Amore Proibito.

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13. ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14. ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15. ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16. ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17. ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18. ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19. ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20. ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21. ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22. ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23. ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24. ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25. ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26. ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26. Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


Mi alzai presto disturbata dal vociare che proveniva dalla cucina.
 
Scesi le scale e trovai mia madre a preparare il pranzo.
 
 Sentii anche la voce di mio padre in salotto che mi disse buongiorno. Mi stupii della loro presenza, dato che a casa non c’erano mai: mia madre era una dottoressa, per cui aveva anche i turni di notte, e mio padre era un imprenditore e per questo era spesso in giro per il mondo. Nonostante questo, anche se mia madre non aveva il turno, e mio padre non era a girare il mondo, a casa non c’erano mai, e per questo ero sempre sola.
 
Erano sempre stati assenti nella mia vita. Ero autonoma. Quando tornavo a casa, tutti i miei compagni, trovavano un piatto caldo ad aspettarli, invece io trovavo solo il freddo di una casa vuota.
 
Era stato sempre così. Anche da bambina.
 
Avevo imparato ad essere indipendente all’età di undici anni. Andavo e tornavo a casa a piedi già dalle elementari, trovando qualche volta, se mia madre se ne ricordava, un misero panino sul tavolo. Ma erano più le volte che preparavo qualcosa da sola da mangiare, anzi quando cominciai il liceo, l’evento di trovare un panino sul tavolo, diventò ancora più raro, in quanto mia madre pensava che ormai, essendo cresciuta, potevo preparami da sola il pranzo. Ero sola tutto il giorno, tutti i giorni. Così trovare mia madre e mio padre a casa di domenica, mi sembrava assai strano.
 
-“Buongiorno tesoro!”- disse mia madre abbracciandomi.
 
Non ricambiai l’abbraccio e andai a sedermi.
 
-“Ecco a te latte e ciambellone. Visto che sorpresa? So che vai pazza per il ciambellone!”- disse con un gran sorriso.
 
-“Veramente no. Mi allappa la bocca. Grazie ma non ne voglio. Berrò soltanto il latte!”- dissi con atteggiamento scostante.
 
Bevvi un sorso di latte: faceva alquanto schifo, perché era bruciato. Per questo lo sputai nel lavandino.
 
-“Perché lo hai sputato?”- mi chiese mia mamma.
 
-“È bruciato fa schifo!”- risposi acida.
 
-“Non essere arrogante con me. Dai aiutami. Sai deve venire un collega di tuo padre a casa. Aiutami a preparare il pranzo. Anzi vai a sistemare camera tua, il salotto e il bagno. Su su! Aiutami!”- mi disse felice.
 
Ecco perché erano a casa. Aspettavano un collega di lavoro di mio padre. Ora si spiegava tutto.
 
Feci come disse mia madre, anche se non ne avevo per niente voglia.
 
Andai a studiare, ma mia madre mi chiamò in cucina dicendo di apparecchiare.
 
Misi una bella tovaglia bianca sul tavolo, e per l’occasione dei bicchieri a calice di cristallo.
 
Mio padre era agitato. Voleva fare bella figura con il suo collega. Apparecchiai per quattro. Poi arrivò mia madre e aggiunse altri due posti.
 
-“Tesoro, cosa hai capito. Insieme a questo signore che lavora con tuo padre, vengono anche la moglie e suo figlio. Magari puoi farci amicizia!”- mi disse.
 
Ma certo. Pensai di passare la giornata con un totale secchione palloso.
 
Andai a vestirmi bene, come raccomandato da mia madre per fare bella figura.
 
Dopodiché andai in salotto dove era seduto sul divano mio padre, che mi ripeté anche lui, di comportarmi bene.
 
All’una puntuale suonarono alla porta. Entrò per primo il collega di mio padre, che strinse la mano a tutti noi. Poi la moglie, una bella signora elegante. E per ultimo il figlio dei due.
 
Altro che secchione e secchione.
 
Non avrei mai potuto immaginare, che quel secchione che io pensavo era Zayn Malik.
 
Era il più figo della scuola, di cui tutte le ragazze erano innamorate, tra cui c’ero anche io.
 
Era troppo bello per essere vero; ma era la realtà. Avevo in casa mia Zayn Malik. Mi considerai la ragazza più fortunata del mondo.
 
Ci sedemmo a tavola e mia madre servì il pranzo che avevo preparato.
 
Ero seduta vicino a Zayn, ma non parlavamo. Dopo il pranzo, raggiungemmo il salotto, in cui mio padre e il Sig. Malik presero un amaro. Amavo il profumo del liquore.
 
-“Allora Zayn. Mi dicono che sei uno studente modello!”- disse mia madre.
 
-“Me la cavo!”- rispose lui gentilmente.
 
-“Starai studiando molto per il diploma!”-.
 
-“Si, sono periodi in cui sto stringendo i denti!”- rispose educatamente.
 
-“Anche io vorrei avere un figlio modello. Phoebe sta al terzo, ma non studia tanto!”- disse guardandomi.
 
L’avrei ammazzata quella stronza. Avevo dei voti impeccabili, e una media di A. Non poteva sapere che andavo male, dato che era sempre troppo impegnata da non andare mai agli incontri con gli insegnanti.
 
-“Ha qualche problema in spagnolo. Non è una materia che ama!”- continuò a dire stronzate.
 
-“Beh, se hai qualche problema ti posso aiutare io. Tieni ti lascio il mio numero. Quando hai dei problemi sarò onorato di aiutarti!”- disse rivolgendosi a me gentilmente.
 
Non potevo credere di avere il suo numero.
 
Io Phoebe Clarc avevo il numero di Zayn Malik.
 
Il pomeriggio passò on fretta e io decisi di uscire un po’, con la mia migliore amica Clare, che all’ultimo momento mi diede buca.
 
Ultimamente il rapporto tra me e lei, non era gran che.
 
-“Mamma io non esco!”- gli dissi.
 
Si limitò ad annuire, come se glie ne importasse qualcosa. Continuò a parlare con la madre di Zayn.
 
Me ne stavo andando quando sua madre mi disse di uscire con lui.
 
-“Non si preoccupi signora. Se un giorno non esco non succederà niente!”-.
-“No dai, esci con me! Dai sei simpatica, ti farò conoscere i miei amici!”- insisté lui.
-“No davvero. Vado a studiare!”- risposi io.
-“Ma no….”- cercò di dire Zayn ma mia madre lo interruppe dicendo che era meglio se andavo a studiare.
Aspettai che se ne andarono, per non fare l’asociale, dopodiché salii in camera mia.
 
Sentii la porta aprirsi e chiudersi, dopodiché rimasi sola di nuovo.
 
Non potevo credere di aver conosciuto Zayn Malik e di avere il suo numero.
Mi addormentai senza nemmeno mangiare, come la persona più felice del mondo.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


La mattina dopo mi svegliai tardissimo.
 
Come al solito ero da sola, ma ormai mi ci ero abituata. Non avevo una mamma che mi dicesse di sbrigarmi e che si arrabbiava, ma che poi ti salutava e ti perdonava con un bacetto sulla guancia.
 
Non feci colazione, e mi sbrigai a lavarmi e a vestirmi.
 
Londra quella mattina era calda.
 
Presi la mia bicicletta, e pedalai velocemente per arrivare in tempo a scuola. Quando arrivai, la campanella era suonata, e sapevo cosa voleva dire: detenzione, che dovevo scontare altre due ore dopo l’orario scolastico.
 
La giornata fu pesante, con sei ore, tre intere nel laboratorio di chimica. Clare quella mattina stranamente mi era vicina come i vecchi tempi, cosa che mi fece pensare che si stesse approfittando di me:  aveva fatto amicizia con Claudia, una ragazza italiana che però si era subito ambientata bene. Era una troia assurda, masticava la gomma a tutte le ore del giorno, con quel suo modo di fare poco a dire insopportabile, con quelle magliettine trasparenti e scollate che facevano vedere il suo seno, che ingrandiva con la carta igienica. Indossava sempre dei leggins neri, che gli ingrandivano il sedere. Aveva i denti perfetti e da quello che raccontava aveva avuto l’apparecchio. Aveva i capelli rasati da un lato, e più lunghi dall’altro e ci provava con tutti con quella risatina finta che io e Mary (la mia compagna di classe, con cui passavo tantissimo tempo) sapevamo imitare alla perfezione, tirando la testa indietro.
 
Era insopportabile, un canarino in calore che trovavo tutti i giorni in bagno, alla stessa ora, con uno diverso.
 
Mha.
 
In corridoio tutti sbavavano alla sua vista: sembrava una diva, e Clare non si accorgeva che la stava usando.
 
Odiavo Claudia, e non solo per il fatto che era una troia, ma perché si era impossessata della mia migliore amica.
 
Andai a pranzare con Mary in mensa; Clare era con Claudia al tavolo dei più “popolari”. Non mi era mai interessato la divisione dei meno popolari e dei più sfigati a scuola. Non eravamo in un film americano, eppure era realmente così. Secondo me, chiunque si poteva sedere dove voleva, e non doveva esserci una divisione. Sembrava essere tornata ai tempi dell’aparthaid, ma applicato alle persone sfigate.
 
Non ce n’era bisogno. Tutti sedevano dove volevano.
 
Finito di mangiare, Mary se ne andò a casa, mentre io prima di andare in detenzione andai in bagno.
Entrai nel bagno delle ragazze e in un bagno si sentivano provenire…. Come dire… “urla di piacere!”
Poco dopo uscirono dal bagno.
Rimasi interdetta nel vedere Zayn e Claudia.
Non ci potevo credere. Era un puttaniere.
Non me lo sarei aspettato da lui.
Sembrava un ragazzo gentile e dolce. Non uno … così. E poi con Claudia.
Era caduto proprio in basso. Lei era ripetente, lui invece con ottimi voti a scuola.
Diceva di essere stata bocciata per tre anni, perché aveva cambiato molte scuole.
Secondo me non era vero.
Io gli sorrisi lo stesso per educazione, mentre lui si limitò a guardarsi quasi con una faccia schifata, facendo finta di non conoscermi.
Ma chi razza si credeva di essere.
La mia cotta per lui era improvvisamente sparita.
 
Usciti dal bagno li sentii parlare.
Claudia diceva di rincontrarsi il giorno dopo, e lui gli rispose che forse non gli era stato chiaro che usciti dal bagno, diventavano estranei l’uno dell’altro, anche se prima avevano scopato nel bagno.
Che squallore.
Ero una tipa schietta che dice le cose in faccia alle persone.
Sono brava a scuola, anche se a primo impatto non sembrerebbe, dato che vesto sempre da “dura”, anche se non lo sono per niente. Cerco di sembrare forte, ma in realtà sono molto fragile.
Uscii dal bagno con una faccia schifata e guardando male Zayn. Non m’importava se se ne accorgeva.
 
Andai a scontare le mie due ore in detenzione.
 
Finito, andai nella palestra della scuola per aspettare Mary che finisse i suoi allenamenti.
Nel frattempo mi sedetti sugli spalti a leggere un libro.
 
-“Sono brave vero?”- disse una voce che mi fece sobbalzare e interrompere la mia letture.
Mi girai e vidi Zayn vicino a me. Giornata peggiore non poteva esserci.
-“Si”- risposi alquanto fredda.
-“Che leggi?”- mi chiese interessato a quello che stavo facendo e improvvisamente ricordandosi che mi conosceva.
-“Un libro!?”- gli risposi ironica facendo una smorfia.
-“Che caratterino!”- disse lui sperando di non sentirmi.
Continuai la mia lettura, sperando che se ne andasse, ma invece rimase lì.
-“Come mai qui?”- mi chiese disturbandomi di nuovo.
-“Aspetto una mia amica!”- risposi freddamente e disturbata.
-“Io aspetto un mio amico!”- mi disse lui guardando la porta dello spogliatoio.
-“Nessuno te l’ha chiesto!”- dissi a bassa voce.
Lui non se ne accorse credo, ma anche se fosse non me ne importava niente.
-“Allora per le ripetizione di spagnolo?”- disse guardandomi.
-“Mia madre si inventa troppe cazzate. Ho ottimi voti in tutte le materie, non mi servono ripetizioni di nessuna materia!”- disse continuando a tenere gli occhi sul mio libro.
-“Non ci credo che si sia inventata una cazzata. Una ragazza come te…”-.
-“Come scusa?”- sbottai guardandolo incazzata.
-“Beh … guarda come vesti. Vesti da dura. Se avessi buoni voti in tutte le materie, vestiresti da secchiona, con gli occhiali, con una coda da cavallo e con dei vestiti anni sessanta, con la sottana e le calze!”- disse ridendo.
-“Che cazzo centra il modo in cui mi vesto. Tu vesti da stronzo e lo sei realmente!”- dissi incazzandomi.
-“Io sarei stronzo?”- mi chiese con un modo da arrogante.
-“Si sei uno stronzo. Ti ho sentito prima in bagno. Te la sei scopata e quando sei uscito fuori, mentre ti stavi abbottonando ancora i bottoni della camicia, gli hai detto di non conoscerla e che tornava tutto come era prima. Hai usato una ragazza per gioco, l’hai scopata solo per il piacere di farlo!”- gli urlai quasi.
-“Si lo so ho sbagliato. Io non sono così. Sono diverso. Sono stato appena mollato dalla mia ragazza, e volevo farla rosicare. Mi piace ancora, ma lei ha fatto la stronza con me e gli volevo far vedere che anche io posso essere stronzo!”- disse con gli occhi lucidi.
-“Non mi farò incantare dalle tue parole, non ci credo!”- dissi guardando Mary che faceva i salti mortali.
-“Ma è così credimi. Non sono così. Non sono uno stronzo. Non mi piace nemmeno esserlo. Sono stato trattato male e volevo farla pagare alla mia ragazza. Credimi!”- disse convincendomi.
-“Non capisco il perché tu lo stia dicendo a me scusa!”- dissi guardandolo.
-“Non voglio apparire per quello che non sono, io non sono così, sono diverso. Sono come quello ieri a casa tua!”-.
-“E allora perché non mi hai nemmeno salutata quando ti ho sorriso?”- dissi interdetta.
-“Te l’ho detto, stavo facendo lo stronzo! Te lo giuro non sono così!”- continuò a dirmi.
-“Beh la parte da stronzo ti è uscita bene, e comunque non devi convincere me. Non mi interessa come ti poni alla gente. Ti do solo un consiglio. Se non vuoi sembrare quello che non sei, non prendere atteggiamenti diversi dal tuo io vero. Se mostrerai sempre la tua falsità, un giorno tutte le persone smetteranno di crederti e perderanno la fiducia in te. Chiedi scusa a Claudia. Anche se è una troia, non devi trattarla così. Ne lei, ne tutte le ragazze!”- disse chiudendo il libro e mettendolo nella borsa.
-“Si, ma tu mi credi che non sono così?”-.
-“Zayn non ci conosciamo per niente. Non vedo perché ti stai scusando con me. Non hai fatto un torto a me!”-.
-“Ti prego credimi!”-.
-“Perché mi stai convincendo ancora?”- chiesi scocciata – ci siamo conosciuti solo ieri, che vuoi da me? Non capisco il perché stai dicendo a me queste cose. Scusa ma ora devo andare!- dissi infine mettendo la borsa a tracollo e raggiungendo Mary che mi stava aspettando.
 
Uscimmo fuori e tornammo a casa insieme.
 
Nel tragitto raccontai tutto a Mary che voleva sapere tutto.
 
Lei mi disse che forse, il fatto che mi stava raccontando queste cose, era perché mi facessi un’idea sbagliata su di lui e che magari e che aveva paura di sputtanarlo.
 
Io le risposi che non me ne fregava niente di quello che faceva e che era la sua vita, e come tale la viveva come cavolo voleva.
 
Entrai a casa, come al solito vuota e desolata.
 
Misi qualcosa sotto ai denti, dopodiché studiai un po’ e mi andai a dormire, chiedendomi ancora perché stesse a raccontare a me queste cose.
 
Mi addormentai con un gran mal di testa.
 
 
Spazio autrice.
Sono delusa da questo capitolo. Improvvisamente non ho avuto più ispirazione e ho scritto una ciofeca.
Vi prego di commentare. Accetto critiche. Cercherò di fare u capitolo migliore di questo la prossima volta.
Grazie a chi commenterà e mi dirà che cosa ne pensa.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


Riuscii a dormire poco.
Mi svegliai con un gran mal di testa.
Quel pensiero mi tormentava. Ma in fine che me ne importava?
Zayn si era rivelato falso, ma non ci conoscevamo, e non capivo perché venisse a dire a me queste cose.
Andai a lavarmi. Mi truccai leggermente, come tutti i giorni, con una matita nera solo sotto, e il mascara. Mi vestii come tutti i giorni: jeans, canottiera e una leggera giacca di pelle beige.
Presi la mia borsa di scuola, e lasciai quella casa vuota e fredda, che non aveva mai assaporato il piacere del calore di una grande famiglia felice. Ero sempre sola, se non ché con la cagnolina, Flore.
Quel batuffolo era l’unica mia compagnia.
Presi la mia bici, e pedalai verso scuola. All’entrata c’era Clare con Claudia. Lei mi salutò e io mi limitai a sorriderle.
Poco più giù, c’era Zayn con il suo amico Liam. Mi sorrise ma io mi girai dall’altra parte.
Raggiunsi Mary, vestita con la sua divisa da cheerleader.
Tutte le cheerleader se la tiravano, e per questo m stavano tutte antipatiche, ma Mary risultava essere l’eccezione del caso.
Ultimamente passavamo molto tempo insieme.
Eravamo sempre state in classe insieme, a partire dall’asilo.
Clare mi stava diventando antipatica, e stava seguendo le orme della sua amica troietta. Lo stava diventando anche lei, e questo mi rattristava parecchio, ma cercavo di non farlo notare.
Entrammo a scuola, e alla prima ora andammo al laboratorio di chimica.
Clare aveva la mia stessa ora, e cercò di sedersi vicino a me, ma io mi ero già seduta vicino a Mary. Evidentemente Claudia aveva marinato di nuovo la scuola.
Cazzi suoi.
L’ora passò in fretta, e la giornata scolastica passò in fretta.
Andammo in mensa.
Tutti si precipitarono a riempire i loro vassoi. Mary ne prese uno anche per me, mentre io ero seduta al tavolo per occuparlo.
Ero seduta da sola, ma ad un certo punto arrivò Zayn.
-“Ciao!”- disse sorridendomi.
Gli risposi con un cenno con la testa.
-“Ancora arrabbiata con me?”- mi chiese.
-“Perché dovrei essere arrabbiata con te scusa?”- chiesi assumendo una leggera smorfia.
-“Per quello di ieri!”-.
-“la tu vita non mi riguarda, non mi interessa quello che fai, non sono affari miei!”- risposi incominciandomi a scaldare.
-“Senti, quello che hai visto, rimane nel bagno ok?”- disse.
Intanto arrivò Mary che mi porse il mio vassoio e poi tornò per prendere il suo.
-“Hai paura che vada a dirlo a tutti e che di conseguenza tutti perdano la fiducia in te? Che ti caccino dalla squadra di football? Non ti preoccupare la tua vita non è nei miei pensieri!”- disse buttando gli occhi sul vassoio pieno di cibo.
Aprii le posate, mentre Zayn era lì a fissarmi.
Cominciai a mangiare la pasta, feci una forchettata e deglutii. Poi cominciai a giocare con i fusilli.
-“Non hai fame?”- chiese lui.
-“No non ho fame! Ne vuoi tu?”- dissi incazzata.
-“Perché non mangi? Tutti sono affamati dopo quattro ore di lezione!”- disse lui guardando come giocavo con la pasta.
-“Io non ho fame ok?”-.
-“Okok!”- disse lui rimanendoci male di come gli avevo risposto.
Forse gli stavo rispondendo davvero male.
-“Senti scusa se ti tratto così, ma penso ancora che tu sia uno stronzo, ma non m’importa quello che fai nel bagno della scuola. La tua vita non rientra nei miei riguardi. Quindi non capisco proprio perché tu sia qui convincendomi del contrario!”- disse scusandomi.
-“Ho dato un’impressione sbagliata di me. Io non sono così. Non voglio che tu pensa che mi approfitti delle ragazze!”- disse lui.
-“Ok va bene. Se ti dico che ci credo mi lasci in pace?”- dissi infastidita.
-“Voglio che tu ci creda veramente!”- disse lui mettendomi le mani sulle spalle.
Mi scansai.
-“Perché vuoi fare una bella figura su di me! Ok ci credo. Sono seria. Credo che non sei uno stronzo. Ti dico solo che la prossima volta che avrai una ragazza, quando ti lascerà, non ti vendicare scopandoti la prima troietta. Lo dico per te. Poi fai come vuoi!”- dissi.
Non capivo perché gli stavo consigliando. Non m’importava di lui, né della sua vita, eppure consigliargli mi faceva stare meglio.
Mi ringrazio e mi diede un bacio sulla guancia.
Questa confidenza? Chi glie l’aveva data.
Mi pulii la guancia dal suo bacio schifata. Pensavo ancora in parte che era uno stronzo, ma di fondo si fanno tanti errori nella vita, l’importante era rimediare.
Forse lui stava rimediando al suo errore scusandosi con me.
Arrivò Mary. Le spiegai tutto e le confermò quello che mi aveva detto il giorno prima: forse stava raccontando questo a me, perché io non raccontassi niente a nessuno.
Lei mangiò tutto quello che aveva nel piatto, mentre il mio era ancora pieno.
Pulimmo il tavolo e tornammo alle lezioni.
Finita la giornata scolastica tornai a casa in bici.
Entrai nella casa vuota.
Flore venne a farmi le festa e strusciarsi alle mie gambe. Era l’unica sempre presente nella mia vita insieme a Mary.
Andai a studiare.
Verso le quattro sentii suonare il campanello. Andai a vedere ed era Zayn.
Lo feci entrare sul portico.
-“Che ci fai qui?”- chiesi scocciata.
-“Ho portato la merenda!”- mi rispose mostrandomi una busta con un dolce.
-“Hai sbagliato casa!”- dissi rientrando in casa.
-“No, non ho sbagliato. Mi fai entrare?”- disse facendomi gli occhi da cucciolo.
-“Questa confidenza?”- dissi.
-“Considerala come … il continuo del pranzo dell’altro giorno!”- disse assumendo un sorriso da ebete.
-“Continuo? Avevamo finito tutto!”- risposi confusa.
-“Dai ti prego! Facciamo merenda insieme!”- disse supplicandomi.
Perché dovevo farlo entrare.
-“Stavo studiando!”- dissi cercando di farlo andare via.
-“Ti aiuto in spagnolo!”- disse ancora.
-“Te l’ho già detto non mi serve una mano in spagnolo!”- dissi rientrando.
-“Ti prego. Sono venuto fin qui. Ho comprato anche il dolce. Vedi che non sono stronzo!”- finì.
-“E va bene entra!”- disse stremata aprendogli la porta.
Entrò in casa.
Presi il dolce e ne feci due fette mettendole in due piattini.
Ne mangiai un pezzetto, poi posai sul tavolo il piattino.
-“Non ti piace?”- mi chiese.
-“Si, si è buonissimo ma non ho fame!”- risposi io sorridendo.
Lui lo finì tutto.
-“Che cosa stavi studiando?”- mi chiese lui.
-“Letteratura inglese, ma ho finito!”- dissi rovinandomi da sola.
-“Avevi detto di dover studiare!”- mi disse sconcertato.
-“Si … dovevo ripassare un ultima cosa!”- cercai di riparare balbettando.
Lui annui cascandoci.
C’era un gran silenzio. Io tenevo lo sguardo basso mentre lui mi fissava. Mi dava fastidio.
-“Beh, ora devo uscire, devo portare il cane fuori!”- dissi alzandomi dal divano e chiamando Flore.
-“Ti accompagno!”- disse.
Accettai per risparmiarmi le suppliche come quelle che aveva fatto prima.
Presi il mio giubbetto di pelle, misi il guinzaglio a Flore e uscimmo.
Andai nella strada del parco. Lì potevo lasciarla un po’ libera.
-“Perché indossi questo giubbetto? Ti da l’aria di quella che non sei!”- disse guardando il mio giubbetto.
-“Mi piace, ma non bisogna giudicare dall’apparenza!”-.
-“Vedi lo dici anche tu. Non bisogna giudicare dall’apparenza. Io non sono stronzo. Bisogna scavare più a fondo nella personalità delle persone. Io ho scavato in te e ho capito che quel che indossi non ti rende giustizia!”- disse con enfasi.
Aveva ragione. Cazzo. Aveva davvero ragione. Lo avevo giudicato per quel che avevo visto, ma in realtà non gli avevo guardato dentro. Forse era migliore da quel che avevo visto. Poteva sempre cercare d rimediare dalla vita. Lui ci stava provando con me. Non era detto che ci riuscisse perché avevo perso l’idea del ragazzo per bene che avevo inizialmente, ma perché non provarci a credergli.
Non avevo più una cotta per lui, ma un amico lo poteva pur essere. Anche se mi stava dando troppa confidenza. Avevo capito che era uno socievole, che fa amicizia subito.
-“Hai ragione. Si hai proprio ragione. Ti ho giudicato per quello che non sei. Scusa. La figura di merda l’hai fatta lo stesso. E ci metterò un po’ a farmi una nuova idea di te!”- ammisi.
Era simpatico dopotutto. Ma non volevo che entrassimo tanto in confidenza.
Volevo rimanessimo come due amici che si salutavano. Due conoscenti. Niente più.
 
Tornammo a casa dopo la passeggiata.
Gli diedi il giubbetto e andò verso la porta.
-“Ma sei da sola a casa?”- mi chiese.
-“Sono sempre sola in casa!”- risposi guardando quell’abitazione vuota.
-“Ti va di mangiare insieme?”- mi chiese.
Non so perché ma avevo bisogno di compagnia, così gli risposi di si.
Si mise ai fornelli e cucinò un piatto di pasta al pomodoro molto invitante. Non lo finii tuttavia.
La serata con lui fu piacevole e cominciai a pensare seriamente che non era uno stronzo, anzi era molto simpatico e molto socievole.
Cominciavo a pensare anche che potevamo essere due amici, che non solo si salutano e sono solo conoscenti, ma che conoscono quasi tutto l’uno dell’altro.
Gli stavo dando fiducia, e non era facile che io mi fidassi di qualcuno, specialmente dopo che avevo visto certe cose.
L’amicizia non si cerca. Si trova quando meno cerchi un amico. Arriva quando non ti senti solo, arriva arricchendo il tuo tesoro.
Consideravo i miei amici, se pur ne avevo pochi, come le persone fondamentali della mia vita.
Erano gioielli per me, e tuttavia ne avevo perso qualcuno come Clare.
Si fecero le undici di sera. Tra chiacchiere e risate non mi ero accorta di che ore si erano fatte.
Sparecchiai con l’aiuto di Zayn, dopodiché se ne andò.
Andai a dormire, con la consapevolezza che mi ero sbagliata sul suo conto. Era davvero un bravo ragazzo, nonostante avesse fatto una cazzata.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


Mi svegliai di nuovo tardi.
Mi lavai e vestii in fretta e in furia, e velocemente pedali verso scuola, dove mi aspettava Mary, seduta sul muretto con la sua solita allegria.
Appena mi vide saltò giù e mi corse intorno saltandomi addosso e abbracciandomi, come era solita fare.
Io le diedi un bacio sulla guancia e poi ci sedemmo sull’erba, aspettando il suono della campanella.
La scuola stava per finire ed io ero molto felice, perché dopo scuola sarei partita per un mese in vacanza con Mary e la sua famiglia, in Irlanda. Gran bel posto!
Era il primo anno che andavo con lei.
Era il primo anno che andavo in vacanza in realtà. Con il fatto che i miei genitori non c’erano mai, non mi avevano portato mai in vacanza, a parte quando ero partita un anno con mia nonna Angel, all’insaputa di mia madre. Lei e mia nonna non sono andate mai d’accordo. Mia nonna dava ragione a me, dicendo che mia madre non era mai presente per me. Lei mi capiva, anche se non ci vedevamo spesso, col fatto che non abitava a Londra.
Anche Zayn era lì. Mi sorrise e mi salutò con la mano, e io quella mattina ricambiai.
Entrammo in classe, con alla prima ora spagnolo. L’ora con il professore di spagnole era molto divertente e il tempo passava subito. Sapeva come coinvolgerti nelle sue lezioni.
Alla seconda ora, avevamo geografia con la Starcle … gran puttana quella lì.
Era giovane, ma era una gran puttana: indossava le minigonne per venire a scuola, e metteva quei suoi occhiali rossi sulla punta del naso e poi non sapeva spiegare. Era un odio reciproco.
Cominciò la sua “lezione”, e dopo un quarto d’ora in cui cercò di spiegare, bussò alla porta il preside presentando un nuovo allievo : Carl Jens.
Entrò senza nemmeno dire buongiorno, e poi andò a sedersi buttando lo zaino a terra, con il braccio che gli reggeva il mento, masticando la gomma alla Claudia. Mah.
-“Hai visto quant’è bello?”- mi sussurrò Mary per non farsi senitire.
-“Sarà anche bello, ma a me pare un cafone!”- le rispose facendo finta di seguire.
-“Ma dai. Guardalo! Ha l’aria sperduta!”- disse guardandolo.
-“Mettiamo i manifesti, magari qualcuno l’ha perso!”- risposi a bassa voce cinica.
-“Non puoi dire così senza nemmeno conoscerlo. Di te avrà pensato che sei una guastafeste vedendoti vestita con la giacca di pelle!”- sbuffò a bassa voce.
-“Tutti che vanno contro la mia giacca di pelle. Cos’ha che non va?”- dissi alzando leggermente la voce.
-“Signorina Phoebe, non le interessano le mie lezioni?”- disse sbottando quella troia.
Mi venne voglia di sputargli in faccia.
-“Si mi scusi prof!”- dissi abbassando lo sguardo.
-“A chi non interessano le mie lezioni, può benissimo andarsene. Quindi prego quella è la porta!”- disse seduta sulla cattedra indicandomi la porta.
-“Cosa? Non può cacciarmi. Le prometto che rimarrò in silenzio!”- disse congiungendo le mani pregandola.
-“Ultimamente ha un comportamento maleducato. Si alzi e prenda la sua roba e quella giacca di pelle che indossi ogni giorno. Non ti stanchi di portare sempre la stessa roba?”- continuò il discorso alzando la voce.
A quel punto mi alzai, presi il mio giubetto, la mia borsa e me ne andai.
Sulla porta mi girai verso la prof:-“Non le ho risposto alla sua domanda di prima! No! Non mi sono stancata di portare sempre la stessa giacca, ma lei non si stufa a fare la donna di strada?”- dissi pentendomi subito di quello che avevo detto sbattendogli la porta in faccia.
Fuori c’era il professore di spagnolo. Era il mio preferito e vedendo questo mio comportamento, mi invitò a chiacchierare con lui.
-“Vuoi qualcosa da mangiare?”- mi domandò.
-“No grazie prof!”- risposi educatamente.
-“Ti sembra il modo di chiudere una porta?”- disse rimproverandomi.
-“Scusi ha ragione, ma quella è prorpio una..!”-.
-“No! Ho capito!”- mi interruppe senza farmi finire di dire troia –“Ha degli atteggiamenti che i professori non dovrebbero avere, sta antipatica anche a me, ma questo non ti porta a fare così. Sei un’eccellente studentessa, con ottimi voti in tutto, ma hai un atteggiamento sbagliato. È giusto dire ciò che si pensa in faccia, ma calmati e dillo più garbatamente. Ora devo andare. Ci si vede!”- disse finendo il discorso, sorridendomi e alzandosi raggiungendo la sua classe.
Andai a sedermi vicino al mio armadietto.
Finalmente suonò la fine dell’ora, e tutti uscirono dalle classi. Mary mi raggiunse correndo, e insieme andammo in palestra.
Ero abbastanza brava ad educazione fisica, dato che facevo ginnastica ritmica. Tutti mi chiedevano del perché non fossi entrata nella squadra delle cheerleader, e io rispondevo che le cheerleader non facevano per me, perché era uno sport che mi dava ai nervi.
La lezione finì presto, dopodiché andammo in mensa.
Ormai i volantini del ballo scolastico erano ovunque.
La scuola era quasi finita, ma il ballo non faceva per me. Non ci ero mai andata.
Mentre aspettavo Mary, come al solito seduta occupando il tavolo arrivò Zayn.
-“Ti sei fatta cacciare da quella lì mi hanno detto!”- cominciò il discorso guardandomi ridendo.
-“Si quella troia!”- incalzai.
Rimanemmo un po’ in silenzio, che fu rotto da Zayn che mi fece la proposta di andare al ballo.
Non sapevo che dire, ma il ballo non faceva per me.
-“Sei gentile a chiedermelo, ma il ballo non fa per me. Tutta quella gente, la musica … Nah!”- risposi incalzando.
-“Dai ti prego! Sarei onorato se mi accompagnassi!”- mi supplicò.
-“No davvero, non mi piace andare al ballo …!”- risposi.
-“Ti convincerò del contrario!”- disse –“E fammi provare, non dire subito no!”- dise velocemente er non farmi dire niente.
Poi se ne andò.
Mary intanto arrivò con il mio e il suo vassoio. Poi ci alzammo per mettere a posto i nostri vassoi, il mio mezzo pieno.
Le ultime quattro ore durarono poco.
Dopo scuola andai in palestra.
Fu un allenamento durissimo, dato che ci allenavamo per una gara importante che era alle porte. Ero il capitano della squadra, e dovevo essere da esempio per tutti.
Mi andai a cambiare, e quando uscii fuori per tornare a casa, scoppiò il diluvio ed io come al solito avevo lasciato l’ombrello a casa.
Corsi cercando di passare sotto le saracinesche dei negozi, che però stavano chiudendo e quindi erano sempre meno. Cercavo di saltare le pozzanghere, ma ero zuppa.
Ad un certo punto una macchina mi suonò.
-“Ha bisogno di un passaggio signorina?”- disse Zayn abbassando il finestrino.
Annuii e saltai dentro la macchina.
-“È una fortuna che ti abbia incontrato!”- dissi sorridendo e cercando di asciugarmi.
Rise. La sua risata era bellissima.
-“Hai mangiato?”- mi chiese.
-“No tu?”-.
-“No!”-.
Ci pensai un po’ su e poi dissi:-“Ho paura della pioggia ti prego fammi compagnia!”-.
Congiunsi le mani pregandolo.
-“Non so … passare una serata con te?”- disse guardandomi.
Feci la faccia da cucciolo.
-“Si basta che fai cucinare me!”- disse sorridendo.
-“Tutto quello che vuoi!”- dissi contenta.
-“Tutto quello che voglio?”-.
-“Si!”-.
-“Vieni al ballo con me!”- disse.
Risi dicendo di no e lui mi supplicò fino a casa.
Cucinò lui un piatto di pasta invitante, che mangiai poco.
Poi ci sedemmo sul divano accendendo un po’ di musica su MTV music.
Capitò per caso la canzone lenta che preferivo “I don’t want to miss a thing” degli Aerosmith.
Balzai in piedi cominciando a ballare.
Zayn si alzò e cominciò a ballare con me.
Le mie braccia erano intorno al suo collo e le sue attorno alla mia schiena.
Mi sorrideva e dondolevamo  ballando.
Non so cosa fu, ma mi venne un grozzo allo stomaco, come farfalle imbizzarrite.
Arrossii qualche volta, e lui mi sorrise. Finì la canzone e ci fermammo.
Ero senza parole.
-“Balli molto bene!”- dissi sussurrando.
-“È un motivo per venire al ballo con me!”- disse sorridendomi.
-“Mi vergogno scusa…!”- dissi abbassando lo sguardo e staccandomi.
-“Pensaci!”- disse lui.
La serata trascorse tranquillamente e senza accorgersene si fece mazzanotte.  
Lo accompagnai alla porta e lo salutai abbracciandolo dicendogli buonanotte.
Poi andai a dormire con mille pensieri per la testa.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***


Il pensiero di quello che era successo la sera prima con Zayn mi aveva confusa.
 
Che mi piacesse nonostante quello che gli avevo visto fare a Claudia? Che cominciassi ad accettarlo? Che cominciassi a farmelo piacere?
 
La testa mi scoppiava avevo le idee dannamente confuse. Non sapevo più quello che volevo. Era comunque vero che Zayn lo conoscevo a malapena e che prima di frequentarci, se mai questo sarebbe potuto essere possibile, avrei dovuto conoscerlo più a fondo.
 
Riuscii per la prima volta a svegliarmi presto ed arrivare a scuola in anticipo.
 
Mary era lì ad aspettarmi. Mi saltò addosso come faceva ogni mattina. Clare era là e ci osservò attentamente. Claudia non c’era, e mi osservava con gelosia. Appena io e Mary ci staccammo arrivò subito lei a salutarmi e portandomi via da Mary. Cominciavo ad odiarla sempre di più.
 
Mi portò lontano da Mary poi si fermò.
 
-“Gira voce in tutta la scuola che tu e Zayn vi conoscete. Voglio conferma da te. Cavolo è vero che vi conoscete?”- mi chiese con una voce da troia.
-“Da quant’è che parli così??”- le chiesi.
-“Così come?”-.
-“Mah lascia perdere!”- affermai girandomi verso Mary che scuoteva la testa.
-“Allora? Su a me puoi dirlo!”- disse appoggiandomi una mano sulla spalla.
Mi scrollai pesantemente.
-“Non sono affari tuoi!”- dissi assumendo l’atteggiamento arrabbiato e serioso.
-“Ma dai, ho sempre saputo tutto di te e tu tutto di me. Avanti suu!”- disse provando a convincere.
-“No invece, più ti vedo con Claudia e più mi convinco che io di te non so niente. Io non ti conosco o almeno non ti conosco più. Non sei più la mia migliore amica. Sei una grande opportunista. Che c’è? Dov’è Claudia? Va da lei su! Che ci fai qui? Perché ti stai preoccupando di me? Credevo di conoscerti ma non è così. Ora scusami devo andare!”- disse seria andandomi via.
Prima che me ne andassi mi chiese dove stessi andando.
-“Vado dalla mia migliore amica, quella li giù. Cambia atteggiamento. Stai diventando una troia!”- disse dandole le spalle e andando da Mary.
-“Che puttana opportunista!”- mi disse Mary quando mi vide.
-“Si lo so, andiamo!”- disse ridendo e avvicinandomi all’entrata per non vedere Clare.
Io e Mary parlavamo tranquillamente aspettando che la campanella suonasse.
Due mani mi oscurarono la vista. Sorrisi anche se non sapevo chi fosse.
 
Toccai le mani e mi sembravano familiari. Tolsi le mani dello sconosciuto dai miei occhi e mi girai.
Zayn. Zayn davanti ai miei occhi.
Mi abbracciò e io accettai volentieri il suo abbraccio. Era piacevole stare tra le sue braccia. Mi diede un bacio sulla guancia. Mary ci osservava sorridendo. Rimanemmo a parlare dopodiché ci dividemmo dato che la campanella era suonata.
 
Andai nel laboratorio di chimica. Come al solito mi misi vicino a Mary. Quel giorno dovevamo fare degli esperimenti, ma invece di farli io e Mary chiacchieravamo. Il professor Climt era un tipo strano: aveva un tick all’occhio e la “s” moscia che faceva ridere.
-“Allora con Zayn?”- mi chiedeva a bassa voce.
-“Che ti devo dire?”- risposi sempre sussurrando e guardando ogni tanto il professor Climt per vedere se ci guardava.
-“Ti piace vero??”- chiese curiosamente.
-“Ma chi? Zayn!”- dissi con voce stridula.
-“Ti conosco ti piace Zayn dillo su!”-.
-“No!”-.
-“Si!”-.
-“No!”-.
-“Sii!”-.
-“Nooo!”-.
-“Allora signorine? Coinvolgeteci nella vostra conversazione!”- ci rimproverò il professore.
-“Ci scusi!”- dissi io.
Iniziammo a fare il nostro esperimento.
-“Su ti piace!”- continuò Mary quando il professore si girò.
-“Ti ho detto di no!”-.
-“Ti dico di si!”-.
-“Lo saprò io no? Ti ho detto di no!”-.
-“Si invece!”-.
-“Insomma?? Facciamo un cambiamento di posto. Lei signorina – disse indicandomi – vada a sedersi vicino al nuovo arrivato Carl!”- disse urlando.
Contro voglia andai a sedermi vicino a Carl.
Gli sorrisi ma lui non ricambiò. Che sgarbato.
 
Continuai il mio esperimento insieme a lui.
-“È sempre così il professore?”- disse Carl rompendo il ghiaccio.
-“No a volte peggio!”- risposi.
-“Mi ha fatto ridere. Hai sentito quando ha detto “Insomma”? Con quella “s” moscia!”- disse ridendo.
-“State in silenzio!”- disse il professore.
Scoppiammo a ridere.
-“State in silenzio!”- disse Carl imitandolo.
Mi stavo sbagliando. Quel ragazzo era molto simpatico doveva essere soltanto un po’ chiuso essendo il nuovo arrivato.
L’ora passò in fretta accanto a lui. Sapeva imitare molto bene Climt.
 
Uscimmo dalla classe per andare in mensa. Fuori c’era Zayn: lo salutai con la mano. Appena mi vide insieme a Carl assunse un’espressione seria. Salutai Carl. Lui mi abbracciò e ci rimasi un po’ spaziata. Mi avvicinai a Zayn.
-“Chi è quello?”- mi domandò.
-“È stato il mio compagno di laboratorio!”- risposi.
-“Perché vi siete abbracciati?”-.
-“Lui mi ha abbracciata!”- continuai.
-“Perché ridevate?”- continuò a domandarmi.
-“Sa imitare molto bene il professore di chimica!”-.
-“Perché vi siete seduti vicini?”- continuò a domandarmi.
-“Perché … insomma cos’è un interrogatorio Zayn?”- scoppiai.
-“Hai ragione scusa. Devo chiederti una cosa!”- disse sorridendo.
Annuii.
-“Ti va di venire con me al cinema stasera?”- chiese.
-“Ma si perché no! Accetto!”- risposi accettando.
-“Bene alle sette sto da te! Ora vado! Ci vediamo pomeriggio!”- disse dandomi un bacio sulla guancia. Lo salutai e andai in mensa insieme a Mary.
La solita routine.
La serata finì e tornai a casa. Mary venne da me.
Mentre stavamo studiando, verso le quattro mi arrivò una chiamata da Zayn.
-“Phoebe, ti dispiace se Liam viene con noi pomeriggio? Sta a casa da solo pure lui!”- disse.
-“No non ti preoccupare mi fa piacere. Senti allora potrebbe venire anche Mary!”- dissi anche se non nascondevo che speravo rimanere sola con Zayn.
-“Si ottima idea. Alla solita ora. Ci vediamo dopo! Baci!”- disse attaccando.
Baci? Mah.
Mary accettò dopo tante delle mie suppliche.
-“Volevi rimanere da sola con Zayn vero?”- disse mentre ci stavamo preparando.
-“In effetti si!”- dissi guardando il basso.
-“Vedi che ti piace!”- affermò.
Forse era vero.
-“Non è che mi piace, però …”-.
-“Però stai bene con lui!”- disse interrompendomi. Annuii.
 
Alle sette in punto Zayn e Liam erano sotto casa mia.
Scesero per salutarci. Presentai Mary ai due e poi andammo al cinema. Avevo mal di testa, mal di gola e un grande prurito dappertutto, ma non sapevo il perché.
Presi una cocacola nonostante Zayn mi avesse offerto anche i pop-corn che rifiutai.
Il film fu molto bello. Andammo via e Zayn accompagnò per ultima me.
Si fermò sotto casa mia.
-“Bhe grazie per la bella serata!”- disse aprendo la porta.
-“Aspetta!”- disse lui bloccandomi per il braccio – Volevo stare solo con te oggi!”- disse sorridendo.
Arrossai:-“Sinceramente anche io ma è andata bene così!”- dissi.
Lui annuì. Mi grattai.
-“È tutto il giorno che ti gratti!”- disse.
-“Lo so mi prude tutto e mi fa male anche la gola!”-.
-“Ti avrò fatta ammalare!”-.
-“Ma no che! Tranquillo!”- dissi tranquillizzandolo.
Rimanemmo in silenzio sorridendoci l’uno con l’altra.
-“Vabbe io vado! Grazie ancora!”- disse dandogli un bacio sulla guancia.
-“Grazie a te mi sono divertito!”- disse sorridendomi stupendamente.
Mi piace il suo sorriso. Faceva sorridere anche me.
Lo salutai e salii in casa. Era vuota. Come al solito.
Andai a dormire ancora più confusa e con un grande prurito.
Cosa provavo realmente? 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. ***


Bolle.
Bolle, bolle, bolle, bolle e ancora bolle. Bolle dappertutto.  Sul viso, sulle gambe, sulle braccia, sulla lingua … ero piena di bolle. Prudevano un sacco. Ero bianca cadaverica. La gola mi pizzicava e avevo troppo freddo.
Chiamai il medico. Non chiamai mia madre. Lei non era una madre. Mi disse che avevo la varicella.
Bene. Proprio il momento meno adatto. Avevo una gara dopo pochi giorni e la varicella non era il massimo. Durava più o meno due settimane e il medico mi disse di restare a casa finché non sarebbero scomparse tutte le bolle perché avrei potuto contagiare chiunque non l’avesse mai avuta, dato che la varicella si manifesta una volta sola.
Mi sedetti sul divano sconvolta dalla notizia. Non ci voleva proprio.
Chiamai mia madre anche se era inutile dato che non le importava niente di me.
Mi rispose e mi disse che non potevo aver avuto la varicella perché ce l’avevo già avuta.
Così richiamai il medico, che tornò una seconda volta a casa mia a visitarmi.
Varicella. Confermò la varicella.
Che madre avevo io? Era una madre? Sentii immediatamente una profonda nostalgia. Tutte quante le ragazze avevano la propria mamma che sapeva cosa consigliargli. Io ogni volta che cercavo mia madre, lei mi rispondeva che doveva scappare a lavoro. Cosa c’era di più importante del lavoro.
Mio padre lo vedevo ancora meno. Sempre in giro per il mondo, tra aziende e impegni economici. Che schifo di vita.
Non avevo una madre, né un padre. Avevo solo mia zia, Charlotte, la sorella di mia madre e mia nonna materna Angela. Entrambe non parlavano da molto con mia madre. Non avevo mai saputo il perché e ogni volta che provavo a chiedere cambiavano tutti discorso. Mia zia e mia nonna mi capivano e pensavano anche loro che mia madre non fosse mai presente nella mia vita.
Ad ogni gara, speravo che mia madre con mio padre, fossero seduti sugli spalti, a tifare per me, ma immancabilmente ad ogni gara, quando alzavo lo sguardo loro non c’erano. E questo mi faceva profondamente male. Mi sentivo sola. Profondamente sola.
Accesi la tv per vedere se c’era qualcosa di interessante. Spensi subito perché non c’era niente che mi piaceva.
Aprii il frigo per masticare qualcosa, ma era vuoto. Forse era maglio.
 
Verso mezzogiorno il mio telefono squillò. Feci una corsa assurda per raggiungere la mia camera, dove sotto il letto c’era il mio telefono. Risposi affannata. Era Zayn.
-“Perché non sei venuta?”- disse preoccupato.
-“Varicella!”- risposi ancora col fiatone.
-“Varicella??”- ripeté stupito.
Stavo ancora cercando di ritrovare il fiato e per questo facevo dei respiri profondi.
-“Phoebe piantala di respirarmi in faccia! Stai bene?”- mi chiese ancor di più preoccupato.
Stavo bene? No. Non stavo bene. La testa mi girava.
-“Zayn … io …”-.
….
….
….
-“Phoebe? Phoebe? Mi vedi?”- mi chiese qualcuno.
Aprii gli occhi e ritrovai due occhi puntati su di me. Ero sul letto di camera mia e Zayn mi chiamava. La testa mi faceva malissimo. Mi scoppiava.
-“Zayn … Perché sei qui?”- chiesi stordita.
-“Mah non so … è normale che quando uno sta parlando al telefono con una persona ad un certo punto sente un tonfo!”- rispose lui.
-“Che cosa vuoi dire?”- chiesi provando a tirarmi su con la schiena- non ci riuscii.
-“Sei svenuta!”- mi disse lui accarezzandomi una guancia.
-“E tu hai lasciato la scuola per venire da me?”-.
-“Certo! Mi hai fatto preoccupare!”- disse sorridendo.
Cominciai a piangere.
-“Perché piangi ora?”- mi chiese.
-“Non lo so. Ho bisogno di qualcuno che mi stia accanto!”- riuscii a dire.
-“Ci sono io!”-.
-“Che cos’ho in testa?”- chiesi toccandomi la fronte.
-“I capelli?”- disse ironicamente.
-“Ma dai … c’è poggiato qualcosa di pesante?”- continuai a chiedere.
-“Hai solo un grande mal di testa. Vuoi una pastiglia?”- chiese preoccupandosi per me.
-“Si grazie!”-.
Ero ancora stesa sul letto e ci rimasi per un’altra ora. La testa poi mi passò e decisi di provare ad alzarmi.
Ero molto debole. Non era da me.
Scesi in cucina e Zayn mi preparò qualcosa, con quelle poche cose in frigo.
Non toccai un h, anche se avrei dovuto mangiare, ne ero consapevole.
Mia madre non si era fatta né vedere, né sentire. Bella madre.
 
Andai in salotto insieme a Zayn e ci sedemmo sul divano. Zayn mi fissava.
-“Cos’ho?”- chiesi.
-“Niente! Anche se stai male sei forte!”- affermò.
Era solo l’apparenza, avrei voluto dirglielo, ma non lo feci. Mi limitai a sorridere.
-“Spero che guarirai presto. Devi venire al ballo con me!”- disse avvicinandomi a me.
-“No Zayn io non verrò al ballo con te!”- dissi.
-“Tu verrai al ballo con me. Non mi conosci so far cambiare idea alla gente!”- disse sorridendo.
-“Non solo quel tipo di persona che si lascia convincere!”- risposi seccata.
-“Te lo assicuro! Tu verrai al ballo con me!”- continuò.
-“No Zayn! Tutti prima o poi scappano da me. Te ne andrai da me prima che cominci il ballo!”- dissi alzandomi.
-“Dove vai ora?”- mi disse alzandosi e prendendomi per il braccio facendomi risedere.
Era la verità, tutti se ne andavano da me prima o poi. Ci avevo fatta l’abitudine e non sarei rimasta sorpresa se anche lui mi avesse abbandonato.
-“Io non me ne andrò!”- disse Zayn avvicinandosi verso me.
-“Credimi. Succederà!”- risposi.
Zayn si avvicinava sempre di più. Mi ritrovai i suoi occhi davanti ai miei. Mi scansai.
Ci comportammo come se non stessimo quasi per baciarci.
-“Allora ci vieni?”- insistette.
-“Ne riparleremo!”-.
-“Non è un no allora!”- disse felice.
-“Non è nemmeno un si!”- dissi ridendo.
-“Meglio di niente!”- disse lui in fine.
Continuammo per tutta la serata a scherzare e a parlare. Mi sorprendeva il suo comportamento. Era molto più presente dei miei genitori. Prima che se ne andasse mi disse che Mary si era preoccupata un sacco per me, ma che non avrebbe potuto chiedermi cosa avevo perché la madre le aveva sequestrato il cellulare. Un’altra delle sue sicuramente.
Prima di andarsene sentii il bisogno di abbracciarlo. Fu un abbraccio lungo.
 
Averlo conosciuto era la cosa migliore che mi accadde.
Non sapevo cosa mi sarebbe successo in futuro. Pensai di accettare la sua proposta. Ero sempre stata sola e per una volta che qualcuno si era preoccupato per me, me lo facevo scappare.
La vita era un gioco, e come tale dovevo giocare. Non potevo rimpiangere il mio passato. La mia vita andava avanti, e come io non lo sapevo. Ogni piccolo gesto, ogni piccola cosa, ha un significato. Dovevo coglierne il più minuscolo e sfruttarlo e Zayn era la mia occasione.
Quella sera cambiai prospettiva, anche se la vita non giocò a mio favore.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7. ***


Com’è che progetti la tua vita perfettamente e poi c’è sempre qualcuno o qualcosa che la rovinava? Com’è che era sempre tutto programmato, ma alla fine sembrava non esserlo stato mai? Com’è che quando sei felice, qualcosa ti fa tornare allo stato di prima? com’è che quando tutto va bene, c’è sempre qualcosa a rovinare quello stato di serenità? Com’è che per qualcosa tutto deve essere mandato a monte?
Quella varicella mi aveva già rotto. Non potevo uscire, nemmeno al balcone, non potevo prendere  freddo, e rischiava di non farmi fare quella gara a cui mi stavo preparando da mesi. Sarebbero stati, giorni e giorni di fatica, buttati all’aria in un secondo.
Non potevo non fare la gara, sarebbe stato assurdo. Decisi così di andarci.
Avevo un esercizio individuale, con la palla. Era perfetto, ci lavoravo da tanto, e sapevo farlo alla perfezione, niente e nessuno avrebbe potuto rovinarlo.
Mi svegliai quella mattina tutta elettrizzata. La gola era passata, la testa un po’, ma le bolle continuavano a prudermi. Fortunatamente avevo un body che le copriva quasi tutte.
Preparai la mia borsa, e feci una chignon. Ormai ero abituata. Era da quando che avevo otto anni che andavo in palestra. Stavo solo aspettando di entrare in federazione.
Quando andai in palestra per la prima volta, c’erano tutte bambine molto più brava di me dato che avevano cominciato a tre anni. Sembravano delle piccole donne, responsabili e “mature”. Mi sentivo inferiore e dovetti crescere in fretta. Quella fu un’altra causa della mia infanzia “rubata”. Imparai le cose molto velocemente, anche se l’acido lattico le prima volte mi logorava. La ritmica era uno sport di tecniche, ma prima di tutto uno sport di fermezza e passione. E io avevo entrambe.
 
Ad ogni gara, ero sempre molto agitata, ma a quella molto di più. Forse per il fatto che avevo la varicella. Speravo che i giudici non avessero fatto storie.
La gara si sarebbe svolta nel palazzetto comunale alle tre. All’una uscii e feci a piedi il tratto che c’era tra casa mia e il palazzetto. Due chilometri circa.
In prossimità della palestra, sentii una mano poggiarsi sulla mia spalla. Mi girai. Zayn.
-“Che ci fai qui”- disse rimproverandomi.
-“Vado a fare la spesa!”- incalzai.
-“Con la borsa della palestra?”- disse ironicamente.
Cercai di giustificarmi, ma dopo aver balbettato qualcosa cedetti.
-“Vado a fare la gara e torno subito a casa, giuro!”- dissi supplichevole.
-“Non ci sono scuse che reggano!”- disse Zayn cercando di riportarmi a casa.
-“Vale la mia convocazione in federazione, questa gara è troppo importante!”- continuai sperando di farlo cedere.
-“Hai la varicella forse non te ne rendi conto!”- urlò quasi.
-“Si me ne rendo conto ma non ti agitare!”- dissi calmandolo.
-“Si che mi agiti, non sei in condizioni di fare una gara!”- continuò.
-“Senti io lo so che sto male, ma ti prego … è una gara sola … ti prego … non me lo impedire!”- dissi con le lacrime agli occhi.
Alzò gli occhi al cielo.
-“Dritta a casa poi?”- disse cedendo.
-“Si, si, sii!”- dissi saltellando e abbracciandolo.
-“Anzi, ti accompagno così sono sicuro che tornerai a casa!”- disse.
-“No!”- mi impuntai.
-“E allora a casa!”-.
-“No,no ok … andiamo!”- dissi infine.
Ci incamminiamo verso la palestra.
Salutai la mia allenatrice: Danielle. Con lei avevo un rapporto fantastico. Era lei che dovevo ringraziare.
Mi andai a cambiare. Ero pronta ed andai a riscaldarmi. Zayn mi era appiccicato come una guardia del corpo che mi assillava dicendomi di non affannarmi.
 
Era arrivata l’ora della competizione. La palestra era piene e strapiena di gente.
Avevo il numero tre. Sentii chiamare il mio nome. Sarei stata la prossima. Danielle mi diede gli ultimi consigli. Il cuore mi batteva a mille.
Danielle aveva permesso a Zayn di stare lì. Prima di entrare mi augurò buona fortuna.
Lo abbracciai e … le sue labbra incontrarono le mie. Rimasi imbambolata come una stupida in piedi. Non me lo aspettavo. Zayn mi sorrideva e era diventato rosso. Evidentemente non aveva pianificato di baciarmi. Vidi Danielle sorridermi e spingermi in pedana.
Feci un esercizio impeccabile. Ebbi un punteggio di 29,000 punti. Mi piazzai prima.
Forse il bacio di Zayn, forse l’aspirazione di entrare in federazione, mi avevano spinta ad avere una grinta tale da stupire i giudici.
Le risposte sarebbero arrivate in tempi prolungati. Sarebbero potuti passare anche due mesi, prima di sapere il risultato. Oppure anche di più, prima dell’inizio di un nuovo campionato dato che quello precedente stava per finire.
Ero orgogliosa di me.
 
Dopo la cerimonia di premiazione Zayn mi accompagnò a casa. Nessuno parlò. Io ero imbarazzata.
Lo invitai ad entrare. Lui accettò.
Misurai la febbre ed era risalita.
-“Vedi che non dovevo farti fare la gara!”- disse preoccupandosi.
-“L’ho voluto io non sentirti in colpa!”- dissi tranquillizzandolo.
Rimanemmo ancora in silenzio.
-“Scusa per il bacio!”- disse ad un tratto.
-“È stato utile!”- dissi sorridendo.
-“Non so perché l’ho fatto. Forse è meglio se non corriamo troppo!”- disse giustificandosi quasi.
-“Lo penso anche io!”- sentenziai.
Era meglio così per entrambi.
 
Passammo la serata come tutte quelle precedenti. Zayn era molto presente e non potevo non ammettere che un po’ mi piaceva. Non ero pazzamente innamorata di lui, ma starci insieme tutti i giorni, mi piaceva e mi faceva avvicinare a lui.
Si preoccupava per me e questo mostrava la sua parte dolce. Mi piaceva un pochino.
Lo salutai a mezzanotte passata abbracciandolo. Quello fu il giorno più bello passato insieme a lui.
Pensai che la vita finalmente aveva voluto darmi qualcosa di buono. Zayn era quel qualcosa che mi mancava e che andavo cercando da tanto tempo. Pensai di non lasciarmelo scappare ma nemmeno di accelerare i tempi.
Apprezzai quello che avevo intorno, ma nei giorni seguenti, la vita, si impuntò, e volle farmi un torto. 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8. ***


Le bolle della varicella scomparirono in tempo. Quindici giorni erano passati ed era ora di tornare a scuola. Ero felice di rientrare in quella classe che odiavo. Tuttavia era lì che passavo gran parte del giorno, e stare a letto venti ore su ventiquattro, mi faceva rimpiangere di stare a scuola e fare cose diverse dal dormire.
 
Per tutta la mia convalescenza, Zayn non era mancato nemmeno un giorno. Veniva a trovarmi ogni giorno, e restava a cena per farmi compagnia. Una notte si era addormentato vicino a me. Mi svegliai nel pieno della notte, e vedendolo lì dormire accanto a me, non mi spinse a svegliarlo e a mandarlo via, ma mi spinse ad essere contenta. La sua compagnia mi faceva bene e non potevo negare che qualcosa per lui cominciavo a provare.
Dopo quel bacio, era cambiato tutto, perché eravamo sempre insieme. Era diventato il mio migliore amico in poco tempo, e speravo di essere anche io la sua migliore amica. Non volevo, tuttavia correre molto. Quel bacio era significato molto per me, ma non voleva dire che avrei dovuto subito fidanzarmi con lui.
 
Ero quindi felice di tornare a scuola. Mi preparai e prima di uscire presi la mia borsa e il mio cellulare.
La casa era vuota a parte la presenza della mia cagnolina. Ormai mia madre e mio padre non tornavano nemmeno a dormire a casa e se pure lo facevano io non me ne accorgevo, o meglio, loro non si facevano accorgere.
Sembravo un’orfana di madre e padre, con la differenza vivere in casa, andare in palestra e avere dei soldi.
 
Arrivata a scuola Mary mi abbracciò e mi confessò che le ero mancata.
Appena vidi Zayn lo andai ad abbracciare. Fu un abbraccio lungo.
Clare mi vide e venne ad abbracciarmi.
-“Sono contenta che tu sia guarita!”- mi disse cercando di essere gentile.
Mi limitai a sorriderle per poi andarmene insieme a Zayn.
Entrai in classe. Non doveva essere una giornata pesante, dato che non avevo materie troppo impegnative. Alla terza ora avevo educazione fisica. La professore Smith non mi piaceva molto, ma mi impegnavo molto nella sua ora, dato che ci tenevo al fisico.
Ci portò fuori al campo di football. Ogni volta ci faceva correre per tutto il campo.
-“Phoebe io credo che sia meglio che tu non faccia educazione fisica oggi!”- disse rivolgendosi a me.
-“E perché?”- domandai.
-“Hai appena avuto la varicella e potresti stancarti!”- mi rispose guardando i miei compagni .
-“Professore ho saltato molte ore non crede che dovrei recuperare?”- chiesi gentilmente.
-“E cosa c’è ormai da recuperare? Hai saltato quindici giorni di scuola e poi contando tutte le altre assenze, le uscite prima, i ritardi, le punizioni!”- rispose scocciato.
-“Non crede che per quello che posso, potrei cercare di fare qualcosa?”- dissi incominciandomi a scaldare.
-“Fare qualcosa? No, no, no, no, no! Forse non ha capito signorina. Lei è a rischio bocciatura per tutti i giorni in cui si è assentata da scuola!”- mi rispose assumendo una faccia di quelli che godono a far soffrire gli altri.
Rimasi interdetta. Io a rischio bocciatura?? Io che avevo voti impeccabili in tutte le materie??
-“Io porto un valido certificato medico per le assenze!”- sentenziai.
-“Lo sa che il suo voto di condotta quest’anno è peggiorato? E che fa media?”- continuò.
-“E lei lo sa che un professore dovrebbe accettare il fatto che un alunno con un rischio bocciatura si impegni a fare il massimo per recuperare?”- dissi incazzata.
-“E lei lo sa che i miei alunni non mi rispondono male e sono felici se io gli dico di fermarsi perché sono appena tornati a scuola dopo una malattia?”- disse guardandomi.
-“E lei lo sa che con tutta la varicella ho gareggiato in serie A e ho conquistato il primo posto e posso entrare in federazione?”- continuai.
-“Lo sa che il suo comportamento non la sta aiutando?”-.
-“Me ne frego del mio comportamento le sto dicendo che mi sto impegnando per recuperare e lei nemmeno accetta!”-.
-“Senta signorina mai nessun alunno mi ha risposto in questo modo. L’anno è finito e non c’è più niente da fare. Le sue assenze e il suo comportamento hanno influito sul suo voto finale. Io non ho voti sufficienti per arrivare ad una media fattibile. Lei continua a rispondere male ai professori. E questo non l’aiuterà. Ora si prende questo foglietto e se ne va in detenzione immediatamente!”- disse con uno sguardo truce.
Le strappai di mano quel fogliettino del cazzo e me ne andai in punizione.
Incominciai a piangere. Come potevo essere bocciata? Nessun professore sapeva i miei problemi. Avevo portato sempre delle giustificazione valide e non capivo perché mi dovessero bocciare.
Andai in classe a prendere la borsa e poi mi diressi con le lacrime che scendevano sul mio viso verso l’aula di detenzione.
Mi scontrai contro qualcuno. Era Carl.
-“Ehi, ehi, ehi! Phoebe non sono una striscia pedonale sai!”- disse scherzando.
Io risi.
-“Lo so scusa!”- dissi asciugandomi le lacrime.
-“Perché stai piangendo?”- mi chiese.
-“Io? Piangendo? Noo! È solo allergia!”- dissi cercando di nascondermi gli occhi.
-“L’allergia fa venire i singhiozzi?”- mi chiese ancora.
-“Hai ragione!”- dissi arrendendomi.
Mi asciugai le lacrime e mi soffiai il naso.
-“Dove stai andando?”- mi chiese.
-“In detenzione tu?”-.
-“Guarda un po’… anche io!”- disse camminando –“Tu perché?”- mi chiese infine.
-“È in parte il motivo del mio piantarello!”- dissi camminando insieme a lui verso l’aula.
Gli raccontai quello che era successo e lui mi disse di impegnarmi ugualmente.
Scontata l’ora di punizione mi ero calmata. Carl mi aveva fatto ridere per tutta l’ora e mi aveva messo di buona allegria. Uscimmo insieme dall’aula ridendo. Zayn era lì fuori. Appena vide Carl vicino a me assunse un’espressione seria.
Salutai Carl abbracciandolo e poi andai verso Zayn con le braccia aperte per abbracciare anche lui.
Lui si scostò.
-“Abbracci prima lui e poi me?”- disse serioso.
-“Sei geloso?”- chiesi.
-“No!”- abbassò lo sguardo.
-“Non ti preoccupare sei tu il mio migliore amico!”- dissi abbracciandolo.
-“Ah ecco!”- rispose ridendo.
Andammo insieme in mensa incontrando anche Mary. Mangiammo tutti e tre insieme, anche se non avevo un gran appetito.
 
Finito di mangiare rientrammo in classe e dopo scuola me ne andai a casa.
Come al solito era vuota e gelida anche se era quasi giugno. Era gelida perché gli mancava il calore di una famiglia. Quanto mi sarebbe piaciuto trovare un piatto caldo che mi aspettava in tavola, cucinato con affetto da una mamma! Avevo imparato a fare tutto da sola. Avevo imparato da sola perfino ad andare in bicicletta. Mio padre non mi aveva mai insegnato, ecco perché nonostante la usassi tanto per girare per Londra, la odiassi così tanto.
Mi misi a studiare un po’ tutte le materie, così da recuperare un pochettino quello che poteva essere perso. Studiai per tre orette  dopodiché qualcuno suonò alla porta. Ero sicura che fosse Zayn ma con mia sorpresa trovai Carl.
Lo feci entrare.
-“Cosa ci fai qua?”- gli chiesi dopo che si mise seduto.
-“Ti ho riportato il libro di scienze. Ho preso il tuo per sbaglio!”- disse dandomelo.
-“Figurati potevi aspettare anche domani!”- gli risposi ringraziandolo.
Ci guardammo per un po’ in silenzio.
-“Cosa facevi?”- mi chiese lui dopo un po’.
-“Studiavo!”- risposi sedendomi.
Lui annuii.
-“Vuoi qualcosa di fresco da bere?”-.
-“Volentieri grazie!”-.
Gli offrii una coca che bevvi anche io. Cominciammo a parlare del più e del meno, e mi rendevo conto che mi divertivo. Carl era molto simpatico e mi faceva ridere con le sue battutine stupide ma divertenti.
 
Il suono del campanello interruppe i nostri discorsi.
-“Aspettavi qualcuno?- chiese guardando la porta.
-“In un certo senso si!”- risposi alzandomi ed andando ad aprire la porta.
Come mi aspettavo era Zayn.
-“Ho portato una coca cola e un film da guardare”- disse entrando e vedendo Carl –“Ma pare che tu l’abbia già bevuta!”- disse vedendo i bicchieri di coca.
-“Già!”- disse Carl –“Comunque stavo andando via!”- dissi alzandosi ed andando verso la porta.
Io lo accompagnai.
Mi stavo vergognando.
-“Allora ciao Phoebe!”- disse dandomi un bacio sulla guancia.
-“Ciao Carl!”- dissi chiudendo la porta.
Zayn era in piedi in salotto.
-“Lo hai chiamato tu?”- mi disse.
-“No mi ha solo riportato il libro di scienze!”- gli risposi andandolo ad abbracciare –“E comunque un altro bicchiere di coca cola la berrei volentieri con te davanti ad un film!”- dissi sorridendo.
Lui sorrise e mise la coca cola nei bicchieri e preparando il film.
-“Che film è?”- chiesi prendendo una coperta.
-“Horror! Va bene?”- disse ridendo.
-“Horror??”- dissi spaventata –“Che film horror?”-.
-“The ring!”- disse.
Mi sedetti vicino lui arrendendomi.
Gli  horror non mi facevano dormire la notte.
Sussultai più volte e mi strinsi a Zayn che mi ripeteva “fifona”.
Finito il film ero terrorizzata. Faceva davvero paura.
Si girò verso di me guardandomi fisso negli occhi. Ci stavamo avvicinando di nuovo. Si rese un’altra volta che non era il caso così si scansò prima che succedesse di nuovo che ci baciassimo.
-“Non mi hai ancora spiegato perché eri in detenzione!”- disse.
Gli raccontai tutto e mi rassicurò dicendomi che lui c’era per qualunque cosa avessi bisogno.
La serata finimmo come tutte quelle precedenti.
 
Ero stanchissima ma non volevo farmi vedere stanca da Zayn perché non volevo che andasse via, ma non riuscivo a non sbadigliare.
-“Hai sonno vero?”- dissse.
-“Un pochino!”-.
-“Allora io vado!”- disse alzandosi.
-“No ti prego raccontami una favola! Non è mai tardi per sentirsi bambini. Io non sono mai stata bambina. Ti prego farlo per me!”- lo supplicai.
In quello che avevo detto tutto era vero.
-“Ho paura di addormentarmi vicino a te!”-.
-“Perché paura?”- chiesi.
-“Se me ne accorgessi poi non me ne vorrei andare e tu penseresti male!”- mi disse ridendo.
-“È già successo e non ho pensato male!”- ammisi.
Capì che quella volta che aveva dormito con me io me ne ero accorta ma non lo avevo cacciato.
Andammo in camera mia.
Io mi sdraiai con la testa sulla sua pancia e lui cominciò a raccontarmi una storia.
-“Allora … cominciamo …”- disse schiarendosi la voce-“ C’era  una volta una ragazza bellissima. Era tutto quello che un ragazzo poteva desiderare: era bellissima, dolce e aveva un sorriso che faceva impazzire chiunque. Purtroppo però, alla ragazza morì la madre e il suo sorriso fantastico si spense. La ragazza non si decideva a sorridere di nuovo, così il papà disse che l’avrebbe data in sposa a chiunque avesse fatto in modo di farla tornare a sorridere. Concedeva ad ognuno tre prove.
Arrivò il primo ragazzo: per primo diede alla ragazza tutto l’oro che aveva, ma la ragazza non tornava a sorridere; per secondo le diede miliardi di diamanti, ma niente; per terzo le regalò tutti i vestiti più pregiati, ma la ragazza non sembrava apprezzare così tanto da sorridere.
Arrivò il secondo ragazzo: per primo le offrì di girare il mondo intero, per secondo le diede un diadema preziosissimo e per ultimo le diede tutti i gioielli della madre. La ragazza però invece di sorridere e ad essere felice, sembrava essere ancora più triste.
Provarono a far sorridere la ragazza altri venti ragazzi, che gli offrirono tutte cose simili a quelle dei primi due. Ma la situazione sembrava non migliorare.
Il padre disperatissimo, decise di rinunciare.
Proprio mentre stava enunciando ciò a tutti, arrivò un ragazzo che volle provare.
Il padre, non sapendo più cosa fare, gli diede il permesso.
Il ragazzo per prima offrì alla ragazza, una passeggiata al lago del paese e per secondale offrì di chiacchierare e conoscersi.
Tutti i ragazzi e anche il padre, cominciarono a pensare che un ragazzo che offrisse cose del genere, non avrebbe mai conquistato il sorriso di una ragazza.
Alla terza prova, il ragazzo offrì alla ragazza un pic nic, lontano da tutto e tutti.
I ragazzi che si erano cominciati a conoscere, passarono una giornata bellissima e finalmente la ragazza tornò a sorridere.
Tornati a casa, il padre offrì la mano della ragazza al ragazzo.
I restanti ragazzi, arrabbiati di non essere riusciti a far sorridere la fanciulla, cominciarono a perseguitare il ragazzo per farsi dire il segreto. Tutti quanti gli chiedevano quale trucchetto avesse usato. Il ragazzo rispose solo:”Non serviranno ne diamanti, ne gioielli, ne stoffe e vestiti pregiati, ne diademi, ne anelli, ne collane, ne oro e ne soldi, per conquistare il sorriso di una ragazza. Basterà solo farla sentire bellissima e speciale, farla sentire importante e non offrirgli cose materiali, ma, al contrario, offrirgli  piccoli gesti d’amore!”-.
Dopodiché come pensai chiudemmo gli occhi e ci addormentammo.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9. ***


Era bello. Dormiva tranquillo e non si era accorto che lo guardavo. Il suo respiro era profondo. Il suo petto si alzava e si abbassava regolarmente. Sentivo il suo cuore battere dato che, senza farmene accorgere, ci avevo posato la mano. La sua bocca era chiusa. I suoi occhi chiusi facevano risaltare le sue ciglia lunghe e curvate.
Tutto era bello di lui. Lui era bello. Era bello anche quando dormiva.
Mi avvicinai per dargli un bacio sulla guancia cercando di fare piano per non farmi accorgere, ma i miei capelli strusciarono sul suo viso così si svegliò.
-“Scusa non volevo svegliarti!”- mi scusai arrossendo.
-“Non preoccuparti, è stato bello risvegliarsi così!”- mi rispose sorridendo e alzandosi su col busto.
 
 
Ci sedemmo per un secondo sul letto, poi ci alzammo e andammo in cucina per fare colazione. Scaldai il latte per Zayn. Io non facevo mai colazione.
-“Senti oggi è sabato!”- mi disse lui mentre mangiava dei biscotti.
-“Ce l’ho anche io il calendario!”- dissi ridendo.
Mi fece una smorfia ironica.
-“Intendo dire che oggi è sabato e allora pensavo di …”-.
-“Si!”- lo interruppi.
Lui sorrise.
-“Dove si va?”- chiesi.
-“Sorpresa!”- esclamò.
-“Dai dimmelo!”-.
-“Se te lo dicessi non sarebbe più una sorpresa. Ti dico solo che alle otto sono qui quindi fatti trovare pronta!”- disse alzandosi.
-“Perfetto!”- esclamai saltando giù dallo sgabello andandomi a preparare in bagno.
 
Pronti entrambi, anche se Zayn si limitò a sciacquarsi il viso dato che non era previsto che dormisse da me, andammo a scuola.
Quel giorno andai a piedi insieme a lui.
Arrivati all’entrata c’era Mary che chiacchierava con Liam.
-“Che cosa trameranno quei due?”- disse sorridendo chiedendo a Zayn.
-“Non lo so, ma quando Liam sorride così è innamorato!”- mi rispose lui.
Mi fermai.
-“Viene anche lui alla “sorpresa”?”- chiesi.
-“No, questa volta non farò imbucare nessuno!”- mi rispose lui.
Ci avvicinammo ai due.
Chiacchierammo insieme finché entrammo in classe.
Inglese.
L’ora d’inglese era sempre pesante. La odiavo. La prof mi fece sedere vicino a Carl, sperando che non avrei chiacchierato con nessuno.
I professori avevano ragione. Il mio comportamento era peggiorato. Non avevo mai disturbato la lezione e ero sempre stata attenta. Invece quell’anno ero sempre distratta nonostante però avessi dei bei voti. La mia situazione era peggiorata e forse aveva influito sulla mia persona.
Dato che il professor Smith mi aveva detto di essere a rischio bocciatura, decisi di sforzarmi ad essere attenta.
Ma con Carl vicino era un ò difficile. Faceva battute divertenti e mi faceva ridere un botto. Era carino. Mi faceva stare bene e la sua compagnia mi faceva piacere. Quando stavo con lui mi sentivo diversa in positivo, anche se cambiare non mi era mai piaciuto. E se avesse potuto confondermi le idee?
Nonostante Carl continuasse a fare battute, cercai di non distrarmi e per un po’ ci riuscii.
L’ora dopo c’era un’assemblea in palestra.
Uscii di classe con Carl ridendo. Zayn era fuori la mia classe che mi aspettava.
Mi diressi verso lui per abbracciarlo. Gli diedi un bacio sulla guancia mentre Carl mi osservava.
-“Io devo andare con Liam con il prof di anatomia perché ci deve spiegare una cosa, quindi non vengo in palestra!”- mi disse Zayn staccandosi.
-“Va bene! Ci vediamo dopo allora!”- dissi sorridendo.
-“Ti ricordi di stasera vero?”- mi disse.
-“Certo!”- esclamai saltellando e raggiungendo Carl.
Ci salutammo a vicenda con la mano e lui mi fece segno che ci saremmo visti a mensa.
Mi diressi verso la palestra. Mary era rimasta indietro con il prof di spagnolo perché doveva chiedergli una cosa.
Prima di entrare in palestra Carl era titubante.
-“Io non ho voglia di restare a scuola. Credo che me ne andrò. Mi fai compagnia?”- mi confessò.
-“Cosa vuoi dire, che vuoi fingerti malato, firmarti una giustificazione da solo e uscire facendo finta di essere accompagnato dai genitori?”- dissi cercando di indovinare.
-“Non proprio ma quasi. Intendo ripresentarmi a mensa!”- disse sorridendo.
-“Scusa Carl ma non ho mai marinato la scuola e poi sono a rischio, non dovresti farlo nemmeno tu!”- dissi incrociando le braccia.
-“Hai ragione, sono un’idiota. È stata un’idea pessima. Grazie!”- mi rispode sorridendo.
Ero contenta che qualcuno seguisse i miei consigli.
 
 
Entrammo in palestra e il preside prese il microfono in mano, chiedendo silenzio.
Si schiarì la voce e guardò tutti gli spalti occupati dagli alunni.
-“Allora, come sapete il ballo si farà qui in palestra. Dato che l’anno ci sono stati danneggiamenti in tutta la scuola, chiederei di stare tranquilli altrimenti non darò più la disponibilità per i balli futuri e scioglierò le squadre di cheerleader e di football. Chiaro?”- disse.
Tutti gli alunni annuirono.
-“Non ho finito qui. Partecipare al ballo da quest’anno contribuirà a dare crediti in più per il diploma finale, quindi è gradita la presenza degli alunni di terzo, quarto, quinto, e soprattutto di quelli a rischio bocciatura! Grazie potete andare!”- disse riponendo al suo posto il microfono.
Non mi piacevano i balli ma potevo sacrificarmi per una volta e avere crediti in più e magari risparmiarmi la bocciatura.
Rientrammo in classe. Sinceramente speravo che l’assemblea durasse di più.
Le due ore successive passarono in fretta, e io prestai attenzione a tutto e risposi anche a qualche domanda che i professori mi ponevano.
Finita la terza ora, cercai Mary per andare a mensa.
Alla porta d’entrata incontrammo Carl che ci chiese di mangiare tutti e tre insieme.
Io mangiavo sempre con Zayn ma per non sembrare sgarbata accettai.
 
Zayn e Liam erano già dentro così li raggiungemmo.
Carl li guardò male, specialmente Zayn quando capì che dovevamo mangiare con loro, ma restò comunque.
Zayn andò prendere i vassoi insieme a Liam, mentre io Carl e Mary rimanemmo seduti occupando i posti. Era sempre un tale casino in mensa.
Zayn mi chiese cosa prendessi e io gli risposi che volevo solo un piatto di verdura e una bottiglietta d’acqua.
Così mi portò quel che avevo chiesto.
Carl era molto simpatico e anche Zayn rise. Era divertente stare con lui. La mia prima impressione che avevo su di lui era sbagliata. Era piacevole stare con lui.
 
Dopo mangiato raggiungemmo le nostre classi per altre tre ore.
All’ora di spagnolo, il professor Perez ci laciò liberi di fare quel che volevamo, dato che doveva sbrigare delle cose in presidenza.
-“Che hai da fare stasera?”- mi chiese Mary.
-“Beh…”- provai a dire.
-“Pensavo di andare al cinema vieni con me?”- mi interruppe.
-“Ho da fare!”- le risposi.
-“E cosa?”-.
-“Sapessi!”- esclami rimanendo sulle spine.
-“Ho capitoo!”- disse prolungando la “o” finale.
Io risi.
-“Dov’è che vai con Zayn?”- mi chiese.
-“Non lo so. È misterioso ha detto che è una sorpresa!”- dissi eccitata.
-“Poi mi racconti!”- mi disse dandomi una gomitata.
-“Non ti ho detto che si è addormentato da me ieri!”-.
Mary spalancò gli occhi sbalordita costringendomi a dire tutto.
-“Però che palle ora mi lasci sola!”- disse quando finii di dirle tutto.
-“Fatti accompagnare da Liam!”- le dissi.
-“Mi vergogno. Speravo mi accompagnassi così lo avresti detto anche a Zayn!”- disse mettendo il broncio triste.
-“Senti, quando stamattina chiacchieravate al piazzale, e Liam sorrideva, Zayn mi ha detto che sorride così solo quando è innamorato, quindi non potrà rifiutare!”- le rivelai.
Fece un salto di gioia sbattendo il ginocchio sul banco.
 
Finite le tre ore tornai a casa.
Ero eccitata all’idea di passare una serata non si sa dove insieme a Zayn.
Verso le sei andai a fare la doccia. Incominciò a piovere.
Avevo fatto la piastra cercando di domare i miei capelli, ma tanto con quell’umidità che c’era non sarebbe servita a niente.
Mi vestii normale, ma in un certo senso elegante, dopodichè accesi la TV per sentire u po’ di musica su MTv.
Alle sette e mezza suonò il campanello.
Pensai che Zayn era in anticipo, invece quando andai ad aprire alla porta c’era Carl.
Era tutto bagnato.
-“Che ci fai qui?”- gli chiesi facendolo entrare.
-“Perdonami ero al parco qui vicino e non avevo portato l’ombrello. Come vedi sono fradicio e non sapevo dove andare. Tu eri quella più vicina!”- mi disse bagnando per terra.
-“Non preoccuparti. Lì c’è il bagno io intanto vado a prenderti dei vestiti asciutti!”- dissi indicandogli la porta del bagno.
Cercai qualcosa nell’armadio di mio padre che potesse stare bene a Carl.
Trovai un paio di jeans e una polo.
Scesi al piano di sotto.
-“Carl ho trovato qualcosa che ti potrebbe stare bene!”- dissi alzando la voce per farmi sentire.
-“Puoi entrare vieni!”- mi disse aprendo la porta.
Si stava asciugando i capelli con l’asciugamano.
-“Tieni non so se ti stanno!”- dissi porgendogli maglietta e pantaloni.
-“Me li farò andare bene!”- disse prendendoli bagnandomi il braccio che asciugai.
-“Io sono di là!”- dissi chiudendo la porta.
-“Stavi uscendo?”-mi chiese.
-“In effetti alle otto devo uscire!”- dissi appoggiandomi alla porta.
-“Perdonami. Sarò un fulmine. Scusa ancora!”-.
Gli sorrisi.
Dopo dieci minuti uscì dal bagno, e mancavano pochi minuti alle otto. Non volevo che Zayn lo trovasse lì.
-“Scusa ancora. Te li restituisco puliti e profumati!”- disse indicandosi i vestiti.
-“Fai con comodo!”- dissi aprendo la porta.
Zayn era lì davanti che stava per suonare il campanello.
-“Ciao Zayn!”- disse solare Carl.
-“Ciao!”- rispose lui.
-“Vi lascio! Buona serata! Grazie Phoebe!”- disse dandomi un bacio sulla guancia.
Chiusi la porta salutandolo.
Zayn mi scrutava.
-“Perché ti ringraziava?”- mi chiese.
-“Era fradicio e è venuto qui perché era il posto più vicino. Gli ho dato dei vestiti asciutti e ecco!”- risposi.
-“E basta?”-.
-“E basta! Ora andiamo però sono curiosa!”- dissi prendendo una sciarpa e la mia giacca di pelle e spingendo Zayn fuori dalla porta di casa.
Saltellò giù per le scale raggiungendo la porta dell’auto.
-“Pronta?”- mi chiese prima di entrare in auto.
-“Pronta!”- esclamai aprendo la portiera e sedendomi sullo sedile.
 
 
Il viaggio durò circa un’oretta e arrivammo ad una pista di pattinaggio sul ghiaccio.
-“Mi hai portata a pattinare?”- esclamai domando scendendo dall’auto.
-“Già!”- disse guardando l’insegna della pista.
-“C’è solo un problema!”- dissi guardandolo.
-“Cosa?”- disse spaesato.
-“Non so pattinare!”-.
-“Ti insegno io!”- disse prendendomi per mano.
Andammo dentro e prendemmo i pattini.
Li misi ai piedi.
-“Già so che cadrò!”- dissi alzandomi.
-“Ci sono io qui!”- continuò lui prendendomi per mano e portandomi sul ghiaccio.
Cominciammo a pattinare. Sembravo un pinguino spaesato. Non sapevo come mettere i piedi e pensavo di ritrovarmi col sedere per terra da un secondo all’altro.
Zayn lasciò la mia mano e mi disse di provare da sola.
-“Zayn non ci riesco!”- dissi ridendo.
-“Buttati!”- disse andando più avanti di me sicuro.
-“Zayn non sono capace come faccio a buttarmi!”- continuavo.
-“Non puoi rinunciare ancora prima di provarci. Se poi ci riuscissi un altro giorno, rimpiangerai di non averlo imparato oggi!”- dissi cercando di incoraggiarmi.
Aveva ragione. Dovevo godermi il momento. Destra e sinistra. Non era poi così tanto difficile.
-“Continua così brava!”- disse guardandomi.
Dietro di lui arrivava un bambino in tutta velocità.
-“Zayn …”-.
-“Non voglio sentire non ci riesco!”- mi interruppe.
-“Zayn …”-.
-“Su non voglio sentir …”- non fini di parlare che il bambino lo travolse e si ritrovo con il sedere a terra.
Io scoppiai in una risata fragorosa. Non riuscivo a smettere di ridere.
-“Potevi avvisarmi!”- disse ridendo sgrullandosi del ghiaccio.
-“Ci ho provato!”- dissi io ridendo ancora.
-“E smettila di ridere!”- sbottò lui.
-“Hai ragione scusa!”- risposi nascondendo la risata.
Gli presi la mano e pattinammo insieme, anche se andavo piano perché ero ancora un po’ imbranata.
 
 
Dopo aver pattinato per un po’, andammo al ristorante della pista.
-“Zayn io non ho molta fame!”- dissi.
-“Ordino io oggi!”- disse ammutolendomi.
Dopo un po’ arrivò il cameriere con un piatto di pasta al sugo.
-“Zayn davvero non ho fame!”-.
-“Mangiane un po’!”- insistette.
-“Non ho fame!”- continuai.
-“Ti rendi conto che tutte le volte che io sono con te all’ora dei pasti non mangi mai niente?”- mi disse guardandomi giocherellare con la pasta.
-“Non è vero!”- sentenziai.
-“E allora mangia!”- mi invitò di nuovo.
Per non dargli soddisfazione mangiai una forchettata di pasta.
-“Va bene così?”- dissi bevendo.
-“No!”-.
-“Come no?”- sbottai.
-“Se mangi qualcosa la butti giù nello stomaco con l’acqua!”- continuò.
Presi un’altra forchettata questa volta senza acqua.
-“Così va bene?”- dissi scaldandomi.
-“No!”-.
-“Cosa vuoi ancora?”-.
-“Che tu mangia tutto il piatto di pasta!”- mi disse.
-“No ho fame Zayn!”- dissi girandomi verso la gente.
-“Tu non mangi mai!”- mi ripeté.
-“Io mangio!”-.
-“E allora perché non la finisci!”-.
Le lacrime rigarono il mio volto.
-“Sono anoressica”- sussurrai.
-“Non ho capito alza la voce!”- mi chiese di nuovo.
-“Sono anoressica ok?”- sbottai ad alta voce prendendo la borsa, la sciarpa e la giacca, scappando da tutte quelle persona che mi guardavano strane.
Zayn mi venne incontro.
Io piangevo a dirotto.
-“Ehi, ehi, ehi è tutto apposto ok?”- mi disse abbracciandomi.
Io ricambiai.
-“No non è tutto apposto. Tutti dentro mi guardavano come se fossi malata, e il brutto è che io sono malata!”- dissi piangendo.
-“Senti io ti posso aiutare a superare tutto questo, ma tu devi aiutarmi, ti devi sforzare. Potrebbe essere pericoloso!”- disse confortandomi.
-“Lo so ma ora portami via di qui!”-.
 
 
Ci infilammo in macchina.
-“Per la serata avevo un’altra cosa in mente, ti va di continuare?”- mi chiese.
-“Si ti prego!”- dissi asciugandomi le ultime lacrime.
Mi portò in una vallata. Nonostante fosse nuvoloso c’erano molte stelle.
Mise una coperta per terra e ci sdraiammo. Appoggiai la mia testa sul suo stomaco.
-“Per fortuna che si è rassenerato!”- esclamò Zayn guardando il cielo.
-“È bellissimo perché mi hai portata qua?”- chiesi guardando il cielo anche io.
Prese dalla sua giacca qualcosa.
-“La vedi quella stella?”- mi disse indicandone una del Carro Maggiore.
-“Si!”-.
-“Bhé è tua!”-.
-“Cosa vuol dire?”- dissi alzandomi col busto e guardandolo.
-“Si chiama Phoebe. Quella sei tu. C’è un certificato che lo attesta!”-.
Lo abbracciai fortemente.
-“Perché fai tutto questo per me?”- gli domandai riappoggiando la mia testa sul mio stomaco.
-“Perché sei importante!”- mi rispose.
Rimanemmo in silenzio.
-“È cominciato circa un anno e mezzo fa!”-.
-“Come facevi a sapere che pensavo di chiedertelo?”- disse stupito.
-“Lo sentivo!”-.
Sentivo che mi stava per chiedere quando fosse cominciata la mia anoressia.
-“I miei genitori sono sempre stati assenti, ma circa un anno e mezzo fa, sono quasi completamente spariti dalla mia vita. Io mi tormentavo. Vedevo i genitori delle altre ragazze sugli spalti a fare il tifo per loro alle gare. Io quando gareggiavo non vedevo nessuno. Nessuno acclamava per me. non riuscivo a capire il perché loro non c’erano. Pensavo di sembrargli grassa e quindi poco brava. Così smisi di mangiare. Per un periodo assumevo solo liquidi. Poi la mia allenatrice mi ha iscritta a tre sedute a settimana dallo psicologo. Mi ha aiutata molto e ho ripreso un po’ di peso, ma nell’ultimo periodo, quando ho interrotto le sedute, e quando c’erano le gare del campionato di serie A, ho smesso di mangiare un’altra volta. Tutti questi mesi, a scuola sono mancata perché ho continuato ad andare dallo psicologo. Ma io l’ho sempre saputo che non era il peso a non far venire i miei genitori alle mie gare, ma io ci ho provato lo stesso. Non ha funzionato. Cerco di mangiare ma proprio non ce la faccio. Se mangio mi sento in colpa. Ma non posso farci niente e non voglio mettermi due dita in gola per vomitare, perché so che dopo starò peggio. Io non voglio morire Zayn, ti prego aiutami!”- confessai tutto.
 
 
Si tirò su col busto e mi prese il viso tra le sue mani.
-“Io sono qui, ti aiuterò, ma tu promettimi che collaborerai a non lasciarti andare”-.
-“Si Zayn! Te lo prometto!”-. 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10. ***


Domenica mattina.
Una bella domenica mattina. Con il sole e anche calorosa.
Dalla sera prima in poi ogni giorno significava sforzarsi a mangiare sempre qualcosa in più, e con Zayn che mi dava supporto, avrei potuto metterci poco a riprende un minimo di peso.
 
La mia casa era vuota (sai che novità!). Se pure ci fosse stato qualcuno, non me ne sarei nemmeno accorta tanto ero abituata a stare sola. La mia giornata era sempre la stessa, ma con Carl e Zayn, stava cambiando e stava diventando un po’ meno monotona.
Carl mi faceva divertire e Zayn mi faceva stare bene. Non sapere se era meglio essere allegra o stare bene e essere felice. Le mie idee erano diventate un cumulo di pensieri. O pensavo troppo o pensavo troppo poco.
 
Aprii il frigo con la speranza di trovare del latte che potesse essere ancora commestibile, e poi vidi in dispensa se c’era qualche biscotto senza muffa.
Mentre stavo guardando per i biscotti, suonarono alla porta.
Andai a vedere ed era Carl.
-“Buongiorno! Ti disturbo?”- mi chiese gentilmente sorridendomi.
-“Nono come mai da queste parti?”- chiesi ricambiando il suo sorriso.
-“Mia nonna abita a più o meno sette isolati da qui, ma mio padre ha preso la mia auto e devo farmela a piedi. Comunque passando per di qui ecco i vestiti che mi hai prestato!”- disse porgendomi una busta.
-“Sono lavati e profumati!”- prosegui.
-“Non c’era bisogno che me li riportassi così in fretta ma grazie!”- dissi prendendo la busta.
-“Vabbe io vado!”- disse.
-“Aspetta … hai fatto colazione?”- chiesi senza pensare.
-“Si perché?”- rispose rigirandosi.
-“Ah beh fa niente!”- risposi.
-“No dai … perché?”- insistette.
-“Io ancora non la faccio ma qui a casa non c’è niente che non sia scaduto da tre mesi e stavo pensando di andare al bar. Ma tu hai già mangiato!”-.
-“Un bel cappuccino da Starbucks non mi dispiacerebbe comunque!”- completò sorridendomi.
-“Allora andiamo! Aspetta solo che mi prepari un pochino intanto accomodati!”- dissi spalancando la porta.
Andai in camera mia a mettermi qualcosa di più decente a posto del pigiamino con le paperelle. Che pigiama cretino.
Mi diedi una semplice pettinata e poi scivolai giù per quelle scale.
-“Andiamo?”- dissi andando verso la porta.
Lui annuì.
 
Dopo cinque minuti eravamo da Starbucks.
Ordinai un cappuccino e un cornetto mentre Carl sono un cappuccino.
Quando la cameriera me li portò, mi sembrò un’impresa a dir poco impossibile mangiare tutto.
Non mi dovevo sentire in colpa a mangiare. Dovevo pensare che senza cibo, dimagrendo così tanto, sarei potuta arrivare alla morte, e non volevo morire.
Così motivata un po’ da Zayn, un po’ dalla mia mente che stava cominciando a pensare che mangiare faceva bene, addentai il cornetto.
Ogni boccone che mandavo giù era un benessere. Pensando in quel modo riuscii a mangiare mezzo cornetto e a bere un quarto di tazza di cappuccino. Pensai comunque, anche se non avevo finito tutto, che andava bene così!
Carl finì tutto. Lo ammiravo!
 
Finimmo di mangiare e uscimmo dal locale.
Mentre uscivo mi scontrai con una persona. Alzai lo sguardo ed era Zayn.
-“Buongiorno Zayn!”- disse Carl come se volesse farsi accorgersi.
-“Buongiorno a tutti e due!”- rispose con un sorriso forzato.
Ci teneva ad aiutarmi. Si vedeva.
-“Cosa ci fai qui?”- gli chiese Carl solare.
-“Ero venuto a comprare la colazione a Phoebe ma vedo che l’ha già fatta!”- rispose guardandomi.
Io abbassai lo sguardo. In fondo non c’era bisogno di dare spiegazioni. O forse si.
-“Vabbe allora visto che hai mangiato me ne vado!”- disse riaprendo la porta e tenendola aperte per far uscire anche me e Carl.
-“Vabbe Phoebe io ti lascio devo scappare. È stato un piacere. Ciao!”- disse salutandomi schioccando un bacio sulla mia guancia.
Io lo salutai con un filo di voce e con la mano.
-“Che si fa”- dissi rivolta a Zayn.
-“Pensavo di fare colazione insieme a te ma a quanto pare!”-.
-“Scusa!”- dissi sussurrando.
-“Non ti devi scusare”- disse con voce seria.
-“Ti va di pranzare insieme?”- chiesi.
-“Volevo fare colazione insieme a te perché almeno stavamo insieme. A pranzo sto da mia nonna!”- rispose incamminandosi.
-“Ah beh … vorrà a dire che mangerò da sola!”- dissi guardando a terra.
-“Mi prometti che ti nutrirai da sola!”-.
-“Ci provo ma non ti prometto niente!”- dissi andando verso casa mia.
-“Ti ho chiesto di collaborare Phoebe!”-.
-“Lo so ma è difficile … sono piena con mezzo cornetto non credo di farcela!”- dissi mentre una lacrima mi rigò il volto fino alla bocca.
Contemporaneamente passò davanti a noi un signore in soprappeso, che si ritrovava davanti il peso di otto cocomeri.
Zayn si accorse che lo guardavo.
-“Non lo sto invidiando. Ho paura di diventare come lui!”- dissi ingoiando una lacrima.
-“Non diventerai come lui te lo assicuro! Ma non puoi lasciarti andare!”-.
-“Ho solo bisogno di un abbraccio a volte. Di un conforto. Di qualcosa di buono. Ma casa mia è sempre vuota. E vorrei cercarti anche a notte fonda, quando penso di sprofondare insieme al mio corpo minuto!”- dissi in cerca di conforto.
Zayn venne ad abbracciarmi. Lo strinsi al massimo, bagnandogli la maglia con le mie lacrime.
-“Che ne dici di venire a pranzo con me da mia nonna?”- mi chiese.
-“Non voglio sembrare sfacciata, ma sento che potrei accettare!”- risposi guardandolo negli occhi.
-“No tu devi accettare!”- disse asciugandomi gli occhi.
In quel momento mi sentii rassicurata. Avevo bisogno di un viso amico. L trovavo con Carl e con Zayn. Trovarlo in entrambi mi preoccupava.
 
Tornai a casa accompagnata da Zayn. Andai a cambiarmi mettendomi qualcosa di più “domenica”.
Cercai dei vestiti che non delineassero troppo il mio fisico che assomigliava più a quello di uno stecchino, che a un fisico di una ragazza di terzo liceo. Essendo una ginnasta però, niente era largo. La mia allenatrice me li sconsigliava nonostante era consapevole del mio fisico malandato.
Mi accontentai di qualche indumento da “domenica” un po’ stretto ma non troppo.
Mi pettinai decentemente mettendo la spuma ai capelli e mi truccai come facevo ogni giorno.
Pronta, presi il mio cellulare, e scesi giù per le scale per raggiungere Zayn che sedeva sul divano in salotto.
Appena mi vide si alzò e sbarrò gli occhi facendo un fischio.
-“Vado bene per una domenica dalla nonna?”- dissi scherzando.
-“Vai più che bene! Sei bellissima!”- mi rispose seguendomi con lo sguardo mentre scendevo giù per le scale.
Mi sembrava una di quelle scene dei film in cui la ragazza è attesa da un ragazzo al piano di sotto, e scende per le scale facendosi seguire dal ragazzo che la porterà al ballo. Peccato che in tutti quei film in cui c’è questa scena, accanto al ragazzo posteggiano in piedi mamma e papà della ragazza. Vicina a Zayn la mia cagnolina si grattava un’orecchia.
-“Siamo pronti per andare?”- mi chiese Zayn.
-“Prontissimi!”- risposi annuendo.
La mia paura era quella di sembrare malata agli occhi dei genitori e della nonna. Tuttavia lo ero, ma non volevo sembrarlo più di tanto.
 
 
Mi aspettavo una casa grande, con un bel giardino fiorato e profumato, e una piscina enorme sul di dietro, per quanto riguardava l’abitazione della nonna. In effetti quando arrivai era così.
La casa era più piccola di quanto mi aspettassi, ma la piscina superava di molto quella che si immaginava la mia mente.
La nonna doveva avere molti altri nipoti oltre a Zayn, e di per giunta anche più piccoli perché la piscina era munita di scivoli colorati, vasca idromassaggio e una cascata.
Rimasi impalata a guardarla.
-“Non ti ho detto di portare il costume!”- mi disse Zayn parlando nel mio orecchio.
-“Che?”-.
-“Che ti aspetti che ti faccia solo mangiare e non divertire? Ti darò un costume di una mia cugina!”- disse dirigendosi verso la porta.
-“Ma fa freddo!”- dissi cercando di fargli cambiare idea.
-“La piscina è riscaldata e poi appena usciamo … la vedi quella porta lì?”- mi disse indicando una porta. Io annuii.
-“Bene quando usciremo lì c’è tutto il necessario per asciugarsi subito e non prendere freddo, quindi non ti puoi inventare scuse!”- continuò senza permettermi di replicare.
Se avessi avuto u po’ di ciccia in più non mi sarei fatta problemi a farmi un bel tuffo in quella piscina invitante, ma dato che ero pelle e ossa mi vergognavo dei giudizi che avrebbero potuto avere i parenti di Zayn, sul mio fisico ancora più magro di una modella.
 
Entrai in casa nascosta dietro le spalle di Zayn.
La casa era molto bella. Nonostante l’esterno fosse moderno, l’interno rispecchiava l’abitazione di una semplice vecchietta che ama starsene vicino al fuoco e fare l’uncino.
Tutto era semplice. Non c’erano vasi preziosi, diademi e ornamenti in platino, ma delle semplici piantine, sedie normali, centrini di pizzo, un lavandino normale, una cucina semplice senza lavastoviglie, un bagno senza una vasca enorme e un televisore piatto come quelle che hanno le case delle persone più umili. Certo, era una casa di dimensioni enormi, ma era arredata in modo semplicissimo. E l’arredamento rispecchiava la persona della nonna di Zayn.
Una donna curata, ma vestita in modo semplice, che guarda da vent’anni la telenovelas di “Beautiful” e il tg quando è sera. Era una connetta semplice, senza lustrini e pagliette sui vestiti, ma con un semplice canovaccio sulla spalla, e un grembiulino colorato.
Zayn la salutò con un bacio sulla guancia e la donnina lo guardò innamorata. Zayn mi presentò a sua nonna che gli chiese se ero la sua fidanzata.
Zayn abbassò lo sguardo arrossendo rispondendo di no, mentre io avrei voluto sinceramente rispondere, non ancora.
I genitori di Zayn già li conoscevano ed erano entrambi adorabili e soprattutto presenti nella vita del loro unico figlio.
Ci sedemmo a tavola.
Non era apparecchiata con bicchieri di cristallo e posate d’argento, ma con piatti di coccio e bicchieri bassi.
Ma andava più che bene. Era tanto che non provavo l’emozione di mangiare in famiglia. Era piacevole stare con loro.
-“Allora ragazza non mi ricordo … come hai detto che ti chiami?”- mi chiese sorridendo.
-“Mi chiamo Phoebe!”- risposi garbatamente.
-“Che bel nome!”- rispose.
Io sorrisi.
Zayn mi guardò sorridendo.
-“Allora Zayn, è la tua fidanzata?”- chiese di nuovo.
-“Siamo … amici! Buoni amici! Anche se …”- disse guardando il suo piatto.
Sottovoce io sentii dire “Anche se è molto importante!” ma feci finta di non capire. Anche lui era molto importante.
-“Anche se?”- chiese la nonna masticando la pasta.
-“Niente, senza anche se!”- concluse rialzando lo sguardo.
-“È un peccato. È una ragazza molto bella. E gentile anche. Non come l’altra. Come si chiamava? Tarly? Titti? Tarly…”- tentò di indovinare il nome.
-“Taylor!”- rispose Zayn.
-“Ecco si… Non come Taylor!”- disse infine.
Non aveva mai sentito quel nome. Sicuramente era quella che l’aveva lasciato da poco che l’aveva tradito con un altro, e poi lui per ripicca si era fatto Claudia nel bagno della scuola.
Finimmo di mangiare allegramente.
 
Dopo pranzo arrivarono anche gli zii e i cugini di Zayn. Tutte persone solari e simpatici. Mi davano molta confidenza ma non erano invadenti.
Aiutai a sparecchiare la donnina.
Finito di sistemare la cucina mi sedetti al tavolo in cucina, e vidi una foto. Era molto bella. C’erano una donna e un uomo che si baciavano. Dovevano essere i nonni di Zayn dato che era una foto in bianco e in nero.
-“È bella vero?”- mi chiese vedendomi sorridere alla vista di quella foto.
-“Molto!”-.
-“Era mio marito!”-.
-“L’avevo intuito!”-.
-“Assomiglia a Zayn!”- disse sedendosi accanto a me e prendendo in mano la foto.
Io annuii. Era vero si assomigliavano.
-“Ti piace mio nipote vero?”- mi chiese sorridendomi.
-“È complicato! Non sono una ragazza semplice da amare!”- dissi con un velo di malinconia.
-“Nemmeno io lo ero. Eppure abbiamo avuto una bella storia d’amore!”- mi rispose.
Gli si illuminarono gli occhi.
-“Ti va se me la racconta?”- le chiesi incuriosita.
-“Ovviamente!”- rispose accomodandosi meglio.  
Strinse la foto accuratamente nelle sue mani e si schiarì la voce.
-“Erano i tempi della Guerra Fredda. Io avevo diciotto anni e lui venti. Mi ero trasferita in Germania con la mia famiglia  già da tempo, e i nostri vicini di casa era un semplice famigliola contadina che ci dava confidenza. Il padre di famiglia raccontava di avere un figlio su per giù della mia età che stava tornando dalla Russia, in cui era andato a combattere come soldato statunitense.
Si erano trasferiti anche loro da poco in quel Paese che cadeva a pezzi. Io mi immaginavo come potesse essere questo ragazzo, ma quando lo vidi, per la prima volta, il suo aspetto superò di gran lunga le mie aspettative. Fu un colpo di fulmine per entrambi, in quanto due mesi dopo ci fidanzammo. Era solo l’inizio della Guerra.
A fine luglio fu inviato dall’altra parte della Germania per fare una cosa con l’esercito.
Disse che ci voleva poco tempo. Il 13 agosto un muro venne costruito e lui si ritrovava dall’altra parte. Provò inizialmente a fuggire dalla mia parte, quella occidentale, ma non ci riuscì anche se ci provò in tutti i modi. Il 20 settembre mi arrivò una lettera. Era lui. Mi diceva di andare tutti i giorni, alle dieci di sera in un posto, dove lui si sarebbe fatto trovare dall’altra parte del muro. Parlammo per dieci anni in quel modo, finché una guardia ci scoprì e lui rischiò la morte. Decidemmo così, se Dio lo avesse voluto, che ci saremmo rivisti quando la Guerra era finita.
Finalmente il 9 novembre 1989, quell’oppressione che ci divideva cadde.
Ci rincontrammo il 20 novembre e decidemmo di sposarci. È morto l’anno scorso di cancro ma ho ringraziato Dio che ci ha fatto ritrovare!”- disse commuovendosi.
-“È una storia molto commuovente signora! Non immagino come ci si sentiva! Perché poi siete tornati qui?”- chiesi.
-“Era la nostra terra natia, e non volevamo stare in quel paese nazista!”- rispose.
Ad un tratto Zayn arrivò in cucina.
-“Vi disturbo?”- chiese sorridente.
-“No caro! Ora è tutta tua!”- rispose la donna al nipote.
Zayn mi chiamò fuori.
-“È ora del bagno cara mia, i miei cugini si sono già tuffati!”- disse indicandomi la piscina.
-“Zayn io mi vergogno!”- dissi guardando il mio fisico.
-“La mia famiglia non è di pregiudizi!”- disse confortandomi abbracciandomi.
Mi diede il costume di una sua cugina. Andai a guardarmi allo specchio e solo in quel momento mi accorsi del male che mi stavo facendo da sola.
Uscii all’aperto dove faceva abbastanza caldo. Mi infilai in piscina piano piano dalle scalette mentre Zayn si buttò dal trampolino. L’acqua era gelida!
Zayn arrivò da dietro e mi abbracciò. Io mi accucciai.
I suoi cugini erano simpaticissimi e mi avevano già preso in simpatia. Stavo provando per la prima volta, cosa voleva dire stare in famiglia. Era una famiglia unita e si appoggiavano l’uno con l’altro. Avrei voluto fare una foto e dire a tutti che quella era la mia famiglia.
 
 
Sentendo freddo uscii dall’acqua e andai in quella stanza che mi aveva detto Zayn a cambiarmi.
Fui un lampo cambiandomi in cinque minuti. Non volevo vedere ancora per molto, il mio corpo minuto scoperto. Con i vestiti addosso mi sentivo a mio agio. Tuttavia mi ero divertita in piscina!
Le chiacchiere con tutti i familiari di Zayn susseguirono la piscina. Erano persone adorabili e non avevano mai parlato del mio fisico, nonostante ormai credo lo sapessero, dato che avevano visto la mia pancia larga 10 cm.
Chiacchierando si erano fatte le sette e Zayn mi portò via, anche se tutti i suoi parenti rimasero lì. Salutai tutti che ricambiarono affettuosamente. La nonna mi disse di tornare quando volevo.
 
 
Mi portò in pizzeria. Ordinò per me una pizza margherita.
-“Mi piace stare con la tua famiglia è molto simpatica!”- dissi tagliando la pizza.
-“Ci sono io! Ovvio!”- rispose lui addentando la sua.
-“Certo è arrivato lo splendore!”- dissi mozzicando la mia.
-“Vuoi dire che non lo sono!?”- disse guardandomi con un sopracciglio alzato.
Dissi di no con la testa.
-“Senti hai qui davanti Mr Perfezione…”- disse gesticolando con la pizza in mano mentre ridevo-“Mr Perfezione con i capelli perfetti, con un ottimo senso dell’umorismo e …”- si interruppe quando gli cadde un pezzo di pomodoro sulla maglietta bianca.
-“E sei un perfetto imbranato!”- continuai io ridendo a crepapelle.
Continuammo per tutta la serata ridendo e divertendoci, e non mi accorsi di aver mangiato metà pizza. Accanto a Zayn, non pensavo a quello che ingerivo perché non mi faceva pensare al mio peso. Con lui era tutto più spontaneo, io ero diversa!
Mi sentivo felice ma soprattutto accettata. Non aveva pregiudizi su di me e questo mi rendeva più che felice. Senza di lui mi sarei sentita persa.
 
A fine serata mi riaccompagnò a casa.
-“Stai facendo dei progressi Phoebe! Hai mangiato metà pizza, visto che non è così difficile?”- disse prima che io scendessi.
-“Già!”- stavo per aggiungere qualcosa ma decisi di rimanere zitta.
-“Vedrai che con questo passo guarirai presto!”- disse accarezzandomi il volto avvicinandosi verso me.
-“Lo penso anche io!”- risposi abbassando la voce e guardando la sua bocca avvicinarsi sempre di più alla mia.
Non so perché ma mi tiravo indietro.
-“Scusa ma si è fatto tardi!”- dissi distogliendo i miei occhi da lui.
-“Si è vero è stata una giornata piena!”- affermò lui ritirandosi su col busto e mettendo le mani sul volante.
Avevo perso il mio bacio.
-“Beh … allora buonanotte Zayn!”- dissi sorridendo.
-“Buonanotte Phoebe!”- rispose lui guardando le sue mani alle dieci e dieci sul volante.
Mi avvicinai a lui e gli stampai un bacio sulla guancia.
-“Ciao…”- dissi abbassa voce scendendo dalla macchina e chiudendo la portiera.
Ma che cosa avevo fatto?
A che cosa avevo rinunciato?
 
Entrai in casa. Era tutto buio.
Senza accendere la luce me ne andai in camera.
Mi buttai sul letto vestita fissando il soffitto.
Mi toccai le labbra. Quelle labbra che non si erano toccate con delle altre.
Ero timorosa.
Perché avere paura di uno come Zayn?
 
 
 
Spazio autrice.
So che la famiglia di Zayn non rispetta quella vera, ma spero vi piaccia anche così. Grazie a chi recensirà e a coloro che hanno messo tra le preferite la mia storia!
Bacii!!

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Capitolo 11
*** Capitolo 11. ***


 

Ci sono quelle mattine, in cui ti svegli e sembri svegliarti da una favola.

Non mi capitava da molto.

Ma quella mattina sembrava come se venissi da un mondo parallelo, dove esiste il principe azzurro, cascate d’acqua, fiori di tutte le varietà, il profumo del pane fresco, e donnine che lavano i panni alla fontana. Una favola stile “Barbie e il lago dei cigni”.

Ecco. Quella mattina mi svegliai come se fossi appena tornata da lì.

Avevo sognato di stare in uno di quei paesaggi con Zayn.

Io e lui da soli. È difficile dire con precisione che cosa facevamo.

Parlavamo e ridevamo. Niente di più complicato. In fondo le cose più semplici sono quelle più belle.

 

 

Mi alzai dal letto con una voglia sfrenata di andare a scuola e vederlo.

Mi sforzai di mangiare qualche biscotto e fare qualche sorso di latte. Tuttavia riuscii a fare una colazione differente da quel niente che mangiavo tutte le mattine precedenti.

Mi lavai, mi vestii, mi truccai e in tutta velocità mi diressi a scuola, puntuale per la prima volta nella mia vita.

Al piazzale non c’era quasi nessuno a parte quei secchioni che non vedevano l’ora che quelle porte si spalancassero.

Io non vedevo l’ora che arrivasse.

Aspettandolo, mi sedetti sul muretto guardando nella direzione dove lui di solito arrivava. Poi abbassai lo sguardo sul mio telefono.

Dopo un po’ alzai lo sguardo e di sfuggita vidi Zayn, così continuai a guardare il cellulare, ma dopo aver realizzato che era lui alzai di scatto il mio sguardo e mi alzai.

C’era una cosa che non avevo visto.

Claudia era vicino a lui. Gli faceva la civetta a torno e lui le sorrideva.

Con le lacrime agli occhi andai all’entrata posteriore della scuola.

Non volevo farmi vedere. Correvo per raggiungere il più velocemente la parte dietro mentre sentivo che Zayn mi chiamava.

Feci finta di non ascoltarlo e continuai a correre.

Girando l’angolo andai a finire contro qualcuno.

-“Dove vai correndo?”- mi disse una voce familiare che mi fermò per le spalle.

Alzai lo sguardo e vidi Carl.

Asciugai velocemente le lacrime.

-“Chi?”- dissi girando la testa a destra e a sinistra.

-“Come chi Phoebe? Tu!”- rispose Carl.

-“Ah beh io … io … io stavo solo evadendo dalla realtà!”- dissi agitandomi portando le mie mani sulla fronte.

-“Sicura di stare bene Phoebe?”- mi chiese guardandomi.

-“Si sto bene tu?”-.

-“Perché dovrei stare male?”-.

-“Beh ti ho scontrato magari ti ho fatto male!”- dissi guardandolo. Notai solo allora che aveva degli occhi splendidi.

-“Non mi hai fatto male tranquilla!”- mi disse accarezzandomi la spalla.

-“Ah eccoti qui!”- disse ad un tratto Zayn che spuntò alle mie spalle con il fiatone.

-“Buongiorno Zayn!”- disse gentilmente Carl.

-“Buongiorno Carl!”- rispose sorridendo lui.

-“Io vi lascio ci vediamo in classe Phoebe!”- disse andandosene salutandomi con la mano.

Lo seguii con lo sguardo dopodichè mi girai a guardare Zayn.

-“Mi sono appena liberato da quella piattola!”- disse sorridendomi una volta che Carl avesse girato l’angolo.

-“Piattola?”- chiesi ancora con gli occhi bagnati.

-“Si Claudia!”-.

-“Ahh!”- risposi scostante.

-“Cos’hai?”-.

-“Diamine non ho niente! Questa giornata è cominciata male!”- dissi andando via.

Lo lasciai da solo. Vederlo con quella lì mi aveva messo di cattivo umore.

Entrai a scuola e mi sedetti vicino a Carl.

Quella mattina avevamo Climt. Ci portò in sala video a vedere un esperimento di chimica che avremmo dovuto rifare in classe.

-“Allora ragazzi prestate molta attenzione a questo filmato!”- disse col solito tic all’occhio e la “s” moscia.

Carl lo imitò e io cercai di soffocare la mia risata.

-“Sei molto bravo a imitarlo!”- dissi a bassa voce cercando di non ridere.

-“Visto?”- mi rispose.

Il video cominciò e cercai di stare attenta. Capii tutto perfettamente e ero pronta a rifarlo.

Finito il video andammo in laboratorio a rifare l’esperimento.

Mi accorsi che Mary non c’era.

Proseguii l’esperimento insieme a Carl che giocava con le provette.

-“Carl aiutami invece di giocare!”- dissi.

-“Si scusa hai ragione!”-.

A fine lezione l’esperimento riuscì a pieno. Il professore si stupì e annotò qualcosa sul suo quadernino.

L’ora successiva venne il professor Perez di spagnolo che mi interrogò alla lavagna.

Mi fece coniugare un verbo al condizionale e mi fece scegliere un verbo a mio piacere.

Amare. Amare era il verbo che quel giorno si addiceva a me. Amare era sinonimo di piangere. Quel giorno per amore avevo pianto. Se amare era un gioco, all’ora andavo verso la morte.

Tornai a posto e il professore mi disse che ero stata brava.

Quel giorno stavo tirando il meglio di me in tutte le materie e ne ero felice. Potevo recuperare.

L’unica cosa era che avevo incessantemente Zayn nei miei pensieri.

Che fosse stato il pensiero di lui, a permettermi di fare le cose bene?


 

Finite le tre ore andammo a mensa.

Zayn non c’era fuori dalla mia classe.

-“Hai fame?”- mi chiese Carl.

-“Non molta!”- risposi abbassando lo sguardo.

-“Vabbe andiamo a mensa insieme dai!”- disse sorridendomi.

Andai con lui a mangiare con la consapevolezza che senza Zayn non avrei mangiato niente.

Fu così. Il mio vassoio rimase pieno.

-“Cerca di mangiare altrimenti non arriverai a fine giornata!”- mi disse Carl indicando con la sua forchetta il mio piatto pieno.

Aveva ragione. Dovevo sforzarmi.

Mangiai controvoglia un po’ della mia pasta dopodichè mi sentii piena e poggiai la forchetta.

-“Non mangi più?”- mi chiese Carl mentre metteva in bocca un’altra forchettata di pasta.

Feci di no con la testa.

Accarezzai la mia pancia magra e vuota.

Zayn dove sei?

Mi alzai da tavola scusandomi e andando in bagno. Sentivo che dovevo vomitare.

Correndo verso il bagno Zayn mi prese per un braccio e mi fermò.

-“Phoebe dove corri?”- mi chiese preoccupato.

-“Devo vomitare!”- risposi mettendo la mano sulla bocca, liberandomi della presa forte di Zayn e correndo verso il bagno.

Vomitai quello che avevo mangiato.

Mi sedetti a terra strusciando la schiena addosso al muro.

-“Phoebe stai bene?”- mi disse Zayn entrando nel bagno delle ragazze.

Le lacrime rigarono il volto.

-“Ultimamente piango molto Zayn!”- dissi ingoiando qualche lacrima e singhiozzando.

-“E allora?”- chiese lui accovacciandosi.

-“Io non piango mai”- risposi guardando i suoi occhi profondi che si illuminavano.

-“Sono debole”- continuai con la voce rotta dal pianto.

-“Piangere non è sinonimo di debolezza. Piangere vuol dire sfogarsi”-.

Abbassai lo sguardo.

-“Ehi”- disse tirandomi su il viso costringendomi a guardarlo-“ Guardami! Ti fidi di me?”- disse sorridendomi.

-“Due minuti prima sono felice con te, ma due minuti dopo credo di averti perso!”- risposi asciugandomi gli occhi.

-“Era un si o un no?”- disse allontanandosi.

-“È un si ma a volte mi sento dannatamente abbandonata da te!”- risposi cadendo ancora di più nelle mie lacrime.

-“Io sono qui Phoebe! Sono qui!”- disse abbracciandomi e cullandomi tra le sue braccia.

Potevo davvero fidarmi di lui? Ci sarebbe stato quando ne avrei avuto più bisogno?

Avevo la testa maledettamente confusa.

-“Phoebe sei scappata e non sei più tornata… Stai bene?”- disse Carl irrompendo nel bagno col fiatone.

-“Si sto bene grazie!”- risposi asciugandomi le ultime lacrime.

Zayn si alzò.

-“Vi lascio… ciao!”- disse Zayn sembrando infastidito.

-“Se stai bene perché piangi?”- mi chiese Carl.

-“È solo una brutta giornata ma sto bene!”- risposi alzandomi da terra.

Carl mi abbracciò. Lo strinsi stringendo la sua maglia.

-“Tutto si sistema!”- disse lui.

Prima o poi….

 

Tornammo in classe.

Le ultime tre ore furono un inferno per me. Ero distratta, mi veniva da piangere, ed ero preoccupata per Zayn, che se ne era andato in quel modo dal bagno e per Mary che non mi aveva fatto sapere niente.

Erano rimaste due settimane alla fine della scuola. Poi me ne sarei andata con Mary in Irlanda.

Una vacanza mi avrebbe fatto di sicuro bene.

 

Uscii da scuola che pioveva.

Mi fermai un po’ in biblioteca a studiare per quel che potevo, dopodichè decisi di andare a farmi un giro sotto l’ombrello.

Presi i mio telefono senza messaggi e senza chiamate, e sentii un po’ di musica con le cuffiette.

In quelle giornate tristi, mi veniva voglia di ascoltare Tiziano Ferro, un cantante italiano che nelle giornate grigie sapeva come farmi sorridere almeno la metà.

Proprio ascoltando lui, mi fermai davanti una vetrina di musica, dove vendevano il suo ultimo CD. Mi sarebbe piaciuto comprarlo.

-“Bu!”- disse qualcuno alle mie spalle facendomi sussultare.

-“Dio Carl, mi hai spaventata!”- dissi con la mano sul cuore.

-“Scusami! Non pensavo ti saresti spaventata così tanto!”- disse appoggiando la sua mano sulla mia spalla.

Io gli sorrisi.

-“Cosa facevi?”- mi chiese.

-“Guardavo la vetrina di musica!”- dissi indicando il vetro.

-“Ti piace la musica italiana?”- disse guardando il CD di Tiziano Ferro.

Io annuii.

Guardò il suo orologio. Le tre e mezza.

-“Che hai da fare?”- mi domandò.

-“Io niente … merenda insieme?”- dissi sorridendo.

-“Esattamente quello che pensavo!”- disse ridendo.

Ci dirigemmo verso una pasticceria.

Presi volentieri un pezzo di torta che tuttavia mangiai poco.

-“La giornata storta è svanita?”- mi chiese.

-“Non proprio ma ci sto lavorando!”- dissi pulendomi la bocca col tovagliolo.

-“Sei con Carl ora! Con Carl non puoi essere triste! Con Carl puoi solo ridere! Con Carl non puoi avere un peso sopra al cuore! Con Carl devi solo sorridere!”- disse buffamente imitando ancora il signor Climt.

Io scoppiai a ridere. Quell’imitazione gli riusciva alla perfezione.

-“Sei stupenda! Sei bellissima! Sei fantastica! E se non sorridi Climt ti mangerà!”- continuò.

-“Ahahahahahahahahah basta basta ti prego, mi fai venire mal di pancia!”-.

-“Ahahahahahahah sono bravo ammettilo!”- disse gesticolando con il suo bigné.

Annuii sorridendo.

-“Con il tuo si della testa vuoi dire che non è vero? Io sono il re della risata, il top del top del sorridere”- disse continuando a gesticolare con il suo bigné-“ Non puoi dirmi di non essere simpatico, non puoi non ridere…”- continuando allo stesso modo, gli cadde la crema sulla maglia.

Quella scena mi ricordò Zayn. Era successa la stessa cosa con lui, solo con la pizza.

Il ricordo di quella scena mi mise malinconia.

-“Okok ora basta!”- dissi ridendo ancora un po’.

Finì il suo bigné, pagammo e uscimmo.

Ci andammo a sedere a una panchina, vedendo prima se non era bagnata.

Non lo era, fortunatamente, così ci sedemmo.

-“Se ti dico di aspettarmi qui che devo fare una cosa veloce, tu non te ne vai vero?”- mi disse.

Io annuii divertita sorridendo.

Passarono cinque minuti, e Carl tornò con una bustina in mano.

-“Ecco è per te!”- disse porgendomela.

-“Che cos’è?”-.

-“Apri!”- mi esortò.

Aprii il pacchettino e trovai il CD che guardavo prima.

-“Non dovevi perché l’hai comprato?”- dissi sorridendo compiaciuta.

-“Si vedeva che lo desideravi! Così te l’ho preso!”-.

-”Grazie molte è bellissimo!”- risposi abbracciandolo.

Lui mi strinse forte.

Erano belli i suoi abbracci quando ne avevo bisogno.

Ma io ne avevo davvero bisogno?


 

Dopo aver chiacchierato un altro po', rientrai a casa.

Zayn non si era fatto sentire e io incominciavo a preoccuparmi.

Di solito alle quattro veniva sempre. Era anche vero che quel giorno alle quattro io non ero in casa, ma sicuramente mi avrebbe chiamata.

Rimasi seduta sul divano, con lo sguardo fisso verso la televisione spenta, aspettando che qualcuno mi chiamasse. Aspettavo che quel qualcuno fosse lui.

Ero diventata paranoica nel giro di venti minuti che fissavo il vuoto. Avevo cominciato a farmi brutte idee, e più ci pensavo più mi veniva da vomitare.

A distogliermi dai miei pensieri, fu il suono del campanello.

Mi precipitai di corsa alla porta. Mi tranquillizzai quando davanti a me, vidi la figura sorridente di Zayn.

Mi catapultai al suo collo per abbracciarlo.

Lui mi abbracciò lasciando a terra le buste che teneva in mano.

-”Chi ha fame di lasagna appena sfornata?”- disse mostrandomi la teglia.

-”Ioo!”- dissi con enfasi guardando l'ora.

Le sette e mezza. Quanto tempo era passato??

Apparecchiai la tavola.

Quella lasagna era deliziosa. A piccoli passi, ne lasciai giusto tre bocconi.

-”C'è spazio per il dolce?”- mi chiese Zayn mostrandomi due tartufi bianchi.

-”Tartufo bianco?”- dissi sorridendo-”è il mio preferito!”-dissi prendendo dei cucchiaini-”Non mi entra più niente, ma devo sforzarmi!”- dissi infine.

Ci sedemmo sul divano.

-”Com'è che hai scelto proprio me?”- dissi giocando col cucchiaino.

-”Come?”- rispose con una domanda guardandomi.

-”Perché hai scelto proprio me?”- ripetei.

-”Per fare cosa?”-.

-”Tutto questo. Perché hai scelto proprio me, come persona da far stare bene? Perché proprio a me stai dando tutto questo tempo?”- dissi.

-”Non c'è un motivo per cui ti ho scelta! È stato destino. È stato il destino che ci ha fatti incontrare. Io credo nel destino e se è stato proprio lui a farci conoscere, lo ringrazio di cuore. Non so se sono in grado di starti vicino, ma è quello che voglio. Io voglio stare qui!”- disse con tono quasi rotto dal pianto.

-”E io voglio che tu non te ne vada!”- continuai abbracciandolo fortemente.

Fu l'abbraccio più lungo che gli diedi.

Chiacchierando e ridendo si fece un po' tardi. Decisi di accompagnarlo in macchina, nonostante lui avesse detto di no perché era buio.

Aveva percheggiato vicino a cassonetti dell'immondizia. Passando la davanti, sentii un miagolio. Anche Zayn lo sentì così decidemmo di guardare incuriositi.

Trovammo un gattino. Era bellissimo: tutto bianco con in baffi e la punta della coda neri, e i suoi occhioni celesti.

-”Non possiamo lasciarlo qui!”- disse Zayn.

-”Non ti facevo così!”- dissi prendendo il micio in mano e ridendo.

Tornammo dentro casa.

In una ciotolina, mettemmo un po' di latte fresco. Lo bevve tutto.

Gli diedi del pane, che mangiò anche quello.

-”Se mangia il pane significa che ha davvero fame!”- notò Zayn.

-”Sei molto affettuoso!”- dissi compiaciuta.

-”Adoro gli animali!”-.

-”Lo teniamo? Sarà il nostro micetto!”- dissi con gli occhi da cucciolo.

-”Questa è casa tua decidi tu!”-.

-”Allora lo teniamo!”-.

Sorrise.

-”Dobbiamo dargli un nome!”- esclamò.

-”Zoe! È un po' un miscuglio tra i nostri nomi!”-.

-”Allora è una micetta!”- osservò.

Per dedurre con sicurezza che era femmina controllò.

-”Si è femmina, che Zoe sia!”- rispose.

Quella gattina era molto carina. Dormiva tra le mie braccia serenamente.

-”Avrò cura di te Zoe. Avrò cura anche di te Phoebe!”- disse infine Zayn guardandomi con dolcezza. 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12. ***


 

Vi consiglio di leggere questo capitolo con il sottofondo di questa canzone: http://www.youtube.com/watch?v=Ss0kFNUP4P4.

 

Una giornata libera. Si mi piaceva.

Quel giorno a scuola ci sarebbe stata la giornata della creatività. Si trattava di un giorno in cui c'erano diversi corsi creativi, come pittura, estetismo, punto croce, corsi di musica, di lettura, recitazione, di cheerleading e molte altre cose. Tutti questi corsi erano diretti da noi studenti.

Mary era tornata. Lei dirigeva il corso di cheerleading. Anche se era mia amica, non scelsi il suo corso, nonostante mi avesse supplicata di seguirlo. Non mi piaceva il cheerleading e nemmeno cheerleader, Mary esclusa.

Decisi così di seguire il corso di pittura, diretto da una ragazza.

Avrei voluto creare il mio corso di ginnastica, ma il professore di educazione fisica non me lo permise data il litigio che avevamo avuto. Stronzo!

Al corso c'era anche Carl.

La ragazza era molto simpatica: si chiamava Ally, era tranquilla e aveva una bellezza immane, ma non se la tirava affatto.

Ci disse di provare a dipingere qualcosa di astratto, qualcosa che rispecchiasse il nostro stato d'animo, qualcosa che rappresentasse i nostri sentimenti.

Avrei dovuto dipingere tutto di nero. Zayn e Liam seguivano il corso di canto, nonostante facessero entrambi parti della squadra di football della scuola.

Disegnai delle linee che si intrecciavano tra loro, alcune di nero e rosso, e ogni tanto quelle linee componevano immagini astratte, e nascondevano tra loro un significato di tristezza e amore.

-”Bello!”- mi disse Carl guardandolo.

-”No fa schifo!”- dissi ridendo.

-”È particolare!”- affermò posando i suoi occhi di nuovo sul suo dipinto.

Era bello. Delle macchie di colore posate qua e là sul foglio.

-”Il tuo è molto bello!”- dissi sinceramente.

-”Devo ammettere che è particolare, ma non per questo sono Giotto!”- disse con un velo di ironia.

Guardai più attentamente una parte della tela. Nascondeva una “P”.

P come Phoebe?

-”Qui … c'è una P!”- dissi indicando.

-”Si!”- disse arrossendo-”Una P come Phoebe! Questo disegno mi fa pensare a te!”- continuò guardandomi.

-”È fantastico!”- ammisi sorridendo.

Rimanemmo a guardarci per un po'. Carl era davvero bello, i suoi occhi brillavano di azzurro. Mi ci perdevo ogni volta che li guardavo.

-”Ehi ma cos'hai qui?”- mi chiese ad un tratto puntandomi il pennello sporco di verde sulla mia guancia, disegnando una linea.

Intinsi il mio pennello nell'arancione.

-”La stessa cose che hai tu qui!”- gli risposi segnando una linea spessa sul suo naso.

Prese l'azzurro con il dito.

-”Guarda hai qualcosa anche qui!”- disse accarezzandomi l'altra guancia.

Intinsi indice e medio rispettivamente nel viola e nel celeste, e puntai i polpastrelli sotto gli occhi, lasciandoli scivolare per creare delle linee delicate sotto gli occhi.

Eravamo vicini. Ci eravamo avvicinati. Guardavo i suoi occhi intensi. I suoi occhi brillanti.

-”Ragazzi ci siete?”- chiese la voce pacata della ragazza che dirigeva il corso.

-”Si!”- dissi a bassa voce sorridendo.

Con lo stesso sorriso guardai Carl che già mi guardava nella mia stessa maniera.

Il suo sorriso mi mandava in uno stato di trance. Mi svegliai da quello stato di coma totale, quando Carl mi porse un fazzoletto bagnato per rimuovere il colore dalle nostre facce.

“Che rischiando di sbagliare prova a chiedersi per prima cosa sia quella persona veramente”.

Quello sguardo mi aveva fatto porre quella domanda, quella frase di una canzone di Tiziano Ferro nel CD che mi aveva regalato Carl il giorno prima.

Cos'era per me veramente? Perché mi scatenava tutte quelle emozioni quando stavo con lui? Perché mi faceva ridere e stare bene?

Mi aveva confuso le idee, e solo in quel momento me ne resi conto. Stavo bene con lui, tanto quanto stavo bene con Zayn, ma con chi veramente mi sentivo protetta?

Erano entrambi dei ragazzi dolci e disponibili per me, ma chi davvero mi avrebbe fatto del bene?

Quel ragazzo mi aveva provocato tutte quelle idee confuse che io, non avevo la forza di mettere in ordine.

Le avrei dovute riordinare prima o poi, se non sarei voluta rimanere confusa per sempre.

 

Dopo tre ore di pittura uscimmo ridendo dall'aula. Zayn era lì fuori.

Chi tra loro due Phoebe? Chi tra loro due?

Quella era la domanda che mi trapanava il cervello.

Con nessuno dei due, in quel momento con nessuno dei due.

Andai in mensa con Mary, scusandomi con entrambi.

-”Com'è andato il tuo corso?”- le chiesi prendendo il vassoio.

-”Bene, tutte si sono divertite, anche tu lo avresti fatto se saresti venuta!”- mi rispose con enfasi.

-”Già, forse era meglio che fossi venuta al tuo corso!”- dissi andando insieme a lei a sederci in un tavolo non occupato.

-”Cosa vuoi dire?”- chiese confusa spostandosi una ciocca di capelli castani dietro il suo orecchio.

Mi misi seduta.

-”Ho giocato con le tempere con Carl, e tutto questo mi sta confondendo!”-.

-”Come fanno delle tempere a confonderti tesoro?”- mi domandò con una faccia a punto di domanda.

-”Non le tempere scema! È giocare con lui che mi ha confusa!”- risposi divertita.

Rise.

-”Stavamo giocando con le tempere, e in poco tempo mi sono ritrovata a guardare il suo sguardo meraviglioso. Mi sono persa nei suoi occhi splendenti!”- dissi con la faccia compiaciuta-”Con Zayn sto una meraviglia, mi sento bene, mi fa divertire, ma mi sento allo stesso modo quando sto con Carl! Non so quale dei due mi fa sentire meglio!”- continuai guardando in direzione prima di Zayn e poi di Carl. Mi guardavano entrambi.

Sospirai.

-”Devi capirlo tu! Ti posso solo dire che a Zayn piaci!”- mi accarezzò una guancia.

-”Come lo sai?”- chiesi a bocca aperta.

-”Non me l'ha detto nessuno testona. Non lo vedi in che modo ti guarda quando siete insieme? Non lo vedi in che modo affettuoso ti sorride e ti sta accanto? Carl è un ragazzo fantastico. Ti guarda alo stesso modo. È innamorato anche lui e si vede. Devi decidere tu, per chi vale la pena soffrire!”- mi consigliò.

L'abbracciai. Le sue parole mi aiutavano sempre, nonostante fossi ancora confusa.

Tutti quegli stati d'animo mi mettevano in confusione.

Non ero abituata a essere amata, e per una volta che lo ero, lo ero da due persone. Non rispecchiava la normalità ovviamente. Ma dopo tutto, io non ero mai stata normale.

Tutti gli avvenimenti della mia vita, mi avevano segnata passo dopo passo, e avevano permesso la mia formazione, che pur avvenendo prematuramente, aveva fatto si che io fossi quella che ero.

Ero sbagliata. Se amore voleva dire amare e essere amati, stavo sbagliando qualche forma nella prima parte.

Se guardavo Zayn vedevo amore, e se guardavo Carl lo vedevo lo stesso.

Amare incondizionatamente l'altro, era quella la regola principale per amare qualcuno. Chi è che avrei amato incondizionatamente?

Mentre mangiavamo, entrò il preside che ci ricordò per l'ennesima volta del ballo scolastico che si sarebbe tenuto in palestra dopo una settimana, e che era consigliato alle persone a rischio bocciatura di andarci. Io ancora non avevo deciso, ma mi vergognavo. Tutte le ragazze con i loro abiti si sarebbero sentite bellissime, io con il mio abito mi sarei solo sentita ancora più magra e osservata da tutti. No! Passo!

 

 

Dopo mensa, dovevamo cambiare corso.

Decisi di andare al corso di canto per vedere Zayn, ma stupidamente, in quanto tutti dovevano cambiare corso, e quindi lui aveva scelto scrittura poetica. Si trattava un corso lo stesso di musica, solo che si scrivevano canzoni.

Che stupida che ero stata.

Ci fecero cantare una canzone a testa. Non sapevo cantare.

Scelsi comunque di cantare “Turn you face” delle Little Mix. Quella canzone mi faceva commuovere, e con il suo ritmo lento portava i miei pensieri in un mondo, in cui non ero più io.

Alla fine della canzone mi scivolò una lacrima sul volto, e il ragazzo che dirigeva il corso mi fece i complimenti, mentre tutti gli altri studenti che lo seguivano mi batterono le mani.

Che avessi cantato bene?

Pensai in quel momento a Carl e a Zayn. Chi sa che stavano fecendo loro in quel momento!

Carl aveva scelto il corso di football. Mary era rimasto allo stesso, in quanto lo dirigeva lei e quindi non poteva cambiarlo se doveva insegnare alle ragazze che sceglievano il cheerleading.

Tutti i ragazzi cantarono una canzone, ed erano tutti molto bravi.

Prima di andare via, il ragazzo che insegnava, ci disse che tutte le canzoni che avevamo cantato si potevano incidere su un disco, e che chi voleva poteva rimanere per inciderla.

Io lo ringraziai ma dissi che dovevo andare.

 

Finita la giornata scolastica, raggiunsi Mary in palestra che aveva allenamento per salutara.

-”Sicura che posso lasciarti tornare a casa da sola?”- mi chiese appoggiando una sua mano sulla mia spalla-”Ti vedo strana!”- continuò.

-”Si sono sicura tranquilla! Vado prima in palestra e poi a casa!”- risposi sorridendole e abbracciandola.

La salutai, e poi presi la strada della palestra. Dovevo solo parlare con Danielle. Faceva lezione con le piccoline. Le feci un segno per far vedere che ero arrivata. Lei mi sorrise e raccomandò alle bambine, prima di uscire, di continuare gli esercizi anche se era consapevole che non l'avrebbero fatto. Era stata una ginnasta anche lei.

L'abbracciai.

-”Perché mi hai voluta qui?”- le chiesi sedendomi.

-”Ho una proposta da farti!”- rispose con enfasi -”Devo assentarmi per un po', perché devo raggiungere la California perché mia sorella si sposa. Tu l'allenamento l'hai finito, anche se non dovresti smetterlo mai nonostante questa stagione è finita. Proprio per questo, e perché mi dovrò assentare, le bambine devono allenarsi ancora per due mesi, e io devo partire fra due settimane. Mi chiedevo perciò se ti va di allenarle!”- continuò mettendosi a posto la coda di cavallo.

-”Devo pensarci Danielle! Ti farò sapere!”- le risposi.

-”Certo, non devi rispondermi subito, ma ovviamente prima che io parti. E poi certamente la società ti pagherà!”- disse ancora.

-”No ti prego non voglio essere pagata da nessuno. Quando arriveranno invece le risposte della mia gara?”- chiesi speranzosa.

-”Credo che dovrebbero arrivare all'inizio della prossima stagione!”- rispose sorridendomi e accarezzandomi la schiena.

-”Ok! Grazie! Ora scappo! Ti faccio sapere!”- dissi dandole un bacio sulla guancia.

-”Ci conto!”- affermò facendomi l'occhiolino.

Tornai a casa valutando la richiesta. Perché rifiutare?

Arrivai a casa e mi misi a studiare un po'. Chiusi le finestre, in quanto c'era un vento forte. Temporale in arrivo.

 

Studiai per un'oretta, poi suonarono alla porta. Carl.

Persona perfetta oer mettermi ancora di più in confusione.

Lo feci entrare.

-”Che ci fai qui?”- gli chiesi sorridendogli prendendo un bicchiere dalla credenza per offrirgli qualcosa da bere.

-“Ci vai al ballo?”- chiese secco lui porgendomi un invito e un fiore.

Rimasi imbambolata e stupita da quel gesto improvviso.

-“Sinceramente non lo so!”- gli risposi lusingata.

-“Speravo mi dicessi di si. Potremmo andarci insieme se ti va, sempre se non te l’ha già chiesto qualcun altro!”- mi disse.

-“Nono!”-.

-“Nono che non vuoi venirci con me o nono che non te l’ha chiesto qualcun altro?”-.

Abbassai lo sguardo e rimasi in silenzio. Zayn me lo aveva chiesto molto tempo prima. Cosa doveva fare?

-“Ho capito!”- disse alzandosi e andando verso la porta.

-“Aspetta Carl lasciami spiegare!”- dissi raggiungendolo.

-“Non c’è niente da spiegare. Non ci sono rimasto male!”- dissi sorridendomi e infilandosi la giacca.

-“No ci sei rimasto male!”- dissi io.

-“Si che ci sono rimasto male. Phoebe che ti devo dire. Pensavo che provassi qualcosa per me.Lo ami?”- mi disse.

-”È vero che mi interessi. Oggi sono stata benissimo ma...”-.

-”Lo ami?”- ripeté agitato interrompendomi.

-“Io … io non lo so!”- balbettai insicura mentre una lacrima mi scese sul volto.

-“Tu lo ami, e questo non te lo devo dire io! Lo sai bene già perfettamente da sola!”-.

-“Questi giorno passati con te mi hanno confusa. Io non so che dirti”- dissi continuando a piangere.

-“Non mi devi dire niente. Lo devi sapere tu quello che devi fare!”-.

Un trono fece vibrare i vetri della finestra e il rumore della pioggia accompagnò il suono del campanello.

Aprii la porta ed era Zayn.

No cavolo no.

Il sorriso di Zayn si spense quando vide Carl e un invito al ballo sul tavolino.

Aveva in mano un mp3 e un invito anche lui.

-“Appunto”- urlò quasi Carl, alterandosi per poi sbattere la porta e andarsene.

Zayn entrò confuso.

-“E così vai al ballo con lui!”- disse spaesato.

-“Non l’ho mai detto Zayn!”- dissi continuando a piangere.

-“Hai un invito sul tavolo cazzo Phoebe. Questi giorni in cui sono venuto qua ci ho sempre trovato lui. O comunque ogni volta che sei uscita dalla tua classe eravate insieme a ridere. Sono stato stupido ad aver pensato che mi potessi amare. Sono stupido ad aver pensato solo per un attimo che mi amassi quanto io amo te. Sono totalmente impazzito per te ma questa non è una competizione Phoebe. So che lo ami è inutile che tu continua a mentirmi!”- dissi arrabbiandosi.

Aveva un po’ ragione.

-“Non dire così Zayn!”- continuai.

-“E cosa devo dire? Io qui non servo più niente!”- disse buttando mp3 e fiori.

-“Non è vero. Io amo anche te!”-.

-“Vedi che lo ami. Lo hai detto tu stessa!”- disse quasi piangendo anche lui.

-“Ho detto anche che amo te. Provo interesse per entrambi!”-.

-“Devi decidere tu. Uno solo. Non potrei dividerti. Ma so che non ti servo!”- aprì la porta e uscì.

Le gocce scendevano sempre di più dal cielo come le lacrime dai miei occhi.

Misi le cuffiette dell'mp3 nell'orecchio e c’era Zayn che cantava “I don’t wanna miss a thing”. Capii in quel momento che non potevo perdere davvero niente.

Uscii senza niente addosso correndo cercando Zayn. Fortunatamente non era andato molto lontano.

Lo raggiunsi lui si girò e io lo baciai sotto la pioggia.

-“È te che amo e non posso perdere niente. È con te che voglio stare ed è con te che voglio venire al ballo! Ne sono più che sicura!”- dissi piangendo ancora.

Poi ripresi a baciarlo. Mi abbracciò e mi baciò.

Mi portò in braccio in casa correndo sotto la pioggia. Eravamo fradici e continuavamo a baciarci.

-“Sono felice tu abbia scelto me!”- mi disse guardandomi fisso negli occhi.

-“Anche io!”-.

Mi asciugò le ultime lacrime che cadevano dai miei occhi.

-”L'ho capito finalmente!”- cominciai a parlare a bassa voce-”L'ho sempre saputo forse, ma tutte le cose successe dopo, mi hanno un po' confusa. Ora l'ho capito diamine!”-.

-”Devi esserne sicura Phoebe. Non ho voglia di giocare!”- ammise.

-”Neanche io ho voglia di giocare. Per questo sono sicura di voler stare con te!”-.

Mi baciò.

-”Zayn ho freddo!”- dissi rabbrividendo.

Mi abbracciò riscaldandomi.

-”Andiamo ad asciugarci!”- mi disse lui staccandosi dopo un po'.

Misi dei vestiti asciutti e prestai a lui qualche indumento di mio padre.

-”La prossima volta dovremmo uscire con l'ombrello!”- gli dissi andandolo ad abbracciare.

-”Forse si!”- mi disse guardandomi mentre ci abbracciavamo.

Era il suo sguardo che amavo. Lo amavo da sempre ma non l'avevo capito da subito.

-”Allora verrai al ballo con me?”- chiese strusciando il suo naso contro il mio.

-”Mi vergogno del mio fisico, ma non mi perderai per nulla al mondo il ballo insieme a te!”- dissi avvicinandomi e stampandogli le mie labbra sulle sue.

-”Cosa vuoi mangiare?”- mi chiese.

-”Decidi tu!”-.

-”Pizza fuori per festeggiare questo giorno?”- mi chiese.

Aveva ragione. Primo giugno.

-”Affare fatto!”-.

-”Devo prima mettere qualcosa della mia taglia però!”- disse ridendo.

-”Ti accompagnerò a casa!”- esclamai.

Andai a prepararmi meglio.

Pronta salii in macchina verso casa di Zayn.

Si cambiò velocissimo.

Andammo a mangiare una pizza in una pizzeria davvero ottima.

Finii tutta la mia pizza, anche se gli ultimi bocconi forzai un po'.

-”Forse è questo che mi è mancato per tutto questo tempo permettendomi di diventare così”- dissi salendo in macchina per tornare a casa.

-”Che cosa?”-.

-”L'amore!”- esclamai accarezzandogli il viso.

 

Tornammo a casa. Ci sedemmo sul divano per fare un po' di coccole a Zoe.

Se ne stava andando ma un trono fece vibrare tutta casa facendo saltare la luce.

-”Ho paura del buio!”- dissi spaventata.

Si a diciassette anni avevo ancora paura del buio pesto.

-”Fammi compagnia Zayn!”- dissi avvicinandomi verso di lui.

-”Vabbene!”- disse stringendomi verso lui.

Andammo in camera mia. Avevo un letto matrimoniale e quindi era perfetto.

Misi il pigiama e diedi a lui uno di mio padre, di cui usò solo i pantaloni.

Stavo per svenire.

Ci accoccolammo sotto le coperte.

-”Zayn promettimi che non ci divideremo!”- dissi appoggiando la mia testa sul suo petto.

-”Te lo prometto Phoebe!”-. 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13. ***


 

Tutto ora era perfetto.

Avevo quello che avevo sempre voluto, anche se me ne ero resa conto tardi, provocando dei problemi non poco notevoli. Non potevo desiderare di meglio, non mi sarei potuta lamentare di niente, ora che al mio fianco c'era Zayn.

Volevo lui e solo lui. Era lui che sapeva darmi la forza ad andare avanti, e il sorriso per farmi sentire bene. Era lui che contemporaneamente mi faceva stare in compagnia e mi faceva ridere. Ridere, come non avevo fatto mai con nessuno.

Molte sarebbero volute essere al mio posto, ma lui tra molte, aveva scelto me, nonostante fossi quella che all'inizio lo snobbava e che aveva perso la cotta per lui. Mi aveva fatto cambiare idea nel giro di un mese, e ero felice di non aver dato retta solo a quello che mi aveva fatto pensare e aver scavato più a fondo.

Avevo trovato il suo vero io, che si era rivelato dolce, affidabile, disponibile, sensibile e romantico, ma nello stesso tempo non invadente e appiccicoso.

Con lui non avevo paura. Non avevo paura nemmeno del buio.

Quella notte aveva dormito con me e io mi sentivo al sicuro tra le sue braccia. Era una specie di scudo per me.

 

Ci alzammo presto per andare a scuola. Non mi andava di andarci, dato che non volevo vedere Carl. Non avrei avuto il coraggio di guardarlo in faccia, senza vergognarmi dannatamente.

Facemmo colazione. Sorprendentemente quella mattina finii tutto il mio cornetto e tutta la tazza di latte.

Andai a lavarmi i denti prima di uscire mentre Zayn metteva a posto la cucina.

Presi lo zaino, la mia giacca di pelle, e aprii il portone.

Papà. Quello che mi ritrovai davanti era mio padre. Quel padre che io non vedevo mai e di cui avevo dimenticato il viso e il carattere. Quel padre sempre assente che non mi aveva insegnato niente. Quel padre a cui io avrei voluto volere un mondo di bene, ma che nei suoi confronti, provavo solo un profondo senso di odio.

-”Buongiorno Phoebe!”- mi disse con espressione seria squadrando Zayn, nonostante l'avesse già visto.

-”Papà!”- riuscii solamente a dire, stupita della sua presenza.

-”Buongiorno Signor Clarc!”- esclamò educatamente Zayn.

-”Buongiorno Zayn!”- rispose lui.

Quella breve conversazione sembrava solo uno scambio di monologhi, senza una vera e propria espressione.

-”Sono venuto a cambiarmi e a vedere come stai!”- disse mio padre spostando lo sguardo su di me-”Vedo che stai bene però!”- prosegui guardando di nuovo Zayn.

-”Si sto bene grazie per l'interessamento!”- incalzai uscendo di casa.

-”Saluti mio padre Signor Clarc!”- disse Zayn a mio padre seguendomi.

Mio padre annuii con espressione seria e chiuse la porta.

Uscii come una furia dal giardino di casa mia e andai verso l'auto di Zayn.

Mi si avvicinò e mi accarezzò un braccio, mi abbracciò e mi baciò per confortarmi. Sapeva che ero dannatamente arrabbiata con mio padre.

Alzai lo sguardo verso la finestra della sala, e notai che mio padre mi stava guardando da dietro la tenda. Lui non era mio padre! Non lo era mai stato.

 

Arrivammo a scuola velocemente.

-”Cosa dico a Carl?”- chiesi a Zayn.

-”Devi trovare tu le parole amore mio!”- rispose baciandomi.

Trovare le mie parole. Bell'impresa.

Scesi dalla macchina mano per mano con Zayn e andai verso Mary che mi sorrideva capendo cosa era successo.

-”Ah beh! Sono l'unica single!”- disse alzando gli occhi al cielo scherzando, appena arrivammo vicino a lei.

-”E cosa ne dici di Liam?”- le chiese Zayn.

-”Liam? Che c'entra?”- rispose lei smettendo di ridere.

-”Io credo che tu gli interessi!”- continuò.

-”Io credo che non sono fatta per lui!”-.

-”Che vuoi dire?”- mi infilai nel discorso.

-”Che non gli interesso e che non sono tipa per lui!”-.

-”E allora perché mi parla sempre di te?”- fece Zayn avvicinandosi all'orecchio di Mary.

Non spiccicò più parola sorridendo e basta.

Con la coda dell'occhio vidi Carl. Scrutava le mie mani incrociate con quelle di Zayn.

Io mi staccai da Zayn scusandomi e raggiungendolo. Dovevo chiarire.

Lui vedendomi arrivare, si fermò e si girò verso me.

-”Ciao Carl, senti...”-.

-”Phoebe, non devi dirmi niente, io sto bene, credimi! La vita è fatta di scelte, tu hai fatto la tua e a me va bene così. Almeno non dovrai stare un po' con uno e un po' con l'altro prendendoci, così, in giro tutti e due! Tranquilla sarai sempre la mia compagna di banco preferita. Sto bene!”- mi interruppe sorridendo.

Io lo abbracciai.

-”Sei una persona fantastica Carl, sono contenta che non te la sia presa con me!”- dissi dopo essermi staccata.

Lui mi sorrise ancora. Era davvero una persona fantastica, al posto suo non avrei retto così tanta pressione.

Tornai da Zayn che mi abbracciò.

Da lontano Zayn e Carl si sorrisero, indicando la fine di una “competizione”. Ero contenta.

 

Suonata la campanella raggiungemmo ognuno le sue aule. Educazione fisica. Bene.

Il professore mi odiava ancora, ma tanto era odio reciproco.

Uscimmo fuori in cortile per allenarci.

-”La signorina Clarc sarebbe felice di farci vedere una delle cose che fa nelle gare vero?”- disse rivolgendosi a me, con fare stizzito.

Era una sfida? Ero in ballo e dovevo ballare.

-”Qualunque cosa lei vuole professore!”- esclamai con aria da sfida.

-”Ci faccia vedere un'esecuzione a corpo libero!”- disse.

Feci vedere un esercizio completo. Perfetto.

-”È difficile signorina, fare sacrifici per la ginnastica? Intendo, io so che lei è anoressica, lo è diventato per praticare questo sport?”-.

Stronzo. Me lo dovevo aspettare che voleva arrivare a qualcosa di diabolico, crudo, qualcosa che mi faceva soffrire.

Alla parola anoressica, si levò un “oh” tra i miei compagni di classe.

Mary aveva un'espressione stupita ma preoccupata allo stesso tempo.

-”Affari miei!”- dissi incazzata.

-”È difficile fare tutte quelle cose che fa lei, con un fisico malandato no? È stato difficile mantenere la linea? Faccia sapere a tutti il rischio del mestiere su!”-.

-”Lei mi proprio odia professore. È uno stronzo balordo!”- dissi volendogli sputare in faccia ma risparmiandomi lo sputo all'ultimo momento.

-”Era una semplice domanda Signorina. Non capisco ancora questo suo atteggiamento!”- ripeté per l'ennesima volta.

-”Nemmeno io capisco il suo modo di fare da ottuso e da gran figlio di puttana!”-.

Tutti i miei compagni erano a bocca aperta.

Stava firmando il fogliettino per la detenzione.

-”Non si preoccupi professore, me lo faccio da sola!”-.

-”Conosce la strada?”- ribatté facendomi stizzire ancora di più.

-”E lei conosce la strada di quel bellissimo posto dove vanno le persone maledette? No, non è l'inferno se è quello che sta pensando. Vaffanculo professore! È quel posto lì! Lo conosce? Beh mi farebbe piacere se qualcuno glie lo facesse visitare ogni tanto!”- dissi prima di andarmene.

Avevo così tanta rabbia dentro, che avrei potuto sterminare un branco di tori e piazzarmi al primo posto.

Come si permetteva a chiedermi cose del genere?

Se sapeva che ero anoressica, sapeva anche che si soffrivo per questo e allora perché continuava a fare domande? Perché continuava a godere facendomi soffrire.

 

Entrai nell'aula di detenzione, dove ormai ero di casa.

Quell'anno ci sarò stata una decina di volte.

Mi stavo davvero giocando l'anno, ma non era tutta colpa mia. Quel professore bastardo voleva proprio vedermi finire nel baratro. Io glie la stavo dando vinta.

Finita l'ora tornai in classe, dove ritrovai sul registro una mia nota disciplinare, per insulti ad un professore! Se lo meritava.

 

La giornata scolastica finii in fretta. A mensa mangiai quasi tutto, ma comunque più del solito.

Zayn venne a casa mia.

-”Cos'hai fatto al professore?”- mi chiese una volta seduti.

-”Lui cosa mi ha detto se mai! Gode a vedermi soffrire. Gode a chiedermi cose su cui io sto male! Gode nel vedermi malata e gode a umiliarmi dinanzi a tutta la classe!”-.

-”So che è stronzo ma non dargliela vinta. Non glie la dare la soddisfazione di vederti cadere nel fango.”- mi consigliò.

Aveva ragione ma era troppo tardi.

Un trono fece vibrare casa.

La luce andava e veniva, e presto la pioggia cominciò a battere sui vetri delle finestre.

La pioggia mi piaceva, perché mi faceva compagnia mentre piangevo.

Così, senza un perché mi fece compagnia anche quella volta.

-”Perché piangi?”- chiese Zayn accarezzandomi.

-”Odio piangere, non voglio piangere. Faccio vedere a tutti che sono forte, ma in realtà, sono più fragile di un pezzo di vetro. Non voglio farmi vedere piangere!”- dissi asciugando le lacrime.

Zayn mi strinse forte.

-”Odio il fatto di essere malata e odio il fatto che mi sto facendo male da sola Zayn!”- dissi con voce rauca e rotta dalle lacrime.

Piangere si era rivelata negli ultimi tempi, l'unica scarica di dolore.

Zayn mi faceva tornare ogni volta il sorriso, ma quel giorno me lo fece tornare in modo diverso. Ero pronta e glie lo permisi.

Ci ritrovammo nel mio letto dopo cinque minuti.

Ero felice. Felice per tutto. Ora si.

 

 

Dopo un po' mi arrivò un messaggio da Mary.

“Possiamo vederci?”.

Le risposi di si senza pensare. Ci demmo appuntamento ad Hyde Park dopo una mezzora.

Zayn mi accompagnò per poi andare a casa sua.

Arrivai in anticipo, così decisi di sedermi aspettando Mary.

Hyde Park aveva sempre avuto qualcosa di particolare, una magia in più rispetto a tutti gli altri parchi. Sarà perché ci ero andata molte volte d'estate per cercare di rimanere lontana da quella casa vuota, senza una famiglia felice, che la riempisse d'allegria.

Più stavo in quella casa, più mi rendevo conto di essere l'unica ad non avere una famiglia che mi volesse bene.

Dopo un po' Mary arrivò tutta contenta e si sedette vicino a me.

-”Allora?”- chiesi sorridente.

-”Liam mi ha chiesto di andare al ballo!”- esclamò eccitata.

Rimasi stupita anche se era da aspettarselo!

-”Quando te l'ha chiesto?”-.

-”Dopo scuola, sono andata in palestra perché doveva allenarmi con la squadra, e sugli spalti dopo un po', ho notato Liam che ci guardava. Finito l'allenamento sono andata da lui per salutarlo e niente mi ha chiesto di andare al ballo con lui!”- rispose.

Ero felice per lei se lo meritava. Era una ragazza fantastica, e la amavo con tutto il cuore.

Andammo in giro per Londra per una mezzora, dopodiché decisi di tornare a casa per studiare un pochino. Ci mettemmo d'accordo, dicendo che il giorno dopo saremmo andate a comprare l'abito per il ballo insieme.

 

Tornai a casa. Non c'era nessuno ma ormai era inutile dirlo.

Andai in camera a studiare.

Studiai un po' tutto e anche abbastanza approfonditamente. Avevo dei buoni voti ma il mio atteggiamento rovinava tutto.

Chiamai Zayn per cenare insieme.

Mangiammo in allegria come tutte le altre sere.

Stavo imparando le regole dell'amore e stavo imparando a giocare nel modo corretto.

Non pensavo che potesse succedere qualcosa di inconveniente, perché quando sei felice non ti aspetti che la sfortuna giochi ancora dalla tua parte.

Mi sbagliavo.

 

 

Questo capitolo non mi piace molto. Mi farebbe piacere che lasciaste una recensione. Nel prossimo capitolo succederà qualcosa, come avrete capito nell'ultima parte.

Grazie a chi recensirà! 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14. ***


 

Avere tutto tra le mani e poi perderlo per sempre.

Non ero stata ingorda nella vita. Non avevo mai desiderato tanto e avevo sempre ricevuto poco. Non ero una che aveva conquistato tutto. Non ero viziata, né gelosa delle mie cose. Quel poco che avevo, lo avevo sempre apprezzato, nonostante mi mancasse da sempre quell'affetto familiare, che tutte le persone hanno.

Ho imparato così ad avere delle piccole cose, che però avevano un valore inestimabile per me.

Zayn, era uno di quelli e mai al mondo, l'avrei voluto perdere. Ma qualcosa successe quel giorno, qualcosa che mi cambiò per sempre.

 

La giornata si manifestò pessima già dal mattino.

Alzata normalmente per andare a scuola, ho trovato il frigo vuoto e perciò sono andata al bar. Mangiando velocemente quel poco che trovai, finii dritta al bagno a vomitare tutto. Arrivai a scuola in ritardo e fui mandata in punizione.

Regola del cazzo, mandare in detenzione chi arrivava tardi a scuola.

Spesi un'ora dentro quella stanza che conoscevo come le mie tasche, per poi raggiungere l'aula di geografia con quella troia che mi interrogò, ma che rimase fregata perché risposi a tutte le sue domande.

Dopo la terza ora, andai in sala mensa con Zayn, Mary e Liam. Diciamo la parte più bella della giornata. Mangiai per la prima volta, tutta quanta la pasta che avevo nel piatto, così cominciai a pensare che la giornata stesse migliorando.

Dopo le ultime tre ore, andai in palestra per aspettare Mary che finisse l'allenamento, per poi andare in centro e cercare il vestito adatto al ballo di fine anno, che ci sarebbe stato dopo una settimana.

Si allenava anche la squadra di football, tranne Zayn che non poteva allenarsi. Mi arrivò da un deficiente una pallonata in faccia e lo maledii per tutto il tempo che rimasi in palestra. Avevo troppo dolore al naso.

 

 

Finalmente Mary finì il suo allenamento, così andammo in centro.

Passeggiammo chiacchierando tranquillamente, quando cominciò a piovere.

Non avevamo l'ombrello così ci rifugiammo in un negozio di abiti, sperando che smettesse un po' di piovere.

Quel negozio era carino. Aveva molti abiti carini a basso prezzo.

Mary era più esperta in fatto di moda, in quanto ogni giorno vestiva in modo diverso, mentre io non ne capivo niente dato che preferivo un paio di jeans e la mia giacca di pelle.

Cominciò subito a cercare diversi abiti. Ne prese uno per me: era bellissimo, lungo dietro e corto sotto le ginocchia davanti, con un corpetto bianco, una cinturina di corda sulla vita, e la gonna azzurra.

-”Provalo!”- mi incitò dandomelo in mano.

-”Non è per me!”-.

-”Come fai a saperlo se prima non lo provi?”- continuò sorridendomi.

Senza rispondere niente, presi il vestito e andai nel camerino.

Lo provai. Era bellissimo anche se i calzini con i cuori non facevano un bell'effetto!

Uscii fuori per farmi vedere da Mary.

-”Sei fantastica! Sono senza parole!”- riuscii a dire stupendosi.

Ero rimasta anche io a bocca aperta. Era la prima volta che provavo un vestito dopo essermi accorta della malattia e dovevo dire che camuffava il mio fisico magrolino.

-”Lo prendo ho deciso!”- dissi senza provarne altri e fare giri di parole.

Mary ne provò sempre uno lungo, dato che era la regola del ballo, color carta da zucchero, stretto fin sotto il petto, e morbido di li fin giù alle gambe.

Era bellissima! I suoi occhi si abbinavano col colore del vestito e i suoi capelli castano scuro facevano da cornice al tutto.

Prese quello. Uscimmo dal negozio felici.

-”Ci mancano scarpe e accessori ora!”- esclamò lei.

Aveva smesso di piovere e pensai seriamente che la giornata brutta stesse passando.

Ci fermammo in un grazioso negozio di scarpe. Io cercavo delle zeppe di corda color beige e lo stesso Mary.

Trovammo una zeppa molto carina. Decidemmo di farci la stessa.

La provai e ci camminai un po'. Mi stava bene al piede.

Mentre mi stavo per risedere feci una storta che mi fece sussultare dal dolore.

Comprai lo stesso le scarpe e tornammo a casa. Mi faceva male la caviglia e zoppicavo perché non potevo poggiare il piede.

Mary andò a casa sua e io tornai a casa mia.

Ricominciò a piovere. Sembrava una maledizione: pioveva quando uscivo io.

Non potevo correre, così arrivai a casa fradicia.

 

Girai la chiave nella serratura e quando varcai la porta di casa, la luce era accesa: mio padre e mia madre erano seduti in salotto.

Mi avvicinai stupita zoppicando e mi sedetti all'altro divano di fronte a loro.

-”Ma tu zoppichi?”- disse mia madre.

-”No mi va di saltellare!”- risposi sarcastica.

-”Cominciamo con un tono moderato e rispondendo bene, che il discorso non finirà molto presto!”- urlò.

-”Io ho parlato con tono moderato, sei tu che stai alterando la voce!”- sbroccai.

Non poteva permettersi di dirmi così. Non lo conoscevo neanche era uno straniero per me.

-”Perché non usi questo linguaggio quando sei a scuola?”- mi domandò mentre mia madre era rimasta tranquilla vicino a quell'uomo che mi rimproverava.

-”Cosa vuoi dire?”-.

-”Mi hanno chiamato a scuola e mi hanno comunicato che il tuo atteggiamento nell'ultimo periodo, non è dei migliori. Hai detto al signor Smith, di essere uno stronzo e un figlio di puttana e ti ha messo una nota sul registro! Perché lo hai fatto?”- proseguì con tono alterato.

-”Avrò avuto i miei buoni motivi per dirlo no?!”- dissi urlando.

-”Dovevi dirlo in modo educato e con termini non volgari è questo quello che ti abbiamo insegnato in questi anni!”-.

Mi alzai in piedi cominciando ad urlare ancora di più.

-”Voi non mi avete insegnato proprio un cazzo invece! Ed è per questo forse, che rispondo così a persone adulte!”- urlai mentre qualche lacrima rigava il volto-”Tu non mi hai insegnato a cucinare!”- dissi rivolta a mia madre-”E tu non mi hai insegnato ad andare in bici!”- prosegui guardando mio padre-”Quindi messi insieme non fate un genitore fatto per bene, quindi figuriamoci se mi avete insegnato le buone maniere. Ho imparato tutto quanto da sola, e se aveste avuto qualche interesse in più e andare a parlare con i miei insegnati, sapreste già da tempo che il mio atteggiamento è cattivo, e che sono anoressica!”- finii sprofondando sul divano.

Dalla mia bocca stavano uscendo parole che avrebbero dovute liberarsi molto tempo fa. La giornata continuava peggiorando e pensai che si fosse fermata lì, invece continuò con il peggiore dei modi, che io non mi sarei mai aspettata.

-”E poi il fatto che frequenti un ragazzo, sali in macchina con lui e lo baci?”- cambiò discorso.

-”Vedi come cambi discorso!”- urlai.

-”Lo giostro come mi pare va bene?! Perché non ci hai messi al corrente che ti frequentavi con quel ragazzo?”-.

-”Cosa dovevo fare? Dovevo tappezzare tutta Londra di manifesti che dicevano che ci eravamo fidanzati? Inondavo l'ospedale e l'ufficio in cui lavorate per farvelo sapere? Dovevo urlarlo col megafono? Come ve lo dicevo eh?”- continuai urlando.

Che cazzo c'entrava Zayn?

-”Non mi piace quel ragazzo! È troppo grande per te!”- scosse la testa.

-”Ho diciassette anni e lui diciannove!”- dissi calmandomi.

-”Ti ripeto che è troppo grande, quelli più grandi puntano su una cosa sola!”-.

-”Lo conosci l'amore papà? Ci amiamo ok? È stato più presente di te!”-.

Guardò mia madre che ci guardava impaurita.

Mio padre sospirò.

-”Mi hanno offerto un lavoro a Boston e io l'ho accettato!”- disse calmandosi.

-”E quindi?”- domandai confusa.

-”E quindi ci dobbiamo trasferire!”- intervenne mia madre tranquilla sorridendomi.

-”No, no no! Io non verrò con voi! Non andrò a vivere i una città dove non conosco nessuno! Scordatevelo!”-.

-”E cosa pretendi? Di restare sola in casa?”- fece mio padre.

-”Vivo tutti i giorni da sola!”-.

-”Tu verrai che ti piaccia o no!”-.

-”No io non vengo!”- dissi.

-”Tu verrai!”- continuò mio padre.

-”No!”-.

-”Si!”-.

-”No!”- urlai.

-”E va bene! Non ci trasferiamo contenta? Sei felice? Non ci trasferiamo, ma tu frequenta ancora quel ragazzo e ti porto via di qui!”- urlò mio padre.

-”Cosa vuoi dire?”- dissi tornando seria.

-”Vuol dire che ti proibisco di vedere Zayn! Non potrai più vederlo. Se a scuola vi incontrerete tra i corridoi fate finta che non vi conoscete. Basta finisce qui! Se continuerai a vederlo ti porterò a Boston. Ti proibisco di vederlo!”-.

Ti proibisco di vederlo, quattro parole ,un periodo, venti lettere ,otto vocali e dodici consonanti, con un significato troppo triste che continuava a ronzarmi nella mente.

Lo aveva detto veramente?

-”Cosa?!”- riuscii a dire soltanto.

-”Hai capito bene! Non ho tempo di ripeterti tutto. Torno a lavoro. Ciao!”- disse svogliatamente senza guardarmi negli occhi.

-”Tesoro...”- disse per la prima volta mia madre.

-”Non devi dirmi niente … devi tornare a lavoro anche tu! Lo so!”- la interruppi guardando la porta che si chiudeva.

Mi accarezzò i capelli bagnati.

-”Asciugali o ti verrà un raffreddore!”- disse premurosa.

Non l'avevo mai vista in quel modo. Forse il vero problema era solo mio padre. Forse facevano finta di amarsi da quel giorno in cui si sposarono. Mia madre aveva solo vent'anni e mio padre ventuno.

Forse erano troppo giovani quando si sposarono.

 

Anche mia madre uscì. Mi appoggiai al muro e scivolai giù fino a sedermi a terra.

Nel silenzio più totale di quella casa, io sgorgai in un pianto continuo e profondo, pieno di singhiozzi. Il mascara era colato dato che le lacrime che mi gocciavano sulla mano erano nere.

Ero rimasta senza parole. Nella testa mi frullavano milioni e milioni di idee. Non avrei rinunciato a Zayn. Ora che lo avevo, non lo avrei perso. Quell'uomo di cui conoscevo solo nome e cognome, non si poteva intromettere. Mi stava facendo un dispetto, e se voleva dare inizio a un gioco, ero onorata di giocare. Niente e nessuno mi avrebbe fermato ad amare Zayn.

Andai in bagno, mi lavai il viso e mi truccai. Poi chiamai Zayn dicendo se aveva voglia di mangiare fuori e lui rispose che stava per chiamarmi per chiedermi la stessa cosa.

Andai a vestirmi e alle otto Zayn arrivò.

Andammo in una pizzeria fuori Londra, un posto molto carino, una pizzeria italiana, dove facevano la pizza più buona di quelle parti.

Mangiai tutto.

Decisi di dire quel che mi aveva detto mio padre a Zayn.

-”Zayn devo dirti una cosa!”- feci ad un certo punto cercando di sorridere.

-”Dimmi!”- ricambiò il sorriso.

Ci pensai un po' su. Sarebbe potuto andare via da me e io non volevo. No!

-”Un giorno mi piacerebbe andare in Italia. Magari a Napoli o a Roma per assaggiare la pizza. Sono sicura che lì e favolosa!”- temporeggiai ripensandoci.

-”Un giorno ti ci porterò! Te lo prometto!”- rispose prendendomi le mani.

Sorrisi.

 

Tornata a casa andai in camera mia.

Non potevo rinunciare a quello a me più caro.

Zayn era prezioso, era un diamante.

E a chi piacerebbe perdere un gioiello? 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15. ***


 

La mia vita era difficile. Non era come quella di un normale diciassettenne. Era confusa, strana, senza capo ne coda. Volevo mettere un inizio e una fine. Volevo dare una svolta a quella che era la mia vita, volevo rivoluzionarla da sola, insieme a Zayn e Mary. Ma chi se lo immaginava che quella brutta giornata, dovesse avere un seguito.

 

Dopo che mio padre mi vietò di vedere Zayn, io disubbidii e continuai a vederlo contro il suo volere. Me ne infischiavo delle sue regole. Mi ero data sempre da sola le regole, e le avevo sempre rispettate, cosa pretendeva ora lui?

Ogni giorno accanto a Zayn era una scoperta, non solo conoscevo lui, ma continuavo a conoscermi anche io. Facevamo tante cose insieme: andavamo al cinema, passeggiavamo al parco, andavamo in pizzeria, stavamo a scuola insieme. Facevo tutto insieme a lui, non trascurando tuttavia Mary. Il ballo si avvicinava, e in quei quattro giorni che passai insieme a Zayn dopo la proibizione di mio padre, mi convincevo sempre di più, di aver fatto la scelta giusta.

Ma quel giorno, proprio quel giorno, fu il continuo di quella brutta giornata.

 

Finita scuola, salutai Mary con un bacio sulla guancia, e tornai insieme a Zayn a casa mia.

Passeggiammo per un po', e poi rientrammo.

Aprii la porta. Un uomo, quell'uomo estraneo che era mio padre, era seduto in salotto.

Mi vide con Zayn, mano nella mano. Rimasi impietrita, come se qualcuno mi avesse appena ibernato.

-”Papà...”- sussurrai abbassando lo sguardo.

-”Phoebe.... Cosa ti avevo detto?”- disse con viso amareggiato.

Lasciai la mano di Zayn, che rimase vicino alla porta senza dire niente.

-”Papà aspetta posso spiegare!”- dissi dirigendomi vicino a lui.

-”Phoebe non ci sarà giustificazione che terrà le tue parole. Ti avevo avvertito e tu mi hai deluso! Comincia a preparare la valigia, che dopo il ballo, ce ne andremo!”- disse mettendosi gli occhiali.

-”Ma papà!”-.

-”No Phoebe! Ho già deciso! Saluta il tuo amico perché domani sarà l'ultimo giorno che lo vedrai!”- prosegui.

Zayn mi guardava confuso.

-”Zayn!”-.

-”Cosa vuol dire Phoebe?”- disse in preda al panico.

-”Vieni fuori dobbiamo parlare!”-.

-”Hai tempo cinque minuti Phoebe!”- mi disse mio padre.

Annuii.

Uscimmo fuori.

-”Zayn io non ti posso vedere più. Mio padre mi aveva proibito di vederti già da cinque giorni, ma io non ho avuto il coraggio di dirtelo quella sera in pizzeria. Ho deciso di continuare a vederti e mio padre mi aveva detto che se avrei continuato a stare con te, mi avrebbe portato a Boston, dove gli hanno offerto un lavoro. Quindi ora... mi porterà per sempre lì. Domani è l'ultimo giorno che potrò stare qui a Londra”- dissi mentre piangevo.

-”Phoebe....”- provò a dire.

-”Zayn non complicare le cose! Devo rientrare! Ti prego non diciamoci più niente!”- finii baciandolo per l'ultima volta per poi rientrare in casa.

-”Ci sei riuscito papà! Complimenti! Sei riuscito a rovinarmi la vita!”- dissi urlandogli addosso e correndo verso camera mia.

Sarei voluta fuggire. Fuggire da lì.

Sentii la porta aprirsi e poi chiudersi.

Di nuovo sola, ma sola realmente. Senza Zayn, senza nessuno.

Avrei dovuto salutare tutti quanti, ma la cosa che mi faceva stare realmente male, era il fatto che mio padre, che non era mai stato presente per me, ora mi dettava delle regole.

 

Ero rimasta impalata sulla sedia davanti alla scrivania, mentre il mio telefono continuava a squillare. Messaggi e chiamate. Un po' di Zayn, un po' di Mary, un po' di Danielle.

Zayn mi diceva di spiegargli meglio. Mary lo sapeva perché Zayn si era precipitato da lei disperato e lei mi chiedeva di vederci. Danielle mi aveva chiamata.

Non avevo la forza di rispondere a nessuno a parte a Danielle. La richiamai.

-”Danielle!”- dissi al telefono con voce ancora rotta dal pianto.

-”Phoebe finalmente. Hai deciso su quel che devi fare?”- chiese.

-”Danielle è stata una brutta giornata. Non voglio parlare con nessuno ti dico solo che dopodomani mi trasferisco a Boston. Ora devo andare! Scusa!”- dissi sgorgando di nuovo a piangere attaccando.

In quel momento mi sentii come la persona più triste al mondo, come d'altronde lo ero stata per i dieci anni precedenti. Tutto l'amore che aveva potuto darmi Zayn in quasi due mesi, era svanito per sempre in cinque minuti. Forse avevo bisogno di sfogarmi con qualcuno, o semplicemente avevo bisogno di stare da sola. No avevo bisogno di stare con Zayn.

-”Non me ne andrò! Te lo prometto Phoebe!”- aveva detto Zayn.

Belle parole in cui mi ero perduta. Mi ero illusa. O semplicemente non credevo che qualcuno potesse rompere quelle semplici parole.

Mio padre era riuscito a dividerci per sempre. Per sempre.

Sarei andata a Boston. In quella città dove non conoscevo nessuno, in cui sicuramente non sarei riuscita a farmi degli amici, e in cui non mi sarei innamorata di nessuno. Zayn sarebbe rimasto nel mio cuore, indipendentemente. Ero sicura che non mi sarei potuta fidare di nessun altro.

Al solo pensiero di dover ricominciare una nuova vita a Boston senza Zayn, stavo male.

Ancora non ero partita, e già mi mancava.

 

 

Portai al parco Flore, una passeggiata veloce. Il tempo era brutto e non volevo vedere niente e nessuno. Zoe era nella sua cuccia e appena rientrai mi si avvicinò.

-”Mi prenderò cura di te Zoe. Mi prenderò cura anche di te Phoebe!”-.

Chi si sarebbe preso cura di Zoe?

E chi si sarebbe preso cura di me? Avrei dovuto cavarmela da sola.

Andai a letto alle nove, senza mangiare. Ero amareggiata. Sarei voluta morire.

 

 

Mi svegliai per un rumore in salotto. Mia madre era lì.

-”Buongiorno tesoro ultimo giorno di scuola!”- disse sorridente.

-”Ciao!”- risposi freddamente sedendomi sul divano.

-”Signorina si deve alzare dobbiamo imballarlo!”- mi fece un operaio.

Tutti i mobili, oggetti e il resto era stato imballato.

-”Phoebe domani partiamo!”- mi disse mia madre.

-”Lo so!”-.

-”Devi preparare la valigia!”-.

-”Lo so! Lo farò dopo la scuola!”-.

-”La tua camera verrà sgomberata, perciò tieni le cose che ti servono!”-.

-”Il letto mi serve!”- dissi sarcastica.

-”Ti abbiamo fatto una nuova camera, a parte la scrivania!”- disse.

-”Ok! Con Flore e la gattina?”-.

-”Li porteremo con noi! Sai anche gli animali possono salire sugli aerei con un permesso che noi abbiamo!”- disse.

-”Ok!”-.

Andai in camera mia a prepararmi.

La guardai per l'ultima volta. Quel letto mi sarebbe mancato. Aveva avuto tutte le mie lacrime.

Mi lavai i denti e uscii di casa salutando a stento mia madre.

Camminai e arrivai dopo poco a scuola.

Zayn era lì.

Vederlo mi fece male.

Cercai Mary.

-”Buongiorno!”- mi disse dolcemente abbracciandomi.

Scoppiai a piangere.

-”Vieni qui!”- disse continuando ad abbracciarmi-”Andiamo via di qui!”-.

Mi portò sul retro della scuola.

-”Zayn ieri era disperato. Quando parti?”-.

-”Domani alle dieci ho l'aereo!”- risposi calmandomi.

-”Verrai al ballo?”-.

-”Si mi servono comunque dei crediti. Verrò da sola!”-.

-”Ti accompagno io!”-.

-”No tu hai la tua serata con Liam vengo da sola e non dire di no!”- dissi asciugando le ultime lacrime e tirando su col naso.

Lei annui.

-”Mary, devi farmi un favore!”-.

-”Tutto quello che vuoi!”- rispose.

-”Pomeriggio scriverò una lettera per Zayn, ma tu consegnala solo domani dopo le dieci! Non prima ne dopo! Mi posso fidare?”-.

-”Ovvio!”-.

-”E per favore, anche se non stiamo più insieme, controlla quello che fa!”- dissi abbracciandola.

-”Certo tesoro!”- disse stringendomi.

Suonò la campanella e entrammo.

Era l'ultimo giorno così gli insegnanti non ci fecero fare nulla.

Io uscii per andare in bagno sentendomi soffocata.

-”Phoebe!”- sentii dire.

Uscii fuori dal bagno e c'era Clare.

-”Ciao Clare!”- dissi seria.

Mi abbracciò senza dire niente. Quell'abbraccio lo desideravo da tanto tempo.

-”Sono stata una stupida!”- disse.

-”No Clare, io ti voglio bene lo stesso!”- continuai abbracciandola.

-”Ho saputo che domani ti trasferisci!”-.

-”Si!”- risposi tristemente.

-”Mi dispiace! Io voglio esserci per te! Anche se sarai lontana!”-.

Annuii sorridendo.

-”Ci vai al ballo?”- chiesi.

-”No!”- rispose abbassando lo sguardo.

-”Perché?”-.

-”Nessuno mi ha invitata!”-.

-”Beh allora vieni con me! Non sarò il tuo principe azzurro ma almeno staremo insieme!”- esclamai cercando di nascondere la mia tristezza.

-”Non ci vai con Zayn? Sapevo che ci andavi con lui e che vi eravate fidanzati!”-.

-”Già storia lunga! Poi ti spiego!”-.

-”Allora ti passo a prendere io con mio padre. Alle sette e mezza va bene?”- chiese.

Risposi di si con la testa.

Poi tornammo in classe.

 

Dato che era l'ultimo giorno di scuola, saremmo tornati a casa per pranzo, perciò la giornata passò velocemente.

Tornai a casa dove mia madre, era ancora indaffarata ad imballare le ultime cose.

-”Devi imballare le ultime cose! Le cose della ginnastica le vuoi portare?”- mi chiese.

-”Certo che lo voglio portare. Non smetterò di praticare ginnastica ritmica!”- dissi alterata.

(Vi consiglio di mettere Wonderwall degli Oasis! Scusate l'interruzione! :*)

 

Salii in camera mia. Presi due valigie e ci misi dentro tutte le cose nel mio armadio. Non erano moltissime e in due valigie entrarono tutte, pur forzandole un pochino. In un altro borsone misi tutte le cose della ginnastica, tra cui, body, attrezzi, mezze punte, canottiere e pantaloncini, mentre in uno scatolone misi, attestati, coppe, medaglie e fotografie che imballai delicatamente.

Il mio letto rimaneva lì, senza però i cuscini colorati, e la mia trapunta preferita.

Le pareti erano spoglie, la scrivania non c'era più, l'armadio era vuoto, il davanzale della finestra non aveva più i bonsai, i cassetti erano stati svuotati, sulle sedie non c'erano più i miei vestiti. Tutto era morto. Quelle quattro pareti azzurre avevano conosciuto per circa tredici anni che dormivo da sola, tutte le mie cose più profonde, mi avevano vista crescere, e conobbero dopo sei anni i miei pianti, le mie delusioni, le mie aspirazioni e tutti i miei segreti.

Mi mancava poco tempo, ma non mi importava, dovevo dire delle cose a Zayn.

Presi dei fogli che erano rimasti, una penna dalla mia borsa che mi avrebbe accompagnato per il viaggio in aereo anche se era da finire da riempire, e cominciai a scrivere.

 

Ciao Zayn!

Non sono brava con le parole, ma questo tu non lo sapevi dato che non abbiamo avuto il tempo di scriverci e di fare tante altre cose.

Quando leggerai questa lettera, io sarò in volo verso Boston, verso quella città che io non conosco, e in cui so, che non mi ambienterò mai. Non la conoscerò mai tanto bene quanto Londra, sia perché non avrò il tempo di vederla, sia perché se ne avrò, non vorrò conoscerla perché non era mio desiderio andare lì.

Nel corso della mia vita in cui sono stata qui a Londra, ho conosciuto molte persone, alcune se ne sono andate, ma chi mi voleva bene è restato, e chi si è accorto di essersi allontanato da me è tornato.

Con quasi due mesi che ci conosciamo, tu sei stato sempre presente e se ti sei allontanato nell'ultimo periodo, è perché sono stata io a mandarti via da me. Ti ho ripreso alla fine e mi hai accettata con tutti i miei difetti, e hai conosciuto di me, cose che nessuno sapeva. Mi sono bastati due mesi per innamorarmi di te, e ora che me ne sto andando, non riesco ad immaginare una mia vita senza te, semplicemente perché non vivo se tu non sei con me. Chiamarla vita è un'assurdità. Non ho mai vissuto, la mia non è mai stata vita, e se lo è stata è stata sprecata, e logorata da lacrime che mi hanno scaturito altre persone. Hai riempito con il tuo affetto e la tua dolcezza il vuoto che c'era in me, e proprio quando ero piena, mi sono svuotata un altra volta. Sono stanca di riempirmi svuotarmi, sono stanca della persona che sono.

Non ci vedremo più. Già mi manchi al solo pensiero di salire su quel maledetto aereo, ma una cosa è certa, io non voglio che finisca qui. L'altro giorno ho detto cose che non avrei voluto dire se solo non ci fosse mio padre al di là della porta. In qualche modo voglio continuare a vederti, o meglio sentirti. Per questo quando puoi scrivimi delle lettere, dei messaggi, manda foto, fatti sentire... insomma non rimanere fuori dalla mia vita. Non so come andrà a finire, se rimarremo solo amici o cosa, ma non voglio perdere traccia di me. Appena arriverò a Boston, ti scrivo una lettera con i mio nuovo indirizzo! Spero che mio padre non troverà nella cassetta della posta le tue lettere, altrimenti non mi farà leggere nemmeno quelle.

Non le dico a voce queste cose, primo perché non posso e poi perché so che le lacrime non reggerebbero. È troppo difficile per me fare tutto questo.

Zayn ti amo più di me stessa e mai nessuno potrà prendere il tuo posto.

Spero tu non sia troppo arrabbiato con me.

Ti amo.

Phoebe.

 

Qualche lacrime bagnò la carta. Piegai il foglio e la misi in una busta.

 

Andai a prepararmi per il ballo.

Andai a farmi la doccia.

Feci un po' di boccoli qua e là ai capelli e poi raccolsi la frangetta. Mi truccai leggermente, misi il vestito, le scarpe e qualche accessorio. Presi un borsetta dove misi il cellulare e la lettere da dare Mary per Zayn.

Poi aspettai Clare mentre mia madre e mio padre erano fuori.

Alle sette e mezza precise Clare era arrivata.

Era uno splendore. Aveva un vestito delicato, con una fantasia a fiorellini sul rosa e sull'arancione che erano adorabili. Aveva raccolto i capelli in una cipolla, tranne qualche ciocca della frangetta che scendeva delicatamente sul suo viso in boccoli. Era truccata leggermente, ma era bellissima.

 

La palestra addobbata aveva un altro senso.

Vicino al canestro di basket, era stato messo un piccolo palco con il dj. C'erano luci e festoni di tutti i colori che creavano un'atmosfera tranquilla ma allo stesso tempo da festa. Vicino agli spalti erano stati allestiti i tavoli con le sedie con il buffet.

Non avevo fame così presi solo qualcosa da bere. Una sprite! Arrivò Mary e Liam con tutto il loro splendore seguiti da Zayn.

Non l'avevo mai visto così bello. Oltre al suo fascino di tutti i giorni, indossava un smoking come tutti gli altri ragazzi (altra regola del ballo) senza né cravatta ne farfallino. La camicia era azzurra e si intonava con il mio vestito. Peccato che non era il mio accompagnatore.

Per non piangere cercai di non guardarlo, ma i miei occhi non riuscivano ad andare da un'altra parte.

Carl era accompagnato dalla ragazza carina del corso di pittura. Stavano bene insieme.

Clare trovò un ragazzo con cui ballare, e io mi sedetti per guardare rifiutando tutti gli inviti al ballo.

La preside mi aveva anche chiesto di fare uno dei miei esercizi di ginnastica, ma io avevo preferito dirle no.

Zayn era seduto dall'altra parte della palestra, ma potevamo vederci benissimo.

Ma lì non c'era mio padre, a meno che non avesse installato delle telecamere.

Doveva pensare la stessa cosa lui, dato che si alzò e mi invitò a ballare. Speravo solo in un suo invito.

Accettai. Lo abbracciai forte.

-”Phoebe non te ne andare!”- mi disse mentre di sottofondo risuonava Wonderwall degli Oasis.

-”Zayn non posso! Io devo partire! Non potrò rimanere nemmeno molto!”-.

-”Non mi lasciare ti prego, resta almeno fino alla cerimonia di diploma. Fino a dopodomani! Ti prego Phoebe!”-.

-”Zayn devo andare!”- dissi per evitare di piangere andando verso la mia borsa per prendere la lettera da dare a Mary prima di andarmene.

Mi bloccò il polso con la mano e mi rigirò verso se.

-"Ma io ti amo Phoebe!"- mi disse Zayn.

-"Ti amo anche io Zayn, ma il nostro è un amore proibito!"-.

-"E come faremo?"- disse stringendomi le mani e guardando verso il basso.

-"Ci rincontreremo un giorno. Ci rincontreremo nei nostri sogni!"-.

Sorrisi per nascondere le lacrime che non volevo far scendere.

Scesero comunque.

Mi baciò. Era un bacio d'addio.

-”Ciao Zayn!”- dissi dandogli un ultimo bacio sulla guancia.

 

Andai a prendere la mia borsa. Presi la lettera e la diedi a Mary.

-”Mary questa è la lettera per Zayn! Ricorda quello che ti ho detto. Dopo le dieci, ne prima ne dopo! Mi raccomando!”- dissi porgendole la lettera.

-”Phoebe mi mancherai!”- disse catapultandosi per abbracciarmi.

-”Mary mi mancherai anche tu! Promettimi che ci rivedremo!”-.

-”Certo! Peccato che non potrai venire in Irlanda con me!”- disse stringendomi.

-”Gia!”- sussurrai.

Mi staccai da lei per evitare di sprofondare e abbracciai Liam.

-”Liam abbi cura di Mary!”- dissi.

-”Lo farò!”- rispose.

Andai verso Clare.

-”Ricordati che io sono qui!”- mi disse mentre ci abbracciavamo.

-”Lo so!”- finii col stamparle un bacio sulla guancia.

Andai a salutare anche Carl, mi sembrava giusto.

 

Uscii fuori da scuola da sola. Mary e Clare si erano offerte di accompagnarmi ma io avevo rifiutato evitando altri pianti.

Mia madre era fuori con la macchina. Salii senza proferire parola fino a casa.

 

Andai nel mio letto.

Ci avrei dormito l'ultima volta.

Poi una nuova vita sarebbe cominciata il giorno successivo.

 

 

Spazio autrice.

Hellooo!

Spero che questo capitolo vi piaccia anche se i discorsi sono veloci all'inizio, dato che quasi tutto è incentrato soprattutto nell'ultima parte.

Grazie alle lettrici che hanno messo tra le preferite/ seguite/ ricordate la mia storia, e grazie a quelle che hanno lasciato nei capitoli precedenti, una recensione.

Lasciatele anche qui, anche chi non ha mai recensito.

Insomma a chi va, che lasci una recensione, anche se negativa accetto tutto!

Grazie mille a chi lo farà!

Baci! 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16. ***


 

Erano le sette e mezza quando aprii gli occhi.

Dovevo sbrigare le ultime cose prima di salire su quel maledetto aereo che mi avrebbe portata all'inferno.

Non badai nemmeno a togliere le lenzuola al letto, non ne avevo voglia, e poi semmai ci avrebbe pensato qualcun altro a toglierle, non di certo io, che consideravo quel letto, ancora come il Mio letto.

Scesi in cucina, dove mia madre organizzava le ultime cose.

Sul tavolo c'era già una tazza di latte fumante, che io rifiutai. Ingerii solo un semplice biscotto al cioccolato. Lo stomaco si era chiuso da un bel po'.

-”Phoebe, la casa sarà messa in vendita, quindi lascia in ordine!”- mi disse mia madre mentre preparava la sua borsa.

-”Cosa vuol dire che devo rifare il letto, mettere a posto il bagno?”-.

-”Si per favore!”-.

Mi alzai e mi diressi in camera.

In quel letto matrimoniale non avrebbe dovuto dormirci nessun altro, non poteva conoscere i segreti e i pianti di un'altra ragazza, o di una bambina, o di un ragazzo, di nessuno.

Tolsi le lenzuola e le portai a mia madre che le mise in uno scatolone.

Presi una borsa grande a tracolla. Ci infilai dentro, cuffiette, telefono, occhiali da sole, un quadernino, una penna, il portafoglio con soldi e documenti e il passaporto.

Poi andai a lavarmi. Misi indosso dei pantaloncini, una maglietta e delle infradito dorate. Sistemai i capelli, ancora riccioluti per via del ballo e tornai in camera.

Mi sedetti sul letto. Non aveva più coperte.

Tutto era vuoto. Le pareti erano spoglie. Le finestre erano chiuse come le persiane.

Quanto mi sarebbe mancata quella camera. Anche se a Boston ne avrei avuta una più bella e più grande, quella da cui mi stavano portando via, sarebbe rimasta nel mio cuore.

 

Mettendo a posto varie cose si fecero le nove. Tutto era pronto per partire, per andare via, per lasciare quella fredda Londra, che però amavo così tanto.

La voce di mia madre risuonò in casa. C'era l'eco dato che tutto era vuoto.

-”Phoebe dobbiamo andare chiudi tu a chiave!”- mi disse mia madre accarezzandomi la schiena.

Annuii.

Presi le chiavi in mano a mia madre e le infilai nella serratura.

Rimasi in piedi per un attimo al centro del salotto. Chiusi gli occhi. L'odore che di solito c'era, non c'era più. Guardai in tutte le direzioni, e immancabilmente, ogni cosa mi ricordava Zayn. Dentro quella casa avevamo fatto tante cose, e il ricordo galleggiava nella mia mente.

Il clacson dell'auto e l'urlo di mio padre mi svegliarono dai miei pensieri.

Mi avvicinai alla porta, guardai per l'ultima volta la casa, e poi chiusi, evitando di piangere a dirotto.

Mio padre era ancora arrabbiato con me, ma anche io con lui. Mi stava portando via da una realtà che avevo appena cominciato a piacermi.

 

Arrivammo all'aereoporto.

Dopo i vari controlli, ci imbarcammo. Prima classe.

Mi sedetti da sola, vicino al finestrino.

Spensi il telefono. Lo avrei riacceso solo dopo il decollo.

Così feci e per tutto il viaggio la musica risuonava nella mia mente.

Mi addormentai e mi svegliai poco prima dell'atterro. Mia madre leggeva e mio padre anche.

Mi stropicciai gli occhi e levai un ultimo sbadiglio.

Mancava mezz'ora all'arrivo.

-”Dormito bene?”- chiese mia madre.

-”Una favola!”- risposi stizzita.

-”Senti tesoro lo so che non ti piace l'idea di andare e vivere a Boston ma...”- cercò di dire mia madre.

-”E non mi piacerà mai, mamma. Mi avete rovinato la vita ancora di più!”- risposi alterandomi.

-”Ma potrai...”-.

-”No... non potrò farmi una nuova vita! La mia vita l'ho fatta a Londra e a Boston non sarà mai vita!”- risposi per poi rigirarmi verso il finestrino.

La vista era grandiosa. Avrei preferito fosse quella di Londra.

-”Andrai in una nuova scuola, in quarto, sempre se ti avranno promossa, e andrai in una nuova palestra se ti prenderanno!”- fece mio padre.

Che sano ottimismo proprio.

Alle undici e dieci, ora di Boston, l'aereo atterrò. Tra Londra e Boston c'erano cinque ore di fuso orario. Mi ci sarebbe voluto un po' per ambientarmi.

 

 

L'aeroporto era enorme.

Faceva abbastanza caldo. Mio padre aveva già un appuntamento con un suo collega, che doveva fargli vedere il suo posto di lavoro. Mia madre avrebbe visto l'ospedale in cui avrebbe lavorato nel pomeriggio. E io? Io quando avrei visto la mia nuova scuola? Ma soprattutto quando avrei visto la mia nuova palestra?

Eravamo appena arrivati e nonostante stessi ancora con mia madre, mi sentivo sola.

Chissà se Mary aveva consegnato la lettera a Zayn. Il giorno successivo lui avrebbe avuto la cerimonia di diploma. Avrei voluto esserci. E invece mi trovavo a sei ore d'aereo lontana da lui.

 

Con mia madre, andai nella nuova casa. Più che una casa era una vera e propria villa.

Era un po' come la villa della nonna di Zayn. L'arredamento era lo stesso della casa che avevo a Londra, tranne il tavolo, il mobile della sala e quelli del bagno. E la mia camera.

Andai subito lì, portando le due valigie. C'erano tre piani di casa e un rustico.

La mia camera era grandissima. Avevo una finestra in stile vittoriano, con una panca incassata sotto, con dei cuscini colorati sopra.

L'armadio era in una piccola stanza: potevo entrarci dentro.

La scrivania era la stessa. Appoggiata al muro c'era un grande mobile, e sopra era stata messa la tv, i libri, e tutti le coppe e le medaglie della ginnastica.

Era una camera enorme: il letto stava al “secondo piano” della camera. C'era una specie di soppalco che era raggiungibile grazie ad una scala a chiocciola. Lì sopra c'era oltre al mio letto matrimoniale, anche dei puff, e un altro letto singolo con materasso a petali.

Dal soppalco si poteva raggiungere un piccolo balconcino fiorito, che dava sulla piscina. Si c'era anche una piscina! Su una parete del soppalco c'era una foto che prendeva tutto il muro, che mi raffigurava in una gara dell'anno precedente, in cui ero arrivata prima stracciando le avversarie.

Scesi in cucina dove c'era mia madre che svuotava gli scatoloni.

-”Allora come trovi la tua stanza?”- mi chiese con enfasi.

-”Bellissima ma troppo esagerata. Non ho bisogno di due piani. E poi il balconcino! Non serviva. Le pareti mi piacciono, perché sono come quelle della vecchia casa a Londra. Ribadisco che è troppo grande!”- dissi sedendomi su uno sgabello in cucina.

-”La casa non l'abbiamo scelta noi. Il lavoro di tuo padre l'ha scelta e l'ha organizzata!”- rispose.

-”Chi ha messo le mie cose a posto?”- chiesi infastidita.

-”Qualche collega!”-.

-”Non voglio che si tocchino le mie cose! Se avessi delle cose private che non voglio far vedere a nessuno? Dove sono i scatoloni con la mia roba?”- continuai.

-”Sono in sala sopra c'è scritto il tuo nome e...”-.

-”Grazie!”- la interruppi andandomene.

Lei mi raggiunse in cucina:-”Dopo andiamo a farci un giro per Boston?”- chiese sorridendo.

-”Passo preferisco rimanere qui! Semmai ci andrò da sola!”- la smontai.

Presi i scatoloni, senza neanche guardare il resto della casa, e andai in camera mia.

Molta della mia roba era stata messa a posto, la restante era ancora inscatolata.

Qualche vestito era lì dentro.

Organizzai tutto e poi mi sedetti sulla panca. La casa mi piaceva, ma non mi serviva una casa enorme, perché tanto vivevo da sola.

 

 

Una nuova vita, che io non volevo, mi aspettava a Boston. Quella città che vedevo solo in televisione, era diventata la città dove avrei vissuto per il resto della mia vita, sempre se non avrei dovuto ritrasferirmi di nuovo.

Solo dopo scoprii che in quella casa c'era una palestra tutta per me. Che fossero pazzi? Non mi serviva una casa con una piscina e una palestra enorme.

Volevo tornare a Londra, tutto era esagerato, e era esagerato per farmi piacere vivere lì. Nessuno capiva che, tutto quel lusso, mi faceva odiare ancora di più, stare in quel posto.

La palestra era dotata, di spalliere, sbarre, tappetoni e tutto quello che c'è in una palestra.

Mi sdraiai su un tappetone.

Mi arrivò una telefonata: Mary.

-”Ciao Mary!”- dissi felice di sentirla.

-”Phoebe sono contenta di sentirti! Come è andato il volo?”-.

-”Bene anche se ho dormito per tutto il tempo!”-.

-”Com'è la casa?”- chiese.

-”È bellissima, ma è tutto enorme. Pensa che h una camera a due piani, una piscina e una palestra, cazzo, non so se mi spiego, una palestra!”- dissi sottolineando la parola palestra-” Tutto è bello ma non ho bisogno di una casa enorme. Vorrei vivere anche in una baracca pur di tornare a Londra. Già mi manca. E mi mancate tutti voi”- dissi mentre sentivo che stavo per piangere.

-”Phoebe, non ti voglio far sentir peggio, ma Zayn non si da pace. Non vuole andare alla cerimonia di diploma, perché dice che tutto è inutile se non è con te!”- disse con voce dispiaciuta e roca.

Scoppiai a piangere.

-”Mary non mi darò pace nemmeno io. Riuscirò in un modo o nell'altro a tornare a Londra. Non finirà qua!”- dissi singhiozzando-”Digli che deve andare alla cerimonia. Digli che lo deve fare per me! Convincilo e digli che non deve mancare e che mi farò sentire. Mary portalo lì anche a forza di trascinarlo!”- proseguii.

-”Vabbene Phoebe lo farò!”-.

 

 

Caro Zayn,

è il primo giorno che sto qui. Tutto è esageratamente esagerato. Rimpiango la mia casa a Londra, rimpiango la mia scuola, la mia palestra, rimpiango tutto di Londra.

Ma soprattutto mi manchi tu.

Non sono ancora andata a vedere Boston, ma so che non mi piacerà mai quanto Londra.

Mary mi ha detto che non vuoi andare alla cerimonia di diploma. Anche se questa lettera ti arriverà dopo, tu ci devi andare, non voglio sentire da te, che non ti va. Non devi mollare, e in ogni cosa che fai e che farai, devi pensare che io con il cuore starò lì.

Non ho ancora visto la mia scuola e la mia palestra, ma ti dico solo che, in casa c'è anche una palestra tutta per me. Non volevo una casa di Teen Cribs. Che schifo! Anche se è bella, non l'apprezzerò mai quanto quella a Londra. Voglio tornare lì.

Il volo è andato bene anche se ho dormito per quasi tutto il tempo.

C'è anche una piscina.

Non voglio niente di tutto questo.

Io voglio solo tornare da te!

Ti amo troppo Zayn.

Ciao!

Phoebe.

P.S: Il mio nuovo indirizzo è scritto sulla busta!

 

 

Avevo preso la patente già a Londra. Dovevo andare a spedire la lettera a Zayn, ma dovevo arrivare in città, e la casa si trovava fuori il centro.

La mia bici era rimasta a Londra, così optai coll'andare a piedi.

Scoprii che ci volevano venti minuti per raggiungere la città, grazie ad una scorciatoia che mi aveva indicato un gentile vecchino che abitava nella stessa zona in cui abitavo io.

Boston era enorme e caotica, piena di grattaceli, negozi e semafori.

Comprai un francobollo con i dollari. Dovevo abituarmi anche a quelli.

Poi l'attaccai sulla lettera e la inviai.

Nonostante anche Londra fosse una grande città, Boston era molto più caotica.

Non ci volevo restare. Volevo scappare via.

 

Dopo essermi fatta un giro tornai a casa.

Tutto era come prima. Non c'era nessuno, tranne Flore e Zoe.

Mia madre era uscita per vedere l'ospedale, e probabilmente si era già ambientata tanto, da rimanere lì, e mio padre aveva già cominciato a lavorare. Andava molto d'accordo con il suo capo e con tutti i suoi colleghi. Non sarebbe stato difficile per lui, rimanere lì a dormire.

L'estate era cominciata, anche se speravo che non cominciasse in quel modo.

Volevo passare la mia estate con Zayn a Londra, e andare in Irlanda insieme a Mary.

Invece mi ritrovavo lì.

In quella città confusionaria in cui tutti correvano e andavano di fretta.

 

 

Andai in camera mia e mi affacciai dal balconcino.

C'era una vista molto bella da lì.

La luna era piena, e il cielo trapunto di stelle.

Chiusi gli occhi e immaginai di essere ancora a Londra, vicino al Big Bang. Le sue campane suonavano come sempre, il cielo era grigio come normalmente e qualche spiraglio di luce illuminava la città. Quando riaprii gli occhi, potevo sentire i clacson di Boston.

Londra dove sei?

 

 

Spazio autrice.

Questo non è di certo uno dei capitoli più belli che mi siano usciti!

Al prossimo capitolo cercherò di essere migliore.

Forse qualcuna non si aspettava che Phoebe partisse. Invece si, ora si trova a Boston dove dovrà ricominciare una nuova vita.

Premetto che alla fine della storia, mancano ancora tanti capitoli, in cui succederà quello che forse molte non si aspettano. Può succedere di tutto.

Ringrazio ancora le lettrici che seguono dall'inizio questa ff, e che l'hanno inserita nelle preferite/seguite/ricordate!

Vi prego di recensire! Ribadisco che accetto anche delle critiche, sopratutto in questo capitolo che non è uno dei migliori. Qualunque cosa vi sentiate di dire, dite!!

Accetto di tutto!


 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17. ***


 

Com'è che quando cerchi aiuto ti ritrovi sola, ma così sola, che credi di essere dimenticata dal mondo intero e neanche tu sai più chi sei?

Ecco. Mi sentivo così. Da quando ero a Londra, era cambiato tutto, tranne una cosa: la solitudine. Mi ritrovavo ancora da sola.

 

Quella mattina ero in “compagnia” di un'estranea.

Mia madre era passata a casa per prendere dei documenti da portare in ospedale.

-”Sei uscita a visitare Boston ieri?”- mi chiese avvicinandosi a me.

-”Si ma per poco!”- dissi scostante.

-”Ti piace?”-.

-”No! Di certo non è meravigliosa quanto Londra!”- dissi fredda.

-”Comincerai ad ambientarti. Una mia collega ha un figlio della tua età, magari potreste...”- cercò di dire.

-”No mamma, non ci sarà mai nessuno come Zayn! Non voglio frequentare nessuno!”- la interruppi.

-”Magari potreste diventare soltanto amici! Lavora ad un bar e....”-.

-”No ti ho detto di no mamma!”- ribadii.

-”Va bene se ti serve qualcosa dillo!”- disse sorridendo cercando di avvicinarsi a me.

Io girai i tacchi e me ne tornai in camera.

 

Era mattina e io non sapevo cosa fare. Londra la conoscevo e potevo fare tante cose, a Boston era tutto difficile. In più a Londra si stava diplomando Zayn, e quindi era un motivo in più per essere nervosa.

Volevo piangere e buttare tutto fuori.

Presi la fune e andai in palestra a casa. Misi una canzone a caso, e cominciai a fare uno dei miei esercizi con la fune, aggiungendo dei passi nuovi e scatenandomi al massimo per sfogarmi quanto più potevo.

Mi fermai perché avevo una chiamata: Mary!

-”Pronto!”- risposi alla chiamata col fiatone.

-”Phoebe stai inseguendo una scimmia?”- chiese.

Sorrisi.

-”Scusa stavo eseguendo un esercizio con la fune... e ho esagerato!”-.

-”Zayn si è diplomato!”- disse con enfasi.

Una lacrima scese involontariamente rigando la mia guancia sudata.

Tiravo su col naso.

-”Phoebe si è diplomato per merito tuo, non piangere! Lo hanno convinto le tue parole, ti sentiamo vicino a noi anche se non ci sei!”-.

-”Lo so ma è difficile per me Mary. Prova tu a essere qui lontano da tutti i tuoi affetti. Sono sola qui. E con sola intendo proprio sola!”-.

-”Phoebe sta tranquilla. Non ti dimenticheremo facilemente!”- fece lei.

Non ti dimenticheremo facilmente.

Volevo vedere cosa sarebbe potuto succedere un mese dopo. Pensandoci, avrei voluto non arrivarci.

 

Spensi il telefono e lo lasciai a casa.

Andai a farmi una doccia veloce e decisi di uscire un po'.

Feci la stessa strada del giorno precedente.

La città era uguale al giorno prima.

Il cielo era grigio e nuvoloso, e stava cominciando a tuonare e per questo la pioggia non tardò a scendere.

Come succedeva a Londra, non avevo l'ombrello, per cui oltre a bagnarmi cercai un riparo.

Lo trovai ad un bar.

Mi sedetti. Dopo un po' arrivò un cameriere.

-”Se ti siedi devi prendere qualcosa!”- mi disse.

-”Ma fuori piove!”- dissi indicando la pioggia fuori la finestra.

-”Lo so, fosse per me farei restarti, ma il capo poi se la prende con me. In qualunque modo di consiglio di prendere un cappuccino!”- disse sorridendo.

-”Se è così, preferisco qualcosa di salato!”-.

-”Abbiamo hamburger, hot dog, panini, stuzzichini....”-.

-”Prenderò un hot dog!”- dissi interrompendolo.

-”Grande o piccolo?”-.

-”Molto piccolo!”- risposi.

-”Da bere?”-.

Annuii.

-”Abbiamo cocacola, sprite, aranciata, limonata, birra...”-.

-”Una cocacola!”- lo interruppi di nuovo.

-”Grande o piccola?”-.

-”Molto piccola!”- risposi nuovamente.

-”Con tanto o poco ghiaccio?”-.

-”Niente ghiaccio per favore!”-.

-”Patatine?”-.

Annuii.

-”Grandi o piccole?”- chiese.

Tentai di rispondere.

-”Fammi indovinare? Molto piccole?”- chiese ironicamente.

Risi.

-”Bingo!”- risposi.

-”Non sei una che segue le regole eh!”- disse martellando la sua penna sul blocchetto.

-”Già!”-risposi.

Tornò alla sua postazione e dopo un ò mi portò quel che avevo ordinato.

Ringraziai.

Tutto era come quello che avevo chiesto, l'unica cosa che mancava era la fame.

Non avevo fame, e non avevo la forza di ingoiare dei cibi grassi. Ma non potevo bagnarmi ancora, così cercai di sforzarmi pensando a Zayn.

Riuscii ad ingoiare una patatina e mezza, di dare un mozzico all'hot dog e di bere un sorso della bibita.

Lasciai tutto quanto quasi.

Tornò il cameriere.

-”Non sei una che mangia tanto!”- disse prendendo i piatti.

-”Già!”- risposi.

-”Scommetto che se ti chiedessi cosa preferisci da magro e grasso risponderesti molto magro!”- scherzò.

Annuii.

Ero anoressica no molto magra.

Si sedette di fronte a me.

-”Ci sono persone che risponderebbero anoressica! Come fanno le persone a ridursi in quello stato?”- disse gesticolando.

Mi alzai.

-”Beh stai parlando con un'anoressica, e ti dico che ci sono dei motivi molto forti per ridursi al digiuno. Ora vado ecco il conto, tieni il resto!”- dissi raggiungendo l'uscita.

Uscii fuori che pioveva ancora e mi bagnai.

-”Aspetta! Scusa!”- disse una voce che mi seguì.

Mi girai, era il cameriere.

-”Scusa non lo sape...”-.

-”Tranquillo, ora devo andare!”- dissi sorridendo.

-”Aspetta prendi questo ombrello! E poi piacere, sono Tommy!”- disse porgendomi una mano.

-”Io sono Phoebe!”- dissi rispondendo al suo gesto.

-”Mi sono avvicinato a te perché ti ho riconosciuta. Mia madre è una collega di tua madre e ti ha descritta così bene che ti ho riconosciuta. Ma non sapevo che fossi anoressica!”- continuò.

-”Tranquillo! Devo andare ciao!”- dissi andandomene.

 

Tornai a casa, uguale a come l'avevo lasciata.

Andai ad asciugarmi i capelli e mi sedetti sul divanetto di camera mia.

Presi carta a penna e scrissi.

 

Caro Zayn,

è il secondo giorno qui senza di te. Più ora che passa, più mi tormenta l'idea che ovunque io vada, non posso chiamarti perché venga insieme a me. L'idea di continuare così per tutta la vita, mi strugge.

Mia madre voleva farmi conoscere il figlio di una sua collega. Io non ho voluto, ma casualmente l'ho incontrato. Si chiama Tommy, è un tipo strano. Non lo conosco e comunque non voglio frequentare nessuno. Rimarrai nella mia mente. Hai avuto un'influenza non poco importante su di me, e non c'è secondo che passa, in cui io non ti pensi.

Sei un pensiero fisso.

Sono contenta che tu ti sia diplomato. Avrei voluto esserci. Ti ho pensato molto oggi.

Ti penso molto da quando ci siamo lasciati.

Non è finita qui Zay, almeno non così. Non voglio perderti, non sai quanto tu sia importante per me.

Sono fragile, troppo fragile, e non mi piace farmi vedere così dalla gente. Cerco di essere la persona forte che tutti vedono esteriormente, ma in realtà non sono così. Sono come un biscotto.

Zayn ti prometto che non ti dimenticherò.

Ti amo!

Phoebe.

 

 

Riaccesi il telefono: una chiamata persa da Danielle.

La richiamai.

-”Phoebe, Mary mi ha raccontato tutto, mi dispiace un'enormità!”- disse con voce discpiaciuta.

-”Già! Mi hai chiamata per questo?”- chiesi.

-”No, volevo dirti che le convocazioni per la federazione, ci metteranno più del previsto ad arrivare perché ormai hanno già scelto le ginnaste della squadra per la prossima stagione. Se ne parlerà per l'anno prossimo! Potrai entrare in federazione Americana!”- mi disse.

-”Quando arriva la lettera di convocazione, se arriva, avvertimi!”- dissi con voce senza un minimo di espressione.

-”Okk!”-.

 

 

Smise di piovere e decisi di uscire per un secondo per spedire la lettera.

Comprai il francobollo nello stesso negozio e la spedii.

Tornando a casa incontrai di nuovo il gentile vecchino.

-”Buonasera signorina!”- disse attirando la mia attenzione.

-”Buonasera signore!”-.

-”Puoi chiamarmi Tim!”- disse sorridendo.

-”Io mi chiamo Phoebe!”- risposi.

-”Piacere Phoebe!”-.

-”Ora vado, buona giornata Tim!”- dissi salutando con la mano.

-”Anche a te Phoebe!”- rispose.

Strana conversazione. Quel Tim aveva attirato la mia attenzione! Avevo l'impressione che volesse dirmi qualcos'altro. Sicuramente non sarebbe stata l'ultima conversazione con quel signore.

Era gentile e avevo l'impressione che volesse approfondire la mia conoscenza, dandomi dei consigli. Aveva l'aspetto di una persona saggia.

Perché si era presentato proprio a me? Perché avevo tutte quelle strane impressioni?

Continuai per la mia strada e arrivai a casa.

La guardai per la prima volta tutta quanta. Era enorme.

Fuori oltre alla piscina, c'era un portico con sedie, tavolo e barbeque, e più giù sul prato c'era un gazebo fiorito. Erano gigli. Adoravo quei fiori. Nel gazebo c'erano delle sedie bianche di legno.

In casa c'erano quattro bagni. Il più grande era il mio. Ognuno aveva il suo bagno privato, e il mio aveva una doccia che prendeva un'intera parete, una vasca, un mobile enorme, con uno specchio quadrato, degli scaffali pieni di prodotti e un lavandino piuttosto strano per la sua forma.

Al piano terra c'era un grande rustico, anzi, un enorme rustico, con angolo cucina, un salotto non poco stretto, con una televisione a non so quanti pollici, e un impianto acustico quasi come un cinema. Non avrei apprezzato di più la mia vita a Boston con tutto quel lusso.

Guardai l'orologio: erano quasi le otto di sera.

Andai in camera mia.

Avrei voluto buttare tutto quanto fuori la finestra, distruggere tutto quel ben di Dio, spaccare i vetri delle finestre, fare in mille pezzi gli specchi di tutta casa, prendere a calci i fiori sul mio balconcino, allagare tutti i bagni, tagliare coperte e lenzuola, buttare i cuscini, staccare la spina al frigo, aprire il gas per far saltare in aria quella stupida casa lussuosa, di cui io non avevo bisogno e in cui non volevo vivere. Volevo urlare per liberarmi, volevo scappare da tutto quello che mi stava succedendo, oppure più semplicemente, chiudere gli occhi e non svegliarmi mai più.

Non feci niente di tutto questo e cercai di giocare allo stesso gioco dei miei. Se loro volevano tenermi a Boston, io li avrei fatto spendere di tutto, pur di lasciarli in mutande. Ero stanca di vivere da sola, e se proprio dovevo giocare, allora dovevo prepararmi al gioco molto più lurido di quello dei miei genitori. Avrei trovato il negativo in tutto, avrei comprato e comprato per cercare di trovare il positivo, non trovandolo mai e continuare a spendere, finché i miei genitori fossero così stanchi da sentire le mie vere motivazioni e accorgendosi di quanto fossi triste realmente.

Mi mancava la compagnia di una famiglia, di un'amica dolce e disponibile e di un fidanzato che avesse occhi solo per me. Quand'è che avrei smesso di soffrire? Diamine il peggio di tutto il mondo, si riversava solo sulla mia persona.

Mia madre aveva detto che se avevo bisogno di qualcosa dovevo chiederlo.

Innanzitutto tra tutto il lusso non era stato inserito un computer con una rete internet.

Bene, benissimo. Presi dei post-it tra la mia roba e scrissi:

“Per chi avrà il tempo di leggere: ho bisogno di un computer e di una rete internet il più presto possibile, grazie!”.

 

Dopodiché andai ad infilarmi nel letto sperando di sognare qualcosa di migliore rispetto a Boston.

Qualcosa di migliore rispetto a tutto quel lusso.

Qualcosa di migliore rispetto alla mia vita.

Dio se ci sei, perché non mi aiuti? 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18. ***


 

Pigramente mi alzai per le undici. Dormii tanto.

Mi guardai a torno, e ricordai tristemente di non trovarmi nella mia amata Londra.

Perché avevo riaperto gli occhi?

Scesi lentamente, ancora un po' assonnata, in cucina, dove aprii e richiusi senza prendere niente il frigorifero. Non sentivo il bisogno di mettere qualcosa sotto i denti, per poi ingoiarlo giù.

Non avevo più la forza di mangiare da quando non vedevo più Zayn. La mia prima priorità era tornare da lui, così il cibo passò non in secondo piano, ma in millesimo piano.

Andai verso il salotto per sedermi sul divano, e trovai sul mobile dove il giorno prima avevo lasciato un post-it, un computer e un altro post-it:

“Eccoti accontentata! Ci mancava proprio! Mamma e papà!”.

Mamma e papà. Era meglio se avessero scritto “Estraneo ed estranea!”.

Entrai sul mio profilo facebook. Non avrei dovuto farlo.

Trovai le foto del diploma di Zayn. Aveva la sua toga e il suo cappellino azzurri, e un sorriso finto stampato sulla faccia. Sotto c'era scritto:”Meglio fingere un sorriso, che far scendere una lacrima”.

Non era felice, e lo potevo vedere da sola.

Appena vidi Zayn, mi recai di corsa in camera mia per scrivere un'altra lettera.

 

Caro Zayn,

terzo giorno senza te.

Più vado avanti e più penso che la mia vita è uno spreco senza di te. Vivo sperando che un giorno potrò riabbracciarti e che potremmo fingere che tutto questo non sia mai accaduto.

Ho visto le foto del tuo diploma. Come sempre eri bellissimo. Ma tutto questo non ha potuto che destarmi una lacrima. Sono lacrime amare quelle per te. Ne butterò giù, tante e tante ancora, e non mi darò pace finché non potrò rivedere il tuo splendido sorriso dal vivo.

Sono arrabbiata, perché so che se sei triste è sola per colpa mia. Io ti provoco tutto quel che stai passando di negativo. Sono io la causa del tuo umore.

Le tue lettere ancora non arrivano, sempre se le stai scrivendo.

Io spero di si. Ho voglia di sentirti, di vederti, di sapere quel che stai facendo, e magari perché no, farlo insieme a te. Mi mancano le nostre chiacchierate, le nostre passeggiate, le uscite al cinema, le risate, le carezze, mi mancano i tuoi sorrisi splendidi, i tuoi occhi profondi puntati su di me, i tuoi baci, il tuo affetto, insomma mi manca la tua presenza.

Te lo ripeto, io ti giuro che quello a Londra non sarà il nostro ultimo incontro. Voglio incontrarti ancora e ancora fino a quando non ne avrò più voglia, ma sono sicura, ne sono sicurissima, che non mi stancherò mai.

Molte ragazze, sicuramente staranno approfittando del fatto che io non sono con te. Sta a te la decisione di farle entrare o meno nella tua vita.

Se lo farai ti prego di dirmelo, così smetterò di scriverti lettere. Magari ti starò scocciando.

Tu come stai? Cosa hai deciso del tuo futuro?

Scrivimi al più presto. Mi manchi.

Ti amo.

Phoebe.

 

 

Chiusi accuratamente il foglio nella busta, e la poggiai sulla scrivania.

Andai poi nel mio super bagno, per darmi una rinfrescata e per prepararmi. Dovevo spedire la lettera, e magari avrei fatto qualche giro per Boston. Nonostante non mi piacesse stare là, avrei comprato qualcosa per Mary, Clare e Zayn, perché ero sicura che li avrei rivisti prima o poi.

Mi truccai leggermente come ero solita fare, e poi mi vestii comodamente per rimanere fresca e comoda durante la giornata.

Preparai la mia borsa e misi nel portafoglio dei soldi.

 

 

Uscii di casa e mi incamminai come facevo da due giorni, verso il tabaccaio dove avrei comprato il francobollo e dove avrei inviato la lettera.

Nello stesso punto degli altri giorni, trovai Tim.

-”Buongiorno Tim!”- dissi educatamente.

-”Buongiorno Phoebe. Dove va di bello?”- chiese sorridendo.

-”Vado a spasso per Boston, lei che fa?”-.

-”Oh beh, pianto dei fiori per tenere accogliente questo posto!”-.

Tenere accogliente un posto tra l'erba?

-”Buona giornata allora!”- continuai.

-”Aspetta!”- disse avvicinandosi a me-”Dato che sei giovane ed agile, potresti farmi una commissione? Sembri una ragazza molto affidabile, mi fido di te!”- disse prendendo qualcosa in tasca.

Io annuii sorridendo.

-”Mi potresti comprare questi fiori?”- disse indicando una foto-”Sono peonie! Non si trovano facilmente ma sono sicura che potrei trovarle!”- prosegui dandomi infine dei soldi per i fiori.

-”Certamente! Posso portare con me la foto?”- chiesi.

-”Certo! Ecco!”- disse per ultimo.

Poi lo salutai e andai per la mia strada.

 

Inviai la lettera.

Dopodiché andai al bar da Tommy. Volevo provare a mangiare qualcosa.

-”Ciao Phoebe, ero convinto di non rivederti più!”- mi salutò Tommy appena entrai.

-”E invece eccomi qui!”- dissi.

-”Cosa ti porto?”-.

-”Beh, sono mezzogiorno, fare colazione ora mi sembra assurdo. Portami un'insalata!”- dissi guardando sul menù.

Mi chiesi solo allora perché mia madre aveva chiamato bar quel locale. Non poteva essere un bar, se vendeva cose da mangiare. Era più che altro un bar-paninoteca!!

Mi sedetti comodamente al posto dell'altra volta, e dopo poco arrivò Tommy con la mia ordinazione.

L'insalata era invitante e mangiai qualche cosa, pur lasciandone la maggior parte.

Entrò ad un certo punto una ragazza molto carina, con i capelli rossi lunghi e gli occhiali. Aveva un sorriso stampato sulla bocca.

Tommy era vicino a me che mi portava un bicchiere d'acqua e alla vista di quella ragazza, lo fece cadere sul tavolo.

-”Cazzo sono un vero imbranato!”- disse prendendo una pezza per asciugare.

-”Tommy sta tranquillo non è successo nulla!”- lo tranquillizzai.

-”Mi sta guardando?”- mi chiese guardandomi.

-”Chi?”-.

-”Shelly!”- esclamò.

-”E chi è Shelly?”-.

-”Quella ragazza bellissima dalla chioma rossa!”-.

Guardai in direzione della ragazza che guardava Tommy.

Annuii.

-”Ciao Shelly!”- disse con enfasi Tommy girandosi verso di lei.

Quella situazione mi faceva sorridere

-”Ciao Tommy! Ecco a te l'ordinazione”- rispose la ragazza sorridendo porgendo uno scatolone a Tommy.

-”Oh grazie!”- rispose lui con fare imbranato.

-”Niente!”-.

Tommy continuava a guardare la ragazza mentre le sue guance divenivano pian piano sempre più rosse come la maglietta della sua divisa.

La ragazza sembrava essere interessata a lui, dato che si scostava i capelli da davanti il viso, con fare malizioso e come chi si vergogna.

Dopodiché Shelly uscì, lasciando il povero Tommy da solo.

-”Sono un imbranato!”- disse desolato buttandosi a peso morto di fronte a me.

-”No, sei più che altro impacciato. Devi solo scioglierti un po', secondo me la ragazza è interessata a te!”- dissi facendo l'occhiolino.

-”Sono innamorato perso. È la ragazza delle consegne!”-.

-”Si vede che ti piace da morire!”- continuai io.

-”E tu? Tu sei innamorata?”- mi chiese.

Aveva colpito un tasto di me che aveva una ferita ancora del tutto aperta, e la sua domanda la lacerò ancora di più. Diventai seria tutto d'un botto.

-”Si … si sono innamorata persa!”- dissi abbassando lo sguardo.

-”E lui chi è?”- chiese lui innocentemente non sapendo di rendermi triste.

-”Si trova a Londra, ed è la ragione per cui mio padre mi ha trascinata qui!”- risposi mentre tirai su col naso nascondendo i miei occhi lucidi.

-”Scusa non sapevo che avessi una storia complicata. Sono un vero imbranato. Faccio delle domande sbagliate, nel posto sbagliato, con la persona sbagliata!”-.

Lo tranquillizzai che non era niente, anche se la ferita aveva avuto un ostacolo in più per rimarginarsi.

 

Non finii quello che avevo ordinato. Pagai e poi prima di uscire chiesi a Tommy dove trovare un fioraio. Me ne consigliò uno, non molto lontano da lì.

Dopo dieci minuti e dopo aver chiesto informazioni alle persone, arrivai in un fioraio.

Era strapieno di fiori, ne aveva di tutti i tipi, di tutti i colori, e c'era un profumo buonissimo.

Acquistai delle peonie che fortunatamente trovai e tornai a casa.

Tornando mi guardavo qua e là, e realizzavo ogni istante di più, che quella città, era la città in cui avrei dovuto vivere.

Trovai qualche souvenir per Mary, Clare e Zayn.

Pensai per un attimo che stessi sognando e che la mattina mi sarei svegliata sempre lì a Boston, ma mi sarei resa conto che ero in vacanza. Invece no, ero in un incubo.

Trovai il signor Tim, che mi ringraziò moltissimo. Non smetteva più di dire di quanto fossi affidabile.

Non l'avrebbe pensata così quando un giorno sarei scappata da lì. Perché era questo quello che volevo fare. Fuggire.

Chi sa perché doveva piantare fiori e alberi in quel posto inospitale.

C'erano molti fiori, e dovevo ammettere, che la parte che li aveva aveva un aspetto molto bello.

Con passo veloce, ripresi la mia strada guardandola e osservando ogni angolo di quel posto.

 

Arrivai a casa ed ero molto accaldata per via della temperatura estiva calda, a cui non ero abituata essendo vissuta a Londra fino ad allora.

Decisi perciò di farmi un bagno in quella piscina che aveva le dimensioni quasi olimpioniche.

Misi un costume a fascia azzurro, legai i capelli in una cipolla e rimasi a guardarmi allo specchio per un po'.

Cosa ne avrei fatto di me, senza di Zayn?

Per non allarmarmi troppo, presi l'asciugamano il telefono, e il computer e scesi in piscina.

Mi tuffai. Fu un vero sollievo sentire l'acqua fresca sulla mia pelle.

Mi fece ricordare quel giorno dove ero andata a casa della nonna di Zayn.

Fu una giornata fantastica. Ancora pensavo alla storia commovente della nonna.

Quello mio e di Zayn, era un amore proibito. Anche io avrei avuto da raccontare una storia commovente ai miei figli e ai miei nipoti, in compagnia di Zayn, perché ero convinta che in un modo o nell'altro, sarei riuscita a tornare da lui. Avrei lottato fino all'ultimo per riuscire ad ottenere quel che volevo.

Quel costume mi stava un po' largo. Nemmeno la “s” mi calzava più.

 

Uscii dalla piscina e misi l'asciugamano sulla sdraio.

Mi sedetti sopra e accesi il computer.

Entrai sul mio profilo facebook.

-“Ehi <3”- scrisse Clare.

-”Eiii! <3”- risposi io.

-”Come va?”- chiese.

-”E come deve andare? Voglio tornare qui fa tutto schifo. I miei hanno preso una casa enorme, stile Teen Cribs, con tanto di piscina grandissima e una palestra in casa. Ho una cameretta a due piani, un salotto che assomiglia a quello della Regina Elisabetta, tre bagni, di cui il mio è enorme. Sperano di farmi apprezzare la vita a Boston in questo modo, ma non ci riescono. Le uniche persone che ho conosciuto fino ad ora sono un vecchietto di nome Tim, un ragazzo che lavora al bar che si chiama Tommy, e la ragazza che le piace di nome Shelly. Che poi la ragazza nemmeno la conosco, non c'ho nemmeno parlato. Qui fa un caldo assurdo. Voglio tornare nella fredda e piovosa Londra, e da tutti voi!”- risposi.

-”Zayn non si da pace. Non esce più da quando te ne sei andata, nemmeno Liam è riuscito a tirarlo su di morale! Mary la vedo in giro che piange. Liam cerca di consolarla ma lei è triste lo stesso. Io sto male perché ti ho appena ripresa e già ti ho persa di nuovo. Londra non è più Londra senza te!”- scrisse.

Londra non è più Londra senza me, e io non ero più io senza Londra con tutti loro.

-”Grazie Clare, di tutto...!”-.

Stava scrivendo qualcosa ma io scrissi:-”Ora stacco! Ci sentiamo! Ti voglio bene <3”-.

Uscii dal mio profilo e spensi il computer.

Quanto ancora sarebbero durati quelle conversazioni via telefono, lettere e facebook?

Volevo vederli in faccia. E vedere realmente come stavano. Mi mancavano tutti.

 

Andai a farmi la doccia mentre mille pensieri mi frullavano per la testa.

Lasciai i capelli bagnati e mi sedetti sul divano.

Accesi la televisione. La guardavo ma il mio sguardo e la mia testa non erano rivolti verso di lei.

Presi un post-it e scrissi:-”Mi servono dei costumi a fascia taglia “xs”! Grazie!”.

E la misi al solito posto.

Poi tornai sul divano a “guardare” la tv.

 

Mi mancava tutto.

Mi mancavo io.

Io non ero più io.

Tutto era diventato niente.

E io non lo accettavo.

Non lo avrei mai accettato.

 

 

Spazio autrice.

Grazie a chi ha letto fin qui.

Già che ci siete, se vi va, recensite.

Ringrazio ancora le ragazze che recensiscono, e che mettono tra le preferite\seguite\ricordate questa ff.

Spero di non essere stata deludente. 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19. ***


Mi svegliai alle undici. Me la presi con comodo, tanto non avrei dovuto fare niente.
Scesi in cucina, e presi del latte freddo. Con il bicchiere in mano, andai a sedermi fuori, al portico guardando l'orizzonte. Dov'era Londra?
 
Bevvi tutto il latte. Infondo quello non mi poteva far ingrassare.
Andai a guardare la cassetta della posta. Sentivo che c'era qualcosa per me, lo speravo tanto.
Andai a vedere a oltre a delle scartoffie, trovai una lettera per me. Da Clare.
C'eravamo sentite il giorno prima, e mi aveva inviato anche una lettera. Forse era quello che mi stava per dire su facebook.
La aprii nonostante sperassi che fosse di Zayn.
 
 
Cara Phoebe,
sicuramente non l'avrai capito, e appena hai visto il nome Clare, ci sei rimasta male, perché credevi di veder scritto il mio nome. Si, sono Zayn!
Scriverò nelle prossime lettere il nome di Clare, così che, anche se tuo padre vede le lettere, non legge il mio nome sopra, e non ha motivo di non fartele leggere.
Ho scritto questa lettera, quando mi è arrivata quella in cui parli di Boston.
Arriveranno in ritardo rispetto al giorno in cui scriviamo. Ma l'importante è che arrivino.
Mi manchi. Mi manchi troppo. Non mi sto dando pace. Non accetto l'idea che qualcuno abbia potuto portarti via da me.
Come hai detto tu, il nostro è un amore proibito.
Proibito dalla regola di tuo padre, proibito dalla lontananza. Proibito da tutto quello che ci divide.
Alla fine mi sono diplomato, l'ho fatto solo per te. 
Non so ancora a che college andare, se qui a Londra, o in America più vicino a te. Non so nemmeno se vorrò prendere il college. Credo che per questo primo semestre me ne starò a casa. Credo di studiare nel secondo semestre.
Voglio rincontrarti, voglio vederti, voglio stare insieme a te, voglio baciarti e stringerti tra le mie braccia per non farti andare via. Ma so che ti ho persa già.
Phoebe, io te lo prometto, in un modo o nell'altro, che siano sogni, che sia in cielo o che sia in terra, noi ci rivedremo, e se succederà niente e nessuno ci potrà più dividere.
Ti amo tanto da starci male.
                                                                                                                            Zayn.
 
 
Una mia lacrima bagnò il foglio che sciolse un po' di inchiostro.
Presi carta e penna e risposi alla sua lettera.
 
 
Caro Zayn,
è il quarto giorno che non ti vedo.
Ho bisogno di un tuo bacio, di un tuo abbraccio e dei tuoi modi per tirarmi su. Ho bisogno dei tuoi pollicioni che mi asciugano le lacrime che sgorgano dai miei occhi, e ho bisgono che quando piango, tu mi dica che piangere non significa essere deboli ma stanchi si tutto.
Si. sono stanca di tutto. Di questa vita che non è vita, di questa casa che è troppo casa, di questa città che è troppo calda e piena di folla. Insomma sono stanca di stare qui.
Ho ricevuto la tua prima lettera.
È un bell'ingegno scrivere il nome di qualcun altro. L'ho sempre pensato che tu fossi intelligente.
Appunto perché sei intelligente, devi iscriverti al college.
Sono più che sicura che tu dovresti andare, e se proprio non hai voglia di cominciare subito, fai come hai detto tu, e entra nel secondo semestre.
Sarebbe bellissimo che tu verresti a studiare qui a Boston, anche se sarei io che vorrei tornare a Londra.
Sai mi manca parecchio, anche voi mi mancate.
Mi mancate troppo e non so per quanto tempo io possa resistere senza di voi. Senza di te.
Anche se non sarei voluta mai venire qui, se potessi tornare indietro, continuerei a disubbidire all'ordine di mio padre. Lo rifarei lo stesso.
Ho conosciuto un vecchietto. Si chiama Tim. È molto gentile. Sta sistemando un posto in mezzo alla strada e pieno d'erba, con dei fiori colorati e profumati e con degli alberi. Chissà perché lo fa.
Tim è l'unica persona che ho conosciuto qui, a parte Tommy, il barista, e la ragazza che gli piace di nome Shelly. Con lei non ci ho mai parlato. È molto bella.
Non vedo l'ora di rivederti di nuovo Zayn.
Mi manchi un oceano.
Ti amo.
                                                                                                                           Phoebe.
 
Piegai il foglio e lo misi cautamente nella sua busta.
Tornai dentro per prepararmi per uscire e spedire la lettera.
Dove avevo messo il post-it il giorno prima c'era una busta e un altro post-it:”Ecco ciò che hai chiesto! Mamma e papà!”.
Bene. Il mio piano stava procedendo come doveva.
Mi vestii, misi gli occhiali da sole, presi il telefono, la lettera e uscii.
Rincontrai Tim.
-”Buongiorno Tim!”- dissi gentilmente.
-”Oh Phoebe, speravo tu passassi, potrei chiederti un favore?”- disse lentamente.
-”Se le devo comprare altri fiori, sono molto felice di farlo. Mi piace quello che fa!”-.
-”Sei troppo gentile, potresti prendere dei garofani per favore?”- disse dandomi dei soldi.
-”Ovviamente! Non ritorno tardi!”- dissi allontanandomi.
-”Io sono sempre qui!”- rispose.
 
Arrivai in città, e al solito posto comprai il francobollo e imbucai la lettera.
Poi andai verso il bar da Tommy.
Era dietro il suo bancone, e dopo che entrai definitivamente, notai che stava parlando con Shelly.
Lei era divertita.
-”Ciao Tommy!”- salutai entrando.
-”Ciao Phoebe, lascia che ti presenti Shelly!”- esclamò-”Shelly lei è Phoebe, Phoebe lei è Shelly!”- prosegui.
Strinsi la sua mano.
-”È la tua fidanzata?”- chiese lei scrupolosa.
-”Nono, sono innamorata di un altro ragazzo!”- risposi per non creare problemi.
-”È una mia amica che si è trasferita da poco!”- proseguì Tommy al posto mio.
-”Si sono di Londra!”-.
-”E come mai ti sei trasferita?”- mi chiese sorridendo.
-”Beh è una lunga storia!”- dissi abbassando lo sguardo.
Lei sorrise vedendomi in difficoltà e non chiese più niente.
Rimanemmo in silenzio.
-”Vi porto qualcosa?”- chiese Tommy.
-”Un bicchiere d'acqua!”- risposi io.
-”A me un succo di frutta!”- ordinò lei.
Subito dopo a me arrivò un bicchiere d'acqua e a lei un succo alla pesca.
-”Sei magrissima! Ci fossi io così! Cioè sei troppo bella!”- disse lei squadrandomi.
-”Peccato che io non mi piaccio!”- dissi guardandomi.
-”Vuoi essere più magra?”- disse sbalordita.
-”No vorrei avere qualche chilo in più!”- risposi.
In poco tempo che ci parlavamo aveva già colpito i miei due colpi deboli.
-”Comunque stai bene così!”- esclamai io.
-”Grazie!”- rispose.
Tommy intanto faceva dei caffè a delle signore.  
Guardai l'orologio e si era fatto mezzogiorno.
Salutai Shelly e Tommy e mi diressi verso il fioraio.
Quel giorno volevo tornare a casa per l'ora di pranzo.
Andai dallo stesso fioraio e presi quel che mi aveva chiesto Tim.
Pagai e mi incamminai sulla strada per casa.
 
 
-”Ecco a te Tim!”- dissi sorridendo porgendogli la busta con i fiori.
-”Grazie mille Phoebe sei una ragazza d'oro!”- esclamò.
Mi girai a torno.
-”È davvero molto bello qui!”-.
-”Ci lavoro da un po'!”- rispose Tim.
-”Se non sembro indiscreta, posso chiederti perché abbellisci questo posto?”- chiesi.
-”Non me lo chiede mai nessuno, e sarei felice di raccontarti il perché, ma a patto che non mi prenda per scemo, e che ti sieda perché è un po' lunga!”- disse invitandomi a sedermi sulla panchina che c'era lì.
Accettai incuriosita.
-”È una cosa strana a cui non potresti credere molto facilmente...
Avevo venitré anni quando mi innamorai di Anita. Era una ragazza bellissima, era italiana ma si era trasferita qui. Lavorava in un negozio di fiori, faceva composizioni, addobbava chiese, ville, sistemava giardini e in più si dedicava molto alla botanica. Annaffiava fiori tutti i giorni, si interessava alle caratteristiche delle piante, andava a visitare posti con fiori strani e faceva tante ricerche su queste. Insomma, amava tantissimo tutti i fiori e non ce n'era nemmeno uno che non le piacesse. 
Era il compleanno di mia madre, e con mio padre e i miei fratelli decidemmo di regalarle un bel mazzo di fiori. Nessuno aveva tempo, e dato che ero il più giovane e non ero impegnato, quel giorno mandarono a me a comprare il mazzo di fiori.
Fatalità, andai al fioraio dove lavorava questa ragazza. Mi servì lei e fece una bellissima composizione.
Mi invaghii così tanto di lei, che andavo a quel fioraio tutti i giorni, a prendere un mazzo di fiori, anche se poi non ci facevo niente. Avevo la casa inondata da fiori di tutte le specie.
Un giorno lei mi chiese perché andavo tutti i santissimi giorni al suo negozio e io le dissi che era per amore. Le chiesi finalmente di uscire e lei accettò. 
Così uscimmo e dopo esserci frequentati un po', ci innamorammo l'uno dell'altro finché non ci fidanzammo. Ma io avevo cinque anni in più di lei, mi ero diplomato ma non trovavo lavoro, mentre lei stava finendo la scuola. Così il padre le proibì di vedermi!”-.
Alla parola proibì rabbrividii mentre gli occhi cominciavano a riempirsi di lacrime.
Tim ed io avevamo la stessa storia.
-”Non mi diedi pace!”- proseguì-”Il giorno dopo la rividi, e lei mi disse che avrebbe disubbidito al padre, e che saremmo partiti per il sud. Disse anche di aspettarla in questo posto la mattina dopo, e di portare con me una valigia.
Puntuale la mattina dopo la aspettai. Ma lei non arrivò mai più. Sono rimasto qui, e ho costruito la casa di fronte. La sto ancora aspettando, consapevole che non arriverà mai più. Ripongo in me delle speranze van, destinate a sparire solo alla morte, che fervono e che crescono ogni volta che ci ripenso, e ogni volta che sfilò una lacrima dai miei occhi, che cade sulla sua foto.
La abbellisco con tutti i fiori perché quella era la sua passione, e poi se mai tornasse non è bello far trovare un luogo inospitale. Lei si merita tutto quello che ho!”- finì.
Intanto immancabilmente i miei occhi erano rossi e le mie guance erano bagnate. Il trucco era colato ma alla fine non me ne importava niente.
Non so cosa fu a farmi incontrare con quel signore. 
Forse il fato, forse Dio, forse la volontà! Proprio io non lo sapevo.
-”Perché piangi?”- chiese preoccupato prendendo qualcosa dalla sua tasca.
-”Vedi, mi trovo qui a Boston perché mio padre mi ha proibito di vedere l'amore della mia vita. Io ho disubbidito, ma lui se ne è accorto e mi ha allontanato da lui, ma io gli scrivo lettere e lui mi risponde. Non so per quanto tempo possa durare questa cosa. Forse finché uno dei due non si farà una nuova vita!”- dissi asciugandomi gli occhi con un fazzoletto che mi aveva dato Tim.
-”Mi dispiace tanto Phoebe, ci sono passato so cosa vuol dire. Ma un consiglio te lo posso dare. Non rinunciare. Se è amore vero,  niente e nessuno può ostacolare un sentimento così forte. Ricordalo niente e nessuno tranne la morte!”-.
 
Tornai sulla via di casa. La storia di Tim mi aveva stupita. Anche se avevamo molti anni di differenza, la storia era la stessa.
Chissà che fine aveva fatto la sua ragazza. Forse era morta. Credevo che il loro amore era amore vero, e perciò se mi aveva detto che niente e nessuno può ostacolare un sentimento così forte, tranne la morte, allora sicuramente era proprio lei che li aveva divisi per l'eternità.
 
Rientrai in casa, e andai in camera mia.
Mi sedetti frastornata sul letto fissando un punto sul muro.
Io dovevo tornare da Zayn, niente mi avrebbe potuto dividere da lui. Era il mio unico pensiero. La testa mi avrebbe fatto male a lungo andare, e la mente si sarebbe erosa prima o poi. 
Avevo paura. Paura di non farcela, paura di crollare, paura di piangere, paura di sentirmi debole, paura di sprofondare, paura di non rivedere Zayn, paura che la morte ci potesse dividere, paura del presente, paura di pensare, paura di ricordare, paura di urlare, paura della paura.
Non mi meritavo tutto quello che stavo passando. Di certo non ero la persona perfetta, ma non avevo mai fatto niente di male. Ero una ragazza tranquilla, nonostante nell'ultimo periodo avessi diffidato di me e la mia diffidenza mi abbia portato a rispondere a tono.
Non ero mai stata gelosa o invidiosa di qualcuno o di qualcosa.
Una cosa che avevo imparato era che “L'invidioso non soffre per quello che non ha, ma soffre per il bene altrui!”.
E perché dovevo soffrire? Ero stanca di piangere e sprofondare ogni volta. Volevo ridere, perché alla fine a cosa serviva piangere, se tanto non ti ascoltava nessuno, e nessuno ti consolava.
Basta ero stanca di vivere in quel modo.
Uscii fuori al balcone della mia camera continuando ad osservare l'orizzonte, cercando una nuova vita. 
Mi squillò il telefono.
Lo presi per rispondere ma mi cadde giù vicino la piscina.
Cazzo.
Corsi di fretta al piano di sotto uscii fuori e trovai il mio telefono frantumato in due mila pezzi.
Presi la sim, la memory card ed entrai dentro.
Scrissi un post-it:”Telefono nuovo! Si è distrutto! Grazie”.
Da quell'istante le richieste sarebbero cominciate ad essere costose. Mio padre doveva rimanere in mutande. Quello stronzo doveva rimpiangere di avermi fatto soffrire e di avermi allontanato dalla vita che amavo.
 
Ero arrabbiata così tanto, che avrei potuto prendere a calci e a pugni qualunque persona mi fosse passata sotto lo sguardo in quel momento.
Strinsi i pugni e mi tuffai in piscina vestita. Non mi importava se si potevano rovinare col cloro.
Uscii e rientrai in casa bagnando tutto.
Mi infilai nel bagno di camera mia e mi feci una doccia.
Mi calmai un po'.
Non volevo uscire di pomeriggio non volevo fare niente.
Così aspettai che venne sera, per mangiare una piccola porzione di un'insalata povera, e poi andai ad infilarmi nel letto.
 
Perché quando urlo nessuno mi sente?

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Capitolo 20
*** Capitolo 20. ***


Quinto giorno.
Quinto giorno a Boston, quinto giorno sola, quinto giorno triste, quinto giorno senza Zayn, quinto giorno di lacrime amare, scese dai miei occhi e colate sul mio viso. Quinto giorno di attesa e di agonia, quinto giorno di depressione, quinto giorno di falsità.
La mia filosofia di vita non era mai stata una delle migliori. Ma in quel periodo andava declinando sempre verso il pessimismo. Alla fine a cosa serviva piangere o sfogarsi. Forse era meglio ridere e sembrare una matta, che disperarmi e sembrando depressa. Ma di cosa dovevo ridere? Non c’era niente di divertente della mia vita. Era tutto uno schifo, quindi preferivo darmi addosso, che ridere senza motivo.
Le lettere continuarono ad arrivare da parte di Zayn e io di certo non smisi di scrivergliele.
Ogni giorno la nostra “storia” andava avanti a lettere, ma per quanto tempo sarebbe potuta continuare così?
Erano ormai ventidue giorni senza di lui, e nonostante le parole di Tim, mi dicessero tutti i giorni di tornare da lui, non conoscendo mio padre, non sapevo fino a che punto potesse arrivare.
Zayn mi diceva nelle sue lettere che voleva che io tornassi.
Ci furono alcune frasi delle sue lettere, che permisero alle mie lacrime di bagnare la carta.
Aveva scritto:”Quanto tempo io possa resistere senza di te io non so. Spero solo di non aspettare per sempre, perché non so come si conta fino a quel punto!”.
“Qui a Londra piove spesso. Vedi anche le nuvole piangono per te. Sono consapevoli di non vedere tutti i giorni il tuo sorriso, e per questo mi accompagnano con le lacrime”.
“Tutti mi chiedono di te, che fine tu abbia fatto, se sei in vacanza o che cosa. Io rispondo solo che ovunque tu sia, prima o poi tornerai da me!”.
Zayn mi aveva anche detto che aveva scelto di andare ald un college di New York, a cui lo avevano preso, ma che ci avrebbe studiato solo al secondo semestre.
New York era vicino a Boston.
Quante lacrime cadute in ventidue giorni. Ventidue giorni che si sarebbero trasformati in poco tempo in ventitre, ventiquattro, un mese, un mese e mezzo, due mesi, tre mesi e poi chi sa per quanto altro tempo.
Avevo parlato con Carl, e mi aveva detto che ero stata promossa. L’unico che non voleva la mia promozione era il professore di educazione fisica, ma il Signor Perez, aveva insistito così tanto che si era fatto quasi licenziare, dato che aveva quasi scaturito una lotta tra docenti.
Mi aveva raccontato che aveva trovato la sua anima gemella, che era la ragazza che ci aveva fatto il corso di pittura, che gli mancavo, e che spesso mettendosi d’accordo con Liam, organizzavano qualche uscita con Zayn per tirargli su il morale, ma che lui immancabilmente, o non accettava, o si fingeva malato, o diceva di avere un altro impegno. Mi raccontava di vederlo molto triste. Mi diceva che studiare senza di me in classe, sarebbe stato noioso e che gli sarei mancata tantissimo. Mi raccontava inoltre, che aveva legato con Zayn e con Liam, grazie all’organizzazione di quelle gite che venivano rifiutate.

Chiacchieravo spesso anche con Clare. Mi raccontava di essere rimasta sola, di non aver trovato un anima gemella, e di aver lasciato Claudia. Mi diceva di non avere tanti amici, tranne Mary, che aveva cominciato a guardarla con occhi diversi, e che aveva apprezzato molti dei suoi pregi. Diceva anche che aveva fatto amicizia con Zayn, e che gli prestava il nome sulle buste delle lettere. Mi raccontava che spesso si ritrovava a consolarlo, e che lui era molto cambiato da quando io non ero più a Londra con lui. Diceva anche che, lui non ci provava più con nessuna, nonostante qualche ragazza flirtasse con lui. Lui respingeva qualunque ragazza gli chiedesse di uscire. Si era molto legato alla nonna, e spesso faceva la spesa per lei. Mi aveva detto che raccontava a tutti la storia d’amore della nonna e che tutti si commuovevano.  Spesso parlava anche di Danielle e del fatto che chiedeva a tutti i miei amici se avevano notizie di me
immancabilmente mi diceva che le mancavo.
Poi  parlavo con Mary. Anche lei mi raccontava tutte cose riguardo a Zayn, e del fatto che si crucciava ogni volta che sentiva parlare di te, e che una lacrima gli rigava sempre il volto. Diceva che tutti i professori lo seguivano e gli dicevano di raggiungermi presto. Anche lei glie lo diceva, ribattendo sempre il fatto che un amore così forte, non può avere una fine struggente.
C’era anche Liam con cui parlavo,che vedeva in prima persona la sofferenza di Zayn. Anche lui mi raccontava le stesse cose, e poi dopo l’argomento “Zayn” mi parlava di Mary, di quante fosse bella e di quanto fosse innamorato di lei. Io gli dicevo di buttarsi e poi lui diceva ogni volta di pentirsi a raccontarmi dell’amore che provava per  Mary, perché tu provavi qualcosa di peggiore di quello che capitava a lui.
Poi tutti quanti mi chiedevano come stavo.
Rispondevo a tutti che stavo bene, nascondendo i miei veri sentimenti per non essere giudicata o essere ritenuta depressa.
Odiavo che qualcuno mi considerasse depressa, perché depressa voleva dire essere fragile, e come ribadivo da tanto, odiavo essere vista da tutti quanti fragile.
Mentre scrivevo che stavo bene però, una lacrima non tardava ogni volta a scendere. Ogni speranza di vita, sembrava essere sparita in me, e ogni volta che ci pensavo,  capivo che era inutile vivere in quel modo, perché vivere senza uno scopo non aveva senso.
Per quanto vivessi da poco a Boston, la mia vita era già diventata monotona e io ero stanca delle mie azioni monotone quotidiane. Ancora era estate e la scuola non era cominciata, quindi mi rallegrava il fatto che, uno volta ricominciata la scuola, la mia vita potesse cambiare un po’.
Comunque mi svegliavo sempre tardi, mi avviavo a spedire la lettera, e prima di arrivare alla tabaccheria in cui ogni volta compravo il francobollo e imbucavo la lettera, mi mettevo a sedere un po’ con Tim, che mi raccontava molti aneddoti, e tanti altri avvenimenti della sua vita. Spesso mi raccontava di Anita, di come fosse bella, e di come potesse essere  triste aspettarla da così tanto. Poi mi dava dei consigli sul da fare con Zayn. E per ultimo mi dava lezione di botanica, e io mi divertivo. Prima che me ne andassi mi dava la foto dei fiori da comprare e io la mettevo nella tasca. Poi continuavo per la mia strada, spedivo la lettera, e mi rifugiavo da Tommy, che mi aveva offerto un lavoretto per tutta la mattinata, dopodiché il pomeriggio sarei stata libera. Tommy e Shelly avevano cominciato ad uscire insieme, e io avevo stretto amicizia con entrambi.
All’una staccavo e mi dirigevo  dal fioraio, anzi dalla fioraia, Bet, che era sempre tanto gentile con me.
Poi tornavo a casa e o andavo in palestra, o in piscina, ma sempre prima che andassi a dormire lasciavo un post-it a mio padre e mia madre chiedendogli ogni giorno, una cosa diversa. Avevo chiesto di tutto: cuscini, sedie, creme, cosmetici, vestiti, scarpe, i-pod, i-pad, libri, accessori, foto di me vecchie, quadri, fiori, piante, borse,  mobili, occhiali… Avevo chiesto di tutto e mi accontentavano sempre.
Poi prima di andare a dormire, leggevo e osservavo le stelle dal mio balconcino, dopodiché mi addormentavo tristemente.
In tutte le cose che facevo, cercavo sempre di non guardarmi allo specchio. Non volevo vedere come fossi dimagrita ancora di più. Se prima qualcosa ingoiavo, ora ero quasi a digiuno. Bevevo solo un succo o qualcosa di energizzante, e mangiavo qualche barretta di cioccolato, per non svenire nell’arco della giornata. A volte mi sforzavo di mangiare un’insalata povera, ma a stento riuscivo a mangiare un quinto.
Ero arrivata a pesare  quarantacinque chili, e per una ragazza di diciassette anni non era molto normale.
C’erano dei periodi che ero arrivata a pesare anche quaranta chili, ma avendo raccontato tutto a Zayn, si era arrabbiato tantissimo, così mi diceva di mangiare, di fare tante cose per stancarmi e sentire il bisogno di nutrirmi. Così avevo recuperato qualche chilo, ma non sapevo per quanto potesse durare stare in quel modo. Cercavo comunque di sforzarmi.
Un giorno mio padre mi aveva portato nella mia nuova scuola. Era molto grande, e ospitava una palestra, una piscina, un campetto da baseball, uno di football e uno da tennis. La scuola aveva, oltre a una squadra di cheerleader, anche una di ginnastica ritmica, così il preside mi chiese di entrarci. Io accettai per  ottenere dei crediti in più.
Avevo anche visto la mia nuova palestra e conosciuto l’allenatrice, Eva, una mancata olimpionica russa, molto dolce nonostante il suo tono all’apparenza severo. Mi disse che avrebbe ricominciato l’allenamento a settembre, e che sarebbe stata felice che nella sua palestra si allenasse una ginnastica in procinto di entrare in federazione. Io ero più contenta di lei.
Per certi versi la vita a Boston mi piaceva, ma per altri versi la odiavo. Diciamo che i propositi per odiarla erano molti di più rispetto a quelli per amarla. Non mi andava bene quella vita, anche se spesso avevo provato a farmela piacere per forza, ma non ci sarei mai riuscita a farmela apprezzare. Tutte le piccole cose che avevo cominciato ad apprezzare per la pria volta, ora non le consideravo più, per il semplice fatto che non c’erano.
A Londra apprezzavo anche un semplice abbraccio, una piccola carezza, un sorriso sincero e a Boston non vedevo nemmeno l’ombra di semplici abbracci, piccole carezze e sorrisi sinceri. Nessuno fino ad allora, aveva saputo capirmi, nonostante con Shelly e Tommy avessi stretto amicizia. Erano molto lontani dallo essere miei amici stretti! I miei amici si divertivano a Londra e io non lo potevo accettare.
***
Ventitreesimo giorno.
Cara Phoebe,
tutti i giorni mi sveglio con la consapevolezza che tu non sei accanto a me e questo mi fa male…
Scrisse questo Zayn nella sua lettera.
Caro Zayn,
sono ventitre giorni che non provo più il piacere di trascorrere una bella serata con te
Ventiquattresimo giorno.
Cara Phoebe,
Ancora non riesco ad accettare il fatto che è quasi un mese che non ci vediamo…
Caro Zayn,
tristemente dico che sono ventiquattro giorni che non ci vediamo….
***
Venticinquesimo giorno.
Cara Phoebe,
Sono felice ogni volta che vedo la tua lettera tra la posta, ma sarei ancora più felice vedere che sei tornata…

Caro Zayn,
non posso ancora credere che sono passati venticinque giorni dall’ultima volta che ti ho visto. Semplicemente non voglio crederci….

***
Trentesimo giorno.
Cara Phoebe,
ogni giorno è più struggente in tua mancanza…

Caro Zayn,
trenta giorni. Tu ci credi? Io no…

***
Quarantaduesimo giorno.
Cara Phoebe,
Liam mi ha invitato in vacanza con lui, ma sono rimasto a casa perché so che le tue lettere arrivano qui…
Caro Zayn,
Quarantadue giorni tristemente sono passati. Ho alti e bassi…. Perdo e rimetto peso…
***
Sessantesimo giorno.
Cara Phoebe,
mi manchi tanto sai? È inutile dirti ancora che ti amo…
Caro Zayn,
sono arrivata a pesare quarantadue chili, sei in meno rispetto all’ultima volta che mi sono pesata. Aiutami… è il sessantesimo giorno senza te…
***
Sessantanovesimo giorno.
Cara Phoebe,
ho ricevuto la lettera del sessantesimo giorno. Devi rimettere peso, devi essere forte. Fallo per me!
Caro Zayn,
il foglio probabilmente sarà bagnato! Sono sessantanove giorni che mi manchi…
***
Novantesimo giorno.
Cara Phoebe,
comincio a pensare che le lettere non mi bastino più. Cazzo voglio vederti!
Caro Zayn,
domani ricomincio scuola e palestra, e oggi sono novanta giorni che non ci baciamo…
***
Novantunesimo giorno.
Scuola e palestra nuova. Un bel passo della mia nuova vita lì, che speravo non durasse tanto.
Quella mattina mi alzai presto e mi preparai.
Presi la macchina che mi aveva lasciato mio padre per raggiungere la scuola, che era molto distante  dalla mia casa.
Feci colazione a forza e poi, dopo aver preso lo zaino, salii sulla macchina e andai a scuola.
Fui presentata dalla preside della scuola, a una classe, in cui stava anche Shelly.
In quell’ora c’era la professoressa di inglese. Una donna giovane, ben curata, con tono amichevole, non severa e gentile con tutti. Le tre ore passarono molto piacevolmente e in fretta, e mi sentii subito ambientata in quella classe. Bene o male avevo conosciuto tutti.
Dopo le tre ore, come a Londra, si andava a mensa. C’era un casino di gente. Una scusa in più per non prendere niente da mangiare.
Il pomeriggio c’erano le audizioni per entrare nelle diverse squadre. Io andai a quello di ginnastica ritmica.
C’erano diverse prove. Man mano, prova per prova, si eliminavano delle ragazze, e le ultime cinque ragazze che rimanevano, dovevano fare una prova con tutti e cinque gli attrezzi. Io ero una delle cinque e feci la mia prova. La palla per prima, poi cerchio, nastro, clavette e per ultimo il mio cavallo di battaglia: la fune.
Lasciai i nominativi e poi andai via. Le risposte ci sarebbero state il giorno dopo.
Tornai a casa, senza aver prima salutato Tim, mangiai qualcosa e presi dalla cassetta della posta la lettera di Zayn. Non lo avessi mai fatto.
Cara Phoebe,
non sai quanto mi fa male dire queste parole, non ci credo nemmeno io di scriverle, ma è così.
Sono passati tre mesi dal nostro ultimo incontro, e io non so davvero da dove cominciare per dirti ciò che starò per dirti. È stata una decisione sofferta e valutata in tutte le sue parti, e nonostante cercassi sempre di trovare tutti aspetti negativi per non farlo, il mio cuore e la mia testa, mi spingono a farlo, perché non sono più emotivamente e fisicamente pronto per continuare a vivere così.
Le tue lettere sono state riposte affettuosamente in una scatola, che porterò al college con me. Comincerò dal primo semestre, lo stesso college che ho scelto dall’inizio. So che questo dovrebbe essere un proposito in più per continuare, ma non so fino a quanto saprei spingermi oltre. Sai che ti amo, alla follia, più di me stesso, ma non credo di essere all’altezza di continuare questo rapporto. Da quando te ne sei andata, qualcosa si è spento in me, e non si riaccenderà più, ma abbiamo il diritto entrambi di ricominciare qualcosa di nuovo, tu a Boston, io al college.
Fra una settimana parto, e sarò sempre più vicino a te, e questo mi fa stare felice, ma non so se ti vorrei vedere, perché altrimenti le mie parole saranno sprecate.
Voglio dirti perciò, che non servirà a niente mandare avanti questo tipo di rapporto, perché né io, né tu, riusciremo ad andare avanti per molto. È stato bello finché è durato, ma non credo di saper gestire ancora questa cosa delle lettere. Siamo divisi da tanto, e sarebbe difficile riprendere il tutto quando pensavamo di rivederci, ma in realtà, non sapevamo se ci saremmo rivisti mai. Stavamo facendo il conto senza l’oste e non ci siamo resi conto della follia che stavamo facendo. Sono stato benissimo con te, e finché stavamo bene, il tutto non sembrava una follia, ma adesso nessuno dei due sta bene, perciò perché continuare qualcosa che fa male ad entrambi. Non ha senso. Ci rincontreremo nei nostri sogni. Come hai detto tu. È stato un amore proibito in tutte le circostanze, non solo perché tuo padre ci ha proibito di vederci.
Ti dico lo stesso che ti amo, perché io ti amo veramente. Se non ti amassi, non avrei preso questa decisioni troppo triste.
Ti amo Phoebe. Non dimenticarlo. Sarei sempre nel mio cuore.
                                                                                                                                              Zayn.
 
Il mondo mi cadde addosso, e l’unica cosa che mi venne in mente di fare, era bruciare tutte le lettere di Zayn.
Le presi tutte, accesi un fuoco, e le bruciai. Tranne l’ultima. Se non aveva senso mantenere quella specie di relazione, allora tanto vale far finta di non essersi mai conosciuto.
Mi sentivo ancora di più sola, perduta, dimenticata e sconfortata.
Mi chiedevo davvero per cosa ne valesse la pena vivere.
Non toccai cibo.
Da lì, una nuova parte della mia vita cominciò. Da allora in poi, nella mia vita si intrecciarono una serie di avvenimenti che segnarono profondamente la mia vita, senza sapere mai, se ci fosse stato un lieto fine.
 
Spazio autrice.
Questo capitolo a me è piaciuto, anche se nella prima parte mi sembra un po’ noioso.
questo è stato un capitolo di “transizione” perché servirà a capire che cosa succederà successivamente. Lo si può immaginare dalla lettera di Zayn, e comunque dalla parte finale. So già il finale di questa storia, e spero di non deludere le aspettative di chi legge la mia storia.

Recensite, pleeeaseeee!  Ho bisogno delle vostre recensioni per capire com’è la mia ff! vi scongiuro!
Detto questo ringrazio ancora le ragazze che hanno messo tra le preferite/seguite/ricordate la mia storia. Per me significa molto. E in più ringrazio chi recensisce!
Grazie, baci a tutte!

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Capitolo 21
*** Capitolo 21. ***


Ogni giorno, nonostante quella lettera, tutti i miei pensieri erano rivolti ad una sola e unica persona, sempre la stessa: Zayn.
Da quando mi aveva mandato quella lettera, non ci eravamo sentiti più, a parte averci scambiato mezza conversazione su face book, del tipo: “Ciao” “Ciao””Che fai?” “Niente tu?” “Niente”.
Avevo sempre quella maledetta voglia di dirgli che per me non era ancora finita, ma poi ripensavo a quella lettera, e pensavo che fosse meglio non dirgli niente. Era stata una scelta sofferta, come diceva lui, ma io non avevo scelto un bel niente, aveva fatto tutto lui. D’altronde se a lui andava bene così, anche io ci stavo, tristemente ma ci stavo.
Sinceramente avevo provato ad uscire con qualcun altro, ma ogni volta che stava scattando qualcosa in più, vedevo gli occhi di Zayn, così scappavo via e ai messaggi non rispondevo. Il suo pensiero era fisso e nessuna storia avrebbe potuto scacciarlo via. Mi avevano tolto tutto, dovevo almeno lasciare il suo pensiero nella mia testa, la sua influenza nel mio cuore, e la sensazione nello stomaco. Tutte cose che a pensarci bene non servivano a niente, dato che per lui non facevano la differenza. Di certo, forse lui era troppo impegnato con le ragazze del college, e io ero diventata solo una storia passata, da raccontare a chi sa chi, e farci una risata sopra, pensando “Forse è stato meglio così”. Di certo per me, a differenza di come la pensava lui, non era ancora una storia finita! Credevo nel destino e se mi voleva bene, allora doveva farci rincontrare.
La scuola andava bene, anzi benissimo. Il mio quarto anno stava procedendo benissimo e avevo accumulato dei crediti grazie alla squadra di ritmica. Non ero il capitano, ma mi piaceva stare lì, anche se alle mie compagne non stavo molto simpatica, perché dicevano che ero una raccomandata. Io soffocavo i loro pensieri, e le divergenze sparivano quando ci trovavamo ad esibirci. Non mi era affiatata con nessuna delle componenti, così mentre loro andavano a mangiare la pizza insieme di sabato, io mi ritrovavo a casa, sola come sempre, ma mi andava “bene” così.
Le difficoltà del terzo anno sembravano essere sparite, ed infatti avevo ottimi voti in tutte le materie.
A casa non ci furono novità, ero sempre sola, e continuavo  fare richieste, a volta anche assurde, come chiedere cioccolatini farciti di robe strane, che tanto non mangiavo nemmeno. La piscina l’avevo abbellita con tante cose, dato che avevo chiesto, materassini, ciambelle, piante acquatiche, scivoli, rocce e chi ne ha più ne metta. La mia camera era piena di roba, che tuttavia non usavo. Il mio piano continuava, anche se non sarebbe servito a niente, dato che Zayn aveva stroncato.
Il destino giocava giusto in alcuni aspetti, ma per altri mi voleva male. Ero dimagrita vertiginosamente, dopo che Zayn aveva deciso di non scriverci lettere. A scuola mi avevano consigliato di andare dallo psicologo della scuola. Sentendomi compatita, rifiutai dicendo che meglio di così si moriva. Ma in realtà non stavo bene. Pesavo quaranta chili. Ero pelle e ossa. Un giorno mi guardai allo specchio e mi dissi che non mi piacevo così, e con questo, cercai in tutti i modi di recuperare peso, ma non ci riuscii più di tanto, perché il mio metabolismo non reggeva e così vomitavo spesso quel che avevo appena mangiato.
Inizialmente Eva mi aveva mandato via dalla palestra, dicendo che prima o poi il mio fisico avrebbe crollato, ma io giurai di mangiare di più, così mi prescrisse una dieta da seguire, che per certi versi e per un po’, funzionò, facendomi arrivare a quarantasei chili. Il mio peso oscillava comunque tra i quaranta e quarantasei e ero comunque troppo magra.
Un giorno il destino mi volle bene, e chiamatelo voi, caso o coincidenza, ma io credesti davvero che fosse caso.
Era domenica, e c’erano le vacanze di Halloween, e io decisi di andare a visitare New York con Shelly. Presi la macchina, e dato che non c’era traffico, ci misi soltanto, più o meno tre ore e qualcosa.
Non so per quale motivo scelsi New York, ma in un modo o nell’altro, speravo di vedere Zayn, almeno da lontano.
Affittai una camera d’albergo per due notti, poi sarei ripartita. Shelly e io andavamo molto d’accordo, ma non per questo era la mia migliore amica. Avevamo in programma di andare la sera di Halloween alla statua della libertà, dove ci sarebbe stato uno spettacolo pirotecnico. Amavo da sempre i fuochi d’artificio, avevano l’aria divertente e simpatica.
Uscimmo verso le undici di sera, intenzionate a fare baldoria tutta la sera. C’era tantissima gente, tutta a festeggiare la stessa festa. Tra la folla persi Shelly, e stanca di quella festa, dove mi pentii di essere andata, andai a sedermi lontano da tutti. Odiavo le feste, e non sapevo perché mi ero imbattuta in una così. Potevo vedere i fuochi d’artificio, anche dalla mia camera.
Presi il telefono e chiamai Shelly, che non mi rispose dato che non l’aveva nemmeno sentito in mezzo a quella folla.
Tirava un po’ di vento, e le mie spalle erano scoperte.
Dopo un po’ passarono davanti a me un gruppo di ragazzi.
La sua voce, sentii la sua voce, era la sua, la potevo riconoscere tra mille. E poi quel ragazzo si girò, e riconobbi il suo sguardo.
Aprii la bocca stupita. Era lui, era Zayn in compagnia di altri suoi amici.
In lontananza sentii la sua voce che diceva “Ragazzi torno subito”.
Poi si avvicinò verso di me. Per un attimo pensai di andarmene, sarebbe stato deluso nel vedermi in quello stato.
-“Phoebe? Ma sei tu?”- mi chiese stupito.
-“Ciao Zayn, si sono io!”- dissi abbassando lo sguardo.
-“Da quanti giorno è che non ci vediamo?”- chiese.
-“Centoquarantotto giorni!”- affermai rialzando lo sguardo.
-“Li hai contati?”- chiese stupito.
-“Ho sempre tutto in mente Zayn!”- continuai tristemente.
-“È uno dei tuoi pregi!”- disse guardandomi dolcemente.
Abbassai di nuovo lo sguardo.
-“Ti vedo cambiata sai?”- disse.
-“Non puoi sapere quante cose sono cambiate … hai deciso tu di non volerle sapere”- dissi con voce rotta. Girai a destra la testa per cercare di trattenere le lacrime.
-“Phoebe non potevamo continuare in quel modo!”- disse cercando di avvicinarsi a me ma io mi scansai.
-“Sono passati centoquarantotto giorni. Cinquantasette da quando non ci siamo più scritti. Tu non ti puoi nemmeno immaginare quanto io sia stata male. E quanto male stia ancora”- dissi piangendo.
-“Non piangere Phoebe, ti prego!”-.
-“Continuo a dire che non mi piace essere fragile, ma quando si tratta di te, immancabilmente devo sempre soffrire!”-.
-“Non ti volevo far soffrire…”- disse.
-“Beh non è che ci sia riuscito poi tanto bene Zayn!”- lo interruppi.
-“Lo so!”-.
-“Me l’avevi promesso. Ti saresti preso cura di me Zayn. Avevi detto che niente e nessuno ci poteva dividere. Mi avevi promesso che ci saremmo rincontrati in un modo o nell’altro. Ma non mi apsettavo che fosse in questo, di modo!”- dissi continuai a piangere.
-“Questo deve essere un sogno allora!”- esclamò.
-“Che cosa vuoi dire con questo?”- incalzai scocciata.
-“Tu avevi detto che ci saremmo rincontrati nei nostri sogni!”-.
-“Allora più che un sogno questo deve essere un incubo, perché mi aspettavo di rivederti e baciarti, non di rivederti e soffrire ancora di più!”-.
Mi baciò. Mi mancavano tanto i suo baci. Cazzo erano centoquarantotto giorni che non toccavo le sue labbra candide. Ma nonostante mi fosse piaciuto, non capivo perché l’avesse fatto.
-“Prima mi scrivi una lettera per dirmi che non ne vale la pena continuare, e poi mi baci? A che gioco stai giocando?”- dissi stizzita.
-“Sto facendo diventare un incubo un sogno!”- esclamò sorridendomi.
-“Ora per me non è più lo stesso!”- dissi raggiungendo la folla.
-“Phoebe….”-.
-“Perché non mi hai scritto più? Perché?”- urlai.
-“Phoebe non è stata una scelta facile da prendere. Ed ora che ti rivedo dopo tanti giorni”-.
-“Sono centoquarantotto diamine! Perché hai aspettato così tanto? Perché non mi hai riscritto? Perché?”- dissi singhiozzando e ingoiando le lacrime.
-“Perché avevo paura ecco perché!”- urlò.
Mi tranquillizzai.
-“Paura di cosa?”- chiesi.
-“Paura di tuo padre che avrebbe potuto leggere le lettere, paura che tu ti dimenticassi di me, paura che col fatto che stavi per ricominciare la scuola, avessi avuto sempre meno tempo per scrivermi, paura che pian piano sarei potuto diventare un semplice pensiero passeggero! Ecco perché. Io non volevo scriverti tutto quello, ma ho avuto paura!”- dissi avvicinandomi verso me e prendendomi le mani, fissandomi negli occhi.
-“Ho avuto paura!”- ripeté sussurrando.
-“E perché mi hai fatto aspettare centoquarantotto giorni per dirmelo. Lo sai quanto peso?”- chiesi.
Non rispose.
-“Peso quarantadue chili. Pesavo quarantacinque chili prima di incontrarti. Poi mi hai fatto recuperare sei chili. Mi sentivo una gioia. Da cinquantuno chili, ne ho persi nove chili. Nove chili”- dissi allontanandomi piano piano.
-“Mi spiace!”-.
-“È troppo tardi per scusarsi! Per me non era finita Zayn. Ma tu non l’hai capito”- ripresi a piangere-“Non era finita per me Zayn. Continuavo ad amarti nonostante le sei ore di volo che ci dividevano. Nonostante quel cazzo di Oceano che c’era in mezzo. Nonostante quelle dannate cinque ore di fuso orario. Per me non era finita!”- proseguii piangendo.
-“Nemmeno per me era finita! E non voglio che finisca!”- disse vendendo verso me, posando le sue labbra sulle mie, in un bacio passionale, che a me mancava tanto.
-“Zayn, io sono venuta qui per un fine settimana!”- sussurrai staccandomi.
-“Phoebe io non voglio perderti di nuovo! Torna qui alle vacanze di Natale, e nei giorni che hai liberi. Vieni anche il sabato e la domenica. Ti prego Phoebe, torna da me!”- mi accarezzò la mia guancia zuppa di lacrime.
-“Zayn, non ti prometto niente, perché so che le promesse sono fatte per essere infrante, ma magari, ti verrò a trovare, potremmo sentirci su facebook, per messaggi e magari vederci su skype! Voglio tornare da te! E voglio che tu torni da me! Non ti ho mai dimenticato, ti prego continuiamo ciò che è stato interrotto”-.
-“Si Phoebe!”- esclamò per poi baciarmi.
Cercai Shelly in mezzo alla folla aiutata da Zayn, che mi teneva per mano per non perdere anche me. Tra la confusione generale, riuscii a sentire il telefono che squillava. Era un messaggio da Shelly.
“Pho, dove sei?”.
“Tu dove sei, ti sto cercando”.
“Sono tra la folla”.
“Dove ci vediamo?”.
“Vediamoci a Manhattan!”
“Affare fatto!”
Raggiunsi con difficoltà, facendomi largo tra la gente, Manhattan, dove Shelly era già arrivata. Zayn era con me.
-“Shelly lui è il famoso Zayn!”- dissi.
-“Cosa? Zayn? Non sai quanto mi ha parlato di te! Finalmente vi siete ritrovati!”- disse stupita.
Con Shelly tornai a casa, dopo aver salutato Zayn. Ci saremmo rivisti il giorno dopo. Guardammo i fuochi d’artificio da casa alla fine.
-“Cos’hai deciso di fare con Zayn?”- mi chiese Shelly, una volta a casa, sul divano mentre sorseggiava una tazza di latte caldo.
-“Lo rivedrò durante le vacanze, e non finirà così!”-.
-“Sei sicura che potrà funzionare?”- chiese.
-“No, ma voglio convincermi di si”- dissi.
Andai a mettermi in pigiama, dopodiché mi infilai sotto le coperte.
Finalmente lo avevo ritrovato. L’importante era non perderlo più.
Il giorno dopo feci un giro con lui per New York, poi lui doveva rientrare a scuola. Ci salutammo ribadendo quel che avevamo deciso. Poi il giorno dopo ripartii.
Pensai che dopo aver ritrovato Zayn, niente poteva mettere i bastoni tra le ruote alla mia vita, ma evidentemente avevo sbagliato nettamente.

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Capitolo 22
*** Capitolo 22. ***


La promessa fu rispettata. Per una buona volta finalmente! Sentivo molto spesso Zayn, e non ci pensavo due volte ad andare da lui, quando ero libera, e potevo andarci. In auto ci mettevo solo tre ore!
Natale si avvicinava, e con lui anche il mio compleanno il trentuno dicembre. I miei genitori avevano già organizzato un viaggio non so dove, e senza nemmeno chiedermi se volessi andare con loro, anche se avrei risposto di no, partirono il diciannove sera. Mia madre fu molto disinvolta a salutarmi, come se lasciare sola a casa una ragazza di diciassette anni mentre andava a fare una vacanza per i cavoli suoi era normale. Me ne infischiavo, tanto meglio. Avrei avuto tutto il tempo di partire tranquillamente.
Zayn aveva già organizzato tutto. Avremmo passato il Natale dai suoi, e quello voleva dire tornare a Londra. Da una parte avevo paura fare tutto all’insaputa dei miei, ma in fondo se non volevano che facessi qualcosa di strano, potevano portarmi con loro.
Sarei partita il ventidue di mattina.
Per l’eccitazione avevo preparato e disfatto la valigia una decina di volte. Ma alla fine, il ventuno sera, l’avevo chiusa con soddisfazione con un ghigno in vendetta dei miei genitori. Non dormii per tutta la notte.
La mattina presto, Zayn venne a prendermi e con la sua macchina andammo all’aeroporto, e ci imbarcammo. Ero molto nervosa, e il mio nervosismo non tardò a farsi notare.
-“Tutto bene tesoro?”- mi chiese Zayn affettuosamente.
-“Eh? Dici a me? Si si tutto bene tutto bene … si … già … tutto bene!”- farfugliai.
-“Non me la bevo cos’hai?”- insistette.
-“Una tremenda paura!”- ammisi.
-“Hai paura di volare?”-.
-“Macché no! E se i miei genitori venissero a scoprirlo? E  se mio padre mi rinchiude in casa per tutta la vita? O peggio se mi toglie un’altra volte te? O ancora peggio, se mi spedisce in un’isola deserta senza nessuno dove dovrò mangiare la sabbia, perché è l’unica cosa che c’è? E se mi taglia i capelli a zero e mi manda in un monastero in India? E se…”-.
-“Hai fatto?”- mi interruppe ridendo.
-“Si ma io non conosco la potenza di mio padre!”-.
-“Non accadrà niente, e pensa che se ti farà qualcosa, io sono qui con te!”- mi tranquillizzò-“Perciò ora poggia la tua testa sulla mia spalla e fatti una bella dormita. Non pensarci più ok?”- proseguì.
-“Ok! Ti amo Zayn!”- dissi appoggiando la mia testa sulla sua spalla.
-“Ti amo anche io Phoebe!”- disse accarezzandomi i capelli.
In men che non si dica, i miei occhi erano serrati, e i pensieri erano svaniti. Era incredibile come Zayn riuscisse a calmarmi ogni volta. Mi svegliò quando l’hostess di bordo ci annunciò che stavamo per atterrare. Mettemmo tutti quanti la cintura di sicurezza, e atterrammo all’aeroporto di Londra.
Appena arrivati riconobbi subito il clima natalizio di quella splendida città.
Ad aspettarci c’erano Mary e Liam. Non me lo aspettavo così, appena vidi Mary le corsi in contro per salutarla. Lei mi abbracciò stretta. Mi stavo quasi per commuovere, ma per evitare una commozione generale, rimangiai le mie lacrime.
-“Non puoi sapere quanto mi sia mancata amore mio!”- le sussurrai all’orecchio.
-“Non quanto tu sia mancata a me!”- rispose.
Poi andai ad abbracciare Liam. Quel ragazzone mi era mancato, mi aveva dato un grande sostegno morale.
-“Grazie Liam!”- lo ringraziai abbracciandolo.
-“Grazie di che?”-.
-“Per tutto quanto!”- ammisi.
Mi staccai e raggiunsi Zayn che era andato già a prendere le valigie.
Uscita dall’aeroporto, Londra era ad aspettarmi.
Quella tranquillità mi era mancata. Per la prima volta, accanto alle persone che amavo respiravo un’aria natalizia. La più bella e sentita che mai. Londra era tutta addobbata di luci, alberi, Babbi Natale in giro per fare la foto con i bambini, banchetti natalizi, negozi con le vetrine con il trifoglio, tutto era fantastico. Dovevo ancora fare il regalo a Zayn, ma non sapevo davvero cosa fargli. Sarei andata con Mary il pomeriggio stesso in giro per negozi, dato che lei doveva fare ancora il suo regalo a Liam.
La vigilia l’avrei passata a casa di Liam. La sua mamma era stata così gentile ad ospitarci tutti, comprese le rispettive famiglie di Zayn e Mary. Tutti conoscevano la mia storia, e non avevano pregiudizi nei miei confronti, ma comprendevano il generale malessere che io provavo.
Nel frattempo andammo a casa di Zayn, dove mi avevano preparato un letto, e dove tutti mi accolsero caldamente. C’era anche la nonna, che abbracciai fortissima. In qualche modo, mi aveva fatto capire che Zayn era colui che amavo.
-“Te l’avevo detto cara, che prima o poi vi sareste fidanzati e che formate una bellissima coppia!”- mi disse sorridendo.
-“Grazie tantissimo!”- riuscii a dire.
Sistemai le mie cose in camera di Zayn, dove era stato messo il mio letto. Ognuno aveva il suo, ma tanto li avremmo uniti.  Era ora di pranzo, così ci riunimmo per mangiare in salotto. Sentivo il calore di una famiglia. Mangiai quasi come una persona normale, nonostante sapessi che il mio metabolismo non era abituato e per questo avrebbe assunto ben poche cose rispetto a quelle che avevo ingerito.
Tra i vari discorsi, nessuno tirò fuori l’argomento Boston o anoressia, e per questo mi sentii ben accettata.
-“Che programmi avete ragazzi?”- chiese la mamma di Zayn.
-“Beh la vigilia staremmo a casa di Liam, dove sarete anche voi, il giorno di Natale, staremmo sempre con voi, dovunque lo festeggiate, e poi per capodanno vedremo di organizzare qualcosa!”- rispose Zayn.
-“Bene! Per il Natale, saremmo a casa della nonna con tutti i parenti, se non vi va di venire…”-.
-“Scherza vero?”- la interruppi-“Non vedo l’ora!”- esclamai.
-“Ti prego cara, non darci del lei!”-.
Risi annuendo.
Dopo pranzo andammo in camera di Zayn. Ci sdraiammo e io poggiai la mia testa sul suo stomaco.
-“Mi sono mancati questi momenti!”- ammise.
-“Anche a me! Moltissimo!”- confessai.
-“Che cosa vuoi fare nel pomeriggio!?”- chiese.
-“Ho già impegni con Mary!”- risposi.
-“Per fare cosa?”-.
-“Ehi impiccione, fatti i cavoli tuoi!”- risposi ridendo.
-“Ok, ok afferrato il concetto, ma non regalarmi bolle di vetro con la neve!”- scherzò.
-“Bene, mi hai spiazzata … non so che farti ora!”- risi scherzando.
Nel pomeriggio Mary passò verso le cinque e mezza sotto casa di Zayn, e andammo in giro per Londra.
Facevo freddissimo, così misi un cappotto pesante, un capello e una sciarpa tutta colorata attorno il mio collo.
-“Allora cos’hai intenzione di regalare a Zayn?”- chiese.
-“Non lo so tu a Liam?”-.
Non rispose e abbassò lo sguardo. Era nervosa.
-“Mary tutto ok?”- chiesi.
-“Avrei una cosa da dirgli, ma non so se potrebbe prenderla come un regalo!”-.
Mi fermai di botto impaurita.
-“Cioè?”- chiesi.
-“Non è sicuro, ma…”-.
-“Ma? Spara!”- insistetti.
-“Ho un ritardo di una settimana, e sono sempre stata precisa spaccata!”-.
-“E quindi?”- chiesi.
-“E quindi hai capito perfettamente. Un ritardo significa solo una cosa!”-.
-“Sei incinta?”- risposi sorridendo.
-“Non è sicuro ma…”-.
Le saltai addosso abbracciandola.
-“È una notizia fantastica, sarà di certo un gran regalo per Liam!”-.
-“Non ne sono sicura!” esclamò.
-“Liam è innamoratissimo di te, non ti lascerà mai!”-.
Continuammo a camminare.
-“L’hai già detto ai tuoi?”- chiesi.
-“Si e stranamente sono felici più di me, ma non so se sono pronta a fare la madre!”-.
-“Oh ma piantala. Sarai bravissima!”-.
Passeggiammo allegramente per le vie di Londra, e non avevo ancora trovato un regalo per Zayn.
Mi fermai davanti a una gioielleria. C’era una cornice bellissima e decisi di prenderla. Era molto grande, con un cuore al lato. Sarebbe stato perfetto.
Avevamo una fato bellissima sotto la statua della libertà, dove io ero in collo a lui. Sarebbe stato perfetto.
Così cercai un fotografo e gli lasciai la foto,  trasferendola dal mio cellulare al suo computer, per stamparla grande quanto la cornice.
Uscii soddisfatta dal fotografo, che mi disse di passare il giorno dopo per prendere la foto.
Tornando a casa, volevo saperne di più, sulla storia del bambino.
-“Hai già fatto un test?”- chiesi.
-“No ma ho fatto le analisi!”-.
-“Quando hai le risposte?”-.
-“La vigilia!”- rispose.
-“Ti acc…”-.
-“Si ti prego!”- disse pria che finissi la domanda.
-“Cosa speri?”- chiesi.
-“Non lo so … davvero non lo so!”- finì.
Tornai a casa, dove Zayn era in compagnia di Liam. Venne anche Mary. Non dovevamo parlare del bambino. Avevo già pensato al regalo da fare a Mary. L’avevo vista in un negozio e ci sarei andata il giorno dopo. Era una maglietta dove c’era scritto “baby” con la freccetta in giu. Era rossa ed aveva un cappellino di Babbo Natale. Era fantastica, ma se poi non era incinta? Decisi di fargliela lo stesso. Per me lo era dato che aveva avuto dei capogiri.
Decidemmo di andare al cinema quella sera. I vecchi tempi erano tornati ed io ero eccitatissima.
La serata fu fantastica, e al cinema susseguì una cena ad un ristorante.
Non potevo desiderare di meglio.
Mi addormentai accanto a Zayn, e quello fu la ciliegina sulla torta di tutto il giorno fantastico!

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Capitolo 23
*** Capitolo 23. ***


Mi svegliai con un profumo di brioche ripiena di marmellata alla ciliegia. Adoravo le ciliegie.
Aprii gli occhi, e vidi Zayn accanto a me, che mi stava lasciando un bigliettino sul vassoio con la colazione.
-“Non volevo svegliarti, scusa!”- si scusò.
Mi stropicciai gli occhi.
-“Non importa!”- risposi accarezzandogli il viso e dandogli un bacio.
-“Stavo per lasciarti un bigliettino, ma dato che ti sei svegliata, credo che non servirà più!”- proseguì mentre mi misi seduta.
-“Devo uscire con Liam!”- esclamò poi.
-“Che cosa dovete fare?”-.
-“Ehi impicciona, fatti i cavoli tuoi!”- disse imitandomi dicendo la stessa cosa che io gli avevo detto il giorno prima.
Risi.
-“Ti dispiace?”-.
-“Nono tranquillo, ne approfitterò per vedere Clare!”- continuai.
-“Perfetto!”- mi stampò un bacio-“A casa non c’è nessuno. Ultime compere! Ci vediamo dopo!”-.
-“Fai il bravo!”- mi raccomandai.
Mi sorrise per poi chiudersi la porta alle spalle.
Mangiai metà brioche, e bevvi un po’ di caffè latte.
Poi mi stiracchiai e andai in bagno.
Feci una doccia veloce per riscaldarmi, e poi mi asciugai i capelli, che raccolsi in una treccia di lato.
Mi sedetti sul letto e chiamai Clare. Ci furono pochi squilli e poi rispose subito.
-“Phoebe! Sono contenta di sentirti!”- disse appena risposto.
-“Clare, non ci crederai mai, ma sono venuta a Londra a trascorrere le vacanze di Natale, insieme alla famiglia di Zayn!”- esclamai.
-“Ok basta scherzi. Boston è bella?”-.
-“Non ti prendo in giro! Londra è bellissima tutta addobbata, non so se anche Boston lo è, ma sicuramente Londra è molto più bella!”-.
-“Ma dai non prendermi in giro!”-.
-“Te lo dimostro. Ce la fai a stare fra mezz’ora al London Eye?”-.
-“Bella sfida. Ci sto! A dopo!”- attaccò.
Ero quasi pronta, dovevo solo vestirmi e truccarmi. Misi una leggera matita celestina chiara, e rimmel a volontà. Poi  misi un pantacollant nero, una canottiera nera a spalline fine, un maglioncino sopra beige con una spalla di fuori, dei stivaletti, il cappotto, sciarpa e cappello.
Presi infine la mia borsa, con il telefono, l’i-pod, portafoglio e poi uscii puntuale.

 
Andai a piedi tanto non era molto lontano e così mi sarei goduta molto di più Londra. Arrivai in anticipo, così mi sedetti e ne approfittai per chiamare Mary.
-“Buongiorno tesoro!”- dissi.
-“Buongiorno cucciola!”- rispose con voce stanca.
-“Stai bene?”- chiesi.
-“Non ho chiuso occhio. Sono più che sicura che il risultato delle analisi sia positivo, sono stata tutta la notte sveglia a causa della nausea!”- disse moribonda.
-“Pensa che ne varrà la pena per quando stringerai quel piccolo bambino tra le tue braccia. Tutte le pene saranno ripagate da quando ti sorriderà la prima volta, e quando pian piano riuscirà a dire mamma!”- dissi compiaciuta.
-“Sai, non so se voglio davvero un figlio. Avevo altri progetti e non mi aspettavo di certo che a diciott’anni avrei avuto un figlio. No non era nei miei calcoli, e sicuramente nemmeno in quelli di Liam, che a vent’anni vorrebbe godersi la vita credo? No?”- continuò.
-“Mary la scelta è solo tua e di Liam. Ma pensateci bene prima di uccidere quell’esserino!”-.
-“No, di certo non abortirò, ma lo darò in adozione se proprio, è tutto da vedere!”- continuò lei.
-“Senti pomeriggio ti va se vengo da te, e ci facciamo un po’ di coccole?”- proposi.
-“Si, grazie tesoro. Sai sempre capirmi. Sai ora che ci penso, avrei tanta voglia di gelato!”-.
-“Con questo freddo?!?”-.
-“Le voglie del bambino non le decido io!”- disse convinta di essere incinta.
-“Hai ragione! Ti porterò del gelato!”-.
-“Menta e cioccolato!”-.
-“Menta e cioccolato? L’hai sempre odiato!”-.
-“Si lo so … ho voglia di quello!”-.
-“Esaudirò il tuo desiderio!”-.
-“Ci vediamo dopo tesoro!”- disse lei.
-“Sisi ciao!”-.
Attaccai.
Dopo cinque minuti arrivò Clare piuttosto stupita alla mia vista.
-“Allora sei davvero tu!”- disse affettuosamente abbracciandomi.
-“Te l’avevo detto! Sono felice di vederti!”- esclamai stringendola.
-“Anche io!”-.
Andammo a farci un giro chiacchierando del più e del meno. Parlare con lei, e passeggiare per le vie di Londra, non mi fece rimpiangere affatto Boston. Rivivendo le mie vecchie emozioni, non sarei voluta più partire.  Londra era sempre stata bella, ma con il suo spirito natalizio ancora di più credo che nessun altra città avesse il suo stesso spirito. Nessuno poteva essere triste in quel periodo. I bambini felici di stare in vacanza, correvano per i vicoletti rincorrendosi, e alle vecchiette, alle quali di solito lo scorrazzare dei bambini dava fastidio, ridevano compiaciute alla vista di questi. Il profumo di panettoni e pandori ti invadeva le narici in qualunque alimentari o supermercato, ti fossi imbattuta. Nel periodo di Natale, i grandi magazzini erano assaliti dalla gente, desiderosa di trovare cose a basso prezzo. Nei vivai per passare, si dovevano dare gomitate, perché le famiglie con i propri bambini, erano in preda al panico a decidere quale fosse l’albero più bello, quello più folto, più alto e più verde. Era fantastico che quel clima potesse cambiare in poco tempo, l’umore delle persone. E anche io, pur avendo addosso quella perenne tristezza, sorridevo animamente.
-“Come va a scuola Clare?”- chiesi mentre passeggiavamo.
-“Bene bene! Solo che non mi aspettavo che il programma di quarto fosse così complicato!”- sospirò-“A te?”- chiede poi.
-“Anche a me molto bene, e poi facendo parte della squadra di ginnastica ritmica, sto guadagnando dei crediti in più, solo che non è facile lavorare con delle ragazze che mi odiano!”-.
-“Odiare te? E per quale motivo?”- chiese.
-“Dato che sono arrivata prima alla gara per essere convocati in federazione, pensano che sia entrata in quella squadra solo per quello!”-.
-“Sono gelose che loro non sono in procinto di gareggiare con la squadra nazionale come farai tu!”-.
-“Io non farò un bel niente. Non è sicuro che io sia entrata, nonostante si arrivata prima. Non è stata una gara nazionale, ma ogni parte aveva la sua gara, e quindi non è detto che con tante ginnaste che hanno gareggiato ognuna in una parte diversa, io abbia totalizzato il punteggio più alto di tutte. È anche vero che ne verranno scelte cinque, ma con la fortuna che ho, non credo proprio che io sia una di quelle cinque!”- finii.
-“Se non ti prendono, avranno perso l’occasione di vincere tutte le olimpiadi e mondiali!”- esclamò lusingandomi.
Io risi dandole una leggera spinta.
Dopo un po’, Clare dovette tornare a casa, così io sbrigai le ultime cose prima di tornare a casa.
Comprai un centro tavola come regalo alla mamma di Zayn, uno simile per la nonna, dei cioccolatini da portare a casa di Liam, un cappello per Liam, una sciarpa tutta colorata per Clare, e dei guanti per Carl. Volevo tanto rivederlo. Lo avrei cercato. Passai infine dal fotografo a ritirare la foto. Era venuta benissimo. Fantastico avevo il regalo per tutti. Passai per ultimo a prendere delle bustine natalizie per incartare i regali. Poi tornai a casa. Era quasi ora di pranzo.
Andai in camera, e piegai tutto per bene, e li misi sul letto. Il regalo di Zayn, lo incartai subito e lo nascosi, e così feci anche per quello di sua nonna e di sua mamma. Per ultimo piegai la maglietta di Mary. Avevo fatto davvero un bell’acquisto. Mi chiamò Zayn.
-“A pranzo siamo solo io e te vuoi andare da qualche parte?”- mi disse.
-“Non so, decidi tu!”-.
-“Se mangiamo qual cosina da soli io e te, a casa?”-.
-“È perfetto preparo io!”-.
Scesi in cucina, lasciando tutti i regali sul letto, e preparai la pasta, condita semplicemente con il pomodoro. Poi condii un’insalata! Dopo poco arrivò Zayn che salì in camera per cambiarsi. Per fortuna che avevo nascosto il suo regalo.
Sentii i suoi passi scendere di corsa giù per le scale e spaventata mi girai. Aveva in mano la maglietta per Mary e le lacrime agli occhi.
-“Sei incinta?”- mi chiese quasi piangendo.
Cazzo.
-“Cazzo!”- dissi.
-“Sei incinta?”- ripeté.
Stavo cercando le parole.
-“Di quanti mesi è? Sono io il padre? Non posso essere io. Chissà che facevi a Boston mentre io non c’ero!”- disse imboccando le scale.
-“Zayn!”- urlai.
Corsi su per le scale raggiungendolo.
-“Ora prendi i tuoi bagagli e te ne vai!”- disse buttando tutti i regali giù dal letto.
Io risi.
-“E che cazzo ti ridi?”- disse arrabbiato.
-“Zayn, hai capito male. Anzi malissimo!”- dissi-“ Siediti che ti spiego!”-.
Ci sedemmo sul letto.
-“Non sono incinta! Rilassati!”-.
-“Se lo fossi stata mi sarebbe piaciuto, ma devo essere io il padre!”-.
Quasi mi commossi.
-“No tesoro, non sono io quella incinta. Se io ti dico questa cosa, mi devi promettere di non dirlo a nessuno perché la so solo io, e perché non è nemmeno sicuro. Cioè secondo me si, ma bisogna aspettare l’analisi. Mary è incinta, solo che ancora non l’ha detto a Liam. Vuole essere sicura prima!”-.
-“Mary è incinta?”- disse sbalordito.
-“Quasi sicuramente, le risposte le ha domani. Ma ti prego non dire niente a Liam ok?”-.
-“Ok! Va bene! Mi hai fatto spaventare!”-.
Per istinto e per volere lo baciai.
-“Ti dirò sempre tutto Zayn. Tutto!”- dissi.
Scendemmo in cucina e mangiammo. Mangiai solo un po’ di pasta.  
Nel pomeriggio ci riposammo un po’, e poi Zayn mi aiutò ad impacchettare i regali.
Poi verso le cinque uscii. Era già notte e faceva davvero freddo. Cercai il gelato che mi aveva chiesto Mary. Lo trovai dopo averlo cercato per tutti i negozi del mondo. Il negoziante mi prese per matta quando vide che stavo comprando il gelato con quel freddo. Mi sentivo pazza anche io.
Poi raggiunsi casa di Mary. Era da sola.
Ci sedemmo sul divano e dopo aver mangiato il gelato chiacchierammo.
-“Allora domani hai le risposte!”-.
-“Già!”- sussurrò-“Vieni con me vero?”- chiese.
-“Certo!”-.
-“Però le aprirò la sera con Liam. Voglio vedere insieme a lui la risposta!”- disse.
-“Certo tesoro lo capisco!”-.
Abbassò lo sguardo sconfortata.
-“Cos’hai?”- chiesi stupidamente.
Scrollò in un pianto.
-“È che … io amo follemente Liam, e il fatto di aspettare un figlio da lui, mi rende felice, ma quando immaginavo il mio futuro, mi vedevo a studiare a un college in America, no con un bambino in braccio mentre l’allatto. È stato un errore!”- disse tra i singhiozzi.
-“Un bambino non è mai un errore. Si, ammetto che magari è stata una cazzata, ma come ti ho già detto, ti sentirai la persona più felice al mondo, quando terrai quel bambino in braccio, e avrai la sensazione di averne stretto uno da sempre. Avrai paura che qualcuno gli possa far del male, e sarai meravigliata quando lo porterai al parco a giocare, o quando farà il suo primo bagnetto, o quando cadrà e verrà a piangere da te, e tu con voce pacata e affettuosa gli dirai che il giorno dopo sarà passato tutto. Ti verrà un brivido alla schiena, quando vedrai Liam insegnargli a giocare a pallone, ti sentirai al settimo cielo quando ti abbraccerà dicendoti che la festa di compleanno che gli hai organizzato è stata la più bella di tutte!”- dissi come se il figlio fosse mio.
-“Il fatto che il solo pensiero di tenere in braccio un essere così piccolo, mi mette paura. Non so se sono pronta davvero. Ho solo diciotto anni. Liam probabilmente non si prenderà le sue responsabilità, e io mi troverò da sola, a mantenere un figlio a vedere le ragazze della mia età diventare medici, veterinarie, infermiere, avvocati, giudici … capisci che questo non era programmato? Ho tanta paura Phoebe!”- disse piangendo.
La abbracciai forte. Capivo il suo stato d’animo.
-“Sono sicura che sarai una mamma fantastica, e Liam un padre innamorato di te e affettuoso con suo figlio!”- la rassicurai.
-“Grazie Phoebe! Ti voglio bene!”-.
Tutta quella vita mi era mancata e sarebbe stata una vera sofferenza abbandonare tutto per tornare in una città in cui non sarei voluta mai stare. Quello era quello che avevo da sempre desiderato.
Tornai a casa per l’ora di cena, e quella casa era di nuovo inondata da familiari allegri. Zayn stava facendo gli scherzi a sua madre, che rideva compiaciuta, mentre suo padre appoggiava il figlio a fare dispetti a sua moglie. La nonna faceva l’uncinetto vicino al fuoco e prendeva le difese della figlia, senza distogliere, tuttavia, lo sguardo sul lavoro che stava facendo. Sfinita, la mamma di Zayn, prese una forchetta e glie la puntò contro scherzando, minacciandolo! Lui si arrese e diede un bacio alla guancia a sua mamma che baciò il marito. Io rimasi in disparte sorridendo di quel che avevo davanti agli occhi, mentre le lacrime mi scendevano lungo le guancie. Ecco che mi mancava. Mi mancava tutto questo. Non avevo mai visto una famiglia così felice e contenta. Non avevo mai visto, due genitori così affettuosi con il figlio, una madre di famiglia ad occuparsi della cena per la famiglia, un padre tornato da lavoro stanco, che bacia sua moglie.
-“Perché piangi cara?”- mi chiese la madre di Zayn vedendomi in quello stato.
-“Mi manca una famiglia!”- dissi tra le lacrime.
-“Tesoro tu ce l’ahi una famiglia. Siamo noi!”- disse per poi abbracciarmi come una vera mamma sapeva fare.  

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Capitolo 24
*** Capitolo 24. ***


Vigilia di Natale. Non l’avevo mai festeggiata realmente, i miei genitori entravano in casa di rado per le feste natalizie, così le passavo da sola, o con mia nonna che veniva a trovarmi. Ero curiosa come si festeggiasse in famiglia. Con baci, abbracci, auguri, regali ma soprattutto con tana armonia e gioia.
Il giorno prima mi ero commossa, dato che la mamma di Zayn mi aveva detto che la loro famiglia era anche la mia famiglia. Mi sentivo accolta più che mai, sentivo il calore di una vera famiglia, un sorriso da una mamma e una raccomandazione da un padre, e le difensive della nonna. Pur conoscendo i miei problemi non mi ci facevano pensare nemmeno un secondo, né li tiravano in ballo per un discorso. Non avevano pregiudizi e mi accettavano nonostante tutto.
 
Zayn dormiva profondamente accanto a me, quando aprii gli occhi. Non ci potevo credere, sembrava tutto un sogno, eppure se si muoveva io lo sentivo. Era la realtà e non avrei desiderato di meglio. Quegli occhi chiusi, con le sue sopracciglia nere che incorniciavano le palpebre, le sue guancie candide, i capelli spettinati, la suo bocca carnosa, con il petto che andava su e giù, con il suo respiro sulla mia pelle erano tutte caratteristiche per cui io lo amavo, a parte il suo senso dell’umorismo, la sua dolcezza, la sua comprensione e il suo modo di farmi sentire unica.
Dopo un po’ che lo guardavo aprì gli occhi, e ancora confuso e frastornato, con la sua voce ancora roca, mi disse un dolce buongiorno.
-“Dormito bene?”- chiesi sorridendo felice.
-“Accanto a te si!”- disse baciandomi.
-“Ti ho svegliato?”-.
-“No tranquilla!”- disse tirandosi su e sedendosi con la schiena appoggiata sulla sponda del letto.
Bussarono alla porta.
-“Si?!”- chiese Zayn.
Si aprì lentamente e scorsi la mamma di Zayn. Entrò.
-“Buongiorno ragazzi, io sto uscendo per fare delle compere. Il latte è sul fuoco, l’ho messo a scaldare sentendo le vostre voci. Ci sono biscotti, pane, Nutella, marmellata alla ciliegia e all’albicocca, cereali … insomma quello che volete. Se avete bisogno di qualcosa chiamatemi! Tuo padre è a lavoro, ma fa la giornata corta dato che è la Vigilia. Nonna è a casa sua. Per pranzo saremo tutti lì, se ci volete raggiungere vi aspettiamo. Poi stasera alle sette e mezza a casa di Liam. Credo di avervi detto tutto … Ah! Buona Viglia!”- disse sorridendo.
Sorridemmo e la ringraziammo. Se ne stava per andare ma io la chiamai.
-“Tricia?”- la chiamai.
-“Si?”- disse affacciandosi.
-“Grazie!”- affermai.
Lei sorrise e poi uscì.
Quella donna era fantastica. Ero senza parole.
Andammo in cucina. Il latte era ben caldo. Zayn me ne versò una tazza. Lo bevvi la metà accompagnato con due biscotti al cioccolato.
-“Ti va di fare l’albero di Natale? È la Vigilia e ancora non l’abbiamo fatto!”- mi chiese Zayn.
-“Non vuoi farlo insieme alla tua famiglia?”-.
-“Mia madre ieri mi ha detto di farlo insieme a te!”- esclamò.
-“Allora ok!”- dissi alzandomi e prendendo le tazze  per lavarle.
-“Lascia stare!”- disse Zayn.
-“No già mi ospitate in casa vostra, voglio aiutarvi!”-.
Presi il sapone,le lavai, le asciugai e poi le riposi al loro posto. Intanto Zayn era salito in soffitta a prendere tutto l’occorrente. L’albero era finto ma era davvero grosso e folto. Lo montammo con un po’ di comiche, perché sbagliammo più di una volta a montare dei pezzi. Montato era molto alto.
Cominciammo a metterci le decorazione. C’era di tutto: luci, palline, campanelle, fiori, farfalle, nastrini, fiocchi, fiocchi di neve e tanto altro. Il colore dominante era il rosso e l’oro. Un albero tradizionale, ma con originalità data la presenza di altre decorazioni che non erano solo palline. Fantastico. Il miglior albero che avessi visto.
-“Bello!”- esclamai guardandolo soddisfatta-“Non ho mai fatto un albero!”- proseguii.
-“Non sarà l’ultima volta che lo farai!”- disse per poi baciarmi.
Senza accorgersene erano quasi mezzogiorno. Così andammo a prepararci. Feci una doccia veloce, per poi vestirmi con un jeans chiaro attillato, un maglioncino azzurro, i miei soliti stivaletti, una treccia di lato, più il mio cappotto, la sciarpa e un cappello. Zayn era vestito come me, ma stile maschile e con le scarpe da ginnastica e senza cappello.
Uscimmo ed andammo in macchina. Raggiungemmo la casa della nonna in poco tempo. C’erano anche altri parenti, gli stessi che c’erano la prima volta che ero andata a casa della donna. Erano tutti molto simpatici e mi avevano accolto con tanto calore, soprattutto una cuginetta di Zayn che mi aveva preso particolarmente in simpatia, perché le facevo le trecce ai capelli. Era adorabile. Si chiamava Leah.
Mangiammo tutti insieme in allegria. Il padre di Zayn scherzava con tutti. Erano davvero tutti simpatici.
Dopo pranzo aiutai a sparecchiare e a mettere a postola cucina, nonostante tutti quanti di dicessero di riposarmi.
 
Finito di aiutare, mi sedetti accanto a Zayn che era in veranda. Era tutta in legno e nonostante si usasse maggiormente d’estate, era riscaldata e per questo si stava una favola. Era da solo e guardava fuori.
-“Eh!”- dissi chiamandolo.
Lui si girò verso di me.
-“Ehi!”- disse allungando un braccio per far si che mi sedessi sulla sue gambe. Mi accucciai su di lui, mentre mi abbracciava.
-“Che facevi?”- chiesi curiosa.
-“Pensavo!”- rispose.
-“Ah perché pensi?”- scherzai.
-“Spiritosa. Si pensavo!”- disse facendomi il solletico.
-“A che cosa?”-.
-“A te, come ti se ambientata bene con la mia famiglia, come sei forte nonostante dentro ti senti fragile, a come ti amo io!”-.
-“Ti amo anche io Zayn!”- affermai.
Mi baciò in uno di quei baci nel momento perfetto.
-“Pho mi fai la treccia!”- disse una vocina interrompendoci.
-“Leah! Certo!”- dissi alzandomi raggiungendola.
-“Cugino ti rubo la tua principessa per un po’ va bene?”- chiese.
Quella bambina aveva solo quattro anni, ma aveva una simpatia immane.
-“Si ma se non me la ridai il drago cattivo ti mangerà!”- disse alzandosi puntando le mani pronte a farle il solletico. Non tardò a farglielo. La bambina rise come una matta e intanto supplicava di Zayn di lasciarla. Sfinita poi mi prese per mano e mi portò con lei. Andammo in bagno.
Mi misi seduta sul bordo della vasca e lei si mise sulle mie ginocchia rivolta verso lo specchio.
-“Lo sai che sei bellissima!”- mi disse dolcemente.
-“Non quanto te!”- dissi accarezzando i suoi capelli lisci.
-“Mamma dice che tu e Zayn siete tanto belli insieme. Io penso che dovreste sposarvi e andare a vivere insieme. Però mi dovete fare una camera, così potrò venire a trovarvi e tu mi puoi fare tutte le trecce!”- disse sorridendo.
-“Potrai venirmi a trovare tutte le volte che vuoi!”-.
-“Lo sai che anche io sono fidanzata?”- disse.
-“Ah si? È fortunato!”-.
-“Si ma lui non è dolce come lo è Zayn. Prima vi ho sentiti, e mai nessuno potrebbe essere così dolce. Nemmeno il papà lo dice alla mamma. Siete in perfetta sintonia!”- continuò.
Dal suo modo di parlare sembrava che quella bambina avesse tredici anni e non quattro!
-“Avrai il tuo fidanzato fantastico anche tu!”- dissi legando la treccia.
Saltò giù dalle mie gambe per raggiungere i suoi cuginetti per giocare.
-“Grazie!”- disse scappando.
Io sorrisi. Quella bambina era un fenomeno.
-“Ah, di al tuo principe azzurro che ore sei sua!”- disse riaffacciandosi sorridendo.
Annuii e raggiunsi Zayn.

Era di spalle così gli saltai in collo. Lui prontamente mi prese. Lo baciai sulla guancia. Il resto della famiglia era in salotto a chiacchierare. Mi arrivò una telefonata. Era Mary!
-“Ehi!”- risposi.
-“Weila, tutto ok per oggi?”- chiese molto più tranquilla.
-“Si a che ora andiamo?”- chiesi.
-“Le risposte me le danno alle sei e mezza quindi direi di andare per le sei. Ti passo a prendere io!”- disse.
-“Ok perfetto, poi possiamo prepararci insieme e andare a casa di Liam!”- proposi.
-“Si te lo stavo per dire io! Avevo già chiesto il permesso a mia madre e mi ha detto di si. Porta quello che ti devi mettere, i trucchi, insomma tutto!”- esclamò.
-“Perfetto ci vediamo dopo!”- dissi attaccando.
 
Si fecero le cinque e mezza. Era un po’ tardi, quindi con Zayn tornammo a casa. Presi tutto quanto, non mi cambiai per il momento, ma mi sistemai la treccia e il trucco. Mary arrivò puntuale, e dopo aver preso tutto, ci dirigemmo verso l’ospedale.
-“Devo ritirare delle analisi!”- disse un po’ agitata Mary.
Gli disse i suoi nominativi e la dottoressa le consegnò la busta. Nervosamente la infilò nella borsa, ringraziò la donna e andammo a casa sua.
Ci preparammo. Io misi un vestito azzurro stile natalizio, con delle zeppe nere. Lei si vestì di rosso, con dei tacchi non altissimi neri. Fece i boccoli ai suoi capelli, e li raccolse in una cipolla per poi far cadere delle ciocche ricciolute. Io anche mi feci dei boccoli, e puntai al lato della testa, due ciocche una a destra una a sinistra con delle mollette. Fummo soddisfatte del risultato. Eravamo pronte.
Presi i vari regali, e li misi in macchina, e poi ci avviammo puntualmente. I ragazzi erano già arrivati.
 
Arrivammo puntualmente. Entrammo in casa e fummo accolte calorosamente. C’era il sottofondo di “Let it Snow!” di Micheal Bublé.
Ci stava a pennello!
Dopo una mezzoretta ci ritrovammo a tavola. La cena era squisita e in più c’era un’aria fantastica che io non avevo mai conosciuto. Le piccole cose che non avevo mai apprezzato si ritrovavano a braccetto a trotterellare nel mio cuore felici. Io le accoglievo contenta e ballavo insieme a loro. Mi piaceva quella sensazione. Anche se era strana, mi piaceva e avrei voluto bloccare tutto per assaporare tutto al meglio.
Mi giravo intorno e vedevo persona che mi volevano bene, che mi sorridevo. Stavo festeggiando il Natale. Non riuscivo a crederci. Ero seduta vicino a Zayn e di fronte, vicini c’erano Mary e Liam. Era un’atmosfera fantastica. Niente la poteva rovinare.
Finimmo di mangiare e dopo il caffè aspettammo ognuno come voleva, la mezzanotte. Io e Zayn eravamo seduti sul divano a chiacchierare piacevolmente, alcuni preparavano la tombola, le donne mettevano sulla tavola dolcetti, tra cui i miei cioccolatini che avevo dato a Karen, la mamma di Liam.
Mary e Liam sembravano essere spariti. Mancava poco alla mezzanotte, e il padre di Liam con quello di Mary, presero lo spumante e i bicchieri. Ci mancava poco a mezzanotte. Non facemmo il conto alla rovescia perché era una tipica cosa di Capodanno. Vedendo la mezzanotte sull’orologio, stapparono lo spumante e lo misero nei bicchieri. Mary e Liam erano tornati ed entrambi sorridevano. Presi un bicchiere per Mary e glie lo portai.
-“Tieni buon Natale!”- esclami porgendole il bicchiere.
-“Grazie! Ma a non posso bere alcolici! Al bambino farebbe male!”- esclamò felice.
Io la abbracciai forte.
-“Sono contentissima per te. Liam che ha detto?”- chiesi.
-“Che è il regalo di Natale più bello che gli potessi fare!”- disse orgogliosa.
-“E i suoi genitori?”-.
-“Sono felici come lo sono i miei!”- finì.
-“Posso darti il mio regalo allora!”- esclamai.
Presi il pacchettino e glie lo diedi. Fu stupita della maglietta e mi abbracciò. Gli stava larga dato che mancava ancora il pancione. Gli sarebbe andata a pennello fra qualche mese.
Tutti scartarono regali, diedi il mio a Liam e alla mamma di Zayn!
Liam e Mary, mi diedero il loro. Era una foto di noi quattro che avevamo fatto al cinema, stampata su una tazza da colazione. Fantastica. La stessa era per Zayn, solo che la sua era blu e la mia rosa.
Zayn mi chiamò da parte.
 
Andammo fuori dove si gelava. Tutto era illuminato. Era fantastico.
Io portavo il suo regalo per lui.
-“Questo è il mio regalo!”- dissi baciandolo.
Sorrise e gli occhi gli si fecero lucidi. Mi ringraziò sinceramente dicendo che l’avrebbe portata sempre con se. Poi mi diede il suo. Non credevo ai miei occhi. Era pazzo. Era un anello e all’interno erano incise le parole:”Ti amo!”.
-“Ma sei pazzo?”- dissi stupita.
-“Si! Pazzamente innamorato di te Phoebe. Ti amo!”- disse baciandomi e avvicinandomi a lui con il suo braccio intorno alla mia vita.
-“Ti amo Zayn!”-.
Continuammo a baciarci.
 
Cosa potevo desiderare di meglio?
Era protetta, amata, accettata, presa in simpatia, ero in compagnia. Tutto quello che avevo sempre desiderato.
Lo amavo, e non avrei potuto cambiare idea. Mai!

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Capitolo 25
*** Capitolo 25. ***


Ci ritirammo tardi quella sera, tanto che la mattina dopo ci alzammo che erano quasi mezzogiorno. Tuttavia ci sbrigammo per andare in tempo al pranzo di Natale a casa della nonna di Zayn. Sta volta misi dei pantaloni blu stretti, un maglioncino bianco e dei stivaletti con il tacco bianchi. I capelli erano gli stessi del giorno precedente.
Puntuali arrivammo a casa della nonna di Zayn, dove c’erano la metà degli invitati. La tavola era molto grande, e apparecchiata deliziosamente. Leah mi aveva abbracciato forte, appena mi aveva vista. Mi divertii tantissimo, e mi piacque sempre di più quell’atmosfera che da tanto non assaporavo. Tutto era fantastico! Non sarei mai voluta ripartire.
Nei giorni seguenti, vidi Carl, gli diedi il mio regalo, lui mi diede il suo, facemmo una passeggiata, e poi gli augurai di passare delle belle vacanze insieme alla sua fidanzata. Mia madre e mio padre non mi avevano fatto nemmeno gli auguri di buon Natale, ma a me, in fondo, non importava davvero niente. Non erano la mia famiglia, e tuttavia avrei ricevuto degli auguri da persona a me poco accette. Mia nonna mi aveva chiamata e gli raccontai tutto, ma proprio tutto. Lei mi rispose che avevo fatto bene, e che non ne valeva la pena ascoltare le regole di quei due. Feci altre chiacchierate in compagnia di Clare, insieme anche a Mary, che accettava sempre di più il fatto di aspettare un bambino. Io ero più contenta di lei, perché non vedevo l’ora che avessi tra i piedi un bambino o una bambina.
Presto arrivò il mio compleanno e, nonostante le insistenze di tutti ad organizzare una festa, io rifiutai in quanto non avevo mai festeggiato il mio compleanno, e non avrei voluto farlo nemmeno in quell’occasione. Certo, facevo diciotto anni, ma in fondo, che ne avessi diciassette, o che ne avessi diciotto, non sarebbe cambiato un bel niente.  Così decisi che quella giornata sarebbe stata tale e quale a tutte le precedenti.
Il 31 dicembre. Il mio diciottesimo compleanno.
Zayn mi svegliò con il profumo di una rosa, e della colazione appena pronta, che accettai nonostante non finii tutto. Il mio peso non era migliorato un granché ma  per quanto io mi sforzassi di mangiare, il mio metabolismo non reagiva più.
Dopo essermi alzata, trovai in salotto Mary e Liam, che si precipitarono a salutarmi e ad abbracciarmi per farmi gli auguri. Che belli che erano. Più li guardavo e più pensavano che sarebbero stati due genitori fantastici!
-“Come ti senti con i tuoi diciotto anni!”- mi chiese sorridendo Mary.
-“Tale e quale a ieri!”- risposi.
-“Beh, però, è sempre il tuo compleanno, quindi ora tu ti vesti, saluti il tuo bell’amore, e gli dici che per tutto il giorno andiamo a fare shopping in giro per negozi di tutti i tipi, e che lo rivedrai stasera per festeggiare anche il Capodanno!”- disse.
-“Ma io…”- cercai di replicare.
-“No no no, vatti a vestire e muoviti che già è tardi su su!”- disse spingendomi verso il bagno.
Come una brava diciottenne ubbidii e mi preparai per uscire.
Salutai Zayn e Liam, e poi salii sulla macchina di Mary.
 
Mi portò tutta la mattinata in giro per negozi, e sfinite, decidemmo di andare a mangiare.
-“Ho una strana voglia di patatine fritte, credi che posso mangiarle?”- mi disse Mary.
-“Non so … sono fritte … non sono mai stata alle prese con una ragazza incinta!”- esclamai.
-“Le eviterò! Non voglio correre alcun rischio!”- disse toccandosi la pancia, che ancora non era cresciuta.
Mangiammo e poi continuammo ad andare in giro per negozi.
Mi fermai ad ammirare un bel vestito. Era verde smeraldo, senza spalline, di velo, lungo fino a sotto il ginocchio, con dei brillantini alla fine della gonna.
-“Guarda che bello!”- esclamai a Mary facendoglielo vedere.
-“È fantastico … si abbina perfettamente alla tua carnagione. Provalo!”- mi esortò.
Era troppo bello, così, trovata la mia taglia, lo provai. Non essendo tuttavia un’amante di vestiti, mi calzava abbastanza bene.
-“Quello è il mio regalo di compleanno!”- esclamò Mary vedendomi.
-“No …”-.
-“Si, toglilo così lo pago!”- disse.
Ubbidii di nuovo. Sarebbe stata una mamma che i figli avrebbero rispettata. Fantastica!
 
Mary pagò e stanche ci sedemmo.
-“Phoebee!”- lagnò.
-“Che c’è?”- chiesi.
-“Voglio dei sottoaceti!”- frignò.
-“Che?”-.
-“Si dei sottoaceti! Li voglio troppo! Questi li voglio mangiare. Tanto sarà solo per una volta. Ti prego, ti prego, ti pregooo!”- mi supplicò.
-“Sei più piccola del figlio che porti in grembo. Cerchiamoli!”-.
Felice si alzò e ci dirigemmo verso un supermercato.
-“Non li trovo!”- mi fece Mary.
-“Stai tranquilla ora li troviamo!”- dissi cercando tra gli scaffali.
-“Possibile che in cazzo di supermercato non abbiano dei sottoaceti per una ragazza incinta?”- si alterò.
-“Stai tranquilla!”-.
Cercammo tra gli scaffali. Ci dividemmo. Io andai per un verso e lei in un altro.
Non li trovavo così chiesi ad un commesso.
-“Scusi dove sono i sottoaceti?”-.
-“Alla corsia sei!”- mi disse indicandomela.
Stavo alla seconda, così leggendo i cartellini, andai nella corsia sei. Affacciandomi notai Mary arrampicata su una scaletta. Corsi verso di lei.
-“Mary! Cosa diavolo stai facendo?”- chiesi allibita.
-“Prendo i sottoaceti!”- disse soddisfatta con in mano un barattolo d cetriolini.
-“Dovevi proprio salire su una scaletta?”- chiesi-“E’ pericoloso!”- proseguii.
-“Nessuno era così gentile di aiutarmi!”- guardò la confezione-“Nah, forse sono meglio i carciofini, si sono decisamente meglio!”- delirò per poi risalire sulla scaletta.
-“Mary fai salire me, scendi!”- dissi esortandola a scendere.
-“Ci sono quasi!”- disse allungandosi sempre di più.
-“Mary attenta a te, e non far cadere niente!”- dissi rinunciando a salire.
-“Ci sono quasi!”- ripetè-“Ecco!”- disse  infine soddisfatta prendendo ciò che voleva.
Bum! Perfetto!
Scendendo scivolò su una scaletta, ma fu pronta a fissare i suoi piedi a terra non cadendo, ma si incollò tutti quanti i barattoli in quello scaffale, creando una reazione a catena con gli altri prodotti. Mi misi le mani sulla faccia. Che disastro. Cetriolini, carciofini, funghetti, olio, aceto, confezioni di sughi, di preparati per riso e tanti altri prodotti erano finiti a terra, con tanto di cocci.
-“Oh oh!”- riuscì a dire Mary.
-“Oh oh un cazzo Mary! Chissà quanti danni saranno da pagare!”- fu il mio unico pensiero.
 
Andammo alla cassa, e la cassiera annunciò con un ghigno.
-“Sono cinquecentocinquanta sterline per danni!”-.
Sbarrai gli occhi, mentre Mary sembrava essere tranquilla. Diede una carta di credito e saldò il conte, come se fosse naturale pagare così tanto. Non rinunciando alla sua voglia, comprò anche dei carciofini.
-“Sei incredibile!”- esclamai mentre lei mangiava disinvolta i suoi sottoaceti mentre facevamo la strada per tornare a casa.
-“Volevo i miei carciofini e lo ho ottenuti!”- disse mangiando-“Sono troppo forti!”- disse poi-“Sono piena!”- disse richiudendo il barattolo per poi infilarlo nella borsa.
Stavo per esaurirmi. Centocinquanta sterline di danni, e non aveva finito nemmeno la cosa che aveva comprato. Incinta era incredibile. Erano quasi le otto, e lei mi portò a casa sua. Ci preparammo per il Capodanno, e io misi il vestito nuovo, con dei tacchi neri. Lei un vestito delizioso, con delle ballerine. Non voleva cadere. Poi ci dirigemmo a casa di Liam, dove avremmo festeggiato l’anno nuovo.
Non si sentiva niente e le luci erano spente.
-“Sicura Mary che c’è qui la festa?”- chiesi.
-“Certo che sono sicura, non sono stupida!”- esclamò aprendo la porta.
Tutto era spento.
-“Mary, hai sicuramente sba …”-.
-“Sorpresaaa!”- urlarono.
C’erano tutti: Clare, Carl, la sua ragazza, Liam, Zayn, Leah, madri e padri di Zayn e Liam, la nonna di Zayn, altri familiari, altri ragazzi di scuola che io non conoscevo benissimo, Tommy e Shelly direttamente da Boston, Danielle, la mia vecchia squadra di ginnastica! Insomma ci saranno state cinquanta persone.
Rimasi a bocca aperta. Proprio non me lo aspettavo. C’ero caduta con tutte le scarpe!
Andai ad abbracciare tutti.
-“Chi è stato l’artefice?”- chiesi avvicinandomi verso Shelly.
-“Zayn e chi altrimenti?”- rispose.
-“Anche voi qui!”- esclamai.
-“Non potevamo mancare!”- disse Tommy.
Andai a cercare Zayn.
-“Buon compleanno amore mio!”- disse per poi baciarmi.
-“Sei incredibile!”- risi.
-“Lo so!”- rispose scherzando.
Risi di nuovo.
Ogni giorno era una nuova esperienza accanto a lui.
 
Finii di ringraziare tutti, e ognuno aveva un regalo per me. Era fantastico averli tutti lì. Chiacchierai tanto con Danielle. Mi mancava davvero tanto come allenatrice. Mi lusingò lei insieme alla mia vecchia squadra, dicendomi che senza me, non era lo stesso. C’erano tante cose da mangiare, e ognuno poteva prenderle autonomamente, ma io avevo lo stomaco chiuso. Pensavo che dopo tre giorni sarei dovuta tornare a Boston. Non volevo tornarci. Stavo bene a Londra e non la volevo lasciare a nessun costo. Dovevo godermi il presente, ma l’unica cosa a cui pensavo, era il fatto che, sarei dovuta tornare alla mia solita routine, che non comprendeva ne Zayn, ne Mary, ne Liam, ne Clare, ne Carl e nemmeno Londra. Quella città aveva una caratteristica speciale, che nessun’altra aveva. Oltre ad essere fantastica, era la mia città, dove avevo vissuto per diciassette anni e che tristemente avevo lasciato.
Presi il mio cappotto, e andai a sedermi fuori. Faceva un freddo pungente. Sentivo il mio viso raffreddarsi. Pur non vedendomi ero sicura di avere il naso rosso. Guardavo gli alberi che si muovevano mossi dal vento.
-“Non ti diverti?”- sentii dire da Zayn che mi aveva raggiunto.
-“Nono, la festa è bellissima ma ..”- abbassai lo sguardo.
-“Ma?”-. Si sedette accanto a me.
-“Ma, fra tre giorni dovremo lasciare tutto questo, e anche noi ci divideremo. So che continueremo a vederci ma … rimpiangerò i giorni passati qui!”-.
-“So che è triste lasciare tutto questo. Goditi la festa e non pensarci!”- mi accarezzò la guancia riscaldandomela.
-“Ecco … pensare è proprio il mio problema! Quando sarò a Boston ti penserò sempre, e vorrò tornare qui a Londra con te!”- continuai.
-“Bene, mi sembra il momento adatto!”- prese dalla tasca del suo cappotto una scatolina.
-“Che cos’è?”- chiesi.
-“Il regalo per il tuo compleanno!”-.
Trovai una chiave con un fiocco sopra. Non riuscivo a capire cosa fosse.
Vedendomi confusa mi spiegò.
-“Ti andrebbe di vivere con me?”- mi chiese.
Feci una smorfia.
-“Cosa?”- dissi confusa.
-“Questa è la chiave di una casa a Boston. Riprenderò il secondo semestre all’università di Boston. E dormirò a casa. Tu andrai a scuola normalmente, e so che non è Londra, ma almeno potremmo vederci molto di più e vivere accanto!”- mi spiegò.
I miei occhi erano lucidi.
-“E come farò a dirlo ai miei genitori?”-.
-“Un modo lo troveremo!”- esclamò.
-“Io già l’ho trovato!”-.
-“Cosa?”-.
-“Me ne vado semplicemente di casa!”- esclamai.
-“È una follia!”-.
-“No, non lo è! Se ci pensi ora ho diciotto anni e sono maggiorenne. Tu già lo sei da due anni, e posso essere, se io lo voglio, indipendente dai miei genitori. E beh, voglio esserlo!”- continuai.
-“Vorresti dire, che scapperesti da casa tua per me?”-.
-“Non sto scappando! Sto diventando autonoma! Mi troverò un lavoro, e riusciremo a gestirci. Magari potrà essere difficile per un primo periodo, ma poi ci riusciremo. So che ci riusciremo!”-.
-“Ti amo Phoebe!”- disse.
-“Non quanto ti amo io!”-.
Lo baciai.
Non rendendoci conto, stava nevicando.
-“Guarda!”- dissi indicando i fiocchi di neve.
-“Andiamo!”- disse prendendomi per mano.
Mi portò fin sotto la neve. Ben presto si attaccò. Era fantastico. La neve di Londra mi mancava. Tutti pian piano uscirono, e sapevano delle nostra scelta. Zayn l’aveva detto a tutti nel pomeriggio.
Tutti avevamo in mano un bicchiere di spumante sotto la neve.
-“ Cinque, quattro, tre, due, uno … Buon annoooooooo!”- urlammo tutti quanti felici e contenti.
Baciai Zayn. Lo amavo e lui mi amava niente di meglio.
La mia vita era finalmente perfetta. Ma cosa, in un secondo, la può cambiare? 

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Capitolo 26
*** Capitolo 26. ***


Quanto può essere bella la vita con le persone che hai attorno. Zayn ci aveva messo meno di due mesi per cambiarmi e per rendermi felice, ma o se era caso, oppure coincidenza, qualcosa voleva che io venissi punita. Punita per che cosa poi? Per una colpa da me non commessa? Per non essere amata troppo? Era bastato un attimo, meno di un secondo, e la mia vita si ribaltò. Un’altra volta per ricominciare tutto da capo. Qualcosa aveva voluto, che il mio e vissero per sempre felici e contenti, non arrivasse mai.
Tornata a Boston, ero contenta e felice, consapevole che un nuovo capitolo, “la convivenza”, cominciasse, con la persona più bella del mondo.
Avevo visto la casa. Era bellissima, pur essendo semplicissima. I miei genitori l’avevano scoperto, e nonvolevano farmi andare lì. Mio padre mi aveva fatto una di quelle sue scenate melodrammatiche, la stessa quando mi aveva proibito l’amore. Ero diciottenne. Mi rinfacciai della cosa. Presi le valigie le caricai in macchina, presi Flore e Zoe, organizzai tutta la mia roba,la misi in macchina e me ne andai.
-“Se esci da questa casa non ci entrerai mai più!”- aveva detto mio padre.
-“Allora me ne vado di corsa!”- gli avevo risposto per poi sbattere la porta e uscire.
Pioveva. Tanto. Troppo. Ero arrabbiata. Sfrecciavo sulla strada per raggiungere New York per prendere Zayn e andare a casa insieme. L’asfalto era bagnato e scivoloso, e in un attimo, mi ritrovai sotto un tir, che distrusse la mia macchina. E me.
Avevo gli occhi chiusi, ma riuscivo a sentire tutto, in un modo o nell’altro, io ancora potevo sentire chi mi parlasse, dove mi stavano portando. Non ero morta.
Sentii il rumore dell’autoambulanza, che mi portò in ospedale, e le voci preoccupate dei medici, che credevano che non ce l’avessi fatta. Poi Zayn. Era preoccupato e piangeva, mentre io continuavo a dire che non ero morta e che ce l’avrei fatta. Naturalmente non poteva sentirmi.
Mi operarono, sentii un dolore lancinante, quando mi tagliarono. Il mio viso era tagliato dai vetri della macchina. Il cuore batteva, ma il cervello non rispondeva.
-“È in coma!”- disse un’infermiere a Zayn.
Lui non rispose, abbassò la testa e rimase zitto, mentre le lacrime viaggiavano sul suo viso, pallido e stanco.
Ero in coma ma io potevo sentire e vedere tutto. Come era possibile?

 
***
 
Come al solito, Zayn era venuto a trovarmi, con il solito viso pallido e stanco, come uno che piange tutte le sere e non dorme da tantissimo. Portava i suoi soliti fiori, che sistemava in un vaso per poi metterli sul davanzale della finestra. Era già un mese che io ero sdraiata sul quel letto. Ero un vegetale, che viveva grazie solo a un macchinario, grazie a delle sonde che mi cibavano, grazie a quei medici gentili e responsabili che ogni giorno mi muovevano gambe e braccia, per far si che i miei muscoli non si intorpidissero. Eppure non ero morta. Ne ero sicura.
-“Buongiorno tesoro!”- mi disse Zayn.
Ciao amore! Non vedevo l’ora di rivederti, gli risposi io.
-“Ti trovo bene oggi. È tutto grazie all’infermiera che ti fa fare gli esercizi! Ti manda questi Mary!”- disse indicando dei fiori.
Ringraziala quando la vedi.
-“
So che tu non puoi sentirmi, ma spero che le mie parole ti facciano bene lo stesso!”- disse sorridente.
Sei tu che non puoi sentirmi, io ti sento forte e chiaro Zayn. Posso sentire che mi accarezzi, che mi osservi con occhi tristi e cupi. Posso capire come ti senti dal tuo sguardo. Io ti vedo e ti sento!, continuai io.
-“Ti saluta anche Clare. Dice che quando avrà un momento libero verrà a trovarti. Lo farà presto!”-.
Ci conto tanto. È importante sapere che ci siete. Vi amo.
-“Non ci sono tante novità. A parte che Liam e Mary stanno cercando una casa per sistemarsi per quando arriverà il bambino. Sai ora Mary è di tre mesi, e anche se dall’ecografia ancora non si vede il sesso, il bambino sta bene!”- esclamò.
Vorrei essere accanto a lei. Anche se non posso.
-“Sa che tu ci sei anche se non puoi accompagnarla dal ginecologo!”- mi disse come se mi avesse sentito.
Mi manca tanto. Mi mancate tutti.
-“Mette spesso la tua maglietta, anche se le va ancora un po’ larga. Presto le starà bene. Parla col bambino e gli dice che presto Zia Phoebe tornerà!”-.
Mi prese la mano. Lo sentivo. Ogni volta che mi toccava mi venivano i brividi.
-“Sappiamo tutti quanti che tornerai. Ma tu devi essere forte. Devi risvegliarti amore mio. Nessuno ce la fa più!”- disse baciandomi la mano.
Io ci provo a risvegliarmi, ma ogni volta c’è sempre qualcosa che mi blocca. Non so cosa, vorrei tanto ritornare tra di voi. Io lo so che non sono morta. Posso ancora sentirti Zayn. Posso vederti. Posso in qualche modo essere tra di voi … ma … ma … non so perché non posso risvegliarmi. Mi mancate tantissimo!
-“Phoebe io credo in te. So che sei forte. So che puoi farcela! Noi ti aspettiamo con tanta gioia!”- continuò avvicinandosi a me.
Ci sto provando. Credimi. Ma è più difficile di come tu pensi. Ormai è un mese che sono in questo stato. Ci sto provando, ma io non ci riesco.
-“Sembra che ci sia qualcosa che ti impedisca di riaprire gli occhi. So che ci stai provando. Ma so che c’è qualcosa che te lo impedisce!”-.
Zayn, allora tu mi senti.
-“Ti saluta mia madre e ha detto che appena può, ti raggiunge. L’ultima volta, è entrata in ospedale ma non ce l’ha fatta a salire su. Capiscila. Non ce la fa!”-.
Puoi sentirmi?
-“Fra poco dovrò andarmene perché vengono i medici e vedere come stai. Ma non ti preoccupare. Ascolterò quello che hanno da dirmi e poi torno!”-.
No, non puoi sentirmi, dissi amareggiata.
Nessuno poteva sentirmi, e mi sentivo sola nonostante tutti mi parlassero. Dicevano che parlare alla persona che si trova in coma, stimolava il risveglio.
Bussarono alla porta. Entrò un medico. Zayn uscì così mi visitò.
Mi parlò anche lui. Potevo sentire tutti. Tutti. Finita la visita uscì, e dopo un po’ rientrò Zayn.
-“Il medico ha scoperto perché non ti risvegli!”- disse sedendosi vicino a me.
Perché??, chiesi.
-“Col fatto che sei anoressica, il tuo corpo rifiuta il cibo che ti stanno mandando con le sonde, e quindi non ti stai nutrendo. Phoebe tu devi riuscire e mangiare tutto quello che ti danno. Ti prego. Cerca di far capire al tuo corpo che hai bisogno di assumere quelle cose, e che, come non pensava prima, il cibo ti farà del bene!”- disse supplicandomi.
So che c’entrava qualcosa la mia anoressia, me lo sentivo. Ci provo con tutte le mie forze ad accettare il cibo.
-“Ti prego amore mio. Essi forte per me. Risvegliati. Lotta con tutte le tue forze! Ti prego amore! Ti prego, ti prego, ti prego, ti prego”- mi supplicò.
Corpo mio. Ti supplico. Accetta quello che mi stanno dando. È la tua salvezza. È la nostra salvezza. Io accetto il cibo ora più che mai. Ti supplico, fammi mangiare, fammi assumere vitamine, ferro, calcio.
-“Si forte per me Phoebe. Se cadi tu, io sono morto. Ti prego, si forte per entrambi, non ce la farei ad accettare una vita senza te!”- disse mentre le sue lacrime mi bagnavano.
Zayn ti prometto che in un modo o nell’altro riuscirò a svegliarmi. Te lo prometto.
Bussarono alla porta. Era l’infermiera.
-“Zayn, mi dispiace ma devi andare via! Dobbiamo far fare ginnastica a questa bella signorina. Phoebe tu non ti arrabbiare che tanto Zayn torna eh! Facciamo un po’ di ginnastica, così ti risveglierai ancora prima!”- disse l’infermiera, Debby, entrando nella stanza.
-“Ok! Phoebe torno presto! Fai buona ginnastica!”- mi disse per poi baciarmi sulla guancia e uscire.
Rimasi sola con la donna, che cominciò muovermi braccia e gambe, per non farmi intorpidire il corpo.
-“Vedrai che così ti rimetterai in piedi ancora prima!”- esclamò muovendomi le gambe.
Si, speriamo bene, dissi io.
-“Hai un ragazzo adorabile. Ha ragione. Devi accettare questo cibo che ti mandano le sonde. Altrimenti se lo rifiuti sarà più difficile rimetterti in piedi. Capito? Devi essere forte, e credimi che il cibo non ha mai rovinato nessuno in questi casi!”-.
Lo so! Grazie Debby.
-“Zayn ti starà accanto sempre. Ne sono sicura cara!”- mi assicurò.
Ne sono sicura anche io.
 
Dopo una mezzora che mi muoveva uscì dalla stanza. Quelle pareti mi mettevano un po’ paura, e mi facevano rendere conto che mi trovavo in ospedale. Era difficile per me, accettare tutto quello, ma ero sicura che con un po’ di buona volontà tutto si poteva risolvere. Avevo lasciato tante cose in sospeso. Dovevo completarle.
Dovevo vedere nascere il figlio di Mary, vederlo crescere, vivere insieme a Zayn, diplomarmi, tornare a Londra dalla mia nuova famiglia, rivedere Clare, entrare in squadra nazionale. Avevo tante cose da fare. Non potevo mollare. Dovevo lottare a denti stretti. Era più difficile di quanto potesse sembrare, ma a me piacevano le sfide. Ci ero abituata. Era una vera e propria competizione, e io ero sempre stata forte a vincere, arrivare prima, stracciare tutti quanti.
Mi sarei risvegliata ancora più forte di prima. Niente sarebbe finito. Niente era concluso. Niente!
 
Il pomeriggio venne un’alta volta il medico a visitarmi, e aveva lasciato che Zayn restasse lì. Si era seduto su una poltroncina, e guardava attentamente tutto quello che faceva.
-“Brava ragazza!”- disse il dottore.
Zayn si alzò sentendo quelle parole.
Dottore che cosa vuole dire, dissi desiderosa di sapere qualcosa di buono.
-“Sembra che il corpo di Phoebe, stia incominciando ad accettare il cibo delle sonde! È strabiliante di come questa mattina non c’era nessun segno di miglioramento, e come ora invece, si sono riaccese in me, le speranze che questa ragazza si possa risvegliare!”- disse con enfasi.
-“Perché prima non c’erano speranze?”- chiese Zayn.
-“L’anoressia è una malattia che se non curata può diventare grave. E dati i tuoi racconti, non ha seguito mai nessuna dieta per recuperare peso. Poi anche che il suo corpo non accettava il cibo, mi ha fatto perdere un po’ le speranze. Ma ora che vedo che il cibo pian piano sta entrando in simbiosi con il metabolismo, ci sono molte più speranze. Ha preso una bella botta il giorno dell’incidente, ma comunque ne ho visti di casi peggiori. Ragazzo, puoi sperare che si risvegli. Capito Phoebe? Stai andando alla grande, continua ad accettare cibo e presto ti rimetteremo in piedi!”- esclamò il medico.
-“Grazie dottore. Grazie mille!”- disse Zayn sorridendo.
Mi ha ridato la speranza di lottare. Zayn, mi rimetterò in piedi!

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Capitolo 27
*** Capitolo 26. Epilogo. ***


 

I giorni passavano veloci, e io ancora stavo nello stesso stato.

Ero stufa di stare sdraiata su quel maledetto letto in quel maledetto ospedale. Volevo svegliarmi e capire che quello era stato solo un brutto sogno, ma per quanto io non lo volessi era sola la triste realtà. Stavo cominciando a dimenticare qualche particolare dell'incidente, e credevo che il mio cervello si stesse spegnendo per sempre. La mia vita non doveva finire, almeno non in quel modo assurdo e drammatico. Avevo tante cose da portare a termine, ma le mie prospettive negative, mi facevano sperare ben poco di fare qualcosa.

Magari la morte era molto più bella della vita. Magari in paradiso, o in qualunque posto sarei andata una volta lasciato il mondo, sarebbe stato più bello della terra, magari più bello anche di Londra. Avrei potuto vegliare su tutte le persone che amavo. Magari avrei apprezzato la morte, molto più di quanto mi sarei immaginata. Magari non era così brutta come dicevano tutti quanti. Magari avrebbe messo fine alle mie depressioni e tristezze. Tanto era meglio abbandonare tutti piuttosto che continuare a lottare per una causa persa. Io ero solo una causa persa.

Così, cominciai a lasciarmi andare. Coscientemente cominciai a rifiutare un'altra volta il cibo, anche se il metabolismo cominciava ad accettarlo al contrario di prima. Sembrava che io rifiutassi sempre tutto. Tanto ormai erano cinque mesi che ero sdraiata su quel letto. Era inutile continuare a respirare grazie ad un macchinario. Ogni volta che entrava un medico, nell'ultimo periodo dicevo sempre: Vi prego staccate la spina. Voglio morire.
Naturalmente nessuno poteva sentirmi, perciò mi visitavano e basta.

Ormai nell'ultimo mese, avevano sempre detto a Zayn che dall'ultimo miglioramento, non ce ne erano stati altri, e che quindi stavo decadendo piano piano per mio volere. Avevano capito che volevo lasciarmi morire.
Infatti la domanda che ripetevano ogni volta a Zayn era:-”Sei sicuro che in vita, Phoebe non ti abbia mai detto se voleva essere tenuta in vita da una spina?”-.
Lui faceva no con la testa ogni volta, e ogni volta sembrava farlo sempre con più tristezza. Mi sarebbe mancato molto quando sarei morta. Si. Volevo morire.

 

 

Spesso venivano a trovarmi Mary e Liam. La pancia cresceva, e sembrava già una brava mamma. Mary indossava quasi sempre la mia maglietta. Le stava molto meglio.
Era venuto anche Tim all'ospedale. Mi raccontava che il suo giardino era molto bello, e che presto avrei potuto aiutarlo come facevo prima.
Perfino Leah era venuta a vedere come stavo. Mi faceva la treccia ai capelli. E mi ripeteva che non vedeva l'ora che mi svegliassi per farne delle altre.

Mi dispiace tanto Leah, ma non credo di volermi svegliare, dicevo io.

Era così. All'inizio del coma speravo tanto di riaprire gli occhi, ma dopo cinque mesi lì, mi era diventato difficile sperare in una mia ripresa.

Zayn continuava a venire tutti i giorni e le sue parole erano sempre le stesse.

-”Devi essere forte. Devi migliorare. Ti prego. Svegliati!”-.
-”Non vedo l'ora che tu ti risveglia!”-.

Ma al quinto mese di coma aveva cominciato a sperarci di meno in quelle parole, come stavo facendo io. Così disse parole nuove.
-”Mi fa male dirlo, ma credo sul serio, che rimarrai qui ancora per tanto tempo!”-.
-”Devo ricominciare ad andare al college, spero tu capisca!”-.
-”Phoebe ti amo, ma le mie speranze stanno diventando vane!”-.
Credevo di più in quelle parole, e non fui assolutamente dispiaciuta quando riprese a studiare, e veniva sempre di meno a trovarmi.

Non avrei fatto niente per migliorare. Se mi sarei risvegliata così, allora ok, ma io non avrei cercato più, di migliorare. Era tutto inutile.

 

 

Le dottoresse non smettevano di farmi fare ginnastica, e di infilarmi le sonde alle vene.

I miei genitori non si erano visti in cinque mesi, e li odiavo ancora di più. Era impossibile che non sapessero del mio ricovero. Era impossibile. Che genitori del cazzo.

Tricia veniva spesso insieme al marito e alla madre. Mi facevano sempre un sacco di complimenti, e mi avevano portato la cornice che avevo ragalato a Zayn e la tazza per la colazione di Mary.

Clare mi portava delle riviste e me le leggeva. Sapevo che si era trasferita a Boston per starmi accanto. Mary e Liam venivano quando potevano, e stavano cercando un posto dove stare a Boston, perché era diventato troppo costoso spostarsi da Londra a Boston.

Carl veniva quando poteva. Ma io apprezzavo tutto.

Eva e Danielle mi portavano notizie dalle squadre, e della ginnastica.

Mi arrivò un giorno una notizia importante.
-”Sei entrata in federazione!”- disse felice Eva con il suo accento russo.

Fantastico, ma non credo che sarò forte, dissi io.

 

 

Spesso rimanevo sola, e non facevo niente per migliorare. Non mi sforzavo di risvegliarmi. Non ne valeva la pena, sapevo che non ci sarei riuscita.

Mi immaginavo spesso dove sarei andata. Speravo in paradiso. L'inferno era pieno di fuoco e odiavo il caldo. Il paradiso doveva essere piuttosto fresco e rilassante. Sarebbe stato il posto perfetto, ma non ero io che decidevo dove andare. Me lo immaginavo pieno di nuvole, con il fresco, con prati e panchine dove passeggiare, con telefoni per comunicare con le persone da proteggere, con telecamere per apparire in sogno, tante case dall'intonaco bianco e ruvido, come le case al mare. Vedevo spesso una luce bianca, e ero sicura di avvicinarmi sempre di più verso un mondo parallelo. Ma …

 

 

Aprii gli occhi e sentii un gran male alla testa. Mi trovavo in un letto e in una stanza piena di macchinari che registravano la frequenza cardiaca del mio cuore. Avevo indosso un camice bianco.

La stanza era allestita con fiori colorati e profumati. C'era un medico in stanza che si avvicinò a me preoccupato quando aprii gli occhi.
-”Signorina! Finalmente!”- disse con voce pacata.
-”Dove sono?”- chiesi stordita.
-”Non si preoccupi non è la domanda principale. Si ricorda come si chiama?”- mi chiese.

Ma che ero deficente?

-”Certo che me lo ricordo. Il mio nome è Phoebe Clarc!”-.
-”Perfetto, sai dirmi la tua data di nascita?”-.
-”Trentuno dicembre!”-.
-”Anno?”- chiese ancora.
-”1995!”- risposi.
-”Ok! Chi vuole che io chiami?”-.
-”La mia amica Mary, grazie!”-.
-”Non Zayn?”-.
Chi era quel Zayn ora.
-”Mi scusi, ma chi è Zayn?”- chiesi ancora stordita.
-”Non … Non importa ho sbagliato!”- disse non troppo convinto.

Uscì dalla stanza. Io rimasi sola.

Era tutto confuso. Perché mi trovavo lì. Che cosa mi era successo. Chi era quel Zayn? Mi stava antipatico già dal nome.

 

Dopo una mezzoretta entrò Mary accompagnata da Liam.
-”Tesoro finalmente! Come stai?”- mi chiese Mary felice di vedermi per abbracciarmi.
-”Sto … bene credo! Mi fa male la testa e sono confusa! Come state tu e il bambino?”- chiesi-”Come stai tu Liam? Sei eccitato di diventare padre fra poco?”- chiesi ancora.
-”Stiamo tutti bene e non vediamo l'ora di diventare una famiglia! Tu piuttosto hai già visto Zayn. L'ho avvisato appena mi ha chiamato il medico!”- disse.
Ancora quel Zayn. Ma chi diavolo era.
-”Ma chi cavolo è questo Zayn. Anche il medico l'ha nominato. Io non lo conosco. Già dal nome non mi piace. Mi sapete dire chi è?”- chiesi.

Liam e Mary si guardarono preoccupati.
-”Davvero tu, non ti sai chi è?”- continuò Mary.
-”Perché? Dovrei saperlo?”- chiesi.
-”Non importa ora riposa!”- disse per poi accarezzarmi la guancia.

Chi cazzo era?

 

 

La porta di aprì di colpo ed entrò un ragazzo alto, con i capelli neri e gli occhi marroni. Era molto attraente e si stava liberando dalla presa dello stesso infermiere che mi aveva nominato quel nome prima. Si liberò e corse verso me.
-”Phoebe, sapevo che ce l'avresti fatta, lo sapevo, credevo in te...”-.
Liam cercava di togliermelo di dosso.
-”Perché conosci il mio nome?”- chiesi spaventata.
-”Come Phoebe. Sono Zayn. Zayn Malik!”-.
Ecco chi era Zayn. Però non lo conoscevo.
-”Dovrei conoscerti? Io non so chi sei!”-.

Mary si mise una mano sulla fronte. Liam abbassò lo sguardo. Quel ragazzo di scostò da me con gli occhi lucidi.
-”Ma...”- provò a dire il ragazzo.
-”Zayn credo che debba riposare!”-.
-”Non si ricorda di me, non si ricorda di me. Coma fa? Come fa? Non posso crederci. Io non .. non … voglio crederci. Vi prego ditemi che è tutto un incubo. Vi prego …!”- disse piangendo come una fontana.
-”Mi sto spaventando vi prego mandatelo via!”- dissi con tanta pena verso quel ragazzo. Forse aveva sbagliato camera.
-”Zayn è meglio che tu vada!”- disse l'infermiere portandolo via con forza.
Il moro diede un pugno in faccia all'infermiere, per poi uscire da solo. Gli fratturò il setto nasale.

-”Mary sono spaventata chi è quel ragazzo?”- chiesi allargando le braccia per farmi abbracciare.

-”Tesoro non ti preoccupare! Va tutto bene!”- disse accarezzandomi la testa.

 

 

Mi rimisi in forma molto velocemente, tanto che i medici dissero di non aver mai visto una ragazza così veloce a guarire dal coma.

Così dopo due settimane dal mio risveglio mi riportarono a casa a Boston.

Mi dissero di rimanere lì per un po', e poi mi avrebbero riportata a Londra.

Mi avevano raccontato del mio incidente.

Dicevano che stavo tornando a casa da scuola e dato che l'asfalto era scivoloso per via della pioggia, mi sono schiantata sul vialetto di casa mia, vicino al giardino di Tim.

Io ci avevo creduto, nonostante non ricordassi niente.

Inoltre mi avevano detto che Zayn, era stato un mio amico a scuola che sperava molto che mi risvegliassi. Io non lo conoscevo e non mi fidavo tanto di lui, dopo quello che fece all'ospedale. Era un ragazzo violento e no ricordavo di averlo conosciuto.

La mia vita era tornata alla normalità, e tutti erano felici di rivedermi.

Finalmente ero felice dopo tanto tempo.

E la mia vita sarebbe durata per molto altro tempo!

 

The End.

Tattarataaa! *---*
Colpo di scena. Spero di non avervi deluse.

Allora. La storia è finita. O meglio … questa parte di storia è finita! Mi spiego meglio.

Dico in anticipo che le ragazze che non credono alla fine dell'amore tra Zayn e Phoebe hanno fatto bene a pensarlo.

La loro storia non finisce qui. Questa ff, ha un seguito in una nuova storia che prenderà il titolo “Innamorati di me!” che però verrà raccontata dal nostro bellissimo moro strafigo Zayn ! Di certo non mancheranno i Pov's della nostra cara Phoebe. Non ce ne saranno molti, solo in alcune parti. La colonna sonora della prossima storia sarà “Little House” di Amanda Seyfried, mentre, per chi non l'avesse capito, di questa era “I don't wanna miss a thing!”.

Dico che la fine che mi immaginavo non era proprio questa. Nella mia mente Phoebe moriva, ma non me la sentivo di lasciarla andare via. Così ho dato un'altra possibilità a i due piccioncini! Ma tanti altri colpi di scena interesseranno il sequel!

Non lo pubblicherò subito, ma aspetterò un po' per vedere se a qualcun altro interesserà questa prima storia.

E poi non potrebbe finire così questa storia, senza raccontare nemmeno della nascita del bambino di Mary e Liam. Nella prossima storia, ci saranno anche loro. E beh … non vi dico più nient'altro, vi ho già detto troppo.

Ringrazio tutte coloro che hanno messo tra le preferite/ seguite/ ricordate questa storia, e ringrazio le ragazze che hanno recensito.

Mi piacerebbero che le ragazze che hanno messo tra le preferite/ ricordate/ seguite, recensiscano questo capitolo, per dirmi se anche a loro, piace l'idea di un sequel.

Mi piacerebbe molto anche che le persone che leggono semplicemente questa storia, senza averla messa tra le preferite/ ecc...

Insomma, ho fatto tutto questo giro di parole per dire semplicemente di recensire. Aumenterebbe la mia autostima e mi convincerebbe ancora di più a continuare la storia.

Grazie in anticipo a tutte quelle che lo faranno ( se lo faranno e spero di si)!

Ringrazio ancora tutte quante. Siete state molto genitli.

Ho quasi finito lo giuro! Ahahahah!

Credo che per l'inizio di ottobre, se tutto va bene, pubblicherò il sequel!

Grazie a tutte quante! Vi adoro popolo di efp!

 

-keys-

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