In the mind of a Nobody

di Kingdommarco
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** We are Sora ***
Capitolo 2: *** Xemnas, who's Sora? ***
Capitolo 3: *** An Empathic Connection ***
Capitolo 4: *** The Pseudo-Love ***
Capitolo 5: *** Zexion wants to Kill us ***
Capitolo 6: *** Thank you, Friend ***
Capitolo 7: *** Ventus is reborn ***
Capitolo 8: *** Axel, help! ***
Capitolo 9: *** Xion's Dead ***
Capitolo 10: *** Zexion killed Xion ***
Capitolo 11: *** Again. ***
Capitolo 12: *** You're my creature. ***
Capitolo 13: *** Mission Accomplished, DiZ ***
Capitolo 14: *** Don't forget, Roxas. ***
Capitolo 15: *** Thiefs of ....! ***
Capitolo 16: *** It's too late. ***



Capitolo 1
*** We are Sora ***


Il fruscio delle foglie era l’unico rumore percepibile in quella serata: persino nel Castello che Non Esiste regnava una calma tombale. Calma che per alcuni significava “relax”, per altri “noia”. Ma per Roxas aveva un significato ben diverso: “Riflessione”.

Sdraiato sul letto della sua camera, pensava. E pensava a quei ragazzi che vedeva nei suoi sogni. E pensava alla parola Sora… e pensava alla Keyblade. Come mai ce l’aveva lui? La Keyblade era un arma che solo I puri di cuore possono brandire… ma allora come mai lui poteva usarla, proprio lui che un cuore non lo aveva nemmeno? E come mai anche Xion lo usava? I Nessuno nascono da persone dal cuore particolarmente puro, quindi era probabile che lui un cuore puro lo avesse avuto, ma allora perché nessun altro membro dell’Organizzazione lo usava? Xion si faceva le stesse domande, aveva gli stessi dubbi di Roxas.

La cosa che incuriosiva e spaventava maggiormente Roxas era che Xion aveva i suoi stessi identici ricordi. Visualizzava, nella sua mente, gli stessi “frammenti” di Roxas: il cane e il papero, il re topo… Forse nella vita precedente si conoscevano… magari erano soci. O acerrimi nemici. Roxas spesso, oppresso da questi dubbi che premevano sul suo cranio con una stretta quasi mortale, si liberava scoppiando in lacrime. Si raccontava che attraverso le lacrime si espellono i problemi… ma lui, per quanto ci provasse, riusciva solo a espellere la tensione: i dubbi erano sempre in agguato, nel profondo del suo subconscio. Pronti ad aggredirlo, alla minima debolezza. E lui era sicuro che non avrebbe resistito in eterno; un giorno questi dubbi l’avrebbero ucciso. Anzi, “distrutto”, come si dice per i Nessuno.
Roxas decise, per saziare almeno in parte i suoi dubbi, di avere un colloquio con Xion. Appena uscito dalla sua camera, proprio al di fuori della sua porta, trovò proprio la ragazza.

“Ciao, Roxas.” Sembrava molto triste, oppressa. Proprio come lui.
“Xion… stavo venendo da te.”
“Oh… ti dovrei parlare, posso entrare?”
“Certo… anche io devo parlarti.”
Entrarono nella camera di Roxas e si sedettero sul letto. Roxas iniziò:
“Allora… Xion, ti ricordi quello che mi hai raccontato sulla torre?”
“La storia dei ricordi?”
“Esatto… proprio quella…”
“Anche io ero venuta per questo.”
Roxas rimase stranito: cosa mai voleva dirle? “Xion, parla prima tu.”
“Okay… beh, vedi… stanotte io ti ho sognato. Eri nei miei ricordi.”
“Davvero?” Roxas sorrise: forse uno dei suoi dubbi stava per essere estinto.
“Si… ti ho visto insieme a una ragazza bionda vestita di bianco, in una villa.”
Evidentemente parlava di Naminè. Era strano, lei non era con Roxas quel giorno. Come poteva ricordarlo?
“E lei, dopo averti congedato, venne a parlare con me.”
“E… cosa ti disse?”
“Che io e te siamo la stessa persona, ma che io non sono reale.” Anziché andare via, i suoi dubbi erano aumentati. Che diamine voleva significare?
Roxas chiese all’amica: “In che senso?”

“Che tu sei un vero Nessuno. Io sono una tua copia.”
Che mai significava “una copia”? Era possibile creare doppi delle persone, come dei fac-simili? E poi intendeva copia come clone fisico, o copia dell’anima?
“E… io, anzi… noi… di chi siamo i Nessuno?” Xion fece un respiro profondo, poi disse con un filo di voce:
“Di Sora.” La mente di Roxas si illuminò, finalmente aveva capito chi era Sora, e evidentemente i ragazzi e le altre persone che vedeva nei suoi sogni erano stati suoi conoscenti.

Ma nel suo subconscio nacque un nuovo dubbio: com’era Sora? Cosa faceva nella sua vita precedente? Anche lui era stato tramutato in un Heartless? E soprattutto, se la sua amica Xion non era un vero Nessuno ma una semplice copia, quale sarebbe stata la sua sorte? Roxas era preparato al peggio.

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Capitolo 2
*** Xemnas, who's Sora? ***


“Salve, Organizzazione.”

Nella sala regnava un silenzio funereo, e un clima serio che metteva quasi i brividi. Certo, li avrebbe messi agli esseri umani, ma considerando che sul posto c’erano solo Nessuno, il problema non si poneva.

“Allora, colleghi. Innanzitutto, vi volevo annunciare che il nostro Axel, numero otto, si trova in missione al Castello dell’Oblio.” Roxas rivolse lo sguardo alla poltrona di Axel, e per la prima volta notò che era effettivamente vuota. Ebbe la sensazione che il suo cuore si fosse tuffato da un precipizio: sapeva bene cosa spesso succede a chi va nel Castello dell’Oblio. E non voleva che accadesse proprio ad Axel, il suo migliore amico. Provava una cosa nuova, mai provata, e che lui era convinto di essere incapace di provare. Era preoccupato. La preoccupazione è un’emozione. Per provare emozioni si necessita di un cuore, e lui non lo aveva. Ma allora che diamine stava accadendo. Una lacrima rigò il volto di Roxas, ma, per fortuna, nessuno la notò per via del cappuccio alzato. Altrimenti sarebbe di sicuro stato eliminato, in quanto capace di provare emozioni. Xemnas stava continuando a parlare, ma Roxas non lo seguiva. Pensava al suo amico.

Voltò la testa verso Xion, e lei fece lo stesso, quasi come se i due fossero telepaticamente collegati. Roxas vide gli occhi lucidi di Xion e le fece cenno di abbassare meglio il cappuccio, per far si che non fossero visibili a nessuno. Roxas sentì che Xemnas lo aveva nominato, forse per affidargli una missione, ma lui non ascoltava. Axel… contavano su di lui oggi, che avevano deciso di fare quella domanda… e poi per quale motivo era partito senza avvisare nemmeno loro, i suoi due migliori amici?

La riunione era conclusa, e tutti si erano accomodati fuori dalla sala, tranne Roxas, Xion e Xemnas, in quale aspettava che i due uscissero.
“Tredici, Quattordici… la riunione è finita, siete congedati.”
“Non ancora, Capo.” Roxas levò il cappuccio, rivelando il volto, ora privo di segni del pianto.
“Roxas, cosa vuoi?” Anche Xemnas si abbassò il cappuccio, e l’altra lo imitò. Il ragazzo, con tono estremamente arrogante, chiese: “Se le facessi una domanda, mi risponderebbe?”
“Dipende…” Xemnas era perplesso. Non aveva idea di cosa Roxas potesse domandare.
“Chi è Sora?” L’uomo sobbalzò sulla sedia e sgranò gli occhi, fissando il ragazzo. Si aspettava una domanda sull’Organizzazione, sul Castello dell’Oblio o sulla missione di Axel… ma questo proprio no.
“Te l’ha detto Naminè, vero?”
“Se lei non mi risponde perché dovrei darle informazioni?” Xemnas scese dal trono, e lo stesso fece Roxas.
“Perché io sono il tuo capo.”
“Non la accetto come risposta.” L’uomo prese una delle Interdizione e la appoggiò sulla gola del ragazzo. “Ora la accetti?”
“No.” Non fu Roxas a rispondere. A Xemnas bastò voltare un po’ la testa per capire che dietro di lui c’era Xion, che gli teneva un Keyblade puntato alla nuca. Il capo ridacchiò, poi si smaterializzò in una fiammata nera. Sapevano che sarebbe riapparso di li a poco, perciò anche Sora fece apparire il suo Keyblade e i due si prepararono ad attaccare. Sentirono un rumore, come un fruscio, e prima che se ne potessero accorgere le Lame Eteree di Xemnas avevano colpito i loro Keyblade, che erano caduti dalle loro mani e spariti. L’uomo era davanti a loro: “Adesso come la mettiamo?”
Aveva un’espressione divertita. Xion gridò: “Ma perché ce lo stai tenendo nascosto?”
“Non ho mai parlato a nessun membro del suo passato, e non inizierò certamente con voi due!”
“Grazie mille!” Xemnas inarcò le sopracciglia, stranito: “Di cosa?”
“Con quello che hai detto non solo hai confermato che Sora è il mio passato, ma che è anche quello di Roxas!”
L’uomo digrignò i denti in un espressione di odio: “E tu chi sei, Sherlock Holmes!?”
“Diciamo di si, e Roxas è Watson!”
“Dovrebbe essere il contrario!” Stava andando proprio come Xion voleva.

“E adesso mi hai confermato anche che io sono la sua copia e non il contrario!” Xemnas stava impazzendo.
“Grrrr! E va bene! Sora era un verme, questo era, "l'eroe felice con il papero e il cane alla ricerca degli amici" … per fortuna che Marluxia almeno ce l’ha fatta a prenderlo, sennò ora era ancora in circolazione!”

Roxas si sentiva confuso: l’eroe felice col papero e il cane? Alla ricerca degli amici? Evidentemente il papero e il cane erano quelli dei suoi “frammenti” di memoria, e gli amici erano probabilmente il ragazzo con i capelli grigi e la ragazzina rossa. Dunque la missione di Sora era unicamente quella di cercare i suoi amici? E allora perché mai Marluxia l’aveva ostacolato? E cosa aveva fatto a Sora: l’aveva forse trasformato in uh Heartless? E, dubbio principale, era ancora vivo? E, se si, avrebbe mai potuto incontrarlo?

Stava per partire con una raffica di domande, ma Xemnas gli mise una mano sulla bocca:
“Basta, non posso dirti altro. Abbassatevi i cappucci, uscite dalla sala e non parlate di questo a nessuno.”
I due obbedirono e, silenti ma soddisfatti, si ritirarono nelle rispettive camere.

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Capitolo 3
*** An Empathic Connection ***


“Eccoti il ghiacciolo.”
“Grazie.” Roxas si sedette accanto alla sua amica.
Dall’alto della torre era possibile vedere tutta la città, illuminata dal rossore del crepuscolo: uno spettacolo magnifico, al quale pochi avevano la possibilità di assistere. Iniziarono a mangiare in silenzio: era lapalissiano che ognuno fosse assorto nei suoi pensieri, dopo l’accaduto della mattina. Assieme ad Axel avevano elaborato quel piano per far parlare Xemnas e, anche senza di lui, aveva avuto successo.

“L’eroe felice, col papero e il cane alla ricerca degli amici…”… davvero Sora era solo questo? Come mai Xemnas l’ha definito “eroe”, che aveva compiuto? Da dove veniva? Le loro teste stavano per esplodere.

All’improvviso Roxas ebbe l’impressione di vedere qualcosa, come un punto bianco luminoso, in città, proprio sotto di lui. Sgranò gli occhi per capire di cosa si trattasse, ma erroneamente si spinse troppo avanti. La gravità lo afferrò per portarlo con se, dritto, fino al suolo. Iniziò a precipitare, con il vento che gli premeva sul torace e la vista del suolo che si avvicinava, ingrandendosi.

Un lampo di luce bianca, poi il nero totale. Apparve una spiaggia: era bellissima, il clima stupendo. Ma Roxas non riusciva a godersela… aveva paura. Come era possibile che, precipitando da una torre nel mezzo di Crepuscopoli, fosse finito li? Era forse morto? O era in coma?

Comunque, decise di camminare e iniziare a perlustrare il luogo. Era vuoto e molto calmo. La stessa calma che c’era nella sua camera al castello. La stessa calma che lo spingeva a riflettere. Camminava immerso nei suoi pensieri, nelle sue immaginazioni. All’improvviso la barriera nella quale si era isolato si ruppe: stava arrivando qualcuno. Corse a nascondersi dietro ad una palma e, sporgendo un po’ la testa, vide la ragazza con i capelli rossi amica di Sora. All’improvviso si voltò: “Selphie, muoviti!”
Una ragazza della stessa età e altezza dell’altra, con i capelli castani corti alle spalle e in dosso un vestitino giallo aderente, raggiunse l’amica trasportando due pali di legno. “Ecco. Che altro ci serve ancora?”
“Un lenzuolo e le provviste, a cui ovviamente penserai tu!” La ragazza rossa comandava come una vera dittatrice.
“Non ci pensare nemmeno, Kairi, io ho preso già il legname!”

Nel sentire quel nome Roxas ebbe la sensazione che la sua anima si tuffasse nel mare del suo cuore. L’isola scomparve dalla sua vista, sostituita da una scena. Kairi era davanti a lui, su una piattaforma di roccia sospesa in aria, che lentamente si allontanava. “Sora… noi ci rincontreremo... te lo prometto!”
Anche questa scena scomparve. La vista di Roxas divenne tutta nera, e una voce invase la sua mente.
“Ciao… tu chi sei?” La voce era quella di Kairi. Che ci faceva nel suo cervello? Roxas era convinto che si trattasse di una scena a cui stava assistendo, quindi non parlò.
“Sei per caso Riku?” Roxas aveva finalmente realizzato che ce l’aveva con lui. Nel sentire il nome Riku visualizzò mentalmente l’immagine del ragazzo coi capelli grigi, quindi concluse che era il suo nome.
“No.” Il Nessuno aveva finalmente trovato il coraggio di rispondere.
“Ah, allora sei l’altro che viveva sull’Isola! Come ti chiamavi… ah, si! So…”
“…ra.” Roxas concluse il nome del suo passato, e il buio fu rotto da un lampo di luce.

“Oh mio Dio, Roxas! Roxas!”
“Uh…”
“Oh, grazie al cielo sei vivo!” Il ragazzo si ritrovò steso sul cornicione della torre, dove prima era seduto con Xion. Si mise seduto e disse all’amica: “Ma io… sono caduto.”
“Ci sei andato vicino, ma ti ho preso al volo e poi sei svenuto!”
Allora non era caduto. Aveva visualizzato tutto nella sua mente. E, nella sua mente, aveva visto i nomi dei suoi vecchi amici… Riku e Kairi. E quell’Isola, dove lui era sicuro di essere stato precedentemente.

Ma quelli che ha visualizzato erano davvero suoi ricordi, o magari qualcuno glieli ha inviati, come tramite un collegamento empatico?



Un altro tratto di pastello rosso e il disegno era finito. Il disegno di un ragazzo, con i pantaloni gonfi rossi, scarpe gialle e capelli castani. Nelle mani una Keyblade.

La ragazza lo staccò dal blocco e, con un po’ di scotch, lo appese alla parete, bianca, come tutto il resto nella sala.
Su quello stesso muro erano appesi altri disegni, di persone, animali e creature di ogni tipo. Tra questi c’erano anche disegni di Riku, Kairi, e del papero con il cane. Quello che colpiva maggiormente era un disegno grande, appeso in alto: copriva due fogli e vi erano rappresentati Roxas, Axel e Xion sulla torre.

La porta fu aperta, sbattendo, e Xemnas entrò nella sala. La ragazza rimase ferma in piedi e l’uomo, dopo averla presa per un braccio, la scaraventò contro il muro, facendola cadere a terra.
“Chi ti ha detto di farlo?” La giovane iniziò a piangere per il dolore, ma l’uomo le appoggiò un piede sullo sterno.
“Dimmi immediatamente come mai l’hai fatto.” La ragazza farfugliò:
“Mi faceva pena…” L’uomo tirò un calcio alla guancia della ragazza e riposizionò il piede sul suo sterno.
La guancia della giovane prese a sanguinare, come il suo naso. Gli occhi rossi grondavano lacrime. Tentò di voltarsi di lato, ma l’uomo premette con potenza ancora maggiore il piede sul suo sterno, facendole mancare l’aria.
“Ora dimmi: ti pare una ragione valida per dirgli tutto?”
“No…” disse la ragazza con la voce rotta di pianto. Sputò del sangue, che gli cadde sul mento.
Era una scena terrificante. Xemnas continuò: “E ti pare una giusta ragione per rovinare tutta l’operazione?”
“N… No.”
La ragazza svenne, e un rivolo di sangue cominciò a scenderle dal labbro inferiore fino a macchiarle il vestitino bianco. Anche i capelli biondo platino erano sporchi di sangue, al centro del cranio: evidentemente si era ferita sbattendo sul pavimento. Mentre le lacrime continuavano a scendere, Xemnas prese una delle sue lame e la poggiò sul petto della ragazza. “Xemnas, non farlo.”

Si voltò e vide un uomo vestito di rosso, con un mantello scarlatto e la faccia completamente fasciata, se non per l’occhio sinistro che sbucava in una fessura tra le bende, anch’esse rosse. Sembrava quasi una mummia natalizia. “Non ucciderla, ci serve ancora.”

“Va bene, DiZ.” A malincuore, il Nessuno ripose la lama e, dopo aver sputato sulla giovane, abbandonò la sala.

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Capitolo 4
*** The Pseudo-Love ***


Il treno delle diciassette stava lasciando in quel momento la stazione. Roxas, seduto sul cornicione, lo osservava. Era strano: in genere il treno delle diciassette andava verso il mare, ma oggi tutti andavano nel senso opposto. Sotto la luce del crepuscolo il mare all'orizzonte era splendido. Roxas si era ripromesso che ci sarebbe andato, con Axel e Xion, appena avrebbero riottenuto tutti e tre i loro cuori. Ma ora, con l'amico in missione al Castello dell'Oblio e la scoperta che l'amica era solamente una sua copia creata dall'Organizzazione, dubitavano che il trio si sarebbe mai ricomposto.

Roxas voltò la testa e vide Xion, in piedi, dietro di lui. Non aveva i gelati in mano: per qualche ragione non li aveva presi, quel giorno. Fece cenno al ragazzo di alzarsi in piedi, e quello lo fece. I due si trovarono faccia a faccia, molto vicini: erano visibilmente imbarazzati. Xion lo guardò negli occhi e trovò il coraggio di dire: "Roxas..."
"Si?" Il ragazzo era perplesso.
"Posso farti una... ehm... domanda?"
"Va... va bene."
"Ma secondo te noi Nessuno possiamo amare?"
"Non credo... come mai me lo chiedi?"
"Beh, perché io credo di essermi innamorata."
"Ah si? E di chi?"
"... di te." Sorrise e iniziò a fissare negli occhi il ragazzo.

Quello sguardo, esitante ma convinto, stranamente lo attraeva, e Roxas non poteva far a meno di ricambiarlo. La ragazza abbassò lo sguardo, si avvicinò al volto dell'amico e prese, quasi mordendo ma senza usare i denti, il labbro inferiore dell'amico. Il contatto durò solo un paio di secondi, dopodiché riprese a fissarlo negli occhi. Quegli occhi, azzurri, che aveva anche lei, e che le avevano sempre ricordato qualcuno... qualcuno del loro passato. Quello che avevano avuto non poteva considerarsi un bacio: sembrava che Xion stesse chiedendo il permesso a Roxas di baciarlo, permesso accordato in quanto il ragazzo la afferrò per i fianchi, la tirò verso di se e appoggiò le sue labbra sulla bocca dell'amica.

Un'ondata di calore, come una fiammata, invase i corpi dei giovani, dalla bocca si espanse fino agli arti, e un immenso senso di piacere li spinse a continuare per oltre trenta secondi. Le loro lingue, l'una premuta contro l'altra, all'inizio esitanti ora sicure e decise, si intrecciavano e le loro bocche stavano attaccate saldamente, quasi come fossero incollate. Tanto saldate che c'era da chiedersi come facessero a respirare.

All'improvviso Xion percepì una strana vibrazione dal petto del compagno, come un battito regolare, come quello del cuore. Si staccò di botto e cominciò a gridare.
"Xion, che succede?"
"T-tu hai un..."
"Cosa!?"
"... u-un cuore!" Roxas rimase stranito: cosa mai voleva dire la ragazza? Questa appoggiò una mano sul petto del ragazzo, dove prima aveva sentito il battito: era silente, come era sempre stato. Allora si trattava di una suggestione? Xion non credeva... era strano, l'aveva sentito benissimo, il suo cuore batteva. E anche velocemente.

Un battito sordo distrasse i due ragazzi, che si voltarono verso un angolo del cornicione: sembrava ci fosse qualcuno ma, a parte una specie di mantello nero sparire dietro un muro, non videro nulla. Roxas andò a controllare, ma non c'era nessuno. Anche questa era una suggestione?

Xion stava per riavvicinarsi a Roxas, ma questo la fermò:
"Ferma... non mi sento sicuro."
"In che senso?" Era delusa per il rifiuto del bacio.
"Credo che siamo osservati."
"Dunque?"
"Non capisci? Se l'Organizzazione scopre questo veniamo eliminati tutti e due!"
Era vero, l'Organizzazione era assolutamente contraria a questo genere di cose.
"Quindi mi stai dicendo che non possiamo amarci?"
"Xion, noi non ci amiamo. Siamo dei Nessuno, non possiamo." Sul volto di Xion scese una lacrima, che fu subito asciugata dall'amico. Aveva ragione: i Nessuno non avendo cuore non potevano amare. Allora l'accaduto come era spiegabile? Forse il vuoto dell'assenza di un cuore nei loro corpi sentiva il bisogno di essere colmato e la mente ha "generato" questo pseudo-sentimento? Se davvero la mente fosse stata in grado di generare falso amore, allora sarebbe stata una cosa agghiacciante.

Roxas stese il braccio e apri un Corridoio Oscuro: "Entriamo, e non parlare dell'accaduto a nessuno." Anche se a malincuore, la ragazza lo seguì.



"Capo, ho compiuto la missione."
"Ottimo, Zexion... e cosa hai scoperto?"
"Tredici e Quattordici sono in grado di provare sentimenti."
Xemnas strabuzzò gli occhi: sentimenti? Dei Nessuno potevano provare sentimenti!? Impossibile.
"E che sentimento proverebbero?"
"Amore. Amore reciproco." Xemnas non poteva sopportare quella parola. "Amore"... per le sue orecchie era una tortura, forse proprio in quanto, nella sua vita precedente, non l'aveva avuto.
"Non abbiamo altra scelta. Devono essere distrutti."
Zexion rimase un po' sconvolto: Roxas e Xion sarebbero stati eliminati...
"E... chi se ne occuperà?"
"Tu. Insieme a Demyx e Xigbar." Non aveva alcuna voglia di ucciderli, gli erano simpatici, ma il suo menefreghismo lo spinse a scegliere di sopravvivere, al posto di salvare loro due.

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Capitolo 5
*** Zexion wants to Kill us ***


Il sole cocente delle quattro del pomeriggio illuminava la via, deserta: d’altronde, con quel caldo, era completamente impossibile uscire. In fondo alla strada il palazzo, sfarzoso, degno di un sultano, che dominava la magnifica città. I palazzi, completamente bianchi, contornavano la strada, e vi erano numerose bancarelle vuote appoggiate alle pareti: evidentemente, quando il sole lo permetteva, in quella strada si svolgeva un mercato.

All’improvviso, in una fiammata nera, apparve un Corridoio Oscuro, spaventando una scimmietta che passava. Dal passaggio vennero fuori Roxas, Xion e Zexion. Quest’ultimo sembrava abbastanza agitato. Appena messi i piedi sulla sabbia, Roxas divenne perplesso e domandò:
“Ma… siamo sicuri che dovevamo venire qui?”
“Si, tranquillo… siamo nel posto giusto….”
“Giusto per cosa?” Zexion sospirò, poi aggiunse: “Per la fine.”
Roxas non ci fece caso, e i tre continuarono ad avanzare. Zexion li guidava attraverso i vicoli, come se conoscesse bene il mondo, e camminava deciso come se la sua meta fosse una zona precisa.

All’improvviso si fermò, in mezzo ad una piazza, e si mise di fronte ai due compagni. Schioccò le dita e i due furono immobilizzati da due Nessuno incappucciati, che gli bloccarono le braccia dietro alla schiena. Solo adesso Roxas ripensò alle parole di Zexion: la fine… era la sua fine!
“Allora, innanzitutto, non sono io a volervi uccidere, lo sto facendo sotto ordine di Xemnas.”
Zexion stava parlando, passeggiando avanti e indietro e rivolgendo lo sguardo prima a Roxas, poi a Xion.
“Voi credete di poter provare sentimenti… sbaglio?” Roxas spalancò gli occhi: come faceva a sapere l’accaduto della sera prima? Si mise a riflettere: quel mantello nero all’angolo del cornicione… era la sua tunica, c’era Zexion in osservazione.
“Le vostre credenze sono solo speranze, e allora, io vi farò vedere che le vostre speranze non sono niente, nient'altro che una mera illusione, un illusione che vi costerà la vita!”
Gli occhi di Zexion, dall’espressione quasi pentita che aveva prima, si riempirono di odio. Tirò fuori il Lexicon ma, prima che potesse usarlo, sopraggiunse un altro individuo incappucciato. “Lasciateli subito.”

I Nessuno, che non erano tra gli impavidi dell’Organizzazione, obbedirono, e l’altro, piazzatosi davanti a Zexion e si abbassò il cappuccio: era Axel.
“Se vuoi uccidere i miei amici dovrai prima passare sul mio cadavere.”
“Ah davvero? Va bene, lo farò volentieri!” Sul volto di Zexion comparve un sorriso malefico, e si trasformò in Roxas. Era identico al ragazzo, se non per i capelli azzurri. Impugnava anche una Keyblade, ma era evidentemente falsa in quanto mancava il Keyholder. Non per nulla lo chiamavano il “Burattinaio mascherato”...

“Allora, Axel, mi vuoi eliminare? Hai il coraggio di eliminare il tuo migliore amico?” Il Nessuno era combattuto: sapeva bene che quello non era Roxas, ma comunque non riusciva ad attaccarlo. Gli faceva una strana impressione: si sentiva quasi come se gli volesse bene. Zexion gli puntò la Keyblade in pieno petto, e dalla punta della chiave una fiamma raggiunse il centro del petto di Axel, scaraventandolo dall’altro lato della piazza, contro un muro. Roxas e Xion corsero subito da lui: era ferito, evidentemente aveva un braccio rotto. Ma non stava per rialzarsi, come suo solito, anzi. Stava piangendo a dirotto.

Roxas subito fece comparire il suo Keyblade e appoggiò la punta sull’amico.
“Guarisci!”, e il braccio e l’umore di Axel si risanarono in un lampo di luce verde. Il Nessuno si sollevò da terra e, in una fiammata, i Chakram gli comparirono tra le mani. “A noi due, burattinaio.”

Axel fece uno scatto verso Zexion e tentò di colpirlo al collo con un Chakram, ma questo schivò il colpo e scaraventò l’altro a terra colpendolo con la Keyblade al centro della schiena. Si rialzò immediatamente, ma l’altro lo riattaccò, stavolta frontalmente. Zexion era molto veloce, rispetto ad Axel. Evidentemene non sarebbe mai riuscito a vincere.

Roxas e Xion, fatti comparire i loro Keyblade, corsero ad affiancare Axel nella lotta. Roxas corse ad attaccarlo e lui parò il colpo con il Keyblade, che però fu colpito da Xion, con un colpo che lo scaraventò a terra. Infine Axel lo attaccò con entrambi i Chakram, lasciandolo steso a terra. Essendo esausto, riprese la forma di Zexion.

Mentre i tre si riprendevano dalla lotta, constatarono per la prima volta che gli altri due Nessuno erano spariti, ma non fecero in tempo a dirlo che due colpi dall’alto si piantarono nella schiena di Xion, facendola crollare a terra. Roxas si precipitò sull’amica cercando di capire cosa fosse successo, mentre Axel alzò la testa: su un tetto c’era uno dei due figuri, stavolta senza cappuccio: Xigbar, con le pistole puntate nella loro direzione. Roxas stava effettuando l’incantesimo di guarigione a Xion, perciò Axel corse verso quell’edificio e iniziò ad arrampicarsi aggrappandosi alle finestre. Andava molto velocemente per impedire a Xigbar di riuscire a mirargli. Arrivato in cima Xigbar subito sparò, ma lui si abbassò lanciando il Chakram. Le punte della ruota infuocata lo presero in pieno petto, facendolo crollare a terra. Non era morto, ma di sicuro non si sarebbe ripreso per parecchio.

Intanto, di sotto, Xion si stava riprendendo tra le braccia di Roxas.
“Ehi, piccioncini… vi va un po’ di musica?” Dinnanzi a loro c’era il secondo Nessuno incappucciato, Demyx, con in mano il suo Sitar. Cominciò a suonare e dallo strumento qualcosa come cento spiriti uscirono, diretti verso i due, che si alzarono subito in piedi per combattere. A furia di menare fendenti li eliminarono tutti, ma Demyx continuava a suonare e gli spiriti continuavano a comparire. All’improvviso la pancia del Nessuno si squarciò e il sitar gli cadde: nel giro di due secondi era a terra, sanguinante. Videro il Chakram di Axel volare, ripreso al volo dal proprietario.

“Ecco, li abbiamo finiti.” In questo momento di tregua Roxas e Xion corsero ad abbracciare l’amico, cosa che dal loro incontro non avevano ancora fatto. Il trio si era ricomposto.

“Ragazzi, che bello rincontrarvi… appena mi hanno avvisato che avrebbero mandato una squadra per eliminarvi sono corso… ma cosa avete fatto?” Roxas e Xion arrossirono in volto e si guardarono, poi quest’ultima si decise a raccontare:
“Beh, ecco… abbiamo avuto un momento romantico su alla torre e… ci siamo baciati.” Axel sobbalzò dalla sorpresa: due Nessuno avevano avuto un momento romantico!? E per giunta si erano baciati!? Molto strano… considerando che non possono provare sentimenti.

“…oh. Comunque ora non possiamo tornare al Castello che non esiste… verrete con me in un posto sicuro.”
“Dove?”
“Lo scoprirete quando saremo arrivati…”
Detto questo, Axel stese il braccio e le solite fiamme scure aprirono il Corridoio Oscuro, nel quale tutti e tre entrarono diretti al loro nascondiglio dall’Organizzazione.

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Capitolo 6
*** Thank you, Friend ***


“Axel…”
I tre erano usciti dal Corridoio Oscuro e rimasti esterefatti dall’immenso palazzo che si ergeva dinnanzi a loro. In mezzo a quella landa deserta c’era un enorme castello, sembrava piuttosto vecchio. La cosa strana era un’altra: alcune torri sorgevano in orizzontale. Tutto il luogo era avvolto da un strana nebbia, che dava una sensazione di mistero e di “vuotezza”: si sentivano come se le loro menti si stessero pian piano svuotando da ogni pensiero.

Axel diede una pacca sulla spalla a Roxas e disse:
“Ragazzi, benvenuti al Castello dell’Oblio! Seguitemi…” Il Nessuno si diresse verso il portone, con gli altri due al seguito. L’imponente portone di metallo fu aperto dall’interno da un Nessuno incappucciato, e I tre entrarono. “Benvenuti.” L’uomo era Vexen, lo riconobbero dalla voce. I tre avanzarono lungo la sala, bianca e vuota, e attraversarono altre sale identiche. Roxas si sentiva come se ricordasse di quelle sale… le aveva viste, forse, quando era Sora. Probabilmente anche Xion si sentiva allo stesso modo.

Giunsero infine in una sala dove, seduto su un trono bianco come tutto il resto, trovarono Marluxia, il Leggiadro Sicario. Roxas fu sorpreso nel vederlo: era convinto che fosse stato eliminato. Xion e Axel rimasero impassibili. Axel disse: “Ho portato Tredici e Quattordici, si uniscono alla Ribellione.” “Ribellione?” Roxas era perplesso, e guardava l’amico con aria diffidente. “Che vuol dire?”
Axel fece finta di non sentirlo e Marluxia, alzatosi in piedi, disse: “Benvenuti, carissimi, nel luogo dove trovare è perdere, e perdere è trovare!” Roxas e Xion, perplessi, ascoltavano curiosi le parole del Nessuno. “Sono contento che vi siate uniti alla squadra per rovesciare Xemnas, accomodatevi pure in una stanza…”
Mentre Marluxia parlava un coltello volante si conficcó nella spalla di Roxas e un altro in quella dell’amica. Di corsa entró nella stanza un Nessuno, si avvicinó ai ragazzi caduti a terra e prese due coltelli; mente faceva per infilzarli nelle loro gole, fu fermata da Marluxia: “Basta, Larxen, sono amici!”

Il Nessuno si caló il cappuccio: era proprio Larxen. Allora non era vero che i Nessuno qui inviati venivano eliminati, semplicemente restavano qui per unirsi a questo complotto contro Xemnas! E, a quanto pare, ora anche Roxas e Xion ne facevano parte, e ne erano felici: non volevano certo tornare a essere i sottoposti di colui che aveva mandato una squadra per ucciderli.

I ragazzi, doloranti, si rialzarono e Axel gli fece cenno di seguirlo. Arrivarono in una camera, qui Axel prese una carta azzurra dalla tasca e la lanció a terra: la sala assunse lo stesso aspetto della camera nel Castello che Non Esiste, solo che qui c’erano due letti. “Ecco, la vostra camera.”
Roxas era esterefatto: non sapeva come potesse essere possibile. Xion, invece, non sembrava per nulla sorpresa da quel luogo: sembrava lo conoscesse, e anche bene. Roxas domandó a Axel: “Ma cos’ è questa ribellione?”
“Oh… tranquillo, io sono qui per conto di Saiix, non facciamo davvero parte della ribellione. Ma comunque Saiix non sa che voi siete con me.” Dunque non erano li per la ribellione… ma a Roxas sarebbe piaciuto parteciparvi, e evidentemente anche a Xion.

“Ci nasconderemo qui?”
“Si, almeno fino a quando non verranno a sapere dove siete e manderanno qualcuno. Allora scapperemo di nuovo.”
“E dove andremo?”
“Chi lo sa. Poi vedremo.” Axel diede una pacca sulla spalla a Roxas: “Amico mio.” Il ragazzo sorrise, poi si andó a stendersi: era ancora stremato dalla lotta, e la spalla sanguinava per il coltello di Larxen. Anche Xion fece lo stesso, e Axel, a quel punto, se ne andó dalla stanza. “Speriamo riposino bene.”


Il giorno dopo, Roxas si alzó presto e decise di farsi un giro per il castello. Camminando, rifletteva: era colpa di Xion se ora si trovava in quel guaio, dunque doveva avercela con lei? No, lei l’ha fatto in buona fede, e poi era spinta dal suo “amore”, se tale lo si poteva definire. Roxas non aveva mai provato amore, ma capiva perfettamente cosa si prova: evidentemente l’aveva provato quando era Sora. Passando davanti ad una camera gli parve di avvertire dei rumori, dunque decise di entrare a controllare.

Appena entrato non credette ai suoi occhi: dinnanzi a lui c’era Axel. Stava seduto a terra, spalle alla porta, e piangeva disperatamente. Roxas non l’aveva mai visto piangere, e poi pensava che fosse incapace di farlo. In genere il Nessuno, anche se dall’animo gentile, aveva l’aspetto di un guerriero, la sua altezza e i suoi capelli rosso fiamma davano dimostrazione di forza e i segni sugli zigomi lo rendevano estremamente virile. Vedere una figura imponente come la sua in un momento del genere era imbarazzante e quasi struggente. Il ragazzo gli si sedette accanto: “Che succede, Axel?”
“Roxas… forse mi elimineranno.” Il ragazzo ebbe un tuffo al cuore: come sarebbe a dire che l’avrebbero eliminato!?
“Come!? Per averci salvato, forse?” Il Nessuno si asciugó una lacrima, poi riprese:
“No, no, voi non c’entrate niente…”
“E allora perché?”
“Perché ho fallito, Roxas… io sono inutile.”
“Non è vero, Axel!”
“Invece si, l’Organizzazione mi aveva affidato una missione e io ho fallito… saró eliminato al mio ritorno.”
“E tu non tornare!”
“E allora manderanno qualcuno qui, e finirei per far prendere anche te e Xion… io non voglio che moriate per colpa mia.”
“Allora scappiamo anche da qui!”
“Ci troveranno. L’Organizzazione dispone di mezzi potentissimi, non c’è via di fuga.” Roxas strinse la mano al suo amico. “Allora se tu morirai, moriremo con te.”
Sul volto rigato dalle lacrime di Axel comparve un sorriso. “Grazie, amico. Ma comunque che ci fai qua?”
“Mi sono svegliato presto e stavo riflettendo.”
“Ah… capisco. Lo stesso anch’io.”
“Axel, posso farti una domanda?”
“Certo, spara.”
“Ma secondo te un Nessuno puó provare sentimenti?”
“Beh, Roxas… credo che tu sappia che nella tua vita precedente eri Sora, ed eri un eroe della Keyblade. Il suo cuore non puó essere completamente sparito, considerando che era tanto puro. E poi Sora non è stato trasformato in Heartless ed è ancora vivo, dunque il suo cuore è in parte in te, in parte in Sora e in parte in Xion.”
“Sora è vivo!? E dov’ è!?” Roxas era eccitato, voleva subito andare a cercarlo.
“Roxas, io non lo so, ma so che Marluxia lo ha ibernato in una capsula per modificare i suoi ricordi.” Come sarebbe a dire che Marluxia l’ha ibernato!?

Stava per andare a fare una scenata al Nessuno, quando dalla porta entró, affannando, Xion.
“A-Axel…” Era terrorizzata.
“Che succede?”
“S-S-Saix… è nell’ingresso… ti sta cercando.”

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Capitolo 7
*** Ventus is reborn ***


Axel scese la grande scalinata e giunse nel candido ingresso. Qui, ad aspettarlo, c’era un altro Nessuno, dai capelli azzurri e lunghi e con una grossa cicatrice a forma di croce sulla fronte.

“Eccoti, Axel.”
“Buongiorno, Saix.” Axel stava tentando di fare lo spiritoso, ma l’evidente paura nei confronti dell’individuo gli impediva di apparire credibile.
“Allora, questa camera?”
“L’ho trovata, ti ci porto.” Axel diede le spalle a Saix e si diresse verso il primo corridoio. Cercava di apparire deciso, ma stava elaborando un piano al momento.
Un piano, certo, che faceva acqua da tutte le parti, ma che almeno gli avrebbe salvato la pelle per qualche ora. Saix, mentre camminavano, raccontava:
“Hai saputo di Xion e Roxas?”
“Uh… no, che hanno fatto?” Axel fece finta di non sapere nulla.
“Beh, avevamo mandato Zexion a seguirli in quanto sospettavamo che tradissero l’Organizzazione, e invece li ha trovati a pomiciare sulla torre di Crepuscopoli! Incredibile, vero?” Axel cercava di fingersi sorpreso.
“Poi allora Xemnas ha mandato Zexion con Xigbar e Demyx ad eliminarli ad Agrabah, e indovina che hanno fatto!?”
“Cosa?”
“Se li sono fatti scappare! Non ricordano nulla dell’accaduto, ma dicono che un’altro Nessuno era con loro e li ha aiutati.” Axel era sollevato dal fatto che nessuno ricordasse della sua presenza.
“Intanto ho mandato Zexion a cercarli per I mondi, ha esplorato tutta Crepuscopoli, Agrabah e Halloween Town, ma nulla…” Axel non era preoccupato: Zexion non si sarebbe mai sognato di venirli a cercare al Castello dell’Oblio…

“Non me l’aspettavo proprio da loro, li consideravo miei amici…”
“Attento a come parli, fatti uscire una cosa del genere davanti a Xemnas e addio Organizzazione!”
“Certo, scusa…” Nell’Organizzazione non era permesso provare sentimenti, neanche dire di provarli anche solo per scherzo, la pena era la morte; ecco come mai stavano dando la caccia a Xion e Roxas.

Continuarono a camminare per un paio d’ore, mentre Axel continuava a insistere che erano quasi arrivati e Saix notava che stavano passando per la sesta volta nello stesso corridoio.
“Axel…”
“Si?”
“Ma sei sicuro che l’hai trovata questa camera?”
“Ovvio, ci stiamo andando.”
“E siamo sicuri che non ti sei perso!?”
“Certo che si, mi ricordo benissimo la strada!” Saix si mise una mano sulla fronte in segno di disperazione, poi i due ripresero il cammino.



Due rintocchi secchi ruppero il silenzio dell’ingresso. Vexen, come al solito incappucciato, corse ad aprire il portone. Una donna alta e magra, con i capelli corti e blu e indosso una tunica cerulea fece il suo ingresso. Rivolse in suo sguardo e Vexen: “Chi diamine sei?”
“Io? Vexen… sono il Custode dell’Ingresso.”
“E chi ti ha nominato custode del Regno del Giaciglio?”
“Il regno del cosa!?” Vexen era perplesso: che andava blaterando quella donna?
“Questo castello… l’ho costruito io. Che ci fai tu qua dentro?”
“Ehm… no, questo si chiama Castello dell’Oblio e appartiene all’Organizzazione XIII.”
“Ti ho detto che questo castello mi appartiene, io sono Aqua, la Maestra del Keyblade!” Vexen si era definitivamente convinto che quella donna era matta: non poteva essere davvero la Grande Maestra Aqua, colei che affrontò la Guerra dei Keyblade e che fu allenata dal grande Eraqus…

“Comunque… chi desidera?”
“Come chi, non ci sei solo tu qua dentro?”
“Ehm… no.” Vexen si sentiva piuttosto in imbarazzo: gli sembrava di parlare con una matta.
“Quanti siete!?”
“Beh… sei.” La donna sgranò gli occhi: addirittura sei persone!? Non ci poteva credere.
“E chi vi ha dato il permesso di appropriarvi del mio castello!?”
“Ehm… il nostro capo, Xemnas.”
“E ora dove sta ‘sto Seminas?” Per la rabbia aveva pronunciato male il nome, ma Vexen comprese che era meglio non correggerla, in quel momento di “sclero”.
“Al Castello che Non Esiste… credo.” La donna sbraitò, poi disse:
“Andrei ad ammazzarlo a sto Seminas se non fosse urgente… comunque ora io entro e tu taci, ciao.” E, detto questo, si avviò verso il primo corridoio.



“Axel, sto perdendo la calma.”
“Tranquillo, Saix, siamo quasi arrivati.” I due oramai erano in cammino da tre ore, e anche i segni della stanchezza cominciavano a farsi sentire. La donna giunse alle loro spalle e li scaraventò contro il muro.
“Che fate qua dentro!?”
“C-Cerchiamo la Sala…” I due Nessuno erano terrorizzati dalla donna.
“La Sala del Risveglio forse?”
“S-Si…” Saix si voltò e la guardò negli occhi: la conosceva. Anche Axel si voltò, e lei vedendoli in faccia perse il tono aggressivo con cui aveva iniziato.

“Aqua?” I due pronunciarono quel nome all’unisono: non ricordavano di averla mai vista, ma la conoscevano. Forse nella loro vita precedente.
“L-Lea, Isa…” I due riconoscerono quei nomi come propri, anche se non lo erano… evidente quei due hanno conosciuto la donna nella vita precedente: dunque era davvero la Maestra Aqua.
“Noi siamo Axel e Saix, siamo dei Nessuno.”
“Ah, capisco.” Aqua comprese che era meglio smettere di parlare di loro. “Se cercate la camera seguitemi.”
Axel era salvo: la ragazza li avrebbe condotti alla Sala del Risveglio! Restava solo il problema che avrebbero potuto incontrare Roxas, Xion, Vexen, Larxen o Marluxia, ma era molto improbabile. La ragazza si incamminò verso in piano superiore, con i Nessuno al seguito. Disse:
“Ma il custode lo sa che questo castello l’ho costruito io?” Axel ebbe un tuffo al cuore: aveva dimenticato che Vexen era il custode e Aqua non era al corrente della siutazione! Saix rimase stranito:
“Quale custode, scusa?”
“Come! L’uomo grosso con la voce roca che mi ha aperto!”
“Uomo grossa con la voce roca… Vexen?”
“Si, mi pare si chiamasse Vexen…”
“Ma Vexen l’abbiamo eliminato tre mesi fa!” Rivolse lo sguardo ad Axel, che fu costretto a fingersi sorpreso.
“Axel, tu ne sapevi qualcosa?”
“Nulla, Saix, in tanti giorni qui non l’ho mai visto!”
“Allora dopo andremo a finirlo.” Concluse Saix senza nemmeno scomporsi,e i tre ripresero il cammino. Ad un certo punto Aqua si fermò, proprio davanti alla porta della stanza di Roxas e Xion: “Ecco, da qui si accede alla camera!”
“Allora entriamo!” Saix era entusiasta, ma Axel li spinse e si piazzò davanti alla porta. “NO!”
“Come mai, Axel?” Saix era curioso, e aveva un espressione di scherno: oramai l’aveva capito che Axel nascondeva qualcosa.

“Beh… ecco… qua dentro c’è Naminè.”
“E quindi?”
“… Si sta cambiando.”
“Ah… aspetta, ma la camera di Naminè non è questa!”
“Si, ma le piaceva questa e si è trasferita qua!”
“Cosa ci fate voi qua!?” A parlare non era stato nessuno dei tre. Voltarono la testa e, in fondo al corridoio, videro Marluxia. “Axel, hai tradito la Ribellione?”
“Quale ribellione!?” Saix era estremamente confuso. “Axel, pretendo di entrare in questa stanza!”
Il Nessuno, senza via di fuga, si scostò e Saix entrò nella camera.

La camera, stranamente, era vuota: anche i letti erano spariti. Non c’era nessuno. Saix guardò Axel:
“Come mai non volevi farmi entrare?”
“Beh, io sapevo che c’era Naminè…” Axel era sollevato, e non potette evitare di sorridere. Il Nessuno rimase stranito, poi disse ad Aqua: “Allora, la camera.”
Aqua avanzò e stese il braccio: apparve il suo Keyblade. Era diverso da quello di Roxas, era completamente blu e aveva decori impossibili da descrivere. La donna lo puntò dritto davanti a se, e una serratura apparve nel muro. Dalla punta dell’arma un fascio di luce giunse nella serratura, che iniziò a brillare e risplendere di luce abbagliante. Tutti i presenti indietreggiarono, tranne Aqua. Era uno spettacolo spettacolare: perdonate il gioco di parole, ma era l’unico modo possibile per descrivere la magnificenza di quella vista. Tutto d’un tratto la luce cessò e nella parete della serratura comparve una porta.

Aqua fece cenno di seguirla, e gli altri entrarono con lei. Giunsero in una camera bianca, enorme rispetto alla precedente. Al centro della camera, sospeso a mezz’aria, c’era un ragazzo: aveva intorno ai quattordici anni, indossava una camicia bianca con decori neri e un pantalone beige. Era inquietantemente identico a Roxas.
Tutt’intorno a lui c’erano lampi di luce: sembrava fosse lui ad emanarli. Aqua gli puntò contro la Keyblade, e le luci intorno a lui cessarono, mentre il corpo scendeva verso terra. La donna si avvicinò al ragazzo, ora disteso a terra, e gli mise una mano sulla fronte: “Ven, svegliati, è ora.”

Tutti capirono che il ragazzo doveva essere Ventus, il secondo degli allievi di Master Eraqus, anche lui sopravvissuto alla Guerra del Keyblade. Ma come mai la donna era invecchiata e lui no? Il ragazzo spalancò gli occhi, per la prima volta dopo vent’anni di sonno: “A-A-Aqua…”

Ventus era rinato.

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Capitolo 8
*** Axel, help! ***


Ventus si alzò, si guardò intorno e si appoggiò ad Aqua. Improvvisamente e tra immensi doloro la sua schiena si allungò di almeno venti centimetri. Evidentemente stava recuperando molto rapidamente tutta la crescita che avrebbe dovuto avere negli ultimi vent’anni.

Riuscì a parlare:
“Aqua… dove siamo?”
“Siamo alla Terra di Partenza, solo che l’hanno distrutta e io ho edificato questo castello.”
“Come mai?”
“Per permetterti di riposare.” Ventus accennò un sorriso, e il braccio che stringeva la mano della donna si allungò di dieci centimetri. In questo momento era buffissimo: aveva un braccio più lungo dell’altro, la schiena normale, le gambe cortissime e un piede di tre taglie in più all’altro. Se non si fossero trovati in una situazione del genere, avrebbero riso tutti a crepapelle. Anche l’altro braccio si allungò, facendolo diventare un po’ più normale. Anche se il suo corpo era normale, però, la sua mente era cresciuta.

“Quanto ho dormito?”
“Vent’anni.” Ventus strabuzzò gli occhi: aveva trascorso vent’anni della sua vita, quelli che per tutti i ragazzi sono i più belli della vita, in stato vegetativo all’interno di una capsula. Sentiva uno strano senso di vuoto in se: non sapeva cosa c’era attorni a lui. Stese il braccio per evocare il Keyblade, ma tra le sue mani non comparve nulla.
“Oh, beh… non puoi più usare il Keyblade, solo io posso farlo.” Spiegò Aqua, e Ventus ritrasse il braccio, molto deluso. “Nemmeno Terra può?”
Aqua cambiò espressione, e i suoi occhi divennero lucidi. “Ventus, Terra è…” Il ragazzo capì, e si gettò tra le braccia dell’amica. Non poteva crederci. Lui, l’amico di tanti anni, l’amico che era andato a cercare in giro per i mondi, l’amico che lui aveva guidato sulla strada della luce… adesso non c’era più. Probabilmente ora era solo un Keyblade, un Keyblade conficcato al suolo nel Cimitero della guerra.  Sentì tutti i suoi ricordi e le sue emozioni precipitargli addosso, come un macigno, e scoppiò in lacrime.

Anche Marluxia cominciò a piangere, ma Saix lo fece smettere con una gomitata.

Ventus oramai era diventato normale, aveva anche raggiunto e superato l’altezza di Aqua, e adesso la fissava negli occhi: “Aqua… il mondo è cambiato.”
“Anche tu lo sei.”
“Il mondo è cambiato in peggio.”
“Anche tu.” Ventus sorrise, e Aqua si mise a ridere. Anche dopo vent’anni, tra loro c’era ancora lo stesso feeling. Axel stava osservando la scena, e pensava a quanto Ventus somigliasse a Roxas. In quella situazione sembrava quasi che Aqua somigliasse a Xion. Per fortuna la stanza era vuota, e Saix non li ha trovati. Ma se non erano in camera… dov’erano finiti!?

“Roxas! Xion!” Non potette trattenere l’urlo. Saix lo guardò: “Cosa c’entrano?”
Axel si portò una mano sulla bocca, ma era troppo tardi: Saix l’aveva sentito. Disse la prima menzogna che gli passò per la testa: “Loro due me li ricordano molto, devo dirglielo…”
“Dirglielo? Perché, li vedrai?” Il Nessuno stava commettendo errori su errori, oramai aveva rivelato troppo.
“No, era un dopo ipotetico, nel senso quando li rivedrò… capito?”
“Uh… per stavolta vorrò crederti. Bene.”
“Adesso devo andare in bagno.” Stava cercando una scusa per uscire dalla sala e andare a cercarli.
“C’è un bagno qui?”
“Ovvio, i Nessuno non hanno il cuore, non la vescica!” Saix fece un cenno come di consenso e Axel abbandonò la sala. Cominciò a correre per i corridoi, urlando i nomi dei ragazzi. Dopo un quarto d’ora passato a girovagare, finalmente giunse in risposta un grido di Xion: “Axel, aiuto!”

L’uomo capì che veniva dal corridoio successivo, e corse a vedere. I due ragazzi stavano accasciati al suolo, vicino al muro, e dinnanzi a loro stava Xemnas, che gli puntava due lame alla gola. Aveva potuto accedere senza problemi mentre lui ero con Saix, evidentemente la sua visita era solo un piano per allontanare Axel dai due. I ragazzi, vedendolo, iniziarono ad urlare il suo nome, e lui partì alla carica. Xemnas, notandolo, afferrò gli “ostaggi”, aprì un Corridoio Oscuro e ci entrò. Si chiuse un secondo prima del’arrivo di Axel, che inciampò e cadde a terra. Un Nessuno dal potere immenso contro due pivellini. Non c’era scampo: per i suoi amici era giunta la fine. A meno che Axel non si fosse attivato: ma non sapeva dov’erano.

Di sicuro Xemnas non li avrebbe mai portati al Castello che Non Esiste, dunque erano in qualche altro mondo… ma dove? Forse ad Agrabah, dove avevano cercato per la prima volta di eliminarli? No, troppo scontato. E allora dove!? Axel era immerso nei suoi pensieri, quando un’idea, come un fulmine, lo colpì alla testa.

“Ho capito!” E, aperto un portale, sparì al suo interno.


- Angolo dell'Autore -

Salve a tutti! A partire da questo capitolo, inserirò in ogni storia questo piccolo spazio per commenti personali! Se avete letto il capitolo precedente, ormai sapete che Ventus è rinato, risvegliato da Aqua. Una visita improvvisa di Saix aveva impegnato Axel per molte ore, e ovviamente il Nessuno, in compagnia del superiore, non poteva di certo occuparsi di Roxas e Xion, dunque li ha lasciati in camera da soli. Xemnas, ovviamente, ne ha approfittato e li ha rapiti, ma Axel a quanto pare ha qualche idea su dove si possano trovare... e voi?

Non perdetevi il prossimo capitolo, ci sarà un importante colpo di scena e conosceremo una Xion "tutta nuova"... non posso dirvi altro, alla prossima!

P.S. Un saluto a Reno_From_Turks, _KHProminence_ e kalea95, i miei primi lettori, che seguono questa storia (mi raccomando, recensite!)

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Capitolo 9
*** Xion's Dead ***


Axel uscì dal Corridoio Oscuro: non si era mosso dal Castello, era solo salito a un piano più alto… un piano dove non gli era mai stato permesso di accedere. Sapeva che li c’era Naminè, che Naminè teneva sotto chiave il “corpo” di Sora e che per farlo riprendere sarebbero stati necessari Roxas e Xion. Certo era che l’Organizzazione non li avrebbe mai eliminati, gli servivano, ma lui voleva comunque che non li prendessero. Aveva paura di non vederli mai più.

Camminò per dieci minuti prima che un urlo gli segnalò la posizione dei ragazzi, nella prima stanza alla sua destra. Prima di entrare appoggiò l’orecchio sulla porta. Xemnas stava parlando.
“Allora, i piccioncini hanno sofferto abbastanza?”
“Un’altra su Roxas, Capo!” La voce era quella di Zexion: da quanto tempo era nel castello? Forse si era teletrasportato direttamente nella sala. Un fruscio metallico e un urlo di dolore segnalarono ad Axel che una lama era stata infilata nel corpo di Roxas, ma non era morto: non potevano ucciderlo.
“Che dite, ancora?” Xemnas era molto divertito. Naminè si intromise nella discussione: “No, basta…”
Xemnas, rabbioso, sbraitò, e si udirono rumori di contusioni.

La curiosità lo stava divorando, così decise di aprire un po’ la porta, abbastanza per vedere cosa accadeva all’interno. Xemnas, in fondo alla stanza, stava picchiando con forza Naminè, distesa a terra e sanguinante. Calcio dopo calcio le erano caduti tre denti, il cranio sanguinava ed anche il muro ne era sporco. Anche se era evidentemente svenuta, il Nessuno continuava ad inferire. Perfino per un essere senza cuore quella scena era troppo dura da vedere. Abbassò lo sguardo; accanto alla ragazza, distesi, c’erano anche Roxas e Xion: non erano svenuti, ma non avevano le forze di alzarsi. Il ragazzo aveva tre lame eteree conficcate nello stomaco, facendolo sanguinare copiosamente, mentre la ragazza ne aveva solo una, nella spalla, e due colpi di arma da fuoco sulla gamba. Axel dedusse che c’era anche anche Xigbar, ma evidentemente era fuori dal suo campo visivo.

Xemnas concluse il martirio della ragazza conficcandole una lama nella schiena, dopodiché tornò a parlare con i ragazzi. “Allora, dov’eravamo?”
“Eravamo al punto che li liberi e io ti ammazzo.” Axel era entrato nella stanza e tutti i presenti avevano estratto le armi, ma il Capo fece cenno di posarle. Al contrario degli altri, lui era estremamente calmo.
“Era ora che entrassi.” Aveva capito che il Nessuno li aveva spiati, ma questo, stranamente, non ne era affatto sorpreso.  “Volevo vedere a che punto saresti arrivato.”
“Se non fossi entrato ora, li avrei ammazzati.” I due si guardavano in cagnesco, e i loro toni erano degni di un regolamento di conti alla Texana. “Allora, la finiamo?”
“E come, ammazzandoti?”
“Semmai al contrario.”
“Ti va un patto?” Axel era sorpreso dalla domanda del Nessuno, ma accettò: “Ti seguo.”
“Allora, io libero uno di loro e poi elimino tre e l’altro. Che dici?” Roxas raccolse tutte le forze che aveva per urlare: “No, Axel, salvati!”
Il Nessuno era combattuto. Avrebbe potuto farsi uccidere e in cambio assicurarsi la libertà di uno dei suoi amici, o tentare. Tentando avrebbe potuto salvarli entrambi, o farli morire entrambi. E in quel momento non poteva permettersi di essere in dubbio. “Accetto.”
“Allora, chi scegli?”
“Ehm…” Era indeciso, molto indeciso. Ma la scelta fu quasi ovvia. “Roxas.”
Xion lanciò un urlo disperato: tradimento. Uno dei suoi migliori amici l’aveva tradito. Si sentiva odiata, com’era possibile? Ora la sua paura di morire si era trasformata in un desiderio: non voleva più vivere in un posto simile. In un mondo simile. Con degli amici simili. Una lama al centro del petto avrebbe risolto ogni problema.

Xemnas fece cenno a Roxas di alzarsi, e lui con tutte le forze che aveva, lo fece. Il Nessuno si voltò verso Axel, alxò la lama e la puntò nel suo petto. “Da quanto aspettavo questo momento…”
“Fire!” Un lampo di luce rossa e Xemnas, prendendo fuoco, cadde a terra. Dietro di lui c’era Roxas, con la Keyblade alzata. “Finiamo in bello?”
Axel sorrise: si erano salvati. “Con piacere.”

I due si posizionarono spalla a spalla, ognuno verso una parte della stanza piena di Nessuno armati. Dal lato di Roxas c’erano Zexion e Xigbar, dall’altro Demyx e Luxord. Axel corse alla carica e con i Chakram colpì contemporaneamente entrambi i nemici, che non caddero, ma contrattaccarono. Il Nessuno riuscì a parare entrambi i colpi e, stendendo le braccia, si circondò di fiamme. Demyx si circondò di uno scudo d’acqua generato dal Sitar, ma Luxord prese fuoco e, quando le ustioni divennero abbastanza profonde, svenne. Demyx non poteva essere affrontato col fuoco, così lanciò un Chakram e, fortunatamente, lo stese al primo tentativo.

Tornò accanto a Roxas, che intanto era intento a duellare contro Xigbar. Gli aveva fatto volare una pistola, ma l’altra era ancora stretta nel suo pugno, pronta per essere usata. Axel fece infuocare uno dei dischi e glielo lanciò contro, colpendolo con una punta alla gola. Demyx cadde a terra, e Roxas lo sistemò con un colpo di Keyblade alla pancia.

Avevano finito, ma, voltandosi, videro Zexion: aveva tra le braccia Xion e, in una mano, una delle lame di Xemnas. Si erano completamente dimenticati di lui!
Infilzò la lama nella fronte della ragazza e i suoi occhi, già spenti, si spalancarono, per poi chiudersi per l’ultima volta. La sua bocca emise un gemito, poi espirò, espellendo tutta l’aria che aveva nei polmoni. Il volto di Zexion era allegro come mai, mentre Roxas e Axel non credevano a ciò che vedevano. A Zexion bastò stendere un braccio dinnanzi a se per circondarsi da un Corridoio Oscuro e sparire, col corpo della ragazza.

Non potevano crederci, la loro compagna di mille gelati, di mille avventure, con cui avevano riso, combattuto, pianto, colei che sarebbero stati disposti a morire pur di salvare… non c’era più.

Xion era morta.



- Angolo dell'Autore -

Salve! Questo è forse uno dei più toccanti capitoli della storia, dopo quello incentrato sull'amicizia tra Axel e Roxas... persino a me duole, al pensiero di ciò che ho scritto! Xion è morta, ma l'Organizzazione era completamente dedita a non ucciderli. Ma se era così... come mai l'hanno ammazzata? E poi l'hanno davvero ammazzata?
Non voglio dirvi altro, vi raccomando solo di riflettere...

Non perdetevi il prossimo capitolo, un altro colpo di scena lascerà un segno indelebile nei nostri due protagonisti rimasti... alla prossima, ciao a tutti!

P.S. Rinnovo il saluto ai miei fedeli seguaci lettori, alla prossima!

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Capitolo 10
*** Zexion killed Xion ***


“Tieni, Roxas…”
“Va al diavolo, Axel!” Il suo colpo fece cadere il gelato dalle mani dell’amico, facendolo precipitare dalla torre. L’impatto avvenne dopo una ventina di secondi, a dimostrazione dell’altezza della torre.
Se quel volo l’avesse fatto un tizio, avrebbero potuto solo raschiarne i brandelli dal suolo con una limetta.
Entrambi erano sconvolti per la perdita di Xion. Xion… avrebbero donato il cuore per riaverla.
Ma non ce l’avevano.

Axel si sedette accando all’amico, che sussurrò un forzato, ma sentito: “Scusa.”
“Tranquillo, anch’io sto così. Ma prima o poi tutto finisce, nulla è eterno… l’hai memorizzato?” Roxas annuì.
“E non lo era neanche Xion…” Roxas non sopportò il sentire questa frase e esplose:
“Sta’zitto, bastardo! Come puoi dire così!? Io… io ti odio!” Stava parlando con un tono che Axel, in un’altra situazione, avrebbe preso sul serio. Ma ora sapeva che era la depressione a spingerlo. Continuò:
“Xio… no, Lei non è morta, Lei è viva, Lei è qui vicino, lo sento…”
“Ciao, ragazzi.”
“Sta’zitta, Xion! Axel, dicevamo, Lei non è morta, lei è…” Roxas voltò la testa, e vide dietro di lui Xion. Era lei, non c’era dubbio, in carne ed ossa. Non era morta, era lì. Ma allora Zexion cos’aveva fatto? Dove l’aveva portata? Perché l’aveva liberata? Anche Axel la fissava incredulo. Dunque non era un’allucinazione. Era lì.
Xion afferrò il braccio di Roxas: la sua stretta era cinque volte più potente rispetto a prima del rapimento. Si vedeva che era cambiato qualcosa. Roxas cercava di farle lasciare la presa, ma lei restava lì. Impassibile.
La stretta diventava sempre più forte, e Xion diventava sempre più alta. I ragazzi la fissavano incredula, cercando di spiegarsi la situazione. All’improvviso, tenendo stretto il braccio di Roxas, si gettò dalla torre.
I due volarono, e il ragazzo sapeva come sarebbe andata a finire… dopo trenta secondi sarebbero stati nella piazza, a brandelli. Ma perché lo stava facendo? Che intenzioni aveva, oggi, Xion? All’improvviso Roxas chiuse gli occhi, e il volo cessò.

Aveva gli occhi chiusi, ed era terrorizzato dalla sola idea di aprirli. Non sentiva il contatto con il suolo, sentiva solo la stretta dell’amica al braccio, che andava affievolendosi. Aveva forti dolori. Cosa avrebbe visto, aprendo gli occhi? La sua gamba dinnanzi a lui, sanguinante? Brandelli del suo corpo? E poi, ce l’aveva ancora il corpo? Provò a muovere le gambe, e sentì che si muovevano. Si fece coraggiò e guardò.

Non era spiaccicato al suolo, si trovava sospeso in aria, mantenuto per il braccio da una Xion ormai alta dieci metri, con sempre quell’espressione impassibile stampata il faccia. L’”espressione da Nessuno”, la potremmo chiamare. Quel Nessuno che lei, infondo, non era mai stata.
La ragazza adagiò Roxas a terra, e questo si voltò: dietro di lui c’era anche Axl, evidentemente era sceso per le scale. In quel momento la ragazza ebbe una mutazione: I capelli le si rizzarono in testa come se avesse infilato le dita nella presa di corrente, gli occhi divennero rossi e nelle sue mani apparve una Keyblade. Una, perché non era la sua. Era identica, ma completamente nera.
Axel e Roxas compresero che era il momento di combattere, ma non per distruggerla, no, per calmarla. Il primo corse verso di lei e lanciò i Chakram verso le gambe. Anche Roxas, preso il Keyblade, cominciò ad attaccare, ma ogni colpo la scalfiva come una mosca scalfisce il London Bridge.

All’improvviso Axel si voltò, ma non vide più Roxas. Di certo non era il momento di andarlo a cercare, così continuò a lottare. Dopo altri colpi, ecco tornare l’amico, con il cappuccio alzato. Saltò e lanciò il Keyblade, colpendola in bocca.

La ragazza subito tornò a misura normale e cadde a terra: aveva il Keyblade infilzato in gola, trapassandola da parte a parte. Il sangue sgorgava copiosamente dalla sua bocca e dalle ferite, e non respirava. Axel se si chinò vicino, e le appoggiò una mano sul fianco. Il suo corpo era freddo. Tornò Roxas: stavolta non aveva il cappuccio. “Che è successo!?”
“Bastardo.” Axel era disperato.
“Cosa?”
“L’hai ammazzata. Il tuo Keyblade.” Roxas stese il braccio, e il Keyblade apparve. Dunque non era quello in gola. Il Nessuno studiò il Keyblade nel corpo della ragazza: non c’era il Keyholder.

Subito un idea gli passò nella testa: non avevano visto i capelli di colui che l’aveva lanciato.

Era stato Zexion. Zexion aveva ucciso Xion



- Angolo dell'Autore -

Hola! Scusate se da un po' non aggiorno, ma l'ispirazione era sparita... adesso, come vedete, è tornata, e ancora più potente di prima!
Adesso Xion è morta davvero e, come abbiamo potuto capire, è stato Zexion ad ammazzarla. Ma lei serviva all'Organizzazione... perchè l'avevano fatto? Forse non agiva per ordine di Xemnas, ma indipendentemente? Chi lo sa...
Come credo abbiate potuto comprendere la storia si avvicina alla fine, ma tranquilli: non è ancora imminente.

Beh, che altro aggiungere... continuate a seguirmi, non perdetevi nemmeno un capitolo!

Come al solito rinnovo i saluti ai miei adepti... ehm... lettori. Alla prossima!

Kingdommarco

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Capitolo 11
*** Again. ***


Il cadavere di Xion era lì, a terra. Immobile.

La morte viene causata dal cuore che cessa di battere. Ma se un cuore loro non ce l’avevano, come potevano morire? Ecco perché, in genere, per loro si parlava di “eliminazione”.
Ma il concetto era lo stesso. Un essere che più non vive, non respira. Non parla. Ma non soffre.

Axel poggiò un braccio sulla spalla dell’amico. Oramai erano dieci minuti che, in silenzio, la osservavano. Roxas non piangeva, non urlava, non strepitava, anche se avrebbe desiderato farlo. Voleva solo una cosa: raggiungela. Si sarebbe conficcato volentieri una lama nello stomaco, pur di morire. Di smettere di soffrire.
Quegli occhi azzurri, quella bocca dalla quale erano uscite tante risate, quella bocca che aveva baciato, ora traboccante di sangue, con una Keyblade infilata che trapassa la testa da parte a parte. Quei capelli, neri, così belli, e quel corpo, esile ma allo stesso tempo attraente, coperto dalla nera tunica dell’Organizzazione.

Roxas si scrollò il braccio dell’amico dalla spalla e si chinò sul corpo. Gli bastò fare un po’ di pressione per spezzare il falso Keyblade, dopodiché rimosse le metà dal cranio della ragazza. Estrasse il suo Keyblade e, in un ultimo disperato tentativo, lo appoggiò sulla fronte della ragazza. “Guarisci!”
Le ferite si risanarono, ma il corpo era ancora privo di vita. Vuoto. Il ragazzo le alzò il cappuccio della tunica, coprendogli il volto. Poi se la caricò in spalla.
“Axel, devo darle sepoltura.”
“Ma dove?”
“Portami al Castello dell’Oblio.” Il ragazzo era estremamente perplesso dalla decisione dell’amico, ma non si oppose. Stese il braccio, e entrambi si infilarono nel Corridoio Oscuro. Rispuntarono nell’ingresso del castello.

Attraversarono i corridoi e giunsero nella camera che era stata quella di Roxas e Xion. La porta per la Camera del Risveglio era ancora aperta, e i due vi entrarono. Il ragazzo tirò fuori una carta, di quelle che aveva ricevuto durante il suo alloggio, e la lanciò. Al centro della sala comparve un letto in pietra. Roxas si avvicinò e vi depose la ragazza: le mise le mani giunte, e si assicurò che il cappuccio coprisse bene il volto.

I due ragazzi si inginocchiarono e stettero a terra per più di un’ora. Forse pregavano. Magari pregavano per il ritorno della loro amica. Pregavano per poterla vedere, per poterle parlare. Ancora una volta.
Nessun luogo per la sepoltura sarebbe stato più adatto a farle da giaciglio della Camera del Risveglio. Qui ha riposato Ventus, ma poi si è svegliato. Xion non lo farà.
Roxas si alzò, e si avvicinò al corpo della ragazza. Per l’ultima volta, gli alzò il cappuccio e la guardò in volto. Si avvicinò, timido, alla sua bocca, e premette le sue labbra contro quelle dell’amica. Lo voleva, anzi, lo doveva fare. Ancora una volta.

“Xion, io ti amo.” Sussurrò, e una lacrima gli rigò il volto. Tornò accanto ad Axel, e in un lampo di luce il corpo di Xion sparì, lasciando solo la tunica, sul letto. La tunica, che aveva indossato. La tunica, che loro avrebbero pagato per vedere indosso alla loro amica. Ancora una volta.

Una voce rimbombò nella camera. “Grazie”. Non apparteneva a nessuno dei due. Era di Xion.
Li doveva ringraziare. Per i bei momenti, per averla tante volte salvata. Per le risate. Per la sepoltura.

Doveva farlo. Ancora una volta.



- Angolo dell'Autore -

Avevo intenzione, quest'oggi, di andare avanti con la storia, e infatti stavo scrivendo il prosieguo. Ma non potevo lasciare Xion, così. La dovevo ricordare, e per questo eccola qui, Xion. Ancora una volta. 
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento, alla prossima! 

Kingdommarco

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Capitolo 12
*** You're my creature. ***


I due camminavano in silenzio. La tensione era così evidente che l’atmosfera pesante che li circondava poteva essere tagliata con un coltello.
La loro amica… perché era toccato a lei e non a Roxas, o ad Axel? Forse se Axel avesse scelto di salvare lei, il ragazzo se la sarebbe cavata, e ora lei sarebbe lì con loro. Ma l’unico ricordo che avevano di lei era quel “grazie”, grazie per la sepoltura, grazie per averle assicurato una morte il più piacevole possibile.

“Ora?” Chiese Axel con un alito di voce, mentre oltrepassavano il cancello del castello.
“Vendetta.” Fu tutto ciò che il ragazzo riuscì a dire: anche perché, in effetti, era il suo unico desiderio.
“Li volete morti, vero?” La voce, acuta ma soave, veniva dalle loro spalle. Si voltarono, e la ragazza bionda e vestita di bianco vista più volte con l’Organizzazione era alle loro spalle. Aveva fasciature intorno al braccio e sul volto, dovute forse ai maltrattamenti di Xemnas.

“Naminè, che vuoi?” Axel sembrava quasi annoiato dalla vista della strega.
“Volevo dire una cosa a Roxas.” Si avvicinò al ragazzo. “Roxas, quello che hai ricordato… sono stato io a installare quei pensieri nella tua mente. Perché io ho addormentato Sora, e fatto nascere te. Tu sei una mia creatura.”

Roxas aveva gli occhi spalancati, e riuscì a malapena a balbettare: “M-Ma anche lei…”
“No.” La ragazza intese subito. “Lei era opera si Saix. Xion deriva da N°1, come “clone numero uno”, e tu derivi da Sora. I nomi li ha generati Xemnas.” La ragazza sospirò, poi riprese. “Roxas, Sora è pronto. Dovresti seguirmi.”

Il ragazzo si voltò e fissò Axel. Aveva capito: per il ragazzo era giunta l’ora, l’ora di tornare in Sora. Anche se avrebbe voluto tenerlo con se, fece cenno di andare.
Si avvicinò a Naminè, chiuse gli occhi e sussurrò: “Guidami dove devo.”
La ragazza si voltò e si incamminò, assieme a Roxas, di nuovo nel castello. 


- Angolo dell'Autore -

Allora, innanzitutto chiedo scusa per la mia lunga assenza, ma ho preparato molti capitoli, quindi preparatevi! Come avete visto, la storia si avvicina al termine... o no? Scusate se sono breve, ma non voglio svelarvi nulla, eheheh..... al prossimo capitolo!

- Kingdommarco

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Capitolo 13
*** Mission Accomplished, DiZ ***


Il ragazzo camminava con Naminè, che restava impassibile.
Nei corridoi del castello regnava una calma tombale, la calma che lo portava spesso a riflettere.
Stava per tornare in Sora, cosa voleva dire? Sarebbe forse morto? Era improbabile, ma comunque il suo corpo sarebbe scomparso. Vivrà nel cuore di Sora, che però non saprà mai della sua esistenza. Il suo Keyblade… evidentemente era quello di Sora, perché era impossibile che anche l’arma si fosse sdoppiata. Ma di una cosa era certo: se Xion veniva da lui, e lui da Sora, alla morte della ragazza i suoi ricordi e la sua anima sono tornati nell’eroe. Dunque, una volta in lui, l’avrebbe rincontrata. Quest’idea lo rendeva felice, ma di certo il loro incontro non sarebbe stato come lui sperava. Forse non sarebbe stato nemmeno diretto, considerando che i loro corpi non sarebbero più esistiti.

Giunsero al di fuori di una sala, e Naminè annunciò: “Qui c’è Sora, dovresti entrare”. La ragazza aprì la porta e fece entrare Roxas. Dopo di lui entrò lei, ma i capelli le si incastrarono nei cardini della porta e caddero: era una parrucca, al di sotto i capelli erano azzurri.
“Sora, attento!” La voce non proveniva da nessuno che conosceva; un altro Nessuno, mai visto prima e incappucciato, comparve tra i due e colpì la ragazza. L’abitino bianco si allungò diventando una tunica nera, i capelli si accorciarono e il volto cambiò: comparve Zexion.
Dall’altro lato della camera arrivarono due spari nella spalla del nuovo arrivato, e Roxas si voltò: c’era Xigbar. In quello stesso momento si accorse che nella camera in realtà non c’era Sora, e concluse che si era trattato di una trappola. Affiancò il nuovo Nessuno e sussurrò: “Lotteremo assieme.”
“Ok, Sora.” Solo in quel momento si accorse che lo stava chiamando Sora, e che lo aveva fatto anche prima, ma non ne comprese il motivo. Tirò fuori il Keyblade e iniziò a combattere Zexion, mentre l’altro si dedicò a Xigbar. Non ebbe nemmeno un secondo per voltarsi, dunque non notò con quale arma stesse combattendo. Un urlo di Xigbar annunciò a Roxas che questo era stato sconfitto, e immediatamente il “socio” corse contro Zexion. Stavolta lo vide: usava una Keyblade, ma nera. Come mai aveva una Keyblade!?
In un paio di colpi Zexion cadde, e Roxas si rivolse all’altro: “Chi sei?”

“Come, non ti ricordi?” Si abbassò il cappuccio rivelando il suo volto. Era il ragazzo con i capelli grigi che aveva più volte visto nei propri sogni, Riku, solo che aveva una benda sugli occhi. Si chiese come facesse a combattere senza guardare, ma non pose la domanda all’altro, piuttosto urlò, sorpreso:
“Riku!” Il ragazzo sorrise e il Keyblade che impugnava sparì. “Eccoti, finalmente.”
“Ma come fai a sapere di me… di Sora?” Il ragazzo accennò una risata e si avvicinò.
“Io sono il tuo migliore amico. Ti avrei riconosciuto anche trasformato in Shadow.”
“E l’hai fatto.” Roxas non sapeva come mai avesse pronunciato quelle parole, cosa significassero. Sora era mai stato uno Shadow? E quel ragazzo era con lui? Si sentiva sempre più confuso.

“Vedo che ricordi.” Proseguì. “Quando tornerai in te vieni sull’Isola, mi raccomando. Kairi ti aspetta.”
“Kairi!” Sorrise urlando questo nome. “Sta bene?”
“Benissimo, e ricorda la tua promessa. Un giorno tornerai, e quel giorno dev’essere arrivato.” Ora Roxas si sentiva vuoto, come se un’altra anima parlasse attraverso il suo corpo, quella di Sora.
“Lo farò. A proposito…” Alzò la Keyblade e sferrò un colpo alla testa dell’amico. “Questo è per quando mi hai cercato di ammazzare alla Fortezza Oscura.” I due scoppiarono a ridere, ma intanto Roxas rifletteva. Cos’era questa fortezza dove era stato colpito da Riku? Non capiva più nulla, si era completamente perso nella discussione. Si sentiva come uno spettatore, un terzo incomodo.
“Adesso.” Esclamò Riku. “Dammi la mano.”

Il ragazzo, senza nemmeno accorgersene, tese il braccio e l’altro lo afferrò. Aprì un Corridoio Oscuro e ce lo tirò dentro. All’interno, domandò: “Ma come sei diventato un Nessuno?”
Prima di ricevere risposta si ritrovò nella piazza di Crepuscopoli. Non indossava più il cappotto dell’Organizzazione, ma abiti comuni, da umano. Riku e gli altri Nessuno erano spariti.

Ma soprattutto, lui non aveva più alcun ricordo di loro.


“Missione compiuta, DiZ.”
L’uomo vestito di rosso distolse lo sguardo dai monitor e si voltò verso Riku. “Com’è andata?”
“Ribelli sistemati, Roxas ora è nella Crepuscopoli virtuale.”
“Ottimo.” L’uomo si voltò di nuovo verso i computer, e il ragazzo si apprestò a uscire.


Angolo dell'Autore

Salve a tutti, bella gente! Chiedo scusa se nell'ultimo capitolo ho scritto alcune "corbellerie", ma ero in vacanza e il lato scrittore era impostato su "off" (Questo è anche il motivo per il quale sono stato piuttosto evasivo nell'Angolo dell'Autore), ma ora sono tornato in attività con un capitolo più lungo e privo di follie! (spero)
Scherzi a parte, se notate qualcosa, non esitate a mandarmi un messaggio che mi affretterò a correggere.
Come mi ha scritto KH_Prominence (che saluto!) è strano che Roxas si fosse arreso così al volere di Naminè, ma dobbiamo comprendere la sua debolezza d'animo, E per fortuna le cose stanno andando per il meglio... più o meno.
La storia prenderà lo stesso finale del videogioco? Ovviamente no, ma non posso svelarvi nulla, è tutto top-secret. 
Beh, che dire, ci si vede! Saluti, come dicevo prima, a KH_Prominence, al mio primo e affezionato lettore Reno e a Kalea, che si sente giù di tono.
Alla prossima, ragazzi!

Kingdommarco

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Capitolo 14
*** Don't forget, Roxas. ***


Roxas si alzò e prese a guardarsi intorno.
Era a Crepuscopoli, ma aveva un’aria diversa dal solito. Sembrava l’atmosfera che si respira nel Castello dell’Oblio, solo che adesso si sentiva ancora più vuoto. Come se avesse lasciato gran parte della sua anima fuori, e si stesse addentrando nel mondo sprovvisto di ogni cosa.

“Roxas!” Una voce lo spinse a voltarsi. Tre ragazzi correvano verso di lui, il primo era un ragazzo alto e biondo, con i capelli biondi e alzati e indosso una felpa, il secondo era più basso e abbastanza robusto, indossava una maglia rossa e aveva i capelli neri alzati da una fascia, mentre il terzo era una ragazza, minuta e bassina, con indosso una maglia arancione e i capelli a caschetto, castani. Ragazzi che non aveva mai visto prima, ma che riconobbe immediatamente.
“Hayner! Pence! Olette!” Gli corse incontro e chiese: “Dov’eravate?”
“In giro. E tu?” Rispose la ragazza, Olette. Roxas disse: “Non lo ricordo…”
Era vero, non aveva alcun ricordo precedente a quel momento. Hayner propose: “Ghiacciolo?” E, con il consenso di tutti, si recarono ad acquistarli, per poi mangiarli seduti sulla torre.

Quando si ritrovarono tutti e tre seduti sul cornicione dell’alto edificio, ognuno col proprio gelato al sale marino, Roxas si sentì triste. Non sapeva nemmeno lui il perché. I suoi amici chiacchieravano, di scuola, compagni, manga e altro, ma lui non si unì. Si sentiva estraneo, come se non fossero amici suoi. All’improvviso si voltò, e chiamò Hayner:
“Ehi, Axel!” I tre ragazzi lo guardarono perplesso, e lui si sentì come sprofondare in un mare di ricordi, ricordi non suoi. Visualizzò mentalmente il volto di un uomo, con indosso una tunica nera, due segni sugli zigomi e i capelli rossi e lunghi. Non aveva idea di chi fosse, ma sentì che gli mancava. Sentiva di volergli bene, e che anche lui gliene voleva, bene quasi fraterno. Aveva l’impressione di trovarsi sott’acqua, e per la pressione svenne. Durante il periodo di incoscienza iniziò a vedere persone, cose, animali e luoghi, per lui completamente sconosciuti. All’inizio si vide a mangiare il gelato su quella torre, con indosso una tunica nera ed insieme al tizio immaginato prima e ad una ragazza, poi l’immagine cambiò e si trovò su di un isola, con un ragazzo dai capelli grigi e una con i capelli rossi. Altre immagini di un cane e un papero, di luoghi mai visti, di cose totalmente sconosciute e di persone inesistenti. Comprese di starsi dimenando sdraiato a terra, ma non ne capì il motivo. Come ultima immagine vide una ragazza, vestita di bianco e con i capelli biondi. “Ciao… Sora.”

Dopo quel nome, il buio totale. Si risvegliò steso, sul cornicione della torre. I suoi amici erano seduti, ma immobili. Non muovevano una ciglia. Si guardò intorno e si accorse che anche tutto il resto del paesaggio era immobile: gli uccelli a mezz’aria, le onde del mare in lontananza, i passanti. Osservò l’orologio della torre: anche quello era fermo, all’orario in cui era svenuto. Ma a lui sembravano passate ore, mentre rifletteva e visualizzava quelle scene. Con la mente ancora confusa, si voltò e vide dietro di lui un uomo. Era vestito con la tunica nera che aveva visto nei suoi “sogni”, ma lui aveva il cappuccio alzato, che copriva il volto.

“Roxas… va’ alla villa.” La voce era molto familiare. “Ti deve dire una cosa.” Nel voltarsi e sparire, dal lato del cappuccio uscì una lunga ciocca di capelli rosa. Anche quelli gli erano familiari, ma non aveva idea di a chi appartenessero. Non aveva idea di chi ci fosse alla villa, ne di cosa volesse dirgli, ma comunque scese dalla torre e si diresse lì. Sentiva come se ci fosse qualcosa che lo spingeva ad andare. Non aveva idea nemmeno di quale fosse o dove si trovasse questa villa, ma comunque cominciò a camminare. Conosceva la strada, anche se non l’aveva mai fatta. Il tempo era ancora fermo quando giunse fuori all’edificio e, dinnanzi al cancello, vide la ragazza bionda e vestita di bianco dei suoi ricordi. Aveva un blocco da disegno sotto al braccio, che aprì mostrando al ragazzo un disegno che lo raffigurava. “Lui chi è?”
“Sono io.” Rispose Roxas, e la ragazza cambiò foglio. C’era raffigurato lui, con indosso la tunica nera. “Ora?”
“Sono sempre io.” Girò ancora pagina, e comparve un disegno di un ragazzo alto e magro, con i pantaloni rossi gonfi, le scarpe gialle e i capelli castani e alzati. “E adesso?”
Al ragazzo scese una lacrima, mentre rispondeva: “Sono io.”
“Non dimenticare,  Roxas, ti prego. Non farlo.” Detto questo la ragazza svanì, e Roxas prese a precipitare.

Si ritrovò sul cornicione della torre, ma stavolta il tempo scorreva. I suoi amici erano chini su di lui.
“Stai bene?” Chiese Olette, mentre lo aiutava a sollevarsi.
“Si… che è successo?”
“Sei svenuto dopo aver chiamato Hayner “Axel”.” Nel sentire quel nome Roxas sentì gelarsi il sangue, ma spiegò: “Probabilmente deliravo.”
La ragazza annuì e lo aiutò ad alzarsi, dopodiché i tre se ne andarono, diretti al loro nascondiglio segreto.


- Angolo dell'Autore -

Salve a tutti! Rieccoci, con un nuovo capitolo de "In the Mind of a Nobody", la fic che ha appassionato... ehm... più o meno cinque persone! x°D
Roxas non ha completamente perso i ricordi, come abbiamo potuto notare, deve solo avere qualche "stimolo", come quelli che gli ha dato Naminè. Fin dall'inizio abbiamo potuto comprendere che voleva aiutare Roxas, e evidentemente adesso che si trova lì può farlo liberamente, con l'aiuto dei ribelli del Castello dell'Oblio (capeggiati da Marluxia, apparso sulla torre), che come leggevamo nell'ultimo capitolo non sono gli unici ribelli, perchè anche Zexion ha fondato una ribellione, contro l'altra, probabilmente. O forse è solo un piano di Xemnas per spaventare quelli del Castello? O magari per far sentire alle strette Roxas e, soprattutto, Axel, che di certo non resterà a guardare sapendo che l'amico è ancora vivo?
Vorrei potervi spiegare tutto, ma purtroppo vi leverei la sorpresa. Dunque, vi comunico che mancano due capitoli al tanto atteso finale! Sarà degno delle vostre aspettative?
Lo scoprirete presto! Alla prossima! 


Kingdommarco

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Capitolo 15
*** Thiefs of ....! ***


Giunti nel nascondiglio, si lanciarono tutti e quattro sui divanetti e trascorsero più di due ore spaparanzati a chiacchierare. Dopo un po’ Hayner chiese: “Ehi, ma avete sentito che si dice in giro?”
“Cosa?” Domandò Roxas, curioso, a nome di tutti gli altri.
“C’è un ladro misterioso che sta rubando tutte le …!” Rispose il ragazzo.
“Le cosa?” Chiesero gli altri, perplessi.
“Le …, andiamo! Quelle che catturano le immagini, che si fanno con la macchina …grafica!” Solo dopo questa frase, si rese conto di non riuscire a pronunciare la parola che cercava di dire.

“Ma come!? Non riesco a dire …! Com’è possibile!?” Il ragazzo si stava agitando, e Olette gli chiese:
“Ma di cosa si tratta?”
“Come!? Le …! Quelle che scatti con la macchinetta digitale o col cellulare…”
“Ah, le …!” Olette aveva capito, ma neanche lei riuscì a pronunciare la parola. Pence iniziò a frugare in un borsone, poi stupito urlò: “Oh no, manca la nostra preziosa … fatta al mare!”
“Nessuno riesce a pronunciare questa parola.” Concluse Roxas. “Forse è perché il ladro, oltre alle … ha rubato anche la parola …!”
“Ma che vai blaterando!?” Lo aggredì Hayner. “Non è possibile rubare una parola, e lo sai bene!”
“Io ho fatto un ipotesi, scusa…” Rispose il ragazzo, e l’altro fece un cenno come di perdono con la testa, evidentemente per prenderlo in giro.

Decisero di indagare sulla faccenda e uscirono di casa, diretti alla piazza. Giunti lì trovarono la banda dei “bulli del quartiere”, capeggiata da un tipaccio di nome Seifer, che si allenava nello Struggle. Vedendoli, il capo li schernì:
“Oh, abbiamo anche i ladri! Mi raccomando, non rubate altre …!”
“Non siamo stati noi!” Urlò Hayner. “Cosa te lo farebbe pensare!?”
“Siete voi i colpevoli, ormai in paese è sulla bocca di tutti.” Continuò il teppista, con voce divertita.
“Ma è una voce falsa!” Gridò Roxas, stupito.
“Si, certo, ladruncoli!” Concluse Seifer, ridendo, e la banda si dileguò. Mentre si allontanavano, un essere fulmineo, di corsa, sfrecciò dinnanzi al capo spingendolo a terra e scattò in aria verso la vecchia villa. Rialzatosi, per prima cosa il ragazzo controllò nella sua borsa. “Sono sparite le …! Maledetti!”
“Noi eravamo qui!” Gridò Olette, ma il teppista rispose: “La pagherete allo Struggle Battle, ladri!”

Detto questo la banda si allontanò di corsa, e Roxas chiese al gruppo:
“Secondo voi cos’era?”
“Cosa?” Domando Pence.
“Quell’essere che ha spinto Seifer.”
“Quale essere? Seifer è inciampato.” Concluse Olette, lasciando Roxas stranito. L’aveva notato solo lui? Evidentemente era il ladro, e non era umano. Senza nemmeno avvisare gli altri decise di corrergli dietro, per vedere dove andava. Assicurandosi che gli amici non lo seguissero, raggiunse in fretta la vecchia villa e lo trovò, in aria, dinnanzi al cancello. Aveva un sacco sulla spalla e, nel vederlo, gli corse contro e lo spinse a terra. Altri cinque esseri, identici a lui, giunsero in soccorso, e insieme circondarono il ragazzo. Roxas raccolse da terra un ramo secco abbastanza lungo, e decise di usarlo come arma. Gli esseri corsero verso di lui, che li attaccò, ma senza effetto. Il ramo sembrava non scalfire minimamente i loro corpi, anzi, sembrava non toccarli neppure. Un essere lo colpì alla schiena, e lui dolorante cadde a terra. D’improvviso sentì contrarsi il braccio che impugnava il ramo, e lo stese. Un lampo di luce, poi un bagliore avvolse la sua mano e l’arma. Quando la luce sparì, il ramo non c’era più e il ragazzo brandiva una specie di chiave gigante.

“Keyblade!” Non sapeva perché aveva pronunciato quella parola, ma dedusse che era il nome dell’arma. Si alzò e cominciò a colpire gli esseri: adesso ci riusciva. All’improvviso accanto a lui comparve un ragazzo, con i capelli grigi e una benda sugli occhi. Indossava una tunica nera, e imbracciava un Keyblade, completamente nero.
“Riku!” Esclamò Roxas, pur non conoscendolo, e il ragazzo disse: “Ti aiuto io.” Insieme, a colpi di Keyblade, riuscirono a eliminare le creature.
“Finiti.” Concluse il ragazzo, guardando Roxas. “Bel lavoro. Adesso torna dai tuoi amici, e non parlarne con nessuno.”
“Va bene.” Rispose l’altro, sorridendo. “Alla prossima!” Riku accennò un sorriso, poi sparì

. Roxas era rimasto solo, dinnanzi alla villa. Osservò la facciata a lungo: si vedeva che era davvero molto antica, e anche abbandonata. Mentre studiava le finestre, il suo sguardo cadde sull’ultima a sinistra del terzo piano. Non c’era niente, ma lui era sicuro di aver visto, con la coda dell’occhio, una ragazza, bionda, vestita di bianco.

-Angolo dell'Autore-

Carissimi lettori, più la storia va avanti e più ci avviciniamo al finale, e devo ammetterlo, sono indeciso se far si che sia nel prossimo capitolo, o tra un capitolo ancora... Perciò lo metto ai voti qui!
Chi di voi vuole scoprire subito il finale, me lo scriva nella recensione, chi vuole continuare, me lo scriva, sempre nella recensione! xD
Non preoccupatevi, non vi lascerò mica soli, enntro il finale avrete una nuova serie! Non vi anticipo niente, se non che sarà tutta sulle note di... eh, non ve lo dico. ù_ù
Beh, ragazzi, alla prossima! Sayonara!

-Kingdommarco

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Capitolo 16
*** It's too late. ***


Erano passati due giorni dall’attacco di quegli “esseri” e Roxas non ne aveva fatto parola con nessuno, proprio come gli aveva ordinato Riku.
Il ragazzo si sentiva strano. Era steso sul suo letto, stralunato, nella sua mente vorticavano ricordi confusionari, molti dei quali non riconosceva. Gli tornarono alla mente uomini con lunghi cappotti neri, un ragazzo castano coi calzoni rossi, un papero e un cane antropomorfi…

Il più delle volte giungeva alla conclusione che “saranno stati i peperoni di ieri sera a farmi sognare certe cose e mettermele in testa”, ma sapeva benissimo che era improbabile. Quei ricordi erano collegati all’attacco degli esseri, cosa che lui cercava di dimenticare, e alla ragazza bionda, vestita di bianco.
Si alzò dal letto e si avvicinò allo specchio. Sentì dei rumori in strada, e si sporse dalla finestra per controllare cosa stesse accadendo. C’era il ragazzo con la tunica nera e i capelli rossi, che passeggiava guardandosi intorno.

“Axel!” Gli venne da urlare, e lui alzò lo sguardo, notandolo immediatamente. In una frazione si secondo svanì, e se lo ritrovò alle spalle.
“Dimmi che è vero, tu ti ricordi di me?” Chiese il rosso, speranzoso.
“Ehm… no.” Rispose Roxas, visibilmente imbarazzato e molto turbato.
“Cavolo, come pensavo. Alla villa, ora, è tutto pronto.”
Una nube nera, alta come il ragazzo, comparve al centro della stanza, e lui vi scomparve dentro, lasciando di nuovo Roxas da solo.
Aveva paura, ma qualcosa gli diceva di potersi fidare di quel tipo: lui doveva andare alla villa.

Si preparò e uscì di casa, a passo svelto. Vide i suoi amici, e qualcosa lo spinse a fermarsi da loro.
“Ragazzi!” Urlò, ma non ricevette risposta. “Amici, come state?”
Il gruppo rimase impassibile, seduto sul muretto, a mangiare ghiaccioli al sale marino.
“Che succede? Ho fatto qualcosa?” Domandò, afflitto, ma nessuno lo degnò di uno sguardo. Improvvisamente notò, sporgente dalla tasca di Hayner, una foto, quella che si erano fatti la settimana prima al mare. La afferrò e le lacrime presero a sgorgare a fiotti dalle sue tristi orbite: nella foto, il suo spazio era vuoto.
Stava accadendo qualcosa, era evidente, e la risposta era alla villa. Non esitò a dirigersi lì, e trovò stranamente il cancello aperto. Era il segno evidente che qualcuno lo voleva dentro, e lui fu felice di accontentarlo.

La sala principale, parecchio malridotta, era enorme. Al centro c’era una grossa scalinata: Roxas sentì che doveva recarsi di sopra, e così salì le scale e si infilò nella prima porta.
Ciò che vide lo fece rabbrividire. Una camera interamente bianca, con tanto di tavolo e sedie bianche, senza neppure una macchia di colore. Appesi al muro, disegni: ce n’erano almeno mille, e lo ritraevano tutti. C’era lui con i suoi amici che mangiava il gelato, lui in camera sua, lui con il tipo dai capelli rossi e lui con indosso la tunica nera. Era agghiacciante.
“Ciao.” La voce improvvisa gli fece salire il cuore in gola; si voltò, e vide la ragazza in bianco, con un blocco da disegno in mano.
“Roxas, tu stai per andartene, per sempre. E io non posso lasciare che accada, io voglio fermarli.”

Il ragazzo non capiva, allora lei spiegò.
“Roxas, io sono Naminè, e sono una strega. Da quando entrasti nell’Organizzazione, i tuoi ricordi sono in mio possesso. Tu prima eri Sora, un eroe della Keyblade, e stai per tornare ad esserlo. Roxas, come lo conosco, morirà, e io non voglio che accada.”
“Naminè!” Alle spalle della strega comparve il ragazzo con i capelli rossi, che la afferrò e la scagliò sul pavimento. “Non glielo dovevi dire!”
“Ma io… io già lo sapevo.” Si intromise Roxas. “Io so già tutto… Axel.”
Al ragazzo con i capelli rossi scese una lacrima, mentre i suoi occhi erano fissi sul giovane. Con una pedata al centro del petto di Naminè le fece emettere un urlo acuto, dopodiché tornò a lui.

“Non mi interessa. Seguimi, è troppo tardi.”


-Angolo dell'Autore-

Innanzitutto, chiedo umilmente, infinitamente scusa ai miei lettori per la mia lunga assenza... non pubblico da mesi, e anche se ho spesso pensato di farlo, non ho potuto far nulla per vari motivi. Innanzitutto, questo è il penultimo capitolo: la prossima volta uscirà il finale, e poi, con l'avvento dell'estate, conto di iniziare una nuova serie, avendo più tempo a disposizione per scrivere.
Roxas ha ricordato ciò che doveva tenere a mente troppo tardi e questo potrebbe costagli caro... ma la prosisma volta scoprirete tutto, per ora vi lascio!
Alla prossima! (spero tra meno di sei mesi LOL)

King-San

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