Lost in shadows

di sheradiateslove
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter One ***
Capitolo 2: *** Chapter Two ***
Capitolo 3: *** Chapter Three ***
Capitolo 4: *** Chapter Four ***
Capitolo 5: *** Chapter Five ***
Capitolo 6: *** Chapter Six ***
Capitolo 7: *** Chapter Seven. ***
Capitolo 8: *** Chapter Eight ***
Capitolo 9: *** Chapter Nine. ***



Capitolo 1
*** Chapter One ***



One

 

Annabelle’s pov.
 
-Questa festa è di una noia mortale.
Jason si gira verso di me per rivolgermi un’occhiata seccata. -Annabelle, siamo qui da nemmeno dieci minuti! E poi guarda Chris, a me sembra che lui si stia divertendo parecchio.
Setaccio la grande stanza con lo sguardo finché i miei occhi non si posano su una ragazza dai capelli castani e la maschera blu che si struscia in modo decisamente poco decoroso su quell’idiota di Chris che pare decisamente contento della cosa. Sospiro. –Non cambierà mai- dico rivolgendomi a Jason.
Se penso che l’idea di venire a questa festa in maschera organizzata da uno shadowhuter che nemmeno conosco è stata mia, mi sale la voglia di prendermi a calci. E pensare che l’idea di una festa in stile Ottocento mi era sembrata una così bella idea! Tutti nella sala sono vestiti con gli abiti dell’epoca. Mia madre, Diana, è all’oscuro di tutto. A lei ho raccontato che andavo con Jason e Chris a caccia di demoni che ultimamente sembra si stiano moltiplicando. Per ogni demone che uccido, ne spuntano altri cinque pronti ad aggredire qualche povero mondano mal capitato e la cosa che sta cominciando a preoccupare l’Enclave è che sempre più shadowhunters muoiono per combatterli, inoltre molti umani stanno misteriosamente scomparendo senza lasciare alcun tipo di traccia.
-Anne, c’è un ragazzo laggiù che continua a fissarti- punto lo sguardo sul ragazzo indicato da Jason che, più che me in generale, sta fissando la mia scollatura. Non appena capisce che lo sto guardando, mi rivolge un sorriso smagliante mettendo in mostra i denti bianchissimi e perfetti. Indossa una maschera nera come il colore dei suoi vestiti e dei capelli.
Sbuffo. –Sai, forse avremmo fatto meglio a restare all’Istituto o andare davvero a caccia di demoni come ho detto a mia madre.
Dato che non ricevo risposta, sposto il mio sguardo dal ragazzo misterioso alla mia destra dove fino a poco fa si trovava Jason. Ecco, appunto, fino a poco fa. Ora sta ballando con una biondina pelle e ossa dalla maschera azzurra e il vestito bianco.
La prossima volta che ci alleniamo in armeria colgo l’occasione per fargliela pagare, non può lasciarmi sola così tranquillamente!
Non avendo più nessuno con il quale lamentarmi della mortale noiosità della festa, decido di uscire sul balcone passando per l’enorme portafinestra ad arco della villetta nella quale mi trovo.
Se non altro il posto non è niente male: una bella villetta in stile Ottocento nella parte est di Londra.  Il soffitto della villa è affrescato con arazzi dall'aria preziosa sui quali il blu e l’oro sono i colori che prevalgono, ci sono camerieri che girano un po' ovunque offrendo una strana bibita che sembra essere limonata e vari stuzzichini per gli ospiti, ad ogni lato della stanza delle colonne svettano fino al soffitto formando degli enormi archi, le enormi finestre danno un'aria luminosa alla stanza nonostante sia ormai buio, forse sono le rifiniture d'oro che risplendono alla luce della luna, ma ciò che salta subito all'occhio è il grande lampadario di cristallo che irradia la stanza con una luce tenue e che è sicuramente meglio di qualsiasi luce stroboscopica, la casa pare essere fuori dal mondo. E sento puzza di magia. Secondo me colui che ha organizzato questa festa ha pagato un Figlio di Lilith per far sembrare il posto come se avessimo fatto un salto indietro nel tempo e fossimo finiti davvero agli ultimi anni del diciannovesimo secolo.
Qui fuori l’aria è frizzante e il mio vestito è così leggerlo che non averlo sarebbe uguale, se non altro è così lungo che riesco a nascondere perfettamente la mia spada angelica e un piccolo pugnale sotto all’abito. Ancora mi chiedo come facevano le donne di quella volta a stare sempre con il vestito, io sinceramente detesto ogni genere di gonna. Preferisco di gran lunga un paio di jeans.
Rabbrividisco e mi passo le mani sulle braccia nude tentando di scaldarmi un po’.
-Hai freddo, dolcezza?- la voce che proviene da dietro le mie spalle mi fa rabbrividire ulteriormente, sento il soffio del respiro della persona che ha appena parlato sul mio collo e sobbalzo per la sorpresa. Quando mi giro per vedere in faccia l’idiota che ha parlato, mi ritrovo a due centimetri dal suo viso. Faccio un passo indietro.
-Tu, sei il ragazzo che mi fissava le tette- dico incrociando le braccia sotto al seno.  Ora che siamo più vicini posso osservalo meglio. La maschera nera che gli copre metà del suo viso dai lineamenti dolci fa risaltare i suoi occhi azzurri come se fossero sprazzi di cielo azzurro nell’oscurità della notte, la sua pelle pallida crea un bellissimo contrasto con i capelli scuri e le sue labbra piene sembrano invitarti a baciarle.
Il ragazzo è più alto di me di venti centimetri buoni.
Non credo di aver visto niente di più bello in tutta la mia vita.
-In realtà stavo ammirando la tua bellissima collana- mi risponde lui sorridendo e, quando lo fa, sulle sue guance si formano delle adorabili fossette.
 Istintivamente porto le mani al petto per toccare la collana che mio padre mi aveva regalato poco prima di morire: è una semplice catenina d’argento con una pietra viola come ciondolo.
-Non ci trovo nulla di speciale, è una semplice collana.
-Quella pietra viene da Idris, non lo sapevi?
-No.
-Sono Gabe, comunque- lui mi prende la mano e ci appoggia delicatamente le labbra, baciandola lievemente.
Io abbozzo ad un inchino un po’ goffo, non sono abituata a questo genere di cose –Annabelle.
-Annabelle, mi concedi l’onore di questo ballo?- i suoi occhi azzurri si fissano nei miei color nocciola, ancorando il suo sguardo al mio.
Per un istante resto senza dire una parola, incantata, poi distolgo lo sguardo e balbetto un “okay”.
Non mi era mai capitato di sentirmi così rincoglionita, così strana.
Lui fa un passo in avanti per accorciare la distanza fra di noi e mi cinge la vita con le sua braccia costringendo i nostri corpi a scontrarsi ed io gli getto le braccia attorno al collo per poi cominciare ad ondeggiare lentamente assieme a lui sotto la luce soffusa della luna e delle stelle e del fioco bagliore delle luci che proviene da dentro la villa seguendo il ritmo della musica che giunge forte alle nostre orecchie.
Non so per quanto tempo andiamo avanti così, stretti l’uno all’altra scambiando qualche parola e ridacchiando di tanto in tanto.
Improvvisamente lui sposta la testa dall’incavo del mio collo che precedentemente aveva appoggiato e comincia a guardarsi intorno come se avesse sentito o visto qualcosa di strano.
-Cosa c’è?- gli domando.
-Niente, credevo di aver…- Gabe si stacca da me e lanciando un’occhiata intimorita alle mie spalle fa dietro front e comincia a correre.
Resto un attimo immobile per lo shock del momento, ma poi inizio a rincorrerlo. Non esiste che mi lasci così come se niente fosse.
-Gabe! Gabe, aspetta!- urlo mentre raccolgo la gonna dell’abito per poter correre meglio e più veloce. Lo seguo fino fuori dalla casa dove ad un certo punto si ferma e mi dà la possibilità di raggiungerlo.
Stupidi tacchi, se non fosse per queste dannate scarpe lo avrei raggiunto già da un pezzo.
-Cosa diavolo succede?- gli chiedo.
-Io…ho visto una persona. Devo andare, subito.
-Ma…
Gabe appoggia una mano sul mio viso per lasciarmi una dolce carezza, poi la passa sulla mia maschera dorata e delicatamente me la sfila dalla testa facendola cadere a terra. Mi sorride e mi costringe ad inclinare il viso verso l’alto per poi lasciarmi un casto bacio sulle labbra. –Ci rivedremo. E’ una promessa.
E prima che io possa anche solo pensare di articolare una risposta, Gabe sparisce fra le ombre.
 
 
Gwendolyn’s pov.
 
Appena l'acida hostess annunciò che l'aereo era atterrato schizzai dal sedile alzando gli occhi al cielo e mi diressi verso l'uscita, non sapevo cos'era stato peggio: se le inutili attenzioni dell'hostess bionda ossigenata o le insulse chiacchiere della mia anziana vicina, quella vecchia mondana era riuscita a parlare per tutto il viaggio, speravo solo che al suo arrivo i nipoti l'avrebbero strozzata con il gatto siamese di cui si era tanto vantata.
Cercai con gli occhi il punto in cui avrei dovuto ritirare il mio bagaglio, infastidita da tutte le persone che mi passavano attorno spingendomi.
Quando vidi la mia meta cercai di farmi largo fra la folla, e afferrai la mia sacca rossa mentre passava sul nastro trasportatore.
Adesso dovevo pensare a come arrivare all'Istituto di Londra, dubitavo che fossero stati così gentili da venirmi a prendere e che quindi mi sarei dovuta arrangiare, come avevo fatto per buona parte della mia vita.
Considerai l'idea di prendere l'autobus, ma, dopo aver visto quanto erano pieni, feci una smorfia e sperai con tutte le mie forze di riuscire a trovare un taxi.
L'impresa non si rivelò tanto semplice e dopo che cinque taxi già occupati mi passarono davanti, decisi di andare in cerca di una macchinetta per prendermi un caffè.
Mentre mi aggiravo per l'aeroporto pensando che ai mondani piaceva proprio tanto fare le cose complicate, un odore terribilmente familiare mi riempì le narici: dolcissimo e acido, inconfondibile: demoni.
D'istinto misi le mani sulla vita in cerca delle armi, ricordandomi troppo tardi che avevo deciso di mettere la cintura nella borsa per non attirare troppo l'attenzione e che la borsa era rimasta sul marciapiede davanti all'aeroporto.
Impiegai un secondo per decidere se affrontare il demone a mani nude o raggiungere la borsa perdendo tempo.
Iniziai a seguire la scia che mi portò in corridoi bui, spogli e deserti, avevo imparato che tendenzialmente i mondani preferivano i luoghi illuminati perché gli trasmettevano sicurezza. Avevo un brutto, bruttissimo presentimento.
Quando raggiunsi l'ennesimo corridoio completamente buio rimpiansi di non essermi portata dietro neanche la stregaluce, ma proseguii affidandomi solo alla puzza che si faceva sempre più forte.
-Al ragazzino piace giocare con la magia eh?- sentii una voce roca e con uno strano accento che proveniva da una delle tante stanze chiuse, non c'erano dubbi che appartenesse ad un demone. Rimasi fuori ad ascoltare.
-Io posso batterti.- rispose una voce umana, forse un altro cacciatore.
-Davvero? Ti credi uno stregone, piccolo mondano?- disse il demone ridendo.
Decisi che era arrivato il momento di intervenire, con un calcio buttai giù la porta e mi ritrovai davanti ad un demone e un mondano: il demone era completamente blu, un demone Devrak, uno fra i più pericolosi.
Non che per sconfiggere un mondano ci volesse un demone superiore, ma neanche ucciderlo senza armi sarebbe stata una passeggiata.
-Oh! È venuta a farci visita una piccola cacciatrice, è tua amica per caso?- chiese il demone senza smettere di ridere.
Il mondano non rispose, teneva una pistola puntata al “petto” del demone e sembrava davvero convinto che sarebbe servito a qualcosa. Idiota.
Anche il demone però sembrava fin troppo sicuro di sé, va bene che io ero disarmata, ma lui non poteva saperlo.
-Pensi che la mia statura possa influire sulla mia abilità nel combattere, demone Devrak?- chiesi.
-Penso che potremmo scoprirlo- rispose avventandosi su di me.
Mi spostai di lato e mi mancò per un pelo, mi tolsi uno stivale col tacco e glielo tirai contro, sapendo che era inutile, solo una spada angelica l'avrebbe ucciso.
Il demone mi si avvicinò di nuovo, gli lanciai l'altro stivale, ma questo lo rallentò solo per un secondo e in un attimo mi fu accanto, le sue dita scivolose si strinsero intorno ai miei fianchi
-Tutti uguali voi cacciatori- mi sussurrò all'orecchio. -Sei corsa qui, disarmata, solo per salvare questo stupido mondano, sai che ti dico? Ucciderò prima te così ti risparmierò anche di vedere il tuo amichetto torturato, non sono gentile?
Nonostante avessi capito che le mie possibilità erano pari a zero, gli scoccai un'aria di sfida, e mi guardai intorno alla ricerca di un qualsiasi tipo di arma.
Il demone mi circondò la gola con le mani scure -forse questa volta è finita davvero- pensai chiudendo gli occhi mentre la stretta si faceva sempre più forte.
Dicono che nelle esperienze pre-morte ti passi davanti tutta la vita, non mi era mai successo e questa non era certo la prima in cui mi trovavo in una situazione del genere, ma per qualche motivo fu diversa, perché rividi all'istante Miami, le spiagge assolate, l'Istituto, mio padre.
Mio padre che mi aveva insegnato tutto, dai miei primi passi, all'addestramento che avevo ricevuto dai dodici anni, era stato lui a mostrarmi come uccidere un demone usando una spada angelica o...
Spalancai gli occhi e tossii cercando di guadagnare un po' d'aria, vidi il mondano che mi fissava a bocca aperta con la pistola che giaceva ai suoi piedi, e accanto a quella vidi dei mattoni, non mi chiesi perché fossero lì, non in quel momento.
-La finestra!- urlai al mondano con tutte le forze che mi erano rimaste, il demone sorpreso allentò leggermente la presa, ma il ragazzo mi guardò con uno sguardo interrogativo.
-Rompila idiota! I mattoni!- aggiunsi.
Il demone capì e lasciò definitivamente la presa per avventarsi sul mondano, ma era troppo tardi, lui aveva afferrato un mattone e l'aveva lanciato verso la finestra aperta, centrandola.
Il demone l'aveva appena raggiunto, ma la luce del sole invase la piccola stanza e il demone svanì iniziando il suo viaggio verso una lontana dimensione.
Il ragazzo ed io cademmo in ginocchio contemporaneamente, ma fu solo un attimo, mi alzai subito e mi avvicinai a lui.
-Sei ferito, mondano?- chiesi
-Tu sei una Shadowhunter, vero?- disse lui guardandomi con un'espressione strana.
-Eh già e tu sei un mondano e per di più curioso.- risposi scoccandogli uno sguardo pieno di disprezzo.
-Io non sono curioso, ok? Tu non capisci...
-Non mi interessa.- lo interruppi. -Dimmi solo se sei ferito.
-Quella schifezza mi ha morso sul braccio, non è grave.- disse spostando la manica lacerata e lasciando vedere una ferita non troppo profonda, ma completamente nera.
-Di male in peggio, mondano.- dissi scuotendo la testa. – forza, andiamo.
-Perché dovrei venire con te?- chiese
-Puoi anche restare qui, ma fra qualche ora sarai morto, vedi quel liquido nero? È sangue di demone, Icore, e si da il caso che è velenoso.
Il mondano imprecò, ma mi seguì, ripercorremmo i corridoi bui in silenzio.
-Nascondi la ferita, non voglio creare confusione.- ordinai e lui obbedì.
-Senti...grazie, per essere arrivata, io non sapevo che quei cosi potessero essere uccisi così.- disse, e si vedeva che gli costava una certa fatica, un tipo orgoglioso.
-Lascia stare, proteggere i mondani è il mio compito, anche gli idioti come te.- risposi.
-Io sono Daniel.- disse all'improvviso tendendomi la mano.
-Gwendolyn.- risposi e gliela strinsi senza guardarlo negli occhi.
-Mi porti all'ospedale, Gwen?- chiese
-Ma certo, e cosa diremo all'infermiera? “scusi, questo stupido mondando ha ficcato il naso in cose che non lo riguardano e si è beccato un morso da un demone Devrak, state attenti potrebbe infettarsi” sarebbe davvero divertente.
-Oh scusami se non conosco le procedure speciali del mondo dei cacciatori. Allora, illuminami, dove mi porti?
-All'Istituto.- dissi scostandomi i capelli sudati dalla faccia. -Spero che tu abbia una macchina, mondano.



RAAAAAAAAAWR.
Salve gente, eccomi qui ad intasare anche questo fandom sdkfjhsfjkdh lol
Ma, attenzione attenzione, non sono sola. 
La mia sosia/parabatai scrive questa fanfiction con me, lei dal punto di vista di Gwendolyn ed io da quello di Annabelle.
Lei su EFP è Noperfect, comunque, e si chiama Ilaria, come me ùù
Ah, forse avrete notato che il punto di vista di Annabelle è scritto al presente e quello di Gwendolyn al passato,
il perché è semplice: io sono impedita a scrivere al passato e lei è troppo abituata così per scrivere al presente.
Spero non vi dia fastidio questa cosa :c
No, niente, non so che altro dire.
I personaggi sono altri, non Clary, Jace e compagnia e la trama è inventata da noi, ma è una fanfiction poiché ambientata nel fantastico mondo
creato da quella pazza sadica e psicopatiche della Clare, che noi amiamo comunque molto nonostante ci uccida costantemente i feels <3
E basta, la scuola è finita e l'estate è iniziata, quindi chiudo con un buone vacanze a tutti sdkfjhsjkfhskjf.
Speriamo entrabe che la storia vi piaccia perché ci teniamo un sacco e ci impegniamo molto skjdhfjskfh
Okay, addio.
-Ila&Ila

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Capitolo 2
*** Chapter Two ***



Two

 
 

Gwendolyn’s pov.
 
Quando aprii gli occhi per un attimo pensai di essere ancora a Miami, nella mia camera, e che da un momento all'altro mio padre avrebbe fatto irruzione per svegliarmi come ogni mattina, poi all'improvviso realizzai che il soffitto che stavo guardando non era quello della mia stanza, ma quello di una delle stanze tristi e anonime dell'Istituto.
Mi alzai e mi infilai un paio di jeans e una canottiera nera, praticamente gli unici vestiti che mi ero portata dietro, intanto il mio stomaco iniziò a protestare, in effetti era un po' troppo tempo che era vuoto, mi chiusi la porta alle spalle e uscii in cerca della cucina.
Anche se la mia stanza non era proprio il massimo, dovevo riconoscere che l'istituto trasudava fascino, lungo il corridoio in cui mi trovavo spiccavano immagini di Raziel che stringeva fra le mani la coppa e la spada troneggiando sul lago Lyn, c'erano foto di paesaggi verdeggianti e di piazze piene di case dallo stile un po' severo che caratterizzava gli Shadowhunters. Idris.
Mi avevano tanto parlato di Idris, ma in realtà non ci ero mai stata nei miei sedici anni di vita.
Passai davanti ad una porta chiusa e sentii un debole lamento, riconobbi la stanza in cui avevano portato il mondano, Daniel. Probabilmente è l'infermeria.
Diana Carstairs, la donna che dirigeva l'Istituto, aveva fatto chiamare i Fratelli Silenti appena mi aveva visto entrare con il mondano sanguinante di icore fra le braccia, nonostante avesse guidato molto velocemente nel tragitto dall'aeroporto la sua ferita si era molto aggravata, i mondani reagivano particolarmente male al sangue dei demoni.
I Fratelli Silenti avevano assicurato che si sarebbe ripreso, ma ci sarebbe voluto del tempo.
Aprii lentamente la porta e vidi che stava ancora dormendo, mi avvicinai e presi la pezza ormai calda che Diana gli aveva messo sulla fronte per far abbassare la febbre, e la sostituii bagnandone un'altra nel bagno annesso alla camera.
Daniel era indiscutibilmente un bel ragazzo nonostante il sudore che gli bagnava la fronte o l'espressione sofferente sul viso; i capelli biondo-dorati gli illuminavano il volto, gli occhi erano chiusi, ma sapevo che erano verdi, non mi erano mai piaciuti gli occhi verdi.
Daniel ansimò e si rigirò nel letto per un po’.
-Gwen.- disse senza aprire gli occhi -Sto morendo?
Sorrisi istintivamente.
-No, il demone ti ha solo morso, forse ti crescerà un terzo occhio, ma non morirai.- dissi.
-Che cosa?- urlò aprendo gli occhi e lanciandomi un'occhiata preoccupata.
-Sei davvero così impressionabile, mondano?- chiesi ridendo.
-Non ci si dovrebbe prendere gioco delle persone che stanno male, non te l'hai mai detto nessuno?
-Noi abbiamo delle leggi diverse.- risposi.
-Perchè sei qui?- chiese
-Per controllare a che punto era il tuo terzo occhio, si comincia già a intravedere sulla fronte.- dissi.
-Ormai questo scherzo è vecchio.- rispose, ma sorrise comunque.
Mi alzai e uscii dalla stanza chiudendo la porta.
-Non hai risposto alla domanda!- sentii urlare da dentro, ma ormai stavo già scendendo le scale.
 
 
Annabelle’s pov.
 
 
Un deserto di ghiaccio si estende tutto intorno a me, ovunque mi giri non vedo altro che ghiaccio, ghiaccio e ghiaccio. Sono sola e indosso solo una misera maglia a maniche corte e dei pantaloni neri, niente di pesante che possa proteggermi dal freddo glaciale di questa landa desolata. Inizio a camminare senza avere però una meta precisa, l’unica cosa a cui penso è che voglio andarmene da qui e che restando ferma nello stesso punto per tutto il tempo di sicuro non posso farlo. Cammino, cammino e cammino finché non ho più forze e le mie gambe non riescono più a reggermi facendomi crollare sulla terra fredda. Lacrime salate mi scorrono lungo le guance arrossate dal gelo mentre penso di essere giunta alla fine del mio viaggio, alla fine di tutto. Spero solo che la morte arrivi velocemente risparmiandomi troppo dolore e sofferenza. Chiudo gli occhi. E’ strano, però, ho sempre pensato che sarei morta combattendo contro un demone per salvare una vita umana; non mi è mai nemmeno passato per la testa che potessi morire così, stremata e congelata.
Proprio quando penso di essere spacciata, sento un corpo caldo sollevarmi da terra e prendermi fra le sue braccia. Immediatamente il suo calore si propaga lungo tutto il mio corpo eliminando ogni traccia di stanchezza e debolezza. Come se il freddo di questo posto mi avesse avvelenata e il caldo emanato da questo corpo fosse l’antidoto che mi salva la vita.
Apro lentamente le palpebre e mi ritrovo davanti il viso di un ragazzo,  il viso di un ragazzo che conosco, un ragazzo con una maschera.
Gabe mi sorride radiosamente e dopo avermi infilato una ciocca di capelli ribelle dietro all’orecchio mi appoggia a terra con delicatezza, come se toccando il suolo potessi sgretolarmi in mille pezzi. Quando tocco il terreno con mia grande sorpresa mi accorgo che non è più ghiacciato, ma è diventato un prato verde piacevole al tatto dei miei piedi nudi e sono comparsi fiori, alberi e cespugli che prima non c’erano.
Dove mi trovo?
Rivolgo nuovamente lo sguardo verso Gabe che continua a sorridermi e, scioccata, mi accorgo che dalla sua schiena partono due grandi ali nere con delle screziature dorate.  L’istinto mi dice di correre il più velocemente possibile via da lui, ma non riesco a fare altro che avvicinarmi di più attratta da quelle ali nere come una falena lo è dalla luce. Allungo una mano di fronte a me per provare a toccarle, ma Gabe prende la mia mano e con uno strattone mi fa avvicinare a lui in modo che i nostri corpi si tocchino. Sfilo la mia mano dalla sua e provo a togliergli la maschera che mi impedisce di vedere il suo intero volto, ma lui fa un passo indietro. –Annabelle…- comincia a parlare. Ma non scoprirò mai cosa voleva dire, perché improvvisamente mi sento come risucchiata nel vuoto e Gabe sparisce assieme a tutto il resto.
Mi sveglio di soprassalto e scendo immediatamente dal letto come se questo scottasse, mi infilo in fretta una maglia nera e dei pantaloni dello stesso colore presi a casaccio dall’armadio e mi lego i capelli scuri in una coda alta. Mi giro verso il letto per rifarlo e mettere un po’ d’ordine nella mia camera che è tremendamente sottosopra e noto che sul cuscino c’è una macchia nera. Mi avvicino di più per vedere meglio e mi accorgo che quella cosa che sta sul mio cuscino non è una macchia, ma una piuma. Una piuma nera con delle screziature d’oro.
Boccheggio in cerca di aria che mi è venuta improvvisamente a mancare e mi siedo a terra mettendomi la testa fra le mani.
Non è possibile.
Forse sono ancora nel sogno.
Forse ho le allucinazioni.
Ora esco, vado a fare colazione e quando tornerò qui la piuma sarà sparita.
Sì, sarà così.
Mi alzo barcollando e mi dirigo in cucina dove immagino non troverò né Chris né Jason che alla domenica dormono spesso fino tardi, mentre potrei invece incontrare quella ragazza che è arrivata ieri con un mondano morente fra le braccia. Com’è che si chiama? Gwe…Gwen…Ah, sì, Gwendolyn. Che nome strano.
Passo per i lunghi corridoi dell’Istituto e arrivo a destinazione, solo il pensiero di mettere qualcosa fra i denti mi fa brontolare lo stomaco. Quando apro la porta della cucina trovo Gwendolyn seduta intenta a mangiare un uovo. Un uovo? Per colazione? Ma come fa?
-Buongiorno- la saluto, rivolgendole un sorriso cordiale.
 
 
Gwendolyn’s pov
 
-Buongiorno- disse la figlia di Diana, Annabelle, entrando in cucina, e mi sorrise, poi si diresse verso il frigorifero e prese il cartone del latte versandosene un po'.
La sera precedentemente l'avevo vista solo per un secondo, ero troppo stanca, ricordai che mi ero soltanto accorta che aveva i pantaloni dell'uniforme al contrario, quasi se li fosse messi in fretta.
-Buongiorno.- le dissi in risposta abbozzando un sorriso.
-Mi fa piacere avere finalmente una ragazza qui.- disse all'improvviso. -Voglio bene a Chris e Jason, ma sono così...maschi.- disse sorridendo.
-Chris e Jason?- chiesi incuriosita.
-Oh vedo che non hai ancora avuto il piacere di conoscerli, la cosa non mi sorprende visto che di solito dormono fino alla una.- disse sbuffando.
-Sono i tuoi fratelli?- chiesi cercando di iniziare una conversazione.
-Oh no.- rispose ridendo, come se quello che avevo detto fosse così assurdo. -Sono i miei migliori amici, anche se in realtà Jason è un po' il mio fratello maggiore, è l'unico maggiorenne fra noi, ma non è per questo, quando sono con lui mi sento al sicuro.- disse.
-E Chris?- chiesi
-Chris ha un anno più di me, ma per me è come un fratello minore, devo stargli dietro ogni momento della giornata, non sai quante volte io e Jason l'abbiamo tirato fuori dai guai.
-Si vede che gli vuoi bene, quando ne parli ti si illuminano gli occhi.- dissi.
-E tu hai fratelli Gwendolyn?- chiese.
-Sì, cioè...non lo so. Non ho più sue notizie da due anni, potrebbe anche essere morto, come mio padre.- risposi fissando insistentemente le uova. 
-Mi dispiace.- disse arrossendo, quasi come se avesse paura di avermi offeso. –Anche mio padre è morto, qualche anno fa, è partito per fare il suo solito giro di Londra per uccidere demoni e non è più tornato.
-Oh.
-Dove stavi prima, Gwendolyn?- Annabelle continuava a farmi domande, non sapevo se era solo per gentilezza o se fosse realmente interessata.
-Miami.- risposi- E chiamami pure Gwen.
-Oh davvero? Deve essere bellissimo abitare in un posto in cui non piove costantemente.
-Non saprei, dopo un po' ti annoi anche del sole.
-Se lo dici tu, e come mai sei venuta proprio a Londra?
-Mio padre adorava Londra, diceva sempre che prima o poi mi ci avrebbe portato e dopo la sua morte per me andare in un posto o in un altro non faceva molta differenza.
-Spero che ti troverai bene qui, Gwen.
Volevo risponderle, ma fummo interrotte da un rumore proveniente dal corridoio.
-Togliti di mezzo, Wayland!- due ragazzi apparvero sulla porta della cucina.
Il primo aveva i capelli biondi, ma di una tonalità più chiara di quelli di Daniel, gli occhi color cioccolato, era decisamente carino, stava spingendo un altro ragazzo, lui era castano e gli occhi verdi gli brillavano mentre faceva finta di lottare con il biondo.
-Chris! Jason! Possiamo per una volta fare colazione senza scatenare una guerra?- Annabelle intervenne cercando di separarli.
Il biondino stava per risponderle, ma poi mi vide e non disse nulla.
-Lei è Gwendolyn.- disse Annabelle -E starà da noi, Gwendolyn questo idiota è Chris.- disse indicando il biondo – E questo è Jason.
-Piacere.- risposi io.
Prima che Chris o Jason potessero dire qualsiasi cosa, Diana entrò in cucina quasi correndo.
-Anne vai a chiamare...Oh bene siete tutti qui.- disse -Stavo cercando di mettere in ordine la stanza di Anne...
-Mamma!- la interruppe lei infastidita. -Lo sai che detesto quando metti le mani fra le mie cose!
-Non sei nella posizione di protestare, Annabelle Rose Carstairs, guarda cos'ho trovato!- e sventolò davanti alla figlia un biglietto bianco e una piuma nera. Una piuma?- Mi spieghi cosa diavolo ci faceva una piuma nera sul tuo cuscino? E quest’invito?
Anne impallidì mentre Chris e Jason arrossirono violentemente.
-E’ stato divertente andare in cerca di demoni ieri sera? Quanti ne avete uccisi?- la sua voce era piena di sarcasmo.
-Diana, noi....- tentò Jason.
-Non dire nulla Jason, mi sarei aspettata un po' più di responsabilità da parte vostra.
-Se può farti piacere è stata una noia mortale.
Diana lo incenerì con lo sguardo.
-Per rimediare starete fuori tutto il giorno.- sentenziò, e uscì senza lasciare spazio a repliche.
-Beh, poteva andarci peggio.- disse Chris alzando le spalle. -E poi è un' ottima occasione per testare le capacità della ragazzina nuova.- aggiunse.
Sfilai un piccolo pugnale dalla cintura e lo lanciai in aria, che andò a conficcarsi nel muro passando proprio sopra la spalla di Chris che sussultò per la sorpresa.
-Io non faccio parte della punizione.- dissi riprendendo a mangiare le mie uova.
 

Annabelle’s pov.

Dopo aver rimesso in riga Chris in quel modo, Gwen si è conquistata la mia simpatia a prescindere.  E’ vero che lei in realtà non aveva fatto nulla e che quindi non doveva scontare la punizione, ma alla fine è venuta lo stesso con noi. Forse non aveva niente di meglio da fare.
-Chris! Cristo santo, evita di far roteare quel pugnale. Finirai per cavarmi un occhio!- urlo esasperata. Chris, che cammina di fianco a me per le uggiose strade di Londra, continua a far roteare quel maledetto pugnale che più volte ha rischiato di ferirmi.
-Non ti preoccupare, Anne, so benissimo come maneggiare quest- non fa in tempo a finire la frase che l’arma gli sfugge di mano cadendo a terra, più precisamente sul suo piede. E dalla parte della lama.
Inevitabilmente scoppio a ridere. –Ben ti sta! Così impari, idiota.
Gwen e Jason, che camminavano davanti a noi, si sono fermati per osservare la scena ed unirsi a me nella risata.
Chris impreca e rimuove il pugnale dal suo piede che probabilmente non avrà riportato altro che un semplice graffio, in quanto le scarpe sono piuttosto spesse.
-Dovresti imparare a dar retta ad Anne, sai?- dice Jason sorridendo.
-Oh, sta zitto, Jason- risponde Chris seccato.
Gwen sorride sotto i baffi, sono sicura che se potesse si siederebbe su una sedia con dei pop-corn in mano a godersi la scena. –Sembrate sposati, voi tre- dice poi.
-Potrei ucciderti nel sonno per quello che hai detto- le rispondo, non riuscendo però a nascondere un sorriso divertito.
Nessuno ha tempo per replicare, perché un urlo di una donna proveniente dal vicolo accanto a questo interrompe qualsiasi frase sul nascere.
Ci scambiamo tutti un’occhiata d’intesa prima di precipitarci tutti a correre nella direzione da cui è provenuto l’urlo; una donna è stesa a terra, senza vita, con un demone dai lunghi artigli e ali da pipistrello verde vomito accanto che appena ci vede inizia ad avvicinarsi a noi con aria di sfida.
Mi passo una mano dietro la spalla per prendere una freccia dalla faretra e scoccarla contro il demone con l’arco, la freccia parte ma il demone riesce a schivarla e con un balzo veloce mi si getta addosso. Finisco a terra con il demone sopra che mi graffia il viso con i suoi sudici artigli neri, nonostante la ferita bruci come fuoco mi impongo di non urlare: gli shadowhunters non urlano, indipendentemente da quanto il dolore possa essere forte.
Tento di liberarmi dalla sua presa, ma il demone tiene inchiodati a terra tutti i miei arti con una forza incredibile. Così gli tiro una testata e lui, più per la sorpresa che per il dolore in sé, molla la presa sulle mie braccia per portar le sue zampe sulla testa colpita, con un gesto veloce afferro la mia spada angelica dalla cintura della mia uniforme, ma non faccio in tempo a trafiggerlo che questi scompare in una nuvola di fumo. Alzo lo sguardo e vedo Chris che impugna un pugnale con incise le rune. Lui mi sorride e mi tende una mano per aiutarmi ad alzarmi e io l’afferro, ma invece di tirarmi su butto giù lui.
-Ti diverti a togliermi la soddisfazione di uccidere i demoni che mi attaccano, Chris?- dico, alzandomi da terra.
-Ti salvo la vita e mi ringrazi così? D’accordo, non ti preoccupare, non ci sarà più pericolo che lo rifaccia- mi risponde, alzandosi.
-Ce la facevo da sola! Stavo per ucciderlo!- mi urta sempre il fatto che tutti mi considerino la fanciulla che deve essere salvata quando sanno bene che me la so cavare benissimo da sola. Anche meglio di Chris e Jason. Solo perché io ho sedici anni e loro diciassette e diciotto, e io sono una ragazza e loro due ragazzi. credono che io sia sempre quella che ha bisogno di aiuto.
-Smettetela- dice Jason –ne stanno arrivando altri.
Io, Chris e Gwen ci giriamo dalla parte di Jason in tempo per vedere altri tre demoni venire verso di noi. Mi affretto a prendere un’altra freccia e scoccarla con l’arco e questa volta centro in pieno il bersaglio, il demone che avevo mirato inizia a sciogliersi in una poltiglia nera per poi sparire. Gli altri due si gettano contro Gwen e Jason, tirerei un’altra freccia ma ho paura di colpire loro invece del demone. E poi stanno avendo la meglio loro, intervenire non ha senso ora.  Dopo meno di un minuto, infatti, i due demoni sono belli che spariti.
La ferita che il demone mi ha procurato prima sullo zigomo brucia sempre di più e la mia vista inizia a sfocarsi, le facce dei miei compagni si fanno sempre più indistinte.
-Ragazzi- dico, catturando la loro attenzione –portatemi all’Istituto. Subito.





RAAAAAAAAAWR
Buonsaaaaaaaaaaaaalve.
Ringraziate l'altra Ilaria se sto postando, perché io non ne avevo nessuna voglia. LOL
Non ho mai oglia di fare niente, in effetti.
Allora, Annabelle sogna Gabe e si ritrova una piuma sul letto. Porella, sai che shock rendersi conto che il tuo sogno potrebbe non essere stato solo un sogno (?).
La nostra Gwenny poi è una badass, diciamolo. uu
E qui entrano in scena anche Chris e Jason, che saranno dei personaggi parecchio importanti in questa storia.
Intanto vi ringrazio per le quattro recensioni del capitolo scorso e per le visualizzazioni che sono più di cento skjdfhsdkjhfd
Magari non saranno moltissime, ma sappiamo accontentarci. ùù
E niente, ora ce ne andiamo entrambe a vedere Misfits con quel gran figo di Robert Sheehan :')
Adios.
-Ila&Ila

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Capitolo 3
*** Chapter Three ***



Three

 
Annabelle’s pov.
 
Caldo.
Sabbia.
Caldo.
Sete.
Caldo.
Davanti a me non vedo altro che sabbia gialla, non un albero, non un cespuglio, non un’oasi. Niente. Solo sabbia. Sabbia che scotta sotto ai miei piedi nudi, credo si stiano ustionando in effetti.
Sto camminando senza sapere dove andare da ore e ore, per quanto ne so potrei star girando in tondo. La sete sta diventando insopportabile e il caldo mi fa perdere i sensi, girare la testa, e mi fa avere allucinazioni. Come faccio a sapere che sono allucinazioni? Beh, non credo che nel bel bezzo del deserto ci sia uno squalo con un paio di occhiali da sole disteso su una sdraio intento ad abbronzarsi.
Ho bisogno d’acqua, il mio corpo disidratato ne reclama a litri, ma non c’è n’è traccia nei paraggi, forse se scavo sottoterra troverò una pozza.
Mi lascio cadere sulla sabbia e con le mani inizio a scavare finché non mi si spezzano tutte le unghie e le dita non iniziano a sanguinarmi. Decido di lasciar perdere e mi porto la testa fra le gambe, lasciando che il mio corpo venga scosso da insistenti singhiozzi; le lacrime però non scendono lungo il mio viso: non ho abbastanza liquido in corpo per permettermi di piangere.
Improvvisamente sento un’ombra calarsi sopra di me. Alzo la testa e aguzzo la vista, davanti a me un uomo con delle grandi ali nere e una maschera mi sta tendendo una mano sorridendo.
Afferro la mano di Gabe e immediatamente vengo pervasa da un piacevole stato di freschezza, come se in una torrida giornata d’estate mi fossi finalmente immersa nelle fresche acque del mare.  Anche quando ormai mi sono tirata su, però, non mollo la mano di Gabe e lui con quella libera mi cinge i fianchi facendomi avvicinare ancora di più a sé. E in un attimo non ho più né sete né caldo e le mie dieta hanno smesso di farmi male e sanguinare.
-Cosa ci fai qui, Gabe?- gli chiedo con voce roca.
-Sono qui per te- mi risponde lui sorridendo.
Il suo sorriso potrebbe illuminare una città intera, è più radioso del sole, più luminoso delle stelle.
-Perché continui a portare quella maschera?- domando.
-Perché è così che tu mi ricordi- lui toglie la mano dalla mia vita, ma solo per posarla sul mio viso e tracciare il contorno di ogni mio lineamento indugiando un po’ sulle labbra. Avvicina il suo viso al mio e le nostre labbra si sfiorano, ad un soffio dalla mia bocca lui sussurra il mio nome e il modo in cui lo pronuncia mi fa salire dei brividi lungo la schiena.
-Cacciatrice!- una voce proveniente dall’esterno interrompe il mio sogno, catapultandomi velocemente nella triste stanza dell’infermeria dell’Istituto.
Apro gli occhi e fisso il soffitto bianco sopra di me.
-Cacciatrice!- la stessa voce che aveva interrotto il mio sogno mi suona forte nelle orecchie. –Finalmente sono riuscito a svegliarti. Lasciatelo dire, hai il sonno pesante.
Volgo il mio sguardo in direzione della persona che ha parlato, ritrovandomi davanti ad un ragazzo biondo che mi sorride disteso sul letto alla destra del mio con la schiena appoggiata allo schienale in legno.
-Chi sei?- chiedo tirandomi su dal letto e mettendomi in piedi.
Grosso errore, la testa comincia a girarmi e sono costretta a sedermi sul materasso per evitare di collassare a terra.
-Stai bene?- mi chiede il ragazzo, con una nota di preoccupazione nella voce.
Io annuisco e torno a distendermi sul letto. –Non mi hai risposto- dico poi.
-Mi chiamo Daniel- dice lui.
Mi giro completamente nella sua direzione e inizio a fissarlo. Non ha nemmeno una runa sul suo corpo né segni da stregone o zanne da vampiro e non sembra essere un licantropo.
Mondano.
Cosa ci fa un mondano qui all’Istituto?
-Perché sei qui, mondano?- gli chiedo, con un tono di voce forse un po’ troppo infastidito.
­­­­-Per lo stesso motivo tuo, immagino. Un demone mi ha attaccato.- fa una pausa –Non vuoi dirmi il tuo nome? E perché c’è una piuma nera sul tuo cuscino?
Istintivamente volgo il mio sguardo sul cuscino dove, come il mondano ha detto, si trova una piuma nera con delle sottili striature dorate che quasi non si notano. Sento il mio volto perdere colore. E’ la stessa piuma di ieri, una piuma che appartiene alle ali di Gabe che vedo in sogno.
Non può essere, non è possibile.
Respiro lentamente cercando di rallentare il battito cardiaco che è aumentato senza preavviso e con un colpo della mano scaccio la piuma dal cuscino facendola cadere a terra, poi torno con lo sguardo su Daniel.
-Sono Annabelle e la piuma non è niente di cui tu ti debba preoccupare, mondano- rispondo, tentando di mantenere un tono indifferente.
-Vorrei che tutti voi la smettesse di chiamarmi mondano, ho un nome- brontola lui.
-Daniel, certo. Si può sapere perché mi hai svegliata?
Lui fa spallucce. –Ti stavi agitando parecchio, stavi facendo un incubo? Comunque l’ho fatto soprattutto perché ho bisogno di qualche risposta.
-Sei un tipetto un po’ troppo curioso, sai? Non mi sorprende che ti sia cacciato in qualche guaio e fatto attaccare da un demone. E poi cosa ti fa pensare che io risponderò alle tue domande?
-Beh, se non sbaglio anche tu ti sei fatta attaccare da un demone. Altrimenti non saresti qui.
-E’ il mio lavoro.
-Farti attaccare dai demoni? Carino.
Alzo gli occhi al cielo. -Scovarli, combatterli e ucciderli, cretino. A volte mi capita di venire ferita, non è di certo la prima volta e non credo sarà nemmeno l’ultima.
-Cosa fate esattamente voi shadowhunters?
Questo ragazzo è impossibile. E’ così dannatamente curioso! Ha troppa sete di conoscenza, la cosa gli procurerà sicuramente altri guai.
Sospiro, tanto vale chiarire i suoi dubbi, infondo non c’è niente di male dal momento che già sa dell’esistenza del mondo invisibile.
-Siamo dei guerrieri metà angeli e metà umani, il nostro compito è quello di proteggere gli umani dai demoni e diciamo far mantenere l’ordine fra i Nascosti facendo rispettare le leggi degli Accordi.
Daniel mi guarda con sguardo confuso e stralunato. –Nascosti?
-I Nascosti sono i Figli di Lilith, i Figli della Notte, i Figli della Luna e il Popolo Fatato. Ovvero Stregoni, Vampiri, Licantropi e Fate.- spiego –Sono tutti in parte demone, per esempio gli Stregoni sono figli di un demone e un essere umano e ognuno di loro ha un segno demoniaco che li caratterizza: pelle verde, una coda, occhi da gatto…
Il mondano sembra aver capito e annuisce con aria pensierosa. –E cosa sono gli Accordi?
-Alcuni anni fa sono stati sanciti gli Accordi che in poche parole sono leggi che impediscono ai Nascosti di ammazzarsi a vicenda e che forniscono loro una specie di tutela da parte dell’Enclave. E prima che tu me lo chieda- mi affretto ad aggiungere quando lo vedo aprire la bocca per formulare un’altra domanda –l’Enclave è diciamo il nostro Governo.
-E dove venite? Dal Paradiso?- chiede poi lui.
Scoppio a ridere. –No, certo che no. Veniamo da Idris, uno Stato invisibile a voi mondani che si trova in Europa.
-Interessante, davvero- dice lui, picchiettandosi l’indice sul mento perso nei suoi pensieri.
Sento dei rumori provenire da fuori la porta e poi delle imprecazioni.
Questo è Chris, solo lui impreca in quel modo.
-Chris!- lo chiamo.
Pochi istanti dopo la porta si apre e la testa bionda di Chris spunta dentro la stanza.
-Mi hai chiamato, Anne?- fa lui.
-Sì, i Fratelli Silenti hanno detto qualcosa sulla mia ferita? Il bruciore è passato, ma mi sento ancora debole.
-Ti hanno guarita dal veleno e hanno detto che saresti tornata apposto nel giro di poco tempo- mi risponde lui.
-Puoi farmi una runa della forza? Magari mi aiuta un po’- chiedo.
-Cos’è una runa?- domanda Daniel intromettendosi nella conversazione.
-Un marchio che aiuta noi shadowhunters, ce ne sono di diversi tipi. Forza, guarigioni, equilibrio…- dico rivolgendomi al mondano.
-Lui chi è?- Chris indica Daniel con un cenno della mano.
-Il mondano a cui Gwen ha salvato la vita.
-Quanto tempo resterà all’Istituto?
-Ma ti pare che lo so? Ho dormito fino a qualche minuto fa! Chiedi a mia madre.
-Pronto? Potreste smetterla di parlare di me come se non ci fossi?- sbotta Daniel.
-Scusa- dico, in effetti è poco cortese fare come se fosse invisibile –Daniel, lui è Chris, lo shadowhunter più idiota che tu possa mai avere la disgrazia di incontrare.
Chris alza gli occhi al cielo. –Presentazione molto simpatica, Anne. Allora, la vuoi la runa o no?- dice infine seccato.
Gli sorrido amabilmente e annuisco. –Fammela sul braccio, hai lo stilo?
Lui per tutta risposta estrae l’oggetto in questione dalla sua cintura e me lo mostra con soddisfazione.
-Bene- dico porgendogli il braccio destro affinché possa disegnarci sopra la runa.
-Cos’è quell’oggetto? Come l’hai chiamato? Stilo?- Daniel sta cominciando a diventare irritante con tutte queste domande.
Ad ogni modo annuisco mentre la mano di Chris traccia la runa lasciando una scia di calore nelle parti del braccio toccate. –Fatto- dice poi riponendo lo stilo nella sua cintura nera.
-Grazie, Chris- immediatamente sento una sensazione di forza invadermi e mi alzo dal letto senza sforzi.
In quel momento Gwen entra nella stanza tranquillamente. –Mondano- dice rivolgendosi a Daniel –Ce la fai ad alzarti?
 
                                               
 Gwendolyn’s pov.
 
Un mondano era arrivato all'istituto con una ferita infettata di icore, sapevo che cosa voleva dire: l'Enclave sarebbe arrivato a breve.
Per fortuna mio padre era sempre stato in buoni rapporti con l'Inquisitore Morgenstern, io non l'avevo visto così spesso, ma mi era comunque sempre sembrato una persona tranquilla.
E poi c'era il Console Verlac, tutta un'altra storia purtroppo, a quanto sapevo, da giovani si erano contesi la stessa  una donna, mia madre, e beh ci si può immaginare come andò a finire.
Almeno erano uomini onesti, mi ripetevo, e il mondano, Daniel, non aveva fatto niente di male, che poi io non ero responsabile per la sua stupida vita.
Più stavo in quella casa e più mi rendevo conto di quanto l'ambiente fosse accogliente e familiare, erano tutti veramente molto simpatici con me, a parte forse Chris che non perdeva occasione per prendermi in giro.
Il giorno precedente mi ero divertita ad andare in cerca di demoni con loro, ne avevamo presi un paio senza danni troppo gravi, Annabelle si era procurata una ferita alla guancia, ma niente che i Fratelli Silenti non avessero potuto facilmente guarire.
Sentii suonare il campanello dell'istituto e corsi istintivamente ad aprire, fui però anticipata da Diana che aprì la porta con un'espressione preoccupata.
-Buongiorno Diana, sono qui per il mondano.- disse il console Verlac, che notai con grande dispiacere era da solo.
-Certamente Console, l'aspettavo.- rispose Diana. -Gwendolyn puoi andare a chiamare Daniel?- disse poi rivolta a me.
-Signorina Lightwood!- Squittì il console -E' un piacere rivederti.- e mi tese la mano, che io strinsi diffidente.
-Anche per me, Console.- dissi e me ne andai in cerca di Daniel.
Riconobbi facilmente la porta della stanza in cui si trovava, quella dell’Infermeria, ma quando mi avvicinai sentii delle voci, la porta era semichiusa e si intravedeva solo uno spiraglio della stanza, questo mi permise di vedere senza essere vista.
Daniel era insieme ad Anne, ovviamente i Fratelli Silenti l'avevano portata per curarla, ma questo non mi impedì di sentire una piccola stretta allo stomaco che non riuscii ad identificare. Nella stanza sentivo anche una voce maschile che riconobbi essere quella di Chris.
Spiarli era l'ultima cosa che volevo fare quindi spalancai la porta ed entrai.
-Mondano, ce la fai ad alzarti?- chiesi.
-Buongiorno anche a te Gwendolyn.-disse lui sarcasticamente. – Sì, sto meglio oggi grazie, il demone grande e blu non mi ha ucciso dopotutto.
-Non abbiamo tempo per queste cose!- dissi –L’Enclave è qui e vuole parlare con te.
-E perché?- chiesero Annabelle e Chris contemporaneamente, aprendo entrambi bocca per la prima volta da quando ero entrata.
-Un mondano che conosce il nostro mondo e che fa affari con i demoni è il genere di cose che smuove l’Enclave- dissi.
-Io non ho fatto affari con un demone, mi voleva uccidere se ti ricordi!- esclamò Daniel
-Oh io lo so, ma devi convincere il Console, il che sarà un tantino più difficile.- dissi.
-Perché il Console? Non c'è l'Inquisitore?- chiese Annabelle.
-No, purtroppo.- risposi -Forza Daniel alzati, meglio non farlo aspettare.
Io, Chris ed Anne uscimmo dalla stanza per permettere a Daniel di cambiarsi, poi io e Daniel raggiungemmo Diana e il Console in soggiorno, mentre Anne disse di voler andare a chiamare Jason e Chris la seguì.
Quando entrammo in soggiorno Diana non c'era, il Console era in piedi davanti alla finestra pensieroso, mi schiarii la voce per annunciare il nostro arrivo.
-Oh eccoti Gwendolyn.- disse – e tu devi essere il mondano, purtroppo non so il tuo nome.
-Gray, Daniel Gray.- rispose lui.
-Bene Daniel, sicuramente saprai perché sono qui, voglio sapere esattamente perché eri in una stanza vuota di un aeroporto in compagnia di un demone , e ti prego sii sincero, detesto i bugiardi.
-Io sono un poliziotto, o almeno mio padre lo è.- disse Daniel.
-Oh tu sei quello che cattura gli umani che infrangono la legge, si può dire che le nostre occupazioni siano simili.- Osservò il console.
-In un certo senso sì, credo.
-Non mi hai detto cosa ci facevi con il demone.- disse il console
-Io non lo so, sono mesi che faccio ricerche, uomini e donne in tutta la città stanno continuando a sparire, sono riuscito a parlare con uno strano tizio dai capelli blu che mi ha detto di andare all'aeroporto, lo so che sembra assurdo ma...
-Totalmente assurdo!- esclamò il console alzando improvvisamente la voce.
-Ma...io...- Daniel sembrava sorpreso da quell'improvviso cambio di tono, ma io me l'aspettavo.
-Non penserai davvero che io creda a questa cosa, mondano?- disse il console
-E' la verità, signore, non so cos'altro dovrei dirle.- rispose Daniel alzando le spalle.
Il Console si avvicinò a lui, ma per tutte gli sforzi che faceva per apparire minaccioso, Daniel era almeno quindici centimetri più alto di lui e l'effetto era abbastanza comico.
-Prova a mentirmi ancora piccolo mondano e io....-
-Lei cosa?- mi intromisi io.
-Gwendolyn questa conversazione non ti riguarda, per favore stanne fuori.- disse il Console senza neanche guardarmi negli occhi.
-Io ho salvato il mondano, io l'ho portato qui assumendone la responsabilità, credo che la cosa mi riguardi eccome.- risposi
-Gwendolyn questo mondano ha fatto qualcosa di sospetto con il demone Drevak, ne sono sicuro.-
-Lei non ha visto l'espressione nei suoi occhi quando l'ho trovato, era seriamente spaventato.- adesso il Console mi stava fissando negli occhi e io sostenni il suo sguardo senza esitazioni.
-Gwendolyn non....-
-Che sta succedendo qui?- chiese Jason entrando improvvisamente nella stanza affiancato da Annabelle e Chris.
-Oh vedo che ci siamo tutti.- disse il console sarcasticamente -se volete chiamo un paio di amici e facciamo una festa.
-Una festa? Che sta succedendo qui?- chiese Diana.
Il Console alzò gli occhi al cielo e borbottò qualcosa che assomigliava a “una guida perfetta per questo manicomio” ma non ci potrei giurare.
-Ho paura che non otterremo più nulla da questa conversazione.- Disse il Console. -se volete scusarmi.- e sgusciò fuori dalla porta senza neanche salutare Diana.
 

Annabelle’s pov.
 
-Quanto è insopportabile!- sbotto non appena il Console esce dalla stanza.
-Annabelle! Porta rispetto al Console Verlac!- mi rimprovera mia madre.
Alzo gli occhi al cielo, tanto lo so che nemmeno lei lo può vedere. –Sai dove può infilarselo il mio rispet-
Non finisco la frase perché Jason mi interrompe volutamente –Bene! Venite ad allenarvi in Armeria?- dice.
-Cos’è l’Armeria?- ovviamente non poteva mancare la domanda di Daniel.
-E’ la stanza dove ci alleniamo, lì i sono tutte le armi- spiega Chris rivolgendosi per la prima volta al mondano da quando l’ha incontrato.
-Ecco, sì, andate ad allenarvi che io ho delle faccende da sbrigare- dice mia madre lasciando il salotto.
Io scrollo le spalle –D’accordo- dico –Gwen, Chris, venite?- aggiungo rivolgendomi agli altri due shadowhunters.
Loro annuiscono in segno di assenso.
Io giro sui tacchi per andarmene dal salotto imitata dagli altri, quando la voce di Daniel mi blocca. –Aspettate! Voglio venire anche io!- urla.
-Non se ne parla, devi tornare nel letto dell’infermeria, sei ancora debole.- sentenzia Gwen decisa.
-Stronzate, sto benissimo- risponde lui.
-Ma non puoi combattere con noi! Finiresti con il culo per terra entro tre secondi!- beh sì, Gwen ha ragione. Non importa quanto Daniel sia forte, non potrebbe reggere il confronto con uno di noi.
-Chi ti ha detto che voglio combattere? Voglio solo guardare- Daniel incrocia le braccia al petto e ci guarda tutti con l’aria di uno che non ha intenzione di levarsi dai piedi finché non avrà ottenuto ciò che vuole.
-Io non ci vedo niente di male- intervengo io.
Gwen mi fulmina con lo sguardo ma poi, rassegnata, dice rivolgendosi a Daniel: -E va bene, hai vinto.
Lui sorride trionfante e così ci avviamo tutti verso l’Armeria.
La mia arma preferita è sempre stata l’arco, sin da quando avevo dodici anni ed ho iniziato gli allenamenti. Jason e Chris preferiscono entrambi la spada angelica, invece. Chissà qual è quella preferita di Gwen…
-Hey Gwen, con quale arma preferisci combattere?- le chiedo mentre attraversiamo il lungo corridoio per arrivare alla stanza dove ci alleniamo.
-Pugnale. Torna utile sia in un corpo a corpo sia se devo colpire qualcuno a distanza- fa spallucce lei –tu?
-Arco- rispondo semplicemente.
-Come mai?
-Perché è l’unica arma che sa usare decentemente- si intromette Chris ridendo fra sé e sé convinto di aver fatto una battuta esilarante.
-Devo ricordarti di quando ti ho rotto una gamba ad un corpo a corpo? O quando ti  ho quasi ucciso con una spada? Ah e non dimentichiamoci di quella volta che…
-Cuciti la bocca- sbotta lui interrompendomi.
Il rapporto fra me e Chris è un bisticciare continuo: visto dall’esterno sembra che ci odiamo a morte, ma in realtà io gli voglio un bene dell’anima e so di poter contare su di lui per qualsiasi genere di aiuto. E’ vero: è un idiota infantile che si da’ un sacco di arie, ma è il mio idiota infantile che si da’ un sacco di arie.
Ricordo quando io e mia madre stavamo uscendo dall’Istituto per andare a fare un giro ad Hyde Park e ci trovammo un bambino rannicchiato davanti alla porta che dormiva. Chris aveva lasciato la sua famiglia (non mi ha mai detto perché ha abbandonato la sua famiglia non appena ne ha avuto la possibilità ed io non gliel’ho mai chiesto, anche se sospetto che la sua situazione famigliare non fosse molto felice. Ad ogni modo se un giorno vorrà parlarmene io sarò lì per ascoltarlo), all’epoca aveva solo dieci anni ed io ne avevo nove.  Nessuno sa come sia riuscito ad arrivare lì, lui giura di non ricordarselo. Comunque mia madre l’ha accolto all’Istituto trattandolo come un figlio, noi due siamo cresciuti insieme proprio come fratello e sorella e come tali ci comportiamo. Litighiamo di continuo, ma non riuscirei mai ad immaginarmi una vita senza di lui.
Jason invece è qui da circa due anni, lui è venuto qui perché non aveva altri posti dove andare. Sua madre è morta quando era molto piccolo, suo padre e sua sorella invece sono stati uccisi da un tizio senza apparenti ragioni mentre lui era fuori casa. Quando tornò a casa fu uno shock, perché non aveva più nessuna casa. C'era stato un incendio e tutti i suoi famgliari sono morti carbonizzati.
 Considero Jason il mio fratello maggiore (con lui non litigo quasi mai, sospetto sia perché discutere con me lo porta all’esaurimento nervoso), non so per quale motivo ma accanto a lui mi sento come se niente e nessuno potesse farmi del male. Mi sento protetta ed invincibile.
-Anne…hai sentito quello che detto?- Gwen  e gli altri si sono fermati e mi stanno fissando incuriositi dal mio improvviso silenzio. Okay, mi sento osservata.
-Eh? Sì…cioè…okay no. Non ho ascoltato, mi sono persa nel filo intricato dei miei pensieri, scusa. Cosa stavi dicendo?
-Ti chiedevo se potresti insegnarmi ad usare meglio l’arco, è l’unica arma che non ho mai davvero imparato ad usare decentemente.- ripete Gwen con pazienza.
-Oh sì, certo- le rispondo –anche se non sono un granché come insegnante.
-No, fai proprio schifo, Anne- faccio la linguaccia a Jason (gesto molto maturo, lo so) e apro la porta dell’Armeria. Comunque devo riconoscerglielo, come insegnate non sono pessima, ma di più.
-Wow- è il commento di Daniel non appena mette piede nella stanza –ma usate tutta ‘sta roba?
-All’incirca sì- risponde Jason andando a prendere una spada appesa alla parete accanto ai pugnali e a delle asce.
Daniel si avvicina ad una Pyxis e la prende in mano. –Cos’è questo scrigno?- dice con tutta l’intenzione di aprirla.
-Fermo!- urla Chris –mettila subito giù e non azzardarti ad aprirla!
Il mondano fa come detto da Chris e la riappoggia sulla sua mensola. –Ma cos’è?
-Una Pyxis- rispondo io –è diciamo una prigione per demoni. E lì dentro c’è n’è uno, se la apri lo liberi.
-Ah, okay. Forse è meglio se non tocco nulla.
-Saggia decisione- dice Gwen che nel frattempo ha afferrato un pugnale.
L’Armeria è un’enorme stanza con dei materassi piazzati ovunque sul pavimento consumati in alcuni punti come a testimoniare i giorni, le ore, i minuti passati ad allenarsi e combattere, armi di tutte le forme e dimensioni che vanno da lance quasi più grandi di me a minuscoli coltelli poco più grandi della mia mano, appesi tutti ai lati della stanza.
Daniel si sta guardando intorno a bocca aperta, sembra un bambino in un negozio di caramelle. Seguo il suo sguardo soddisfatta, ora sta ammirando le decine e decine di spade angeliche appese sulla parte destra della stanza, sembrano le armi che più catturano la sua attenzione anche se presto sposta lo sguardo sulle sciabole lucidissime in fondo. La stanza è illuminata da enormi finestre, tende bianche e gonfie le avvolgono come nuvole.
-Jason, combatti con me?- chiedo. Devo ancora vendicarmi dell’altro giorno che mi ha abbandonata sola alla festa per ballare con la biondina.
-D’accordo- mi risponde annuendo –spade o…?
-Spade- acconsento.
Daniel va a sedersi contro la parete di fronte a noi per osservare il combattimento che sta per iniziare mentre Jason mi passa una spada dalla lunghezza media e dalla lama molto affilata.
Io e Jason iniziamo a far scontare le lame delle nostre rispettive spade, muovendoci in modo da provare a colpirci a vicenda (ovviamente stando attenti a non farci male, beh, almeno non troppo), con la coda dell’occhio vedo Gwen che usa Chris come bersaglio per i suoi tiri. Lui se ne sta in fondo alla stanza e lei sta tirando i pugnali in modo da disegnare la sua sagoma sulla parete.
 

Gwendolyn’s pov.
 
Sembrava tutto tranquillo, per la prima volta dopo tanto tempo mi stavo davvero divertendo, ma un attimo dopo le finestre esplosero, migliaia di vetri caddero sul pavimento e poi ci invasero.
Erano almeno un centinaio, non avevano rune o segni demonici, erano mondani in tutto e per tutto tranne che per gli occhi, viola, niente palpebre o quant'altro, solo due macchie viola scure.
Un secondo dopo ci avevano attaccato mostrando una forza del tutto inaspettata. La loro attenzione era rivolta soprattutto verso Anne che nel frattempo aveva posato la spada con la quale combatteva con Jason e afferrato il suo fidato arco iniziando a scagliare frecce in tutte le direzioni il più velocemente possibile, ma loro erano tanti, uno soprattutto era molto vicino e le stava per afferrare il braccio. Chris, però, fu più veloce e mozzò la mano alla creatura che non si mosse neanche di un millimetro e continuò ad attaccare Anne usando il braccio rimanente.
-Gwen!- qualcuno urlò il mio nome e io mi resi improvvisamente conto che ero rimasta ferma nel centro della stanza osservando la scena, corsi verso la parete e staccai un paio di spade angeliche precipitandomi verso Anne e trafiggendo le creature per aprirmi la strada; cadevano in silenzio come addormentate, qualunque cosa fossero quelle creature mi inquietavano e non poco.
Mi ritrovai a fare da scudo ad Anne spalla a spalla con Chris, non che lei non fosse in grado di difendersi da sola, ma la situazione ci stava decisamente sfuggendo di mano e ormai era ovvio che quei cosi volevano lei.
Mi guardai intorno, Jason era in fondo alla stanza e se la stava cavando bene con un paio di creature mentre Daniel...Daniel era per terra con le braccia aperte e una gamba piegata in modo terribilmente innaturale.
-Ce la fate da soli qui?- urlai a Chris e Anne.
-Certo, vai Gwen!- mi rispose Anne.
Corsi verso Daniel con il cuore in gola, sembrava completamente immobile.
Due creature mi seguirono, ma io feci roteare un paio di pugnali in aria e li centrai in pieno.
Mi accovacciai accanto a Daniel e posai due dita sul suo polso, c'era ancora un debole battito.
Cercai di restare lucida e capire cosa fare, non potevo semplicemente portarlo in infermeria e lasciare Chris, Jason e Anne da soli, d'altra parte se l'avessi lasciato lì sarebbe morto molto presto.
Improvvisamente un dolore fortissimo alla testa mi distrasse, quando mi girai una creatura mi fissava con quegli occhi inquietanti, in mano aveva una pietra piuttosto appuntita; feci per prendere un pugnale ma mi accorsi con orrore che non ne avevo più.
Lo guardai in faccia mentre alzava la mano con la pietra e stava per scagliarla su di me, ma la sua testa si staccò improvvisamente e rotolando raggiuse la mano mozzata fra i vetri.
Alzai la testa ignorando il dolore lancinante e vidi Jason che mi guardava con un'espressione fin troppo preoccupata, Chris e Anne erano accanto a lui e anche loro mi fissavano come se avessero visto un fantasma. Le creature giacevano intorno a noi, i loro occhi adesso erano tornati normali e il loro sangue inondava il pavimento.
-Sto bene.- dissi alzandomi a fatica. -Portate il mondano in infermeria.
-Gwen...- iniziò Jason.
-No, dopo parliamo, adesso portatelo in infermeria.
-Gwen, la testa.- disse Anne
-Non è niente.- risposi toccandomela con la mano, quando la ritrassi gocciolava di sangue, il mio sangue.
Improvvisamente il mondo si annebbiò e io caddi in ginocchio, mi accorsi appena di Chris e Jason che mi alzavano tenendomi per le mani e per i piedi. Girai la testa: Daniel era ancora disteso per terra e Anne stava cercando di ripulirlo dalle schegge di vetro che erano dappertutto, una si era conficcata nella sua fronte e un rivolo di sangue gli scendeva sulla faccia.
Fu l'ultima cosa che vidi.




RAAAAAAAAWR
ehilà genteeeeeeeeee.
Siamo tornate con un nuovo capitolo, evviva. ùù
Qui le cose si fanno un po' più movimentate.
Annabelle continua a sognare Gabe e a ritrovarsi piume sul cuscino, Daniel viene ferito DI NUOVO e Gwen accorre in suo soccorso.
Aww.
Che cosa saranno quei mondani dagli occhi viola? E perché volevano Anne? zan zaaaaaaaan.
E' tutto un mistero (?).
No okay, ora ci ritiriamo entrabe a scrivere il nono capitolo.
Sì, avete capito bene uu Abbiamo già scritto otto capitoli, woooo.
Bene, addio pipol(?).
-Ila&Ila

 

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Capitolo 4
*** Chapter Four ***





Four
 


Annabelle’s pov.
 
L’acqua salata mi riempie naso e bocca impedendomi di respirare, i miei polmoni bruciano come se del fuoco li stesse divorando lentamente e il fondale sabbioso del mare si fa sempre più vicino, finché la mancanza d’ossigeno mi fa perdere i sensi e tutto si fa improvvisamente nero.
Sento delle labbra morbide posarsi sulle mie e dell’aria entrare nei miei polmoni. Mi sveglio tossendo e sputando tutta l’acqua che mi era entrata a forza nel corpo per poi ricominciare a respirare regolarmente. Alzo lo sguardo e incrocio dei familiari occhi azzurri e una chioma corvina, Gabe mi sorride preoccupato. –Stai bene?- mi chiede.
Mi guardo intorno e mi rendo conto di trovarmi sulla spiaggia in riva al mare nel quale stavo affogando, qua e là ci sono dei mucchietti di alghe verdi e marroni dall’aspetto disgustoso mentre alle mie spalle si estende una fitta foresta dall’aria tropicale. Un cielo azzurro e senza nuvole si estende sopra le nostre teste.
-Com’è che compari ogni volta che rischio di morire?- chiedo a Gabe ignorando la sua domanda. Non che stia particolarmente male, infondo questo è solo un sogno e anche se il dolore sembra reale in realtà è un’illusione e basta. Devo ricordarlo.
Lui scrolla le spalle –Forse il mio scopo nella vita è quello di salvarti.
-Salvarmi da cosa?- ribatto –questo è solo un sogno.
-Ti sbagli, invece.
Lo fisso confusa per qualche istante, la mia attenzione sempre catturata dalle immense ali nere e oro.
-Questo non è solo un sogno.- prosegue Gabe –E’ un sogno, certo, ma non è solo questo. E’ l’unico modo che ho per parlare con te senza venir rintracciato.
-Cosa vorresti dire?- chiedo in un misto di confusione e stupore.
-Voglio dire che ho trovato un modo per farti visita durante la notte, dolcezza. Se fosse solo un sogno le mie azioni verrebbero dettate dalla tua psiche, mentre in questo caso sono io che controllo i miei movimenti e domani mi ricorderò di questa conversazione e di quello che sta succedendo come farai tu.
-Quindi è come…se stessimo sognando le stesse cose e fossimo in grado di controllarle?- domando incerta. Che gran casino.
-Esatto. Considera questa cosa come un posto segreto solo nostro dove niente e nessuno ci può disturbare.
-La scorsa notte mi avevi detto che ti vedevo con la maschera perché era così che ti ricordavo, ma se siamo in grado di controllare ciò che stiamo sognano perché non la puoi togliere? Non ha senso.- dico incrociano le braccia sotto al seno. Qui qualcosa non torna.
-E’ complicato da spiegare, okay? Fidati di me.
-Come posso farlo? Ti ho visto una volta in tutta la mia vita, quattro se contiamo anche i sogni. Io non ti conosco, Gabe. E non capisco perché sei qui.- faccio una pausa per poi terminare la frase con una domanda che mi sta assillando –Che cosa vuoi?
-Te.
La sua immagine sfuma sino a scomparire del tutto, lasciandomi sola su quella spiaggia già deserta.
Apro gli occhi ritrovandomi a fissare il soffitto bianco della mia stanza, dalla finestra aperta entra il soffuso bagliore della luna rischiarando la camera e permettendomi quindi di distinguere le sagome dei mobili e di oggetti vari.
Guardo l’ora sul display del cellullare appoggiato sul comodino accanto al letto: le tre e mezza.
Sbuffo sconsolata e mi alzo per accendere la luce, per prima cosa il mio sguardo corre sul cuscino dove, come i due giorni scorsi, si trova una piuma nera. Mi avvicino al letto e la prendo tra le mani rigirandomela tra le dita distrattamente.
Perché Gabe invade i miei sogni? Perché mi cerca? E perché nonostante questo mi dia fastidio spero che non smetta di farlo?
‘Che cosa vuoi?’
‘Te’
Cosa intendeva dire?
Ora che ci penso è da quando l’ho incontrato che stanno succedendo cose strane. E fra tutte quella che spicca fra le altre è l’aggressione di quei strani esseri dagli occhi viola. Non era mai successa una cosa del genere, niente e nessuno aveva mai osato attaccarci nell’Istituto. E’ stato costruito apposta per fornire protezione agli shadowhunters e né demoni né Nascosti possono entrare qui se non tramite una proiezione. In effetti però ai mondani è permesso entrare qui, ammesso che riescano a vedere l’Istituto per quello che è.
Ho il forte sospetto che quei cosi fossero essere umani, ma gli occhi di quel colore non me li spiego proprio.
Lascio cadere la piuma a terra e decido di uscire dalla mia camera per dirigermi in quella di Chris. Quando ero più piccola avevo preso l’abitudine di infilarmi nel suo letto ogni volta che facevo un incubo e non so come la sua presenza confortevole mi aiutava a riaddormentarmi. E’ un po’ che non faccio questa cosa, ora che ci penso.
La sua stanza si trova di fronte alla mia e quando entro rischio di inciampare nei suoi vestiti gettati a terra e cadere rovinosamente. Se c’è una persona che riesce ad essere più disordinata di me, quella è Chris.
Raggiungo con un po’ di difficoltà il suo letto e scosto le coperte facendomi un po’ di spazio. Quando mi distendo accanto a lui lo sento sussultare e scattare in piedi.
Fottuto sonno leggero da shadowhunter (di cui tra l’altro io sono sprovvista, visto che potrebbe scoppiare una guerra con tanto di bombe e io continuerei a dormire indisturbata).
-Shhht, calmati, sono io- dico a bassa voce. L’Istituto sarà pure grande, ma sia mia madre che gli altri si trovano tutti in questa zona e non vorrei svegliarli.
-Anne?- dice lui tranquillizzandosi e tornando a distendersi –Che ci fai qui?
-Non riuscivo a dormire.
-Un incubo?
-Qualcosa del genere- rispondo.
-Vieni qui- dice e mi avvicina a sé cingendomi le spalle con un braccio, appoggio la testa nell’incavo della sua spalla e lui mi lascia un dolce bacio fra i capelli.
E così, cullata dal ritmo regolare del suo respiro, scivolo in un sonno senza sogni.


Gwendolyn’s pov.
 
Faceva caldo, caldissimo, quando mi svegliai, la testa mi pulsava e non sentivo più le gambe, ma non fu la prima cosa che notai, quando aprii gli occhi vidi Daniel che mi toccava la fronte con la mano come se mi stesse accarezzando.
-Che cosa stai facendo?- urlai, alzandomi di scatto dal letto ignorando il dolore.
-Gwen, stai tranquilla.- sussurrò lui senza spostare la mano.
-Toglimi subito le mani di dosso!- ordinai e lui lo fece.
-Ma sei sonnambulo o cosa?- chiesi confusa.
-Ti stavi agitando nel sonno, parlavi, sono venuto a vedere se avevi la febbre, tutto qui.- disse lui alzando le spalle.
-Parlavo?- chiesi scandalizzata. -Cosa hai sentito?
-Niente.- disse lui, ma i suoi occhi mi dissero che non era vero.
Guardai la sveglia sul comodino, segnava le cinque e mezza, mi ributtai sul letto e sospirai.
-Allora cos'è successo?- chiese Daniel sedendosi sul suo letto. -Nell'armeria, intendo, cos'erano quei cosi?
-Non lo so.- dissi -sembravano mondani, ma erano troppo forti.
-E avevano quegli occhi strani.- disse Daniel.
L'avevo notato anch'io, gli occhi erano la prova inconfutabile che non erano mondani.
-Qualunque cosa fossero penso che lo scopriremo presto.- dissi.
-Quindi pensi che torneranno?
-Ovviamente, chiunque li abbia mandati non credo che abbia raggiunto il suo obbiettivo, le sue creature sono tutte morte e invece noi siamo ancora tutti vivi.
-Secondo te cosa volevano?- chiese
Avevo notato il loro interesse per Annabelle e non avevo dubbi.
-Qualcosa di prezioso, qualcosa per cui non si rassegneranno molto presto.- risposi cercando di finire la conversazione.
-Ma...- iniziò Daniel
-Possiamo parlarne domani, mondano?- lo interruppi io -Sono davvero stanca.
-Posso farti una domanda, Gwendolyn?- chiese invece lui.
-Tanto me la farai comunque.- risposi alzando gli occhi al cielo.
-Perché sei così chiusa? Così scontrosa? Ieri, nell'armeria, quando stavo per morire, ti sei avvicinata a me. Hai abbandonato i cacciatori per aiutarmi, ho sentito quando mi toglievi le schegge di vetro dalle braccia, ti sentivo ed eri preoccupata, non negarlo. E invece tutte le volte che provo a parlare con te mi respingi e non mi chiami neanche per nome.
-Io ti ho portato qui, era mio dovere proteggerti.- dissi cercando di non far trasparire l'ansia nella mia voce.
-Chi è Julian?- chiese improvvisamente.
Mi mancò il respiro per un momento, cercai di calmarmi e aspettai un secondo prima di parlare
-Julian è mio fratello.- dissi infine, abbassando gli occhi.
-Dov'è adesso?- chiese Daniel
-Non lo so, non ho più sue notizie da due anni.- sussurrai.
Daniel si alzò e aiutandosi con un paio di stampelle si sedette sul mio letto e mi cinse le spalle con un braccio, questa volta non gli dissi nulla, trattenere le lacrime era già troppo impegnativo.
-Sfogati, Gwendolyn, non sei obbligata ad essere sempre forte.
-Vivevamo tutti insieme a Miami, mio padre mia madre e Julian, lui ha due anni più di me, ma la differenza d'età non ci aveva mai allontanato, io avevo dovuto sempre essere quella forte, Julian non poteva perché lui...aveva perso l'uso delle gambe quando era ancora un bambino. Neanche i fratelli silenti lo poterono aiutare e secondo loro era già un miracolo se eravamo riusciti a non farle amputare. Julian sapeva che non avrebbe potuto camminare mai più, ma nonostante tutto era un bambino felice, un ragazzo felice.- Ormai le lacrime erano iniziate a scendere, e io non potevo più farci nulla.
-E poi cos'è successo?- chiese Daniel.
-Due anni fa mia madre è morta, eravamo fuori insieme, io e lei, quando un demone ha attaccato un mondano e noi siamo corse a difenderlo, lottammo insieme, ma il demone era molto forte e stava per uccidermi, mi ricordo benissimo i suoi occhi iniettati di sangue mentre avvicinava i suoi artigli lunghissimi al mio cuore, ma mia madre si mise in mezzo. Era sempre stata malata, conficcò una spada angelica nel petto del demone, ma prima di morire lui la graffiò e le sue bassissime difese non lo sopportarono. Morì sul colpo.
Ormai stavo singhiozzando, i ricordi che avevo cercato di sopprimere per tanto tempo erano riaffiorati nella mia mente, il dolore era terribile, nonostante mi autoconvincessi di essere forte non ero mai riuscita a superare tutto questo.
Daniel non disse nulla, per una volta l'avevo lasciato senza parole.
-Mio fratello diede la colpa a me e a mio padre, disse che noi sapevamo che nostra madre era debole e che avremmo dovuto proteggerla, mi ricordo che mi guardava con disprezzo e odio come non aveva mai fatto. Due ore dopo se n'era andato e da allora non so più nulla di lui, non si è presentato nemmeno al funerale di nostro padre.
Daniel si limitò ad abbracciarmi e a darmi colpi leggeri sulla schiena ogni volta che singhiozzavo, non mi ero mai sentita così vulnerabile come in quel momento, ma la sensazione non era così orribile come invece pensavo.
-Gwendolyn, non è colpa tua.- disse.
-Sì invece, Daniel, io ero lì, il demone avrebbe dovuto ferire me, probabilmente sarei anche riuscita a guarire...
-Non lasciare che il senso di colpa ti oscuri la mente, non è colpa tua.
Continuai a singhiozzare finché, esausta, non mi addormentai fra le braccia di Daniel.


Daniel's pov

Aprii gli occhi e mi ritrovai con una massa di capelli castani sulla faccia, mi resi improvvisamente conto che era Gwen, si era addormentata fra le mie braccia dopo essersi finalmente sfogata e sospettavo che non lo facesse da tempo, se non mai.
Pensavo che Gwen fosse una ragazza carina, certo, ma così altezzosa, almeno nei miei confronti, da risultare insopportabile, invece si era rivelata una ragazza che ha sofferto ma che si è rialzata e il suo carattere superbo è causato da tutte le disgrazie che le sono successe.
Mi scostai i suoi capelli sulla faccia, attento a non svegliarla, e la guardai: si era rannicchiata contro la mia spalla appoggiandomi una mano sul petto; i lineamenti di solito tesi e preoccupati per una cosa o per l'altra erano addolciti dal sonno, i marchi neri le spiccavano come macchie sulla pelle bianca.
Era incredibile che una ragazza piccola come quella fosse riuscita a sopportare un dolore così grande per così tanto tempo.
Sentii dei passi nel corridoio e un minuto dopo Annabelle fece irruzione nella stanza, vedendo Gwen abbracciata a me le spuntò un sorriso sulle labbra che però si trasformò immediatamente in una smorfia preoccupata.
-Io...voi...- balbettò Anne visibilmente in imbarazzo.
-No, non è come sembra, ci siamo solo addormentati.- dissi io.
Gwen sussultò fra le mie braccia svegliandosi improvvisamente, guardò prima me e poi Anne e un'espressione imbarazzata le comparve sul viso. Si alzò di scatto e notai che le sue ferite erano già sparite, perché non potevo guarire anch'io così velocemente?
-Anne che è successo?- chiese Gwen.
-Volevo vedere come stavi e chiederti se ti va di allenarti un po’, ma se vuoi torno dopo.- rispose Anne.
-No, no figurati vado nella mia camera a mettermi l'uniforme, aspettami in armeria.- disse e uscì dalla stanza senza neanche degnarmi di uno sguardo.
Anne mi sorrise e se ne andò, lasciandomi solo.
Quando era entrata Anne aveva fatto una faccia così preoccupata da indurmi a pensare che ci fosse qualcosa sotto, forse Gwen aveva un ragazzo?
Avevo due opzioni: potevo restare tutto il giorno a letto fissando il muro e continuando a farmi domande, o potevo uscire, curiosare un po' e cercare di scoprire qualcosa.
Scendere le scale dell'istituto con le stampelle si era rivelato più difficile di quanto pensassi, ma ce l'avevo fatta e dopo essere passato per la cucina e aver mangiato qualche fetta di pane tostato sotto gli occhi di una sorridente Diana, mi ero messo in cerca dell'armeria.
L'ultima volta che c'ero stato la stanza mi aveva colpito così tanto che avevo memorizzato la strada per arrivarci senza neanche accorgermene.
La porta era socchiusa, si scorgeva soltanto uno spiraglio della stanza, ma era abbastanza per vedere Gwen che tendeva un bellissimo arco ricoperto di marchi uguali a quelli che tutti gli Shadowhunters avevano sulla pelle, e Anne che le dava delle dritte su come mirare al meglio il cerchio nero dipinto su una parete della stanza.
-Tendilo un po' di più, non preoccuparti, non si rompe.- disse Anne sorridendo.
Gwen lo fece e poi scoccò una freccia che mancò di qualche centimetro il cerchio nero.
-Non sono mai stata portata per l'arco.- disse Gwen alzando le spalle.
-Non è così difficile, ci vuole solo un po' d'esercizio.- rispose Annabelle porgendole un'altra freccia.
-Insomma tu e Daniel...- Disse poi mentre Gwen la scoccava, stavolta la freccia mancò il cerchio nero di almeno mezzo metro.
-No, non è come pensi.- rispose Gwen rabbuiandosi.
-Anche lui ha detto così.- disse Anne.
-Ieri sera ero talmente stanca che non mi sono accorta di niente, se fosse stata lucida non l'avrei mai fatto. E comunque abbiamo solo dormito.
-Gwendolyn, non mi devi dare spiegazioni, ma...- rispose Anne abbassando gli occhi.
-Credi che non lo sappia?- urlò Gwen. -Lui è un mondano e io una fottuta Shadowhunter, so cosa questo comporta.
Un momento, che cosa stavano dicendo?
-Sai, anche mio zio si era innamorato di una mondana.- disse Anne.
-E...?- chiese Gwen
Sì, avanti, dicci cosa è successo.
-Ha provato a farla ascendere, ma l'Enclave ha rifiutato la sua richiesta.
-L'ha lasciata?
-No, l'ha sposata e ha perso tutto.- disse Anne appoggiando la faretra con le frecce a terra.
Ascendere? Perdere tutto?
-Io non smetterò mai di essere una Shadowhunter, è il mio destino.- disse Gwen raccogliendo una freccia da terra.
Quindi uno Shadowhunter che si metteva con un mondano smetteva di essere uno Shadowhunter? Non era possibile.
Gwen era visibilmente turbata e Anne parve accorgersene perché uscì dalla stanza, io mi appiattii dietro una colonna per non farmi vedere e quando uscì vidi Gwen intenta a scoccare l'ennesima freccia, la sua espressione era tesa e dura, tese l'arco più che poteva e scoccò. Questa volta centrò il cerchio nero perfettamente.


Chris’ pov.
 
Ormai è buio e dopo cena all’Istituto non ho nulla da fare così me la svigno in uno dei trecento pub di Londra.
Questa notte Anne mi ha letteralmente colto di sorpresa infilandosi nel mio letto, non ricordo nemmeno quando è stata l’ultima volta che l’ha fatto ma sono quasi sicuro che fosse più di due anni fa.
Non capisce nemmeno quanto è stato difficile per me mantenere un minimo di autocontrollo, non capisce che quando si è alzata per tornare nella sua stanza per me è stato come se mi venisse portata via una parte di me.
Non capisce che darei la vita per lei.
Non capisce che la amo.
Apro la porta del Full Moon e mi dirigo al bancone per farmi servire qualcosa di forte, questa è stata decisamente una giornata da dimenticare e cosa meglio dell’alcool può aiutarmi?
-Cosa ti porto?- un uomo grosso come un armadio, che intuisco essere il barman, si rivolge a me con tono seccato. Come se lavorare qui per lui fosse la scocciatura più grande del mondo.
-Vodka- dico amaramente.
L’armadio, pardon, il barman corruga la fronte ma mi versa ciò che ho chiesto in un piccolo bicchierino che butto giù in un sorso per poi chiederne ancora.
Una biondina tutta curve si avvicina a me in modo sensuale. –Ciao.
E’ molto bella, ma non è Annabelle.
-Ciao- rispondo distrattamente.
-Cos’è che vuoi dimenticare?- mi chiede lei indicando con un cenno della testa il secondo bicchiere di Vodka che ho appena finito di bere.
Faccio una smorfia. –La domanda giusta non è cosa, ma chi.
-Fammi indovinare…sei innamorato da sempre di una ragazza che non ti si fila.
-Qualcosa del genere- dico per poi ordinare il terzo giro di Vodka.
La vista ha già iniziato ad offuscarsi e temo che fra non molto l’intera stanza inizierà a girare.
-Allora lascia che ti aiuti a scordarla per una sera…- la ragazza si avvicina a me e con un dito percorre il contorno delle mie labbra in modo provocante.
La afferro per il polso e le allontano la mano dal mio viso –Scusa, ma non sono in vena.
Lei libera il suo polso con uno strattone e ancheggiando se ne va via, offesa.


Annabelle’s pov.
 
Sono tornata in armeria ad allenarmi con l’arco, è una cosa che mi rilassa, l’ha sempre fatto. Tendo l’arco di fronte a me per poi lasciar andare la freccia che va a conficcarsi nel centro esatto del bersaglio andando a sovrapporsi a quella scagliata in precedenza.
Ovviamente, un tiro perfetto.
Se riuscissi a trovare Chris a quest’ora sarebbe accanto al bersaglio con una mela in testa ad aspettare che scocchi una freccia sperando che colpisca la mela e non la sua faccia.
Lo farei fare a Jason, ma lui non si lascerebbe convincere. Con Chris almeno posso far leva sul suo ego smisurato e sul suo orgoglio maschile infinito.
Sto per prendere l’ennesima freccia dalla faretra sulla mia spalla, quando sento il mio cellulare (appoggiato su una mensola accanto a dei pugnali) squillare.
Appoggio a terra l’arco e afferro il cellulare. –Pronto?
-Annabelle, Annabelle, Annabelleeeee!- la voce cantilenante di Chris mi arriva all’orecchio rischiando di mandarmi fuori uso i timpani. Che diavolo urla a fare?!
-Chris! Puoi evitare di gridare? Che c’è?- domando. Di solito se ricevo una telefonata è perché sta succedendo qualcosa e, naturalmente, quel qualcosa non è mai nulla di buono.
-Ma io devo gridareeee! Voglio urlare al mondo quanto ti amo!- okay, a giudicare dal tono distorto della voce e dalle cazzate che spara direi che è ubriaco fradicio.
-Oddio Chris!- dico esasperata –dove sei?
-Vuoi venire qui e baciarmi dopo questa bellissima dichiarazione?- lui scoppia a ridere e io allontano un po’ il cellulare dall’orecchio –sono sulla luna! Che è piena!- scoppia nuovamente a ridere per poi riattaccare.
Ma che diavolo…?
Oddio, è peggio di quello che pensavo.
Passo qualche secondo a fissare il cellulare prima che un’idea mi passi per la testa.
Oh, ma certo! Come ho fatto a non arrivarci subito? Sarà sicuramente al Full Moon. E’ meglio se lo vado a cercare e lo riporto qui prima che combini qualcosa di cui potrebbe pentirsi una volta tornato lucido.
Ah e devo ricordarmi di sfotterlo a vita per quello che mi ha detto. Perché ovviamente non intendeva sul serio quello che ha detto, giusto? Giusto.
Infilo il cellulare nella tasca della mia uniforme per poi riprendermi l’arco e uscire dall’Istituto, non esco mai senza armi. Non si sa mai chi o cosa potrei incontrare.
Oggi fa piuttosto caldo per essere a Londra e nell’uniforme mi sto squagliando, ma poco importa.
Quando attraverso la strada non mi accorgo che c’è una macchina che mi sta venendo addosso e che la persona che guida non può vedermi a causa dell’incantesimo che mi rende invisibile, resto paralizzata in mezzo alla strada mentre le luci degli abbaglianti mi si avvicinano sempre di più. Chiudo gli occhi e aspetto che l’auto m’investa, ma poco prima che succeda sento come una folata di vento e quando li riapro mi ritrovo sul marciapiede. Completamente illesa.
Com’è possibile?
Ci metto qualche secondo per riprendermi dallo shock. Ma ora non ho tempo di pensare a quello che è appena successo, devo raggiungere Chris.
Vago un po’ in quella zona finché non trovo il pub e ci entro, immediatamente vengo travolta da un’insopportabile puzza di fumo. Arriccio il naso e comincio a cercare Chris, per mia fortuna lo trovo piuttosto in fretta: se ne sta sdraiato privo di senso su uno squallido divano rosso con delle macchie di cibo (o altro) sparse sul tessuto. Mi avvicino a lui e lo scuoto un po’ per farlo svegliare. –Ancora cinque minuti- biascica lui.
-No, Chris, muovi il culo e alzati. Torniamo all’Istituto- dico tirandolo per un braccio.
Lui si degna finalmente di aprire gli occhi e si alza barcollando, scatto e prima che cada rovinosamente a terra gli faccio mettere un braccio attorno al mio collo per sorreggersi.
-Per l’Angelo, manco stai in piedi. Ma quanto hai bevuto?- sbotto.
Lui fa un sorriso distorto –Non ne ho idea.
Alzo gli occhi al cielo e comincio a camminare e a trasportamelo dietro, arrivati all’Istituto faccio il possibile per non farmi notare e sgattaiolo in camera di Chris. Raggiunto il letto ce lo scarico sopra. –Domani mi senti, comunque- gli dico mollandogli un bacio sulla fronte e uscendo dalla sua stanza. In questi casi mi sento come se fossi sua madre, ma non ci posso fare nulla, verso di lui ho un istinto protettivo che nemmeno il genitore più premuroso ha verso suo figlio.

 



RAAAAAAAAWR
Hello people!
Sto pubblicando perché QUALCUNO mi stava rompendo le palle ùù
Qui compaiono due nuovi pov, quella di daniel e quello di chris, che scopriamo essere innamorato di Annabelle, aww.
Lo so, lo so, era prevedibile, capita.
Gwendolyn ha un passato piuttosto triste, non trovate? çç Chissà dov'è finito Julian...
Qualcosa mi dice che sentirete ancora questo nome *colpo di tosse*.
Poi, Gabe ed Anne hanno un posto segreto in cui incontrarsi, non è romantico? **
Ma perché Gabe non vuole che qualcuno risalga a lui? Chissà...
Daniel poi è un ficcanaso, non credete? Origliare le conversazioi altrui, pft.
E no, niente, ringraziamo entrambe per le recensioni e le visualizzazioni sjkdfhsjkhdjk
Byeee.
-Ila&Ila

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Capitolo 5
*** Chapter Five ***



 

Five

 
 
Annabelle’s pov.
 
Sto cadendo nel vuoto, come se fossi precipitata dalla cima di una montagna alta migliaia di metri, qualcosa mi dice che l’impatto sarà piuttosto doloroso.
Se cado, si intende.
Chissà per quale motivo, ma sono convinta al cento per cento che Gabe verrà a salvarmi prima che possa toccare il suolo.
Sento della braccia cingermi, alzo lo sguardo e, come previsto, Gabe mi ha afferrata al volo. E sta sbattendo le sue ali nere per tenersi in aria. Sono così incantata a guardare quelle grandi ombre scure che gli spuntano dalla schiena che nemmeno mi accorgo di aver toccato terra. O, meglio, lui ha toccato terra. Io sono ancora in braccio a lui. –Puoi anche mettermi giù, ora.- gli dico sorridendo.
-Perché mai? Io sto bene così- mi risponde sfoggiando uno dei suoi meravigliosi sorrisi.
-Non fare il cretino, non sono proprio una piuma.- il che mi fa tornare in mente la piuma nera che da un po’ mi ritrovo accanto quando mi sveglio da un sogno passato in sua compagnia. Devo chiedergli il perché.
-In realtà, pesi anche meno di una piuma. Riesco a sorreggerti anche con un braccio solo, guarda!- dice lui togliendo la mano che mi cinge i fianchi e usando l’altra per issarmi sulla sua spalla. Ora sono comodamente seduta sulla sua spalla destra e lui mi cinge la gambe in modo da assicurarsi che non cada giù.
-Impressionata, dolcezza?
-Mi sento come un pappagallo sul trespolo- replico invece io. Anche se, in effetti, un po’ impressionata lo sono. Distolgo lo sguardo che si era fissato sulle sue nude braccia muscolose e lo poso sulle ali nere screziate d’oro, allungo una mano per toccarle e scopro che sono come fatte di lino: morbide e piacevoli al tatto. Inizio a passarci sopra la mano, come se stessi accarezzando un animale. –Perché hai queste?- chiedo.
-Mi vedi come sono in realtà- mi posa a terra, così vicino a lui che le punte dei nostri piedi si sfiorano.
-E come sei in realtà?- domando.
-Prima o poi lo scoprirai.
Che cosa vuole dire con questo? Se lo vedo com’è in realtà allora può essere che lui abbia sempre le ali ma che quel giorno alla festa abbia fatto in modo che non le vedessi? O è come se quelle ali nere fossero un indizio su ciò che è? Sono nere. E di solito il nero non è proprio sinonimo di ‘bene’. Che la mia mente o qualunque altra cosa stia cercando di mettermi in guardia? In questo momento realizzo che, anche se volessi, non riuscirei ad allontanarmi da lui. Quando siamo qui, in questo strano posto che è come un limbo fra sogno e realtà, mi sento attratta verso di lui da una strana forza magnetica. Come se lui fosse la calamita e io il pezzo di ferro.
-Perché quando mi sveglio dopo essere stata qui con te mi ritrovo sempre accanto una piuma?- chiedo, ricordandomi che era un po’ che glielo volevo domandare.
-E’ un promemoria-risponde lui enigmatico.
Dannazione! Ma perché deve sempre fare il misterioso? E’ così frustrante cercare una risposta che metta a tacere le tue domande e ritrovarsi con una risposta che te ne fa sorgere altre. –Un promemoria per cosa?
-Per farti ricordare che questo non è solo un sogno.
Distolgo lo sguardo dai suoi occhi azzurri che, solo ora, noto avere delle pagliuzze verde smeraldo. Sono decisamente, incontestabilmente, gli occhi più belli e magnetici che io abbia mai visto.
Mi allontano da lui e vado a sedermi su un grosso masso qui vicino e osservandomi un po’ attorno mi accorgo di trovarmi in un’immensa distesa d’erba bagnata appena dalla rugiada, qualche masso grigio/bianco e alcuni alberi folti sono sparpagliati qua e là. Il leggero venticello fa ondeggiare le fronde degli alberi producendo un dolce e rilassante fruscio e mi fa ricadere una ciocca di capelli sul viso che prontamente rimetto a posto dietro l’orecchio. –Questi posti sono proiettati da noi?
-Sì- si avvicina e si siede di fronte a me sul prato. Ora siamo quasi della stessa altezza, io sono un po’ più in alto e il che mi da’ un pizzico di soddisfazione.
-Quindi posso cambiare scenario solo pensando ad uno diverso?
-Sì, perché? Questo non ti piace?- in realtà è un bel posto che mi da’ un senso di pace e tranquillità, volevo solo sapere qualcosa in più su questi…sogni? Non sono sicura si possano definire proprio così, in effetti, ma per convenienza decido di farlo comunque.
Mi immagino questa stessa distesa verde, solo che invece di questo luminoso cielo azzurro penso ad un bruciante sole rosso che cala all’orizzonte colorando le nuvole di varie sfumature che vanno dal rosso, all’arancione, al giallo.
Ho sempre amato i tramonti.
Gabe mi sorride e fra il suo sorriso e il sole non so quale dei due sia più luminoso. –Molto romantico.
Sento le guance andarmi in fiamme.
Che qualcuno mi getti una secchiata d’acqua ghiacciata in faccia, per favore.
-Sei ancora più carina quando arrossisci.
Datemi una pala e lasciate che mi sotterri.
Il sorriso di Gabe si allarga facendo spuntare quelle sue bellissime fossette e avvicina il suo viso al mio, il mio sguardo va inevitabilmente a cadere sulle sue labbra carnose. Lui prende le mie mani nelle sue e con uno strattone mi fa cadere dal masso su cui sedevo facendomi finire addosso a lui. –Ehi!- dico, ridendo.
Sento la risata cristallina di Gabe unirsi alla mia e con un movimento veloce capovolge la situazione mettendosi sopra di me, facendo attenzione a non pesarmi troppo, per poi posare le sue labbra sulle mie. E’ come se avessi aspettato questo momento da tutta la vita, sento una strana sensazione allo stomaco, come se mille farfalle stessero svolazzando dentro di me e il mio corpo è percorso da brividi, intorno sento come se ci fosse elettricità. E non so come spiegare tutto questo. Schiudo le labbra e lascio che le nostre lingue si incontrino mentre getto le mani attorno al suo collo per attirarlo il più possibile contro di me. Lo sento sorridere sulle mie stesse labbra e d’impulso faccio lo stesso.
In quel preciso istante tutto scompare e mi ritrovo a pancia in giù sul pavimento freddo della mia camera dell’Istituto. Sono caduta dal letto, non è possibile!
Mi alzo in piedi e con la coda dell’occhio vedo il mio riflesso sullo specchio appeso alla parete. Mi giro completamente per vedermi meglio. Ho dei fili d’erba incastrati fra i capelli e le mie labbra sono leggermente arrossate, le guance in fiamme. Mi sfioro le labbra con un dito e sorrido fra me e me per poi puntare gli occhi sul letto: la solita piuma nera è appoggiata sul mio cuscino bianco.
 
Stiamo pranzando seduti comodamente al tavolo che sta nella cucina dell’Istituto, mia madre si è alzata un attimo fa per andare a rispondere al telefono.
-Mi passi l’acqua, per favore?- mi chiede gentilmente Jason. Prendo la bottiglia trasparente che sta di fronte a me e faccio quello che mi ha chiesto. –Grazie- dice poi.
A tavola oggi c’è un silenzio di tomba, non so per quale motivo ma è un pochino imbarazzante. Io detesto il silenzio, mi trovo più a mio agio quando la gente parla. Anche se non lo fa con me.
-Ragazzi- mia madre torna in cucina con ancora il telefono in mano e richiama la nostra attenzione. –ha appena chiamato uno stregone, Geryon Fraus, dicendoci che ha delle informazioni preziose che potrebbero interessarci. Riguardano la sparizione sempre più frequente di mondani e anche quei strani cosi dagli occhi viola che vi hanno attaccato l’altro giorno in Armeria.
-Cosa vuole in cambio di queste informazioni?- domanda Jason leggendomi nel pensiero, lo stavo per domandare io.
-Soldi, naturalmente. Finite di mangiare che poi andiamo nell’appartamento dello stregone. Daniel, tu resti qui ovviamente.- conclude mia madre per poi dileguarsi.
-Uffa! Sono stufo di dovermene restare sempre qui, perché non posso venire con voi?- protesta Daniel. Sembra tanto un bambino di otto anni che non riesce a farsi comprare un giocattolo dai genitori.
-Toglitelo dalla testa, mondano- sbotta Gwen.
Sono sicura che fra quei due ci sia del tenero, non mi interessa se lei in realtà lo tratta da schifo. Lo fa perché lui gli piace. E a lui piace lei. Lo vedo come si guardano. Magari loro nemmeno se ne rendono conto che si mangiano con gli occhi, ma per me è piuttosto chiaro. E poi a rafforzare la mia teoria c’è il fatto che Gwen si preoccupa sempre per Daniel.
-Ma perché?- continua il mondano.
-Perché è pericoloso!- dice Gwen alzando un po’ il tono di voce.
-Ma se andate solo da uno stregone? Cosa potrebbe mai succedere?!- anche Daniel ha alzato la voce.
-Di tutto!- okay, ora Gwen sta urlando.
-Daniel- intervengo  io –hai ancora la gamba rotta. E’ meglio per te se te ne resti qui al riposo.
Lui sbuffa rumorosamente, ma non dice nulla. Così finito il pranzo io, mia madre, Gwen, Jason e Chris ci dirigiamo armati 
– non si è mai troppo produenti  all’appartamento dello stregone Geryon Fraus che, se non ho capito male, si trova vicino al London Bridge. Quando arriviamo un uomo sulla trentina con la pelle blu e degli artigli che risulterebbero anche inquietanti…se non fossero smaltati di rosa shocking. Trattengo a stento una risata.
-Signor Fraus?- mia madre porge la mano allo stregone, che la stringe annuendo.
-Accomodatevi- dice poi lui scostandosi dall’entrata per permetterci di entrare.
L’appartamento è arredato in modo piuttosto stravagante, le tende alle finestre sono di un orribile giallo fluo; il divano posto al centro della stanza di fronte ad una lussuosa televisione è di un arancione brillantinato, le pareti sono verde evidenziatore. L’unica cosa di un colore normale in quella stanza sono i mobili, rigorosamente marroni.
-Hai detto che hai delle informazioni per noi- dico io, seguendo lo stregone e andandomi a sedere su quel divano osceno, seguita a ruota da Gwen che si siede accanto a me.
-Prima i soldi- sbotta lui girandosi verso mia madre.
Lei alza gli occhia al cielo e porge allo stregone il denaro che gli spetta e, a quanto pare, è parecchia roba. Si fanno pagare bene, sti stregoni, mica scemi.
Geryon conta velocemente le banconote per poi rivolgerci un sorriso viscido. –Molto bene- dice –tutto ciò che so è che un uomo, o meglio, un ragazzo che avrà 18 anni al massimo fa rapire dei mondani da alcuni demoni per poi trasformarli in degli automi senza volontà che eseguono ogni singolo ordine sia dato loro, lui controlla demoni e automi tramite una pietra e so che sta cercando la gemella di questa suddetta pietra per potenziare al massimo questo potere. Lo scopo esatto di questa cosa però mi è totalmente sconosciuto.
Restiamo tutti immobili a scambiarci occhiate confuse ed allarmate. Perché mai qualcuno dovrebbe creare una specie di esercito privando del libero arbitrio i mondani e schiavizzando i demoni? Sta succedendo qualcosa di grosso.
-E…conosci il nome di questo tipo?- chiede intelligentemente Chris. Sì, in effetti me lo stavo chiedendo anche io.
-So come si faceva chiamare una volta: Julian, Julian Lightwood.
Ho già sentito questo cognome, ma non riesco a ricordare dove o come. Mi giro verso Gwen che non è riuscita a soffocare un gemito e che è sbiancata di colpo, si è portata le mani alla bocca e guarda lo stregone con una faccia a dir poco sconvolta.
-C-come?- balbetta. Le appoggio una mano sulla spalla e la guardo preoccupata. Perché ha avuto questa reazione?
-Gwen…conosci questo tizio?- chiede mia madre che deve aver notato, come credo tutti in questa stanza, la strana reazione di Gwendolyn.
-Julian…Julian è mio fratello. 


Gwendolyn's pov

Improvvisamente un odore nauseabondo ci entrò nelle narici e tutti tacquero, io tirai fuori un pugnale dalla cintura, Anne prese una freccia dalla faretra.
Sentimmo dei piccoli tonfi e un secondo dopo la porta crollò e un demone fece irruzione nell'appartamento dello stregone, era enorme, aveva quattro braccia alla fine delle quali spuntavano degli artigli ingialliti, la pelle in gran parte squamata aveva un colorito dal verde al grigiastro. Un demone superiore.
Rimanemmo tutti a bocca aperta, avevamo capito che Lui era potente, ma era incredibile che avesse già saputo del tradimento dello stregone.
Non c'era tempo per farsi domande, lanciai un pugnale cercando di mirare a una delle tre teste del demone, e lo presi, ma questo non lo fermò; vidi Diana che correva ad aprire le finestre per far entrare la luce, ma purtroppo era una tipica giornata londinese: buia e nuvolosa.
Anne scoccò una freccia verso un'altra testa, mentre Chris gli piantò una spada angelica nel torace, vidi che il demone iniziava a dare segni di cedimento, ma non bastava, presi un altro pugnale e cercai di avvicinarmi per colpirlo in un punto letale, ma il demone mi colpì con la coda squamata e mi scaraventò dall'altra parte della stanza, battei la testa sullo spigolo di un mobile e la mia vista si annebbiò per un secondo, ma riuscii a riprendermi in tempo per vedere Diana che scoccava una freccia da una balestra che non le avevo mai visto in mano, ma che maneggiava con molta maestria. La freccia colpì il demone nella faccia, ma questo non si dissolse come tutti ci aspettavamo: quel demone aveva qualcosa di strano, lo si poteva percepire anche dall'odore.
Mi sentivo debole, ma cercai di rialzarmi, il combattimento continuava.
Mi guardai intorno cercando con gli occhi lo stregone e vidi che scagliava delle fiamme azzurrine, la sua magia, verso il demone, ma che questo sembrava non accorgersene neanche.
Scorsi Jason che si era accasciato in un angolo della stanza con gli occhi semichiusi, il suo torace si alzava e si abbassava lentamente. Lo raggiunsi velocemente e mi lasciai cadere in ginocchio vicino a lui, aveva una profonda ferita sul braccio e aveva già perso moltissimo sangue. Gli feci un iratze velocemente e la ferita cominciò subito a rimarginarsi, Jason sbatté le palpebre e mi fissò con quei suoi due grandi occhi verdi, non mi ero mai accorta di quanto fossero belli.
-Gwen...grazie.- mormorò lui, la sua voce era ancora debole, ma le guance stavano riprendendo colore e dopo qualche minuto cercò di rialzarsi, lo aiutai sorridendogli.
-Figurati, stai bene?- chiesi.
-Si certo, sei abbastanza brava con le rune.- disse.
-Grazie.
Un secondo dopo Jason aveva in mano una spada angelica e si stava avventando sul demone, completamente guarito.
Scagliai un pugnale, due, tre, ma era come se rimbalzassero sulla pelle grigiastra del demone, totalmente inutili.
Nonostante i tanti tentativi falliti nessuno si stava perdendo d'animo, vidi Anne che stava per scoccare una freccia, ma con un colpo di coda il demone la disarmò lasciandola totalmente indifesa. -Anne!- urlai e le lanciai un pugnale che lei afferrò al volo. Poi corsi verso di lei, ma il demone mi afferrò con una delle sue strane zampe e mi avvicinò a sé.
Cercai di non urlare mentre mi stringeva e mi avvicinava alla sua pelle squamosa, tranne sul petto, dove un piccolo punto all'altezza del cuore che era liscio e emanava uno strano bagliore viola che mi ricordò all'istante gli occhi delle strane creature che ci avevano attaccato all'istituto.
Sentii istintivamente che quello era il suo punto debole e cercai di arrivare alla cintura per prendere un coltello o una spada angelica, ma il demone mi stringeva troppo forte e non riuscivo quasi a respirare, sentii qualcuno gridare il mio nome, ma i sensi mi si stavano offuscando per la seconda volta in pochi minuti.
Non so come ma mi ritrovai a terra, inspiegabilmente il demone aveva lasciato la presa, sentii che qualcuno mi trascinava sul duro pavimento e quando aprii gli occhi incontrai quelli di Jason.
-Adesso siamo pari.- disse con un sorriso -Stai bene?
-Più o meno.- risposi mentre mi tracciava un iratze sul braccio.
Jason mi aveva trascinato in un angolo della stanza, probabilmente dopo aver colpito il demone sulla zampa, ma gli altri continuavano a combattere.
Ormai avevo capito che il punto di forza del demone era la sua coda e proprio in quel momento colpì Chris e Diana scaraventandoli sul grande tavolo al centro della stanza.
Il demone si avvicinò ad Annabelle, la cui unica arma era il pugnale che le avevo lanciato e che sembrava così piccolo e inutile nelle sue mani in confronto al mostro che la sovrastava.
In un secondo il demone spiegò delle ali enormi simili a quelle di un pipistrello che fino a quel momento aveva tenuto nascoste e si avventò su Anne, ma non per ferirla, la prese fra le braccia e la portò via infrangendo i vetri della finestra per passare.
Non mi fermai a controllare se gli altri stavano bene, loro non avevano bisogno di me, Anne sì.
Uscii di corsa dall'appartamento e mi fiondai sulle scale.
Quando uscii vidi il demone che si allontanava con Anne in braccio che cercava di divincolarsi senza successo, gli corsi dietro.
Quando arrivammo nei pressi del London Bridge decisi che Anne era abbastanza vicino da potermi sentire.
-Anne!- urlai -Pugnalalo al cuore, svelta!
Lei mi guardò confusa per un secondo e poi conficcò il pugnale che stringeva ancora in mano proprio nel cuore nel demone, al centro di quello strano bagliore viola.
Il demone si dissolse nell'aria londinese come avrebbe dovuto fare già da tempo; dopo un gran sollievo iniziale mi accorsi che Anne stava precipitando ad una velocità impressionante verso le acque scure e profonde del Tamigi. Sarebbe morta sicuramente, e la colpa era mia.
Gli Shadowhunters non gridano mai e neanche in quel momento, mentre andava incontro a morte certa, Annabelle stava urlando, mi veniva da vomitare, una morsa di ferro mi attanagliava lo stomaco.
Anne era già praticamente nel fiume quando all'improvviso vidi come un lampo velocissimo e lei sparì. Pensai che fosse caduta e tremando mi avvicinai e...vidi Annabelle che giaceva svenuta sulla riva del fiume, anche da quella distanza potevo vedere che stava respirando.
Raggiunsi l'argine del fiume e mi inginocchiai accanto a lei sentendole il battito: era un po' più veloce del normale, ma nel complesso sembrava che stesse bene.
Cosa diavolo era successo?
 
Tornammo all'istituto in silenzio, gli altri non avevano visto quello che era successo, ma io sì e dalla faccia che Anne aveva fatto quando, dopo essersi svegliata, aveva realizzato quello che era successo, intuivo che anche lei avesse capito, e ciò mi faceva pensare che forse non era la prima volta che le capitava una cosa del genere.
Un uccello? Un altro demone? Il vento? Le mie ipotesi erano una più assurda dell'altra, ma proprio non riuscivo a spiegarmi quello strano lampo che aveva fatto atterrare Anne sulla riva, e per quanto fossi felice del fatto che lei fosse salva, non riuscivo a non farmi delle domande.
Cercai di parlare con Anne da sola, ma Diana insisté perchè andassimo tutti a letto presto, sosteneva infatti che niente avrebbe fatto scomparire lo stress della giornata come una bella dormita; dubitavo che dormire mi avrebbe fatto dimenticare l'accaduto o anche farmi sentire un po' meno confusa, ma decisi di assecondarla, ripetendomi che avrei parlato con Annabelle il giorno dopo.
Percorrendo il lungo corridoio per arrivare alla mia stanza passai davanti alla porta dell'infermiera che era allo stesso tempo la stanza di Daniel.
Decisi di controllare come stava la sua gamba e entrai: Daniel era in piedi e zoppicava per la stanza, più precisamente faceva avanti e indietro fra il cassettone e uno zaino appoggiato sul letto, semipieno.
Se prima ero confusa adesso non capivo proprio più nulla.
-Daniel?- dissi -cosa stai facendo?
-Questo è un istituto per Shadowhunter ed è ovvio che io non lo sono.- rispose senza neanche guardarmi.
-Te ne stai andando?- chiesi con un fil di voce.
-Pensavo che ti avrebbe fatto piacere, così non dovrai più sentirti responsabile per la mia incolumità.- il disprezzo nella sua voce era evidente.
-No Daniel, non ti sarai mica offeso per quello?- Non rispose, lo presi per un sì.
-Per l'Angelo Daniel, non devi andartene, davvero, sei ferito...
-Questo non è il mio mondo, Gwendolyn, lo so io e lo sai anche tu.- disse alzando le spalle.
-Neanche con mio padre.- iniziai. -Neanche con mio padre mi sono mai aperta come ho fatto con te, dopo che Julian se n'è andato non ho più avuto neanche un amico, ho sempre avuto paura di sbagliare, di essere di troppo, cercavo di non pensarci, di scaricare tutta la mia rabbia, tutta la mia tristezza, uccidendo demoni, ma il fantasma di mio fratello mi ha fatto visita ogni notte per tanto tempo, poi sei arrivato tu, un mondano goffo e ficcanaso che ho salvato per miracolo, ma che è riuscito ad entrare nel mio cuore come solo Julian aveva saputo fare, per me non è stata una semplice chiacchierata quella dell'altra sera.- solo dopo aver finito di parlare mi accorsi che mi ero avvicinata a Daniel e che gli stavo sfiorando la mano mentre delle lacrime silenziose mi rigavano le guance.
-Oh Gwen...- Daniel mi afferrò la mano e la strinse. -Nemmeno per me è stata una semplice chiacchierata, ti ho visto per come realmente sei, quel giorno quando stavo per morire sei arrivata e mi hai salvato, sarà stupido lo so, ma mi sei sembrata un angelo.- abbassò lo sguardo imbarazzato.
-Allora perchè te ne stai andando?- chiesi.
-Ti ho sentita parlare con Anne l'altro giorno, se uno shadowhunter si mette con un mondano smette di essere uno shadowhunter...è vero?
Mi prese alla sprovvista, fra tutte le ipotesi che mi ero fatta sull'improvvisa partenza di Daniel, non mi era neanche passato per la mente che fosse per questo.
-Be tecnicamente solo se lo sposa.- dissi.
-Non potrei mai interferire con la tua vita, mi sto affezionando a te, e devo andarmene prima che lo faccia anche tu.- chiuse lo zaino tirando la zip con forza.
-Io..non...non ti sembra di esagerare?- balbettai.
-Ti voglio bene, Gwen.- disse baciandomi poi la fronte.
-E se fosse troppo tardi?- chiesi mentre stava per uscire.
-Be' sai come si dice: lontano dagli occhi, lontano dal cuore.- uscì lasciandomi sola.
Spinta dall'istinto lo rincorsi e gli afferrai un braccio mentre stava scendendo le scale.
-Potresti sempre ascendere.- dissi e benchè fosse ovvio che non avesse capito ciò che avevo detto, mi sembrò quasi di vedere la speranza riaccendersi nei suoi occhi.

 


RAAAAAAAAWR
Buongiorno, gente.
Sto tio morendo di caldo cc
Cooomunque, che ne dite di questo capitolo? eh?
Gabe è sempre più misterioso e continua ad apparire nei sogni di annabelle,
Gwendolyn scopre che suo fratello è diventato un pazzo psicopatico che soggioga demoni e mondani per i suo loschi scopi (?)
e Daniel vuole andarsene.
Non scordiamo che Anne è stata salvata ancora una volta da una forza arcana (?).
Ma ditemi, non shippate terribilmente daniel e gwen? non sono dolcissimi? sdkjjfhsjkdhfsjdkfhsdjkfh
E qualcuno osa pure dire che non sa scrivere le parti dolci >.> (ogni riferimento a Ila è puramente casuale).
E niente, vado a buttarmi in una vasca piena si ghiaccio sperando di evitare di sciogliermi come un gelato lasciato al sole. :c
Adios.
-Ila&Ila

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Capitolo 6
*** Chapter Six ***





Six
 

Annabelle’s pov.

Me ne sto tranquillamente seduta su una delle comode poltrone della biblioteca a leggere un libro, quando la grande porta ad arco si spalanca e Daniel entra nella stanza.
-Annabelle? Ti cercavo e Jason mi ha detto che ti avrei trovata qui…- mi dice lui avvicinandosi alla mia poltrona aiutandosi con le stampelle: non può camminare senza, ha ancora il gesso alla gamba.
Poso il libro sul comò accanto alla poltrona, ma non prima di averci infilato un pezzetto di carta per tenere il segno del punto in cui sono arrivata. Detesto fare le orecchie alle pagine dei libri, lo considero un sacrilegio. –Beh, mi hai trovata. Che succede?
-Cosa significa esattamente ascendere?- mi chiede, andando a sedersi sul divano rosso accanto ad uno scaffale pieno di libri di alcuni scrittori dell’Ottocento.
-Mi hai scambiata per il tuo dizionario personale?- alzo gli occhi al cielo e sospiro. Non ottengo risposta, lui si limita a sorridere a trentadue denti.
Okay, tanto vale rispondergli. Tanto so che se non lo faccio non si muoverà di qui e io voglio passare ancora un po’ di tempo fra le pagine del mio amato libro prima di partire per andare a cercare il nascondiglio di Julian in quelle grotte ai confini del mondo di cui l’Inquisitore ci ha parlato.
-Okay, come posso spiegartelo? Mmh, allora…D’accordo, metti che un mondano si innamori di una cacciatrice. Se vogliono stare insieme hanno due possibilità: o la cacciatrice rinnega ciò che è e va a vivere con il mondano rompendo ogni rapporto con l’Enclave, o il mondano ascende, ovvero diventa un cacciatore. Ma non pensare che sia così semplice, è l’Enclave a decidere se farti ascendere o meno e anche se te lo concede non è detto che vada tutto bene. Durante la cerimonia ti fanno bere dalla Coppa Mortale, ma non è detto che tu sopravviva alla trasformazione.
Daniel è leggermente impallidito e sta elaborando le informazioni che gli ho appena dato, riesco quasi a vedere le rotelline nella sua testa girare. –Cos’è la Coppa Mortale?- chiede poi.
-La Coppa Mortale è, appunto la coppa, nella quale un angelo, Raziel, ha mescolato il suo sangue a quello di umano e l’ha fatto bere a quello che è diventato il primo shadowhunter in assoluto: Jonathan Shadowhunter. Assieme alla coppa ha concesso poi a Jonathan la Spada Mortale e lo Specchio Mortale dicendo che se mai un cacciatore avesse bisogno di lui, basterebbe riunire i tre Strumenti Mortali per evocarlo.
-Wow, tutta questa storia sembra così…irreale!- sbotta lui.
Annuisco pensierosa. –Immagino che ti sembri di vivere in un film.
-Già.
Silenzio di tomba.
Mi affretto a spezzarlo. –Daniel…perché volevi sapere dell’ascensione? E perché fra tutti l’hai chiesto a me?
-Tu sembri l’unica persona qua dentro disposta a rispondere alle mie domande, sei gentile.- dice lui facendo spallucce.
-E tu non hai risposto alla prima domanda. Sputa il rospo, mondano.- Chissà perché ma ho la vaga idea che c’entri Gwen, in qualche modo.
-Okay, okay. Non ti si può nascondere niente, eh? Ho ascoltato la tua conversazione con Gwendolyn l’altro giorno in armeria e poi ho parlato con lei, che ha nominato di nuovo questa cosa. Ma è scappata via prima che riuscissi a chiederle cosa fosse esattamente.
Aha! Lo sapevo, lo sapevo! Il mio intuito non sbaglia mai.
-Volevo chiederti un’altra cosa, comunque- dice poi lui interrompendo le mie esultazioni mentali.
-Spara.
-Posso venire con voi dopo? Stare qui da solo è tremendamente noioso e…
Non gli lascio finire la frase che gli rispondo con un –No.- secco e deciso. Non esiste che venga con noi nella landa desolata fuori città, potrebbe essere pericoloso. E poi Gwen mi ucciderebbe nel sonno se lo lasciassi venire.
-Oh, andiamo! Perché no?- quando si imbroncia in questo modo sembra davvero un bambino di dieci anni. Tenero, in un certo senso, ma tremendamente scocciante.
-Lo sai perché- rispondo.
-E’ pericoloso, hai ancora la gamba rotta e bla bla bla- Daniel sbuffa, per poi alzarsi dal divano e prendere la stampelle. –Non c’è speranza che io ti convinca a portarmi con voi, vero?
-No, decisamente no.- gli sorrido e, mentre lui esce dalla biblioteca, io riprendo il mio libro fra le mani e mi abbandono alla lettura per quel poco di tempo che mi rimane prima di partire con gli altri e andare fuori Londra.

 
Gwendolyn’s pov.

Stupida, stupida stupida.
Mi maledicevo mentre mi rigiravo nel letto cercando inutilmente di prendere sonno.
Ma che cosa credevo? Avevo davvero pensato che Daniel avrebbe potuto volere diventare uno shadowhunter per me? Abbandonare la sua vita per iniziarne un'altra piena di pericoli e insidie?
Illusa, stupida, egoista.
Avrei dovuto lasciarlo andare, sapevo benissimo che era la cosa migliore, almeno per lui.
Non potevo assolutamente lasciarmi prendere dai sentimenti in quel modo, ero una Shadowhunter, per l'Angelo.
No, la mia reazione era stata sciocca e infantile, Daniel doveva andarsene prima che anche io...prima che fosse troppo tardi.
Allora era forse questo l'amore? Avevo letto qualche libro quando ero in America, ma non mi sembrava di sentirmi le farfalle nello stomaco come quelle sciocche ragazzine che avevo tanto deriso, quelle no, ma riuscivo a sentire le pugnalate al cuore ogni volta che mi ripetevo che avrei dovuto stargli lontano, per sempre.
Finalmente vidi i primi raggi del sole filtrare attraverso le tapparelle chiare, sospirai, la notte era stata lunga, ma la giornata si prospettava lunghissima; appena avevamo messo piede all'istituto Diana aveva allertato l'Enclave che aveva indetto una riunione straordinaria per il giorno seguente, cioè oggi, per parlare di...Julian.
Mi sembrava ancora impossibile, Julian il mio fratellone che crea una nuova razza di mondani per scopi che ci sono ancora ignoti, ma che certamente non porteranno niente di buono.
La parte peggiore era che mi sentivo terribilmente in colpa, e forse lo ero davvero; che fossi io la causa dell'attacco in armeria l'altro giorno? No, per quanto ero sicura che non fosse solo una coincidenza che l'attacco sia avvenuto pochi giorni dopo il mio arrivo in quest'istituto, ero quasi sicura che quelle creature non fossero qui per me, almeno non questa volta.
Chiudo gli occhi e vedo il mare, io che spingo Julian sulla spiaggia accelerando a ogni sasso o cunetta per far saltare la sedia a rotelle. Io che rido, Julian che mi accarezza i capelli e che...mi butta in mare, noi che ridiamo, poi i miei ricordi si fanno confusi e quando riapro gli occhi le lacrime mi scendono abbondanti rigandomi le guance e bagnando il copriletto arancione.
Qualcuno bussa, io cerco di ricompormi asciugandomi le lacrime con la federa del cuscino.
-Avanti.- sussurrai.
Diana aprì piano la porta e mi sorrise cordiale.
-Buongiorno Gwendolyn, stavi dormendo?- chiese
-No figurati, non ho chiuso occhio stanotte.- sospirai
Diana entrò e alzò le tapparelle facendo entrare il tiepido sole mattutino, poi si avvicinò al letto e si sedette accanto a me; per un po' non dicemmo nulla e ci fissammo negli occhi, i miei gonfi e ancora pieni i lacrime, poi mi abbracciò e mi strinse come solo una madre sapeva fare.
-Povera cara, mi dispiace tanto, non sapevo avessi un fratello.- mormorò senza staccarsi da me.
-non so se si può definire proprio mio fratello.- dissi facendo uscire un'altra scarica di lacrime.
-Certo che si! E lo sarà sempre qualunque cosa succeda.
-Secondo te che cosa vuole fare, Diana?- chiesi e improvvisamente mi sentii una bambina che si rifugia dalla mamma, ma non mi ritrassi e neanche smisi di piangere, mi erano mancate quelle sensazioni.
-Non lo so tesoro, vorrei tanto dirti che andrà tutto bene, ma entrambe sappiamo che non sarà così.
-Grazie per tutto e scusa, vi ho portato solo guai venendo qui.- dissi.
-Non lo dire neanche, tuo fratello ha un legame di sangue con te, ma non c'è bisogno certo del sangue per stringere dei legami, noi ci siamo affezionati a te e non pensare che ti lasceremo tanto facilmente Gwendolyn Lightwood.

Qualche ora dopo avevo pranzato, mi ero calmata e avevo deciso che non avrei più versato una lacrima, almeno per oggi, l'Enclave stava per arrivare e io avevo bisogno di tutta la calma e di tutto il controllo possibile per affrontarlo.
Il console Verlac entrò per primo con la solita espressione arcigna sul viso, mi strinse la mano e prese posto sulla poltrona al centro della stanza; poi entrò l'inquisitore Morgesten, lui mi abbracciò e si sedette accanto al console. Uno dopo l'altro tanti Shadowhunters entrarono nel salotto di Diana, qualcuno mi abbracciò, qualcun altro mi strinse la mano, quando tutti si misero a sedere Diana si schiarì la voce per richiamare la loro attenzione.
-Benvenuti, è un onore avervi qui.- iniziò e io mi andai a sedere fra Jason e Anne, per una volta avevamo avuto tutti il permesso di partecipare, appena presi posto, Anne mi prese la mano, Jason mi mise un braccio intorno alle spalle e persino Chris mi mandò un'occhiata di incoraggiamento.
-Purtroppo le circostanze non sono le migliori.- continuò Diana. -È ancora presto per dire che un pericolo si sta abbattendo su di noi, e non voglio mettervi in allarme, ma ieri siamo venuti a conoscenza di eventi che potrebbero causare dei problemi.
-Julian Lightwood.- disse il console e io trasalii -Lo Shadowhunter sparito due anni fa.
-Si ho già accennato al Console quello che è successo, ma adesso...-
-Senza offesa Diana.- la interruppe il console. -Ma credo che non dovresti parlarcene tu.
-Cosa? E perchè?- chiese Diana allibita
-Stiamo parlando del fratello della signorina Lightwood e credo che una diretta interessata potrebbe fornirci più...dettagli.- disse indugiando sull'ultima parola come se si aspettasse qualcosa in più.
Mi sentii mancare, un conto era assistere all'assemblea, un altro era parlare di Julian davanti a tutte quelle persone, ma non mi sarei tirata indietro.
-È proprio necessario?- chiese Diana
-No va bene, lo farò.- dissi io e mi alzai per raggiungere il centro della stanza.
-Due anni fa mia madre è morta in seguito all'attacco di un demone, Julian ha pensato che fosse colpa mia e di mio padre e se n'è andato; non ho più avuto sue notizie fino a quando l'altro giorno siamo andati a parlare con lo stregone Geryon Fraus, che ci ha rivelato che Julian sta cercando di creare una specie di nuova razza schiavizzando i mondani.- feci una pausa e li guardai tutti negli occhi, la maggior parte di loro mi fissava scandalizzata, l'Inquisitore mi lanciava sguardi bonari e pieni di apprensione, e il console aveva la sua solito aria di sfida.
-Come saprete, abbiamo potuto vedere con i nostri occhi e affrontare queste creature non molti giorni fa, quello che posso dire è che non sono particolarmente forti, ma sono tanti, e lo stregone ha detto che Julian sta cercando qualcosa, una pietra, per aumentare questo potere.
Conclusi e aspettai che qualcun altro parlasse.
-Questo è impossibile!- esclamò qualcuno in fondo -Schiavizzare i mondani? Non si è mai sentito!-
-Se non l'hai mai sentito non vuol dire che non sia vero John.- disse l'Inquisitore -La cosa potrebbe non essere grave- disse rivolgendosi di nuovo a me, -ma dobbiamo assolutamente organizzarci e indagare.- disse con voce grave.
-Forse dovremmo iniziare cercando il suo nascondiglio.- disse Diana.
-Ottima idea Diana!- esclamò l'Inquisitore. -Purtroppo non sappiamo quasi nulla e dovremmo procedere un po' alla ceca, ma ci divideremo.- disse e si picchiettò sul mento un paio di volte cercando di pensare a un piano.
-Ci sono delle grotte qua vicino, forse sono un nascondiglio abbastanza banale, ma a volte la verità è sulla superficie delle cose.- esclamò come se avesse avuto un'idea geniale. -Chi potrebbe andarci?- chiese poi
-Ci andremo noi.- disse Chris visibilmente contento di avere qualcosa da fare.
-Perfetto! Allora voi potete andare e iniziare a preparavi mentre pensiamo ad altri possibili nascondigli per Julian.- disse e prima che uscissimo mi abbracciò di nuovo e aveva gli occhi quasi lucidi, anche lui conosceva e voleva bene a Julian e anche per lui non doveva essere stata una bellissima sorpresa
Annabelle mi prese di nuovo la mano e uscimmo insieme a Chris e Jason, appena uscii dalla porta vidi che qualcuno stava aspettando nella penombra appoggiato a una colonna, anche se non avesse avuto la gamba ingessata e la stampella, avrei riconosciuto il suo profilo alto e asciutto, il modo in cui i suoi capelli dorati si arricciavano disordinatamente. Daniel. Ed ecco che improvvisamente anche il mio stomaco si riempì di farfalle.
 

Annabelle’s pov.
 
Ormai sono le sette di sera e noi siamo in viaggio sulla nostra Jeep Commander nera diretti alle grotte situate fuori Londra. L’Inquisitore Morgenstern aveva detto che dare un’occhiata lì non avrebbe fatto male e magari questo Julian si è davvero nascosto là da qualche parte. Io personalmente ne dubito fortemente.
Chris sta guidando, il che è già abbastanza preoccupante di per sé, e siamo nel bel mezzo di una tempesta; la pioggia cade giù a scrosci dal cielo rendendo la vista della strada più difficile, i forti tuoni rimbombano nell’aria perforandomi i timpani mentre dei lampi abbaglianti squarciano il cielo grigio e come se non bastasse si è alzato un forte vento che fa ondeggiare violentemente le fronde degli alberi. E’ proprio un temporale con i fiocchi.
-Dannazione! I cellulari non prendono - Jason, seduto nei posti dietro assieme a Gwen, sta tenendo il suo cellulare in alto spostandolo da una parte all’altra cercando campo.
-Non c’è da sorprendersi, con questa tempesta- risponde calma Gwen.
-Quanto manca a queste grotte?- chiedo a Chris.
-E che ne so! Quaranta minuti, forse.- mi risponde lui distogliendo per un attimo lo sguardo dalla strada e posandolo su di me. In quel momento un fulmine cade proprio davanti all’auto, Chris sterza e la macchina va a finire sul ciglio della strada fermandosi.
-Cazzo! Ho preso un colpo!- urlo io, leggermente scossa.
-Non era niente, ora faccio ripartire l’auto e proseguiamo- Chris stringe le mani sul volante così tanto che le nocche gli sono diventate bianche, può anche usare un tono fermo e tranquillo ma a me non inganna. E’ scosso quanto me. Chi non lo sarebbe? Infondo un fulmine ci ha quasi colpiti in pieno! Saremmo potuti morire fulminati!
-Io ho battuto la testa sul finestrino- dice Jason massaggiandosi le tempie –sapevo che avrei dovuto guidare io! Tu sei un pericolo pubblico: Chris al volante, pericolo costante.
-Chiudi quella fogna che si sente puzza di merda anche qui davanti, Blackthorne.- Jason avrebbe risposto a Chris per le rime, se ingranata la marcia la macchina non avesse cominciato a fare dei rumori strani per poi bloccarsi. Ora non ne sono certa, visto che la pioggia mi impedisce di vedere bene fuori dal parabrezza, ma mi sembra che dal cofano stia uscendo del fumo.
Non è possibile, per l’Angelo! Bloccati in mezzo al nulla.
-Oh no, non è possibile!- sbotta Gwen, portandosi una mano sulla fronte in segno di frustrazione.
-E’ tutta colpa tua, Wayland!- urla Jason a Chris.
-Colpa mia? Fatti un esame di coscienza!- dovrei dire di detestare quando quei due si mettono a litigare, ma in realtà non è così. Adoro quando lo fanno, sono divertenti, se avessi un pacchetto di pop-corn mi godrei comodamente la scena assieme a Gwen.
-Vorresti forse insinuare che è stata colpa mia? E sentiamo, che ho fatto?- Jason incrocia le braccia al petto e fissa Chris con aria di sfida.
Quest’ultimo sorride beffardo e girandosi verso di lui dice: -Sei nato. Ecco che hai fatto.
-Ma vaffanculo! Tu non-
-Basta! Smettetela! Mi fate venire mal di testa!- Gwen interrompe la frase di Jason. Oh, peccato, mi stavo divertendo.
-Qualcuno dovrebbe andare a controllare cos’ha l’auto- sorrido a Chris che, dopo avermi imprecato contro, apre la portiera ed esce sotto la pioggia.  Pochi minuti dopo torna completamente fradicio. –Una ruota è a terra e non c’è quella di scorta, inoltre il motore è danneggiato. La macchina da qui non si muove, dobbiamo chiamare Diana e dirle di venire a prenderci.
-I cellulari non prendono- gli ricordano Gwen e Jason nello stesso momento.
-Questo è un bel problema- sospiro e Chris mi rivolge un’occhiata storta, come per dire ‘ma va, davvero?’.
-Dovremmo cercare una casa, un hotel…avranno un telefono e da lì potremo chiamare Diana- Chris e Gwen annuiscono, concordando con l’idea di Jason.
-Bell’idea, Jason, peccato che fuori stia diluviando! Io non esco con questo tempo, ve lo scordate.- sbotto.
-Combatti demoni, rischi la vita ogni giorno e hai paura di un po’ d’acqua? Fai sul serio, Annabelle?- Quando Chris mi chiama per nome intero significa che è piuttosto irritato. Beh, lo sarei anche io se fossi completamente bagnata dalla desta ai piedi.
-Okay, okay, come non detto.- dico scocciata scendendo dalla macchina imitata dagli altri tre.
Camminiamo per un bel po’ sotto la pioggia insistente, ormai non c’è una sola parte del mio corpo ad essere rimasta asciutta, e finalmente arriviamo davanti ad un edificio che ha tutta l’aria di essere un motel. Entriamo aprendo la porta e facendo suonare un campanellino alquanto irritante, la sala sarebbe completamente buia se non ci fossero delle candele posizionate sopra ad un balcone dietro al quale, intenta a risolvere quello che deve essere un cruciverba, si trova una signora con i capelli bianchi raccolti in una crocchia. Non appena si accorge della nostra presenza posa la matita e il blocchetto con il cruciverba e ci sorride cordiale. –Come posso esservi utile?
-Possiamo usare il telefono?- chiedo io, in tono sbrigativo. Quando chiamo mia madre le dirò anche di portarci dei vestiti asciutti, sto morendo di freddo.
-Oh- il sorriso della donna si spegne, suppongo immaginasse che le avremmo chiesto una camera per passare la notte –mi spiace, è saltata la corrente. Come vedete sono costretta ad usare le candele.
Maledizione, maledizione, maledizione! E ora? Siamo bloccati qui, nel bel mezzo del nulla. Con una tempesta che infuria fuori e bagnati fradici. La cosa peggiore è che non siamo riusciti a concludere nulla, non siamo nemmeno arrivati alle grotte.
-Fantastico, siamo bloccati in questo posto sperduto- dico dando voce ai miei pensieri.
-Ho due camere da darvi, se volete- le labbra della donna si sono distese nuovamente in un sorriso.
Jason tira fuori dalla tasca dei suoi pantaloni il suo portafoglio in pelle e ne estrae alcune banconote che posa sul bancone. –Restiamo qui solo questa notte.
 

Gwendolyn’s pov.
 
Nessuno di noi era molto entusiasta di passare la notte in quel motel fatiscente, la polvere sui mobili, che definirei perlomeno antiquati, indicava che nessuno aveva pulito da molto tempo, in più la luce soffusa delle candele contribuiva ad aggiungere un effetto spettrale al tutto.
La vecchia signora dietro il bancone cercava di sorriderci, ma non risultava molto amichevole, in più aveva qualcosa che mi metteva ansia, un particolare che mi sfuggiva, ma che non doveva essere niente di buono.
Un tuono particolarmente vicino fece tremare i vetri delle finestre e capii che almeno per quella notte non avevamo altra scelta che accettare il paio di chiavi che l'anziana signora ci stava porgendo, assieme a due candele e a dei fiammiferi.
-Grazie mille.- mormorai, poi mi rivolsi a Anne, Chris e Jason -Be le camere sono due, direi che io dormirò con Anne e Chris e Jason prenderanno l'altra.
Jason alzò un sopracciglio, Chris mi lanciò un'occhiata scandalizzata e Anne si limitò a ridere come se avessi detto qualcosa di estremamente divertente.
-Forse potremmo fare come dici tu.- disse Anne -ma non credo che i proprietari saranno contenti di vedere il loro motel completamente sfasciato domattina.- e ricominciò a ridere mettendosi una mano sulla bocca.
Oh certo, sapevo che Jason e Chris non si sopportavano, ma credevo che sarebbero riusciti a passare almeno una notte nella stessa stanza. A quanto pare mi sbagliavo.
-E allora come dovremmo fare?- chiesi, anche se le possibilità rimaste non erano poi molte.
-Be io potrei dormire con Chris...- disse Anne e mi tornò alla mente il suo discorso a proposito del sentimento di protezione che provava verso quel ragazzo, ma capii anche che, per esclusione, io avrei dovuto dormire con Jason.
Una smorfia di incredulità mi passò sul viso e me ne resi conto perchè vidi l'espressione ferita sul volto di Jason, ma io non volevo ferirlo solo che non avevo mai dormito con un ragazzo e di certo non avevo programmato di farlo quella notte, ecco tutto.
-Se per te ci sono problemi...- mormorò lui abbassando lo sguardo.
-No, no, davvero per me è perfetto- dissi cercando disperatamente di rimediare.
-Allora è deciso.- esclamò Chris brusco, evidentemente aveva sonno, oppure aveva molta voglia di dormire con Anne. Chissà.
Salimmo le scale che scricchiolavano pericolosamente a ogni nostro passo, e,mentre mi tenevo sul corrimano, sentii una piccola fitta alla mano e mi accorsi che una scheggia piuttosto grande mi si era conficcata sul palmo; mentre cercavo ancora di capire come fare a tirarla fuori senza peggiorare la situazione, Jason mi era accanto e un secondo dopo stringeva la scheggia fra il pollice e l'indice.
-Impressionata?- chiese sfoggiando un sorriso beffardo.
-Da morire.- risposi. -Mi inchino a lei maestro delle schegge.
-Idiota.- disse e mi diede un pugnetto leggero sulla spalla.
Quando alzai gli occhi vidi che Chris e Anne erano già spariti nella loro stanza.
-Ma cosa c'è fra quei due?- chiesi, la curiosità aveva avuto il sopravvento e la domanda mi era sfuggita senza che neanche me ne accorgessi.
-Oh, Chris sbava dietro ad Anne praticamente da sempre, ma lei non se n'è mai neanche accorta, gli vuole troppo bene, ma è un affetto fraterno, non so se mi spiego.
-Ti spieghi.- dissi e fissai il muro davanti a me cercando di bloccare le lacrime, che in quei giorni parevano essere sempre in agguato.
-Oh scusami Gwendolyn, non pensavo...tuo fratello...scusami.- Jason avvampò, ma lui non aveva fatto niente di male, ero io quella particolarmente suscettibile.
-Non è niente Jason. Andiamo.- dissi e senza dire più niente finimmo di salire le scale, imboccando un corridoio ancora più tetro dell'ingresso: la moquette verde e consumata esalava uno strano odore di minestrone, sulle pareti scrostate, vecchi barbuti tutti vestiti secondo la moda ottocentesca ci scrutavano dai quadri appesi.
La targhetta appesa alla nostra chiave indicava che avevamo la stanza numero tredici, in quel momento eravamo davanti alla dieci; quando passammo davanti alla dodici sentimmo la risata cristallina di Annabelle anche attraverso la porta chiusa, sorrisi e passai oltre.
Finalmente arrivammo alla nostra stanza, Jason accese le poche candele con dei fiammiferi che doveva avergli dato l'anziana signora; un'occhiata veloce bastò a capire che non solo avevamo anche qui l'ormai familiare strato di polvere, ma anche che il letto era uno solo.
Un grande matrimoniale a baldacchino troneggiava nel centro della stanza, un brivido mi percorse la schiena.
-Se vuoi posso dormire sul pavimento.- disse Jason alzando le spalle come se non gli importasse.
-Non farei mai dormire il grande maestro delle schegge sul pavimento.- risposi cercando di strappargli un sorriso. -però adesso voltati.
Lui lo fece e io mi sfilai le scarpe, la giacca e i pantaloni, rimanendo soltanto con una maglietta e la biancheria intima, poi mi infilai nel letto portandomi la coperta leggera fino al collo.
-Adesso puoi girarti.- lo informai.
Anche lui si tolse le scarpe e i pantaloni e si infilò accanto a me.
-Be sarà anche tutto sporco e tetro, ma almeno il materasso è comodo.- disse, io annuii, poi mi girai sul fianco e lo fissai negli occhi; Jason era molto bello, i capelli castani molto simili ai miei anche se molto più corti, incorniciavano il suo viso dai lineamenti regolari, i suoi occhi erano di una particolarissima tonalità di verde e brillavano ogni volta che un fulmine ci illuminava abbattendosi nelle vicinanze.
Improvvisamente ne cadde uno molto vicino, io sobbalzai e istintivamente cercai la mano di Jason, quando la trovai lui la strinse e mi avvicinò a se.
Io arrossii, ma fortunatamente era buio e lui non se ne accorse, quando l'ennesimo fulmine mi permise di distinguere il suo viso mi accorsi che non stava guardando me, ma fissava un punto indefinito sul muro con un'aria piuttosto preoccupata.
-A che cosa stai pensando?- chiesi.
-Anche due anni fa c'era un temporale.- disse e per la seconda volta in poche ore mi ritornarono alla mente le parole di Anne su come la famiglia di Jason fosse stata uccisa solo due anni fa.
Non dissi nulla e attesi che fosse lui a parlare.
-Era un bella serata, serena ma fresca, io e mio fratello Rory eravamo stati fuori tutto il giorno, un po' a caccia di demoni, un po' a caccia di ragazze, quando arrivammo nei pressi della nostra casa in campagna capimmo che c'era qualcosa che non andava: sentivamo strani rumori e ci parve anche di vedere del fumo levarsi dall'abitazione.
Rory era più veloce e arrivò prima di me, quando arrivai io lui era sparito, era entrato nella casa ormai in fiamme.
Non potei fare nulla, non avevo idea di quello che stesse succedendo dentro ed era troppo tardi per entrare.
Sulle prime pensai ad un incendio, se fosse stato così ero convinto che mia madre, mio padre e Rory sarebbero riusciti a domarlo facilmente, ma poi capii che con un acquazzone in corso non sarebbe mai potuto scoppiare un incendio del genere, quello doveva essere fuoco demoniaco; alla fine vidi uscire qualcuno dalla casa, qualcuno che non avevo mai visto prima, il ragazzo non mi vide perché io mi nascosi dietro uno dei numerosi alberi lì intorno. Lui fu l'ultimo ad uscire da quella casa.
Non sapevo cosa dire, la storia di Jason era così simile alla mia eppure così diversa, io avevo perso i miei familiari uno a uno, invece lui si era ritrovato completamente solo in pochi secondi. Cos'era peggio?
-Mi dispiace.- riuscii a dire solo questo, anche se sapevo che Jason non cercava la mia compassione.
-Non devi, riesco abbastanza bene ad arginare il dolore, a parte quando c'è un temporale, in quei momenti rivivo ogni secondo di quella notte.
-Oh Jason...-
-So che tu puoi capirmi Gwendolyn, e allora stammi vicino e non dire nulla.- disse
E io lo strinsi, lo strinsi perché volevo consolarlo e nello stesso tempo volevo essere consolata, lo strinsi perché mi sentivo di doverlo fare, lo strinsi perché lo volevo fare.
Lui mi diede un bacio fra i capelli e poi ci addormentammo così, cullandoci a vicenda.
 

Annabelle’s pov.
 
Appena chiudo la porta della camera – che fa schifo, come il resto del motel–  e appoggio la candela che la signora di prima ci ha dato per illuminare un po’ la stanza, Chris mi cinge in fianchi da dietro e mi solleva da terra per poi buttarmi con molta poca delicatezza sul letto e iniziare a farmi il solletico.
Rido come una pazza contorcendomi su me stessa, mentre quell’idiota si diverte come non mai a vedermi soffrire. Stronzo. Lui a quanto odio il solletico.
-Basta!- dico, fra una risalta e l’altra- non respiro!
-Prova a supplicarmi, magari sarò clemente- mi risponde lui sorridendo strafottente.
-Giuro che…se non la smetti…ti uccido nel sonno!- ormai mi manca quasi il fiato e le mie minacce suonano come uno scherzo.
Per tutta risposta lui continua a farmi solletico e io rido così forte che ho le lacrime agli occhi.
-Basta! Okay, okay…ti imploro…smettila! Ti prego, pietà!- lui mi toglie le mani di dosso e si sdraia accanto a me.
Io mi tiro su e mi metto seduta riprendendo fiato. –Ti odio.
-Naaah, non è vero. Tu mi adori- mi risponde lui sorridendo. Gli faccio la linguaccia –gesto molto maturo, lo so– e inizio a togliermi i vestiti fradici che sono diventati quasi come una seconda pelle.
Una volta rimasta solo in biancheria intima mi accorgo che Chris è ancora vestito e mi sta fissando. –Beh? Hai intenzione di dormire con i vestiti fradici?- gli chiedo. Lui scuote la testa come per liberarsi da chissà quale pensiero e si sfila la maglia nera e i pantaloni, neri anche quelli, per poi infilarsi sotto le coperte. Io do un calcio ai miei vestiti bagnati facendoli cadere giù dal letto ed imito Chris scivolando sotto alle lenzuola. Per quanto possa essere sudicio questo motel se non altro il materasso è morbido e le coperte pulite.
Mi distendo su un fianco dando la schiena a Chris e un brivido di freddo mi percorre tutto il corpo facendomi venire la pelle d’oca. –Sto congelando- dico.
Sento Chris avvicinarsi a me e cingermi con le sue braccia trascinandomi più vicino a sé, passando la sua mano su e giù sul mio avambraccio per scaldarmi un po’.
-Potrei prendere l’abitudine di sfruttarti come termosifone personale- sento il suo petto tremare contro la mia schiena, il che vuol dire che sta ridendo.
Chissà se, dormendo assieme lui, anche Chris verrà trasportato con me in quello strano posto tra sogno e realtà dove incontro Gabe. Per un momento mi passa per la testa di raccontargli di Gabe, ma probabilmente mi prenderebbe per pazza.
Il sonno comincia davvero e farsi sentire e dalla bocca mi sfugge uno sbadiglio, Chris appoggia la testa nell’incavo del mio collo –Dormi- mi sussurra accanto all’orecchio. Io chiudo gli occhi e, dopo pochi minuti, cado fra le braccia di Morfeo.




RAAAAAAAAAWR.
Ehilà!
lo so, è tanto che non postiamo. Il punto è che io non avevo voglia di entrare su efp. lol *si nasconde*
sono pessima, lo so.
E sì, l'idea del motel è stata generosamente offerta dal libro 'il bacio dell'angelo caduto', non avevamo idee così abbiamo preso spunto uu
Allora, i nostri cari shadowhunters si trovano disperi in mezzo al nulla.
Jason e Chris litigano, Jason si apre con Gwen e 'è un momento tanto dolce fra Chris e Annabelle. uu
A proposito, ho visto che c'è gente che shippa Chrisabelle(?), aww.
Okay, non ho molto altro da dire e poi sono di fretta perché fra poco parto e vado una settimana in campeggio con la mia migliore amica hdgkjhfgdjkhd
Quindi adios.
-Ila&Ila

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Capitolo 7
*** Chapter Seven. ***




 

Seven

 
Gwendolyn's pov

Era caldo, afoso direi, la mia pelle era arrossata per il sole e cominciavo a non vedere più tanto lucidamente, avevo bisogno d'acqua, subito.
Improvvisamente mi cedettero le gambe e mi dovetti inginocchiare, cominciai a scavare sulla sabbia, e non sapevo nemmeno io cosa pensavo di trovare.
Il caldo era diventato così insopportabile che perfino la mia pelle iniziò a staccarsi completamente disidratata; poi ad un tratto vidi, a due passi da me, un piccolo rivolo d'acqua che mi avrebbe salvato la vita.
La vista di quel liquido meraviglioso mi ridiede forza all'istante e cominciai a trascinarmi per raggiungerlo. La sabbia mi entrava in bocca, ma non importava perchè dopo pochi secondi avrei potuto sciacquarla.
E finalmente raggiunsi quella misera fonte di vita e bevvi, bevvi finchè tutta la sabbia non fu sparita dalla mia bocca e il mio corpo non disse che ne aveva abbastanza.
Ma appena smisi di trangugiare quell'acqua cominciai a sentirne il sapore, dolce, troppo dolce.
La testa mi iniziò di nuovo a girare, ma questa volta era diverso, ben presto la vista mi mancò del tutto e io stramazzai al suolo senza vita.
Aprii gli occhi e rimasi immobile fissando il petto di Jason che si alzava e si abbassava nel sonno e sospirai di sollievo, ero sudata e spaventata a morte, ma quello non era certo uno dei miei incubi peggiori, non era neanche nella top ten a dire il vero.
Notai che sulla coperta c'era una macchia rossa, pensai a una macchia di sangue, ma poi mi accorsi che era un cartoncino.
Lo presi, mi iniziarono a tremare le mani quando mi accorsi cosa c'era scritto.
Riconobbi subito la scrittura tondeggiante del messaggio e quel “Ti manco, sorellina? Non preoccuparti, presto mi rivedrai” non lasciava spazio a dubbi.
Cercai di respirare il più lentamente possibile e nascosi il bigliettino, per il momento l'avrei tenuto per me. Forse stavo diventando pazza.
Mi resi conto che durante la notte mi ero avvinghiata a lui in modo a dir poco imbarazzante, feci per spostarmi, ma mi accorsi che proprio in quel momento si stava svegliando e decisi di fare finta di dormire ancora.
Inaspettatamente Jason mi baciò di nuovo sulla testa, mi accarezzò una guancia e si alzò; decisi che era arrivato anche per me il momento di svegliarmi.
-Buongiorno.- dissi sbattendo gli occhi per cercare di risultare credibile.
-Ben svegliata.- disse lui e poi si accorse che ci avevano portato la colazione in camera, non avrei mai pensato che quel motel potesse offrire un servizio del genere.
-Ci saranno i topi.- dissi disgustata.
Jason annusò quello che sembrava caffè e sorrise.
-No, sembra apposto.- disse, ne versò due tazze e me ne porse una, ma vuoi che mi ero appena alzata, vuoi che avevo appena fatto un sogno in cui morivo avvelenata, non avevo molta sete. Appoggiai la mia tazza sul comodino traballante.
Jason invece bevve il suo caffè tutto d'un fiato e poi rimise la tazza viola sul vassoio.
-Tu non lo vuoi?- mi chiese poi.
-No, non ho sete, credo che andrò a svegliare Anne e Chris.- dissi.
-Buona idea, ho notato che la luce è tornata e dobbiamo assolutamente chiamare Diana per farci venire a prendere.
-Torno subito.- dissi scivolando fuori dal letto e avvolgendomi nelle coperte. Notai che c'era un piccolo bagno annesso alla camera, nella semioscurità della sera precedente non l'avevo visto.
Indossai i miei vestiti prendendo anche la cintura con i pugnali, non si poteva mai sapere.
La moquette verde non aveva migliorato le sue condizioni con la luce del sole, né il suo odore; storsi il naso e mi misi a bussare energeticamente alla porta della stanza numero dodici.
-Chris! Anne! Siete svegli? La luce è tornata dobbiamo chiamare Diana!- nessuna risposta. Eppure stavo urlando. Dov'era finito il loro sonno leggero da Shadowhunters?
Quando il tuo compito è uccidere demoni e creature malvagie, non puoi farti fermare da sciocchezze come una porta chiusa, quindi i piccoli cacciatori imparavano a buttar giù una porta già a undici anni.
Tuttavia non mi sembrava molto gentile sfondare la porta di un motel con un calcio quindi provai a bussare per altri tre minuti buoni, poi persi la pazienza ed entrai comunque. La stanza era illuminata appena dalla luce soffusa del sole che filtrava dalle tende della finestra, Chris ed Anne dormivano avvinghiati l’uno all’altra. Se non avessi saputo che Anne considera Chris come un fratello avrei detto che stanno insieme; lei teneva la testa appoggiata al petto di lui che la cingeva per le spalle tenendola stretta a sé. Se avessi avuto il cellulare con me in quel momento, avrei scattato loro una foto. Erano così teneri!
Magari potrei fare qualcosa per farli mettere insieme, pensai.
-Coraggio!- urlai –Il sole è già alto nel cielo, gli uccellini cantano ed è una bellissima giornata, svegliatevi!
Chris fece una smorfia, Annabelle mi ignorò e dopo qualche secondo un cuscino mi colpì dritta in faccia facendo volare piume dappertutto.
Vidi che Chris sorrideva e decisi che glie l'avrei fatta pagare, mi guardai intorno in cerca della loro colazione, ma notai che stranamente non avevano portato nulla; allora entrai in bagno e presi un bicchiere sul lavandino, lo riempii d'acqua e lo rovesciai in testa a Chris che aprì gli occhi di scatto e mi lanciò uno sguardo omicida.
-Ti sembra il caso di svegliarci all'alba?- quasi urlò.
-L'alba? Ma se sono quasi le nove!- risposi.
-Appunto, praticamente l'alba.- bofonchiò.
-Se non te ne sei accorto siamo in un motel sperduto in mezzo al nulla, la nostra macchina è rotta e non abbiamo ancora scoperto nulla sul fantomatico piano di mio fratello!- davvero stavamo litigando perchè l'avevo svegliato?
Chris mi tirò l'altro cuscino, ma questa volta me l'aspettavo e lo schivai.
-Potete fare più piano? Sto cercando di dormire!- borbottò Annabelle che ormai era diventata un tutt'uno con le coperte.
Mezz'ora e innumerevoli bicchieri d'acqua dopo, anche Anne si era svegliata, entrambi si erano vestiti e stavamo andando a cercare Jason, lo trovammo ancora nella nostra stanza e insieme ce ne andammo a cercare un telefono per cercare di tornare a casa.
Stavamo scendendo le scale con gli scalini che scricchiolavano a ogni nostro passo.
-Questo posto è ancora peggiore con la luce del sole.- osservò Jason. Ed era vero.
Vidi Chris che sussurrava qualcosa all'orecchio di Anne e lei che sorrideva, poi però lo sguardo di Chris si irrigidì, notai che stava fissando un punto davanti a me. Mi girai anch'io e scorsi un luccichio, ma fu un attimo perchè un secondo dopo stavo rotolando per le scale con Chris addosso a me.
Quando toccammo il pavimento e smettemmo di rotolare mi alzai di scatto pronta a insultare Chris perchè mi aveva assalito senza motivo, quando vidi una lancia conficcata nel muro a un centimetro da Jason e Anne che ci guardavano scandalizzati, se Chris non mi fosse venuto addosso adesso quella lancia sarebbe conficcata nella mia testa.
Mi sentivo confusa, chi diavolo aveva cercato di uccidermi?
Sentii un dolore lancinante alla spalla mi voltai e davanti a me troneggiava una creatura dagli inconfondibili occhi viola con un coltello che cominciava nella sua mano e finiva nella mia spalla.
Cercai istintivamente un coltello, ma prima che potessi arrivare alla cintura la creatura era a terra con una freccia nel collo e il coltello sporco del mio sangue nella mano.
Anne e Jason erano al mio fianco e Chris stava uccidendo una creatura dopo l'altra a colpi di spada vicino a noi.
Annabelle mi fece un iratze veloce sul braccio che ritornò come nuovo, quando una creatura si avvicinò a noi le piantai un coltello in mezzo agli occhi, avevano cercato di uccidermi due volte quel giorno non ci sarebbe stata una terza.
Raggiunsi Chris che era rimasto da solo contro una montagna di mostri e, anche se non l'avrebbe mai ammesso si vedeva che era in difficoltà.
-Grazie per prima.- dissi mentre squarciavo il petto di una creatura.
-L'ho fatto solo perchè Anne tiene a te.- bofonchiò lui mentre ne uccideva altre due.
-E tu tieni ad Anne.- dissi, e mi accorsi di aver finito i coltelli, poco male avevo le spade angeliche.
-La cosa ti fa diventare gelosa?- chiese sogghignando.
-No caro Chris, per quanto ti possa sembrare strano, non mi piaci.- Una creatura si avvicinò troppo e io la trafissi con la spada facendola andare a sbattere contro un'altra, cadevano come birilli.
-Impossibile.- disse lui.-guardami.
Feci finta di guardarlo e trattenni una risata -Mi sembri abbastanza bruttino in effetti.- dissi.
-Che cosa?- disse lui fingendosi offeso e trafiggendo tre creature in un colpo solo. -Allora vuol dire che la prossima volta non ti salverò la vita.
-Faresti meglio a pensare alla tua di vita.- dissi e scagliai una lancia contro una creatura che si stava lanciando su Chris da una trave del soffitto con un coltello in mano.
Chris rise e continuò a combattere, ma quella creatura involontariamente mi aveva dato un'idea.
-Anne! Jason! Spingeteli tutti verso il centro!- urlai e loro mi fecero un cenno d'assenso.
-Tu aiutami a salire su quella trave.- dissi a Chris.
Dopo aver raggiunto la trave scivolai fino al grande lampadario al centro del soffitto.
-Jason lanciami un pugnale!- dissi e lui lo fece.
Cominciai a segare la corda spessa ma rovinata che reggeva il lampadario.
-Spostatevi ora!- urlai quando si ridusse a un filo sottile e poi lo feci cadere.
Jason, Anne e Chris erano riusciti a far spostare tutte le creature rimaste nel centro della stanza e adesso erano tutte schiacciate sotto l'enorme lampadario dorato.
-Geniale.- disse Jason aiutandomi a scendere e scompigliandomi i capelli, gli sorrisi, ma improvvisamente i suoi occhi si rovesciarono, Jason cadde in ginocchio e cominciò a tremare, fece un ultimo sospiro e stramazzò al suolo.

 
Annabelle’s pov.
 
-Jason!- Quando lo vedo cadere a terra con un tonfo mollo un urlo che sono certa si sia sentito fino in Cina. Corro accanto a lui e appoggio l’orecchio sul suo petto: il suo cuore batte ancora, anche se lentamente, e respira debolmente. E’ ancora vivo, ma non so ancora per quanto. Cosa diavolo è successo? Nessuno di quegli esseri l’ha colpito! Un’ondata di panico mi invade: e se gli restassero ancora poche ore? Se lo stessi per perdere per sempre? Delle lacrime silenziose iniziano a scendermi lungo le guance e con un gesto veloce le faccio sparire.
-E’ vivo- dico rialzandomi in piedi –ma non per molto ancora, credo. Chris, prenditelo sulle spalle, Gwen, aiutalo. Io vado a cercare quel stramaledetto telefono.
Non lascio loro nemmeno il tempo di replicare che mi dileguo, non c’è tempo per discussioni inutili.
Corro per i corridoi finché non arrivo alla hole e vedo un telefono fisso bianco appoggiato sul balcone dietro al quale ieri stava l’anziana signora. Oggi non c’è. Afferro la cornetta del telefono e digito il numero di cellulare di mia madre e appena risponde inizio a raccontarle quello che è successo. –Mamma! Jason sta…male, parecchio. E’ collassato al suolo e il battito del suo cuore è debole, siamo in uno squallido motel fuori Londra sulla strada per arrivare alle grotte di cui ci aveva parlato l’Inquisitore che, per la cronaca, non siamo riusciti a raggiungere. Ti spiego tutto quando vieni qui, noi ti veniamo incontro. Per favore, mamma, muoviti.
Riattacco senza sentire la sua risposta e torno da Jason, Chris e Gwen. –Mia madre sta arrivando- annuncio –noi le andiamo incontro.
-Ha l’abitudine di dare ordini a tutti in casi del genere- sento Chris sussurrare a Gwen –fai quello che dice e non ti opporre o ti ucciderà mentre dormi.
Mi giro verso di lui e lo fulmino con lo sguardo, la mia attenzione però viene catturata da Jason che sta diventando sempre più pallido.
-Jason è più bianco di un lenzuolo- dico –speriamo che mia madre si sbrighi ad arrivare.
 
-Te l’ho detto perché eravamo in un motel, mamma! C’è stato un temporale tremendo, un fulmine ha quasi colpito in pieno l’auto mandandola fuori uso. I cellulari non prendevano e nel motel era saltata l’elettricità quindi non potevo chiamarti così abbiamo passati lì la notte. Che altro potevamo fare? Quando ci siamo svegliati siamo stati attaccati da quei mondani con gli occhi viola, li abbiamo uccisi tutti e poi Jason è stramazzato a terra, ma non era stato ferito. Almeno non gravemente, giusto qualche ferita superficiale. E no, non ho idea del perché!- è la terza volta che glielo ripeto, mia madre è dura di comprendonio a volte. Stiamo varcando ora la soglia della porta dell’Istituto e lei ha appena chiamato i Fratelli Silenti per Jason.
-Per l’Angelo, mi avete fatta preoccupare a morte!- dice lei, per la centesima volta nell’arco di un’ora. Poi sparisce dentro all’ascensore che porta al piano di sopra dell’Istituto e quindi in infermeria, con Jason fra le braccia. Mia madre pur sembrando mingherlina ha la forza di un leone, datele tre quitali di piombo e lei ve li alza come se fossero una piuma.
In quel momento vedo Daniel correrci incontro. –Cos’è successo a Jason?- chiede.
Stavo per rispondere di non saperlo, ma Gwen mi precede. –Io forse lo so.
Appoggio con cura il mio arco e la faretra con le frecce a terra per poi buttarmi su una delle poltrone del salotto con un sospiro, esausta, mentre Chris si siede sul bracciolo della stessa poltrona. Daniel è andato accanto a Gwen che è rimasta in piedi e si scrocca continuamente le nocche producendo un suono piuttosto fastidioso. Tre paia di occhi sono puntati su di lei, in attesa.
-Beh- comincia lei –questa mattina ho notato che nella camera nella quale abbiamo dormito io e Jason avevano portato due tazze di caffè mentre in quella dove avete dormito voi due non avevano portato nulla. E Jason ha bevuto il caffè, io no. Inoltre quando mi sono svegliata ho trovato questo sul letto- Gwen infila una mano in tasca e ne estrae un foglietto rosso –l’ha scritto mio fratello. Dice ‘ti manco, sorellina? Non preoccuparti, presto mi rivedrai’. Credo che abbia avvelenato il caffè.
-Rosso? Un foglietto rosso? Che cosa strana.- dico –Comunque non credo sia stato Julian, non direttamente almeno. Magari ha corrotto la tipa del motel…
-Il rosso è il colore che usate per evocare i demoni, giusto?- chiede Daniel.
Gwen annuisce –Sì, è vero, come lo sai?
-Ho letto il vostro libro- fa spallucce lui –non sapevo cosa fare così sono passato in biblioteca.
-Un momento- Chris è scattato in piedi –e se evocassimo un demone? Magari potrebbe dirci qualcosa che non sappiamo, qualche indizio…qualcosa che ci aiuti a trovare il fratello di Gwen o almeno a capire bene cosa sta architettando.
-E-evocare un demone?-Daniel sembra scandalizzato. Oh, beh, posso capirlo. Anche a me non fa esattamente impazzire l’idea.
-Sembra una buona idea- dice Gwen –dite che quello stregone…Geryon Comesichiama ci darebbe una mano?
-Se lo paghiamo bene, probabilmente sì- afferma Chris.
-Mia madre non sarà d’accordo- dico io.
-Non sarò d’accordo con cosa?- il solito tempismo di mia madre.
-Vogliono evocare un demone- sbuffo io.
-Cosa? Non se ne parla!
-Ma Diana, potrebbe aiutarci a capire cosa succede con Julian.- mentre Chris e gli altri tentano di convincere mia madre, io prendo l’ascensore e vado da Jason. Devo sapere come sta, se guarirà, se posso fare qualcosa…non riesco a starmene con le mani in mano mentre una delle persone alle quali tengo di più sta rischiando di morire.
 
 
Gwendolyn's pov

Ero sconvolta. Tutte quelle cazzate sul fatto che gli Shadowhunter non crollano mai, non piangono mai, non hanno mai paura, mi sembravano tutte parole vuote e senza senso mentre sapevo che Jason era in infermeria a lottare contro la morte.
Annabelle gli era andata dietro ma io non ce la facevo ad essere presente, era una cosa più forte di me, avevo visto mia madre morire e contavo di non ripetere mai più l'esperienza; vedere la luce che abbandonava gli occhi di una persona era come perdere una parte di te stesso soprattutto se era qualcuno a te caro.
Vidi Chris, i suoi lineamenti erano distorti in una smorfia di dolore; ovvio, lui, Jason e Annabelle erano come fratelli, una famiglia che anch'io avevo, ma che non avrei avuto mai più.
Non sapevo dove andare, nella mia stanza, per fare cosa? Riuscivo a sentire Diana che stava contrattando con lo stregone al telefono: sarebbe arrivato a momenti.
Non so come mi ritrovai in biblioteca, era enorme, ovunque c'erano scaffali traboccanti di libri, dai più antichi codici delle leggi degli Shadowhunters ai libri più moderni che erano quelli che stavo esaminando in quel momento, poi vidi una luce provenire dalla sezione antica e mi avvicinai. La testa bionda di Daniel era curva su una ventina di libri, ripeteva sottovoce parole incomprensibili, studiava, mi resi conto, e mi lasciai sfuggire una risatina.
Alzò la testa di scatto e mi lanciò un'occhiataccia, a quanto pare l'avevo interrotto.
-Cosa c'è di tanto divertente?- chiese.
-Perchè stai studiando queste vecchie leggi Daniel?- dissi e lui avvampò.
-Beh sai visto che per adesso sto qui voglio informarmi un pochino, insomma è brutto fare sempre la parte di quello stupido e ignorante.
Teoria interessante, peccato che mente lo diceva si mordeva un labbro nervosamente e si passava le mani sui jeans, non ci voleva un genio a capire che stava mentendo.
-Mi dispiace per Jason.- disse.
-E' colpa mia.- mi lasciai cadere sulla sedia accanto alla sua.
-No, è colpa di tuo...chiunque abbia portato quel caffè avvelenato nella tua stanza.
-Caffè che avrei dovuto bere io, facendo un piacere a tutti.- mi stavo autocommiserando e mi odiavo per questo, ma dopo la giornata che avevo avuto pensavo quasi di meritarmelo.
-Gwendolyn non essere sciocca...
-Non ho fatto niente di giusto da quando sono qui! Ho solo causato problemi a tutti e se Jason...- mi interruppi a metà della frase non avendo il coraggio di continuarla.
-Se c'è qualcosa che ho capito in questa giornata di studio intenso è che per gli Shadowhunters la morte non è una cosa così grave, almeno non se si muore combattendo.- disse.
-Conosco i nostri codici, ma la cosa non mi consola.-ì
Daniel avvicinò una mano al mio viso, ma in quel momento sentii Diana che mi chiamava dal corridoio e scattai in piedi.
-Vengo anch'io.- disse Daniel trotterellandomi accanto come un bambino mentre andavo in sala da pranzo e io non avevo la forza per controbattere e mettermi a litigare, quindi non dissi nulla.

Il salotto era nel buio totale. L'unica cosa visibile era lo stregone per via dei tatuaggi fluorescenti che aveva in quasi tutta la pelle.
Dopo qualche secondo lo stregone accese una candela, poi un'altra e continuò formando un cerchio davanti a noi.
Quando la luce fu abbastanza da permettermi di vedere qualcosa, capii che le candele delimitavano un cerchio che a sua volta conteneva un pentagramma, non ero molto informata sull'evocazione dei demoni, ma qualcosa sapevo, riconoscevo per esempio i simboli disegnati all'interno di triangoli sempre nel pentagramma, e non mi stupii quando Geryon iniziò a pronunciare il tradizionale rituale di evocazione, ovviamente in latino.
Però spalancai gli occhi quando quando dal centro del pentagramma si alzò una fiammata con un sacco di fumo che cominciò a roteare finchè non raggiunse una forma umana.
Una forma che mi era molto familiare a cominciare dai capelli neri che io ricordavo arruffati e che invece erano perfettamente pettinati, gli occhi azzurri profondi come il mare che tante volte mi avevano guardato con dolcezza ma che adesso quasi non riconoscevo.
C'erano però anche tante cose che non riconoscevo, come l'espressione dura sul volto o il fatto che si reggesse sulle sue gambe senza il minimo sforzo. Mio fratello Julian, o almeno la sua brutta copia.
-Julian...- sussurrai , non riuscivo quasi a parlare.
-Sorellina.- disse lui sorridendo, ma non era il mio sorriso, era un sorriso oscuro.
-Che cosa significa? Tu...- non aveva senso, noi avevamo evocato un demone.
-Sono due anni che non mi vedi e questo è tutto quello che mi sai dire? Sapevo che fossi crudele ma...
-Dove sei stato?- chiesi.
-Oh adesso va decisamente meglio, beh vedi Gwendolyn, ho passato questo tempo a accrescere la mia forza in modi del tutto sconosciuti agli Shadowhunters, ma molto, molto efficaci.
-Julian che cosa sei diventato...- mi stavo per sentire male, le gambe mi tremavano.
-Che cosa tu mi hai fatto diventare, intendi. E' colpa tua e di tuo padre se nostra madre se n'è andata.- non riconoscevo più neanche la sua voce.
-No Julian io...non sono riuscita...- senza rendermene conto mi ero inginocchiata a terra e avevo le guance rigate da lacrime silenziose.
-Smettila di chiamarmi così! Lui aveva scelto questo nome!
-Che dici? Come ti dovrei chiamare?- forse stavo sognando, tutto questo era troppo assurdo.
-Come nostra madre mi voleva chiamare. Gabriel.- disse.
-Julian...sei stato tu a mandarmi il veleno? Anche le altre volte?
-Ovviamente, e hai confermato la tua natura vile facendolo bere al tuo ragazzo.- disse sprezzante.
-No, io non sapevo che fosse avvelenato...- aveva ragione, io dovevo essere in quel letto in questo momento, non Jason.
-Scuse! Tutte scuse! Non è mai colpa tua vero Gwendolyn?
-Adesso basta!- Daniel gridò e poi si accovacciò accanto a me stringendomi.
-E questo chi è? Te la fai anche con un mondano? Complimenti sorellina.- rise.
Geryon fece un passo avanti e agitò la mano -Ti band..-
-Me ne vado da solo, stupido stregone.- disse e lanciò un piccolo pugnale dorato dritto al cuore dello stregone, e prima che lo colpisse Julian era sparito lasciando soltanto uno strano odore dietro di sé.
Nel momento in cui il pugnale toccò la sua pelle blu dello stregone sembrò pietrificarsi, distolsi lo sguardo mentre Diana si chinava su di lui.
Chiusi gli occhi, forse era un sogno, doveva essere un sogno, mio fratello non era diventato un mostro, lo stregone non era appena morto, stavo solo sognando.
E poi l'urlo di Jason echeggiò fra le pareti dell'istituto.
 
 
Annabelle’s pov
 
Sto camminando avanti e indietro davanti alla porta dell’infermeria, i Fratelli Silenti stanno cercando di salvare Jason e io non riesco a stare ferma. Non ci riesco proprio. Comunque sembra essere grave ed io ho una paura tremenda di perderlo.
Mi fermo e mi appoggio ad una delle pareti scivolando giù fino a toccare terra, poi mi porto le gambe al petto e chino la testa iniziando a singhiozzare.
Ripenso all’orribile momento nel quale ho visto Jason cadere a terra, ripenso al motel e…
Un secondo.
C’è una cosa che mi è sfuggita fino adesso: questa notte non ho sognato Gabe.
Perché?
Improvvisamente la porta dell’infermeria si apre e ne escono due Fratelli Silenti, segno che finalmente posso entrare e andare da Jason. Mi alzo da terra e mi asciugo in fretta le lacrime, faccio per entrare ma una voce mi riecheggia nella testa bloccandomi.
Ferma, c’è una cosa che devi sapere.
Dice uno dei due Fratelli nella mia testa.
-Cosa?- chiedo girandomi verso entrambi, dato che non riesco a capire quale dei due mi sta rivolgendo la parola.
Jason Blackthorne è stato avvelenato con una magia molto potente, noi l’abbiamo curato ma riporterà dei problemi di tipo psicologico. Non sappiamo esattamente cosa.
-Quanto…quanto è grave?- domando.
Potrà ancora combattere.
Detto questo entrambi i Fratelli Silenti si voltano e se ne vanno, con quel loro modo di spostarsi inquietante, come se invece di camminare fluttuassero a qualche centimetro da terra.
Jason.
Non sarà mai più lo stesso, lo so. Spero con tutto il cuore che non sia nulla di troppo grave.
Quando entro nella stanza quasi svengo per il tremendo odore opprimente che c’è, non riesco ad identificarlo, solo che mi fa quasi soffocare. Corro ad aprire una finestra, poi mi avvicino al letto di Jason, che è più bianco delle lenzuola su cui è sdraiato.
-Jason- lo chiamo.
Lui gira lentamente la testa verso di me e apre faticosamente gli occhi per poi fare una smorfia che immagino deve essere il tentativo di un sorriso. –Anne.
-Come stai?- gli chiedo prendendogli le mani fra le mie.
-Come se fossi caduto dal trentesimo piano di un palazzo e poi una camion mi fosse passato sopra venti volte- risponde lui tirandosi a sedere.
-Non ti preoccupare, ti riprenderai- gli dico accarezzandogli il viso. Non riesco a riferirgli quello che i Fratelli Silenti mi hanno detto, non ne ho il coraggio.
-Dove sono gli altri?- chiede Jason.
-A evocare un demone, credo- rispondo sbuffando –pensano che il demone dirà loro qualcosa di utile.
-Ho un mal di testa tremendo- Jason prende a massaggiarsi le tempie con un’espressione sofferente.
-Ti lascio riposare e vado a vedere cosa stanno combinando di sotto- gli mollo un bacio fra i capelli e faccio per uscire dalla stanza, quando ad forte tuono che squarcia il silenzio della notte segue un urlo carico d’angoscia e paura di Jason. Mi volto di scatto e vedo Jason che si porta le gambe al petto e appoggia le testa fra le gambe iniziando a singhiozzare. Un altro tuono, un altro urlo. Jason cade dal letto e gattonando raggiunge un angolo della stanza, dove si rimette nella posizione di prima iniziando a dondolare avanti a indietro.
Corro da lui e lo prendo fra le mie braccia, come se fosse un piccolo bambino indifeso, cullandolo e sussurrandogli parole confortanti nella speranza di calmarlo.





RAAAAAWR
Buonsaaaaaaaaaaaaaaaalve.
Sì, siamo vive e stiamo postando. No, non è un miraggio.
Allora, come state trascorrendo queste vacanze? Pensare che sono quasi finite mi fa venir voglia di urlare.
Siamo a fine agosto e quindi la scuola presto ricomincerà, ma c'è un lato positivo: FRA DUE GIORNI ESCE CITY OF BONEEEES *urla*.
Non vedo l'ora di vedre quel film skjdfhdsjkfhdskjfd
Ma passiamo al capitolo, succedono un bel po' di cose, vero?
Jason viene avvelenato e non tornerà mai più lo stesso sobs. 
E' come se la sua paura per i temporali si fosse amplificata a dismisura, poverino çç
Poi, perché mai è commparso Julian, pardon, Gabriel, quando hanno evocato un demone? Misteeeero.
Secondo voi il fratello di Gwen e la persona che Anne sogna in continuazione sono la stessa persona?
Gabriel e Gabe...mh, hanno praticamente lo stesso nome, ma forse noi care ragazze abbiamo fatto appost sta cosa per trollarvi tutti alle fine.
Who knows.
E niente, speriamo che questo capitolo non vi abbia fatto cagare e che la storia vi piaccia.
Al prossimo aggiornamento uu
-Ila&Ila

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Capitolo 8
*** Chapter Eight ***




Eight
 
Annabelle’s pov
 
Non appena mi sdraio sul mio comodo letto e chiudo gli occhi, mi ritrovo nel bel mezzo di una radura, sdraiata sull’erba soffice e circondata dagli alberi. Mi chiedo da che cosa verrà a salvarmi questa volta Gabe. Cosa mai potrebbe succedermi qui? Potrei venir attaccata da un coniglio, certo.
Sento il rumore di un ramoscello che si spezza e mi alzo in piedi di scatto. Tutti i miei sensi sono all’erta e quando sento qualcuno picchiettarmi la spalla sobbalzo mollando un urlo.
Mi giro ritrovandomi davanti un Gabe sorridente e divertito.
-Idiota. Mi hai fatto prendere un colpo- gli dico.
Lui sogghigna. –Lascia che provi a farmi perdonare.- dice afferrandomi un braccio e tirandomi sé per poi posare le labbra sulle mie.
Mi stacco da lui sorridendo. –E’ bello rivederti.
Lui prende la mia mano e intreccia le sue dita con le mie per poi iniziare a camminare in direzione del bosco, che si infittisce ad ogni nostro passo.
-Con chi hai dormito l’altra notte?- mi chiede d’un tratto, fermandosi di scatto davanti ad un ruscello.
Lo guardo sorpresa. Come fa a sapere che ho dormito con qualcuno? –Con il mio migliore amico...- rispondo –ma, ehi! Non è come pensi!- mi affretto ad aggiungere.
Lui mi scruta con sguardo penetrante, mi guarda così intensamente da provocarmi dei piccoli brividi lungo la schiena. –D’accordo- dice –E’ che non riuscivo a raggiungerti in sogno, se dormi con qualcuno non ci riesco- la sua mascella ha un guizzo, ma presto la sua espressione si rilassa.
Ci sediamo a terra, io circondata dalle braccia e dalle ali nere di lui. Sospiro –Quando potrò vederti? Nel senso, nella realtà.- domando. Adoro il fatto di avere un posto che è solo nostro, dove le nostre menti e i nostri sogni si fondono. E’ come se avessimo un  piccolo angolo di paradiso, ma il desiderio di poterlo vedere anche di giorno, mentre sono sveglia, cresce ogni attimo di più.
-Presto, Annabelle. Molto presto.- mi risponde lasciandomi un bacio fra i capelli.
-Promesso?
-Promesso.
Appoggio la testa sotto al suo mento e chiudo gli occhi, lasciando che Gabe mi accarezzi dolcemente il viso.
-Ehy, ho una cosa per te.- mi dice, scostandosi leggermente da me.
Mi giro verso di lui in modo da vederlo in faccia, incuriosita, e lo vedo estrarre dalla tasca dei suoi jeans neri un anello.
Lo guardo come se mi avesse appena rivelato di essere gay. –U-un anello?
-Era di mia madre- spiega lui prendendomi la mano e infilando l’anello sull’anulare –è l’anello della sua famiglia, è la cosa più preziosa che ho. E voglio che lo tenga tu.
Guardo l’anello color argento con disegnato sopra degli uccelli alternati alla lettera H, lo stemma degli Herondale.
-Io non…non posso accettare!- faccio per sfilarmi l’anello dal dito, ma Gabe me lo impedisce prendendomi la mano per poi baciarla.
-Certo che puoi- mi dice.
Chiudo gli occhi nell’istante in cui le sue labbra incontrano nuovamente le mie, quando però li riapro mi ritrovo nella mia stanza dell’Istituto.
La prima cosa che faccio è accendere la luce e guardarmi la mano: l’anello che mi ha dato Gabe è ancora sul mio dito.
 
 
Gwendolyn’s pov
 
Decisi che non avrei più versato una lacrima per tutta questa faccenda, io non ero così e non avevo nessuna intenzione di stare a deprimermi mentre Julian organizzava il suo piano malefico che potrebbe ucciderci tutti.
La prima cosa da fare era convocare l'enclave, non potevamo permetterci di restare con le mani in mano, ma non potevamo fare niente senza l'approvazione del console e dell'inquisitore.
Quando arrivai in soggiorno mi resi conto che Diana doveva avermi preceduto perchè tutto l'enclave era accomodato sulle varie poltrone del suo spazioso e luminoso soggiorno.
-Oh Gwendolyn, stavo per venirti a chiamare.- disse Diana sforzandosi di sorridermi, l'apparizione di mio fratello e la morte dello stregone l'avevano turbata come avevano fatto con me.
-Gwendolyn, vuoi spiegarci che cosa è successo?- chiese l'Inquisitore.
-In seguito a una serie di indizi che abbiamo raccolto, abbiamo pensato che sarebbe stato utile evocare un demone.- iniziai.
-Lo stregone Geryon Fraus ci ha aiutati.- continuò Diana dopo essersi seduta accanto a me, Jason era ancora in infermieria e Annabelle e Chris non potevano partecipare, in teoria neanche io, ma visto che il cattivo della situazione è rivelato essersi mio fratello credo che abbiano fatto un'eccezione.
-Abbiamo cercato di invocare un demone, e posso assicurarvi che il procedimento è stato eseguito correttamente, ma al suo posto è apparso...Julian Lightwood.
-Ma questo è impossibile!- esclamò il console alzandosi in piedi.
-Putroppo è quello che è successo Console, io stessa ne sono sorpresa, ma è successo.- dissi.
-Tutto questo non ha senso.- disse qualcuno sconvolto.
-Mio fratello ha in mente qualcosa, ne sono sicura.- dissi – e va fermato.
-Gwendolyn credo che dovresti essere esclusa da questa cosa, è tuo fratello...- disse l'Inquisitore.
-Non lo faccia, Inquisitore.- dissi. -Perchè niente mi potrà fermare dall'infilare un pugnale nel cuore di mio fratello.
-Se ne sei sicura...- disse lui facendo una smorfia, si vedeva che non era d'accordo, ma non mi interessava.
-E come pensate di trovarlo?- chiese il Console.
-Non lo sappiamo, ma le posso assicurare che un modo lo troveremo.- dissi.
Il console e l'Inquisitore si scambiarono una lunga occhiata e alla fine il primo fece un cenno d'assenso.
-Affidiamo tutto a lei, Diana.- disse poi l'inquisitore, poi lui e il resto dell'enclave si alzarono e lasciarono la stanza in una lunga processione.

-Allora, cosa hanno detto?- Annabelle e Chris mi assalirono quando uscii dal soggiorno.
-Hanno detto che dobbiamo trovare Julian e ucciderlo.- dissi.
-E lo faremo, Gwendolyn.- disse Anne appoggiandomi una mano sulla spalla, la abbracciai concedendomi un attimo di debolezza.
Con l'Enclave avevo fatto la dura e in effetti volevo davvero fermare Julian, ma non sapevo davvero da dove cominciare le ricerche, poteva essere ovunque.
-Vi va se portiamo un tè a Jason?- disse poi Chris.
-Certo, è un'ottima idea!- dissi e andammo in cucina.
Annabelle si mise a preparare il tè, muovendosi fra i fornelli e gli armadietti velocemente, mentre la osservavo notai un luccichio fra le sue mani. Portava un anello.
-Posso vedere il tuo anello?- chiesi.
-Certamente.- rispose lei sorridendo nervosamente.
Si sedette e mi tese la mano; all'anulare aveva un anello d'argento con una grande acca incisa e tutt'intorno tanti uccelli che spiccavano il volo.
-Tu...questo...dove l'hai preso?- balbettai sconvolta.
-Che c'è? E' solo un anello...- disse lei confusa.
-No, non è solo un anello, è l'anello di mia madre!- il simbolo degli Herondale brillava sotto la luce del sole, non l'avevo più visto da quando lei era morta, ma mi immaginavo perfettamente chi poteva averlo preso.
-Tu!- esclamai indignata e mi alzai di scatto. -Tu stai con lui!
-Gwen che cosa ti prende?- disse Chris allarmato.
Tirai fuori un coltello e lo puntai verso Annabelle. -Dimmi dov'è! Adesso!
Due braccia forti mi afferrarono da dietro facendomi cadere il coltello. Chris mi aveva afferrata e mi teneva ferma schiacciandomi sul pavimento.
-Gwendolyn, non capisco...- Annabelle mi guardava, l'espressione confusa ancora sul volto.
-Julian ti ha dato quell'anello, ne sono sicura!- urlai divincolandomi.
-Julian? Ma che diavolo stai dicendo?! No, io...- Annabelle arrossì violentemente.
-Dannazione, Annabelle! Vuoi dirci dove hai preso quel fottuto anello?- urlò Chris e notai con piacere che per lui non era così facile trattenermi.
-Okay vi sembrerò stupida, ma dal giorno della festa in maschera a cui siamo andati il giorno in cui sei arrivata all'istituto, continuo a vedere un ragazzo.- disse guardandomi.
-Un ragazzo?- ripetei io.
-Sì...nei miei sogni.- disse Anne abbassando gli occhi.
-Aspetta fammi capire, hai sognato un ragazzo che ti ha dato l'anello di mia madre? E ti aspetti davvero che ci creda?- chiesi sbalordita.
-Non me lo sono immaginato okay?- disse Annabelle incrociando le braccia. -Non so spiegarlo, ma Gabe...-
-Gabe?- esclamai -Non è possibile...-
-Anne, lui non si chiama Gabriel.- disse Chris lasciandomi le braccia libere.
-Ma cosa state dicendo? Non capisco...- mormorò Annabelle confusa.
-Lui si chiama Julian, Annabelle, è mio fratello.- dissi lasciandomi cadere su una sedia, era ovvio che Annabelle fosse stata ingannata da mio fratello, come tutti noi del resto.
-Che cosa?! No è impossibile, lui...- Annabelle scosse la testa energeticamente.
-Alto, capelli neri e occhi azzurri, mi sbaglio?- dissi.
-Ma Gabe...-
-Annabelle.- Chris mise una mano sulla spalla di Anne cercando di confortarla, ma non riuscì a nascondere un'espressione ferita.
Improvvisamente i vetri delle finestre andarono in frantumi.
-Ci risiamo.- disse Chris sbuffando.
In effetti mio fratello avrebbe anche potuto trovare un modo più originale per fare entrare in scena le sue creature del male. Ma non era il momento di protestare.
Tirai fuori dalla cintura un pugnale per ogni mano e mi preparai ad affrontare di nuovo quelle creature con Annabelle e Chris al mio fianco.
-Sono tanti questa volta.- disse Anne.
Era vero, le creature sembravano stupide come al solito, Chris ne aveva appena uccise tre infilzandole con la sua spada angelica, ma il loro numero era cresciuto e di parecchio.
-Io vado da Jason!- esclamò Chris. Ottima idea.
Lanciai un coltello dritto nel cuore di una creatura, cadde sul pavimento della cucina senza vita.
Annabelle ovviamente non aveva il suo arco con lei e usava le spade angeliche che ci portavamo tutti sempre dietro, se la cavava benissimo anche con quelle, ma con l'arco era tutta un'altra cosa, come per me con i pugnali.
In ogni caso dopo qualche minuto tutte le creature erano morte e io e Anne tirammo un sospiro di sollievo.
-Gwen devo trovare mia madre e tu...-
-Cosa?- dissi ancora col fiatone.
-Be, pensavo che insomma volessi andare da Daniel.- disse Anne rimettendo a posto le spade.
Dannazione, fra il casino dell'anello e l'attacco a sorpresa delle creature mi ero completamente dimenticata che Daniel era chissà dove disarmato.
-Okay tu vai a cercare tua madre, io vado a cercare Daniel.- dissi fingendo di avere la situazione sotto controllo.
-Va bene.- rispose Anne andandosene. -Hey Gwen!- Disse poi riaffacciandosi alla porta. -Siamo una bella squadra noi due.- e mi fece l'occhiolino.
-Lo penso anch'io.- dissi e mi precipitai a cercare Daniel.
 
Quando lo trovai per poco non mi misi a ridere, aveva trovato una sciabola senza rune e la stava brandendo contro una creatura che avanzava verso di lui. Vedendolo il mio primo pensiero fu che sarebbe stato un perfetto shadowhunter, ma lo repressi subito piantando una spada angelica nella pancia della creatura.
-Gwendolyn.- disse lui quando la creatura cadde a terra.
-No, la fata turchina.- dissi io. -E per la cronaca ne ho abbastanza di salvarti il culo, forse come pupazzo di legno creeresti meno problemi.
-Ti sembra che io crei troppi problemi?- chiese
-Infiniti.- risposi. -Su andiamo, dobbiamo trovare gli altri.- dissi e lo presi per il braccio trascinandolo nel soggiorno, dove la situazione era abbastanza tragica, Diana, Chris e un debole e confuso Jason stavano cercando di lottare contro almeno un migliaio di creature.
Annabelle aveva detto che avrebbe cercato sua madre, ma dov'era?
Sentii delle voci provenire dallo studio di Diana e mi avvicinai.
Davanti a me c'era mio fratello, non la specie di ologramma che avevo visto durante l'evocazione, ma proprio mio fratello in carne e ossa e davanti a lui Annabelle lo fissava a bocca aperta.
 
 
Annabelle’s pov
 
Okay Annabelle, mantieni la calma.
Non è successo niente, solo che il ragazzo di cui probabilmente ti stai innamorando è uno psicopatico che progetta di conquistare il mondo o qualcosa del genere. Ed è qui davanti a te, mentre sei sveglia. Non è un sogno, non questa volta.
Ero andata a cercare mia madre nel suo studio, ma invece di lei ho trovato lui. In piedi vicino alle grandi finestre ad arco.
-Annabelle- perché il suono del mio nome pronunciato da lui riesce a provocarmi tutti questi brividi? Perché?
Gabe fa qualche passo avanti, verso di me. Indietreggio.
Lui mi fissa con quello che sembra uno sguardo ferito e si ferma per un attimo, come se fosse confuso, poi continua ad avanzare. Indietreggio ancora. –C-che cosa vuoi, G…Julian?- dico, ancora non posso credere che mi abbia ingannata in questo modo. Non mi ha detto nemmeno qual è il suo vero nome.
-Non chiamarmi così, mai più- per un attimo vedo come un lampo attraversagli gli occhi.
Faccio ancora un passo indietro, andando però a sbattere contro al muro. Gabe, o Julian, o come cavolo voglia essere chiamato, con uno scatto fulmineo arriva davanti a me, usando il suo corpo per bloccarmi. Sono in trappola.
-Vieni con me, Annabelle.- dice, portando le sue labbra accanto al mio orecchio. Rabbrividisco. –Ti prometto che saremo felici insieme –continua – saremo io e te, per sempre.
Caccio indietro le lacrime che minacciano di scendermi lungo il viso, il tradimento mi brucia all’interno come se avessi mangiato del fuoco. –No– rispondo, con voce rotta.
Sorprendendomi, lui sorride, facendo comparire quelle meravigliose fossette. –Tu verrai, invece.
Provo a spintonarlo via da me, ma non lo smuovo di un millimetro, e quando provo a tirargli un pungo in viso, lui mi afferra la mano prima che raggiunga la sua faccia e, con forza, me la riporta lungo il corpo. –Non riprovarci- mi avverte.
Con l’altra mano mi afferra il viso costringendomi a fissarlo negli occhi mentre con il pollice percorre il contorno delle mie labbra. –Tu ora verrai con me, senza opporre resistenza.
Lo fisso intensamente e in questo momento andare con lui mi sembra la cosa più sensata e giusta da fare. Mi rilasso e lui mi prende la mano, lo lascio fare. Poi mi prende fra le braccia e salta giù da una delle finestre.
 
 



RAAAAAAAAAAAAAWR
Hello beautiful people!
La scuola è iniziata e io vorrei solo poter scappare in Patagonia.
Il mio orario è da incubo, spiegatemi quale persona sana di mente ci avrebbe fatto un orario con tedesco, spagnolo e inglese lo stesso giorno e di fila.
Poi avrò anche due giorni con sette ore. Matematica capiterà sempre alla settima. SONO PAAAAAAZZI.
L'altra ila invece vorrebbe poter bruciare i libri di latino e greco. Porella.
E insomma, scrivere diventerà sempre più difficile quindi posteremo sempre più raramente mi sa cc
Ma passiamo al capitolo.
Gabe è Julian. ZAN ZAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAN.
Quanti di voi se l'aspettavano? uu
In questo capitolo c'è molto Ganne(?) e poco Gweniel, ma nel prossimo capitolo vedremo di rimediarie. uù
Ora che Anne ha scoperto che Gabe è il cattivo della situazione, dite che vedrà i sentimenti che Chris prova per lei?
Baaaaaah, chi lo sa.
E gwen, poverina, sarà tipo costretta ad uccidere suo fratello :c
Eeeeeeeeeeee niente, vado a scrivere il tema che mi hanno dato per compiti di lettere 'descrivi la tua giornata perfetta' WTF.
Okay, adios.
-Ila&Ila

 

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Capitolo 9
*** Chapter Nine. ***



Nine
 
 
Gwendolyn's pov

-Annabelle no!- corsi sul balcone e stesi una mano nell'aria come se potessi afferrarla, ma era sparita con mio fratello nella fredda notte londinese.
Sentii una mano sulla mia spalla, Daniel mi aveva raggiunto, prese la mia mano che era ancora a mezz'aria e la strinse nella sua.
-Dimmi che quella non era Annabelle e che non se n'è andata fra le braccia di mio fratello.- dissi cercando di mantenere un tono piatto.
-Gwen, non può essersene andata di sua spontanea volontà...- Daniel mi strinse la mano.
-Ma certo!- sciolsi velocemente quello strano abbraccio con uno strattone. -lui deve averla rapita! Non gli bastava avermi fatto vivere anni nel rimorso, adesso deve anche prendersi l'unica amica che mi sono fatta in tanti anni! Oh ma adesso basta!
In preda all'ira buttai giù tutte le carte sulla scrivania di Diana e diedi un calcio a un vaso che aveva un aspetto molto costoso.
Un secondo dopo Chris, Diana e Jason comparvero sulla porta.
-Hey Gwen, tutto bene qui? Quelle strane cose si sono ritirate spontaneamente....ma che sta succedendo?- Chiese Jason notando la confusione nella stanza.
-Perché lui ha preso quello che voleva.- dissi.
-Cosa? E dov'è mia figlia?- chiese Diana guardandosi intorno e sgranando gli occhi quando vide il suo prezioso vaso in frantumi.
-Andata.- dissi fra i denti.
Chris attraversò la stanza a grandi passi fino ad arrivarmi davanti.
-Cosa vuol dire?- chiese, calmo, troppo calmo.
-Quando siamo entrati abbiamo visto Annabelle e Julian, lui l'ha presa fra le braccia e sono...volati via, in effetti non sapevo che gli Shadowhunters potessero volare.- disse Daniel.
-Infatti non sanno farlo!- urlai. -Ma mio fratello non è più uno di noi lo capite? Io devo ucciderlo.
-Fatemi capire Julian Lightwood ha rapito mia figlia? E per quale motivo l'avrebbe fatto?- chiese Diana bianca come un morto.
-Per vendetta! O perchè è malato o forse per entrambi, l'unica cosa che so è che dobbiamo trovarlo e fare in modo che non sia più un problema.- dissi.
-Gwendolyn non essere affrettata...- disse Daniel.
-Affrettata? Lui ha rovinato la mia vita, mondano! Non posso ignorarlo come se niente fosse.- non mi ero mai sentita così arrabbiata e frustrata nello stesso tempo.
-Il console è in soggiorno, l'enclave ci ha assistito durante l'attacco, devi parlare con lui.- disse Diana con un filo di voce, sembrava che fosse invecchiata all'improvviso.
Oltrepassai Chris che era rimasto paralizzato in mezzo alla stanza senza dire nulla, Jason era sulla porta e quando gli passai accanto cercò di abbracciarmi ma lo spinsi via, il tempo degli abbracci era finito.

Il console era in soggiorno e stava facendo un iratze a una donna bionda stringendole la mano nello stesso tempo, chi l'avrebbe mai detto che anche quell'uomo poteva amare?
Scacciai quel pensiero inutile dalla mente.
-Console? Devo parlarle, è molto urgente.
Il console mi fulminò con lo sguardo, ma sembrò capire perchè lasciò la mano della donna e mi seguì fuori.
-Cosa succede, signorina Lightwood?
-Pochi minuti fa Julian Lightwood ha rapito Annabelle.- quasi mi applaudii per il tono fermo che riuscivo a mantenere.
-La signorina Carstairs? E Per quale motivo?- chiese il console alzando un sopracciglio.
-Non saprei, perchè mi odia o forse vuole uccidervi tutti? Non importa, dobbiamo trovarlo.
Il console aveva un'espressione strana, era confuso, lanciò uno sguardo carico d'apprensione alla bionda in soggiorno.
-Dobbiamo proteggere le persone che amiamo, Console, Julian ha in mente qualcosa di terribile e non può essere soltanto una vendetta contro di me.
-Capisco Gwendolyn, ma dobbiamo organizzarci, potrebbe essere ovunque e noi non sappiamo neanche da dove iniziare a cercare.
-Io direi che dovremmo iniziare convocando l'Enclave e...
-Stai forse cercando di rubarmi il lavoro signorina Lightwood?- ed ecco di nuovo l'acido console che tutti odiavamo.
Mezz'ora dopo il Console presiedeva una riunione improvvisata nella cucina dell'istituto, il salotto era ridotto troppo male, quando cercammo di entrare un bestione di due metri con una cresta altrettanto alta ci sbarrò la strada.
-Stiamo scherzando vero?- chiesi incredula.
-Siete minorenni non potete entrare, tu si.- disse guardando Jason. -fila dentro Blackthorn.
-Ma noi abbiamo visto cosa è successo, senza di noi non ci sarebbe una riunione.
-Hanno ragione, Mark falli entrare, ma il mondano resta fuori.- disse il Console.
-Scusa.- dissi ed entrai con Chris, dovevo restare concentrata su Anne e non avevo l'energia per occuparmi anche di Daniel.
Vidi Diana aggrappata ad una sedia in un angolo della stanza e provai una fitta improvvisa di gelosia che repressi velocemente.
-Come forse già saprete qualche ora fa, la signorina Carstairs è stata rapita e la signorina Lightwood mi ha pregato di convocarvi qui, quindi lascio a lei la parola.
Non me l'aspettavo, quindi avanzai con passo incerto in mezzo alla stanza e Jason mi seguì. Gliene fui grata.
-Ehm..sarò veloce, oggi mio fratello Julian ha rapito Annabelle e io sto chiedendo il vostro aiuto per trovarlo e ucciderlo, non solo per Annabelle, ma per tutti noi, Julian sta tramando qualcosa di oscuro e noi dobbiamo fermarlo.
-Ucciderlo? E tu pensi di esserne capace?- il bestione, Mark rise sprezzante.
-Molto più di te sicuramente.- disse Jason mettendomi una mano sulla spalla per farmi saltare addosso a quel coglione.
-E' solo una ragazzina, non riuscirà mai ad uccidere suo fratello.- disse qualcun'altro che non riconobbi.
-Ah certo perchè Julian ha rovinato la vostra vita, non la mia! Se pensate di essere tanto capaci, prego fate pure.- dissi sbattendo il pugno sul tavolo.
Sentii le lacrime pungermi gli occhi, ma per nessun motivo avrei pianto quindi corsi fuori dalla stanza fissando un punto fisso come mi aveva insegnato mia madre.
Uscendo urtai la boccia con i pesci rossi che era nell'ingresso, cadde e si ruppe in mille pezzi. I pesciolini cominciarono a rotolare sul pavimento boccheggiando. Come me.
 
 
Annabelle’s pov.
 
Mi sveglio in un enorme letto matrimoniale con delle lenzuola nere che sembrano fatte di seta, ammetto di aver dormito bene come non facevo da anni. Distendo le braccia per stiracchiarmi e così facendo colpisco qualcosa, o meglio, qualcuno. Appena vedo Gabe sdraiato accanto a me mollo un urlo e salto giù dal letto, mentre i ricordi del giorno precedente mi investono.
Lui e le sue creature hanno fatto irruzione nell’Istituto, poi lui è riuscito a portarmi via in qualche modo. Non ricordo tutto con precisione, ma in quel momento mi sentivo come se dovessi fare tutto quello che mi diceva. Il che è assurdo. Odio prendere ordine da chiunque, figuriamoci poi se li eseguo pure!
Deve avermi soggiogata in qualche modo, ne sono certa. Ma come? Come diavolo ha fatto?
-Torna a letto, dolcezza. E’ ancora presto per alzarsi.- dice Gabe, appoggiandosi sui gomiti con tutta la calma di questo mondo. Come se non mi avesse appena trascinata in questo…questo posto contro la mia volontà!
Questo è un fottuto rapimento!
-Va all’inferno- sbotto, per poi uscire da quella camera, ritrovandomi in una specie di salotto. Sembra la camera di un albergo, questa. Una camera di un albergo di lusso, in realtà. Setaccio la stanza con lo sguardo alla ricerca della porta per uscire da questo posto, quando la trovo tento di aprirla, ma non appena appoggio la mano sulla maniglia una potente scossa elettrica mi fa togliere di scatto la mano.
-Non puoi uscire di qui, Annabelle.- Gabe compare all’improvviso dietro le mie spalle facendomi quasi venire un infarto per lo spavento. Dannazione, quel ragazzo fa meno rumore di un soffio di vento.
-Hai intenzione di uccidermi? Andiamo, fallo. Non ho paura di morire.- lo guardo con aria di sfida, se vuole uccidermi che lo faccia subito.
-Annabelle- dice, avvicinandosi lentamente a me –non potrei mai farti del male. Non sopporterei l’idea di perderti.
Lo guardo con circospezione. –Non mi fido di te, non più.- ha perso tutta la mia fiducia nel momento in cui è piombato come se niente fosse nell’Istituto.
-Imparerai a farlo di nuovo, avremo un sacco di tempo da passare insieme qui dentro.- dice lui con un sorriso gelido.
-Ah, bene, quindi sarei tua prigioniera? Si può sapere che cosa diavolo vuoi da me?!- certo, la porta elettrizzata immagino sia una prova del fatto che non ha davvero intenzione di farmi uscire di qui.
-Voglio la collana che porti al collo e, beh, te.- risponde lui, ancorando il suo sguardo al mio. Per un attimo, ma solo per un attimo, mi concedo di perdermi in quei suoi bellissimi occhi verde/azzurri, mi concedo di scrutare con attenzione i lineamenti del suo viso che finalmente vedo senza maschera. La sua bellezza fa mozzare il fiato.
-La…la mia collana?- istintivamente porto le mani al petto, dove c’è la collana con la pietra viola che mi aveva regalato mio padre prima di morire. –A cosa…- interrompo la mia frase sul nascere, quando la consapevolezza mi piomba addosso come un macigno.
Sapevamo che Julian, ovvero Gabe, cercava la pietra gemella a quella che lui già possiede per potenziare il suo potere, con il quale poteva controllare demoni e mondani; ricordo che la prima volta che ci siamo incontrati mi aveva detto di ammirare la mia collana, i mondani-non-mondani che hanno fatto irruzione all’Istituto avevano gli occhi viola e il demone superiore che ci aveva attaccati nella casa delle stregone aveva una specie di chiazza viola all’altezza del cuore.
-Tu…non avrai la mia collana. Dovrai strapparla dal mio cadavere.- annuncio. Non gli darò la mia collana se questo servirà al suo piano da psicopatico per conquistare il mondo o cosa so io! Di sicuro non ha intenzione di fare nulla di buono.
-Non sarà necessario. Dammi quella collana, Annabelle. Subito.
La mia collana…certo…perché non dovrei dargliela? A me non serve, a lui sì. E’ la cosa giusta da fare, lo so. Mi avvicino a lui mentre mi slaccio la collana dal collo, sto quasi per dargliela quando inciampo goffamente sul tappeto cadendo rovinosamente a terra.
Accidenti a me!
Aspetta, ma cosa stavo per fare? Un momento! Stavo per dargli la collana, non è possibile! Quel bastardo mi ha soggiogata di nuovo!
Sento come un bruciore sulla mano che porta l’anello di famiglia degli Herondale e noto che attorno all’anello c’è come un bagliore viola, che però presto si spegne.
Oh, ma certo, l’anello! Come ho fatto a non pensarci prima! E’ grazie a quello che mi controlla. Mi affretto a toglierlo e a lanciarlo lontano da me. –Non provare a controllarmi, Gabe. Non puoi farlo.- lo avverto, rialzandomi in piedi e riallacciandomi la collana.
Alzo lo sguardo verso di lui e noto che i suoi sono diventati neri come il carbone, non si distingue più nemmeno la pupilla. –Stupida ragazzina- tuona lui – dammi subito quella collana!
Lo guardo provando paura per la prima volta da quando sto con lui, in questo momento sembra più grosso e più forte di quanto non sia mai stato e i suoi occhi così neri incutono terrore. Tuttavia trovo il coraggio di rispondere. –No.
Lui si avventa su di me e prova a strapparmi via la collana, ma questa si infiamma al suo tocco impedendogli di prenderla.
Sotto al mio sguardo confuso le sue unghie si trasformano in artigli e con un rapido scatto arriva ad intrappolarmi contro il muro, puntandoli alla mia gola. Sento gli artigli affilati pungermi la pelle, li sento andare sempre più in profondità, quando improvvisamente non li sento più.
Sento Gabe urlare e cadere a terra. –Non ti permetterò di farle del male!- urla Gabe a…sé stesso?
Cosa cavolo sta succedendo?
-Gabe! Cosa diavolo succede?- dico dando voce ai miei pensieri. Gabe sta litigando con…Gabe. Okay, è pazzo.
Lui si tiene la testa fra le mani e si appoggia al muro scivolando piano giù fino a toccare terra, non un solo suono esce dalla sua bocca. Se ne sta lì appoggiato al muro, immobile.
Mi avvicino a lui cautamente ­e lo vedo alzare la testa per guardarmi negli occhi, i suoi sono colmi di lacrime. –Ehy- gli dico con la voce più dolce e rassicurante che riesco a fare e sedendomi sulle ginocchia accanto a lui.  Lo so, non è questo il momento per provare compassione per colui che mi ha rapita e ingannata e tradita ma…sembra così scosso. –Che è successo?
-Nulla,- risponde Gabe rialzandosi –Nulla.
Eh no, non può comportarsi in questo modo e poi dire che non è successo nulla! –Nulla?- urlo. –Stai scherzando?! Mi aggredisci, poi ti sposti urlando e tenendoti la testa come se stesse per scoppiare e mi vieni a dire che non è successo nulla?!
-Tutti hanno un lato oscuro, sai. Hai appena visto il mio- detto questo se ne torna nella camera da letto, lasciandomi in quella specie di salotto stralunata e con mille domande.
Che è pazzo, l’ho già detto, ma lui è da rinchiudere in una stanza bianca con una camicia di forza.
Devo fare qualcosa, voglio scoprire che ha Gabe. E voglio scoprire qual è esattamente il suo piano, cosa vuole fare, quali saranno le sue prossime mosse…e poi in qualche modo lo comunicherò a mia madre e agli altri. Mi siedo sul divano di velluto rosso e tento di metterti a riflettere, ma la cosa mi riesce difficile visto che sento dei rumori provenire dall’altra stanza. La cosa è snervante e dopo un po’ decido di andare a vedere cosa sta succedendo.
Vado a cercare Gabe nella stanza e lo trovo in piedi che sbatte, molto intelligentemente, ripetutamente la testa contro il muro. –Gabe!- urlo, lui smette un secondo di dare testate alla parete per scrutarmi con quegli occhi che, ormai lo so, saranno sempre il mio punto debole. Ho giusto il tempo di notare il livido bluastro che ha sulla fronte che torna a fare quello che stava facendo prima.
Corro da lui e lo tiro via a forza dalla parete. –Smettila.- dico, scostandogli una ciocca di capelli che gli è ricaduta sull’occhio.
-Mi odi?- mi chiede, con voce roca e lo sguardo triste.
-C-cosa?
-Mi odi?- ripete, più fermamente.
-No, Gabe, non ti odio.- vorrei solo strapparti via il cuore dal petto e gettarlo in mezzo alla strada per poi passarci sopra con un trattore, giusto perché tu sappia cosa significa avere il cuore a pezzi.
Mi accorgo che stava trattenendo il respiro solo quando butta fuori tutta l’aria.
-Se mi odiassi, non lo sopporterei- dice, così a bassa voce che quasi non lo sento.
Non capisco, a che gioco sta giocando? Non può comportarsi così, come se tenesse veramente a me, come se non fossi solo una stupida pedina dei suoi loschi piani, perché finirei per credergli.
Ma se lui vuole fare così, giocare con me, allora giocherò anche io.
Gli prendo il viso tra le mani e gli regalo uno dei miei migliori sorrisi, per poi posare le mie labbra sulle sue. All’inizio voleva essere solo una cosa innocente, ma ad un certo punto il bacio si intensifica e lui avvolge le sue braccia attorno a me per poi sollevarmi e farmi agganciare le gambe attorno alla sua vita. Il mio cuore batte così forte che temo possa uscirmi dal petto. Non è come in sogno, è come se tutte le emozioni, le sensazioni, che ho provato quando l’ho baciato in sogno si fossero amplificate e sento come un fuoco bruciare dentro di me. E lo bacio, lo bacio come se da lui dipendesse la mia vita. E lui bacia me, mi bacia come se fossi l’aria che gli permette di respirare.
Non ho mai, mai, provato niente di simile.
Mi stacco da lui, aspetto qualche secondo per il mio respiro che torni regolare e poi dico –Allora, perché non mi dici cos’hai in mente?
 
 



RAAAAAAWR
Buonaseeeeeeeeeeeeera.
E' una vita che non aggiorniamo ed è tutta colpa miaaaaaaaaaa.
Non avevo mai ispirazione o tempo o voglia D:
La scuola è iniziata da appena un mese e sono sommersa da compiti e roba da studiare, vi sembra giusto?
Mentre io affogo nei fogli degli appunti di economia, l'altra ilaria è impegnata a fare un falò con quelli di greco :')
Già...*va ad affogare la sua frustrazione nel cibo*
*mezz'ora dopo*
okay sì, insomma, veniamo al capitolo.
Gwen è più determinata che mai, argh. 
Ma riuscirà davvero ad uccidere suo fratello se le capiterà l'occasione?
Gabe...gabe è bipolare LOOOOL
Cosa pensate che abbia? Perché ha reagito in quello strano modo da psicopatico? 
The world will never know.
E la povera povera Annabelle dal cuore spezzato? A quanto pare sta progettando di spiare Gabe e riferire tutto ai suoi amici, yay.
Daniel...daniel aww. Lo dico sempre, ma non è tenerissimo? aww aww aww.
Eeeee nulla, sono le dieci e mezza e mi tocca andare a ripassare economia sigh.
Mertedì ho la verifica e non ho capito un cazzo, vai così! 
E Ila domani ha la verifica di chimica e sta nella mia stessa situazione, auguratele buona fortuna :c
Byeeeee.
-Ila&Ila

 

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