I have a dream

di Il giardino dei misteri
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sheila ***
Capitolo 2: *** Il coraggio di Sheila ***
Capitolo 3: *** Il sogno ritrovato ***
Capitolo 4: *** Un nuovo incontro ***
Capitolo 5: *** Tra le sue braccia! ***
Capitolo 6: *** Ritrovarsi ***
Capitolo 7: *** Si va in scena!- L'epilogo ***



Capitolo 1
*** Sheila ***


Quella mattina come sempre la sveglia suonò alle sette. Sheila era ancora a letto accucciata nelle sue morbide coperte e non aveva minimamente intenzione di alzarsi, ma la sveglia  continuò a suonare e lei si convinse ad alzarsi. Era un mattina fredda e nuvolosa e questo la rendeva triste. Lei era sempre stata meteoropatica, soffriva terribilmente il tempo, e questo avrebbe reso la comunicazione con lei ancora più difficile.

Si alzò dal letto ancora assonnata e andò in bagno. Dopo essersi fatta una doccia rinfrescante, si vestì con dei comodi jeans stretti, che la facevano ancora più magra di quanto fosse, e una felpa bianca. Poi si truccò con cura e scese di sotto in cucina. Apparecchiò un angolino di tavolo per lei e si sedette per fare colazione. Preparò del latte, del caffè, prese i biscotti  e la marmellata. Poi svegliò suo padre che dormiva nel divano. Il padre di Sheila, Ernesto, era un uomo sulla cinquantina con capelli grigi, i baffi e un pancione enorme che sembrava dovesse scoppiare da un momento all’altro. Da quando sua moglie era morta due anni fa, lui si era licenziato e passava le giornate in casa a guardare la televisione ed ad ubriacarsi. Non aveva mai accettato la morte dell’unica donna che avesse mai amato e che gli aveva donato la sua unica figlia, per questo non voleva più sapere niente e spesso si ubriacava, nonostante i rimproveri di Sheila.

<< Ti sei ubriacato di nuovo ieri sera, non è vero?>> disse Sheila

<< No, cosa dici tesoro>> disse lui un po’ stordito.

<< Puzzi terribilmente. Io ti avevo detto di smettere di farlo, ma evidentemente tu non mi dai ascolto.>>

<< Ma infatti non ho bevuto.>>

<< Non venirmi a raccontare imbrogli. Io ti avevo pregato di smetterla e di cercarti un lavoro invece di passare tutta la giornata davanti a quella maledetta televisione, ma tu non mi hai dato ascolto. La mamma non ti avrebbe voluto vedere così, non lo capisci? Anche a me manca tanto, ma non possiamo lasciarci vincere dal dolore. Tu ti sei dimostrato immaturo ed irresponsabile e non hai fatto niente per superare questo momento>> disse Sheila attaccandolo.

Poi uscì di casa infuriata.

<< No, Sheila, aspetta … >> disse il padre.

 

Sheila era una ragazza di vent’anni. Aveva i capelli castani di media lunghezza e gli occhi castani, il naso e la bocca piccoli. Somigliava molto a sua madre, Emilia, che era venuta a mancare due anni prima a causa di una brutta malattia. Da quando lei era morta, però, tutto era cambiato e la sua vita era stata completamente stravolta. Suo padre si era licenziato dall’ufficio in cui lavorava pochi giorni dopo e, nonostante avesse promesso di trovarsi un lavoro, passava intere giornate a casa, in pigiama, a guardare la televisione, a bere e a dormire, uscendo solo di rado. Sheila, invece, si era diplomata  con ottimi voti al liceo scientifico e avrebbe voluto iscriversi all’università alla facoltà di Medicina, ma la situazione in cui si trovava e la  scarsità di soldi, la costrinsero a rinunciare. Così si era data da fare per trovare un lavoro e pagare almeno le spese che aveva in casa. Di giorno lavorava in casa di una donna un po’ anziana, tenendole compagnia e aiutandola nelle faccende domestiche e di notte, lavorava in un locale, dove serviva ai tavoli. La sua più grande passione, però, restava la danza e lei, nonostante le difficoltà, non aveva rinunciato a frequentare una scuola di danza. Ad appassionarla era stata sua madre. In passato era stata una nota ballerina, ma poi un incidente l’aveva costretta a smettere. Poi fondò un a scuola di danza dove Sheila aveva sempre respirato la passione per il ballo. Quando sua madre era morta, Lisa, la sorella di sua madre, aveva preso il suo posto e Sheila aveva continuato ad allenarsi, migliorando sempre di più.

La danza, il lavoro e i mille impegni, le permettevano di distrarsi e di non pensare alla situazione in cui si trovava. Sua madre le mancava terribilmente. Con lei aveva un rapporto speciale, unico, e non solo per la danza, ma per tutto. Sua madre era una donna solare, allegra, gentile, che non si adirava mai e che la capiva al volo. Sapeva come prenderla, sapeva come trattarla, cosa dirle. Lei sapeva sempre fare la cosa giusta al momento giusto, e Sheila trovava sempre il sorriso con lei. Quando era morta, era come se anche una parte di Sheila se ne fosse andata e da quel giorno, quel sorriso che lei aveva, si spense sempre di più, fino quasi a non esistere più. Certe notti si svegliava dopo averla sognata e scoppiava in lacrime, invocando il suo ritorno.

<< Oh, mamma, mamma, torna, ti prego. Sono tanto sola …>>

E piangeva disperatamente finché il sonno non la vinceva. Suo padre non l’aiutò per niente. Anche per lui il peso da portare era enorme e non aveva retto al dolore, abbandonandosi alla vita. Sheila, si sentiva spesso sola, proprio perché il padre non la aiutava. Spesso era lei a dover consolare lui, e non il contrario.  Da quando sua madre era morta era come se un ‘ombra fosse calata sulla loro casa, e niente sarebbe stato più come prima.

Sheila, però, continuava ad andare avanti nonostante gli sforzi e le difficoltà, perché era convinta che un giorno una stella avrebbe brillato anche per lei.

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Capitolo 2
*** Il coraggio di Sheila ***


La signora Rossi, aveva all’incirca settantacinque anni ed era rimasta vedova abbastanza presto. Aveva una figlia, ma viveva all’estero e la vedeva di rado. La sua unica compagnia era un gatto nerissimo, con due occhi verdi e un pelo folto. Aveva i capelli bianchi, gli occhi azzurri ed era una donna magra e sempre ben vestita e acconciata, anche quando non doveva andare in nessuno posto di particolare. La casa in cui viveva aveva la facciata di giallo, i balconi stretti e le persiane marroni. Era divisa in due piani. Al piano inferiore, c’era una piccola cucina, un salotto, la vasta biblioteca e lo studio del signor Rossi e un piccolo bagno. Al piano superiore, c’erano le stanze da letto e altri due bagni. La casa era stata arredata nel migliore dei modi: c’erano mobili antichi, quadri di valore, libri.

Sheila trascorreva lì quasi tutta la mattinata in quella casa e faceva compagnia alla signora, che non era proprio quello che si definisce un’amabile vecchietta. Ma, piuttosto  era bisbetica e brontolona, noiosa, puntigliosa e un po’ acida, ma anche maniaca dell’ordine e della perfezione. Sheila passava quasi tutto il tempo a leggere vecchi e noiosi libri, a suonarle qualcosa al pianoforte, ma questo non molto spesso, e a leggerle le notizie principali dei quotidiani più importanti. La signora Rossi la pagava piuttosto bene, anche se a Sheila quel lavoro stava un po’ stretto, sia per via dell’insopportabile carattere della donna e sia perché avrebbe preferito fare tutt’altro, ma dato che quei soldi le servivano stava zitta e faceva quel che doveva fare.

<< Signora Rossi, sono arrivata>> disse Sheila.

<< Sei in ritardo>> disse lei.

<< Mi dispiace.>>

<< Cerca di essere puntuale la prossima volta. Ora su cosa mi hai portato di bello oggi?>>

<< Ho comprato il giornale e le ho portato dei cornetti alla crema.>>

<< Bene. Vediamo cosa dice il giornale oggi.

Sheila allora iniziò a leggerle il giornale, mentre lei seduta sulla poltrona, si gustava i morbidi cornetti alla crema. Poi, suonò qualcosa al pianoforte, le preparò qualcosa da mangiare a pranzo e tornò a casa.

 

Quando tornò a casa, la scena che le si presentò davanti fu quella che aveva lasciato quando uscì: suo padre sdraiato nella poltrona, in pigiama, che russava con la televisione accesa e sul tavolino i resti del cibo mangiato. Anche oggi suo padre non aveva voluto darle retta, come sempre, e aveva preferito starsene a casa a non fare niente piuttosto che uscire, vestirsi di tutto punto e andare a trovare un lavoro. Questa situazione continuava da due anni e Sheila iniziava a non farcela più. Era lei che doveva badare alla casa, al lavoro, ai soldi, alle bollette. Era lei che mandava avanti la casa. E spesso si sentiva diversa dai suoi coetanei e questo le pesava molto. Loro uscivano, si divertivano ed erano sempre spensierati, mentre lei si sentiva sola e con tanti pesi sulle spalle. Avrebbe voluto essere una studentessa universitaria che esce con gli amici, si diverte e si dedica alla danza, la passione della sua vita. Invece, lei aveva dovuto accantonare tutto questo così presto perché la situazione economica era precaria ed era meglio evitare le spese inutili. Suo padre, poi, non era mai stato d’accordo con questa idea della danza, perché Sheila le ricordava sua moglie, così bella e determinata. E questo lo faceva stare male. Per questo Sheila prendeva lezioni di danza di rado e ormai le sembrava inutile farlo, perché tanto il suo sogno non si sarebbe mai avverato.

 

Sheila mangiò qualcosa, poi uscì di nuovo. Suo padre non si accorse di nulla, ovviamente. Non riusciva a rimanere in quella casa per lungo tempo. Così, lasciò il suo quartiere in  periferia e si diresse in centro, nella scuola di danza che era appartenuta alla madre. Lì trovò sua zia, che da quando sua madre era morta aveva preso la gestione della scuola. Era lì come sempre che dava lezioni di danza.

Sua zia Luisa era una donna giovane, di appena quarantadue anni. Aveva i capelli neri a caschetto, gli occhi verdi, il naso aquilino. Era magrissima ed era una donna molto bella. Era sempre stata una donna molto diversa dalla madre. Sua madre, infatti, era donna molto dedita alla famiglia, ai doveri, mentre sua zia aveva sempre vissuto in modo spensierato e libero, dedicando tutta la sua vita alla danza e scegliendo di non sposarsi mai. Quando la vide, Sheila le corse incontro.

<< Zia … >>

<< Sheila, ciao.>>

<< Sono pronta per una bella lezione di danza come ai vecchi tempi.>>

<< Bene >> disse la zia.

Poi sua zia mandò le sue allieve a casa e si mise in un angolo a chiacchierare con Sheila.

<< Devi dirmi qualcosa?>> le chiese sua zia.

<< Perché me lo chiedi?>>

<< Non sei venuta qui  solo per una lezione di danza.>>

<< No, infatti. Ho bisogno di parlare con qualcuno. Qualcuno che mi capisca. >>

<< Problemi con tuo padre?>>

<< Io gli voglio un gran bene, ma vederlo in questo stato di abbandono, mi sconforta. Beve ogni giorno sempre di più e non fa niente, mentre io devo andare a lavorare. >>

<< Gli hai parlato?>>

<< L’ho fatto centinaia di volte, ma lui non mi ascolta. Non ce la faccio più a vivere in quella casa. >>

<< Vuoi che ci parli io?>>

<< Ti ringrazio zia, ma sarebbe inutile.>>

<< Mi dispiace, tesoro. Non so cosa dirti. Se posso fare qualcosa tu lo sai che non esiterò a farla.>>

<< Grazie, zia. Ma non ce niente che puoi fare per me. Spero solo che mio padre capisca che sta sbagliando.>>

<< Lo spero anche io per te.>>

<< Avrei voluto che tutto fosse come quando avevo otto anni. Mia madre che mi dava lezioni di danza, mio padre che andava a lavorare e tornava la sera stanchissimo ed io che sognavo di fare la ballerina.>>

<<  E questo sogno c’è ancora?>>

<< Questo sogno non mi ha mai abbandonata, ma ha trovato tanti ostacoli che ne impediranno la sua realizzazione.>>

<< Mi stai dicendo che vuoi rinunciare?>>

<< Proprio così. Evidentemente la danza non era nel mio destino>> disse con le lacrime che le scendevano dagli occhi.

<< No, cara Sheila, tu non abbandonerai questo mondo. Perché tua madre ha fondato questa scuola e l’ha portata avanti per te. Perché voleva che un giorno avessi la brillante carriera che lei non ha avuto. Glielo devi.>>

<< Lo so. Ma …>>

<< Tuo padre è un grande egoista. Ma non per questo tu non porterai avanti il tuo sogno. Tu hai talento e questo talento non può essere gettato al vento. Lo so che lavori tutto il giorno e cerchi di portare avanti da sola la tua famiglia, ma quando hai un momento libero passa di qui. Sarà sempre aperto per te.>>

 

Con queste parole, sua zia aveva ridato quel sorriso e quella determinazione che a Sheila mancavano da troppo tempo. Sua zia le aveva dato coraggio, il coraggio di provare. La sua era una vita difficile, ma aveva deciso di provare. Soprattutto per sua madre, che aveva dato tutto per lei e che non avrebbe assolutamente voluto che rinunciasse al suo sogno.

 

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Capitolo 3
*** Il sogno ritrovato ***


Quel pomeriggio Sheila uscì di casa. Indossava una tuta grigia, scarpe da ginnastica e aveva i capelli raccolti in una foltissima coda di cavallo. Si diresse dritta alla scuola di danza della zia. Percorse un vasto tratto a piedi, finché arrivò. Quando giunse all’ingresso principale, esitò un attimo. Era tanto tempo che non metteva piede nella scuola di danza come ballerina. Da quando sua madre era morta l’aveva frequentata sporadicamente e se lo faceva era solo per andare a trovare la zia. Le sembrò strano dover tornare a frequentarla. Poi, si fece coraggio ed entrò. Percorse il lungo atrio che precedeva la sala da ballo, sulle cui pareti erano appese foto e ricordi delle vittorie della madre e degli allievi che avevano frequentato quella scuola. Tutti i trofei che sua madre e sua zia avevano vinto quando erano giovani, erano chiusi in una bacheca di vetro. E sulla porta di ingresso campeggiava un grande quadro che ritraeva la madre. Sheila si commosse un po’, poi asciugandosi le lacrime, entrò. Sua zia era già al lavoro.

Entrò in punta di piedi e si sedette su una panchina. Sua zia la vide poco dopo.

<< Sheila … temevo che non venissi più.>>

<< Ci ho messo un po’, ma ora sono qui.>> << E’ stato difficile per me. Qui ci sono troppi ricordi.>>

<< Lo so. E’ dura anche per me entrare ogni giorno in questa scuola e non vedere tua madre al lavoro, ma io so che è sempre al mio fianco e mi sostiene in ogni momento.>>

Le due si abbracciarono forte.

<< Sono pronta>> disse Sheila.

Sheila indossò le sue scarpette da danza, levando via quelle da tennis. E iniziò a fare delle cose basi, per riprendere a danzare con gradualità. Arabesque, assemble, brisé, chassé e poi salti, giri e piroette.

Vederla ballare al centro della pista era uno spettacolo. Si muoveva con grazia, dolcezza e leggerezza, degne di una vera ballerina, tanto che la zia restò impressionata e commossa. Vederla ballare le ricordava sempre di più la sorella. Sheila aveva la stessa determinazione e grinta di sua madre. Non mollava mai, perché sapeva che poteva fare sempre meglio. Quando ballava, liberava la mente da tutte le cose brutte ed era come un toccasana per lei. Si dimenticava del mondo che la circondava e si sentiva più vicina a sua madre. Sentiva la sua presenza, vedeva il suo volto, il suo sorriso e le sembrava che fosse così vicina da poterla toccare. Lei non aveva mai fatto alcuno sforzo per ballare. Era una cosa che le veniva naturale. E lo doveva a sua madre. Le aveva insegnato tante di quelle cose!

Prima di morire sua madre le aveva detto di non mollare  per nessuna ragione la danza perché essa sarebbe stato il suo rimedio, la sua medicina e perché quando le cose andavano male, sapeva che avrebbe potuto contare su di essa. Sua madre diceva un’infinità di cose, ma soprattutto una più di tutte l’aveva colpita: “ Se un sogno incontra tanti ostacoli, vuol dire che è quello giusto”. L’aveva incitata più volte a non smettere mai di sognare. Il sogno ha qualcosa di magico in sé, ti fa sentire speciale, ti fa immaginare traguardi sempre più alti ed è come una luce di stelle che ti investe e non ti lascia più- le diceva anche.

Come Ho potuto lasciare andare via tutto questo? Non farlo essere parte della mia vita?- disse Sheila.

La mamma aveva proprio ragione … “ è come una luce di stelle che ti investe e non ti lascia più.” E’ qualcosa di magico, speciale, unico. E’ un sogno.

 

Dopo che ebbe finito di ballare, tutti gli allievi della scuola che si erano fermati per guardarla, le batterono le mani, come se avesse appena sostenuto una gara. Sheila, tornò in sé, e divenne tutta rossa. Il cuore le batteva forte, perché quella scuola era ancora in grado di regalarle delle emozioni forti.

<< E tu vorresti rinunciare?>> le domandò la zia.

<< Non sapevo cosa stavo facendo. Mia madre aveva ragione.>>

<< Tua madre ha sempre avuto ragione e sono sicura che oggi da lassù avrà sorriso.>>

<< Lo penso anche io.>>

<< Ma da quant’era che non ballavi?>>

<< Un anno e mezzo.>>

<< Sembra che non hai mai smesso, Sheila>> disse la zia.

<< Mi sono lasciata trasportare, ed è stato magnifico>> disse Sheila visibilmente felice e con gli occhi che le brillavano.

<< Sono contenta. Domani ti aspetto qui alla stessa ora. Non mancare>> le disse la zia facendo l’occhiolino.

<< Non mancherò. Ora ho trovato il sogno che avevo perso.>>

 

Quando lasciò la scuola, Sheila si sentì diversa da quando era entrata. Prima era timorosa, ansiosa, triste. Ora era felice, contenta e si sentiva al settimo cielo. Avrebbe urlato di felicità. Per strada, mentre tornava a casa, pensò a tutto quello che le era successo. E si sentiva sola, in un mondo tutto suo a fantasticare. Tanto che si scontrò con qualcuno e cadde a terra.

<< Guarda dove metti i piedi>> le disse quello.

<< Scusami, sono distratta e …>>

Sheila restò imbambolata per qualche secondo. Davanti a lei c’era un ragazzo alto, bruno, dagli occhi verdi, la bocca piccola e un sorriso dolcissimo.

<< Non ti preoccupare. Capita a tutti>> disse, porgendole una mano per alzarsi.

<< Grazie>> si affrettò a dire Sheila.

<< Di nulla. Stai più attenta la prossima volta.>>

 

 

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Capitolo 4
*** Un nuovo incontro ***


Quando quel pomeriggio Sheila tornò a casa, le si ripresentò la medesima scena di tutti i giorni: suo padre in pigiama, sdraiato sul divano a bere. Ormai non ci faceva più caso, ma questo la faceva stare molto male. Suo padre sembrava dormire e Sheila cercò di non fare rumore per svegliarlo. Ma, lui  la sentì ugualmente.

<< Dove sei stata tutto il pomeriggio?>> le chiese.

<< In giro>> rispose lei evasiva.

<< In giro dove?>>

<< Non ti sei mai preoccupato di dove andassi e chi frequentassi … cos’è tutto ad un tratto hai iniziato ad occuparti della mia vita?>> disse lei scocciata.

<< Non te lo chiedevo perché sapevo dove andavi …>>

<< E perché ora non lo sai? O non ti fidi?>>

<< Lo so, invece … tu sei andata a ballare.>>

Sheila assunse un’espressione mista tra la rabbia e la preoccupazione, e iniziò a sudare.

<< Ma che ne sai tu?>> gli disse.

<< Ti avevo detto che devi lasciar perdere la danza. Non è roba per te>> disse suo padre.

<< Proprio tu mi dici cosa devo e non devo fare!>> << Io ti ho pregato di non bere più, ma tu non mi hai voluto sentire e a quanto pare bere è molto più nocivo di ballare.>>

<< Questo non c’entra.>>

<< Certo, non c’entra. Ma perché non ammetti per una volta che hai sbagliato? Ti costa tanto?>>

<< Tu non devi preoccuparti per me.>>

<< Bene, se è questo quello che vuoi da oggi in poi per me puoi anche morire.>> << Neanche tu devi occuparti della mia vita, però.>>

<< No, Sheila …>>

Ma, Sheila se ne era andata sbattendo la porta di casa.

Non sapeva esattamente dove si stesse dirigendo, ma certamente sarebbe stato il più lontano possibile da quella casa. La odiava. Odiava tutto. Tutti i sogni, le speranze, le certezze che aveva un tempo, erano svanite nel nulla, e lei si sentiva tanto sola. Sheila era sempre stata una persona forte, e in particolare, la perdita della madre aveva contribuito a farla diventare ancora più forte. Ma, per quanto potesse essere forte,  era pur sempre un essere umano. E come tutti gli esseri umani, ad un certo punto si lasciava andare e la forza che aveva, si affievoliva piano, piano.

<< Perché te ne sei andata, mamma? Io sono tanto sola e questo mondo mi sembra così cattivo. Oh, mamma, torna, ti prego. Torna. Non lasciarmi sola.>>

Le lacrime scendevano lungo le gote pallide e le rigavano il viso.

Lei non aveva mai accettato del tutto la morte di sua madre e in momenti come questo cadeva nella disperazione più totale. Si sentiva angosciata.

Perché nessuno mi capisce?

Il rapporto con suo padre si era logorato sempre di più da quando sua madre era morta. Il loro rapporto non era mai stato nulla di speciale. Quando sua madre era ancora viva, lei e suo padre si parlavano a mala pena. Lui era sempre impegnato, stanco. Non c’era mai. Lavorava sempre. E lei si può dire che fosse cresciuta con sua madre. Ma, quando la mamma se ne era andata, il loro rapporto era diventato conflittuale giorno dopo giorno.

<< Com’è strana la vita. Quando ero piccola desideravo che papà mi venisse a prendere a scuola, mi coccolasse, mi abbracciasse e pregavo che non andasse più a lavorare. Adesso, invece, lo devo pregare perché vada a cercarsi un lavoro >> pensava spesso Sheila.

 

Le lacrime continuavano a scendere giù e le annebbiavano la vista. Si sentiva stanca per quanto avesse corso, ma non le pareva mai abbastanza. Si sentiva sfinita, senza forze.

Tutto ad un tratto sentì un colpo alla spalla, poi svenne. Quando si svegliò, la prima cosa che vide erano dei meravigliosi occhi verde smeraldo fissi su di lei. Non capiva. Poi si ricordò di avere preso una botta,da qualche parte e poi nulla.

<< Ehi, tutto a posto?>> le disse una voce.

Lei si ridestò. E vide che la voce era di una ragazzo dagli occhi verdi.

<< Si>> disse. << Ma tu …>>

<< Si, sono sempre io.>> << Sembra quasi che lo facciamo a posta a scontrarci ogni volta.>>

<< Mi dispiace, io …>>

<< Stavi piangendo?>>

Sheila si asciugò in fretta le lacrime.

<< Si, ma non è niente.>>

<< Adesso come stai?>>

Si sentiva un po’ dolorante, ma nel complesso stava bene.

<< Bene, grazie>> disse Sheila sorridendo.

<< Non ti sembra il caso che ci presentiamo? Sono due volte che ci incontriamo in questo modo, anzi ci scontriamo …>>

Seguì un breve silenzio, poi il ragazzo prese la parola.

<< Io sono Angelo>> disse porgendole la mano.

Angelo? Oh si, il mio angelo salvatore.

Sheila restò imbambolata per qualche minuto, poi si scosse.

<< Io sono Sheila>> disse sorridendo.

<< Bene>> disse sorridendo. << Io vado, se è tutto a posto. E’ tutto a posto?>>

Sheila si era incantata di nuovo.

<< S- si, grazie.>>

<< Spero di rivederti, presto. Magari senza alcuno scontro>> disse sorridendo.

Sheila sorrise.

 

<< Oddio che figura che ho fatto! Come ho potuto essere così deficiente? A quest’ora magari starà pure ridendo di me con i suoi amici, e io come la cretina mi trovo qui ad immaginarlo. Ecco,  lo sapevo. Neanche nelle relazioni sociali ho fortuna. Chissà se lo rivedrò …>>

 

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Capitolo 5
*** Tra le sue braccia! ***


Quel pomeriggio Sheila uscì di casa. La sua destinazione era una sola: la scuola di danza. Aveva da poco ripreso le lezioni, ma ancora non si era abituata. Respirare l’odore della scuola, sentire la fatica, la stanchezza, assaporare il gusto dolce della vittoria e quello amaro della sconfitta.

Era passato un anno e mezzo da quando aveva smesso, ma le sembrava un ‘eternità. L’ultimo anno e mezzo le pesava come un macigno: non solo la madre era morta e il padre era diventato alcolizzato, ma lei, da sola a vent’anni, aveva dovuto rimboccarsi le maniche e portare avanti la famiglia, nonostante il dolore.

Appena arrivò, sua zia la accolse a braccia aperte, più felice del solito.

<< Sheila, non vedevo l’ora che arrivassi!>> esclamò appena la vide.

<< Ciao, zia. Come mai tutto quest’entusiasmo?>>

<< Eh, sapessi! Vieni, ti devo parlare>> disse, portandola con sé nel suo studio.

<< Mi devo preoccupare?>> disse Sheila.

<< Non è necessario>> disse sorridendo. << Come sai, ogni anno organizziamo un saggio con varie coreografie, balletti e tutto quello che abbiamo svolto …>>

<< Mmh … e allora?>>

<< Io ho già scelto le coppie per i vari balli, dai più piccoli ai più grandi. Il tuo ritorno è stato come un toccasana per noi e io non posso escluderti dal saggio. >>

<< Ne sei sicura? Io è da tanto che …>>

<< Non ti devi preoccupare. Sei bravissima. Per questo ho deciso di affiancarti un partner altrettanto bravo.>>

<< Bene … e chi sarebbe?>>

 

In quel momento entrò dalla porta un ragazzo. Alto, bruno, un sorriso dolcissimo e due occhi verde smeraldo.

Sheila guardò quegli occhi. Le ricordavano qualcosa. Quando guardò meglio la figura che aveva di fronte, le venne un colpo.

<< Oh mio Dio! Non può essere. Questo è un o scherzo!>> pensò.

Iniziò a sudare e ad agitarsi, in preda alle palpitazioni.

<< Ehi … chi non muore si rivede!>> disse lui facendole l’occhiolino.

<< A- Angelo … che bello vederti!>> disse Sheila in evidente stato di agitazione.

<< Perfetto! Adesso ho iniziato pure a balbettare!>> pensò lei. << Sta’ calma, Sheila. Vedrai che è solo uno scherzo. Tutto un equivoco.>>

<< Bene, vi conoscete già. Perfetto>> disse la zia.

<< Ci siamo scontrati un paio di volte>> disse Angelo sorridendo.

<< Beh, in un certo senso …>> disse Sheila.

<< Bene, allora potete iniziare a lavorare. Io vi lascio>> disse la zia.

 Sheila ebbe un sussulto.

<< Oh, Signore. Dimmi che non lo  farà. Non se ne andrà.>>

Ma lei lo fece e fu molto rapida. E Sheila non ebbe il tempo di fermarla, come pensava di fare.

 

<< Allora, piccola come vanno le cose?>> disse Angelo avvicinandosi a Sheila e accarezzandole la guancia.

Sheila, arrossì fino alle radici dei capelli e per l’imbarazzo si scansò.

<< B- bene. Tutto bene.>>

<< Hai mantenuto la promessa. Stavolta non ci siamo più scontrati.>>

<< Beh, si>> disse Sheila arrossendo e sorridendo. << Possiamo iniziare se vuoi.>>

 

I due si misero a lavoro. Ma, Sheila era distratta, assente, agitata, spaventata. E dopo l’ennesima caduta, si fece prendere dallo sconforto.

<< Non so che mi succede, oggi>> disse sbuffando.

<< Sei troppo tesa. Rilassati.>>

<< Non ci riesco. E’ come se avessi paura.>>

<< Facciamo così : per oggi lasciamo stare, domani riprendiamo. Ora vieni con me>> disse lui.

<< Dove?>> disse Sheila.

<< Che c’è non ti fidi? Avanti, dammi la mano. Vieni con me.>>

 

Uscirono dalla scuola, presero la macchina di Angelo e percorsero pochi metri. Quando arrivarono ad una vecchia casa abbandonata alta tre piani e con una immensa terrazza, si fermarono e salirono in cima.

<< Questo è il mio posto preferito>> disse Angelo. << Quando sono triste o agitato vengo qui. Si vede tutta la città.>>

<< Hai ragione.>>

<< Adesso chiudi gli occhi e libera i tuoi pensieri.>>

Mentre diceva questo, Angelo si mise dietro Sheila e la abbracciò. Tra le sue braccia, Sheila si sentiva libera, felice, spensierata. Tutti i suoi pensieri erano svaniti e si sentiva protetta. Quel senso di protezione che le era sempre mancato e che tanto desiderava! Si sentiva bene con Angelo. E mentre tutto questo accadeva il suo cuore non la smetteva di martellarle nel petto.  

 

 

 

Salve! Che ne pensate di questo capitolo? Vi piace?

Se per caso passate a dare un ‘occhiata e vi è piaciuto o pensate che debba aggiungere qualcosa, recensite mi raccomando! Besos :D

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Capitolo 6
*** Ritrovarsi ***


Era un pomeriggio caldo. Caldissimo. Sheila uscì di casa e si diresse verso la scuola di danza. Ormai era diventata un’abitudine. Le prime volte le risultò strano tornare nel luogo in cui per tanti sua madre aveva raccolto soddisfazioni, successi, onori e fama e dove lei, da piccola, aveva mosso i primi passi nel mondo della danza. Ma, adesso, non se ne accorgeva quasi più. Ballare era diventato il suo unico scopo. La sua unica ragione di vita come lo era un tempo.

<< Tutti hanno il diritto di sognare. Perché non posso farlo anche io?>> era quello che si ripeteva sempre. << Dopotutto non sto facendo nulla di male. Sto solo inseguendo il mio sogno.>>

Ora che era tornata a frequentare la scuola di danza , Sheila si sentiva più felice e spensierata. Come un tempo. Il tempo in cui c’era ancora sua madre. Adesso non era più triste. Neanche quando, tornando a casa, vedeva sua padre riverso sul divano a rovinarsi la vita e il fegato con l’alcol. Ora Sheila,  cantava sempre, rideva, scherzava, ballava e aveva sempre il sorriso sulle labbra.

E questo era solo grazie alla danza e … ad Angelo. Era lui che le aveva ridato la voglia di vivere! Quella voglia che aveva perso da troppo tempo, nonostante fosse così giovane! Trascorrevano molto tempo insieme e si era resa conto che per lei, Angelo era davvero speciale! Sapeva farla ridere, tirarla su di morale quando era un po’ triste, aiutarla e con lui stava benissimo. Non aveva bisogno d’altro! E poi, insieme lavoravano così bene, che guardandoli ci si sarebbe divertiti!

Tra di loro era nato qualcosa di forte, anche se forse loro non lo sapevano ancora.

 

Sheila tirò dritto verso la scuola. Aprì la porta e si ritrovò sua zia davanti e le sue allieve che provavano. Salutò calorosamente sua zia, poi, si diresse verso la stanza in cui lei e Angelo provavano. Lui, però, non c’era ancora. Così, ne approfittò per sistemarsi un po’. Poco dopo sentì delle mani sul suo viso. Le toccò.

<< Angelo, smettila.>>

<< Ciao, piccola>> disse schioccandole un bacio sulla guancia.

<< Sei in ritardo>> disse Sheila guardandolo con aria severa.

<< Ok, hai ragione, ma non mi uccidere … risparmiami, stavolta.>>

<< Scemo>> disse Sheila dandogli un leggero spintone.

<< Ti ho portato una cosa …>> disse lui ad un tratto.

<< Cosa?>> disse lei curiosa e cercando di vedere cosa nascondesse dietro la schiena.

Lui le porse una scatola ben impacchetta.

<< Cos’è?>> chiese lei curiosa.

<< Scarta.>>

Nella scatola c’era un vestito. Un vestito corto e rosso e delle scarpette dello stesso colore.

<< Che significa?>> disse Sheila.

<< Sono per te. Mia madre ha lavorato spesso con tua madre. Era la sua sarta personale e aveva confezionato questo vestito per lei. Ma, poi, lei non poté più ballare e mia madre tenne con sé questo vestito.>>

A Sheila vennero le lacrime agli occhi.

<< N- non ci posso credere.>>

<< Sapevo che ti sarebbe piaciuto.>>

<< Mi hai fatto proprio un bello scherzo! Non ti  fare venire in mente altri scherzi come questo!>> disse lei scherzando.

Lui si sedette accanto a lei e le asciugò le lacrime.

<< Beh, sabato abbiamo il saggio.>>

<< Non  mi ci fare pensare, sono molto tesa.>>

<< Andrà tutto bene, sta tranquilla, piccola>> disse accarezzandola.

<< Lo spero.>>

<< Tuo padre lo sa? Ci sarà?>>

<< No,>> disse Sheila abbassando lo sguardo. << Non gli ho detto nulla.>>

<< E perché non lo fai?>>

<< Perché è inutile. Lui non verrà mai a vedermi ballare.>>

<< Che ne sai?>>

<< Lo so. E’ troppo doloroso per lui. Gli ricordo mia madre, e poi, lui non ha mai approvato il fatto che ballassi. Dice che non mi guadagnerò da vivere danzando. E che devo smetterla di stare con i piedi per aria.>>

<< Tuo padre trova ancora il coraggio di dirti queste cose? Certo che è un grande egoista. >>

<< E’ quello che penso anche io. >>

<< Dopo tutto quello che fai per lui.>>

<< Lo so>> disse abbassando la testa. << E’ per questo che non voglio dirgli nulla.>>

<< Pensaci, magari cambierà idea.>>

<< Conosco troppo bene mio padre, e so che non lo farà.>>

<< Promettimi che ci penserai.>>

<< Va bene.>> << Adesso, però, dovremo provare altrimenti sabato siamo fregati.>>

Lui le sorrise dolcemente.

Provarono per due ore, senza che nessuno li disturbasse. Erano tutti e due molto concentrati e risoluti ad ottenere ottimi risultati. Non si davano per vinti e se sbagliavano riprovavano ancora e ancora, con grande tenacia. Erano quasi pronti per andare in scena!

Dopo che ebbero finito si salutarono e Sheila prese la strada di casa. Quando varcò la soglia, si meravigliò a non vedere suo padre riverso sul divano, ma lo scorse in piedi davanti alla finestra del soggiorno.

<< Ah, sei qui.>>

Lui non rispose, si limitò a guardarla.

<< Beh, salgo di sopra>> disse ancora Sheila.

Mentre pronunciò questa frase, le cadde di mano la scatola che Angelo le aveva dato. Quella del vestito.  Sheila si affrettò a raccoglierlo, sperando che suo padre non lo vedesse. Ma, ormai, era troppo tardi.

<< Che cos’è quello?>> le chiese suo padre.

<< Niente>> disse Sheila noncurante.

<< Avanti, fammi vedere.>>

<< Ti dico che non è niente.>>

<< Fammi vedere, ti ho detto.>>

Ora lo sguardo del padre si fece più severo. E Sheila dovette cedere, porgendogli la scatola con dentro il vestito. Suo padre lo guardò attentamente e parve riflettere.

<< Chi te l’ha dato?>>

<< A scuola di danza.>>

<< Era di tua madre.>>

<< Lo so>> disse Sheila.

<< Che ci fa nelle tue mani?>>

Sheila esitò.

<< Dimmi che ci fa nelle tue mani>> le chiese il padre.

<< Lo indosserò per il saggio.>>

<< Che stai dicendo?>>

<< Lo indosserò sabato per il saggio.>>

<< E me lo dici così?>>

<< Come vuoi che te lo dica? Ti devo mandare la cartolina? Tanto a te, non interessa più di tanto.>>

Lui esitò.

<< Figlia mia, che dici?>> disse con gli occhi velati di lacrime. << Questo mi interessa, mi interessa, eccome. Perché non me lo hai detto?>>

<< Perché temevo che tu dicessi di no>> disse Sheila piangendo.

<< Ma come hai potuto pensarlo?>>

<< Perché tu mi hai sempre detto …>>

Lui non le fece finire la frase.

<< Non importa quello che ho detto, non importa, non importa più …>> disse lui abbracciandola.

<< Oh, papà>> disse Sheila abbracciando suo padre, quanto più forte poté.

 

 

 

 ANGOLO AUTRICE.

Mi dispiace per la lunga assenza, ma ero in una specie di crisi xD Non sapevo più come fare continuare questo capitolo. Poi, improvvisamente, mi è venuta l’ispirazione. Spero che vi piaccia. Non esitate a recensire. Grazie : )

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Si va in scena!- L'epilogo ***


La sera del saggio, arrivò puntuale. Sheila era nervosissima. Aveva provato e riprovato le coreografie con Angelo duemila volte e le pareva di impazzire, non si ricordava niente e si sentiva profondamente in ansia. Si presentò alla scuola di danza alle tre del pomeriggio per essere certa che tutto fosse apposto per le sette, l’ora in cui si andava in scena. Ripassò le coreografie, sistemò il vestito, le scarpe, si fece truccare e preparare accuratamente. Insomma, fece tutte quelle cose che le donne sono solite fare prima di un grande evento. Angelo arrivò verso le sei del pomeriggio, in tutta calma e tranquillità.

<< Ehi, piccola, sei pronta?>> le disse col sorriso sulle labbra.

<< No, accidenti. No. Manca un’ora.>>

<< Stai tranquilla, andrà tutto bene.>>

<< Perché tu non sei preoccupato?>>

<< No, perché dovrei? Al massimo mi fischieranno>> disse lui ridacchiando.

<< Ti invidio. Io non riesco ad essere così tranquilla. >>

<< Sei in buone mani>> disse strizzandole l’occhio. << A proposito tuo padre, viene?>>

<< E’ quello che spero>> disse Sheila sorridendo.

Poi, Angelo si allontanò, lasciandole tutto il tempo per prepararsi. In tutti i sensi.

Alle sei e trenta, Sheila era pronta. E l’ auditorio iniziava ad affollasi di gente. Le persone iniziavano a prendere posto, per evitare di dover rimanere tre ore in piedi. La sala si affollava e si sentiva un mormorio fitto e intenso, mentre dietro le quinte, nei camerini si sentiva confusione. Alcuni provavano per l’ennesima volta la propria coreografia, altri si vestivano, altri ancora avevano problemi con costumi, altri con le scarpe. Era un viavai continuo. Chi correva a destra e chi correva a manca. Qualcuna faceva i capricci per i vestiti, qualche altra invece era tesa. Sheila, invece, era seduta su uno sgabello e si rosicchiava le unghie, per il nervosismo.

Poco dopo, vide sua zia.

<< E tu che ci fai qui?>>

<< Sono pronta>> disse lei.

<< Di già? Ci credo, sei qui dalle tre!>>

<< Inizio ad avere mal di pancia!>> disse Sheila preoccupata.

<< Oh, Sheila, vedrai che andrà tutto bene. Non farti venire i tuoi soliti mal di pancia!>>

<< E’ la preoccupazione!>>

<< Lo so,  lo so. Anche a tua madre venivano. Anche lei prima di uno spettacolo aveva sempre mal di pancia. Ma, poi tutto le passava. Anzi, ti voglio dare una cosa …>>

<< Cosa?>>

Sua zia estrasse dalla borsa  un piccolo ciondolo a forma di cuore.

<< Questo era il portafortuna di tua madre.>>

<< Il ciondolo a forma di cuore?>>

<< Si, glielo aveva regalato tuo padre. Ora, è tuo>> disse sorridendole.

<< Grazie, zia.>>

<< Vedrai, andrà tutto bene.>> << A proposito tuo padre verrà?>>

<< E’ quello che spero, ma ancora non si vede nessuno.>>

<< Va beh, io vado a sistemare i miei ragazzi>> le disse.

<< A dopo>> rispose Sheila.

Sheila continuò a stare dietro le tende rosse del palcoscenico nella speranza che suo padre venisse, ma non si vedeva nessuno all’orizzonte. C’erano molte persone, questo è vero, ma se lui fosse venuto, lo avrebbe notato di certo. Invece non c’era e Sheila iniziò a preoccuparsi. Cercò di essere paziente e aspettare, ma in situazioni come quella, la pazienza proprio non riusciva a trovarla. Erano le sette e di suo padre neanche l’ombra. L’auditorio intanto si era  riempito ancora di più e Sheila iniziò a sudare e ad innervosirsi. Tutta quella gente le metteva ancora più panico. Non riusciva a mantenersi calma e iniziò a tremare e sentire i battiti del cuore sempre più forti. Per allentare la tensione fece di tutto. Camminò avanti ed indietro per il palcoscenico, pensò a qualcosa che la facesse stare bene, pensò a sua madre, pregò, ma nulla le servì, la tensione rimase alta, comunque. Finché non arrivò Angelo, vestito con un completo tutto nero.

<< Wow! Ma sei uno schianto!>>  disse Sheila appena lo vide.

<< Anche tu, sei bellissima.>> << Sei pronta?>>

<< No, ho paura, Angelo. Ho troppa paura. E poi, non vedo arrivare mio padre, inizio a preoccuparmi.>>

<< Ascoltami bene, piccola. Devi stare calma, perché se ti fai prendere dalla paura sbaglierai tutto. Ci sono qui io con te, non dovrai ballare da sola. Se sbaglieremo, lo faremo insieme. >>

<< E se io ti faccio sbagliare?>>

<< Non ti preoccupare per me, io me la cavo sempre!>> le disse strizzandole l’occhio.

<< Scusami, sono paranoica.>>

<< E’ normale essere nervosi! Ma, non devi preoccuparti perché non dovrai ballare da sola!>>

<< Ma, sono ugualmente preoccupata per mio padre. E se gli fosse successo qualcosa, perché non viene?>>

<< Secondo te, vuole mancare al saggio di sua figlia? Sta’ tranquilla, a momenti arriverà. Fidati e mantieni la calma.>>

Sheila lo abbracciò.

<< Grazie, Angelo. >>

<< E di cosa, piccola?>>

<< Grazie per tutto quello che hai fatto per me. Grazie. Mi hai fatto ritornare a vivere. >>

<< Semmai sono io che devo ringraziarti. Grazie alla tua sbadataggine ci siamo scontrati due volte. Altrimenti …>>

<< … ora non saremmo qui insieme.>>

<< Già>> disse lui.

Gli occhi verdi di Angelo fissarono quelli castani di Sheila. I due si guardarono negli occhi intensamente. Esitarono un po’, come se non fossero sicuri di quello che stavano per fare. Angelo prese la faccia di Sheila tra le mani, lei sbatté forte le ciglia, poi chiuse gli occhi e si lasciò trasportare, riponendo tutta la sua fiducia in lui. E si baciarono. Si baciarono con foga come se si erano persi e adesso si erano ritrovati, come se non si vedevano da tanto tempo, come se si erano cercati, rincorsi e aspettati. Come due innamorati. Fu un bacio lungo, senza respiro. Erano così presi che non riuscivano più a fermarsi, a scuotersi, neanche alla voce della zia Luisa.

 << Ragazzi, ragazzi …>> << Non c’è tempo per le smancerie adesso. Si va in scena! Ci penserete dopo.>>

 I due sorrisero. Si diedero un bacio fugace, stavolta, e si spostarono da dietro le quinte, mentre le tende rosse si discostarono lentamente.

Era il momento di andare in scena!

 

Prima toccò ai ragazzi più piccoli salire sul palco. La serata era suddivisa in vari momenti: ad un balletto di ogni categoria , si alternava la presentazione di qualche lavoro manuale realizzato da altre persone. Infatti, la serata risultò piuttosto lunga.

Sheila era ancora nervosa, ma un po’ meno, adesso. Sia perché sapeva che lei sarebbe stata l’ultima, e questo le dava il tempo per rilassarsi e riposarsi, sia perché sapeva che Angelo era con lei. Teneva stretto fra le mani il ciondolo che sua zia le aveva dato e decise di indossarlo prima di andare in scena. Seguì con molto entusiasmo e partecipazione la performance dei suoi colleghi e non mancò di dare consigli ai più piccoli o qualche dritta, ma anche tanti complimenti. Il fatto di seguire il lavoro degli altri la fece distrarre un po’ e si sentì più rilassata. Ma, non del tutto perché suo padre non era ancora arrivato. L’ansia iniziava a crescere.  Pensò che magari sarebbe arrivato a breve o che forse se ne era dimenticato. Del resto, lui non aveva mai avuto buona memoria. E non era mai stato abbastanza presente nella vita della figlia. Per Sheila questo non era il primo saggio. Quando era piccola e c’era ancora sua madre, aveva sempre partecipato ai saggi o alle serate di intrattenimento che si organizzavano alla scuola di danza. Ma, suo padre non era mai venuto a vederla. Mai. Certo, a quei tempi aveva ancora un lavoro e trovava sempre questa scusa da dare alla figlia. A Sheila, dispiaceva, certo, ma poi, iniziò ad abituarsi e le bastava vedere in prima fila sua madre. Non desiderava nient’altro. Sua madre che la guardava e annuiva con  la testa. Sua madre che si commuoveva. Sua madre che alla fine delle sue esecuzioni, le batteva sempre le mani. Sua madre che scattava fotografie, per immortalare per sempre quei bellissimi momenti.

Stavolta, invece, sua madre non ci sarebbe stata. Ma, Sheila sapeva che lei la stava già guardando. Magari, l’avrebbe guardata dall’alto e da un posizione più comoda, ma l’avrebbe certamente guardata. Non si sarebbe persa il ritorno sulle scene di sua figlia. E Sheila la sentiva più vicina che mai.

 

La serata, iniziò ad entrare nel vivo ed il pubblico sembrò divertirsi parecchio. Insomma, non  fu una di quelle sere noiose, in cui tutti sbadigliavano ed erano proprio annoiati, ma tutti si divertivano, battevano le mani e seguivano con grande interesse. Nella scaletta c’erano dieci balletti. L’ultimo doveva essere eseguito da Sheila ed Angelo. Quando anche il penultimo fu eseguito, Sheila stava quasi per andare in scena.

<< Non ce la faccio>> disse ad Angelo.

<< Stai calma, piccola. Stai calma>> disse dandole un bacio sulla fronte.

<< Ho paura>> disse, mentre sentiva il cuore agitarsi.

Angelo la prese per la mano e cercò di calmarla. Poi, furono chiamati, salirono sul palco e si posizionarono al centro. Mentre Sheila, sentiva gli occhi di tutti puntati su di lei.

<< Mi padre non c’è>> sussurrò Sheila all’orecchio di Angelo.

<< Sta’ calma>> le sussurrò lui a sua volta.

<< Non ce la faccio.>>

<< Stai calma, Sheila, stai calma.>>

Sheila guardava nervosamente la platea. Si sentiva confusa, smarrita, non sapeva cosa doveva fare, si sentiva sola. Voleva scappare via e piangere. Era troppo tesa. Troppo nervosa. Non era più disposta a ballare. Fece un cenno di no e si voltò verso sua zia, che la stava guardando incredula. Non voleva più ballare. Dopo tutti i sacrifici, le rinunce, i sogni, l’impegno. Non se la sentiva più. Questo accadde sotto gli occhi increduli di tutti. Sheila voleva mollare. Tutti si chiesero perché. Sheila voleva scappare via. Lo stava facendo. Stava per lasciare il palco. Ma, senti un rumore alle sue spalle. La porta dell’auditorio si spalancò. Lei si girò. Fu un attimo. Vide suo padre, che cerava un posto tra la folla. Le venne un tuffo al cuore. Finalmente. Finalmente era arrivato! Non ci sperava più ormai! Ed era così felice. Angelo vide la felicità nei suoi occhi. Sheila si avvicinò a  lui e disse:

<< E’ tutto a posto. Possiamo iniziare, ora.>>

Lui le sorrise. E la musica partì. Sheila si dimenticò di ogni cosa. Si dimenticò di essere di fronte a una platea enorme, che tra di essa c’era anche suo padre, che gli occhi di tutti  erano puntati su di lei, che tutti attendevano il suo grande ritorno. L’unica cosa che pensò era Angelo. Ripose la sua fiducia in lui e si lasciò condurre. I passi le venivano naturali. Aveva temuto di non ricordarseli o di sbagliare o di fare una brutta figura, ma adesso tutto era naturale. I passi venivano uno dietro l’altro automaticamente. Sheila chiuse gli occhi e si lasciava trasportare dalla musica, dalla armonia, dai passi e da Angelo. Era con lui e questo le bastava. Si sentiva la donna più felice di questa terra. Finalmente aveva realizzato il suo sogno. Il sogno della sua vita e aveva trovato l’amore. Cos’altro poteva desiderare?

Quando la musica finì e l’esecuzione del loro ballo, pure, Sheila aprì gli occhi. Non le parve vero. Tutti, nessuno escluso, si erano alzati in piedi per applaudirla. Gli applausi andarono avanti per ben cinque minuti! E Sheila fu commossa. Strinse forte la mano ad Angelo e gli sorrise. Era tutto merito suo!

Quando la serata si concluse, Sheila fu raggiunta da suo padre, abbastanza commosso.

<< Sheila, figlia mia …>>

<< Papà, temevo che non venissi …>>

<< Ho esitato a lungo, ma poi ho deciso di venire. Non volevo mancare per il tuo grande ritorno. Tua madre sarebbe stata fiera di te e se fosse ancora viva sarebbe stata in prima fila ad applaudirti.>>

<< Lo so. >> disse Sheila tra le lacrime. << Ma, lei era con me e mi ha aiutato a non avere paura. >>

I due si abbracciarono come forse mai avevano fatto nella loro vita.

<< Mi dispiace, io non sono stato un buon padre per te, io …>>

Sheila lo zittì.

<< Non importa, non importa>> disse ancora singhiozzando. << L’importante è che ora sei qui. Non voglio più lasciarti papà, mai , mai più.>>

<< E io, non voglio che tu vada più a lavorare. Ho deciso di cercarmi un lavoro. Ho lasciato che per troppo tempo ti occupassi della casa. Mi dispiace.>>

<< Non potevi rendermi più felice, papà. >>

<< Il tuo unico scopo sarà realizzare il tuo sogno. E sarai una ballerina, come tua madre.>>

<< Oh, papà>> disse Sheila abbracciandolo.

 

I due si abbracciarono tanto e stettero tutta la serata insieme come se avessero perso tanto tempo e dovessero recuperarlo. Seguirono festeggiamenti, risate, musiche, balli. Da quella sera, molte cose cambiarono per Sheila. Lei continuò a lavorare, anche se molto meno rispetto a prima, e soprattutto continuò a danzare e a frequentare la scuola di danza insieme ad Angelo. Ormai facevano coppia fissa sia nel lavoro, sia nel privato. Mentre il padre di Sheila, adesso, si era trovato un lavoro e non trascorreva più le sue giornate sul divano. Sheila aveva finalmente realizzato il suo sogno ed era ritornata ad essere la ragazza felice di un tempo.

 

 

***

The end

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