L'Isola dei Delfini Blu

di metaldolphin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Notte tranquilla ***
Capitolo 2: *** Triste incontro ***
Capitolo 3: *** Tra leggenda e realtà ***



Capitolo 1
*** Notte tranquilla ***


Nuova isola, nuova avventura, pensarono i componenti della ciurma di Cappello di Paglia… Ormai era la prassi: dopo tutto quel tempo passato insieme, sapevano che c’era sempre qualcosa di nuovo, ad attenderli una volta sbarcati.
Ma questa volta sembravano sbagliarsi: quel pezzo di terra chiamato Blue Dolphin era ricoperto da una fitta foresta e circondato da invitanti bianche spiagge che si aprivano su acque cristalline. Era il tipico paradiso tropicale, tranquillo, ideale per il riposo.
Non era abitata, la splendida isoletta corallina e Nami spiegò ai ragazzi l’origine del suo nome, dovuto alla presenza di un piccolo branco stanziale, di rari Delfini Blu.
-Si mangiano?- fu la prima curiosità del Capitano: era scontato che il suo primo pensiero fosse per il suo stomaco.
La Navigatrice non perse tempo: come se fosse mossa da un riflesso condizionato, senza nemmeno guardarlo e continuando la sua dissertazione, lo schiantò sul ponte con un pugno ben piazzato.
Non c’era bisogno di alcuna spiegazione: l’aveva interrotta e proclamato un’idiozia peggiore del solito con due sole parole.
Conclusa la breve panoramica, la rossa, con tono acido si degnò di rispondergli: -Non ci pensare nemmeno! Non vorrai farti nemica la Tribù degli Amici in Mare?
Queste ultime parole attirarono l’attenzione degli altri, soprattutto di Rufy e Chopper. Anche se cercavano di non darlo a vedere, anche gli altri tre tendevano l’orecchio, attenti a non perdere una parola.
Lei, compiaciuta dal trovarsi al centro dell’attenzione, spiegò: -Dovete sapere che questo tipo di delfini vive soltanto qui. Sono molto intelligenti e si riesce a farseli amici; secondo i vecchi marinai, che giurano sia vero, se un amico della Tribù si trova in seria difficoltà in mare, essi giungano improvvisamente ad aiutarlo.
-E non importa quanta distanza ci possa essere: non si sa attraverso quali misteriosi poteri, essi ne vengono a conoscenza ed a giungere sempre in tempo!
-Quindi non disturbateli e non fate casini: certe amicizie sono preziose!- concluse con uno dei suoi splendidi sorrisi.
I più interessati avevano ascoltato bocca aperta e cominciarono subito a far progetti su come stringere nuove, insolite amicizie.

Quella sera, al termine della consueta grigliata sulla spiaggia, spazzolato quanto di commestibile, Rufy si sedette vicino a Nami.
-Dove sono i delfini?- le chiese.
La ragazza si strinse nelle spalle: -E chi lo sa? Forse, in questo momento, da qualche parte nel mondo, c’è un loro amico in pericolo e sono corsi da lui per salvarlo…
Il sole era ormai tramontato da un po’ e il cielo era nero, rallegrato da un brillante tappeto di stelle.
Il falò, ormai basso, non disturbava troppo le osservazioni della rossa, ma Rufy, con Chopper ormai addormentato al suo fianco, continuava a fissare il mare buio: nutriva ancora la speranza di intravedere qualche cetaceo balzare dall’acqua.
Ma l’enorme distesa d’acqua era placida, liscia come una lastra di vetro e la battigia era sfiorata da un’onda pigra e lenta che avanzava e si ritirava in una lenta danza rilassante.

Reprimendo uno sbadiglio, Nami si alzò e, spolverandosi la gonnella dalla sabbia, annunciò ai presenti che si ritirava nella sua tenda.
Dato che i picchetti non fanno presa sulla sabbia e l’umidità notturna era minore sotto agli alberi, avevano piantato il piccolo accampamento al margine della foresta. E lì si diresse la rossa, stanca per la giornata che alla fine si era rivelata alquanto faticosa.
Ma una sagoma ben distinta si stagliava contro il chiaro tessuto della tenda; era imponente e riconoscibile già da lontano.
La navigatrice sbuffò. Che voleva quel buzzurro? Fortunatamente, Sanji sembrava non averlo visto: il solo trovarlo vicino alla tenda di Nami avrebbe scatenato l’inferno. Come sempre diretto e di poche parole, Zoro non perse tempo: -Nami, ma cosa ti salta in mente?- dal tono si evinceva una chiara rabbia.
-Ma di cosa stai parlando?- Lei non ci aveva messo molto a scaldarsi: era stanca, la serata era stata,fino a quel momento, miracolosamente tranquilla e non voleva che le fosse rovinata.
-Di cosa parlo? Di quella stupida storia che hai raccontato oggi!
-Non è una “stupida storia”!- ribattè lei facendogli il verso e aggiunse, subito dopo: -E poi mi dici perché ti ha disturbato tanto?
Toccò a lui sbuffare: -Proprio non capisci?
In piedi, Zoro la sovrastava con la sua considerevole statura: nella luce tremolante della lampada di Nami, incuteva un certo timore.
-Cosa? Cosa c’è da capire?
-Quell’ingenuo di Rufy potrebbe crederci davvero!- spiegò esasperato.
Con lo stesso tono, lei ribattè: -E allora?
-Non ci pensi alle conseguenze? Già così fatichiamo a tenerlo a bordo, dato che a lui sembra importare poco del fatto che non possa nuotare… Se gli dici che, se si trovasse in pericolo, c’è una creatura magica sempre pronta a salvarlo, non ci penserà due volte prima di cacciarsi in guai seri!
“Accidenti” riflettè la rossa “potrebbe aver ragione, non ci ho pensato proprio!”
Ma come ammettere l’errore, quando si possedeva un orgoglio smisurato che mai le avrebbe permesso di darla vinta a Zoro?
Dissimulando con maestria, la furba navigatrice fece spallucce ed affermò tranquilla: -Suvvia, domani avrà già scordato tutto…- “….spero” aggiunse mentalmente.
-Adesso lasciami riposare e va’ a dormire: domani abbiamo da far provviste!- gli consigliò, quindi entrò in tenda, lasciandolo muto ed arrabbiato, fuori, a fissarne l’entrata.
Dato un calcio a vuoto, sollevando polvere, terriccio e foglie, Zoro si voltò verso il bivacco. -Sono di guardia, strega- mormorò, tanto per avere l’ultima parola.
Dentro la tenda, nonostante Zoro avesse parlato più a sé stesso che a lei, Nami sentì tutto, il calcio per sfogare la rabbia e la frase detta piano: c’era abbastanza silenzio da poter udire il più piccolo rumore senza difficoltà.
Non era stata una buona idea, quella dei delfini con cui fare amicizia… per fortuna, recuperato legname, cibo ed acqua, sarebbero andati via, il giorno dopo e, forse, il contatto Rufy/Delfini sarebbe stato scongiurato!
Prima di addormentarsi, si rese conto di quanta ragione avesse Zoro: quando si trattava dell’incolumità del Capitano sapeva essere molto attento.

Seduto a gambe incrociate, Zoro fissava Rufy, che si era addormentato rivolto verso il mare, con la speranza di avvistare un delfino, avvicinarlo e stringerci amicizia. Se Nami non avesse tirato fuori la leggenda, avrebbe potuto affrontare la notte più tranquillamente,  invece di stare doppiamente all’erta per sorvegliare il Capitano.
Appoggiò le spade ad una spalla e sbadigliò, guardando il fuoco, ormai basso, con le fiamme arancioni che danzavano tra la legna semicarbonizzata.
Il loro colore gli ricordava i capelli della Navigatrice, ma non riflettè sul fatto che, sempre più spesso, i suoi pensieri tendevano a virare su lei.
Come il fuoco che aveva di fronte, Nami era vivace e calda, ma per lo stesso motivo, ad avvicinarsi troppo ci si poteva scottare.
E non pensava al bruciore che i suoi ceffoni lasciavano sulla pelle, ma alle intense sensazioni che provava ogni volta che le era così vicino da poterne sentire il profumo...

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Capitolo 2
*** Triste incontro ***


Quando il sole, appena sorto, illuminò la tenda della Navigatrice, essa, aperta la cerniera che la chiudeva, mise la testa fuori ed appurò che sarebbe stata una bella giornata.
Dal silenzio che regnava, era evidente che nessun altro si era ancora svegliato; si vestì in fretta, uscì fuori e mise le scarpe, quindi si stiracchiò come un micio al sole, passò la mano sui capelli scarmigliati e si avviò verso il bivacco della sera precedente.
Nel cerchio di pietre che aveva delimitato il falò, rimaneva solo cenere, ancora abbastanza calda da far innalzare verso il cielo limpido un filo di fumo. Rufy giaceva ancora dove si era addormentato la sera, aspettando i delfini.
Zoro, invece, le dava le spalle, seduto curvo al suo posto, dove aveva vegliato; “Chissà se dorme” pensò Nami, avvicinandosi piano e senza far rumore. Ma, a meno di un metro dal suo obbiettivo, fu fermata dalla voce bassa, e un po’ arrochita dall’umidità notturna, dello Spadaccino: - Non ci provare. Le intimò minaccioso.
Lei, che aveva già preso un grosso respiro per urlargli qualcosa nelle orecchie, tanto da gonfiare le  guance come un criceto sazio, sfiatò con violenza una certa dose di rabbia. *
-Ma come fai?- gli chiese, disfatta, mentre si gettava sulla sabbia vicino a lui.
Zoro ghignò: -Nonostante debba ammettere che sei abbastanza silenziosa, profumi troppo e non avevi il vento a favore.
Lei sorrise, lui stiracchiò le braccia e si alzò par fare un po’ di stretching serio.
Lo guardava, mentre, senza maglia, allungava i muscoli sviluppati. Qualsiasi donna ci avrebbe fatto su un pensierino poco casto e Nami non era da meno: anche sulla nave, mentre lui si allenava, quando era abbastanza sicura di non essere vista, una sbirciatina le scappava sempre.
Ed ogni volta, come in quel momento, un certo calore e si diffondeva verso il basso ventre, con un movimento simile a quello del mare che si ritirava per miglia, lasciando i suoi fondali scoperti e desiderosi della loro acqua… prima che uno tsunami si abbatta sulla costa.
Ma, per lei, quell'onda non tornava mai, lasciandola sola a bramare di avere la sua acqua su di sè.
Zoro, infatti, non aveva mai mostrato interesse per lei, il cui orgoglio impediva di farsi avanti per timore di un rifiuto.
Poco a poco, anche gli altri la raggiunsero e, dopo colazione, furono distribuiti i compiti da svolgere per rifornire la nave e riprendere quindi il mare. Solo Zoro fu esonerato, dato che doveva recuperare il sonno perduto quella notte, mentre Rufy seguiva, mesto, Nami che terminava i rilievi dell’isolotto. Era triste perché non era ancora riuscito a vedere i delfini blu e lui voleva farci amicizia!
-Su- lo rassicurò la rossa -non sempre si incontrano!
Continuando a guardare il mare, il Capitano annuì.
Superato un ammasso roccioso, si trovarono in una stretta baia, delimitata da quella che sembrava una recinzione metallica che ne impediva l’accesso dal mare; non era molto alta, tuttavia la parte emersa piegava in una curva interna che la portava parallela al mare.
Nello specchio d’acqua così formato, affioravano in superficie almeno una trentina di dorsi lucenti che emettevano sonori sbuffi dagli sfiatatoi.
Rufy esclamò: -Sono stati catturati! Chi può essere stato, Nami?- le chiese, nascosto tra le roccie a fianco a lei.
-Pescatori?- ipotizzò lei, con una alzata di spalle…-Potrei scendere in acqua e tentare di aprire un passaggio…- proseguì la Navigatrice.
-Ed io ti aiuterò- proclamò, pieno di entusiasmo, Rufy che si beccò subito un grosso bernoccolo in cima alla zazzera nera.
-Non puoi nuotare, sciocco!- gli urlò. Poco dopo aggiunse: -Va’ a chiamare Zoro, lui saprà come tagliare la rete!
Quello partì di corsa verso la direzione cui erano venuti.
Nami monitorava la situazione: i delfini erano nervosi e respiravano rumorosamente a pelo d’acqua, bramando la libertà del mare aperto.
Senza pensarci due volte, la ragazza tolse maglietta, minigonna e sandali per restare in bikini, quindi si tuffò nella baia per nuotare verso le creature prigioniere ed impaurite.
Subito le madri si interposero tra lei ed i piccoli, mentre i maschi nuotavano minacciosi in cerchio: la formazione aveva, chiaramente, uno scopo protettivo verso i più deboli. Dopo averli osservati un po’ sott’acqua, Nami alzò la testa in superficie ed un paio di esemplari la imitarono. Allora mostrò le palme delle mani: -Non ho armi, voglio aiutare- disse con tono pacato, sperando che capissero. Si diceva fossero intelligenti e lei sperava fosse vero: un animale che era un paio di metri di muscoli poderosi con una bocca irta di denti aguzzi poteva diventare molto pericolosa.
La osservarono e lei avrebbe dato chissà cosa per sapere cosa passasse loro in mente.
Ad un tratto si immersero con un forte rumore di code battute sulla superficie del mare ed una voce esclamò: -Ma guarda! Non mi ero accorto di aver catturato anche una bella sirena!
Nami alzò gli occhi: l’uomo di mezza età era armato di un arpione acuminato e la guardava da una barca in modo lascivo.
-Attento a ciò che grugnisci, lurido maiale!- ribattè lei, ma l’altro rise sguaiatamente.
La ragazza sentì qualcosa sfiorarla e vide due delfini fare formazione con lei, come avevano fatto prima coi loro simili e lei passò una mano sul fianco di quello più vicino in una lunga carezza carica di affetto.
-Cosa credi di fare, ragazzina?- l’uomo era arrabbiato e stringeva l’arma tra le mani, nervoso.
-Ti impedirò di fare loro del male- rispose lei, aggressiva -Perché li avete catturati?
Le rispose con una risata ancora più forte che echeggiò nella baia.
-Sapessi come rendono bene i cuccioli, nei parchi acquatici! Ma gli adulti preferiscono morire, piuttosto che farseli portare via, allora li raduniamo, così è più facile colpirli! Ed è inutile che minacci, da sola… gli squali non noteranno la differenza, tra il sangue che riempirà questa baia: faranno sparire anche te. Ora lasciami lavorare, i miei uomini stanno per arrivare
Nami, impietrita dalla rivelazione, non si rese subito conto di quanto avvenne: contemporaneamente all’uomo che lanciava l’arpione su lei, uno dei delfini si mosse, lanciandosi sulla traiettoria dell’arma e venendo colpito al suo posto.
-NOOO!– gridò la ragazza e mentre il mare attorno a lei si tingeva di rosso, udì un sibilo sinistro e vide l’uomo cadere sul fondo della barca con una Katana che gli sporgeva dal petto.
Il branco nuotava come impazzito, attorno a lei, che si trovò a fissare Zoro sulla scogliera, con gli occhi sbarrati dalla paura, mentre cercava di aiutare il ferito a tenere lo sfiatatoio fuori dall’acqua per non farlo annegare.
L’arma era penetrata sul fianco, vicino la pinna pettorale, impedendogli il movimento; l’altro esemplare aiutava Nami a sostenere il compagno sempre più debole.
Senza dire una parola, lo spadaccino si spogliò, lasciando gli abiti ad un Rufy furente e si calò in mare con le due spade rimanenti. Nuotò verso la recinzione che fece a pezzi in pochi secondi e notò che il branco non si muoveva.
-Non abbandonano il compagno-  mormorò triste, quindi si rivolse al Capitano: -Cerca Chopper e gli altri, digli che c’è un ferito e che avremo da combattere: se il branco non si allontanerà, dovremo pensare noi ai compari di quel bastardo.
Rufy sorrise e corse via.
-Grazie- disse piano lei, quando il ragazzo le si accostò per aiutarla, ma non seppe dire se era rivolta a lui, al delfino o ad entrambi. Poco importava: le priorità erano altre, in quel momento.
Nami era rimasta colpita da Zoro: non avrebbe mai creduto che lo stupidone potesse mostrare tanta sensibilità. Lo vide guardarla intensamente, coi capelli che gocciolavano sul viso e il mare che gli lambiva le spalle possenti… lo trovò bello, irresistibile, ma il lamento straziante del povero ferito la riportò alla realtà, prima che potesse fare qualsiasi cosa.
Passò la mano sul dorso del delfino e quello la guardò con l’occhio un po’ spento.
-Sta peggiorando- mormorò Zoro, dispiaciuto di non essere arrivato in tempo... Quell’animale aveva salvato la vita a Nami e forse ci avrebbe rimesso la sua; gli era grato e sentiva di dovergli dare tutto il sostegno possibile: poggiò la fronte su quella del delfino e mormorò poche parole di incoraggiamento: -Resisti, amico, puoi farcela, ti aiuteremo. Grazie.-
L’altro sembrò capire ed emise un altro fleibile lamento.
Nami, commossa, ringraziò che il viso, bagnato dal mare, riuscisse a nasconderle lacrime che non seppe trattenere.




* Avete presente il mancato scherzo di Tarzan alla mamma/gorilla adottiva? ^_^

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Capitolo 3
*** Tra leggenda e realtà ***


La Ciurma, guidata del suo Capitano, arrivò contemporaneamente all’apparire di un grosso peschereccio all’orizzonte che dirigeva verso la costa.
-Devono essere i compari di quel bastardo, mormorò Zoro osservando il mare.
Chopper era un po’ confuso sull’esatto tipo di intervento da effettuare, dato che il delfino era troppo grave per essere tirato fuori dall’acqua e lui non sapeva nuotare: l’unica cosa che restava da fare era riuscire a sostenere a galla entrambi durante l’operazione.
Naturalmente, ci avrebbe pensato Zoro e Nami avrebbe fatto da assistente, mentre gli altri avrebbero intercettato il peschereccio grazie alla barca del loro compare colpito dallo Spadaccino.
Gli altri cetacei aspettavano in disparte, certamente consci di ciò che stava accadendo.
Quando l’arpione fu estratto e la ferita disinfettata e ricucita, Chopper terminò con una iniezione di antibiotico per scongiurare le infezioni; il delfino aveva perso molto sangue, ma sarebbe riuscito a farcela.
Esausti e con la pelle raggrinzita dalla lunga permanenza in acqua, Nami e Zoro affidarono il ferito ai suoi compagni, che si posizionarono sotto di lui per riuscire a farlo nuotare in superficie e, quindi, respirare: piano piano lo aiutarono a prendere il largo, passando dalla rete distrutta dallo spadaccino.
Quasi contemporaneamente, tornarono i ragazzi della Merry: dell’ imbarcazione nemica restavano pochi relitti a pelo d’acqua e piccole figure si dimenavano per aggrapparsi ad essi.
-Non credo che torneranno più-  esclamò Rufy, che subito dopo si rivolse ai cetacei che si allontanavano lentamente dalla baia: - Avete sentito? Potete nuotare tranquilli!- gridò, portando le mani vicino alla bocca per amplificare la sua già potente voce.
In risposta, ricevette fischi gioiosi, salti e un gran battere di code tra le onde: come se avesse capito, il branco li salutò alla sua maniera.                 
E i pirati si sbracciarono per salutare a loro volta, felici per un’altra avventura finita bene.

Recuperando le spade, Zoro passò vicino a Nami e si accorse che tremava per il freddo, nei succinti abiti che indossava sul costume: erano rimasti per troppo tempo in acqua, dove si disperde il calore corporeo più in fretta. Un po’ impacciato, le porse la propria maglia, ma in contemporanea col Cuoco, che le offriva la sua giacca nera.
Lei guardò entrambi, poi stese la mano su quella di Zoro, prendendo ciò che le porgeva, con un lieve rossore in volto e giustificando l’amico con un semplice, ma plausibile: -Preferirei evitare l’odore di fumo, ma grazie ugualmente.-  Gli dedicò il tipico sorrisetto di circostanza, quindi si diresse verso l’accampamento vicino a Zoro, lasciando Sanji impietrito. Passarono davanti al biondo sia Usopp, che aveva preferito non parlare, e Rufy che se la rideva sotto il cappello… quest’ultimo, colto da improvvisa illuminazione, corse avanti per raggiungere la coppia: -Nami! Nami!
I due si fermarono ad aspettarlo, la rossa lo guardò con aria interrogativa.
Rufy sembrava felice: -Credi che ora siamo amici con i delfini blu?
La ragazza lo guardò, non sapendo cosa rispondergli, alla luce della discussione che aveva avuto la sera precedente col compagno che aveva a fianco. Ma fu proprio quest’ultimo ad intervenire: -Certo, Capitano,- disse guardando una stupita Navigatrice a cui rivolse un ampio sorriso -ma vedi di non metterli alla prova: come hai potuto vedere sono animali altruisti, ma vulnerabili. Non vorrei che corressero pericoli a causa nostra: quello rimasto ferito oggi ha rischiato di non farcela…
L’altro annuì: -Hai ragione: non vorrei mai che rischiassero per me!- affermò, convinto, per poi proseguire la corsa verso la nave.
Zoro scosse il capo con un sorrisino sghembo sulle labbra: -Quando vuole, basta poco a farlo ragionare…
Nami gli prese una mano, intrecciando le dita con quelle di lui, sorridendogli come una gatta che fa le fusa.
-Andiamo anche noi: abbiamo bisogno di una doccia calda, noi due: ho freddo e tu sei gelato…
-Insieme?- azzardò lui, portandosi l’altra mano dietro la nuca, in un gesto imbarazzato.
Lei sciolse il loro contatto ed iniziò a correre ridendo. –Solo se mi prendi!- gridò, conscia delle maggiori capacità fisiche di lui, che le concesse comunque un certo vantaggio, prima di inseguirla.
Superarono il bivacco ormai spento e lui la raggiunse; caddero insieme sulla sabbia, rotolando fin sulla battigia, ridendo spensierati.
-Sanji ti ucciderà– ansimò lei, spazzolandosi con la mano la sabbia dai capelli.
-Da qui non può vederci e poi ha Rufy da tenere a bada, dato che oggi nessuno ha pranzato– affermò sicuro lui.
-E tu non hai fame?- disse Nami, conoscendolo.
Lui si voltò a guardarla e le fu sopra in un attimo, facendo leva sui gomiti per non pesarle troppo sopra.
-Di te...- le rispose, serio, guardandola negli occhi.
Ebbe il tempo di fissarlo, stupita, solo per un attimo, poi abbassò le palpebre, rispondendo con la stessa passione al bacio che Zoro si era deciso a darle.
Poco dopo la aiutò ad alzarsi, senza spezzare il contatto delle loro mani.
Il sole iniziava a tramontare, tingendo il cielo di arancio. Indicandolo, le disse: -Ha lo stesso colore dei tuoi capelli...- Lei lo afferrò per il viso, portando i suoi occhi allo stesso livello del suo sguardo.
-Allora, questa doccia?- disse con finta noia.
-Insieme?- ribadì lui e Nami alzò le spalle, dicendo con indifferenza: -Dato che mi hai preso…- ridendo poi maliziosa.
Avvisati gli altri che avrebbero cenato tardi, tornarono sulla nave.
Una volta a bordo, prima di andare sottocoperta, Nami sbirciò il sole, uno spicchio d’arancia rossa poggiato sull’orizzonte e, per un attimo, le parve di scorgere la sagoma di due delfini che balzavano gioiosi sul mare. Sorrise, poi raggiunse Zoro, che la attendeva tendendole una mano.
-Sai- disse piano stringendosi a lui -Ieri non ho raccontato tutta la leggenda sui delfini blu…
-Cos’altro diceva?- mormorò lui tra un bacio e l’altro.
-Che hanno il potere di unire per sempre chi si ama…
La prese in braccio, per portarla in camera sua e la distese sul letto.
-E la doccia?- disse lei con poca convinzione.
-Dopo. Adesso ci penso io a scaldarti.– Le soffiò in un orecchio con voce roca, facendole venire i brividi.
-Nami- sussurrò poco dopo.
-Sì?- ansimò, cercando di capire cosa stessero facendo quelle mani ruvide e grandi e meravigliose su di lei.
-Credo che la tua storia non fosse poi così stupida…- le rispose, facendo volare via gli ultimi indumenti rimasti tra loro.

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