Mello's Adventures in Wonderland.

di Nihal 98
(/viewuser.php?uid=150384)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Nella Tana del Coniglio. ***
Capitolo 2: *** 2. Strani incontri. ***
Capitolo 3: *** 3. Chi sei? ***
Capitolo 4: *** Il Dio di un nuovo mondo. ***



Capitolo 1
*** 1. Nella Tana del Coniglio. ***


1.Nella Tana del Coniglio*.

Mello, seduto sopra l’albero, accarezzava distrattamente il micio acciambellato accanto a lui, cercando di stare attento alla lezione di storia che, per l’ennesima volta, Roger gli stava ripetendo.
Tutto, però, sembrava distrarre il giovane ragazzo: le nuvole dalle forme più varie, il canto degli uccellini, il pelo morbido del gatto Matt.
-Allora ci sei, Mihael?- domandò scocciato Roger da sotto l’albero.
Il ragazzo annuì distrattamente e addentò un pezzo di cioccolato fondente, che gli si sciolse in bocca.
-Dato che affermi di aver seguito, perché non mi ripeti ciò che ho detto?- insistette il vecchio maestro di storia.
Mello sbuffò, estraendo un altro pezzo di cioccolato dalla tasca.
Com’era noiosa la storia! A che serviva poi?
Avrebbe volentieri fatto uno dei puzzle bianchi di Near, pur di evitarsi quella noiosa lezione.
-Non ho seguito- rispose seccamente il biondo, addentando la secondo barretta.
-Come pensavo. Allora ricominciamo, ma vedi di stare attento, questa volta. Non vorrai ritirarti a casa dopo il tramonto, spero!- grugnì il maestro, prima di ricominciare a leggere.
Mello stava per decidere di ascoltare la lezione, quando la sua attenzione fu catturata da un coniglietto bianco, vestito di una semplice camicia dello stesso colore del pelo, con un orologio a forma di puzzle tra le mani.
Un coniglio vestito?  
Pensò il ragazzo, tenendo lo sguardo fisso sull’animaletto.
Vide il piccolo coniglio avvicinarsi e, quando passò sotto l’albero, lo sentì dire: -Tardi! Molto tardi! Devo correre o finirò ucciso!-
Il ragazzo biondo non ci pensò due volte a scendere dall’albero con un balzo e lanciarsi all’inseguimento del coniglietto, seguito a sua volta dal gatto Matt.
-Aspetta Coniglio!- urlò Mello, addentrandosi in un buio boschetto.
Il Coniglio, tuttavia, non sembrava averlo udito e continuava a correre, ripetendo quella lamentela e agitando l’orologio a forma di puzzle.
Mello lo vide infilarsi in una buca e scomparire dentro di essa.
Il bosco era di nuovo immerso nel silenzio, si poteva sentire solo l’eco delle parole del Coniglio.
Che strano. Non mi è mai capitato di vedere un Coniglio vestito, tanto meno di sentirlo parlare. Chissà cosa voleva dire, con quel “finirò ucciso”?.
Mihael si avvicinò alla buca e si sporse leggermente. Non riuscì a scorgere niente: c’era solo nero e odore di terra bagnata.
Dov’era finito il Coniglio?
Intanto il gatto rosso si era avvicinato a lui e guardava con gli occhi verdi spalancati la buca.
-Che ne pensi Matt? Credi che non rivedremo più il Coniglio con l’orologio e la camicia?- chiese al gattino, sporgendosi di più.
Matt fissò il suo padrone e miagolò.
-Che stupido che sono! Tu non puoi certo parlare come il Coniglio!- riuscì a finire la frase, prima di scivolare sulla terra bagnata e cadere dentro il buco nero.
-Aiuto! Aiuto!- urlò, cercando di aggrapparsi alle radici che sporgevano all’interno del buco.
L’ultima cosa che vide fu Matt, che lo guardava triste, mentre spariva nel buio.
Poi fu solo una lunga, lunga, caduta.
Più cadeva, più cominciava a vedere la luce e oggetti sparsi che, come lui, cadevano.
Le ore passavano, sentiva l’orologio che aveva sul polso ticchettare, tuttavia lui non si decideva a cadere.
Forse sono già caduto, ho sbattuto la testa e sono morto.
Pensò grattandosi il capo.
Aspettò altri minuti, prima di vedere finalmente il suolo. Cadde su un lungo materasso che attenuò la caduta e non si fece niente.
Mello si alzò e cominciò a studiare il luogo in cui si trovava.
Apparentemente poteva sembrare una stanza normale, con un tavolo, delle sedie e un lettino sul quale lui era caduto, ma c’era qualcosa che non andava.
Gli sembrava che tutto fosse capovolto, anche lui stesso.
Cominciò a camminare verso la parete che stava di fronte a lui, ma non appena mosse il primo passo, cadde nuovamente.
Questa volta, però, toccò subito il suolo e si fece anche male alle ginocchia.
Ora, finalmente, si trovava nella giusta posizione e poteva osservare meglio la stanza nella quale si trovava. Come aveva supposto, sopra di lui c’era una camera, al posto del soffitto. Del buco dal quale era caduto non c’era traccia.
Ai lati della stanza c’erano tre porte: una era grande, l’altra era di statura media, e l’ultima era piccolissima, così piccola che ci poteva passare a mala pena la testa.
Al centro di quello strano scenario un tavolino di vetro, con sopra una chiave e un piccolo cofanetto nero, con una mela d’oro ricamata sopra.
Dalle dimensioni della chiave si poteva facilmente dedurre che apparteneva alla porta più piccola.
Mello la prese e l’infilò in tasca, poi aprì il cofanetto. Dentro di essa c’erano delle palline di cioccolato bianco, ognuna con la forma di una lettera.
Il ragazzo le estrasse e ricompose la parola. Essendo un piccolo genio, non gli fu difficile, fin da una prima occhiata, capire cosa ci fosse scritto e ricomporre la parola di cioccolato.
Mangiami.
Mello prese uno di quei cioccolatini e se li rigirò tra le mani: doveva mangiarli? E se ci fosse stato del veleno?
Una parte di lui, quella prudente, gli disse di posarli e cercare un modo per evadere da quella stanza, ma un’altra parte, quella frenetica e azionaria, gli impose di mangiare quel maledetto cioccolato bianco.
Ovviamente la seconda parte di lui, ebbe la meglio.
S’infilò il cioccolato in bocca e lasciò che gli si sciogliesse piano, piano.
Improvvisamente gli sembrò di star rimpicciolendo lentamente. Tutto intorno a lui diveniva più largo e stava annegando tra i suoi vestiti neri. In poco tempo si ritrovò grande quanto il mignolo di una mano.
Ho capito!
Pensò Mello, per niente spaventato dal mutamento del suo corpo.
Così potrò passare tranquillamente dalla porta piccola e finalmente potrò uscire di qui e magari incontrare il Coniglio con la camicia.
Cercò la chiave nelle tasche dei suoi pantaloni e, una volta trovata, strappò un pezzo di stoffa nera, per non restare nudo e se l’avvolse intorno, creando una sorta di veste.
Anche se sembro una femminuccia non importa. Non credo che qualcuno mi vedrà, quaggiù.
Inserì la chiave nella serratura e con uno scatto impaziente aprì la porta.
Il panorama che lo investì fu straordinariamente bello, tanto che, per poco, le ginocchia non gli cedettero.
Non c’erano case, palazzi, strade e vetture, solo natura, alberi maestosi dai colori sgargianti, fiori dal lungo stelo, con i petali di ogni forma e colore. Farfalle e libellule gli giravano attorno, e Mello non finiva di meravigliarsi davanti a tutta quella bellezza.
Poche volte in vita sua si era tanto meravigliato.
Poche volte gli era successo di perdersi, di cedere, di far crollare le sue difese davanti a tale bellezza.
Camminò lentamente inoltrandosi nel boschetto e respirando l’aria pulita, fermandosi ogni tanto per ammirare qualche fiore.
Che posto meraviglioso! Non c’è che dire! Sono capitato nel Paese delle Meraviglie!
Proprio mentre questi pensieri gli sfioravano la mente e gli avevano quasi fatto dimenticare la lunga caduta e il Coniglio bianco, ecco che quest’ultimo riapparve in lontananza, con la lunga camicia bianca e l’orologio.
-Coniglio! Fermati, Coniglio!- urlò Mello, correndogli incontro.
-Non c’è tempo! Fretta, fretta! Altrimenti morirò!- gridava, a sua volta, il tenero animale, saltellando impazzito da una parte all’altra.
Mihael riuscì ad avvicinarsi al Coniglio, che ora era molto più grande di lui, e provò a toccargli la coda, per richiamare la sua attenzione, ma quello continuava a gridare impazzito.
-Insomma! Di che ti lamenti, Coniglio? Chi ti vuole uccidere?- domandò spazientito Mello, che non era certo famoso per la sua pazienza.
-Non c’è tempo! Fretta!- ripeté il Coniglio, prima di cominciare a correre veloce verso un lato oscuro della foresta.
Mello non ebbe il tempo di rincorrerlo, che quello era già scomparso con il ticchettare del suo strano orologio.
Devo seguirlo. Non riuscirà a scappare ancora per molto, quel Coniglio!
Così pensò, e così fece.
S’inoltrò per la via che aveva preso il Coniglio, deciso più che mai a trovarlo.

*Titolo originale del primo capitolo del libro.
____________________________________________________________
Salve a tutti! Grazie per aver letto fin qui. 
Questa "cosa" che ho scritto sarà lunga massimo cinque capitoli e l'aggiornerò, penso, ogni due giorni (poiché i capitoli sono già stati scritti, devo solo aggiustarli).
Ho messo che i personaggi sono OCC, ma proverò, comunque a non distaccarli troppo dal ruolo e dal carattere che presentano nel Manga.
Detto questo spero che la storia vi sia piaciuta e se volete lasciate una recensione (essendo la mia prima storia di questo genere, mi piacerebbe avere un parere).
Vi ringrazio a tutti e alla prossima  ^^
   

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2. Strani incontri. ***


 2. Strani incontri.

Camminò e camminò, per un tempo che gli parve infinito, eppure il paesaggio restò immutabile e, più di una volta, Mello, ebbe la sensazione di passare sempre per lo stesso punto.
I piedi gli dolevano, aveva sete, fame e cominciava a sentire la mancanza di casa, di Matt e del cioccolato. Inoltre essere così piccolo, cominciava ad infastidirlo.
-Oh! Non riesco proprio a trovare il Coniglio. Forse dovrei riposarmi e cercarlo più tardi. Prima, però, devo trovare una sorgente che mi disseti- disse il ragazzo alla sua ombra, l’unica compagna di viaggio che aveva.
Cambiò rotta e si diresse verso il suono dell’acqua, che già sentiva da un bel po’.
Trovare l’acqua, tuttavia, sembrava difficile come trovare il Coniglio; nonostante ne sentisse il rumore, non riusciva a scorgerla da nessuna parte.
Dopo aver girato per circa mezz’ora, Mello, ormai esausto, si fermò, rosso per la rabbia, sotto un grosso albero.
-Questo posto è proprio pazzo! Non riesco mai a trovare ciò che mi serve! Non il Coniglio e non l’acqua! Quando mi servirà tornare a casa, non troverò nemmeno la strada!- si lamentò il giovane, ormai in crisi d’astinenza di cioccolato.
-Il Paese senza Mete. Il Paese dei Pazzi. Il Paese dei senza Casa. Oh, oh! Certo che sei divertente, ragazzino!
-Chi sei? Dove sei?- domandò agitato Mello.
-Sono qua su, ragazzino- rispose la misteriosa voce.
Il biondo alzò lo sguardo e vide, proprio sopra il ramo dell’albero, uno strano essere: era alto, magro, con due grandi ali nere e gli occhi sporgenti. Tra le grandi mani teneva una mela che mangiava con voracità, per poi strapparne un’altra dall’albero e ripetere sempre la stessa scena.
-Chi sei?- chiese Mihael, diffidente, ma per niente spaventato.
-Io sono lo Stregami- rispose l’Essere.
Stregami? Mi sta prendendo in giro?
-Sono uno Stregato Shinigami, o se preferisci puoi chiamarmi Shigami, al contrario- spiegò lo Stregami, mordendo la terza mela.
-Stregami? Shigami? Non hai un nome più semplice?-
-Certo che sei proprio impertinente, ragazzino. E pensare che io ti potevo aiutare a trovare il Coniglio…- disse con finta indifferenza lo Shigami.
Mello sbarrò gli occhi: il Coniglio? Ora si che quel coso cominciava a stargli simpatico!
-Dove posso trovarlo? Tu sai perché dice quelle frasi misteriose?-
-Questo devi chiederlo al Cappellaio, ragazzino! Lui ti dirà tutto! Segui le frecce, ti porteranno da lui!- rispose lo Stregato Shinigami, prima di scomparire, a pezzi a pezzi, nel buio del bosco.
Mello stava per ribattere che non c’era nessuna indicazione, ma ecco che cominciarono a spuntare delle frecce, una dopo l’altra.
Questo posto continua a stupirmi: è meraviglioso.
 
Questa volta raggiungere la meta non fu difficile. Le frecce gli indicavano la via e, la sensazione di passare sempre per lo stesso punto, svanì in fretta.
Dopo qualche minuto di marcia veloce, Mello giunse finalmente dal Cappellaio, che abitava in una strana villa che sembrava abbandonata da tempo.
-Permesso? Posso entrare?- chiese il biondo, spingendo il cancello.
Non ricevette nessuna risposta, tuttavia decise di entrare lo stesso.
Una volta dentro la villa, il paesaggio intorno a lui cambiò: quella che prima era una villa abbandonata, silenziosa, immersa nel verde, divenne una villa festosa, con fiori e musica, che proveniva da un vecchio giradischi.
Forse c’è una festa.
Mello s’inoltrò sempre di più nella villa, cercando di captare qualche presenza umana e, finalmente, vide il Cappellaio.
Era seduto a capo tavola, in una grande poltrona, con le gambe contro il petto. Lo riconobbe per il grosso cilindro che portava in testa: lungo e colorato con stoffe di tutti i colori. Era un tipo strano, con una zazzera nera, tutta scombinata, il volto pallido e scarno. Le labbra erano due linee rosate, le dita lunghe e affusolate.
-Benvenuta! Benvenuta! Accomodati, cara!- un vecchio, con le orecchie di un leprotto, gli si avvicinò e lo portò al tavolo, facendolo accomodare accanto al Cappellaio.
-Finalmente sei venuta, Alice!- lo salutò il Cappellaio, con voce assorta, masticando un dolce.
-Alice?- chiese Mello stupito –Io non sono Alice, io sono un ragazzo. Mi chiamo Mello- si presentò, cercando di nascondere il proprio imbarazzo per essere stato scambiato per una donna.
-Come non sei Alice?- chiese il vecchio dalle orecchie di leprotto.
-Non sono Alice, tutto qui. Io sono Mello e sono venuto per chiedervi del Coniglio…- non finì la frase, poiché il Cappellaio lo interruppe.
-Nate. Il Coniglio si chiama così, Mello- spiegò.
-Ah, ok. Sono venuto per chiedervi di Nate- riprese il ragazzo, scoraggiato dallo sguardo assente dei due ascoltatori.
-Ah, Nate. Sarà il prossimo, dopo di me. Quella donna è veramente cattiva. Ucciderà anche lui, una volta scoperto il suo nome- sospirò il Cappellaio.
-Non capisco. Spiegati meglio, magari posso aiutarvi- insistette Mello, sinceramente interessato alla vicenda.
-La nostra Regina, Mello. La nostra Regina ci sta uccidendo tutti, lentamente. Le basta sapere il nostro nome, scriverlo su un quaderno per ucciderci- spiegò il Cappellaio.
Un quaderno omicida? Poteva esistere simile arma?
In quel mondo aveva udito un Coniglio parlare, visto alberi giganti e Stregami, credere ad un quaderno della morte non era poi tanto assurdo.
-Vedi io sono già morto. Il mio nome è stato scoperto, la Regina sa come mi chiamo- continuò il Cappellaio, con voce triste.
-Come? Io ti parlo e ti sento, non puoi essere morto!- protestò Mello.
Il Cappellaio sorrise amaramente e sembrò quasi che stesse per piangere, ma, al contrario, cominciò a ridere.
-Non ti preoccupare, Alice o Mello, tutto si sistemerà! Il Male perde sempre!- esultò felice il Cappellaio, togliendosi il cilindro e posandolo sul capo di Mello.
Fu allora che Mello si accorse di essere ritornato alla statura normale e d’avere indosso solo un piccolo panno, che non copriva nulla.
Avvampò dalla vergogna.
-Leprotto Watari, copri questo giovane e offrigli da mangiare. Affronterà una dura lotta, con Nate- esordì il Cappellaio.
Il Leprotto Watari scomparì dietro una pianta e ne uscì fuori con un bellissimo vestito in sete nera.
Mihael non protestò, vedendo l’abito da donna: era felice di avere qualcosa da mettersi e non voleva fare storie inutili.  
I due comari gli offrirono da mangiare una quantità spropositata di dolci, che il ragazzo accettò volentieri. Tutto aveva un sapore buonissimo e Mello si stupì nel costatare che alcuni cibi avevano una sapore diverso, rispetto a quello che lui conosceva. La torta che sembrava al limone, adorava di fragole e aveva sapore di cioccolato, la cioccolata calda che gli avevano offerto, aveva sapore di limonata.
Tutto, in quel mondo, era al contrario.
Bevve e mangiò a sufficienza, scambiando qualche parola con il Cappellaio.
Terminato il pranzo o la cena (già da un pezzo Mihael aveva perso la cognizione del tempo), il Leprotto Watari si congedò, scomparendo in una nube rossa.
-Il nostro tempo è finito, Alice o Mello. Ora dobbiamo andare. Confido in te e Nate: ci salverete- lo salutò il Cappellaio, prima di sparire, anche lui, in una nube rossa.
Mello, ritrovatosi nuovamente solo in quella sconfinata villa, decise di riprendere la ricerca del Coniglio Nate e di trovare la Regina assassina di cui aveva parlato il Cappellaio.
Così, vestito con un lungo abito nero e con il cilindro di quel Cappellaio un po’ matto, si rimise in marcia.  
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3. Chi sei? ***


3. Chi sei?

Camminò per un tempo che gli sembrò infinito, senza trovare nulla.
Si era nuovamente perso e, questa volta, era sicuro che la fortunata comparsa dello Stregami non l’avrebbe aiutato.
Si fermò vicino ad un ruscello e si specchiò nell’acqua, accorgendosi con orrore di non essere più lo stesso.
Chi era quella ragazzina bionda che vedeva riflessa?
Si toccò con orrore il petto e scoprì che, apposto dei muscoli accennati, c’erano due…due…
Sono una donna! Perché? No, io non sono una donna. Sono un ragazzo, un ragazzo!
Cominciò a correre, allontanandosi dalla sorgente e inoltrandosi sempre di più nel boschetto che, improvvisamente non era più meraviglioso come gli era sempre apparso. Ora quel luogo era lugubre, tutto di quel posto sembrava volergli fare del male.
Cadde più volte per terra, strappandosi il vestito, sporcandosi il viso.
Fuggiva…ma da cosa?
Arrestò la corsa, quando sbatté contro un albero.
Che succede? Perché sono qui? Perché sono donna? Chi sono? Dove sono? Voglio andarmene!
Pensò Mello, accasciandosi contro il tronco del vegetale.
Ne aveva abbastanza di quello stupido bosco e quelle creature. Del Coniglio Nate, della Regina assassina e del Cappellaio, non voleva più sentirne parlare. Ora il suo unico desiderio era quello di coccolare Matt, seduto davanti al camino, con in bocca un delizioso cioccolato.
Si sentì, per la prima volta in vita sua, debole e piccolo, racchiuso in un corpo e in un luogo che non gli apparteneva: in gabbia.
Trattenne le lacrime e provò a ridere, come aveva fatto il Cappellaio, ma il suo tentativo fu vano e, ben presto, cominciò a piangere.
-Voglio andare a casa!- si lamentava, torturandosi i ciuffi biondi.
Un rumore improvviso lo fece sussultare. Mello fermò le lacrime e si alzò, guardandosi intorno.
-Stregami sei tu?- domandò con la voce incrinata.
Nessuna risposta. Evidentemente non era lo Stregami.
-Nate? Cappellaio? Leprotto?- chiese, alzando la voce.
Non ricevendo nessun cenno, Mello, si lasciò di nuovo ricadere e la tristezza lo assalì.
-Chi sei tu?- qualcuno aveva parlato da dietro l’albero.
-Non lo so- rispose Mihael, scuotendo la testa –Pensavo di essere Mello, invece mi hanno chiamato Alice e credo di essere diventato lei- continuò il ragazzo.
-Ma chi sei tu?- chiese, nuovamente, la voce misteriosa.
Ci mancava il tardo di mente!
-Ti ho già risposto. Tu chi sei?- ribatté il biondo, infastidito.
-Io so chi sono. Sei tu quello che non sa chi sei- disse la voce, prima di aspirare qualcosa.
Mello, ferito nell’orgoglio per essere stato messo alle strette da quel tipo, girò intorno all’albero per ritrovarsi davanti al suo interlocutore.
Come aveva dedotto, il tipo, stava fumando. Era un ragazzo come lui, forse poco più piccolo, con i capelli rossi, gli occhi verdi. Aveva due lunghi baffi da gatto, che ogni tanto leccava con la lingua, osservandolo, tra le labbra una lunga sigaretta dalla quale uscivano nuvolette colorate di tutte le forme.
-Chi sei tu?- domandò ancora il tizio.
-Non lo so. Tu sai chi sono io?- azzardò Mello, sedendosi di fronte allo sconosciuto.
-Si, tu sei il ragazzo che seguiva il Coniglio con l’orologio. Lo stesso che ha parlato con lo Stregami e con il Cappellaio e che ora sta parlando come me- rispose sfacciatamente il rosso, soffiando il fumo in viso a Mihael.
-Queste sono le cose che ho fatto!- urlò scoraggiato Mello, la cui, come ho già fatto presente al lettore, pazienza non era delle migliori.
-Tu sei quello che fai. Ecco chi sei- ribatté il rosso, aspirando una lunga boccata di fumo.
Mello rifletté sulla risposta che gli era stata data: il tizio non aveva poi tutti i torti.
-E se non so più cosa fare?- decise di chiedere.
-Stai solo prendendo tempo per decidere chi essere, Ragazzo Cioccolato- rispose quello, senza esitare.
-Tutto ciò non ha senso- concluse, un po’ troppo velocemente, Mello.
-Ogni cosa ha la sua morale, se si trovarla*- rispose con calma il ragazzo baffuto. 
Mihael chiuse gli occhi. Era tutto vero. Doveva scegliere chi essere, cosa fare, cosa volere. Se quella avventura non aveva senso, sarebbe stato lui a darglielo.
-Sono il ragazzo che sconfiggerà la Regina- dichiarò a se stesso, aprendo gli occhi.
-Bene, Ragazzo che Sconfiggerà la Regina, ci vediamo- salutò il tizio, prima di scomparire in una nube rossa, lasciando cadere una sigaretta che Mihael raccolse subito.
Proprio in quel momento Mello sentì una voce fin troppo familiare: era il Coniglio Nate.
-Fretta! Non c’è tempo o saprà il mio nome! Devo sbrigarmi o morirò!- gridava il coniglietto, passandogli accanto.
-Aspetta Nate! Rallenta!- urlò il biondo, correndogli dietro.
Il Coniglio, sentendosi chiamato per nome, arrestò la corsa. Si voltò lentamente, stringendo a se l’orologio a forma di puzzle.
-Alice?- domandò Nate, annusandogli il piede.
-No, mi chiamo Mello. Non sono Alice- rispose sicuro Mihael, accorgendosi che, improvvisamente, il suo corpo si era mutato in quello di un uomo.
-Ti chiami Mello- ripeté il Coniglio.
Restarono qualche minuto a fissarsi, come per studiarsi.
Certo che questo Nate, assomiglia molto a Near.
Costatò, notando il pelo bianco e gli occhi grigio scuro di Nate, che somigliavano parecchio a quelli di Near.
-Per me possiamo collaborare- annunciò Nate, porgendo la zampetta.
Non era nella sua personalità collaborare con qualcuno. Lui puntava alla gloria personale, ad essere il migliore di tutti, soprattutto di Near. Accettare di collaborare, era come perdere. Tuttavia qualcosa spinse Mello ad abbassarsi all’altezza del Coniglio e stringergli la zampa.
-Bene e ora andiamo! E’ tardi, molto tardi!- disse il Coniglio, guidandolo per tutto il bosco.
 
Corsero fino a giungere davanti una fortezza: il palazzo della Regina.

*Reale citazione del libro.   

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Il Dio di un nuovo mondo. ***


Il Dio di un nuovo mondo.

Entrare non fu difficile, perché l’intero palazzo sembrava deserto. Non c’erano guardie, soldati o animali. Il quel luogo non c’era nulla, mancava anche la luce del sole.
Mello e Nate non avevano concordato un piano per sconfiggere la Regina, loro erano lì per impedire alla Regina di scrivere il nome di Nate sul quaderno omicida.
Camminarono per l’immenso palazzo, sicuri di trovare la regnante al centro dell’immensa struttura.
Avevano ragione.
Al centro del palazzo, in una grande sala nera, con statue di demoni e angeli, vi si trovava la Regina, il Re e due fedeli guardie.
Appena entrati nella grande sala, la Regina si alzò dal suo trono, fatto di quelle che sembravano ossa, e si presentò.
-Benvenuti! Io sono la Regina di questo mondo. La Dea suprema, colei che lo domina- disse, con teatralità.
Mello, guardando la Regina, sorrise, rendendosi conto che quella non era una donna, bensì un uomo. Il Re, invece, che stava seduto su un trono più piccolo, era una donna biondina.
Quel mondo era proprio strano! I Re erano Regine e le Regine erano Re!
-Siete venuti, dunque, a morire? Lo sapete, io posso sapere i vostri nomi, mi basta guardavi in faccia, per sapere chi siete!- ringhiò la Regina, che in realtà era un Re.
-Regina Kira, a quale scopo fare tutto ciò? Perché ucciderci?- domandò serio Nate, sedendosi per terra, di fronte allo scranno.
-Per costruire un mondo perfetto. In cui regna solo il Bene e la giustizia- rispose sorridente Kira –Un mondo in cui sono il Bene assoluto- finì con un inchino teatrale.
-Tu sei solo una pazza!- intervenne Mello.
-Come osi dare della pazza alla Regina?- urlarono in coro i due soldati, un uomo e una donna dai capelli neri.
-Vuole solo migliorare il Mondo. Creare un paese di persone buone, dove regni il giusto- spiegò il Re, con i due codini biondi –Vedete, la Regina ha vendicato la morte dei miei genitori-
-Nessuno è in grado di stabilire cosa sia Bene e Male, Giusto e Sbagliato. Anche se ci fosse un Dio e questa fosse la sua parola, io ci penserei su e deciderei di testa mia se fosse giusta o sbagliata- disse Nate, accarezzandosi i baffi.
-Blasfemia! Siete due blasfemi! Attaccateli e scrivete i loro nomi!- sbraitò la Regina, divenendo rossa in viso.
Sono il Ragazzo con la Spada che ucciderà la Regina Assassina.
Pensò Mello e una spada lunga e nera gli comparve tra le mani.
Si lanciò contro le due guardie che possedevano i quaderni e riuscì a prenderne uno, con la punta dell’arma e strapparlo in mille pezzetti.
-Oh no! Il mio quaderno!- urlò il soldato donna, scomparendo in una nuvola rossa.
-Uccidili, soldato! Fallo per la tua Regina!- urlò Kira, rivolgendosi all’altro possessore del quaderno.
Quello scrisse il nome di Nate, ma non riuscì a scrivere il cognome del Coniglio, che Mello, come una furia, fiero della sua forza e della sua impulsività, l’aveva ferito alla spalla, facendolo cadere e scomparire in una nuvola rossa.
Rimanevano solo la Regina e il Re. Due pedine dello scacchi, contro lui che era il Cavallo e Nate che era la Torre.
-Che la nostra giustizia sia fatta!- annunciò Nate, prima del colpo finale che avrebbe decretato i vincitori di quella sfida.
La Regina prese un frammento di quaderno e provò a scrivere il nome di Nate, ma fu bloccata da Mello, che gli puntò la spada alla gola.
-Dì le tue ultime parole, Regina dei miei stivali- dichiarò Mihael, preparandosi a dare il colpo di grazia.
Quando ormai era fatta, la Regina era sconfitta, lo Stregami sopraggiunse nello scontro, portando con se un quaderno della morte e tenendo tra i denti una mela.
-Stregami! Scrivi il nome di questo maledetto ragazzo biondo e del Coniglio! Fallo! E’ un ordine della tua Regina!- implorò la Regina Kira.
Lo Stregami prese una penna, inghiottì la mela e si preparò a scrivere il nome…
 
-…No! Non il mio nome!- urlò Mello, aprendo gli occhi.
La luce accecante del tramonto, gli ferì gli occhi.
-Insomma, Mello! Non dirmi che hai dormito per tutta la lezione!- sbraitò Roger da sotto l’albero.
Il ragazzo si guardò intorno: nessuna Regina Kira, nessuno Stregami o quaderno della morte.
C’era solamente il meraviglioso tramonto e Matt, acciambellato accanto a lui.
-Incredibile…-sussurrò il ragazzo, guardandosi intorno.
-Già! E’ veramente incredibile! Sei un indisciplinato, Mello!- convenne il maestro.
Mello scese giù dall’albero e vide, poco lontano da lui, coricato sul prato Near, che componeva un puzzle bianco.
-Ehi! Near! Near!- urlò, correndo incontro al bambino.
Quello si voltò annoiato e, per un istante, Mello ebbe la sensazione di vedere Nate, il Coniglio, proprio al posto di Near.
-Oh! Che ti prende adesso? Lascia stare Near!- lo rimproverò Roger, prendendolo per il braccio e trascinandolo sotto l’albero.
-Insomma, Roger! Oggi non voglio fare storia, lasciami stare un po’ in pace con Matt!
-Ci rinuncio! Ci penserà Elle a impartirti lezioni di storia- concluse, seccato Roger, sedendosi sotto l’albero.
-Oh, Matt! E’ stato fantastico, vero? Peccato che tu non c’eri!- bisbigliò Mello al gattino.
Quello rispose miagolando.
Mello osservò meglio il micio: la peluria rossa, i baffi lunghi…
-Grazie Matt! Grazie mille, sei stupendo!- disse Mello al gatto, prima di dargli un bacio sul muso.
-I ragazzi di oggi: chi li capisce è bravo!- grugnì Roger.  

________________________________
Eccoci al penultimo capitolo di questa...cosa (?).
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito e che hanno messo la storia tra le preferite, seguite e ricordate :)
Vi aspetto al prossima capitolo ^^
Nihal 98

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1898280