo verso di me e si fermò a meno di venti centimetri dal mio corpo.

«Non hai voce in capitolo, Sanguesporco. Ricordi la nostra scommessa, vero? Sei in mio potere per un mese», la sua voce dura e aspra, a pochi centimetri dal mio viso, mi portava indietro nel tempo, quando...

«Ah, e vedi di svolgerli correttamente».

Non aggiunse altro, mi scostò semplicemente dalla porta e se ne andò, lasciandomi sola.

Rimasi a lungo lì, ferma immobile a chiedermi cosa fosse successo in quel pomeriggio per averlo fatto cambiare così tanto. Forse si era offeso per il mio schiaffo...

Beh, in effetti io sarei stata furiosa.

Lanciai un'occhiata ai suoi compiti e grugnii - in modo molto poco femminile - infastidita, prima di metterli nella mia borsa e di dirigermi verso l'infermeria; oltre alla nausea mi era comparso anche un forte mal di testa.

 


***



Trovai Madama Chips che sistemava in alcuni scaffali delle medicine e strani barattoli, poi lo sguardo si concentrò subito su Ron che, coricato su un lettino, aveva il volto gonfio e ricoperto da brufoli grandi come ciliegie.

Sentii lo stomaco contorcersi all'idea che era tutta colpa mia se era ridotto in quello stato e che ero stata davvero una pessima amica e per cosa? Per una stupida scommessa con quel viscido di Malfoy.

Mi lasciai cadere sconsolata sulla piccola seggiolina accanto al letto di Ron e rimasi a lungo lì, a vegliare su di lui e a pensare a tutte le cose stupide che avevo fatto nell'ultimo periodo.

Adolescenza o no, stavo cambiando e questo non mi piaceva.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Hickey on the neck ***


7. HICKEY ON THE NECK




Cara Hermione,

come stai? Io e tuo padre sentiamo come ogni anno la tua mancanza e speriamo che Natale arrivi presto per poterti abbracciare di nuovo.

Abbiamo una sorpresa per te e penso che ne sarai felice.

Kimberly, la figlia più grande di zia Nicole, si sposa il 4 Gennaio e siamo stati invitati a partecipare!

So che non conosci bene la sposa, dato che fa parte di quel ramo della famiglia che, vivendo nella Francia del nord, non abbiamo mai molte occasioni per andare a trovare, ma penso che ti divertirai lo stesso!

Quindi, appena arriverai a casa, prenderemo l'aereo e voleremo in direzione Parigi e passeremo un po' di giorni nella capitale della moda, prima di raggiungere la zia Nicole in Bretagna.

Kimberly quando l'ho sentita mi ha detto che non vede l'ora di rivederti, dato che l'ultima volta che vi siete incontrate tu avevi nove anni e lei quindici, e che se vuoi portare il tuo ragazzo puoi.

Le ho detto che per il momento nessuno è riuscito a scalfire del tutto il tuo cuore, ma lei ha insistito tanto, quindi le ho detto che magari avresti potuto portare uno dei tuoi amici, o Harry o Ron o se c'è qualcun altro...

Non ti devi preoccupare per il vestito, torturerò tuo padre e andremo a fare shopping come dei pazzi fino a quando non avrò trovato il vestito adatto a te e quello adatto a me.

Spero che la scuola vada bene come al solito, so che non mi devo preoccupare e che tu ti impegnerai come gli anni scorsi per rendermi fiera di te.

Papà ti manda un bacio e ti abbraccia forte.

Ci manchi tanto e non vedo l'ora di riabbracciarti.

Con amore,

Mamma e Papà

P.S. Di che colore ti piacerebbe il vestito?


 

Sorrisi, sentendo poche lacrime minacciare di strabordare e di rigarmi il viso.

Mi mancavano tanto i miei genitori e le lettere di mia mamma mi facevano sempre sentire bene e male allo stesso tempo.

Sinceramente non ricordavo molto di questa cugina Kimberly, tranne che l'ultima volta che l'avevo vista mi aveva snobbata per tutto il tempo guardandomi con uno sguardo di superiorità che faticherò a dimenticare presto, anche se speravo che con il passare del tempo fosse migliorata o che l'amore l'avesse ammorbidita un po'. Sapevo però che quella era una speranza vana.

Piegai la lettera e la infilai nella mia borsa, prima di tirare fuori il libro di pozioni e fare una smorfia, mentre prendevo due pergamene e borbottavo tra me e me.

Erano tre giorni che passavo i pomeriggi sui libri peggio del solito e tutto quello era dovuto ad un certo furetto platinato che mi aveva rifilato da fare circa cinque temi, quasi uno per materia, in quattro giorni prima che li ritirassero.

Era stressante dover fare i miei compiti e poi quelli di qualcun altro, stando attenta a non copiare nessuna frase ed ero certa che anche quella sera non avrei trovato il tempo nemmeno per rispondere alla lettera di mia mamma.

La biblioteca quel pomeriggio sembrava piena di fermento e questo non faceva altro che darmi fastidio, c'erano in continuazione ragazzini o ragazzine che giravano per le varie stanze e gli scaffali alla ricerca di volumi o con l'intento di posarli dopo averli usati e tutto quel rumore di passi, anche se controllati, e i vari movimenti mi stavano sconcentrando da quello che dovevo fare.

Sbuffai, sentendo un ragazzino inciampare contro la gamba di una sedia e borbottare qualcosa mentre stava attento a non far cadere i libri che teneva tra le braccia.

Abbassai ancora di più il volto verso i miei libri, cercando di liberare la mente da tutti i pensieri che ultimamente mi tormentavano, mentre con gli occhi stanchi e le occhiaie evidenti, sfogliavo l'ennesima pagina alla ricerca delle informazioni che mi servivano per allargare di ancora qualche riga il tema.

Sbadigliai silenziosamente, portandomi la mano alla bocca, prima di sentire un forte suono di libri sbattuti su una superficie solida e, alzando lo sguardo notai una pila di volumi proprio di fronte a me, mentre un ghignante Malfoy mi fissava con fastidio e ribrezzo.

Sentii istintivamente un nodo alla gola, mentre lo fissavo fiera, senza abbassare lo sguardo.

«Mezzosangue», disse, allargando il ghigno e appoggiando le mani sul bordo del tavolo, abbassandosi appena alla mia altezza: «Fatti i miei compiti?»

Strinsi le labbra in una riga dritta a quella parole, insicura se insultarlo, picchiarlo o far finta di niente.

Alla fine decisi per l'indifferenza, mentre afferravo i vari libri e rotoli di pergamena che mi aveva rifilato qualche giorno prima e glieli sbattevo con poca grazia davanti.

Senza degnarlo di altre attenzioni tornai a svolgere il mio tema di Antiche Rune, sperando che se ne andasse in fretta e che mi lasciasse in pace.

Speranza vana, dato che sentii la sedia davanti alla mia spostarsi da sotto il tavolo e venir occupata da Malfoy.

Feci finta di niente, continuando a tenere il viso basso e cercando almeno di dare la parvenza di star studiando e di essere concentrata, quando in realtà non potevo far altro che pensare a tutti quei baci e al suo modo abbastanza subdolo di convincermi a concederglieli.

Erano giorni che pensavo a quanto ero stata ingenua e che mi ripetevo come un ossessa che non gli avrei mai più permesso di toccarmi in quel modo.

Speravo soltanto che i miei ormoni in subbuglio si lasciassero domare dalla mia razionalità e non ricominciassero ad impazzire come la settimana precedente.

Continuai a sfogliare il libro di Antiche Rune, sentendo il fastidio crescere, mentre non trovavo nulla che mi potesse aiutare a svolgere quel dannato tema.

In più, ad aumentare il mio nervosismo c'era lo sguardo fisso di Malfoy su di me che mi stava facendo venire un fastidioso prurito alle mani; se avessi potuto lo avrei preso a schiaffi, ne ero certa.

Alla fine chiusi con forza il libro che non sembrava voler collaborare e facilitarmi la ricerca.

Il suono fece ruotare nella mia direzione parecchi ragazzi e ragazze nei paraggi che cominciarono a spettegolare con gli amici.

Cercai di rimanere calma ed impassibile, tanto sapevo cosa si stavano dicendo, i pettegolezzi ormai erano diventati prevedibili.

Ultimamente si credeva che tra me e Malfoy ci fosse stata una rottura o comunque che ci fossimo presi un periodo di pausa e, anche se lui sarebbe tornato volentieri con me, io apostrofata da quasi tutte le ragazze: "Quella stupida che non se lo fa" continuavo a tenere le distanze.

E in effetti in un certo senso era anche vero, tranne che per un semplicissimo particolare; io e Malfoy non eravamo mai stati insieme.

Sì, ci eravamo baciati, sì, per qualche malato istante avevo anche pensato di concedergli molto di più, ma non era successo ed ero determinata a non farlo mai accadere.

Con un incantesimo non verbale feci lievitare il libro fino al suo posto, mentre iniziavo a ritirare le mie cose nella borsa cercando di farci entrare anche i libri del Furetto, che ghignando se ne stava lì, davanti a me a fissarmi.

«Dove vai?», mi chiese con quel tono freddo, ma io lo ignorai, facendo finta di non aver sentito mi alzai dal mio solito posto in biblioteca e mi diressi verso l'uscita senza degnarlo di uno sguardo.

Salutai con un semplice cenno della testa Madama Pince e mi diressi a passo spedito verso il corridoio che portava alla Torre Grifondoro.

Sapevo che Malfoy mi stava seguendo, non ero stupida, ma finsi di non accorgermene, mentre passavo vicino ad un gruppo di ragazzine del terzo anno che al passaggio del Furetto cominciarono a starnazzare come delle oche e a sospirare.

Sentii il nervosismo aumentare e la voglia matta di prendere a schiaffi qualcuno non sembrava attenuarsi, ma incrementava di passo in passo.

Senza rendermene conto mi ritrovai in un corridoio deserto, a quanto pareva il mio subconscio aveva deciso che lo scontro tra me e Malfoy avesse aspettato troppo per essere rimandato ancora e mi aveva condotta in un posto abbastanza isolato dove avremmo potuto urlarci contro senza che qualcuno se ne accorgesse.

Mi voltai verso di lui, fiera come mio solito, pronta anche a tirargli un pungo come al terzo anno se necessario, per togliermelo dai piedi.

«Cosa vuoi?», chiesi duramente, incrociando le braccia al petto.

«Volevo solo ricordarti che la scommessa non è finita, mancano ancora ventiquattro giorni, quindi è inutile che mi ignori...» rispose con un tono freddo e calcolato che mi fece rabbrividire.

Era di nuovo l'insopportabile Malfoy di sempre, quello viscido e stronzo e una parte della mia mente fu rassicurata dal suo comportamento; avrei potuto illudermi che quei giorni non fossero mai avvenuti, che tra di noi non ci fosse mai stata quell'attrazione.

Peccato che però, l'altra parte della mia mente stesse soffrendo, desiderosa di riavere indietro quella parte di Malfoy fragile che aveva bisogno che mi fidassi di lui...

«Lo so, Malferret».

Vidi il suo sguardo assottigliarsi alle mie parole, tanto che mi aspettavo un insulto da parte sua da un momento all'altro, ma non accadde ciò che credevo e alla fine vidi comparire sul suo viso un'espressione stanca, quasi afflitta.

Si portò le mani al viso, sfregandolo come fanno i bambini appena svegli e poi sospirò.

Ed era lì, la sua fragilità, sembrava volermela sbattere in faccia, voleva farmi sentire ancora in colpa per quello schiaffo, forse non si rendeva conto che mi odiavo già, senza bisogno che lui infierisse, per ciò che avevo fatto.

Lo vidi avvicinarsi e lo lasciai fare, osservando le sue mosse con un misto di sospetto e aspettativa, incerta su cosa avrei dovuto sperare, o forse temere, che accadesse.

Arrivato a pochi passi da me lo vidi prendere il mio viso tra le mani, con quella sua dolcezza piena di incertezza che mi faceva stringere il cuore.

Sembrava stesse aspettando il mio permesso per poter approfondire il contatto tra di noi, ma io non sapevo cosa fare.

Continuavo a pensare che non conoscevo davvero la persona che avevo davanti, ma che mi sarebbe piaciuto fidarmi, malgrado fosse tutto così sbagliato...

Mi ero fidata altre volte e non mi ero mai pentita più di tanto, ma ero terrorizzata all'idea che tornasse ad essere la persona fredda e crudele che mi aveva insultato per anni.

«A cosa stai pensando Granger?», mi chiese, troppo vicino al mio viso, tanto che potevo sentire chiaramente il suo respiro addosso mescolarsi con il mio.

«Mi chiedevo chi sei veramente, Draco Malfoy», ammisi, appoggiando la mia mano sulla sua, che era a contatto con la mia guancia.

Lui sorrise: «Appena lo scoprirò sarai la prima a saperlo».

Ricambiai il sorriso e mi alzai appena sulle punte dei piedi per dargli un bacio sulla guancia e poi rimasi lì, con la guancia contro la sua, inebriandomi del suo odore.

«Mi dispiace per quello schiaffo», mormorai, sentendo una delle sue mani scivolare fino a stringermi il fianco.

«Ormai ci ho fatto l'abitudine ai tuoi istinti maneschi».

Mi scostai da lui, per poterlo guardare bene negli occhi: «Istinti maneschi?!»

Rise delle mie parole dandomi un bacio a fior di labbra e poi un altro ancora, prima di dire: «Sì, istinti maneschi, hai sentito bene... non ti ricordi forse del pugno che mi hai tirato il terzo anno?»

Arrossi all'istante: «Te lo eri meritato», farfugliai, sentendomi in imbarazzo.

«Lo so», mi sussurrò all'orecchio: «Ma tu dovresti imparare a sfogarti in un modo più proficuo e divertente».

Accompagnò le sue parole con una scia di baci lievi sul collo, prima di concentrarsi in un unico punto e cominciare a succhiare forte la mia pelle, facendomi sentire brividi ovunque di piacere.

«La tua espressione dopo quel pugno era divertente, quasi quanto le tue lamentele da femm...»

Mi morse forte il collo, mentre con la mano avvicinava i nostri corpi fino a farli cozzare l'uno contro l'altro.

Avvertii contro il ventre qualcosa di duro che aveva poco di femminile e sospirai, abbandonando maggiormente indietro la testa, in modo da lasciargli più spazio per continuare la sua dolce tortura.

Nessuno mi aveva mai fatto un succhiotto prima di quel momento, e non pensavo potesse essere così piacevole e doloroso allo stesso tempo.

Dopo qualche secondo mi resi però conto di quello che avrebbe implicato avere un succhiotto proprio sul collo, dove tutti avrebbero potuto vederlo e mi irrigidii, allontanandolo da me.

«Ma sei cretino?! Dimmi che non si vede», la mia voce con quel tono "piagnucoloso" lo fece ridere di gusto e appoggiare con la schiena alla parete del corridoio, forse per non cadere a terra dalle troppe risate.
Lo guardai malissimo, portandomi una mano sul collo dove lui aveva lavorato assiduamente con la lingua e i denti fino a pochi secondi prima, prima di tirargli una botta sul braccio.

«Ora dovrò andare in giro con la sciarpa! Mi toccherà dire che ho mal di gola o qualcosa del genere...»

«Non penso proprio», gli sentii dire tra una risata e l'altra e io lo presi per la cravatta color verde-argento, avvicinando il mio viso al suo: «Cosa vorresti dire con quel: "Non credo proprio"?»

Cominciai a sentire un brivido lungo la schiena quando intuii la sua mossa successiva e quando ne ebbi la conferma dalle sue parole: «La scommessa è ancora valida, Mezzosangue, e penso che tu non debba coprire il mio succhiotto con nessuna sciarpa, voglio che la gente lo veda e faccia le sue supposizioni e poi voglio vedere come stai con i capelli legati...».

Strinsi forte le mani a pugno, provando il forte istinto di fargli assaggiare di nuovo il mio gancio destro, ma alla fine lasciai andare semplicemente di scatto la sua cravatta e cominciai ad allontanarmi infuriata ma mantenendo un certo contegno.

Non mi voltai quando lo sentii chiamarmi e continuai la mia marcia verso la Torre dei Grifondoro, certa che se fossi tornata indietro avrei dimostrato ancora una volta il mio lato manesco a quel Furetto platinato.

Entrai nella sala comune come un uragano e salii le scale verso il dormitorio delle ragazze con la stessa aria infuriata e omicida, fino a trovarmi nella mia stanza, davanti al mio specchio e sbiancare.

Altro che succhiotto, quello sembrava proprio un livido di un bel color vinaccia, peccato che non lo potessi nascondere in nessun modo...

Afferrai con stizza un elastico nero dal mio comodino e mi feci una semplice coda alta, sperando che la gente fosse troppo stupida per capire cos'avevo sul collo.

Il mio orgoglio mi impediva di non seguire le indicazioni di Malfoy, quindi scesi per cena con i capelli ancora legati, cercando di non sentire tutto quello che dicevano gli altri, cosa che fu piuttosto impossibile.
«Guarda, ma quello è un succhiotto?»

«Non me lo sarei mai aspettato da una come la Granger, e poi metterlo in mostra in quel modo...».

«Sarò tornata con Malfoy?»

«È evidente che hanno fatto pace, se no probabilmente avrebbe trovato un modo per nasconderlo».

Digrignai i denti a tutti quei pettegolezzi, ma cercai di controllarmi e provai a rimanere impassibile anche quando mi sedetti alla mia tavolata, davanti a Harry e Ginny che parlavano di Quidditch, mentre Ron (che era stato dimesso dall'infermeria) e Lavanda pomiciavano tranquillamente davanti a tutti.

Ginevra fu la prima ad accorgersene e rimase a lungo a fissare il mio collo con uno sguardo sconvolto, mentre Harry quasi si strozzò con del succo di zucca quando lo notò.

«Nessuna domanda», dissi ai miei amici, mentre tagliavo la fetta di arrosto che avevo nel piatto, fingendo che andasse tutto bene, quando in realtà avrei voluto correre come una belva da quel Furetto e ucciderlo con le mie mani.

Verso la fine della cena, quando Lavanda lasciò che Ron riprendesse fiato dopo quelle loro infinite coccole provai una sorta di orgoglio nel vedere la ragazza sbarrare gli occhi nella mia direzione e rivolgermi la fatidica domanda: «Ma quello è un succhiotto?», facendo così concentrare le attenzioni di quasi tutta la sala su di me che, sorridendo e cercando di sembrare normale risposi con un semplice: «Sì, è un succhiotto».

Ron si strozzò con la sua stessa saliva, mentre mi guardava con gli occhi da pesce lesso: «E chi è stato?!»

Chiusi gli occhi e feci un profondo respiro a quelle parole, cercando di calmarmi, prima di dire con tono freddo e quasi feroce: «Non penso siano affari tuoi».

Dalla tavolata di Serpeverde provennero dei fischi e delle urla di incitamento che scoprii essere di Zabini: «Vai così, Granger! Tira fuori le unghie!»

Arrossii a quelle parole, lanciando una veloce occhiata a Malfoy che stava tranquillamente ridendo sotto i baffi e, quando notò che lo stavo guardando, mi fece l'occhiolino.

Strinsi forte le mani a pugno, cercando di controllarmi: «Grazie, Zabini», dissi alzandomi e uscendo dalla Sala Grande, certa che appena avessi messo un piedi fuori sarebbero iniziato i pettegolezzi.

Lanciai un'ultima occhiata a Malfoy che mi stava spudoratamente fissando il sedere e sorrisi tra me e me.

Voleva la guerra?

L'avrebbe avuta.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** War ***


8. WAR



Il rumore prodotto da tutti quei volumi e dai fogli di pergamena sbattuti sul tavolo fecero girare molta gente verso di me, che finiti i compiti di Malfoy, glieli stavo gentilmente consegnando.

Vidi il furetto ghignare e farmi segno di sedermi davanti a lui.

Mi accomodai su quella sedia solo perché il mio piano malato lo prevedeva, se no probabilmente me ne sarei andata via stizzita senza degnarlo di uno sguardo.

Tenni lo sguardo basso, fingendomi in imbarazzo e cominciai a muovermi a disagio sulla sedia.

Gli avrei dimostrato che come attrice non ero pessima quanto credeva lui.

Mi passai "distrattamente" una mano sul collo, proprio vicino a dove il succhiotto che mi aveva fatto due giorni prima spiccava ancora sulla mia pelle chiara, ricordando gli insegnamenti veloci di Ginny: «I ragazzi sono semplici da manovrare, basta sapere cosa desiderano di più, vogliono il tuo corpo? Allora mettiglielo in mostra, ma non troppo, devi essere maliziosa, fingere di cedere e poi andartene proprio quando loro sono convinti di aver capito il tuo gioco. Fidati, non c'è una vendetta migliore di questa».

Ed era proprio quello che volevo io: vendicarmi.

Alzai gli occhi, notando come i suoi stessero seguendo il movimento lento della mia mano, che era arrivata al nodo della cravatta e lo stava allentando appena.

Il fatto che non si perdesse nessun mio movimento mi fece esultare internamente, mentre esternamente cercavo di sembrare normale e magari un po' accaldata per rendere credibile il mio commento a fior di labbra: «Fa caldo qua dentro».

Notai con piacere che stava stringendo con maggior forza la copertina del libro che stava leggendo prima che arrivassi io, mentre prendevo i lembi del maglione grigio e lo sollevavo.

Avevo "accidentalmente" un paio di bottoni della camicia che portavo slacciati, sotto la quale si vedeva fin troppo bene il reggiseno di pizzo color carne che avevo comprato quell'estate in un mio momento di pazzia e tirato fuori dal baule per quell'occasione.

Feci finta di niente, fingendo di non accorgermi di quella mia semi nudità, per poi mettere i bottoni nelle asole il più lentamente possibile e mordendomi nel frattempo le labbra.

Ero felice che Ginny mi avesse dato quelle lezioni, anche perché sembravano funzionare maledettamente bene.

Mi sistemai meglio l'orlo della gonna e mi sfilai una scarpa dal piede senza far rumore, poi feci come mi aveva detto lei e attaccai.

Mi sporsi sul tavolo, mettendo fin troppo in mostra il mio seno e spostando appena i capelli, in modo che il succhiotto fosse bene in mostra, come se volessi invitarlo a ripetere l'azione e poi allungai una gamba fino ad entrare in contatto con le sue e sentirlo sussultare.

Ci fu un momento in cui ci guardammo negli occhi, lui sembrava non capire, era destabilizzato dal mio comportamento, mentre io cercavo di sembrare più sensuale possibile, anche se con qualche difficoltà, essendo la prima volta che provavo a fare la "femme fatale".

«Granger, cosa...?»

Sentire la sua voce più roca del solito mi fece sentire una stretta al basso ventre e mossi quasi involontariamente il piede lungo la sua gamba, sfregando il polpaccio contro il suo.


«Ti senti bene, Malfoy?», chiesi con un finto tono innocente, notando come le sue nocche fossero sbiancate da quanto stava tenendo stretta la copertina di quel libro.

Allungai ulteriormente la gamba, sentendomi ancora più in imbarazzo, quando toccai il bordo della sua sedia con la pianta del piede, puntando alla patta dei suoi pantaloni.

Normalmente non avrei mai fatto una cosa simile, ma Ginny aveva detto che gli uomini andavano in tilt quando facevi così e io mi fidavo di lei, anche se ero preoccupata; era strano che una ragazza più giovane di me sapesse tutte quelle tecniche di seduzione e io no? E il fatto che molto probabilmente le avesse messe in pratica già da tempo era una cosa normale?

Scacciai quei pensieri mentre tornavo a concentrarmi sulla mia missione: far impazzire Draco Malfoy.

Appoggiai la pianta del piedi lì e mi morsi con forza il labbro quando sentii qualcosa di duro.

Ma allora le pazzie che mi diceva Ginny potevano essere davvero utili!

Lo vidi chiudere gli occhi e prendere un respiro profondo, prima che i suoi occhi si puntassero nuovamente nei miei.

«Cosa hai in mente, Mezzosangue?»

Sorrisi appena e mossi il piede, facendolo sussultare.

«Cos'è questa? Una dichiarazione di guerra?», chiese, sforzandosi di rimanere impassibile, ma si vedeva che gli era difficile.

Continuai a muovere il piede, piano, mentre mi sistemavo distrattamente la camicetta, permettendogli una visuale migliore del décolleté.

Vedere come mi fissava con quello sguardo in cui si mescolavano stupore e desiderio mi face sentire potente come non mi ero mai sentita prima.

«Sei stato cattivo a farmi questo succhiotto e ad impedirmi di nasconderlo», mormorai, allungando una mano e afferrando la sua, che lasciò il libro.

Baciai la punta di ogni dito, fregandomene del fatto che molto probabilmente gran parte della gente che si trovava in biblioteca stesse assistendo al mio gioco di seduzione.

Ricordai le parole di Ginny: «Te ne renderai conto quando è troppo preso da te per ricordarsi dove si trova e in quel momento ti sentirai una regina e, anche se una bellissima sensazione, è proprio in quel momento che te ne dovrai andare...»

A mio parere quell'istante arrivò troppo presto e fui costretta a rimettermi la scarpa in fretta e ad alzarmi, lo salutai con un veloce: «Ci vediamo, Malfoy» e uscii dalla biblioteca il più velocemente possibile.

Bene, il piano aveva funzionato, dovevo ringraziare Ginny per questo.

Ora l'unica cosa da temere era il suo contrattacco che, ne ero certa, sarebbe arrivato presto.


 

***



Mi sedetti a tavola accanto ad Harry per pranzo e cominciai subito a chiacchierare con lui, come se non avessi appena eccitato con la pianta del piede "Malfoy Junior" e mi fosse pure piaciuto, decidendo di non raccontare al mio amico certe cose.

Parlammo invece dei compiti, delle lezioni del professor Piton, di quanto fosse odioso, poi gli chiesi degli allenamenti di Quidditch e di come era la squadra quell'anno.

Ginny intervenne nella conversazione quando ormai stavo mangiando gli ultimi bocconi del budino alla vaniglia dal quale mi ero lasciata tentare, dicendo quello che speravo proprio non dicesse: «Ha funzionato il giochino del piede con Malfoy?»

Arrossii all'istante, notando come Harry stesse guardando stralunato sia me che Ginevra, prima di porre la fatidica domanda a cui non avrei voluto rispondere: «Che giochino del piede? E che c'entra Malfoy?»

Guardai male Ginny, rimproverandola silenziosamente per quello che aveva fatto, prima di voltarmi del tutto verso il mio amico e dirgli: «Beh, dunque...»

Non sapevo come continuare la frase, mentre cercavo nella mia mente una soluzione a tutto quel casino e mi ritrovai a torturare il bordo della mia gonna.

Interruppero il momento imbarazzante Ron e Lavanda, che arrivarono a braccetto e si sedettero vicino a Ginny, che guardò con uno sguardo pieno di disprezzo la ragazza di suo fratello, prima di provare ad aiutarmi, cambiando discorso: «Harry? Hai pensato ad uno schema per la partita contro Tassorosso?»

Il mio amico sembrò capire che non ero ancora pronta per le confessioni e si lasciò trascinare da quel nuovo argomento e vedere come studiava Ginevra con i suoi occhi sognanti mi fece sorridere, prima di sentire qualcuno tamburellare sulla mia spalla per attirare la mia attenzione.

Voltandomi mi ritrovai Malfoy a due passi, la camicia leggermente slacciata e i capelli più spettinati del solito, che mi porse il mio maglioncino grigio, del quale mi ero totalmente dimenticata dell'esistenza.

Non mi ci volle molto per capire quale sarebbe stata la sua vendetta e feci una smorfia al pensiero di ciò che avrebbe detto a breve.

«Hai dimenticato questo, Granger».

Quasi tutta la tavolata di Grifondoro e buona parte delle altre si voltarono verso di noi.

«Grazie, Malfoy», dissi, guardandolo in attesa; certa che la sua vendetta non fosse ancora finita.

«Ti è andata bene che erano nello stesso posto dove erano finiti i miei pantaloni, se no non lo avrei trovato così facilmente... la prossima volta evita di lanciare le cose in giro, mmh?»

Ero certa di essere diventata rossa come un pomodoro ben maturo, mentre gli strappavo letteralmente di mano il mio maglioncino e mi alzavo alla sua altezza, afferrando il bordo della sua camicia e sistemandoglielo come se niente fosse, ignorando gli sguardi di tutta la sala puntati su di noi.

Il mio contrattacco lo lasciò basito, mentre abbottonavo i pochi bottoni che non si trovavano nelle apposite asole e gli passavo una mano tra i capelli, sistemandoglieli.

Mi misi in punta di piedi, facendogli intendere che stessi per dargli un bacio e poi, quando vidi che si stava avvicinando anche lui, mi allontanai di scatto, prendendo la mia borsa e sorridendogli: «Ci vediamo, Malfoy».

Sentii parecchie risate e alcune urla di scherno e di divertimento mentre me ne andavo tranquillamente fuori dalla Sala Grande, senza voltarmi indietro.

2 a 1 per me.

 


***



Mi accoccolai con un libro in mano davanti al camino della sala comune di Grifondoro, mentre sorridevo soddisfatta del mio comportamento.

Malfoy avrebbe imparato che l'orgoglio e la fierezza di un Grifone non erano facili da sottomettere, anche se per quel mese ero in suo potere avrei cercato di dargli del filo da torcere.

Molti ragazzi e ragazze della mia casa quando mi passavano accanto fingevano di non vedermi, anche se potevo sentire benissimo i loro pettegolezzi ed il loro borbottare, mentre mi additavano ignari di esser visti.

Non ero mai stata tanto "popolare" in vita mia, nemmeno dopo aver aiutato Harry nelle sue varie avventure ricevevo tante attenzioni e quella sensazione di disagio che i primi giorni mi aveva resa nervosa ora si stava attenuando, fino quasi a scomparire.

Forse la parte migliore era che nessuna delle supposizioni di quelle ochette pettegole era quella giusta, nessuno sapeva davvero cosa ci fosse tra me e Malfoy, per questo le voci che giravano su di noi fossero sempre più strane.

C'era chi credeva che avessi rifilato a Malfoy una pozione d'amore, oppure che lui mi avesse iniziato ai piaceri della carne e che ora io non ne potessi fare a meno e per questo continuavo a stargli intorno, altri affermavano che ci eravamo frequentati per anni, ma che l'avevamo sempre tenuto nascosto e che quell'anno avevamo deciso di uscire allo scoperto, stanchi di fingere di odiarci.

Ogni volta che Ginny me ne raccontava una nuova di queste storielle ridicole io scoppiavo a ridere come una pazza e non la smettevo per minuti interi.

A nessuno avevo raccontato della scommessa o dei vari particolari, nemmeno a Ginny.

Ero convinta che fosse un piccolo segreto tra me e Malfoy, quindi custodivo ogni istante gelosamente e se qualche ragazzina coraggiosa veniva a chiedermi cosa ci fosse tra me e il Furetto raccontavo ogni volta qualcosa di diverso o semplicemente mi mettevo a ridere e me ne andavo.

«Herm? Possiamo parlare?», mi voltai verso Harry, sorridendogli, mentre posavo il mio volume e gli facevo segno di sedersi vicino a me.

Lo vidi scuotere la testa: «C'è troppa gente, andiamo da qualche parte dove possiamo stare soli».

Annuii alle sue parole e mi alzai.

Fuori dalla sala comune lo seguii in silenzio, mentre giungevamo in uno dei piccoli cortiletti interni della scuola, dove la pioggia rendeva il paesaggio malinconico.

Mi coprii meglio con il mantello e mi sedetti su un muretto, pensando che era troppo simile a quello dove avevo trovato Malfoy quella sera che ci eravamo ubriacati, dopo che io avevo visto Ron baciare Lavanda la prima volta.

«Di cosa mi volevi parlare?»

Osservai la sua espressione preoccupata e mi preparai alla filippica che sapevo sarebbe arrivata da lì a qualche minuto.

«Hermione, io... non ti riconosco più. Cosa sta succedendo tra te e Malfoy? Sinceramente tutte le voci che girano su di voi stanno cominciando a preoccuparmi. Andate davvero a letto insieme?»

La sua smorfia schifata mi fece sorridere, mentre guardavo la pioggia e inspiravo a fondo l'odore che impregnava l'aria.

«Non ci vado a letto», dissi a fior di labbra, voltandomi lentamente verso di lui: «È solo un gioco, Harry. E prima che tu continui col tuo interrogatorio sappi che so cosa faccio, o almeno credo...»

La sua espressione preoccupata si accentuò ancora di più: «Ti ha dato un filtro d'amore?»

«Certo che no!», esclamai, chiedendomi però se non avesse ragione... in effetti nelle bottiglie di Fire Whiskey che mi aveva fatto bere non sapevo cosa ci fosse dentro, avrebbe potuto benissimo metterci dentro di tutto...

«Hermione, ricordati che è una Serpe, non ti devi fidare di lui!»

"Troppo tardi, Harry, troppo tardi...", pensai prima di scendere dal muretto e di abbracciare il mio amico.

«Non ti devi preoccupare, sai benissimo che mi so difendere anche da sola, se dovesse darmi fastidio potrei sempre tirargli un altro gancio destro, anche se penso che quello che gli ho tirato il terzo anno gli sia bastato».

Ridemmo per qualche minuto insieme e io mi resi conto di quanto mi erano mancati quei momenti con lui e sentii una punta di tristezza al pensiero che con Ron probabilmente non ci sarebbero più stati...

Sciolsi l'abbraccio, notando un movimento dietro ad una colonna lì vicino, ma feci finta di niente e continuai a parlare al mio amico: «Altre domande?»

«No, per il momento no, devo andare a parlare con Ginny per gli allenamenti di domani. Ci vediamo!»

«Va bene, ciao!»

Appena lo vidi voltare l'angolo mi voltai verso quella colonna.

«Cosa ci fai qui, Furetto?», chiesi, incrociando le braccia al petto, aspettando che il biondino uscisse dal suo stupido nascondiglio.

Lo sentii ridere, mentre si spostava da dietro la colonna.

«Che scena toccante, avete fatto pace?»

Si avvicinò con passo sicuro fino a sorpassarmi e sedersi lui sul muretto che fino a pochi istanti prima avevo occupato io.

«Abbiamo solo chiacchierato un po'... tu invece? Ti diverti a spiarmi? Non pensavo svolgessi anche la parte del ragazzo geloso...», dissi, guardandolo dritto negli occhi e sorridendo.

3 a 1.

«Ero venuto qui solo per dirti cosa voglia che tu faccia per me questa sera a cena».

3 a 2.

Mi irrigidii a quella parole appena sussurrate, mentre di colpo mi tornava in mente la scommessa e il suo netto vantaggio su di me.

Digrignai i denti, mentre mi avvicinavo a lui, pronta a sentire la mia condanna.

«Sai, stavo pensando che quella gonna è troppo lunga», disse, fissando i miei vestiti: «E quelle calze troppo alte... proprio non ci siamo... voglio che quella gonna sia più corta di almeno dieci centimetri, elimina quella calze e utilizza dei collant o delle auto reggenti».

Mentre parlava mi prese per la vita, invertendo le posizioni e facendomi appoggiare poco delicatamente al muretto.

«... quello in biblioteca è stato un colpo basso, molto basso. Devo ammettere che non mi sarei mai aspettato nulla del genere da te; mi hai piacevolmente sorpreso...»

Mi diede un breve bacio sulle labbra, accarezzandomi i capelli.

«... potremmo ripetere il giochino, magari da soli, così potrei contraccambiare il favore...»

Sussultai, sentendo le sue dita intrufolarsi sotto il mantello, il maglioncino e la camicia, raggiungendo la mia pelle.

«Magari anche ora...»

I suoi occhi grigi puntati nei miei e il suo sguardo pieno di promesse sottintese mi fece sentire ancora più accaldata di quanto non mi sentissi già, mentre cercavo invano di ritrovare il mio cervello e farmi consigliare qualcosa di furbo da fare.

Sfortunatamente non riuscivo a collegare uno dopo l'altro nemmeno due pensieri coerenti e mi ritrovai a stringermi a lui con forza e ad attaccare le sue labbra con un bacio che sembrava volergli concedere qualsiasi cosa.

Sapevo però che non potevamo continuare, non lì dove qualsiasi persona sarebbe potuta passare e vederci così avvinghiati, così dopo pochi instanti mi staccai e mi dimenai appena, fino a liberarmi del tutto dalla sua presa bollente.

«Io direi di continuare la nostra conversazione in un altro momento», dissi col fiatone, cercando di essere convincente.

«Potremmo continuarla questa sera, dopo aver fatto la ronda...»

«Questa sera io sono con...»

«Ho parlato con la Abbott e mi ha detto che accetta volentieri di fare un cambio di coppie fino alla fine dell'anno, tanto ha detto che si trova bene anche con il ragazzo di Corvonero».

Lo guardai con gli occhi sbarrati, sentendomi in trappola.

«E se io non volessi?»

«Posso sempre importelo», mormorò, guardandomi dritto negli occhi.

Strinsi le mani a pungo, cercando però di trattenermi dal tirargli un altro gancio destro e mi voltai.

Cominciai a camminare, furiosa con lui, quando lo sentii afferrarmi per un gomito.

«Ricorda: gonna dieci centimetri più corta, collant o auto reggenti, e magari truccati un po', non ti farebbe certo male...»

«Vaffanculo, Malfoy», sibilai, liberandomi dalla sua presa e allontanandomi a passo di marcia da lui.

«È una proposta?»

Non risposi, decidendo di andare alla ricerca di Ginny.

Avevo bisogno di altre lezioni di seduzioni e di qualche buon consiglio.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Feeling like a bitch ***


9. FEELING LIKE A BITCH






«Ok, questo è abbastanza tipico di Malfoy», disse Ginny, sedendosi sul mio letto, accavallando le gambe: «Cosa hai intenzione di fare?»

Smisi di camminare avanti ed indietro, bloccandomi a fissare fuori dalla finestra che dava sulla Foresta Proibita.

«Ho bisogno del tuo aiuto Ginny, voglio essere abbastanza bella da attirare l'attenzione di tutti, voglio...»

«Lo vuoi far ingelosire?»

Mi voltai a fissarla con una piccola smorfia di disappunto in viso.

Era impossibile che una persona come lui, che se ne fregava altamente del prossimo e che ancora era convinto di essermi superiore grazie al suo sangue, fosse gelosa di me.

«Ginny, a lui di me non gliene potrebbe importare di meno, quindi non vedo come potrebbe ingelosirsi, vuole solo che io faccia una pessima figura per poi potermi deridere...»

«E io invece ho tutto il pomeriggio per fare in modo che questo non accada e magari ti do anche qualche consiglio per stasera, temo che dopo la ronda non ti lascerà andare tanto facilmente...» lo sguardo ammiccante di Ginny mi fece arrossire.

«Grazie», dissi, sorridendole e scacciando tutti i pensieri poco casti che mi erano venuti in mente pensando a Malfoy.

«Abbiamo tre ore esatte prima di cena, quindi mettiamocela tutta!», esclamò lei, alzandosi dal suo posto e guardando con occhio critico la mia gonna: «Sai, in effetti un po' Malfoy lo capisco, tutte le ragazze l'hanno accorciata di almeno cinque centimetri, anche quelle del primo anno, tu invece vedo che hai conservato la lunghezza originale...»

Incrociai le braccia al petto, pronta a ribattere, ma lei alzò subito le braccia al cielo, come se avesse voluto arrendersi: «Lo so, ne abbiamo già parlato: tu sei qui per studiare non per rimorchiare. Anche se devo dire che con Malfoy ti stai dando parecchio da fare... e non te lo sei scelto nemmeno troppo brutto...»

Mi ritrovai di nuovo ad arrossire come una bambina beccata mentre rubava i biscotti dalla dispensa e mi resi conto che Ginny aveva ragione.

Era da quando la scommessa era iniziata che non mi sembrava di essere più la stessa, forse Malfoy mi aveva davvero rifilato qualche strana pozione, altrimenti non si sarebbe potuto spiegare il mio comportamento così diverso da due settimane prima.

Intanto Ginny aveva iniziato a mormorare a fior di labbra qualche strano incantesimo di cui io non avevo mai sentito parlare e, con crescente orrore e sgomento, vidi la gonna accorciarsi lentamente, un centimetro alla volta.

«Erano quindici centimetri?», chiese, interrompendo l'incantesimo e guardandomi in faccia.

«No, solo dieci!», esclamai, guardandomi allo specchio.

«Ah... va beh, non cambia comunque molto...»

Mi voltai verso di Ginny, leggermente alterata: «Stai scherzando spero! Io dovrei andare in giro così? Sembro nuda! Faccio prima a non metterla, tanto è uguale!»

«Hermione, concentrati: vuoi far impazzire Malfoy si o no?», mi chiese Ginevra con uno sguardo serio in volto.

«Sì», dissi sospirando, come se stessi ammettendo la mia sconfitta.

«Bene, allora questo è solo l'inizio».

La sua minaccia non mi piacque neanche un po', mentre la vedevo indaffarata a cercare qualcosa nel mio baule.

«Potrei sapere cosa...?», ma le mie parole vennero interrotte dalla sua esclamazione felice: «Eccolo!»

Prima che mi ritrovassi con il mano il reggiseno che mi aveva regalato proprio lei al mio compleanno.

«Stai scherzando?», le chiesi, fissando quell'oggetto con timore e orrore.

Lei scosse con forza le testa: «Malfoy perderà la testa, fidati»

La guardai male, mentre mi toglievo la camicia e sostituivo il mio sobrio reggiseno di cotone bianco con quello nero pieno di pizzi che mi aveva regalato lei.

«Va bene?», chiesi stizzita.

Lei sorrise: «È perfetto, l'ho scelto proprio bene!»

Feci una smorfia di disappunto, ma non dissi nulla, meglio non rischiare di scatenare la sua ira.

«E ora... lezioni di comportamento!»

Finsi di sorridere e mi sedetti accanto a lei sul letto come mi aveva silenziosamente ordinato.

«Accavallate», disse, indicandomi le gambe e io eseguii; il risultato fu la mia coscia interamente scoperta.

La vidi sorridere dei miei occhi sbarrati per l'orrore.

«Fidati, se le cose vanno come penso io, non avrete nemmeno tempo di fare la ronda...»

Arrossii alle sue parole, mentre le sue mani prendevano i primi due bottoni della camicetta e me li sbottonavano.

«Meglio. Ora... cosa manca?»

«Un po' di pudore manca...», dissi scocciata, mentre la vedevo alzarsi nuovamente e afferrare dal mio baule delle reggenti color carne e le mutande abbinate al reggiseno che mi aveva appena costretto ad indossare.

«Stai scherzando?!», dissi, alzandomi in piedi: «Io quel coso non lo metto! I collant posso ancora sopportarli, ma il tanga, no!»

La sentii sospirare e mormorare qualcosa del tipo: «Avrei dovuto immaginare che non sarebbe stato tanto facile».

Si avvicinò e mi mise in mano sia l'intimo che le calze: «Pensa alla faccia che farà Malfoy».

Storsi il naso, ma poi capii che non avevo scelta, dovevo smetterla di fare la ragazzina pudica e cominciare a seguire i consigli di Ginny, che l'ultima volta avevano funzionato più che bene.

Volevo che quella stupida scommessa si ritorcesse contro Malfoy, volevo che impazzisse, volevo...

Ma chi volevo prendere in giro? Per lui ero solo un giochino divertente da usare un po' prima di venir buttato via, l'unica cosa che potevo fare era ricambiargli il favore e trattarlo con la freddezza che lui mi aveva riservato per anni.

«Va bene, Ginny», dissi, cambiandomi velocemente e osservandomi allo specchio con occhio critico.

«Bene, mi sento abbastanza una meretrice, direi che...»

«Eh no!», disse Ginny: «Mancano le scarpe!»

La vidi scomparire, andando verso la sua stanza e comparire poco dopo con dei tacchi vertiginosi in mano.

«Sei pazza, io mi uccido con quelle ai piedi!»

«Ti va bene che abbiamo lo stesso numero», disse, ignorando le mie proteste e incitandomi a provarle.

Le indossai con una punta di imbarazzo e con timore mentre mi rendevo conto che erano meno scomode di quanto pensassi, ma che comunque erano troppo alte e mi sentivo troppo goffa.

«Perfetto! Ora manca solo trucco e parrucco! Se non riesci a camminarci bene posso fare un incantesimo in modo che ti sembri di avere delle semplici scarpe da ginnastica ai piedi, per imparare è molto utile...»

Annuii e subito dopo il suo movimento di bacchetta mi sembrò di averci camminato per anni su quelle trappole mortali.

Continuai a guardarmi allo specchio, mentre vedevo Ginny dietro di me con in mano la sua trousse di trucchi cominciare a distribuire sul letto tutti quelli che aveva intenzione di usare.

Sospirai, rendendomi conto che la tortura era appena iniziata.

Lanciai un'occhiata veloce all'orologio appeso alla parete della mia stanza e feci una smorfia.

Mancavano due ore alla fine della mia linda reputazione.


 

***



«Bene, ricordi tutto quello che ti ho detto?», chiese Ginny, mentre si lisciava la gonna, pronta ad andare a mangiare, mentre io torturavo la mia bacchetta, tentata di riportare il mio aspetto alla normalità.

«Sì», dissi con un filo di voce, continuando a fissare la sconosciuta allo specchio con una punta di sconcerto.

«Testa alta e...?»

«Sguardo fiero... cos'è un trucco per sembrare una escort di classe?»

La risposta alla mia domanda fu la sua risata che si allontanava giù per le scale e la tentazione di ritrovare la mia pelle sotto tutto quel trucco aumentò ancora di più, ma mi bloccai; dovevo rispettare la scommessa.

Sospirai, provando a camminare davanti allo specchio un paio di volte, osservando i miei movimenti con occhio critico.

Lanciai una veloce occhiata all'ora e mi arresi.

Scesi le scale del dormitorio e entrai nella sala comune, che a quanto pare Ginny era davvero riuscita a svuotare come mi aveva promesso. Come aveva detto lei: "La tua entrata in scena deve essere perfetta!", quindi aveva deciso di spingere tutti verso la Sala Grande per permettermi di rilassarmi durante il tragitto.

Sorprendentemente non incontrai nessuno per i corridoi e sorrisi, chiedendomi come avesse fatto Ginny a portare tutti a tavola, me la immaginavo impartire ordini, con le mani sui fianchi e gli occhi fiammeggianti come la Signora Weasley era solita fare per farsi ascoltare dai figli.

Mi bloccai a pochi passi dal portone e riuscii a trasformare la mia faccia in un "blocco di marmo", sentendo le parole di Ginny nella testa: «Hai mai visto una sfilata di moda? Ecco, tu devi avere la stessa faccia che hanno le modelle, chiaro? Devi essere seria, ma ammiccante, sicura di te e non lasciar trapelare nessuna emozione».

Facile a dirsi, ma a farsi diventava più complicato, eppure mi sentivo pronta.

Entrai nella sala come se fosse una sera qualsiasi e come se fossi vestita come al solito, evitando di guardare verso il tavolo di Serpeverde perché Ginny mi aveva detto che guardando Malfoy gli avrei solo dato importanza e facendo finta di non sentire tutti quegli occhi su di me e il vociare che era iniziato appena avevo messo piede in Sala Grande.

Camminai verso il posto a sedere che Ginny mi aveva tenuto senza guardare nessuno.

All'ultimo mi resi conto che sedendomi avrei rischiato di far vedere troppo di quello che c'era sotto la gonna e trattenni a stento una smorfia, mentre con tutta la calma che riuscii ad accumulare in pochi istanti, scavalcavo la panca e mi sedevo, accavallando subito le gambe.

Sapevo che il bordo in pizzo delle auto reggenti era ben visibile, ma finsi indifferenza mentre mangiavo una semplice fetta di carne impanata e dell'insalata.

Vidi Ron guardarmi a bocca aperta per cinque minuti buoni, prima che Lavanda provasse ad attirare la sua attenzione su di sé con scarsi risultati, Harry anche era stupito, ma probabilmente capì subito che ci doveva essere lo zampino di Ginny e lanciò alla giovane Weasley uno sguardo d'intesa che poteva significare solo una cosa: "Dopo poi mi dici tutto".

Molti altri nella sala mi guardavano, chi con ammirazione, chi con sorpresa, le ragazze a volte con invidia...

Sentivo i nervi tesi come non mai, ma feci finta di niente.

Ad un tratto non riuscii più a trattenermi e alzai lo sguardo, incontrando immediatamente quello di Malfoy, che non sembrava voler distogliere gli occhi da me, o forse dalla mia scollatura.

Dentro di me mi sentii orgogliosa, mentre gli lanciavo un ultimo sguardo indifferente e tornavo a mangiare la banana che Ginny mi aveva messo nel piatto con un sorriso ammiccante.

Vidi la mia amica mimare con le labbra la parola "lentamente" e capii che si riferiva al frutto che stavo sbucciando, probabilmente se non avessi avuto cinque strati di fondotinta in viso sarei diventata tutta rossa.

«Guardalo», mi sussurrò e io capii subito che il secondo giochino, che mi aveva illustrato mentre mi arricciava i capelli nel vano tentativo di dare loro una forma decente, era iniziato.

Alzai gli occhi verso Malfoy, beccandolo mentre mi guardava in modo esplicito la scollatura, e iniziai a mangiare con calma la mia banana.

Vidi il suo pomo d'Adamo sollevarsi ed abbassarsi un paio di volte, si sistemò i capelli passandosi una mano tra di essi e poi appoggiò i gomiti al tavolo.

Sembrava stesse provando a trattenersi dal fare qualcosa e mi chiesi distrattamente cosa mi avrebbe fatto se fossimo stati soli, intanto continuavo a mangiare il frutto giallo, non notando che più della metà dei ragazzi a tavola aveva cominciato a seguire ogni mio movimento con sguardi sconvolti.

L'unica persona che mi interessava in quel momento era Malfoy, volevo studiare ogni sua minima reazione per capire se quella strana stretta al ventre la provasse anche lui, mentre nel mio stomaco non solo c'erano le farfalle, ma qualsiasi tipo di insetto possibile ed immaginabile.

Mi sentivo tutta in subbuglio, avrei voluto baciarlo, sentire le sue mani sulla mia pelle, stringermelo contro il più possibile... avrei accettato anche le sue battutine cattive pur di poter sentire ancora i suoi baci sul collo e quella forte sensazione di gioia e dolore quando mi aveva lasciato quel vistoso succhiotto.

Finita la banana mi leccai le labbra, feci un cenno di saluto a Harry, Ginny e Ron e mi alzai.

Non riuscii a trattenermi e lanciai a Malfoy uno sguardo malizioso, prima di camminare fuori dalla Sala con passo sicuro e fiero, certa che entro breve mi avrebbe raggiunta.


 

 

 


*****

 

NOTE aggiunte in un secondo momento (27/06/20):

In questo capitolo vorrei specificare che non c'è nulla di sbagliato nell'indossare gonne corte, o autoreggenti o altri indumenti che vengono comunemente considerati sexy. Utopisticamente ognuno dovrebbe indossare ciò che gli fa più piacere indossare senza sentirsi per questo giudicato o molestato da sguardi lascivi indesiderati.

Se indossando un certo indumento provocate azioni simili (commenti, risatine, molestie), il problema non è vostro, non è del vostro corpo o di quello che indossate. Il problema è nella mente di chi si sente in diritto di giudicare o di considerarvi un oggetto.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Transparent tear ***


10. TRANSPARENT TEAR




Non camminai a lungo, prima di sentire un tocco familiare afferrarmi il gomito.

Mi voltai verso Malfoy e non riuscii a trattenere un piccolo sorriso trionfale, mentre mi lasciavo trascinare nella prima aula trovata.

Subito vidi accendersi delle candele che illuminarono fiocamente l'ambiente in cui ci trovavamo.

Rimanemmo a lungo a fissarci, studiandoci a vicenda, entrambi in attesa probabilmente che l'altro facesse la prima mossa.

Vidi Malfoy sorridere maliziosamente mentre chiudeva con un incantesimo la porta e in quel momento capii che non sarei riuscita ad uscire da quell'aula tanto facilmente.

«Vedo che hai seguito il mio consiglio», mormorò, facendo un passo verso di me e la sua voce roca mi fece sentire ancora più accaldata mentre mi appoggiavo alla parete dietro di me.

Non dissi nulla, aspettando la sua prossima mossa, che non tardò ad arrivare.

Tempo zero e vidi le sue mani appoggiarsi al muro dietro di me, mentre i suoi occhi mi scrutavano attentamente.

«Era buona la banana?», mi chiese con un tono leggermente aspro.

Alle sue parole ridacchiai sotto i baffi e annuii, portandogli le braccia intorno al collo: «Molto buona», ammisi, leccandomi le labbra.

Vidi i suoi occhi scurirsi ancora di più, mentre le sue mani si spostavano dal muro; una mi afferrò un fianco e l'altra si immerse nei miei capelli.

«Ti guardava troppa gente, ho rischiato di schiantare l'intera Sala Grande... la prossima volta lo spettacolo lo facciamo in privato, mmh?»

Si avventò sulle mie labbra con irruenza, leccandole e mordendole senza lasciarmi il tempo di respirare. Non ci volle molto che ci ritrovammo entrambi ad ansimare ad ogni minimo contatto, mentre le sue mani si erano spostate e avevano cominciato a vagare per il mio corpo senza il minimo pudore, assaggiando ogni centimetro di pelle che riuscivano a trovare.

Quasi trattenni il respiro quando sentii le sue dita afferrare e palpare il mio sedere.

«Granger» mormorò contro le mie labbra, prima di cominciare ad assaggiare il mio collo con la lingua e le labbra.

In un momento di lucidità mi ricordai le parole di Ginny: "Mai lasciarsi sottomettere, devi comandare tu il gioco" e feci qualche passo verso di lui, facendolo andare a sbattere contro la cattedra di legno scuro, facendolo appoggiare ad essa.

Infilai le mani sotto la sua camicia, toccando con decisione il suo ventre e salendo con le dita lungo gli addominali e il petto.

Cominciai a baciargli la mandibola, l'orecchio, la clavicola e poi il collo, dove, pensando che gli dovevo restituire il favore, mi concentrai per lasciargli il segno di un succhiotto.

Lui sembrava troppo distratto per accorgersene, quindi mi ritrovai parecchi minuti a disposizione per assaggiargli in modo proficuo la pelle, assaporando il suo odore e sapore, certa che non li avrei potuti mai dimenticare.

Gli aprii con lentezza la camicia, mentre continuavo con le labbra a succhiare, mordere e leccare sempre lo stesso punto vicino alla clavicola.

Sentivo sempre qualcosa di duro contro il mio ventre e il pensiero che fossi stata io a provocargli una tale eccitazione non faceva altro che aumentare il mio desiderio nei suoi confronti.

Ginny mi aveva detto quando mi sarei dovuta fermare per non rischiare di fare qualcosa di cui poi mi sarei potuta pentire e, sfortunatamente, sapevo che il momento si stava avvicinando.

Sentii le sue mani afferrare con determinazione i miei glutei e sollevarmi da terra, facendomi appoggiare a lui con le gambe aperte.

Era una posizione molto sconveniente, ma in quel momento ero troppo concentrata a lasciargli un succhiotto anche sul petto per capire bene tutto quello che stava succedendo, una cosa era certa: mi stavo divertendo come non mai.

I dieci rintocchi provenienti dalla torre campanaria mi fecero sussultare e mi resi conto che avremmo dovuto iniziare la nostra ronda invece di stare appiccicati in quel modo.

A malincuore mi liberai dalla sua presa e mi sistemai in fretta la gonna, le calze e la camicetta che era riuscito a sbottonare, mentre lui, ancora appoggiato alla cattedra dell'aula, mi fissava con uno sguardo torbido.

«Cosa fai?», mi chiese, avvicinandosi a me e rubandomi ancora un bacio.

«Dobbiamo andare a fare la ronda», feci per allontanarmi, ma lui mi afferrò per il gomito, girandomi verso di sé.

«Non penso proprio...»

«Prima il dovere e poi il piacere, Malfoy», gli dissi, abbottonandogli la camicia e lasciandogli un ultimo bacio sulla guancia, prima di afferrarlo per il polso e di trascinarlo fuori da quell'aula con me.

Avevo appena fatto due passi quando sentii le sue dita allacciarsi e stringere in modo impacciato e delicato le mie. Sentii una stretta al cuore, sorridendo al buio mentre spegnevo le candele e aprivo la porta con un incantesimo.

Dopo essere riemersi in quel corridoio ritrovammo entrambi un po' di lucidità ed iniziammo a camminare per il castello, guardando ogni aula e corridoio.

Ogni tanto parlavamo tra di noi, ma in generale rimanemmo zitti, ognuno perso nei propri pensieri.

Speravo che quel momento durasse all'infinito, perché avevo paura di quello che sarebbe potuto accadere dopo, anche se allo stesso tempo non vedevo l'ora che arrivasse la fine della ronda.

Mi metteva paura il modo in cui perdevo la testa e la razionalità tutte le volte che lo guardavo e che ci trovavamo troppo vicini l'uno all'altra.

Non capivo se tutta quell'attrazione che sembrava quasi palpabile fosse normale, Ginny aveva ammesso di non aver mai perso la testa per nessuno ancora, anche se io pensavo che qualcuno ci fosse ed ero certa che quel qualcuno si chiamasse Harry Potter.

Lanciai un'occhiata a Malfoy, ammirando di nascosto il suo profilo illuminato dalla luce delle torce che illuminavano di notte il castello ed i corridoi.

Non potevo dire che non fosse bello, quegli occhi così chiari da sembrare trasparenti, la pelle pallida, i capelli biondi...

Un vero principe azzurro, quello che ogni bambina si aspetterebbe di trovarsi alla porta di casa, peccato che non sempre rispecchiasse gli ideali di un vero nobile, anche perché da un Serpeverde non ci si poteva aspettare troppo.

Persa nei miei pensieri non avevo nemmeno capito quello che mi aveva appena chiesto, anche se avevo appena visto le sue labbra muoversi, e rimasi ancora a fissarlo, notando con orgoglio che il succhiotto che gli avevo appena fatto spiccava sul suo collo bianco.

Ci fermammo in mezzo a quel corridoio, non avrei nemmeno saputo dire quale, e rimanemmo a guardarci a lungo, ognuno perso nei suoi pensieri e negli occhi dell'altro.

Incredibile come all'improvviso non me ne importasse più nulla dei cinque anni che avevo passato a farmi insultare e deridere da lui.

Puff.

Tutto sparito.

Solo io e lui, due anime perdute in un mondo immenso, che si erano trovate. In mezzo a quel corridoio semibuio sembrava più che possibile credere al destino o ad altre di quelle fesserie che io avevo sempre considerato poco credibili.

In quella notte, con la luna che guardava complice dal cielo scuro attraverso una bifora, mi sembrava di vivere la scena di una favola.

"Ecco il mio principe...", pensai, rimanendo immobile quando sentii la sua fronte appoggiarsi con delicatezza alla mia.

Non chiusi gli occhi, concentrata nel tentativo di decifrare ogni sua espressione.

La scintilla che vedevo nei suoi occhi mi era totalmente nuova, mai avevo visto quella luce dolce, incerta e fragile negli occhi di Draco...

Sbarrai appena gli occhi, rendendomi conto che avevo pensato a lui con il nome di battesimo e non col cognome.

Ero spaventata da tutte quelle sensazioni contrastanti dentro di me; non avrei dovuto provare quell'infinita sicurezza trovandomi così vicina a lui, non avrei dovuto desiderare che quel momento si prolungasse all'infinito, non avrei dovuto chiedermi cosa stesse pensando sperando che provasse le mie stesse emozioni, non avrei dovuto sentire il mio cuore battere così forte da rischiare di uscirmi dal petto...
Non avrei dovuto essere lì, con Malfoy, il nemico.

Era tutto sbagliato!

Dove era finito il mio amore per Ron?

Perché non provavo più quella forte morsa allo stomaco quando lo vedevo baciare Lavanda?

Perché ora provavo fastidio quando la Parkinson o la Greengrass stavano troppo appiccicate a Malfoy?

Avrei dovuto trovare il modo di tornare indietro nel tempo per cancellare gli ultimi giorni appena vissuta, cancellando quei momenti d'intimità tra me e quel Furetto!

Eppure, per quanto la mia mente lo ripetesse incessantemente, non riuscivo a volerlo davvero.

Non volevo che tutto venisse dimenticato...

Non quando avevo finalmente capito che dietro alla maschera fredda e imperturbabile si trovava in realtà un bambino indifeso che aveva solo bisogno d'aiuto e d'affetto.

Non ora che ero certa che quel bambino avesse bisogno proprio di me...

Alzai lentamente una mano, appoggiandola sulla sua guancia, che con quella luce sembrava appartenere ad una statua in marmo e non ad una persona in carne ed ossa...

Si lasciò sfiorare la pelle, ma nei suoi occhi vedevo che stava combattendo una battaglia dentro di sé, sembrava un animale ferito in una gabbia troppo stretta per lui.

Mi tornò alla mente tutto quello che era accaduto in quei cinque anni di scuola, tutte le volte che avevo pensato che lui fosse il mio inferno personale, l'unica persona che avrebbe potuto zittirmi con le sue battutine pungenti, l'unica con cui mi sentivo sempre in competizione, l'unica che avrebbe potuto prendere voti migliori dei miei...

Sì, lui era la costante della mia vita.

Qualsiasi cosa accadesse ero certa che ci sarebbe stato Malfoy a disprezzarmi...

Ed ora stava cambiando tutto, non riuscivo più ad odiarlo e a vederlo come "il cattivo"...

Forse in realtà avevo sempre saputo che sarebbe arrivato un momento come quello; avevo fatto di tutto per impedire che accadesse, ma non era servito a nulla perché da quando avevo parlato con quel ragazzino biondo e avevo visto quel suo timido sorriso su quel treno qualcosa mi aveva urlato che gli sarei appartenuta.

Desiderai non avergli mai chiesto se avesse visto il rospo di Neville.

Mentre mi perdevo all'infinito nei suoi occhi pensai che avrei fatto di tutto pur di non perdere il controllo di me stessa e dei miei sentimenti, ma sapevo che era impossibile.

Ero certa che presto mi sarei irrimediabilmente innamorata di lui e a quel punto sarebbe stata la fine dell'Hermione che tutti conoscevano...

Chiusi gli occhi per un breve istante e, quando li riaprii vidi con stupore una piccola lacrima trasparente scivolare lungo lo zigomo di Draco, fino a raggiungere la mia mano.

Quando Malfoy allontanò di scatto il viso dal mio, liberandosi della mia carezza leggera mi sembrò quasi di sentire il rumore di vetri infranti.

Era spaventato, stupito, fragile e arrabbiato, potei leggere con facilità tutte quelle emozioni sul suo volto, prima che tornasse la sua maschera imperturbabile a gelare i suoi lineamenti.

Non disse una parola e cominciò ad allontanarsi velocemente per il corridoio.

La mia mente continuava a ripetere che dovevo lasciarlo andare, ma il mio cuore si stava lentamente spezzando, una scheggia per volta...

Lascialo andare.

Lascialo andare.

Lascialo.

Lascialo.

Guardai la mia mano, dove ancora potevo sentire la consistenza di quella lacrima calda e mi sentii soffocare...

Alzai lo sguardo e vidi la sua figura scomparire.

Lascialo andare.

Lascialo andare.

Lascialo andare.

«Draco!», urlai, cominciando a corrergli dietro.

Non mi ci volle molto per raggiungerlo, afferrandogli una spalla e facendolo voltare verso di me.

Il suo sguardo impenetrabile, quello che ormai avevo capito essere solo una maschera mi fece sentire un brivido lunga la spina dorsale, ma mi imposi di non lasciarmi intimorire da lui.

«Vattene, Granger, la ronda è finita».

Fece per allontanarsi ancora, ma io mi misi davanti a lui, bloccandogli il passaggio.

Lo sentii prendere un profondo respiro, come se si stesse preparando ad intavolare una lunga lite, ma io lo bloccai prima che potesse fare qualsiasi cosa e lo abbracciai, affondando il viso contro il suo petto.

Stava per scansarmi, ma le mie parole lo bloccarono: «Che ne dici di ubriacarci?»

Immaginai nitidamente il ghigno che spuntò sul suo viso, mentre mi afferrava per la vita in quel modo possessivo e dolce che mi faceva sempre sentire al sicuro.

«Ci sto, Granger».


 

***



«Ti piace?», dissi, facendo un giro su me stessa, mostrandogli senza neanche un minimo di pudore il completo di pizzo nero che mi aveva regalato Ginny e che fino a quel pomeriggio avevo pensato che non avrei mai indossato in vita mia.

«Molto poco adatto ad una ragazza seria come te, comunque sì, mi piace molto», lo sentii dire con un tono di voce particolare, mentre mi toglievo i tacchi alti senza staccare gli occhi dai suoi.

«Io non sono come pensi che io sia», dissi, avvicinandomi a lui, che era comodamente sdraiato sul letto.
«Ah, no?», chiese ironico, portandosi nuovamente la bottiglia alle labbra, prima di passarmela.

Bevvi nuovamente un sorso di Firewiscky, prima di posare la bottiglia sul comodino e di gattonare sul letto fino ad arrivare a lui e si sedermi su di lui a gambe larghe.

Vidi la sua espressione stupita per la posizione in cui mi ero messa e provai una forte scossa di orgoglio femminile quando lo vidi afferrare con forza i miei fianchi e portarmi più vicina a lui.

Il pensiero che mi volesse quanto lo volevo io mi stava mandando letteralmente in tilt, più di quanto l'alcool stesse facendo.

«Ti piacciono le mie calze?», domandai, sentendo le sue mani accarezzare il bordo delle auto reggenti.

«Molto belle, se potessi te le strapperei di dosso...»

«Draco?», dissi con un gemito, sentendo le sue dita continuare ad accarezzare le mie gambe coperte dalle calze.

«Si?»

«Baciami».

In un momento di lucidità sperai che non avesse colto il tono di supplica che c'era nella mia voce.

Si puntello sulle braccia fino ad arrivare col viso alla mia stessa altezza e depose sulle mie labbra un bacio casto, prima di approfondirlo.

«Draco», ansimai contro le sue labbra: «Facciamo l'amore».

Lo vidi sorridere, prima di smettere di baciarmi: «Perché queste cose quando sei sobria non me le chiedi mai?»

«Perché ho paura di quello che mi potresti dire», ammisi, accarezzandogli il viso con mani fin troppo adoranti.

«Non devi», mormorò.

«Cercherò di ricordarmene», dissi, sbadigliando.

«Vieni qua», sussurrò, portando entrambi sotto alla coperta e stringendomi nel suo abbraccio forte e protettivo.

«Buona notte, Draco».

«Buona notte, Hermione», sussurrò contro la mia nuca, provocandomi brividi lungo la schiena per come mi aveva chiamata.



 

 

******

 

NOTE aggiunte in un secondo momento (27/06/20):

In questo capitolo ci sono alcune questioni che vorrei specificare: non è romantico, non è sexy, non è accettabile che Draco sia geloso di Hermione. 

Mi spiego meglio. 

La gelosia è assolutamente normale, ma in questo caso la gelosia di Malfoy sfocia un po' troppo nella possessività e quindi il solito concetto di Hermione uguale oggetto.

La gelosia di Draco non ha inoltre senso per due ovvi motivi: loro due non stanno insieme, quindi non hanno un rapporto esclusivo, inoltre è stato lo stesso Draco a dire a Hermione come vestirsi, quindi non ha motivo di essere geloso degli sguardi altrui.

Trattiamo di un altro argomento che mi preme analizzare: l'alcol. 

Bere alcolici non è sbagliato, ma dato che l'alcol può provocare danni all'organismo e creare dipendenza, è meglio farne moderato uso.

In questa fanfiction ho utilizzato i momenti di ubriachezza come espediente narrativo per far avvicinare i due personaggi principali (un po' come in quelle ff dove la protagonista rischia di essere stuprata da un personaggio a caso e il protagonista maschile arriva a salvarla, anche questo è un espediente narrativo per far avvicinare i due protagonisti trito e ritrito), ma mi rendo conto di averne usufruito un po' troppo e quindi vi chiedo scusa, avrei potuto essere più originale.

Con questo non voglio demonizzare gli alcolici, ogni tanto bere in compagnia o in solitudine può aiutare a scaricare la tensione, a rilassarsi o a non pensare, ma come ogni cosa nella vita bisogna farla con moderazione, altrimenti se ne diventa dipendenti.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Tenderness ***


11. TENDERNESS




Ci stavo facendo l'abitudine a quel braccio intorno alla mia vita che mi stringeva.

Allo stesso modo mi stavo adattando prefettamente alla figura che, alle mie spalle, era la più vicina fonte di calore.

Feci una smorfia, rendendomi conto di non star più dormendo, prima di muovermi appena per incastrarmi maggiormente tra il braccio non mio e il materasso, spostando con fastidio alcune ciocche di capelli ribelli che erano ovunque sulla mia faccia.

Il respiro regolare di qualcuno contro la mia spalla mi fece sentire piccoli brividi e mi provocò un imbarazzante strato di pelle d'oca lungo le braccia e la schiena.

Mi chiesi se tutte quelle sensazioni facessero ancora parte di un qualche mio sogno, quando sentii il braccio avvolgersi maggiormente intorno alla mia vita.

Sospirai a quel contatto, provando una piacevole sensazione all'altezza del ventre sentendo quella pelle calda sfregare appena con la mia.

Continuai a tenere gli occhi chiusi, anche se ormai non stavo più dormendo e provai invano a ricordare qualcosa di quello che era successo la sera prima; nella mia testa sembrava esserci solo un grande buco nero.

Più provavo a concentrarmi su qualche dettaglio, più questi si divertivano a sfuggire e allora dopo un paio di tentativi mi arresi, portando il mio braccio in contatto con quello che mi stringeva.

Sfiorai quella pelle morbida con una lieve peluria e sorrisi quando percepii su di essa un po' di pelle d'oca.
Sentii le labbra di Draco baciarmi appena la spalla e il sorriso da ebete che avevo in faccia si allargò pericolosamente.

«Buongiorno», lo sentii sussurrare.

Mi mossi nel letto, fino a ritrovarmelo di fronte e gli gettai le braccia al collo, affondando il viso contro il suo petto nudo.

«Buongiorno», dissi a mia volta, inspirando a fondo il suo odore: «Giusto per sapere, quante cose imbarazzanti ho detto e fatto questa volta?»

Lo sentii ridacchiare e mi immaginai il suo ghigno da Serpeverde stampato in volto.

«Non penso di ricordarmele tutte», mormorò.

Alzai il viso, immergendo gli occhi nei suoi, sentendomi in imbarazzo come poche volte mi era capitato in vita mia, temendo di aver detto qualcosa di compromettente o, peggio, di aver fatto qualcosa di stupido a causa dell'alcool che avevo bevuto la sera precedente.

Un ricordo improvviso mi fece sgranare gli occhi.


 

«Ti piacciono le mie calze?»

«Molto belle, se potessi te le strapperei di dosso...»

«Draco?»

«Si?»

«Baciami».


 

Strinsi la presa delle mie mani sulle sue spalle, mentre continuavo a guardare un punto non ben definito accanto al suo orecchio sinistro e a chiedermi se quello che avevo ricordato faceva parte di un sogno, della mia fantasia o della realtà.

«Granger? Tutto bene?»

La sua voce leggermente preoccupata mi fece spostare lo sguardo in quelle pozze grigie che erano i suoi occhi.

«Io... insomma... tu hai... noi abbiamo... quella cosa lì?», chiesi confusa e terrorizzata che mi rispondesse affermativamente.

«Fammi capire un attimo. Mi stai chiedendo se abbiamo fatto sesso?»

Io annuii, imbarazzata da quella situazione, mentre pensavo che dovevo smetterla di ubriacarmi.

Era la terza volta che mi trovavo nella posizione di non ricordare nulla di una notte intera e cominciava ad essere fastidioso dover chiedere spiegazioni a Malfoy.

«Credimi, se l'avessimo fatto te ne ricorderesti».

Il suo tono di voce arrogante mi fece storcere il naso, mentre abbassavo lo sguardo per evitare i suoi occhi indagatori.

Mi sentivo così piccola tra le sue braccia, così insicura e dolcemente protetta...

"Cosa mi stai facendo, Malfoy?", mi chiesi, sentendo le sue labbra depositare un semplice bacio contro la mia fronte.

Mi mossi appena contro di lui per sistemarmi e mi resi conto con orrore che le uniche cose che indossavano erano le auto reggenti, le mutande e il reggiseno abbinato.

«Se non abbiamo fatto nulla perché sono mezza nuda?», chiesi con un tono leggermente stridulo e agitato.

«Hai fatto tutto da sola. Dopo neanche cinque sorsi di Firewiscky hai incominciato a dire che volevi farmi vedere il completo che ti aveva regalato la Piattola. Io ho provato a fermarti, ma devo ammettere che ero un po' troppo ubriaco anche io per avere la lucidità di non incoraggiarti...»

«Tu sei vestito, vero?», domandai con gli occhi leggermente fuori dalle orbite, mentre speravo in una sua risposta affermativa.

Lo sentii ridere forte, per poi affondare il viso tra i miei capelli e riemergerne con il fantasma di un sorriso ancora sulle labbra: «Il tuo viso scandalizzato è stupendo!»

Tornò a ridere e io cominciai a sentire le mani prudermi mentre mi chiedevo quando aveva intenzione di rispondermi.

«Allora?», fui costretta a domandargli alla fine.

Vidi comparire sul suo viso uno sguardo malizioso: «Se proprio ci tieni puoi sempre controllare...»

La sue parole mi fecero arrossire come non mai e rimasi a lungo a pensare ad una brillante risposta da rifilargli.

Sfortunatamente ci misi troppo e alla fine fui costretta ad alzarmi dal letto, lanciandogli contro la mia parte di coperta, per cercare di mantenere vivo il mio orgoglio.

Cercai come una pazza i miei vestiti, non trovandoli da nessuna parte, prima di voltarmi verso di lui e di lanciargli uno sguardo assassino.

«Dov'è la mia divisa?», chiesi furiosa.

In quell'istante mi resi conto di esser mezza nuda e di aver offerto a Malfoy la vista del mio completino sexy per tutto quel tempo e diventai ancora più rossa.

Recuperai da terra la sua camicia la indossai con il volto paonazzo e movimenti nervosi.

«L'hai fatta scomparire subito dopo essertela tolta», mi spiegò, osservando le mie mani che mettevano ad uno ad uno i bottoni nelle asole di quella camicia.

«E perché avrei dovuto?»

«E come faccio io a saperlo?»

Gli lanciai uno sguardo assassino e lui mi sorrise, lasciando che i suoi occhi di ghiaccio si sciogliessero solo per qualche istante, trasmettendomi una forte sensazione di tenerezza.

Tornai ad avvicinarmi a lui, animata da una strana emozione all'altezza del petto, che mi fece inginocchiare accanto a lui sul comodo materasso e prendergli il viso tra le mani, prima di prodigarmi a riempirgli le labbra di piccoli baci fugaci.

Lo sentii borbottare qualcosa contro la mia bocca, ma feci finta di nulla e continuai quella mia lenta seduzione improvvisata.

«Mezzosangue, cosa...?»

Soffocai le sue proteste con un bacio più profondo, affondando la lingua all'interno della sua bocca, sentendo una forte scossa all'altezza del ventre e la voglia di cristallizzare quell'istante nel tempo.

Morsi piano le sue labbra, sentendomi potente e così ingenua allo stesso tempo.

Incredibile come con lui avessi sempre la sensazione di essere una bambina inesperta che cerca di attirare l'attenzione di una persona molto più matura.

Sentii il rumore di qualcuno che bussava alla porta e sussultai, lanciando uno sguardo allarmato a Draco, che mi fece segno di nascondermi nel suo armadio.

Seguii il suo consiglio e sentii Malfoy dire con voce scocciata: «Avanti!»

La porta si aprì di colpo e sentii dei passi trafelati.

«Cosa vuoi Pansy?», lo sentii chiedere.

Istintivamente strinsi le mani a pugno e mi morsi forte l'interno guancia, imponendomi di non uscire dall'armadio e di non prendere a schiaffi la Serpeverde che ci aveva interrotti.

«Dray, ti ho svegliato?»

La sua voce da gatta morta mi fece sentire un conato di vomito salire dello stomaco.

«No, ero già sveglio. Cosa vuoi?»

Non sentii nessuna risposta, nessuna parola, così socchiusi appena le ante dell'armadio, vedendo la Parkison avvicinarsi al letto di Malfoy muovendo i fianchi in provocante.

Sbarrai gli occhi, chiedendomi cosa aveva intenzione di fare e se Malfoy glielo avesse lasciato fare, prima di sentire lei parlare a bassa voce: «È da tanto che non passiamo un po' di tempo insieme, mi manchi, sai?»

Non sono gelosa.

Non sono gelosa.

No.

No.

Oh, al diavolo! Lo sono eccome!

Stavo per uscire e prenderla per i capelli per buttarla fuori da quella camera, ma le parole di Malfoy mi fermarono: «Pensavo di avertelo detto chiaramente, Pansy, tra di noi non c'è più quel tipo di rapporto, vai pure a cercarti qualcun'altro».

Sentire il versetto scandalizzato e offeso che emise la Parkinson prima di andarsene sbattendo la porta mi fece ridere di gusto, prima di uscire dal mio nascondiglio e di richiudere le ante alle mie spalle, appoggiandomici poi contro.

Draco puntò subito i suoi occhi su di me, sondando con uno sguardo malizioso le mie gambe quasi interamente scoperte, tranne per le auto reggenti.

Mi fece segno di avvicinarmi e io scossi la testa, sorridendogli però, per fargli capire che non ero arrabbiata.

Ovviamente lui fece quello che proprio non mi aspettavo; uscì di scatto dal letto e cominciò a rincorrermi per la stanza, permettendomi di notare come indossasse solo dei boxer grigi e di poter ammirare il suo fisico asciutto ma tonico che non lasciava certo spazio a pensieri casti.

Alla fine quando mi riuscì ad acciuffare finimmo col cadere entrambi sul materasso del suo letto, ridendo come degli stupidi.

Ci misi parecchio a rendermi conto della posizione sconveniente in cui ci trovavamo e del duro rigonfiamento che sentivo contro la mia coscia.

I nostri sorrisi si spensero all'istante e gli occhi di entrambi si velarono di quella patina maliziosa che ultimamente avevo cominciato a riconoscere come l'avvertimento che i giochi erano finti e che si iniziava a fare sul serio.

Sfiorai il suo naso con il mio, allacciandogli le braccia intorno al collo, mentre mi perdevo nei suoi occhi argentei.

Mi chiesi per svariati secondi se quello che stava succedendo tra di noi fosse giusto, perché per quanto quella sensazione di completezza che non avevo mai provata con nessuno fosse piacevole, cominciavo a temere la forte attrazione che provavo per lui.

Continuavo a pensare al giovane Malfoy incontrato sull'Espresso di Hogwarts e al suo sorriso e non facevo altro che sovrapporre il ricordo di quel viso con quello che in quel momento mi ritrovavo davanti.

«Draco», sussurrai, prima di baciarlo a fior di labbra.

Non passò molto tempo che quella piccola effusione si trasformasse in qualcosa di molto più profondo e passionale.

In un ultimo sprazzo di lucidità mi chiesi se avesse chiuso a chiave la porta di camera sua, ma quel pensiero venne spazzato via nell'istante in cui le sue mani impazienti mi fecero sdraiare meglio sotto di sé e allargassero le mie gambe per potercisi infilare in mezzo.

Sentii le sue dita esplorare attentamente ogni centimetro della mia pelle esposta, prima di spostare il reggiseno di pizzo nero (non mi ero neanche resa conto che mi aveva sfilato la sua camicia) e di avventarsi con le labbra sulla pelle del mio seno.

I gemiti che avevo provato a trattenere fino a quel momento fuoriuscirono dalla mia bocca in modo scandaloso, o almeno questo era quello che pensai, mentre notavo come Draco riuscisse chissà come a trattenere ogni ansito troppo rumoroso.

Quando spostò le mani sulla mia schiena, che inarcai per facilitargli il compito, riuscì con un unico movimento veloce a slacciare il mio reggiseno ed a sfilarmelo, prima di lanciarlo da qualche parte nella stanza.

Tornò a baciarmi in bocca, mentre cominciava a massaggiarmi con le dita esperte i capezzoli fin troppo esposti alle sue attenzioni.

In quell'istante mi feci più temeraria e cominciai a scorrere le mie mani lungo la sua schiena, sentendo i suoi muscoli tendersi e poi rilassarsi al mio passaggio.

Quando raggiunsi il bordo dei suoi boxer sorrisi maliziosa, prima di afferrare con fermezza i suoi glutei sodi e di sentirlo emettere un verso strozzato contro le mie labbra.

Mi sentii potente in quell'istante e spostai le mani sul davanti, percorrendo i pettorali e gli addominali, quando il rumore di qualcuno che bussava mi fece sussultare e voltare il viso verso la porta.

Draco ebbe giusto il tempo di coprirmi con un lenzuolo, prima che Zabini entrasse senza aspettare di essere invitato.

Vidi il Serpeverde appena arrivato sgranare gli occhi alla vista di me e Draco troppo vicini e troppo poco vestiti, prima di scoppiare a ridere.

«Possibile che tutte le volte non abbiate la decenza di chiudere la porta a chiave?», disse tra una risata e l'altra, mentre Draco gli lanciava uno sguardo assassino.

«Se non te ne fossi accorto hai interrotto qualcosa, quindi gradirei che te ne andassi», disse tra i denti Malfoy.

Io intanto mi ero coperta il volto con il lenzuolo, imbarazzata come non mai, mentre speravo che il nuovo arrivato se ne andasse in fretta.

«Mi dispiace, ma pensavo che voleste sapere che Potter sta cercando la nostra cara Granger per tutta la scuola e che rischiavate di essere beccati da lui, invece che dal sottoscritto».

Quelle parole mi fecero sussultare e riemergere dal mio nascondiglio: «C-cosa?», domandai stupita: «Perchè mi sta cercando?»

«Non lo so, ma penso che abbia temuto che quello che sta succedendo qua dentro stesse accadendo, non vedendoti a colazione», spiegò Zabini, raccogliendo da terra il mio reggiseno ed ammirandolo con occhio critico: «Non male, Granger!»

Vidi Draco sporgersi dal letto per prendere dalle mani del suo amico il mio indumento intimo, prima di ringhiargli contro poco educatamente: «Ti vuoi levare dai coglioni?!»

Zabini fece una piccola smorfia offesa: «Dracuccio, come puoi trattarmi così?»

Con quelle parole se ne uscì dalla camera e, appena si chiuse la porta alle spalle, lo sentii ridere sguaiatamente.

Draco tornò a guardarmi con uno sbuffo: «Temo che anche questa volta dovremmo...»

Io annuii, uscendo del tutto dal lenzuolo che mi copriva.

Mi porse il reggiseno e io lo afferrai, indossandolo immediatamente.

Mi chiesi come avrei dovuto fare per recuperare i vestiti, quando lo vidi afferrare da un suo cassetto una cravatta color verde-argento e trasfigurarla in un paio di jeans, che mi passò, prima di recuperare una sua maglietta nera e di passarmela.

Avrei voluto dire qualcosa, ma l'imbarazzo che sentivo mi bloccava.

Trasfigurò anche le scarpe col tacco in un paio di scarpe da ginnastica.

«Grazie», dissi, mentre lo vedevo indossare la sua divisa.

Lo aspettai per uscire dalla stanza e prima che potesse aprire la porta lo afferrai per il braccio, facendolo voltare verso di me e gli stampai un veloce bacio sulle labbra.

Ci sorridemmo, prima di uscire e dirigerci all'entrata del Dormitorio di Serpeverde.

 



 

 

********

NOTE aggiunte in un secondo momento (27/06/20):

In questo capitolo l'unico appunto che mi sento di fare è nei confronti della povera Pansy Parkinson, che Hermione descrive come "gatta morta". 

Essendo gelosa Hermione è portata a fare pensieri poco carini che non sono comunque giustificabili.

Pansy non è la cattiva della storia, non è una stronza, non è una troia.

Pansy è una ragazza innamorata, che cerca di attirare l'attenzione del ragazzo che ama con i metodi che ritiene lei opportuni.

Il mio è un appello a tutti e tutte voi che state leggendo: smettiamo di giudicare le ragazze che hanno una vita sessuale più attiva della nostra, dando loro delle troie. Non sono delle troie, sono delle persone sfaccettate e complicate e adorabili quanto lo può essere chiunque.

Smettiamo di dividere la popolazione femminile in vergini e troie, siamo semplicemente donne, alcune più libere dal tabù del sesso, altre meno, ma non per questo meritiamo di essere giudicate per la nostra vita sessuale, che riguarda noi e noi soltanto.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Hogsmeade ***


12. HOGSMEADE
 



«Dove diavolo eri finita?!», l'urlo quasi disumano di Harry mi fece storcere la bocca per l'imbarazzo.

Non avevo avuto nemmeno il tempo di entrare nella Sala comune di Grifondoro che il mio migliore amico aveva iniziato una di quelle sue tipiche filippiche senza fine.

«Mi hai fatto preoccupare sai?! E non dire che eri in Biblioteca! Perché è il primo posto dove ti ho cercata e non c'eri!», disse, puntandomi contro un dito come per sottolineare maggiormente la mia colpevolezza.

Sperai che la mia mente, ancora annebbiata dalle troppe emozioni provate con Malfoy, si risvegliasse presto, perché avevo bisogno di una buona scusa o comunque di un po' di tatto per spiegargli nei dettagli tutta la faccenda.

«Anzi, non dirmi nulla, tanto so che c'entrerebbe quella Serpe di Malfoy, quindi risparmiami i dettagli!»

Arrossii fino alla punta delle orecchie a quelle parole, prima di sentire un forte fastidio espandersi nel mio corpo. Odiavo quando le persone mi trattavano come una bambina; io ero in grado di cavarmela da sola, non avevo bisogno che mi facesse da baby-sitter o, peggio, da padre!

«Non so se ricordi, ma un paio di giorni fa mi avevi promesso che oggi mi avresti accompagnato ad Hogsmeade, dove devo trovare un modo per avvicinare Lumacorno!»

La rabbia scemò quasi con la stessa velocità con cui era comparsa, anche se continuavo a sentire uno strano fastidio, mentre un nuovo sentimento mi invadeva: il senso di colpa.

«Scusa, Harry, ma...», provai a dire, ma lui mi zittì, sollevando la mano.

«Lasciami finire. Io non ce l'ho con te, è ovvio che se non fosse stato per Malferret, che ti avrà trattenuta e chissà cosa, tu te ne saresti ricordata e mi avresti aiutato. Quindi quello che ti chiedo è di far notare a Malfoy che non ti può rapire come e quando vuole, ma che tu hai degli amici che, se ti chiedono un favore, gradirebbero che tu te ne ricordassi!»

Il senso di colpa aumentò, poi venne sostituito nuovamente da rabbia e poi tornò di nuovo il senso di colpa.

Alla fine provavo una sorta di malessere continuo che mi fece abbassare il viso a terra, mentre tentavo di fare ordine tra le idee.

Il mio cervello era tornato fortunatamente a funzionare correttamente, così non mi ci volle molto per capire cosa dovevo dire: «Mi dispiace, Harry, dammi due minuti per prendere qualcosa da mettere per coprirmi e andiamo, ok?»

Vidi la sua fronte corrucciata rilassarsi nel corso di pochi secondi ed un timido sorriso comparire sulle sue labbra: «Ho esagerato, vero?»

Sentii una stretta al cuore a quelle parole e gli sorrisi a mia volta: «Me lo meritavo».

Lo superai senza dargli il tempo di rispondermi e mi fiondai su per la torre del dormitorio femminile dove, entrata nella mia stanza, evitai per un pelo di inciampare su un paio di libri che a quanto pare mi erano caduti a terra e afferrai un mantello pesante da indossare, dato che fuori pioveva a dirotto.

Tornai di sotto e, prendendo Harry sotto braccio, mi avviai per la strada più corta che ci avrebbe condotti ad Hogsmade.

Durante il tragitto mi costrinsi a non pensare a Malfoy, anche se continuava a spuntare da ogni angolino della mia mente, mentre chiacchieravo di tutto e di più con Harry.

«In che modo pensi di attirare l'attenzione del professor Lumacorno?», gli chiesi, mentre svoltavamo per la stradina che portava ai Tre Manici di Scopa.

«Non lo so ancora... mi inventerò qualcosa sul momento...», disse Harry, mente guardava svogliatamente le vetrine dei diversi negozietti.

«Va bene».

Percorremmo giusto due passi, prima che lui interrompesse di nuovo il silenzio: «Avevo chiesto anche a Ron di venire, ma non ho capito se poteva o no».

Annuii distrattamente alle sue parole, mentre osservavo con astio i nuvoloni che coprivano il cielo.

«Finalmente arrivati!»

Non sentii del tutto l'esclamazione di Harry e mi sedetti nel posto vuoto davanti a lui, in uno dei tanti tavolini di quel locale, persa nei miei pensieri.

Quando Harry aveva pronunciato il nome di Ron non avevo sentito dolore o qualsiasi altra sensazione spiacevole che di solito, soprattutto nell'ultimo periodo, mi capitava di collegare all'amore ormai impossibile che pensavo mi legasse a lui.

Niente, vuoto.

Forse solo un po' di rimpianto ma, oltre a questo, nulla.

Sentii distrattamente Harry ordinare due Burrobirre e poi sorrisi.

Ero guarita, non pensavo più sempre e solo a Ron!

«Non ti ho mai visto quella maglietta addosso, è nuova?»

La domanda di Harry mi portò a lanciare un'occhiata in tralice alla t-shirt nera e al pensiero di un paio di occhi grigi sentii lo stomaco contorcersi e il cuore battere come un pazzo.

«No, in realtà è vecchia, solo che non la metto mai», mentii spudoratamente, sperando che non se ne accorgesse.

Non andava affatto bene.

Ero guarita forse dalla strana fissa che avevo avuto per Ron nell'ultimo periodo, ma ora...

Non potevo innamorarmi di Malfoy!

«Ecco a voi».

Appena mi ritrovai tra le mani la mia Burrobirra incominciai a berla senza prendere fiato, sconvolta di aver anche solo pensato alla possibilità si essere innamorata di Malfoy.

Sentii qualcuno entrare nel locale e l'istante dopo notai la mano di Harry chiudersi a pugno.

Intravidi, andare a sedersi in un tavolino appartato, Ginny con Dean Thomas accanto.

Tornai a guardare il viso del mio amico, dove albergava una smorfia nient'affatto tranquilla, anzi sembrava proprio... geloso.

Afferrai la sua mano e ne accarezzai appena il dorso, per cercare di fargli capire che sapevo come ci si sentiva.

Notai i suoi occhi puntarsi nei miei, quasi spaventati da quello che avessi potuto comprendere dal suo comportamento.

Non abbandonai il suo sguardo e gli sorrisi appena, quasi per rassicurarlo: «Lo so cosa si prova».

Le mie parole erano poco più di un sussurro, tanto che non ero nemmeno sicura che le avesse sentite.

Mi fermai a lungo a pensare a come il contatto con la sua mano fosse piacevole, prima di paragonare quella sensazione con quella che attanagliava ogni singola cellula del mio corpo quando la pelle di Malfoy era in contatto con la mia.

«Dovresti provare a parlarle», gli consigliai, prima di fargli subito segno di tacere, così da poter continuare il mio discorso: «So che non sono proprio la persona più adatta al mondo per consigliarti come comportarti. Sono stata mesi a rimuginare su quello che provavo o no per Ron, per poi vederlo baciarsi con Lavanda Brown, proprio davanti ai miei occhi. Non dovresti commettere il mio stesso errore, anche se io non sono più così tanto sicura che sia stato un errore... forse doveva semplicemente andare così. In fondo io e Ronald siamo così diversi...»

Mi persi nei miei pensieri confusi, dove si rincorrevano uno dopo l'altro tutti i ragazzi che avevo amato o avevo creduto di amare e mi chiesi se Malfoy un giorno sarebbe rientrato per la seconda volta tra essi...

«Perché vuoi dirmi che con Malferrett hai qualcosa in comune?»

Sentii dal suo tono di voce scocciato la conferma che la "storia" tra me e Malfoy non gli andava propriamente a genio, anche se si fidava di me e sapeva che non ero una bambina, continuava a preoccuparsi per me.

Mi chiesi se dovessi sentirmi lusingata dal suo istinto protettivo oppure offesa, ma accantonai subito la domanda, notando in quell'istante il professor Lumacorno seduto ad un tavolo poco distante da noi parlare con un mago che non avevo mai visto prima.

Tornai a concentrarmi sulla conversazione con Harry, decidendo che gli avrei parlato di Lumacorno poi successivamente.

«Sono convinta che Draco sia diverso da come vuole far credere di essere...», ammisi, vedendo i suoi occhi spalancarsi.

Si sistemò a disagio gli occhiali: «Da quando Malfoy è diventato Draco?»

Sussultai, rendendomi conto di come l'avevo chiamato in presenza del mio amico, prima di arrossire fino alla punta delle orecchie, certa di assomigliare in modo spaventoso a Ron quando s'imbarazzava.

«Harmione, dimmi la verità, cosa c'è di preciso tra te e Malfoy?»

Ma, per fortuna, non ebbi l'occasione di rispondere, dato che in quel momento entrarono ai Tre Manici di Scopa anche Ron e Lavanda, che vennero a sedersi al nostro tavolo, interrompendo la nostra conversazione.

«Ciao, ragazzi!», salutò Ron, mentre la sua "LavLav" ci dedicava un veloce cenno del capo come saluto.

«Ciao», li salutammo in contemporanea io ed Harry.

Sul nostro tavolo calò ben presto un silenzio imbarazzante; Lavanda continuava a sussurrare cose senza senso all'orecchio di Ron, io ed Harry ci lanciavamo veloci occhiate di incoraggiamento. Ron sembrava concentrato a trovare una soluzione per quella situazione a dir poco imbarazzante, ma a quanto pare non ci riusciva.

«Buongiorno, signor Potter! Che sorpresa trovarla qui!»

La voce di Lumacorno fece sussultare Harry, che si voltò subito verso il professore, sorridendogli: «Buongiorno professore! Come sta?»

«Oh, non mi lamento ragazzo! Anche se questo freddo non giova affatto alle mie vecchie e povere articolazioni!», notai i suoi occhietti posarsi su Ron e Lavanda, prima di puntarsi in modo insolitamente vispo su di me: «Signorina Granger, buongiorno anche lei!»

«Buongiorno, professore», salutai, accennando un sorriso di cortesia.

«Vi ho incontrati proprio nel momento giusto! Volevo ricordarvi giusto della piccola festicciola organizzata nei miei appartamenti questa sera! Ovviamente potete portare entrambi un amico!»

«Certo, professore», esclamammo insieme, mentre sentivo Lavanda smettere di sussurrare cose indistinte a Ron e guardare con aspettativa il professor Lumacorno, quasi si aspettasse di ricevere un invito anche lei.

«Bene, vi auguro una buona giornata. La cena inizierà alle otto, vi invito a non ritardare!»

«Non mancheremo, professore!», disse Harry, riservando a Lumacorno uno dei suoi sorrisi migliori.

Appena l'uomo se ne fu andato Harry mi lanciò un'occhiata piena di aspettativa e capii che non vedeva l'ora di iniziare la sua impresa per ottenere la fiducia di Lumacorno.

«RonRon, perché il professore non ha invitato anche te? Infondo tu meriti lodi quanto i tuoi due amici!»

La voce squillante di Lavanda mi fece fare una piccola smorfia ma, diversamente dal solito, non era dovuta al fatto che stesse con il ragazzo che credevo di amare, ma per il semplice fatto che quella ragazza non mi era mai stata simpatica.

Vidi Ron scrollare le spalle, a quanto pareva non gli importava di essere stato o meno invitato, ma la Brown continuò a lungo a lamentarsi della stupidità e mancanza di educazione del professore.

Quando esaurii tutta la pazienza, mi alzai in piedi e tirai fuori la scusa che dovevo studiare, per tornare al castello e non sentire più la voce di quell'oca.

Uscita dai Tre Manici di Scopa, mi stupii di non venire travolta dal vento e dalla pioggia che pensavo stessero ancora imperversando, fissando con stupore un pallido sole autunnale tentare di emergere dalla coltre di nubi che ancora copriva il cielo.

Sorrisi di riflesso, felice per quel cambiamento meteorologico, prima di notare Ginny uscire da un negozietto con una busta tra le mani.

Dopo averla vista baciarsi ai Tre Manici di Scopa con Dean non mi ero più voltata a guardarla, a quanto pareva aveva abbandonato da tempo quel tavolino appartato per fare un giro per Hogsmade.

«Ginny!», la chiamai, alzando un braccio per farmi notare, anche se avrei potuto benissimo evitare, dato che la stradina era praticamente deserta.

«Hermione! Che ci fai qui?»

La raggiunsi, notando però come i suoi occhi erano leggermente arrossati.

Il sorriso che avevo in viso si spense all'istante, mentre capivo all'istante quale fosse il problema.

«Hai di nuovo litigato con Dean?»

Non mi lasciò nemmeno il tempo di finire la frase che alcune lacrime comparvero a rigarle il volto.

La abbracciai di riflesso, sperando di poter diminuire il suo dolore, mentre le accarezzavo i capelli e la schiena.

«Che è successo?»

«Era inutile continuare a mentirci, tra di noi era finito tutto da tempo, anche se ci ostinavamo a tornare insieme dopo ogni litigio», disse tra un singhiozzo e l'altro, mentre scioglieva l'abbraccio e mi prendeva a braccetto.

«Ma non ci voglio pensare! Dimmi, invece, come è andata ieri sera con Malfoy?»

Mi ritrovai per l'ennesima volta in quella giornata ad arrossire come non mai, mentre cercavo di non strozzarmi con la mia saliva.

«Tutto bene», dissi, rimanendo sul vago.

«Bene nel senso che te lo sei fatto?», domandò con gli occhi sgranati.

«Ma no!», esclamai, evitando di specificare quanto ci fossimo andati vicini.

«Fidati, Hermione, Malferrett è totalmente preso da te! Si vede benissimo dal modo in cui ti guarda!»

Scrollai le spalle, anche se avrei voluto credere totalmente a quelle parole, continuavo a sentire una vocina di avvertimento che mi diceva di non accelerare i tempi con Malfoy.

Decisi di cambiare argomento, per non rischiare di montarmi troppo la testa: «Anche tu sei stata invitata alla festa di Lumacorno?»

Ginny annuì con entusiasmo: «Sì, solo che a questo punto non so più con chi andarci...»

«Ah...»

Ecco, ero finita coll'iniziare il discorso sbagliato...

«Tu invece ci vieni con Malfoy, vero?»

Sì, era proprio il discorso sbagliato, accidenti!

«In effetti fino a un paio di ore fa non mi ricordavo nemmeno che ci fosse questa festa, quindi non ho invitato ancora nessuno», ammisi.

«Beh, hai ancora tempo di andare da Malfoy e...»

Proprio in quell'istante vedemmo in lontananza Blaise Zabini che camminava con un'andatura annoiata verso il castello e Ginny pensò bene di aumentare il passo per raggiungerlo.

Non capii del tutto le sue intenzioni fino a quando non gli fummo accanto e lei gli chiese se quella sera Malfoy avesse qualcosa da fare, che lui sapesse.

«No, perché? Vuoi continuare quello che ho interrotto questa mattina?», chiese Zabini, facendomi l'occhiolino, mentre Ginny iniziava a ridacchiare in maniera fin troppo maliziosa.

«Dopo poi mi racconti i dettagli!», disse rivolta a me, prima di tornare a parlare a Zabini: «Grazie per l'informazione, ci si vede!»

In quelli che mi parvero secoli percorremmo gli ultimi tratti che ci dividevano dal castello, Ginny con le orecchie ben aperte, pronta a captare ogni mia parola ed io costretta ad ammettere ogni singola cosa che era accaduta quella mattina nella stanza di Malfoy.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Invitations and masks ***


13. INVITATIONS AND MASKS




«Vai!», mi incitò Ginny, muovendo il mio braccio come se volesse lanciarmi dalla parte opposta della sala.

Era appena scoccata l'ora di pranzo e la Sala Grande era piena di ragazzi e ragazze che si stavano dirigendo verso i vari tavoli, tra urla e risate.

Malfoy era già seduto al suo posto e sembrava lontano anni luce da me, mentre muoveva in modo annoiato la forchetta nel piatto stracolmo di cibo davanti a sé.

Il nuovo piano di Ginny, delineato nei minimi dettagli in meno di due secondi, prevedeva che io mi facessi largo tra la calca di gente fino a raggiungere il tavolo di Serpeverde e che davanti a tutti i suoi compagni chiedessi a Malfoy se quella sera mi avrebbe accompagnato alla festa di Lumacorno.

Insomma, sembrava molto semplice a dirsi, ma io non volevo.

Avevo paura.

Sì, avevo una paura folle di vedere di nuovo il suo sguardo freddo ed indifferente su di me.

Sapevo per certo che di fronte ai suoi amici non ci avrebbe messo molto a tornare il solito stronzo per mantenere la sua "reputazione" immacolata e quindi stavo tentando in tutti i modi di resistere alle spinte poco gentili che Ginny mi stava riservando da più di cinque minuti.

Alla fine la mia cara amica mi prese sottobraccio e mi trascinò letteralmente per tutta la sala, fino a quando ci trovammo entrambe dietro alle figure di Malfoy, Nott e Zabini seduti al tavolo di Serpeverde.

Vidi tutti e tre voltarsi; Nott era infastidito, Zabini se la rideva come al solito sotto i baffi, mentre Draco sembrava piacevolmente sorpreso, ma allo stesso tempo guardingo.

Stavo per salutare, condannando il mio orgoglio a morte, quando tra me e Malfoy comparve la figura di McLaggen, vestito di tutto punto e con un mazzo di rose rosse in mano.

Sbarrai gli occhi nel vedere il ragazzo inginocchiarsi a terra e afferrare la mia mano, che precedentemente era stata stritolata da Ginny e che quindi aveva perso la sensibilità, e baciarne il dorso con delicatezza.

Sentivo centinaia di sguardi puntati su di me, mentre fissavo con una faccia da pesce lesso gli occhi azzurri di Mclaggen che sembravano brillare.

«Hermione, mi faresti l'onore di venire questa sera alla festa di Lumacorno come mia dama?»

Non me l'aspettavo, credevo che ormai tutta la scuola sapesse che c'era "qualcosa" di non ben definito tra me e Malfoy e che quindi i ragazzi mi sarebbero stati di conseguenza alla larga (e con ragazzi intendevo McLaggen), ma mi ero sbagliata.

Alzai lo sguardo, verso il viso di Malfoy, che vidi pietrificato in un'espressione di fastidio e disgusto talmente esagerata che probabilmente in un'altra occasione mi avrebbe fatto ridere, ma non in quel momento.

Non voleva che Mclaggen ci provasse con me, era... forse ... geloso?

«Io, emh, in realtà...»

Mentre pronunciavo quelle parole sconnesse e prive di un senso logico lanciai un'altra occhiata a Malfoy, sperando che accorresse in mio aiuto.

I nostri sguardi si incontrarono per quelli che mi sembrarono secondi infiniti e lessi sul suo viso due diverse emozioni contrastanti, se da una parte voleva essere indifferente, dall'altra sembrava non desiderare altro che alzarsi e prendere Mclaggen a calci per allontanarlo.

Possibile che fossi talmente egoista da sperare nella seconda opzione?

Sbarrai ulteriormente lo sguardo quando vidi Malfoy stringere con forza le mani a pugno e darmi le spalle, tornando a fissare il suo piatto ancora pieno.

Qualcosa dentro di me produsse un suono simile a quello di una bambola di porcellana che cade a terra e si rompe in mille schegge.

Avrei voluto superare Mclaggen e prendere quello stupido di un furetto per il colletto della divisa e...

Baciarlo per ore e ore...

No!

Picchiarlo! Sì, prenderlo a ceffoni davanti a tutta la scuola.

«Hermione?»

Abbassai gli occhi d'istinto, incontrando quelli azzurri di Mclaggen che per un istante sostituii con degli altri occhi, occhi che parevano un cielo in tempesta, grigi ma con poche pagliuzze che riprendevano il colore del cielo terso in estate...

Per quegli occhi avrei fatto qualsiasi cosa...

No!

Hermione, riprenditi!

Mi urlai mentalmente, prima di giungere ad una decisione, stupida, ma era comunque una decisione.

«Certo, Mclaggen», dissi con un filo di voce, notando diverse reazioni in tutta la sala alle mie parole.

Il ragazzo inginocchiato di fronte a me sorrise, baciandomi nuovamente la mano, Ginny alle mie spalle sbuffò qualcosa di incomprensibile, molte ragazze produssero urletti strani (forse erano contente che il loro caro "Dracuccio" fosse tornato "libero"), altre persone versi di sorpresa.

Ma tutta la mia attenzione era concentrata sulla figura di Malfoy che, per quanto avesse provato a rimanere rigida ed impassibile, alle mia parole sussultò, facendomi pentire all'istante del mio comportamento.

«Passo a prenderti alle sette e mezza. Allora a questa sera!»

Mclaggen si alzò in piedi e si sporse fino a lasciarmi un umido bacio sulla guancia, che mi fece sentire ancora peggio di quanto già mi sentissi, prima di lasciarmi tra le mani il mazzo di rose rosse e di scomparire allo stesso modo in cui era comparso.

Rimasi a fissare senza rendermene veramente conto lo spazio vuoto che divideva Malfoy e me per un lasso di tempo che non riuscii a quantificare, prima di sentire la mano di Ginny sulla schiena che mi sospinse lontano da quella tavolata fino a farmi sedere nel posto vicino ad Harry, che mi fissava come se non sapesse come comportarsi.

Trascorsi l'ora di pranzo in uno stato di trance, fissando a lungo il piatto prima di prendere in mano la forchetta e di torturare il cibo con una strana soddisfazione sadica.

"Ho accettato l'invito di Mclaggen, ho accettato l'invito, ho accettato..."

Non riuscivo a pensare ad altro, nella mia mente continuavano a susseguirsi quei brevi istanti in cui aveva visto Malfoy sussultare e gli occhi di Mclaggen luccicare come quelli di un bambino.

Ero stata una stupida, ma mi consolava il pensiero che era stato Malfoy a cominciare.

Perché non si era alzato in piedi affrontando Mclaggen?

Perché cavolo non mi aveva salvata da quella situazione?

La risposta era chiara, ma mi impedivo di crederci davvero; perché era impossibile che fosse tornato senza preavviso lo stronzo di sempre, la dimostrazione stava nel tremolio delle sue spalle quando avevo accettato.

Ma allora quale spiegazione poteva esserci dietro il suo comportamento?

Quando ormai il pranzo era finito e tutti si alzavano allontanandosi con gli amici dalla Sala Grande, mi feci trasportare anche io dalla calca di gente, fino a ritrovarmi in biblioteca, dove mi sedetti in uno dei tavoli più nascosti, spesso usato da alcune coppiette che passavano il tempo a sbaciucchiarsi senza rischiare di esser viste.

Mi presi il viso tra le mani, cercando di controllare la mia espressione sofferente, mentre respiravo profondamente.

Non avevo mai sopportato Mclaggen; troppo viscido, troppo malizioso...

Oddio! Sembrava stessi descrivendo Malfoy!

Draco era ciò che era (e viscido e malizioso potevano essere degli aggettivi adatti), eppure aveva quel "non so che", il quale mi portava a desiderare di conoscerlo meglio.

All'improvviso mi ricordai, anche se le parole sembravano provenire da molto lontano e tutto mi sembrava sfocato, una conversazione avuta con Malfoy:


 

«Cosa hai provato quando hai capito cosa stavano facendo Weasel e la Brown in quell'aula?»

«Mi sono sentita male, ma non perché lui sia stato con una ragazza, ma perché sia stato con lei! Lavanda non l'ho mai sopportata e vedere Ron tra le sue braccia, mi fa sentire male, perché mi rendo conto che se a lui piacciono le ragazze come lei, io non gli potrò mai piacere, capisci?»

«Certo, Granger. Provo anche io le stesse cose» mormorò piano.

«Ah, sì? E per chi?»

«Per la ragazza più bella del mondo, peccato che lei sia innamorata di una persona totalmente diversa da me», mi guardò dritto negli occhi e sentii le sue parole penetrarmi dentro.

«Sono certa che riuscirai a conquistarla».

«Tu dici?»

«Certo! Nessuna ragazza può resistere al tuo fascino da bello e dannato, Malfoy», gli dissi avvicinando il suo viso al mio, accarezzandogli la guancia.

«Nemmeno tu?», domandò baciandomi la punta del naso.

«No, nemmeno io».


 

Ricordare quel frammento di conversazione mi fece sussultare, mentre dentro di me mi chiedevo di chi stesse parlando Malfoy e se si fosse confessato con me perché pensava che non avrei ricordato nulla.

Rimasi minuti interi lì, ferma, a fissare in uno stato di pace apparente (dato che nel mio stomaco sembrava essersi formato un tornado) uno dei tanti scaffali stracolmi di libri della biblioteca.

Eppure era inutile girarci attorno, l'unica verità in tutta quella faccenda era che mi stavo affezionando.

Io. Mi. Stavo. Affezionando. A. Draco. Malfoy.

Mi morsi con forza l'interno guancia, poi passai al labbro inferiore, ricordando il modo in cui i denti di Malfoy me lo torturassero in modo delicato quando ci baciavamo.

Strinsi in un gesto involontario le dita, chiudendo le mani una dentro l'altra.

Non sapevo più cosa fare.

Sentii una mano posarsi sulla mia spalla e mi voltai titubante, incontrando i grandi occhi azzurri di Luna, che si sedette nel posto vicino a me, senza dire una parola.

Mi chiesi come facesse ogni volta a sapere dove trovarmi quando avevo bisogno di qualcuno accanto, una persona amica con cui sfogarmi e una spalla su cui piangere, mentre le sorridevo con gratitudine.

«Sai, Hermione, la tua testa è piena di Gorgosprizzi, non dovresti essere triste, se no alimenti la loro influenza sul tuo umore».

Non capii molto del suo discorso, ma allargai il mio sorriso: «Luna, non so cosa fare...»

Ammisi, appoggiando i gomiti al tavolo e sorreggendo il capo con le mani.

«Non devi abbatterti, vedrai che si risolverà tutto», disse, tirando fuori dalla borsa gli strani occhiali che ultimamente indossava per allontanare da sé alcuni esseri non ancora ben identificati.

«Ma come?»

«Intanto bisogna essere sinceri con se stessi, poi con gli altri e alla fine vedrai che ogni cosa si sistemerà per il meglio. Non devi guardare tutte le maschere che indossano le persone, devi riuscire a raggiungere la vera anima. Per farlo però devi perdere a tua volta le tue maschere. Non è sinonimo di sconfitta lasciare che i sentimenti prendano il sopravvento, solo devi filtrare quelli positivi da quelli negativi... sai, credo che la cosa migliore da fare ora sia alzarsi ed andare da Mclaggen per chiarire con lui e poi potrai andare da Malfoy a chiedergli scusa...»

Stavo per ribattere, facendole notare che era stato lui a non dire nulla quando Mclaggen mi aveva invitata, ma lei alzò subito una mano per zittirmi.

«Liberati delle tue maschere e lui farà lo stesso, metti da parte l'orgoglio Hermione, fallo per lui...»

Annuii, mentre ancora elaboravo le parole di Luna, che alzatasi stava per andarsene.

«Grazie», le dissi, facendola voltare ancora una volta e ricevendo un sorriso dolce come risposta.

Non aspettai molto prima di alzarmi e mettermi alla ricerca di Mclaggen.

Peccato che quel ragazzo sembrava essersi volatilizzato nel nulla.

Cercai nel parco, in sala comune, chiesi ad alcuni suoi amici e alla fine intravidi il suo metro e ottantacinque in una nicchia dei sotterranei.

Stavo per raggiungerlo, quando a metà strada mi bloccai, nascondendomi dietro ad una colonna, sentendolo parlare con qualcuno fin troppo familiare.

«Ti è chiaro il concetto, Mclaggen?»

«Senti, non capisco quale sia il tuo problema, se la tua "ragazza", come la chiami tu, non ti ha invitato alla festa di Lumacorno ed ha accettato il mio invito, non capisco perché tu te la debba prendere con me...»

Sentii il suono di qualcosa che veniva sbattuto al muro e, sporgendomi appena dalla colonna, vidi il metro e ottantacinque di Mclaggen spalmato contro la parete di pietra, mentre un furioso Draco Malfoy lo teneva per il colletto della divisa.

Se non fosse stato per la situazione avrei trovato il suo viso ancora più attraente del solito, teso in una posa rigida e minacciosa.

Avrei voluto correre da lui, liquidare Mclaggen e baciarlo come quella mattina, nel suo letto...

Oddio! Non ci potevo credere che solo quella mattina ero ad un passo dal fare sesso con lui, non dopo tutto quello che era successo.

Non riuscivo a capire il motivo per cui ci stessimo allontanando l'uno dall'altra e viceversa. Forse per un istinto di auto conservazione? Forse eravamo entrambi troppo terrorizzati da ciò che stava succedendo?
«Vedo che hai la testa dura Mclaggen. Lei è mia. È chiaro ora il concetto?»

Odiai e amai il suo tono di voce, la sofferenza che dovevo avergli causato col mio comportamento era ben visibile nel suo sguardo.

Quel suo modo di additarmi, definendomi "sua", mi portò a domandarmi se non fossi importante per lui quanto lui cominciava ad esserlo per me.

Poi mi ricordai della scommessa e di come, effettivamente, sarei stata un burattino tra le sue mani per un mese.

Per quanto mi piacesse definirmi uno spirito libero e non appartenere a nessuno, in quel caso non avevo voce in capitolo.

«E lei lo sa? No perché se fosse "tua" penso che non avrebbe accettato», provò a dire Mclaggen, ma venne subito interrotto da Draco: «Stiamo parlando di Hermione Granger; passa il suo tempo libero a provocarmi. È ovvio che abbia accettato il tuo invito!»

«Certo, come ho fatto a non pensarci prima!», il tono ironico di Mclaggen fece aggrottare le sopracciglia di Malfoy, prima che il Grifondoro continuasse: «Non crederai davvero che me la beva? L'hai insultata per anni ed ora ti aspetti che lei faccia di tutto per attirare la tua attenzione come una ragazzina innamorata?»

Malfoy lasciò subito la presa dal colletto della divisa di Mclaggen e distolse lo sguardo, posandolo sul pavimento in pietra e, successivamente, sulle pareti, fino a posarlo di nuovo sul Grifondoro.

«Mclaggen, te lo dirò un'ultima volta e spero che tu riesca a capirmi: non m'importa cosa passa per la tua testa bacata, l'unica cosa che so è che devi starle alla larga della Granger. Per rendere chiaro il concetto ti ripeto che se questa sera ti presenterai da lei e la accompagnerai alla festa di Lumacorno, sarò costretto a renderti la vita un'inferno. E tu lo sai che ho i mezzi per poter mettere senza troppi sforzi in pratica la mia minaccia. Ora, quello che io voglio che tu faccia è andare dalla Mezzosangue e dirle che alla festa ci andrai con qualcun'altra. Ora è chiaro il concetto?»

«Cristallino, ma la mia risposta rimane sempre no, perché sono convinto che Hermione preferisca me a te».

Sentii un suono che assomigliava pericolosamente ad un ringhio e a quel punto decisi di intervenire, certa che da soli avrebbero finito per uccidersi a vicenda.

Uscii dal mio nascondiglio dietro la colonna e cominciai a dirigermi verso i due, che nel frattempo si stavano rotolando a terra come degli animali, cercando di colpirsi a vicenda.

«Incarceramus!», urlai, e dalla mia bacchetta uscirono diverse corde, che si preoccuparono di circondare strettamente entrambi i ragazzi, dividendoli ed immobilizzandoli.

«Hermione!», esclamò stupito Mclaggen, mentre Malfoy sembrava indifferente mentre mi fissava.

«Che cosa state facendo?», chiesi, cercando di rimanere calma, ma in realtà avrei voluto prenderli a schiaffi tutti e due.

L'istinto manesco che mi aveva attribuito Malfoy in quel momento era più forte che mai.

«Hermione, Malfoy mi vuole costringere a non venire con te alla festa di Lumacorno, ma...», il Serpeverde però lo interruppe: «Mezzosangue».

Quel suo tono di voce roco mi ricordava quello che aveva usato questa mattina, mentre ci baciavamo in camera sua.

No, no!

Non dovevo pensare a quello, dovevo rimanere concentrata, arrabbiata e concentrata!

«Cosa?», chiesi con il tono più pungente che riuscii a fingere.

«Possiamo parlare?» la sua domanda mi lasciò basita.

«Noi stiamo parlando!», dissi in tono ovvio, guardandolo.

«Da soli», lanciò uno sguardo eloquente a Mclaggen che, ancora legato a terra, spostava lo sguardo da me a Malfoy sconvolto.

«Perché?»

«Forse non vuoi che alcune delle cose che ti voglio dire le senta questo babbuino, fidati», gli occhi con cui accompagnò quelle parole mi fecero deconcentrare: erano troppo chiari con quella luce, troppo  limpidi, troppo imploranti...

Imploranti?

No, come mi era potuto venire in mente quell'aggettivo?

Sbuffai, lanciando una veloce occhiata ad entrambi, prima di slegarli e di fare un cenno a Malfoy per invitarlo a fare strada, ovunque volesse andare a parlare da soli.

Lo vidi ghignare compiaciuto e mi chiesi se valesse la pena di spaccargli il naso con un gancio destro ben assestato, ma poi desistetti e lo seguii verso un corridoio, che sapevo portare alle sala comune dei Serpeverde.

Mclaggen ci guardò stupito per qualche istante, prima di chiamarci: «Hey!»

Ci voltammo entrambi e, senza che me ne accorgessi pienamente, sentii la mano di Malfoy passare a circondarmi la vita, facendomi subito sentire al sicuro.

«Ti consiglio di non contare troppo sulla serata che avevi immaginato di passare con la Granger, Mclaggen, anche perché io e lei è da questa mattina che abbiamo un conto in sospeso. Vero, Mezzosangue?»

Mi sentii arrossire come non mai a quelle parole, mentre mi liberavo dalla sua stretta e gli lanciavo uno sguardo colmo d'odio, ma lui non reagì come mi sarei potuta aspettare.

Lo vidi avvicinarsi di nuovo, fino a sfiorare la sua guancia con la mia e sussurrarmi all'orecchio: «È inutile che mi guardi in quel modo, mi stai solo eccitando».

Un brivido lungo e terribilmente caldo mi precorse la schiena mentre elaboravo cosa implicavano quelle parole, e sentivo le sue labbra mordermi il lobo dell'orecchio.

«Quindi è vero che state insieme?»

Mi voltai verso Mclaggen, mentre Malfoy mi prendeva di nuovo per la vita: «Sei sordo per caso? Mi sembra di avertelo detto chiaramente meni di cinque minuti fa!»

Gli occhi azzurri di Mclaggen, alle parole del Serpeverde, si posarono su di me in una muta domande e io avrei tanto voluto dire che non era vero - per ripicca contro quello stupido Furetto - ma la presa di Malfoy sul mio fianco si fece più forte - suggerendomi di non mentire - e fui costretta ad annuire.

«Quindi, questa sera noi non... insomma, tu e lui... perché non me l'hai detto subito?»

«Mi dispiace», sussurrai, anche se in realtà l'unica cosa che mi dispiaceva era di non aver provocato a Malfoy quella reazione da ragazzo geloso durante l'ora di pranzo.

«Anche a me».

Con quella frase Mclaggen se ne andò, lasciandoci soli e sentii subito la mano di Malfoy spostarsi più in alto rispetto al mio fianco, fino a stringere con forza tra le dita una manciata dei miei ricci.

Mi fece male, ma le mie proteste vennero zittite sul nascere dalle sue labbra sulle mie.

Più che un bacio quella mi parve una lotta per stabilire chi fosse il più forte, inutile quindi dire che vinse lui, perché per quanto avessi provato a rimanere arrabbiata, dopo neanche un minuto gli perdonai ogni cosa.

Lo sentii sbattermi poco delicatamente al muro e la sua impazienza mi fece sorridere contro le sue labbra, mentre gli passavo la mano tra i capelli e lo sentivo calmarsi lentamente.

Quando smettemmo di baciarci e rimanemmo fronte contro fronte a fissarci, capii che era il momento giusto per scusarmi.

Era da quando l'avevo visto discutere con Mcalaggen che continuavo a ripetermi nella mente le parole di Luna: «Liberati delle tue maschere e lui farà lo stesso, metti da parte l'orgoglio Hermione, fallo per lui...».
Aprii la bocca per scusarmi, ma lui vi appoggiò sopra un dito, zittendomi.

«Non dire nulla, sono stato stupido, mi dispiace... avrei dovuto prendere a pugni Mclaggen a pranzo, capisco il motivo per cui gli hai detto di sì e l'importante è che ora si sia risolto tutto».

Il suo ghigno malizioso mi fece ridere e gli diedi un breve bacio sulle labbra, prima di scostarmi: «Questa sera quindi verrai alla festa di Lumacorno con me?»

«Non potrei mai lasciare una così bella dama senza cavaliere», rispose, facendomi l'occhiolino.

E in quel momento capii che tutte le maschere che avevo indossato nella mia vita e le barriere che avevo costruito intorno al mio cuore per proteggermi dall'amore erano state distrutte da uno stupido Furetto ossigenato.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Before party ***


14. BEFORE PARTY





Quando tornai nella sala comune di Grifondoro e mi sedetti sul divano davanti al fuoco, occupando il posto vicino a Ginny, mi sentivo quasi fluttuare nell'aria dalla serenità che provavo.

Ero stata più di venti minuti da sola con Malfoy in quel corridoio dei sotterranei, dove ci eravamo baciati e avevamo chiacchierato a lungo.

Sentivo ancora il cuore battere all'impazzata, le gambe molli e le labbra gonfie.

Fissavo senza davvero vederlo il fuoco acceso nel camino davanti a me, mentre ricordavo ogni singolo istante.


 

«Bella dama? Ho sentito bene?», gli avevo chiesto ridacchiando, giocando ancora con i suoi capelli chiari e lisci, così diversi dai miei.

Sorrise, accarezzandomi il volto: «Era un modo di dire...»

Lo fulminai con lo sguardo, tirandogli un pugno nemmeno troppo forte al braccio.

«Mi vuoi uccidere?», chiese, coprendosi la parte lesa.

Cercai di trattenermi, ma alla fine gli feci la linguaccia, comportandomi proprio da ragazza matura e responsabile quale ero...

Lo sentii ridere forte, prima di allungare una mano per farmi il solletico sulla pancia.

Provai ad allontanarlo, mentre lo pregavo di smetterla, ma ogni mia parola o gesto furono inutili e mi ritrovai a contorcermi come un'anguilla tra le sue mani nel tentativo di sfuggirgli.

Quando riuscii a liberarmi incominciai a correre, imboccando dei corridoi a caso e sentendo chiaramente i suoi passi dietro di me.

Ridevo come una bambina, nemmeno mi ricordavo un momento altrettanto spensierato, mentre provavo a nascondermi in una nicchia e aspettavo che si avvicinasse per spaventarlo.

Avevo il cuore a mille, il fiato corto e le guance in fiamme, quando uscii dal mio covo e gli saltai addosso, rischiando di far cadere entrambi a terra.

Studiai a lungo il suo aspetto, i suoi capelli spettinati, le sue gote leggermente più rosate del solito, gli occhi che parevano luccicare nella penombra di quei corridoi, le sue labbra dischiuse mentre riprendeva fiato.

Merlino, poteva esistere un ragazzo più bello?

«Presa», mormorò, stringendo le mani intorno ai miei fianchi.

Scossi la testa: «Sono io che ho preso te».

Mi baciò la punta del naso e poi le labbra, piano, con una lentezza quasi esasperante, mentre sentivo le sue dita percorrere la mia schiena.

Avrei tanto voluto vivere in quell'istante per l'eternità.

Smisi di pensare, smisi di chiedermi che cosa ci fosse realmente tra di noi, se fossimo davvero una coppia, se mi stesse solo prendendo in giro o se lo faceva solo per aggiungere il mio nome alla lunga lista di ragazze che gli erano cadute ai piedi, innamorandosi di lui.

Ogni singolo istante scomparso, fino a quando...

«Dray!»

Era stata una voce femminile ad emettere quell'urlo scandalizzato e Malfoy ed io ci separammo subito, voltandoci entrambi alla nostra destra, dove una sconvolta Pansy Parkinson ci stava fissando con gli occhi fuori dalle orbite.

«Cosa vuoi?», disse con tono scocciato Draco, riservandole uno dei suoi sguardi impassibili.

«Non ci posso credere! Ma allora tu stai davvero con la Mezzosangue Granger!»

«Non vedo come la cosa possa interessarti», rispose Malfoy, stringendo la presa sui miei fianchi.

«Come puoi dire una cosa simile Dray? Lo sai perfettamente che io ci tengo a te e che non vorrei mai che questa storia potesse giungere alle orecchie sbagliate...»

Lo scatto di Malfoy mi fece sussultare, mentre mi lasciava andare e si avvicinava con fare minaccioso alla Parkinson, che sembrava fissarlo con uno sguardo di sfida.

«Penso che tu, allo stesso modo, non voglia che io distrugga quello stupido pezzo di carta che ci lega».

Non capii subito quelle parole, elaborandole nella mia mente a lungo, mentre i due Serpeverde sembravano combattere una guerra di sguardi, ma quando ne compresi il senso, sbiancai.

Ricordai un pettegolezzo che mi aveva raccontato Ginny all'inizio dell'anno, prima che la storia della scommessa avesse inizio: «Ho sentito dire da Calì, che il padre di Malfoy e quello della Parkinson hanno deciso che alla fine della scuola, quindi tra due estati i loro cari figli si sposeranno! Io fossi stata nei panni di uno dei due mi sarei opposta in ogni modo! Calì però mi ha detto che Malfoy sta continuando a passare le serate con streghe diverse dalla sua fidanzatina, quindi è possibile che sciolga il contratto prima o poi anche perché, insomma, la Parkinson è proprio insopportabile!»

Quindi quei due erano...

«So qual è il mio posto, Dray, cosa che non si può dire certo dei Mezzosangue!»

La Serpeverde mi lanciò uno sguardo che la diceva lunga su quello che pensava di me e mi sentii all'istante una bambina di due anni minacciata dalla strega cattiva.

«Vattene, Pansy», disse con tono burbero Malfoy.

Il suono dei tacchi della ragazza si andò attenuando mano a mano che si allontanava, mentre io mi rendevo conto di essere gelosa di quella stupida arpia e della sua possibilità di...

«Granger?»

Alzai lo sguardo verso Malfoy, che era tornato vicino a me e, anche se avrei voluto scaraventargli addosso tutta la sofferenza che provavo in quel momento, mi trattenni, riuscendo anche a sorridergli.

«Ora non dovrebbe più darci fastidio», mormorò, prendendomi il viso tra le mani e baciandomi la fronte.

«Di che pezzo di carta stavi parlando, Malfoy?»

Lo vidi sussultare alle mie parole e, anche se sapevo perfettamente la risposta alla mia domanda, volevo vedere se lui sarebbe stato sincero o meno.

«Nulla d'importante», disse e nel suo viso scorsi qualcosa che non mi aspettavo di trovare: paura.

La domanda ora era: che cosa temeva? Che io lo venissi a scoprire? Che io lo sapessi già? Cosa?

L'aria tra di noi era diventata troppo tesa e non riuscivo più a sopportarlo, così alla fine decisi di scacciare tutte quelle domande e i problemi per quando sarei stata da sola in camera mia quella sera.

Gli sorrisi: «Non avrei mai pensato che l'impassibile e crudele Draco Malfoy si facesse chiamare Dray».

Lo vidi fare una smorfia, mentre io ridevo di gusto.

«Ti stai divertendo?»

Io annuii, prima di fingere di tornare seria: «Dimmi la verità, preferisci Dracuccio, vero?»

«Vuoi la guerra?», mi chiese con aria minacciosa e io sorrisi maliziosa: «Non so se ti conviene», dissi: «In fondo l'ultima volta che ho agito seguendo i miei istinti maneschi ti ho quasi rotto il naso...»

Lui mi studiò con un sopracciglio alzato, quasi volesse farmi capire che non mi vedeva come una grande minaccia.

«Paura, Malfoy?»

«Ora mi rubi anche le battute?», chiese, posando la mano sul mio sedere e aumentando appena la presa.

«Sai una bambina cattiva», quel mormorio all'orecchio fu accompagnato da una sculacciata sul mio gluteo destro che non mi aspettavo.

«Ahi!», esclamai, allontanandomi e guardandolo con un misto di sorpresa e fastidio.

Lo sentii ridere e mi persi a contemplare il suo viso rilassato.

Per l'ennesima volta mi chiesi se potesse davvero essere tanto bravo a mentire. Era possibile che ogni parola detta fosse stata una bugia? Sembra così spensierato, così felice, così sincero.

«Dimmi la verità», mormorò avvicinandosi: «Ti piace il sesso violento?»

A quelle parole sbiancai all'istante, prima di arrossire fino alla punta dei capelli.

E chi si sarebbe mai aspettato una tale schiettezza?

«C-cosa?!»

Lo vidi ridere ancora di più e tentai di colpirlo, sentendomi presa in giro da quel Furetto.

«La tua faccia, ahaha, è stupenda! Ahahah!», si lasciò cadere a terra, sedendosi a gambe larghe.

Quel Malfoy così spensierato era così sconvolgente che mi ritrovai a ridere con lui, seduta tra le sue gambe e mi chiesi quanto sarei riuscita a resistere a quel suo lato così spontaneo senza innamorarmi.

«Non hai risposto però», disse, affondano il viso nel cespuglio composto dai miei capelli.

Lo sentii inspirare a fondo, mentre io arrossivo nuovamente.

«Ti risponderei, ma non lo so. Insomma, io non ho mai...»

Ci guardammo negli occhi e lessi la sorpresa nei suoi occhi: «Mai, Granger?»

«Mai», ammisi e vidi una scintilla nei suoi occhi che classificai come genuino stupore.

«È un problema?», chiesi, fissando imbarazzata il pavimento.

«Che cosa? No».

Arrossii di nuovo, mentre mi alzavo e gli porgevo una mano per aiutarlo e lui strinse le mie dita alle sue per tornare in piedi, di fronte a me.

«Pensavo che...», iniziò a dire, ma si bloccò subito, scuotendo forte la testa: «Lascia perdere».

Avrei voluto insistere, curiosa come non mai di sapere cosa stava per dire, ma lui sembrava irremovibile.

«Come ti vesti questa sera?», chiese, cambiando totalmente discorso.

«È una sorpresa!», dissi, facendogli l'occhiolino.

«Posso almeno sapere il colore dell'abito?», chiese, mentre camminavamo senza meta per i corridoi.

«Forse...»

«Come "forse"?», domandò con tono scherzoso, pizzicandomi il fianco con le dita.

«Ahi!», dissi, tirandogli una manata poco femminile sul braccio più vicino.

Lo vidi fare una smorfia: «Tu proprio non sai contenere il tuo istinto manesco e la tua forza...»

Gli feci la linguaccia, prima di sentire la campana della scuola rintoccare.

Erano le cinque...

Le cinque?!

«Oh, cavoli! Devo andare, se no i miei amici mi daranno per dispersa!», esclamai, lanciandogli però uno sguardo dispiaciuto.

Avrei voluto rimanere ancora con lui a scherzare, giocare come dei bambini e baciarci.

«Certo, ti aspetto fuori dalla torre dei Grifondoro alle sette e mezza, va bene?»

Annuii: «Perfetto, a dopo!»

Stavo per svoltare l'angolo e perderlo di vista quando mi ricordai della sua domanda senza risposta, così mi voltai e gli urlai: «Verde muschio!»

Lo vidi aggrottare le sopracciglia, prima di sorridere e farmi un cenno con la mano per salutarmi.



 

Ed ora ero lì, seduta davanti al camino della sala comune dei Grifondoro a sorridere come una cretina al nulla, pensando a tutto quello che era successo, ma evitando accuratamente la parentesi Pansy Parkinson che preferivo affrontare in un altro momento.

«Hermione?»

Mi voltai verso Ginny, dedicandole uno dei miei sorrisi migliori, mentre lanciavo uno sguardo al libro che stava leggendo: «Storia della Magia? Ti serve una mano?»

Ginny alla mia domanda sbarrò ulteriormente gli occhi, fissandomi come se fossi stata un'aliena indesiderata.

«Herm, ma cos'è successo? Fino a qualche ora fa eri uno zombie vivente!»

Sorrisi alle parole della mia amica, cominciando a raccontarle per filo e per segno cosa era successo dopo pranzo: dell'incontro con Luna in biblioteca, dei suoi consigli, di Malfoy e Mclaggen che litigavano, dei momenti passati con Draco, dell'arrivo della Parkinson, fino ad arrivare al saluto tra me e Malfoy.

«Wow, e tutto questo è accaduto in un solo pomeriggio?»

Risi alle sue parole, chiedendole cosa avesse fatto lei.

Le vidi fare una smorfia, prima di iniziare a raccontare: «Beh, io questo pomeriggio ho litigato con Ron a causa di quell'oca della Brown, poi ho "per sbaglio" trasfigurato una piuma in uno scarafaggio che ho "casualmente" fatto scivolare nella sua borsa, ho chiesto a Paciock di venire con me alla festa di Lumacorno, ma lui mi ha dato buca perché preferisce passare la serata con il suo stupido rospo, ho ripiegato su Finnigan, ma lui ha organizzato una sfida a scacchi con il mio caro fratellino per questa sera, quindi anche lui mi ha detto di no. Alla fine ho deciso di venire da sola».

Analizzai le parole di Ginny, trattenendo le risate che mi erano sorte spontanee quando aveva raccontato dello scherzo alla Brown e del programma di Neville per quella sera.

«Beh, devo dire che anche tu non sei rimasta a girarti i pollici», le feci notare, facendole l'occhiolino.
La sua risata cristallina incrementò la mia felicità, prima che si bloccasse di colpo, afferrandomi il gomito e stringendo le dita senza farmi troppo male.

«Ti rendi conto che sono le cinque e mezza?! Abbiamo solo due ore per farti diventare irresistibile!»

Arrossii, ripensando all'ultima volta, quando aveva provato a trasformarmi in una escort.

«Non ce n'è bisogno...»

«Lo so che non ce n'è bisogno, dato che Malfoy ti sbaverebbe dietro comunque, ma io mi diverto troppo a torturarti!»

Mi chiesi come avesse fatto il Cappello parlante a smistarla a Grifondoro, quando spesso avrebbe potuto competere in fatto di crudeltà ed inganni con i Serpeverde, poi alcune delle sue parole mi fecero sussultare: «Malfoy non mi sbava affatto dietro!»

La vidi sollevare teatralmente un sopracciglio e lanciarmi uno sguardo che sembrava volermi trasmettere tutta la sua perplessità, tanto che sopra la sua testa potevo leggere ad intermittenza e a caratteri cubitali sei semplici parole: "MI STAI PIGLIANDO PER IL CULO?"

Sbuffai, lanciando un'occhiata al fuoco che scoppiettava davanti a noi, prima di alzarmi in piedi: «Prima inizia la tortura prima finisce, no?», le dissi, facendole intendere che ero disposta a farmi trattare come una bambola priva di volontà per le successive due ore.

Al suo urletto pieno di felicità molte teste si voltarono a fissarci e tra di esse c'era anche quella di un confuso Harry Potter, che ci lanciò un sorriso di quelli sinceri e privi di ombre che lo caratterizzavano.

Mentre salivamo le scale mi scrissi un immaginario promemoria in testa: "Trovare un modo per avvicinare Harry e Ginny alla festa di quella sera".



 

***



Alle sette e quindici ero pronta.

Ginny era rimasta minuti interi a sistemarmi trucco, capelli e abbinamenti di gioielli che io non avevo minimamente seguito, certa che non ci avrei capito nulla in qualsiasi caso.

«Siamo bellissime!», disse, lisciandosi ulteriormente all'altezza dei fianchi il tubino color pesca che aveva deciso di indossare, mentre mi lanciava uno sguardo orgoglioso.

Io ero ancora piacevolmente sorpresa dal lavoro di Ginny su di me, di come mi aveva sistemato i capelli in un semplice chignon e mi avesse truccato sfumando degli ombretti sugli occhi, un po' di mascara, un rossetto color nude opaco e una Crema-Copri-Imperfezioni sul viso.

«Andiamo?»

Io annuii distrattamente, mentre sfioravo con le mani il mio vestito color verde muschio, che si stringeva in vita per poi allargarsi maggiormente sui fianchi, soppesando le mie gambe scoperte dal ginocchio in giù e le scarpe nere col tacco non troppo alto.

Scendemmo le scale lentamente, mentre lei continuava a chiedermi spiegazioni su quello che era successo quella mattina con Malfoy, mentre io mandavo mentalmente una maledizione a Zabini che quella mattina non era stato in grado di stare zitto.

Appena scendemmo le scale incontrammo Harry che, solitario, si stava sistemando la giacca del suo abito elegante.

Sorrisi e incominciai con il mio piano "Far-mettere-insieme-Ginny-ed-Harry", incitando i miei due amici ad andare insieme, dato che erano entrambi senza partner.

Rimasi ad osservare le loro espressioni imbarazzate ma piene di dolcezza e, quando alla fine la mia migliore amica prese il braccio che il mio migliore amico le stava porgendo capii che non ci sarebbe voluto molto prima che i due capissero che i loro sentimenti nei confronti dell'altro erano ricambiati.

Usciti dalla Torre di Grifondoro, li salutai, dicendo loro che li avrei raggiunti poi col mio cavaliere.

Allo sguardo adombrato e teso di Harry risposi con un sorriso, per rassicurarlo che non c'era nulla di cui preoccuparsi, ma in fondo potevo capire benissimo il suo odio per Malfoy, dato che fino a poche settimane prima era lo stesso che sentivo anche io.

Quando rimasi finalmente sola mi resi conto che non c'era nessuno in giro e capii che dovevano essere tutti già in Sala Grande a mangiare.

Ignorai il mio stomaco che per pochi secondi sentii brontolare rumorosamente, sperando che non mi facesse fare brutte figure davanti al mio cavaliere.

Avevo appena finito di formulare quel pensiero, quando vidi spuntare la figura alta di Malfoy, vestito con un abito elegante molto simile a quello di Harry, ma con un taglio maggiormente raffinato. Mi chiesi quanto dovesse essergli costato un abito del genere, prima di perdermi a pensare a quanto avrei voluto passare la serata sola con lui, a ridere e a baciarci come quel pomeriggio, invece che andare alla festa di Lumacorno.

Appena mi raggiunse, Malfoy, mi prese con dolcezza la mano, lanciandomi uno dei suoi soliti ghigni, mentre vi depositava un bacio impalpabile.

Lo vidi aprire bocca per dire qualcosa, ma alla fine la richiuse, prima di avvicinarsi e di sussurrarmi direttamente all'orecchio, dove il suo respiro mi faceva il solletico: «Sei bellissima, questa sera temo che dovrò schiantare parecchie persone per evitare che facciano maliziosi pensieri su di te...»

«Ti toccherà auto-schiantarti allora...», mormorai, permettendogli di passare le braccia intorno alla mia vita.

«Perché dovrei? Sei la mia dama, quindi ho il diritto di fantasticare su di te...»

Ridacchiai, incerta su come comportai, mentre mi impegnavo a nascondergli lo sguardo colmo di sincero affetto - se non addirittura amore - che sapevo avere stampato in volto.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Private party in the bathroom ***


15. PRIVATE PARTY IN THE BATHROOM





Il tragitto verso la saletta che Lumacorno aveva fatto addobbare a festa durò meno di quanto sperassi e, quando mi ritrovai davanti alla porta, mi resi conto che non avevo la più pallida idea di come mi sarei dovuta comportare.

Lanciai uno sguardo veloce a Malfoy, notando che anche lui mi stava guardando con un'espressione concentrata: «Pronta?»

La sua domanda rimbalzò contro le pareti spezzando il silenzio e facendomi annuire appena.

Mosse una mano verso la maniglia, ma dopo averla stretta la lasciò andare di scatto e si voltò verso di me.

L'istante dopo sentii le sue mani intorno al viso e le sue labbra dolci contro le mie.

Il bacio che ci scambiammo non durò molto e servì come rassicurazione e fonte di coraggio per entrambi.

Ci stavamo ancora sorridendo come degli ebeti quando Malfoy abbassò la maniglia della porta e mi fece cavallerescamente entrare per prima.

All'interno la sala era addobbata interamente da vari striscioni colorati, palloncini un po' ovunque e su un lato c'era un enorme tavolo da buffet, mentre ragazzi e ragazze giravano a braccetto o per mano lungo la stanza.

Individuai subito Ginny con un calice pregiato in mano che chiacchierava animatamente con Harry, il quale rideva con lei per qualcosa che si erano detti.

Sentii il cuore riempirmisi di dolcezza mentre mi dirigevo verso di loro col braccio di Malfoy ancora intorno alla vita.

Appena li raggiunsi Ginny mi guardò con occhi maliziosi, mentre il mio amico mi dedicò un dolce sorriso che si raffreddò appena incontrò lo sguardo impassibile (il sorrisino ebete era scomparso) del mio cavaliere.

«Hermione, mi accompagni in bagno un attimo?», chiese Ginny, senza darmi il tempo di elaborare una risposta e afferrandomi il braccio, liberandomi dalla stretta di Malfoy.

Due istanti dopo eravamo già lontane dai due ragazzi e all'improvviso mi chiesi se fosse stata una buona idea lasciarli soli.

"Merlino, fai che non si schiantino a vicenda!", implorai il cielo, mentre la mia amica mi trascinava come un tornado in un piccolo bagno interamente bianco e celeste.

«Cosa ti è saltato in mente, eh? Prima non ho potuto dire niente davanti ad Harry, ma voglio proprio sapere come mai hai avuto la brillante idea di dire che saremo potuti venire qui insieme!»

Capii subito a cosa si riferisse e mi feci interamente rossa in volto, chiedendomi se fosse tanto arrabbiata per la mia trovata o se sotto sotto fosse contenta.

«Scusami, non pensavo che ti avrebbe dato fastidio, anzi, speravo di farti un piacere, dato che eri senza cavaliere... ho pensato che Harry sarebbe stato perfetto».

La vidi alzare gli occhi al cielo, infastidita ed esasperata, poi mi ritrovai un suo dito premuto contro il petto: «Dì la verità, l'hai fatto apposta?»

Non sapevo che fosse umanamente possibile, ma riuscii comunque a diventare ancora più rossa in viso.

«Ok, la tua faccia basta e avanza come risposta...», disse con tono acido: «Hai deciso di diventare il Cupido della serata?»

Sorrisi alle sue parole, anche se mi sentivo ancora in imbarazzo: «Si vede lontano un miglio che vi piacete, Ginny».

Una smorfia di disappunto comparve sul suo volto: «Davvero?»

«Gli unici che non se ne accorgono ancora siete voi due, e forse Ronald».

Sul viso della mia amica comparve un' espressione rilassata e rassegnata: «Quando mai mio fratello si accorge di quello che lo circonda? Probabilmente se gli chiedessi le novità degli ultimi giorni non saprebbe dirmi altro che Quidditch, scacchi e Lavanda Brown. Nel suo cervello ci sono troppo pochi neuroni per permettergli di ragionare e...»

«Non starai un po' esagerando?», le chiesi, anche se in parte sapevo che Ginny non aveva poi tutti i torti.

«... e capire. Se provassi a chiederglielo sono sicura che mi risponderebbe che tu e Malfoy non state davvero insieme, ma che stai facendo tutto questo per ripicca al fatto che lui si è messo con la Brown».

Storsi il naso alle parole di Ginny, rendendomi conto che aveva usato quell'esempio apposta per assicurarsi la mia totale attenzione e disapprovazione.

«Allo stesso modo», dissi, cercando di concentrare nuovamente le attenzioni su di lei, spostando i riflettori da sopra la mia testa: «Credo che non abbia ancora capito che tu ed Harry siete cotti l'uno dell'altra...»

La sua espressione corrucciata mi fece sorridere trionfale.

«Stare troppo attaccata a quella bionda serpe ti sta facendo diventare più subdola e viscida Herm».

Quelle parole mi colpirono all'altezza del petto come una pugnalata, una pugnalata particolarmente dolorosa.

Stavo diventando viscida?

Sentii una mano di Ginny appoggiarsi sulla mia spalla: «Hermione, guarda che sto scherzando».

Tirai mentalmente un sospiro di sollievo, anche se il dubbio ormai si era annidato dentro di me.

In quell'istante mi resi conto che non volevo affatto cambiare.

«Ginny?», sussurrai, ottenendo subito la sua attenzione: «Se dovessi cambiare sul serio in peggio me lo diresti, vero?»

La mia amica sorrise all'istante: «Certo che sì. Ora torniamo di là, se no rischiamo di raccogliere solo più la polvere di quei due».

Risi alle sue parole, anche se una parte di me era raggelata al pensiero del mio migliore amico e del ragazzo che avevo appena cominciato a conoscere davvero, in polvere.


Quando vidi Harry e Draco interi che si lanciavano ogni tanto occhiate ostili tirai un sospiro di sollievo e sorrisi calorosamente ad entrambi.


Malfoy mi passo in modo possessivo il braccio intorno alla vita, quasi volesse lanciare un segnale a tutti i ragazzi presenti in sala. Potevo quasi vedere sopra di noi un cartello scritto a caratteri cubitali ad intermittenza che diceva: "IMPEGNATA, NON TOCCARE, RISCHIO DI MORTE IMMEDIATA".

Riuscii appena a salutare i miei amici, prima di venir trascinata da Malfoy verso un piccolo terrazzo, dove decise di nascondere entrambi dietro ad un'enorme tenda color magenta.

Mi chiesi distrattamente cosa voleva dirmi di così urgente e segreto da non poterlo fare davanti agli altri, ma i miei pensieri vennero violentemente interrotti quando sentii le sue braccia avvolgermi in modo protettivo e le sue labbra posarsi con delicata possessività contro le mie.

Da confusa quel ero lo divenni ancora di più, ma decisi di godermi il momento senza farmi troppe domande.

Ci baciammo piano, come se avessimo avuto a disposizione tutto il tempo del mondo; giocammo ognuno con la lingua dell'altro senza darci tregua nemmeno un istante, infatti avevamo entrambi il fiato corto, ma questo non sembrava ostacolare molto quel nostro momento di tenerezza.

Mi tornò in mente quella mattina e mi chiesi come fosse possibile che in una giornata fossero accadute così tante cose, poi, un pensiero scomodo invase la mia mente.

"È da un po' che non sfrutta la scommessa per farmi fare qualcosa di totalmente stupito e malvagio: cosa sta aspettando?"

Lo scomodo ragionamento durò un istante appena, troppo poco per potercisi concentrare concretamente, anche perché con le sue mani che continuavano a disegnare cerchi immaginare sui miei fianchi e la sua lingua che giocava con la mia riuscire a mettere in fila un pensiero dopo l'altro diventava un'impresa che non avevo il desiderio di compiere.

Avremmo potuto essere scoperti in qualsiasi momento da chiunque, anche dal Professor Lumacorno, ma non m'importava.

Strinsi più forte le mie dita tra i suoi capelli biondi, tirando maggiormente e lo sentii gemere appena contro le mie labbra.

L'istante dopo mi sentii percorrere il corpo da un brivido bollente e da una frenesia che non pensavo di possedere.

Avrei volto essere come quella mattina in camera sua ed indossare uno di quei completini indecenti, che negli anni Ginny aveva pensato bene di regalarmi.

Solo lui ed io.

«Draco, siamo... noi non dobbiamo... mmh...»

Il mio brillante discorso venne zittito all'istante da una sua mano che coraggiosamente aveva percorso la mia vita fino a raggiungere il mio seno sinistro, stringendolo tra le dita.

Il piacere mi aveva trafitto per un istante, facendomi capire chiaramente quanto lo desiderassi.

Se solo fossimo stati soli...

«Hermione!»

La voce di Luna mi fece sussultare e spingere goffamente indietro Malfoy, mentre spostavo il mi sguardo sulla Corvonero.

Mai, mai, mai avevo sentito un tale imbarazzo da volermi sotterrare viva.

«Luna, sono contenta di vederti, non sapevo che Lumacorno avesse invitato anche te...»

La mia voce era stridula, roca e per niente calma.

Vidi spuntare un sorrisetto sul viso di Malfoy e mi ripromisi di cancellarglielo appena ne avessi avuto l'occasione.

«Beh, mi ha invitato solo oggi, a quanto pare è un grande appassionato della rivista di mio padre...» la sua espressione assente da bambina si spostò su Malfoy e sorrise: «Vedo che hai seguito il mio consiglio Hermione, sono contenta che tu abbia risolto... mi scuso per l'interruzione. Vi auguro una piacevole serata, ragazzi».

L'istante dopo lei e il suo abitino color verde menta erano già scomparsi, mentre il sorrisino malizioso continuava ad aleggiare sulle labbra di Malfoy.

Mi chiesi come avrei potuto demolire tutta quella sua sfacciataggine e un pensiero improvviso mi fece mordere il labbro inferiore, mentre dentro di me esultavo.

Ora che avevo un piano dovevo solo metterlo in pratica.

Lo presi per mano e lo trascinai fino al bagno degli uomini (vuoto), evitando accuratamente quello delle donne (pieno di ragazze intente a sistemarsi il trucco).

Chiusi con un incantesimo abbastanza potente la porta dietro di me e sorrisi, notando come la  confusione sul volto del biondino avesse sostituito tutta la sua sicurezza.

Ora dovevo solo prende il "coraggio" in mano.

Risi mentalmente della mia battuta oscena, mentre afferravo con forza il volto di Malfoy e lo baciavo con passione crescente.

Il giochino che stavo mettendo in pratica era come ogni volta un'idea brillante di Ginny che, quando le avevo chiesto se lo avesse mai messo in pratica, mi aveva detto che lo aveva semplicemente letto in un libro, a quel punto io avevo preferito non indagare, anche se, come ogni volta, mi chiedevo se fosse normale il fatto che lei sapesse tutte queste tecniche di seduzione essendo più giovane di me.

Tornai bruscamente alla realtà, ordinandomi di non distrarmi ulteriormente, mentre passavo le mani lungo il torace e poi gli addominali del Serpeverde, raggiungendo con una lentezza che mi parve abbastanza maliziosa il cavallo dei suoi pantaloni, dove una dura protuberanza testimoniava il modo in cui Malfoy si doveva sentire in quel momento.

Mi sentii potente mentre appoggiavo la mano proprio lì e lo sentii gemere forte contro le mie labbra.

Era così eccitantemente trasgressiva la situazione che faticavo a rimanere del tutto lucida.

Per fortuna non avevo bevuto, se no sarebbe stata la fine.

«Non ti facevo così intraprendente, Granger», mormorò lui, con gli occhi torbidi di desiderio fissi nei miei: «A che gioco stai giocando?»

Al gioco come-fare-impazzire-Malfoy-grazie-ai-suggerimenti-di-Ginny.

Il mio gioco preferito.

Sfilai dall'asola il bottone dei suoi pantaloni e poi abbassai la cerniera, notando con piacere la sua espressione sconvolta.

"Grazie, Ginny!", ringraziai mentalmente la mia amica, prima di intrufolare una mano dentro le sue mutande, cercando di allontanare da me l'imbarazzo per quello che stava succedendo e di concentrarmi su quanto volevo farlo impazzire.

Il mio obbiettivo ben fisso in testa mi aiutò a non fuggire a gambe levate da quello che stavo facendo, mentre afferravo in modo goffo ma abbastanza fermo il... "coso" di Malfoy.

Oddio, oddio, oddio, oddio!

Non lo sto facendo veramente.

Non lo sto facendo veramente.

Oh, cazzo!

"Eh, è proprio quello che hai in mano..."

L'intervento della mia vocina interiore mi fece deglutire a vuoto per l'imbarazzo mentre cercavo di ricordare le parole di Ginny.

Sembrava però che la cartella nella mia testa dove avevo salvato le istruzioni della mia amica fosse andato perduto, forse a causa di un virus chiamato "Imbarazzo-mortale" e ora mi toccava improvvisare.

Mossi piano la mano, cercando di non pensare troppo a quello che stavo facendo, e percorrendo tutta la lunghezza del "coso" senza respirare.

Quando arrivai alla punta presi un profondo respiro per calmarmi e seguii il percorso al contrario.

Ok, per il momento il tutto era abbastanza "facile", ma ero certa che presto sarebbero cominciate le complicazioni.

Seguii lo stesso percorso un paio di volte, prima di ricordare alcune delle parole di Ginny: «Devi muoverti ad un ritmo costante e abbastanza veloce da eccitarlo...»

Mi morsi nuovamente il labbro.

Ero spacciata.

Alzai lo sguardo sul viso di Malfoy, mentre muovevo con maggior regolarità la mano e ciò che vidi mi fece sentire ancora più accaldata.

Il volto di Draco era mezzo riversato all'indietro, le labbra erano socchiuse e sembrava che stessero tentando di trovare aria, mentre gli occhi erano chiusi.

Ma quello che più mi colpì fu il leggero rossore sulle sue gote e l'espressione di piacere che gli stravolgeva i lineamenti.

Pensare che fossi io a fargli quell'effetto mi fece sorridere come un'ebete, mentre aumentavo appena il ritmo della mia mano.

Persi la cognizione del tempo, dimentica di tutto, concentrata solo sull'espressione di beatitudine che c'era sul volto di Draco.

«Granger», ansimò, aprendo gli occhi e incontrando i miei; con una mano (che solo in quel momento mi resi conto che erano rimaste chiuse a pugno contro il suoi fianchi) mi afferrò la nuca, baciandomi nuovamente, mentre l'altra andò a stringere con possesso il mio seno.

Quel suo assalto mi colse del tutto impreparata e persi appena il ritmo, mentre potevo quasi immaginare il mio volto rosso... anzi, molto più probabilmente viola, per l'imbarazzo che sentivo.

Ma cosa diavolo stavo facendo?

Insomma, di certo non era da me comportarmi in questo modo!

L'influenza di Malfoy e i consigli di Ginny mi stavano rendendo molto più coraggiosa in quel campo che per me era sempre stato tabù: come farsi desiderare da un ragazzo.

Draco mi morse piano un labbro, mentre con le dita mi alzava impaziente la gonna dell'abito e accarezzava con malizia la mia gamba e poi la natica poco coperta dalle mutandine semi-trasparenti imprestate gentilmente da Ginny.

Sussultai quando sentii qualcuno bussare alla porta del bagno e mi staccai all'istante da Malfoy, come se non fosse successo nulla di nulla, ed evitando di guardare in basso per vedere i pantaloni eleganti slacciati e la protuberanza facilmente scorgibile al loro interno.

«Hey! C'è qualcuno che vorrebbe usare il bagno!», la voce maschile fuori dalla porta era per fortuna sconosciuta, se fosse stato Harry mi sarei del tutto sotterrata viva.

Mi sistemai la gonna del vestito e subito dopo venni afferrata per la vita da Malfoy che mi fece scontrare con il suo corpo.

Sentii le sue labbra sfiorarmi l'orecchio: «Se non ti dispiace, continuiamo più tardi».

Arrossi di nuovo, cominciando a chiedermi se un giorno o l'altro sarei guarita da quella strana forza sconosciuta che mi impediva di nascondere il mio imbarazzo in certe situazioni.

Uscimmo dal bagno come se niente fosse e io riuscii miracolosamente ad ignorare tutte quelle espressioni sconvolte intorno a me, nascondendo in parte il viso contro la spalla di Malfoy.

«Ah, stavo quasi per dimenticarmene...»

La voce di Malfoy, tornata normale e non più roca come prima, anche se continuava ad avere quel tono seducente che riusciva a sciogliere ogni molecola del mio corpo, mi fece alzare il viso, così da incontrare i suoi occhi chiari.

Mi chiesi di che cosa stesse parlando, quando vidi che estraeva dalla tasca interna dello smoking quello che sembrava un semplice cioccolatino incartato con del materiale argentato.

Alzai un sopracciglio, prima che Malfoy mi posasse sul palmo della mano il dolcetto.

«Devi darlo a Mclaggen», mi sussurrò all'orecchio, indicandomi il ragazzo dall'altra parte della sala che stava conversando con una ragazzina bionda che non avevo mai visto.

Sbarrai gli occhi, spostando lo sguardo dal cioccolatino, a Mclaggen e poi di nuovo al cioccolatino, per poi posarlo infine su Malfoy: «Cosa gli succederà?»

«Vedrai».

Annuii appena, ma non mossi nemmeno un passo, rimanendo a fissare ciò che avevo in mano.

«Forse non l'avevi capito, ma era un ordine, Granger».

Sospirai e poi annuii nuovamente: «La scommessa».

Sul suo viso si dipinse un sorriso che non riuscii a decifrare del tutto, prima che mi avviassi verso Mclaggen, pronta a sentirmi, per l'ennesima volta in pochi giorni, in colpa.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Kiss me ***


16. KISS ME




«Mclaggen?»

Il ragazzo si voltò all'istante verso di me, sorridendomi in modo spento e quasi deluso.

«Ciao, Granger».

Era in imbarazzo e non era di certo l'unico.

«Io... volevo solo darti questo per chiederti scusa per questo pomeriggio e tutto quello che è successo», mormorai, porgendogli il cioccolatino nella carta argentata.

I suoi occhi si illuminarono, mentre accettava il regalo e mi sorrideva: «Grazie».

«Prego, ora devo andare. Ti auguro di trascorrere una piacevole serata».

Ecco.

L'avevo fatto.

Avevo consegnato a Mclaggen quel cioccolatino ed ora stavo tornando indietro, da Malfoy, che mi attendeva con un ghigno stampato sulle labbra.

«Ora mi dici cosa...»

Mi zittì appoggiandomi un dito sulle labbra.

«Ora vedrai», mormorò, girandomi di 180°, facendo scontrare così la mia schiena contro il suo petto.

Mclaggen, mentre parlava con la ragazza scartò il dolcetto che gli avevo appena consegnato e se lo portò alle labbra, mangiandolo tutto in un sol boccone.

Subito non accadde nulla e mi chiesi se quello non fosse per una volta un normale cioccolatino e nulla di più, quando vidi Mclaggen cominciare a muovere il corpo a ritmo di musica.

Sbarrai gli occhi e capii.

«Non dirmi che dentro quel cioccolatino c'era la pozione Ballerina, quella che ti costringe a muoverti a tempo di musica per ben cinque ore filate!», esclamai.

«A volte mi chiedo come fai a sapere tutte queste cose, comunque sì, hai indovinato».

Riflettei un istante e mi dissi che in fondo come pozione non era nemmeno una delle più tremende e per qualche istante potei evitare di sentirmi troppo in colpa.

Mi impedii di pensare a quello che avevo fatto e mi diressi, seguita da Malfoy, verso un tavolo da buffet colmo di cibo e afferrai qualche tartina e tramezzini, riempiendo il vuoto che avevo nello stomaco.

Passai circa mezz'ora con Malfoy a girare per la sala ad assaggiare ogni singolo alimento commestibile, ridendo delle nostre facce quando qualcosa non ci piaceva e indicando ogni tanto quello che avevamo trovato di nostro gradimento.

Ad un tratto sentii la stretta delle dita di Draco intorno alla mia vita aumentare.

«Balla con me».

Non riuscii a capire se la sua fosse una domanda o un ordine, mentre lo fissavo in viso.

Non ero mai stata molto brava a ballare e poi dall'ultima volta che mi ero esercitata per il Ballo del Ceppo erano passati anni e rischiavo di pestargli i piedi e di farci fare delle figuracce.

«Va bene».

Mi chiesi come mai avessi acconsentito quando nella mia mente stavo cercando una scusa per rifiutare garbatamente.

Beh, ormai il danno era fatto.

Al centro della pista c'erano solo pochi coraggiosi, in totale circa quattro o cinque coppie che si muovevano a ritmo, senza contare Mclaggen, che con la sua dama si muoveva come se l'avesse appena morso una tarantola.

«Perché?», chiesi ad un tratto, guardando in viso Malfoy, mentre mi sospingeva verso la pista.

«Perché ti ho chiesto di ballare, intendi?»

Scossi la testa, tornando a guardare Mclaggen: «Perché hai voluto che gli dessi quel cioccolatino?»

Un sorrisetto amaro si delineò sulle sue labbra, mentre con il braccio sinistro mi avvolgeva la vita e con la mano destra afferrava la mia: «Perché ti ha invitata».

La sua presa sulla mia schiena aumentò, mentre muovevamo insieme i primi passi.

Esultai quando mi resi conto che seguire la musica era meno difficile di quanto ricordassi, ma quello non era l'unico pensiero che albergava la mia testa, in mente mi tornò quella sensazione di fastidio e protezione allo stesso tempo che mi aveva scatenato quando aveva detto a Mclaggen che ero sua e non riuscii a impedire al mio viso di assumere un'espressione contrita.

«Cosa c'è che non va?», mi chiese lui, notando il mio cambiamento di umore.

Scossi la testa, quasi volessi consigliargli di non indagare a fondo, ma lui non sembrò afferrare il concetto e tornò all'attacco: «Dimmelo, Mezzosangue».

Arricciai il naso al suono di quell'insulto che, ultimamente, non mi sembrava nemmeno così crudele se pronunciato dalle sue labbra: «Io...»

Ecco, era il momento.

Sì, gli avrei detto che odiavo e amavo allo stesso tempo il suo modo protettivo di comportarsi nei miei confronti ma che, soprattutto, sentivo una strana emozione di disagio quando lo sentivo definirmi "sua", forse perché io non potevo fare altrettanto considerandolo "mio".

Ma tutto si infranse quando una ragazza di Tassorosso e il suo cavaliere sbagliarono qualche passo e ci finirono letteralmente addosso.

Si scusarono e noi facemmo altrettanto, seguendo le regole dell'educazione, anche se avrei voluto schiantarli entrambi.

Il momento era ormai passato e ci ritrovammo entrambi in imbarazzo a ballare.

Fu lui alla fine a spezzare il silenzio tra di noi: «Come va con Weasel?»

E la sua domanda mi portò alla mente la conversazione avuta con lui giorni prima, quando ancora non ero irrimediabilmente innamorata di Malfoy, quella conversazione che mi aveva attraversato la mente ed era sgusciata via troppo in fretta, in un momento in cui avevo altro a cui pensare e quindi non le avevo potuto dedicare tutte le attenzioni dovute.

«Malfoy? Sei innamorato della Parkinson?»

Errore madornale.

Lo capii da come la sua postura si irrigidì di colpo e i suoi occhi si riempirono di ghiaccio.

Mi segnai in mente un appunto: "Mai parlare senza aver pensato prima almeno una ventina di volte a quello che si vuol dire".

Inoltre quella domanda fece male anche a me, perché se la risposta fosse stata "sì", davanti a me si prospettavano settimane di apatia autoimposta per nascondere il dolore, che già cominciava a piantare qualche radice nel mio povero cuore innamorato.

«Che cosa te lo fa pensare, Granger?»

Oh, cavolo, e adesso questa frase come la dovevo interpretare!?

Mi morsi il labbro, maledicendo la mia lingua, mentre cercavo di guardare ovunque, tranne nella direzione del suo viso.

«Beh, stavo ripensando a quello che mi avevi detto una di quelle volte in cui ci siamo ubriacati... quando hai, insomma, mi hai chiesto cosa avevo provato quando avevo capito cosa Ron e la Brown stavano facendo in quella stanza e tu mi hai detto che provi lo stesso per una ragazza... ecco, io mi chiedevo se è della Parkinson che parlavi».

Non ci potevo credere, avevo di nuovo parlato senza pensare prima a quello che stavo dicendo!

Abbassai lo sguardo verso i nostri piedi che ancora si muovevano, seguendo la musica, fino a quando entrambi non ci fermammo.

A quel punto trovai di nuovo il mio coraggio Grifondoro e alzai gli occhi verso quelli di Malfoy.

Quello che ci lessi era principalmente stupore, ma mi sembrava che ci fosse anche un altro sentimento, che scomparve prima che potessi capire quale fosse.

Senza preavviso la sua stretta si sciolse, talmente in fretta che rischiai di perdere l'equilibrio, mentre realizzavo che non ci trovavamo in un angolino appartato come credevo, ma in una zona abbastanza centrale della sala.

Le sue mani avvolsero il mio viso, accarezzando le mie guance con una dose di dolcezza che scaldò all'istante il mio cuore.

Alzai appena lo sguardo, incontrando così il suo.

«Non hai ancora capito che...» i suoi occhi, persi nei miei, cercavano di dirmi qualcosa: «Granger, non sono innamorato della Parkinson».

Mi appoggiai con le mani alle sue braccia, assaggiando con le dita il tessuto del suo competo scuro, mentre annuivo appena: «Allora è la Greengrass?»

Lo sentii sbuffare e muovere la testa in segno di diniego: «Sei fuori strada, Granger».

Aggrottai le sopracciglia, rendendomi conto che quelle due ragazze erano le uniche Serpeverde Purosangue che giravano normalmente intorno a Malfoy, mentre le altre sembravano felici di stargli a debita distanza, quindi non avevo idea di chi questa ragazza potesse essere...

«Da quanto tempo la conosci?»

Sperai che dalle sue risposte si potesse definire all'incirca il profilo della sua donna ideale anche se, continuando così, avrei finito col soffrire ancora di più.

«Anni».

«Viene a scuola qui?»

«Sì», sospirò, sembrava stranamente divertito e mi chiesi perché.

«Di che casa è?»

«Basta con le domande, Granger, ora devi pagare il prezzo della tua curiosità».

Sbiancai a quelle parole, figurandomi scene di me vestita, o meglio, svestita come una escort per andare a pranzare: «Non vorrai farmi di nuovo vestire come l'altro giorno!?»

Lo vidi aggrottare le sopracciglia, per un istante confuso, prima che capisse e facesse una smorfia: «Non ti preoccupare, Granger, mi è bastata una volta. Non voglio che i ragazzi della scuola si rendano conto che sei una ragazza, se no rischio di avere dei rivali».

Mi sentii offesa dalla sua risposta: come si permetteva di dire che la gente non sapeva che fossi una ragazza?!

«Quello che devi fare è molto più semplice», mormorò, cominciando ad accarezzare il mio viso (ancora tra le sue mani) con i pollici: «Baciami».

«Ora?», chiesi, la rabbia evaporata in un attimo.

«Sì, ora».

Il modo in cui disse quelle due semplici parole produsse un nodo stretto nel mio stomaco.

Sorrisi appena, sporgendomi verso di lui, portando una mano tra i suoi capelli e avvicinandolo a me. Quando le nostre labbra cozzarono sentii una sensazione di benessere ed esaltazione che mi spinsero ad osare di più.

Ci baciammo a fondo, assaporandoci a vicenda con una delicatezza che non avevo mai provato prima. Mi sentivo come una fragola immersa nella panna, era una sensazione magica.

Solo quando ci separammo per riprendere fiato la bolla in cui ci eravamo rifugiati esplose, riportandomi le voci e la musica della festa.

Mi resi conto solo in quell'istante che ci eravamo baciati di fronte a molti testimoni che il giorno dopo si sarebbero occupati di diffondere la notizia per tutta Hogwarts, ma in quell'istante l'idea non mi provocava nessuna reazione, ero troppo felice e infatuata per poter pensare ad altro.

«Granger, posso chiederti una cosa?»

Annuii, passando le braccia intorno al collo di Malfoy, mentre lui mi stringeva la vita e tornavamo a muovere i piedi, improvvisando un ballo tutto nostro.

«Posso sapere cosa ho fatto prima, per meritarmi quel trattamento in bagno?»

Ricordando ciò che avevo fatto arrossi nuovamente, con la gola improvvisamente secca: «Non lo so nemmeno io».

E per metà era vero, dato che la voglia di farlo impazzire che mi aveva colmato in quell'istante non avevo idea da dove fosse comparsa.

Alzai lo sguardo, incontrando i suoi occhi chiari e mi morsi l'interno guancia, cercando di analizzare quello che era successo e rendendomi conto che nel bagno era uscita per qualche istante la parte più irrazionale di me, quella che di solito tenevo nascosta a chiave da qualche parte nella mia mente.

Le sue mani sulla schiena mi avvicinarono ancora di più a lui, così da poter sentire il suo corpo contro il mio.

La sensazione mi riportò alla mente i caldi brividi che avevo sentito quella mattina su quel letto e trattenni a stento un gemito, quando le labbra di Malfoy mi sfiorarono il lobo dell'orecchio, per poi morderlo piano.

«Vorrei ricambiare il favore», sussurrò contro le mie labbra, prima di donarmi un delicato bacio a fior di labbra.

Stavo per afferrarlo per mano e suggerirgli di andarcene da quella festa, quando nel mio campo visivo vidi spuntare la chioma rossa di Ginny, appoggiata ad una parete accanto ad Harry, entrambi intenti a mantenere un certo contegno e distanza tra di loro.

Mi tornò in mente la promessa che avevo fatto a me stessa: "Trovare un modo per avvicinare Harry e Ginny alla festa" e tornai in un istante lucida.

«Prima però...», iniziai, notando all'istante l'espressione sofferente di Malfoy, davanti alla quale non riuscii a non ridere: «Mi devi consigliare una cosa...»

Lo vidi alzare un sopracciglio e capii che era curioso e pronto ad ascoltarmi.

«Secondo te come potrei aiutare Harry e Ginny a confessarsi a vicenda i loro sentimenti?»

Il Serpeverde era parecchio scocciato, ma sembrava si stesse sforzando di mostrarsi disponibile.

«Beh, un'idea ce l'avrei, ma ora non è attuabile».

«Quale idea?», chiesi, curiosa.

«Fidati di me, troverò il modo di farli avvicinare se è questo che vuoi».

Io annuii, non del tutto sicura che i metodi di Malfoy per ottenere le cose fossero sempre consoni alle situazioni.

«E non puoi dirmi... ?»

Venni zittita con un bacio e capii che Draco, aveva ormai capito di avere a disposizione l'arma perfetta per indurmi al silenzio.

«Andiamo via», mormorò, appoggiando la fronte contro la mia.

Arrossii, chiedendomi se fosse davvero quello che volevo: passare la notte con Malfoy.

Oh, sì...

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** You win ***


17. YOU WIN
 


 

La situazione era irreale.

No, molto più che irreale... era...

Non esistevano parole probabilmente per descrivere perfettamente il modo in cui la mano di Malfoy, intrecciata alla mia, mi facesse sentire brividi ovunque.

Camminavamo senza fretta lungo i corridoi della scuola ed ero talmente distratta che non avevo idea di dove mi stesse portando, anche se speravo di raggiungere presto la nostra meta.

Era bello camminargli accanto, palmo contro palmo, le spalle che si sfioravano...

Non riuscivo a distogliere lo sguardo dal suo profilo, ma soprattutto dalle sue labbra che, quando i nostri sguardi s'incrociavano, si aprivano in un sorriso che avrei potuto definire con un unico aggettivo: dolce.
Merlino! Draco Malfoy accomunato alla parola dolce...

Strinsi più forte la sua mano, quando ci ritrovammo davanti alla sala comune di Serpeverde.

Appena superammo la porta capii la grandezza di quello che stavamo per fare e mi chiesi se fosse saggio lasciarsi andare in quel modo con Malfoy.

Il pensiero venne spazzato via dalle labbra morbide che cozzarono contro le mie in modo dolce e tormentato allo stesso tempo.

Arrossii fino alla punta dei capelli notando che in un angolo della sala un ghignante Zabini stava fissando la scena con un sorpreso e disgustato Nott e una impenetrabile Greengrass.

Li mandai tutti quanti a quel paese nell'istante in cui la lingua di Draco accarezzò lentamente il mio labbro inferiore, prima di morderlo piano.

Hai vinto.

Fu l'unica cosa che riuscii a pensare in quel momento rendendomi conto che il mio corpo e il mio cuore ormai gli appartenevano.

Avevo paura, una paura folle di star commettendo un errore di cui mi sarei pentita per tutta la vita, ma allo stesso tempo non potevo nemmeno lontanamente pensare di andarmene.

Raggiungemmo la sua stanza ridendo come dei bambini, mentre ci fermavamo ogni due passi a baciarci.
Una volta dentro, Malfoy mi lasciò solo per chiudere a chiave la porta, prima di tornare a stringermi a sé.
Rimanemmo a lungo abbracciati, ognuno perso nei propri pensieri, mentre sentivo contro l'orecchio il battito leggermente accelerato del suo cuore.

«Granger?»

Risposi con un impercettibile: «Mmh?», prima di sentire una sua mano sollevarmi il viso facendomi perdere il contatto con il suo petto.

«Sei sicura?»

Chiusi gli occhi un istante, lasciandomi avvolgere dall'odore della sua pelle, rendendomi conto che quello era proprio il luogo dove avrei voluto essere da tutta una vita: tra le sue braccia.

Riaprendo gli occhi mi persi nel suo sguardo e mi sporsi per dargli un delicato bacio a fior di labbra: «Sì».
Un lampo pieno di sentimenti che non riuscii a definire gli attraversò il volto e l'istante dopo mi trovai la bocca incollata alla sua.

Indietreggiammo piano, fino a trovarci accanto al letto, dove lui smise di baciarmi e appoggiò le mani contro la mia schiena, facendole scorrere lentamente verso il basso, prima di percorrere al contrario il percorso e di stringere tra le dita il primo dei dieci bottoni che chiudevano il mio vestito sulla schiena.

«Avrei preferito una chiusura meno complicata da slacciare», mormorò contro la mia tempia, depositandoci un bacio e facendomi voltare in modo da esporgli la schiena.

Bottone dopo bottone sentivo la pelle nuda della schiena colpita da brividi bollenti, dove le sue dita, nell'impresa di spogliarmi, mi toccavano.

Anche le sue labbra contribuirono a mandare la mia temperatura corporea alle stelle, dato che senza preavviso cominciarono a baciare e vezzeggiare piano la zona sensibile dietro l'orecchio e la nuca, prima di passare lentamente alla spalla destra, poi a quella sinistra.

Ero certa di avere il viso in fiamme, mentre non sapevo cosa fare e alla fine, per tenere occupate le mani, che continuavo a torturare conficcandomi le unghie nei palmi, le allungai dietro di me, raggiungendo i suoi capelli biondi e stringendoli per avvicinarlo ancora di più a me.

Era imbarazzante il mio respiro spezzato, ma tentai in tutti i modi di non pensarci, mentre percepivo chiaramente le dita di Malfoy tirare fuori dall'asola anche l'ultimo bottone e poggiare entrambi i palmi caldi contro la mia schiena esposta, prima di muovere le braccia verso l'alto e di agganciare con le dita le spalline del mio vestito per lasciare che cadesse a terra.

Il rumore sordo prodotto dall'abito che toccava il pavimento mi fece chiudere per un istante gli occhi, mentre le mani di Malfoy mi giravano verso di sé.

Ora eravamo faccia a faccia e, guardandolo negli occhi, vi lessi tutto il desiderio che nutriva nei miei confronti e sorrisi timidamente, imbarazzata di indossare solo un completino color ghiaccio che Ginny mi aveva rifilato appena eravamo entrate in camera con la scusa che era un'occasione importante e che dovessi essere raffinata anche nell'intimo.

In realtà ero certa che sospettasse che a Malfoy quella sera non sarei riuscita a dire di no.

Lo vidi socchiudere le labbra, come se fosse sul punto di dire qualcosa, ma si bloccò di colpo, prima di avvicinarsi e di prendermi il viso tra le mani, dandomi un lieve bacio: «Sei bellissima».

E in quel momento non riuscii a non amarlo ancora di più per il modo in cui aveva detto quelle due semplici parole.

Fece un passo indietro e afferrò le mie mani, portandosele all'altezza del petto.

«Ora tocca a te».

Mi morsi piano il labbro, con l'intento di stuzzicarlo, mentre gli sfilavo la giacca del completo elegante facendola cadere a terra.

Mi concentrai poi sui bottoncini fin troppo piccoli ed insidiosi del gilet grigio e della camicia bianca che indossava sotto. Gli ricambiai il favore baciandolo a lungo sul collo, la mandibola e il petto che a poco a poco stavo liberando dalla costrizione dei vestiti.

Il sapore della sua pelle mi stava dando alla testa, ma con un briciolo di lucidità decisi di lasciargli un piccolo succhiotto in una zona piuttosto esposta del collo per vendicarmi di quello che lui mi aveva costretto a mostrare a tutta la scuola.

Sentendo il respiro accelerato di Malfoy e il modo possessivo in cui mi stringeva i capelli e un fianco mi sentii potente e desiderabile. Come era successo poco prima in quel bagno, avevo di nuovo la situazione in pugno e questo mi esaltava ancora di più.

Lasciai cadere a terra la camicia bianca e passai ai pantaloni, slacciandoli per poi farlo sedere sul letto e iniziare a slacciargli le scarpe e a togliergli i calzini.

Finsi di fare un'espressione di disgusto, anche se in realtà non sentivo nessun odore sgradevole provenire dai suoi piedi nudi, e ricevetti come risposta un'occhiata contrita che mi fece ridacchiare mentre lo facevo rialzare e gli abbassavo i pantaloni.

Ora indossava solo più un paio di boxer neri e la visione del suo corpo praticamente nudo mi mandò in defibrillazione il cuore.

Perfetto, era perfetto in ogni singolo dettaglio.

Gli baciai piano la bocca, allontanandomi quando tentò di aumentare il contatto, mentre passavo a baciargli piano il pomo d'Adamo.

Udii distintamente il suo gemito roco e sorrisi contro la sua pelle, mentre sentivo le sue mani abbassarsi per afferrare saldamente il mio lato B e avvicinare il mio bacino al suo.

L'erezione che sfregava contro il mio inguine appiccò un incendio in quella zona nascosta del mio corpo che nessuno aveva mai raggiunto, lasciandomi senza fiato.

Afferrai saldamente i suoi capelli e lo baciai, beandomi della sua lingua che giocava con la mia.

L'istante dopo le sue mani finirono entrambe sulla mia schiena e, mentre una saliva fino ad intrufolarsi dentro il reggiseno a balconcino, l'altra si preoccupò di slacciare quel pezzetto quasi invisibile di stoffa e pizzi.

Lasciai che me lo sfilasse, facendolo cadere a terra.

Non perse tempo e concentrò subito tutte le sue attenzioni sui miei seni, mentre io aumentavo la stretta delle mie mani tra i suoi capelli e mi inarcavo contro di lui.

Le sensazioni erano troppe e troppo intense per permettermi di pensare a qualcosa che non fosse il suo corpo contro il mio e le sue labbra intorno ad uno dei miei capezzoli.

Due secondi dopo mi ritrovai sdraiata sul letto, mentre Draco mi sfilava le scarpe col tacco e le poggiava a terra.

Rimanemmo fermi così a lungo, lui sopra di me che mi scrutava attentamente, facendo attenzione a non far toccare in nessun modo i nostri corpi, prima di abbassare le mani lungo i miei fianchi e di agganciare i lati delle mutandine, facendole scivolare con fin troppa lentezza verso il basso.

Non ebbi paura e questo mi stupì parecchio; le uniche emozioni erano una po' d'imbarazzo e fin troppo desiderio ed amore nei confronti del ragazzo che mi stava ancora scrutando, come se si aspettasse una mia fuga da un momento all'altro.

«Draco», mormorai, affondando le dita tra i suoi capelli e tirandolo verso di me per un lungo bacio.

Con quel semplice sfiorarsi di labbra tentai di fargli capire quanto l'amavo, quanto tenessi a lui e quanto stessi male al pensiero di non essere all'altezza di ciò che voleva.

Non ero la Parkinson e neanche la Davis o qualsiasi altra ragazza con cui era stato in passato.

Ero semplicemente la vergine Mezzosangue Granger.

E questo mi faceva sentire impreparata; la sensazione di non saper bene cosa fare mista a quella dell'imbarazzo mi fece rendere conto che quella era una materia su cui ero del tutto ignorante.

Sussultai quando le sue mani, dopo aver buttato le mutandine da qualche parte nella stanza, tornarono ad accarezzare con calma le mie gambe e quando una di esse si spostò nell'interno coscia feci scontrare d'istinto le ginocchia.

Gli occhi di Draco tornarono nei miei.

Questa volta sembrava confuso e contrariato dal mio gesto, ma non fece o disse nulla per un po', mentre mi scrutava attentamente in viso.

Allontanò le mani dal mio corpo, poggiandole ai lati del mio volto ed abbassandosi fino ad avere le labbra ad un centimetro scarso dalle mie.

«Vuoi che mi fermi?»

Quelle quattro parole, dette con una calma disarmante, mi fecero mordere forte il labbro.

Non volevo che smettesse, ma avevo bisogno che mi dicesse come comportarmi.

Scossi la testa: «No», la mia voce, roca e gracchiante mi fece vergognare, ma continuai a parlare: «Io, non so cosa fare e...»

Lo vidi sorridere e persi il filo del discorso quando una sua mano iniziò a sfiorarmi la guancia.

«Per una maniaca del controllo e dell'ordine così razionale come te dev'essere difficile non pensare, ma è proprio quello che ti chiedo: lasciati andare».

«Non è quello il problema».

Ansimai, e me ne vergognai, sentendo la sua mano accarezzarmi un seno.

«E qual è, allora?»

«Dimmi cosa devo fare», sussurrai, piano, quasi timorosa che mi ridesse in faccia.

Il sorriso dolce che mi rivolse mi sciolse il cuore.

«Fai quello che faccio io».

Annuii e mi impegnai a ricambiare ogni bacio ed ogni sua carezza, anche se in maniera più impacciata rispetto alla sua disinvoltura.

Era bello stare così con Malfoy, stretta tra le sue braccia con la sensazione che quell'intimità non fosse abbastanza, persa nei miei pensieri eppure allo stesso tempo concentrata solo e soltanto sulle mani di Draco sul mio corpo.

Non volevo fermarlo, anche se avevo paura di essere solo una delle sue tante conquiste.

Quando sentii il suo bacino scontrarsi contro il mio in modo piuttosto esplicito mi resi conto di due cose: non aveva più addosso le mutande e i preliminari erano finiti.

Respirai a fondo, sentendo la sua fronte appoggiarsi alla mia e i suoi occhi fissi nei miei.

«Hermione».

Sentire il mio nome pronunciato dalla sua voce piena di desiderio mi riempì il cuore di gioia e il piacere provocato da quel suono attutì il dolore provato internamente durante la penetrazione.

«Va tutto bene?», mormorò contro le mie labbra, riempiendomi il viso, la bocca e il collo di baci leggeri.

Annuii, allentando la presa delle mie dita tra i suoi capelli e rilassando di poco i muscoli delle gambe che non mi ero nemmeno resa conto di aver teso.

Alla prima spinta mi inarcai contro di lui e mi resi conto di quanto tutto fosse perfetto e giusto.

Mi sentivo apprezzata, addirittura venerata per il modo in cui Draco continuava a fissarmi e a toccarmi.

Spingeva piano e sapevo perfettamente che si stava trattenendo e questo aumentò la sensazione di benessere, mentre sentivo il piacere iniziare ad espandersi come lievi onde che si infrangono lente sulla spiaggia.

Volevo con tutta me stessa dirgli "Ti amo", ma mi morsi forte il labbro inferiore per trattenermi, certa che non avrebbe apprezzato i miei sentimenti, timorosa che iniziasse a prendersi gioco di me.

Inutile, per quanto tenessi a lui, una parte profonda del mio essere, quella che era stata insultata proprio da lui per anni, era insicura e titubante di fronte ad ogni suo singolo gesto di gentilezza nei miei confronti.
Cancellai all'istante quei pensieri, stupita di esser riuscita a pensare a certe cose in un momento del genere, mentre mi concentravo su quanto fosse bello Draco in quell'istante.

Aveva il viso concentrato, eppure su di esso vi era un'espressione di puro piacere e beatitudine che addolciva le sue labbra in un sorriso dolce.

Gli occhi mi scrutavano, il suo petto si alzava ed abbassava al ritmo del suo respiro accelerato quanto il mio e le sue mani sembravano non riuscire a smettere di stringermi sempre di più.

Mi persi.

Non mi resi più conto del tempo che passava o del mondo addormentato dietro alla porta della camera di Draco.

Non esisteva più nulla, tranne noi due e il piacere che cominciava a crescere e a farmi contorcere sempre di più tra le sue braccia.

Raggiunsi l'orgasmo pochi istanti prima di lui, urlando il suo nome, sentendo chiaramente quella sensazione mai provata prima che mi scuoteva interamente con la forze di un'onda anomala.

Ero felice, stanca e piena di tutto quell'amore che mi stava sopraffacendo.

Continuammo a coccolarci per quelle che mi parvero ore.

Lui che mi accarezzava, passava le mani tra i miei capelli, spettinandomeli ancora di più oppure tentando invano di lisciarmeli.

Io ero ipnotizzata dai suoi occhi fissi nei miei, dolci e pieni di tenerezza.

Era la serata perfetta, vissuta con la persona perfetta.

Non parlammo quasi mai, sembravamo su un'altra dimensione dove le parole non servivano per comunicare, bastava scrutare nello sguardo dell'altro per avere una risposta a tutte le domande che si accavallavano pigramente nelle nostre menti.

Fu in uno di quegli istanti perfetti che mi resi conto di come i suoi occhi mi stessero comunicando un amore che non pensavo di poterci scorgere.

Non può essere, mi dissi, e infatti l'istante dopo i suoi occhi sembravano distanti e privi di quella scintilla di affetto che ero certa di aver visto.

Ma se era davvero amore quello che avevo letto... ?

Lo vidi aprire la bocca, ma poi richiuderla.

Compì quel gesto un paio di volte, prima di dire: «Sei pentita?»

Non mi aspettavo quella domanda e, in effetti, tra tutte quelle che avrebbe potuto porgermi quella mi sembrava la meno adatta, sembrava volesse ricordarmi chi era e come trattava di solito le sue care amiche di letto, ma non mi feci travolgere dal timore di essere una delle tante e scossi la testa.

«Non in questo momento», mormorai e mi sembrò la risposta più giusta che potessi dargli.

Forse un giorno lo sarei stata, forse il giorno del pentimento sarebbe stato proprio quello che ci avrebbe sorpreso appena ci fossimo svegliati, oppure sarebbe arrivato più avanti nel tempo... ma non potevo saperlo e in quel momento ringraziai di non avere "l'occhio interiore" di cui si vantava tanto la Cooman. Preferivo illudermi che quel giorno non sarebbe mai arrivato, che Malfoy un giorno svegliandosi si sarebbe reso conto di amarmi e di non volermi deludere mai...

Bastò la comparsa di un volto in un angolino della mia mente per spezzare quel mio ridicolo sogno ad occhi aperti.

Pansy Parkinson e quel contratto che li legava.

Inutile illudersi, quella odiosa strega non mi avrebbe mai permesso di rubarle il futuro marito.

Evitai il contatto con lo sguardo di Malfoy e affondai il viso contro il suo petto, inspirando a fondo il suo e il mio profumo mischiati insieme.

Cosa dovevo fare? Anzi, la domanda giusta era: come dovevo fare per evitare che la Parkinson mi portasse via Draco?

Baciai appena la zona sopra la clavicola di quel ragazzo imprevedibile che mi stringeva a sé e lo sentii chiaramente gemere come segno di approvazione.

Un sorriso malizioso, che avevo imparato a formare sulle mie labbra da poco, mi spuntò in viso.

E in quel momento feci un'altra promessa a me stessa: "Avrei fatto di tutto per far innamorare Draco Malfoy di me, qualsiasi cosa fosse in mio potere per impedirgli di lasciarmi e se avessi fallito sarei stata sola per il resto dei miei giorni".

Appena terminai quel pensiero sentii mancarmi il fiato, ma ero - come sempre - troppo orgogliosa per rimangiarmi la parola, anche se l'unica testimone di quel folle pensiero ero io stessa.

Mi scostai solo per premere le mie labbra contro quelle di Malfoy.

Con quel gesto suggellai in definitiva quella stupida promessa.

"Hai vinto, sono tua, anima e corpo, ma prima o poi sarai solo mio anche tu."

 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Are you mad?! ***


18. ARE YOU MAD?!
 



Mi svegliai presto quella mattina - come facevo di solito - stiracchiandomi e passandomi distrattamente le mani tra i capelli per spostarli da davanti il mio viso e quando, voltandomi, mi ritrovai il viso di Malfoy a pochi centimetri, mi bloccai.

In un flash ricordai quello che era accaduto la sera prima e non riuscii a trattenere un sorriso fin troppo zuccheroso, mentre mi accoccolavo sotto le coperte e studiavo il suo volto rilassato.

Era bellissimo con i lineamenti distesi e i capelli che disordinatamente gli ricadevano sulla fronte.

Allungai una mano e cominciai a sfiorargli la guancia e il naso, per poi passare alle labbra.

Mi fermai, quando mi resi conto che avrei potuto svegliarlo e tornai a nascondere la mano sotto la coperta.

Mi tornarono in mente le parole che mamma mi diceva sempre da piccola quando entravamo nei negozi: «Puoi guardare, ma non toccare, tesoro».

Sospirai, sentendo forte la mancanza dei miei genitori, ma mi rallegrai al pensiero che li avrei poi visti nelle vacanze di Natale...

Un ricordo non del tutto piacevole si impadronì di me: a Natale saremmo andati al matrimonio di Kimberly in Francia.

Una smorfia infastidita si fece largo sul mio viso, mentre speravo che mamma non comprasse nulla di esageratamente appariscente da indossare per la cerimonia, ero parecchio pentita di averle lasciato libera scelta sull'abito di entrambe. Sperai fortemente che non esagerasse come suo solito.

Sentii un brontolio familiare provenire dal mio stomaco e mi resi conto di avere una fame da lupi.

In quell'istante Malfoy si mosse nel letto, fino ad allacciare il suo braccio intorno alla mia vita, stringendomi fortemente a sé.

Mugugnò qualcosa di indefinito e abbassò il viso fino ad affondarlo contro la mia gola.

Sentirlo pelle contro pelle, mi provocò dolci brividi al ricordo delle carezze e dei baci della sera prima.

Abbiamo fatto... cosa? Del volgare sesso? Eppure a me era sembrato in tutto e per tutto di aver fatto l'amore con lui, o almeno era quello che avevo fatto io, ma lui?

Allungai una mano, cominciando a passare le dita tra i suoi capelli fini, pettinandoglieli delicatamente, mentre lo sentivo continuare a dormire beatamente contro di me.

Dovevo trovare il modo di farlo innamorare di me... ma come? In fondo ero solo una "piccola lurida Mezzosangue", cos'avrei potuto dargli rispetto a Pansy?

Non credevo che la risposta: amore, bastasse in quel caso.

La Parkinson era ricca, Purosangue e con le stesse sue idee malate e bigotte nei confronti delle differenze di sangue, inoltre i genitori di entrambi volevano che si celebrassero le nozze subito dopo la fine della scuola.

Come avrei potuto impedirlo?

La parte razionale del mio cervello, quella che ancora si mostrava titubante all'idea di essere innamorata di Malfoy, mi fece notare poco gentilmente che la mia poteva essere una delle tante cotte.

Scossi appena il capo, continuando a pettinare i capelli di Draco, certa di essere per la prima volta seriamente innamorata di qualcuno.

Mi dissi che però, per il momento, dovevo provare in tutti i modi a non lasciar trapelare i miei sentimenti; Malfoy doveva credermi ancora invaghita di Ronald e gelosa della relazione del rosso con la Brown.

Smisi di accarezzare la chioma bionda del ragazzo che mi dormiva accanto e provai a chiudere gli occhi per tornare anch'io nel mondo dei sogni, ma ormai ero fin troppo vigile, così provai semplicemente a rilassarmi e a svuotare la mente.

Aprii gli occhi solo quando sentii la mano di Malfoy aprirsi contro la mia schiena ed attirarmi ancora più vicino sé.

«Mmh, questo si che è un bel risveglio», farfugliò contro la mia pelle, baciandomi la gola lentamente.

Gettai d'istinto la testa all'indietro, concedendogli di continuare la tortura e affondando nuovamente le dita tra i suoi capelli.

Con un movimento veloce ed estremamente aggraziato si mosse, sovrastandomi.

«Buongiorno, Granger», mormorò baciandomi piano: «Dormito bene?»

Rimasi delusa dal suo apostrofarmi col cognome e non con il nome di battesimo, ma evitai di far trapelare il disappunto sul mio viso, mentre notavo il modo giocoso in cui si stava comportando Malfoy.

Gli gettai le braccia intorno al collo: «Sì, devo ammettere che non credevo che il letto di una Serpe sarebbe stato così comodo».

Lo sentii ridacchiare e mi chiesi se fosse così anche con le altre, la mattina, dopo aver...

Scacciai quel pensiero e imposi alla mia mente di non formulare più domande così scomode e dolorose.

«E tu? Hai dormito bene?»

Alle mie parole gli spuntò un sorriso malizioso: «Ammetto di aver sognato quello che abbiamo fatto ieri sera, per tutta la notte. Quindi, sì, ho dormito molto bene».

Le sue parole mi fecero diventare rossa come un pomodoro ben maturo e mi morsi forte le labbra mentre mi chiedevo se l'avesse fatto apposta a non specificare cosa era stato per lui: sesso o amore?

«Sei un pervertito anche nei sogni allora», sussurrai, fingendomi contrariata, quando in realtà mi sentivo onorata. Insomma, Malfoy mi aveva sognata per tutta la notte!

«E non sai quanto».

Mi aspettavo un attacco da quella Serpe da un momento all'altro, anzi non vedevo l'ora che cominciasse a baciarmi e coccolarmi come la sera prima, quindi, quando cominciò a farmi il solletico non ero del tutto preparata.

«Ahahah! Malfoy, basta! Ahahah!»

Mi contorcevo, urlavo e ridevo, provando a spingerlo via ma era tutto inutile, le sue mani continuavano a torturarmi.

«Se mi preghi la smetto».

Non lo feci e, continuando a ridere ribaltai le posizioni, trovandomi sopra di lui.

Smise di farmi il solletico e la consapevolezza di essere nuda ed esposta ai suoi occhi mi fece arrossire di colpo, mentre mi portavo le braccia a coprire i miei seni.

Vidi il disappunto sul suo viso e l'istante dopo i miei polsi erano tra le sue mani, dolcemente imprigionati.
«Non coprirti davanti a me Granger, mai».

Annuii alle sue parole, anche se mi vergognavo di essere così esposta davanti a lui anche se, me ne rendevo conto, non ne avevo motivo; la sera prima ero diventata sua, mi aveva vista e mi aveva accarezzato ogni centimetro di pelle.

Perché mi sentivo così in imbarazzo?

Lasciò andare i miei polsi, risalendo con le mani lungo le mie braccia, le spalle, il collo, per poi arrivare in fine al viso e circondarlo dolcemente per abbassarlo alla sua altezza.

Ci baciammo piano e la mie labbra sembrarono ricordare all'istante il suo sapore ed odore, come se lo conoscessi da una vita.

Era uno di quei momenti perfetti che vivevo con lui e che, prima di iniziare quella scommessa, non avevo quasi mai sperimentato; quegli istanti in cui sai di essere proprio dove dovresti essere.

Il mio stomaco ribelle e vuoto scelse proprio quel momento per brontolare rumorosamente, ricordandomi la fame e facendomi nuovamente diventare rossa per l'imbarazzo, mentre il ragazzo sotto di me smise di baciarmi e mi guardò con lo sguardo divertito.

«Non...» "ridere".

Inutile, lo scoppio di ilarità era già iniziato.

Sentivo il corpo di Malfoy scosso per le risate, mentre cercavo di mantenere un cipiglio scocciato e furioso, ma dopo poco scomparve.

Era un'esperienza stupenda vederlo ridere così di gusto, così mi unii a lui.

Si sollevò a sedere, ancora tra le risate e io provai a spostarmi, pensando che volesse alzarsi, ma lui mi trattenne guardandomi con gli occhi ancora illuminati da quella scintilla di divertimento e le labbra atteggiate in un sorriso mozzafiato.

Mi passò le braccia intorno alla vita, allargando le dita delle mani contro la mia schiena ed avvicinandomi a sé, mentre mi baciava di nuovo, con il sorriso ancora ben evidente sulle sue labbra.

Spostai le mani dalle sue spalle ai suoi capelli, sentendo chiaramente quella scossa elettrica che mi faceva rabbrividire a mano a mano che più centimetri della nostra pelle entrava in contatto.

Ricordai ogni istante della sera prima, ogni emozione, sensazione e capii di non essermene ancora pentita.

Una delle sue mani scese, stringendomi il modo possessivo la coscia destra, mentre il bacio cominciava ad essere molto più passionale ed asfissiante.

Non riuscivo a respirare e questo non faceva altro che eccitarmi di più.

Non riuscivo a riconoscermi, non ero io quella ragazza che si lasciava toccare da quella bionda Serpe, non ero io che portavo la sua mano destra contro il mio seno, non ero io che producevo quei gemiti ed ansiti sempre più imbarazzanti.

Ma mi riconobbi in quella ragazza a cui brontolò nuovamente lo stomaco per la fame e me ne vergognai.
Rise di nuovo e questa volta mi unii a lui senza esitazioni.

Ci districammo dal nostro abbraccio e ci alzammo di comune accordo in piedi per prepararci ed andare a fare colazione.

Girare per la stanza, entrambi nudi mentre Malfoy mi dava una mano a cercare i vestiti e la biancheria era così intimo che mi sentivo come su una nuvola.

Era tutto perfetto, tranne il mio stomaco brontolone.

Mi si avvicinò con in mano le mie mutandine e sporsi la mano per afferrarle, ma lui si ritrasse.

Aggrottai le sopracciglia.

«Voglio mettertele io», mormorò piano, con un tono estremamente roco e sensuale: «Voglio vestirti».

Si inginocchiò ai miei piedi ed io mi appoggiai alle sue spalle mentre mi aiutava ad indossare l'intimo color ghiaccio.

Capii subito che il suo era un tentativo di seduzione, dato che ogni movimento sembrava un pretesto per accarezzare la mia pelle e le sue attenzioni mi fecero piacere.

Mi sentivo una principessa.

Sistemò le mutandine, coprendomi, e rimase lì a fissarmi appena sotto l'ombelico, prima di appoggiare le labbra sul bordo superiore dell'intimo e di alzare lo sguardo verso di me.

Era un situazione così surreale e il suo sguardo era così famelico che mi lasciai sfuggire un gemito strozzato, il quale lo fece sorridere contro la mia pelle.

Appoggiò le mani sui miei fianchi per alzarsi, ma io avrei voluto che continuasse a guardarmi in quel modo per sempre.

Era stupefacente come riuscisse con un'occhiata a farmi sentire desiderata e venerata.

Continuò nel suo modo delicato e seducente a vestirmi, baciandomi i seni, prima di coprirli col reggiseno e trasfigurando un paio dei suoi pantaloni impeccabili in una gonna nera piuttosto corta e una sua camicia in un dolcevita verde.

Mi fece indossare le scarpe della sera prima e mise il mio vestito in una busta che lasciò appoggiata al letto mentre lui prendeva dei vestiti e li sistemava sul letto.

Prima che iniziasse a vestirsi lo precedetti, appoggiandogli una mano sul braccio per dirgli: «Ora è il mio turno».

Sorrise alle mie parole e si lasciò vestire.

Mi impegnai più che potevo per essere seducente e maliziosa quanto lo era stato lui, ma mi sentivo sempre impacciata ed ero certa che i miei movimenti non fossero lontanamente eleganti quanto i suoi.

Quando entrambi fummo pronti, afferrai la mia borsa con dentro il vestito e uscimmo dalla sua stanza.

Avrei voluto prendergli una mano, ma non sapevo se l'avrebbe accettata, così gli rimasi semplicemente accanto.

Fu imbarazzante entrare nella sala comune di Serpeverde, dato che molti sguardi si posarono su di me, freddi e disgustati.

Solo Zabini mi riservò un caloroso sorriso e si unì a noi verso la Sala Grande.

«Questa volta siete riusciti a chiudere la porta a chiave, vi faccio i miei complimenti!»

Arrossi all'istante, non sapendo come rispondere.

«Farò finta di non leggere l'invidia nella tua voce», disse Draco con un calmo sorriso di rimprovero, prima di afferrare con forza la mia mano e di intrecciare le mie dita alle sue.

«Stai bene?» mi sussurrò contro i capelli.

«Sì».

«Avete fame, piccioncini?», chiese Zabini, facendo ridacchiare complici Malfoy e me al ricordo del mio stomaco brontolone.

«Eccome», dissi, sentendomi strana.

Di solito per andare a colazione ero accompagnata da due ragazzi come in quel momento, ma Malfoy e Zabini non assomigliavano nemmeno un po' ad Harry e Ron, eppure in mezzo a loro due mi sentivo lo stesso al sicuro.

Arrivati ad un passo dalla Sala Grande, rallentammo e notai Draco fare un segno all'amico di non aspettarci.

Non capii subito il gesto e quando Malfoy mi spinse contro il muro per baciarmi, mi resi conto che avevo bisogno anche io di quel contatto.

«Ora, Granger», mormorò contro la mia guancia: «entreremo in Sala per mano e tu verrai a fare colazione nel tavolo dei Serpeverde con me».

Sussultai a quella parole, scuotendo la testa: «Devo andare dai miei amici, ieri sera non ho nemmeno salutato Harry e...»

«Non era una domanda, Granger».

«Ma...», tentai nuovamente di protestare.

«Non farmi arrabbiare, Granger».

Gli lanciai uno sguardo assassino: «Non...»

«Sei mia, Granger e fai quello che ti dico io».

Il ricordo della scommessa mi fece digrignare i denti, anche se avrei dovuto essere grata a quello strano patto che ci legava, in fondo era una scusa per stargli vicino e farlo innamorare di me.

«Va bene», sibilai, tentando di allontanarmi, ma lui mi trattenne.

«Non ho finito».

Lo fulminai con lo sguardo e lui sorrise: «Arrivati al mio tavolo ti siederai sulle mie gambe e ti farai imboccare da brava bambina, chiaro, Granger?»

Sbarrai gli occhi, per lo stupore ed il disappunto: «Sei pazzo?!»

«Sì, di te».

Mi fece l'occhiolino e mi chiesi se stesse scherzando, poi inorridii.

Malfoy mi aveva fatto l'occhiolino?!

«No, davvero», dissi appoggiando le mani sul suo petto, allontanandolo di pochi centimetri: «Sei sicuro di star bene?»

Il Serpeverde sbuffò sonoramente, prima di intrecciare le nostre dita insieme e di cominciare a trascinarmi, letteralmente, verso la Sala Grande.

«Malfoy! Aspetta! Non...»

Si voltò verso di me, dandomi un veloce bacio, che mi zittì di colpo.

«La scommessa, Granger, ricordati la scommessa».

Non volevo farmi imboccare davanti a tutta quella gente! Era imbarazzante!

Puntai i piedi, per ribellarmi e rallentare la sua avanzata.

«Ti prego... no, non... Draco!»

Si bloccò di colpo quando pronunciai il suo nome e mi chiesi se gli piacesse o lo infastidisse sentirsi chiamare col nome di battesimo.

Cambiò del tutto direzione, fino a quando non si fermò di nuovo nella nicchia di poco prima; quella piccola rientranza della parete rappresentava un nascondiglio perfetto.

«Qual è il problema, Granger?»

Lo guardai sconvolta, cercando di capire se ero stupita di più per il fatto che mi avesse posto quella domanda e non mi avesse trascinata semplicemente in Sala Grande o per il fatto che non capisse il mio imbarazzo.

Affondai il viso contro il suo petto, inspirando a fondo, cercando le parole giuste per aiutarlo a capire il mio punto di vista, ma in quel momento sentii sulla sua pelle il mio odore mescolato al suo e mi resi conto che non ci eravamo lavati.

Entrambi avevamo addosso l'odore dell'altro misto al nostro e questo pensiero mi fece sfuggire un gemito strozzato, mentre mi aggrappavo a lui e gli baciavo piano il collo.

«Perché vuoi imboccarmi, Malfoy? Anzi, la domanda giusta è: perché vuoi imboccarmi davanti all'intera Sala Grande riunita per colazione?»

Draco mi strinse a sé, appoggiato con le labbra alla mia tempia sinistra: «Il problema è essere imboccata o la presenza di altre persone?»

«Entrambe le cose credo, ma principalmente la seconda: mi sento in imbarazzo al solo pensiero!»
Affondai un po' di più il volto nell'incavo del collo di Malfoy e sentire i nostri odori mescolati mi calmò quasi all'istante.

Mio, mio, mio, mio...

Non riuscivo a pensare ad altro, mentre stringevo le dita intorno al tessuto pregiato della camicia bianca che indossava.

«È troppo presto?»

La sua domanda mi fece aggrottare le sopracciglia, certa che se mi avesse chiesto di farmi imboccare dopo due settimane, due mesi o due anni avrei risposto lo stesso.

Oppure no?

«Mangia al mio tavolo, allora».

Mi morsi l'interno guancia, titubante, anche se, in effetti, se quello era un ordine, avrei dovuto obbedire e basta.

«Per favore».

Appena pronunciò quelle due paroline magiche, sorrisi, annuendo e mi scostai appena per baciarlo sulle labbra.

Ero piacevolmente sconvolta per il fatto che mi avesse chiesto qualcosa in modo così... non da Malfoy.

«Andiamo», mormorò, intrecciando le dita alle mie.

Sorrisi e lo seguii.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Draco’s plan ***


19. DRACO'S PLAN



"Non ti stanno guardando tutti, Hermione, non hai più di un centinaio di occhi puntati su di te... è solo un'impressione, uno scherzo crudele della mente. In realtà in Sala Grande non c'è nessuno, nemmeno un fantasma. Nessuno tranne te e Malfoy. Non c'è quella ragazzina di Corvonero con la bocca spalancata e gli occhi fuori dalle orbite che vi fissa, non c'è Ginny che ti sta guardando con un misto di approvazione e sconcerto, non c'è Ron che sta fulminando con gli occhi la tua mano stretta a quella di Malfoy, non c'è Harry che si sta pulendo gli occhiali sperando di aver visto male, non c'è Paciock che cerca Oscar sotto il tavolo della mensa... no, quello ci poteva essere, in fondo era abbastanza normale..."

Ringraziai la mia mente per il suo inutile tentativo di rassicurarmi, apprezzando lo sforzo, ma sapevo perfettamente che quello che avevo visto, entrando con Malfoy per mano, era tutto vero.

Allo stesso modo in cui era reale l'occhiata contrariata della Greengrass, quella sorridente e maliziosa di Zabini, quella disgustata di Nott e molti altri Serpeverde, quella furiosa della Parkinson e quella persa nel vuoto di Tiger e Goyle... mi corressi nuovamente, rendendomi conto che loro avevano sempre quell'espressione.

Le dita di Malfoy si strinsero maggiormente alle mie, mentre ci dirigevamo al suo tavolo verde ed argento.

Appena sorpassammo una linea immaginaria che sembrava rappresentare il confine per il territorio delle Serpi, un forte brusio si diffuse come un incendio in un bosco di piante secche.

Mi strinsi maggiormente al fianco di Malfoy, cercando senza accorgermene protezione, prima di riscuotermi e di tornare dritta e fiera come una vera Grifondoro: pronta ad affrontare la situazione a testa alta.

«A pranzo mangi tu al mio tavolo?», chiesi sarcastica, sorpassando il posto che di solito Malfoy occupava vicino alla sua "promessa sposa".

«Vedremo».

Il suo non-rifiuto mi fece sussultare e lo guardai a lungo con la bocca spalancata.

Quando ci sedemmo e io mi ritrovai come poco prima tra Draco e Zabini mi ripresi in parte, chiedendomi se mi avesse davvero risposto o se mi fossi immaginata tutto.

«Dove eravate finiti? Non ditemi che avete fatto una sveltina da qualche parte...»

Arrossi all'istante, prima di lanciare un'occhiata di fuoco al mio vicino chiacchierone ma, nell'istante in cui stavo per mandarlo a quel paese, la voce di Malfoy mi precedette: «Da quant'è che non scopi Blaise? No, perché cominci ad essere irritante».

Ridacchiai a quelle parole e notai molte teste in sala voltarsi nella mia direzione con un misto di stupore ed orrore in volto.

Perché era diventato un problema ridere?

«Parla quello che da due anni si strugge d'amore per una certa...»

Ma la frase fu lasciata volutamente in sospeso, mentre Malfoy si riempiva il piatto lanciando occhiate assassine all'amico.

Io guardai entrambi prima di concentrarmi su Zabini.

Lui sapeva chi era la misteriosa ragazza?

«Chi?», chiesi, incuriosita, ma nessuno dei due mi considerò, e presto lasciai perdere, cominciando a mangiare dei biscotti al limone.

La mano destra di Malfoy continuava ad essere intrecciata alla mia ed apprezzai molto il fatto che mangiasse con la sinistra, anche se non era mancino, per continuare quel contatto tra di noi.

«Zabini», disse Draco ad un tratto, quasi si fosse ricordato all'istante di una cosa molto importante: «Ti va una scommessa?»

Vidi il mio moro vicino alzare un sopracciglio interessato: «Spara».

Malfoy ridacchio: «Scommetto dieci galeoni che non riusciresti a farti la Weasley entro domani, ma anzi, che ti beccherai un pugno da Potter».

Mi irrigidii di scatto alle parole del biondo, voltandomi verso di lui con gli occhi sbarrati.

«Malfoy, che diavolo...?!»

Mi zittii sentendo le sue dita stringere maggiormente le mie: «Fidati», mormorò, prima di tornare a guardare il suo amico con quell'aria di sfida.

«Solo dieci galeoni?», disse, Zabini, sorseggiando in modo impeccabilmente elegante il suo tè.

«Facciamo venti e una bottiglia di Firewiskey del 1990, un'ottima annata».

Sul volto del moro spuntò un sorriso malizioso: «Accetto».

«Bene».

Si strinsero la mano e l'istante dopo Zabini era già in piedi, diretto verso la mia amica.

«Malfoy! Che diavolo stai facendo?!»

«Volevi che quei due si avvicinassero, no? Cosa meglio della gelosia per far sbloccare Potter dalla sua paura di non esser ricambiato?»

Trattenni il mio istinto manesco, perché in quell'istante avrei voluto prenderlo a calci nel sedere... anzi no, il sedere no, mi piaceva troppo per rischiare di rovinarglielo, meglio uno schiaffo forte... sì, così sarebbe stato per un po' con il segno delle mie cinque dita sulla guancia.

«Lo so che vorresti picchiarmi, ma che ne dici invece di usare tutta questa tue energia per...»

Non finì la frase, non ce n'era bisogno, lo sguardo che mi lanciò la diceva lunga su quello che avrebbe voluto fare.

Quando mi baciò gli morsi la lingua, per fargli silenziosamente capire che tutta quella faccenda non mi piaceva neanche un po'.

Alzai lo sguardo e vidi Zabini che faceva alzare una sconvolta Ginny, facendole il baciamano e poi si avvicinava al suo orecchio per sussurrarle qualcosa.

«Se...» iniziai, ma venni interrotta dalla sua voce sicura: «Se qualcosa va storto e i tuoi due amici non si baciano o mettono insieme, Granger, la nostra scommessa finisce qui».

Rimasi per quelli che mi parvero secoli in apnea, fissandolo negli occhi e vedendo la sua determinazione, mentre dentro di me nasceva il terrore di non poter più stargli vicino come un tempo.

E come cavolo avrei fatto a farlo innamorare di me se la scommessa fosse finita così?

Voltai lo sguardo verso Ginny, che stava sorridendo in modo confuso al moro e poi spostai lo sguardo su Harry e notai subito la tensione della sua postura, sperando che fosse un buon segno.

«Va bene», annuii, anche se ero certa di essere diventata più rigida rispetto a poco prima.

Malfoy non sembrò accorgersi del mio freddo portamento o, se lo notò, non fece alcun commento al riguardo.

Continuai a fare colazione, lanciando ogni tanto occhiate al tavolo di Grifondoro, dove Zabini, con Ginny a braccetto si stava allontanando verso l'uscita della Sala Grande, mentre Harry li fissava con astio e delusione.

Cercai di vedere che reazione avesse avuto Ron, ma notai subito quanto fosse troppo concentrato nel bacio che stava dando a Lavanda Brown per accorgersi d'altro.

Sospirai, sorseggiando il mio tè, mentre pensavo a quanto il comportamento di Ron non mi provocasse nessun fastidio o dolore, ma solo un forte rimpianto.

Sentii la stretta delle dita di Malfoy aumentare e, confusa, mi voltai verso di lui.

Ebbi giusto il tempo di posare la tazza ancora colma di te caldo sul tavolo, prima di ricevere un più che possessivo bacio sulla bocca, che mi colse impreparata.

Sembrava mi volesse dimostrare qualcosa; costringendo in una danza a ritmo di valzer le nostre bocche e lingue. Che diavolo gli era preso?

«Ho bisogno di parlarti», disse, alzandosi e costringendomi a fare lo stesso.

Lanciai un'occhiata di rimpianto ai biscotti al limone che non ero riuscita a mangiare e alla mia tazza di tè, prima di seguire Malfoy fuori dalla Sala Grande.

Ero certa che ce ne saremmo andati in qualche corridoio buio dei sotterranei o in qualche aula vuota se non ci fossimo trovati di fronte Zabini e Harry che si guardavano con astio, mentre Ginny, sconvolta, spostava lo sguardo da un all'altro.

«Che cosa vuoi, Potter?», chiese il Serpeverde, che superava il mio amico di parecchi centimetri per quanto riguardava l'altezza.

Harry si voltò verso Ginny, notando il suo sguardo perso, quasi non capisse per chi parteggiare.

«Zabini ti da fastidio?»

Aggrottai le sopracciglia, sapendo perfettamente come si doveva sentire Ginny, era lo stesso che avevo provato io quando Malfoy non era intervenuto ai tentativi di abbordaggio di Mclaggen.

Fu strano rendersi conto che lo scontro tra i due era avvenuto solo il giorno prima, quando a me sembrava esser passata un'eternità.

«Perché dovrebbe?», il tono astioso della mia amica mi fece capire che si stava sentendo trattata come una bambina e che il comportamento di Harry non era stato nient'affatto gradito.

Vidi un lampo di... qualcosa non ben definito passare negli occhi verdi del mio amico e mi chiesi se avesse finalmente lasciato da parte la sua paura di non essere ricambiato ritrovando la sua solita determinazione, ma a quanto pareva mi sbagliavo.

«Bene, allora».

L'istante dopo era già diretto verso il portone d'ingresso e qualcosa mi disse che fosse diretto da Hagrid.

Lasciai la mano di Malfoy, ancora stretta alla mia, gli diedi un veloce bacio sulla guancia e corsi dietro al mio migliore amico, certa che avesse bisogno di me in quel momento.

Uscita dal portone mi strinsi forte nel maglioncino, rendendomi conto che quell'abbigliamento non era neanche lontanamente adatto al vento gelido che soffiava quel giorno.

«Harry!»

L'unico risultato che ottenni col mio richiamo, fu di fargli aumentare il passo, nel tentativo di distanziarmi più in fretta.

Maledii le scarpe col tacco che avevo dalla sera prima e incominciai a rincorrerlo con passo malfermo e parecchio imbarazzante.

Inoltre mi resi conto di aver dimenticato la borsa col vestito in Sala Grande e sperai che Malfoy tornasse a prenderla o che comunque nessuno la toccasse mentre cercavo un modo di far calmare il Bambino Sopravvissuto-che-si sarebbe-meritato-un-coppino-appena-l'avessi-raggiunto.

«Harry, aspetta!»

Il fatto che si fosse fermato non ero certa che potesse essere interpretato come un buon segno.

Ad un tratto tutto il coraggio che avevo se ne era andato.

Sbuffai appena mi ritrovai davanti a lui che, con le mani nelle tasche di una felpa scura stava guardando ovunque, tranne che verso di me.

Presi un profondo respiro e incrociai le braccia: «Che cosa è...?»

«No, Hermione! Sono io che ti chiedo cosa diavolo sta succedendo! Prima tu con Malfoy e va bene, lo posso anche accettare perché mi hai detto che è tutto sotto controllo, ora Ginny con Zabini che inizia così, di punto in bianco, a corteggiarla. Mi spieghi per favore?!», si portò le dita ai capelli, prima di coprirsi il volto con le mani: «Da un momento all'altro temo che arrivi qualche Serpeverde a conquistare pure me ed il resto di Grifondoro! A me chi spetta? La Bullstrode?»

Avrei dovuto rimanere seria, ma quando sentii le ultime frasi iniziai a ridere di gusto, in un modo che non mi sarei mai aspettata, almeno non in quel momento.

«Ma no, Harry! Ma che dici?!», gli presi le mani, sospese in aria dopo il suo nervoso gesticolare, e mi avvicinai a lui, per fargli capire che ero ancora la sua amica di sempre: «Non devi fare così. Non capisci che Ginny sta cercando in tutti i modi di farti ingelosire? Quando Zabini si è presentata a corteggiarla penso che ne abbia approfittato per farti vedere che si sta stancando di aspettare. Possibile che voi due non vi rendiate conto di piacervi a vicenda? Harry, Ginny non aspetta altro che tu faccia un passo verso di lei, per farle capire che ci tieni!»

Lo vidi abbassare lo sguardo per rimirarsi i piedi e rimanemmo a lungo così, fermi.

«Va bene, ma se...»

«No, Harry. Non ci sono né "se" né "ma". Vai da lei, allontanala da Zabini e baciala. Non devi fare altro».

Lo vidi annuire, ma vedevo che era ancora titubante: «E te? Come stai?»

I suoi occhi verdi puntati nei miei mi fecero sentire quel familiare calore e quella calma che solo lui riusciva a trasmettermi e non potei non sorridere: «Io sto bene».

«Ieri sera tu e Malfoy siete scomparsi» disse, con un tono accusatorio nella voce che mi fece arrossire per la vergogna.

Cosa potevo dirgli: "Scusa, ma siamo andati in camera di Malfoy a continuare per conto nostro i festeggiamenti?"

«Sì, beh, emh... mi facevano male i piedi, allora...»

«Lo so che non sei tornata in camera, Hermione».

Incontrare i suoi occhi accusatori e notare quanto anche lui fosse imbarazzato da quel discorso mi fece mordere forte l'interno guancia.

«Non ti devi preoccupare, Harry».

Ecco, bastava una frase per evitare tanti incomodi interrogatori.

«E invece non posso fare a meno di preoccuparmi, Hermione».

Sospirai, pronta a dover trovare una frase migliore per levarmi da quella situazione imbarazzante: «Lo so, Harry, ma Malfoy è così diverso con me... non che abbia smesso di fare l'antipatico e viziato figlio di papà, ma spesso mi sembra di scorgere molto di più dietro la sua facciata; è come se possedesse una gamma diversa di personalità e ultimamente avesse tirato fuori il Malfoy gentile con me. Mi sento così strana quando sono con lui...», lasciai le sue mani, portandomi le braccia a circondarmi per cercare di trovare confronto dal freddo pungente autunnale: «Mi sento talmente a mio agio con lui a volte che lo chiamo col nome di battesimo e, sai una cosa? Mi piace chiamarlo Draco, mi fa sentire più vicina a lui».

Sospirai, spostando lo sguardo, in modo da abbracciare con gli occhi tutto il verde tinto di rosso e arancione delle foglie intorno a noi, prima di tornare a guardarlo: «Credo di...»

Mi bloccai, il respiro sembrava essersi fermato esattamente all'altezza della gola, come se avessi un grosso groppo impossibile da mandare giù o su.

Sapevo di non essere pronta a confessare a qualcuno di essermi innamorata di Malfoy, così modificai la frase: «...sapere ciò che faccio. Per il momento ho tutto sotto controllo, ma se le cose dovessero andare male posso sempre tirargli un pugno come al terzo anno».

Vidi Harry sorridere e fui felice di esser riuscita a portare la conversazione ad un livello più leggero.

Alla fine tornammo verso il castello spalla contro spalla e quella breve passeggiata mi fece sentire più Grifondoro di quanto non mi sentissi da tanto tempo.

«Sai che Silente mi ha chiesto di recuperare un importante ricordo dalla mente di Lumacorno, no?», mi disse Harry, aggiornandomi su quello che mi ero persa negli ultimi giorni: «Beh, comincio a pensare che non sia così semplice come sembrava all'inizio. Ieri sera dopo la festicciola mi sono trattenuto per parlare col professore, ma l'unica cosa che sono riuscito ad ottenere è stato il suo allontanamento; oggi l'ho incontrato mentre andavo in Sala Grande per colazione e mi ha guardato come se fossi stato un mostro, evitando di parlare con me. Per non dovermi rivolgere la parola ha addirittura iniziato a chiacchierare con la Parkinson ti rendi conto?»

Alla parola Parkinson, avevo sentito una furia omicida che non credevo di poter provare per quella Serpeverde, ma mi ero trattenuta dal mostrare al mio amico la mia più che esagerata reazione con un sorrisino tirato.

«Poi ho arruolato Dobby e Kreacher per spiare Piton», disse con un tono emozionato e spensierato che mi fece storcere il naso.

Sfruttava dei poveri Elfi domestici e me lo diceva così?

«Cosa hai fatto, Harry?!»

Il mio amico si rese probabilmente conto dell'enorme gaffe, dato che alzò subito le mani, come per proteggersi e guardandomi coi suoi enormi occhi verdi oltre le lenti disse: «Ma non è nulla di che, Hermione, ho semplicemente chiesto loro una mano per capire se Piton combina ancora qualcosa di strano. Lo sai che non mi fido di lui!»

Io annuii bruscamente, ancora inorridita per come Dobby e Kreacher si lasciassero sfruttare senza muovere un dito o protestare.

Avrei dovuto ricominciare con la mia fondazione C.R.E.P.A per salvare quei poveri Elfi domestici, dovevo solo trovare il tempo tra un'ora di studio e l'altra per cercare qualche idea per promuovere la mia iniziativa...

«Ma cosa... ?!»

Alzai lo sguardo alle parole del mio amico, lasciando perdere la causa a favore degli Elfi domestici e fissando il mio sguardo sulla scenetta che si svolgeva davanti a noi.

Solo in quell'istante mi resi conto che eravamo entrati nel castello e che eravamo ormai al corridoio del primo piano per raggiungere alcune rampe di scale e che proprio davanti a noi, nel bel mezzo di un incrocio tra corridoi c'erano Ginny e Blaise ad un passo dal baciarsi.

All'istante mi tornarono in mente tutte le volte che Zabini aveva interrotto me e Malfoy e un sorrisino crudele si dipinse sulle mie labbra, mentre aumentavo il passo e cominciavo a muovere il braccio - neanche ci fosse stata una calca di gente tra cui farmi riconoscere - e gridai: «Ginny!»

La mia amica sussultò, allontanandosi dal Serpeverde e si girò subito verso di me.

Le sorrisi, raggiungendo entrambi e le afferrai un braccio: «Allora, che mi racconti?»

La portai quasi di forza il più lontano possibile da Zabini, che sentii borbottare dietro di me e, prima di scomparire dalla vista dell'alto ragazzo moro gli urlai dietro: «Questa volta chi è che non ha chiuso la porta?!»

L'unica risposta che ottenni fu un grugnito piuttosto infastidito.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Cursed bracelet ***


20. CURSED BRACELET



Mi fermai quando arrivammo davanti alla sala comune e, una volta detta la parola d'ordine ed esserci sedute sul divanetto davanti al camino sospirai.

In realtà non sapevo nemmeno io il perché del mio sospiro, semplicemente ero felice di trovarmi di nuovo circondata dai colori rosso-oro della mia casa e di non vedere per un po' il verde e l'argento dei Serpeverde...

Inorridii quando ricordai che il maglioncino che aveva trasfigurato per me Malfoy era proprio color verde e gli lanciai un'occhiata scocciata, correggendo mentalmente il mio pensiero e dicendomi che mi ero quasi del tutto liberata dai colori delle Serpi.

«Hermione, perché siamo corse fino a qui come se ci stessero inseguendo dei Troll di montagna imbizzarriti?»

Ridacchiai a quelle parole, chiedendomi se dovessi accennare alla mia amica il "brillante" piano di Malfoy e il motivo per cui aveva evitato che lei e Zabini si baciassero, ma poi mi dissi che dovevo fidarmi di Malfoy.

«Beh, volevo...», feci una piccola pausa, chiedendomi che scusa avrei potuto inventare, prima di ricevere un'illuminazione e di continuare: «... chiederti come ti è andata la festa di Lumacorno; ti sei divertita?»

Gli occhi di Ginny da perplessi si fecero taglienti e capii all'istante di aver sbagliato domanda.

Accidenti!

«A parte il fatto che mi hai lasciata sola con Harry per praticamente tutta la serata, che mentre tu e Malfoy ballavate tranquillamente io ero costretta a parlare di Quidditch per tenere viva una conversazione con Il-Bambino-Che-Rischia-Di-Non-Sopravvivere-Alla-Mia-Ira e che da quando tu e quella Serpe ve ne siete andati Harry non faceva altro che chiedermi se sapessi dove foste finiti e se conoscessi qualcosa in più su quello che c'era tra di voi, tutto a meraviglia! Ah, per non nominare l'imbarazzo, naturalmente, quando una volta tornati qui, in sala comune, Harry mi ha dato una pacca sulla spalla per augurarmi la buona notte, mentre io mi ero sporta per abbracciarlo! Sai, tutto sommato è stata una serata particolarmente piacevole»

Il tono aspro con cui aveva sottolineato l'ultima parola fece scomparire il sorrisino che mi era comparso al sentire il modo in cui aveva nominato il mio amico e di tutte le scene buffe che mi ero persa con loro due come protagonisti.

«Mi dispiace, Ginny», dissi, sperando con quelle parole di veder tornare sul volto della mi amica il tipico sorriso solare che vedevo sempre addolcirle le labbra.

«Eh, no, cara! Non te la caverai con un "Mi dispiace" questa volta. Ora mi racconterai per filo e per segno cos'è successo ieri sera con Malfoy, e vedi di tirare fuori qualche particolare piccate, chiaro?»

Eccola, quella era la mia amica.

Risi delle sue parole, prima di guardarmi intorno, in cerca di qualche pettegola troppo vicina da cui proteggersi.

Solo in quell'istante notai gli occhi di praticamente tutti i ragazzi di Grifondoro puntati su di me e su Ginny.

Tutta quell'attenzione mi fece aggrottare le sopracciglia per il disappunto.

E ora come facevo a raccontare tutto a Ginny?

«Prefetto Granger! Posso chiederle di rilasciarmi un'intervista?», chiese un fin troppo allegro Colin Canon, con la fedele macchina fotografica al collo e un block-notes in mano, mentre tirava fuori dalla tasca una penna.

«Un'intervista?!»

In tutti questi anni Canon era sempre girato intorno ad Harry, pronto a fargli foto per ogni singola azione e spesso mi ero chiesta come il mio amico facesse a sopportare quella piccola peste bionda ed in quel momento mi posi quella domanda ancora una volta.

«Certo. Un'intervista», annuì con forza il ragazzo, mentre notavo la calca di studenti Grifondoro farsi più vicina al nostro terzetto.

«Ma a quale proposito?»

La mia domanda sembrò cogliere Colin di sprovvista, dato che mi guardò con gli occhi sbarrati e le labbra socchiuse per lo stupore, prima di riprendersi e di muoversi a disagio da un piede ad un altro.

«A quale? Mi sembra logico! A proposito della sua relazione con il prefetto Malfoy!»

Percepii chiaramente un silenzio di tomba circondare l'intera sala comune, mentre io non distoglievo lo sguardo da Colin, cercando di mantenermi impassibile, quando in realtà sarei voluta arrossire fino alla punta dei capelli ed esplodere in una sequenza di rimproveri per fare capire al ragazzo che le sue attenzioni non erano nient'affatto gradite.

Riuscii a prendere un profondo respiro per calmarmi e stavo per mandare dolcemente a quel paese Canon, quando la voce bassa e sibilante di Ginny mi precedette: «Colin, non vorrai che vada in giro a raccontare della tua cotta più che esagerata per Calì, vero?»

Nessuno oltre a noi tre sentì le parole della mia amica e potei notare - con  una nota di soddisfazione, che quasi non riconoscevo - il viso già pallido di Colin sbiancare ulteriormente.

L'istante dopo il ragazzo era fuggito in ritirata e io guardavo Ginny con tutta l'ammirazione che mi era possibile: «Sei stata grande!», le dissi.

Lei sorrise: «Andiamo a cercare un posto tranquillo dove tu possa svuotare il sacco senza che qualcuno ci senta, Herm».

Risi alle sue parole, prima che ci alzassimo e uscissimo dalla sala comune, dove il silenzio dei corridoi ci accolse.

Raggiungemmo un piccolo cortiletto interno della scuola, dove pochi ragazzi stavano passeggiando e io mi accomodai su una panchina in pietra, ghiacciata, facendo segno alla mia amica di tenermi compagnia.

«Spara», mi disse, avvolgendosi maggiormente nel suo mantello e io la invidiai, rendendomi conto di aver ancora solo quel maglioncino verde addosso.

«Non so da dove iniziare», ammisi, cercando un modo per abbassare quella gonna e di cercare sollievo contro il freddo.

«Prova dall'inizio».

A quella parole un piccolo ghigno mi comparve in volto: «Beh, tutto è iniziato quando ci siamo baciati dietro ad una delle tende nella stanza e lui faceva l'arrogante, direi. Sì, è stato per questo che poi l'ho portato in bagno e...»

Le facce sconvolte e maliziose di Ginny mi fecero perdere il filo del discorso molte volte, mentre le raccontavo della notte indimenticabile che avevo appena trascorso con Malfoy e di come mi ero sentita unica tra le sue braccia.

«Oddio, Herm! Ma allora fai sul serio con lui!»

Io aggrottai le sopracciglia a quella parole, prima di annuire: «Ginny, temo di essermi innamorata per davvero questa volta».

La mia ammissione la fece sussultare, ma non perse il suo sangue freddo e annuì, afferrandomi la mano.

«Spero per lui che non ti faccia soffrire se no se la dovrà vedere con me».

Sorrisi alle sue parole, gettandomi tra le sue braccia e stringendola tra le mie.

Era bello sapere che qualsiasi cosa fosse successa avevo Ginny a sostenermi.

«Ginevra! Ti ho cercata ovunque!»

La voce di Blaise Zabini interruppe quel momento tra amiche e avrei voluto picchiarlo ma, quando mi voltai, rimasi sconvolta e senza parole.

Il Serpeverde aveva in mano un mazzo di rose rosse che porse con un inchino galante alla mia amica, facendole un occhiolino con un sorrisino malizioso sulle labbra.

«Zabini, sono stupende! Grazie!»

L'espressione di felicità sul viso della mia amica mi fece aggrottare le sopracciglia e storcere il naso. Dovevo assolutamente parlare con Malfoy; il piano non stava andando come doveva.

«Hermione, Ginevra! Che piacere vedervi! Alla fine ieri sera vi siete divertite?», la voce delicata di Luna mi rese all'improvviso di buon umore, mentre vedevo spuntare la sua figura esile e delicata da dietro il metro e novanta di Zabini, che la fissava con una smorfia.

Povero, era stato interrotto nuovamente durante il suo tentativo di conquista.

«Oh, ma che belle rose!», esclamò Luna, avvicinandosi per annusarne l'odore, quando all'improvviso sbarrò gli occhi: «Lo sapete che i fiori in questo periodo attirano le Piastelle

Tutti e tre, compreso il Serpeverde, lanciammo uno sguardo perplesso alla Corvonero, che con quella luce sembrava avere i capelli bianchi e non biondi.

«Pia-che?», chiese Zabini, voltandosi del tutto verso Luna, che lo ricambiò con un sorriso smagliante.

Lei adorava quando qualcuno le chiedeva di quale starna creature stesse parlando, sfortunatamente per me lo sapevo fin troppo bene, dato che un tempo avevo trovato insopportabile il fatto che la Corvonero parlasse in continuazione di cose che io ignoravo. Dopo un paio di volte che mi aveva riempita di informazioni inutili - a mio parere - ci avevo fatto l'abitudine e avevo smesso di fare domande.

«Oh, non sai cosa sono le Piastelle?»

A quel punto io e Ginny, che sapevamo perfettamente come sarebbe andato a finire il discorso, facemmo finta di niente ed incominciammo ad indietreggiare verso il corridoio più vicino, mentre un ignaro Zabini, prestava fin troppa attenzione alle parole della Corvonero, tanto da porgerle ulteriori domande di chiarimento.

«Fuggiamo?», chiese Ginny.

«Altroché!»

Dopo dieci minuti eravamo al sicuro che passeggiavamo lungo un corridoio deserto, mentre io mi rendevo conto di non aver pensato allo studio per nemmeno un secondo e mi sentivo in colpa per aver così trascurato i miei doveri di studentessa modello, Ginny interruppe il corso dei miei pensieri: «È stato un gesto carino da parte di Zabini, perché Harry non segue da lui delle lezioni di buone maniere?», chiese con tono, leggermente aspro, mentre annusava l'odore delle rose e se le portava al petto.

«Di sicuro Zabini ha in mente qualcosa», dissi, sperando che la mia amica mi desse retta senza fare troppe domande.

«Allo stesso modo in cui io penso che Malfoy abbia in mente qualcosa, se no non sarebbe così dolce e zuccheroso con te, eppure tu continui a fidarti di lui o sbaglio?»

Colpita ed affondata.

Abbassai lo sguardo, storcendo le labbra, mentre ripensavo a tutte le volte che ero stata con Malfoy nell'ultimo periodo, rendendomi conto di aver perso il conto di tutti i nostri incontri.

«No, non sbagli», ammisi sospirando, prima di ricordarmi della promessa che avevo fatto a me stessa quella notte e di decidere di chiedere aiuto alla mia amica: «Ginny? Devi aiutarmi».

La vidi annuire, titubante, mentre con lo sguardo mi domandava silenziosamente in cosa potesse essermi utile.

«Devi aiutarmi a far innamorare Malfoy di me!»

I suoi occhi scuri quanto i miei si spalancarono ancora di più a quelle parole, prima che un ghignetto malefico comparisse sulle sue labbra: «Non sarà troppo complicato in fondo se è sincero quando ti guarda in quel modo da: "Sto per saltarti addosso e strapparti i vestiti" siamo ad un buon punto!»

Mi fece l'occhiolino ed io risi delle sue parole.

Stavamo per dirigerci verso la sala comune per sederci un po' a chiacchierare prima di pranzo, quando la nostra attenzione fu attirata da un gruppo consistente di ragazzi che intasavano un corridoio del secondo piano.

«Ma cosa sta succedendo?», chiese Ginny, alzandosi sulle punte dei piedi per guardare oltre le teste dei ragazzi più grandi.

Non riuscimmo a vedere la scena, ma riuscimmo a sentire chiaramente una voce alterata dal terrore: «Aiuto! Chiamate aiuto, maledizione!»

Sussultai a quelle parole, mentre mi facevo spazio tra i ragazzi fino a ritrovarmi davanti Katie Bell a terra che  si agitava tra urla e gemiti di dolore.

Rimasi sconvolta con gli occhi sbarrati, mentre sentivo il sangue freddo che raramente avevo avuto, ma che in situazione di pericolo compariva sempre, mentre guardavo l'amica di Katie con sguardo serio.

Prima di chiederle informazioni, mi voltai verso Ginny: «Vai a cercare qualcuno!»

Non se lo fece ripetere e corse via alla velocità della luce.

Tornai a concentrarmi su quella ragazza di cui non ricordavo il nome: «Cos'è successo?»

«Katie... io gliel'avevo detto! Ma n-non mi ha voluto ascoltare! Eravamo andate a-a fare un veloce giro ad Hogsmade... siamo entrate ai "Tre M-manici di Scopa" per bere una Burrobirra. Quando è tor-tornata dal bagno Katie aveva un pacchetto e continuava a dire c-che doveva consegnarlo a tutti i costi, ma non voleva dirmi a chi... era strana e-e quando siamo arrivate q-qui ha detto di essere troppo curiosa e di voler da-dare un'occhiata al contenuto... quando ha preso in mano quel bracciale... Merlino!»

I miei occhi si posarono sull'oggetto nominato dalla ragazza e notai parecchi ragazzi troppo vicini a quell'oggetto. Mi alzai e dissi a tutti di allontanarsi di qualche passo e di non toccare il braccialetto se non volevano fare la fine di Katie.

Fortunatamente in quell'istante arrivò una trafelata professoressa McGranitt, intorno alla quale si muovevano gli orli del suo mantello. Subito dietro di lei c'era Ginny, con gli occhi sbarrati dall'orrore.

La donna si portò la mano a coprirle la bocca, mentre gli occhi si aprivano in maniera preoccupante: «Leanne», disse, rivolto alla ragazza seduta accanto a Katie: «Cos'è successo?»

Sarei potuta rimanere a sentire nuovamente la storia, ma la mano salda di Ginny mi afferrò per il braccio, costringendomi ad uscire dalla calca di gente.

«Katie sta bene?»

A quelle parole realizzai che per la mia amica doveva essere un brutto colpo, essendo Katie Bell una delle ragazze, oltre a lei, a giocare nella squadra di Quidditch di Grifondoro.

«Non lo so, continuava a contorcersi... lo vedi quel braccialetto?», le indicai il gioiello, ancora a terra, proprio mentre la professoressa McGranitt lo faceva lievitare con un incantesimo e lo riponeva nuovamente tra la carta in cui era stato avvolto: «Probabilmente è stato stregato, magia oscura, e quando Katie l'ha toccato... beh...»

Non trovai altre parole da dire, mentre Ginny mi coinvolgeva in un forte abbraccio.

La consolai come potei, accarezzandole i capelli e sussurrandole che tutto si sarebbe sistemato.

Sentendo la campana di Hogwarts scoccare mezzogiorno decisi di portare la mia amica fino alla Sala Grande, lontano da quel corridoio del secondo piano, nel vano tentativo di tranquillizzarla.

Ginny però era sempre stata una ragazza forte e arrivata al piano terra aveva perso il pallore che l'aveva sbiancata dopo aver visto Katie Bell a terra ed era tornata ad essere lei stessa, anche se ancora scossa.

Io non conoscevo Katie, ma potevo dire di essere ugualmente sconvolta dall'accaduto. Continuavo a chiedermi chi potesse aver fatto una cosa del genere, ma continuavo a non capire il motivo di un comportamento simile da parte di uno studente, inoltre poteva anche darsi che fosse stato qualcuno fuori dalle mura della scuola a consegnare quel braccialetto a Katie.

Giunta in Sala Grande, notai molti ragazzi parlare in modo concitato tra di loro, con guardi di sconcerto e paura.

Non mi ci volle molto per capire che l'accaduto era già sulla bocca di tutti e per un solo istante provai una sorta di sollievo al pensiero che per una volta la gente non stesse spettegolando su me e Malfoy. L'istante dopo mi stavo già sgridando per la mia stupidità e leggerezza in una situazione così delicata.
Harry ci venne incontro: «Avete saputo?» disse, guardando Ginny con gli occhi verdi pieni di stupore.

Io annuii: «Abbiamo addirittura assistito».

«Davvero? Raccontami tutto!»

Mi si strinse il cuore, quando Harry, notando la sofferenza della più piccola di casa Weasley, le passò un braccio sulle spalle e la accompagnò fino al tavolo di Grifondoro.

Dopo aver esposto in modo piuttosto esauriente la questione ad Harry e ad un, per una volta attento a ciò che lo circondava, Ron, mi sentii svuotata da tutte le emozioni.

Mi sentivo strana, continuavo a pensare a com'era potuto accadere e a cosa avrei fatto se fosse successo a qualcuno importante per me.

Lanciai un'occhiata a Ginny.

Se fosse successo a lei sarei andata fuori di testa probabilmente.

Ero persa nei miei pensieri quando una sensazione non ben definita mi fece voltare verso l'ingresso della Sala Grande.

Incontrai un paio di occhi grigi e vidi il proprietario dirigersi con passo sicuro verso di me.


«A pranzo mangi tu al mio tavolo?»

«Vedremo»


Mi irrigidii per un istante, chiedendomi se avesse preso le mie parole come un vero invito e, mentre vedevo Malfoy sedersi accanto a me, capii che era un sì.

Quando gli avevo posto quella domanda mi aveva creduto.

Ignorai tutti gli occhi - piuttosto ostili - che ci lanciavano i miei compagni Grifondoro e quelli stupiti di altre case, ma soprattutto finsi di non vedere gli occhi sbarrati di Ron che lanciava ogni tanto occhiate interrogative ad Harry e Ginny, come a voler ricevere una conferma che quello che stava vedendo fosse reale e non frutto della sua immaginazione.

Lasciai tutti quegli occhi fuori da quella bolla in cui ero stata circondata quando Malfoy mi aveva raggiunta.

«Ho saputo», disse semplicemente, prima di sporgersi verso di me per darmi conforto ma, prima che potesse fare qualsiasi movimento, lo anticipai gettandomi tra le sue braccia e stringendolo a me.

«Lo sai che questa mattina quando ti avevo chiesto di mangiare qui scherzavo, vero?»

Lo sentii ridacchiare: «Certo, ma ero troppo curioso di vedere la faccia dei tuoi cari amici se mi fossi accomodato qui, al tuo fianco, per pranzo».

Rimanemmo in silenzio per alcuni istanti, prima che io allentassi un poco la presa.

«Non ti preoccupare, da questa sera torna tutto come prima, nessuna gita in tavoli di diverse case. Non vorrei che l'imbarazzo ti uccidesse».

Alle parole di Malfoy gli tirai scherzosamente un pugno sul braccio facendolo ridacchiare: «Manesca come al solito vedo».

Sbuffai alle sue parole, tentando di rimanere più impassibile possibile per non dargli la soddisfazione di vedermi infastidita dal suo malcelato insulto.

«Fingerò di non aver sentito»

«Vuoi forse dirmi che non è vero?», sussurrò contro il mio orecchio, mordendomi la pelle appena sotto la tempia: «Mi sto sinceramente chiedendo se ti diverti a farmi del male...»

«Se anche fosse...», iniziai, ma venni interrotta dalle sue parole sussurrate contro la mia pelle: «Anche se i segni che ho sulla schiena da ieri sera sono una prova abbastanza schiacciante».

Ghignai a quelle parole, pensando a quando mi ero aggrappata alla sue schiena per averlo più vicino di quanto già non fosse.

«Ti stai lamentando, Malfoy?»

La sua occhiata maliziosa mi rispose piuttosto chiaramente, mentre afferrava un piatto e cominciava a mangiare, tenendomi per mano.

Apprezzai il suo tentativo di distrarmi da ciò che era accaduto a Katie Bell e sorrisi.

Quella volta toccò a me mangiare con la mano sinistra per non interrompere il contatto tra le nostre mani.





_________________________


n.d.a: Le Piastelle me le sono inventate! xD

n.d.a: Nel libro: "Harry Potter e il Principe Mezzosangue" è una collana maledetta a dover consegnare Katie Bell, io ho cambiato solo l'oggetto ma il suo scopo è lo stesso!

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Jealousy and doubts ***


21. JEALOUSY AND DOUBTS



Aprii il volume di Erbologia e lo sospinsi verso il centro del tavolo della Biblioteca, mentre afferravo una pergamena pulita, una boccettina d'inchiostro e una piuma.

Iniziai la relazione che ci era stata assegnata dalla professoressa Sprite sui Pugnacio, sporgendomi ogni tanto verso il volume per prendere spunto, ma senza mai copiare le frasi.

Arrivata però a metà della pergamena sospirai.

Per quanto mi impuntassi a voler concludere quel compito era la terza volta che lo iniziavo e come le due precedenti mi perdevo sempre a pensare a Malfoy. In realtà mi sarebbe piaciuto averlo seduto dall'altra parte del banco, così da poter chiacchierare un po' con lui, vederlo sorridere...

No!

Strinsi la presa della mano intorno alla piuma e tornai al compito.

Rilessi le ultime due righe che avevo scritto pochi istanti prima, ma le parole scivolavano nella mia mente senza significato, come se fossero appartenute ad un'altra lingua a me sconosciuta.

Inspirai a fondo e mi imposi una maggiore concentrazione.

Tornai a svolgere il mio compito e per circa una decina di minuti riuscii egregiamente nell'intento, sentendomi fiera di me.

Poi il ricordo delle sue mani che come fuoco sfioravano la mia pelle mi fece posare la penna e portare le mani al viso, coprendomelo.

Che cosa mi stava succedendo? Dannazione, di solito lo studio era la mia oasi di pace, dove potevo concentrarmi su qualcosa che non fosse la mia vita disastrata ed ora...

Cielo! Che cosa mi aveva fatto Malfoy?

E se mi avesse rifilato dell'Amortentia senza che io me ne rendessi conto?

Inorridii a quel pensiero e scossi la testa, portando le mani sul banco e guardando senza vederlo veramente il compito di Erbologia.

Sentii un rumore di passi ed istintivamente mi voltai verso l'ingresso della Biblioteca.

Vidi Demelza Robins con alcuni libri tra le braccia entrare con passo deciso e dopo poco passarmi accanto, mi fece un veloce cenno con il capo ed io ricambiai il saluto.

La vidi scomparire oltre degli scaffali e tornai al mio compito.

Inutile mentire con se stessi; avevo sperato che a varcare quella soglia fosse un'altra persona, magari di sesso maschile, alto un metro e ottantacinque circa, con dei magnetici e freddi occhi grigio-azzurri e delle labbra ben delineate create apposta per baciare ed essere baciate.

Strinsi le labbra e chiusi le mani a pugno, mentre mi intimavo con veemenza di smetterla immediatamente.

Abbassai come un robot programmato il volto verso il compito e tornai a prendere tra le mani la piuma, vergando con la concentrazione ritrovata ancora qualche riga del compito.

La relazione sui Pugnacio doveva essere consegnata entro nove giorni e non potevo permettermi di rimanere indietro in qualsiasi modo rispetto alla mia tabella di marcia.

Girai la pagina del volume davanti a me e vidi poco distante Demelza che si asciugava gli occhi con un fazzoletto bianco.

In quell'istante realizzai che anche lei faceva parte della squadra di Quidditch e che doveva aver saputo di quello che era successo a Katie.

Mi si strinse il cuore e dal nulla mi comparve un groppo in gola.

La mia vita mi stava letteralmente sfuggendo di mano e non mi sembrava di aver abbastanza tempo per trovare una soluzione a tutti i miei problemi.

Al primo posto c'erano Malfoy e quella stupida scommessa che sarebbe ancora durata circa venti giorni e l'ansia di non sapere quale sarebbe stata la prossima mossa di quel biondo Serpeverde.

Poi era il turno di quel braccialetto stregato e il terrore di non sapere il suo significato, insomma, a chi poteva essere indirizzato? Ad una donna forse? Oppure il fatto che fosse un oggetto femminile non c'entrava  nulla e l'obiettivo era un uomo?

Ed infine nella classifica dei miei problemi c'era Ron, con il quale non parlavo, nemmeno del più e del meno, da quelli che mi sembravano secoli interi e che in realtà mi mancava molto.

Tornai a guardare Demelza che, a parte gli occhi arrossati, non lasciava trapelare nessun'altro segno della sua sofferenza e del pianto che l'aveva colta fino a pochi secondi prima.

Mi morsi forte il labbro inferiore, prima di costringermi nuovamente ad abbassare lo sguardo sulla relazione di Erbologia.

Dopo una ventina di minuti riuscii a concludere la pergamena di compito, prima di tirarne fuori un'altra e di ampliare il compito di alcune righe come ogni volta.

Mi stavo perdendo a descrivere nei minimi dettagli le ultime qualità della pianta quando sentii la sedia di fronte alla mia scostarsi e qualcuno che ci si lasciava cadere con uno sbuffo sonoro.

Sorrisi, sapendo perfettamente chi mi stava di fronte.

«Ciao, Ginny», salutai, prima di alzare lo sguardo e di notare come la mia amica sembrasse stremata.

«Ciao», disse, appoggiando i gomiti sul tavolo e lasciando cadere il volto tra le mani: «Sapevo di trovarti qui ed avevo bisogno di sostegno femminile».

«Sostegno femminile?», chiesi, non capendo a cosa si riferisse, mentre rileggevo distrattamente tutta la relazione, gongolando di felicità al voto strepitoso che avrei preso.

«Zabini mi sta alle calcagna come un mastino e non riesco a capire se sia a causa di un filtro d'amore che qualcuno gli ha per sbaglio rifilato o se non abbia nulla di meglio da fare e per questo mi abbia preso di mira come nuovo giocattolo o se sia davvero interessato a me».

Sospirai alle parole di Ginny, mentre posavo i miei volumi e le dedicavo pienamente le mie attenzioni, chiedendomi se fosse il caso di dirle ciò che sapevo.

«Cosa succede ai Serpeverde? Sono stati morsi dalla tarantola dell'amore?»

Risi alle sue parole, perdendomi a pensare al viso di Malfoy e alla promessa che avevo fatto a me stessa la sera precedente.

Sarai mio, Malfoy, tutto mio...

«A proposito di serpi innamorate, non mi hai detto tutti i particolari della notte passata con Malfoy! Su, inizia!»

Una smorfia mi comparve sul viso: «Ma se ti ho già...»

«Eh no, carina, mi hai detto cos'è successo, ma io voglio ogni singolo dettaglio!»

Sospirai: «Cosa vuoi sapere?»

Un luccichio malizioso nelle sue iridi mi fece pentire di averle lasciato la libertà di chiedere ciò che voleva.

«Dunque... Voglio sapere se ti ha detto qualcosa, in che modo ti ha spogliata, quante volte l'avete fatto... ah! Che incantesimo contraccettivo avete usato? Perché ho sentito che ce ne sono più di uno...»

Stavo per risponderle in modo esauriente quando mi bloccai, la gola di colpo secca e un peso insostenibile all'altezza dello stomaco.

«Hermione? Stai bene? Sei pallida...»

Ma sentii le sue parole solo relativamente, nella mia mente continuavo a ripetere due parole: incantesimo contraccettivo, incantesimo contraccettivo, incantesimo contraccettivo, incantesimo contraccettivo...

"Oh, merda!"

Dovevo cercare Malfoy, magari mi ero solo persa quel passaggio, in fondo la sera prima mi sentivo parecchio tra le nuvole per capire al 100% quello che accadeva...

Merlino, dimmi che non sono incinta!

«Herm?»

"Sono troppo giovane, non posso avere un bambino!"

«Hermione!»

Mi riscossi, mettendo a fuoco il viso preoccupato di Ginny e notando poco lontano altri ragazzi che si erano voltati a guardarmi.

Inspirai a fondo, prima di tentare un sorriso, ma l'unica cosa che venne fuori fu una smorfia.

«Tutto bene», ma dalla mia voce stridula e di qualche ottava troppo alta si poteva benissimo capire che non andava affatto tutto bene.

Mi imposi contegno e mi alzai, afferrando le mie cose: «Andiamo in stanza? Ho bisogno di una doccia».

Appena pronunciai quelle parole però me ne pentii; non volevo perdere l'odore di Malfoy sulla mia pelle...

Strinsi le mani a pugno, mentre Ginny mi affiancava e mi diedi della stupida fino all'arrivo alla torre Grifondoro.

«Maltafinocchia», disse Ginny, ignorando la Signora Grassa che tentava di attirare la nostra attenzione con una canzone stonata.

Per tutto il tragitto mi ero mossa come un robot, ogni passo che facevo era un insulto rivolto a me stessa o a Malfoy o a Merlino stesso, e mentre salivo le scale che portavano ai dormitori femminili continuai imperterrita nella mia litania mentale.

Senza fare troppa attenzione a ciò che facevo posai i miei libri e le pergamene sopra il baule ai piedi del letto, prima di bloccarmi lì, in piedi al centro della stanza con lo sguardo perso nel vuoto.

Ero così patetica che gli insulti rivolti a me stessa erano aumentati considerevolmente, mentre quelli a Merlino erano quasi scomparsi.

In fondo che ne poteva lui?

Ero stata io a sbagliare...

«Hermione, dimmi che cos'hai! Che ti ha fatto Malfoy?»

Mi sforzai di concentrarmi su Ginny e finalmente permisi alla mia maschera impassibile di scivolare, mentre stringevo forte le labbra in una linea retta e aggrottavo la fronte.

«C'è un problema», sussurrai con un filo di voce, ma non le permisi di ribattere, muovevo una mano per intimarle silenzio: «Non mi ricordo che Draco abbia usato un incantesimo contraccettivo».

Vidi i grandi occhi scuri di Ginny spalancarsi e le sue labbra tremare: «Sei sicura?»

«No, è questo il problema».

Vidi Ginny annuire in maniera distratta, prima di correre ad abbracciarmi.

Inutile fingere, quello era proprio il contatto di cui avevo bisogno per calmarmi almeno un po'.

«Devi parlare con Malfoy».

«Lo so, appena termina la cena gli parlerò».

Annuimmo entrambe, stringendoci in un abbraccio stritolatore.

Per quanto cercassi di calmarmi il mio cuore continuava a martellarmi nel petto ed ero tremendamente spaventata.

Ma come poco prima mi imposi di avere coraggio, indossai un paio di jeans e un maglione azzurro, lanciando un'occhiata agli abiti trasfigurati da Malfoy, chiedendomi se dovessi farli tornare alla normalità e riportarglieli.

Venni distratta dai miei dubbi dalla voce di Ginny: «Vuoi farti una doccia o...»

«No, andiamo».

Avevo cambiato idea, volevo illudermi ancora di avere l'odore di Malfoy addosso, anche se senza la gonna e quel maglioncino verde mi sentivo come un soldato senza armatura.

Inspirai a fondo, posando la bacchetta nella tasca posteriore dei miei jeans.

Percorremmo il tragitto fino alla Sala Grande con passi misurati, senza dire una parola, ma ogni tanto ci lanciavamo delle brevi occhiate, quasi volessimo assicurarci della presenza dell'altra.

Appena entrammo notai molti sguardi puntarsi su di noi, ma finsi indifferenza, mentre sollevavo il mento con fare superiore e mi sedevo al tavolo rosso-oro.

La mia tattica di difesa mi fece sentire più tranquilla, ora che avevo innalzato un muro tra me e gli altri potevo rilassarmi almeno un po'.

Il fatto di essere forse in dolce attesa mi rendeva più nervosa del solito e quando sentii una mano posarsi sul mio braccio trasalii.

Mi ripresi quando incontrai un paio di occhi azzurri familiari.

«Ciao, Ron», lo salutai, guardandolo incuriosita.

Era da tanto che non parlavamo e notare come la Brown non fosse appesa al suo braccio mi fece sentire istantaneamente meglio.

Quella ragazza proprio non la sopportavo.

«Ciao», il suo tono imbarazzato mi fece preoccupare.

«Tutto bene?», chiesi, gentilmente, mentre avvicinavo il vassoio dell'arrosto e ne prendevo una fetta.

Lo sentii borbottare qualcosa di indefinito e poi i suoi occhi tornarono a fissarsi nei miei: «Tu mi chiedi se va tutto bene?»

Aggrottai le sopracciglia: «Perché non dovrei?»

Il mio tono aspro doveva averlo allarmato o stupito perché lo vidi riscuotersi.

«Herm, dimmi che tra te e Malfoy non c'è nulla e che la sua visita al nostro tavolo a pranzo era solo un brutto, anzi pessimo, scherzo».

Assottigliai lo sguardo, afferrando un vassoio con all'interno verdure al vapore e ne prendevo un po' nel piatto.

«Perché dovrei, Ronald. In fondo ognuno ha il diritto di stare con chi vuole».

Colpito.

«Certo, lo so», disse quasi ringhiando: «Ma perché proprio Malfoy?»

Sospirai: «È come se io ti chiedessi perché la Brown, Ron. Concorderai con me che è una domanda senza senso».

Ignorai i suoi tentativi di dire altro e mangiai quello che avevo nel piatto con grande appetito.

Studiare mi faceva sempre venire fame.

In quell'istante notai un movimento ai lati del mio campo visivo e notai, alzando lo sguardo, Zabini che si dirigeva a passo deciso verso Ginny, seduta proprio davanti a me.

Lanciai uno sguardo alla mia amica, per dirle di girarsi, ma ormai il moro era già arrivato e si era inginocchiato accanto alla piccola di casa Weasley.

«Ginevra, posso parlarti?», chiese Zabini, prendendole una mano e facendola alzare.

La mia amica sembrava troppo sconvolta per poter opporre resistenza.

«Zabini, cosa...?», iniziò Ginny, ma venne interrotta dal ragazzo: «Ti prego, chiamami Blaise».

Che situazione!

Continuavo a lanciare occhiate tra i due, mentre lui sussurrava alla mia amica qualcosa all'orecchio e lei faceva una smorfia piacevolmente stupita.

Aggrottai la fronte, mentre mi rendevo conto che Ron non stava prestando attenzione alla scena davanti ai suoi occhi, ma continuava a guardare me.

Mi voltai verso di lui per fargli notare le grinfie in cui era finita sua sorella, ma le parole del rosso mi impedirono di parlare, mentre una sua mano aveva afferrato il mio braccio: «Ti ha fatto un incantesimo, Herm! Oppure si sta prendendo gioco di te, ma non lo vuoi capire? E poi Lavanda non c'entra, lei non è una Serpeverde o figlia di Mangiamorte! E guarda caso Malfoy è entrambe le cose! Torna in te, Hermione!»

Guardai Ron sconvolta: «Non essere ridicolo, Ronald! Pensi davvero che io sia sotto l'effetto di un incantesimo? Mi ritieni così... ingenua?»

Voltai lo sguardo verso il mio piatto con fare scocciato e deluso.

Sì, Ronald Weasley mi aveva deluso.

«Ginny, cara...», la voce del Serpeverde mi fece alzare lo sguardo e notai come stesse stringendo le mani della mia amica tra le sue.

«Zabini!»

Quel cognome, pronunciato da Harry, sembrava essere un insulto.

Vidi gli occhi della serpe assottigliarsi per il fastidio di esser stato interrotto, di nuovo, mentre Ginny spostava lo sguardo tra i due ragazzi.

Harry si era alzato e con uno sguardo furioso si era messo tra i due: «Vattene», disse e quando ricevette uno sguardo annoiato e per nulla impressionato da Zabini decise di attaccare.

Osservai con un misto di sconcerto e orrore il braccio destro di Harry che si muoveva verso il viso del Serpeverde e dopo due secondi colpire il ragazzo proprio sullo zigomo pronunciato.

Sbarrai gli occhi quando Zabini perse l'equilibrio e cadde a terra e rimasi ancora più sconvolta quando Harry, voltandosi verso Ginny, la baciò.

La Sala Grande sembrava essersi immobilizzata, non una mosca osava ronzare e il primo movimento che notai furono le braccia di Ginny che andarono a circondare il collo del mio amico, prima che applausi e fischi dai tavoli di Grifondoro, Corvonero e Tassorosso si diffondessero, sovrastando le urla di disgusto e protesta dei Serpeverde.

Notai come Zabini, ancora a terra, avesse assottigliato lo sguardo e poi mi stupii a guardare Malfoy, dall'altra parte della sala, che si dirigeva verso l'uscita.

Mi dissi che dovevo raggiungerlo, dovevo parlargli, ma la mia attenzione venne calamitata da una figurina minuta e bionda che dal tavolo di Corvonero si diresse verso Zabini.

Notai con ancora più sconcerto Luna che chiedeva al Serpeverde se stava bene e gli porgeva una mano per alzarsi.

Inutile dire che Zabini evitò il contatto e, una volta in piedi, scomparve in pochi istanti fui dalla Sala Grande, mentre Luna scuoteva la testa rassegnata e tornava al suo posto.

Tutti quegli avvenimenti in pochi istanti mi crearono una gran confusione in testa che si diradò solo quando notai con orrore che Malfoy era ancora in sala e stava parlando con la Parkinson.

In quell'istante vidi rosso, letteralmente, ed ebbi l'impulso di alzarmi e prendere quell'oca per i capelli, allontanandola dal mio...

Strinsi le labbra, rendendomi conto che io non avevo nessun diritto su di lui; non ero nemmeno la sua ragazza, potevo però forse definirmi sua amante?

Forse.

Comunque il modo in cui quel Carlino stava accarezzando il braccio di Malfoy mi fece stringere gli occhi a fessura. 

«Dimmi che Harry non sta baciando mia sorella in questo istante».

Le parole di Ron mi fecero sussultare, ero talmente presa dai miei pensieri che mi ero totalmente dimenticata della sua presenza al mio fianco.

Gli diedi una piccola pacca solidale sulla spalla, mentre non distoglievo lo sguardo da Malfoy che, mentre parlava con la sua promessa sposa, sembrava impenetrabile.

Li vidi discutere e alla fine la Parkinson gli tirò uno schiaffo dritto in faccia.

Una morsa di odio mi fece fremere, mentre mi imponevo di rimanere seduta al mio posto.

Draco disse ancora poche parole e poi se ne andò, lasciando la Serpeverde sconvolta a fissarsi la mano con la quale aveva offeso la guancia di Malfoy, come se non credesse al suo gesto.

La gelosia e la rabbia lasciarono spazio al desiderio di rimanere sola con Draco per parlargli; dovevo assolutamente chiedergli se aveva o no usato l'incantesimo contraccettivo.

Mi alzai, ignorando il mio piatto ancora mezzo pieno, e sorridendo appena alla vista di Harry e Ginny fronte contro fronte che si guardavano sorridendo, corsi dietro a Malfoy.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Quarrels and a drunk Draco ***


22. QUARRELS AND A DRUNK DRACO

 


Lo raggiunsi all'ingresso dei sotterranei ed afferrai il suo mantello, per bloccarlo: «Draco?»

Non disse nulla, semplicemente si voltò verso di me e mi strinse in un'abbraccio stritolatore.

Rimanemmo così a lungo, tanto che io mi dimenticai per lunghi minuti il motivo per cui l'avevo seguito, prima di scostarmi appena da lui e di accarezzargli la guancia colpita dalla Parkinson.

Vidi un lampo di... qualcosa passare negli occhi di Malfoy e l'istante dopo alcuni centimetri dividevano i nostri corpi.

Non ne capii il motivo e aggrottai le sopracciglia: «Stai bene?»

Lo vidi lanciarmi uno sguardo scocciato: «Ovviamente».

Il suo tono di voce aspro mi preoccupò e mi chiesi se ce l'avesse con me: «Sei...?»

Mi prese i polsi tra le mani, spingendomi con poca delicatezza contro il muro vicino a noi, fino a far cozzare la mia schiena contro la pietra fredda.

Non gliel'avrei mai fatto capire, ma mi aveva fatto male.

Strinsi le labbra, pronta a sentire il motivo della sua maleducazione.

«Permetti a Weasley di toccarti ancora una volta e lui si ritroverà senza mani!», il suo tono rabbioso mi fece male, eppure le sue parole assunsero dentro di me un significato più profondo che mi fece sperare.
Era per caso geloso? Di me?

«Non mi piace dover dividere ciò che è mio, Granger. E scommessa o no: tu sei mia»

«E tu, Draco? Sei mio?»

Vidi un lampo di genuino stupore sul suo viso e la presa sui miei polsi si allentò leggermente: «Se è ciò che vuoi, Granger».

Maledetto! Aveva rigirato le parole come voleva lui per portarmi ad un passo falso. Voleva che gli dicessi che tenevo a lui? Beh, se lo poteva scordare!

«E tu, Malfoy? Cosa vuoi?»

Mi complimentai con me stessa e sollevai appena il mento, come per sbattergli in faccia il mio sorrisino sfrontato.

«Come mai sei tornata a Malfoy, Granger? Fino a due istanti fa ero Draco».

Trattenni un ringhio e strinsi ancora di più le labbra.

«Beh, anche io ieri sera sono stata Hermione e non Granger».

Vidi i suoi occhi sbarrarsi appena, prima di stringersi di nuovo.

«È un tentativo per spingermi a chiamati per nome più spesso, Mezzosangue?»

«E il tuo lo era?», digrignai i denti per fargli capire che non avevo apprezzato l'insulto con cui mi aveva apostrofato.

«No, dato che mi chiami Draco senza bisogno di incitamenti».

Mi morsi forte il labbro inferiore, stanca di quel teatrino, ma decisa a non farmi mettere i piedi in testa da quello stupido furetto.

«Che cosa voleva la Parkinson?»

Altro stupore sul suo viso, ma ancora una volta lo nascose dietro ad un ghigno: «Sei gelosa, Granger?»

«Non essere ridicolo, Malfoy. L'unica cosa che invidio alla Parkinson è lo schiaffo che ti ha tirato!»

«Manesca come al solito» sibilò, ad un centimetro dalle mie labbra.

«Stronzo come al solito».

«Vuoi litigare, Granger?», chiese con un ghigno tipicamente Malfoy.

«Pensavo lo stessimo già facendo».

L'istante dopo Malfoy rideva, facendomi sentire ancora più furiosa e desiderai fortemente tirargli uno schiaffo, anzi no, un pugno... no, ancora meglio: un bello Schiantesimo allo stomaco.

«Ti stai divertendo, Malfoy?»

«Eccome, Granger».

«Bene, allora me ne vado!» dissi con un tono talmente freddo che sperai di congelarlo.

«No».

Stavo per inveire contro di lui, mandando il mio autocontrollo a farsi un giro, quando sentii le sue labbra sulle mie e la loro pressione farsi sempre più forte, mentre con irruenza chiedeva il permesso di approfondire il bacio.

Avrei voluto mordergli la lingua ed allontanarlo, ma sentire il suo corpo strusciare in modo molto, anzi troppo, lascivo e malizioso contro il mio mi fece perdere lucidità.

Mi resi conto, dalla protuberanza che sentivo contro di me, che era eccitato.

«Pervertito», dissi tra un bacio e l'altro, facendolo ridacchiare.

«Litigare con te è sempre molto stimolante».

Mi resi conto di avere le mani libere e non persi tempo, tirandogli una manata a pugno chiuso sul braccio.

Non si lamentò come suo solito e mi fece un sorrisino malizioso: «Sai Granger, ho appena vinto venti galeoni e una bottiglia di Firewiskey del 1990, che ne dici di dividere la vincita?»

«Mi stai di nuovo proponendo di ubriacarci?», sussurrai, segretamente attratta dall'idea.

Sorrise malizioso: «Sì»

Sorrisi anche io: «Accetto, ma...»

«Sì, Granger, non ti toccherò, ho capito».

Gli accarezzai la guancia con le dita e poi il ricordo del reale motivo per cui l'avevo seguito mi invase la mente, come una macchia d'inchiostro su un foglio bianco.

«Malfoy?»

Quando i suoi occhi si fissarono nei miei, capii di avere tutta la sua attenzione.

«Hai usato un incantesimo contraccettivo ieri sera, vero?»

Lui aggrottò le sopracciglia: «Adesso che mi ci fai pensare non mi ricordo...»

Inorridii all'istante: «Che cosa?!»

«Calma, Granger», sussurrò accarezzandomi il viso: «C'è la Pozione del Giorno Dopo che è abbastanza facile da preparare e se vuoi ne faccio un po' per sicurezza, va bene?»

Io annuii, insicura della mia voce.

«Andiamo?»

Afferrai la sua mano e mi feci guidare verso la sua camera.

Anche se temevo di essere incinta in quel momento la sua vicinanza mi diede coraggio e mi sentii protetta come non mai prima.



***



«Ecco qua, Granger», disse tirando fuori dal calderone un mestolo di quel liquido ambrato e inodore che aveva preparato in un'oretta scarsa e versandone metà in un bicchiere.

Bevvi tutto senza fare storie, anche se il sapore era terribile.

«Ti senti meglio ora?»

«Sì».

«Bene».

Fece evanescere il contenuto del calderone e si avvicinò a me, stringendomi tra le braccia in un lungo abbraccio.

«Mi dispiace», disse, contro i miei capelli: «Sono stato uno stupido, avrei dovuto fare più attenzione ieri sera».

Sospirai, stringendomi forte a lui: «Non ti preoccupare, per fortuna si è risolto tutto».

Aumentai la stretta.

«Mi vuoi soffocare?», sussurrò contro il mio orecchio.

Risi e affondai maggiormente il volto contro il suo petto, inebriandomi del suo odore.

In quell'istante la porta si aprì ed entrò uno scocciato Blaise Zabini con in mano una bottiglia di Firewiskey che intuii essere del 1990 ed un sacchetto che tintinnava.

Draco si districò dal mio abbraccio per raggiungere l'amico: «È un piacere fare affari con te», gli disse con una pacca sulla spalla, prima di prendere la bottiglia e passarmela.

La osservai, fingendo di saperne qualcosa, ma la risatina di scherno di Zabini mi fece intuire di non essere poi così brava a simulare una conoscenza che non possedevo.

«Ti vuoi ubriacare, Granger?», mi chiese il nuovo arrivato, lanciandomi uno sguardo malizioso.

Stavo per mandarlo a quel paese, ma Malfoy mi precedette: «Non sarebbe la prima volta», disse, facendomi l'occhiolino.

Mi ritrovai ad arrossire senza nemmeno rendermene conto, mentre mi mordicchiavo il labbro inferiore.

«Posso unirmi a voi?», chiese Zabini, raggiungendo il letto e sedendosi senza chiedere il permesso.

«Ma certo, accomodati, fa come fossi a casa tua», disse in tono ironico Draco, mentre mi passava una mano intorno alla vita e mi baciava la tempia, prima di afferrare la bottiglia e di stapparla con un colpo secco.

Se la portò alle labbra, poi si bloccò: «Non l'hai drogata, vero?»

Sul viso di Zabini comparve un sorriso sornione: «Io?»

Draco rise, bevendone un lungo sorso, prima di dire: «Eccome se l'hai drogata. Brutto bastardo».

Io aggrottai le sopracciglia: «È vietato dal regolamento di Hogwarts fare uso di droghe, l'ho letto su...»

Zabini si alzò dal letto: «Vi lascio soli, perché sono certo che tu sappia come zittirla e credo che in mia presenza non sia possibile. Buona notte ragazzi e mi raccomando: chiudete la porta a chiave!»

Scomparve dalla nostra vista in pochi istanti ed io non persi tempo, sfilando dalla tasca posteriore dei jeans la bacchetta: «Colloportus».

«Non ti conviene berlo, Granger», disse Malfoy, ancora piuttosto sobrio, anche se era già al terzo sorso: «È meglio se uno dei due rimanga sobrio e sono certo che questo dopo un sorso ti manderebbe al tappeto».

Annuii, posando di nuovo la bacchetta e sedendomi sul letto, quel letto, dove la sera prima...

Sospirai, notando come Malfoy si fosse tolto la camicia che aveva addosso.

Nudo dalla vita in su era una visione divina.

Si portò alle labbra la bottiglia ancora una volta e poi l'appoggiò sul comodino, avvicinandosi.

Si inginocchiò ai miei piedi, facendomi allargare le gambe e posizionandosi in mezzo, con il viso premuto contro la mia pancia.

«Questa volta sei tu che devi promettere di non toccarmi», sussurrò ridacchiando.

«Temo di sì, Malfoy».

«Draco», disse lui, stringendo le mani intorno ai miei fianchi e premendo maggiormente il viso contro di me, tanto che sentivo chiaramente le sue labbra contro l'ombelico.

«Draco», ripetei, accarezzandogli i capelli biondi e lisci.

Passarono alcuni minuti di silenzio, prima che Malfoy spostasse il viso e mi lanciasse una veloce occhiata, i suoi occhi sembravano appannati.

«Una volta hai fatto lo spogliarello per me, Granger. Ora tocca a me».

Si alzò in piedi, traballando e si portò le mani alla cintura del pantaloni, poi deviò fino ad andare a togliersi le scarpe e i calzini.

Seguii ogni suo movimento, anche quando rischiò di cadere a terra dopo aver perso l'equilibrio; ero affascinata dalla scena e dal modo in cui mi lanciava veloci occhiate penetranti.

Tornò a concentrare le sue attenzioni sulla cintura che sfilò con un gesto preciso e nient'affatto goffo che mi fece sentire una morsa nel basso ventre che aumentò quando tirò giù la cerniera e aprì il bottoncino della patta dei pantaloni. Infilò gli indici nei passanti della cintura e con lentezza fece cadere i pantaloni a terra.

Rimase con addosso solo le mutande e quando notai che stava per sfilare anche quelle, lo bloccai, afferrandogli le mani ed avvicinandolo a me.

Ero tremendamente in imbarazzo, ma non volevo darglielo a vedere, mentre lo facevo sedere al mio posto e improvvisavo per lui un timido spogliarello.

Finsi di essere da sola, nella mia stanza e di starmi preparando per la notte e presi un profondo respiro, togliendomi il maglione azzurro e lanciandoglielo contro.

Lui lo afferrò e se lo porto al naso, annusandolo: «Sa di te, Granger».

Sorrisi a quelle parole, mentre slacciavo le scarpe da ginnastica basse e mi toglievo le calze.

«Adoro questo colore», sussurrò, rigirandosi ancora tra le mani il mio indumento.

Io arrossii, pensando che l'intimo della sera prima - sostituito dopo il pomeriggio in biblioteca con un paio di mutandine ed un reggiseno di cotone color crema - era esattamente di quella stessa tonalità di azzurro.

Abbassai i pantaloni, sentendomi goffa, rimanendo così in intimo, davanti a lui.

Lo vidi lanciare da qualche parte il mio maglione ed allargare le braccia, invitandomi in quello che sembrava un caldo abbraccio rilassante.

Ci portammo al centro del letto, sotto le coperte e rimanemmo stretti l'uno all'altra, fronte contro fronte, a scrutarci per minuti interi.

Mi accarezzò piano una guancia e poi parlò: «Dimmi la verità: ieri sera ti è piaciuto?»

Arrossii, mordendomi l'interno guancia mentre nella mia testa pensavo: "Ma perché questa domanda imbarazzante?"

«Sì», sussurrai, dopo vari tentativi in cui quelle due semplici lettere non riuscivano ad uscire dalle mie labbra.

«Anche a me».

Ecco, ero ancora più in imbarazzo.

«Hai un corpo stupendo, Granger».

Mi sentii profondamente lusingata dalle sue parole ed arrossii.

«Grazie».

«Dico sul serio».

Ci fu una breve pausa, poi tornò all'attacco con una nuova domanda: «E tu? Mi trovi bello?»

Quasi mi strozzai con la mia saliva, mentre rispondevo: «Sì, Draco, sei molto bello».

Mi scrutò per qualche istante poi si avvicinò ancora di più, cambiando totalmente discorso: «Lo ammetto: sono geloso, Granger».

Io sorrisi: «Di Ron?», chiesi.

«Di Pel di Carota, sì. Ma anche di Potty e qualsiasi altro essere umano di sesso maschile che ti guarda per più di due secondi».

Il cuore iniziò a battere all'impazzata mentre gli accarezzavo la guancia: «Non devi esserlo. Sono tua? Non ricordi?»

Sorrise e mi baciò a fior di labbra: «Tu non sei gelosa, Granger?»

«Certo che lo sono», mormorai chiudendo a chiave da qualche parte il mio imbarazzo, dicendomi che era troppo ubriaco per capire cosa stava dicendo e che dovevo cogliere l'occasione per essere sincera, dato che lui lo era grazie all'alcol: «Della Parkinson soprattutto, ma in generale di tutta la popolazione femminile della scuola. Lo sai che hai pure un Fan club? Come potrei non essere gelosa?»

Lui sorrise, sembrava raggiante: «Non devi perché sono tuo».

Sentii una stretta al cuore e lo baciai: «Sono contenta», sussurrai.

«E non ti devi preoccupare della Parkinson, dopo la scenata di oggi non voglio più avere niente a che fare con lei».

Il cuore iniziò a battere furioso: «Ma il contratto...?»

«Si può sempre distruggere, Granger, e poi mio padre quando verrà a sapere dello schiaffo mi darà retta».

«Con tutte le volte che ti ho picchiato io...», sussurrai, provando pietà per la Parkinson.

«In effetti sei piuttosto nociva in quel senso, Granger».

Ridacchiai: «Sei buffo, Draco. Penso che da ubriaco tu sia davvero uno spasso!»

«Non sono ubriaco», ma la sua voce strascicata faceva pensare altro.

«Certo che no», dissi, dandogli ragione.

«Lo sai che litigare con te mi eccita?»

Arrossi. A quanto pare l'imbarazzo si era liberato dall'angolino in cui l'avevo spedito.

«L'avevo immaginato», sussurrai, facendolo ridere.

«E io? Ti eccito, Granger?»

Oh, ma porca Morgana! Da dove spuntavano tutte queste domande imbarazzanti!?

«C-certo», deglutii, chiedendomi quando si sarebbe addormentato.

«Bene», disse calmo, come se stessimo parlando del tempo e non di argomenti così... intimi.

«Sai, Granger, se anche fossi rimasta incinta le cose non sarebbero cambiate».

«No?», sussurrai, non capendo dove volesse arrivare.

«No, anche se, insomma... avere un figlio Mezzosangue non è mai stato il mio più grande desiderio... eppure, con te... non lo so... mi fai vedere le cose in modo diverso. È come se avessi avuto bisogno degli occhiali senza mai rendermene conto e tu me ne avessi portato un paio perfetto per vedere quello che prima non riuscivo a focalizzare».

«È una cosa brutta?», chiesi, capendo che per lui dover ammettere certe cose non doveva essere affatto facile e ringraziando che si fosse ubriacato, se no non sarei mai riuscita a fargli dire tutte quelle cose. Forse sarei dovuta andare a chiedere a Zabini che droga miracolosa aveva usato e farmene dare un po'...

Cancellai quel pensiero, inorridita da me stessa e la mia mente malata.

«Non quanto temevo, anzi, è quasi liberatorio», disse con tono distratto, prima di avvilupparmi in un abbraccio stritolatore.

«Vorrei spogliarti, Granger, e ripetere l'esperienza di ieri sera».

Arrossii: «Sei ubriaco e mi hai chiesto di non toccarti».

«Ma ci stiamo toccando, Granger».

Sorrisi: «È comunque un no».

«Sei cattiva», disse, facendo il muso, prima di scivolare più in giù nel letto e di affondare il viso tra i miei seni: «Ecco, ora posso anche morire».

Non sapevo se ridere, sciogliermi o rattristirmi.

Alla fine decisi di fare tutte e tre le cose, non in ordine però, ma tutte insieme, dato che mi ritrovai a ridere con gli occhi lucidi, mentre gli accarezzavo i capelli e sentivo il cuore battere forte.

Gli baciai la fronte: «Ora dormi, Draco. Buona notte».

«Buona notte, Hermione».

Sentii una fitta quasi dolorosa al cuore ed il respiro bloccato in gola, mentre sorridevo al nulla, ubriaca della sensazione di benessere e pace che sentirmi chiamare per nome mi aveva procurato.

Avrei voluto rimanere sveglia ancora un po', beandomi di tutte quelle emozioni, ma resistetti solo pochi minuti, mentre il suo respiro caldo contro i miei seni mi faceva sentire la pelle d'oca e brividi caldi insieme.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Rival ***


23. RIVAL




Correvo.

Sogno o realtà?

Non lo sapevo.

L'unica cosa certa era il dolore alle gambe ed ai polmoni per lo sforzo di andare più veloce.

Perché dovevo arrivare in quella stanza prima che...

Prima che... cosa?

Non sapevo neanche quello.

E tutta l'insicurezza che sentivo mi spinse a credere che fosse tutto un sogno, solo quello.

Svoltai l'angolo e mi resi conto di essere davanti alla porta dell'ufficio di Silente.

Vi entrai senza dover dire la parola d'ordine e quello fu un particolare che non mi sfuggì e pur nell'incoscienza mi convinsi che fosse tutto frutto della mia immaginazione.

Appena entrai vidi Harry che si sporgeva verso la balaustra della torre e gridava.

Non riuscivo a capire più nulla eppure, guardandomi attentamente intorno mi accorsi che non c'era ciò che stavo cercando, qualsiasi cosa essa fosse.

Feci dietro front e mi ritrovai di nuovo a correre, eppure la sensazione era quella di volare, sentivo l'aria contro il viso il mantello sferzato dal vento gelido della notte e potevo anche sentire le piume di Fierobecco sotto di me.

Ma per quanto quella sensazione fosse reale in realtà stavo semplicemente correndo per i corridoi bui e silenziosi di una Hogwarts completamente addormentata.

Svoltato l'angolo intravidi una figura vestita di nero con capelli chiari e un pensiero mi attraversò la mente: "Draco, devo trovare Draco".

Ma quando raggiunsi quell'uomo mi accorsi di non sapere chi fosse ed ormai era troppo tardi.

Incontrai degli occhi grigio-azzurri tremendamente familiari e totalmente impassibili che mi fecero male; molto più di quello che provai quando l'Avada Kedavra pronunciato da quelle labbra mi colpì al petto.

Gridai.

Mi sollevai immediatamente a sedere, stringendo convulsamente le coperte tra le dita. 

Osservavo la parete di fronte a me con occhi spiritati mentre le ultime immagini del sogno scivolavano via, lasciandomi dentro un'unica consapevolezza: Draco mi aveva ucciso.

Inspirai a fondo, nel vano tentativo di racimolare un po' di autocontrollo e lentamente riuscii ad allentare la presa delle mie mani tra le coperte.

Mi voltai verso la parte del letto occupata da Malfoy e la trovai vuota.

Aggrottai immediatamente le sopracciglia chiedendomi dove potesse essere finito.

Gli ultimi istanti del sogno sembravano impressi a fuoco nella mia mente ancora mezza addormentata,  l'unico ricordo maledettamente chiaro era l'espressione sul viso di Malfoy, i suoi occhi chiari così pieni di odio, i lineamenti rigidi ed affilati, le labbra strette in una linea severa e quello sguardo indifferente e schifato che spesso gli avevo visto rivolgermi.

Faceva male ricordare quegli occhi e sapere con certezza che presto o tardi gli avrei rivisti anche nella vita reale.

Dovevo smetterla di illudermi, lui stava fingendo, se no non si sarebbe spiegato il suo cambiamento radicale nei miei confronti. Ma la domanda da un milione di galeoni era: cosa l'aveva spinto a farmi innamorare di lui?

Una scommessa? Come quella che aveva proposto a Blaise Zabini?

Un ordine? Lord Voldemort voleva che un suo fidato "soldatino" avvicinasse la migliore amica di Harry Potter?

Noia? Il sesto anno era troppo monotono e conquistare il cuore di una mezzosangue poteva essere un passatempo adeguato per un borioso, arrogante, altezzoso, figlio di papà?

Amore?

No, non dovevo continuare ad illudermi, anche se...

E se fossi stata io quella ragazza? Quella di cui Malfoy era innamorato da due anni?

Mi lasciai ricadere tra le coperte, affondando il naso contro il cuscino ed inebriandomi dell'odore di Malfoy misto al mio.

Avrei voluto averlo accanto per potergli parlare, così da poter occupare la mia mente con altro ed evitare di rivivere le terribili sensazioni causate dall'incubo, ma lui non c'era.

Dov'era finito?

Mi sarei dovuta preoccupare?

Alzai il viso, allungando il collo per vedere se vi era qualcosa sui comodini ai lati del letto, ma non vi scorsi nessuna lettera o biglietto che sarebbe potuto essere indirizzato a me.

Subito dopo la preoccupazione arrivò l'irritazione ed infine la rabbia.

Mi aveva lasciata sola, come la prima volta che avevamo dormito insieme, senza dirmi nulla.

Strinsi forte le dita intorno alle coperte, prima di spostarle con un movimento secco, esponendo il mio corpo al freddo della stanza.

Tremai una sola volta mentre scendevo dal letto e cercavo i miei vestiti, trovando solo i miei jeans e non il maglioncino azzurro.

Sbuffai, lanciando malcelate maledizioni a quello stupido furetto, prima di aprire un cassetto e di tirarne fuori una sua camicia bianca, sulla quale erano ricamate sul polsino, in una scrittura elegante, le lettere: D.M.

Borbottai qualcosa sul suo essere schifosamente ricco, prima di indossarla e di apprezzarne il tessuto pregiato che sfiorava la mia pelle.

Ma il momento di non odio che nutrii nei suoi confronti evaporò quando misi a fuoco, dall'altra parte della stanza, il suo calderone e provai una rabbia cieca.

Come ogni volta, appena superavo il momento di paura era l'ira a prendere il suo posto e, in quel momento, quando ormai avevo scampato il pericolo di essere rimasta incinta (grazie alla Pozione del Giorno Dopo) non potevo fare a meno di inveire contro di lui per il rischio che avevamo corso.

"Stupido furetto pervertito!"

Misi le scarpe ai piedi e trovai nella tasca dei pantaloni un codino che avevo dato per disperso da settimane, facendomi una veloce coda per raccogliere i miei capelli ribelli.

Appoggiai la mano alla maniglia della porta quando un pensiero mi attraversò la mente: "E se, non trovandomi a letto, quando torna si preoccupa?"

Inutile, per quanto volessi ricambiargli la moneta, mi ritrovai a cercare un foglio di pergamena per scrivergli che me ne ero andata:



"Malfoy, son dovuta tornare in stanza per recuperare i miei libri. Ci vediamo a lezione.
Hermione Granger"



Annuii distrattamente, rendendomi conto che l'orologio segnava le sei del mattino, prima di aggiungere poche parole al messaggio:

 

"P.S. Spero che non sia successo nulla di grave e che tu stia bene"

 

Lasciai il biglietto sul suo comodino in bella vista e, guardandomi intorno, sperando di scorgere all'ultimo istante il mio maglioncino azzurro, uscii dalla stanza.

Nella sala comune di Serpeverde non c'era ancora nessuno.

"Meno male, almeno non rischio spiacevoli incontri!"

Avevo appena formulato il pensiero, che da una poltroncina in penombra si alzò la magra e pallida figura di Pansy Parkinson in tenuta notturna, con addosso quindi una sottile camicia da notte coperta da una vestaglia altrettanto leggera e impalpabile.

Aveva gli occhi scuri arrossati e quel particolare mi fece pensare che avesse pianto, oppure fumato.

Davanti a quello sguardo mi sentii per un istante senza protezione, come se la bacchetta nella tasca posteriore dei jeans non ci fosse stata.

«Buongiorno, Granger, a cosa devo il piacere di vederti?»

La sua voce tagliente ed aspra mi fece storcere naso e bocca per il fastidio.

"Chi diavolo si credeva di essere?!"

Le lanciai uno sguardo altezzoso ed annoiato: «Buongiorno, Parkinson. Scusami, ma sono di fretta».

«Vuoi inseguire il tuo "amato"?»

Le sue parole mi fecero sussultare.

Cosa voleva dire quella frase? L'aveva visto passare?

Beh, di sicuro sapeva che Malfoy non era più in camera sua.

«Perché? Sai per caso dov'è andato?», tentai di apparire il più distaccata possibile, ma la mia domanda smascherava chiaramente il mio desiderio di conoscenza.

«Certo che no, l'ho semplicemente visto correre via dalla sua stanza, come se fosse stato inseguito da degli Schiopodi Sparacoda. È stato un caso che l'abbia visto. Ero venuta qua in sala perché non riuscivo a dormire in camera. Non mi aspettavo certo di assistere e di essere disturbata da un via vai simile di gente...», fece un gesto scocciato con la mano, mentre si appoggiava col sedere al bracciolo della sedia su cui era stata seduta fino a pochi minuti prima.

Rendendomi conto che non avrei potuto avere importanti informazioni da lei la salutai: «Bene, allora ci vediamo, Parkinson».

Feci pochi passi verso la porta della sala comune, ma la mingherlina figura della ragazza si parò tra me e la mia unica via d'uscita.

«Tutto quello che pensi di poter fare è inutile», sussurrò lei, talmente piano che mi chiesi se avesse voluto essere sentita o meno...

Aggrottai le sopracciglia: «Potrei sapere di cosa stai parlando?», dissi spaesata ed allo stesso tempo irritata dal suo comportamento.

I suoi occhi s'infiammarono: «Per quanto tu ti sforzi non sarà mai tuo. Lui non è in grado di "affezionarsi". Hai mai avuto un gatto selvatico, Granger? Sai quant'è difficile fare in modo che si fidi di te? Quanti mesi hai bisogno per poter accarezzare il suo pelo senza che ti graffi a sangue?»

Inutile fingere, anche se fu proprio ciò che feci, le sue parole avevano aperto una ferita non del tutto rimarginata: «Non sapevo fossi un'esperta di gatti, Parkinson».

Un ghigno irriverente spuntò sul suo volto: «Oh, fidati, ne so molto più di te, soprattutto su un certo individuo che sembra amarti alla follia prima e poi ti abbandona come un calzino vecchio dopo».

Assottigliai lo sguardo: «Forse stiamo parlando di persone diverse».

«Ah sì? Perché io ero certa stessimo parlando di Draco Malfoy, il mio probabile futuro marito, figlio di Narcissa Black e di Lucius Malfoy. Tu di chi stavi parlando?»

«Io stavo parlando di Draco, non di Malfoy», sibilai, anzi forse sarebbe più corretto dire che ringhiai.
«È bello illudersi, Granger, e so che lui è molto bravo a lasciarti credere di star vivendo una bella fiaba. Quando ti schiaccerà come uno scarafaggio e distruggerà quel tuo cuoricino che pompa sangue impuro sarò lì a guardare».

«Ed è questo che gli hai detto in Sala Grande ieri sera? Ti sei lamentata del suo comportamento nei tuoi confronti?»

Vidi dolore nei suoi occhi e non potei non provare pietà per lei.

In fondo eravamo simili, entrambe innamorate di un ragazzo che sembrava essere un mistero più che una persona.

Il fatto che fosse lo stesso ragazzo però rendeva il rapporto tra noi due teso e poco vivibile.

«Ti preoccupi della concorrenza, Mezzosangue?», chiese con tono aspro, ma nel suo viso vi erano ancora tracce del suo dolore.

«Tu no, Parkinson? Sai, perché non sembrava che la discussione con Malfoy dopo cena riguardasse quante persone invitare al matrimonio...»

Fece un gesto stizzito con la mano e intuii di aver colpito un nervo scoperto, quando iniziò a parlare, dicendomi molto più di quanto mi sarei mai aspettata: «Beh, sarai contenta di sapere che parlavamo del suo sconsiderevole comportamento nei tuoi confronti, Mezzosangue. Di quanto sia scandaloso per me, sapere che lui se la fa con una sporca Natababbana come te, senza provare nemmeno a nasconderlo! Le persone parlano, Granger, e presto più persone di quante dovrebbero sapranno della vostra relazione. Mio padre per esempio, che si aspetta di ricevere il rinnovo del contratto matrimoniale tra me e Malfoy tra qualche mese e che, se dovesse venire a sapere di ciò che sta succedendo, mi incolperebbe di non essere abbastanza attraente da tenermi un ragazzo come si deve. Inoltre, Lucius Malfoy finirebbe col diseredare Draco se venisse a sapere della vostra relazione... diciamo che questi due esempi sono quelli più preoccupanti, non credi anche tu? Eppure Draco ha fatto finta di niente, dicendo che non era mio compito preoccuparmi. Il punto è che lo è invece! È un mio diritto! », si puntò con forza il dito al petto, tanto che provai dolore per lei: «Avrei dovuto tirargli quello schiaffo tanto tempo fa, quando per esempio pretendeva che fossi il suo giocattolino sessuale, oppure quando calpestava la mia dignità baciando altre ragazze e portandosele a letto fingendo che io non esistessi e non me ne accorgessi. È stato liberatorio picchiarlo, anche se me ne pento», l'ultima frase la sussurrò soltanto, stringendosi nella sua vestaglia leggera e tirando su col naso: «Tu non puoi capire, Granger. Tu non hai come padre un uomo che ti vuole vendere al migliore offerente senza pensare ai tuoi sentimenti. Non hai una madre che organizza il giorno delle tue nozze da quando ti ha messo al mondo e che ti ha detto chiaramente di fare qualsiasi cosa, qualsiasi, il tuo futuro marito chiedesse senza opporti. Tu sei libera, pronta a fare le tue scelte. Sono certa che sia questo che piace tanto a Draco di te» i suoi occhi cominciavano a diventare lucidi e le sue labbra tremavano, ma nell'insieme sembrava così controllata che per qualche istante invidiai la sia compostezza: «Non mi sposerà. Lo so che non lo farà. E i miei genitori andranno nel panico, per poi vendermi ad un altro, ovviamente meno facoltoso e ricco di Draco, dato che non sono più vergine e per noi ragazze esserlo è importante. Daphne lo è ancora, come anche sua sorella, Astoria... e tu, Granger? Lo sei? O ha rovinato anche te?»

Strinsi forte le labbra, senza distogliere lo sguardo e vidi la Parkinson sgranare gli occhi: «Non ci credo... ha usato anche te».

L'espressione della Serpeverde era così dispiaciuta e contrita che ebbi paura di esser stata davvero presa in giro da Malfoy per tutto il tempo, prima di riscuotermi e dirmi che non poteva essere vero, che tra di noi ci doveva essere qualcosa di più.

Rimanemmo in silenzio a lungo, prima che le lacrime, che la Parkinson aveva provato a trattenere, le rigassero il viso: «Non sarò più un problema, so perdere con stile, Granger, e so che questo è il momento di arrendersi. Draco non sarà mai mio, spero che almeno tu riesca a mettergli il guinzaglio, si merita di innamorarsi di una Sanguesporco che non potrà mai avere in moglie. O almeno non finché suo padre avrà fiato nei polmoni».

Non disse altro e scomparve in un corridoio senza voltarsi.

Non riuscii a rimanere impassibile a lungo e dopo pochi istanti percepii chiaramente una sensazione di malessere che mi stringeva lo stomaco e una smorfia nacque sul mio viso.

Chiusi gli occhi, abbassando il volto a terra e lasciai che una sola lacrima scivolasse lungo il viso, asciugandosi a metà strada tra la guancia e la mandibola.

Ero certa che avesse mentito, o almeno, una parte di me lo era.

Malfoy non poteva essere così crudele come l'aveva definito, allo stesso modo in cui i genitori della Parkinson non potevano essere così "barbari"!

E poi quei discorsi sul mettere un guinzaglio a Draco e farlo innamorare di me? Non avevano senso! Perché avrebbe dovuto volere che io legassi Malfoy a me così profondamente? In fondo, anche se Draco mi aveva detto che avrebbe trovato il modo di rompere il contratto era comunque ubriaco ed ero certa che non l'avrebbe fatto. Perché avrebbe dovuto? Per me? Io ero solo il suo nuovo giocattolo, non valevo niente per lui! Probabilmente ero una scommessa fatta con Blaise. Cosa avevano messo in palio? Un'altra bottiglia di Firewiskey? Venti galeoni?

Strinsi forte le mani a pugno, mentre allontanavo da me tutti quegli acidi pensieri, nati a causa dello stress e dalla preoccupazione di non sapere dove Draco fosse finito e dalle parole mezze deliranti della Parkinson.

Perché quella Serpeverde mi aveva detto che non sarebbe stata più mia rivale?

Non aveva senso!

Le pareti della sala comune sembravano restringersi e soffocarmi, così decisi di uscire da quel luogo verde-argento.

Avevo bisogno di camminare e di schiarirmi le idee... anzi, ciò che necessitavo davvero era non pensare a nulla.

Così mentre percorrevo le scale e i corridoi che mi portarono davanti alla Signora Grassa mi concentrai su tutto, tranne la questione Malfoy; ripassandomi le lezioni della giornata e organizzandomi i futuri compiti extra da fare.

Arrivata all'ingresso della sala comune di Grifondoro mi resi però conto che la donna dalla grande mole raffigurata nel quadro sembrava essere preoccupata per qualcosa, mentre mi fissava in ansia.

«Signora Grassa, tutto a posto?», chiesi con tono titubante, constatando quanto le sue labbra tremassero per l'apprensione e le mani stritolassero con poca grazia un fazzoletto bianco ricamato.

«Signorina Granger! Non hai saputo?»

Aggrottai le sopracciglia, certa di non voler sapere ciò che quella donna mi stava per dire: «Saputo cosa? Cos'è successo?»

«Quindi davvero non ha saputo? Essendo suoi amici pensavo che l'avessero informata!»

La mia preoccupazione aumentò ulteriormente mentre frustrata guardavo la Signora Grassa: «Mi può dire di cosa sta parlando?!»

« Violet... ricordi la mia amica, vero? Quella signora tanto cara... essere un quadro di Hogwarts può essere noioso a volte e non avere un amica con cui parlare potrebbe trasformarsi in un inferno! Per fortuna che c'è lei a tenermi compagnia! Te l'ho detto che durante le vacanze estive ci siamo ubriacate con una tinozza di vino andato a male? Beh, più che ubriacate possiamo dire che ci siamo intossicate! Non la smettevamo più di vomitare e se Sir Cadogan non avesse trovato una soluzione grazie alle sue conoscenze pressappoco illimitate saremmo ancora in uno stato davvero pietoso! Ma nulla può battere quella volta in cui...»

«Signora Grassa!», la interruppi, mentre muovevo per il nervosismo il piede a terra: «Può arrivare al punto per favore? Che cos'è successo che dovrei sapere?»

«Oh, sì!», si riscosse la donna, portandosi la mano alla fronte: «Che sbadata, mi sono lasciata prendere la mano... comunque Violet mi ha detto che il signor Potter ed il signor Weasley sono stati accompagnati dalla McGranitt e Madama Chips in infermeria!»

Sbarrai gli occhi a quella parole: «Cosa?!», esclamai, ma la mia domanda non era stata posta per ottenere una risposta, il mio era stato uno sfogo momentaneo, prima di incominciare a correre verso l'infermeria.

«Mi faccia avere notizie!», mi urlò dietro la Signora Grassa, prima che scomparissi dietro l'angolo.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Where is he? ***


24. WHERE IS HE?



Se Lavanda Brown non avesse smesso di parlare le avrei tappato la bocca con un incantesimo.

Erano da poco finite le lezioni del pomeriggio e a quanto sembrava entrambe avevamo avuto la brillante idea di andare a vedere come stasse Ron.

Se avessi però saputo che l'avrei incontrata in Infermeria avrei subito cambiato i miei piani pomeridiani, evitando di incappare in quella smorfiosetta che leggeva al suo amato Ron-Ron un articolo di moda su "Strega Moderna".

L'unica cosa che avrei potuto fare per poter dar tregua alle mie povere orecchie era zittire la ragazza con una fattura.

Ma era tutto il giorno che provavo ad andare a far visita al mio migliore amico, venendo sempre bloccata da Madama Chips che si preoccupava abilmente di scacciarmi per motivi che spesso mi erano sembrati ridicoli e fuori luogo, ma a cui non mi ero potuta opporre.

Avevo infatti sentito un coro di angeli che cantavano "Alleluia" quando la medimaga mi aveva concesso di far visita al mio amico - coro che si era brutalmente interrotto quando avevo visto chi c'era già al cospetto di Ron.

«Sai, amoruccio, secondo questo articolo il colore che andrà di moda quest'anno è il bordeaux! Calì invece mi aveva detto che sarebbe stato l'anno del celeste...»

Mi concentrai mentalmente, esorcizzando la mia voglia di dar fuoco a quella stupida rivista come avrei voluto e presi la mano di Ron, pensando che avesse bisogno di un po' di solidarietà.

Commisi forse l'errore peggiore che avrei mai potuto commettere, dato che l'istante dopo Lavanda stava dando in escandescenza come solo una zitella inviperita avrebbe potuto.

In quell'istante la Brown mi sembrava in modo impressionante Madama Pince quando perdeva le staffe e scacciava dalla biblioteca poveri ragazzi o ragazze che avevano osato bisbigliare nel suo luogo sacro.

«Togli immediatamente quella manaccia, Granger! Ron-Ron è il mio ragazzo! Ci sono qua io per assisterlo come si deve!»

Strappò in modo brusco la mano del mio amico dalla mia e se la portò vicino al viso, baciandone il dorso: «Hai già un ragazzo, Granger! Cos'è, ora che hai conquistato Malfoy, cerchi la tua nuova preda? Ron-Ron non è disponibile!»

Inorridii alle parole di quella ragazzina impertinente, prima di alzarmi e di piantare le mani sui fianchi: «Caso mai te ne fossi dimenticata, io sono amica di Ronald! Quindi ho tutto il diritto di essere qui per vedere come sta e di prendergli la mano se ne ho voglia! Inoltre, la mia vita sentimentale non c'entra nulla!»

Anche Lavanda non perse tempo, sollevandosi in modo goffo in piedi e lasciando la rivista sullo stomaco del rosso che sembrava in un coma profondo.

Quando Harry quella mattina, mentre Ginny, Molly, Arthur, Fred e George erano a trovare Ronald, mi aveva raccontato ciò che era successo avevo stentato a credere alle mie orecchie, pensando che fosse tutto un pessimo scherzo.

Il mio migliore amico mi aveva dovuto raccontare la vicenda un paio di volte, senza tralasciare i dettagli, prima che potessi accettare la situazione in modo razionale.

Continuavo a ripensare a quanto Ron fosse stato fortunato a sopravvivere, anche se allo stesso tempo era stato davvero da stolti mangiare quei cioccolatini che non erano nemmeno stati recapitati a lui.

Harry mi aveva raccontato come il nostro amico fosse perdutamente innamorato di Romilda Vane, grande fan del "Salvatore del Mondo Magico" e candidata per le elezioni che avrebbero dovuto stabilire chi fosse la presidentessa del Potter fan club, quando era tornato in stanza dopo essersi addormentato sul divano della sala comune. Non gli ci era voluto molto per capire ciò che era successo e per trovare la soluzione più corretta: portare Ronald da Lumacorno, che avrebbe di sicuro saputo come sciogliere l'effetto della pozione d'amore.

Quando però aveva loro offerto una Burrobirra per aiutare Ron a riprendersi e il rosso era caduto a terra con la bava alla bocca in preda alle convulsioni dopo appena un sorso di quel liquido, era solo grazie alla prontezza di Harry nel ficcare in bocca all'amico un bezoar a cui si doveva la sopravvivenza del ragazzo.

Sentire quella storia la prima volta mi aveva letteralmente gelato il sangue nelle vene e mandato in tilt il cervello, mentre continuavo a pensare a quanto ero stata scortese con Ron prima di quell'incidente e che, se non avessi avuto più occasione di parlargli, me ne sarei pentita per tutta la vita.

«Io credo che la tua vita sentimentale invece c'entri parecchio! Dato che Ron-Ron non fa altro che parlare di come Malfoy non sia adatto a te e bla, bla, bla!»

Rimasi stupita da quelle parole, chiedendomi se Ron fosse seriamente preoccupato per me o se gli desse semplicemente fastidio che io stessi col suo peggior nemico.

«A quanto pare allora trova la tua compagnia altamente noiosa se vi trovate sempre a parlare di me e Malfoy», quella parole cattive non erano da me, o almeno non dalla solita me.

Fino a due settimane prima, per quanto Lavanda mi stesse antipatica, non avrei mai fatto una tale insinuazione.

E seppi di aver centrato un nervo scoperto quando notai gli occhi della Brown farsi più lucidi e le sue mani stringersi a pugno.

Mi pentii di ciò che avevo detto e avrei tanto voluto tornare indietro per mordermi la lingua e non dire nulla, ma ormai il danno era fatto.

«Non ti preoccupare, cara, che so perfettamente come attirare la sua attenzione, se voglio».

Quel contrattacco mi diede fastidio più di quanto avrei creduto, soprattutto il tono malizioso che faceva da sfondo alle sue parole e per il modo sibilante ed aspro - molto più adatto ad un insulto che ad un nomignolo - con cui aveva detto quel "cara".

«Sono felice per te. Allora, quando in futuro tornerete a parlare di me e Malfoy, riferisci pure a Ronald che non deve preoccuparsi e che so benissimo difendermi da sola in caso di problemi»

«Lo farò. Ora, se non ti dispiace, vorrei rimanere un po' sola col mio Ron-Ron.»

Digrignai i denti, resistendo al forte impulso di prenderla per i capelli e trascinarla lungo i corridoi di tutta Hogwarts, certa che la McGranitt non avrebbe apprezzato il mio comportamento.

«Certo che no», sibilai, prima di abbassarmi e di dare a Ron un semplice bacio sulla fronte, venendo avvolta dal suo odore semplice di succo di zucca misto a quello dei medicinali ed erbe che era possibile sentire a qualsiasi ora in infermeria.

Mi staccai bruscamente, sentendo il cuore dolorante a quel contatto, quasi avesse riconosciuto una vecchia parte di se stesso andata perduta.

Quella sensazione mi fece capire quanto tenessi ancora a Ron, anche se ultimamente Malfoy aveva occupato interamente i miei pensieri, evitandomi di pensare al dolore forte di aver perso il mio rosso amico, che pensavo di amare.

«Ci vediamo», dissi, lanciando un'occhiata sprezzante alla Brown che, rossa in faccia, si stava probabilmente trattenendo dal staccarmi la testa a morsi.

Non mi voltai indietro, ma sentii chiaramente Lavanda lasciarsi cadere nuovamente sulla sedia ed afferrare con forza "Strega Moderna" per tornare a leggere il precedente articolo lasciato a metà.

In quell'istante provai veramente pietà per Ron e mi chiesi se Madama Chips sarebbe presto arrivata a salvarlo da quella voce acuta e civettuola, annunciando che l'orario delle visite era finito.

Una volta fuori feci appena due passi prima di rendermi conto che non potevo rimandare ancora a lungo uno scontro con Malfoy. Dovevamo parlare di molte cose, soprattutto di ciò che mi aveva detto la Parkinson, ma anche della scommessa che, per quanto ci tenesse uniti, cominciava ad essere asfissiante il pensiero che avrebbe potuto chiedermi qualsiasi cosa e io avrei dovuto obbedire. Soprattutto ora che mi ero innamorata di lui.

Camminai per un lungo tratto del corridoio senza rendermene conto, persa nella contemplazione dei miei piedi che calpestavano il pavimento e dalla tenue luce di fine Ottobre che filtrava dalle bifore.

Appena girato l'angolo però mi bloccai, osservando le figure di due ragazzine del secondo anno, Tassorosso, che stavano chiacchierando, o forse sarebbe stato meglio dire spettegolando, tra di loro.

Mi preoccupai subito di fare un passo indietro, appiattendomi contro la parete e tendendo per bene le orecchie, pentendomi di non aver mai comprato delle Orecchie Oblunghe da Fred e George.

«... sono così eccitata che potrei urlare!», disse una vocetta lieve lieve, che sembrava contenere l'entusiasmo solo grazie ad una grande forza di volontà.

«Meglio di no, Diane, è un segreto. Se qualcuno dovesse venire a saperlo finiremmo nei guai!», l'altra voce sembrava più matura, quasi saggia e roca rispetto all'altra.

«Hai ragione, scusa... Ma come ci dovremmo vestire?»

«Davvero non lo so! Io ho solo sentito Goldstein che ne parlava con alcuni amici due minuti fa in cortile. Tutto quello che ha detto lo sai già: la festa sarà Sabato sera alle undici e si deve dire la parola d'ordine al quadro di Sir Jork, ricordi chi è, vero? Quell'ometto basso e tozzo con manie di protagonismo del settimo piano? Comunque hanno scoperto che oltre al quadro c'è una stanza in disuso ed è da due anni che ci organizzano feste clandestine senza essere scoperti! Dobbiamo assolutamente partecipare!»

Rimasi a lungo in attesa, sperando di riuscire a sentire altre informazioni utili, ma le ragazzine incominciarono a parlare di vestiti, trucchi, scarpe e ragazzi, non facendo riferimento a quale fosse la parola d'ordine o ad altri particolari interessanti.

Così non persi inutilmente tempo e feci dietro front, pensando a come mi sarebbe stata grata la McGranitt se fossi riuscita a mandare all'aria una festa del genere, prima di rendermi conto che, se l'avessi fatto, avrei rischiato di farmi odiare da tutta Hogwarts.

Accantonai la festa, pronta a tornare al pensiero principale che da quella mattina mi tormentava: parlare con Malfoy al più presto.

Durante le lezioni non l'avevo visto, anche perché con Serpeverde non avevamo nessuna materia in comune, ma avevo sentito chiaramente (forse perché quando ne aveva accennato a tavola Ginny aveva utilizzato un tono di voce abbastanza alto da essere udito da una parte all'altra della Sala Grande) che era tutto il giorno che non lo si scorgeva in giro e che le sue fidate guardie del corpo (Tiger e Goyle) sembravano andare da una parte all'altra della scuola come dei cani che avevano perso il padrone. Ovviamente i due avevano ritrovato immediatamente l'orientamento quando avevano percepito l'odore di cibo che proveniva dalla tavola imbandita per pranzo.

L'unica mia speranza di sapere dove fosse finito era chiedere a Zabini.

La ricerca non fu troppo complicata, dato che lo trovai imbucato dietro una colonna con una bionda dalle forme esagerate che pomiciavano tranquillamente davanti ad un gruppetto di ragazzini del primo anno che, con tanto d'occhi, non si perdevano un movimento dei due.

Sul mio volto spuntò una smorfia di disgusto, mentre mi avvicinavo alla coppia e tentavo di richiamare la loro attenzione, con l'intento di fermare quello spettacolo che avrebbe di sicuro bloccato la crescita a quei poveri undicenni.

«Zabini», dissi con voce chiara e misurata, portandomi le mani suoi fianchi nel mio tipico atteggiamenti pre-rimprovero.

Il moro, che mi sentì di sicuro, fece finta di niente e pensò bene di palpare senza ritegno il sedere della sua compagna che, dal colore della divisa, intuii essere di Corvonero.

«Zabini», ripetei, questa volta riuscendo a mala pena a trattenere il fastidio che provavo nell'essere ignorata.

Quando anche questa volta non ottenni risultati, decisi di cambiare tattica.

«Oh, guarda, sta arrivando la McGranitt!», dissi con tono leggero, ma venendo fin troppo udita dalla ragazza che si allontanò di scatto da Zabini, lanciando uno sguardo allarmato tutt'intorno a sé.

Solo in quell'istante la riconobbi e una smorfia ulteriormente disgustata si dipinse sul mio volto.

«Edgecombe, avrei bisogno di parlare con Zabini», il mio tono freddo avrebbe potuto congelare il deserto del Sahara.

Marietta non mi era mai stata simpatica, anzi, era già tanto se non la schiantavo ogni volta che la vedevo per i corridoi e a lezione.

«Siamo occupati, Granger», disse lei, con tono scocciato, mentre si rendeva conto che all'orizzonte non c'era affatto la temuta professoressa di Trasfigurazione.

«Avrei voluto non doverti ricordare quel bellissimo incantesimo che ti ha colpito l'anno scorso, rendendoti inguardabile, Edgecombe, ma forse avresti bisogno di rinfrescarti la memoria...»

Vidi un lampo di orrore e paura sul viso della bionda, prima che si liberasse delle ventose che aveva Zabini al posto delle mani e di fuggire via.

Di solito non avrei mai minacciato una ragazza in quel modo, ma la situazione era più che seria e necessitavo di un'aiuto.

«Sei insopportabile quando fai così, Granger. Ero a tanto così dal portarmela in camera», disse scocciato, voltandosi verso di me e incrociando le braccia al petto.

Ci fissammo a lungo, prima che io notassi chiaramente il segno rossastro sulla sua guancia e sorridessi: «Harry ti ha lasciato il segno, eh?»

Vidi il suo sguardo incupirsi e i suoi occhi lanciarono lampi di pura furia.

«Potter deve ringraziare di avermi colto impreparato, se no si ritroverebbe in infermeria in questo momento», sibilò con tono furioso.

Ridacchiai, distogliendo un istante lo sguardo e constatando come i ragazzini del primo anno stessero assistendo al nostro dibattito con fare curioso.

«Non avete niente di meglio da fare?», chiesi loro, con un tono di rimprovero.

Dopo due istanti erano scomparsi dal corridoio, lasciando soli Zabini e me.

«Volevi privacy, Granger? Cos'è che non potevi dirmi davanti a dei nanerottoli del primo anno?», il tono canzonatorio mi fece arrossire perché ero certa che sapesse perfettamente che l'avevo cercato per chiedergli di Malfoy.

«Sai dov'è Draco?»

Subito dopo aver parlato mi morsi il labbro inferiore, stupita di aver posto quella domanda senza prima pensare.

Un ghigno si delineò sul viso di Zabini: «Oh, chi l'avrebbe mai detto? La nostra perfetta Granger si è innamorata di una Serpe...»

Arrossi, prima di sbiancare in modo preoccupante davanti a quelle parole.

Come faceva a saperlo?

Era davvero così evidente?

Mi si leggeva in faccia che ero innamorata?

«Cosa te lo fa pensare, Zabini? Gli devo semplicemente parlare», riuscii a mantenere un tono neutro, ma dentro di me sapevo che non ci sarebbe cascato così facilmente.

Infatti la sua espressione maliziosa si accentuò ulteriormente: «Certo, parlare...»

Ci studiammo a lungo, ognuno alla ricerca di un punto debole dell'altro, entrambi orgogliosi ed altezzosi nelle nostre pose rigide.

«Si vede lontano un miglio, Granger. Anche perché se non fossi innamorata di lui, perché dovresti preoccuparti?»

Riuscii a sostenere lo sguardo, prima di ribattere: «Non sono affatto preoccupata, te l'ho detto: gli devo parlare, ma non so dove sia».

Zabini scosse la testa, sembrava sconsolato: «Finirete per farvi male se continuate questo gioco, lo sai, Granger?»

A quelle parole mi tornarono in mente quelle di Pansy e mi insospettii che i due si fossero messi d'accordo, oppure che sapessero qualcosa d'importante che io ignoravo.

«Ah sì? E cosa te lo fa pensare?», chiesi, confusa e ansiosa di ricevere una risposta.

«Vi rincorrete come degli stupidi non capendo di aver già trovato ciò che stavate cercando, mentendo a voi stessi e agli altri...»

«Non ho bisogno di una coscienza, Zabini!», dissi, scocciata per il fatto che le sue parole mi erano sembrate fin troppo adatte alla mia situazione, anche se faticavo a credere che fosse lo stesso per Malfoy: «Ne ho già una e mi basta. Tutto ciò che voglio sapere e dove si trova Draco!»

Strinsi forte le mani a pugno, prima di aggiungere: «Per favore...»

I suoi occhi si sbarrarono, di sicuro non si aspettava che con una Serpe come lui fossi gentile, ma a quanto pare quelle due parole servirono per farlo parlare.

«A me ha semplicemente detto che doveva tornare a casa per motivi familiari, ma che entro due giorni sarebbe tornato», borbottò, quasi arrabbiato con se stesso per avermi informata.

«Cosa?!», esclamai, sconvolta e furiosa.

Perché non mi aveva detto nulla, lasciandomi sola in quel letto?

Perché?

«Ma è una cosa grave? Lui sta bene?», chiesi, facendo un involontario passo avanti verso di lui.

«Ne dubito».

Sbarrai gli occhi a quelle due parole, incitandolo con lo sguardo a continuare.

«Di sicuro non è andato un paio di giorni in vacanza con i suoi genitori, Granger. Molto probabilmente qualcuno ha riferito al vecchio Lucius quanto il suo figliolo famigliarizzi con una certa Mezzosangue, oppure lo schiaffo che Pansy gli ha tirato ieri è giunta alle orecchie di Malfoy senior e vuole prendere dei provvedimenti, parlandone però prima con Draco, oppure...», si bloccò di colpo, come se si fosse ricordato di non dover dire troppo e mi lanciò uno sguardo maledettamente serio: «Ora sei contenta, Mezzosangue? Ora che sai di non poter fare nulla per lui?»

Sentii una dolorosa morsa al petto e provai l'irrazionale istinto di urlare.

Mi sentivo così inutile e debole per poter far qualcosa, qualsiasi cosa!

«Tornerà?», chiesi con un filo di voce, guardandolo timorosa.

Non ero io quella ragazza e provai ribrezzo per quella debolezza che stavo mostrando.

«Certo», disse con tono ovvio, muovendo alcuni passi, allontanandosi.

Credetti quindi che la conversazione fosse chiusa, facendo anche io alcuni passi nella direzione opposta rispetto al Serpeverde, prima di sentire chiaramente la sua voce dire: «La vera domanda senza risposta è se al suo ritorno sarà tutto come prima».

A quella parole non riuscii più a muovermi, sentendo i passi di Zabini allontanarsi e il mio cuore soffrire in silenzio alla forte sensazione di disagio e insicurezza che mi stava assalendo.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Prediction ***


25. PREDICTION



Neville stava leggendo una rivista di Erbologia, annuendo ogni tanto alle varie pagine, sorseggiando il succo di zucca ed evitando qualsiasi tipo di contatto umano.

Mi ritrovai a fissarlo, incantandomi, mentre cercavo di ricordare quand'era stata l'ultima volta che avevo scambiato con lui qualche parola.

Quella mattina ogni singolo individuo seduto per fare colazione sembrava più addormentato del solito ed io avevo bisogno di chiacchierare con qualcuno; fare giusto due chiacchiere e nient'altro.

Considerai l'opzione di interrompere la chiacchierata tra Ginny ed Harry che, appiccicati l'uno all'altra riuscivano miracolosamente a non baciarsi, e si sussurravano quelle che sembravano promesse d'amore eterno a due centimetri di distanza. Scartai l'opzione e mi voltai verso la figura un po' gobba sul tavolo di Colin Canon che, con occhi fiammeggianti stava uccidendo Mclaggen che chiacchierava tranquillamente con Calì. Pensai di distrarlo dalle sue pene d'amore, ma poi ricordai i suoi assalti degli ultimi quattro giorni, nel vano tentativo di intervistarmi sulla mia relazione con Malfoy e decisi di evitare di dargli l'occasione di tormentarmi nuovamente. Presi in considerazione di litigare un po' con Lavanda Brown che stava blaterando con Calì e Mclaggen su dei compiti che non le erano venuti. Scartai anche quell'opzione e guardai verso Dean Thomas e Seamus Finnigan che stavano leggendo e commentando allegramente la Gazzetta del Profeta, ma non avevo voglia di intavolare con loro una noiosa conversazione sul Quidditch (perché era logico che stessero parlando di quello), così tornai a guardare Neville e mi resi conto che era la mia unica scelta possibile.

«Cosa leggi d'interessante?»

Non mostrai di aver notato il salto che aveva fatto al suono delle mie parole e gli sorrisi in modo incoraggiante.

«Oh, emh... è un trattato sui possibili benefici dell'utilizzo del pus di Bobotubero in alcuni medicinali»

Non riuscii a trattenere una smorfia: «Non sapevo ci fosse il pus di Bobotubero nei medicinali»

Neville sorrise, forse contento di conoscere qualcosa che io invece ignoravo: «Infatti non viene spesso utilizzato, ma solo in alcuni casi. Di solito si preferisce utilizzare qualcosa di meno... disgustoso»

Io annuii: «Non si finisce mai di imparare», dissi: «Io pensavo che venisse comunemente utilizzata la linfa di Pugnacio nei medicinali»

«Beh, anche. Diciamo che sono utilizzate entrambe».

Annuimmo entrambi, persi nei nostri pensieri, prima che io tornassi a finire la mia colazione e lui la sua.

Stavo per alzarmi e dirigermi alla prima aula della mattina, ma il rumore di vetri infranti mi fece alzare lo sguardo all'istante.

Vidi Luna che si affaccendava a raccogliere quelli che sembravano i cocci di un bicchiere, mentre alcuni Serpeverde, dopo averglielo evidentemente fatto cadere, se la ridevano e la prendevano in giro.

Raggiunsi subito la mia amica, riuscendo in due istanti ad attraversare l'intera Sala Grande, facendo un veloce incantesimo e riassemblando così ogni singola scheggia di vetro.

«Oh, grazie mille Hermione, ma non ce n'era bisogno», disse la mia amica, sorridendo e appoggiando il bicchiere sul tavolo dei Corvonero.

«Figurati, Luna», dissi, sorridendole calorosamente: «Vuoi che ti tenga un po' di compagnia?»

La mia proposta la fece annuire con forza: «Se hai voglia, sì. Siediti.»

Mi fece gesto di occupare il posto accanto a sé e la accontentai, salutando Padma Patil, Micheal Corner e Marcus Belby (uno dei ragazzi che facevano parte del Lumaclub), prima di assottigliare lo sguardo alla vista di Marietta Edgecombe che chiacchierava con una ragazzina più giovane.

«Come va?», chiesi a Luna, cercando di ignorare il fastidio che la Edgecombe mi ispirava da quando, l'anno prima, aveva tradito l' ES, riferendo alla Umbridge dove ci incontrassimo per fare pratica di incantesimi.

«Oh, tutto bene, grazie. Oggi abbiamo lezione insieme, vero?»

Annuii: «Rune Antiche, alla prima ora».

Lei sorrise, sorseggiando del tè color rosa pallido: «Adoro quella materia».

«Sì, piace molto anche a me».

«Come va con Malfoy?»

Strinsi forte, sotto il tavolo, le mani a pugno, sforzandomi di non lasciar trapelare sul mio volto la preoccupazione e il dolore che pensare a lui mi provocava.

Erano cinque giorni che non si faceva vivo, cinque giorni in cui io avevo aspettato che tornasse, cinque giorni che non avevo fatto altro che pensare a lui, cinque giorni orribili in cui non ero riuscita a chiudere occhio per nemmeno un istante, cinque giorni di puro inferno.

«Tutto nella norma», riuscii a dire: «Anche se è da un po' che non lo vedo, è dovuto tornare a casa per motivi familiari».

Le parole sembravano così false alle mie orecchie che non mi illusi avesse creduto alla mia bugia, per questo ero certa che stesse fingendo di credermi, anche se non ne capivo il motivo.

«Nulla di grave spero», disse, aggiungendo al tè un po' di zucchero di canna.

«Spero di no», dissi, accennando un sorriso tirato e debole che non avrebbe convinto nemmeno un idiota.
Alzai lo sguardo al soffitto incantato e alle grige nuvole che oscuravano il sole, rendendomi conto che il tempo sembrava essere in qualche modo in armonia con i miei sentimenti e pensieri amari.

«Andiamo a lezione insieme?», mi chiese, finendo in pochi sorsi la sua bevanda ed alzandosi in quel suo modo aggraziato e quasi incorporeo che sarebbe stato adatto ad un fantasma e non ad una ragazza in carne ed ossa.

«Certo», la seguii, portandomi la borsa con dentro compiti e libri a tracolla.



***



La lezione di Rune Antiche sembrò finire in un lampo, lasciandomi quella tipica sensazione di onnipotenza che provavo dopo aver risposto ad ogni singola domanda che il professore aveva posto in classe.

Salutai Luna con un sorriso sincero e mi diressi verso i sotterranei, dove avevo lezione di Pozioni con Serpeverde.

Durante il tragitto vidi Nott che, invece di scendere le scale le stava salendo di corsa, come se fosse stato inseguito da uno Schiopodo Sparacoda.

Aggrottai le sopracciglia, chiedendomi il motivo della sua fretta e perché stesse deliberatamente andando dalla parte opposta del castello rispetto a dove avrebbe dovuto.

Scesi un gradino soltanto, prima di voltarmi e di seguirlo il più silenziosamente possibile su per le scale.

Nott non sembrò accorgersi della mia presenza e questo giocò a mio favore, permettendomi di stargli a pochi metri di distanza senza essere notata.

All'inizio pensai che dovesse andare in Biblioteca, ma quando superammo anche il terzo piano intuii che stesse tramando qualcosa.

Insomma, i Serpeverde erano bravi solo a creare piani malefici, insultare il prossimo e atteggiarsi da padroni assoluti del mondo. Era ovvio che Nott stesse combinando qualcosa.

L'adrenalina che sentivo in corpo mi aiutò molto durante la mia scalata, dandomi il coraggio e abbastanza astuzia da non farmi scoprire dal ragazzo.

Arrivati al settimo piano sentii chiaramente un brivido lungo la schiena mentre un'unica opzione si faceva largo nella mia mente: la Stanza delle Necessità.

La domanda era: che cosa doveva andare a tramare in quella stanza?

Sarebbe stato impossibile entrare con lui senza essere vista così mi nascosi dietro ad un'armatura nel corridoio e lo osservai passare davanti a quella parete tanto familiare per tre volte, fino a quando comparve un portone in legno scuro. Solo in quel momento il Serpeverde si guardò intorno con aria circospetta, per poi entrare nella stanza.

Un secondo dopo la porta era stata assorbita dalla parete, scomparendo.

Rimasi per alcuni istanti a fissare il punto dove il ragazzo era scomparso, mentre nella mia mente formulavo tutte le ipotesi possibili che avrebbero potuto spingere Nott ad usufruire della Stanza delle Necessità durante la lezione di Pozioni, ma non...

Oh, cavolo! La lezione di Pozioni!

Incominciai a correre come una matta verso i sotterranei, fiondandomi giù per le scale ad una velocità sorprendente per una che odiava fare attività fisica e rischiando un'infinità di volte di cadere e di sfracellarmi il cervello. Molti quadri mi urlarono dietro, infastiditi dalla mia presenza oppure pronti ad incoraggiarmi a correre più veloce e sorrisi al pensiero di avere persone ormai morte che tifavano per me.
Arrivai con un ritardo di ben cinque minuti a lezione, ansimando come se avessi corso una maratona e con la faccia rossa come un pomodoro.

Per fortuna l'adorazione che il professor Lumacorno provava per Harry (mio migliore amico) e per la mia bravura nella sua materia mi permise di sedermi senza che nessun punto venisse tolto alla mia casa.

Essere una studentessa modello a volte dava i suoi frutti.

«Dov'eri finita?», mi chiese Harry, seduto nel banco accanto al mio, mentre fingeva di prendere appunti.
Gli feci segno di darmi un attimo di tempo per riprendere fiato e poi gli raccontai per filo e per segno del comportamento di Nott.

«Potrebbe essere stato lui a dare la collana a Katie!», esclamò con un filo di voce il mio amico, stringendo con forza la mano a pugno.

«Harry, perché pensi sempre al peggio? A proposito, sai come sta Katie?»

«Demelza mi ha detto che sta molto meglio, da quando l'anno trasferita al S. Mungo si è ripresa velocemente. Dovrebbe tornare la prossima settimana».

Annuii, ricordando con orrore quando avevo trovato quella povera ragazza a terra ed in preda alle convulsioni.

Nott avrebbe mai potuto fare una cosa del genere?

Non lo conoscevo abbastanza da poter accusarlo senza avere delle prove...

«Questo pomeriggio chiederò a Dobby e Kreacher di seguire Nott e di lasciar perdere Piton, anche perché per il momento non hanno scoperto nulla di nulla».

«Dovresti smetterla di sfruttare quei due poveri elfi, Harry!», lo ammonii, mentre con un parte della mia concentrazione seguivo le parole del professore: «Allo stesso modo in cui dovresti liberarti di quel libro», indicai con il mento il suo volume di Pozioni.

Vidi chiaramente il volto del mio amico adombrarsi e capii che non mi avrebbe ascoltato.

Mi guardai intorno e incontrai per una frazione di secondo lo sguardo affilato di Lavanda Brown che sembrava volermi fulminare, mentre accanto a lei Ron mi rivolse un timido sorriso.

Ero felice che negli ultimi giorni i rapporti con entrambi i miei migliori amici fossero tornati ad una parvenza di normalità. Con Ron non ero più in guerra continua e riuscivano a scambiarci i normali saluti di rito ogni mattino, tipo: «Come stai?», «Dormito bene?», «No, Ron, non ti faccio copiare i compiti».

E, anche se Lavanda continuava ad essere una spina nel fianco, ero certa che non sarebbe riuscita a dividerci nuovamente.

Ricambiai quindi il sorriso del mio amico e ne dedicai uno anche a Lavanda.

Perché il miglior modo per sconfiggere il nemico è fargli credere di averlo perdonato.

Tornai a concentrarmi sulle parole del professore, prima che Harry attirasse la mia attenzione, facendomi voltare verso di sé.

«Ora so come fare a prendere il ricordo a Lumacorno», mi sussurrò all'orecchio, con un tono di voce eccitato.

Sbarrai gli occhi, guardandolo con curiosità ed invitandolo a continuare.

«Ci stavo pensando questa mattina e poi mi è finita tra le mani la soluzione che stavo cercando disperatamente», disse, tenendomi un po' sulle spine, prima di dire: «Basterà bere la Felix!»

«Harry, sei sicuro?», gli chiesi, cercando di pensare ai pro ed ai contro in caso avesse bevuto quella boccetta di Fortuna Liquida.

«Certo! Ho già calcolato tutto! Mi basterà berne un po' questo pomeriggio dopo le lezioni e poi mi lascerò "guidare" da lei su come fare! Geniale vero?»

Ok, come piano non sembrava troppo assurdo e sperai vivamente che funzionasse, anche perché ero certa che se avessi provato a dissuadere Harry dal farlo non mi avrebbe minimamente ascoltato.

«Beh, potrebbe funzionare», dissi con tono titubante, lasciando trapelare solo in parte la mia preoccupazione.

Dopo due lunghe ore di Pozioni i miei capelli si gonfiarono, a causa dell'umidità che permeava nell'aula, raggiungendo la forma della criniera di un leone.

Ignorai lo sguardo titubante che Harry lanciò alla mia chioma e, appena uscita dall'aula, con un semplice incantesimo, li feci tornare alla normalità.

Stavo per seguire i miei amici verso la Sala Grande, quando una mano mi afferrò per il gomito, facendomi voltare.

Mi trovai a fissare negli occhi una delle ultime persone con cui avrei voluto avere a che fare e feci una piccola smorfia, mentre lei mi lanciava un'occhiata disgustata: «Ti devo parlare, Granger».

Annuii, facendo segno ad Harry e Ron di non aspettarmi, mentre seguivo la Parkinson verso un corridoio deserto.

«Quello che ti sto per dire sarà un piccolo segreto tra noi due, Mezzosangue, chiaro?»

Aggrottai le sopracciglia: «Perché dovrei fidarmi di te? Sinceramente non credevo di ispirarti tanta fiducia da portarti a rivelarmi segreti... anzi, devo ancora decidere se quello che mi hai detto l'altra mattina poteva avere un fondamento di verità o no...»

«Sta per succedere qualcosa di brutto, Granger. Come hai appena detto tu, non mi aspetto che tu mi creda, anche se dovresti per il tuo bene. Ti consiglio di andartene prima che sia troppo tardi».

A quelle parole mi zittii di colpo, lanciandole un'occhiata confusa: «Come fai a dirlo? Lo hai visto in una sfera di cristallo?», il sarcasmo nelle mie parole la fece assottigliare lo sguardo.

«Davvero spiritosa, Granger. Che ne dici di usare quel cervello di cui ti vanti tanto e di ascoltarmi?»

Sbuffai alle sue parole: «Dimmi tutto».

Anche se avrei voluto voltarle le spalle e andarmene a mangiare in santa pace, rimasi lì, con le mani conserte ad aspettare che parlasse.

«Questa mattina, dopo la lezione di Divinazione mi sono trattenuta a dare una mano alla professoressa Cooman».

Sentire nominare quella ciarlatana mi fece storcere il naso, ma per il resto cercai di mantenere il controllo e di non sembrare troppo annoiata o disinteressata.

«Stavo per andarmene, quando la professoressa ha cominciato a dire cose senza senso con una voce strozzata e stridula. Non capivo cosa stesse accadendo, quando poi la Cooman ha incominciato a tremare, rovesciando gli occhi ho pensato che fosse stata avvelenata o qualcosa di simile, ma poi ha cominciato a parlare con una voce che non sembrava sua».

Se la Parkinson voleva attirare la mia attenzione ci era riuscita perfettamente.

«Ha detto che questa notte, dopo mezzanotte il fedele amico tradirà e ucciderà, o qualcosa di simile, e che sagome scure marceranno verso Hogwarts portando il caos».

Raggelai a quella parole, sapendo perfettamente che la Cooman era in grado di fare delle vere e proprie profezie e chiedendomi se quella fosse una di esse.

«Sei sicura?», il mio tono allarmato la sorprese, forse non si aspettava che le credessi.

Ma negli ultimi anni se avevo imparato qualcosa era che bisognava essere pronti a tutto, anche alle cose più assurde; come per esempio la propria nemica personale che ti informa di una nuova profezia della Cooman.

«Mi credi», disse la Parkinson con gli occhi quasi fuori dalle orbite.

Non era una domanda, quindi non pensai necessitasse una risposta e aspettai semplicemente che mi dicesse qualcosa in più.

Ma, notando che non sembrava voler aggiungere altro decisi di fare io delle domande per spingerla a dirmi altro: «Quando la Cooman ti ha parlato era diversa vero? E poi dopo non si ricordava nulla, giusto?»

La ragazza annuì: «All'inizio pensavo fosse uno scherzo di pessimo gusto», disse.

«Temo di no», sussurrai: «La Cooman a volte ha delle vere e proprie premonizioni e temo che questa sia una di esse. Hai avvertito Silente?»

«Avrei voluto, ma ho sentito che tornerà questo pomeriggio tardi. Non sapevo a chi parlarne, Granger e l'unica persona che pensavo avrebbe potuto fare qualcosa eri tu».

Annuii, chiedendomi se quello che aveva detto la Parkinson ed il comportamento strano di Nott avessero un nesso tra di loro.

«Senti, Granger. So che siamo partite col piede sbagliato e non sto dicendo che d'ora in poi saremo amiche per la pelle e che ci metteremo lo smalto a vicenda durante i pigiama party, ma credo che un'alleanza in questi casi possa essere utile».

Ci fissammo negli occhi a lungo.

Forse anche lei stava valutando la situazione, chiedendosi se fidarsi fosse davvero una buona scelta, ma una cosa era certa: dovevamo lasciar perdere i vecchi rancori perché se quello che la Parkinson aveva detto era vero eravamo tutti i pericolo.

Allungai una mano e lei fece lo stesso.

Ce le stingeremmo con una solennità che in un'altra occasione mi avrebbe fatto ridere, ma che in quel momento mi adombrò solo di più il volto.

E mentre alle preoccupazioni già esistenti si aggiungeva anche quella di un possibile attacco ad Hogwarts, non potei fare a meno di chiedermi se Draco stesse bene e quando sarebbe tornato da me.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Island ***


26. ISLAND




«Dobbiamo dirlo alla McGranitt», dissi con voce ferma e, afferrando con decisione il braccio della Parkinson, cominciai a dirigermi verso l'ufficio della professoressa di Trasfigurazione, trascinandomela dietro per un certo tratto.

«Che cosa?!», esclamò la ragazza dopo pochi secondi, liberandosi dalla mia presa e facendo un paio di passi indietro, come se volesse mantenere le distanze.

Alzai un sopracciglio, stupita dalla sua reazione fulminea ed osservando con attenzione il suo volto.

Aveva i lineamenti del viso tesi, chiaro sintomo di nervosismo, la pelle era più pallida del solito e le pupille degli occhi erano leggermente dilatate da quella che sembrava paura.

Assottigliai lo sguardo, facendo due più due e capendo all'istante che la Parkinson mi stava nascondendo qualcosa di fondamentale.

Che mi avesse mentito?

No, quando aveva parlato di quello che sarebbe successo dopo mezzanotte sembrava sincera e terrorizzata quanto me, ma allora perché non voleva che la McGranitt venisse informata?

In pochi secondi il volto della Serpeverde tornò impassibile, ma si vedeva sulla fronte una piccola ruga di preoccupazione.

Qualcosa non quadrava, ma cosa?

«Che cos'è che non mi hai detto?» le chiesi, scandendo chiaramente le parole e facendole capire quanto fosse scarsa la mia pazienza e che non ero in vena di scherzi.

I suoi occhi si assottigliarono: «Ti ho detto tutto ciò che dovevi sapere».

Quelle parole mi fecero chiaramente capire che stava nascondendo qualcosa e il mio sguardo interrogativo e spazientito le fece affilare ancora di più lo sguardo: «Il fatto che non ci uccideremo a vicenda nelle prossime ore non significa che siamo diventate amiche del cuore e che io sia costretta a parlarti di cose private!» esclamò spazientita.

«E invece dovresti, dato che queste "cose private" ci impediscono di fare ciò che dobbiamo...»

«E perché mai dovremmo avvisare la McGranitt?!»

«Per dirle che siamo in pericolo! Se no come facciamo a prepararci per affrontare le "sagome scure"?!»

Avevo ragione, lo sapevo io e lo sapeva pure lei, eppure ero certa che non sarebbe servito a potarla a confessare dov'era il problema.

Perché era lì, racchiuso da qualche parte, il pezzo del puzzle che avrebbe cambiato del tutto le carte in tavola e che lei non voleva assolutamente dire.

«Non posso, Granger», distolse lo sguardo mentre parlava e capii che la conversazione era ormai ad un'impasse.

Avrei voluto continuare all'infinito a chiederle spiegazioni, magari assumendo il mio tipico atteggiamento e la mia posa con le mani sui fianchi che precedeva una lunga sgridata, ma sapevo che non sarebbe servito a nulla.

L'ultima mia carta da giocare era quella della ragazza comprensiva e non quella aggressiva.

Abbandonai quindi la mia posa rigida e sospirai, allungando una mano e facendo per appoggiarla sulla sua spalla, prima di bloccarmi, certa che non avrebbe gradito.

«Troveremo una soluzione insieme, Parkinson. Se me ne parli possiamo unire le forze e pensare a come risolvere tutto».

Per un istante, uno soltanto, vidi una scintilla di speranza e fiducia nei suoi occhi.

Ebbi giusto il tempo di scorgerla perché subito dopo quella luce era morta.

«Non ho bisogno del tuo aiuto, Granger», il suo sguardo furioso mi stupì e non potei fare a meno di provare compassione per lei.

La Parkinson non mi era mai sembrata così sola e bisognosa d'aiuto, nemmeno durante il nostro incontro avvenuto cinque mattine prima mi era sembrata così impaurita e delusa.

Sì, la Serpeverde era profondamente delusa della sua vita, glielo leggevo in faccia.

Capivo però il suo bisogno di non cedere e lasciar vedere il fianco ferito, perché erano cinque giorni che mi comportavo allo stesso modo con chiunque mi chiedesse di Malfoy e dove fosse finito.

Erano cinque giorni che fingevo la mia solita indifferenza al mondo intero, ma dentro ero sempre più fragile ed insicura.

«Ne hai parlato almeno con un'amica?», le chiesi, sperando che almeno lei avesse trovato il coraggio di dirlo a qualcuno, mentre io mi ero semplicemente barricata nella mia fortezza senza lasciar entrare nessuno al suo interno.

Ero diventata un'isola, alla faccia di Donne (*), c'ero riuscita.

E malgrado avessi odiato la Parkinson per anni, in quel momento trovandomi nella sua stessa situazione
di isolamento autoimposto non potevo non sentirmi in un qualche modo vicina a lei.

Avrei voluto che mi parlasse dei suoi problemi, forse per avere la scusa perfetta per scaricare sulle sue spalle anche i miei. Uno scambio equo, insomma.

La leggevo nei suoi occhi, la stessa scintilla di autoconservazione che c'era nei miei, la stessa luce di dolore e preoccupazione.

Mi chiesi se anche lei, come me, fosse preoccupata per Malfoy.

Eppure cinque mattine prima mi aveva sputato addosso tutto l'odio che provava nei confronti del biondo, era possibile che ne fosse lo stesso innamorata?

Oppure stava soffrendo per qualcun altro?

Sul suo volto comparve un'espressione di scherno: «Se anche fosse, sono comunque fatti miei, Granger».

Anche lei era un'isola, proprio come me e, se da una parte ero triste per lei, dall'altra non potevo fare a meno di sentirmi meno sola e felice di aver trovato una mia "simile".

«Abbiamo abbassato la bacchetta di guerra da dieci minuti e già ho voglia di schiantarti, Granger, non tirare la corda».

Ghignai a quella parole, felice che fosse riuscita a riportare la conversazione su argomenti meno pungenti e dolorosi.

«Il sentimento è reciproco, Parkinson, ma rimango comunque dell'idea che dovremmo informare la McGranitt dell'accaduto».

«Io invece penso che non parlerai a nessuno di quello che ti ho detto fino a quando non lo deciderò io».
Aggrottai profondamente le sopracciglia, scandagliando la sua espressione impassibile: «E perché mai dovrei fidarmi, Parkinson?»

Sul viso della Serpeverde comparve un ghigno: «Per lo stesso motivo per cui io mi sono fidata di te, parlandotene; perché non abbiamo nessun'altro».

Le sue parole mi colpirono in pieno viso come un pugno e, prima che potessi ribattere, mi aveva già liquidata con un veloce cenno del capo e se ne era andata.



***



Passai l'intero pomeriggio in Biblioteca a sfogliare libri dopo libri su incantesimi di difesa e attacco.

Se non potevo informare nessuno tanto valeva che mi preparassi almeno io ad una possibile guerra.

Avevo passato l'ora di pranzo e le due successive di lezione in uno stato di continua agitazione e tormento, tanto che Harry mi aveva più volte chiesto che cos'avessi e io, ogni volta, ero stata ad un passo dal confessargli tutto quello che mi aveva detto la Parkinson, per poi invece mordermi a sangue l'interno guancia e mentire.

Odiavo non dire la verità, soprattutto ai miei amici, ma dovevo fidarmi di quella ragazza, anche se non avevo mai avuto un bel rapporto con lei ero certa che non mi avesse mentito e quella sera sarebbe davvero successo qualcosa di orribile.

E se le "sagome scure" fossero stati Mangiamorte? O Dissennatori?

Per non rischiare avevo mandato una lettera veloce ai miei genitori, chiedendo loro di andare a stare dalla prozia Claire in campagna per un po' di tempo, fino a quanto non avessi detto loro di tornare a casa.

Non avrei potuto sopportare il pensiero che i miei genitori fossero in pericolo a causa mia e la prozia Claire era l'unica soluzione che mi era venuta in mente, anche perché in realtà non era affatto imparentata con noi, ma era stata la maestra delle elementari di mia madre. Con lei i miei genitori ed io avevamo sempre avuto un rapporto stretto, soprattutto quando viveva nella casa accanto alla nostra nella periferia di Londra, tanto che io da piccola ero davvero convinta che fosse la zia di mia madre.

Sperai che avessero seguito il mio consiglio, certa che se fosse accaduto quello che temevo sarebbe successo, avrebbero rischiato la vita.

Afferrai uno dei tanti volumi davanti a me lo sfogliai interamente, segnando velocemente su una pergamena tutti gli incantesimi che sarebbero potuti risultare utili.

Ma dopo poco ero di nuovo distratta, dato che alla preoccupazione per la mia scuola e la mia famiglia, si aggiungeva quella per il mio migliore amico che, subito dopo l'ultima ora di lezione era scomparso, letteralmente, nel nulla.

Avevo giusto avuto il tempo di vederlo bere da una piccola boccettina con all'interno un liquido color oro fuso e l'istante dopo era fuggito fuori dal castello.

Mi chiesi se fosse riuscito a recuperare quel prezioso ricordo di Lumacorno e perché per farlo era dovuto correre fuori dalla scuola, se l'ufficio del professore si trovava all'interno, ma avevo preferito non indagare troppo sulla faccenda, certa che la Felix Felicis stesse svolgendo il suo effetto, portando tutta la fortuna possibile al mio amico.

Chiusi il volume, allontanandolo di qualche centimetro e, alzando il volto, scrutai i tavoli accanto a me, notando come fossero quasi tutti vuoti, tranne uno occupato dalla Greengrass e la Bullstrode ed un altro dove alcuni ragazzini di Corvonero stavano consultando un enorme libro polveroso.

Ancora una volta durante quella giornata, che sembrava sfuggirmi dalle dita, mi sentii sola come un'isola in mezzo ad un mare sconosciuto.

Sfogliai ancora poche pagine, prima che la sedia accanto alla mia si spostasse.

Alzai lo sguardo, incontrando gli occhi scuri e i capelli rosso fuoco della mia migliore amica.

«Ciao, Ginny», la salutai, prima di chiudere il polveroso volume e di voltarmi appena verso di lei, pronta a dedicarle tutte le attenzioni di cui avesse avuto bisogno.

«Ciao, Hermione, hai visto Harry? È tutto il pomeriggio che lo cerco».

«Aveva una missione importante da compiere», dissi, rimanendo sul vago, prima di sorridere: «A proposito di Harry, come va?»

La mia domanda la fece arrossire e nei suoi occhi comparve una scintilla piena di amore e speranza: «Oh, Hermione, va davvero tutto bene. Anzi, troppo direi! Sono così felice ultimamente ed Harry è così dolce e attento quando vuole... dovrei andare da Zabini e ringraziarlo, se non fosse stato per lui forse starei ancora a fare i miei tira e molla con Dean per far ingelosire Harry... ma questo te l'ho già detto un miliardo di volte negli ultimi cinque giorni», disse allegra, dedicandomi uno dei suoi bellissimi sorrisi: «Studi?»

Racimolai quel poco di felicità che mi era rimasta e la dedicai tutta a lei, nascondendo il mio dolore, il mio nervosismo e tutti i sentimenti negativi ne negli ultimi giorni mi stavano a poco a poco spegnendo.

Le sorrisi: «Che cosa potrei fare se no in Biblioteca?», le feci notare, facendole l'occhiolino e sforzandomi di essere la solita Hermione Granger e di non lasciar trapelare la preoccupazione.

Seppi di aver fallito nel momento esatto in cui incontrai lo sguardo contrariato di Ginny, ma finsi indifferenza di fronte alla sua muta domanda di spiegazioni e mi alzai.

Con un veloce incantesimo feci lievitare i libri e li spedii ognuno al proprio posto, prima di voltarmi nuovamente verso Ginny: «Facciamo un giro? Così tu mi racconti come è andata la giornata».

Vidi la mia amica annuire, anche se ancora sembrava chiedersi cosa mi tormentasse.

"Mi dispiace, Ginny, ma non posso dirti nulla", pensai, pronta a riempirla di domande così da evitare di diventare il soggetto della conversazione.



***



Passai l'ora di cena a chiacchierare animatamente con Ginny; entrambe ci chiedevamo dove fosse finito Harry, che non si vedeva da quel pomeriggio.

Non capivo il motivo della sua assenza, dubitavo che per recuperare un semplice pensiero ci volesse così tanto tempo e sperai che non fosse incappato in qualche problema.

Considerai l'ipotesi che si trovasse da qualche parte con il Preside, dato che quella sera il posto a tavola di Silente era vuoto e, senza sapere perché, mi resi conto che il pensiero di Harry da qualche parte con il Preside non mi tranquillizzava affatto.

Durante cena mi capitò spesso di incrociare lo sguardo della Parkinson dall'altra parte della Sala Grande, allo stesso modo in cui mi ritrovai a riprendere Ron un centinaio di volte per il modo incivile in cui si ingozzava di ali di pollo.

Era una serata così normale che il pensiero che presto sarebbe scoppiata una guerra sembrava assurdo, eppure era terribilmente reale.

Avrei voluto alzarmi in piedi e dire a tutti di fuggire, ma ancora una volta incontrai gli occhi scuri della Parkinson e mi cucii mentalmente le labbra.

Dopo cena, come ogni sera, subito dopo aver salutato Ginny, raggiunsi la piccola saletta dei Prefetti, incontrando Dean Thomas, Hannah Abbott e Zacharias Smith, Antony Goldstein e Lisa Turpin, Pansy Parkinson e Blaise Zabini (il momentaneo sostituto di Malfoy).

Salutai tutti, lanciando un veloce sguardo alla Serpeverde che mi ricambiò con la sua solita occhiata di odio represso.

Capii subito il messaggio: fingere indifferenza.

Diversamente dal solito ci fu una veloce riunione dove Goldstein appese al muro le coppie del mese per quanto riguardava le ronde e fu con una smorfia di pura sofferenza che vidi il mio nome accoppiato a quello di Malfoy. Lanciai una veloce occhiata a Zabini, notando quanto anche a lui la nostra momentaneamente forzata passeggiata al chiaro di luna non andasse a genio.

Fino all'inizio dell'anno ero stata accoppiata con la Abbott, ma da quando era nata quella stupida scommessa tra me e Malfoy, il Serpeverde aveva sempre chiesto alla Abbott di fare cambio di compagni di ronda ed io mi ero ritrovata a dover controllare il castello da cima a fondo con lui. Ed ora mi ritrovavo costretta a fare la ronda fino a Natale con Malfoy.

Sospirai, ignorando le spine che si erano conficcate nel mio cuore, mentre mi chiedevo quando quello stupido furetto sarebbe tornato.

Mi mancava, era inutile mentire o prendersi in giro, lo rivolevo con me per litigare, fare pace e poi litigare di nuovo.

Dopo pochi istanti ogni coppia di Prefetti se ne era andata e io ero rimasta da sola con Zabini che, con fare scocciato mi fissava.

«Ti sei pietrificata, Granger?»

Feci una smorfia, disturbata dal fatto che avesse interrotto i miei pensieri, prima di uscire dalla saletta spoglia al cui interno vi erano solo alcune foto dei precedenti Prefetti, un tavolo e alcune sedie.

«Andiamo, Zabini».

La ronda iniziò nel migliore dei modi: in perfetto silenzio, ma poco dopo cominciai a sentirmi a disagio e quando scoccarono  le undici di sera sentii un brivido freddo scivolarmi lungo la schiena.

Dovevo trovare la Parkinson per chiederle il "permesso" di dire cosa stava per succedere, ma sarebbe potuta essere ovunque nel castello.

Lanciai una veloce occhiata a Zabini e vidi che mi stava fissando.

«Lo so che lo sai», mi disse semplicemente, colpendomi alla sprovvista.

«La Parkinson te l'ha detto?», gli chiesi stupita, sbarrando gli occhi.

Lui annuì soltanto, prima di dire: «Silente dovrebbe essere tornato ormai, Pansy mi ha detto che gli avrebbe parlato il prima possibile».

«Bene», riuscii semplicemente a dire, sperando che andasse tutto per il meglio.

«Controllo il sesto e tu il settimo piano, va bene?»

Io annuii, anche se dal tono della sua voce sapevo che stava per succedere qualcosa.

Realizzai che sicuramente anche lui doveva sapere qual era il pezzo del puzzle che la Parkinson mi aveva tenuto nascosto e mi chiesi se me ne avrebbe parlato se gliel'avessi chiesto, certa che la risposta sarebbe stata no.

Quando ci separammo sentii la strana sensazione che quella sera non ci saremmo più incontrati e lessi quel pensiero anche nei suoi occhi quando mi disse: «Buona fortuna».



***



Salii le scale fino ad arrivare al settimo piano.

Appena mossi i primi passi mi resi conto che c'era qualcosa che non andava.

Mi appiatti all'istante contro il muro, scivolando senza far rumore fino ad una delle armature, nascondendomi dietro ad essa, mentre mi guardavo intorno.

Quella situazione mi ricordò in modo impressionante quella mattina, quando avevo seguito Nott proprio fino a quel piano e lo avevo visto entrare nella Stanza delle Necessità.

Sentii chiaramente il rumore di passi affrettati in avvicinamento e trattenni il respiro, chiedendomi chi sarebbe potuto essere. Sapevo perfettamente che in molti non rispettavano le regole di Hogwarts, io ero una delle prima che, con Harry e Ron, le avevo infrante nel corso degli anni e, anche se non mi vantavo certo di questo, potevo dire almeno di averlo fatto per buoni motivi.

I passi si avvicinarono ancora e io strinsi maggiormente la bacchetta nella mano destra.

Quando vidi passare davanti all'armatura una figura alta coperta da un mantello nero e con il cappuccio sollevato non persi tempo e appena mi superò di qualche passo le andai dietro, puntando la mia bacchetta contro la sua schiena.

«Non ti muovere», dissi, con una voce arrocchiata dall'ansia che non sembrava neanche mia.

Ero pronta a tutto, quel Mangiamorte non mi sarebbe sfuggito.




 


(*) John Donne è un poeta inglese del XVII secolo e la sua opera più importante è "No man is an island" (Nessun uomo è un'isola), dove afferma che l'uomo non è un'isola ma è parte di un continente, una metafora per dire che l'uomo fa parte dell'umanità e non deve quindi sentirsi solo, ma deve gioire se nasce un bambino e rattristirsi se un uomo muore.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** This is the problem ***


27. THIS IS THE PROBLEM




L'uomo incappucciato irrigidì le spalle, ma non reagì in nessun altro modo davanti all'evidente minaccia che costituiva la mia bacchetta.

Per alcuni istanti, che mi sembrarono dilatarsi all'infinito, rimasi lì immobile a fissare la schiena che avevo di fronte, pensando a cosa sarebbe stato meglio fare.

Schiantarlo? Chiedergli chi fosse? Portarlo dal Preside?

Beh, sicuramente sarebbe stato più utile prima chiedergli il nome e poi dopo Schiantarlo...

Aumentai la stretta intorno alla bacchetta, sentendo chiaramente l'adrenalina scorrermi nelle vene e le mani sudate per l'agitazione.

Presi un profondo respiro e spinsi la punta del mio legno maggiormente contro il tessuto pregiato di quel mantello scuro.

«Chi sei?», chiesi con voce ferma, complimentandomi con me stessa per il sangue freddo che stavo dimostrando.

E se fosse un Mangiamorte? È questa una delle "sagome scure" a cui si riferiva la profezia della Cooman? O la minaccia sarebbe stata un'altra?

Un forte clangore che non riuscii a identificare mi fece perdere la concentrazione per un solo istante, ma questo bastò all'uomo per voltarsi verso di me e sfoderare la sua bacchetta contro di me.

Nel farlo il cappuccio gli scivolò dalla testa, lasciando scoperto il suo volto.

«Draco?»

Quasi mi cadde la bacchetta per la sorpresa, mentre mi chiedevo che cosa diavolo ci facesse Malfoy in giro per il castello alle undici passate di notte con quello stupido mantello a coprirgli il volto, quando tutti pensavano che fosse a casa sua per questioni di famiglia.

E nel giro due istanti la sorpresa lasciò lo spazio alla rabbia: perché diavolo se ne era andato senza dirmi nulla? Non mi aveva neanche lasciato un biglietto dicendomi che sarebbe stato via a lungo o che non c'era nulla di cui preoccuparsi e che presto sarebbe tornato!

Senza lasciare la bacchetta, anzi, puntandola minacciosamente contro il suo petto ancora coperto dal mantello gli lanciai uno sguardo che avrebbe potuto facilmente ucciderlo: «Dove diavolo sei stato tutto questo tempo?»

Sul viso di Malfoy, rischiarato dalla luce delle torce comparve uno di quei suoi soliti ghigni che mi facevano venir voglia di prenderlo a schiaffi e di baciarlo allo stesso tempo: «Ti sono mancato, Granger?»

Cosa potevo rispondere a quello stupido furetto? Che non avevo fatto altro che pensare a lui negli ultimi cinque giorni? Che l'avevo sognato ogni singola notte? Che mi ero preoccupata e che addirittura avevo chiesto a Zabini di darmi qualche informazione in più rispetto a ciò che mi aveva lasciato lui (cioè nulla)?

Rimasi a lungo a valutare le mie numerose possibilità di risposta, perdendomi ad osservare attentamente il suo viso e notando come le occhiaie sotto i suoi occhi fossero aumentate in modo impressionante e la pelle sul suo volto sembrasse più tirata del solito.

Cosa diavolo gli era successo?

Avrei voluto chiedergli se stesse bene, dato che la sua carnagione non era mai stata così chiara, ma mi trattenni, temendo che non avrebbe apprezzato la domanda.

«Dove sei stato?», chiesi semplicemente, allentando la presa intorno alla bacchetta per poi abbassare del tutto il braccio.

Lui invece non abbassò la guardia ed il suo comportamento mi fece aggrottare ulteriormente la fronte.

Cosa stava succedendo? Perché era così teso?

Evitò per lunghi istanti il mio sguardo, osservandomi il volto, il corpo, i capelli, ogni mio singolo particolare, tranne gli occhi.

Quando notai che stava fissando la mia bocca sentii il mio battito cardiaco accelerare in modo preoccupante, tanto che temetti una tachicardia.

Strinsi forte le mani a pugno per non cedere alla tentazione di correre da lui e di abbracciarlo, aspettando che mi rispondesse.

Quando però il suo sguardo incontrò il mio ci lessi tutto ciò che volevo sapere: mancanza, bisogno, disperazione, desiderio, preoccupazione e impazienza.

Rinfoderò la bacchetta ad una velocità impressionante per poi cancellare quel metro scarso che ci divideva ed afferrarmi tra le sue braccia, quelle stesse braccia che avevo desiderato intorno a me per giorni, e baciarmi con forza con quelle labbra che avevo sognato, notte dopo notte.

La disperazione si trasformò presto in una dolcezza infinita che ebbe il potere di cancellare quei cinque giorni di angoscia all'istante.

Mi sciolsi tra le sue braccia, affondando le dita tra i suoi capelli per tenerlo vicino a me e per sentire la magnifica consistenza di quelle morbide ciocche tra le mie dita.

«Non andartene più», mormorai contro le sue labbra, stupendo me stessa per quella confessione così intima, mentre incontravo i suoi stupendi occhi grigio-azzurri e mi ci perdevo come ogni volta, sperando di non riuscire più ad uscire dall'incanto di quelle iridi e, allo stesso tempo, temendo di soffrire quando mi avrebbe scacciata da quel regno di ghiaccio bollente che era il suo sguardo.

Fece scontrare lentamente il suo naso contro il mio, mentre un sorriso timido e dolce spuntava sulle sue labbra leggermente gonfie per il bacio che ci eravamo appena scambiati.

«Anche tu mi sei mancata, Granger».

Ci perdemmo nuovamente in piccoli baci che, uno dopo l'altro, si rincorrevano sulle nostre labbra come fiocchi di neve che scivolavano sospinti dal vento fino a sfiorare il suolo.

Le sue mani mi strinsero con forza all'altezza della vita, accarezzandomi piano, prima di scivolare sotto il maglioncino pesante che avevo indossato quella mattina.

Aveva le dita ghiacciate e, a contatto con la mia pelle bollente, brividi d'aspettativa cominciarono a nascere ed a diradarsi ovunque nel mio corpo.

«Draco», sussurrai, allontanando il suo volto dal mio per poter scrutare attentamente il suo volto.

Passai in punta di dita sulle sue occhiaie marcate, per poi sfiorare gli zigomi dove la pelle parevano più tirata e pallida del solito.

«Cosa ti è successo? Stai bene?», chiesi, continuando ad accarezzare il suo viso: «Sei pallido».

Malfoy sospirò pesantemente: «Sono solo stanco».

Annuii, anche se vedevo nei suoi occhii che era più circospetto del solito.

Cosa mi nascondi?

Pensai, rendendomi conto che ultimamente molte persone non mi dicevano totalmente ciò che volevo sapere.

Prima di tutti Pansy.

«La prossima volta che decidi di scomparire dalla circolazione per giorni mi faresti la cortesia di informarmi in anticipo?»

Nei suoi occhi guizzò per un istante una scintilla di divertimento: «Non mi ricordo nulla di quella sera. Blaise aveva drogato quella bottiglia con una sostanza abbastanza potente da stendermi...», un suo dito afferrò con delicatezza uno dei miei crespi ricci, arrotolandoselo tra le falangi: «Questa volta tocca a me chiederti quante cose imbarazzanti ho detto».

Sorrisi alle sue parole, ricordando le sue domande imbarazzanti e le risposte che ero riuscita ad ottenere.

«Hai fatto uno spogliarello per me», sussurrai, arrossendo al ricordo.

«Davvero? Beh, ero in debito, anche tu ne hai fatto uno per me. E poi?»

«Hai detto che...»

Ed ora? Potevo dirgli che aveva ammesso di essere geloso di me e che mi trovava bella ed eccitante? E se si fosse chiuso a riccio come ogni volta che venivano tirati in ballo nuovi sentimenti? E se...

«Che cos'ho detto di così sconvolgente?», chiese e nella sua voce percepii chiaramente il suo timore di aver confessato qualcosa di troppo.

Scossi lentamente la testa, come per rassicurarlo e poi gli sorrisi: «Hai detto che sono bella e che sei geloso».

Sulle sue labbra comparve uno dei suoi soliti ghigni: «Sei mia Granger, è ovvio che io sia geloso e, a proposito di questo, vedi di non far avvicinare troppo i tuoi amici straccioni, se no rischiano uno Schiantesimo».

Risi di gusto a quelle parole ricordando quanto fosse stato bello sentirgli dire che anche lui era mio, ma evitando di fargli sapere quella sua piccola confessione.

Dopo pochi secondi si unì anche lui al mio scoppio di allegria e ci ritrovammo entrambi a ridere, ancora stretti l'uno all'altro.

Il rumore di una porta che veniva aperta violentemente ci fece zittire di colpo mentre, entrambi ci giravamo verso la direzione dalla quale era giunto il suono.

«Ma che diavolo...?», cominciai a dire, prima che la mano di Malfoy si stringesse con fermezza intorno ad un mio polso e incominciasse a trascinarmi il più lontano possibile da dove era arrivato il rumore.

«Dobbiamo andarcene, non siamo al sicuro qui», disse con tono sommesso il Serpeverde, trascinandomi poco galantemente attraverso i corridoi e un paio di rampe, prima di chiudere entrambi all'interno di una vecchia aula in disuso.

«Anche a te Pansy ha parlato della profezia?», chiesi stupita, non capendo come facesse a sapere che presto avrebbe marciato verso Hogwarts un esercito di "sagome scure".

«Che profezia?», domandò lui di rimando, mentre lanciava alcuni incantesimi alla porta in modo che nessuno dall'esterno potesse aprirla.

«Se Pansy non ti ha parlato della profezia, come fai a sapere che siamo in pericolo?»

L'unico tassello mancante di quel puzzle che avevo costruito pezzo dopo pezzo stava per essere svelato, ne ero certa.

L'unico problema era che già temevo quale fosse la soluzione.

Merlino, ti prego, no.

Pensai, osservando la schiena di Malfoy mentre ancora fissava la porta e, all'improvviso, mi resi conto che, anche se avessi pregato Dio ed ogni Santo esistente, non avrebbero potuto cambiare ciò a cui ero giunta per logica.

Sfoderai nuovamente la bacchetta e la puntai contro di lui: «Come fai a saperlo, Malfoy?», chiesi, cercando di non lasciar trapelare dalla mia voce l'angoscia e il forte dolore al petto che la tremenda situazione in cui ero finita mi provocava.

Il Serpeverde si voltò e, ritrovandosi la mia bacchetta contro, sbarrò all'istante gli occhi: «Che cosa ti è preso, Granger?»

Assottigliai lo sguardo, sforzando la mano a rimanere ferma.

Non doveva tremare, per nessun motivo al mondo.

«Come fai a sapere che siamo in pericolo, Malfoy?», domandai nuovamente, certa che parte della sofferenza che stavo provando fosse ampiamente visibile sul mio volto.

Non lui, non lui, ti prego...

«Abbassa la bacchetta, Granger», disse, gli occhi cauti e le mani alzate, come se volesse avvicinare una fiera in gabbia.

«Dimmelo!», esclamai, sentendo ogni singolo centimetro di pelle ricoperto dal sudore freddo e all'altezza dello stomaco un nodo stretto.

«Non è come pensi», sussurrò, piano, scandendo una parola dopo l'altra.

«Ah, no? E allora com'è?», chiesi in tono ironico con la voce che tendeva all'isteria.

«Abbassa la...»

«No! Non l'abbasso finché non mi dici che cosa diavolo sta succedendo!»

Con un gesto fulmineo tirò anche lui fuori la bacchetta, senza che io me ne rendessi pienamente conto, o forse gliel'avevo lasciato fare? Non ne avevo idea, l'unica cosa che sapevo con chiarezza era che il mio cuore si stava spezzando.

«Non farlo, Granger» disse, come una sorta di avvertimento.

«Fare cosa?» dissi, non capendo dove volesse andare a parare.

«Giudicarmi».

Sbarrai ulteriormente gli occhi a quelle parole: «Sei tu che mi costringi a farlo».

Lui scosse la testa: «Hai fatto tutto da sola».

Ero confusa dalle sue parole, ma qualcosa dentro di me, quella vocina della ragione che ancora non era stata sopraffatta anch'essa dall'amore verso Malfoy, mi disse di non abbassare la guardia e per una volta le diedi retta.

«Sei tu che non mi stai dando nessuna spiegazione», lo accusai.

Draco distolse lo sguardo, per poi puntare nuovamente le sue iridi nelle mie: «Non posso, Granger. Non è sicuro».

«Che cosa vuol dire che non puoi?», chiesi, non perdendomi la sua espressione affranta: «Non ti fidi di me?»

La mia seconda domanda lo colse impreparato e lo vidi sussultare, prima che abbassasse di colpo la bacchetta e avanzasse verso di me.

Fui colta da un forte de j'à vu, mentre prendeva il mio viso tra le mani e ad un centimetro dalle labbra mi sussurrava: «Non sei tu il problema, Granger. Non ti dimenticare che, se fosse per me, molte cose andrebbero diversamente».

«Qual è allora il problema?», chiesi sentendo una lacrima traditrice scivolare maldestramente lungo la mia guancia.

La sua fronte si appoggiò delicatamente contro la mia, mentre le sue mani andarono agli alarmari del mantello per aprirlo e sfilarlo, per poi appoggiarlo sulla cattedra impolverata accanto a noi.

Porse il braccio sinistro verso di me e, con una lentezza estenuante sollevò la manica nera della camicia che indossava.

Quel braccio, che avevo visto nudo e bianco sei sere prima ora era trasfigurato dal Marchio Nero.

«Questo è il problema, Granger».

Avevo il respiro bloccato in gola e gli occhi colmi di lacrime che avrei fatto di tutto pur di non versare. Il mio peggiore incubo si era avverato ed era di fronte a me, bello come solo il peccato poteva essere e doloroso come l'amore più puro.

Morsi con forza il labbro inferiore stringendo le mani a pugno e sentendo chiaramente le mie unghie ferire i palmi.

Inspirai a fondo, cercando di ignorare il groppo in gola e distogliendo lo sguardo.

Sentivo il suo respiro, sembrava affannato e strozzato a causa di una lunga corsa, sapevo che mi stava fissando, sentivo i suoi occhi su di me, ma non riuscivo ad alzare lo sguardo.

Non sarei riuscita a guardarlo negli occhi senza mostrargli tutto il disprezzo che sentivo verso di lui, ma anche verso me stessa.

Come avevo potuto essere così ingenua? Così stupida?

Cappuccetto Rosso che si innamora del lupo cattivo...

Anzi, sarebbe stato meglio dire il cacciatore innamorato dal lupo.

Nella mia testa c'era una gran confusione, pensieri che si rincorrevano, frasi sconnesse che si spegnevano prima di aver raggiunto un senso vero e proprio. C'era un'unica voce limpida e chiara che continuava, imperterrita a ripetere un'unica parola: "No", come un disco rotto su un gira dischi.

"No, no, no, no, no, no..."

Lo sentii muoversi, ma non trovai la forza di voltarmi nuovamente verso di lui, così continuai a fissare un punto non definito del muro, seguendo con lo sguardo una crepa scura che attraversava la parete.

"Ecco, quella stessa crepa si trova anche nel mio cuore", pensai, prima di rendermi conto di quanto patetica dovessi sembrare.

Dovevo riprendermi, ritrovare il mio sangue freddo e...

«Granger...»

Sentire una sua mano appoggiarsi al mio braccio mi aiutò a trovare un po' di lucidità e a capire finalmente quanto ero stata stupida a fidarmi di lui.

Volevo trovare in lui una persona diversa, scavavo nel suo animo, sperando di conoscere il vero Malfoy, quello che si nascondeva dietro ad un muro d'indifferenza, non rendendomi conto che non c'era nessun muro da abbattere.

La realtà, nuda e cruda, era che mi aveva ingannato per tutto il tempo, ridendomi magari dietro con il suoi amici, facendomi credere che ci fosse qualcosa da salvare nel suo animo.

Quel tatuaggio nero sulla sua pelle chiara, quell'immagine che quando chiudevo gli occhi potevo chiaramente vedere dietro le palpebre impressa nella mia mente, era solo l'ennesima dimostrazione di come fosse tutto sbagliato.

«Non mi toccare».

Mi si spezzò la voce nell'ultima sillaba e me ne vergogni profondamente.

"Combatti", continuavo a ripetermi, ma era maledettamente difficile.

Malfoy non sembrava intenzionato ad ascoltarmi, infatti strinse la presa sul mio braccio e si avvicinò ancora.

«Mi dispiace».

Sbarrai gli occhi a quelle parole, prima di allontanarmi da lui e di sollevare nuovamente la bacchetta, puntandola contro il suo petto.

Prima il danno e poi anche la beffa? Era ovvio che non gli dispiaceva, perché avrebbe dovuto? Si era divertito con me, aveva sfruttato un mio momento di debolezza e mi aveva fatto innamorare di lui.

Perché mai gli sarebbe dovuto dispiacere?

«Non prendermi in giro».

«Non lo sto facendo», mi disse, alzando le mani in segno di resa.

«Perché ti dovrebbe dispiacere? Mi hai preso in giro per giorni, mi hai illusa... per cosa?»

Raccolsi tutta la mia forza di volontà e lo guardai dritto in faccia, sfidandolo apertamente a contraddirmi.

«No, Granger, non hai capito. Non è come pensi», sussurrò, coprendosi il braccio sinistro.

«Com'è allora?» avrei voluto urlare, ma la voce mi uscì in un mormorio quasi del tutto incomprensibile, lasciando trasparire la disperazione che, in vano, avevo provato a nascondere.

Ignorando la minaccia della mia bacchetta puntata contro di lui, si avvicinò di nuovo e prendendo il mio viso tra le mani lo sollevò alla stessa altezza del suo.

«Ho bisogno che tu ti fidi di me, Granger».

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** After Midnight ***


28. AFTER MIDNIGHT




Avevo sempre pensato che prima o poi la vita mi avrebbe giocato uno scherzo peggiore degli altri ed ora mi trovavo in quella stanza buia, con il ragazzo più incoerente e scostante del mondo; il ragazzo che amavo e colui contro cui avrei dovuto combattere.

Era lì il bivio, proprio davanti a me.

Potevo abbassare la bacchetta e fidarmi di lui, oppure intavolare una battaglia che non sarei mai riuscita a vincere contro di lui... o forse sì? Sarei riuscita a combattere seriamente o avrei finito coll'arrendermi?

«State per attaccare la scuola», dissi certa di aver ragione ed impedendogli di distogliere lo sguardo, afferrandogli con una mano delle ciocche di capelli.

Volevo che mi guardasse negli occhi per poter cercare di distinguere la menzogna dalla verità.

«La scuola è già sotto attacco», sussurrò, piano: «È per questo che te ne devi andare, immediatamente».

Sbarrai gli occhi, scuotendo con forza il capo.

Non sarei fuggita, se c'era una guerra da combattere l'avrei combattuta.

«Non me ne vado».

Vidi il suo viso indurirsi alle mie parole: «Vattene al sicuro da qualche parte, Granger, se no ti legherò qui dentro».

Assottigliai lo sguardo: «Io non prendo ordini da nessuno, Malfoy!»

Sulle sue labbra comparve un piccolo ghigno compiaciuto: «Peccato che a causa della scommessa tu possa, anzi debba, proprio prendere ordini da me, Granger».

Strinsi la mia presa nei suoi capelli e avvicinai ulteriormente il suo viso al mio: «Non farlo, Malfoy».

«Fare cosa?»

«Trattarmi come una bambina, non lo sono», dissi, mentre con la mano libera affondavo ulteriormente la bacchetta contro il petto del Serpeverde.

«Voglio solo proteggerti», disse con un filo di voce, anche se quel suono sembrò rimbombarmi nella testa per secondi interi.

Era sincero, lo potevo vedere dai suoi occhi limpidi che cercavano di immergersi ulteriormente nei miei.

Un pensiero improvviso mi attraversò la mente, facendomi perdere un battito cardiaco: "E se questo fosse stato il nostro ultimo momento insieme?"

Ero certa che stesse pensando lo stesso, perché ad un tratto nei suoi occhi vi lessi la malinconia che sicuramente si trovava anche nei miei.

Con la bacchetta ancora salda nel mio pugno lo abbracciai, passando un braccio intorno alle sue spalle e uno a circondargli la vita, stringendolo forte contro di me ed affondando il viso contro la sua clavicola, inspirando a fondo il suo odore ed immaginando di avere tutto il tempo che desideravo per poter imprimermi quel momento nella mente.

Lo sentii racchiudermi a sua volta tra le sue braccia e nascondere il volto tra i miei ricci.

«Non me ne andrò. Non ho intenzione di fuggire», gli dissi, non pensando a quanto avrei voluto prenderlo per mano e correre via, lontano, con lui.

Non potevamo, anche se sarebbe stato il modo perfetto per rimanere insieme.

«Lo so, ci dovevo provare, anche se ero certo che non mi avresti mai ascoltato».

«Dovrei andare a dare l'allarme, invece di stare qui, abbracciata col nemico».

«Il nemico, eh?», sussurrò, cominciando a baciarmi piano la pelle sensibile del collo.

«Non avrei mai dovuto accettare quella stupida scommessa», sussurrai, stringendo la presa delle dita intorno al tessuto pregiato della sua camicia e chiedendomi vagamente se non avesse freddo.

Le sue dita si insinuarono, ghiacciate, contro la pelle bollente della mia schiena e considerai l'idea di mandare tutto al diavolo e di fuggire davvero con lui.

Mi spinse delicatamente contro la cattedra alle nostre spalle e, nell'istante in cui il mio sedere entrò in contatto con il legno le sue labbra trovarono le mie.

Incredibile come in un istante la mia razionalità potesse essere spazzata via e rimpiazzata da una voglia inarrestabile di continuare all'infinito a baciarlo.

Avrei dovuto tenere le distanze, continuare a puntargli contro la bacchetta, dare ascolto alla vocina petulante nella mia mente che continuava a dirmi di correre via e di lasciarlo lì, invece di aumentare la stretta delle mie mani su di lui e di lasciare alle sue dita il permesso di esplorare ogni centimetro della mia pelle.

«Non c'è tempo», lo sentii sussurrare, ma sembrava che fosse impossibile per lui allontanarsi, quanto lo era per me.

L'unico suonò che riuscì a farci allontanare e prendere le distanze fu il suono cupo della campana di Hogwarts che segnava con un tono macabro e cadenzato dodici rintocchi.

Dong.

Ci allontanammo appena, entrambi titubanti ed allo stesso tempo preoccupati che quella fosse l'ultima volta insieme.

Dong.

«Non farti ammazzare», disse, nello stesso momento in cui io gli raccomandavo di stare attento.

Dong.

Sorridemmo.

Dong.

Sentivo bloccate in gola le parole che avrei voluto dirgli anche sei sere prima e, ancora una volta, non riuscii a pronunciarle.

Dong.

Quando le sue mani abbandonarono il mio corpo capii quanto tutto fosse sbagliato.

Dong.

La guerra era sbagliata.

Dong.

Io e lui eravamo sbagliati, l'uno per l'altra.

Dong.

Presi le distanze dal suo corpo, per poi tornare tra le sue braccia per un ultimo bacio.

Dong.

Dovevo andare a cercare i miei amici e lui doveva iniziare una battaglia con altri Mangiamorte.

Dong.

Uscimmo dalla stanza e andammo ognuno per la propria strada che, ancora una volta, non combaciavano.

Dong.

Non mi girai indietro, certa che se l'avessi fatto non sarei più riuscita ad andarmene.

Dong.

Più mi allontanavo più sapevo che il mio cuore era rimasto in quella stanza, insieme a quello di Malfoy.

E ancora una volta mi pentii di non esser riuscita a dirgli: «Ti amo».



***



Quando arrivai all'ufficio del Preside avevo il fiatone. Entrai nella stanza di corsa, pronta a riferire tutto quello che potevo a Silente, quando mi resi conto che nell'ufficio non vi era nessuno.

Uscii, non capendo cosa stesse succedendo e, ad un tratto da una finestra scorsi una luce verdognola.

Spalancai gli occhi alla vista del Marcio Nero, ben visibile nella notte, proprio sopra la Torre di Astronomia e non persi tempo a pensare, cominciando a correre in quella direzione.

Nel tragitto mi ritrovai nel bel mezzo di uno scontro tra alcuni membri dell'Ordine e professori contro Mangiamorte, incappucciati e non.

Aiutai a disarmare alcuni dei nemici, ma non mi trattenni a lungo, disperata di non vedere Harry da nessuna parte, mentre Ron e Ginny erano schierati con gli altri.

Corsi fino alla Torre di Astronomia, arrivando col fiatone e un fortissimo dolore alla milza a causa dello sforzo.

All'interno ci trovai Harry che, si sporgeva oltre i bastioni.

«Harry!», lo chiamai, correndo verso di lui e afferrandogli il braccio, facendolo voltare verso di me.

Il volto del mio migliore amico sembrava stravolto, sia per la stanchezza sia per un qualche tormento interiore.

«Stai bene? Cosa sta succedendo? Dov'è Silente? E Lumacorno? Il ricordo...»

«È morto», disse lui, fissando un punto della torre in tralice, come se potesse vedere davanti a sé una persona in carne ed ossa invece del nulla che ci circondava.

«Lumacorno?!», chiesi sconvolta: «Come ha fatto a...?»

«Silente», sussurrò Harry con un filo di voce, incontrando i miei occhi sbarrati e permettendomi di vedere il suo sguardo spento e apatico.

«Silente ha ucciso Lumacorno?»

Era surreale quella situazione, quindi ero pronta a tutto.

Sì, a tutto, tranne ciò che mi disse: «Silente... è morto».

Mi appoggiai traballante alla parete accanto a me con una mano, così da non perdere l'equilibrio e incominciai a respirare a fondo, nel vano tentativo di non mettermi a piangere, non in un momento così delicato.

Non dovevo lasciarmi abbattere dalle emozioni, la notte non era ancora terminata ed avevo bisogno di tutta la mia forza.

«Raccontami tutto», sussurrai, mentre la mia mente si ostinava a classificare tutto come un brutto incubo.

«Questo pomeriggio sono riuscito a prendere il ricordo di Lumacorno. Devo dire che grazie alla Felix è stato abbastanza semplice, è bastato dirgli di mia madre, che doveva darmi quel ricordo così che potessi sconfiggere Voldemort, se no il sacrificio di mia madre sarebbe stato vano. Appena me l'ha consegnato sono andato nell'ufficio di Silente che era pronto, quasi mi stesse aspettando. Abbiamo guardato il ricordo e abbiamo scoperto cos'è che rende Voldemort immortale: ha spezzato la sua anima in sette ed ogni pezzo lo ha inserito all'interno di sette diversi oggetti. Formando così sette Horcrux. Silente pensava di averne individuato uno, così siamo andati a cercarlo. Siamo entrati in una caverna, ma per recuperare l'Horcrux Silente ha dovuto bere da un bacile, ma quell'acqua era stregata e poi... Hermione è stato terribile, c'erano Inferius ovunque ed è stato un miracolo che siamo riusciti a fuggire!»

Continuavo a fissarlo, notando come sembrasse essersi rianimato in parte dall'apatia, anche se nei suoi occhi continuava ad esserci quella scintilla di rassegnazione che non avevo mai visto.

«Quando siamo tornati c'era il Marchio Nero sulla scuola e ci siamo fatti dare delle scope da Rosmerta per venire qua e poi... dopo poco è arrivato Nott che ha disarmato Silente e, se il Preside non mi avesse pietrificato sotto il mantello dell'invisibilità avrei potuto fare qualcosa, avrei potuto...»

Ci fu una lunga pausa, in cui entrambi ci concentrammo sul suono che proveniva dai pieni di sotto, sulle urla, sui rumori di oggetti che si rompevano e corpi che cadevano a terra.

La mia mente faticava a rendersi conto di quello che stava succedendo, si opponeva al pensiero di Silente morto, convinta che non potesse essere vero eppure, allo stesso tempo, sapevo che le parole di Harry erano dolorosamente vere.

«Piton l'ha ucciso», sussurrò Harry, prima di stringere con forza la bacchetta tra le mani e di avviarsi verso la porta della Torre.

«Dove stai andando?», gli chiesi, seguendolo, stupendomi che le mie gambe avessero smesso di tremare e fossero tornate a sostenere del tutto il mio peso.

«A vendicare Silente», disse, con quella luce combattiva negli occhi che per anni avevo visto sul suo viso e che spesso era causata dalla sua testardaggine che lo portava ad un soffio dalla morte, faccia a faccia con Voldemort.

«Aspettami!», gridai, correndogli dietro, mentre insieme cominciammo a scendere le rampe di scale, arrivando al corridoio dove si stava scatenando il putiferio.

Tra tutte le persone che c'erano persi presto di vista Harry, finendo col ritrovarmi nel mezzo della mischia a dare una mano, sperando che il mio migliore amico se la cavasse anche quella volta.

Quando però vidi la Parkinson che correva fuori dal castello la seguii, curiosa di sapere dove stesse andando e di capire perché non fosse andata ad informare Silente di ciò che stava accadendo prima che fosse troppo tardi.

Silente morto... no, ancora non ci potevo credere era tutto troppo surreale...

Appena uscii mi resi conto di quanto di notte la temperatura si stesse abbassando, mano a mano che l'inverno si avvicinava e mi strinsi nel mantello mentre raggiungevo la Parkinson e la facevo voltare verso di me.

«Avresti dovuto dirlo a Silente! Perché non l'hai fatto?!», le urlai contro, furiosa come non mai.

«Non potevo, Granger!»

La afferrai per una spalla, dandole un breve scossone, nel vano tentativo di farla ragionare: «Sapevi che sarebbero arrivati i Mangiamorte, dovevi dirgli della profezia della Cooman...»

«Non c'è nessuna profezia, Granger!», esclamò la Parkinson.

E per l'ennesima volta quella notte mi si gelò il sangue nelle vene per la sorpresa.

«Che cosa? Ma allora, come...?», chiesi, confusa, lasciando la presa sulla sua spalla.

«Lo sapevo perché Theo me l'aveva detto».

I miei occhi si sbarrarono ulteriormente.

Nott aveva detto tutto alla Parkinson, ma perché?

Perché lei non era andata dal Preside?

Vidi nei suoi occhi comparire lo stesso sguardo che dovevo aver avuto io pochi minuti prima in quella stanza, con Malfoy.

«Non potevo tradirlo, Granger... sarebbe stato in pericolo e... non avrei potuto sopportarlo perché...»

«Lo ami», sussurrai con un filo di voce, sconvolta di esserci arrivata dopo così tanto tempo.

Avrei dovuto capirlo già da quella mattina, quando si ostinava a non volermi dire perché non avremmo dovuto informare la McGranitt. Era già lì quello sguardo, lo sguardo di una ragazza che avrebbe fatto di tutto per il ragazzo che amava. Lo stesso sguardo che avevo io per Malfoy.

«Il Signore Oscuro l'avrebbe ucciso se non fosse riuscito a far entrare i Mangiamorte ad Hogwarts».

«Ma allora perché l'hai detto a me?»

«Perché ero certa che avresti capito. In fondo siamo entrambe innamorate della persona sbagliata».

Rimanemmo a lungo a fissarci, prima che un urlo familiare mi facesse voltare nella direzione della capanna di Hagrid.

Riconobbi subito la figura del Mezzogigante che combatteva contro alcuni Mangiamorte e poi, lì vicino Harry stava rincorrendo Piton e altre figure, urlando.

Una delle sagome era Nott, mentre quelle accanto erano irriconoscibili dato che sul capo portavano un mantello, mi chiesi se anche Malfoy fosse tra loro.

Lanciai uno sguardo veloce alla Parkinson, prima di correre verso il mio migliore amico.

Quando lo raggiunsi le figure si erano già allontanate verso i cancelli di Hogwarts, lasciandoci soli.

«Harry!», lo chiamai, appena lo raggiunsi, controllando che non avesse nulla di rotto.

«Dobbiamo tornare al castello Hermione! Stanno per arrivare altri Mangiamorte!»

Incominciammo a correre con Hagrid accanto, fino a quando non scorgemmo un gruppo consistente di persone ai piedi della Torre di Astronomia.

Sapevo cosa stavano guardando, sapevo il motivo per cui stavano piangendo, disperati, eppure non potei fare a meno di avvicinarmi anche io.

Avevo bisogno di vedere coi miei occhi ciò che mi aveva raccontato Harry, solo così avrei potuto realizzare davvero ciò che era successo.

A terra, in mezzo all'erba che era rischiarata appena dal Marchio Nero in cielo, che conferiva a tutto un'aspetto maggiormente spettrale, vi era il corpo privo di vita dell'uomo più potente, saggio e buono che avessi mai incontrato, indossava uno dei suoi lunghi abiti grigio topo, gli occhiali erano a terra, rotti, mentre capelli e barba erano sparsi disordinatamente intorno al suo volto pallido.

Aveva gli occhi chiusi e sul volto un'espressione serena.

Non riuscii a trattenere le lacrime e mi lasciai circondare dalle braccia di Harry che col passare degli anni erano sempre state il mio porto sicuro.

Vitius sollevò con un incantesimo di Lievitazione il corpo di Silente, trasportandolo all'interno del castello, seguito da tutte le persone che si erano raccolte intorno a lui.

La battaglia sembrava essersi interrotta, ma Harry continuava a dire a tutti quelli che incontravamo di aver sentito che i Mangiamorte sarebbero tornati coi rinforzi e che quindi dovevamo tenerci pronti.

Presto fummo raggiunti anche da Ginny, Luna e Ron che, con tono affannoso ci riferirono che la McGranitt era in Infermeria e che aveva dato ordine di raggiungerla.

Durante il tragitto Ginny ci disse che l'unico ad essere stato ferito gravemente era stato suo fratello Bill, che era stato morso da Greyback, mentre Neville era stato solo colpito di striscio da uno Schiantesimo e che quindi era svenuto, ma che presto si sarebbe ripreso. L'unico a morire, oltre a Silente, era stato un Mangiamorte.

Arrivati in Infermeria Lupin, Tonks, la McGranitt e anche la Brown ci vennero incontro.

Inutile dire che Lavanda saltò letteralmente addosso a Ron, mentre Lupin ispezionava Harry dalla testa ai piedi alla ricerca di ferite.

Sui visi di tutti si poteva scorgere quella stanchezza tipica di chi ha dato il meglio di sé in battaglia e ne è consapevole. La McGranitt aveva addirittura i capelli scompigliati, cosa che le dava un'aria meno fredda e granitica del solito.

Harry chiese nel dettaglio cosa era successo a Bill, prima di raccontare ciò che aveva detto a me, tralasciando il particolare sugli Horcrux.

Ascoltai attentamente il racconto della serata di tutti, ricostruendola istante dopo istante e dandomi della stupida per essere rimasta in quella stanza con Malfoy così a lungo, se fossi uscita prima probabilmente avrei potuto aiutare di più...

Si sentì un forte clangore metallico.

Ron corse alla finestra per controllare cosa fosse successo, quando si voltò verso di noi era pallido come un lenzuolo: «Il cancello è aperto e stanno entrando altri Mangiamorte».

 

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Run away ***


29. RUN AWAY
 



Gli ordini della McGranitt erano stati chiari.

I giovani del primo e secondo anno sarebbero stati subito accompagnati nella Stanza delle Necessità, davanti alla quale alcuni ragazzi dell'ultimo anno ed un paio di membri dell'Ordine, tra cui Tonks, sarebbero stati di guardia per proteggere i giovani. Tutti gli altri che se la sentivano di combattere erano ben accetti.

Avevo letto nel volto della professoressa quanto le sue stesse parole la rendevano inquieta.

Rischiare le vite di tutti quei giovani studenti era un grande rischio, io stessa percepivo ogni cosa come un grande errore, un incubo che, presto o tardi, speravo sarebbe finito.

Harry e Ron erano al mio fianco mentre correvamo verso l'ingresso di Hogwarts per dare una mano ai professori e agli altri studenti per prepararci alla battaglia.

Ginny era accanto ad Harry e si tenevano per mano.

Avrei voluto anche io avere qualcuno a cui stritolare le dita per l'ansia, in quel momento, ma l'unico che avrei volentieri tenuto accanto a me era dall'altra pare del campo di battaglia.

Dalle finestre del castello potevamo vedere chiaramente quell'enorme macchia scura che si stava avvicinando sempre più al castello, mantelli neri che frusciavano sull'erba e cappuccio a coprire i volti di ognuno.

Alcuni Mangiamorte diedero fuoco alla capanna di Hagrid e ad alcuni alberi della Foresta Proibita, ma fortunatamente l'umidità della notte impedì che l'incendio si diramasse.

Il professor Vitius intanto parlava ai ragazzi della sua casa, impartendo ordini e ricordando loro di usare la mente prima di tutto, mentre la Cooman si muoveva come una baccante in mezzo ai ragazzi, dicendo frasi senza senso a proposito di stelle mal allineate e di segni catastrofici nelle foglie del tè che aveva appena bevuto.

Per fortuna Gazza venne presto incaricato dalla McGranitt di portare la sconvolta professoressa di Divinazione nella Stanza delle Necessità a vegliare sui più giovani, anche se ero certa che l'unico motivo che aveva spinto la McGranitt a far allontanare la Cooman era stato il suo comportamento da pazza.

Neville, che si era ripreso dallo svenimento, era attentissimo alle parole della professoressa Sprite, che elencava i molteplici utilizzi in guerra di una strana pianta di cui aveva in mano alcuni esemplari e che stava consegnando ai suoi migliori studenti, certa che sarebbero stati gli unici a saperli utilizzare in maniera consona.

E mentre tutti si preparavano attivamente alla guerra imminente io ero l'unica immobile davanti ad una finestra a fissare intensamente quelle sagome scure che si avvicinavano, percependo le urla come dei brusii indistinti, mentre l'unico suono chiaro e forte era quello del mio cuore che batteva.

Ero sempre stata terrorizzata dalle battaglie, anche se non l'avevo mai dato a vedere. In realtà i primi anni non avevo mai veramente combattuto, mi ero limitata a risolvere indovinelli e misteri per aiutare Harry. Il problema era che le battaglie erano come delle grosse incognite di cui non si sapeva nulla. Non erano come delle equazioni o delle funzioni, qualcosa a cui si poteva dare un senso.

Erano un punto di domanda e le uniche cose su cui potevo davvero contare erano la mia memoria infallibile per ogni singolo incantesimo studiato e la mia bravura nell'usarli.

Per il resto era tutta una questione di fortuna.

Avevo le mani terribilmente sudate e la bacchetta mi stava per scivolare di mano e io ero lì immobile a cercare di riconoscere Malfoy in mezzo ad un branco di Mangiamorte.

Ero davvero diventata patetica.

«Hermione?»

Ancora una volta fu Luna a riportarmi coi piedi per terra, nell'ultimo periodo era stata una delle poche su cui avevo scoperto di poter fare affidamento, una delle poche vere amiche che possedevo.

Le sorrisi appena, sentendo il cuore stringersi all'idea che con quella guerra rischiavo di perdere troppe persone care, e lei era una di esse.

«Non ti devi preoccupare i Merzenni sono dalla nostra parte questa notte», mi disse, osservando con occhio critico un punto al di sopra della mia spalla: «Ne hai un paio pronti a proteggerti».

«Il problema, Luna, è che sono preoccupata per i miei amici. Loro i Merzenni ce li hanno?»

Non avevo mai creduto alle strambe creature che la Corvonero era convinta di vedere, ma prima di una battaglia ero pronta a credere a tutto pur di trovare un modo per tranquillizzarmi.

«Certo! Ho controllato poco fa Harry e Ron e ne hanno addirittura quattro a testa, Ginny ne ha uno, Neville mi pare due anche lui... non posso farti l'elenco di tutti ma posso assicurarti che ognuno all'interno del Castello ne ha almeno uno al suo fianco»

Il suo sorriso era così radioso e rilassato... avrei voluto avere io tutta quella sicurezza.

Invece mi trovavo con le mani sudate, il corpo tremante ed una paura folle, ma non per me.

«È questo il problema, Luna», sussurrai, lanciando una veloce occhiata alle sagome fuori dalla finestra:

«Draco è lì fuori».

Vidi i suoi occhi sbarrarsi appena: «Ne sei sicura?»

Io annuii: «Il problema è che non riesco a non sperare che non gli accada nulla di male».

«È comprensibile, ma non ti abbattere, vedrai che andrà tutto bene».

«Vorrei essere così positiva anche io».

«Guarda che è semplice, basta sorridere e pensare che farai di tutto pur di impedire che qualche brutto ceffo ti porti via chi ami», mi fece l'occhiolino e mi strinse in un veloce abbraccio.

Avrei voluto continuare a chiacchierare con lei, dato che mi aveva davvero aiutato a tranquillizzarmi, ma presto un forte rumore ci fece voltare entrambe.

Il portone d'ingresso era stato aperto.



***



I tuoni sovrastavano qualsiasi altro rumore.

La guerra era cominciata da meno di due minuti ed un forte temporale si era abbattuto contro la scuola.

Anche se i Mangiamorte erano riusciti a distruggere il portone d'ingresso con pochi incantesimi di magia oscura, non erano ancora riusciti ad entrare all'interno delle mura.

Studenti, professori e i pochi membri dell'Ordine che erano presenti quella sera per fare da guardia al castello si erano riversati fuori, impedendo così alle sagome scure di accedere.

Ero corsa anche io a dare una mano, scambiando uno sguardo d'intesa con i miei migliori amici.
Harry.

Ron.

Ginny.

Luna.

L'istante dopo li avevo tutti persi nel bel mezzo della battaglia.

Proteggersi dagli incantesimi dei nemici non fu affatto faticoso e dovevo ringraziare per questo la mie ore interminabili di studio dedicato a Difesa contro le Arti Oscure, anche se ancora mi bruciava l'aver preso solo una O di tale materia nei G.U.F.O.

In effetti rispetto ad Harry e Ron trovavo di essere meno portata all'attacco durante gli scontri, mi ero sempre ritenuta un'essere pacifico, anche se Malfoy mi definiva "manesca", io sapevo di tirare fuori il peggio di me solo per difendere me stessa o le persone a me care.

In generale evitavo infatti ogni tipo di scontro ma, logicamente, se venivo provocata rispondevo a tono.

Il primo Mangiamorte che mi si parò davanti riuscii a metterlo al tappeto dopo solo sette mosse, riuscendo al settimo tentativo a Schiantarlo, nel farlo il suo cappuccio cadde a terra e mi ritrovai a fissare sconvolta la fotocopia invecchiata di una ventina d'anni di Tiger.

Sentii un rumore ed ebbi giusto il tempo di abbassarmi, evitando così un incantesimo.

Mi voltai, ritrovandomi facci a faccia con Lucius Malfoy in persona che mi sorrideva.

Il mio cuore perse un colpo, era così simile a Draco, eppure così diverso...

«Guarda chi abbiamo qui, la giovane amica di Harry Potter...»

Non avevo nessuna possibilità di vittoria contro lui, lo sapevo perfettamente, ma l'orgoglio ed il coraggio mi impedivano di lasciarmi prendere troppo dal panico.

Dovevo rimanere lucida.

«... una Mezzosangue».

Nel mezzo di quella battaglia, nel mezzo del temporale, mi stupii di poter sentire così chiaramente la sua voce.

«Signor Malfoy», salutai, educatamente, infondo era comunque il padre del mio ragazzo e, anche se la situazione era assurda, non potevo non pensare a quanto lui e Draco fossero simili.

Lo vidi sorridere e sfoderare la bacchetta, puntandomela contro.

Feci lo stesso, tenendo la guardia altra, ma sperando vivamente che qualcuno accorresse in mio aiuto.

«Dov'è Potter?», mi chiese l'uomo, stupendomi, dato che pensavo mi avrebbe uccisa senza pensarci due volte.

«Non lo so», ed era la verità più assoluta.

Lo avevo perso di vista solo pochi istanti prima, ma non potevo davvero sapere dove fosse finito e poi, anche se lo avessi saputo non sarei sicuramente andata a dirglielo!

«In tal caso sei inutile...»

Sbiancai a quelle parole, ma mi tenni pronta a difendermi.

Stavo per provare a Schiantarlo, quando vidi Hagrid correre verso di noi armato del suo ombrello-bacchetta e l'istante dopo erano entrambi scomparsi nella calca di gente.

Non potei non sentirmi sollevata di aver potuto evitare uno scontro con Malfoy Senior e, voltandomi mi ritrovai di fronte Ginny alle prese con due Mangiamorte contemporaneamente.

Corsi in suo soccorso e in poco tempo riuscimmo a schiantarli entrambi.

Più cercavo tra la folla Harry e Ron per vedere se stavano bene, più mi rendevo conto che sembravano essersi smaterializzati nel nulla.

Riuscii a scorgere la chioma rossa di Ron solo dopo parecchi minuti di ricerca, durante i quali avevo dato una mano a Neville e a Hannah Abbott a sconfiggere un altro nemico.

«Ron!», lo chiamai, attirando la sua attenzione ed afferrandolo per una lembo del mantello: «Dov'è Harry?»

Il mio amico mi indicò una zona indistinta e, per evitare di perderlo di nuovo di vista, me lo trascinai dietro.

Avevo ormai capito che l'intento dei Mangiamorte era quello di occupare la scuola, allo stesso modo in cui avevo calcolato che la nostra possibilità di vincere in percentuale era pari all'1%, cioè quasi nulla.

La nostra unica possibilità di sopravvivere era quella di fuggire e, per quanto mi causasse ribrezzo un tale pensiero, sapevo che non avevamo scelta.

Trovammo Harry che combatteva con Bellatrix Lestrange e, dopo averlo aiutato a schiantarla e a legarla ad un albero, condussi entrami all'interno delle mura di Hogwarts: «Ragazzi, dobbiamo andarcene da qui».

«Hermione, sei impazzita?»

«No, Harry, sono perfettamente sana di mente e so per certo che gli Horcrux non si trovano da soli e che, se venissimo imprigionati dai Mangiamorte all'interno del castello, possiamo anche dire addio alla nostra possibilità di sconfiggere Tu-Sai-Chi!»

«Sì, ma...»

«Niente "ma", ora andiamo alla Torre di Grifondoro e recuperiamo tutto ciò che può esserci utile per un lungo viaggio, chiaro?»

Stranamente non mi contraddissero più, ma anzi, sembrarono capire in peno le mie parole e si impegnarono come me, appena arrivati ai dormitori, a raccogliere in un piccolo zainetto incantato tutto ciò che ci capitava tra le mani, anche le cose che potevano sembrare più inutili.

«E dove dovremmo andare, 'Mione?», chiese Ron, mentre correvamo giù dalle scale.

«Non lo so ragazzi», ammisi, prima di guardare entrambi negli occhi: «Ma dobbiamo provarci. Silente ha parlato degli Horcrux solo ad Harry, questo significa che si fidava di lui e che sperava riuscisse a trovarli e distruggerli. Dobbiamo continuare a combattere contro Voi-Sapete-Chi, ecco cosa dobbiamo fare!»

Entrambi annuirono.

Lanciai lo zainetto a Ron: «Per il momento è meglio se ci dividiamo. Se dovessimo allontanarci insieme saremmo troppo visibili»

«Hai ragione», disse Harry: «Vediamoci il prima possibile davanti alla capanna di Hagrid».

Annuii: «Ragazzi, se non dovessi farcela...», mi si bloccò la voce in gola, ma poi riuscii a continuare: «... non dovete aspettarmi».

Li vidi sbarrare gli occhi: «Ma cosa dici, Hermione?», esclamarono quasi all'unisono.

Presi dalla tasca tre dei galeoni che avevamo utilizzato il quinto anno per comunicare le date in cui l'ES si sarebbe riunito e ne misi uno in mano a ciascuno.

Ci impiegai solo pochi secondi per modificare le cifre sul bordo in lettere e applicai successivamente l'Incanto Proteus su di esse per esser certa che l'incantesimo non fosse svanito dall'anno scorso.

«Ogni volta che vorremmo comunicare avremo queste», sussurrai.

«Cosa stai dicendo?»

«Perché non dovresti venire, Hermione?»

Chiesero, fissandomi insistentemente.

«Beh, pensavo che fosse meglio avere un infiltrato qua dentro in caso i Mangiamorte dovessero vincere», spiegai, mettendomi in tasca la moneta ed evitando di guardarli in faccia.

Non potevamo fuggire tutti e tre, io dovevo rimanere, dovevo fare le mie solite ricerche in Biblioteca, dovevo trovare le informazioni necessarie e poi riferirle a loro.

Era l'unico modo che avevamo per sconfiggere Voldemort.

«Restiamo anche noi allora!», esclamò Harry.

Scossi il capo: «Ti ucciderebbero!»

«Tu per loro sei solo una "Mezzosangue", cosa ti fa pensare che non ti uccideranno?!», chiese Ron, prendendomi per le spalle e scuotendomi appena.

«Sono la migliore amica di Harry Potter, molto probabilmente mi tortureranno, ma non credo che mi uccideranno. Non subito almeno...»

«No, Hermione. Tu vieni con noi e basta. Non voglio storie».

Sorrisi alle sue parole e abbracciai entrambi.

«Farò il possibile», mentii, stringendoli stretti a me: «Ma se non dovessi farcela voglio che voi ve ne andiate mettendovi in salvo. Sono stata chiara?»

Li vidi annuire in maniera riluttante e sperai che tutto andasse per il meglio.

Corremmo fino al portone d'ingresso ed ognuno prese strade diverse per raggiungere la capanna di Hagrid.

Nella mischia pensai seriamente di raggiungerli e di fuggire con loro, ma prima dovevo trovare Malfoy, dovevo vedere che stava bene e che non gli era successo nulla.

Solo allora avrei potuto decidere davvero se andare coi miei due migliori amici o se restare.

Incrociai Lupin e Vitius alle prese con Greyback, la McGranitt contro Piton e tanti altri studenti che facevano del loro meglio per contrastare i Mangiamorte.

Riconobbi ad un certo punto la figura di Blaise Zabini che stava aiutando Luna e ne rimasi particolarmente stupita, dato che pensavo il Serpeverde fosse dalla parte dei nemici e non dalla nostra.

Lanciai occasionalmente qualche incantesimo per aiutare altri ragazzi, continuando però a guardarmi intorno alla disperata ricerca di Malfoy.

Una figura incappucciata mi si parò di fronte e, afferrandomi per un braccio cominciò a trascinarmi lontano dalla battaglia.

Pensai all'inizio che fosse Malfoy, ma non mi ci volle molto prima di capire che non era affatto lui.

Cercai di liberarmi dalla presa con vari incantesimi, ma finii solo col farmi strappare di mano la bacchetta che, cadendo a terra venne pestata dal Mangiamorte e si ruppe.

Rimasi sconvolta a fissare il mio legno per brevi attimi mentre percepivo come qualcosa spezzarsi.

Non avevo più una bacchetta.

Il pensiero era devastante.

Alzai lo sguardo sul Mangiamorte e una furia cieca mi fece scagliare contro di lui.

Lo colpii in viso con un pugno e qualche schiaffo prima che lui contrattaccasse.

«Crucio!», lo sentii gridare e l'istante dopo ero caduta a terra in preda a dolori atroci che mi attraversavano da parte a parte.

Era come se numerose parti del mio corpo stessero bruciando, mentre altre erano punte da invisibili ed affilati aghi e pugnali, freddo e caldo si alternavano ad una velocità impressionante, come se avessi avuto la febbre alta e l'unica cosa che potevo fare era gridare con tutto il fiato che avevo in corpo.

Non avevo mai sperimentato prima la maledizione cruciatus sulla pelle ed ero più che intenzionata a non ripetere l'esperienza nell'immediato futuro.

Per questo quando il dolore terminò provai ad alzarmi per scagliarmi nuovamente contro il Mangiamorte.

Non riuscii però a muovermi e, sorprendentemente mi ritrovai sollevata da terra da delle braccia familiari.

Riuscii con tutta la forza di volontà che possedevo ad aprire gli occhi e, alla tenue luce verdastra del Marchio Nero ancora sopra le nostre teste, riconobbi i lineamenti di Draco sotto al cappuccio che gli copriva il volto.

Provai a parlare, volevo ringraziarlo, chiedergli se stesse bene, dirgli quanto ero stata in pena per lui, ma dalle mie labbra non usciva nessun suono e lo sforzo mi provocava un forte dolore allo stomaco.

«È tutto finito, Hermione, ora ti porto in un posto sicuro».

Il suono dolce della sua voce mi fece sorridere appena, mentre tenere gli occhi aperti diventava terribilmente faticoso.

«Dormi, a...»

Ma non riuscii a sentire ciò che stava dicendo perché ero già svenuta.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Epilogue ***


EPILOGUE




Fu il rumore di una chiave che faceva scattare una serratura a svegliarmi.

Mi rigirai sul materasso, mi strinsi alle coperte e tentai di tornare a dormire, ma il suono continuo di gocce d'acqua che cadevano sembrava rimbombarmi nelle orecchie.

Mi ci vollero diciassette secondi, scanditi dall'acqua, prima di rendermi conto che il materasso su cui credevo di dormire era in realtà una massa indistinta di stracci e che la coperta che stringevo era un mantello nero, sporco e con dei lembi rovinati.

Mi sollevai di scatto, percependo un dolore acuto ovunque e una forte sensazione di malessere.

Cercai di ignorare ogni cosa e di alzarmi, ma un giramento di testa mi costrinse ad appoggiarmi ad una delle quattro pareti che mi circondavano e a lasciarmi scivolare nuovamente a terra.

Mi coprii nuovamente col mantello nero che mi era scivolato di dosso e cercai di ricordare cosa fosse successo, ma l'ultima cosa che ricordavo erano le braccia forti e confortanti di Malfoy che mi stringevano.

Dopo quel ricordo era tutto oscurità e dolore.

Mi addossai alla parete, appoggiandoci la schiena e, afferrandomi le gambe, lasciai cadere la fronte contro le ginocchia.

Provai a trattenere le lacrime, ma il pianto come un'onda improvvisa mi travolse e non potei fare altro che singhiozzare silenziosamente.

La mia mente diceva di cercare una soluzione, di pensare a come fare a fuggire, di analizzare la situazione e di non scoraggiarmi, ma non poteva nulla la mia razionalità contro il mio cuore spezzato.

Perché l'unica cosa certa era che Malfoy mi aveva tradita e mi aveva consegnata al nemico.

Un pensiero improvviso mi riscosse e cominciai a frugare ovunque, ignorando la sporcizia che toccavo a terra.

Ma dopo pochi istanti smisi di cercare e altre copiose lacrime mi inondarono le guance.

Non avevo più la mia bacchetta, si era rotta nella battaglia.

Brividi di freddo mi costrinsero ad afferrare nuovamente il mantello ed ad avvolgermelo addosso.

Asciugai il viso e provai a calmare i tremori che sentivo in tutto il corpo.

Appena trovai nuovamente il controllo del mio corpo smisi di piangere e rimasi immobile, sempre addossata alla parete e con gli occhi offuscati dalle ultime lacrime.

Rimasi in quella posizione per minuti interi che, diventarono poi ore, fino a quando non sentii la serratura della porta di fronte a me scattare.

Venni accecata da una luce intensa e, appena riuscii ad abituare i miei occhi, riconobbi la chioma ribelle e riccia di Bellatrix Lestrange, dietro alla quale intravidi alcuni altri Mangiamorte.


Fu i quel momento che l'ultimo barlume di speranza che avevo conservato in un angolino del mio cuore si spense.

 

 



****************************

Buonsalve popolo di EFP!

So che questo non è il finale tutto rose e fiori che vi aspettavate, ma spero che non mi odierete per questo ^^'

Comunque non dovete preoccuparvi che presto inizio la seconda parte di questa storia, che s'intitolerà: "Mai fidarsi del nemico" :)

Vorrei ringraziare di cuore tutti voi per i stupendi commenti che mi avete lasciato *^*

In caso non lo sapeste potete trovarmi su Istangram, il nome dell'account è lazysoul_efp, se invece voleste supportare le mie storie, trovate il link per la mia pagina Ko-fi nella bio.

Un bacione ❤️

LazySoul

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1889480