Kiss me underneath the mistletoe di dadless (/viewuser.php?uid=348453)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La melodia perfetta ***
Capitolo 2: *** Ci speri ancora... ***
Capitolo 3: *** Lui è stato il mio primo bacio ***
Capitolo 4: *** Come una sorella ***
Capitolo 5: *** Dovrei tagliarmi i capelli... ***
Capitolo 6: *** Bianca e gelida come la neve ***
Capitolo 7: *** Ti stai pentendo ***
Capitolo 8: *** Lacrime calde e salate ***
Capitolo 9: *** Il mio posto nel mondo ***
Capitolo 10: *** Come la salvezza e il pericolo ***
Capitolo 11: *** Era il mio Sole ***
Capitolo 12: *** Una parte importante di me ***
Capitolo 13: *** Ora inizia il tuo sogno ***
Capitolo 14: *** Come se non desiderasse altro ***
Capitolo 15: *** Sarò il tuo principe azzurro ***
Capitolo 16: *** Il prezzo da pagare ***
Capitolo 17: *** Disegnare il Paradiso ***
Capitolo 18: *** Nessun dubbio, nessuna esitazione ***
Capitolo 19: *** Baciami sotto il vischio ***
Capitolo 20: *** Un bacio candido ***
Capitolo 21: *** Sotto le righe del nostro amore ***
Capitolo 1 *** La melodia perfetta ***
"- Amore, entriamo in quel negozio,
per favore... - la
ragazza sorrise per convincerlo.
- Mmh... Ok, ma non metterci troppo
dentro, lo sai che mi
annoio - le rispose lui, ricevendo un tenero bacio sulla guancia come
ringraziamento.
- Grazie, grazie, grazie! Sei il
ragazzo migliore del mondo,
l'ho sempre detto! - poi lo prese per mano ed entrarono.
Da quel momento le mie orecchie non
riuscirono più a captare
la loro conversazione, ma era l'ennesima volta che quel giorno
ascoltavo parole
del genere. Era del tutto comprensibile: il 30 Novembre le persone
iniziavano
già ad acquistare i primi regali di Natale, così
come ogni coppietta. E io?
Beh, io me ne stavo seduta con la schiena contro la parete a vetri,
proprio di
fronte ad uno dei tanti bar che riempivano il centro commerciale di Los
Angeles, con la mia amata chitarra beige stretta al petto. Strimpellavo
tutte
le melodie che mi venivano in mente, cercavo quella da suonare
all'infinito,
quella da modificare di tanto in tanto fino a trovare la propria
colonna
sonora, quella da suonare nel caso qualcuno mi chiedesse di
raccontargli la mia
vita, che dicesse "Ehi, sono Emma!". Quella perfetta, insomma.
Persone di tutte le età mi
passavano davanti, dapprima con
sguardo interessato, poi intenerito. Pensavano che fossi una
mendicante, come
dargli torto? Indossavo dei vecchi jeans larghi e una felpona grigia,
con il
cappuccio calato sulla testa piegata sulla chitarra. Ma di certo i
soldi non mi
mancavano. Non era quel tipo di mancanza a procurarmi quella sensazione
di
vuoto allo stomaco. Avevo bisogno di affetto, di interessamento nei
miei
confronti, di coccole e di un bacio sotto il vischio. Ma non uno
qualunque, quel bacio.
Quello che mi era stato negato per colpa di un autista distratto, che
si era
portato via in un attimo tutta la mia felicità...
Non mi ero nemmeno accorta di aver
iniziato a suonare un
motivetto natalizio e triste, molto triste. Però mi piaceva,
mi dava una certa
carica.
Impugnai meglio il manico della
chitarra e feci scorrere
velocemente le dita da una corda all'altra. Poi alzai distrattamente i
miei
occhi verdi per guardare ciò che avevo intorno. Infatti
quando suonavo perdevo
la cognizione della realtà...
Notai che un gruppetto di persone si
era radunato intorno a
me. Ma l'attenzione non era rivolta a me,
bensì alla melodia che i
miei ricordi mi avevano spinta a suonare. Percepivo dai loro occhi che
stavano
aspettando una svolta nella canzone, volevano che diventasse
più allegra. Come
se in qualsiasi cosa ci dovesse essere necessariamente presente il
lieto fine.
Io sapevo che non era così. La vita non è tutta
rose e fiori e io non avrei
illuso nessuno.
Terminai con l'ultimo accordo che
venne accolto con una nota
di delusione nelle espressioni di quelle persone. Come le capivo...
Qualche anno
fa, quando leggevo in un libro la morte di qualche personaggio a cui mi
ero
affezionata, ci rimanevo malissimo, con una voglia incredibile di
contattare la
casa editrice e minacciare chiunque pur di far ristampare il
libro secondo i
miei desideri.
La massa di gente si
allontanò piano piano prendendosela con
comodo, cosa che mi innervosì parecchio. Tornai a fissare le
corde della mia
fidata chitarra, quando qualcuno mi lasciò una banconota da
cinque dollari
accanto al ginocchio. Ripresi a pizzicare le corde e senza alzare lo
sguardo
parlai - Non voglio soldi.-
- Ah, no? - mi chiese una voce
maschile e dal tono di voce
intuì che stesse sorridendo. Scossi la testa in risposta e
lui continuò - Beh,
pensavo di sì. Allora me li riprendo.- Ero sicura che lui si
aspettasse che gli
dicessi di lasciarmeli, ma non l'avrei mai fatto: veramente non avevo
bisogno
di soldi e non avrei mai ingannato in questo modo le persone.
Non si decideva a prenderli,
così lo incitai - Beh? Li
prendi o stai aspettando che tornino nel tuo portafogli da soli? -
questa volta
alzai lo sguardo e mi trovai davanti un ragazzo sui diciotto anni, con
il
ciuffo biondo scuro e degli stupendi occhi color nocciola.
Lui assunse un espressione seria - Ma
allora non li vuoi
veramente? –
Sbuffai - Senti, non ho la
personalità bipolare, se ti dico
di no una volta, è no anche la seconda! - suonai nuovamente
quella melodia,
ormai mi era entrata in testa...
- È carina, ma dovresti
suonarla in Do maggiore, con questa
tonalità è troppo triste e chi ti ascolta rimane
deluso. Sai, siamo in
atmosfera natalizia e vogliamo rallegrarci.-
Sapevo perfettamente che per renderla
più gioiosa avrei
dovuto semplicemente spostare le mie dita più in su sul
manico, ma non ne avevo
la minima intenzione. Poi mi scocciava il fatto che questo ragazzo si
prendesse
così tanta confidenza da dirmi addirittura come suonare una
mia canzone. - Lo
so bene, ma non tutte le cose sono allegre e felici.-
Lui sospirò e si sedette
accanto a me. Iniziai a pensare
all'ultimo anno passato: una vera merda. Anche volendo, non sarei
riuscita a
trasmettere positività alla canzone, e un ascoltatore con un
buon orecchio se
ne sarebbe accorto subito. Il modo in cui suoni riflette infatti il tuo
stato
d'animo, quindi era una battaglia persa sforzarsi di rendere tutto
felice agli
occhi degli altri.
Appoggiai la testa al muro e durante
quel movimento mi cadde
il cappuccio dalla testa, mostrando le mie ciocche castane e mosse,
leggermente
umide: quel giorno ero arrivata al centro commerciale sotto la pioggia
e i
capelli non si erano ancora asciugati.
- Beh, tu potresti comunque tentare
di renderla più... - lo
interruppi subito.
- Tu suoni? - lui annuì -
Bene, allora saprai che il tuo
stato d'animo traspare in ciò che stai suonando, quindi non
ci riuscirei.- Lui
mi guardò, ma io non distoglievo lo sguardo dalle mie dita
appoggiate sulle
ruvide ultime tre corde.
Il pollice destro che prima era
sospeso sul Mi, riprese il
movimento lento accompagnato dal polso. Mi sentivo tranquilla quando
suonavo e
non ricordando la presenza del ragazzo seduto accanto a me, cantai un
verso
sulla melodia. - But I'mma be under the
mistletoe...- Vidi con la coda dell'occhio le labbra carnose
del ragazzo
tendersi in un sorriso.
Fermai immediatamente le dita e dissi
- Perché sei ancora
qui?-
Lui rise divertito - Me ne vado,
comunque fidati, in Do
maggiore sarebbe stupenda! - sbuffai e lui rise ancora di
più mentre si
allontanava.
Decisi di provare a suonare solo una
volta con quella
dannata tonalità e quando il mio pollice si fermò
alla prima corda dopo
l'ultimo accordo, le persone che si erano radunate intorno a me
applaudirono
gioiose, cosa che mi innervosì terribilmente.
- Oh, ma vaffanculo!- Alcune mamme
appoggiarono le mani
sulle orecchie dei figli e mi guardarono indignate, mentre alcuni
ragazzini
scoppiarono a ridere. Poi tornarono alle loro compere, lasciandomi
lì a suonare
quella melodia.
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Capitolo 2 *** Ci speri ancora... ***
- L'hai trovato, Emma?- mi chiese
Alexandra il giorno dopo a
scuola.
Non specificò, ma sapevo
bene a cosa si riferisse. Chiusi il
mio armadietto grigio affranta e le risposi - No... Inizio a pensare
che ormai
sia già passato troppo tempo - mi appoggiai al metallo
freddo e sospirai.
- No, un anno non è...- la
interruppi subito, non volevo che
cercasse di consolarmi anche in una situazione del genere.
- Sì invece, Alex. Un anno
è molto tempo, tantissimo. Potrei
fare una marea di cose in 365 giorni - mi spostai una ciocca castana
dietro
l'orecchio, segno di nervosismo.
- Però tu non hai fatto
altro che uscire da scuola e andare
al centro commerciale, tutti i giorni. Questo vuol dire che un po' ci
speri
ancora - mi disse la bionda sorridendo. Beh, non potevo negare
l'evidenza: io
ancora nutrivo la speranza di vedermi passare davanti il mio James. Lo
aspettavo impaziente ogni giorno davanti a quel bar, con la chitarra
sulle
gambe incrociate. Eppure lui non arrivava... Avevo visto passarmi
davanti di
tutto e di più, ma non lui.
Abbracciai la mia migliore amica con
tanto affetto e le
sussurrai nell'orecchio a cui era appeso un orecchino
abbastanza
sgargiante - Grazie, veramente. Grazie di tutto, non so come avrei
fatto senza
di te in tutti questi mesi - le diedi un bacio sulla guancia che lei
ricambiò,
poi ci avviammo verso le nostre classi.
- Di niente Emma. Ma anche Kate ti
è stata vicino in questo
periodo...- feci una smorfia a quelle parole.
Mia madre aveva cercato in tutti i
modi di rallegrarmi, ma
questo i primi mesi. Poi mi aveva fatto intendere che per lei io avrei
dovuto
dimenticarmi di James. Non sapeva assolutamente che io restassi seduta
interi
pomeriggi sullo sporco pavimento del centro commerciale.
Però stavo iniziando a
pensare che lei avesse ragione, o almeno in parte. Di certo non sarei
mai
riuscita a scordare definitivamente il moro dagli occhi blu, quello era
impensabile. Avrei dovuto frequentare gente nuova, innamorarmi di un
bel
ragazzo e riuscire a ricordare senza rancori tutta la
felicità che mi aveva
portato nella vita James. Sarebbe stata la cosa giusta da fare.
- Sì, ovvio. Ma lei
è mia madre e qualunque mamma lo avrebbe
fatto per il proprio figlio, no? - le chiesi davanti alla porta
dell'aula in
cui avrei passato l'ultima ora di quella giornata scolastica.
- Certamente! - mi sorrise ed
entrò nella classe di fronte
alla mia dopo avermi guardata un'ultima volta.
Mi sedetti al mio banco accanto alla
finestra e iniziai ad
ammirare il paesaggio: gli alberi spogli mi trasmettevano una tristezza
infinita.
Sembrava quasi che
non ci fosse una via
di scampo per quei rami nudi e secchi. Invece verso Marzo,
così come ogni anno,
sarebbero spuntati dei piccoli germogli verdi, grazie al calore del
Sole. Poi,
tempo qualche mese e avrebbero lasciato il posto a fiori colorati e
profumati.
Io avevo bisogno del mio Sole, quello
che mi avrebbe
scaldata e fatta fiorire nuovamente. Già, perché
io ero ormai paragonabile a
quegli alberi che riempivano il giardino della scuola. Con l'unica
differenza
che il mio inverno, durava da quasi un anno. Speravo
con tutto il cuore che la primavera si
sbrigasse ad arrivare e che durasse per sempre.
I miei pensieri furono interrotti dal
suono della
campanella. L'ora era già terminata e io non avevo seguito
niente, non sapevo
nemmeno di cosa avesse parlato la professoressa. Pazienza, al centro
commerciale avrei controllato sul libro l'argomento successivo a quello
studiato per la lezione precedente.
Mi infilai il giubbotto nero
velocemente, presi lo zaino e
uscii dall'aula per incontrare Alex.
Una volta fuori dall'edificio
intravidi una chioma bionda e
una cartella verde. Identificai la persona come la mia migliore amica e
la
raggiunsi.
- Ehi Alex! Com'è andata
la lezione di matematica?- le
chiesi ghignando. Conoscevo benissimo il suo odio nei confronti di
quella
materia e del professore che gliela insegnava.
- Oh, ma come sei simpatica... Tu mi
sfotti solo perché sei
un genio in quella cazzo di matematica di merda - disse arrabbiata.
Avrei giurato di aver visto del fumo
uscirle dalle narici.
Ma probabilmente era solo la mia immaginazione. Mi sarebbe piaciuto
fare un
disegno per ricordare la sua espressione infuriata. Magari avrei anche
inventato una storia a fumetti dove lei fosse la protagonista. Di
sicuro appena
arrivata a casa quella sera, avrei iniziato qualche schizzo.
Era la mia passione disegnare, fin da
quando ero solo una
bambina con i codini castani e il vestitino azzurro. Poi da quando
avevo
conosciuto James, la chitarra aveva affiancato la matita. Avevo sempre
amato la
musica in generale, ma mi ero sempre limitata al canto. Il moro mi
aveva
insegnato a suonare quello strumento perfetto dal suono che si addiceva
ad ogni
minima situazione. Gli ero veramente molto grata per avermi fatto
scoprire come
muovere le dita su quelle sei corde.
- Vedo che non perdi mai la tua
finezza, eh?- dissi ironica,
poi continuai seria -Comunque, cos'è successo? Mi sembri
più isterica del
solito, sempre se sia possibile...- finì la frase
scherzando, in fondo io e lei
ci prendevamo sempre in giro, e ci volevamo tanto bene, come se fossimo
sorelle.
- Hai presente Matt?- mi chiese
abbassando il tono di voce.
- Matt? Intendi Matt Kayse, capitano della squadra di football della
scuola,
quello per cui hai una cotta che ormai dura da non so quanto tempo?
Meglio
conosciuto come Matt-ho rotto i coglioni a Emma perché Alex
parla solo di
me-Kayse?- chiesi stizzita alla mia migliore amica.
Lei rise divertita e quando si
calmò disse - Sì, proprio lui
- si lasciò sfuggire un'altra risatina, poi
continuò cercando di tornare seria
- Comunque, per qualche motivo a me ignoto, dobbiamo fare una relazione
insieme, capisci?- mi chiese lei come se fosse una cosa abbastanza
scontata.
Bene, avevo appena capito fino a dove potesse spingersi la sua
stupidità. Di
sicuro quello era il limite.
- Sinceramente? No, non capisco. Ma
dico io, sei scema o
cosa? Finalmente hai l'opportunità di stare con Matt, e tu
sei arrabbiata?-
dissi io seria. Dal suo sguardo intuì che si era appena
ricordata qualcosa di
importante.
- Oh sì, dimenticavo.
Quella gallina scostumata di Jennifer,
ha convinto il prof a farsi inserire nel nostro gruppo, dicendo che lei
non se
la cava in matematica e che le sarebbe d'aiuto stare anche con Luke.
Quindi
adesso siamo io, Matt, quell'oca di Jennifer e quel secchione di Luke -
mi
disse sconsolata.
- Beh, ma che ti importa? Poi Luke
è simpatico e dolce, non
trattarlo come se fosse una nullità...- lo pensavo
veramente. Quel ragazzo era
sempre gentile con tutti, sorrideva sempre, nonostante lo
maltrattassero e io
non potevo sopportare la gente che etichettava le persone come se
fossero
articoli di un supermercato. Ma sapevo che era solo un momento di
rabbia per
Alex e aveva bisogno di sfogarsi.
- Scusa, hai ragione. Io non ho
niente contro Luke, anzi. Ma
strozzerei volentieri quel mucchio di tette e ignoranza!- strinse i
pugni e io
scoppiai a ridere. - Senti, questo mese faranno un mercatino ogni
venerdì, che
ne dici se andassimo domani io e te? Ci divertiremo e ci
sarà un sacco di
gente...- disse alludendo alla mia disperata ricerca del moro.
Sorrisi e fui felice di rispondere -
Non vedo l'ora Alex! Ci
vediamo domani a scuola - le diedi un bacio sulla guancia e iniziai a
correre
verso casa, per afferrare la mia chitarra e dirigermi al centro
commerciale
come tutti i pomeriggi.
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Capitolo 3 *** Lui è stato il mio primo bacio ***
Ancora niente.
Nemmeno quel pomeriggio James era
tornato. Forse ero io che
sbagliavo. Era passato già troppo tempo. Iniziavo a pensare
che lui non volesse
avere più niente a che fare con me. Magari lui non teneva
così tanto a me da
farmi tornare tra le sue braccia. Ero come un cagnolino che rimane
irremovibile
nel punto in cui il suo padrone lo aveva abbandonato. Non potevo andare
avanti
così, nessuno ci sarebbe riuscito. Come può una
persona "annullare"
la sua vita per un'altra? Già, perché io avevo
fatto questo. Ero talmente presa
da James, che da quando non lo avevo più con me, non
riuscivo a vivere. Ero più
morta che viva.
Mi chiedevo come Alex fosse riuscita
a sopportarmi in tutti
quei mesi, così come mia madre. Dovevo cercare di non
pensarci, o almeno riuscire
a far credere agli altri che io avessi superato la cosa.
Perché oltre a rovinare
la mia vita, stavo rovinando la loro e non potevo permettere che
ciò
continuasse.
Dal giorno successivo non avrei
trascorso interi pomeriggi
su quel pavimento che migliaia di persone avevano calpestato. Ci sarei
andata
meno frequentemente, perché comunque, se il destino avesse
voluto, avrei
incontrato il mio bel moro dagli occhi azzurri in qualsiasi posto. Era
però
ancora da vedere se quello fosse ciò che effettivamente la
vita aveva in serbo
per me.
- Ciao Emma! Come mai mi hai
chiamata? Cioè, non
fraintendere, sono contentissima, ma devi ammettere che è
strano...- ecco, Alex
iniziava a parlare senza respirare tra una frase e l'altra e non mi
lasciava
nemmeno il tempo di rispondere alle sue domande.
Sbuffai e spostai il telefono
all'orecchio sinistro, mentre
mi sedetti sul letto in camera mia con un piede sotto il sedere -
È strano solo
perché si tratta di me, Alex. La verità
è che mi sono stancata di sembrare un
morto che cammina e voglio tornare ad essere l'amica di una volta -
dissi
sincera.
- Brava Emma, così si fa!
- mi disse con il tono di un
allenatore fiero del suo atleta. Pensai a quanto fosse stupida la mia
migliore
amica e sorrisi.
- Bene, quindi che facciamo? - le
chiesi impaziente, anche
se in realtà quella sera volevo fare una cosa che mi ero
prefissa da un po' di
tempo.
- Allora, abbiamo detto che domani
andiamo al mercatino...
Piccola parentesi: non vedo l'ora! - disse eccitata.
- Beh, vai a farti una bella visita
dall'oculista, Alex -
feci una battuta a dir poco penosa, ma non potevo evitare di dirla, era
più
forte di me.
Lei finse una risata - Certo che
questi mesi rinchiusa in
casa ti hanno proprio rincoglionita, eh? Comunque, prima che mi
interrompessi
pietosamente, ti stavo dicendo che secondo me dovresti stare a casa
oggi è
chiedere scusa a Kate e a Joseph per l'anno che hanno dovuto passare
insieme ad
una mummia - concluse lei lasciandomi a bocca aperta.
Lei aveva capito tutto. Aveva capito
che mi ero sentita
totalmente in colpa per quello che avevano dovuto sopportare i miei
genitori.
Sorrisi - Io ti adoro! Capisci sempre
di cosa ho bisogno,
devo andare, a domani bella! - le chiusi il telefono in faccia senza
lasciarle
il tempo per rispondere, ma sapevo che lei mi avrebbe capita e non si
sarebbe
arrabbiata.
Così mi alzai, gettai il
cellulare sul letto e corsi in sala
dai miei genitori, sperando che potessero perdonarmi tutto, nonostante
non mi
avessero mai fatto pesare nulla. Erano molto comprensivi,
fortunatamente. Li
sentii parlare fra di loro.
Sembravano preoccupati, ma non captai
subito l'argomento
della conversazione.
- Non posso più vederla
così triste, quel ragazzo le ha
rovinato la vita, inconsapevolmente, ma l'ha fatto - disse mia madre,
facendomi
capire di essere al centro del loro discorso.
- Già, Emma era
così felice con lui e da quel dannato
pomeriggio ha perso tutta la voglia di vivere... - concordò
con lei mio padre e
dal suo tono compresi tutto il suo dispiacere.
Appoggiai la schiena al muro e una
lacrima mi bagnò
percorrendo il mio viso. Quei ricordi facevano male. Come delle
coltellate allo
stomaco. Non sapevo se sarei riuscita a superare tutto, ma di sicuro ci
avrei
provato con tutta la mia buona volontà.
Aprii la porta della stanza e con le
lacrime che mi
inondavano il viso, mi precipitai tra le braccia dei miei genitori -
Io... Mi
dispiace, veramente. Cercherò in tutti i modi di dimenticare
James... So di
essere stata intrattabile, ma lui è stato il mio primo bacio
e...- iniziai a
singhiozzare al ricordo della prima volta in cui ho sentito le sue
labbra sulle
mie, ero così incapace, eppure mi sentivo a mio agio con
lui, come se fossi
nata solo per incontrarlo e stare con lui per sempre.
Loro mi strinsero con affetto e mi
accarezzarono i capelli
dolcemente - Amore, non devi dimenticarlo, devi solo superare tutto e
riuscire
a pensare a lui senza piangere... Noi ti amiamo tanto e non possiamo
vederti
così triste - mi asciugarono le lacrime e io sorrisi
riconoscente.
- Anche io vi amo, tanto! - mi
allontanai leggermente per
far vedere loro il mio sorriso che tanto amavano, poi continuai -
Domani dovrei
andare al mercatino con Alex... Cioè, lei mi ha invitata,
posso andare?- sapevo
che non avrebbero avuto niente in contrario, ma chiesi comunque.
- Certo tesoro mio! - mi rispose mia
madre con lo sguardo
pieno di felicità. Mio padre non aveva risposto, ma dallo
sguardo capii che per
lui non c'erano problemi.
Dalle parole che mia madre mi
sussurrò nell'orecchio, mi
resi conto di quanto tenesse alla mia felicità -
Chissà se domani
incontrerai un ragazzo che ruberà il tuo cuore dalle mani di
James...- la
guardai e notai i suoi occhi speranzosi. Mordendomi il labbro
inferiore, le
sorrisi e scossi la testa divertita: sembrava una ragazzina. Amavo
quello pazza
di mia madre!
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Capitolo 4 *** Come una sorella ***
- Ehi Emma, guarda che bella
sciarpa!- Alex mi indicò una
soffice striscia di lana bianca.
Le sorrisi: gliel'avrei regalata di
sicuro per Natale
insieme a qualche altra cosa. - Sì, hai ragione - mi sentivo
un po' triste
però... Quella tipica atmosfera natalizia mi ricordava
troppo James ed era
proprio ciò di cui avevo meno bisogno in quel momento.
- Qualcosa non va?- mi chiese
dolcemente Alex, come quando
una madre consola il figlio. Lei era come una sorella per me: riusciva
a capire
qualsiasi cosa provassi semplicemente guardandomi, e viceversa.
- No, è solo che... Ecco,
tutto questo- indicai con un gesto
della mano quello che ci circondava - mi ricorda troppo James e... Mi
fa male-
conclusi guardandola negli occhi.
Lei mi sorrise comprensiva e mi
abbracciò stringendomi con
affetto il corpo. - Sono sicura che lo troverai, ovunque sia.
Probabilmente
fino ad adesso hai sbagliato approccio: magari non devi aspettarlo, ma
trovarlo
tu stessa- quelle parole mi fecero riflettere.
Effettivamente io avevo sempre
sperato che il moro mi
passasse davanti casualmente, ma non avevo mai pensato di farmi
coraggio e
cercarlo. La verità era che l'idea di trovarlo mi intimoriva
enormemente: come
avrei fatto nel caso di un rifiuto da parte sua nei miei confronti? Non
sarei
riuscita a sopportare una situazione del genere.
- Ti ho mai detto che sei un genio?
Beh, lo sei!- le dissi
allegra, mentre lei rise.
- Ma io lo sapevo già- mi
spinse leggermente dal gomito e
ridemmo insieme. Poi continuò - Allora, io devo prendere
delle cose per mia
madre, tu se vuoi fai un giretto, va bene?- mi chiese gentilmente.
- Certo, dove ci incontriamo dopo?-
mi guardai intorno e
notai quanta gente allegra e spensierata girasse tra le bancarelle
senza
pensieri negativi per la testa, probabilmente. Ripensai a James e mi
chiesi se
in quel momento lui, ovunque fosse, si sentisse felice, se mi pensasse
ogni
tanto.
Solo quando Alex mi passò
una mano davanti agli occhi, mi
accorsi che mi stava chiamando da qualche minuto, senza ottenere una
qualche
risposta da parte mia. - Emma?- disse nuovamente la bionda con tono
preoccupato.
- Ehm, sì scusa - sorrisi
- dicevi?- la guardai attendendo
una risposta.
- Che potremmo ritrovarci davanti
alla fontanella dell'acqua
tra una mezz'ora, sei d'accordo?- io annuii in risposta e lei,
naturalmente,
comprese il motivo del mio comportamento - Ancora James, dico bene?- il
mio
silenzio fu la conferma. Guardai altrove per non farle notare i miei
occhi
verdi velati di lacrime che da un momento all'altro mi avrebbero
inondato il
viso.
- Allora tra trenta minuti alla
fontana?- finsi un sorriso
che lei ricambiò con uno più vero e semplicemente
stupendo.
- Sì, a dopo bella!- ci
scambiammo un bacio sulla guancia.
Lei sorrideva ancora. Le brillavano gli occhi quando era felice e mi
trasmetteva calma e tranquillità. Era la cosa migliore che
mi fosse mai
capitata.
Iniziai ad osservare ciò
che i mercanti avevano disposto
sulle bancarelle e ripensai alla sciarpa bianca: forse avrei dovuto
prenderla
subito per non rischiare poi di non ritrovarla successivamente.
Mi ritrovai di nuovo di fronte al
viso rassicurante della
donna anziana che mi sorrise - Dimmi pure cara... Cosa ti serve?- io
guardai il
ripiano ricoperto di tessuti vari per ritrovare quella nuvoletta
soffice e
candida. Rimasi delusa: qualcuno l'aveva già acquistata.
Risposi con tono sconsolato -Ehm,
niente, vedo che non c'è
più...- la donna sorrise e mi chiesi il motivo.
Lo compresi grazie alle sue parole -
Cerchi la sciarpa
bianca per la tua amica, vero?- annuii e lei inondò le mie
orecchie con la sua
dolce risata - Sapevo che saresti venuta a prenderla, così
te l'ho messa da
parte- sorrisi riconoscente.
Era stato davvero gentile da parte
sua. - Grazie tante
signora- lei scomparì dentro al furgoncino contenente il
resto della merce:
sciarpe, guanti, maglioni e capelli di tutti i colori. Tradotto: il
paradiso di
Alex. Lei adorava quei capi d'abbigliamento.
La signora era assente da alcuni
minuti e io per passare il
tempo iniziai a canticchiare qualche melodia natalizia.
-
But I'mma be under the mistletoe... With
you, shawty with you... With
you, shawty with you... With you, under the mistletoe...-
involontariamente
mi uscirono dalle labbra queste parole, accompagnate dalla melodia che
inondava
i miei pensieri. Da quando l'avevo suonata per la prima volta, il ritmo
era
cambiato e ora risultava lievemente più veloce e allegra.
Probabilmente era
tutto merito della presenza di Alex. Anzi, sicuramente. La signora
sbucò dalla
portiera bianca e mi porse un pacchettino blu con il nastro oro ed era
facile
intuire cosa contenesse: era molto morbido, come la sciarpa che
conteneva.
- Te l'ho già incartato
cara, sono $20- io le sorrisi
riconoscente.
Le avvicinai la banconota - Grazie
mille, buon lavoro!- mi
girai canticchiando la mia melodia con un tono dolce.
All'improvviso andai a sbattere
contro qualcuno e il
pacchetto mi sfuggì dalle mani. Mi abbassai per raccoglierlo
- Scusi, andavo di
fretta- farfugliai alzandomi. Guardai la persona contro cui ero andata
e mi
ritrovai davanti un ragazzo con il ciuffo e gli occhi color nocciola.
L'avevo già visto da
qualche parte, ma non ricordai dove
fino a quando lui non parlò - Ecco chi mi ricordavi! Tu sei
la ragazza del
centro commerciale- disse lui sorridendo. Ah, già...
Risposi velocemente - Sì
sì certo. Come ho già detto sono di
fretta, quindi, se permetti...- mi girai verso la strada che mi avrebbe
portato
alla fontanella dove avevo l'appuntamento con Alex.
Lui mi impedì di camminare
afferrandomi un braccio - Ho
sentito che hai continuato la canzone- mi disse.
Inarcai un sopracciglio -
Sì. Scusa, mi aspetta la mia
amica- dissi scocciata.
- È carina?- mi chiese
malizioso.
Scoppiai a ridere - Sì,
molto, ma è "impegnata"-
mimai le virgolette e lui rise -con Matt Kayse, capitano della squadra
di
football, perciò...- lasciai la frase in sospeso.
- Non ho speranze quindi?- mi chiese
e io scossi la testa.
- È semplicemente un
coglione senza cervello che fa avanti e
indietro lungo un campo, ma "lui è figo", parole di Alex-
lì
scoppiammo a ridere entrambi.
- Sono Justin comunque-
allungò la mano.
- Emma- dissi e gliela strinsi con la
mia. La sua pelle era
morbida e calda, abbastanza piacevole.
- Conosciuta anche come "vischio"...-
rise alla
sua battuta che mi aveva sconvolta. Come si era permesso a fare una
battuta così
squallida? Gli lanciai un'occhiataccia e rivolsi lo sguardo verso Alex
che mi
sorrideva dalla panchina disposta di fianco alla fontana.
Alzai la mano come saluto e dissi al
ragazzo senza guardarlo
- Divertente- poi iniziai a camminare.
- Ehi, cosa ho fatto?- sentii dire
dal ragazzo spiritoso.
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Capitolo 5 *** Dovrei tagliarmi i capelli... ***
-Ti prego, ti prego, ti prego dimmelo
Emma!- Alex riuscì a
sfondarmi il timpano destro con i suoi acuti anche dal cellulare.
-Ti ho già detto che non
è nessuno, perché ti sei fissata
con questa storia?- le chiesi terminando la frase sconfortata.
Da ben due giorni la bionda
continuava a chiedermi chi fosse
quel ragazzo che al mercatino parlava con me. Quando l'avevo raggiunta
alla
panchina quel venerdì, eravamo tornate a casa
tranquillamente, ma probabilmente
durante la notte si era ricordata magicamente di quel particolare che
speravo
non avesse notato. Ma evidentemente le mie preghiere erano state vane.
-Oh, ma dai, non ti faccio tenerezza
nemmeno un po'?- mi
chiese e io mi immaginai le sue ciglia sbattere ripetutamente come per
addolcirmi ed estorcermi le informazioni che desiderava. Informazioni
che
effettivamente non esistevano, almeno non quelle che lei avrebbe
definito
"scottanti".
-No per niente. E comunque non serve
sbattere le ciglia fino
a farti venire un crampo alle palpebre: io non posso vederti, ricordi?-
le
dissi facendola sbuffare.
-Allora mettila così:
è un figo pazzesco e voglio delle
informazioni sul suo conto. Più che volerle, le pretendo!-
con quest'ultima
frase mi mise con le spalle al muro: dovevo per forza risponderle,
funzionava
così tra di noi.
-Mi stupisce questa cosa Alex. Cosa
potrebbe pensare tuo
"marito" Matt se lo scoprisse? Sarebbe un oltraggio per lui...- dissi
drammatica.
Lei scoppiò a ridere e io
la imitai -Sciocca, sai cosa
intendo. Vorrei solo che tu iniziassi a frequentare qualche bel ragazzo
e,
porca puttana, quello è... È wow, veramente wow!-
quando non riusciva a trovare
l'aggettivo adatto, lo sostituiva con 'Wow', cosa che mi faceva
sorridere
sempre involontariamente.
Sbuffai -E va bene. Si chiama Justin,
l'ho incontrato la
prima volta al centro commerciale e, notizia bomba, è un
cazzone di merda che
ci avrebbe provato con te senza nemmeno averti vista. Contenta ora?-
chiesi
sarcastica.
-Ehm... Ok, non ho compreso l'ultima
frase, ma ok...
Comunque io rimango dell'idea che lui sia veramente wow!- scoppiai a
ridere e
lei continuò -Ehi, ma è vero- disse fingendosi
offesa.
-Lo so Alex, ora devo andare, ho
deciso che cercherò James
per il centro commerciale, invece di aspettarlo sul pavimento- dissi
fiera del
mio passo in avanti.
-Bene, ottima scelta. A me tocca
quella merda di relazione-
mi disse Alex prima che chiudessi la conversazione telefonica.
Decisi che per quel giorno non avrei
indossato la solita
felpa extra-large. Non volevo assolutamente che James potesse vedermi
conciata
come una barbona dopo un anno che nessuno dei due aveva notizie
dell'altro.
Indossai un jeans bianco stretto e un cappotto rosso, in perfetto stile
natalizio. Raccolsi i capelli in una coda alta e ordinata, presi la mia
fidata
chitarra e uscii di casa salutando i miei genitori con il sorriso sulle
labbra.
Una volta arrivata a destinazione,
entrai nell'enorme
edificio e iniziai a suonare. Nonostante fosse lunedì
pomeriggio, un sacco di
gente riempiva il centro commerciale. Buon per me: avevo più
possibilità che
James fosse presente.
Camminavo tra le persone mentre il
mio polso si muoveva
velocemente ed energicamente per permettere alle mie dita di far
suonare alle
corde, ormai rovinate, le melodie che rimbombavano nella mia mente.
Un bambino di circa cinque anni
iniziò a fissarmi,
affascinato da quel suono ipnotico. Scuoteva la testa a destra e a
sinistra in
perfetta sincronia con le note.
Mi avvicinai sempre di più
a lui, che era seduto ad un
tavolino del bar. Era solo e volevo fargli compagnia con la mia musica.
-Kiss me underneath the mistletoe. Show me baby that you love so, oh oh oh oh
oh oh...- cantai con un tono molto dolce e rassicurante.
Il bambino sorrise e
applaudì allegro, incitandomi a
continuare la canzone. Le mie dita non si fermavano, scorrevano
velocemente da
una corda all'altra. Ma non avevo ancora pensato a dei versi da cantare
su
quella base. Anche se, effettivamente, fino a quel momento non avevo
minimamente pensato alle parole da pronunciare. Le avevo cantate
involontariamente.
Una voce femminile interruppe quella
strana atmosfera che si
era formata tra me e il bambino. Era come se ci fossimo distaccati da
tutto ciò
che ci circondava -Ehi Jaxon ti ho preso la cioccolata calda e il...-
lasciò la
frase in sospeso quando si accorse della mia presenza.
Le sorrisi -Ciao, stavo facendo
compagnia a Jaxon con la mia
musica. Vado- dissi girandomi e avviandomi verso un'altra area
dell'edificio.
Ma lei mi fermò mettendomi
una mano sulla spalla -Io sono
Jazzy, sua sorella- mi girai verso di lei e sorrisi.
-Io sono Emma- lei
ricambiò il sorriso.
-Sai, Jaxon adora la musica. Passa
interi pomeriggi ad
ascoltare nostro fratello- Jazzy guardò il bambino con amore
e gli scompigliò i
capelli dolcemente, mentre Jaxon rise e morse il suo muffin.
-Che cosa suona?- chiesi curiosa.
-La chitarra e il pianoforte, ma io
preferisco la sua voce:
quando canta mi viene la pelle d'oca. Ora che ci penso dovrebbe avere
la tua
età, più o meno- disse scrutandomi.
-Oh, beh, magari viene nella mia
scuola. Come si chiama?- la
guardai negli occhi. Occhi che mi sembrò di avere
già visto e apprezzato.
-No, lui non frequenta più
la scuola. Lavora in questo bar.
Guarda, è il ragazzo dietro il bancone- con il suo dito mi
indicò un punto
oltre i tavolini disposti fuori dal bar per i clienti, dietro alla
vetrata
lucida.
Seguì con lo sguardo le
sue indicazioni e i miei occhi verdi
vagarono qualche secondo prima di posarsi sulla alta e muscolosa figura
di un
ragazzo dal ciuffo biondo scuro e il sorriso smagliante.
-Justin- sussurai scocciata. Ero
arrabbiata con lui, molto.
-Lo conosci?- mi chiese la ragazza
incredula.
Feci un verso che poteva significare
tante cose e lei rise
spensierata.
-A quanto pare sì...-
disse Jazzy prima di ridere
nuovamente.
La guardai attentamente e mi accorsi
dell'incredibile
somiglianza tra lei e quel coglione di suo fratello, quello grande
naturalmente. Jaxon mi stava pure simpatico.
Le sorrisi per salutarla e mi diressi
verso un tavolino per
bere qualcosa.
Nell'attesa che il cameriere venisse
a prendere
l'ordinazione, chiamai Alex.
Dopo vari squilli rispose -Pronto?-
dalla voce intuii la sua
allegria.
-Pronto Alex, sono Emma. Come sta
andando la relazione?-
chiesi curiosa.
-Bene, molto bene!- disse e non
riuscì a trattenere una
risatina.
-Ehi, ma che succede?- chiesi notando
il suo comportamento.
Accavallai le gambe per essere più comoda.
-Guarda, ti racconto tutto domani,
promesso- mi stava
nascondendo qualcosa, ma mi fidavo e sapevo che mi avrebbe riferito nei
dettagli l'intero pomeriggio. Probabilmente non poteva parlarne in
presenza
degli altri tre.
-Tu, piuttosto, hai trovato James?-
mi chiese poi seria.
-No, non l'ho trovato- risposi
affranta. Presi una ciocca
dei miei capelli castani e notai le punte rovinate e più
chiare rispetto al
resto della mia chioma -Sai, dovrei tagliarmi i capelli- dissi
distrattamente.
Lei rise -Cambi sempre discorso
Emma... Ti saluto ora, a
domani!- mi salutò Alex.
Chiusi la conversazione e appoggiai
il cellulare sul
tavolino.
Poi abbassai lo sguardo e non notai
che nel frattempo
qualcuno si era seduto nella sedia di fronte alla mia.
-Cosa non hai trovato?- mi chiese con
curiosità.
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Capitolo 6 *** Bianca e gelida come la neve ***
Alzai gli occhi e guardai la persona
che mi aveva parlato,
nonostante l'avessi riconosciuta dalla dolce voce.
-Oh gioia...- dissi ironica guardando
i suoi occhi nocciola
-Non sono affari tuoi comunque- continuai brusca.
-Emma,
io lavoro qui,
non è colpa mia se mi hanno dato il tuo tavolo da servire-
mi disse
tranquillamente. Mi venne una strana voglia di strozzarlo lì
davanti a tutti.
Ma cercai di frenare i miei istinti omicidi.
-Sì sì, come
no. Non dovresti lavorare, invece di parlare
con me?- domandai fissando un punto indefinito dietro alle sue spalle.
-Perché vai sempre in giro
con la chitarra?- ignorò la mia
domanda. E io ignorai la sua. Volevo stare serena e in pace
sorseggiando una
bella cioccolata calda e poi continuare le ricerche del moro, ma
evidentemente
non era possibile.
Dopo qualche minuto di silenzio lui
continuò -Non me lo
dirai, vero?- mi fissò negli occhi.
Lo fissai di rimando -Ti hanno mai
detto che sei molto
perspicace?- chiesi ironica.
-Va bene, ho capito- si
alzò -Cosa ti porto?- disse freddo.
Mi alzai dalla sedia e afferrai la
mia chitarra e il
cellulare -Porta il tuo culo ad almeno un chilometro di distanza da me,
grazie-
mi girai dalla parte opposta e iniziai a camminare.
Lui mi seguì
-Perché sei così acida con me?- il suo tono era
triste. Lo guardai ma non risposi. Poi rivolsi lo sguardo altrove,
mentre lui
si avvicinò -Senti, io finisco il turno tra una decina di
minuti. Aspettami,
così parliamo un po'- propose sorridendo dolcemente.
-Io... Non so... Ehm...- ero
arrabbiata con lui -Uff, va
bene Justin- sbuffai e lui ridacchiò.
-Stai seduta qui mentre mi aspetti-
mi accompagnò al
tavolino di prima.
Dopo circa quindici minuti Justin mi
mise una mano sulla
spalla, come per richiamare la mia attenzione.
-Facciamo una passeggiata?- mi chiese
sorridente. Aveva un
bel sorriso, questo non si poteva negare.
-Va bene, come vuoi- risposi
scocciata. Mi alzai dalla sedia
e presi la mia chitarra, ma lui mi fermò.
-Te la porto io- disse tranquillo. Io
mi limitai ad annuire.
Poi rimasi in silenzio osservando il
pavimento
dell'edificio.
Una volta usciti lui
iniziò a parlare, probabilmente
imbarazzato per quel silenzio che si era creato -Allora... Ehm...
Quanti anni
hai?- io alzai gli occhi al cielo.
-Diciassette. Senti, so che mi vuoi
chiedere qualcosa.
Quindi, per favore, evita giri di parole- sbottai acida.
Lui rise divertito dal mio
comportamento -Ok, volevo
chiederti perché sei così acida, insomma, nemmeno
mi conosci e già mi tratti a
pesci in faccia- concluse serio.
Evidentemente gli interessava
realmente il motivo del mio
comportamento.
-Beh, non penso di volerlo dire a te
il motivo. Ma che sto
dicendo, non c'è nessun perché, io sono
così e basta- perché mi metteva così
in
agitazione? Probabilmente per paura che potesse giudicarmi.
Mi girai di scatto per allontanarmi
da lui, ma mi prese il
braccio per bloccarmi.
La sua pelle era in contrasto con la
mia.
Bianca e gelida come la neve io,
abbronzato e caldo come la
sabbia sotto il sole lui.
Mi vennero i brividi alla schiena per
quel contatto: il suo
calore era troppo diverso dal mio e quella vicinanza mi aveva scossa.
Così allontanai il braccio
velocemente e lui sorrise -Scusa,
non è colpa mia se sei gelida- mi guardò negli
occhi.
-No, sei tu ad essere bollente come
se fossi stato attaccato
per tutto il giorno al calorifero...- lui rise e io sorrisi lievemente.
-Comunque, potresti parlare con me.
Voglio dire, io non
posso giudicare in modo soggettivo, non è un vantaggio per
te? Io potrei essere
oggettivo e sincero- ritornò al discorso precedente.
Il suo ragionamento non faceva una
piega. Aveva pienamente
ragione e io avevo bisogno di un consiglio da parte di qualcuno che non
avesse
mai preso parte alla mia storia. Perché i miei genitori ed
Alex erano stati
influenzati troppo dalla mia sofferenza e dai miei pianti disperati.
Sospirai e mi arresi -Ok, hai
ragione. Magari potresti
essermi d'aiuto- conclusi.
Lui annuì e
successivamente mi indicò una panchina per
sederci ed essere più comodi. La raggiungemmo e mi sedetti,
seguita da lui che
appoggiò la mia chitarra sulle sue ginocchia.
Dimenticai momentaneamente la mia
storia e gli dissi -Ho
conosciuto Jazzy e Jaxon al bar, prima- lui alzò lo sguardo
dalle corde al mio
viso e sorrise.
-Davvero?- chiese e io
annuì.
-Sì, stavo suonando e ho
notato che Jaxon era affascinato
dalla musica, così mi sono avvicinata- risposi fissando le
mie unghie.
Lui rise, probabilmente pensando al
fratellino -Lui adora la
musica. Sono sicuro che da grande diventerà un musicista
come il suo
fratellone- disse fiero.
Io scoppiai a ridere immaginando
Justin e suo fratello da
grandi in una boy band. Era complicato raffigurarsi Justin da adulto,
ogni
tentativo risultava fin troppo ridicolo.
-Perché ridi?- mi chiese
divertito dal mio comportamento.
-Niente, niente- avevo le lacrime
agli occhi per le risate.
-Dai, dimmelo ti prego- mi
supplicò lui.
Scossi la testa -No, spiacente.
Magari un giorno, chissà...-
risposi vaga.
-Guarda che io ho una buona memoria,
ti avverto- gli sorrisi
sinceramente.
Il silenzio tornò a
regnare intorno ai nostri corpi.
Iniziai ad avere freddo e
rabbrividii.
Lui se ne accorse -Hai freddo, Emma?-
mi chiese preoccupato.
La temperatura era veramente bassa e
avrei preferito
rimanere al tavolino del bar, riscaldata da una bella cioccolata, ma
ormai...
-No no, è tutto a posto. Poi sono gelida di mio, quindi...-
dissi
tranquillizzandolo.
-Sei gelida e quasi trasparente. Ti
si vedono le vene ai
lati degli occhi- disse osservando il mio viso. Poi appoggiò
delicatamente le
dita al di sotto del sopracciglio sinistro e mi accarezzò
lievemente. Quel
tocco era stato piacevole e i brividi aumentarono nuovamente per il suo
calore.
-Sembri una di quelle palle natalizie
di vetro, quelle piene
di brillanti...- mi disse dolcemente. Lo presi come un complimento per
il suo
tono di voce. Quelle palline mi erano sempre piaciute...
Così sorrisi.
Dopo alcuni minuti di silenzio,
parlò nuovamente -È molto
triste la tua storia?- mi chiese.
Io lo guardai dritto negli occhi. Il
colore mi trasmetteva
calore, era una visione piacevole. Sospirai e iniziai a raccontare...
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Capitolo 7 *** Ti stai pentendo ***
-È iniziato tutto l'anno
scorso, io e i miei genitori siamo
andati in vacanza a Miami per l'estate. Era tutto così bello
e caldo, mi
piaceva troppo la Florida... Ma era niente in confronto a un ragazzo
che avevo
incontrato per le strade di quella città affollata... I suoi
occhi erano
così... Brillanti e limpidi, come le acque blu e profonde
del mare. Mi avevano
colpita subito, così come la sua dolcezza infinita. Mi
sentivo la principessa
di una fiaba con lui. Abbiamo iniziato a passare le giornate insieme,
non ci
stancavamo mai di stare sdraiati sul tetto della sua auto a fissare le
stelle.
A volte eravamo capaci di stare ore e ore a parlare. Mi ero innamorata
di lui.
Solo che poi è arrivato Settembre e io sarei dovuta tornare
qui a Los Angeles
per frequentare il terzo anno. Ma eravamo così tanto
uniti... Non sarei mai
voluta partire, volevo restare a Miami, con lui- mi fermai qualche
istante per
prendere fiato.
Ma i ricordi iniziarono ad affollarsi
nella mia mente. Non
riuscivo a non sentirmi invasa dalla tristezza ripensando a quei giorni
passati
con il mio grande amore.
Iniziai a singhiozzare e Justin se ne
accorse.
Abbassai lo sguardo per non
permettere che vedesse le mie
lacrime. La sua mano si mosse timidamente e raggiunse la mia.
Delicatamente
intrecciò le nostre dita e io mi sentii confortata.
-Continua Emma- mi
incoraggiò Justin stringendo dolcemente le mie dita.
Alzai velocemente il viso verso
l'alto e osservai il cielo
grigio e cupo di Dicembre. Era invaso dalle nuvole come il mio
cuore dalla
stanchezza, dalla rabbia e dalla tristezza. Volevo superare il
più in fretta
possibile questa situazione. Speravo che parlarne con il biondo seduto
accanto
a me potesse aiutarmi.
Mi asciugai con il dorso della mano
le guance e sorrisi
timidamente. -Beh, rimanere non era possibile. Lui avrebbe iniziato
l'università e io sarei tornata alla mia solita routine.
Così Settembre finì
con la stessa velocità con cui era arrivato interrompendo le
vacanze estive più
belle che avessi mai avuto. Ci sentivamo spesso per telefono, ma non
era la
stessa cosa. Un giorno stavo tornando a casa distrattamente, non
guardavo
niente e nessuno. Lo ricordo come se fosse ieri... Ho infilato la
chiave nel
cancelletto di casa quando all'improvviso ho sentito il suo profumo
invadermi
le narici. Non saprei descrivere ciò che ho provato, so solo
che è stato
meraviglioso. Mi sono girata velocemente e mi sono fatta stringere
dalle sue
braccia forti. Ho iniziato a piangere per la gioia- sorrisi al ricordo
di quel
pomeriggio e Justin mi accarezzò con il pollice il dorso
della mano che stava
stringendo -poi è successo tutto
così dolcemente: mi ha preso il viso tra
le mani e si è avvicinato lentamente, come per paura di non
essere ricambiato,
ma io...- risi amaramente -non aspettavo altro da mesi. Così
le nostre labbra
si sono scontrate. Ero un po' insicura inizialmente. Ma è
stato il primo bacio
perfetto, quello che ho sempre sognato...- mi scese un'altra lacrima
salata.
Justin mise una mano dentro alla
tasca del suo giubbotto e
ne tirò fuori un pacchetto di fazzoletti. Ne prese una e
asciugò delicatamente
il mio viso, prima le guance e poi gli zigomi. Successivamente mi
accarezzò
dolcemente il viso provocandomi altri brividi.
-Che è successo dopo il
bacio?- il suo tono mi confortò: era
dolce e rassicurante. Lo stesso con il quale avevo cantato quel
pomeriggio al
suo fratellino.
Respirai profondamente per calmarmi,
poi continuai il mio
racconto -È rimasto con me qui, a Los Angeles, ma i suoi
genitori erano
contrari, volevano che continuasse i suoi studi universitari per
diventare
avvocato come il padre. Ma lui mi amava e non voleva stare distante da
me. Io
ero il suo sole e lui era il mio, giravamo uno intorno all'altra senza
fermarci. Il nostro amore ci teneva uniti- Justin sorrise -Siamo andati
avanti
così per un po', poi è arrivato il tanto atteso
periodo natalizio...- il mio
tono di voce divenne più cupo e il biondo se ne accorse.
Si sistemò meglio sulla
panchina e ascoltò ancora più
interessato di prima.
-Io ero a scuola quel giorno e,
quando sono tornata a casa,
l'ho trovato ad aspettarmi sul divano con un ramo di vischio tra le
mani. Mi
venne spontaneo sorridere perché mi ricordai di avergli
raccontato quanto
desiderassi un bacio sotto il vischio... Te l'ho detto, mi faceva
sentire una
principessa, riusciva sempre ad accontentarmi e a farmi sorridere.
Intuii
quindi che volesse donarmi quel bacio, ma io volevo aspettare almeno la
vigilia
di Natale, per rendere tutto più romantico. Lui voleva
sempre scherzare e ha
iniziato a rincorrermi per tutta la casa con quel rametto in mano
cercando di
baciarmi. Mi stavo divertendo molto, non avrei mai potuto immaginare
che
sarebbe finita così male... Ancora oggi mi pento di non
averlo baciato subito,
con il ramo ad osservarci sopra alle nostre teste...- all'improvviso mi
fermai.
Non volevo più andare
avanti. Sapevo che tutti quei ricordi,
che avevo cercato di reprimere in quell'anno, mi avrebbero distrutta
psicologicamente. Iniziai a tremare impaurita e insicura.
-Ehi, stai tranquilla. So che adesso
ti stai pentendo di
aver ricordato tutti quei momenti, ma io ti aiuterò in
qualche modo, te lo
prometto- disse nel tentativo di tranquillizzarmi.
-Sono scappata da casa e mi sono
ritrovata in strada dopo
aver percorso il giardinetto. Lui mi ha seguita. Abbiamo corso ancora,
fino a
quando iniziò a mancarmi il fiato per la stanchezza.
Così mi arresi e lui
felice si è avvicinato per baciarmi. Entrambi ci scordammo
di essere in mezzo
alla strada in quel momento, seppure sulle strisce pedonali, e da
lì tutto il
mio mondo è andato in frantumi. Tutto per colpa di un
bastardo che andava di
fretta, troppo distratto per accorgersi di noi due- strinsi la mano,
che Justin
non stava accarezzando, in un pugno per la rabbia.
Rabbia verso quell'uomo e rabbia
verso me stessa.
-Non vorrai dirmi che...- lui si
interruppe, ma io intuii
ugualmente cosa stesse cercando di dire.
-Sì, l'ha investito. Era
proprio nella sua traiettoria. Io
ero leggermente più spostata, quindi sono solo finita
dall'altro lato della
strada, mi sono rotta il polso per la caduta. Ma a James non
è andata così
bene. L'ho visto rotolare sopra al tetto dell'auto per poi cadere sulla
strada...- non mi interessava più che Justin potesse vedere
le lacrime. Avevo
bisogno di sfogarmi. -È stato orribile, Justin. Vedere la
persona a cui hai
donato il tuo cuore in una pozza di sangue. Ho avuto gli incubi ogni
notte per
quasi quattro mesi... Ancora adesso mi succede. Io dentro casa mia che
vedo
tutto dalla finestra, ma non posso salvarlo perché sono
legata. È come se ogni
volta rivivessi quel momento. E ogni volta piango, mi dimeno, ma
niente. Io
sono impotente davanti a tutto. Ma quell'uomo non ha fatto niente per
aiutarci,
è sfrecciato via lungo la strada- gridai arrabbiata.
Justin era scioccato e leggermente
scosso.
Senza pensarci due volte mi
abbracciò trasmettendomi tutto
il suo calore e il suo conforto. Quell'abbraccio mi
tranquillizzò. Era proprio
ciò di cui avevo bisogno.
Affondai il viso tra il suo collo e
la sua spalla.
Profumava. Un profumo fresco e
delizioso, che mi regalò una sensazione
di pace.
-La cosa peggiore è che i
suoi genitori non mi hanno più
permesso di vederlo. Pensavano che fossi la causa di tutto. E avevano
ragione.
Io ora non so dove sia, non so se sia vivo o meno. Nessuno voleva che
mi
avvicinassi a quella stanza dell'ospedale. Per questo passo interi
pomeriggi a
suonare per il centro commerciale. Io spero che lui sia vivo, che venga
a
cercarmi e riconosca la mia voce. Ma mi basterebbe anche solo sapere
che è vivo
e felice. Io sono sempre in dubbio, Justin, non so se dovrei
dimenticarlo o
cercarlo o... Non lo so- dissi sconfortata.
Lui mi strinsi con più
forza e contemporaneamente affetto.
-Mi dispiace così tanto, Emma, veramente. Non meriti tutto
ciò che hai passato.
Mi dispiace per aver fatto quella battuta l'altro giorno e per aver
pensato che
tu fossi acida. Io non potevo immaginare tutto questo- disse
sinceramente
dispiaciuto.
-Per favore, aiutami. Non importa
come, ma fallo- mi stupii
delle parole uscite dalla mia bocca.
Io conoscevo solo il suo nome, come
potevo pretendere che mi
aiutasse?
-Lo farò Emma. Te lo
prometto- mi sussurrò nell'orecchio.
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Capitolo 8 *** Lacrime calde e salate ***
-Adesso però fa veramente
troppo freddo, è meglio andare- mi
disse dolcemente.
Io annuii e mi alzai dalla panchina,
seguita da Justin. Poi
mi asciugai velocemente le ultime lacrime. Iniziammo a camminare,
diretti
ognuno verso la propria casa.
Dopo qualche minuto decisi di rompere
il silenzio che si era
creato -Mi dispiace, non ho fatto altro che parlare...- dissi.
Lui spalancò gli occhi
nocciola -Emma, non ti preoccupare
minimamente. Tu avevi bisogno di sfogarti e io volevo conoscerti. Non
devi
sentirti in colpa, capito?- mi tranquillizzò lui.
Sorrisi lievemente e lui strinse le
mie dita con le sue,
calde e morbide. -Grazie Justin. La prossima volta mi racconterai
qualcosa tu?-
chiesi speranzosa.
Una persona che ti ascolta per
più di un'ora, è veramente
una persona speciale. E io ne avevo bisogno. Volevo che diventassimo
amici, e
forse eravamo già sulla buona strada.
-Certo. Magari ti suonerò
qualche mia melodia- disse
sorridente.
-Jazzy dice che sei bravo anche a
cantare...- gli feci
notare.
Lui abbassò lo sguardo
verso le sue scarpe consumate -Mia
sorella esagera- si grattò il collo imbarazzato. Questa sua
reazione mi fece
sorridere involontariamente. Era tenera la sua timidezza.
-Io voglio sentire la tua voce
comunque- il mio tono non
ammetteva repliche.
Justin rise spensierato -Va bene
Emma- si arrese.
A un certo punto si fermò.
Mancavano pochi isolati alla mia
casa.
-Io devo andare da quella parte...-
mi indicò un sentiero
che conduceva dall'altra parte rispetto alla mia destinazione.
-Io abito lì, in fondo
alla strada- lui annuì.
Mi guardò negli occhi e
sorrise.
Poi prese una mia ciocca castana tra
le dita e l'attorcigliò
delicatamente, osservando ogni punta. Poi si avvicinò al mio
viso e con le sue
labbra impresse un dolce bacio sulla mia guancia. Dopo aver sistemato
la ciocca
dietro il mio orecchio, sussurrò -Non tagliarli, mi
piacciono i tuoi capelli
lunghi...- la sua frase provocò una mia risata.
-Sei un impiccione, Justin!- esclamai
divertita.
-Beh, lo so- disse fiero di
sé.
Io alzai gli occhi al cielo e iniziai
ad incamminarmi verso
la mia villetta -Sei proprio un idiota... Alla prossima Justin!-
salutai senza
guardarlo.
-Buona notte Emma!- disse con tono
divertito.
Quella notte non riuscii a prendere
sonno. Le coperte mi
infastidivano, ma la temperatura era troppo bassa per non coprirsi.
Sbuffai rumorosamente e le spostai
per poter alzarmi.
Appoggiai i piedi al pavimento per cercare le pantofole e rabbrividii:
quelle
mattonelle erano gelide. Una volta indossate, mi diressi al mio armadio
di
legno chiaro e lo aprii in cerca di un maglione caldo. Ne presi uno a
caso e
scesi le scale. Accesi la luce della cucina e mi sedetti su una delle
quattro
sedie.
Mi sentivo agitata. Tutti quei
ricordi per me erano delle
torture. Lente e insopportabili.
Appoggiai i gomiti sul tavolo e notai
il colore del maglione
indossato.
Iniziai a piangere.
Era blu. Blu come gli occhi dolci e
grandi di James. Blu
come il cielo che ammiravamo insieme quell'estate durante la notte.
Avrei
dovuto scegliere un altro maglione. Perché proprio quello?
Mi ero tirata la
zappa sui piedi da sola. Prima raccontando i miei ricordi a Justin, e
poi
vedendo il mio James ovunque.
Le lacrime scorrevano velocemente
sulle mie guance, fino a
posarsi sul mio labbro inferiore. Lacrime calde e salate. Proprio come
le acque
di Miami... Ecco, l'avevo fatto di nuovo.
Non sapevo come passare la notte.
Probabilmente se fossi
andata a dormire, avrei fatto qualche incubo, ma stare sveglia non era
comunque
una scelta migliore.
Mi alzai frettolosamente dalla sedia
e tornai nella mia
camera. Mi sfilai il pigiama di dosso e aprii la porta del mio bagno.
Quella luce mi faceva sembrare ancora
più pallida. Forse
leggermente giallognola. Sembravo proprio malata e di certo quelle
profonde
occhiaie non erano una bella visione.
Sospirai e aprii lo sportello bianco
accanto allo specchio.
Frugai tra i profumi e le creme con le mie dita, fino a quando trovai
un
contenitore di plastica trasparente. Dall'etichetta capii di aver
trovato ciò
che mi serviva. Presi una pastiglia minuscola e la mandai nel mio
stomaco con
l'aiuto di un sorso d'acqua.
Durante quell'anno avevo utilizzato
spesso dei tranquillanti
per poter dormire senza l'interferenza degli incubi. Erano la mia
ancora di
salvezza. Ma in quel momento, pensare che le avrei riutilizzate dopo
mesi e
mesi, mi provocò una strana sensazione.
Tristezza. Ecco cos'era. Invece di
andare avanti, stavo
facendo dei passi indietro. L'unico lato positivo era che sarei
riuscita a
passare quella dannata notte.
Tornai tra le coperte del mio letto e
afferrai la sveglia
accanto al letto per controllare che fosse impostata. Successivamente
appoggiai
la testa al cuscino ancora tiepido e chiusi gli occhi...
Al suono di quell'aggeggio mi
svegliai in un attimo. Le
palpebre erano pesanti e faticavo a tenerle ben aperte, ma non vedevo
l'ora di
cambiare aria.
Mi vestii velocemente con una felpa
enorme dal taglio
maschile e un jeans stretto. Poi entrai in bagno e mi bagnai il viso
per
svegliarmi completamente.
Al piano di sotto trovai i miei
genitori, ancora in pigiama,
intenti a fare colazione.
Mia madre alzò il viso dal
suo caffè e mi sorrise -Già
pronta? Sei stata veloce oggi...- disse notando che fossi vestita e con
la
cartella su una spalla.
-Sì, ho passato una
nottata orrenda e non aspettavo altro
che il suono della sveglia- dissi sincera. Mi sedetti con loro giusto
per
fargli compagnia. Non avevo fame.
-Mi dispiace tesoro- disse mio padre
sorridendo lievemente.
Mia mamma mi accarezzò la guancia con le sue dita lunghe e
rosate.
In famiglia ero quella con la pelle
più chiara. I miei
parenti mi avevano sempre paragonata alle bambole di porcellana.
Bambole dai
boccoli neri, gli occhi castani, la pelle bianca e le guance rosse.
Bambole che
fino ai miei undici anni avevano riempito tutte le mensole in camera
mia. Poi
erano state sostituite piano piano dai cd, dai libri e dai quaderni per
disegnare.
Ad essere sincera però, mi
era piaciuto di più il paragone
di Justin. Quello delle palle natalizie riempite di brillantini.
Probabilmente
perché le bambole di porcellana erano troppo belle, troppo
candide. Perfette,
insomma. Magari l'avevo semplicemente apprezzato per il tono in cui
l'aveva
detto. Mi era sembrato sincero. Invece era come se i miei parenti si
sentissero
obbligati a farmi quel complimento solo per la presenza dei miei
genitori e per
il legame di sangue. Sempre se si potesse considerare un complimento.
Non
piacevano a tutti quelle bambole.
Cercai di non perdermi troppo nei
miei pensieri e mi alzai
dalla sedia per andare a scuola.
-Io vado, a dopo- gridai dalla porta
d'ingresso dopo aver
indossato il mio giubbotto.
-Buona giornata tesoro- risposero i
miei genitori.
Una volta arrivata a scuola,
intravidi subito Alex
appoggiata di fianco al mio armadietto. Batteva ripetutamente il piede
sul
pavimento. Probabilmente era agitata e nervosa.
-Ciao Alex!- la salutai.
Lei alzò lo sguardo e mi
sorrise -Finalmente sei arrivata
Emma! Sono in piena crisi isterica, tu devi assolutamente aiutarmi-
disse lei.
Probabilmente questa sua crisi era dovuta alla relazione del giorno
prima.
Sorrisi -Dimmi tutto- la incitai
prendendo dallo zaino il
libro della materia che avrei avuto alla prima ora: chimica.
-Ecco vedi, ieri siamo andati in
biblioteca per la relazione
come ben sai...- si interruppe un attimo e io annuii -Poi abbiamo
iniziato
subito il lavoro. Ma Jennifer e Matt non facevano altro che distrarsi.
Insomma,
io e Luke stavamo facendo tutto il lavoro. Io non potevo sopportarlo:
io mi
stavo impegnando veramente e non volevo che loro si prendessero il
merito
ingiustamente- continuò lei.
Rimasi stupita. Lei era completamente
cotta di Matt, pensavo
che non avrebbe avuto niente in contrario. Già,
perché io mi aspettavo che
sarebbe andata a finire così. In fondo ogni persona in
quella scuola sapeva
quanto fosse coglione e senza cervello Matt. Ogni persona esclusa Alex,
naturalmente.
-Così mi sono alzata
prendendo dal braccio Luke e siamo
usciti. Gli ho fatto capire quanto mi desse fastidio quella situazione
e lui
era d'accordo. Così siamo andati a casa sua per finire il
lavoro. Siamo stati
veramente veloci e lui è così dolce e
simpatico...- disse con gli occhi
sognanti.
Alzai il sopracciglio sinistro. Bene,
si era presa una bella
cotta per Luke. Beh, di sicuro era meglio di Kayse.
-Poi quando mi hai chiamato lui era
andato un attimo in
camera sua. Poi è tornato con qualcosa infilato all'altezza
dei pettorali
all'interno della maglietta e ha imitato la voce nasale di Jennifer...-
Alex
scoppiò a ridere e io la guardai divertita -E poi ha
iniziato a sculettare per
la stanza...- mi aggregai alla sua risata immaginando la scena. Lei era
piegata
in due dalle risate e si teneva la pancia con le mani.
-Tutto questo mentre eri al telefono
con me?- chiesi
curiosa.
Lei annuì. Poi si
calmò e tornò seria -Comunque c'è un
problema. Stamattina mi sono svegliata e il mio primo pensiero non
è stato Matt
come al solito...- confessò lei.
-Ah no?- chiesi. Questa fu la
conferma: la cotta per
l'atleta ormai era storia vecchia.
Scosse la testa -Secondo te
perché?- chiese lei. Veramente
non capiva? Strano. Probabilmente non voleva capire.
-È ovvio, Alex.
Perché ormai non sei più attratta da lui- le
spiegai -Sei cotta di Luke, sei cotta di Luke, sei cotta di Luke!-
canticchiai
come una bambina piccola.
Lei arrossì violentemente
e abbassò lo sguardo -Non è vero,
Emma. Io...- il suono della campanella si inoltrò nel
corridoio, interrompendo
le sue parole.
-Ti sei salvata. Ma ti avviso che non
finisce qui!- gridai
correndo verso l'altra parte della scuola per raggiungere la mia aula.
Appena entrai in classe mi ricordai
che Luke frequentava il
mio stesso corso. Lo trovai seduto senza alcun compagno.
Strinsi i pugni per la rabbia: gli
altri ragazzi lo
trattavano come una nullità solo perché non era
come loro. Lui era dolce,
simpatico e la sua testa non era una camera d'aria.
Mi avvicinai sorridente -È
libero?- chiesi conoscendo già la
risposta.
-Oh, ciao Emma!- mi salutò
-Siediti pure- rispose alla mia
domanda con un sorriso. Probabilmente era felice che qualcuno volesse
conversare con lui.
Il professore entrò nel
laboratorio di chimica con il solito
respiro affannato. Per arrivare prendeva la metropolitana e ogni
lezione in
prima ora era in ritardo.
Durante la proiezione di un filmato,
io e Luke parlammo del
più e del meno, ricevendo delle occhiate di rimprovero da
parte
dell'insegnante.
Quando l'ora finì, mi
alzai e salutai il ragazzo, che
ricambiò -Ciao Emma! Comunque la tua amica Alex è
molto carina...- concluse.
Dal suo sguardo capii che si fosse probabilmente pentito di averlo
detto.
Io risi e lui arrossì,
ricordandomi la reazione di Alex.
Quei due mi avrebbero fatto
impazzire...
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Capitolo 9 *** Il mio posto nel mondo ***
-Guarda questo!- esclamò
sbattendo un volantino accanto al
milk-shake che stavo sorseggiando.
Lessi le parole scritte in giallo a
caratteri cubitali su
uno sfondo rosso sgargiante.
"Concerto natalizio il 24 Dicembre
alle ore 20.00. Non
mancare!".
-Beh, e allora? La città
è piena di questi volantini da un
po' di giorni ormai...- dissi guardandolo negli occhi.
Justin si sedette nella sedia di
fronte alla mia e appoggiò
i gomiti sul tavolino. Da qualche giorno andavo a trovarlo tutti i
pomeriggi al
bar. Ordinavo la mia merenda e lui me la serviva sorridendo. Poi, una
volta
finito il turno, si sedeva di fronte a me e iniziavamo a parlare.
Proprio come
in quel momento.
-Mio zio si è offerto come
volontario per organizzare il concerto
e mi ha detto che cercano qualche cantante per riempire i buchi della
serata...- disse lui. Mi osservò con attenzione, come se
aspettasse una mia
reazione.
-E...?- lo incitai a continuare, non
capendo dove volesse
andare a parare.
-E credo che dovresti proporti per
suonare la tua canzone. È
veramente bella- disse sincero.
Non capivo. Non poteva suonare lui al
concerto? Mi aveva
cantato qualche verso di una canzone ed era veramente bravo. Sua
sorella non
esagerava.
-Perché invece non canti
tu al concerto?- gli chiesi.
Si rabbuiò -Beh, ecco...-
iniziò a balbettare parole
incomprensibili.
-Justin, se non vuoi dirmelo non
importa- sorrisi
rassicurante.
-No no!- rispose velocemente lui. Poi
continuò -Vedi, i miei
genitori sono sempre stati contrari alla mia passione per la musica.
Non ho mai
partecipato ai saggi scolastici per causa loro e io...-
lasciò la frase in
sospeso.
-Ma tu sei maggiorenne adesso. Puoi
fare quello che ti pare-
cercai di fargli cambiare idea.
Volevo che facesse sentire la sua
dolce voce ad altre
persone, oltre che ai suoi fratelli e a me. Ah, e oltre alla doccia,
anche.
Sorrisi per quel pensiero e lui se ne accorse. Mi guardò
interrogativo, ma io
scossi la testa.
-Non è quello il problema,
Emma. Io adesso vivo per conto
mio e posso suonare senza la paura che i miei genitori siano contrari-
disse
lui.
Non sapevo che vivesse da solo. Io,
una volta raggiunta la
maggiore età, non sarei riuscita subito a vivere senza i
miei genitori. Mi
sentivo ancora troppo giovane per assumermi una così grande
responsabilità.
-Allora cosa c'è che non
va?- chiesi guardando il mio
bicchiere ormai vuoto.
-Ehm... Io non ho mai cantato in
pubblico e temo di non
esserne capace...- spiegò timidamente.
Io mi morsi il labbro inferiore e
sorrisi.
-Inoltre probabilmente hanno ragione
i miei genitori a non
incoraggiarmi: il mio sogno è irrealizzabile...-
continuò triste.
Lo guardai negli occhi -Justin, non
devi pensare
assolutamente una cosa del genere. Devi credere nel tuo sogno. Devi
darti da
fare e cercare in tutti i modi di renderlo realtà- dissi
sicura.
Ma lui sorrise lievemente e non
sembrava per niente convinto.
Abbassò lo sguardo verso le sue mani. -Ehi Justin!- reclamai
la sua attenzione
e alzai il suo viso con due dita per fare in modo che mi guardasse. Poi
le
tolsi subito dopo -Ascoltami bene perché non mi
ripeterò. Io ti aiuterò,
chiaro?- dissi duramente. Lui annuì -Bene. E ora mi fai un
favore: alzi il culo
da quella sedia e ti trovi una ragazza disposta a cantare con te-
ordinai e lui
deglutì. Presi fiato e terminai il mio discorso -Io cerco di
continuare la
canzone. Una volta che ti sarai deciso a fare ciò che ti ho
detto, e ti
conviene che quel momento sia ora, sistemeremo il testo tutti insieme e
poi
inizierete le prove- mi alzai dalla sedia e andai a buttare il
bicchiere di
plastica.
Nel frattempo il biondo non si era
ancora mosso dalla sua
posizione.
Quando mi avvicinai, lui mi
guardò e sorrise. Un sorriso
sincero e caldo.
-Grazie Emma, veramente- disse.
Ricambiai il sorriso -Di niente.
Andiamo?- chiesi facendo un
cenno verso l'uscita del centro commerciale.
Lui annuì e si
alzò, per poi prendere la mia chitarra come
tutte le volte.
-Ti va di iniziare le ricerche di
James?- mi chiese una
volta usciti.
Con quella storia del concerto mi ero
momentaneamente dimenticata
del moro. Fortunatamente in compagnia di Justin riuscivo a liberare la
mente da
tutti quei brutti ricordi.
Sorrisi -Sì. Come vorresti
iniziare?- chiesi curiosa.
Ci pensò un attimo, poi
rispose -Dai social network-
sembrava convinto.
Ma la sua risposta mi aveva lasciata
un po' perplessa. Se ne
accorse -Non sei d'accordo?- chiese.
-Ehm... Lui non mi ha mai nascosto il
suo odio per Facebook
e cose varie. Pensava che fossero solo un modo per sbandierare a mezzo
mondo i
cazzi propri- risposi con sincerità.
Lui rise -Beh, ha ragione. Ma in
fondo chi non lo pensa?-
commentò.
Ci sedemmo alla solita panchina e lui
tirò fuori dalla tasca
del giubbotto il suo cellulare. Aprì una pagina bianca e blu
che identificai come
Facebook. -Qual è il cognome di James?- chiese cliccando una
linea in alto allo
schermo.
-Parks- risposi prontamente.
Justin digitò le lettere.
Dopo qualche secondo di attesa,
spuntarono vari risultati. Troppi per i miei gusti. Spalancai gli occhi
alla
vista di tutte quelle persone con lo stesso nome del mio moro.
Justin mi strinse la mano per
rassicurarmi -Ehi, stai
tranquilla. Guarda, molti di questi saranno come minimo quarantenni,
altri sono
inglesi e non americani- mi spiegò -Ora stringiamo il
cerchio- disse cliccando
sulla scritta "Luoghi" e digitando delle lettere. -Ho scritto
"Stati Uniti"... Vedrai che adesso i risultati diminuiranno- disse
accarezzando la mia guancia dolcemente.
Ormai io e Justin eravamo diventati
grandi amici. Lo
consideravo come il mio migliore amico. Passavamo molto tempo insieme e
ci
aiutavamo a vicenda. Come in quel momento. Molti risultati, prima
presenti,
sparirono, ma restavano comunque molti James Parks.
-Facciamo così: io stasera cerco di scartarne qualcuno. Poi
domani vediamo
insieme se c'è il tuo James, va bene?- mi propose
gentilmente.
Annuii in risposta. Iniziammo a
camminare verso le nostre
case.
-Justin- lo chiamai. Lui mi
guardò curioso -Di cosa vorresti
che parlasse la canzone?- chiesi prendendo la chitarra dalle sue mani e
iniziando a suonare la mia melodia.
-Beh, io non voglio modificare i
versi che hai già scritto.
Mi piacciono- mi sorrise.
-Ok, ma sono solo pochi versi-
risposi guardando il cielo.
-Mmh... Non credo ci sia bisogno di
dire che parlerà del
Natale, no?- io annuii continuando a suonare. Dal suo sguardo capii
tutta la
sua emozione. I suoi occhi nocciola brillavano sognanti. Sembrava un
bambino.
Risi -Ti piace molto il Natale,
vero?- chiesi.
Lui mi sorrise -È il
periodo più bello dell'anno, Emma. Mi
piace l'atmosfera della città: le luci, la neve, le castagne
e tanto altro.
Ogni anno aiuto Jaxon a fare la lista dei regali davanti al camino, con
una
bella tazza di cioccolata calda in mano. Io amo tutto questo- mi
rispose
Justin.
Mi venne in mente una grande idea.
-Justin, potremmo parlare
di tutte queste cose che hai detto, che ne dici?- chiesi su di giri.
-Dico che è una fantastica
idea!- si avvicinò e mi strinse
con il braccio sinistro. Mi trasmise tutto il suo calore. Mi diede un
bacio tra
i capelli e sorrise.
-Ti voglio bene, Justin- dissi
sincera.
-Ti voglio bene anche io, Emma-
sussurrò dolcemente.
Fermai il movimento del polso sulle
corde e nella mia mente
iniziarono ad affollarsi tanti pensieri. Più che pensieri,
versi.
Cercai di distinguerli l'uno
dall'altro.
Justin, mi guardò
incuriosito -Perché hai smesso di suonare?
Era così piacevole...- si lamentò come un bambino
piccolo.
Non doveva assolutamente distrarmi
-Zitto Justin. Mi fai
perdere la concentrazione- sbottai.
Lui trattenne il respiro e io mi
morsi il labbro inferiore e
strinsi gli occhi per concentrarmi. Respirai profondamente e chiusi gli
occhi.
Iniziai a suonare dall'inizio la mia melodia e Justin seguì
attentamente tutti
i miei movimenti.
-It's the most beautiful time of the year.
Lights fill the streets spreading so much cheer...- intonai
quei due versi.
Continuai a suonare, ma, avendo perso
l'ispirazione, non
cantai altre parole. Sperai vivamente che Justin riuscisse ad
aggiungere
qualcosa.
Non
mi
deluse -I should be playing in the winter
snow, but I'mma be under the mistletoe...- sorrisi
involontariamente.
Aveva cantato il primissimo verso
passato nella mia mente
quel giorno al centro commerciale. L'aveva reso semplicemente stupendo.
Probabilmente Alex avrebbe definito la sua voce "Wow"... Beh, lo era
veramente.
Avevo già sentito la sua
voce, ma... Sentirlo cantare una
mia canzone era un'emozione incredibile. Fermai la melodia.
Lui mi abbracciò con tutto
il suo affetto.
-Bene, direi che adesso devi solo
trovare una ragazza che canti
con te... Poi è fatta!- dissi entusiasta.
Lui sbuffò e si
imbronciò -Non puoi cantare tu con me, Emma?
Per favore...- mi supplicò lui.
Non volevo che cantasse con me.
Volevo che lui superasse la
sua paura da palco scenico. E io l'avrei aiutato. Ma non avrei cantato.
-No, Justin. L'unica cosa che mi
importa è che tu riesca a
superare la tua paura e che possa realizzare il tuo sogno. Io ti
assisterò da
dietro. Sarò lì con la mia chitarra ad
accompagnarti, sempre. Questo è il tuo
sogno, non il mio. Io non mi vedo con un microfono in mano su un palco
nel
futuro- dissi sincera.
-Perché dici questo?
Pensavo ti piacesse cantare...- disse
accarezzando i miei capelli castani.
-La musica è la mia vita,
Justin. Ma vedi, io pensando al
mio futuro mi vedo come un'insegnante di musica delle elementari. Mi
vedo in una
bella villetta ad aspettare con i miei figli davanti a una tazza
fumante di tè
il ritorno di mio marito dal lavoro. Mi vedo in una famiglia unita,
Justin.
Certe volte la musica non permette tutto questo- dissi tutto d'un
fiato. Poi
continuai -Io nutro un grande amore per la musica, ma se questo amore
non mi
permettesse di realizzare il mio sogno, si trasformerebbe in odio e io
non
voglio che ciò accada- lui mi guardava con attenzione.
-Si tratterebbe solo di una serata,
Emma- disse fermandosi
nello stesso punto dell'altra sera. Ci guardammo negli occhi
intensamente
-Vorrei poterti avere vicino a me- mi confidò.
Scossi la testa -Anche a me
piacerebbe. Ma già so che poi
non riuscirei più a farne a meno. Quando canto e suono,
provo emozioni
fortissime. Come se avessi trovato il mio posto nel mondo- dissi
perdendo lo
sguardo nel vuoto.
-Allora perché non occupi
quel posto? Perché lo lasci
vuoto?- chiese afferrando la mia mano e stringendola con la sua.
Non sapevo la risposta. -Non lo so,
Justin. Io... Non
smetterò mai di ripeterti quanto io sia indecisa. Ho sempre
paura di fare la
scelta sbagliata- iniziai a vedere sfocato. I miei occhi si stavano
riempiendo
di lacrime.
Justin se ne accorse e mi strinse a
sé. -Anche io ho paura,
sempre. Ma se non prendessi delle decisioni, anche se sbagliate, non
potrei mai
dire di averci provato. Rimarrei per sempre con il rimorso, pensando
che magari
avrei potuto concludere qualcosa- mi sussurrò dolcemente il
biondo -Dimmi solo
che ci penserai- continuò.
-Ci penserò, Justin. Te lo
prometto- dissi lasciandogli un
leggero bacio sulla guancia.
Ognuno proseguì per la sua
strada.
Ci avrei pensato veramente. Lui aveva
ragione: cosa avevo da
perdere? Proprio niente.
O forse un futuro che avevo sempre
sognato. Un futuro in
compagnia di James.
Ma probabilmente quello non mi
sarebbe stato negato dalla
musica...
Spazio autrice
Ok, è la prima
nota che metto…
Beh, che dire, spero vi sia
piaciuto il capitolo, ho
cercato di allungarlo un po’…
Ringrazio chi segue la
storia,
al prossimo!
|
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Capitolo 10 *** Come la salvezza e il pericolo ***
-17.47... Devo assolutamente
sbrigarmi- dissi dopo aver
controllato l'orario sulla sveglia appoggiata accanto al mio letto. Per
le sei
sarei dovuta essere a casa di Justin. O almeno davanti al portone.
Entrai in bagno e mi spazzolai i
capelli annodati. Poi
afferrai la mia chitarra beige e dopo essermi infilata il giubbotto,
uscii da
casa.
Finalmente avrei conosciuto la
ragazza che aveva accettato
di cantare con Justin al concerto natalizio.
Già, alla fine io avevo
deciso di non cantare con lui.
Preferivo così.
Arrivata all'incrocio delle due
stradine, imboccai quella
che mi avrebbe condotta da Justin. Non mi aveva accennato niente
riguardo alla
ragazza. Ero veramente tanto curiosa!
Nel cammino ripensai a James. Alla
fine io e Justin non
eravamo riusciti a trovarlo su Facebook. Ma in fondo non ci avevo
sperato più
di tanto: sapevo che il moro non amava tanto la tecnologia.
Però iniziavo comunque a
sentirmi leggermente più
tranquilla. Era un grande sollievo sapere di avere qualcuno accanto
pronto ad
aiutarti.
Le case che mi circondavano erano
molto simili tra di loro.
La sostanziale differenza stava nel giardino. Alcuni erano pieni di
piante
spoglie per il gelo. Altri invece avevano giusto qualche albero,
probabilmente
per lasciare spazio a dei bambini per giocare. O magari non avevano
semplicemente abbastanza voglia di curare il giardino durante la
stagione
calda.
Mi bloccai di fronte ad una piccola
villa circondata da
cespugli secchi. Sul prato erano appoggiati diversi giocattoli. Pensai
a Jaxon
e sorrisi. Justin amava i suoi fratelli e li ospitava spesso a casa
sua.
Mi avvicinai al cancelletto in ferro
e suonai il campanello.
Il biondo spostò una tenda e si affacciò alla
finestra per capire chi avesse
suonato. Appena mi vide sorrise e subito dopo scomparì.
Sentii la serratura
scattare e prontamente entrai per dirigermi al portone in legno scuro,
già
aperto.
-Permesso- dissi entrando dopo
essermi pulita le suole delle
scarpe su un tappeto appostato all'ingresso.
-Ciao Emma!- mi salutò
Justin abbracciandomi -Dammi pure il
giubbotto- continuò il biondo dopo aver appoggiato la mia
chitarra al muro.
Era veramente gentile e sapeva
trattare bene gli ospiti.
Sorrisi e mi sfilai l'indumento. Lui
lo prese e lo appese.
-Grazie, Justin- dissi osservando la
casa. Alle pareti
bianche erano appese delle cornici argento contenenti delle foto. I
mobili
erano principalmente di legno scuro e delle lampadine illuminavano
l'ambiente.
Era una casa molto calda e accogliente. Mi piaceva moltissimo.
Diedi voce ai miei pensieri
-È una casa bellissima-
continuai a guardarmi intorno.
-Grazie, vieni nell'altra stanza, ti
faccio conoscere
Nicole...- disse prendendomi per mano.
Memorizzai subito il nome. Nicole.
Entrammo in una stanza che pensai
fosse il salotto. I muri
erano dipinti di un giallo molto chiaro e due divani bianchi erano
posizionati
nel centro della stanza, con un tappeto dai colori caldi tra di essi.
Un camino
irradiava calore da un angolo e tre grandi finestre lasciavano entrare
un
leggero chiarore dall'esterno.
Una ragazza dai capelli neri e gli
occhi scurissimi era
comodamente seduta su uno dei divani.
Justin richiamò la sua
attenzione -Nicole!- lei si girò
verso di noi. La sua pelle era più scura di quella di
Justin.
Il biondo circondò le mie
spalle con il suo braccio -Lei è
Emma. È la compositrice della canzone che canteremo al
concerto- poi mi diede
un bacio sulla guancia facendomi sorridere.
Allungai la mano verso la ragazza che
nel frattempo si era
alzata -Piacere di conoscerti Nicole. Sono felice che tu abbia
accettato di
cantare- dissi con entusiasmo.
Lei strinse la mia mano con
riluttanza, poi sorrise
forzatamente -Piacere Emma- rispose semplicemente.
Ci rimasi un po' male inizialmente,
ma cercai di non pensare
al suo comportamento indifferente nei miei confronti.
Sorrisi leggermente e appoggiai la
chitarra al divanetto.
Aprii la custodia mentre i due osservavano attentamente i miei
movimenti.
Trovai i due fogli che avevo portato e ne porsi uno al biondo e l'altro
a
Nicole.
-Questo è il testo.
Naturalmente non è definitivo e possiamo
modificarlo entro oggi, visto che mancano solo dieci giorni- dissi
professionalmente.
Justin si sedette e iniziò
a leggere sorridente. Nicole fece
lo stesso, solo che non vidi l'ombra di un sorriso sulle sue labbra
rosse.
Mi sedetti sul divano di fronte a
loro due e iniziai a
suonare la melodia. Attirai l'attenzione della ragazza che
fissò lo sguardo
sulle mie mani. Sembrava affascinata dal movimento scattante delle mie
dita.
Probabilmente non sapeva suonare la chitarra.
-Bene. Se siete pronti, vi do
l'attacco per iniziare a
cantare...- dissi guardando entrambi.
Justin sbiancò e
iniziò a sudare.
Mi ero dimenticata di un particolare
tutt'altro che
insignificante: Justin non era ancora pronto a cantare di fronte ad
altre
persone.
Cercai velocemente di rimediare al
mio errore -Cioè...
Ehm... Volevo dire che tu, Nicole, potresti cantare, dato che io e
Justin
l'abbiamo già provata, giusto?- guardai il biondo che mi
sorrise riconoscente.
Nicole appoggiò il foglio
sulle sue gambe snelle e io
ripresi a suonare dalla prima nota.
Le diedi l'attacco e lei
riempì la stanza con il suo canto.
La sua voce era molto bella, ma non
riuscivo ad immaginare
come potesse risultare un duetto con Justin. Di certo non sarebbe stato
abbastanza armonioso. Le loro voci erano troppo distanti l'una
dall'altra. A
metà canzone si interruppe, così io bloccai il
movimento del mio polso. Justin
la guardò interrogativo e io attesi che lei spiegasse il
motivo di questa
interruzione.
-Io non riesco proprio a cantare
questi versi- disse
appoggiando il foglio sopra il tavolino.
-E perché?- chiese Justin
sbuffando.
-Sì, insomma... "Baciami
sotto il vischio" mi sembra una cosa così banale-
rispose Nicole
tranquillamente.
Ci rimasi molto male. Avevo impiegato
tutta la mia buona
volontà per scrivere la canzone e questo era il risultato.
Justin strinse le
mani in due pugni.
-Ehm, ok... Cosa vorresti cambiare?-
chiesi io trattenendo a
stento le lacrime.
La canzone mi ricordava terribilmente
James, ma anche i
pomeriggi passati con Justin...
Non volevo modificarla.
-Beh, innanzitutto...-
iniziò lei.
Ma il biondo la interruppe subito.
-No! Non si cambierà
niente. Non si discute- disse serio. Poi continuò -Per
favore, Nicole, vattene-
il suo tono ora era più pacato. Stava cercando di calmarsi.
La mora si alzò per poi
dirigersi verso la porta. Una volta
che fu uscita, Justin si avvicinò a me. Stavo tremando.
Quella ragazza mi aveva scossa.
-Emma- disse dolcemente
inginocchiandosi di fronte a me sul
pavimento. Mi accarezzò la guancia.
Io avevo lo sguardo perso nel vuoto.
-Una cosa
così
banale... Una cosa così banale... Una cosa così
banale...- queste parole
rimbombarono nella mia mente.
Tutto ciò che avevo sempre
aspettato sin da bambina, era
banale. Il bacio sotto il vischio che avevo sempre visto come una cosa
tenera e
romantica. Quel bacio che ancora non avevo ricevuto. Le lacrime
iniziarono a
scorrere lentamente sul mio viso pallido. Mi morsi il labbro per
evitare di
singhiozzare.
-No Emma... Non piangere, mi fai
soffrire- disse Justin
abbracciandomi.
Le mie braccia, prime dritte lungo i
miei fianchi, si
alzarono lentamente fino a fondersi con il suo corpo caldo. La sua
guancia era
a stretto contatto con la mia, umida e fredda. Mi avvicinò
ancora di più al suo
corpo stringendo il mio busto stretto con le sue braccia possenti.
-Dimmi la verità, Justin-
dissi tra un singhiozzo e l'altro
-Il mio desiderio, ti sembra stupido? Pensi che sia quello di una
bambina che
crede ancora alle fiabe?- chiesi piangendo.
Lui mi accarezzò con le
labbra carnose la guancia, per
asciugarmela, e poi mi lasciò un delicato bacio sullo zigomo.
-No, Emma. È una cosa
tanto tenera e dolce. La trovo
stupenda. Perché tu nonostante tutto aspetti ancora quel
bacio. Non hai smesso
di credere nel tuo sogno- sussurrò.
Spostò delicatamente una
ciocca dei miei capelli dietro
l'orecchio, mi guardò negli occhi e sorrise.
Il colore dei suoi occhi mi
confortò immensamente. Non
c'erano aggettivi per definirli.
Erano... come una promessa di
serenità, ma anche di
avventura. Come la pace e la guerra. Come il male e il bene riuniti in
una sola
cosa. Come la passione e la castità insieme. Come la
salvezza e il pericolo. Ti
confondevano con tutte le loro sfumature dorate e ambrate. Guardarli
era come
perdersi in un oceano scuro e sconosciuto. Ma non avresti mai voluto
essere
salvato da quelle acque. Avresti preferito annegare in quegli occhi,
piuttosto
che non vederli più in vita tua. Io ormai mi ero persa in
quegli occhi.
Continuavo ad affogare, seppur dolcemente, senza alcuna
possibilità di
ritornare a galla.
-La tua canzone è unica e
bellissima. Hai racchiuso tutto il
Natale in quei versi. Ma anche l'amore, io non avrei mai potuto fare di
maglio,
veramente- disse distraendomi dai miei pensieri.
-Grazie, Justin- sussurrai asciugando
le ultime lacrime. La
mia voce era leggermente tremante, ma non me ne preoccupai.
Prese il mio viso tra le sue mani
morbide e mi sfiorò
delicatamente le mie guance con i suoi pollici.
Si avvicinò lentamente
verso il mio viso e chiusi gli occhi
istintivamente.
Sentii le sue soffici labbra sul mio
naso. Dalle mie labbra
uscì una risatina.
-Resti a cena da me?- chiese
speranzoso.
Annuì -Va bene,
però devo avvisare i miei genitori- dissi.
-Io ordino la pizza intanto- si
alzò dal pavimento e si
avviò verso un telefono fisso.
Io infilai la mano nella tasca dei
jeans e tirai fuori il
mio cellulare. Dopo pochi squilli rispose mia madre
-Pronto?- disse.
-Pronto mamma, sono Emma- mi guardai
le unghie leggermente
rovinate per colpa delle corde.
-Ciao tesoro, dimmi- la sua voce era
dolce.
-Justin mi ha invitato a rimanere a
cena da lui, per te va
bene?- chiesi gentilmente.
Sapevo comunque che non avrebbe avuto
nulla in contrario, ma
era sempre meglio chiedere...
-Sì, sì. Per me
va bene, a più tardi- approvò lei.
-Grazie, ciao!- chiusi la
conversazione. Justin si avvicinò
nuovamente al divano e si sedette accanto a me.
-Ho ordinato due margherite- il
biondo intrecciò le nostre
dita.
A casa nostra non avevamo mai
ordinato la pizza. Io e mia
mamma la preparavamo sempre insieme.
Dopo una mezz'ora suonarono al
campanello.
Justin mi indicò una
stanza -Vai pure in cucina nel
frattempo- disse andando ad aprire la porta.
I muri erano ricoperti di mattonelle
rosate. Di fronte ai
fornelli e al frigorifero si trovava un tavolo rotondo.
L'odore di pizza riempì le
mie narici e subito dopo spuntò
Justin dalla porta.
-Ecco le pizze!- annunciò
pimpante. Presi due piatti da uno
sportello e li appoggiai sul tavolo. Successivamente ci sedemmo e lui
iniziò a
mangiare. Io afferrai una fetta e l'addentai.
Feci una smorfia e il biondo se ne
accorse -Qualcosa non
va?- chiese incuriosito.
-Ehm... La pizza che mangi
è sempre così?- chiesi.
Lui alzò un sopracciglio
-Beh, sì... È buona- rispose.
-Ti piace davvero?- chiesi incredula.
Lui rise -A te no?- io scossi la
testa.
-Perdonami, ma sembra un pezzo di
cartone con sopra della
colla- dissi sincera alzandomi e porgendogli il mio piatto -Mangiala
tu- dissi.
Poi mi avvicinai a un mobile e aprii
lo sportello.
Lui scoppiò a ridere -Cosa
cerchi?- chiese.
-Cibo commestibile. Possibilmente
farina, sale, lievito e
passata di pomodoro- risposi tranquillamente.
Non mi accorsi di averlo alle spalle.
Ma poi vidi spuntare
il suo braccio.
-Ecco. Ma cosa vuoi fare?- chiese
passandomi gli
ingredienti.
-Osserva e impara, Bieber. Non ti
capiterà nuovamente nella
vita di vedere una vera pizza- dissi avvicinandomi al tavolo.
Lui spostò le due pizze da
parte e mi osservò attentamente.
Mi sfilai la felpa e tirai su le maniche della maglietta. Versai la
farina sul
tavolo e misi a scaldare un po' di acqua. Poi iniziai a preparare
l'impasto.
Justin era affascinato dai miei movimenti.
Presi un pizzico di farina e gliela
lanciai in faccia
ridendo.
Lui chiuse gli occhi e mi
afferrò dai fianchi. -Come hai
osato?- mi sussurrò nell'orecchio.
Prese un pugno di farina e io
spalancai gli occhi. -No
Justin- dissi fermamente.
-Oh sì, invece- disse
sorridendo.
Iniziai a correre per la casa, ma
lui, vivendo lì dentro e
conoscendo meglio le stanze, mi spuntò davanti e mi
riempì di farina.
Si avvicinò a me. Mi
accarezzò lievemente il viso e io
trattenni il respiro.
I suoi occhi erano sempre
più vicini.
Ci affogai nuovamente.
Ciao!
Ecco
un nuovo capitolo, spero sia di vostro gradimento…
Ringrazio
chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate
E
chi ha recensito…
|
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Capitolo 11 *** Era il mio Sole ***
Non riuscivo a tornare a galla.
Per la seconda volta stavo affogando
nei suoi occhi.
I miei verdi nei suoi nocciola.
I suoi nocciola nei miei verdi.
O forse lui non era ipnotizzato dalla
vista dei miei occhi
quanto io lo ero alla vista dei suoi. Non potevo saperlo.
Percepii il suo respiro caldo sul mio
naso. Era sempre più
vicino a me.
Nella mia mente spuntò
un’immagine. Un ragazzo dai capelli
scuri. Gli occhi come il mare. Un ragazzo per cui il mio cuore aveva
sofferto a
lungo. Un ragazzo per cui i miei occhi avevano versato troppe lacrime.
Un
ragazzo per cui non avevo dormito molti mesi. James.
Come potevo fargli quello? Come
potevo baciare Justin, il
ragazzo che mi aveva fatto sorridere?
Justin era diventato il mio Sole.
Quel sole tanto atteso.
Eppure non potevo permettere che le
nostre labbra si
scontrassero.
Nonostante volessi conoscere il
sapore delle sue labbra,
prima che potesse avvicinarsi troppo, appoggiai le braccia sulle sue
spalle e strinsi
il suo corpo con tutto l'affetto possibile. Il mio orecchio era in
contatto con
il suo collo e potevo sentire il sangue scorrere nelle sue vene e i
battiti
irregolari del suo cuore.
I nostri cuori erano in competizione.
Non avrei saputo dire
con certezza quale battesse più velocemente. Ma di sicuro il
mio era completamente
impazzito. Forse per la paura che lui mi baciasse, facendomi tradire
James, o
forse perché in realtà desideravo le sue soffici
labbra sulle mie? Era un
mistero.
Lui sembrò capire la mia
guerra interiore e non disse nulla.
Si limitò a imprimere un delicato bacio tra i miei capelli.
Lo presi per mano e
lo trascinai fino alla cucina. Lui si sedette, mentre io riscaldai il
forno.
Aspettai che l'impasto lievitasse e
poi infornai due pizze.
-Ok, Justin. Altri pochi minuti e
assaggerai della vera pizza-
dissi al biondo, che in risposta rise.
-Ma guarda che quella pizza
è buona...- disse indicando ciò
che aveva ordinato.
-Vedrai che poi non riuscirai
più nemmeno a sentire l'odore
di quella... Di quella cosa-
risposi
sicura di me stessa.
Il profumo iniziò a
riempire la stanza e Justin socchiuse
gli occhi e respirò profondamente, come per goderselo.
Io ghignai soddisfatta.
Quando il timer del forno
squillò, mi avvicinai e tirai
fuori le due pizze. La servii prima a Justin e aspettai che
l'assaggiasse per iniziare
la mia. Dalla sua bocca uscì un verso di piacere e io
sorrisi.
-Questa pizza è...- non
riuscì a trovare l'aggettivo adatto.
-Lo so- risposi semplicemente.
-Avevi ragione: non
riuscirò più a mangiare quella che
ordino. Come farò a vivere senza questa pizza?- chiese in
tono drammatico
scatenando la mia risata.
-Problemi tuoi. Io la so cucinare
quindi sono a posto-
risposi.
Mi guardò attentamente
-Come fai a cucinarla in questa
maniera? Non è mica una ricetta italiana?- chiese curioso.
-Beh, la mia nonna materna era
italiana e mi ha insegnato a cucinarla.
La cucina italiana non ha segreti per me- risposi addentando un'altra
fetta.
Lui rise prima di ritornare serio
-Bene, da questo momento
sei assunta come cuoca personale di Justin Bieber- annunciò.
Scossi la testa. Come poteva essere
così sciocco? Mi sentivo
a mio agio con lui. Ero felice che non avesse parlato minimamente di
quel
mancato bacio.
Una persona come lui era impossibile
da odiare. Piano piano
la sua presenza diventava come una droga. Lui, con tutte le sue battute
squallide, la sua dolcezza, i suoi abbracci e il suo calore, ti entrava
dentro
al cuore senza più andarsene. Anzi, ero proprio io a non
voler rinunciare a
Justin.
-Justin, fino a qualche minuto fa eri
convinto che quel
pezzo di cartone fosse squisito. Quindi puoi fare a meno della mia
deliziosa
pizza italiana- dissi sogghignando.
-Tu non puoi farmi questo- disse
sconsolato.
Scoppiai a ridere -Scherzavo. Ti
insegnerò come prepararla-
conclusi.
-Grazie, sei la migliore- il suo
piatto era già vuoto.
L'aveva gradita veramente.
Allungai il mio piatto verso di lui
-Mangiala tu. Non ho più
fame- dissi sorridendo.
I suoi occhi si illuminarono
-Davvero?- chiese sperando che
io non stessi scherzando.
Annuii semplicemente.
Renderlo felice, anche con le piccole
cose, mi scaldava il
cuore.
-Come va con Luke?- chiesi ad Alex il
giorno dopo a scuola.
Lei sorrise sognante -Benissimo!
Passiamo molto tempo
insieme e...- si interruppe perdendosi nei suoi pensieri.
Portai una mano davanti ai suoi occhi
e la mossi
velocemente.
Lei batté più
volte le palpebre e mi guardò.
-E...?- chiesi curiosa.
Lei si morse il labbro e poi rispose
-E ci siamo baciati-
disse sospirando.
-Me lo dici solo ora?- chiesi un po'
offesa.
-Ehi, è successo questa
mattina mentre venivamo a scuola- si
giustificò lei.
Io l'abbracciai con tanto affetto.
-Sono così felice per te-
dissi mentre lei mi strinse con le sue braccia.
Poi iniziammo ad avviarci verso le
nostre case.
-Che mi dici di Justin?-
aprì l'argomento la bionda.
Ci pensai su. Non lo sapevo nemmeno
io. Ci eravamo quasi
baciati, ma ero così confusa.
-Non lo so, Alex. Ho tanta confusione
nella testa. Ieri sera
a casa sua stava quasi per baciarmi ma...- lei mi interruppe con un
grido di
gioia.
-Cosa?! Oh mio Dio!-
scandì bene le parole.
-Sì, è molto
emozionante tutto ciò- dissi ironica -Ma io non
ci capisco niente. So che vorrei mordicchiare il suo labbro inferiore
dopo averne
sentito il sapore... Che vorrei stringere i suoi capelli biondi tra le
dita
e...- mi soffermai.
Davvero sapevo tutte quelle cose?
Parlando non mi ero resa
nemmeno conto che quelle parole fossero uscite dalle mie labbra.
Alex mi sorrise rassicurante -Tu ti
sei innamorata!- disse
abbracciandomi.
No, non era possibile. Lui era il mio
migliore amico e io
amavo James. Ero tutto un errore ciò che la parte
irrazionale del mio cervello
mi spingeva a dire e a fare.
Come il fatto di non riuscire a ragionare alla vista dei suoi occhi.
Non era
normale.
-No, Alex. Io amo James e...- iniziai
a piangere frustrata
-Sono troppo confusa- decretai prendendomi la testa tra le mani.
-Emma, ascoltami.- la guardai -Dopo
tutto questo tempo, come
puoi pretendere che il tuo cuore sia ancora legato a quello di James?
Come puoi
permettere che ciò che provi venga soffocato dai questi
sensi di colpa
inutili?- disse. Non l'avevo mai vista così tanto seria.
-Io... Non lo so, Alex, veramente-
ammisi.
-Ricordati che non puoi comandare i
tuoi sentimenti. Anche
se imponi a te stessa di amare James, prima o poi il tuo cuore
prenderà il comando
e ti porterà dritta da Justin, come è giusto che
sia- disse la bionda
stringendo la mia mano.
-Domani io e Justin andremo al
mercatino del venerdì- la
informai. Un sorriso di vittoria modellò le sue labbra tinte
di rosa pesca
-Perché non venite anche tu e Luke?- chiesi guardando il
cielo ricoperto di
nuvole grigie.
-Sì, che bella idea!-
disse entusiasta -Lo avverto oggi
pomeriggio- continuò.
Eravamo arrivate già
davanti alla sua villetta. -Perfetto. A
domani, Alex- la salutai.
-Ciao Emma!- ricambiò lei.
Una volta arrivata a casa, trovai un
biglietto da parte dei
miei genitori. Quella sera non sarebbero tornati a casa.
Chiamai Justin che rispose quasi
subito. -Pronto?- la sua
voce era tranquilla.
-Ciao Justin, sono Emma. Volevo
chiederti una cosa...- dissi
sedendomi sul divano.
-Ciao Emma, dimmi tutto- era curioso.
-Io volevo farti conoscere la mia
migliore amica. È un
problema per te se domani viene con noi e porta un suo amico?- chiesi.
In realtà dopo quel bacio
non sapevo più se fosse corretto
definirli amici. Ma per non dilungarmi in spiegazioni inutili,
utilizzai quel
termine.
-No, non è un problema
affatto- rispose lui.
Sorrisi -Grazie Justin. Comunque oggi
non riesco a venire al
bar perché domani avrò un test importante a
scuola e devo prepararmi- mentii cercando di risultare convincente.
Avevo voglia di passare il resto
della giornata da sola. Il
mio umore era pessimo e sicuramente lui se ne sarebbe accorto. Ormai
riusciva a
capirmi velocemente. Magari avrebbe capito anche di essere una delle
ragioni
del mio malumore.
Tutto solo per colpa di una migliore
amica che si divertiva
a farmi da psicologa. Con i suoi discorsi pieni di logica mi aveva solo
creato
una grande confusione mentale. Ma sapevo che il suo obiettivo era stato
semplicemente quello di aiutarmi.
-Ehm, va bene...- disse. Sembrava
deluso. Mi si chiuse lo
stomaco. Era orrendo mentirgli. -Allora ci vediamo domani?- chiese
speranzoso.
Quel suo comportamento era strano.
Risi -Ovvio, non aspetto altro!-
dissi nel tentativo di non
fargli intendere quanto fossi agitata all'idea di rivedere i suoi
magnifici
occhi e le sue carnose labbra, che, per un momento, sembrava si
sarebbero
adagiate dolcemente sulle mie.
Però non potevo negare
quanto mi facesse piacere la sua
compagnia, il suo calore a poca distanza dal mio corpo gelido come il
ghiaccio.
La verità era solo una.
Avevo paura che Alex avesse ragione.
Avevo paura di iniziare a provare più di semplice amicizia
nei confronti del
biondo dagli occhi nocciola.
-Perfetto, buona serata Emma- mi
salutò lui.
Dal tono pensai stesse sorridendo.
-Ciao Justin, a
domani...- interruppi la conversazione telefonica e mi alzai dal
divano.
Non cenai quella sera. Dopo aver
svolto i miei compiti scolastici,
andai a sdraiarmi sul mio letto.
Il profumo di lavanda
inondò le mie narici. Mia mamma aveva
cambiato le lenzuola.
Cosa provavo io per Justin?
Bella domanda...
Di certo quello che provavo non era
solo amicizia. Forse
qualcosa di più. Ma nemmeno il tipico affetto tra fratello e
sorella. Anche
perché non riuscivo a vedere Justin come un fratello.
Quella poca distanza tra di noi il
giorno precedente mi
aveva mandata in tilt, facendomi scoppiare il cuore. E questo non
succede tra
fratello e sorella.
Ma io amavo James...
Scoppiai a piangere. I singhiozzi
scuotevano violentemente
il mio petto.
Forse trovando il moro avrei risolto
tutti i miei problemi.
Avrei scritto la parola "fine" sotto a migliaia di righe di
sofferenza.
Senza nemmeno accorgermene mi
addormentai con ancora i
vestiti addosso. Non sognai quella notte. Nel sonno mi apparvero solo
tanti
ricordi.
Il mio incontro con James e quello
con Justin.
Il mio primo bacio con James e quello
mancato con Justin.
A volte ci sono molte
difficoltà in amore. Ma la mia
difficoltà ero io stessa.
Ciao
a tutti!
Ecco
un altro capitolo.
Qui
Emma inizia ad avere un po’ di dubbi…
Ringrazio
che ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate
e
chi ha recensito.
Al
prossimo, un abbraccio coccoloso (??)
Morena
|
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Capitolo 12 *** Una parte importante di me ***
-Ma quanto cazzo ci mettono quei
due?- il mio umore non era
proprio dei migliori.
Quella notte era stata un vero
inferno e non avevo voglia
nemmeno di respirare.
Ma l'avevo promesso a Justin.
Così eravamo io e lui ad
aspettare Alex e Luke nel punto in
cui i mercanti avevano iniziato la lunga fila di bancarelle ricoperte
di vari
oggetti.
Il biondo accanto a me
iniziò a ridere attirando su di noi
l'attenzione dei cittadini di Los Angeles. Calmò la sua
risata e a fatica parlò
-Sei proprio di buon umore oggi...- decretò.
Gli lanciai un'occhiataccia che
zittì i suoi dolci e
spensierati risolini.
-Mi guardi come se fosse colpa mia
che non arrivano- disse
serio.
Certo, lui non aveva a che vedere con
il clamoroso ritardo
dei miei amici. Ma, in parte per lui, avevo dormito molto male. Quindi
anche
per causa di Justin ero così nervosa. Questo però
lui non avrebbe dovuto
assolutamente saperlo.
Sospirai e mi avvicinai al suo corpo
caldo. -Scusami-
sussurrai.
-Non preoccuparti, piccola mia- rispose lui avvolgendo con le sue
braccia il
mio corpo.
Piccola mia.
Il suo tono mi colpì
parecchio. Non aveva pronunciato quelle
parole in tono malizioso. Mi erano sembrate una splendida melodia. Una
melodia
dolce e armoniosa. Lui mi vedeva come la cosa più fragile
del mondo, da proteggere
e da coccolare con amore.
Sorrisi. -Ieri io e Nicole abbiamo
provato di nuovo la
canzone- disse stringendomi maggiormente.
Mi paralizzai a quelle parole. Mi ero
completamente
dimenticata che, nonostante il comportamento della mora, loro avrebbero
cantato
insieme al concerto.
Lui si accorse del mio nervosismo
-Ehi, non preoccuparti. Mi
ha chiesto di perdonare il suo comportamento e io non saprei veramente
con chi
cantare, così...- lasciò la frase in sospeso.
Mi staccai controvoglia dal suo corpo
muscoloso e caldo e lo
guadai -Ah. Lei ha chiesto a te di perdonarla?- chiesi scettica.
Nicole non aveva di certo criticato
il sogno di Justin. Il
mio desiderato bacio sotto il vischio era stato definito "banale".
Il biondo si grattò il
collo -Beh, io credo che volesse
scusarsi anche con te- disse riavvicinandomi a lui.
-Sì, va bene, è
meglio far finta di niente. Comunque, com’è
andata?- chiesi curiosa.
-Io... Io naturalmente non ho
cantato. Ho fatto provare a
lei la canzone... Come farò, Emma?- era disperato.
Ancora non era convinto di cantare
davanti a tutte quelle
persone.
-Senti, Justin. Io ho promesso che ti
aiuterò, e lo farò,
chiaro?- dissi sicura. Lui annuì solamente.
In lontananza scorsi la figura alta,
slanciata e bionda
della mia migliore amica e tirai un sospiro di sollievo. Justin mi
guardò
curioso, ma il mio sguardo era rivolto ai due che si tenevano per mano.
-Oh, ma guarda chi ci degna della sua
presenza- dissi
ironica quando Alex e Luke si avvicinarono.
La bionda rispose con una linguaccia,
mentre Justin e Luke
si fissarono increduli.
-Luke?- disse il biondo al mio
fianco.
-Justin?- in contemporanea sentii la
voce di Luke.
-Vi conoscete già?-
domandai curiosa.
Justin mi sorrise -Ovviamente. Quel
coglione è il mio
migliore amico- spiegò.
-Benissimo. Allora devo solo
presentarti Alex. Alex, questo
è Justin. Justin, questa è Alex- dissi passando
lo sguardo dal biondo alla
bionda.
Loro due sorrisero.
-Come mai ci avete messo
così tanto?- chiese Justin.
Nel frattempo iniziammo a vagare tra
le bancarelle ricoperte
di molti oggetti. Alex e Luke arrossirono per la domanda del biondo.
Io risi -Bene, abbiamo già
capito- dissi facendo
l'occhiolino ad Alex.
Justin si unì alla mia
risata con la sua. Dolce, armoniosa e
spensierata. Poi i due ragazzi iniziarono a fare battute e a ridere fra
di
loro. Così io e Alex, qualche passo più avanti,
iniziammo a parlare.
-Justin è molto carino-
sussurrò lei nel mio orecchio,
guardando i due dietro, poi continuò -e ti fissa sempre- io
arrossii alle sue
parole.
Tossii per evitare che notasse il
rossore sulle mie guance
-Ma che dici?- chiesi con una nota acuta nella voce.
Lei rise spensierata, attirando
l'attenzione di Luke e
Justin.
-Che succede?- chiese Justin
sorridendomi dolcemente.
Alex a fatica riuscì a
trattenere le lacrime.
-Niente. Solo che Alex spara cazzate
a tutto spiano, vero?-
chiesi guardando la diretta interessata.
Lei tossì violentemente
per le risate e alzò il pollice,
incapace di parlare. Era proprio una pazza. Ma l'adoravo con tutto il
cuore.
Quando vidi una bancarella di
collane, bracciali e
orecchini, mi fermai. Gli altri continuarono a camminare e non si
accorsero di
nulla.
-Fate anche incisioni?- chiesi
speranzosa a un uomo
brizzolato con gli occhiali enormi e dalla montatura scura.
Lui mi sorrise -Certo. Che cosa
vorresti scrivere e su
cosa?- mi chiese indicando una fila di bracciali.
Ne vidi uno che catturò
subito la mia attenzione. Il
cinturino era formato da due strisce di cuoio scuro
intrecciate tra di loro. Una targhetta d'argento splendeva, pronta per
un'incisione.
Lo afferrai e lo porsi all'uomo
-Potrebbe scrivere
"Believe"?- chiesi pensando al sogno di Justin.
Il suo sogno di diventare un
cantante.
Sogno ostacolato dalla sua
insicurezza e dalla sua paura.
Volevo che lui riuscisse a credere nel suo sogno e in se stesso.
Il signore annuì e dopo
qualche minuto mi guardò soddisfatto
-Ecco a te- disse. Era stupendo.
Non vedevo l'ora che Justin lo
indossasse.
-Ti serve altro?- chiese
impacchettando il bracciale.
Guardai nuovamente il bancone e il
mio sguardo si fermò su
una catenina argentata.
Il ciondolo appeso era a forma di
cuore, tutto elaborato
alla perfezione, con un brillantino in alto a sinistra. Presi in mano
il
cuoricino e per sbaglio feci una lieve pressione sul lato sinistro. Il
ciondolo
si aprì prontamente, mostrando così due superfici
interne lucide e luminose.
-Sì... Potrebbe incidere
qui dentro "Sisters"?-
chiesi.
Lui annuì e, dopo avermi consegnato il bracciale, incise la
scritta dentro il
cuore.
Frugai all'interno della mia borsa e
tirai fuori il mio
portafogli. Lo aprii e trovai ciò che stavo cercando: una
piccolissima foto.
Alex aveva un occhio chiuso e la
lingua di fuori, mentre io
ero intenta a mordermi il labbro inferiore mostrando il mio vecchio
amico,
l'apparecchio fisso. Sorrisi involontariamente. Quella foto era una
parte
importante di me. Ma, avendone una copia in camera mia, decisi che
l'avrei
ritagliata per inserirla dentro il ciondolo.
-Tieni- disse sorridendo.
Risposi al sorriso e afferrai il
pacchettino contenente la
collana.
Pagai e mi girai in cerca dei miei
tre amici.
Mi ritrovai Justin davanti, con il
respiro affannato -Ecco
dov'eri, Emma!- esclamò sollevato.
Risi -Non scappo, non preoccuparti.
Ho solo preso dei
regali- risposi alzando le spalle e mostrandogli il sacchetto
contenente i due
pacchetti.
Mi abbracciò -Mi hai
lasciato con quei due che non fanno
altro che guardarsi amorosamente e baciarsi- disse drammatico
provocando
un'altra mia risata.
-Quanto sei scemo...- dissi
spingendolo dal gomito.
-Ti va una cioccolata calda?- mi
chiese guardando il mio
profilo.
Lo guardai negli occhi nocciola
-Sì- risposi sorridendo.
Mi afferrò la mano e mi
portò davanti ad un piccolo bar. Dei
tavoli con delle sedie erano sistemati davanti alle vetrate.
-Siediti qui. Nel frattempo io prendo
la cioccolata, va
bene?- sorrise rassicurante.
Annuii semplicemente e mi sedetti su
una delle sedie blu.
Il freddo era insopportabile,
così cercai di scaldarmi le
mani con il mio fiato. Poi le strofinai una contro l'altra.
Guardai di fronte a me e notai una
chioma scura. Al suo
tavolo erano sedute in totale tre ragazze, lei con altre due.
All'improvviso si
girò verso di me e la riconobbi.
Nicole.
Distolsi lo sguardo, ma non
abbastanza in tempo da evitare
di vedere il suo sorrisetto.
Proprio non riuscivo a comprendere il
suo comportamento.
Potevo capire che non le piacesse la mia canzone, ma se nemmeno mi
conosceva,
che bisogno c'era di guardarmi con odio?
Dopo alcuni minuti tornò
Justin con in mano due bicchieri.
-Ecco la cioccolata, Emma- disse appoggiandoli sul tavolino e dandomi
un bacio
sulla guancia.
Iniziai a sorseggiare dal mio
bicchiere. Era deliziosa e
molto calda. Così calda che mi vennero i brividi.
-Hai freddo?- mi chiese premuroso.
Risi. Si preoccupava sempre tanto per
me... Era adorabile.
Scossi la testa -No, non
preoccuparti- risposi sorridendo.
-E così quei due stanno
insieme...- aprì il discorso lui.
Scoppiai a ridere e lui mi
guardò divertito -Sì, l'altro
giorno Alex era molto entusiasta... E pensare che prima di quella
relazione,
per lei esisteva solo Matt Kayse- commentai pensando alla mia migliore
amica.
-Quel Matt Kayse di cui mi hai
parlato quel venerdì?- chiese
lui guardando il suo bicchiere.
-Sì, proprio lui- risposi
distrattamente.
Ripensai ai primi giorni di Dicembre.
Al mio odio nei suoi
confronti quel giorno al centro commerciale e poi il venerdì
al mercatino.
Erano cambiate così tante
cose...
Io e lui eravamo diventati migliori
amici e stavamo sempre
insieme.
Rabbrividii un'altra volta e Justin
avvicinò la sua sedia
alla mia per poi abbracciarmi e stringermi contro al suo petto caldo.
-Grazie, Justin- dissi. Poi alzai la
testa e lasciai un
delicato bacio sulla sua guancia.
Lo sentii sorridere. -Emma, io devo
dirti una cosa...-
deglutì il biondo.
Lo guardai negli occhi incuriosita
-Dimmi tutto- lo
incoraggiai.
-Ecco, io...- iniziò, ma
fu interrotto.
-Justin!- esclamò.
-Nicole?- il biondo la
guardò e poi sorrise.
Che cosa stava per dirmi Justin?
Nicole non avrebbe potuto
interromperlo in un altro momento?
Mi alzai di scatto dalla sedia: non
volevo stare ad
ascoltare i loro discorsi.
-Dove vai, Emma?- mi chiese Justin
bloccandomi per il
braccio.
Con quello libero presi il mio
bicchiere di cioccolata quasi
pieno -Vado a cercare Alex, magari ci vediamo dopo- risposi sicura,
nonostante
fosse solo una scusa.
Lui farfugliò qualcosa di
incomprensibile, poi mi lasciò il
braccio.
Sorrisi e mi allontanai. Mi sarebbe
piaciuto finire la mia
cioccolata, ormai fredda, insieme a Justin e soprattutto sapere cosa
volesse
dirmi.
Mi ritrovai nuovamente nella strada
illuminata e occupata
dalle bancarelle. Girovagai per dieci minuti fino a quando vidi la
signora che
mi aveva venduto la sciarpa bianca. Lei sembrò riconoscermi
e sorrise. Io
ricambiai.
Ammirai le varie sciarpe, poi ne
afferrai una verde per
provarla.
All'improvviso sentii un improvviso
calore sul fianco destro
e vidi una mano prendere un lato della sciarpa. Lasciai che la
prendesse lui e
che me l'avvolgesse intorno al collo.
-Risalta il magnifico colore dei tuoi
occhi- disse
baciandomi la guancia.
Arrossii -Grazie- poi presi un
cappello nero e glielo infilai.
I minuti successivi li passammo a
provare sciarpe, cappelli
e guanti e a ridere.
Dopo che coprii completamente il suo
viso con tanti tessuti
colorati, lui mi abbracciò ridendo. Mi sembrava strano,
però, che non avesse
ripreso il discorso di prima.
Stavo per chiedergli cosa dovesse
dirmi, quando una ragazza
dalla chioma scura si avvicinò alla bancarella. La riconobbi
subito, mentre
Justin, essendo girato verso di me, non si accorse della sua presenza.
-Justin! Non posso crederci, allora
è proprio destino,
oggi...- disse ridacchiando.
Il biondo, riconoscendo la voce, si
girò e sorrise -Hai
ragione, Nicole- disse.
Mi allontanai per la seconda volta
quella serata.
Camminando intravidi una bancarella
che attirò la mia
attenzione. Vendeva le palle di vetro natalizie, alcune riempite di
neve, altre
di brillantini.
Ne notai una in particolare. Era di
media grandezza e
infiniti brillantini argentati danzavano intorno a due pupazzetti: un
ragazzo e
una ragazza uniti in un bacio candido.
Presi in mano la palla e la osservai
scuotendola dolcemente.
Sotto c'era una piccola chiave dorata. La girai con attenzione e una
dolce
melodia iniziò a suonare.
Ero rimasta veramente affascinata.
La appoggiai sul ripiano e tornai
velocemente verso casa,
come sempre piena di dubbi a tormentarmi la mente.
Ciao
a tutti!
Finalmente
sono riuscita a pubblicare…
Comunque,
per la scena del bar e della bancarella, mi sono ispirata al video
Mistletoe,
naturalmente…
Ci
tengo a ringraziare chi ha inserito la storia tra le
preferite/seguite/ricordate
e
chi ha recensito!
Un
abbraccio coccoloso,
Morena
|
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Capitolo 13 *** Ora inizia il tuo sogno ***
-Ti prego, ripetimi perché
lo sto facendo- disse il biondo
sconsolato.
Io sorrisi -È per farti
superare la paura da palcoscenico,
Justin- risposi facendo scorrere le dita sui tasti del pianoforte.
Lui si sistemava ripetutamente la
giacca. Sembrava molto nervoso.
-Ok, ma è proprio necessario che io canti con dei bambini
delle elementari?-
chiese sedendosi sullo sgabello nero.
-Tu hai detto di non aver mai
partecipato ai saggi della tua
scuola e ogni bambino inizia a cantare in questo modo. Quindi anche tu
partirai
da qui la tua carriera canora- spiegai accarezzando la sua guancia
liscia.
Justin prese la mia mano e la
portò alle sue labbra. Soffiò
dolcemente e successivamente vi lasciò un tenero bacio.
Sorrisi intenerita
dalla sua dolcezza e gli porsi gli spartiti dei vari brani natalizi che
avrebbe
suonato e cantato insieme ai bambini che nel frattempo si erano
già seduti sul
pavimento della grande sala.
Lui li osservò
attentamente -Emma, non sembrerà una
pagliacciata tutto questo? Insomma, io ho diciotto anni e loro
al massimo
sei e poi...- si interruppe -Aspetta, aspetta, aspetta-
continuò alzando
l'indice. Si perse per qualche minuto nei suoi pensieri, poi mi
indicò con il
dito e assunse un'aria minacciosa -Come diamine hai fatto a farmi
inserire
nello spettacolo?- chiese poi.
Io scoppiai a ridere. Era troppo
buffo nonostante cercasse
di accusarmi. Mi asciugai le lacrime causate dalla risata e mi calmai
-È stato
molto semplice. Quella donna- cominciai indicando una signora con i
capelli
rossi e il braccio ingessato, circondata dai bambini agitati per
l'imminente
esibizione. Lui annuì -ecco, era la mia insegnante di musica
quando ero una
bambina e l'altro giorno l'ho incontrata mentre tornavo a casa. L'ho
riconosciuta e le ho chiesto cosa avesse combinato al braccio. Ma
questo è un
altro discorso, l'importante è che lei cercasse qualcuno che
la sostituisse al
pianoforte e al canto. Così mi sei venuto in mente tu-
spiegai tranquillamente
al biondo.
-Non avresti voluto sostituirla tu?-
mi chiese guardandomi
negli occhi.
Appoggiai una mano sulla sua spalla
-No, Justin. Io voglio
che tu riesca a superare la tua paura. Credi nel tuo sogno e inizia a
viverlo
da adesso, dalle prime note che le tue dita suoneranno e dalla prima
parola che
la tua voce canterà questa sera, chiaro?- dissi tutto d'un
fiato. Poi continuai
-I bambini per lo più balleranno qualche coreografia e
faranno il coro in
alcuni brani. Vedi come sono spaventati? Il tuo compito è
quello di infondere
sicurezza nei loro cuori, tu sei il loro unico aiuto. Non deluderli,
ma,
soprattutto, non deludere te stesso. So che puoi farcela- dissi con
sincerità.
Lui sospirò -Grazie, Emma-
avvolse i miei fianchi con le sue
braccia muscolose e mi avvicinò al suo corpo caldo.
Essendo seduto, appoggiò
la testa sul mio ventre. Lo
accarezzai delicatamente e lo sentii rilassarsi
sempre di più ad ogni mia carezza.
-Bene, i genitori stanno entrando.
Bambini state tranquilli,
tu Justin inizia a scaldare le dita e la voce, mentre tu, Emma, prendi
quella
videocamera e registra tutto- ordinò scandendo bene l'ultima
parola.
-Ok, Justin, io inizio a cercare un
posto per una buona
visuale. Tu stai tranquillo e pensa solo alla musica- dissi sciogliendo
l'abbraccio.
Il suo sguardo era perso nel vuoto.
Appoggiai una mano sulla
sua guancia. Sapevo che il contatto tra il mio calore e il suo, lo
avrebbe
riportato alla realtà. Così fu. Mi
guardò e poi prese la mia mano per
stringerla tra le sue.
-Tu dovrai riprendere tutto quanto?-
chiese intimorito.
-Sì, a quanto pare la
signora Stillman ha chiesto
l'autorizzazione ai genitori per caricare il video sul web, ma non devi
assolutamente preoccuparti, sarai perfetto- risposi.
Probabilmente con un'altra persona
non sarei riuscita a parlare
così tranquillamente, senza alcun imbarazzo.
Questo rapporto stupendo di amicizia
ero riuscita a
stringerlo solo con Alex e Justin.
-Non so se... riuscirò a
cantare...- la sua voce tremava e i
suoi occhi erano lucidi e probabilmente avrebbe pianto dal terrore.
Non avevo mai visto Justin piangere e
di sicuro non avrei
permesso che le sue lacrime bagnassero il suo viso angelico in quel
momento.
Avrei voluto tanto vederlo piangere di gioia, non di paura.
Lo abbracciai -Justin, ascolta. Tu
hai sempre cantato con me
davanti, quindi qual è il problema ora? Fingi che io sia
seduta sullo sgabello
accanto a te, pensa di star cantando solo per me. Prova ad immaginare
che loro
non ci siano. Io non ti abbandono. Ricordi quando ti ho detto che sarei
stata
con te per accompagnarti con la mia chitarra? Beh, oggi io sono qui, ma
al
posto della chitarra avrò in mano una videocamera. Qual
è la differenza?- dissi
velocemente per riuscire a bloccare le sue lacrime prima che potessero
uscire
violentemente.
Si alzò dallo sgabello e
mi abbracciò. Affondai il viso
nell'incavo del suo collo e annusai il suo dolce profumo.
-Grazie Emma- disse baciando la mia
guancia.
Sorrisi -Di niente, Justin. Ora
inizia il tuo sogno- dissi.
L'emozione inondò il mio corpo e desiderai tanto che lui si
fosse calmato
completamente.
I genitori entrarono riempiendo
l'aria di allegria. Lessi
nei loro occhi tutta l'eccitazione nel sapere che avrebbero assistito
allo
spettacolo dei loro bambini. Decisi di iniziare le riprese. Accesi la
videocamera e inquadrai i bambini tutti vestiti con jeans e maglione
rosso.
Alcuni alzarono la mano per salutare i rispettivi genitori. Altri
parlavano tra
di loro tranquillamente. Altri ancora erano intenti a respirare
profondamente
per non agitarsi. Sorrisi e lasciai che l'obbiettivo li riprendesse uno
a uno.
Poi ripresi per qualche secondo Justin, con le dita sui tasti lucidi,
dopo i
genitori e successivamente Mrs Stillman, che iniziò il suo
discorso di
introduzione con un microfono nero in mano.
-Buonasera a tutti- iniziò
-Oggi assisteremo al saggio dei
vostri figli. Questa sera sono fiera di presentarvi anche Justin ed
Emma che si
sono offerti di aiutarmi con lo spettacolo- ci indicò e i
genitori iniziarono
ad applaudire -Ragazzi, vi sono veramente grata, senza di voi non avrei
potuto
portare avanti questa serata-disse.
Alzai lo sguardo e incrociai quello
di Justin. Sorridemmo.
Io tranquilla, lui visibilmente nervoso.
-Bene, iniziamo a riempire il nostro
Natale di musica- disse
Mrs Stillman.
Justin respirò
profondamente e, dopo avermi rivolto un
ultimo sguardo, appoggiò le dita sui tasti. L'aria si
riempì delle note dolci
suonate da Justin. I bambini iniziarono a volteggiare per la stanza con
molta
grazia e a tempo.
Io dalla mia postazione ripresi ogni
movimento.
Dopo qualche melodia natalizia, i
bambini si sistemarono uno
vicino all'altro in fila e Mrs Stillman appoggiò qualche
microfono di fronte a
loro e uno di fianco a Justin. Capii che il biondo avrebbe dovuto
finalmente
cantare oltre a suonare. Non sembrava più tanto agitato.
Sorrisi. Avevo
raggiunto il mio obiettivo. Dopo
qualche nota la sua voce risuonò nella stanza.
-So this is Christmas and what have you done?
Another year over, a new one
just begun;
And so this is Christmas, I
hope you have fun
The near and the dear ones the
old and the
young.-
Rivolsi l'obbiettivo della
videocamera al suo corpo e
ascoltai la sua voce melodica e intonata.
Sogghignai vedendo gli sguardi
stupiti dei genitori. Sapevo
che avrebbe lasciato tutti a bocca aperta.
Verso il ritornello anche i bambini
si aggregarono al suo
canto con le loro voci bianche.
-A merry merry Christmas and a happy new
year,
Let's hope it's a good one
without and fear.-
Iniziai a ondeggiare la testa a
tempo, affascinata dalle
loro voci meravigliose. Finita la canzone, i genitori si alzarono in
piedi per
applaudire e chiesero il bis.
Justin cercò il mio
sguardo e mi sorrise riconoscente.
-Grazie- mimò con le
labbra rosate. Sorrisi semplicemente.
A fine spettacolo Justin mi venne
incontro e mi abbracciò.
-Grazie, grazie, grazie!- esclamò contento.
-Hai fatto tu. A proposito, sei stato
fantastico- dissi
sincera.
-Grazie...- disse imbarazzato -Sono
felice che tu mi abbia
aiutato- mi diede un bacio sulla guancia.
-Ti avevo detto che ti avrei aiutato-
lui sbiancò -Ehi, che
succede?- chiesi preoccupata.
-Devo parlarti assolutamente,
però fuori da qui- disse
agitato.
Annuii e dopo aver salutato Mrs
Stillman, lo seguii fuori.
-Dimmi tutto, Justin- lo incoraggiai
una volta usciti.
-Tu mi hai aiutato e... Beh, anche io
ti ho promesso che ti
avrei aiutato con James, ricordi? Ecco, io l'ho fatto- disse
velocemente.
Mi agitai -Per favore, continua-
dissi dopo un suo lungo
silenzio. -Io, ricordandomi del volere dei suoi genitori, ho pensato
che
probabilmente l'avessero portato con loro a Miami... Sai, un mio amico
lavora
in un ospedale in quella città da alcuni anni e gli ho
chiesto se per caso
avessero avuto un paziente di nome James Parks...- disse.
-E...?- chiesi curiosa.
Mi guardò negli occhi. -E
c'è la cartella clinica di un
certo James Parks, ma... Insomma, potrebbe essere lui, ma non voglio
darti
false speranze- annunciò toccando ripetutamente il suo
ciuffo.
Sgranai gli occhi -Davvero?- ero
scossa.
Sapere di aver forse ritrovato James
mi provocò una strana
sensazione.
Avrei potuto rivederlo e risolvere
tutti i miei problemi.
Iniziai a piangere. Le lacrime
scesero calde e lente sul mio
viso.
-Devo andarci- dissi sicura.
Mi asciugò le lacrime -No.
Tu hai la scuola e sei... sei la
mia piccolina, non posso farti andare lì da sola. Ci
andrò io, in fondo ci
sarei andato comunque per fare una visita a Ryan, posso verificare
anche questa
cosa- disse baciandomi le guance per asciugare le altre lacrime.
-Grazie, Justin. Io ti voglio troppo
bene- dissi mordendomi
il labbro inferiore.
-Non quanto te ne voglio io- disse
teneramente.
-Oh, ma smettila- dissi pizzicandogli
la guancia.
Scoppiammo a ridere.
-Dai, ti accompagno a casa- disse.
-Allora... Era questo ciò
che volevi dirmi al mercatino?-
chiesi e lui deglutì.
Si grattò il collo
imbarazzato -Ehm... Certo- disse poco
convinto.
-Mmh... Ok... Comunque, non mi parli
mai di ragazze... Ti
vedi con qualcuna?- chiesi cercando di cambiare discorso.
-In realtà no. Diciamo che
c'è una ragazza che adoro, mi fa
impazzire e mi piace molto, ma...- si fermò.
Sentii delle fitte allo stomaco.
Forse perché non me ne
aveva mai parlato prima.
-Ma...?- lo incitai. Lui mi
guardò e sorrise
malinconicamente. Sembrava molto triste.
-Ma lei è legata al cuore
di un altro ragazzo e io non
voglio confonderle le idee... Anzi, penso di non avere proprio
speranze- disse.
Non sapevo che soffrisse
così tanto per una ragazza.
-Perché non me l'hai detto
prima?- chiesi leggermente
offesa.
-Beh, perché tu... Tu devi
pensare a James e...- iniziò.
Ma io lo bloccai subito -No, Justin.
Tu sei una delle
persone più importanti della mia vita e mi piacerebbe
aiutarti- dissi
sorridendo.
-Ehi, quello che hai fatto oggi
è stato fantastico, non so
ancora come ringraziarti- mi strinse la mano.
-Ok, ma io vorrei aiutarti con questa
ragazza... La conosco?-
chiesi curiosa.
-Ehm... Sì, la conosci-
rispose lentamente.
Pensai qualche istante.
L'unica che mi venne in mente fu
Nicole.
Era innamorato della mora? Insomma,
non avevo niente in
contrario, ma Nicole non sembrava quella adatta a Justin.
-Ehi, ci sei?- chiese Justin notando
che mi ero fermata
all'improvviso.
-Sì, sì.
Andiamo- dissi in fretta ricominciando a camminare.
Perché non riuscivo ad
accettare l'idea che a Justin potesse
piacere Nicole? Forse per come mi aveva trattata.
Cercai di non continuare a pensarci.
Ciao!
Ecco
un altro capitolo, spero vi piaccia…
Finalmente
Justin canta…
Ringrazio
chi ha inserito la storia tra le preferire/seguite/ricordate e chi ha
recensito…
Grazie
ancora,
un
abbraccio coccoloso,
Morena
|
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Capitolo 14 *** Come se non desiderasse altro ***
Non vedevo Justin da alcuni giorni.
Era partito per Miami
lasciando un enorme senso di vuoto nella mia vita.
Non ci conoscevamo da tanto, eppure
avevamo stretto una
forte amicizia. Molto probabilmente grazie alla sincerità
che c'era tra di noi.
Io gli avevo raccontato
dell'incidente, lui delle sue paure.
Gli avevo rivelato il mio grande
sogno e lui il suo.
Ripensai a quel mancato bacio a casa
sua e mi sedetti sul
mio letto dalle coperte blu.
Forse lui non sapeva proprio tutto di
me. Insomma, lui
sapeva cosa mi fosse passato per la testa quel giorno? Sapeva quale
effetto
avessero i suoi profondi occhi su di me? No. Non lo sapeva. O almeno io
non
gliene avevo mai parlato.
Mi sentivo in colpa per quei
pensieri. Mi sembrava un torto
nei confronti di James. Io amavo il moro.
Ma Justin era una droga per me. Non
riuscivo a farne a meno
dopo quelle settimane trascorse insieme.
Appoggiai le gambe sul letto e mi
distesi con lo sguardo
rivolto al soffitto.
Justin aveva portato tanta allegria
nel mio cuore. In realtà
era proprio lui quella felicità.
Già, perché da
quando era partito, mi sentivo triste e
svuotata. Nemmeno il pensiero di James era riuscito a tirarmi su il
morale.
Pensai a una vita senza Justin, ma
con il mio bel moro
accanto.
Poi a una possibile esistenza a
stretto contatto con il
biondo, in assenza di James.
Sbiancai all'istante.
Perché alla prima possibilità avevo
sentito il mio cuore cessare di battere? Perché al pensiero
della seconda
ipotesi le mie labbra si erano tese in un sorriso sincero?
Justin mi mancava già
più del lecito nonostante fosse
partito da pochi giorni. Come avrei mai potuto passare il resto della
mia vita
senza di lui?
Chiusi gli occhi e appoggiai le dita
sulle tempie. Sentii
come se la testa stesse per scoppiarmi. Tutti quei pensieri affollati e
tutte
quelle preoccupazioni mi stavano distruggendo mentalmente.
Non c'era bisogno di credere che, una
volta ritrovato James,
il mio rapporto con Justin sarebbe cambiato, giusto?
Pensai ai suoi occhi nocciola. Mi
mancava anche quella
sensazione strana. La sensazione di affogarci dentro.
Justin, invece, mi nascondeva
qualcosa? Fui assalita da quel
dubbio.
Beh, io non sapevo il nome di quella
misteriosa ragazza che
aveva rubato il suo cuore. Ma, effettivamente, avrei davvero voluto
sapere
quale ragazza facesse soffrire un ragazzo così dolce e
tenero? No. Era meglio
non saperlo. Che cosa avrei fatto se si fosse trattato veramente di
Nicole? Non
l'avrei sopportato di certo. Ma perché? Non poteva
assolutamente trattarsi di
gelosia. Io amavo James. James era stato la mia ragione di vita per
molti mesi,
ma Justin era riuscito a farmi dimenticare tutto il mio dolore per il
moro,
solo con la sua presenza.
Cosa mi stava succedendo? Mi stavo
forse innamorando, come
pensava Alex? No, impossibile.
Ma allora come avrei potuto spiegare
i miei sentimenti?
Afferrai il cellulare dal comodino e
iniziai a osservare lo
schermo indecisa. Pensai se fosse il caso di chiamarlo. Probabilmente
no.
Nel momento in cui decisi di lasciar
perdere, squillò.
Risposi senza verificare chi mi
stesse chiamando. -Pronto?-
chiesi balbettando leggermente.
-Emma, sono Justin- disse
rassicurante.
-Ciao Justin, come va a Miami?-
chiesi sollevata che mi
avesse chiamato.
-Oh, la Florida è
meravigliosa, non come la California, ma
pur sempre fantastica- disse ridacchiando. Poi continuò
-Senti, domani
incontrerò Ryan e gli spiegherò la situazione,
magari riesce ad aiutarci-
iniziai a giocare con una ciocca dei miei capelli castani.
Per un momento avevo sperato che mi
avesse chiamato per
dirmi che sentiva la mia mancanza, per fare qualche sua battuta o per
sussurrare quanto mi volesse bene.
Ma in fondo lui era partito per Miami
per cercare James,
quindi era ovvio che mi tenesse informata sullo svolgimento dei fatti.
Non riuscii proprio a capire il senso
di tutti i miei pensieri:
perché iniziava a importarmi maggiormente di Justin che di
James? Perché
sentivo questo bisogno di avere il biondo dagli occhi nocciola accanto
a me?
-Oh, ehm... Va bene- dissi
distrattamente.
-Qualcosa non va, piccola?-
sussurrò dolcemente.
Presi coraggio- No, è solo
che mi manchi veramente tanto...
Tutto qui- dissi nascondendo parte della verità.
-Anche tu, Emma- disse timidamente.
Sorrisi per la sua
dolcezza. Poi continuò -Ma io sono qui per farti felice-
disse tristemente.
Davvero lui pensava di potermi
rendere felice solo in quel
modo? Non sapeva quanto avessi bisogno della sua presenza per provare
della
sincera gioia?
-Justin, come puoi dire una cosa del
genere? Tu non hai idea
di quanto mi senta rilassata e allegra quando sei con me. Mi fai
sorridere
sempre e...- lasciai la frase in sospeso una volta che realizzai cosa
avessi
detto e arrossii violentemente.
-Davvero?- chiese speranzoso.
Questo suo comportamento mi confuse
parecchio. Sembrava
quasi che avesse bisogno di conferme. Che avesse bisogno di sentirsi
dire
quanto fosse importante lui per me. Come se lui non desiderasse altro.
Ma
questo era impossibile.
-Davvero, Justin. Tu sei... Qualcosa
a cui non posso più
rinunciare. Ormai la mia vita senza di te sarebbe troppo vuota, sarebbe
come il
Natale senza un bacio sotto il vischio- dissi cercando di nascondere
l'imbarazzo.
Mi resi conto del fatto che
probabilmente non avrei potuto
fare un paragone migliore.
Lui rise leggermente -Grazie Emma.
Anch’io sento la tua
mancanza, ma tra massimo due giorni tornerò e potremo
passare tanto tempo
insieme- spiegò.
-Perfetto- dissi contenta -Allora,
non mi dici altro di
questa ragazza misteriosa?- chiesi.
Perché continuava ad
interessarmi? Avrei dovuto smetterla di
pensarci.
-Beh, è la ragazza
più bella che io conosca... I suoi occhi
mi hanno colpito subito: sono così espressivi e mi ci perdo
sempre. Sembrerò sdolcinato,
ma credo che sia la ragazza che amo e se esistesse il "Per sempre"
vorrei viverlo solo con lei- disse sospirando.
Quante fitte attraversarono il mio
stomaco in quel momento?
Troppe.
Justin era così dolce. Era
incredibile il suo sentimento.
Era veramente forte e profondo.
Altre fitte. Non sapevo in quali
occhi si perdesse. Io di
sicuro nei suoi.
Alzai leggermente la mia maglietta e
appoggiai la mano sulla
pancia. La mossi in senso circolare. Forse avrebbe attenuato il dolore.
Non sapevo con chi volesse vivere il
"Per sempre".
Non sapevo nemmeno con chi volessi viverlo io...
Con James? Non avrei saputo
rispondere.
Con Justin?
-Sei così dolce Justin...-
dissi trattenendo le lacrime per
quello strano dolore.
-Io non credo. Perché lei
non mi vuole?- chiese.
Chi non avrebbe voluto un ragazzo
così dolce e tenero?
-Non dire così. Come puoi
saperlo se non è lei a dirlo?-
cercai di rassicurarlo.
-Non lo so- rispose.
-Posso sapere chi è?-
chiesi curiosa.
-No, Emma. Scusami- rispose sincero.
Ci rimasi male. Perché non
potevo saperlo? Magari avrei
potuto aiutarlo.
Le lacrime scesero silenziose sulle
mie guance. Non si
fidava di me? Sentii il sapore salato di una goccia.
-Ehm... Ok. Scusa, devo andare- dissi
velocemente.
-Mi dispiace veramente, Emma. Ciao,
piccola- disse
sospirando.
Chiusi la conversazione telefonica e
appoggiai il cellulare
sul comodino. Mi girai per appoggiarmi su un fianco. Chiusi lentamente
gli
occhi nonostante fossi sveglia. Forse io ero quella a tenere
maggiormente alla
nostra amicizia. Forse mi stavo impicciando troppo degli affari suoi.
Non
potevo sapere le sue motivazioni.
Aprii nuovamente gli occhi e il mio
sguardo cadde sulla
custodia della mia chitarra. Da molto tempo avevo smesso di suonarla
nel centro
commerciale. Avevo capito che era stato inutile farlo nell'anno
passato.
Anche perché James poteva
essere ovunque, non per forza a
Los Angeles.
Poteva essere... morto. Non per forza
vivo.
Poteva avere una bella fidanzata.
Magari non era più
interessato a me.
Io ero ancora interessata a lui?
Provavo ancora amore nei
suoi confronti, o solo sensi di colpa?
Mi addormentai persa tra questi
pensieri.
Un rumore metallico mi
risvegliò violentemente dal mio
pisolino improvvisato in mezzo al corridoio della scuola.
Sobbalzai e rivolsi un'occhiataccia
ad Alex. Sembrava molto
arrabbiata. Doveva essere per qualcosa di grave visto come aveva
sbattuto
l'armadietto grigio per chiuderlo.
La guardai interrogativa e lei
scoppiò a piangere.
Sgranai gli occhi e l'abbracciai.
-Ehi, che è successo?-
chiesi accarezzando la sua schiena.
Borbottò qualche parola
incomprensibile e poi iniziò a
singhiozzare.
-Non ho capito, Alex- dissi sincera.
Tirò su col naso -Ho detto
che odio il mondo maschile- tirai
fuori dal mio zaino un pacco di fazzoletti e glielo porsi.
-Grazie- disse. Poi si
asciugò il viso delicato.
-Di niente- sorrisi
-Perché odi i maschi?- chiesi non
capendo.
-Ieri dovevamo continuare la
relazione e io e Luke avevamo
deciso di provare a lavorare con gli altri due del gruppo- si
soffiò il naso
-Arrivati in biblioteca io e Luke abbiamo iniziato a parlare tra di noi
e a
ridere, ma Matt ha rovinato il momento. Mi ha detto che doveva
parlarmi, ma ha fatto
ben altro...- spalancai gli occhi -Mi ha baciata e mi ha confessato che
gli
piaccio. Ovviamente Luke ha visto tutto è ha frainteso- i
singhiozzi scossero
violentemente il suo petto, così l'abbracciai comprensiva.
-Mi dispiace, Alex- dissi baciando la
sua guancia umida.
-Anche a me. Ma il peggio
è che Luke mi ha detto che ha
sempre saputo che l'avrei tradito e Kayse ha mentito dicendogli che
sono stata
io a baciarlo- continuò.
La rabbia invase il mio corpo -Cosa?-
gridai isterica -Ora
mi sentono quei due stronzi- sbottai allontanandomi dalla mia migliore
amica.
Mi incamminai per il corridoio pieno
di adolescenti e
riconobbi la chioma di Luke, seguita da quella di Kayse,
qualche metro più
avanti.
Afferrai Luke per la felpa e lo
trascinai fino all'armadietto
di Matt, senza lasciargli il tempo di realizzare cosa stesse
succedendo.
Sbattei il suo corpo contro la lunga
fila metallica, poi
presi Kayse per il braccio e lo buttai addosso a Luke con rabbia.
Avevo gli occhi di tutta la scuola
puntati addosso, ma non
mi importava.
-Ascoltatemi bene, coglione 1 e 2-
iniziai tenendoli
entrambi per il colletto della divisa scolastica che spuntava dalla
felpa.
Guardai Luke -Se provi ancora a dire che Alex è una
traditrice, ti faccio
ingoiare tutti i tuoi stupidi libri- guardai Matt -E tu, se osi ancora
mentire
sulla mia migliore amica, potrai considerarti femmina- spinsi
maggiormente
verso gli armadietti entrambi -Sono stata chiara?- chiesi minacciosa.
Loro annuirono impauriti e io li
lasciai, raggiungendo Alex.
Aveva assistito a tutto. -Grazie,
Emma- disse.
-Questo ed altro per te- risposi
sorridendo.
Nessuno poteva giudicare Alex. Lei
era come una sorella per
me e l'avrei difesa da tutto e da tutti.
Ciao!
Emma
in questo capitolo ha altri dubbi sui suoi sentimenti…
Per
Alex e Luke le cose si complicano.
Vorrei
ringraziare simona_hope perché mi ha dato
l’ispirazione, grazie Simpson (con
affetto <3 ti voglio troppo
bene)
Ringrazio
chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e chi ha
recensito.
Ho
iniziato anche un’altra storia, Guardian angel, sempre su
Justin. Se volete
leggerla, la trovate sul mio account.
Grazie
ancora,
un
abbraccio coccoloso,
Morena
|
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Capitolo 15 *** Sarò il tuo principe azzurro ***
Portai le mani davanti alla bocca per
scaldarle con il mio
fiato.
Mancavano pochi giorni al concerto di
Natale e il freddo era
insopportabile.
Pensai a Justin e Nicole sullo stesso
palco a cantare la
canzone della mia vita.
Voce su voce.
Mano nella mano.
Occhi negli occhi.
Strinsi le mani in due pugni e
sospirai. Perché mi
infastidiva così tanto quel pensiero?
Presto, se tutto fosse andato secondo
i piani, mi sarei
ritrovata tra le braccia del mio James. Ma lui era ancora mio? Forse
avrei
fatto meglio a domandarmi se io fossi ancora sua.
Scacciai quel pensiero del tutto
sbagliato e alzai lo
sguardo verso il cielo. Era bianco. Magari sarebbe nevicato.
Sorrisi involontariamente.
Adoravo stare davanti al camino con
una tazza di cioccolata
fumante in mano, mentre fuori la neve imbiancava le strade. Il Natale
precedente non ero riuscita a godermi quella meravigliosa atmosfera per
colpa
dell'incidente.
Mi rabbuiai. Non volevo assolutamente
che succedesse di nuovo.
Volevo passare un Natale stupendo, in
compagnia della mia
famiglia e dei miei amici.
Arrivai davanti al cancelletto di
casa mia persa tra quei
pensieri. Afferrai le chiavi dalla tasca del giubbotto blu e le inserii
nella
serratura per poi farla scattare.
Delle braccia avvolsero il mio corpo
infreddolito trasmettendo
un calore piacevole e rilassante. Un calore che non avrei mai
dimenticato.
Chiusi gli occhi e mi lasciai stringere.
-Justin...- sussurrai flebile.
Lui mi diede un bacio tra i capelli
prima che mi girassi
verso di lui per approfondire l'abbraccio.
-Mi sei mancata, piccola mia- il suo
tono dolce e profondo
amplificò i brividi provocati dal freddo.
Affondai il viso nell'incavo del suo
collo e cercai di
assorbire il suo profumo, come se temessi che quella sarebbe stata
l'ultima
occasione per poterlo fare.
Davvero la sua assenza mi aveva
sconvolta così tanto?
Strinsi tra le dita la sua giacca di
pelle e iniziai a
singhiozzare. Nemmeno mi accorsi delle lacrime che bagnarono il suo
collo caldo
e profumato.
-Perché piangi, Emma?-
chiese preoccupato.
-Mi sei mancato tanto- risposi tra un
singhiozzo e l'altro.
Il mio labbro tremava. Mi ero spaventata veramente tanto all'idea di
non
poterlo più vedere. Nonostante sapessi che sarebbe tornato
dopo qualche giorno,
il mio cuore si era convinto che sarebbe successo qualcosa di brutto.
Avevo
bisogno della sua presenza per tranquillizzarmi.
Respirò profondamente e mi
impresse un tiepido bacio sulla
fronte.
-Temevo ti fossi arrabbiata con me
dopo quella telefonata...
Sono stato così in pensiero in questi giorni e non vedevo
l'ora di tornare qui
per poterti stringere tra le mie braccia e scaldarti... Sei sempre
fredda-
concluse ridacchiando.
-Quando mi abbracci non sono fredda.
Mi sembra quasi che il
tuo calore sia anche il mio... Mi fa sentire bene- chiusi gli occhi.
-Vorrei che tu non sentissi
più freddo. Vorrei scaldarti
sempre quando ne hai bisogno- disse cercando un contatto visivo con i
miei
occhi verdi.
Sentii il battito del mio cuore
accelerare ad ogni sua
parola.
Mi persi nei suoi occhi nocciola. Li
scrutai a fondo, notai
ogni sfaccettatura.
Oro, miele, ambra, caramello. La
ricetta per un mio attacco
cardiaco.
Come potevano racchiudersi tutti
quanti nei suoi occhi?
Continuai ad annegare, senza
accorgermi di ciò che mi
circondava. Come riusciva ad avere questo effetto su di me? Possibile
che ormai
la mia vita dipendesse dai suoi respiri, dai battiti del suo cuore?
Sentii una goccia gelida bagnare la
mia guancia. Volsi lo
sguardo verso l'alto e sorrisi.
-Nevica- sussurrai nel suo orecchio.
Dei fiocchi bianchi accarezzarono la
sua bocca carnosa
quando alzò lo sguardo per osservare il cielo.
La sua lingua sfiorò
quelle gocce ghiacciate e le mie guance
si infuocarono.
Perché per un momento
avevo desiderato che al posto di quei
fiocchi di neve ci fossero le mie labbra?
Sorrisi imbarazzata e lui mi
guardò interrogativo, ma
arrossii maggiormente in risposta.
Altri fiocchi scesero lievi
avvolgendo i nostri corpi.
-I should be playing in the winter snow, but
I'mma be under the mistletoe...- intonò
avvicinandosi al mio orecchio.
Mi morsi il labbro inferiore, sorrisi
e lo strinsi forte con
le mie braccia.
-Vieni dentro, qui fuori si gela-
dissi ridacchiando e
avviandomi verso il portone.
Sfregai le mie mani una contro
l'altra provando a scaldarle.
Entrai in casa seguita dal biondo. Chiusi velocemente la porta per
evitare che
il freddo entrasse e continuai a riscaldare le mie mani.
Justin, notando i miei vani
tentativi, le afferrò
velocemente per poi stringerle tra le sue. Poi le avvicinò
alle sue labbra.
Chiuse gli occhi e io avvertii il suo fiato caldo.
Non avrei saputo dire quanti brividi
percorsero la mia
schiena per quel suo gesto premuroso.
Poco dopo sentii come se l'aria nello
spazio tra il suo viso
e i miei palmi venisse risucchiata. Vidi le sue narici dilatarsi
lievemente e
per un momento pensai che avesse voluto annusare il mio profumo. O
forse stava
semplicemente ispirando dell'ossigeno.
Mi mordicchiai il labbro pensierosa,
ma quando Justin
impresse un dolce bacio sui palmi delle mie mani, mi lasciai sfuggire
un
sorriso.
Trattenne per alcuni secondi le mie
mani davanti al suo
viso, poi aprì lentamente gli occhi. Lo sentii sorridere.
-Grazie- sussurrai.
In un istante mi strinse tra le sue
braccia -Di niente-
ridacchiò -Bella casa, comunque- osservò poi.
Annuii semplicemente. -Vuoi qualcosa
da bere o da mangiare?-
chiesi appendendo le nostre giacche nello stanzino per i cappotti
adiacente
all'ingresso.
I suoi occhi brillarono -Magari una
bella pizza- scoppiammo
a ridere -No, no. Sto bene così, grazie- concluse
sorridente.
Lo presi per mano -Vieni, ti faccio
vedere la mia stanza-
annunciai trascinandolo su per le scale.
Aprii la porta della mia camera e mi
invase un buon profumo
di pulito. Ero molto pulita e ordinata. In più mia mamma
aveva evidentemente
cambiato le lenzuola, prima blu e in quel momento gialle.
Mi sedetti sulla sedia girevole della
scrivania e lasciai a
Justin il posto sul letto. Lui si appoggiò lentamente, come
se avesse paura di
sembrare scortese.
-Ehi, sdraiati pure se vuoi- dissi
guardando la mia chitarra
beige per poi alzarmi di slancio e afferrarla. Iniziai a suonare la mia
melodia
e Justin sorrise.
-Kiss me underneath the mistletoe, show me
baby that you love me so oh oh oh oh oh oh...- canticchiai
distrattamente.
Justin mi fissò -Posso
farti una domanda?- bloccai il
movimento del polso bruscamente.
-Dimmi- sorrisi.
-Cosa significa per te un bacio sotto
al vischio? Magari
riuscirei ad interpretare meglio la canzone se lo sapessi-
spiegò toccando
ripetutamente il suo ciuffo biondo.
Sospirai -Beh, è una cosa
romantica. Ho sempre saputo che
nel preciso istante in cui le labbra si incontrano, puoi capire se la
persona
che stai baciando è la tua anima gemella e, se è
così, resterai per l'eternità
legato a lei. È sempre stato il mio sogno- confessai
osservando le corde della
mia chitarra.
Lo sentii sorridere.
-Pensi sia una cosa ridicola?- chiesi
leggermente
dispiaciuta.
-Oh, no, affatto. Credo sia molto
dolce. Sai, i primi
giorni, quando ancora non ti conoscevo bene, pensavo fossi una ragazza
acida,
senza sentimenti o sogni. Ma la verità è che mi
sbagliavo. Sei una ragazza
piena di ambizioni e desideri, che aspetta il principe azzurro, che
sogna un
matrimonio perfetto- disse fissando il soffitto.
La sua ultima frase era la perfetta
descrizione di me stessa.
Di Emma, una ragazza che ha sofferto, ma nonostante tutto non smette di
credere
che la felicità possa ancora illuminare il suo mondo. Ecco,
io quella felicità
l'avevo trovata.
Il suo nome? Justin Bieber.
Sorrisi e lentamente mi avvicinai al
suo corpo caldo e sdraiato
per abbracciarlo.
-Comunque, penso sia l'ora di parlare
di James- annunciò
sospirando.
Il mio corpo si irrigidì.
Non avrei voluto trattare
quell'argomento almeno per un po'.
-Okay- risposi timidamente.
Respirò profondamente -Non
farò giri di parole: quello
dell'ospedale è il tuo James- notai il suo strano tono, ma
decisi di non dargli
peso.
Sgranai comunque gli occhi per le sue
parole. Cosa ci faceva
James a Miami?
-Solo che lì mi hanno
detto che era stato dimesso da ormai
tanti mesi. Così l'ho cercato all'università, ma
un suo amico mi ha detto che
non frequenta più gli studi in Florida. Sembra che si sia
trasferito a Boston-
continuò il biondo in attesa di una mia reazione -Non ho
potuto fare altro,
scusami- disse sincero.
Mi sdraiai accanto a lui e lo strinsi
forte con le mie
braccia -Tu hai fatto già abbastanza, insomma, vuol dire che
forse non è
destino- dissi in tono neutro, senza lasciar trapelare emozioni.
Lui mi guardò confuso -Ma
come? Non lo ami più?- chiese.
-Siamo stati distanti troppo tempo,
non so più cosa provo
per lui... È complicato-risposi sperando che potesse capire.
Lui annuì. -È
comprensibile- disse semplicemente.
Lasciai un bacio sulla sua guancia
-Grazie. Tu ci sei sempre
per me- affondai il viso nell'incavo del suo collo.
Sentii il battito accelerato del suo
cuore.
-E sempre ci sarò- disse
-Sarò il tuo principe azzurro,
Emma- disse lasciando un bacio tra i miei capelli.
Spalancai la bocca. Cosa intendeva
con quella frase?
Lo guardai confusa in cerca di una
spiegazione -Cioè...
Insomma... Chi ha deciso che il principe azzurro non possa essere il
tuo
migliore amico?- chiese velocemente balbettando.
Spostai una ciocca castana dietro
l'orecchio -Beh, non lo
so- risposi alzando le spalle -Credo nessuno- continuai.
In qualsiasi caso lui mi sarebbe
rimasto accanto per tutta
la vita.
Sorrisi e strinsi maggiormente il suo
corpo. Chiusi gli
occhi e mi lasciai cullare dal battito del suo cuore.
Mi svegliai accaldata e sudata. Mi
ero addormentata con i
vestiti addosso, solo non ricordavo il perché.
Distesi le braccia sbadigliando e
sentii qualcosa cadere dal
letto. Accesi la luce e guardai il pavimento: un pezzo di carta
ripiegato
giaceva pronto per essere letto. Lo afferrai velocemente e lo aprii,
poi fissai
attentamente quelle lettere eleganti.
"Sei
bellissima
quando dormi. Sembri una bambina, così indifesa e fragile...
Ci vediamo di
pomeriggio per provare la canzone. Ti aspetto a casa mia, un bacio,
Justin".
Sorrisi involontariamente e mi
sdraiai sul letto tra mille
pensieri. Come riusciva a essere così dolce senza risultare
mai banale e
scontato? Sembrava veramente il principe azzurro.
Ripensai a James. Davvero era ancora
vivo? Perché non era
mai venuto a cercarmi, mentre io l'avevo aspettato tutto quel tempo?
Forse non
aveva mai tenuto a me quanto io avevo tenuto a lui. Mi ero solamente
illusa?
Molto probabilmente.
Rimasi qualche altro minuto a fissare
il soffitto. Ma dopo
un po' i jeans iniziarono a infastidirmi, così afferrai la
sveglia e controllai
l'orario.
5.23
Decisi di iniziare subito a
prepararmi, perché se mi fossi riaddormentata,
avrei faticato a svegliarmi di nuovo. Inoltre sarei riuscita a fare
tutto con
più calma.
Cercai sul pavimento freddo le mie
pantofole e, una volta
trovate, entrai in bagno per farmi una doccia rilassante. Accesi la
lampadina e
appoggiai l'accappatoio accanto alla vasca da bagno, insieme all'intimo
di
ricambio. La riempii d'acqua tiepida ed entrai.
Rabbrividii subito. Poi il calore
divenne piacevole. Mi
sembrò come se tutto il nervosismo accumulato scivolasse via
dal mio corpo
bianco.
Mi sdraiai per poter immergere la
testa sott'acqua. Lasciai
che l'anidride carbonica uscisse dalle mie narici in piccole bolle
trasparenti
e leggere.
Tranquillità. Ecco cosa
provai in quel preciso istante. Come
se nella mia vita non ci fosse mai stata tristezza. Come se fossi nata
solo in
quel momento. Dimenticai il mio passato pieno di sofferenza, non pensai
ai miei
progetti per il futuro.
Esisteva solo quell'attimo di pace.
Nient'altro.
Avrei voluto che durasse in eterno,
ma purtroppo, dopo
qualche secondo, il bisogno umano di avere ossigeno nei polmoni si fece
sentite. Riaffiorai in superficie e feci dei respiri profondi.
Quel pomeriggio sarei andata a casa
di Justin e avrei
rivisto Nicole. Avrei sopportato la sua presenza, la sua immotivata
cattiveria
nei miei confronti e il dubbio che lei potesse essere la ragazza amata
dal bel
biondo dagli occhi nocciola?
Ciao!
Ecco
un nuovo capitolo… Spero vi piaccia!
Ringrazio
naturalmente chi ha inserito la storia tra le
preferite/seguite/ricordate e chi
ha recensito…
Ora
scappo, devo andare dal dentista…
Un
abbraccio coccoloso,
Morena
|
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Capitolo 16 *** Il prezzo da pagare ***
Le loro voci risuonarono nelle mie
orecchie.
Proprio come avevo immaginato,
insieme non erano armoniose.
Erano completamente diverse e non erano nate per unirsi in un unico
suono.
Justin, infatti, finalmente si era
deciso a cantare di
fronte a Nicole. In fondo non avrebbe potuto fare altrimenti: era il 21
Dicembre e mancavano solo tre giorni al concerto. Tre giorni erano
veramente
pochi, ma avremmo fatto di tutto pur di riuscire a preparare per bene
la
canzone.
Continuai a suonare la mia chitarra
sul divano del salotto
di Justin senza accorgermi del resto, come se con il mio pensiero
riuscissi a
trovarmi dall'altra parte della Terra. Magari su una spiaggia tropicale
o sulla
vetta di un monte europeo.
Le dita scorrevano senza che io me ne
rendessi conto.
Sembravo ipnotizzata. Niente sarebbe riuscito a riportarmi alla
realtà senza il
mio consenso. O forse qualcosa sì.
Un acuto assordante mi
risvegliò facendomi sobbalzare.
Accostai immediatamente le mani alle orecchie e fissai i due, biondo e
mora.
Justin sembrava stordito. Nicole
arrabbiata per la nostra
reazione.
Sospirai -Nicole, è la
terza volta questo pomeriggio che ti
dico che quella nota non è così alta. Diamine,
temo di esser diventata sorda
dall'orecchio destro!- esclamai con una smorfia di dolore.
Lei sbuffò -A me viene
così, non posso farci niente-
rispose.
Alzai gli occhi al cielo -Almeno
prova a cantarla
leggermente meno acuta- ricominciai dalla prima nota la melodia.
Justin iniziò con la sua
strofa e mi sorrise. Ricambiai
muovendo a ritmo con la sua voce la mia testa. Subito dopo Nicole mi
lanciò
un'occhiataccia, seguita da un mio sospiro.
Chiunque avrebbe capito, a quel
punto, il motivo del suo
odio nei miei confronti.
Justin.
Le davano fastidio tutte le
attenzioni che il biondo mi
rivolgeva, i teneri baci che schioccava sulle mie guance e i dolci
sorrisi con
cui illuminava i miei occhi verdi.
Justin, vedendomi pensierosa, mi
guardò interrogativo.
Scossi la testa.
All'improvviso si alzò per
poi sedersi vicino al mio corpo
freddo. Mi cinse le spalle con il suo braccio muscoloso. Sorrisi
leggermente
imbarazzata, mentre lui continuò a cantare.
-But I'mma
be under
the mistletoe...- cantò con infinita dolcezza.
Nell'istante in cui prese fiato, mi
guardò come per
incitarmi ad accompagnarlo nei versi successivi con la mia voce.
Come avrei potuto rifiutare? Sarebbe
stato impossibile.
Inoltre i suoi occhi erano riusciti di nuovo a incantarmi.
Mi dimenticai di Nicole, seduta sul
divano di fronte al
nostro con una smorfia sul viso. Mi dimenticai di James, in quel
momento tra le
strade di Boston a fare chissà cosa. Ma in verità
non mi interessava saperlo,
non con il biondo accanto a me. Stavo affogando dolcemente in un oceano
di
caramello. Cos'avrei potuto volere di meglio? Proprio niente.
Sorrisi ammaliata dal suo sguardo.
-With you, shawty with you... With you,
shawty with you... With
you,
under the mistletoe…- le nostre voci si
unirono in un'unica melodia.
Non mi ero mai sentita
così libera e leggera come in quel
momento. Cantare con Justin era un'emozione unica. I nostri occhi non
smisero
un secondo di scrutarsi a fondo.
Presa da quel momento, interruppi
bruscamente la melodia e
appoggiai il braccio sul tessuto del divano. Il silenzio avvolse i
nostri corpi
come una soffice coperta, escludendo tutto il resto. Justin
inumidì con la
lingua le sue labbra rosee. Subito dopo afferrai il mio labbro
inferiore con i
denti.
Era come se fossimo in attesa, ma di
cosa? Forse l'avremmo
capito seguendo l'istinto. In quel momento l'unica mio desiderio era
quello di
conoscere il sapore, il calore e la morbidezza delle sue labbra. Era
forse un
indizio?
Cercai con i miei occhi i suoi
nocciola, ma non si persero
come al solito in quel colore caldo e confortante. Le sue palpebre
erano
semichiuse, impedendomi la vista di quelle iridi. Il suo sguardo era
infatti
posato sulla mia bocca. Istintivamente i miei denti strinsero
nuovamente il mio
labbro inferiore e lui alzò di scatto lo sguardo verso i
miei pozzi verdi.
Sembrava quasi che il tempo si fosse
fermato.
Dei leggeri colpi di tosse ci
riportarono alla realtà,
distruggendo in un attimo quell'atmosfera. Justin guardò
immediatamente fisso
di fronte a sé, mentre io abbassai lo sguardo sulle corde
della mia chitarra arrossendo.
Quello strano silenzio, che aveva in precedenza regnato nella stanza,
fu
sostituito da uno molto imbarazzante.
Nicole mi fissò carica
d'odio.
Il braccio del biondo era ancora
appoggiato al mio corpo e
Justin non sembrava intenzionato a toglierlo da quella posizione.
Ricominciai a muovere le dita sullo
strumento come se non
fosse mai successo niente.
Così ripresero le prove e
finalmente Nicole riuscì a rendere
la nota meno acuta, ma rimaneva comunque troppo diversa da come me
l'ero
immaginata io durante la composizione.
Suonando, mi persi nuovamente tra
tutti i miei pensieri
confusi nella mia mente.
Pensai ad Alex.
La bionda non era ancora riuscita a
chiarire con Luke.
Perché non le era stato possibile vivere serenamente la sua
tanto attesa storia
d'amore? Perché si era dovuto complicare tutto? Era del
tutto ingiusto. Anche
lei meritava di avere accanto una persona che l'amasse, no?
Inevitabilmente pensai a James. Forse
però tutto il mio
passato aveva un senso. Probabilmente se i genitori del moro non mi
avessero
impedito di restargli vicino, io non avrei mai pensato di
suonare la mia
chitarra di fronte a quel bar. Di fronte al bar dove Justin
lavorava. Non
avrei mai incontrato il biondo dagli occhi nocciola.
Sgranai gli occhi.
Era stato tutto un bene? L'incidente,
i mesi passati a
piangere, le notti regnate dagli incubi, la mia sofferenza immensa?
Quello evidentemente era stato il
prezzo da pagare per
incontrare Justin, per far sì che entrasse nella mia vita,
nel mio cuore.
Avrei mai accettato di sopportare
nuovamente tutto quello,
sapendo che alla fine di quel tunnel buio, freddo e silenzioso avrei
trovato la
luce splendente degli occhi di Justin, il suo calore estremamente
piacevole e
la sua voce incantevole? Sicuramente sì.
Se fossi tornata indietro nel tempo a
quel 30 Novembre,
avrei usato lo stesso tono acido con il biondo. Ero sicura che lui si
fosse
incuriosito per il mio brutto carattere e avesse voluto scoprire cosa
mi
portasse a essere così sgarbata.
Sorrisi.
Lui non se n'era mai andato. Aveva
cercato di capire a fondo
il mio comportamento e gli ero veramente grata per quello.
Mi sentii per l'ennesima volta in
colpa.
Non riuscivo a capire come mai James
non fosse tornato a Los
Angeles, una volta finiti i suoi giorni da passare in ospedale. Potevo
capire
che magari non provasse più quei sentimenti profondi e veri
che ci avevano
legati l'anno prima, ma come poteva rifiutare anche una semplice
amicizia?
Forse era successo qualcosa. Forse il mio compito era quello di andare
di
persona da lui fino a Boston e chiarire.
E invece io cosa stavo facendo? Mi
stavo affezionando alla
persona più tenera e dolce che avessi mai conosciuto. No,
stavo iniziando
proprio ad amarla.
Nessuno dovrebbe sentirsi colpevole
per ciò che prova il suo
cuore. È qualcosa che non può essere deciso.
Eppure il mio cuore veniva
divorato dai sensi di colpa al pensiero del moro su una barella di
un'ambulanza. Come se tutto quello fosse successo a causa mia. E forse
era
proprio così. In fondo se io gli avessi permesso di baciarmi
sotto quel ramo di
vischio, lui non sarebbe stato investito. Non sarei mai stata stretta
dalle
braccia calde di Justin. Braccia che in quel momento avvolgevano ancora
il mio
corpo bianco e freddo. Tutto era dipeso da un bacio. Un bacio che non
avevo
ancora ricevuto. Ma l'avrei mai ricevuto? E soprattutto, da chi?
-Emma!- gridò il biondo
scuotendomi leggermente. Sobbalzai e
fermai immediatamente lo scorrimento delle mie dita sulle corde per lo
spavento.
Lo guardai confusa sentendo il
battito del mio cuore
velocizzare alla vista dei suoi occhi.
-Abbiamo finito con l'ultima strofa
da molti minuti.
Pensavamo avresti detto qualcosa, invece hai iniziato a suonare la
melodia come
la prima volta al centro commerciale- disse preoccupato -A cosa stavi
pensando?- chiese curioso e agitato al tempo stesso.
Strano.
Quel pomeriggio i miei ricordi legati
a James mi avevano
spinta a suonare quella melodia con tristezza e malinconia. Mentre in
quel
momento, proprio il pensiero di un passato completamente diverso mi ci
aveva
portata. Com'era possibile tutto ciò?
Ovviamente non fu difficile
comprenderlo, ma preferii non
rivelare al biondo tutta la mia confusione mentale.
Cercai velocemente una risposta
convincente -Ehm... No, è
che...- deglutii -Vedi, Alex e Luke hanno litigato ed erano
così carini
insieme... Insomma, mi dispiace vederli tristi e distanti- conclusi.
Beh, non era del tutto un'invenzione,
ma quello non era
proprio ciò a cui stavo pensando durante le note suonate
dalle mie dita.
Spalancò gli occhi -Cosa?
Luke non mi ha detto niente...-
disse. Fortunatamente aveva creduto alla mia risposta.
-Beh, forse non voleva farti
preoccupare- ipotizzai
fissandomi le unghie.
-Comunque dobbiamo farli tornare
insieme... Magari tu potresti
invitare al concerto Alex e io Luke. Poi lì cercheremo un
modo per farli
incontrare, che ne dici?- chiese entusiasmato dal suo piano.
Sorrisi -Certo- confermai.
-A proposito del concerto...- disse
il biondo attirando la
nostra attenzione -A quanto pare gli organizzatori dell'evento hanno
deciso di
tenere la nostra canzone per chiudere la serata- annunciò.
-Wow, è fantastico!
È la parte più importante del concerto!-
esclamai emozionata.
Lui annuì sorridendo.
-Pensando alla canzone mi
è venuta in mente un'idea, Justin-
dichiarò Nicole escludendomi dalla conversazione.
Lo sguardo del biondo, dapprima sui
miei occhi, si spostò
lentamente per finire sulla mora.
-Dimmi- disse con un sorriso lieve,
non uno dei soliti
allegri e brillanti.
-Sono sicura che ti
piacerà da impazzire...- cercò di
tenerlo sulle spine.
Ma lui rimase indifferente alle sue
parole.
Appoggiai la chitarra sul tappeto e
mi alzai dal divano.
Sapevo che ciò che Nicole avrebbe detto non mi sarebbe
piaciuto. Sentii il
braccio di Justin scivolare sulla mia schiena e la sua mano afferrare
la mia
per trattenermi. Cercò un contatto visivo con il mio viso e
mi guardò curioso.
Sorrisi forzatamente e lasciai la sua mano per inserire la mia chitarra
beige
nella custodia. Ormai le prove erano terminate e sarei tornata a casa.
Misi in
spalla il mio amato strumento e aspettai le parole della mora.
-Una volta finita la canzone potremmo
baciarci, non è
un'idea geniale?- chiese lasciando a bocca aperta il biondo.
Io rimasi impassibile, ma dentro
sentii un dolore all'altezza
del cuore. In fondo avrei dovuto immaginarlo. Lei era attratta da
Justin.
C'erano anche molte possibilità che lui fosse innamorato di
Nicole, quindi non
avrebbe avuto problemi ad accettare.
Iniziai a tremare, attendendo la
risposta del biondo dagli
occhi nocciola. Occhi che in quel momento mi sembrarono persi nel
vuoto.
Alzò lo sguardo verso di
me, ma subito dopo tornò a guardare
il pavimento -Io... Io non...- balbettò.
Nicole inarcò un
sopracciglio e mi fissò -Tu cosa ne pensi,
Emma?- chiese inclinando leggermente la testa.
Sentii addosso gli occhi di Justin.
Mi chiesi perché non
avesse risposto. Forse aveva capito i miei incomprensibili sentimenti
verso di
lui e aveva preferito non farmi soffrire? In realtà nemmeno
io ero convinta di
cosa provassi nei suoi confronti, come poteva saperlo lui?
Mi sentii sciocca.
La rabbia invase il mio corpo in
contemporanea alla
confusione. I miei pensieri si affollarono nella mia mente impedendomi
di
ragionare.
Nicole era in attesa della mia
risposta.
Sistemai meglio la chitarra sulla mia
schiena, poi inumidii
le mie labbra. -Oh beh, devo farti i complimenti: è un'idea
veramente
fantastica... In sintonia con la canzone soprattutto- risposi cercando
di
nascondere l'ironia. Guardai Justin che mi fissava con gli occhi
sgranati
-Tanto per te non ci saranno problemi, giusto?- continuai velenosa.
Cosa mi stava succedendo? Il biondo
non si meritava questo
mio trattamento.
Nicole sorrise soddisfatta.
Ero stata talmente stupida e
impulsiva da darle la
soddisfazione di vedermi irritata per le sue parole. Ma ormai non avrei
potuto
fare niente per tornare indietro e rimediare al mio errore.
Notai il tremolio del labbro
inferiore del biondo.
Le nostre iridi si scontrarono.
Chiusi le palpebre e respirai
profondamente. Di lì a poco
sarei scoppiata a piangere, delusa da me stessa.
-Ora scusate, ma devo andare- salutai
tornando di fretta
all'ingresso della casa.
-Emma!- gridò il biondo,
ma ero già uscita.
Arrivai a casa mia stremata e con il
fiatone.
Entrai frettolosamente e salutai i
miei genitori per poi
salire in camera mia. Chiusi la porta e mi appoggiai a essa. Sospirai.
Serrai
le labbra in una riga sottile e riuscii a sentire con la lingua un
sapore caldo
e salato.
Lacrime.
Lacrime di tristezza al pensiero che
lui avrebbe baciato
Nicole.
Lacrime di rabbia perché
lei aveva avuto ciò che desiderava.
Lacrime di delusione
perché ero stata capace di trattare in
quel modo orribile una persona così dolce e comprensiva.
Lacrime di paura al pensiero che lui
potesse essersi
arrabbiato con me.
Lacrime di confusione. Confusione
perché non riuscivo a
sostenere tutte quelle emozioni, ma soprattutto ero confusa da tutti
quei
sentimenti.
Ancora per me era difficile ammettere
di essermi innamorata
di lui. Magari mi sentivo attratta da Justin solo per la distanza di
James, che
avevo amato così intensamente in quei mesi. Forse con lui
avevo semplicemente
trovato una persona che riempisse quella mancanza di affetto provocata
dall'assenza del moro e sarebbe stato un grande errore confondere tutto
ciò con
l'amore.
Scivolai fino a sedermi sul pavimento
e avvicinai le
ginocchia al petto.
Appoggiai le mani sul mio viso e mi
sfogai.
Piansi fino a pensare che non avrei
mai più avuto in futuro
lacrime da versare.
Ciao
^.^
Ecco
un nuovo capitolo…
Nonostante
Emma abbia capito di provare qualcosa per Justin, ancora non riesce ad
ammettere di amarlo…
Ringrazio
chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e chi ha
recensito…
Un
abbraccio ovviamente coccoloso,
Morena
|
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Capitolo 17 *** Disegnare il Paradiso ***
Sbattei lentamente le palpebre.
Guardai il soffitto bianco e mi girai
su un fianco per
riaddormentarmi.
Il mio stomaco brontolò e
mi ricordai di non aver mangiato
la sera prima. Avevo passato tutto il tempo a piangere e disegnare
qualsiasi
cosa mi venisse in mente. Disegnare era come suonare per me. Adoravo
fare
entrambe le cose.
Presi un respiro profondo e chiusi
nuovamente gli occhi.
Fortunatamente avrei potuto dormire fino a tardi quel giorno. Ormai le
scuole
erano chiuse per le vacanze natalizie.
Quel pensiero mi fece ricordare il
concerto e di conseguenza
Justin.
Era arrabbiato con me, dopo come
l'avevo trattato il
pomeriggio prima? Sperai che non lo fosse.
Magari me lo sarei anche meritata, ma
non avrei mai potuto
sopportare quell'idea.
Riuscii con molta
difficoltà a tenere gli occhi socchiusi.
La stanchezza prese il possesso del mio corpo e mi addormentai.
Una pressione morbida e calda
sfiorò la mia tempia, per poi
proseguire lungo il mio zigomo e soffermarsi qualche secondo sotto le
mie
ciglia nere e lunghe.
Lentamente mi voltai dall'altro lato
del letto, ancora
addormentata. Per qualche minuto non avvertii più quel tocco
delicato sul mio
viso, così pensai di essermi immaginata tutto.
Un respiro caldo inondò il
mio viso e, quando sentii delle
carezze vicino al mio orecchio, i brividi percorsero la mia schiena
bianca.
Mugugnai qualcosa di incomprensibile
e ripresi la posizione
precedente, sul fianco destro.
Un profumo dolce e fresco avvolse il
mio corpo e mi aiutò a
sprofondare nuovamente nel mondo dei sogni.
La luce splendente del sole
penetrò nella stanza passando
dalla finestra accanto al mio letto.
Aprii con calma le palpebre e
sbadigliai. Rimanendo con la
testa sul cuscino, allungai le mie braccia per stiracchiarmi, ma andai
a
sbattere contro qualcosa di caldo e morbido.
In seguito un lamento di dolore
risuonò nella mia camera.
Velocemente volsi lo sguardo alla mia sinistra
e non riuscii a trattenere un sorriso quando lo vidi.
Justin era lì, sdraiato
accanto a me, con una mano a
tastarsi il naso. I suoi capelli biondi erano più spettinati
del solito e le
palpebre socchiuse non mi permisero di affogare in quella cascata color
caramello.
-Scusa...- sussurrai dispiaciuta.
Justin spostò le mani dal
suo viso e mi avvicinò al suo
corpo caldo. Impresse un bacio sulla mia guancia e sorrise senza
allontanare le
labbra dal mio viso. Quel contatto mi fece rabbrividire, ma cercai di
non farlo
capire al biondo.
-Da quanto sei qui?- chiesi in tono
neutro.
-Un'ora, più o meno-
rispose appoggiando la mia testa sulla
sua spalla.
-E...- iniziai, ma mi bloccai subito
non sapendo come
continuare la frase. Avevo paura di sbagliare le parole.
Mi guardò curioso.
Abbassai lo sguardo tristemente.
Era arrivato il momento di fargli
quella domanda.
-Sei arrabbiato con me?- chiesi con
gli occhi lucidi e la
voce tremante.
Lui sgranò gli occhi,
evidentemente sorpreso. Aprì la bocca
come per parlare, ma lo anticipai.
-Ieri non mi sarei dovuta comportare
in quel modo, ho paura
che tu ti sia offeso e probabilmente avresti pure ragione a farlo. Non
voglio
perdere la tua amicizia, è una delle cose più
importanti nella mia vita, e il
solo pensiero di non averti più vicino...- senza fiatare mi
strinse con enorme
affetto al suo corpo.
Fu l'abbraccio più bello e
sincero di tutta la mia vita. Le
nostre braccia si avvolsero intorno al corpo dell'altro fino a
diventare quasi
una cosa sola.
Non più Emma e Justin.
Eravamo noi. Nessuno sarebbe riuscito
a distinguere l'uno dall'altra, talmente eravamo vicini.
Con delicatezza avvicinai le gambe
fino a quando si
trovarono tra i nostri petti. Justin riuscì così
a stringermi maggiormente e
fui invasa da tutto il suo calore piacevole. Affondai il viso
nell'incavo del
suo collo caldo e sospirai.
Sembrava quasi che entrambi non
volessimo avere un solo centimetro
di distanza.
-Non ti lascerò mai, Emma.
Io temevo anzi di aver fatto
qualcosa di sbagliato e, appena mi sono svegliato questa mattina, mi
sono
precipitato qui da te per farmi perdonare- rispose accarezzandomi la
testa.
Sorrisi per le sue parole e scossi la
testa per fargli
capire di non preoccuparsi.
Chiusi i miei occhi verdi. Appoggiai
le labbra sulla sua
clavicola e lasciai dei morbidi baci molto lentamente fino ad arrivare
al suo
mento.
Il suo respiro si
appesantì. Successivamente lo sentii
deglutire.
Pensando di averlo infastidito con le
mie labbra, appoggiai
le mani sul materasso per potermi alzare, ma Justin mi
riavvicinò prontamente
al suo corpo.
Sorrisi lievemente imbarazzata.
Con delicatezza appoggiò
nuovamente la mia testa sul suo
collo e spostò una ciocca di capelli castani dietro il mio
orecchio,
accarezzando con il pollice la mia guancia.
Quello era il paradiso. Il suo
profumo inebriante, il calore
della sua pelle liscia, i suoi capelli morbidi e le sue braccia
possenti e
muscolose.
Se qualcuno mi avesse chiesto di
rappresentare come io mi immaginassi
il paradiso, non avrei esitato a disegnare il suo ritratto.
Il ritratto di Justin Drew Bieber.
Avrei fatto scorrere il pennello
intinto nella tempera beige
al di sopra del viso, disegnato precedentemente a matita, con la stessa
infinita dolcezza con cui avrei accarezzato i suoi ciuffi color grano.
Avrei perso ore a cercare di
disegnare degli occhi anche
solo lontanamente simili ai suoi color nocciola, naturalmente senza
concludere
niente.
Avrei provato a miscelare varie
tonalità di rosa fino a trovare
quella unica delle sue labbra a forma di cuoricino.
Avrei tentato all'infinito, ma in
fondo chi sarebbe mai
riuscito a disegnare il paradiso? Nessuno.
È qualcosa di impossibile.
Il paradiso è così perfetto da
essere unico e irripetibile.
Con le mie labbra ripresi il percorso
del suo collo a occhi
chiusi.
Non mi accorsi nemmeno di essere
arrivata proprio sulla
fossetta sotto il suo labbro inferiore. Trattenni il respiro e notai
che
deglutì un'altra volta. Pensai che forse a lui non facesse
piacere quella
vicinanza, ma allora come mai le sue braccia spinsero il mio corpo fino
a far
combaciare i nostri petti?
Il battito del mio cuore
aumentò con lo stesso ritmo del
suo.
Alzai in fretta gli occhi fino a
farli scontrare con i suoi.
Subito dopo abbassai lo sguardo verso le nostre labbra così
vicine.
Lo baciai sfiorando lievemente il
contorno del suo labbro
inferiore e morsi delicatamente la fossetta, affondandovi i denti.
Sorridemmo contemporaneamente.
-Cosa facciamo oggi?- chiesi allegra.
-Ti piacerebbe fare l'albero di
Natale con me, Jaxon e
Jazzy?- rispose lui baciando la mia guancia.
Risi quando sfregò il naso
contro il mio collo facendomi il
solletico.
-Certo che mi piacerebbe- accettai
per poi alzarmi in piedi
e controllare l'orario.
10.27
Sbadigliai e distrattamente aprii
l'armadio. Rimasi a
osservare per qualche minuto, fino a quando le braccia muscolose e
calde di
Justin cinsero il mio corpo da dietro. Appoggiò la testa
sulla mia spalla e io
sorrisi.
-Posso aiutarti?- chiese stringendomi
maggiormente. Annuii.
Tenendomi vicina a lui,
allungò le braccia verso l'interno
dell'armadio e ne tirò fuori un paio di jeans chiari e un
maglioncino molto
largo sulle sfumature del verde.
-Così il colore dei tuoi
occhi sarà più evidente- sussurrò.
Ripensai a quel venerdì
passato a cercare i regali di
Natale. Quel venerdì in cui mi aveva detto la stessa cosa
per una sciarpa che
stavo provando. Ci eravamo divertiti tanto, almeno prima che arrivasse
Nicole a
interrompere le nostre risate.
Mi incupii e Justin se ne accorse.
-Che ti succede?- chiese preoccupato.
Mi risvegliai dai miei pensieri e
scossi la testa, come per
cacciarli dalla mia mente.
-Ehm... Niente- risposi di fretta e
bruscamente.
Afferrai i vestiti ed entrai nel mio
bagno per poi chiudere
la porta.
Non avrei potuto continuare in quel
modo. Lui non meritava
assolutamente questi miei sbalzi di umore.
Infilai i vestiti che Justin aveva
scelto e uscii dal bagno
dopo aver spazzolato i miei capelli castani.
Lo trovai seduto sul letto, con la
testa tra le mani. Toccava
ripetutamente il suo ciuffo color grano, come se fosse frustrato.
Mi morsi il labbro inferiore e lo
raggiunsi. Abbracciai il
suo corpo perennemente caldo e impressi dei baci sul suo viso fino a
quando si
rilassò.
-Andiamo?- chiesi impaziente di
rivedere i suoi fratelli.
Lui mi guardò negli occhi. Notai sul suo viso la confusione
dovuta ai miei
strani comportamenti. Baciai nuovamente la sua guancia e lo presi per
mano.
-Sto uscendo con Justin!- gridai
lungo le scale per farmi
sentire dai miei genitori.
Dalla porta della sala
sbucò la testa bionda di mia madre
Kate.
-Non fai colazione? Già
ieri sera non hai cenato...- disse pensierosa.
Il biondo si irrigidì al
mio fianco.
Sorrisi -No. Tanto sono quasi le
undici, è tardi per la
colazione- spiegai.
-Va bene, ci vediamo dopo tesoro.
Ciao Justin- salutò
sorridendo nella nostra direzione.
Lui alzò la mano come per
salutare -Buona giornata signora
Kate- disse cordiale.
-Ciao mamma- risposi -Ciao
papà!- alzai il tono do voce
affinché mi sentisse.
-Ciao ragazzi- sentii uscendo dal
portone.
Le nostre mani intrecciate si
scaldarono a vicenda in quel
gelo invernale.
-Come mai non hai mangiato?- chiese
in un sussurro.
-Non ho fame quando sono nervosa. E
poi la mattina mangio
raramente- spiegai.
Con quella frase ammisi di essere
stata nervosa la sera
prima. Si sarebbe preoccupato di sicuro.
Mi morsi la lingua come per evitare
che dalla mia bocca
uscissero altre parole compromettenti.
Riuscii a vedere la confusione nei
suoi occhi nocciola.
-Perché lo eri ieri sera?
È colpa mia?- chiese tristemente.
Sgranai gli occhi -Cosa?! No, Justin,
assolutamente no!-
dissi sentendo il mio battito cardiaco aumentare. Presi il mio labbro
inferiore
tra i denti -Tu non... Non hai fatto niente di sbagliato. Sono agitata
per il
concerto, per Alex e Luke e cose di questo tipo. Tu, anzi, riesci a
farmi
sentire meglio- dissi balbettando ogni tanto.
In fondo ciò che avevo
detto non era del tutto inventato.
Ero veramente preoccupata per tutto quello, ma il vero motivo dei miei
comportamenti era Nicole. Il pensiero che quelle labbra soffici
sfiorassero quelle
della mora mi distruggeva. Ripensai a quel bacio sul mio letto. Le mie
labbra
avevano sfiorato lievemente le sue, ma non si erano toccate. I miei
denti
avevano morso quella fossetta appena visibile sotto la sua bocca
morbida.
Arrossii violentemente, come se
quella fosse una reazione
ritardata alle mie azioni.
Justin mise un braccio intorno alle
mie spalle e con l'altro
cercò il suo telefono nella tasca dei jeans. -Non devi
preoccuparti, andrà tutto
bene- disse per confortarmi.
Annuii lievemente.
Abbassai lo sguardo verso le mie
scarpe consumate.
Non sarebbe andato tutto bene. Magari
saremmo riusciti a far
riappacificare Alex e Luke. Magari al concerto avrebbe cantato
divinamente. Ma
Nicole sarebbe comunque rimasta a minacciare il nostro rapporto. Lei mi
intimoriva, nonostante l'amicizia tra me e il biondo fosse
così forte e
sincera.
Affondai i piedi nella neve,
guardando poi di sfuggita le
impronte.
Un flash mi riscosse dai miei
pensieri.
Guardai Justin e lo vidi sorridere
con il suo Iphone davanti
al viso.
-Scusa, ma eri troppo tenera- disse
dandomi un bacio sulla
guancia.
Approfittai di quella vicinanza per
prendere il suo
cellulare.
Poi iniziai a scattare delle foto
alle sue espressioni.
Dapprima confuso, poi offeso e per finire sorridente.
Io mi morsi il labbro inferiore per
poi scoppiare a ridere.
Sembrava un bambino. Era allegro e spensierato.
-Tu invece sei troppo buffo- dissi
facendo la linguaccia.
Riprese il suo telefono e io iniziai
a camminare con passo
svelto, ma lui mi afferrò la mano e mi tirò verso
il suo corpo.
Mi abbracciò, mentre io
appoggiai la testa sulla sua spalla.
Posizionò l'Iphone davanti a noi e scattò una
foto.
-Questo è il mio nuovo
sfondo- affermò dopo averla
osservata.
Riuscii a vederla di sfuggita e mi
accorsi che durante lo scatto
aveva affondato la testa tra i miei capelli castani, mostrando il suo
profilo
perfetto.
Dopo qualche minuto arrivammo a casa
sua. All'ingresso
sentii delle voci allegre: Jaxon e Jazzy.
Sorrisi involontariamente. Era da
tanto che non li vedevo.
Da quando avevo scoperto dove lavorasse il biondo dagli occhi nocciola.
-Ciao Emma!- mi salutarono non appena
varcai la soglia del
salotto.
Vicino al camino era stato sistemato
un abete non troppo
grande, pronto per essere addobbato.
-Ciao ragazzi- risposi allegra.
Quando si avvicinarono, li vidi uno
di fianco all'altro.
Erano stupendi tutti e tre.
Jazzy doveva avere all'incirca
quindici anni. Il suo fisico
snello e slanciato aveva di sicuro fatto impazzire molti ragazzi, ma i
suoi
occhi nocciola erano a dir poco meravigliosi.
Jaxon era un bambino sui cinque anni.
I capelli color
sabbia, gli occhi più scuri rispetto a quelli dei suoi
fratelli e due deliziose
fossette sulla guancia destra spuntavano durante i suoi sorrisi.
Il mio sguardo si soffermò
sul più grande fra i tre.
Come poteva essere così
bello? Ancora non mi ero abituata a
tutto quello splendore.
-Iniziamo a fare l'albero?- chiese
Justin sorridendo. Mi
ricordai di quanto lui amasse il Natale. Addobbare l'albero e fare la
lettera
dei regali con Jaxon.
Mi sentii di troppo. Ma in fondo lui
mi aveva invitata,
quindi forse davvero voleva condividere tutte quelle meravigliose
esperienze
anche con me.
-Sì!- gridarono in coro
per poi battere le mani.
Jazzy mi prese per mano e mi fece
sedere su uno dei due
divani.
La guardai curiosa e lei mi sorrise
rassicurante.
-Lasciamo quel lavoro ai due bambini-
disse alzando la voce
sull'ultima parola per farsi sentire.
Il biondo rispose con una linguaccia
e io risi. Mi sentivo
completamente a mio agio con quella famiglia.
-Intanto i due bambini faranno un
capolavoro- disse
altezzoso.
Lei alzò gli occhi al
cielo e sbuffò -So già che più tardi
io e Emma dovremo rimediare al tuo disastro- agitò la mano
come per porre fine
a quel discorso.
-Comunque, posso chiederti un
consiglio?- sussurrò
guardandomi negli occhi.
Annuii -Dimmi tutto- risposi.
-Devi aiutarmi a trovare un regalo
per Justin. Sono sicura
che nessuno possa darmi delle idee migliori delle tue e ci tengo a
regalargli
qualcosa di bello- spiegò.
Sorrisi.
Il pensiero di conoscere
così bene il biondo mi provocò una
piacevole sensazione allo stomaco.
La presi per mano.
-Dove andate?- chiese Justin curioso.
-A fare compere- risposi
semplicemente.
Jazzy mi abbracciò -Grazie
Emma- disse sorridendo.
Eccomiiii!!!
Allora,
innanzitutto il bacio sul letto non era il primo vero bacio tra i due,
ma un
bacio tra amici… non proprio amici, ma penso abbiate capito
cosa intendo…
Avevo
detto che ci sarebbe stato il concerto in questo capitolo, ed
effettivamente
inizialmente c’era, ma ho dovuto tagliarlo perché
altrimenti il capitolo
sarebbe risultato troppo lungo…
Ringrazio
chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e chi ha
recensito…
Ho
iniziato anche una nuova fan fiction, si chiama Guardian
angel…
Ah,
un’ultima cosa: vi consiglio una storia http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1845949&i=1
Un
abbraccio very coccoloso,
Morena
|
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Capitolo 18 *** Nessun dubbio, nessuna esitazione ***
Mi guardai intorno in cerca di Alex.
Ci eravamo date appuntamento davanti
al chiosco appena fuori
dal parco.
Poi in qualche modo avrei dovuto far
sì che incontrasse
Luke.
Justin non avrebbe potuto avere
un'idea peggiore. Insomma,
una volta fatto ciò, cosa si sarebbero detti? Magari il loro
rapporto sarebbe
solo peggiorato.
Sospirai pensierosa e sistemai meglio
la chitarra sulla mia
spalla.
Per passare il tempo afferrai una
ciocca dei miei capelli
castani che era sfuggita da quelle che avevo legato morbidamente dietro
la mia
testa con delle forcine.
Alla fine non li avevo tagliati,
probabilmente per Justin.
Sorrisi al pensiero di averli lasciati così lunghi solo
perché piacevano al
biondo.
Mi rigirai un paio di volte la ciocca
tra le dita e
successivamente la sistemai dietro l'orecchio.
Alzando di sfuggita lo sguardo
intravidi la chioma bionda
della mia migliore amica.
-Arriverai mai in orario?- chiesi
ironica.
Lei mi fece la linguaccia e mi
mostrò un sacchetto di carta
blu.
-Dovevo finire di impacchettare i
regali- spiegò con il
respiro affannato.
Risi -E anche in questo arrivi in
ritardo- dissi alzando il
sacchetto giallo che portavo in mano -Io ci ho pensato più
di una settimana fa-
dissi soddisfatta.
-Non sono io in ritardo, sei tu ad
essere esageratamente in
anticipo per ogni cosa- ribatté.
Alzai gli occhi al cielo e la presi
per mano.
Ora avrei solo dovuto trovare Luke. E
un modo per farli
tornare insieme.
Ci avviammo lungo il sentiero
all'interno del parco.
Tantissime persone passeggiavano
allegre, scambiandosi gli
auguri di buone feste a vicenda. Di sicuro stavano tutte aspettando
l'inizio
del concerto.
Deglutii.
Sarebbe riuscito Justin a cantare di
fronte a tutta quella
gente? Sembrava quasi che tutta Los Angeles si fosse riunita la vigilia
di
Natale per assistere al concerto.
Quando avvistai una struttura di
legno scuro, il mio battito
cardiaco aumentò notevolmente.
Era stupenda. Milioni di lucine
addobbavano le travi
illuminando tutto intorno. E quello era solo l'esterno. Di sicuro il
palco
situato all'interno mi avrebbe lasciato senza fiato.
I cittadini chiacchieravano
allegramente. Riconobbi anche
alcuni compagni di scuola, ma io ne stavo cercando uno in particolare:
capelli
e occhi color cioccolato, con alcune lentiggini sparse sul viso.
Vagai con lo sguardo fino a posarlo
su una figura alta e
abbastanza muscolosa. Luke.
-Ehm... ti andrebbe di avvicinarci a
quel Babbo Natale di
polistirolo? Così mi potresti fare una foto con lui...-
chiesi sentendomi
ridicola per le parole pronunciate.
Mi morsi la lingua con forza e
sorrisi ingenuamente.
Lei mi guardò con
un'espressione indecifrabile.
-Stai scherzando spero- disse
ridacchiando. Io rimasi seria
e lei sgranò gli occhi -Perché dovresti farti una
foto con quel pupazzo?-
chiese curiosa e stupita.
-Non fare domande, ti prego- dissi
esasperata trascinandola
verso Luke.
Non si era ancora accorta di nulla. Neppure il ragazzo
sembrò rendersi conto
della nostra presenza. Continuava a guardarsi intorno in cerca di
qualche
conoscente con cui passare la serata.
Quando i suoi occhi scuri
incontrarono quelli blu di Alex,
spalancò gli occhi e io sentii la mia migliore amica
immobilizzarsi a quella
vista.
-Andiamo via, Emma- disse fredda. Si
voltò pronta a tornare
sui suoi passi, ma io rapidamente l'afferrai per la vita.
-No, no, no- dissi riportandola sul
punto di prima.
Luke guardava la scena tristemente ed
io compresi che in
fondo voleva veramente tanto bene ad Alex.
Si guardarono intensamente negli
occhi, fino a quando lui
abbassò lo sguardo verso le sue scarpe.
-Perché dovrei stare qui?-
chiese con voce tremante -Lui...-
lasciò la frase in sospeso. Passarono alcuni istanti di
silenzio.
Poi nell'aria si liberò
una dolce melodia natalizia. Il
concerto era ufficialmente iniziato.
Guardai velocemente verso la
struttura e notai che ormai
quasi tutti erano entrati per godersi la musica. Quei due si stavano
rovinando
la sera della vigilia. Avrei dovuto fare immediatamente qualcosa per
rimediare
finché possibile e fargli passare una bella e spensierata
serata.
-Ascoltami, Alex- iniziai attirando
l'attenzione dei due
-Quando ho saputo ciò che lui ti aveva detto, avrei voluto
stritolarlo con le
mie stesse mani, ma sai perché non l'ho fatto?- chiesi
facendo una pausa.
-Perché la giustizia
americana ti avrebbe rinchiusa in
prigione?- sdrammatizzò lei asciugandosi una lacrima e
facendo sorridere Luke.
Risi -Quello è stato
determinante effettivamente, ma no-
sorrisi accarezzando la sua guancia morbida -Perché so che
lui può farti
sorridere e io amo il tuo sorriso. Quindi adesso vedete di
risolvere tutto
e andiamo ad ascoltare Justin- dissi sprizzando allegria da tutti i
pori.
Luke si avvicinò
lentamente per poi stringerla tra le sue
braccia. Lei affondò la testa nell'incavo del suo collo
sorridendo.
-Quanto siete carini- dissi. Loro
sciolsero l'abbraccio
rimanendo comunque vicini -Ah, un'ultima cosa- mi guardarono curiosi
-Falla
soffrire un'altra volta e giuro che me ne fregherò altamente
della giustizia
americana, chiaro?- chiesi minacciosa.
Ma loro risero contagiando pure me.
-Non lo farò- mi
rassicurò lui.
Annuii soddisfatta.
-Oh Emma, eccoti- una voce familiare
mi fece voltare verso
l'ingresso della struttura di legno.
Jazzy.
Il suo respiro affannato e la sua
espressione preoccupata mi
incuriosirono.
-Che succede Jazzy?- chiesi. Alcune
parole incomprensibili
giunsero alle mie orecchie. -Allora, respira profondamente-
così fece -Bene.
Dimmi tutto- continuai.
-Justin è andato nel
panico e non vuole cantare- spiegò
appoggiando una mano sul petto, all'altezza del cuore.
-Cosa?!- gridai. Guardai i tre
-Iniziate ad entrare- dissi
fermamente.
Senza aspettare un solo secondo di
più, mi diressi verso il
retro dell'edificio. Una volta trovato l'ingresso per i cantanti e i
musicisti
che avrebbero suonato, entrai e cercai con lo sguardo il biondo. Il
resto dei
presenti stava scaldando le corde vocali o accordando gli strumenti.
Sembravano
tutti molto eccitati all'idea di esibirsi.
Un ragazzo era seduto in un angolo
del dietro le quinte con
le ginocchia strette al petto e gli occhi coperti dalle mani. Una mora
era
inginocchiata davanti a lui. I suoi tentativi di farlo calmare
risultarono
vani.
Nicole si alzò,
arrendendosi, e si allontanò da lui.
Sospirai e mi avvicinai al biondo.
Mi sedetti incrociando le gambe e
guardai i suoi capelli
color grano. Sentii dei singhiozzi e lo stomaco mi si chiuse. Odiavo
vederlo in
quello stato. Respirai profondamente.
Justin alzò velocemente lo
sguardo -Ho detto che devi
andartene, Nicole- parlò furioso.
Appena si accorse di avere me di
fronte spalancò la bocca.
Sorrisi e lui, senza lasciarmi il
tempo di parlare, mi strinse
con le sue braccia calde. Accarezzai la sua schiena.
-Avevo bisogno di te-
mugugnò sulla mia spalla.
-Scusa, ma stavo portando a termine
il nostro piano...-
spiegai riferendomi ad Alex e Luke. Lui annuì ed io sospirai
-Che succede,
Justin?- chiesi per poi mordere nervosamente il mio labbro inferiore.
-Hai visto tutta la gente che
c'è di fronte a quel palco?-
chiese.
Presi il suo viso tra le mani e lo
allontanai gentilmente
dalla mia spalla per guardarlo negli occhi. Erano rossi e ricoperti di
lacrime.
Asciugai quelle sulle sue guance con i pollici.
-Non riuscirò a cantare e
non potrò mai realizzare il mio
sogno- disse con voce tremante e gli occhi lucidi.
-No. Non dire così- scossi
la testa -Devi credere nel tuo
sogno. Credi nel tuo talento. Credi in te stesso. Credici anche solo un
quarto
di quanto ci creda io e riuscirai a cantare su quel palco. Canterai in
tutti
gli Stati Uniti, in Canada, in Inghilterra, in Germania, in Italia,
ovunque. Tutti
ti ascolteranno se ci crederai veramente- dissi facendolo sorridere.
-Credi in me?- chiese speranzoso.
-Molto più di quanto tu
possa immaginare- dissi sincera.
Si asciugò velocemente gli
zigomi con il dorso della mano e
poi sospirò. Riuscii a percepire tutta la sua insicurezza.
Afferrai di fretta
il sacchetto giallo e rovistai all'interno. Quando trovai l'oggetto
della mia
ricerca, sorrisi soddisfatta. Lui mi guardò curioso ed io
gli porsi un piccolo
pacchetto viola chiuso da un fiocco dorato e lucido.
-Tieni- dissi dolcemente. Lui lo
afferrò lentamente. Lo
guardai sorridente, aspettando che lo aprisse. Sciolse il fiocco dorato
per poi
guardarmi e sorridere.
Nel frattempo i cantanti sul palco si
alternarono, portando
allegria nei cuori di bambini, ragazzi e adulti.
Si avvicinò al mio viso e
delicatamente sistemò il nastro
tra i miei capelli, facendolo ricadere al lato del mio viso. Poi
tornò a
guardare il pacchettino. Tolse la carta con un colpo secco e
spalancò gli occhi
guardando il bracciale.
-È bellissimo-
commentò tendendo le labbra in un sorriso.
Osservò la targhetta -Believe-
sussurrò.
Afferrai il bracciale dalle sue mani
e in pochi secondi lo
allacciai al suo polso destro.
Mi abbracciò.
-Grazie, è stupendo- mi
diede un bacio sulla guancia.
-Sono felice che ti piaccia...- mi
alzai in piedi e lo
aiutai ad alzarsi. -Ora vai lì fuori e fai vedere quanto ci
credi- dissi
incoraggiandolo.
Scoppiò a ridere, seguito
da me.
Le nostre risate attirarono
l'attenzione di Nicole.
-Bene. Tocca a noi due- disse
riservandomi un'occhiataccia.
-Noi tre, casomai. Anche Emma
sarà sul palco- la corresse
Justin leggermente stizzito.
-Sì, è la
stessa cosa- concluse provocando un flusso di
rabbia nel mio corpo.
Un applauso riempì l'aria
nell'altra stanza dopo l'ultima
nota della canzone del cantante precedente.
-Bene, ora procediamo con gli ultimi
a esibirsi con un brano
scritto da Emma Wilson- sussultai quando il presentatore
pronunciò il mio nome
-Signore e signori, ragazze e ragazzi... Un caloroso applauso per
Justin
Bieber, Nicole Torres ed Emma Wilson- concluse allegro.
Feci un respiro profondo e, dopo aver
collegato
l'amplificatore alla mia chitarra rossa acustica e aver indossato
l'archetto
del microfono, salì sul palco subito dopo gli altri due.
La sala era stupenda. Milioni di
lucine natalizie
circondavano le travi di legno.
Guardai il soffitto e sentii
un'orribile sensazione allo
stomaco. Innumerevoli rametti di vischio erano appesi grazie a dei
nastri di
tutti i colori.
Abbassai lo sguardo sconsolata.
Mi tornò alla mente quel
terribile incidente dell'anno
prima. Scossi la testa per cacciare quei pensieri e finsi un sorriso
guardando
tutte quelle persone.
Incontrai gli occhi blu di Alex. Lei
aveva naturalmente
capito tutto.
-Mi dispiace- riuscii a capire dai
movimenti delle sue
labbra tinte di un rosso acceso.
Alzai le spalle come per farle capire
di non preoccuparsi.
Fortunatamente mi ero ricordata in tempo di avere a pochi millimetri
dalla mia
bocca un microfono, seppure abbastanza piccolo.
Io avrei dovuto semplicemente
intonare qualche parola della
canzone.
Inumidii le mie labbra, pronta a
scorrere le dita sul manico
del mio strumento per far risuonare nell'aria la canzone.
Mi sentivo molto agitata. Forse anche
perché per la prima
volta avrei suonato la melodia senza la mia fidata chitarra classica
beige. Ma,
se avessi suonato con quella, quasi nessuno avrebbe sentito le note.
Notai il nervosismo di Justin e
sperai che riuscisse a far
vedere a tutti il suo incredibile talento.
Sorrisi e dopo aver verificato che
Nicole e il biondo
fossero pronti, iniziai a suonare, cercando di espellere dal mio corpo
tutta
quella insopportabile tensione.
Funzionò: mi sentii a mio
agio già dalle prime note.
Guardai il ragazzo dagli occhi
nocciola una volta raggiunto
l'attacco della prima strofa, che avrebbe dovuto cantare lui. Attesi,
ma la sua
voce non arrivò ai miei timpani.
Finsi che tutto fosse sotto controllo
e continuai a muovere
le dita e a sorridere al pubblico, ignaro di tutto.
Justin mi guardò negli
occhi. Era completamente
terrorizzato. Avrei dovuto pensare all'istante a qualche soluzione.
Bloccai il movimento del mio polso
-Scusate- dissi
sorridente.
Guardai le chiavi delle corde. Tesi
leggermente il Sol, per
poi allentarlo nuovamente.
Alzai lo sguardo verso tutte quelle
persone e notai le loro
espressioni comprensive. Avevano creduto davvero che dovessi accordare
la
chitarra.
L'agitazione di Justin era
però ancora evidente.
Perdere quei pochi minuti di tempo
non era servito a molto.
La soluzione era solo una, purtroppo
per me. Sospirai
rassegnata e cercai il tecnico con lo sguardo. Una volta trovato gli
chiesi con
un gesto della mano di alzare il volume del mio microfono. Lo fece ed
io mi
morsi il labbro.
Non sarei stata egoista. Non avrei
pensato solo a me stessa.
Avrei aiutato una delle persone più importanti della mia
vita.
Justin.
Ricominciai incerta lo scorrere delle
dita sui tasti della
chitarra.
-It's the most beautiful time of the year. Lights fill the streets spreading so much
cheer. I should be playing in the winter snow, but I'mma be under the
mistletoe...- la mia voce risuonò nell'edificio,
sotto lo sguardo
esterrefatto di Justin, quello furioso di Nicole e quelli soddisfatti
di Alex e
Jazzy.
Era una bella sensazione pronunciare
quelle parole scritte
da me. Cercavo di trasmettere tutti i miei sentimenti. Tutti quei
ricordi che
mi portavano a chiudere gli occhi a volte e a sorridere altre. Ma
soprattutto
cercavo di convincere Justin a cantare insieme a me. Sapevo che
l'avrebbe
fatto. In fondo era ciò che lui aveva desiderato fin da
quando quel pomeriggio
al bar mi aveva mostrato il volantino rosso.
Non
mi
deluse affatto -I don't want to miss out
on the holiday, but I can't stop staring at your face. I should be
playing in
the winter snow, but I'mma be under the mistletoe...-
intonò leggermente in
imbarazzo.
I nostri occhi si incontrarono.
I miei verdi nei suoi nocciola.
I suoi nocciola nei miei verdi.
Mi sorrise ed io capii di aver fatto
la cosa giusta. Non
avrei mai avuto rimpianti. L'importante era vedere il suo sorriso e
sapere di
esserne la ragione.
-With you, shawty with you... With you, shawty with you... With you under
the mistletoe...- quando le nostre voci si unirono in
un'unica melodia,
Alex, Luke, Jazzy e Jaxon iniziarono a ballare allegri, seguiti da
tutti gli
altri.
Non avrei potuto chiedere di meglio.
Il terrore sparì
completamente dal corpo di Justin,
lasciando il posto alla sicurezza e alla determinazione.
Prese il microfono nero dall'asta e
si avvicinò a me
lentamente, sorridendomi.
-Everyone's gathering around the fire,
chestnuts roasting like a hot July. I should be chillin' with my folks,
I know,
but I'mma be under the mistletoe...- la sua voce era
stupenda.
Sembrava quella di un angelo.
Rivolse l'attenzione completamente a
me, guardandomi
intensamente. Proprio come se mi stesse dedicando quelle dolci parole.
Con la coda dell'occhio vidi i
fratelli di Justin
avvicinarsi al palco.
Jazzy
fece
scendere Nicole, che in tutto quel tempo era rimasta a fissarci.
-Word on the streets Santa's coming tonight,
reindeer's flying through the sky so high. I should be making a list, I know, but I'mma be
under the mistletoe...-
cantai rivolgendo un dolce sorriso al biondo dagli occhi nocciola, che
ricambiò
immediatamente.
Alcune coppiette si scambiarono dei
baci sotto i rametti di
vischio, promettendosi amore eterno.
Fino a qualche mese prima sarei stata
invidiosa di quelle
ragazze che avevano avuto la possibilità di baciare il
proprio ragazzo sotto il
vischio. Ma in quel momento no.
Mi sembrò quasi che tutto
intorno a me fosse sparito. Tutto
tranne Justin e la musica.
In quel preciso istante capii di
amarlo.
Nessun dubbio, nessuna esitazione.
Ne ero completamente certa e non
avrei potuto fare nulla per
evitarlo.
Il mio cuore aveva deciso
così.
-With you, shawty with you... With you,
shawty with you... With you under the mistletoe... With you, shawty
with you...
With you, shawty with you... With
you under the mistletoe...- cercai di far capire al
pubblico quanto
credessi in quelle parole.
Sarei rimasta sotto il vischio con
Justin per tutta la vita.
Non avrei giocato nella neve. Non
avrei fatto la lista dei
regali.
Stare sotto il vischio con il biondo
era meglio di tutto
ciò.
Meglio
della soffice neve. Meglio di qualsiasi regalo.
-Hey love, the Wise Men followed a star, the
way I followed my heart, and it led me to a miracle- impugnai
meglio il
manico della chitarra cantando quei versi.
-Hey love, don't you buy nothing, 'cause I am
feeling one thing- continuò lui.
-Your lips on my lips... That's a merry, merry Christmas!- Justin
appoggiò una mano sul suo petto chiudendo gli occhi.
Quando pronunciai quella frase
insieme al biondo, sentii un
calore piacevole invadere il mio corpo bianco, scaldandolo.
Una volta ripetuta la prima strofa,
cantammo la fine della
canzone.
-Kiss
me underneath the mistletoe... Show
me baby that you love me so, oh oh oh oh oh oh... Kiss
me underneath the mistletoe...
Show me baby that you love me so, oh oh oh oh oh oh...-
sfiorai le corde
un'ultima volta, prima di perdermi nei suoi occhi nocciola.
*O*
non posso crederci: ho messo il concerto!
So
che possa sembrare scontato… insomma, alla fine cantano
insieme, ma io volevo
assolutamente che fosse così, perciò…
Prometto
che la pizza ci sarà nel prossimo. Se l’avessi
messa qui, il capitolo sarebbe
diventato un romanzo, e già è il più
lungo che abbia scritto fino ad adesso…
P.S.
so che non centra niente, ma sto ascoltando a ripetizione Eenie Meenie
e sono
troppo gasata… Justin ha la voce così angelica *.*
Ringrazio
chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e chi ha
recensito…
Un
abbraccio iper-mega-maxi-super-coccoloso,
Morena
|
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Capitolo 19 *** Baciami sotto il vischio ***
-Perché alla fine hai
deciso di cantare?- mi chiese
dolcemente.
Guardando i suoi occhi capii quanto
fosse ancora emozionato.
Mi lasciai cullare dalla musica del
CD natalizio che gli
organizzatori del concerto avevano scelto per dei balli in conclusione
della
serata. Infatti, dopo di me e Justin non aveva cantato più
nessuno, ma
l'atmosfera era così piacevole che quasi tutti erano rimasti
dentro
all'edificio in legno.
-Ho capito che, se io non avessi
fatto niente per aiutarti,
tu non avresti assolutamente cantato- risposi sorridente -E poi mi
è piaciuto
tantissimo. Lo sai, tu e la musica siete tra le cose più
importanti della mia
vita- ammisi sincera.
A quelle parole strinse maggiormente
il mio corpo. Avvicinò
il viso ai miei capelli e vi lasciò un lieve bacio.
-Penso sia stata una delle esperienze
più belle della mia
vita. È stupendo pensare che tutti abbiano ballato e che gli
innamorati si
siano baciati sotto il vischio. Hai composto una canzone meravigliosa,
Emma-
disse tutto d'un fiato.
Avvampai -Beh, ma tu mi hai aiutata
tantissimo e con la tua
voce l'hai resa perfetta- dissi abbassando lo sguardo verso le nostre
scarpe.
Mise due dita sotto il mio mento e
alzò il mio viso, fino a
far scontrare i nostri occhi. Mi guardò indeciso.
-Cosa devi dirmi, Justin?- chiesi
tranquillamente.
La sua espressione cambiò
e notai lo stupore sul suo viso.
Poco dopo sorrise -Ecco, mi chiedevo
semplicemente se tu non
avresti preferito baciare... Ehm... Baciare James... Piuttosto che
cantare con
me sul palco. Non preoccuparti a dirmi la verità, non mi
offendo- disse
tristemente.
Fu lui ad abbassare lo sguardo dopo
aver dato voce ai suoi
pensieri.
Mi guardai intorno prima di
rispondere.
I miei genitori erano persi l'uno
negli occhi dell'altra,
con sguardi sognanti. Sorrisi. Da quasi un intero anno non avevano
più avuto
del tempo solo per loro due. Erano stati costretti a vedermi soffrire.
Ma
fortunatamente il mio dolore era stato rimpiazzato dalla gioia di avere
Justin
accanto e loro finalmente stavano passando una serata felicemente.
Alex e Luke si baciarono proprio nel
preciso istante in cui
il mio sguardo si posò su di loro.
-Proprio mentre stavo cantando con
te, ci ho pensato. Ho
visto molte coppie felici e per un secondo ho creduto che sarei stata
invidiosa
di loro. Ma non ho provato questo. Ti ho guardato e ho capito che in
quel
momento ero serena. Ero con te sul palco e non avrei voluto essere in
nessun
altro luogo- risposi alla sua domanda sinceramente.
Non mi importava di avergli appena
rivelato di preferire
unire la mia voce alla sua, che le mie labbra con quelle del moro sotto
un ramo
di vischio.
Sorrise alzando lo sguardo verso i
miei occhi verdi. I
nostri visi si avvicinarono senza che ce ne rendessimo conto. Il suo
respiro
tiepido e profumato invase le mie narici, arrivando fino ai polmoni.
Appoggiò
le sue mani calde sulle mie guance. Di sicuro si erano appena tinte di
rosso.
Mi morsi il labbro inferiore e lui sorrise nuovamente.
Questa volta non avrei evitato nulla.
Non mi passò nemmeno per
un istante il viso di James nella
mente.
Volevo solo Justin. Avevo voluto lui
sin dall'inizio, ma non
ero mai riuscita ad accettarlo. Il mio cuore era stato sempre invaso
dai sensi
di colpa. Ma ormai era giunta l'ora di ammettere che le labbra del
ragazzo di
fronte a me erano le uniche che volessi sfiorare. I suoi occhi erano
gli unici
in cui volessi annegare. Il suo calore era l'unico da cui mi sarei
fatta
scaldare.
Quando i nostri nasi si sfiorarono,
mi riscossi dai miei
pensieri. Sorrisi per il lieve brivido che quel contatto fece
percorrere lungo
la mia schiena.
-Vorrei che questo fosse l'inizio del
"Per
sempre", Justin- sussurrai a pochi centimetri dal suo viso.
-Non vorresti viverlo con qualcun
altro?- chiese
accarezzando il mio viso.
Scossi la testa -No- risposi
semplicemente.
-Sei sicura? Io voglio solo che tu
sia felice per il resto
della tua vita- il suo tono era malinconico.
Avrei voluto che lui capisse quanto
lo amassi. Strinsi il
suo collo tra le mie braccia delicatamente.
I nostri corpi continuarono a
oscillare a tempo con le
canzoni natalizie che riempivano l'aria di tranquillità.
Alzai di sfuggita gli occhi verso il
soffitto e sorrisi
immediatamente.
-Allora baciami, Justin. Baciami
sotto il vischio- sussurrai dolcemente quando ormai solo
pochi millimetri
ci separavano.
I suoi pollici caldi accarezzarono le
mie guance fredde.
Altri innumerevoli brividi.
I millimetri furono azzerati. Le
nostre labbra si stavano
sfiorando.
Quanto avevo aspettato quel momento?
Decisamente troppo.
Avrei cercato di godermelo pienamente.
Quando le sue labbra si adagiarono
completamente sulle mie,
capii qualcosa. Qualcosa che avevo desiderato sapere da molto tempo.
Lui era la mia anima gemella. Avevo
trovato il ragazzo con
cui avrei trascorso il mio "Per sempre". Sarei rimasta legata a lui
in eterno.
Schiusi lievemente le labbra e i
nostri respiri si
mischiarono in un unico. Il suo profumo era totalmente piacevole,
così come il
suo calore sul mio viso. Le sue labbra erano estremamente morbide e
calde, così
come avevo sempre creduto.
Accarezzai il suo collo e i suoi
capelli color grano. Vi
affondai le dita, mentre le nostre labbra iniziarono a muoversi in
sincronia.
Fu il bacio più bello della mia vita. Più del
primo che avevo dato a James un
anno prima. Ma non pensai a quello. In quel momento c'era solo Justin,
il suo
profumo e il suo sapore.
Già, avevo morso
delicatamente il suo labbro inferiore una
volta terminato il bacio ed era di un gusto dolce. Non una dolcezza
nauseante,
ma molto piacevole. Quel sapore era unico, così come tutte
le sensazioni che
avevo provato baciando il biondo dagli occhi nocciola.
Sarebbe stato troppo banale dire di
aver sentito le farfalle
nello stomaco. Mi era quasi sembrato di stare sulle montagne russe
durante i
movimenti delle nostre labbra. Quando stai per affrontare una discesa,
la più
ripida, e sei completamente terrorizzato. Ma nonostante tutto non vedi
l'ora
che la discesa inizi, per sentire quella sensazione di vuoto allo
stomaco.
Quella sensazione che all'inizio ti fa gridare, ma poi ti fa sentire
libero,
come se avessi volato, senza bisogno di ali, in alto nel cielo azzurro.
Sei
distante dal resto e puoi goderti tutte quelle emozioni.
Ecco, io sentii quel vuoto allo
stomaco e avrei tanto
desiderato che non finisse mai.
Subito dopo guardò anche
lui il soffitto.
Sorrise.
Appoggiò la sua fronte
sulla mia e le sue mani continuarono
ad accarezzarmi le guance. Mi morsi il labbro inferiore per poi
sorridere con
lui.
Qualcuno tossì di fianco a
noi. Entrambi ci voltammo,
restando vicini. Alex, Luke e Jazzy ci stavano fissando. Arrossii
all'istante,
mentre Justin cinse il mio corpo con il suo braccio. I tre iniziarono
ad
applaudire ridendo.
-Ce l'hanno fatta, signore e signori,
finalmente si sono
baciati- gridò Alex emozionata.
Alle sue parole non riuscii a
trattenere una risata.
-Comunque,- iniziò Jazzy
divertita -siete stati eccezionali
su quel palco. Avete delle voci fantastiche- concluse sorridendo.
-Già, siete stati
così... Wow, veramente wow- concordò la
mia migliore amica.
-Molti altri hanno cantato bene. Non
abbiamo fatto niente di
speciale- dissi alzando le spalle. Justin annuì, dandomi
ragione.
-No. I vostri amici stanno dicendo la
verità- la voce di un
uomo attirò la nostra attenzione.
Era sulla trentina con i capelli
corti e scuri.
-Piacere, Scooter Braun- si
presentò allungando la mano
destra verso me e Justin.
La strinsi leggermente insicura,
mentre il biondo sembrava
aver acquisito sicurezza.
-Piacere nostro. Io sono Justin
Bieber e lei è Emma Wilson-
rispose con un sorriso.
Mi guardai intorno e notai che gli
altri tre se ne erano andati,
lasciandoci soli. -Sono rimasto piacevolmente colpito dalla canzone. Il
testo e
la melodia sono perfetti. L'hai scritta tu, Emma?- chiese Scooter
guardandomi.
Sorrisi -Sì, ma senza
l'aiuto di Justin non sarei riuscita a
concludere niente- ammisi sincera. I
l biondo strinse maggiormente il mio
corpo, trasmettendomi
un piacevole calore.
-Siete un duo perfetto. All'inizio ho
capito che qualcosa
non andava. Ma poi quando hai iniziato a cantare tu- mi
indicò -Justin ha preso
coraggio e avete trovato una grande sintonia- commentò.
Sorridemmo verso l'uomo -Grazie-
dissi. Poi mi venne un
dubbio -Scusi, ma come ha fatto a capirlo?- chiesi curiosa.
-Oh, pensavo aveste capito chi sono-
disse pensieroso.
Scossi la testa, seguita da Justin.
-Sono Scooter Braun, il talent
manager. Riesco a percepire
facilmente cosa prova un cantante durante l'esibizione- concluse
lasciandoci a
bocca aperta.
Wow. Alex avrebbe detto questo.
-È un onore ricevere dei
complimenti da lei- dissi notando
che Justin era rimasto immobile, completamente stupito. Afferrai la sua
mano e
la strinsi con forza, come per cacciare i suoi pensieri.
-Vorrei avervi in squadra, ragazzi.
Non avete idea di quanti
fan potreste avere in tutto il mondo. Vi amerebbero ovunque- disse.
In quel momento sentii un'orribile
sensazione nel petto.
Quello non era il mio sogno.
Justin sognava di essere circondato
da fan emozionate in
futuro.
Io no.
Io non volevo assolutamente che il
mio amore per la musica
si trasformasse in odio. Perché sapevo che sarebbe potuto
succedere.
Sin da bambina avevo sognato di
essere circondata da una
famiglia unita una volta raggiunta la giusta età per far
sì che ciò si
avverasse. Ma, come avevo più volte rivelato al bel biondo
dagli occhi
nocciola, una carriera da cantante non me l'avrebbe permesso.
Justin avvertì il mio
nervosismo -Ehm... Grazie veramente...
Potremmo pensarci magari- si affrettò a dire.
-Certo. Tenete, questo è
il mio biglietto da visita- porse
un foglietto bianco a Justin, che lo infilò nella tasca
della sua giacca.
-Grazie ancora- disse mostrando uno
splendido sorriso.
-Di niente, ragazzi. Spero che
riusciate a prendere la
decisione giusta- sospirò -A presto- salutò.
-Arrivederci e buon Natale!-
rispondemmo io e Justin in
coro.
Appena Scooter si
allontanò da noi, il biondo mi abbracciò.
-Stai tranquilla, piccola mia- sussurrò dolcemente.
Le sue labbra sfiorarono il mio
orecchio, per poi percorrere
la mia guancia e sfiorare le mie.
Sorrisi.
Riusciva sempre a capire cosa
provassi e a calmarmi. Era
incredibile.
-Sarei felice se tu realizzassi il
tuo sogno- mormorai.
Non era una bugia, ma io desideravo
un futuro con Justin,
nonostante fosse presto per pensarci, e se lui fosse riuscito a
realizzare il
suo sogno, io non avrei di conseguenza realizzato il mio. Non sarei
comunque
mai stata egoista. Io preferivo che lui riuscisse a diventare un
cantante di
fama internazionale. Era l'unica cosa importante.
Per la seconda volta quella sera,
qualcuno ci interruppe.
-Siete stati magnifici, ragazzi!- mia
madre e mio padre
piombarono alle nostre spalle.
-Grazie- rispose Justin, grattandosi
la testa imbarazzato.
-Hai una voce stupenda, Justin-
commentò mia madre ammirata.
-Ehi, grazie tante. Sono felice di
esserti piaciuta, mamma-
dissi ironica fingendomi offesa. La mia reazione provocò la
risata spensierata
di Justin.
Mia madre ridacchiò
-Tesoro, ti sento cantare ogni giorno.
Comunque siete stati magnifici- concluse lei. Mio padre
annuì, confermando le
parole di mia mamma.
Sorrisi -Grazie- lì
guardai uno accanto all'altra.
Erano molto uniti i miei genitori, e
si supportavano a
vicenda. Mi sarebbe piaciuto avere un rapporto del genere con qualcuno.
Magari
con il ragazzo dagli occhi nocciola che in quel momento stava
stringendo la mia
mano. Non avrei voluto nessuno accanto, se non lui.
-Adesso è tardi, Emma.
Forse dovremmo tornare a casa- disse
mia madre.
Annuii lievemente.
Non volevo lasciare Justin,
nonostante l'avrei rivisto il
giorno dopo. Baciai la guancia del biondo, per poi avvicinarmi ai miei
genitori. Justin, però, afferrò la mia mano e mi
tirò verso di sé.
-Non andare via. Rimani con me-
sussurrò nel mio orecchio in
modo che solo io potessi sentire.
Milioni di brividi scossero il mio
corpo.
Avvertii gli sguardi dei miei
genitori addosso.
Le nostre labbra si sfiorarono di
nuovo.
Nessuno dei due voleva passare
un'intera notte distante
dall'altro.
-Ecco... Ehm... Emma, sappiamo quanto
hai sofferto il Natale
scorso...- iniziò mio padre attirando la nostra attenzione
-Quindi, se Justin è
d'accordo, potreste stare insieme stanotte. Ci fidiamo di lui- concluse
lasciandomi a bocca aperta.
Justin strinse il mio corpo da dietro
-Per me va benissimo-
mi diede un dolce bacio sulla guancia.
-Siete così carini-
commentò mia madre facendomi
l'occhiolino.
Avvampai e abbassai lo sguardo.
-Voi cosa farete?- chiesi cercando di
cambiare discorso,
nonostante lo sapessi bene.
Da molto tempo non riuscivano a
passare una notte
tranquilli, troppo preoccupati per me. Magari quella vigilia di Natale
sarebbe
stata la giusta occasione per fargli passare finalmente una bella
serata.
Loro si guardarono negli occhi
qualche istante.
-A domani ragazzi- ci salutarono
evitando di rispondere alla
mia domanda.
-Cambiano sempre discorso- mormorai a
Justin, che sorrise.
-Anche tu lo fai- rispose.
Beh, in fondo ogni figlio prende
delle abitudini dai propri
genitori, no?
Borbottai qualche parola
incomprensibile.
-Che ne dici di andare a casa?-
chiese.
Annuii semplicemente.
-Ok, allora andiamo a salutare gli
altri- mi prese per mano
e ci avviammo verso i nostri amici, che stavano ballando allegri.
-Alex, io e Justin ce ne stiamo
andando- dissi.
-Ok, allora ci vediamo domani?-
chiese speranzosa.
-Certo, ti darò anche il
regalo- confermai.
Sorrise e ci scambiammo un bacio
sulla guancia.
-A domani- salutammo io e il biondo.
Quando entrammo nella sua casa, mi
sentii completamente a
mio agio. Era molto accogliente e ogni volta dimenticavo il freddo
provato
durante la strada.
-Hai mangiato prima del concerto?- mi
chiese togliendomi
lentamente la giacca.
Scossi la testa.
-Allora mangiamo qualcosa adesso-
disse lasciando un bacio
al lato della mia bocca.
Ci fissammo negli occhi qualche
istante.
-Pizza!- gridammo contemporaneamente
per poi ridere.
-Penso sia tardi per preparare la
pizza- ammisi tra una
risata e l'altra.
Si avvicinò al mio corpo.
Chiusi gli occhi e sentii il suo
naso accarezzare il mio collo.
-Ma io voglio la pizza... La tua
pizza italiana- mugugnò.
Sorrisi.
Sembrava un bambino.
-Non c'è il tempo di farla
lievitare- cercai di fargli
cambiare idea.
Alzò lo sguardo verso i
miei occhi.
-Abbiamo tutta la notte, Emma-
sussurrò sulle mie labbra.
Il suo respiro si unì al
mio, mandandomi in tilt il
cervello.
-Ehm... Va bene... Come vuoi-
balbettai. Mi voltai verso la
cucina per andare a preparare l'impasto, ma il biondo mi
afferrò il braccio.
Ci ritrovammo faccia a faccia.
Non avrei saputo spiegare il
perché, ma in quel momento mi
tornò in mente la ragazza che lui aveva ammesso di amare.
Ero forse io?
Cercò un contatto con le
mie labbra, ma io ero troppo presa
dai miei pensieri per accorgermene.
-Che succede?- chiese curioso.
Lo guardai lievemente spaesata.
Scossi la testa.
-No... Ecco... Stavo pensando alla
ragazza di cui mi
parlavi- risposi vaga.
Un sorriso comparve sulle sue labbra.
-Veramente non l'avevi capito?-
chiese stupito.
-Cosa avrei dovuto capire?- risposi
con un'altra domanda.
-I tuoi occhi sono quelli in cui mi
perdo ogni volta. Sei la
ragazza con cui vorrei vivere il "Per sempre" se esistesse- concluse
avvicinandosi sempre di più al mio viso.
-Davvero?- chiesi speranzosa.
Annuì -Pensavo l'avessi
capito, Emma- mormorò.
Ecco perché non aveva
voluto dirmelo. Non voleva che io lo
rifiutassi a causa di James.
-Forse ho sempre pensato di essere
quella ragazza, ma lo
desideravo così tanto da non riuscire a credere che fosse
possibile- dissi
sincera.
Quella era la verità.
Avevo avuto paura di illudermi e poi
scoprire di non piacere al biondo.
L'aria diventò soffocante,
così cercai nuovamente di andare
in cucina.
Justin, però, mi
fermò una seconda volta, tirandomi verso il
suo corpo caldo.
-Perché sei
così insicura?- chiese riferendosi,
evidentemente, ai miei precedenti dubbi.
Presi coraggio -Perché tu
sei perfetto. Mi sembra di non
essere abbastanza di fianco a te- sospirai.
Mi scrutò qualche istante.
Io, non riuscendo a sostenere il
suo sguardo, chiusi gli occhi. Le sue mani accarezzarono le mie guance
fredde.
Le sue labbra si appoggiarono sulle
mie. Fu un bacio pieno
di sentimento, cercai di trasmettergli tutto il mio amore nei suoi
confronti.
Le sue braccia strinsero il mio corpo
bianco delicatamente e
le sue mani si posarono sulla mia schiena. Molto lentamente scesero,
arrivando
sui fianchi.
Le nostre labbra non si separarono
nemmeno per farci
riprendere fiato.
Mi avvicinò maggiormente
al suo petto muscoloso, per poi
mordere il mio labbro inferiore, facendomi gemere lievemente.
Le sue dita erano in basso sulla mia
schiena, ma non mi
sembrò comunque una cosa volgare da parte sua. Anzi, lui era
così dolce...
Iniziai ad avere un terribile caldo e
probabilmente lui sé
ne accorse, infatti mi sfilò lentamente il maglione,
mostrando la mia camicia
bianca. Io mi affrettai a togliere la sua giacca di pelle, facendola
cadere sul
freddo pavimento.
Prese in braccio il mio corpo,
portandomi lungo un corridoio
dalle pareti bianche e ricoperte di cornici argentate.
Dopo alcuni istanti sentii una
soffice coperta sotto di me.
Ormai era chiara la piega che avrebbe preso quella serata.
-Pensi sia troppo presto?- chiese
accarezzando la mia
guancia.
Afferrai la sua mano e lasciai un
bacio sul dorso.
-Non esiste un modo per sapere se
è presto o meno. Se tu mi
ami fallo, se non ne sei sicuro, no- risposi sincera.
Justin non mi sembrava un ragazzo che
potesse illudere una
ragazza, quindi non mi preoccupai minimamente della sua scelta.
Iniziò a sbottonare la mia
camicia, baciandomi dolcemente
una voglia sul collo. L'unica parte di pelle che non fosse bianca come
il
latte.
Gemetti.
-Non hai più fame?- chiesi
sorridendo, alludendo alla pizza.
Avvicinò le labbra al mio
orecchio sinistro -Anche solo il
tuo profumo riesce a saziarmi- sussurrò.
Ok,
e dopo questo posso anche nascondermi sotto il letto… Chiedo
scusa, ma non
andrò oltre perché mi vergogno troppo a scrivere
certe cose…
Spero
che riusciate a comprendermi… comunque, pensate sia troppo
presto per loro? Io sì,
ma ormai sono al diciannovesimo capitolo e ancora non era successo
nada…
Però
almeno ho aggiornato presto, dai, sono troppo brava… no, la
verità è che c’era
sciopero e sono stata a casa, così, non sapendo che fare, ho
terminato il
capitolo, che spero vi piaccia…
Ringrazio
naturalmente chi ha inserito la storia tra le
preferite/seguite/ricordate e chi
ha recensito, siete dolcissime e vi meritate un… abbraccio
super-mega-ultra-super-maxi coccoloso… *so che possa
sembrare più un assorbente
che un abbraccio, ma vabbè*
Morena
|
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Capitolo 20 *** Un bacio candido ***
-Emma-
sussurrò nel mio orecchio, nel tentativo di svegliarmi.
Mugugnai
alcune parole incomprensibili, per poi girarmi dall'altra parte. Avevo
un sonno
incredibile. Quella notte, infatti, ci eravamo addormentati molto
tardi. Tutta
colpa dell'amore che ci aveva tenuti svegli.
Mi
sfuggì un
sorriso.
Era stato
così dolce e premuroso con me.
In fondo io
gli avevo raccontato ogni mio segreto, da quando ci eravamo conosciuti.
Sapeva
che quella sarebbe stata la mia prima volta. Ed era stata perfetta.
Come ogni
ragazza la sogna.
Le sue labbra
si appoggiarono sul mio collo. Iniziò a tracciare una scia
di baci che mi
procurò innumerevoli brividi. Gemetti lievemente e lo sentii
sorridere sulla
mia pelle.
-Ti ho
già
detto che sei bellissima quando dormi?- chiese in un sussurro.
Mi venne in
mente quel bigliettino che mi aveva scritto poco tempo prima.
Sorrisi.
-Emma,
è
Natale, svegliati!- riprovò dopo qualche minuto.
-Ho sonno,
Justin- borbottai coprendomi il viso con un cuscino morbido e
profumato.
-Ah, ma
allora sei già sveglia- commentò.
Era ovvio che
mi fossi svegliata: sarebbe stato difficile continuare a dormire con un
ragazzo
che ti bacia il collo nei punti più deboli.
Il ragazzo
della mia vita.
Il ragazzo
che amavo.
Sbuffai
-Ovviamente. Tu stai disturbando il mio dolce riposo- gli feci notare.
-Beh...
Allora mi correggo: alzati dal letto- disse baciandomi il dorso della
mano che
teneva saldo il cuscino sul mio viso.
-No- risposi
divertita.
Non sarei
più
riuscita a prendere sonno, ma volevo comunque continuare a scherzare
con il bel
biondo.
-Dai, in
salotto c'è James che ti aspetta- scherzò,
tentando nuovamente.
Rimasi
stupita.
Davvero
credeva che in quel modo mi sarei alzata? Credeva che il moro fosse
ancora
importante per me?
Non volendo
litigare il giorno di Natale, non dissi nulla a riguardo.
-Mandalo a
fanculo- borbottai.
Nonostante i
miei tentativi, non riuscii a nascondere del tutto l'acidità
nel mio tono di
voce. Lui, però, scoppiò a ridere.
-Da questo
dovrei dedurre che tu sia mia, totalmente mia?- chiese accarezzando la
mia
pelle bianca.
-Sono sempre
stata tua. Da quel pomeriggio al centro commerciale- risposi
dolcemente.
Dopo alcuni
minuti di silenzio, spostai il cuscino lentamente, guardandomi intorno.
Justin era
seduto dall'altro lato del letto, con la testa tra le mani.
Mi alzai e mi
avvicinai al suo corpo caldo. Lo strinsi con le mie braccia.
-Buon
Natale!- mormorai nel suo orecchio, fissando il bracciale che gli avevo
regalato.
Sorrise per
poi girarsi verso di me e abbracciarmi meglio.
-Buon Natale,
piccola mia- rispose dolcemente.
Lo amavo. Lo
amavo con tutta me stessa.
Sarei rimasta
per sempre con lui? Sperai di sì.
Mi prese in
braccio e mi portò in cucina. Avvolsi la sua vita con le mie
gambe, per poi
baciare dolcemente le sue labbra. Dopo che i suoi denti ebbero morso il
mio
labbro inferiore, sorridemmo
contemporaneamente.
La mia
schiena batté violentemente contro il freddo e duro muro.
Gemetti
dolorante.
-Scusa
piccola. Mi hai distratto- disse veramente dispiaciuto.
Io ridacchiai
-Non preoccuparti- dopo un ultimo bacio, scesi dalle sue braccia.
Il pavimento
era gelido.
-Che ore
sono?- chiesi entrando in cucina.
Aprii il
frigorifero e presi il cartone del latte, decisa a scaldarlo per me e
per
Justin. Lo versai in un pentolino e attesi la sua risposta.
-Sono le nove
passate- rispose dopo aver controllato l'orario sul display del suo
Iphone.
Sbuffai -E
perché mi hai svegliata così presto?- mi lamentai
come una bambina.
Lui rise
divertito dal mio comportamento -Non so se ti ricordi, ma qualche
giorno fa ci
eravamo messi d'accordo decidendo che avremmo festeggiato tutti insieme
a casa
mia. Io, te, Luke, Alex, Jazzy, Jaxon e i nostri genitori-
sottolineò le ultime
tre parole.
Mi
accarezzò
le guance per poi baciarmi dolcemente le labbra.
-Non penso
che tu voglia che Kate e Joseph ti vedano così- disse sulle
mie labbra
lievemente schiuse.
Mi guardai
velocemente il corpo.
Stavo
indossando solo l'intimo.
Le mie guance
andarono a fuoco.
Nonostante
avessi passato la notte completamente nuda insieme a Justin, mi sentivo
in
imbarazzo.
-Ehm... io...
ecco… hai ragione- balbettai evitando un contatto visivo con
i suoi occhi.
Lui
affondò
la testa nell'incavo del mio collo.
-Sei
così
tenera, Emma- commentò.
Impressi un
bacio tra i suoi capelli, poi presi il pentolino con il latte caldo per
versarlo dentro a due tazze colorate.
Le sue
braccia cinsero i miei fianchi, facendomi sorridere.
-Cereali o
biscotti?- chiesi.
-Biscotti-
rispose appoggiando la testa sulla mia spalla.
Annuii e
tirai fuori da uno sportello di legno un pacchetto di biscotti con
gocce di
cioccolato. Disposi tutto sul tavolo, sentendo a ogni mio passo il
respiro
caldo del biondo dagli occhi nocciola sul collo.
Mangiammo la
nostra colazione lentamente. Poi mi ricordai che nel giro di qualche
minuto
sarebbero potuti arrivare gli inviati. Così addentai
velocemente un ultimo
biscotto dopo averlo immerso nel latte e corsi nella camera di Justin.
Cercai i miei
vestiti e, una volta trovati, li indossai.
Guardai il
letto disfatto e ripensai alla dolcezza del biondo. Mi avvicinai e mi
sedetti
nell'esatto punto in cui Justin aveva dormito per tutta la notte.
Sentii il suo
piacevole calore ancora impresso nelle lenzuola.
Mi sdraiai e
sorrisi.
Era incredibile
come una stessa persona potesse passare due notti di Natale in modi
completamente opposti.
Un anno
piangendo e disperandosi per l'incidente di un ragazzo moro dagli occhi
azzurri.
L'anno dopo
tra i baci e le carezze di un biondo dagli occhi nocciola, abbracciata
da tutto
il suo amore.
Mordicchiai
il mio labbro inferiore leggermente pensierosa, con gli occhi rivolti
al
soffitto bianco.
Non mi
accorsi nemmeno degli occhi di Justin puntati sul mio corpo. Solo
quando tossì
lievemente, rivolsi la mia attenzione a lui, alzandomi dal letto ancora
caldo.
Mi sorrise,
avvicinandosi lentamente.
-C'era questo
in salotto sul pavimento- spiegò porgendomi il mio maglione,
che subito
indossai.
I nostri
genitori avrebbero potuto vederlo, una volta seduti sui divani bianchi
di
Justin.
Arrossii
lievemente e lui soffocò una risata.
Mi soffermai
a fissare le sue labbra. Erano semplicemente perfette.
Con lo
sguardo percorsi il suo viso angelico.
I suoi lineamenti
mi fecero mordere il labbro.
I suoi occhi
nocciola mi fecero imbambolare. Come potevano essere così
perfetti? Li avrei
osservati a lungo, ma i suoi risolini attirarono la mia attenzione.
Lo guardai
interrogativa e lui sorrise.
-Sei
così...
perfetto- rivelai senza imbarazzo.
Lui scosse la
testa -Tu lo sei, Emma- ribatté lui avvicinandosi alle mie
labbra.
Le incurvai
in un sorriso.
Eravamo a pochi
millimetri di distanza, quando il campanello suonò.
Allontanai il
biondo appoggiando una mano sul suo petto, ridacchiando.
Lui
uscì
precipitosamente dalla stanza ed io sistemai il letto.
Una volta
finito, mi avvicinai all'ingresso della casa.
Salutai i
miei genitori, Alex, Luke e i fratelli di Justin.
Poi notai due
persone, molto simili a Justin. I suoi genitori. Rivolsi loro un dolce
sorriso,
per poi allungare una mano incerta.
-Piacere,
sono Emma- mi presentai timida.
Suo padre la
strinse subito -Piacere, io sono Jeremy- rispose gentilmente.
Una volta che
lasciò la mia mano, la porsi alla giovane madre di Justin,
una donna
bellissima.
Lei la
guardò
sorridente, per poi abbracciarmi calorosamente.
-Io sono
Pattie. È un piacere conoscerti- disse.
Sorrisi.
Mi trovavo
davvero bene con la famiglia Bieber.
-Il piacere
è
tutto mio, signora- risposi gentilmente, con ancora le sue braccia
intorno al
mio corpo.
Sciolse
lentamente
l'abbraccio -Oh, chiamami Pattie- disse gesticolando leggermente con le
mani.
-Sono sicura
che passeremo un bellissimo Natale, vero Joseph?- commentò
mia madre cercando
la conferma di mio padre.
Lui
annuì,
sorridendo.
-Già,
sono
così contenta di avervi conosciuto, finalmente. Justin mi
parla spesso di voi-
disse Pattie.
I miei
genitori e quelli di Justin iniziarono a parlare tra di loro. Ogni
tanto sentii
anche qualche loro commento su quanto saremmo stati carini io e Justin
come
coppia.
Soffocai una
risata,
mentre Justin mi sorrise.
Non riuscivo
però a capire perché non approvassero la sua
passione per il canto e la musica.
Insomma, sembravano dei genitori molto comprensivi.
Scossi la
testa per scacciare quel pensiero e abbracciai Alex e Jazzy, che mi
strinsero
allegre.
-Buon Natale,
bellezze!- dissi sorridendo. Ridacchiando ricambiarono gli auguri.
-Buon Natale,
piccolino- baciai la guancia di Jaxon, per poi scompigliare
giocosamente i suoi
capelli morbidi.
Lui rise, poi
iniziò a correre per la casa, mettendo sottosopra ogni cosa
al suo passaggio.
-Buon Natale,
Luke!- dissi al ragazzo dagli occhi color cioccolato.
Due braccia
muscolose cinsero il mio corpo da dietro.
Justin.
-Buon Natale,
amico!- la sua voce giunse alle mie orecchie come una melodia, una
dolce
melodia.
-Buon Natale,
Emma e Justin!- ricambiò lui.
Mi piaceva da
impazzire sentire i nostri nomi così vicini. Proprio come
quella notte mi era
estremamente piaciuto sentire la mia pelle gelida a contatto con la sua
bollente.
Innumerevoli
brividi percorsero la mia schiena a quel ricordo.
Il biondo
strinse maggiormente il mio corpo. Mi girai verso di lui per
abbracciarlo, ma catturò le mie labbra con le sue,
facendole unire in un
dolce bacio e provocando le risatine dei nostri genitori.
Avvampai,
affondando
la testa nell'incavo del suo collo. Justin mi strinse a sé.
Lo amavo con
tutta me stessa. Era dolce, premuroso, gentile e riusciva a farmi
sorridere.
Era perfetto.
-Apriamo i
regali!- gridò Jaxon eccitato, dopo che il pranzo fu
mangiato.
Sorridendo ci
alzammo dal tavolo, per poi sederci sui divani bianchi di Justin.
Afferrai il
mio sacchetto giallo e tirai fuori i vari pacchetti. Anche gli altri
presero i
regali che avevano comprato e poi impacchettato.
Ognuno
iniziò
ad aprire i propri.
-Oddio, Emma,
è meravigliosa- commentò Alex con gli occhi
lucidi, vedendo la collana.
-Sono felice
che ti piaccia- dissi sincera, aprendo il pacchetto blu che mi aveva
dato lei.
Sgranai gli
occhi alla vista di un anello d'argento.
Lessi
l'incisione interna -A & E-
sorrisi
-Grazie mille, Alex. È stupendo- commentai indossandolo.
Dopo aver
aperto anche gli altri regali, sentii le labbra di Justin tra i miei
capelli.
-Manca il
mio- sussurrò nel mio orecchio.
-Don't you buy
me nothing, 'cause I am feeling one thing... Your
lips on my lips- mormorai
baciando la sua guancia
calda.
Sorrise
-Tieni. Spero
ti piaccia- disse porgendomi una scatola ricoperta da una carta verde e
un
nastro dorato. Sciolsi il fiocco e strappai la carta.
Aprii
lentamente la scatola e spalancai la bocca, piacevolmente sorpresa.
Era una palla
di vetro di Natale. Era di media grandezza e infiniti brillantini
argentati
danzavano intorno a due pupazzetti: un ragazzo e una ragazza uniti in
un bacio
candido.
Era proprio
quella che avevo visto quel venerdì pomeriggio al mercatino.
-Ti piace,
piccola mia?- chiese speranzoso.
Mi morsi il
labbro e sorrisi, per poi annuire.
-Quel
venerdì
ho notato che ti eri fermata a guardarla e così ho voluto
regalartela- spiegò.
Lo
abbracciai.
-Grazie,
Justin- sussurrai.
Presi in mano
la palla e la osservai scuotendola lentamente. Girai con attenzione la
piccola
chiave dorata e la dolce melodia riempì la stanza.
Mi ricordai
di quando Justin mi aveva paragonata alle palle di vetro. Quando ancora
io e
lui non ci conoscevamo bene, anzi, in realtà, non ci
conoscevamo per niente,
eppure riusciva comunque a farmi arrossire, a provocarmi innumerevoli
brividi
ed emozioni.
La stanza si
riempì delle chiacchiere allegre dei nostri amici.
Era il Natale
più bello che avessi mai passato in tutti quei diciassette
anni. Ero riunita
con le persone più importanti della mia vita.
Guardai il
biondo dagli occhi nocciola, occhi che mi avevano colpito sin da subito
per la
loro incredibile bellezza.
Sentii le
risate degli invitati e pensai al Natale che avevo trascorso l'anno
prima. Era
stato completamente diverso e pieno di lacrime, di tristezza, di
dolore.
Una sola
persona era riuscita a ribaltare le cose.
Justin Drew
Bieber.
Se non
l'avessi mai incontrato quel pomeriggio al centro commerciale, non
sarei mai riuscita
a trovare in così poco tempo la mia felicità.
-Grazie,
Justin- dissi nuovamente.
-Di niente,
Emma. Non sai quanto mi renda felice sapere che il regalo ti sia
piaciuto-
rispose accarezzando la mia guancia fredda.
Scossi la
testa -No. Non solo per quello- appoggiai la mia mano sulla sua.
Aggrottò
la
fronte -E allora per cosa?- chiese curioso.
Portai la sua
mano sulle mie labbra e la baciai dolcemente.
-Grazie di
esistere- sussurrai.
Sorrise.
ODDIO
NON CI CREDO! È FINITA LA
SCUOLAAAA!!!!! YUPPIII
Allora,
questo è il penultimo capitolo… *si
asciuga una lacrimuccia*… e quindi, sì, il
prossimo sarà l’ultimo. Ma ho
intenzione di fare anche il continuo, che penso chiamerò
“Do you remember our
kiss?”. Per questo, il prossimo lo pubblicherò
quando già avrò scritto il primo
capitolo della seconda serie…
Dunque,
detto questo, ci terrei a
ringraziare chi ha inserito la storia tra le
preferite/seguite/ricordate e chi
ha recensito.
Poi,
mando un bacio immenso a Francy… sei
una persona meravigliosa e, sì, molto forte…
smettila di pensare di non
esserlo! Sono felice di averti conosciuta ^.^
Un
abbraccio mooooooolto coccoloso a tutte
quante, siete magnifiche, veramente!
Morena
|
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Capitolo 21 *** Sotto le righe del nostro amore ***
Ecco
l’ultimo capitolo! Allora, volevo avvisarvi che ho
già pubblicato il continuo
della storia… se volete leggerlo, lo trovate sul mio profilo.
Per
i miei scleri ci vediamo alla fine del capitolo!
-Sei bellissima, Emma-
sussurrò prima di catturare
nuovamente le mie labbra con le sue.
Accarezzai il suo petto caldo e nudo.
-Tu sei perfetto- risposi quando
allontanammo le labbra per
riprendere fiato.
Accarezzò la mia guancia e
sorrise.
-Oh, no, io non sono perfetto. Non lo
sono per niente- disse
appoggiando le sue labbra sul mio collo bianco.
-Tu sei perfetto proprio
perché non sai di esserlo- ribattei
convinta.
Sorrise sulla mia pelle.
-Ti amo, Emma- mormorò.
Il battito del mio cuore
aumentò notevolmente alle sue
parole. Non me lo avevo mai detto prima di quel momento. Sentirglielo
dire era
stato semplicemente meraviglioso. Come sentire la più dolce
melodia del mondo.
Avrei voluto sentire quella melodia all'infinito, non mi sarei
stancata.
Accarezzai i suoi soffici capelli
color grano e presi
coraggio -Ti amo, Justin- rivelai baciando la sua guancia calda.
A quelle parole puntò i
suoi occhi nocciola nei miei verdi.
-Davvero?- chiese speranzoso.
Ormai da molto tempo non avevo
più dubbi. Sin da quando
avevamo cantato insieme su quel palco, circa un mese prima.
Già, era passato
quasi un intero mese da quel bellissimo Natale.
Un mese da quando avevo capito di
amarlo follemente.
Un mese da quando io e Justin ci
eravamo baciati.
Un mese da quando avevo avuto la mia
prima volta, piena di
amore e di dolcezza.
Sprofondai nei suoi occhi nocciola
senza vergogna. Ammirai
ogni loro sfaccettatura.
-Davvero, Justin- risposi continuando
ad annegare.
Non riuscivo ancora a capire come una
persona potesse avere
degli occhi così meravigliosi. Come potesse essere
così dolce, così perfetta.
Ma soprattutto, come potesse sostenere di amare proprio me.
-I tuoi occhi sono... spettacolari-
sussurrai sfiorando con
l'indice il suo viso.
-I miei? Tu non hai idea di quante
volte io mi perda nei
tuoi occhi verdi... Ogni volta avevo paura di rimanere imbambolato
davanti a te
e di non sentire se mi stessi per caso dicendo qualcosa- disse
abbassando lo
sguardo.
Risi.
Lui arrossì ed
evitò di incontrare i miei occhi.
-Sono ridicolo, vero?- chiese
tristemente.
Bloccai subito la mia risata.
-Oh, no. Io non lo penserei mai-
risposi seriamente.
-E allora perché ridevi?-
chiese.
Misi due dita sotto il suo mento e
alzai il suo viso.
-Perché io affogo sempre
nei tuoi occhi. Sono la cosa più
bella che io abbia mai visto- iniziai -e temevo di perdere la
cognizione della
realtà quando ancora non ci eravamo nemmeno baciati. Cercavo
in tutti i modi di
riemergere in superficie. E ora che tu mi dici di aver provato le
stesse
cose... come potrei non ridere?- conclusi sorridendo.
Si tranquillizzò al suono
delle mie parole.
Avvicinò il suo viso al
mio e unì le nostre labbra in un
bacio pieno di passione, di desiderio. Gemetti lievemente quando morse
il mio
labbro inferiore.
-Come potrei non amarti?- chiese
retorico.
Scossi la testa -Continua ad amarmi,
allora. Così il nostro
"Per sempre" non avrà fine- sussurrai inebriata dal suo
dolce
profumo.
Appoggiò dolcemente le sue
mani sui miei fianchi scoperti.
Rabbrividii a quel contatto. Senza smettere di guardarmi,
vagò con la sua mano
fino a trovare il lenzuolo azzurro. Lo afferrò e
coprì i nostri corpi. Riportò
quella mano sulla mia pelle bianca e dolcemente mi attirò a
sé. Sentii tutto il
suo piacevole calore invadere il mio corpo.
-Sotto le righe del nostro amore non
verrà mai scritta la
parola "fine". Non permetterò a nessuno di macchiare in
questo modo
le pagine del nostro "Per sempre"- sussurrò accarezzando il
mio corpo
nudo.
Chiusi gli occhi.
Ero sicuramente in paradiso.
Non avevo mai sentito parole
più dolci e sincere.
Non avevo mai sentito un profumo
buono come quello del
biondo accanto a me.
Non avevo mai sentito così
tanto piacere lungo il mio corpo.
Gemetti quando strusciò
con insistenza quelle morbide labbra
sulla voglia del mio collo. Probabilmente aveva capito quanto fosse
sensibile
quella parte.
-Ti amo, Emma. Ti amerò
per sempre- mormorò prima che fossimo
travolti dal nostro amore per la seconda volta.
-Ora devo andare, Justin- ansimai tra
un bacio e l'altro.
Afferrò con le sue mani
calde e morbide i miei fianchi, per
tenermi vicina a sé.
-No. Resta ancora un po', per favore-
mordicchiò il mio
labbro inferiore, facendomi gemere lievemente.
Sorrisi -Scusa, ma domani devo andare
a scuola. Poi se
arrivassi tardi a casa, i miei genitori non mi farebbero più
uscire fino alla
maggiore età- spiegai ridacchiando.
Mi alzai dal letto, per poi cercare i
miei vestiti sul
pavimento.
Lui rimase sdraiato, con la coperta
fino alla vita, a
osservare il soffitto bianco.
-Tanto mancano solo otto mesi, non mi
sembra una catastrofe-
disse lui rivolgendomi un occhiolino.
Dopo aver infilato l'intimo,
appoggiai una mano sul fianco e
lo guardai.
-Se dico che non potrò
uscire da casa, intendo anche che
nessuno potrà entrare, Justin- alzai un
sopracciglio.
Lui sgranò gli occhi
-Cosa?! E tu sei ancora in mutande? Su,
sbrigati che ti accompagno a casa- disse alzandosi di fretta dal letto,
mostrandomi il suo corpo completamente nudo.
Ridacchiai cercando di nascondere il
rossore formatosi sulle
mie guance.
-Non perdere tempo a ridere, vestiti-
ordinò fermamente
sulla porta, pronto ad uscire dalla stanza senza nemmeno un paio di
boxer.
Scoppiai a ridere veramente
divertita.
Inarcò un sopracciglio.
-Ma dico, ti sei accorto di essere
completamente nudo,
Justin? Davvero sono io quella che deve sbrigarsi?- chiesi con le
lacrime agli
occhi per le risate.
Lui abbassò lo sguardo per
verificare, prima di avvampare.
Sorrise lievemente imbarazzato, per poi unirsi alla mia risata.
Appoggiò una
mano sul viso, poi scosse la testa.
-Ti rendi conto che stavo per uscire
da casa nudo?- chiese
afferrando i suoi boxer.
-Già- sospirai.
Ripensando a ciò che
sarebbe potuto accadere, soffocai un
altro risolino.
Lui si finse offeso -Dai, vestiti-
disse.
Nonostante i suoi tentativi, non
riuscì a trattenere un
sorriso.
Indossai i jeans blu e il maglione
bianco.
-Sei pronta?- mi chiese infilandosi
la maglietta blu,
abbastanza aderente da far intravedere il suo fisico perfetto.
Deglutii a quella vista.
-Sì, sono pronta.
Andiamo?- balbettai.
Lui annuì e mi porse la
mano. L'afferrai e ci avviammo al
portone della sua casa. Molto gentilmente mi aiutò a
indossare il mio cappotto
bianco dai bottoni neri e poi si coprì con la sua giacca di
pelle scura.
Uscimmo velocemente e fummo travolti dal gelo invernale della sera.
Circondò il
mio corpo con un braccio, come per scaldarmi. Appoggiai la testa sulla
sua
spalla.
Ero felice. Felice e innamorata del
biondo dagli occhi
nocciola.
-Ti amo, Justin- diedi voce ai miei
pensieri. Mi strinse
maggiormente e sorrise.
-Ti amo, Emma. Come non ho mai amato
prima- disse
dolcemente.
-Ti amerò per sempre-
conclusi con lo stesso tono.
La sveglia suonò,
scuotendomi violentemente dai miei sogni.
Sbuffai.
Non avevo alcuna intenzione di
alzarmi da quel comodo e
caldo letto.
Con un gesto veloce arrestai quel
suono fastidioso.
Mi alzai e mi avvicinai all'armadio.
Avevo come l'orribile sensazione che
quella giornata sarebbe
stata un disastro, che mi avrebbe portato solo problemi.
Scossi la testa per allontanare quei
pensieri negativi e
aprii l'anta. Rovistai velocemente tra i vari vestiti e tirai fuori un
paio di
jeans bianchi, una maglietta nera e la felpa della mia scuola. Li
indossai
pensando al pomeriggio precedente.
Sorrisi.
Justin era l'unico pensiero positivo
quel giorno.
Entrai in bagno e osservai il mio
viso allo specchio.
Da quando avevo conosciuto Justin,
sembravo un'altra
persona. Un'altra Emma. Non ero più triste e piena di
dolore. Non avevo più
quelle profonde occhiaie sotto i miei occhi verdi.
Abbozzai un sorriso e aprii il
mobiletto accanto allo
specchio. Ritrovai quel contenitore di plastica trasparente che mi
aveva
accompagnata ogni sera l'anno prima.
I tranquillanti.
Me lo rigirai varie volte tra le mani
per poi prendere una
decisione. Senza indugiare lo buttai dritto nel cestino bianco della
spazzatura, sotto il lavandino. Respirai profondamente e tornai a
fissare la
mia immagine riflessa allo specchio.
Incurvai le labbra in un sorriso
sincero.
-Finalmente ho potuto farlo- dissi
fiera di me stessa.
Mi sciacquai la faccia e pettinai le
mie ciocche castane.
Dopo aver salutato i miei genitori,
uscii da casa, diretta a
scuola.
Sentivo ancora quella brutta
sensazione, unita a quella di
essere osservata da qualcuno.
Mi strinsi nella mia giacca e
continuai a camminare.
Riuscii a sorridere solo pensando che
la giornata sarebbe
passata in fretta e nel pomeriggio sarei andata da Justin, dal ragazzo
che
amavo con tutto il mio cuore.
A pochi metri dall'ingresso della
scuola, intravidi la
chioma bionda di Alex e quella color cioccolato di Luke.
Si stavano baciando sotto lo sguardo
di centinaia di
studenti. Matt Kayse fissò lo sguardo su di loro,
visibilmente geloso, ed io
risi, avvicinandomi alla coppia.
-Perché ridi?- chiese Alex
allontanandosi leggermente dalle
labbra di Luke.
Mi guardarono incuriositi quando
continuai a ridere
nonostante la domanda della bionda.
-No... ehm... niente. Penso solo che
tra qualche secondo
potremo vedere il fumo uscire dalle narici di Kayse- dissi cercando di
trattenere le risate.
I due cercarono tra la massa di
adolescenti il viso di Matt.
-Quel coglione...- grugnì
Luke stringendo i pugni.
-Ehi, amico, stai tranquillo. Ricorda
che tu hai la ragazza
che ami tra le braccia. O forse dovrei dire che hai la lingua nella
gola della
ragazza che ami... Vi baciate in continuazione- dissi assumendo
un'espressione
sempre più disgustata a ogni mia parola.
Luke ridacchiò, mentre
Alex mi diede un leggero colpo sul
braccio.
-Hai ragione, Emma- ammise
avvicinando la mia migliore amica
al suo corpo.
-Lo so. Io ho sempre ragione- dissi
incrociando le braccia
sotto il seno.
Loro si unirono in una spensierata
risata -Ora fatemi andare
che non vedo l'ora di finire questa giornata di merda- conclusi cupa,
ricevendo
le loro occhiate curiose.
Scossi la testa e mi incamminai verso
l'ingresso
dell'edificio.
-Avrà il ciclo-
ipotizzò Alex a bassa voce.
-Ti ho sentito, Jones- urlai senza
guardarli, utilizzando il
cognome della bionda.
-Non ne avevo dubbi, Wilson- rispose
lei ridacchiando.
Fuori da scuola trovai il mio bel
biondo dagli occhi
nocciola ad attendermi.
Sorrisi involontariamente e mi
avvicinai a lui.
Era splendido, come sempre.
Alcune ragazze del primo e del
secondo anno lo fissavano
adoranti.
Ancora non potevo credere che lui mi
amasse.
-Ciao, piccola mia- disse dolcemente
quando mi vide
arrivare.
Mi morsi il labbro inferiore.
-Ciao, Justin- risposi baciando la
sua guancia.
Ma lui appoggiò le mani
sul mio viso e catturò le mie labbra
con le sue. Sorrisi durante il bacio.
-Non avevi il turno al bar?- chiesi
ammirando i suoi occhi.
Sentii addosso gli sguardi di buona
parte della scuola e
anche alcuni sussurri.
Ridacchiai.
Lui mi guardò confuso -No,
oggi avevo il turno di mattina...
Ma perché ridi?- chiese.
Mi avvicinai al suo orecchio
-Perché tutte le ragazze di
questa scuola si staranno chiedendo come tu possa stare con me e
sinceramente
me lo domando anche io- spiegai sfiorando con le labbra la sua pelle.
Lui arrossì. Era troppo
dolce.
-Perché ti amo- disse e io
sorrisi. Poi si guardò intorno
-Posso assicurarti che i ragazzi stiano pensando la stessa cosa,
ovviamente per
te- disse convinto.
Scossi la testa -Non credo- conclusi
afferrando la sua mano
e iniziando a camminare.
Arrivammo davanti a casa mia in pochi
minuti.
Durante il tragitto avevo sentito
ancora quelle terribili
sensazioni.
-Cos'hai?- mi chiese preoccupato.
Scossi la testa -No, niente.
È solo che ho come il
presentimento che oggi debba succedere qualcosa di brutto- dissi
rivelando il
mio tormento.
-Non pensarci, vedrai che questa
giornata passerà in fretta,
portandosi dietro tutte queste paure- cercò di consolarmi
accarezzando il mio
viso pallido e freddo.
Annuii -Grazie, Justin. Non so cosa
farei senza di te-
sorrisi guardandolo negli occhi.
-Di niente, piccola mia-
sfiorò le mie labbra con le sue,
morbide e calde.
Poi mi abbracciò,
stringendo con molto amore il mio corpo.
Appoggiai la testa sulla sua spalla e mi ritrovai a guardare la strada
che
avevamo percorso dalla mia scuola.
Sgranai gli occhi e spalancai la
bocca.
Justin sciolse dolcemente
l'abbraccio, pronto a baciarmi
un'altra volta.
Ma, vedendo la mia espressione, si
fermò.
-Che succede, Emma?- chiese
preoccupato.
La sua voce arrivò ai miei
timpani in modo poco chiaro. Ero
troppo scioccata.
Capelli scuri e occhi azzurri.
-James- sussurrai una via di mezzo
tra una domanda e
un'affermazione.
No. Non poteva essere vero.
Proprio quando avevo trovato la mia
felicità, lui tornava.
Il mio biondo si girò,
confuso, cercando di seguire la
traiettoria del mio sguardo.
Rimase scioccato pure lui.
-È lui, Emma? È
lui James?- chiese girandosi nuovamente
verso di me.
Annuii -Non lasciarmi, Justin- dissi
singhiozzando.
Afferrai la sua mano e la strinsi
forte. Lui ricambiò la
stretta.
-Emma, amore mio- esclamò
James.
Perché era venuto a
cercarmi? Io non avrei voluto
incontrarlo. Mi era bastato sapere che fosse vivo. Soprattutto
perché non lo
amavo più. Io amavo Justin. Solo ed esclusivamente il biondo
dagli occhi
nocciola.
Era solo a un metro da noi.
-Emma... Non mi dici niente? Non ci
vediamo da più di un
anno- disse riservando un'occhiataccia alle nostre mani intrecciate.
Aprii la bocca, ma non emisi alcun
suono. Cos'avrei dovuto
dire?
Justin accarezzò il dorso
della mia mano con molta dolcezza.
-Tu cosa ci fai ancora qui,
ragazzino? Lasciaci da soli-
esclamò crudelmente James.
Che fine aveva fatto quel ragazzo
dolce di cui mi ero
innamorata più di un anno prima? Probabilmente non c'era mai
stato. O forse non
sarei mai riuscita a trovare una persona più dolce di
Justin, per questo in
quel momento il moro mi era sembrato così cattivo.
Guardai Justin, sperando che non se
ne andasse.
Lui guardò James.
Vidi il suo sguardo attraversato da
un lampo di furia.
Strinsi la sua mano, ma lui sciolse
delicatamente la presa.
James sorrise soddisfatto.
Il biondo mi sorrise debolmente, per
poi iniziare a
camminare verso la strada che l'avrebbe allontanato da me.
-No, Justin, non andartene! Io ti
amo- gridai sincera.
Lui si voltò verso di me
per pochi istanti.
-Ti amo- disse dolcemente, per poi
voltarsi nuovamente, come
se fosse stato un addio.
Una lacrima rigò il mio
viso.
Sotto le righe del nostro amore
qualcuno stava scrivendo la
parola "fine". Stava macchiando in questo modo le pagine del nostro
"Per sempre".
E noi abbiamo permesso che
ciò avvenisse" una lacrima
percorre il mio volto.
È
stato difficile
raccontare tutto questo. Raccontare tutti i miei ricordi.
Passano
alcuni minuti
di silenzio.
Forse
pensano che ci
sia altro da raccontare, ma non è così. O almeno,
qualcos'altro ci sarebbe, ma
non posso assolutamente parlarne.
"Che bello mamma! Tu conoscevi Justin
Bieber" Alexandra rompe il silenzio e batte
le mani
contenta insieme a Drew, il suo fratello gemello.
Sorrido
lievemente.
Sono troppo
piccoli perché
capiscano la mia sofferenza, tutto il mio amore verso Justin.
Già,
io lo amo ancora,
nonostante questi quattro anni passati.
"Sì, Alex. Lo conoscevo" rispondo a mia figlia che sorride, entusiasmata da
questa notizia.
"Ce lo presenterai, mamma?" mi chiede Drew speranzoso.
Sarebbe
troppo
difficile incontrare di nuovo il biondo.
In
più non lo sento da
quel maledetto pomeriggio.
Asciugo
quelle lacrime
che minacciano ancora di uscire e forzo un lieve sorriso.
Non vorrei
deluderli,
ma non posso permettermi di soffrire ancora. Non sopporterei la sua
vista.
"Ehm... Non lo so Drew... Insomma...
Poi
vedremo..." provo a fargli capire
che non è possibile, ma lui mi interrompe.
"Sì, che bello! Alex,
incontreremo il nostro
idolo!" esclama allegro.
Ho permesso
io che
tutto ciò avvenisse, facendo ascoltare ai miei figli tutte
le canzoni di
Justin.
Curvo
incerta le
labbra in un sorriso.
Come potrei
dire ad
Alex e Drew che Justin, il loro idolo, il cantante che ascoltano ogni
giorno
praticamente da quando sono nati, è il loro padre?
Oh
mio Dio, non posso crederci! Ho finito la mia primissima fan
fiction…
È
stato bellissimo questo periodo, veramente, mi avete fatto sorridere
sempre,
siete meravigliose!
Ammettetelo,
non vi aspettavate che fosse tutto un racconto di Emma ai suoi
figli… e
immagino che non vi siate nemmeno accorte delle virgolette al
primissimo
capitolo…
Vorrei
ringraziarvi tutte, dalla prima all’ultima, chi ha
preferito/seguito/ricordato
e recensito questa storia, ma anche chi ha letto e basta!
Spero
che vi sia piaciuta la mia storia e che vi abbia riportato a Natale! Se
volete
ho già iniziato la seconda serie…
Un
abbraccio coccolosissimo!!!
Morena
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