Kiss me underneath the mistletoe

di dadless
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La melodia perfetta ***
Capitolo 2: *** Ci speri ancora... ***
Capitolo 3: *** Lui è stato il mio primo bacio ***
Capitolo 4: *** Come una sorella ***
Capitolo 5: *** Dovrei tagliarmi i capelli... ***
Capitolo 6: *** Bianca e gelida come la neve ***
Capitolo 7: *** Ti stai pentendo ***
Capitolo 8: *** Lacrime calde e salate ***
Capitolo 9: *** Il mio posto nel mondo ***
Capitolo 10: *** Come la salvezza e il pericolo ***
Capitolo 11: *** Era il mio Sole ***
Capitolo 12: *** Una parte importante di me ***
Capitolo 13: *** Ora inizia il tuo sogno ***
Capitolo 14: *** Come se non desiderasse altro ***
Capitolo 15: *** Sarò il tuo principe azzurro ***
Capitolo 16: *** Il prezzo da pagare ***
Capitolo 17: *** Disegnare il Paradiso ***
Capitolo 18: *** Nessun dubbio, nessuna esitazione ***
Capitolo 19: *** Baciami sotto il vischio ***
Capitolo 20: *** Un bacio candido ***
Capitolo 21: *** Sotto le righe del nostro amore ***



Capitolo 1
*** La melodia perfetta ***


"- Amore, entriamo in quel negozio, per favore... - la ragazza sorrise per convincerlo.

- Mmh... Ok, ma non metterci troppo dentro, lo sai che mi annoio - le rispose lui, ricevendo un tenero bacio sulla guancia come ringraziamento.

- Grazie, grazie, grazie! Sei il ragazzo migliore del mondo, l'ho sempre detto! - poi lo prese per mano ed entrarono.

Da quel momento le mie orecchie non riuscirono più a captare la loro conversazione, ma era l'ennesima volta che quel giorno ascoltavo parole del genere. Era del tutto comprensibile: il 30 Novembre le persone iniziavano già ad acquistare i primi regali di Natale, così come ogni coppietta. E io? Beh, io me ne stavo seduta con la schiena contro la parete a vetri, proprio di fronte ad uno dei tanti bar che riempivano il centro commerciale di Los Angeles, con la mia amata chitarra beige stretta al petto. Strimpellavo tutte le melodie che mi venivano in mente, cercavo quella da suonare all'infinito, quella da modificare di tanto in tanto fino a trovare la propria colonna sonora, quella da suonare nel caso qualcuno mi chiedesse di raccontargli la mia vita, che dicesse "Ehi, sono Emma!". Quella perfetta, insomma.

Persone di tutte le età mi passavano davanti, dapprima con sguardo interessato, poi intenerito. Pensavano che fossi una mendicante, come dargli torto? Indossavo dei vecchi jeans larghi e una felpona grigia, con il cappuccio calato sulla testa piegata sulla chitarra. Ma di certo i soldi non mi mancavano. Non era quel tipo di mancanza a procurarmi quella sensazione di vuoto allo stomaco. Avevo bisogno di affetto, di interessamento nei miei confronti, di coccole e di un bacio sotto il vischio. Ma non uno qualunque, quel bacio. Quello che mi era stato negato per colpa di un autista distratto, che si era portato via in un attimo tutta la mia felicità...

Non mi ero nemmeno accorta di aver iniziato a suonare un motivetto natalizio e triste, molto triste. Però mi piaceva, mi dava una certa carica.

Impugnai meglio il manico della chitarra e feci scorrere velocemente le dita da una corda all'altra. Poi alzai distrattamente i miei occhi verdi per guardare ciò che avevo intorno. Infatti quando suonavo perdevo la cognizione della realtà...

Notai che un gruppetto di persone si era radunato intorno a me. Ma l'attenzione non era rivolta a me, bensì alla melodia che i miei ricordi mi avevano spinta a suonare. Percepivo dai loro occhi che stavano aspettando una svolta nella canzone, volevano che diventasse più allegra. Come se in qualsiasi cosa ci dovesse essere necessariamente presente il lieto fine. Io sapevo che non era così. La vita non è tutta rose e fiori e io non avrei illuso nessuno.

Terminai con l'ultimo accordo che venne accolto con una nota di delusione nelle espressioni di quelle persone. Come le capivo... Qualche anno fa, quando leggevo in un libro la morte di qualche personaggio a cui mi ero affezionata, ci rimanevo malissimo, con una voglia incredibile di contattare la casa editrice e minacciare chiunque pur di far ristampare il libro secondo i miei desideri.

La massa di gente si allontanò piano piano prendendosela con comodo, cosa che mi innervosì parecchio. Tornai a fissare le corde della mia fidata chitarra, quando qualcuno mi lasciò una banconota da cinque dollari accanto al ginocchio. Ripresi a pizzicare le corde e senza alzare lo sguardo parlai - Non voglio soldi.-

- Ah, no? - mi chiese una voce maschile e dal tono di voce intuì che stesse sorridendo. Scossi la testa in risposta e lui continuò - Beh, pensavo di sì. Allora me li riprendo.- Ero sicura che lui si aspettasse che gli dicessi di lasciarmeli, ma non l'avrei mai fatto: veramente non avevo bisogno di soldi e non avrei mai ingannato in questo modo le persone.

Non si decideva a prenderli, così lo incitai - Beh? Li prendi o stai aspettando che tornino nel tuo portafogli da soli? - questa volta alzai lo sguardo e mi trovai davanti un ragazzo sui diciotto anni, con il ciuffo biondo scuro e degli stupendi occhi color nocciola.

Lui assunse un espressione seria - Ma allora non li vuoi veramente? –

Sbuffai - Senti, non ho la personalità bipolare, se ti dico di no una volta, è no anche la seconda! - suonai nuovamente quella melodia, ormai mi era entrata in testa...

- È carina, ma dovresti suonarla in Do maggiore, con questa tonalità è troppo triste e chi ti ascolta rimane deluso. Sai, siamo in atmosfera natalizia e vogliamo rallegrarci.-

Sapevo perfettamente che per renderla più gioiosa avrei dovuto semplicemente spostare le mie dita più in su sul manico, ma non ne avevo la minima intenzione. Poi mi scocciava il fatto che questo ragazzo si prendesse così tanta confidenza da dirmi addirittura come suonare una mia canzone. - Lo so bene, ma non tutte le cose sono allegre e felici.-

Lui sospirò e si sedette accanto a me. Iniziai a pensare all'ultimo anno passato: una vera merda. Anche volendo, non sarei riuscita a trasmettere positività alla canzone, e un ascoltatore con un buon orecchio se ne sarebbe accorto subito. Il modo in cui suoni riflette infatti il tuo stato d'animo, quindi era una battaglia persa sforzarsi di rendere tutto felice agli occhi degli altri.

Appoggiai la testa al muro e durante quel movimento mi cadde il cappuccio dalla testa, mostrando le mie ciocche castane e mosse, leggermente umide: quel giorno ero arrivata al centro commerciale sotto la pioggia e i capelli non si erano ancora asciugati.

- Beh, tu potresti comunque tentare di renderla più... - lo interruppi subito.

- Tu suoni? - lui annuì - Bene, allora saprai che il tuo stato d'animo traspare in ciò che stai suonando, quindi non ci riuscirei.- Lui mi guardò, ma io non distoglievo lo sguardo dalle mie dita appoggiate sulle ruvide ultime tre corde.

Il pollice destro che prima era sospeso sul Mi, riprese il movimento lento accompagnato dal polso. Mi sentivo tranquilla quando suonavo e non ricordando la presenza del ragazzo seduto accanto a me, cantai un verso sulla melodia. - But I'mma be under the mistletoe...- Vidi con la coda dell'occhio le labbra carnose del ragazzo tendersi in un sorriso.

Fermai immediatamente le dita e dissi - Perché sei ancora qui?-

Lui rise divertito - Me ne vado, comunque fidati, in Do maggiore sarebbe stupenda! - sbuffai e lui rise ancora di più mentre si allontanava.

Decisi di provare a suonare solo una volta con quella dannata tonalità e quando il mio pollice si fermò alla prima corda dopo l'ultimo accordo, le persone che si erano radunate intorno a me applaudirono gioiose, cosa che mi innervosì terribilmente.

- Oh, ma vaffanculo!- Alcune mamme appoggiarono le mani sulle orecchie dei figli e mi guardarono indignate, mentre alcuni ragazzini scoppiarono a ridere. Poi tornarono alle loro compere, lasciandomi lì a suonare quella melodia.

 

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Capitolo 2
*** Ci speri ancora... ***


- L'hai trovato, Emma?- mi chiese Alexandra il giorno dopo a scuola.

Non specificò, ma sapevo bene a cosa si riferisse. Chiusi il mio armadietto grigio affranta e le risposi - No... Inizio a pensare che ormai sia già passato troppo tempo - mi appoggiai al metallo freddo e sospirai.

- No, un anno non è...- la interruppi subito, non volevo che cercasse di consolarmi anche in una situazione del genere.

- Sì invece, Alex. Un anno è molto tempo, tantissimo. Potrei fare una marea di cose in 365 giorni - mi spostai una ciocca castana dietro l'orecchio, segno di nervosismo.

- Però tu non hai fatto altro che uscire da scuola e andare al centro commerciale, tutti i giorni. Questo vuol dire che un po' ci speri ancora - mi disse la bionda sorridendo. Beh, non potevo negare l'evidenza: io ancora nutrivo la speranza di vedermi passare davanti il mio James. Lo aspettavo impaziente ogni giorno davanti a quel bar, con la chitarra sulle gambe incrociate. Eppure lui non arrivava... Avevo visto passarmi davanti di tutto e di più, ma non lui.

Abbracciai la mia migliore amica con tanto affetto e le sussurrai  nell'orecchio a cui era appeso un orecchino abbastanza sgargiante - Grazie, veramente. Grazie di tutto, non so come avrei fatto senza di te in tutti questi mesi - le diedi un bacio sulla guancia che lei ricambiò, poi ci avviammo verso le nostre classi.

- Di niente Emma. Ma anche Kate ti è stata vicino in questo periodo...- feci una smorfia a quelle parole.

Mia madre aveva cercato in tutti i modi di rallegrarmi, ma questo i primi mesi. Poi mi aveva fatto intendere che per lei io avrei dovuto dimenticarmi di James. Non sapeva assolutamente che io restassi seduta interi pomeriggi sullo sporco pavimento del centro commerciale. Però stavo iniziando a pensare che lei avesse ragione, o almeno in parte. Di certo non sarei mai riuscita a scordare definitivamente il moro dagli occhi blu, quello era impensabile. Avrei dovuto frequentare gente nuova, innamorarmi di un bel ragazzo e riuscire a ricordare senza rancori tutta la felicità che mi aveva portato nella vita James. Sarebbe stata la cosa giusta da fare.

- Sì, ovvio. Ma lei è mia madre e qualunque mamma lo avrebbe fatto per il proprio figlio, no? - le chiesi davanti alla porta dell'aula in cui avrei passato l'ultima ora di quella giornata scolastica.

- Certamente! - mi sorrise ed entrò nella classe di fronte alla mia dopo avermi guardata un'ultima volta.

Mi sedetti al mio banco accanto alla finestra e iniziai ad ammirare il paesaggio: gli alberi spogli mi trasmettevano una tristezza infinita.  Sembrava quasi che non ci fosse una via di scampo per quei rami nudi e secchi. Invece verso Marzo, così come ogni anno, sarebbero spuntati dei piccoli germogli verdi, grazie al calore del Sole. Poi, tempo qualche mese e avrebbero lasciato il posto a fiori colorati e profumati.

Io avevo bisogno del mio Sole, quello che mi avrebbe scaldata e fatta fiorire nuovamente. Già, perché io ero ormai paragonabile a quegli alberi che riempivano il giardino della scuola. Con l'unica differenza che il mio inverno, durava da quasi un anno.  Speravo con tutto il cuore che la primavera si sbrigasse ad arrivare e che durasse per sempre.

I miei pensieri furono interrotti dal suono della campanella. L'ora era già terminata e io non avevo seguito niente, non sapevo nemmeno di cosa avesse parlato la professoressa. Pazienza, al centro commerciale avrei controllato sul libro l'argomento successivo a quello studiato per la lezione precedente.

Mi infilai il giubbotto nero velocemente, presi lo zaino e uscii dall'aula per incontrare Alex.

Una volta fuori dall'edificio intravidi una chioma bionda e una cartella verde. Identificai la persona come la mia migliore amica e la raggiunsi.

- Ehi Alex! Com'è andata la lezione di matematica?- le chiesi ghignando. Conoscevo benissimo il suo odio nei confronti di quella materia e del professore che gliela insegnava.

- Oh, ma come sei simpatica... Tu mi sfotti solo perché sei un genio in quella cazzo di matematica di merda - disse arrabbiata.

Avrei giurato di aver visto del fumo uscirle dalle narici. Ma probabilmente era solo la mia immaginazione. Mi sarebbe piaciuto fare un disegno per ricordare la sua espressione infuriata. Magari avrei anche inventato una storia a fumetti dove lei fosse la protagonista. Di sicuro appena arrivata a casa quella sera, avrei iniziato qualche schizzo.

Era la mia passione disegnare, fin da quando ero solo una bambina con i codini castani e il vestitino azzurro. Poi da quando avevo conosciuto James, la chitarra aveva affiancato la matita. Avevo sempre amato la musica in generale, ma mi ero sempre limitata al canto. Il moro mi aveva insegnato a suonare quello strumento perfetto dal suono che si addiceva ad ogni minima situazione. Gli ero veramente molto grata per avermi fatto scoprire come muovere le dita su quelle sei corde.

- Vedo che non perdi mai la tua finezza, eh?- dissi ironica, poi continuai seria -Comunque, cos'è successo? Mi sembri più isterica del solito, sempre se sia possibile...- finì la frase scherzando, in fondo io e lei ci prendevamo sempre in giro, e ci volevamo tanto bene, come se fossimo sorelle.

- Hai presente Matt?- mi chiese abbassando il tono di voce. - Matt? Intendi Matt Kayse, capitano della squadra di football della scuola, quello per cui hai una cotta che ormai dura da non so quanto tempo? Meglio conosciuto come Matt-ho rotto i coglioni a Emma perché Alex parla solo di me-Kayse?- chiesi stizzita alla mia migliore amica.

Lei rise divertita e quando si calmò disse - Sì, proprio lui - si lasciò sfuggire un'altra risatina, poi continuò cercando di tornare seria - Comunque, per qualche motivo a me ignoto, dobbiamo fare una relazione insieme, capisci?- mi chiese lei come se fosse una cosa abbastanza scontata. Bene, avevo appena capito fino a dove potesse spingersi la sua stupidità. Di sicuro quello era il limite.

- Sinceramente? No, non capisco. Ma dico io, sei scema o cosa? Finalmente hai l'opportunità di stare con Matt, e tu sei arrabbiata?- dissi io seria. Dal suo sguardo intuì che si era appena ricordata qualcosa di importante.

- Oh sì, dimenticavo. Quella gallina scostumata di Jennifer, ha convinto il prof a farsi inserire nel nostro gruppo, dicendo che lei non se la cava in matematica e che le sarebbe d'aiuto stare anche con Luke. Quindi adesso siamo io, Matt, quell'oca di Jennifer e quel secchione di Luke - mi disse sconsolata.

- Beh, ma che ti importa? Poi Luke è simpatico e dolce, non trattarlo come se fosse una nullità...- lo pensavo veramente. Quel ragazzo era sempre gentile con tutti, sorrideva sempre, nonostante lo maltrattassero e io non potevo sopportare la gente che etichettava le persone come se fossero articoli di un supermercato. Ma sapevo che era solo un momento di rabbia per Alex e aveva bisogno di sfogarsi.

- Scusa, hai ragione. Io non ho niente contro Luke, anzi. Ma strozzerei volentieri quel mucchio di tette e ignoranza!- strinse i pugni e io scoppiai a ridere. - Senti, questo mese faranno un mercatino ogni venerdì, che ne dici se andassimo domani io e te? Ci divertiremo e ci sarà un sacco di gente...- disse alludendo alla mia disperata ricerca del moro.

Sorrisi e fui felice di rispondere - Non vedo l'ora Alex! Ci vediamo domani a scuola - le diedi un bacio sulla guancia e iniziai a correre verso casa, per afferrare la mia chitarra e dirigermi al centro commerciale come tutti i pomeriggi.

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Capitolo 3
*** Lui è stato il mio primo bacio ***


Ancora niente.

Nemmeno quel pomeriggio James era tornato. Forse ero io che sbagliavo. Era passato già troppo tempo. Iniziavo a pensare che lui non volesse avere più niente a che fare con me. Magari lui non teneva così tanto a me da farmi tornare tra le sue braccia. Ero come un cagnolino che rimane irremovibile nel punto in cui il suo padrone lo aveva abbandonato. Non potevo andare avanti così, nessuno ci sarebbe riuscito. Come può una persona "annullare" la sua vita per un'altra? Già, perché io avevo fatto questo. Ero talmente presa da James, che da quando non lo avevo più con me, non riuscivo a vivere. Ero più morta che viva.

Mi chiedevo come Alex fosse riuscita a sopportarmi in tutti quei mesi, così come mia madre. Dovevo cercare di non pensarci, o almeno riuscire a far credere agli altri che io avessi superato la cosa. Perché oltre a rovinare la mia vita, stavo rovinando la loro e non potevo permettere che ciò continuasse.

Dal giorno successivo non avrei trascorso interi pomeriggi su quel pavimento che migliaia di persone avevano calpestato. Ci sarei andata meno frequentemente, perché comunque, se il destino avesse voluto, avrei incontrato il mio bel moro dagli occhi azzurri in qualsiasi posto. Era però ancora da vedere se quello fosse ciò che effettivamente la vita aveva in serbo per me.

- Ciao Emma! Come mai mi hai chiamata? Cioè, non fraintendere, sono contentissima, ma devi ammettere che è strano...- ecco, Alex iniziava a parlare senza respirare tra una frase e l'altra e non mi lasciava nemmeno il tempo di rispondere alle sue domande.

Sbuffai e spostai il telefono all'orecchio sinistro, mentre mi sedetti sul letto in camera mia con un piede sotto il sedere - È strano solo perché si tratta di me, Alex. La verità è che mi sono stancata di sembrare un morto che cammina e voglio tornare ad essere l'amica di una volta - dissi sincera.

- Brava Emma, così si fa! - mi disse con il tono di un allenatore fiero del suo atleta. Pensai a quanto fosse stupida la mia migliore amica e sorrisi.

- Bene, quindi che facciamo? - le chiesi impaziente, anche se in realtà quella sera volevo fare una cosa che mi ero prefissa da un po' di tempo.

- Allora, abbiamo detto che domani andiamo al mercatino... Piccola parentesi: non vedo l'ora! - disse eccitata.

- Beh, vai a farti una bella visita dall'oculista, Alex - feci una battuta a dir poco penosa, ma non potevo evitare di dirla, era più forte di me.

Lei finse una risata - Certo che questi mesi rinchiusa in casa ti hanno proprio rincoglionita, eh? Comunque, prima che mi interrompessi pietosamente, ti stavo dicendo che secondo me dovresti stare a casa oggi è chiedere scusa a Kate e a Joseph per l'anno che hanno dovuto passare insieme ad una mummia - concluse lei lasciandomi a bocca aperta.

Lei aveva capito tutto. Aveva capito che mi ero sentita totalmente in colpa per quello che avevano dovuto sopportare i miei genitori.

Sorrisi - Io ti adoro! Capisci sempre di cosa ho bisogno, devo andare, a domani bella! - le chiusi il telefono in faccia senza lasciarle il tempo per rispondere, ma sapevo che lei mi avrebbe capita e non si sarebbe arrabbiata.

Così mi alzai, gettai il cellulare sul letto e corsi in sala dai miei genitori, sperando che potessero perdonarmi tutto, nonostante non mi avessero mai fatto pesare nulla. Erano molto comprensivi, fortunatamente. Li sentii parlare fra di loro.

Sembravano preoccupati, ma non captai subito l'argomento della conversazione.

- Non posso più vederla così triste, quel ragazzo le ha rovinato la vita, inconsapevolmente, ma l'ha fatto - disse mia madre, facendomi capire di essere al centro del loro discorso.

- Già, Emma era così felice con lui e da quel dannato pomeriggio ha perso tutta la voglia di vivere... - concordò con lei mio padre e dal suo tono compresi tutto il suo dispiacere.

Appoggiai la schiena al muro e una lacrima mi bagnò percorrendo il mio viso. Quei ricordi facevano male. Come delle coltellate allo stomaco. Non sapevo se sarei riuscita a superare tutto, ma di sicuro ci avrei provato con tutta la mia buona volontà.

Aprii la porta della stanza e con le lacrime che mi inondavano il viso, mi precipitai tra le braccia dei miei genitori - Io... Mi dispiace, veramente. Cercherò in tutti i modi di dimenticare James... So di essere stata intrattabile, ma lui è stato il mio primo bacio e...- iniziai a singhiozzare al ricordo della prima volta in cui ho sentito le sue labbra sulle mie, ero così incapace, eppure mi sentivo a mio agio con lui, come se fossi nata solo per incontrarlo e stare con lui per sempre.

Loro mi strinsero con affetto e mi accarezzarono i capelli dolcemente - Amore, non devi dimenticarlo, devi solo superare tutto e riuscire a pensare a lui senza piangere... Noi ti amiamo tanto e non possiamo vederti così triste - mi asciugarono le lacrime e io sorrisi riconoscente.

- Anche io vi amo, tanto! - mi allontanai leggermente per far vedere loro il mio sorriso che tanto amavano, poi continuai - Domani dovrei andare al mercatino con Alex... Cioè, lei mi ha invitata, posso andare?- sapevo che non avrebbero avuto niente in contrario, ma chiesi comunque.

- Certo tesoro mio! - mi rispose mia madre con lo sguardo pieno di felicità. Mio padre non aveva risposto, ma dallo sguardo capii che per lui non c'erano problemi.

Dalle parole che mia madre mi sussurrò nell'orecchio, mi resi conto di  quanto tenesse alla mia felicità - Chissà se domani incontrerai un ragazzo che ruberà il tuo cuore dalle mani di James...- la guardai e notai i suoi occhi speranzosi. Mordendomi il labbro inferiore, le sorrisi e scossi la testa divertita: sembrava una ragazzina. Amavo quello pazza di mia madre!

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Capitolo 4
*** Come una sorella ***


- Ehi Emma, guarda che bella sciarpa!- Alex mi indicò una soffice striscia di lana bianca.

Le sorrisi: gliel'avrei regalata di sicuro per Natale insieme a qualche altra cosa. - Sì, hai ragione - mi sentivo un po' triste però... Quella tipica atmosfera natalizia mi ricordava troppo James ed era proprio ciò di cui avevo meno bisogno in quel momento.

- Qualcosa non va?- mi chiese dolcemente Alex, come quando una madre consola il figlio. Lei era come una sorella per me: riusciva a capire qualsiasi cosa provassi semplicemente guardandomi, e viceversa.

- No, è solo che... Ecco, tutto questo- indicai con un gesto della mano quello che ci circondava - mi ricorda troppo James e... Mi fa male- conclusi guardandola negli occhi.

Lei mi sorrise comprensiva e mi abbracciò stringendomi con affetto il corpo. - Sono sicura che lo troverai, ovunque sia. Probabilmente fino ad adesso hai sbagliato approccio: magari non devi aspettarlo, ma trovarlo tu stessa- quelle parole mi fecero riflettere.

Effettivamente io avevo sempre sperato che il moro mi passasse davanti casualmente, ma non avevo mai pensato di farmi coraggio e cercarlo. La verità era che l'idea di trovarlo mi intimoriva enormemente: come avrei fatto nel caso di un rifiuto da parte sua nei miei confronti? Non sarei riuscita a sopportare una situazione del genere.

- Ti ho mai detto che sei un genio? Beh, lo sei!- le dissi allegra, mentre lei rise.

- Ma io lo sapevo già- mi spinse leggermente dal gomito e ridemmo insieme. Poi continuò - Allora, io devo prendere delle cose per mia madre, tu se vuoi fai un giretto, va bene?- mi chiese gentilmente.

- Certo, dove ci incontriamo dopo?- mi guardai intorno e notai quanta gente allegra e spensierata girasse tra le bancarelle senza pensieri negativi per la testa, probabilmente. Ripensai a James e mi chiesi se in quel momento lui, ovunque fosse, si sentisse felice, se mi pensasse ogni tanto.

Solo quando Alex mi passò una mano davanti agli occhi, mi accorsi che mi stava chiamando da qualche minuto, senza ottenere una qualche risposta da parte mia. - Emma?- disse nuovamente la bionda con tono preoccupato.

- Ehm, sì scusa - sorrisi - dicevi?- la guardai attendendo una risposta.

- Che potremmo ritrovarci davanti alla fontanella dell'acqua tra una mezz'ora, sei d'accordo?- io annuii in risposta e lei, naturalmente, comprese il motivo del mio comportamento - Ancora James, dico bene?- il mio silenzio fu la conferma. Guardai altrove per non farle notare i miei occhi verdi velati di lacrime che da un momento all'altro mi avrebbero inondato il viso.

- Allora tra trenta minuti alla fontana?- finsi un sorriso che lei ricambiò con uno più vero e semplicemente stupendo.

- Sì, a dopo bella!- ci scambiammo un bacio sulla guancia. Lei sorrideva ancora. Le brillavano gli occhi quando era felice e mi trasmetteva calma e tranquillità. Era la cosa migliore che mi fosse mai capitata.

Iniziai ad osservare ciò che i mercanti avevano disposto sulle bancarelle e ripensai alla sciarpa bianca: forse avrei dovuto prenderla subito per non rischiare poi di non ritrovarla successivamente.

Mi ritrovai di nuovo di fronte al viso rassicurante della donna anziana che mi sorrise - Dimmi pure cara... Cosa ti serve?- io guardai il ripiano ricoperto di tessuti vari per ritrovare quella nuvoletta soffice e candida. Rimasi delusa: qualcuno l'aveva già acquistata.

Risposi con tono sconsolato -Ehm, niente, vedo che non c'è più...- la donna sorrise e mi chiesi il motivo.

Lo compresi grazie alle sue parole - Cerchi la sciarpa bianca per la tua amica, vero?- annuii e lei inondò le mie orecchie con la sua dolce risata - Sapevo che saresti venuta a prenderla, così te l'ho messa da parte- sorrisi riconoscente.

Era stato davvero gentile da parte sua. - Grazie tante signora- lei scomparì dentro al furgoncino contenente il resto della merce: sciarpe, guanti, maglioni e capelli di tutti i colori. Tradotto: il paradiso di Alex. Lei adorava quei capi d'abbigliamento.

La signora era assente da alcuni minuti e io per passare il tempo iniziai a canticchiare qualche melodia natalizia.

- But I'mma be under the mistletoe... With you, shawty with you... With you, shawty with you... With you, under the mistletoe...- involontariamente mi uscirono dalle labbra queste parole, accompagnate dalla melodia che inondava i miei pensieri. Da quando l'avevo suonata per la prima volta, il ritmo era cambiato e ora risultava lievemente più veloce e allegra. Probabilmente era tutto merito della presenza di Alex. Anzi, sicuramente. La signora sbucò dalla portiera bianca e mi porse un pacchettino blu con il nastro oro ed era facile intuire cosa contenesse: era molto morbido, come la sciarpa che conteneva.

- Te l'ho già incartato cara, sono $20- io le sorrisi riconoscente.

Le avvicinai la banconota - Grazie mille, buon lavoro!- mi girai canticchiando la mia melodia con un tono dolce.

All'improvviso andai a sbattere contro qualcuno e il pacchetto mi sfuggì dalle mani. Mi abbassai per raccoglierlo - Scusi, andavo di fretta- farfugliai alzandomi. Guardai la persona contro cui ero andata e mi ritrovai davanti un ragazzo con il ciuffo e gli occhi color nocciola.

L'avevo già visto da qualche parte, ma non ricordai dove fino a quando lui non parlò - Ecco chi mi ricordavi! Tu sei la ragazza del centro commerciale- disse lui sorridendo. Ah, già...

Risposi velocemente - Sì sì certo. Come ho già detto sono di fretta, quindi, se permetti...- mi girai verso la strada che mi avrebbe portato alla fontanella dove avevo l'appuntamento con Alex.

Lui mi impedì di camminare afferrandomi un braccio - Ho sentito che hai continuato la canzone- mi disse.

Inarcai un sopracciglio - Sì. Scusa, mi aspetta la mia amica- dissi scocciata.

- È carina?- mi chiese malizioso.

Scoppiai a ridere - Sì, molto, ma è "impegnata"- mimai le virgolette e lui rise -con Matt Kayse, capitano della squadra di football, perciò...- lasciai la frase in sospeso.

- Non ho speranze quindi?- mi chiese e io scossi la testa.

- È semplicemente un coglione senza cervello che fa avanti e indietro lungo un campo, ma "lui è figo", parole di Alex- lì scoppiammo a ridere entrambi.

- Sono Justin comunque- allungò la mano.

- Emma- dissi e gliela strinsi con la mia. La sua pelle era morbida e calda, abbastanza piacevole.

- Conosciuta anche come "vischio"...- rise alla sua battuta che mi aveva sconvolta. Come si era permesso a fare una battuta così squallida? Gli lanciai un'occhiataccia e rivolsi lo sguardo verso Alex che mi sorrideva dalla panchina disposta di fianco alla fontana.

Alzai la mano come saluto e dissi al ragazzo senza guardarlo - Divertente- poi iniziai a camminare.

- Ehi, cosa ho fatto?- sentii dire dal ragazzo spiritoso.

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Capitolo 5
*** Dovrei tagliarmi i capelli... ***


-Ti prego, ti prego, ti prego dimmelo Emma!- Alex riuscì a sfondarmi il timpano destro con i suoi acuti anche dal cellulare.

-Ti ho già detto che non è nessuno, perché ti sei fissata con questa storia?- le chiesi terminando la frase sconfortata.

Da ben due giorni la bionda continuava a chiedermi chi fosse quel ragazzo che al mercatino parlava con me. Quando l'avevo raggiunta alla panchina quel venerdì, eravamo tornate a casa tranquillamente, ma probabilmente durante la notte si era ricordata magicamente di quel particolare che speravo non avesse notato. Ma evidentemente le mie preghiere erano state vane.

-Oh, ma dai, non ti faccio tenerezza nemmeno un po'?- mi chiese e io mi immaginai le sue ciglia sbattere ripetutamente come per addolcirmi ed estorcermi le informazioni che desiderava. Informazioni che effettivamente non esistevano, almeno non quelle che lei avrebbe definito "scottanti".

-No per niente. E comunque non serve sbattere le ciglia fino a farti venire un crampo alle palpebre: io non posso vederti, ricordi?- le dissi facendola sbuffare.

-Allora mettila così: è un figo pazzesco e voglio delle informazioni sul suo conto. Più che volerle, le pretendo!- con quest'ultima frase mi mise con le spalle al muro: dovevo per forza risponderle, funzionava così tra di noi.

-Mi stupisce questa cosa Alex. Cosa potrebbe pensare tuo "marito" Matt se lo scoprisse? Sarebbe un oltraggio per lui...- dissi drammatica.

Lei scoppiò a ridere e io la imitai -Sciocca, sai cosa intendo. Vorrei solo che tu iniziassi a frequentare qualche bel ragazzo e, porca puttana, quello è... È wow, veramente wow!- quando non riusciva a trovare l'aggettivo adatto, lo sostituiva con 'Wow', cosa che mi faceva sorridere sempre involontariamente.

Sbuffai -E va bene. Si chiama Justin, l'ho incontrato la prima volta al centro commerciale e, notizia bomba, è un cazzone di merda che ci avrebbe provato con te senza nemmeno averti vista. Contenta ora?- chiesi sarcastica.

-Ehm... Ok, non ho compreso l'ultima frase, ma ok... Comunque io rimango dell'idea che lui sia veramente wow!- scoppiai a ridere e lei continuò -Ehi, ma è vero- disse fingendosi offesa.

-Lo so Alex, ora devo andare, ho deciso che cercherò James per il centro commerciale, invece di aspettarlo sul pavimento- dissi fiera del mio passo in avanti.

-Bene, ottima scelta. A me tocca quella merda di relazione- mi disse Alex prima che chiudessi la conversazione telefonica.

Decisi che per quel giorno non avrei indossato la solita felpa extra-large. Non volevo assolutamente che James potesse vedermi conciata come una barbona dopo un anno che nessuno dei due aveva notizie dell'altro. Indossai un jeans bianco stretto e un cappotto rosso, in perfetto stile natalizio. Raccolsi i capelli in una coda alta e ordinata, presi la mia fidata chitarra e uscii di casa salutando i miei genitori con il sorriso sulle labbra.

Una volta arrivata a destinazione, entrai nell'enorme edificio e iniziai a suonare. Nonostante fosse lunedì pomeriggio, un sacco di gente riempiva il centro commerciale. Buon per me: avevo più possibilità che James fosse presente.

Camminavo tra le persone mentre il mio polso si muoveva velocemente ed energicamente per permettere alle mie dita di far suonare alle corde, ormai rovinate, le melodie che rimbombavano nella mia mente.

Un bambino di circa cinque anni iniziò a fissarmi, affascinato da quel suono ipnotico. Scuoteva la testa a destra e a sinistra in perfetta sincronia con le note.

Mi avvicinai sempre di più a lui, che era seduto ad un tavolino del bar. Era solo e volevo fargli compagnia con la mia musica.

-Kiss me underneath the mistletoe. Show me baby that you love so, oh oh oh oh oh oh...- cantai con un tono molto dolce e rassicurante.

Il bambino sorrise e applaudì allegro, incitandomi a continuare la canzone. Le mie dita non si fermavano, scorrevano velocemente da una corda all'altra. Ma non avevo ancora pensato a dei versi da cantare su quella base. Anche se, effettivamente, fino a quel momento non avevo minimamente pensato alle parole da pronunciare. Le avevo cantate involontariamente.

Una voce femminile interruppe quella strana atmosfera che si era formata tra me e il bambino. Era come se ci fossimo distaccati da tutto ciò che ci circondava -Ehi Jaxon ti ho preso la cioccolata calda e il...- lasciò la frase in sospeso quando si accorse della mia presenza.

Le sorrisi -Ciao, stavo facendo compagnia a Jaxon con la mia musica. Vado- dissi girandomi e avviandomi verso un'altra area dell'edificio.

Ma lei mi fermò mettendomi una mano sulla spalla -Io sono Jazzy, sua sorella- mi girai verso di lei e sorrisi.

-Io sono Emma- lei ricambiò il sorriso.

-Sai, Jaxon adora la musica. Passa interi pomeriggi ad ascoltare nostro fratello- Jazzy guardò il bambino con amore e gli scompigliò i capelli dolcemente, mentre Jaxon rise e morse il suo muffin.

-Che cosa suona?- chiesi curiosa.

-La chitarra e il pianoforte, ma io preferisco la sua voce: quando canta mi viene la pelle d'oca. Ora che ci penso dovrebbe avere la tua età, più o meno- disse scrutandomi.

-Oh, beh, magari viene nella mia scuola. Come si chiama?- la guardai negli occhi. Occhi che mi sembrò di avere già visto e apprezzato.

-No, lui non frequenta più la scuola. Lavora in questo bar. Guarda, è il ragazzo dietro il bancone- con il suo dito mi indicò un punto oltre i tavolini disposti fuori dal bar per i clienti, dietro alla vetrata lucida.

Seguì con lo sguardo le sue indicazioni e i miei occhi verdi vagarono qualche secondo prima di posarsi sulla alta e muscolosa figura di un ragazzo dal ciuffo biondo scuro e il sorriso smagliante.

-Justin- sussurai scocciata. Ero arrabbiata con lui, molto.

-Lo conosci?- mi chiese la ragazza incredula.

Feci un verso che poteva significare tante cose e lei rise spensierata.

-A quanto pare sì...- disse Jazzy prima di ridere nuovamente.

La guardai attentamente e mi accorsi dell'incredibile somiglianza tra lei e quel coglione di suo fratello, quello grande naturalmente. Jaxon mi stava pure simpatico.

Le sorrisi per salutarla e mi diressi verso un tavolino per bere qualcosa.

Nell'attesa che il cameriere venisse a prendere l'ordinazione, chiamai Alex.

Dopo vari squilli rispose -Pronto?- dalla voce intuii la sua allegria.

-Pronto Alex, sono Emma. Come sta andando la relazione?- chiesi curiosa.

-Bene, molto bene!- disse e non riuscì a trattenere una risatina.

-Ehi, ma che succede?- chiesi notando il suo comportamento. Accavallai le gambe per essere più comoda.

-Guarda, ti racconto tutto domani, promesso- mi stava nascondendo qualcosa, ma mi fidavo e sapevo che mi avrebbe riferito nei dettagli l'intero pomeriggio. Probabilmente non poteva parlarne in presenza degli altri tre.

-Tu, piuttosto, hai trovato James?- mi chiese poi seria.

-No, non l'ho trovato- risposi affranta. Presi una ciocca dei miei capelli castani e notai le punte rovinate e più chiare rispetto al resto della mia chioma -Sai, dovrei tagliarmi i capelli- dissi distrattamente.

Lei rise -Cambi sempre discorso Emma... Ti saluto ora, a domani!- mi salutò Alex.

Chiusi la conversazione e appoggiai il cellulare sul tavolino.

Poi abbassai lo sguardo e non notai che nel frattempo qualcuno si era seduto nella sedia di fronte alla mia.

-Cosa non hai trovato?- mi chiese con curiosità.

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Capitolo 6
*** Bianca e gelida come la neve ***


Alzai gli occhi e guardai la persona che mi aveva parlato, nonostante l'avessi riconosciuta dalla dolce voce.

-Oh gioia...- dissi ironica guardando i suoi occhi nocciola -Non sono affari tuoi comunque- continuai brusca.

 -Emma, io lavoro qui, non è colpa mia se mi hanno dato il tuo tavolo da servire- mi disse tranquillamente. Mi venne una strana voglia di strozzarlo lì davanti a tutti. Ma cercai di frenare i miei istinti omicidi.

-Sì sì, come no. Non dovresti lavorare, invece di parlare con me?- domandai fissando un punto indefinito dietro alle sue spalle.

-Perché vai sempre in giro con la chitarra?- ignorò la mia domanda. E io ignorai la sua. Volevo stare serena e in pace sorseggiando una bella cioccolata calda e poi continuare le ricerche del moro, ma evidentemente non era possibile.

Dopo qualche minuto di silenzio lui continuò -Non me lo dirai, vero?- mi fissò negli occhi.

Lo fissai di rimando -Ti hanno mai detto che sei molto perspicace?- chiesi ironica.

-Va bene, ho capito- si alzò -Cosa ti porto?- disse freddo.

Mi alzai dalla sedia e afferrai la mia chitarra e il cellulare -Porta il tuo culo ad almeno un chilometro di distanza da me, grazie- mi girai dalla parte opposta e iniziai a camminare.

Lui mi seguì -Perché sei così acida con me?- il suo tono era triste. Lo guardai ma non risposi. Poi rivolsi lo sguardo altrove, mentre lui si avvicinò -Senti, io finisco il turno tra una decina di minuti. Aspettami, così parliamo un po'- propose sorridendo dolcemente.

-Io... Non so... Ehm...- ero arrabbiata con lui -Uff, va bene Justin- sbuffai e lui ridacchiò.

-Stai seduta qui mentre mi aspetti- mi accompagnò al tavolino di prima.

Dopo circa quindici minuti Justin mi mise una mano sulla spalla, come per richiamare la mia attenzione.

-Facciamo una passeggiata?- mi chiese sorridente. Aveva un bel sorriso, questo non si poteva negare.

-Va bene, come vuoi- risposi scocciata. Mi alzai dalla sedia e presi la mia chitarra, ma lui mi fermò.

-Te la porto io- disse tranquillo. Io mi limitai ad annuire.

Poi rimasi in silenzio osservando il pavimento dell'edificio.

Una volta usciti lui iniziò a parlare, probabilmente imbarazzato per quel silenzio che si era creato -Allora... Ehm... Quanti anni hai?- io alzai gli occhi al cielo.

-Diciassette. Senti, so che mi vuoi chiedere qualcosa. Quindi, per favore, evita giri di parole- sbottai acida.

Lui rise divertito dal mio comportamento -Ok, volevo chiederti perché sei così acida, insomma, nemmeno mi conosci e già mi tratti a pesci in faccia- concluse serio.

Evidentemente gli interessava realmente il motivo del mio comportamento.

-Beh, non penso di volerlo dire a te il motivo. Ma che sto dicendo, non c'è nessun perché, io sono così e basta- perché mi metteva così in agitazione? Probabilmente per paura che potesse giudicarmi.

Mi girai di scatto per allontanarmi da lui, ma mi prese il braccio per bloccarmi.

La sua pelle era in contrasto con la mia.

Bianca e gelida come la neve io, abbronzato e caldo come la sabbia sotto il sole lui.

Mi vennero i brividi alla schiena per quel contatto: il suo calore era troppo diverso dal mio e quella vicinanza mi aveva scossa.

Così allontanai il braccio velocemente e lui sorrise -Scusa, non è colpa mia se sei gelida- mi guardò negli occhi.

-No, sei tu ad essere bollente come se fossi stato attaccato per tutto il giorno al calorifero...- lui rise e io sorrisi lievemente.

-Comunque, potresti parlare con me. Voglio dire, io non posso giudicare in modo soggettivo, non è un vantaggio per te? Io potrei essere oggettivo e sincero- ritornò al discorso precedente.

Il suo ragionamento non faceva una piega. Aveva pienamente ragione e io avevo bisogno di un consiglio da parte di qualcuno che non avesse mai preso parte alla mia storia. Perché i miei genitori ed Alex erano stati influenzati troppo dalla mia sofferenza e dai miei pianti disperati.

Sospirai e mi arresi -Ok, hai ragione. Magari potresti essermi d'aiuto- conclusi.

Lui annuì e successivamente mi indicò una panchina per sederci ed essere più comodi. La raggiungemmo e mi sedetti, seguita da lui che appoggiò la mia chitarra sulle sue ginocchia.

Dimenticai momentaneamente la mia storia e gli dissi -Ho conosciuto Jazzy e Jaxon al bar, prima- lui alzò lo sguardo dalle corde al mio viso e sorrise.

-Davvero?- chiese e io annuì.

-Sì, stavo suonando e ho notato che Jaxon era affascinato dalla musica, così mi sono avvicinata- risposi fissando le mie unghie.

Lui rise, probabilmente pensando al fratellino -Lui adora la musica. Sono sicuro che da grande diventerà un musicista come il suo fratellone- disse fiero.

Io scoppiai a ridere immaginando Justin e suo fratello da grandi in una boy band. Era complicato raffigurarsi Justin da adulto, ogni tentativo risultava fin troppo ridicolo.

-Perché ridi?- mi chiese divertito dal mio comportamento.

-Niente, niente- avevo le lacrime agli occhi per le risate.

-Dai, dimmelo ti prego- mi supplicò lui.

Scossi la testa -No, spiacente. Magari un giorno, chissà...- risposi vaga.

-Guarda che io ho una buona memoria, ti avverto- gli sorrisi sinceramente.

Il silenzio tornò a regnare intorno ai nostri corpi.

Iniziai ad avere freddo e rabbrividii.

Lui se ne accorse -Hai freddo, Emma?- mi chiese preoccupato.

La temperatura era veramente bassa e avrei preferito rimanere al tavolino del bar, riscaldata da una bella cioccolata, ma ormai... -No no, è tutto a posto. Poi sono gelida di mio, quindi...- dissi tranquillizzandolo.

-Sei gelida e quasi trasparente. Ti si vedono le vene ai lati degli occhi- disse osservando il mio viso. Poi appoggiò delicatamente le dita al di sotto del sopracciglio sinistro e mi accarezzò lievemente. Quel tocco era stato piacevole e i brividi aumentarono nuovamente per il suo calore.

-Sembri una di quelle palle natalizie di vetro, quelle piene di brillanti...- mi disse dolcemente. Lo presi come un complimento per il suo tono di voce. Quelle palline mi erano sempre piaciute... Così sorrisi.

Dopo alcuni minuti di silenzio, parlò nuovamente -È molto triste la tua storia?- mi chiese.

Io lo guardai dritto negli occhi. Il colore mi trasmetteva calore, era una visione piacevole. Sospirai e iniziai a raccontare...

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Capitolo 7
*** Ti stai pentendo ***


-È iniziato tutto l'anno scorso, io e i miei genitori siamo andati in vacanza a Miami per l'estate. Era tutto così bello e caldo, mi piaceva troppo la Florida... Ma era niente in confronto a un ragazzo che avevo incontrato per le strade di quella città affollata... I suoi occhi erano così... Brillanti e limpidi, come le acque blu e profonde del mare. Mi avevano colpita subito, così come la sua dolcezza infinita. Mi sentivo la principessa di una fiaba con lui. Abbiamo iniziato a passare le giornate insieme, non ci stancavamo mai di stare sdraiati sul tetto della sua auto a fissare le stelle. A volte eravamo capaci di stare ore e ore a parlare. Mi ero innamorata di lui. Solo che poi è arrivato Settembre e io sarei dovuta tornare qui a Los Angeles per frequentare il terzo anno. Ma eravamo così tanto uniti... Non sarei mai voluta partire, volevo restare a Miami, con lui- mi fermai qualche istante per prendere fiato.

Ma i ricordi iniziarono ad affollarsi nella mia mente. Non riuscivo a non sentirmi invasa dalla tristezza ripensando a quei giorni passati con il mio grande amore.

Iniziai a singhiozzare e Justin se ne accorse.

Abbassai lo sguardo per non permettere che vedesse le mie lacrime. La sua mano si mosse timidamente e raggiunse la mia. Delicatamente intrecciò le nostre dita e io mi sentii confortata. -Continua Emma- mi incoraggiò Justin stringendo dolcemente le mie dita.

Alzai velocemente il viso verso l'alto e osservai il cielo grigio e cupo di Dicembre. Era invaso dalle nuvole come il mio cuore dalla stanchezza, dalla rabbia e dalla tristezza. Volevo superare il più in fretta possibile questa situazione. Speravo che parlarne con il biondo seduto accanto a me potesse aiutarmi.

Mi asciugai con il dorso della mano le guance e sorrisi timidamente. -Beh, rimanere non era possibile. Lui avrebbe iniziato l'università e io sarei tornata alla mia solita routine. Così Settembre finì con la stessa velocità con cui era arrivato interrompendo le vacanze estive più belle che avessi mai avuto. Ci sentivamo spesso per telefono, ma non era la stessa cosa. Un giorno stavo tornando a casa distrattamente, non guardavo niente e nessuno. Lo ricordo come se fosse ieri... Ho infilato la chiave nel cancelletto di casa quando all'improvviso ho sentito il suo profumo invadermi le narici. Non saprei descrivere ciò che ho provato, so solo che è stato meraviglioso. Mi sono girata velocemente e mi sono fatta stringere dalle sue braccia forti. Ho iniziato a piangere per la gioia- sorrisi al ricordo di quel pomeriggio e Justin mi accarezzò con il pollice il dorso della mano che stava stringendo -poi è successo tutto così dolcemente: mi ha preso il viso tra le mani e si è avvicinato lentamente, come per paura di non essere ricambiato, ma io...- risi amaramente -non aspettavo altro da mesi. Così le nostre labbra si sono scontrate. Ero un po' insicura inizialmente. Ma è stato il primo bacio perfetto, quello che ho sempre sognato...- mi scese un'altra lacrima salata.

Justin mise una mano dentro alla tasca del suo giubbotto e ne tirò fuori un pacchetto di fazzoletti. Ne prese una e asciugò delicatamente il mio viso, prima le guance e poi gli zigomi. Successivamente mi accarezzò dolcemente il viso provocandomi altri brividi.

-Che è successo dopo il bacio?- il suo tono mi confortò: era dolce e rassicurante. Lo stesso con il quale avevo cantato quel pomeriggio al suo fratellino.

Respirai profondamente per calmarmi, poi continuai il mio racconto -È rimasto con me qui, a Los Angeles, ma i suoi genitori erano contrari, volevano che continuasse i suoi studi universitari per diventare avvocato come il padre. Ma lui mi amava e non voleva stare distante da me. Io ero il suo sole e lui era il mio, giravamo uno intorno all'altra senza fermarci. Il nostro amore ci teneva uniti- Justin sorrise -Siamo andati avanti così per un po', poi è arrivato il tanto atteso periodo natalizio...- il mio tono di voce divenne più cupo e il biondo se ne accorse.

Si sistemò meglio sulla panchina e ascoltò ancora più interessato di prima.

-Io ero a scuola quel giorno e, quando sono tornata a casa, l'ho trovato ad aspettarmi sul divano con un ramo di vischio tra le mani. Mi venne spontaneo sorridere perché mi ricordai di avergli raccontato quanto desiderassi un bacio sotto il vischio... Te l'ho detto, mi faceva sentire una principessa, riusciva sempre ad accontentarmi e a farmi sorridere. Intuii quindi che volesse donarmi quel bacio, ma io volevo aspettare almeno la vigilia di Natale, per rendere tutto più romantico. Lui voleva sempre scherzare e ha iniziato a rincorrermi per tutta la casa con quel rametto in mano cercando di baciarmi. Mi stavo divertendo molto, non avrei mai potuto immaginare che sarebbe finita così male... Ancora oggi mi pento di non averlo baciato subito, con il ramo ad osservarci sopra alle nostre teste...- all'improvviso mi fermai.

Non volevo più andare avanti. Sapevo che tutti quei ricordi, che avevo cercato di reprimere in quell'anno, mi avrebbero distrutta psicologicamente. Iniziai a tremare impaurita e insicura.

-Ehi, stai tranquilla. So che adesso ti stai pentendo di aver ricordato tutti quei momenti, ma io ti aiuterò in qualche modo, te lo prometto- disse nel tentativo di tranquillizzarmi.

-Sono scappata da casa e mi sono ritrovata in strada dopo aver percorso il giardinetto. Lui mi ha seguita. Abbiamo corso ancora, fino a quando iniziò a mancarmi il fiato per la stanchezza. Così mi arresi e lui felice si è avvicinato per baciarmi. Entrambi ci scordammo di essere in mezzo alla strada in quel momento, seppure sulle strisce pedonali, e da lì tutto il mio mondo è andato in frantumi. Tutto per colpa di un bastardo che andava di fretta, troppo distratto per accorgersi di noi due- strinsi la mano, che Justin non stava accarezzando, in un pugno per la rabbia.

Rabbia verso quell'uomo e rabbia verso me stessa.

-Non vorrai dirmi che...- lui si interruppe, ma io intuii ugualmente cosa stesse cercando di dire.

-Sì, l'ha investito. Era proprio nella sua traiettoria. Io ero leggermente più spostata, quindi sono solo finita dall'altro lato della strada, mi sono rotta il polso per la caduta. Ma a James non è andata così bene. L'ho visto rotolare sopra al tetto dell'auto per poi cadere sulla strada...- non mi interessava più che Justin potesse vedere le lacrime. Avevo bisogno di sfogarmi. -È stato orribile, Justin. Vedere la persona a cui hai donato il tuo cuore in una pozza di sangue. Ho avuto gli incubi ogni notte per quasi quattro mesi... Ancora adesso mi succede. Io dentro casa mia che vedo tutto dalla finestra, ma non posso salvarlo perché sono legata. È come se ogni volta rivivessi quel momento. E ogni volta piango, mi dimeno, ma niente. Io sono impotente davanti a tutto. Ma quell'uomo non ha fatto niente per aiutarci, è sfrecciato via lungo la strada- gridai arrabbiata.

Justin era scioccato e leggermente scosso.

Senza pensarci due volte mi abbracciò trasmettendomi tutto il suo calore e il suo conforto. Quell'abbraccio mi tranquillizzò. Era proprio ciò di cui avevo bisogno.

Affondai il viso tra il suo collo e la sua spalla.

Profumava. Un profumo fresco e delizioso, che mi regalò una sensazione di pace.

-La cosa peggiore è che i suoi genitori non mi hanno più permesso di vederlo. Pensavano che fossi la causa di tutto. E avevano ragione. Io ora non so dove sia, non so se sia vivo o meno. Nessuno voleva che mi avvicinassi a quella stanza dell'ospedale. Per questo passo interi pomeriggi a suonare per il centro commerciale. Io spero che lui sia vivo, che venga a cercarmi e riconosca la mia voce. Ma mi basterebbe anche solo sapere che è vivo e felice. Io sono sempre in dubbio, Justin, non so se dovrei dimenticarlo o cercarlo o... Non lo so- dissi sconfortata.

Lui mi strinsi con più forza e contemporaneamente affetto. -Mi dispiace così tanto, Emma, veramente. Non meriti tutto ciò che hai passato. Mi dispiace per aver fatto quella battuta l'altro giorno e per aver pensato che tu fossi acida. Io non potevo immaginare tutto questo- disse sinceramente dispiaciuto.

-Per favore, aiutami. Non importa come, ma fallo- mi stupii delle parole uscite dalla mia bocca.

Io conoscevo solo il suo nome, come potevo pretendere che mi aiutasse?

-Lo farò Emma. Te lo prometto- mi sussurrò nell'orecchio.

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Capitolo 8
*** Lacrime calde e salate ***


-Adesso però fa veramente troppo freddo, è meglio andare- mi disse dolcemente.

Io annuii e mi alzai dalla panchina, seguita da Justin. Poi mi asciugai velocemente le ultime lacrime. Iniziammo a camminare, diretti ognuno verso la propria casa.

Dopo qualche minuto decisi di rompere il silenzio che si era creato -Mi dispiace, non ho fatto altro che parlare...- dissi.

Lui spalancò gli occhi nocciola -Emma, non ti preoccupare minimamente. Tu avevi bisogno di sfogarti e io volevo conoscerti. Non devi sentirti in colpa, capito?- mi tranquillizzò lui.

Sorrisi lievemente e lui strinse le mie dita con le sue, calde e morbide. -Grazie Justin. La prossima volta mi racconterai qualcosa tu?- chiesi speranzosa.

Una persona che ti ascolta per più di un'ora, è veramente una persona speciale. E io ne avevo bisogno. Volevo che diventassimo amici, e forse eravamo già sulla buona strada.

-Certo. Magari ti suonerò qualche mia melodia- disse sorridente.

-Jazzy dice che sei bravo anche a cantare...- gli feci notare.

Lui abbassò lo sguardo verso le sue scarpe consumate -Mia sorella esagera- si grattò il collo imbarazzato. Questa sua reazione mi fece sorridere involontariamente. Era tenera la sua timidezza.

-Io voglio sentire la tua voce comunque- il mio tono non ammetteva repliche.

Justin rise spensierato -Va bene Emma- si arrese.

A un certo punto si fermò. Mancavano pochi isolati alla mia casa.

-Io devo andare da quella parte...- mi indicò un sentiero che conduceva dall'altra parte rispetto alla mia destinazione.

-Io abito lì, in fondo alla strada- lui annuì.

Mi guardò negli occhi e sorrise.

Poi prese una mia ciocca castana tra le dita e l'attorcigliò delicatamente, osservando ogni punta. Poi si avvicinò al mio viso e con le sue labbra impresse un dolce bacio sulla mia guancia. Dopo aver sistemato la ciocca dietro il mio orecchio, sussurrò -Non tagliarli, mi piacciono i tuoi capelli lunghi...- la sua frase provocò una mia risata.

-Sei un impiccione, Justin!- esclamai divertita.

-Beh, lo so- disse fiero di sé.

Io alzai gli occhi al cielo e iniziai ad incamminarmi verso la mia villetta -Sei proprio un idiota... Alla prossima Justin!- salutai senza guardarlo.

-Buona notte Emma!- disse con tono divertito.

 

Quella notte non riuscii a prendere sonno. Le coperte mi infastidivano, ma la temperatura era troppo bassa per non coprirsi.

Sbuffai rumorosamente e le spostai per poter alzarmi. Appoggiai i piedi al pavimento per cercare le pantofole e rabbrividii: quelle mattonelle erano gelide. Una volta indossate, mi diressi al mio armadio di legno chiaro e lo aprii in cerca di un maglione caldo. Ne presi uno a caso e scesi le scale. Accesi la luce della cucina e mi sedetti su una delle quattro sedie.

Mi sentivo agitata. Tutti quei ricordi per me erano delle torture. Lente e insopportabili.

Appoggiai i gomiti sul tavolo e notai il colore del maglione indossato.

Iniziai a piangere.

Era blu. Blu come gli occhi dolci e grandi di James. Blu come il cielo che ammiravamo insieme quell'estate durante la notte. Avrei dovuto scegliere un altro maglione. Perché proprio quello? Mi ero tirata la zappa sui piedi da sola. Prima raccontando i miei ricordi a Justin, e poi vedendo il mio James ovunque.

Le lacrime scorrevano velocemente sulle mie guance, fino a posarsi sul mio labbro inferiore. Lacrime calde e salate. Proprio come le acque di Miami... Ecco, l'avevo fatto di nuovo.

Non sapevo come passare la notte. Probabilmente se fossi andata a dormire, avrei fatto qualche incubo, ma stare sveglia non era comunque una scelta migliore.

Mi alzai frettolosamente dalla sedia e tornai nella mia camera. Mi sfilai il pigiama di dosso e aprii la porta del mio bagno.

Quella luce mi faceva sembrare ancora più pallida. Forse leggermente giallognola. Sembravo proprio malata e di certo quelle profonde occhiaie non erano una bella visione.

Sospirai e aprii lo sportello bianco accanto allo specchio. Frugai tra i profumi e le creme con le mie dita, fino a quando trovai un contenitore di plastica trasparente. Dall'etichetta capii di aver trovato ciò che mi serviva. Presi una pastiglia minuscola e la mandai nel mio stomaco con l'aiuto di un sorso d'acqua.

Durante quell'anno avevo utilizzato spesso dei tranquillanti per poter dormire senza l'interferenza degli incubi. Erano la mia ancora di salvezza. Ma in quel momento, pensare che le avrei riutilizzate dopo mesi e mesi, mi provocò una strana sensazione.

Tristezza. Ecco cos'era. Invece di andare avanti, stavo facendo dei passi indietro. L'unico lato positivo era che sarei riuscita a passare quella dannata notte.

Tornai tra le coperte del mio letto e afferrai la sveglia accanto al letto per controllare che fosse impostata. Successivamente appoggiai la testa al cuscino ancora tiepido e chiusi gli occhi...

 

Al suono di quell'aggeggio mi svegliai in un attimo. Le palpebre erano pesanti e faticavo a tenerle ben aperte, ma non vedevo l'ora di cambiare aria.

Mi vestii velocemente con una felpa enorme dal taglio maschile e un jeans stretto. Poi entrai in bagno e mi bagnai il viso per svegliarmi completamente.

Al piano di sotto trovai i miei genitori, ancora in pigiama, intenti a fare colazione.

Mia madre alzò il viso dal suo caffè e mi sorrise -Già pronta? Sei stata veloce oggi...- disse notando che fossi vestita e con la cartella su una spalla.

-Sì, ho passato una nottata orrenda e non aspettavo altro che il suono della sveglia- dissi sincera. Mi sedetti con loro giusto per fargli compagnia. Non avevo fame.

-Mi dispiace tesoro- disse mio padre sorridendo lievemente. Mia mamma mi accarezzò la guancia con le sue dita lunghe e rosate.

In famiglia ero quella con la pelle più chiara. I miei parenti mi avevano sempre paragonata alle bambole di porcellana. Bambole dai boccoli neri, gli occhi castani, la pelle bianca e le guance rosse. Bambole che fino ai miei undici anni avevano riempito tutte le mensole in camera mia. Poi erano state sostituite piano piano dai cd, dai libri e dai quaderni per disegnare.

Ad essere sincera però, mi era piaciuto di più il paragone di Justin. Quello delle palle natalizie riempite di brillantini. Probabilmente perché le bambole di porcellana erano troppo belle, troppo candide. Perfette, insomma. Magari l'avevo semplicemente apprezzato per il tono in cui l'aveva detto. Mi era sembrato sincero. Invece era come se i miei parenti si sentissero obbligati a farmi quel complimento solo per la presenza dei miei genitori e per il legame di sangue. Sempre se si potesse considerare un complimento. Non piacevano a tutti quelle bambole.

Cercai di non perdermi troppo nei miei pensieri e mi alzai dalla sedia per andare a scuola.

-Io vado, a dopo- gridai dalla porta d'ingresso dopo aver indossato il mio giubbotto.

-Buona giornata tesoro- risposero i miei genitori.

 

Una volta arrivata a scuola, intravidi subito Alex appoggiata di fianco al mio armadietto. Batteva ripetutamente il piede sul pavimento. Probabilmente era agitata e nervosa.

-Ciao Alex!- la salutai.

Lei alzò lo sguardo e mi sorrise -Finalmente sei arrivata Emma! Sono in piena crisi isterica, tu devi assolutamente aiutarmi- disse lei. Probabilmente questa sua crisi era dovuta alla relazione del giorno prima.

Sorrisi -Dimmi tutto- la incitai prendendo dallo zaino il libro della materia che avrei avuto alla prima ora: chimica.

-Ecco vedi, ieri siamo andati in biblioteca per la relazione come ben sai...- si interruppe un attimo e io annuii -Poi abbiamo iniziato subito il lavoro. Ma Jennifer e Matt non facevano altro che distrarsi. Insomma, io e Luke stavamo facendo tutto il lavoro. Io non potevo sopportarlo: io mi stavo impegnando veramente e non volevo che loro si prendessero il merito ingiustamente- continuò lei.

Rimasi stupita. Lei era completamente cotta di Matt, pensavo che non avrebbe avuto niente in contrario. Già, perché io mi aspettavo che sarebbe andata a finire così. In fondo ogni persona in quella scuola sapeva quanto fosse coglione e senza cervello Matt. Ogni persona esclusa Alex, naturalmente.

-Così mi sono alzata prendendo dal braccio Luke e siamo usciti. Gli ho fatto capire quanto mi desse fastidio quella situazione e lui era d'accordo. Così siamo andati a casa sua per finire il lavoro. Siamo stati veramente veloci e lui è così dolce e simpatico...- disse con gli occhi sognanti.

Alzai il sopracciglio sinistro. Bene, si era presa una bella cotta per Luke. Beh, di sicuro era meglio di Kayse.

-Poi quando mi hai chiamato lui era andato un attimo in camera sua. Poi è tornato con qualcosa infilato all'altezza dei pettorali all'interno della maglietta e ha imitato la voce nasale di Jennifer...- Alex scoppiò a ridere e io la guardai divertita -E poi ha iniziato a sculettare per la stanza...- mi aggregai alla sua risata immaginando la scena. Lei era piegata in due dalle risate e si teneva la pancia con le mani.

-Tutto questo mentre eri al telefono con me?- chiesi curiosa.

Lei annuì. Poi si calmò e tornò seria -Comunque c'è un problema. Stamattina mi sono svegliata e il mio primo pensiero non è stato Matt come al solito...- confessò lei.

-Ah no?- chiesi. Questa fu la conferma: la cotta per l'atleta ormai era storia vecchia.

Scosse la testa -Secondo te perché?- chiese lei. Veramente non capiva? Strano. Probabilmente non voleva capire.

-È ovvio, Alex. Perché ormai non sei più attratta da lui- le spiegai -Sei cotta di Luke, sei cotta di Luke, sei cotta di Luke!- canticchiai come una bambina piccola.

Lei arrossì violentemente e abbassò lo sguardo -Non è vero, Emma. Io...- il suono della campanella si inoltrò nel corridoio, interrompendo le sue parole.

-Ti sei salvata. Ma ti avviso che non finisce qui!- gridai correndo verso l'altra parte della scuola per raggiungere la mia aula.

Appena entrai in classe mi ricordai che Luke frequentava il mio stesso corso. Lo trovai seduto senza alcun compagno.

Strinsi i pugni per la rabbia: gli altri ragazzi lo trattavano come una nullità solo perché non era come loro. Lui era dolce, simpatico e la sua testa non era una camera d'aria.

Mi avvicinai sorridente -È libero?- chiesi conoscendo già la risposta.

-Oh, ciao Emma!- mi salutò -Siediti pure- rispose alla mia domanda con un sorriso. Probabilmente era felice che qualcuno volesse conversare con lui.

Il professore entrò nel laboratorio di chimica con il solito respiro affannato. Per arrivare prendeva la metropolitana e ogni lezione in prima ora era in ritardo.

Durante la proiezione di un filmato, io e Luke parlammo del più e del meno, ricevendo delle occhiate di rimprovero da parte dell'insegnante.

Quando l'ora finì, mi alzai e salutai il ragazzo, che ricambiò -Ciao Emma! Comunque la tua amica Alex è molto carina...- concluse. Dal suo sguardo capii che si fosse probabilmente pentito di averlo detto.

Io risi e lui arrossì, ricordandomi la reazione di Alex.

Quei due mi avrebbero fatto impazzire...

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Capitolo 9
*** Il mio posto nel mondo ***


-Guarda questo!- esclamò sbattendo un volantino accanto al milk-shake che stavo sorseggiando.

Lessi le parole scritte in giallo a caratteri cubitali su uno sfondo rosso sgargiante.

"Concerto natalizio il 24 Dicembre alle ore 20.00. Non mancare!".

-Beh, e allora? La città è piena di questi volantini da un po' di giorni ormai...- dissi guardandolo negli occhi.

Justin si sedette nella sedia di fronte alla mia e appoggiò i gomiti sul tavolino. Da qualche giorno andavo a trovarlo tutti i pomeriggi al bar. Ordinavo la mia merenda e lui me la serviva sorridendo. Poi, una volta finito il turno, si sedeva di fronte a me e iniziavamo a parlare. Proprio come in quel momento.

-Mio zio si è offerto come volontario per organizzare il concerto e mi ha detto che cercano qualche cantante per riempire i buchi della serata...- disse lui. Mi osservò con attenzione, come se aspettasse una mia reazione.

-E...?- lo incitai a continuare, non capendo dove volesse andare a parare.

-E credo che dovresti proporti per suonare la tua canzone. È veramente bella- disse sincero.

Non capivo. Non poteva suonare lui al concerto? Mi aveva cantato qualche verso di una canzone ed era veramente bravo. Sua sorella non esagerava.

-Perché invece non canti tu al concerto?- gli chiesi.

Si rabbuiò -Beh, ecco...- iniziò a balbettare parole incomprensibili.

-Justin, se non vuoi dirmelo non importa- sorrisi rassicurante.

-No no!- rispose velocemente lui. Poi continuò -Vedi, i miei genitori sono sempre stati contrari alla mia passione per la musica. Non ho mai partecipato ai saggi scolastici per causa loro e io...- lasciò la frase in sospeso.

-Ma tu sei maggiorenne adesso. Puoi fare quello che ti pare- cercai di fargli cambiare idea.

Volevo che facesse sentire la sua dolce voce ad altre persone, oltre che ai suoi fratelli e a me. Ah, e oltre alla doccia, anche. Sorrisi per quel pensiero e lui se ne accorse. Mi guardò interrogativo, ma io
scossi la testa.

-Non è quello il problema, Emma. Io adesso vivo per conto mio e posso suonare senza la paura che i miei genitori siano contrari- disse lui.

Non sapevo che vivesse da solo. Io, una volta raggiunta la maggiore età, non sarei riuscita subito a vivere senza i miei genitori. Mi sentivo ancora troppo giovane per assumermi una così grande responsabilità.

-Allora cosa c'è che non va?- chiesi guardando il mio bicchiere ormai vuoto.

-Ehm... Io non ho mai cantato in pubblico e temo di non esserne capace...- spiegò timidamente.

Io mi morsi il labbro inferiore e sorrisi.

-Inoltre probabilmente hanno ragione i miei genitori a non incoraggiarmi: il mio sogno è irrealizzabile...- continuò triste.

Lo guardai negli occhi -Justin, non devi pensare assolutamente una cosa del genere. Devi credere nel tuo sogno. Devi darti da fare e cercare in tutti i modi di renderlo realtà- dissi sicura.

Ma lui sorrise lievemente e non sembrava per niente convinto. Abbassò lo sguardo verso le sue mani. -Ehi Justin!- reclamai la sua attenzione e alzai il suo viso con due dita per fare in modo che mi guardasse. Poi le tolsi subito dopo -Ascoltami bene perché non mi ripeterò. Io ti aiuterò, chiaro?- dissi duramente. Lui annuì -Bene. E ora mi fai un favore: alzi il culo da quella sedia e ti trovi una ragazza disposta a cantare con te- ordinai e lui deglutì. Presi fiato e terminai il mio discorso -Io cerco di continuare la canzone. Una volta che ti sarai deciso a fare ciò che ti ho detto, e ti conviene che quel momento sia ora, sistemeremo il testo tutti insieme e poi inizierete le prove- mi alzai dalla sedia e andai a buttare il bicchiere di plastica.

Nel frattempo il biondo non si era ancora mosso dalla sua posizione.

Quando mi avvicinai, lui mi guardò e sorrise. Un sorriso sincero e caldo.

-Grazie Emma, veramente- disse.

Ricambiai il sorriso -Di niente. Andiamo?- chiesi facendo un cenno verso l'uscita del centro commerciale.

Lui annuì e si alzò, per poi prendere la mia chitarra come tutte le volte.

-Ti va di iniziare le ricerche di James?- mi chiese una volta usciti.

Con quella storia del concerto mi ero momentaneamente dimenticata del moro. Fortunatamente in compagnia di Justin riuscivo a liberare la mente da tutti quei brutti ricordi.

Sorrisi -Sì. Come vorresti iniziare?- chiesi curiosa.

Ci pensò un attimo, poi rispose -Dai social network- sembrava convinto.

Ma la sua risposta mi aveva lasciata un po' perplessa. Se ne accorse -Non sei d'accordo?- chiese.

-Ehm... Lui non mi ha mai nascosto il suo odio per Facebook e cose varie. Pensava che fossero solo un modo per sbandierare a mezzo mondo i cazzi propri- risposi con sincerità.

Lui rise -Beh, ha ragione. Ma in fondo chi non lo pensa?- commentò.

Ci sedemmo alla solita panchina e lui tirò fuori dalla tasca del giubbotto il suo cellulare. Aprì una pagina bianca e blu che identificai come Facebook. -Qual è il cognome di James?- chiese cliccando una linea in alto allo schermo.

-Parks- risposi prontamente.

Justin digitò le lettere. Dopo qualche secondo di attesa, spuntarono vari risultati. Troppi per i miei gusti. Spalancai gli occhi alla vista di tutte quelle persone con lo stesso nome del mio moro.

Justin mi strinse la mano per rassicurarmi -Ehi, stai tranquilla. Guarda, molti di questi saranno come minimo quarantenni, altri sono inglesi e non americani- mi spiegò -Ora stringiamo il cerchio- disse cliccando sulla scritta "Luoghi" e digitando delle lettere. -Ho scritto "Stati Uniti"... Vedrai che adesso i risultati diminuiranno- disse accarezzando la mia guancia dolcemente.

Ormai io e Justin eravamo diventati grandi amici. Lo consideravo come il mio migliore amico. Passavamo molto tempo insieme e ci aiutavamo a vicenda. Come in quel momento. Molti risultati, prima presenti, sparirono, ma restavano comunque molti James Parks.
-Facciamo così: io stasera cerco di scartarne qualcuno. Poi domani vediamo insieme se c'è il tuo James, va bene?- mi propose gentilmente.

Annuii in risposta. Iniziammo a camminare verso le nostre case.

-Justin- lo chiamai. Lui mi guardò curioso -Di cosa vorresti che parlasse la canzone?- chiesi prendendo la chitarra dalle sue mani e iniziando a suonare la mia melodia.

-Beh, io non voglio modificare i versi che hai già scritto. Mi piacciono- mi sorrise.

-Ok, ma sono solo pochi versi- risposi guardando il cielo.

-Mmh... Non credo ci sia bisogno di dire che parlerà del Natale, no?- io annuii continuando a suonare. Dal suo sguardo capii tutta la sua emozione. I suoi occhi nocciola brillavano sognanti. Sembrava un bambino.

Risi -Ti piace molto il Natale, vero?- chiesi.

Lui mi sorrise -È il periodo più bello dell'anno, Emma. Mi piace l'atmosfera della città: le luci, la neve, le castagne e tanto altro. Ogni anno aiuto Jaxon a fare la lista dei regali davanti al camino, con una bella tazza di cioccolata calda in mano. Io amo tutto questo- mi rispose Justin.

Mi venne in mente una grande idea. -Justin, potremmo parlare di tutte queste cose che hai detto, che ne dici?- chiesi su di giri.

-Dico che è una fantastica idea!- si avvicinò e mi strinse con il braccio sinistro. Mi trasmise tutto il suo calore. Mi diede un bacio tra i capelli e sorrise.

-Ti voglio bene, Justin- dissi sincera.

-Ti voglio bene anche io, Emma- sussurrò dolcemente.

Fermai il movimento del polso sulle corde e nella mia mente iniziarono ad affollarsi tanti pensieri. Più che pensieri, versi.

Cercai di distinguerli l'uno dall'altro.

Justin, mi guardò incuriosito -Perché hai smesso di suonare? Era così piacevole...- si lamentò come un bambino piccolo.

Non doveva assolutamente distrarmi -Zitto Justin. Mi fai perdere la concentrazione- sbottai.

Lui trattenne il respiro e io mi morsi il labbro inferiore e strinsi gli occhi per concentrarmi. Respirai profondamente e chiusi gli occhi. Iniziai a suonare dall'inizio la mia melodia e Justin seguì attentamente tutti i miei movimenti.

-It's the most beautiful time of the year. Lights fill the streets spreading so much cheer...- intonai quei due versi.

Continuai a suonare, ma, avendo perso l'ispirazione, non cantai altre parole. Sperai vivamente che Justin riuscisse ad aggiungere qualcosa.

Non mi deluse -I should be playing in the winter snow, but I'mma be under the mistletoe...- sorrisi involontariamente.

Aveva cantato il primissimo verso passato nella mia mente quel giorno al centro commerciale. L'aveva reso semplicemente stupendo. Probabilmente Alex avrebbe definito la sua voce "Wow"... Beh, lo era veramente.

Avevo già sentito la sua voce, ma... Sentirlo cantare una mia canzone era un'emozione incredibile. Fermai la melodia.

Lui mi abbracciò con tutto il suo affetto.

-Bene, direi che adesso devi solo trovare una ragazza che canti con te... Poi è fatta!- dissi entusiasta.

Lui sbuffò e si imbronciò -Non puoi cantare tu con me, Emma? Per favore...- mi supplicò lui.

Non volevo che cantasse con me. Volevo che lui superasse la sua paura da palco scenico. E io l'avrei aiutato. Ma non avrei cantato.

-No, Justin. L'unica cosa che mi importa è che tu riesca a superare la tua paura e che possa realizzare il tuo sogno. Io ti assisterò da dietro. Sarò lì con la mia chitarra ad accompagnarti, sempre. Questo è il tuo sogno, non il mio. Io non mi vedo con un microfono in mano su un palco nel futuro- dissi sincera.

-Perché dici questo? Pensavo ti piacesse cantare...- disse accarezzando i miei capelli castani.

-La musica è la mia vita, Justin. Ma vedi, io pensando al mio futuro mi vedo come un'insegnante di musica delle elementari. Mi vedo in una bella villetta ad aspettare con i miei figli davanti a una tazza fumante di tè il ritorno di mio marito dal lavoro. Mi vedo in una famiglia unita, Justin. Certe volte la musica non permette tutto questo- dissi tutto d'un fiato. Poi continuai -Io nutro un grande amore per la musica, ma se questo amore non mi permettesse di realizzare il mio sogno, si trasformerebbe in odio e io non voglio che ciò accada- lui mi guardava con attenzione.

-Si tratterebbe solo di una serata, Emma- disse fermandosi nello stesso punto dell'altra sera. Ci guardammo negli occhi intensamente -Vorrei poterti avere vicino a me- mi confidò.

Scossi la testa -Anche a me piacerebbe. Ma già so che poi non riuscirei più a farne a meno. Quando canto e suono, provo emozioni fortissime. Come se avessi trovato il mio posto nel mondo- dissi perdendo lo sguardo nel vuoto.

-Allora perché non occupi quel posto? Perché lo lasci vuoto?- chiese afferrando la mia mano e stringendola con la sua.

Non sapevo la risposta. -Non lo so, Justin. Io... Non smetterò mai di ripeterti quanto io sia indecisa. Ho sempre paura di fare la scelta sbagliata- iniziai a vedere sfocato. I miei occhi si stavano riempiendo di lacrime.

Justin se ne accorse e mi strinse a sé. -Anche io ho paura, sempre. Ma se non prendessi delle decisioni, anche se sbagliate, non potrei mai dire di averci provato. Rimarrei per sempre con il rimorso, pensando che magari avrei potuto concludere qualcosa- mi sussurrò dolcemente il biondo -Dimmi solo che ci penserai- continuò.

-Ci penserò, Justin. Te lo prometto- dissi lasciandogli un leggero bacio sulla guancia.

Ognuno proseguì per la sua strada.

Ci avrei pensato veramente. Lui aveva ragione: cosa avevo da perdere? Proprio niente.

O forse un futuro che avevo sempre sognato. Un futuro in compagnia di James.

Ma probabilmente quello non mi sarebbe stato negato dalla musica...

 

 

Spazio autrice

Ok, è la prima nota che metto…

Beh, che dire, spero vi sia piaciuto il capitolo, ho cercato di allungarlo un po’…

Ringrazio chi segue la storia,

al prossimo!

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Capitolo 10
*** Come la salvezza e il pericolo ***


-17.47... Devo assolutamente sbrigarmi- dissi dopo aver controllato l'orario sulla sveglia appoggiata accanto al mio letto. Per le sei sarei dovuta essere a casa di Justin. O almeno davanti al portone.

Entrai in bagno e mi spazzolai i capelli annodati. Poi afferrai la mia chitarra beige e dopo essermi infilata il giubbotto, uscii da casa.

Finalmente avrei conosciuto la ragazza che aveva accettato di cantare con Justin al concerto natalizio.

Già, alla fine io avevo deciso di non cantare con lui. Preferivo così.

Arrivata all'incrocio delle due stradine, imboccai quella che mi avrebbe condotta da Justin. Non mi aveva accennato niente riguardo alla ragazza. Ero veramente tanto curiosa!

Nel cammino ripensai a James. Alla fine io e Justin non eravamo riusciti a trovarlo su Facebook. Ma in fondo non ci avevo sperato più di tanto: sapevo che il moro non amava tanto la tecnologia.

Però iniziavo comunque a sentirmi leggermente più tranquilla. Era un grande sollievo sapere di avere qualcuno accanto pronto ad aiutarti.

Le case che mi circondavano erano molto simili tra di loro. La sostanziale differenza stava nel giardino. Alcuni erano pieni di piante spoglie per il gelo. Altri invece avevano giusto qualche albero, probabilmente per lasciare spazio a dei bambini per giocare. O magari non avevano semplicemente abbastanza voglia di curare il giardino durante la stagione calda.

Mi bloccai di fronte ad una piccola villa circondata da cespugli secchi. Sul prato erano appoggiati diversi giocattoli. Pensai a Jaxon e sorrisi. Justin amava i suoi fratelli e li ospitava spesso a casa sua.

Mi avvicinai al cancelletto in ferro e suonai il campanello. Il biondo spostò una tenda e si affacciò alla finestra per capire chi avesse suonato. Appena mi vide sorrise e subito dopo scomparì. Sentii la serratura scattare e prontamente entrai per dirigermi al portone in legno scuro, già aperto.

-Permesso- dissi entrando dopo essermi pulita le suole delle scarpe su un tappeto appostato all'ingresso.

-Ciao Emma!- mi salutò Justin abbracciandomi -Dammi pure il giubbotto- continuò il biondo dopo aver appoggiato la mia chitarra al muro.

Era veramente gentile e sapeva trattare bene gli ospiti.

Sorrisi e mi sfilai l'indumento. Lui lo prese e lo appese.

-Grazie, Justin- dissi osservando la casa. Alle pareti bianche erano appese delle cornici argento contenenti delle foto. I mobili erano principalmente di legno scuro e delle lampadine illuminavano l'ambiente. Era una casa molto calda e accogliente. Mi piaceva moltissimo.

Diedi voce ai miei pensieri -È una casa bellissima- continuai a guardarmi intorno.

-Grazie, vieni nell'altra stanza, ti faccio conoscere Nicole...- disse prendendomi per mano.

Memorizzai subito il nome. Nicole.

Entrammo in una stanza che pensai fosse il salotto. I muri erano dipinti di un giallo molto chiaro e due divani bianchi erano posizionati nel centro della stanza, con un tappeto dai colori caldi tra di essi. Un camino irradiava calore da un angolo e tre grandi finestre lasciavano entrare un leggero chiarore dall'esterno.

Una ragazza dai capelli neri e gli occhi scurissimi era comodamente seduta su uno dei divani.

Justin richiamò la sua attenzione -Nicole!- lei si girò verso di noi. La sua pelle era più scura di quella di Justin.

Il biondo circondò le mie spalle con il suo braccio -Lei è Emma. È la compositrice della canzone che canteremo al concerto- poi mi diede un bacio sulla guancia facendomi sorridere.

Allungai la mano verso la ragazza che nel frattempo si era alzata -Piacere di conoscerti Nicole. Sono felice che tu abbia accettato di cantare- dissi con entusiasmo.

Lei strinse la mia mano con riluttanza, poi sorrise forzatamente -Piacere Emma- rispose semplicemente.

Ci rimasi un po' male inizialmente, ma cercai di non pensare al suo comportamento indifferente nei miei confronti.

Sorrisi leggermente e appoggiai la chitarra al divanetto. Aprii la custodia mentre i due osservavano attentamente i miei movimenti. Trovai i due fogli che avevo portato e ne porsi uno al biondo e l'altro a Nicole.

-Questo è il testo. Naturalmente non è definitivo e possiamo modificarlo entro oggi, visto che mancano solo dieci giorni- dissi professionalmente.

Justin si sedette e iniziò a leggere sorridente. Nicole fece lo stesso, solo che non vidi l'ombra di un sorriso sulle sue labbra rosse.

Mi sedetti sul divano di fronte a loro due e iniziai a suonare la melodia. Attirai l'attenzione della ragazza che fissò lo sguardo sulle mie mani. Sembrava affascinata dal movimento scattante delle mie dita. Probabilmente non sapeva suonare la chitarra.

-Bene. Se siete pronti, vi do l'attacco per iniziare a cantare...- dissi guardando entrambi.

Justin sbiancò e iniziò a sudare.

Mi ero dimenticata di un particolare tutt'altro che insignificante: Justin non era ancora pronto a cantare di fronte ad altre persone.

Cercai velocemente di rimediare al mio errore -Cioè... Ehm... Volevo dire che tu, Nicole, potresti cantare, dato che io e Justin l'abbiamo già provata, giusto?- guardai il biondo che mi sorrise riconoscente.

Nicole appoggiò il foglio sulle sue gambe snelle e io ripresi a suonare dalla prima nota.

Le diedi l'attacco e lei riempì la stanza con il suo canto.

La sua voce era molto bella, ma non riuscivo ad immaginare come potesse risultare un duetto con Justin. Di certo non sarebbe stato abbastanza armonioso. Le loro voci erano troppo distanti l'una dall'altra. A metà canzone si interruppe, così io bloccai il movimento del mio polso. Justin la guardò interrogativo e io attesi che lei spiegasse il motivo di questa interruzione.

-Io non riesco proprio a cantare questi versi- disse appoggiando il foglio sopra il tavolino.

-E perché?- chiese Justin sbuffando.

-Sì, insomma... "Baciami sotto il vischio" mi sembra una cosa così banale- rispose Nicole tranquillamente.

Ci rimasi molto male. Avevo impiegato tutta la mia buona volontà per scrivere la canzone e questo era il risultato. Justin strinse le mani in due pugni.

-Ehm, ok... Cosa vorresti cambiare?- chiesi io trattenendo a stento le lacrime.

La canzone mi ricordava terribilmente James, ma anche i pomeriggi passati con Justin...

Non volevo modificarla.

-Beh, innanzitutto...- iniziò lei.

Ma il biondo la interruppe subito. -No! Non si cambierà niente. Non si discute- disse serio. Poi continuò -Per favore, Nicole, vattene- il suo tono ora era più pacato. Stava cercando di calmarsi.

La mora si alzò per poi dirigersi verso la porta. Una volta che fu uscita, Justin si avvicinò a me. Stavo tremando.

Quella ragazza mi aveva scossa.

-Emma- disse dolcemente inginocchiandosi di fronte a me sul pavimento. Mi accarezzò la guancia.

Io avevo lo sguardo perso nel vuoto.

-Una cosa così banale... Una cosa così banale... Una cosa così banale...- queste parole rimbombarono nella mia mente.

Tutto ciò che avevo sempre aspettato sin da bambina, era banale. Il bacio sotto il vischio che avevo sempre visto come una cosa tenera e romantica. Quel bacio che ancora non avevo ricevuto. Le lacrime iniziarono a scorrere lentamente sul mio viso pallido. Mi morsi il labbro per evitare di singhiozzare.

-No Emma... Non piangere, mi fai soffrire- disse Justin abbracciandomi.

Le mie braccia, prime dritte lungo i miei fianchi, si alzarono lentamente fino a fondersi con il suo corpo caldo. La sua guancia era a stretto contatto con la mia, umida e fredda. Mi avvicinò ancora di più al suo corpo stringendo il mio busto stretto con le sue braccia possenti.

-Dimmi la verità, Justin- dissi tra un singhiozzo e l'altro -Il mio desiderio, ti sembra stupido? Pensi che sia quello di una bambina che crede ancora alle fiabe?- chiesi piangendo.

Lui mi accarezzò con le labbra carnose la guancia, per asciugarmela, e poi mi lasciò un delicato bacio sullo zigomo.

-No, Emma. È una cosa tanto tenera e dolce. La trovo stupenda. Perché tu nonostante tutto aspetti ancora quel bacio. Non hai smesso di credere nel tuo sogno- sussurrò.

Spostò delicatamente una ciocca dei miei capelli dietro l'orecchio, mi guardò negli occhi e sorrise.

Il colore dei suoi occhi mi confortò immensamente. Non c'erano aggettivi per definirli.

Erano... come una promessa di serenità, ma anche di avventura. Come la pace e la guerra. Come il male e il bene riuniti in una sola cosa. Come la passione e la castità insieme. Come la salvezza e il pericolo. Ti confondevano con tutte le loro sfumature dorate e ambrate. Guardarli era come perdersi in un oceano scuro e sconosciuto. Ma non avresti mai voluto essere salvato da quelle acque. Avresti preferito annegare in quegli occhi, piuttosto che non vederli più in vita tua. Io ormai mi ero persa in quegli occhi.
Continuavo ad affogare, seppur dolcemente, senza alcuna possibilità di ritornare a galla.

-La tua canzone è unica e bellissima. Hai racchiuso tutto il Natale in quei versi. Ma anche l'amore, io non avrei mai potuto fare di maglio, veramente- disse distraendomi dai miei pensieri.

-Grazie, Justin- sussurrai asciugando le ultime lacrime. La mia voce era leggermente tremante, ma non me ne preoccupai.

Prese il mio viso tra le sue mani morbide e mi sfiorò delicatamente le mie guance con i suoi pollici.

Si avvicinò lentamente verso il mio viso e chiusi gli occhi istintivamente.

Sentii le sue soffici labbra sul mio naso. Dalle mie labbra uscì una risatina.

-Resti a cena da me?- chiese speranzoso.

Annuì -Va bene, però devo avvisare i miei genitori- dissi.

-Io ordino la pizza intanto- si alzò dal pavimento e si avviò verso un telefono fisso.

Io infilai la mano nella tasca dei jeans e tirai fuori il mio cellulare. Dopo pochi squilli rispose mia madre

-Pronto?- disse.

-Pronto mamma, sono Emma- mi guardai le unghie leggermente rovinate per colpa delle corde.

-Ciao tesoro, dimmi- la sua voce era dolce.

-Justin mi ha invitato a rimanere a cena da lui, per te va bene?- chiesi gentilmente.

Sapevo comunque che non avrebbe avuto nulla in contrario, ma era sempre meglio chiedere...

-Sì, sì. Per me va bene, a più tardi- approvò lei.

-Grazie, ciao!- chiusi la conversazione. Justin si avvicinò nuovamente al divano e si sedette accanto a me.

-Ho ordinato due margherite- il biondo intrecciò le nostre dita.

A casa nostra non avevamo mai ordinato la pizza. Io e mia mamma la preparavamo sempre insieme.

Dopo una mezz'ora suonarono al campanello.

Justin mi indicò una stanza -Vai pure in cucina nel frattempo- disse andando ad aprire la porta.

I muri erano ricoperti di mattonelle rosate. Di fronte ai fornelli e al frigorifero si trovava un tavolo rotondo.

L'odore di pizza riempì le mie narici e subito dopo spuntò Justin dalla porta.

-Ecco le pizze!- annunciò pimpante. Presi due piatti da uno sportello e li appoggiai sul tavolo. Successivamente ci sedemmo e lui iniziò a mangiare. Io afferrai una fetta e l'addentai.

Feci una smorfia e il biondo se ne accorse -Qualcosa non va?- chiese incuriosito.

-Ehm... La pizza che mangi è sempre così?- chiesi.

Lui alzò un sopracciglio -Beh, sì... È buona- rispose.

-Ti piace davvero?- chiesi incredula.

Lui rise -A te no?- io scossi la testa.

-Perdonami, ma sembra un pezzo di cartone con sopra della colla- dissi sincera alzandomi e porgendogli il mio piatto -Mangiala tu- dissi.

Poi mi avvicinai a un mobile e aprii lo sportello.

Lui scoppiò a ridere -Cosa cerchi?- chiese.

-Cibo commestibile. Possibilmente farina, sale, lievito e passata di pomodoro- risposi tranquillamente.

Non mi accorsi di averlo alle spalle. Ma poi vidi spuntare il suo braccio.

-Ecco. Ma cosa vuoi fare?- chiese passandomi gli ingredienti.

-Osserva e impara, Bieber. Non ti capiterà nuovamente nella vita di vedere una vera pizza- dissi avvicinandomi al tavolo.

Lui spostò le due pizze da parte e mi osservò attentamente. Mi sfilai la felpa e tirai su le maniche della maglietta. Versai la farina sul tavolo e misi a scaldare un po' di acqua. Poi iniziai a preparare l'impasto. Justin era affascinato dai miei movimenti.

Presi un pizzico di farina e gliela lanciai in faccia ridendo.

Lui chiuse gli occhi e mi afferrò dai fianchi. -Come hai osato?- mi sussurrò nell'orecchio.

Prese un pugno di farina e io spalancai gli occhi. -No Justin- dissi fermamente.

-Oh sì, invece- disse sorridendo.

Iniziai a correre per la casa, ma lui, vivendo lì dentro e conoscendo meglio le stanze, mi spuntò davanti e mi riempì di farina.

Si avvicinò a me. Mi accarezzò lievemente il viso e io trattenni il respiro.

I suoi occhi erano sempre più vicini.

Ci affogai nuovamente.

 

 

Ciao!

Ecco un nuovo capitolo, spero sia di vostro gradimento…

Ringrazio chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate

E chi ha recensito…

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Capitolo 11
*** Era il mio Sole ***


Non riuscivo a tornare a galla.

Per la seconda volta stavo affogando nei suoi occhi.

I miei verdi nei suoi nocciola.

I suoi nocciola nei miei verdi.

O forse lui non era ipnotizzato dalla vista dei miei occhi quanto io lo ero alla vista dei suoi. Non potevo saperlo.

Percepii il suo respiro caldo sul mio naso. Era sempre più vicino a me.

Nella mia mente spuntò un’immagine. Un ragazzo dai capelli scuri. Gli occhi come il mare. Un ragazzo per cui il mio cuore aveva sofferto a lungo. Un ragazzo per cui i miei occhi avevano versato troppe lacrime. Un ragazzo per cui non avevo dormito molti mesi. James.

Come potevo fargli quello? Come potevo baciare Justin, il ragazzo che mi aveva fatto sorridere?

Justin era diventato il mio Sole. Quel sole tanto atteso.

Eppure non potevo permettere che le nostre labbra si scontrassero.

Nonostante volessi conoscere il sapore delle sue labbra, prima che potesse avvicinarsi troppo, appoggiai le braccia sulle sue spalle e strinsi il suo corpo con tutto l'affetto possibile. Il mio orecchio era in contatto con il suo collo e potevo sentire il sangue scorrere nelle sue vene e i battiti irregolari del suo cuore.

I nostri cuori erano in competizione. Non avrei saputo dire con certezza quale battesse più velocemente. Ma di sicuro il mio era completamente impazzito. Forse per la paura che lui mi baciasse, facendomi tradire James, o forse perché in realtà desideravo le sue soffici labbra sulle mie? Era un mistero.

Lui sembrò capire la mia guerra interiore e non disse nulla. Si limitò a imprimere un delicato bacio tra i miei capelli. Lo presi per mano e lo trascinai fino alla cucina. Lui si sedette, mentre io riscaldai il forno.

Aspettai che l'impasto lievitasse e poi infornai due pizze.

-Ok, Justin. Altri pochi minuti e assaggerai della vera pizza- dissi al biondo, che in risposta rise.

-Ma guarda che quella pizza è buona...- disse indicando ciò che aveva ordinato.

-Vedrai che poi non riuscirai più nemmeno a sentire l'odore di quella... Di quella cosa- risposi sicura di me stessa.

Il profumo iniziò a riempire la stanza e Justin socchiuse gli occhi e respirò profondamente, come per goderselo.

Io ghignai soddisfatta.

Quando il timer del forno squillò, mi avvicinai e tirai fuori le due pizze. La servii prima a Justin e aspettai che l'assaggiasse per iniziare la mia. Dalla sua bocca uscì un verso di piacere e io sorrisi.

-Questa pizza è...- non riuscì a trovare l'aggettivo adatto.

-Lo so- risposi semplicemente.

-Avevi ragione: non riuscirò più a mangiare quella che ordino. Come farò a vivere senza questa pizza?- chiese in tono drammatico scatenando la mia risata.

-Problemi tuoi. Io la so cucinare quindi sono a posto- risposi.

Mi guardò attentamente -Come fai a cucinarla in questa maniera? Non è mica una ricetta italiana?- chiese curioso.

-Beh, la mia nonna materna era italiana e mi ha insegnato a cucinarla. La cucina italiana non ha segreti per me- risposi addentando un'altra fetta.

Lui rise prima di ritornare serio -Bene, da questo momento sei assunta come cuoca personale di Justin Bieber- annunciò.

Scossi la testa. Come poteva essere così sciocco? Mi sentivo a mio agio con lui. Ero felice che non avesse parlato minimamente di quel mancato bacio.

Una persona come lui era impossibile da odiare. Piano piano la sua presenza diventava come una droga. Lui, con tutte le sue battute squallide, la sua dolcezza, i suoi abbracci e il suo calore, ti entrava dentro al cuore senza più andarsene. Anzi, ero proprio io a non voler rinunciare a Justin.

-Justin, fino a qualche minuto fa eri convinto che quel pezzo di cartone fosse squisito. Quindi puoi fare a meno della mia deliziosa pizza italiana- dissi sogghignando.

-Tu non puoi farmi questo- disse sconsolato.

Scoppiai a ridere -Scherzavo. Ti insegnerò come prepararla- conclusi.

-Grazie, sei la migliore- il suo piatto era già vuoto. L'aveva gradita veramente.

Allungai il mio piatto verso di lui -Mangiala tu. Non ho più fame- dissi sorridendo.

I suoi occhi si illuminarono -Davvero?- chiese sperando che io non stessi scherzando.

Annuii semplicemente.

Renderlo felice, anche con le piccole cose, mi scaldava il cuore.

 

-Come va con Luke?- chiesi ad Alex il giorno dopo a scuola.

Lei sorrise sognante -Benissimo! Passiamo molto tempo insieme e...- si interruppe perdendosi nei suoi pensieri.

Portai una mano davanti ai suoi occhi e la mossi velocemente.

Lei batté più volte le palpebre e mi guardò.

-E...?- chiesi curiosa.

Lei si morse il labbro e poi rispose -E ci siamo baciati- disse sospirando.

-Me lo dici solo ora?- chiesi un po' offesa.

-Ehi, è successo questa mattina mentre venivamo a scuola- si giustificò lei.

Io l'abbracciai con tanto affetto. -Sono così felice per te- dissi mentre lei mi strinse con le sue braccia.

Poi iniziammo ad avviarci verso le nostre case.

-Che mi dici di Justin?- aprì l'argomento la bionda.

Ci pensai su. Non lo sapevo nemmeno io. Ci eravamo quasi baciati, ma ero così confusa.

-Non lo so, Alex. Ho tanta confusione nella testa. Ieri sera a casa sua stava quasi per baciarmi ma...- lei mi interruppe con un grido di gioia.

-Cosa?! Oh mio Dio!- scandì bene le parole.

-Sì, è molto emozionante tutto ciò- dissi ironica -Ma io non ci capisco niente. So che vorrei mordicchiare il suo labbro inferiore dopo averne sentito il sapore... Che vorrei stringere i suoi capelli biondi tra le dita e...- mi soffermai.

Davvero sapevo tutte quelle cose? Parlando non mi ero resa nemmeno conto che quelle parole fossero uscite dalle mie labbra.

Alex mi sorrise rassicurante -Tu ti sei innamorata!- disse abbracciandomi.

No, non era possibile. Lui era il mio migliore amico e io amavo James. Ero tutto un errore ciò che la parte irrazionale del mio cervello mi spingeva a dire e a fare.
Come il fatto di non riuscire a ragionare alla vista dei suoi occhi. Non era normale.

-No, Alex. Io amo James e...- iniziai a piangere frustrata -Sono troppo confusa- decretai prendendomi la testa tra le mani.

-Emma, ascoltami.- la guardai -Dopo tutto questo tempo, come puoi pretendere che il tuo cuore sia ancora legato a quello di James? Come puoi permettere che ciò che provi venga soffocato dai questi sensi di colpa inutili?- disse. Non l'avevo mai vista così tanto seria.

-Io... Non lo so, Alex, veramente- ammisi.

-Ricordati che non puoi comandare i tuoi sentimenti. Anche se imponi a te stessa di amare James, prima o poi il tuo cuore prenderà il comando e ti porterà dritta da Justin, come è giusto che sia- disse la bionda stringendo la mia mano.

-Domani io e Justin andremo al mercatino del venerdì- la informai. Un sorriso di vittoria modellò le sue labbra tinte di rosa pesca -Perché non venite anche tu e Luke?- chiesi guardando il cielo ricoperto di nuvole grigie.

-Sì, che bella idea!- disse entusiasta -Lo avverto oggi pomeriggio- continuò.

Eravamo arrivate già davanti alla sua villetta. -Perfetto. A domani, Alex- la salutai.

-Ciao Emma!- ricambiò lei.

 

Una volta arrivata a casa, trovai un biglietto da parte dei miei genitori. Quella sera non sarebbero tornati a casa.

Chiamai Justin che rispose quasi subito. -Pronto?- la sua voce era tranquilla.

-Ciao Justin, sono Emma. Volevo chiederti una cosa...- dissi sedendomi sul divano.

-Ciao Emma, dimmi tutto- era curioso.

-Io volevo farti conoscere la mia migliore amica. È un problema per te se domani viene con noi e porta un suo amico?- chiesi.

In realtà dopo quel bacio non sapevo più se fosse corretto definirli amici. Ma per non dilungarmi in spiegazioni inutili, utilizzai quel termine.

-No, non è un problema affatto- rispose lui.

Sorrisi -Grazie Justin. Comunque oggi non riesco a venire al bar perché domani avrò un test importante a
scuola e devo prepararmi- mentii cercando di risultare convincente.

Avevo voglia di passare il resto della giornata da sola. Il mio umore era pessimo e sicuramente lui se ne sarebbe accorto. Ormai riusciva a capirmi velocemente. Magari avrebbe capito anche di essere una delle ragioni del mio malumore.

Tutto solo per colpa di una migliore amica che si divertiva a farmi da psicologa. Con i suoi discorsi pieni di logica mi aveva solo creato una grande confusione mentale. Ma sapevo che il suo obiettivo era stato semplicemente quello di aiutarmi.

-Ehm, va bene...- disse. Sembrava deluso. Mi si chiuse lo stomaco. Era orrendo mentirgli. -Allora ci vediamo domani?- chiese speranzoso. Quel suo comportamento era strano.

Risi -Ovvio, non aspetto altro!- dissi nel tentativo di non fargli intendere quanto fossi agitata all'idea di rivedere i suoi magnifici occhi e le sue carnose labbra, che, per un momento, sembrava si sarebbero adagiate dolcemente sulle mie.

Però non potevo negare quanto mi facesse piacere la sua compagnia, il suo calore a poca distanza dal mio corpo gelido come il ghiaccio.

La verità era solo una. Avevo paura che Alex avesse ragione. Avevo paura di iniziare a provare più di semplice amicizia nei confronti del biondo dagli occhi nocciola.

-Perfetto, buona serata Emma- mi salutò lui.

Dal tono pensai stesse sorridendo. -Ciao Justin, a domani...- interruppi la conversazione telefonica e mi alzai dal divano.

Non cenai quella sera. Dopo aver svolto i miei compiti scolastici, andai a sdraiarmi sul mio letto.

Il profumo di lavanda inondò le mie narici. Mia mamma aveva cambiato le lenzuola.

Cosa provavo io per Justin?

Bella domanda...

Di certo quello che provavo non era solo amicizia. Forse qualcosa di più. Ma nemmeno il tipico affetto tra fratello e sorella. Anche perché non riuscivo a vedere Justin come un fratello.

Quella poca distanza tra di noi il giorno precedente mi aveva mandata in tilt, facendomi scoppiare il cuore. E questo non succede tra fratello e sorella.

Ma io amavo James...

Scoppiai a piangere. I singhiozzi scuotevano violentemente il mio petto.

Forse trovando il moro avrei risolto tutti i miei problemi. Avrei scritto la parola "fine" sotto a migliaia di righe di sofferenza.

Senza nemmeno accorgermene mi addormentai con ancora i vestiti addosso. Non sognai quella notte. Nel sonno mi apparvero solo tanti ricordi.

Il mio incontro con James e quello con Justin.

Il mio primo bacio con James e quello mancato con Justin.

A volte ci sono molte difficoltà in amore. Ma la mia difficoltà ero io stessa.

 

 

 

Ciao a tutti!

Ecco un altro capitolo.

Qui Emma inizia ad avere un po’ di dubbi…

Ringrazio che ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate

e chi ha recensito.

Al prossimo, un abbraccio coccoloso (??)

Morena

 

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Capitolo 12
*** Una parte importante di me ***


-Ma quanto cazzo ci mettono quei due?- il mio umore non era proprio dei migliori.

Quella notte era stata un vero inferno e non avevo voglia nemmeno di respirare.

Ma l'avevo promesso a Justin.

Così eravamo io e lui ad aspettare Alex e Luke nel punto in cui i mercanti avevano iniziato la lunga fila di bancarelle ricoperte di vari oggetti.

Il biondo accanto a me iniziò a ridere attirando su di noi l'attenzione dei cittadini di Los Angeles. Calmò la sua risata e a fatica parlò -Sei proprio di buon umore oggi...- decretò.

Gli lanciai un'occhiataccia che zittì i suoi dolci e spensierati risolini.

-Mi guardi come se fosse colpa mia che non arrivano- disse serio.

Certo, lui non aveva a che vedere con il clamoroso ritardo dei miei amici. Ma, in parte per lui, avevo dormito molto male. Quindi anche per causa di Justin ero così nervosa. Questo però lui non avrebbe dovuto assolutamente saperlo.

Sospirai e mi avvicinai al suo corpo caldo. -Scusami- sussurrai.
-Non preoccuparti, piccola mia- rispose lui avvolgendo con le sue braccia il mio corpo.

Piccola mia.

Il suo tono mi colpì parecchio. Non aveva pronunciato quelle parole in tono malizioso. Mi erano sembrate una splendida melodia. Una melodia dolce e armoniosa. Lui mi vedeva come la cosa più fragile del mondo, da proteggere e da coccolare con amore.

Sorrisi. -Ieri io e Nicole abbiamo provato di nuovo la canzone- disse stringendomi maggiormente.

Mi paralizzai a quelle parole. Mi ero completamente dimenticata che, nonostante il comportamento della mora, loro avrebbero cantato insieme al concerto.

Lui si accorse del mio nervosismo -Ehi, non preoccuparti. Mi ha chiesto di perdonare il suo comportamento e io non saprei veramente con chi cantare, così...- lasciò la frase in sospeso.

Mi staccai controvoglia dal suo corpo muscoloso e caldo e lo guadai -Ah. Lei ha chiesto a te di perdonarla?- chiesi scettica.

Nicole non aveva di certo criticato il sogno di Justin. Il mio desiderato bacio sotto il vischio era stato definito "banale".

Il biondo si grattò il collo -Beh, io credo che volesse scusarsi anche con te- disse riavvicinandomi a lui.

-Sì, va bene, è meglio far finta di niente. Comunque, com’è andata?- chiesi curiosa.

-Io... Io naturalmente non ho cantato. Ho fatto provare a lei la canzone... Come farò, Emma?- era disperato.

Ancora non era convinto di cantare davanti a tutte quelle persone.

-Senti, Justin. Io ho promesso che ti aiuterò, e lo farò, chiaro?- dissi sicura. Lui annuì solamente.

In lontananza scorsi la figura alta, slanciata e bionda della mia migliore amica e tirai un sospiro di sollievo. Justin mi guardò curioso, ma il mio sguardo era rivolto ai due che si tenevano per mano.

-Oh, ma guarda chi ci degna della sua presenza- dissi ironica quando Alex e Luke si avvicinarono.

La bionda rispose con una linguaccia, mentre Justin e Luke si fissarono increduli.

-Luke?- disse il biondo al mio fianco.

-Justin?- in contemporanea sentii la voce di Luke.

-Vi conoscete già?- domandai curiosa.

Justin mi sorrise -Ovviamente. Quel coglione è il mio migliore amico- spiegò.

-Benissimo. Allora devo solo presentarti Alex. Alex, questo è Justin. Justin, questa è Alex- dissi passando lo sguardo dal biondo alla bionda.

Loro due sorrisero.

-Come mai ci avete messo così tanto?- chiese Justin.

Nel frattempo iniziammo a vagare tra le bancarelle ricoperte di molti oggetti. Alex e Luke arrossirono per la domanda del biondo.

Io risi -Bene, abbiamo già capito- dissi facendo l'occhiolino ad Alex.

Justin si unì alla mia risata con la sua. Dolce, armoniosa e spensierata. Poi i due ragazzi iniziarono a fare battute e a ridere fra di loro. Così io e Alex, qualche passo più avanti, iniziammo a parlare.

-Justin è molto carino- sussurrò lei nel mio orecchio, guardando i due dietro, poi continuò -e ti fissa sempre- io arrossii alle sue parole.

Tossii per evitare che notasse il rossore sulle mie guance -Ma che dici?- chiesi con una nota acuta nella voce.

Lei rise spensierata, attirando l'attenzione di Luke e Justin.

-Che succede?- chiese Justin sorridendomi dolcemente.

Alex a fatica riuscì a trattenere le lacrime.

-Niente. Solo che Alex spara cazzate a tutto spiano, vero?- chiesi guardando la diretta interessata.

Lei tossì violentemente per le risate e alzò il pollice, incapace di parlare. Era proprio una pazza. Ma l'adoravo con tutto il cuore.

Quando vidi una bancarella di collane, bracciali e orecchini, mi fermai. Gli altri continuarono a camminare e non si accorsero di nulla.

-Fate anche incisioni?- chiesi speranzosa a un uomo brizzolato con gli occhiali enormi e dalla montatura scura.

Lui mi sorrise -Certo. Che cosa vorresti scrivere e su cosa?- mi chiese indicando una fila di bracciali.

Ne vidi uno che catturò subito la mia attenzione. Il cinturino era formato da due strisce di cuoio scuro
intrecciate tra di loro. Una targhetta d'argento splendeva, pronta per un'incisione.

Lo afferrai e lo porsi all'uomo -Potrebbe scrivere "Believe"?- chiesi pensando al sogno di Justin.

Il suo sogno di diventare un cantante.

Sogno ostacolato dalla sua insicurezza e dalla sua paura. Volevo che lui riuscisse a credere nel suo sogno e in se stesso.

Il signore annuì e dopo qualche minuto mi guardò soddisfatto -Ecco a te- disse. Era stupendo.

Non vedevo l'ora che Justin lo indossasse.

-Ti serve altro?- chiese impacchettando il bracciale.

Guardai nuovamente il bancone e il mio sguardo si fermò su una catenina argentata.

Il ciondolo appeso era a forma di cuore, tutto elaborato alla perfezione, con un brillantino in alto a sinistra. Presi in mano il cuoricino e per sbaglio feci una lieve pressione sul lato sinistro. Il ciondolo si aprì prontamente, mostrando così due superfici interne lucide e luminose.

-Sì... Potrebbe incidere qui dentro "Sisters"?- chiesi.
Lui annuì e, dopo avermi consegnato il bracciale, incise la scritta dentro il cuore.

Frugai all'interno della mia borsa e tirai fuori il mio portafogli. Lo aprii e trovai ciò che stavo cercando: una piccolissima foto.

Alex aveva un occhio chiuso e la lingua di fuori, mentre io ero intenta a mordermi il labbro inferiore mostrando il mio vecchio amico, l'apparecchio fisso. Sorrisi involontariamente. Quella foto era una parte importante di me. Ma, avendone una copia in camera mia, decisi che l'avrei ritagliata per inserirla dentro il ciondolo.

-Tieni- disse sorridendo.

Risposi al sorriso e afferrai il pacchettino contenente la collana.

Pagai e mi girai in cerca dei miei tre amici.

Mi ritrovai Justin davanti, con il respiro affannato -Ecco dov'eri, Emma!- esclamò sollevato.

Risi -Non scappo, non preoccuparti. Ho solo preso dei regali- risposi alzando le spalle e mostrandogli il sacchetto contenente i due pacchetti.

Mi abbracciò -Mi hai lasciato con quei due che non fanno altro che guardarsi amorosamente e baciarsi- disse drammatico provocando un'altra mia risata.

-Quanto sei scemo...- dissi spingendolo dal gomito.

-Ti va una cioccolata calda?- mi chiese guardando il mio profilo.

Lo guardai negli occhi nocciola -Sì- risposi sorridendo.

Mi afferrò la mano e mi portò davanti ad un piccolo bar. Dei tavoli con delle sedie erano sistemati davanti alle vetrate.

-Siediti qui. Nel frattempo io prendo la cioccolata, va bene?- sorrise rassicurante.

Annuii semplicemente e mi sedetti su una delle sedie blu.

Il freddo era insopportabile, così cercai di scaldarmi le mani con il mio fiato. Poi le strofinai una contro l'altra.

Guardai di fronte a me e notai una chioma scura. Al suo tavolo erano sedute in totale tre ragazze, lei con altre due. All'improvviso si girò verso di me e la riconobbi.

Nicole.

Distolsi lo sguardo, ma non abbastanza in tempo da evitare di vedere il suo sorrisetto.

Proprio non riuscivo a comprendere il suo comportamento. Potevo capire che non le piacesse la mia canzone, ma se nemmeno mi conosceva, che bisogno c'era di guardarmi con odio?

Dopo alcuni minuti tornò Justin con in mano due bicchieri. -Ecco la cioccolata, Emma- disse appoggiandoli sul tavolino e dandomi un bacio sulla guancia.

Iniziai a sorseggiare dal mio bicchiere. Era deliziosa e molto calda. Così calda che mi vennero i brividi.

-Hai freddo?- mi chiese premuroso.

Risi. Si preoccupava sempre tanto per me... Era adorabile.

Scossi la testa -No, non preoccuparti- risposi sorridendo.

-E così quei due stanno insieme...- aprì il discorso lui.

Scoppiai a ridere e lui mi guardò divertito -Sì, l'altro giorno Alex era molto entusiasta... E pensare che prima di quella relazione, per lei esisteva solo Matt Kayse- commentai pensando alla mia migliore amica.

-Quel Matt Kayse di cui mi hai parlato quel venerdì?- chiese lui guardando il suo bicchiere.

-Sì, proprio lui- risposi distrattamente.

Ripensai ai primi giorni di Dicembre. Al mio odio nei suoi confronti quel giorno al centro commerciale e poi il venerdì al mercatino.

Erano cambiate così tante cose...

Io e lui eravamo diventati migliori amici e stavamo sempre insieme.

Rabbrividii un'altra volta e Justin avvicinò la sua sedia alla mia per poi abbracciarmi e stringermi contro al suo petto caldo.

-Grazie, Justin- dissi. Poi alzai la testa e lasciai un delicato bacio sulla sua guancia.

Lo sentii sorridere. -Emma, io devo dirti una cosa...- deglutì il biondo.

Lo guardai negli occhi incuriosita -Dimmi tutto- lo incoraggiai.

-Ecco, io...- iniziò, ma fu interrotto.

-Justin!- esclamò.

-Nicole?- il biondo la guardò e poi sorrise.

Che cosa stava per dirmi Justin?

Nicole non avrebbe potuto interromperlo in un altro momento?

Mi alzai di scatto dalla sedia: non volevo stare ad ascoltare i loro discorsi.

-Dove vai, Emma?- mi chiese Justin bloccandomi per il braccio.

Con quello libero presi il mio bicchiere di cioccolata quasi pieno -Vado a cercare Alex, magari ci vediamo dopo- risposi sicura, nonostante fosse solo una scusa.

Lui farfugliò qualcosa di incomprensibile, poi mi lasciò il braccio.

Sorrisi e mi allontanai. Mi sarebbe piaciuto finire la mia cioccolata, ormai fredda, insieme a Justin e soprattutto sapere cosa volesse dirmi.

Mi ritrovai nuovamente nella strada illuminata e occupata dalle bancarelle. Girovagai per dieci minuti fino a quando vidi la signora che mi aveva venduto la sciarpa bianca. Lei sembrò riconoscermi e sorrise. Io ricambiai.

Ammirai le varie sciarpe, poi ne afferrai una verde per provarla.

All'improvviso sentii un improvviso calore sul fianco destro e vidi una mano prendere un lato della sciarpa. Lasciai che la prendesse lui e che me l'avvolgesse intorno al collo.

-Risalta il magnifico colore dei tuoi occhi- disse baciandomi la guancia.

Arrossii -Grazie- poi presi un cappello nero e glielo infilai.

I minuti successivi li passammo a provare sciarpe, cappelli e guanti e a ridere.

Dopo che coprii completamente il suo viso con tanti tessuti colorati, lui mi abbracciò ridendo. Mi sembrava strano, però, che non avesse ripreso il discorso di prima.

Stavo per chiedergli cosa dovesse dirmi, quando una ragazza dalla chioma scura si avvicinò alla bancarella. La riconobbi subito, mentre Justin, essendo girato verso di me, non si accorse della sua presenza.

-Justin! Non posso crederci, allora è proprio destino, oggi...- disse ridacchiando.

Il biondo, riconoscendo la voce, si girò e sorrise -Hai ragione, Nicole- disse.

Mi allontanai per la seconda volta quella serata.

Camminando intravidi una bancarella che attirò la mia attenzione. Vendeva le palle di vetro natalizie, alcune riempite di neve, altre di brillantini.

Ne notai una in particolare. Era di media grandezza e infiniti brillantini argentati danzavano intorno a due pupazzetti: un ragazzo e una ragazza uniti in un bacio candido.

Presi in mano la palla e la osservai scuotendola dolcemente. Sotto c'era una piccola chiave dorata. La girai con attenzione e una dolce melodia iniziò a suonare.

Ero rimasta veramente affascinata.

La appoggiai sul ripiano e tornai velocemente verso casa, come sempre piena di dubbi a tormentarmi la mente.

 

 

Ciao a tutti!

Finalmente sono riuscita a pubblicare…

Comunque, per la scena del bar e della bancarella, mi sono ispirata al video Mistletoe, naturalmente…

Ci tengo a ringraziare chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate

e chi ha recensito!

Un abbraccio coccoloso,

Morena

 

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Capitolo 13
*** Ora inizia il tuo sogno ***


-Ti prego, ripetimi perché lo sto facendo- disse il biondo sconsolato.

Io sorrisi -È per farti superare la paura da palcoscenico, Justin- risposi facendo scorrere le dita sui tasti del pianoforte.

Lui si sistemava ripetutamente la giacca. Sembrava molto nervoso. -Ok, ma è proprio necessario che io canti con dei bambini delle elementari?- chiese sedendosi sullo sgabello nero.

-Tu hai detto di non aver mai partecipato ai saggi della tua scuola e ogni bambino inizia a cantare in questo modo. Quindi anche tu partirai da qui la tua carriera canora- spiegai accarezzando la sua guancia liscia.

Justin prese la mia mano e la portò alle sue labbra. Soffiò dolcemente e successivamente vi lasciò un tenero bacio. Sorrisi intenerita dalla sua dolcezza e gli porsi gli spartiti dei vari brani natalizi che avrebbe suonato e cantato insieme ai bambini che nel frattempo si erano già seduti sul pavimento della grande sala.

Lui li osservò attentamente -Emma, non sembrerà una pagliacciata tutto questo? Insomma, io ho diciotto anni e loro al massimo sei e poi...- si interruppe -Aspetta, aspetta, aspetta- continuò alzando l'indice. Si perse per qualche minuto nei suoi pensieri, poi mi indicò con il dito e assunse un'aria minacciosa -Come diamine hai fatto a farmi inserire nello spettacolo?- chiese poi.

Io scoppiai a ridere. Era troppo buffo nonostante cercasse di accusarmi. Mi asciugai le lacrime causate dalla risata e mi calmai -È stato molto semplice. Quella donna- cominciai indicando una signora con i capelli rossi e il braccio ingessato, circondata dai bambini agitati per l'imminente esibizione. Lui annuì -ecco, era la mia insegnante di musica quando ero una bambina e l'altro giorno l'ho incontrata mentre tornavo a casa. L'ho riconosciuta e le ho chiesto cosa avesse combinato al braccio. Ma questo è un altro discorso, l'importante è che lei cercasse qualcuno che la sostituisse al pianoforte e al canto. Così mi sei venuto in mente tu- spiegai tranquillamente al biondo.

-Non avresti voluto sostituirla tu?- mi chiese guardandomi negli occhi.

Appoggiai una mano sulla sua spalla -No, Justin. Io voglio che tu riesca a superare la tua paura. Credi nel tuo sogno e inizia a viverlo da adesso, dalle prime note che le tue dita suoneranno e dalla prima parola che la tua voce canterà questa sera, chiaro?- dissi tutto d'un fiato. Poi continuai -I bambini per lo più balleranno qualche coreografia e faranno il coro in alcuni brani. Vedi come sono spaventati? Il tuo compito è quello di infondere sicurezza nei loro cuori, tu sei il loro unico aiuto. Non deluderli, ma, soprattutto, non deludere te stesso. So che puoi farcela- dissi con sincerità.

Lui sospirò -Grazie, Emma- avvolse i miei fianchi con le sue braccia muscolose e mi avvicinò al suo corpo caldo.

Essendo seduto, appoggiò la testa sul mio ventre. Lo accarezzai delicatamente e lo sentii rilassarsi
sempre di più ad ogni mia carezza.

-Bene, i genitori stanno entrando. Bambini state tranquilli, tu Justin inizia a scaldare le dita e la voce, mentre tu, Emma, prendi quella videocamera e registra tutto- ordinò scandendo bene l'ultima parola.

-Ok, Justin, io inizio a cercare un posto per una buona visuale. Tu stai tranquillo e pensa solo alla musica- dissi sciogliendo l'abbraccio.

Il suo sguardo era perso nel vuoto. Appoggiai una mano sulla sua guancia. Sapevo che il contatto tra il mio calore e il suo, lo avrebbe riportato alla realtà. Così fu. Mi guardò e poi prese la mia mano per stringerla tra le sue.

-Tu dovrai riprendere tutto quanto?- chiese intimorito.

-Sì, a quanto pare la signora Stillman ha chiesto l'autorizzazione ai genitori per caricare il video sul web, ma non devi assolutamente preoccuparti, sarai perfetto- risposi.

Probabilmente con un'altra persona non sarei riuscita a parlare così tranquillamente, senza alcun imbarazzo.

Questo rapporto stupendo di amicizia ero riuscita a stringerlo solo con Alex e Justin.

-Non so se... riuscirò a cantare...- la sua voce tremava e i suoi occhi erano lucidi e probabilmente avrebbe pianto dal terrore.

Non avevo mai visto Justin piangere e di sicuro non avrei permesso che le sue lacrime bagnassero il suo viso angelico in quel momento. Avrei voluto tanto vederlo piangere di gioia, non di paura.

Lo abbracciai -Justin, ascolta. Tu hai sempre cantato con me davanti, quindi qual è il problema ora? Fingi che io sia seduta sullo sgabello accanto a te, pensa di star cantando solo per me. Prova ad immaginare che loro non ci siano. Io non ti abbandono. Ricordi quando ti ho detto che sarei stata con te per accompagnarti con la mia chitarra? Beh, oggi io sono qui, ma al posto della chitarra avrò in mano una videocamera. Qual è la differenza?- dissi velocemente per riuscire a bloccare le sue lacrime prima che potessero uscire violentemente.

Si alzò dallo sgabello e mi abbracciò. Affondai il viso nell'incavo del suo collo e annusai il suo dolce profumo.

-Grazie Emma- disse baciando la mia guancia.

Sorrisi -Di niente, Justin. Ora inizia il tuo sogno- dissi. L'emozione inondò il mio corpo e desiderai tanto che lui si fosse calmato completamente.

I genitori entrarono riempiendo l'aria di allegria. Lessi nei loro occhi tutta l'eccitazione nel sapere che avrebbero assistito allo spettacolo dei loro bambini. Decisi di iniziare le riprese. Accesi la videocamera e inquadrai i bambini tutti vestiti con jeans e maglione rosso. Alcuni alzarono la mano per salutare i rispettivi genitori. Altri parlavano tra di loro tranquillamente. Altri ancora erano intenti a respirare profondamente per non agitarsi. Sorrisi e lasciai che l'obbiettivo li riprendesse uno a uno. Poi ripresi per qualche secondo Justin, con le dita sui tasti lucidi, dopo i genitori e successivamente Mrs Stillman, che iniziò il suo discorso di
introduzione con un microfono nero in mano.

-Buonasera a tutti- iniziò -Oggi assisteremo al saggio dei vostri figli. Questa sera sono fiera di presentarvi anche Justin ed Emma che si sono offerti di aiutarmi con lo spettacolo- ci indicò e i genitori iniziarono ad applaudire -Ragazzi, vi sono veramente grata, senza di voi non avrei potuto portare avanti questa serata-disse.

Alzai lo sguardo e incrociai quello di Justin. Sorridemmo. Io tranquilla, lui visibilmente nervoso.

-Bene, iniziamo a riempire il nostro Natale di musica- disse Mrs Stillman.

Justin respirò profondamente e, dopo avermi rivolto un ultimo sguardo, appoggiò le dita sui tasti. L'aria si riempì delle note dolci suonate da Justin. I bambini iniziarono a volteggiare per la stanza con molta grazia e a tempo.

Io dalla mia postazione ripresi ogni movimento.

Dopo qualche melodia natalizia, i bambini si sistemarono uno vicino all'altro in fila e Mrs Stillman appoggiò qualche microfono di fronte a loro e uno di fianco a Justin. Capii che il biondo avrebbe dovuto finalmente cantare oltre a suonare. Non sembrava più tanto agitato. Sorrisi. Avevo raggiunto il mio obiettivo. Dopo qualche nota la sua voce risuonò nella stanza.

-So this is Christmas and what have you done?

Another year over, a new one just begun;

And so this is Christmas, I hope you have fun

The near and the dear ones the old and the young.-

Rivolsi l'obbiettivo della videocamera al suo corpo e ascoltai la sua voce melodica e intonata.

Sogghignai vedendo gli sguardi stupiti dei genitori. Sapevo che avrebbe lasciato tutti a bocca aperta.

Verso il ritornello anche i bambini si aggregarono al suo canto con le loro voci bianche.

-A merry merry Christmas and a happy new year,

Let's hope it's a good one without and fear.-

Iniziai a ondeggiare la testa a tempo, affascinata dalle loro voci meravigliose. Finita la canzone, i genitori si alzarono in piedi per applaudire e chiesero il bis.

Justin cercò il mio sguardo e mi sorrise riconoscente.

-Grazie- mimò con le labbra rosate. Sorrisi semplicemente.

A fine spettacolo Justin mi venne incontro e mi abbracciò. -Grazie, grazie, grazie!- esclamò contento.

-Hai fatto tu. A proposito, sei stato fantastico- dissi sincera.

-Grazie...- disse imbarazzato -Sono felice che tu mi abbia aiutato- mi diede un bacio sulla guancia.

-Ti avevo detto che ti avrei aiutato- lui sbiancò -Ehi, che succede?- chiesi preoccupata.

-Devo parlarti assolutamente, però fuori da qui- disse agitato.

Annuii e dopo aver salutato Mrs Stillman, lo seguii fuori.

-Dimmi tutto, Justin- lo incoraggiai una volta usciti.

-Tu mi hai aiutato e... Beh, anche io ti ho promesso che ti avrei aiutato con James, ricordi? Ecco, io l'ho fatto- disse velocemente.

Mi agitai -Per favore, continua- dissi dopo un suo lungo silenzio. -Io, ricordandomi del volere dei suoi genitori, ho pensato che probabilmente l'avessero portato con loro a Miami... Sai, un mio amico lavora in un ospedale in quella città da alcuni anni e gli ho chiesto se per caso avessero avuto un paziente di nome James Parks...- disse.

-E...?- chiesi curiosa.

Mi guardò negli occhi. -E c'è la cartella clinica di un certo James Parks, ma... Insomma, potrebbe essere lui, ma non voglio darti false speranze- annunciò toccando ripetutamente il suo ciuffo.

Sgranai gli occhi -Davvero?- ero scossa.

Sapere di aver forse ritrovato James mi provocò una strana sensazione.

Avrei potuto rivederlo e risolvere tutti i miei problemi.

Iniziai a piangere. Le lacrime scesero calde e lente sul mio viso.

-Devo andarci- dissi sicura.

Mi asciugò le lacrime -No. Tu hai la scuola e sei... sei la mia piccolina, non posso farti andare lì da sola. Ci andrò io, in fondo ci sarei andato comunque per fare una visita a Ryan, posso verificare anche questa cosa- disse baciandomi le guance per asciugare le altre lacrime.

-Grazie, Justin. Io ti voglio troppo bene- dissi mordendomi il labbro inferiore.

-Non quanto te ne voglio io- disse teneramente.

-Oh, ma smettila- dissi pizzicandogli la guancia.

Scoppiammo a ridere.

-Dai, ti accompagno a casa- disse.

-Allora... Era questo ciò che volevi dirmi al mercatino?- chiesi e lui deglutì.

Si grattò il collo imbarazzato -Ehm... Certo- disse poco convinto.

-Mmh... Ok... Comunque, non mi parli mai di ragazze... Ti vedi con qualcuna?- chiesi cercando di cambiare discorso.

-In realtà no. Diciamo che c'è una ragazza che adoro, mi fa impazzire e mi piace molto, ma...- si fermò.

Sentii delle fitte allo stomaco. Forse perché non me ne aveva mai parlato prima.

-Ma...?- lo incitai. Lui mi guardò e sorrise malinconicamente. Sembrava molto triste.

-Ma lei è legata al cuore di un altro ragazzo e io non voglio confonderle le idee... Anzi, penso di non avere proprio speranze- disse.

Non sapevo che soffrisse così tanto per una ragazza.

-Perché non me l'hai detto prima?- chiesi leggermente offesa.

-Beh, perché tu... Tu devi pensare a James e...- iniziò.

Ma io lo bloccai subito -No, Justin. Tu sei una delle persone più importanti della mia vita e mi piacerebbe aiutarti- dissi sorridendo.

-Ehi, quello che hai fatto oggi è stato fantastico, non so ancora come ringraziarti- mi strinse la mano.

-Ok, ma io vorrei aiutarti con questa ragazza... La conosco?- chiesi curiosa.

-Ehm... Sì, la conosci- rispose lentamente.

Pensai qualche istante.

L'unica che mi venne in mente fu Nicole.

Era innamorato della mora? Insomma, non avevo niente in contrario, ma Nicole non sembrava quella adatta a Justin.

-Ehi, ci sei?- chiese Justin notando che mi ero fermata all'improvviso.

-Sì, sì. Andiamo- dissi in fretta ricominciando a camminare.

Perché non riuscivo ad accettare l'idea che a Justin potesse piacere Nicole? Forse per come mi aveva trattata.

Cercai di non continuare a pensarci.

 

 

Ciao!

Ecco un altro capitolo, spero vi piaccia…

Finalmente Justin canta…

Ringrazio chi ha inserito la storia tra le preferire/seguite/ricordate e chi ha recensito…

Grazie ancora,

un abbraccio coccoloso,

Morena

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Capitolo 14
*** Come se non desiderasse altro ***


Non vedevo Justin da alcuni giorni. Era partito per Miami lasciando un enorme senso di vuoto nella mia vita.

Non ci conoscevamo da tanto, eppure avevamo stretto una forte amicizia. Molto probabilmente grazie alla sincerità che c'era tra di noi.

Io gli avevo raccontato dell'incidente, lui delle sue paure.

Gli avevo rivelato il mio grande sogno e lui il suo.

Ripensai a quel mancato bacio a casa sua e mi sedetti sul mio letto dalle coperte blu.

Forse lui non sapeva proprio tutto di me. Insomma, lui sapeva cosa mi fosse passato per la testa quel giorno? Sapeva quale effetto avessero i suoi profondi occhi su di me? No. Non lo sapeva. O almeno io non gliene avevo mai parlato.

Mi sentivo in colpa per quei pensieri. Mi sembrava un torto nei confronti di James. Io amavo il moro.

Ma Justin era una droga per me. Non riuscivo a farne a meno dopo quelle settimane trascorse insieme.

Appoggiai le gambe sul letto e mi distesi con lo sguardo rivolto al soffitto.

Justin aveva portato tanta allegria nel mio cuore. In realtà era proprio lui quella felicità.

Già, perché da quando era partito, mi sentivo triste e svuotata. Nemmeno il pensiero di James era riuscito a tirarmi su il morale.

Pensai a una vita senza Justin, ma con il mio bel moro accanto.

Poi a una possibile esistenza a stretto contatto con il biondo, in assenza di James.

Sbiancai all'istante. Perché alla prima possibilità avevo sentito il mio cuore cessare di battere? Perché al pensiero della seconda ipotesi le mie labbra si erano tese in un sorriso sincero?

Justin mi mancava già più del lecito nonostante fosse partito da pochi giorni. Come avrei mai potuto passare il resto della mia vita senza di lui?

Chiusi gli occhi e appoggiai le dita sulle tempie. Sentii come se la testa stesse per scoppiarmi. Tutti quei pensieri affollati e tutte quelle preoccupazioni mi stavano distruggendo mentalmente.

Non c'era bisogno di credere che, una volta ritrovato James, il mio rapporto con Justin sarebbe cambiato, giusto?

Pensai ai suoi occhi nocciola. Mi mancava anche quella sensazione strana. La sensazione di affogarci dentro.

Justin, invece, mi nascondeva qualcosa? Fui assalita da quel dubbio.

Beh, io non sapevo il nome di quella misteriosa ragazza che aveva rubato il suo cuore. Ma, effettivamente, avrei davvero voluto sapere quale ragazza facesse soffrire un ragazzo così dolce e tenero? No. Era meglio non saperlo. Che cosa avrei fatto se si fosse trattato veramente di Nicole? Non l'avrei sopportato di certo. Ma perché? Non poteva assolutamente trattarsi di gelosia. Io amavo James. James era stato la mia ragione di vita per molti mesi, ma Justin era riuscito a farmi dimenticare tutto il mio dolore per il moro, solo con la sua presenza.

Cosa mi stava succedendo? Mi stavo forse innamorando, come pensava Alex? No, impossibile.

Ma allora come avrei potuto spiegare i miei sentimenti?

Afferrai il cellulare dal comodino e iniziai a osservare lo schermo indecisa. Pensai se fosse il caso di chiamarlo. Probabilmente no.

Nel momento in cui decisi di lasciar perdere, squillò.

Risposi senza verificare chi mi stesse chiamando. -Pronto?- chiesi balbettando leggermente.

-Emma, sono Justin- disse rassicurante.

-Ciao Justin, come va a Miami?- chiesi sollevata che mi avesse chiamato.

-Oh, la Florida è meravigliosa, non come la California, ma pur sempre fantastica- disse ridacchiando. Poi continuò -Senti, domani incontrerò Ryan e gli spiegherò la situazione, magari riesce ad aiutarci- iniziai a giocare con una ciocca dei miei capelli castani.

Per un momento avevo sperato che mi avesse chiamato per dirmi che sentiva la mia mancanza, per fare qualche sua battuta o per sussurrare quanto mi volesse bene.

Ma in fondo lui era partito per Miami per cercare James, quindi era ovvio che mi tenesse informata sullo svolgimento dei fatti.

Non riuscii proprio a capire il senso di tutti i miei pensieri: perché iniziava a importarmi maggiormente di Justin che di James? Perché sentivo questo bisogno di avere il biondo dagli occhi nocciola accanto a me?

-Oh, ehm... Va bene- dissi distrattamente.

-Qualcosa non va, piccola?- sussurrò dolcemente.

Presi coraggio- No, è solo che mi manchi veramente tanto... Tutto qui- dissi nascondendo parte della verità.

-Anche tu, Emma- disse timidamente. Sorrisi per la sua dolcezza. Poi continuò -Ma io sono qui per farti felice- disse tristemente.

Davvero lui pensava di potermi rendere felice solo in quel modo? Non sapeva quanto avessi bisogno della sua presenza per provare della sincera gioia?

-Justin, come puoi dire una cosa del genere? Tu non hai idea di quanto mi senta rilassata e allegra quando sei con me. Mi fai sorridere sempre e...- lasciai la frase in sospeso una volta che realizzai cosa avessi detto e arrossii violentemente.

-Davvero?- chiese speranzoso.

Questo suo comportamento mi confuse parecchio. Sembrava quasi che avesse bisogno di conferme. Che avesse bisogno di sentirsi dire quanto fosse importante lui per me. Come se lui non desiderasse altro. Ma questo era impossibile.

-Davvero, Justin. Tu sei... Qualcosa a cui non posso più rinunciare. Ormai la mia vita senza di te sarebbe troppo vuota, sarebbe come il Natale senza un bacio sotto il vischio- dissi cercando di nascondere l'imbarazzo.

Mi resi conto del fatto che probabilmente non avrei potuto fare un paragone migliore.

Lui rise leggermente -Grazie Emma. Anch’io sento la tua mancanza, ma tra massimo due giorni tornerò e potremo passare tanto tempo insieme- spiegò.

-Perfetto- dissi contenta -Allora, non mi dici altro di questa ragazza misteriosa?- chiesi.

Perché continuava ad interessarmi? Avrei dovuto smetterla di pensarci.

-Beh, è la ragazza più bella che io conosca... I suoi occhi mi hanno colpito subito: sono così espressivi e mi ci perdo sempre. Sembrerò sdolcinato, ma credo che sia la ragazza che amo e se esistesse il "Per sempre" vorrei viverlo solo con lei- disse sospirando.

Quante fitte attraversarono il mio stomaco in quel momento? Troppe.

Justin era così dolce. Era incredibile il suo sentimento. Era veramente forte e profondo.

Altre fitte. Non sapevo in quali occhi si perdesse. Io di sicuro nei suoi.

Alzai leggermente la mia maglietta e appoggiai la mano sulla pancia. La mossi in senso circolare. Forse avrebbe attenuato il dolore.

Non sapevo con chi volesse vivere il "Per sempre". Non sapevo nemmeno con chi volessi viverlo io...

Con James? Non avrei saputo rispondere.

Con Justin?

-Sei così dolce Justin...- dissi trattenendo le lacrime per quello strano dolore.

-Io non credo. Perché lei non mi vuole?- chiese.

Chi non avrebbe voluto un ragazzo così dolce e tenero?

-Non dire così. Come puoi saperlo se non è lei a dirlo?- cercai di rassicurarlo.

-Non lo so- rispose.

-Posso sapere chi è?- chiesi curiosa.

-No, Emma. Scusami- rispose sincero.

Ci rimasi male. Perché non potevo saperlo? Magari avrei potuto aiutarlo.

Le lacrime scesero silenziose sulle mie guance. Non si fidava di me? Sentii il sapore salato di una goccia.

-Ehm... Ok. Scusa, devo andare- dissi velocemente.

-Mi dispiace veramente, Emma. Ciao, piccola- disse sospirando.

Chiusi la conversazione telefonica e appoggiai il cellulare sul comodino. Mi girai per appoggiarmi su un fianco. Chiusi lentamente gli occhi nonostante fossi sveglia. Forse io ero quella a tenere maggiormente alla nostra amicizia. Forse mi stavo impicciando troppo degli affari suoi. Non potevo sapere le sue motivazioni.

Aprii nuovamente gli occhi e il mio sguardo cadde sulla custodia della mia chitarra. Da molto tempo avevo smesso di suonarla nel centro commerciale. Avevo capito che era stato inutile farlo nell'anno passato.

Anche perché James poteva essere ovunque, non per forza a Los Angeles.

Poteva essere... morto. Non per forza vivo.

Poteva avere una bella fidanzata. Magari non era più interessato a me.

Io ero ancora interessata a lui? Provavo ancora amore nei suoi confronti, o solo sensi di colpa?

Mi addormentai persa tra questi pensieri.

 

Un rumore metallico mi risvegliò violentemente dal mio pisolino improvvisato in mezzo al corridoio della scuola.

Sobbalzai e rivolsi un'occhiataccia ad Alex. Sembrava molto arrabbiata. Doveva essere per qualcosa di grave visto come aveva sbattuto l'armadietto grigio per chiuderlo.

La guardai interrogativa e lei scoppiò a piangere.

Sgranai gli occhi e l'abbracciai. -Ehi, che è successo?- chiesi accarezzando la sua schiena.

Borbottò qualche parola incomprensibile e poi iniziò a singhiozzare.

-Non ho capito, Alex- dissi sincera.

Tirò su col naso -Ho detto che odio il mondo maschile- tirai fuori dal mio zaino un pacco di fazzoletti e glielo porsi.

-Grazie- disse. Poi si asciugò il viso delicato.

-Di niente- sorrisi -Perché odi i maschi?- chiesi non capendo.

-Ieri dovevamo continuare la relazione e io e Luke avevamo deciso di provare a lavorare con gli altri due del gruppo- si soffiò il naso -Arrivati in biblioteca io e Luke abbiamo iniziato a parlare tra di noi e a ridere, ma Matt ha rovinato il momento. Mi ha detto che doveva parlarmi, ma ha fatto ben altro...- spalancai gli occhi -Mi ha baciata e mi ha confessato che gli piaccio. Ovviamente Luke ha visto tutto è ha frainteso- i singhiozzi scossero violentemente il suo petto, così l'abbracciai comprensiva.

-Mi dispiace, Alex- dissi baciando la sua guancia umida.

-Anche a me. Ma il peggio è che Luke mi ha detto che ha sempre saputo che l'avrei tradito e Kayse ha mentito dicendogli che sono stata io a baciarlo- continuò.

La rabbia invase il mio corpo -Cosa?- gridai isterica -Ora mi sentono quei due stronzi- sbottai allontanandomi dalla mia migliore amica.

Mi incamminai per il corridoio pieno di adolescenti e riconobbi la chioma di Luke, seguita da quella di Kayse, qualche metro più avanti.

Afferrai Luke per la felpa e lo trascinai fino all'armadietto di Matt, senza lasciargli il tempo di realizzare cosa stesse succedendo.

Sbattei il suo corpo contro la lunga fila metallica, poi presi Kayse per il braccio e lo buttai addosso a Luke con rabbia.

Avevo gli occhi di tutta la scuola puntati addosso, ma non mi importava.

-Ascoltatemi bene, coglione 1 e 2- iniziai tenendoli entrambi per il colletto della divisa scolastica che spuntava dalla felpa. Guardai Luke -Se provi ancora a dire che Alex è una traditrice, ti faccio ingoiare tutti i tuoi stupidi libri- guardai Matt -E tu, se osi ancora mentire sulla mia migliore amica, potrai considerarti femmina- spinsi maggiormente verso gli armadietti entrambi -Sono stata chiara?- chiesi minacciosa.

Loro annuirono impauriti e io li lasciai, raggiungendo Alex.

Aveva assistito a tutto. -Grazie, Emma- disse.

-Questo ed altro per te- risposi sorridendo.

Nessuno poteva giudicare Alex. Lei era come una sorella per me e l'avrei difesa da tutto e da tutti.

 

 

 

Ciao!

Emma in questo capitolo ha altri dubbi sui suoi sentimenti…

Per Alex e Luke le cose si complicano.

Vorrei ringraziare simona_hope perché mi ha dato l’ispirazione, grazie Simpson (con affetto <3 ti voglio troppo bene)

Ringrazio chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e chi ha recensito.

Ho iniziato anche un’altra storia, Guardian angel, sempre su Justin. Se volete leggerla, la trovate sul mio account.

Grazie ancora,

un abbraccio coccoloso,

Morena

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Capitolo 15
*** Sarò il tuo principe azzurro ***


Portai le mani davanti alla bocca per scaldarle con il mio fiato.

Mancavano pochi giorni al concerto di Natale e il freddo era insopportabile.

Pensai a Justin e Nicole sullo stesso palco a cantare la canzone della mia vita.

Voce su voce.

Mano nella mano.

Occhi negli occhi.

Strinsi le mani in due pugni e sospirai. Perché mi infastidiva così tanto quel pensiero?

Presto, se tutto fosse andato secondo i piani, mi sarei ritrovata tra le braccia del mio James. Ma lui era ancora mio? Forse avrei fatto meglio a domandarmi se io fossi ancora sua.

Scacciai quel pensiero del tutto sbagliato e alzai lo sguardo verso il cielo. Era bianco. Magari sarebbe nevicato.

Sorrisi involontariamente.

Adoravo stare davanti al camino con una tazza di cioccolata fumante in mano, mentre fuori la neve imbiancava le strade. Il Natale precedente non ero riuscita a godermi quella meravigliosa atmosfera per colpa dell'incidente.

Mi rabbuiai. Non volevo assolutamente che succedesse di nuovo.

Volevo passare un Natale stupendo, in compagnia della mia famiglia e dei miei amici.

Arrivai davanti al cancelletto di casa mia persa tra quei pensieri. Afferrai le chiavi dalla tasca del giubbotto blu e le inserii nella serratura per poi farla scattare.

Delle braccia avvolsero il mio corpo infreddolito trasmettendo un calore piacevole e rilassante. Un calore che non avrei mai dimenticato. Chiusi gli occhi e mi lasciai stringere.

-Justin...- sussurrai flebile.

Lui mi diede un bacio tra i capelli prima che mi girassi verso di lui per approfondire l'abbraccio.

-Mi sei mancata, piccola mia- il suo tono dolce e profondo amplificò i brividi provocati dal freddo.

Affondai il viso nell'incavo del suo collo e cercai di assorbire il suo profumo, come se temessi che quella sarebbe stata l'ultima occasione per poterlo fare.

Davvero la sua assenza mi aveva sconvolta così tanto?

Strinsi tra le dita la sua giacca di pelle e iniziai a singhiozzare. Nemmeno mi accorsi delle lacrime che bagnarono il suo collo caldo e profumato.

-Perché piangi, Emma?- chiese preoccupato.

-Mi sei mancato tanto- risposi tra un singhiozzo e l'altro. Il mio labbro tremava. Mi ero spaventata veramente tanto all'idea di non poterlo più vedere. Nonostante sapessi che sarebbe tornato dopo qualche giorno, il mio cuore si era convinto che sarebbe successo qualcosa di brutto. Avevo bisogno della sua presenza per tranquillizzarmi.

Respirò profondamente e mi impresse un tiepido bacio sulla fronte.

-Temevo ti fossi arrabbiata con me dopo quella telefonata... Sono stato così in pensiero in questi giorni e non vedevo l'ora di tornare qui per poterti stringere tra le mie braccia e scaldarti... Sei sempre fredda- concluse ridacchiando.

-Quando mi abbracci non sono fredda. Mi sembra quasi che il tuo calore sia anche il mio... Mi fa sentire bene- chiusi gli occhi.

-Vorrei che tu non sentissi più freddo. Vorrei scaldarti sempre quando ne hai bisogno- disse cercando un contatto visivo con i miei occhi verdi.

Sentii il battito del mio cuore accelerare ad ogni sua parola.

Mi persi nei suoi occhi nocciola. Li scrutai a fondo, notai ogni sfaccettatura.

Oro, miele, ambra, caramello. La ricetta per un mio attacco cardiaco.

Come potevano racchiudersi tutti quanti nei suoi occhi?

Continuai ad annegare, senza accorgermi di ciò che mi circondava. Come riusciva ad avere questo effetto su di me? Possibile che ormai la mia vita dipendesse dai suoi respiri, dai battiti del suo cuore?

Sentii una goccia gelida bagnare la mia guancia. Volsi lo sguardo verso l'alto e sorrisi.

-Nevica- sussurrai nel suo orecchio.

Dei fiocchi bianchi accarezzarono la sua bocca carnosa quando alzò lo sguardo per osservare il cielo.

La sua lingua sfiorò quelle gocce ghiacciate e le mie guance si infuocarono.

Perché per un momento avevo desiderato che al posto di quei fiocchi di neve ci fossero le mie labbra?

Sorrisi imbarazzata e lui mi guardò interrogativo, ma arrossii maggiormente in risposta.

Altri fiocchi scesero lievi avvolgendo i nostri corpi.

-I should be playing in the winter snow, but I'mma be under the mistletoe...- intonò avvicinandosi al mio orecchio.

Mi morsi il labbro inferiore, sorrisi e lo strinsi forte con le mie braccia.

-Vieni dentro, qui fuori si gela- dissi ridacchiando e avviandomi verso il portone.

Sfregai le mie mani una contro l'altra provando a scaldarle. Entrai in casa seguita dal biondo. Chiusi velocemente la porta per evitare che il freddo entrasse e continuai a riscaldare le mie mani.

Justin, notando i miei vani tentativi, le afferrò velocemente per poi stringerle tra le sue. Poi le avvicinò alle sue labbra. Chiuse gli occhi e io avvertii il suo fiato caldo.

Non avrei saputo dire quanti brividi percorsero la mia schiena per quel suo gesto premuroso.

Poco dopo sentii come se l'aria nello spazio tra il suo viso e i miei palmi venisse risucchiata. Vidi le sue narici dilatarsi lievemente e per un momento pensai che avesse voluto annusare il mio profumo. O forse stava semplicemente ispirando dell'ossigeno.

Mi mordicchiai il labbro pensierosa, ma quando Justin impresse un dolce bacio sui palmi delle mie mani, mi lasciai sfuggire un sorriso.

Trattenne per alcuni secondi le mie mani davanti al suo viso, poi aprì lentamente gli occhi. Lo sentii sorridere.

-Grazie- sussurrai.

In un istante mi strinse tra le sue braccia -Di niente- ridacchiò -Bella casa, comunque- osservò poi.

Annuii semplicemente. -Vuoi qualcosa da bere o da mangiare?- chiesi appendendo le nostre giacche nello stanzino per i cappotti adiacente all'ingresso.

I suoi occhi brillarono -Magari una bella pizza- scoppiammo a ridere -No, no. Sto bene così, grazie- concluse sorridente.

Lo presi per mano -Vieni, ti faccio vedere la mia stanza- annunciai trascinandolo su per le scale.

Aprii la porta della mia camera e mi invase un buon profumo di pulito. Ero molto pulita e ordinata. In più mia mamma aveva evidentemente cambiato le lenzuola, prima blu e in quel momento gialle.

Mi sedetti sulla sedia girevole della scrivania e lasciai a Justin il posto sul letto. Lui si appoggiò lentamente, come se avesse paura di sembrare scortese.

-Ehi, sdraiati pure se vuoi- dissi guardando la mia chitarra beige per poi alzarmi di slancio e afferrarla. Iniziai a suonare la mia melodia e Justin sorrise.

-Kiss me underneath the mistletoe, show me baby that you love me so oh oh oh oh oh oh...- canticchiai distrattamente.

Justin mi fissò -Posso farti una domanda?- bloccai il movimento del polso bruscamente.

-Dimmi- sorrisi.

-Cosa significa per te un bacio sotto al vischio? Magari riuscirei ad interpretare meglio la canzone se lo sapessi- spiegò toccando ripetutamente il suo ciuffo biondo.

Sospirai -Beh, è una cosa romantica. Ho sempre saputo che nel preciso istante in cui le labbra si incontrano, puoi capire se la persona che stai baciando è la tua anima gemella e, se è così, resterai per l'eternità legato a lei. È sempre stato il mio sogno- confessai osservando le corde della mia chitarra.

Lo sentii sorridere.

-Pensi sia una cosa ridicola?- chiesi leggermente dispiaciuta.

-Oh, no, affatto. Credo sia molto dolce. Sai, i primi giorni, quando ancora non ti conoscevo bene, pensavo fossi una ragazza acida, senza sentimenti o sogni. Ma la verità è che mi sbagliavo. Sei una ragazza piena di ambizioni e desideri, che aspetta il principe azzurro, che sogna un matrimonio perfetto- disse fissando il soffitto.

La sua ultima frase era la perfetta descrizione di me stessa. Di Emma, una ragazza che ha sofferto, ma nonostante tutto non smette di credere che la felicità possa ancora illuminare il suo mondo. Ecco, io quella felicità l'avevo trovata.

Il suo nome? Justin Bieber.

Sorrisi e lentamente mi avvicinai al suo corpo caldo e sdraiato per abbracciarlo.

-Comunque, penso sia l'ora di parlare di James- annunciò sospirando.

Il mio corpo si irrigidì. Non avrei voluto trattare quell'argomento almeno per un po'.

-Okay- risposi timidamente.

Respirò profondamente -Non farò giri di parole: quello dell'ospedale è il tuo James- notai il suo strano tono, ma decisi di non dargli peso.

Sgranai comunque gli occhi per le sue parole. Cosa ci faceva James a Miami?

-Solo che lì mi hanno detto che era stato dimesso da ormai tanti mesi. Così l'ho cercato all'università, ma un suo amico mi ha detto che non frequenta più gli studi in Florida. Sembra che si sia trasferito a Boston- continuò il biondo in attesa di una mia reazione -Non ho potuto fare altro, scusami- disse sincero.

Mi sdraiai accanto a lui e lo strinsi forte con le mie braccia -Tu hai fatto già abbastanza, insomma, vuol dire che forse non è destino- dissi in tono neutro, senza lasciar trapelare emozioni.

Lui mi guardò confuso -Ma come? Non lo ami più?- chiese.

-Siamo stati distanti troppo tempo, non so più cosa provo per lui... È complicato-risposi sperando che potesse capire.

Lui annuì. -È comprensibile- disse semplicemente.

Lasciai un bacio sulla sua guancia -Grazie. Tu ci sei sempre per me- affondai il viso nell'incavo del suo collo.

Sentii il battito accelerato del suo cuore.

-E sempre ci sarò- disse -Sarò il tuo principe azzurro, Emma- disse lasciando un bacio tra i miei capelli.

Spalancai la bocca. Cosa intendeva con quella frase?

Lo guardai confusa in cerca di una spiegazione -Cioè... Insomma... Chi ha deciso che il principe azzurro non possa essere il tuo migliore amico?- chiese velocemente balbettando.

Spostai una ciocca castana dietro l'orecchio -Beh, non lo so- risposi alzando le spalle -Credo nessuno- continuai.

In qualsiasi caso lui mi sarebbe rimasto accanto per tutta la vita.

Sorrisi e strinsi maggiormente il suo corpo. Chiusi gli occhi e mi lasciai cullare dal battito del suo cuore.

 

Mi svegliai accaldata e sudata. Mi ero addormentata con i vestiti addosso, solo non ricordavo il perché.

Distesi le braccia sbadigliando e sentii qualcosa cadere dal letto. Accesi la luce e guardai il pavimento: un pezzo di carta ripiegato giaceva pronto per essere letto. Lo afferrai velocemente e lo aprii, poi fissai attentamente quelle lettere eleganti.

 "Sei bellissima quando dormi. Sembri una bambina, così indifesa e fragile... Ci vediamo di pomeriggio per provare la canzone. Ti aspetto a casa mia, un bacio, Justin".

Sorrisi involontariamente e mi sdraiai sul letto tra mille pensieri. Come riusciva a essere così dolce senza risultare mai banale e scontato? Sembrava veramente il principe azzurro.

 

Ripensai a James. Davvero era ancora vivo? Perché non era mai venuto a cercarmi, mentre io l'avevo aspettato tutto quel tempo? Forse non aveva mai tenuto a me quanto io avevo tenuto a lui. Mi ero solamente illusa? Molto probabilmente.

Rimasi qualche altro minuto a fissare il soffitto. Ma dopo un po' i jeans iniziarono a infastidirmi, così afferrai la sveglia e controllai l'orario.

5.23

Decisi di iniziare subito a prepararmi, perché se mi fossi riaddormentata, avrei faticato a svegliarmi di nuovo. Inoltre sarei riuscita a fare tutto con più calma.

Cercai sul pavimento freddo le mie pantofole e, una volta trovate, entrai in bagno per farmi una doccia rilassante. Accesi la lampadina e appoggiai l'accappatoio accanto alla vasca da bagno, insieme all'intimo di ricambio. La riempii d'acqua tiepida ed entrai.

Rabbrividii subito. Poi il calore divenne piacevole. Mi sembrò come se tutto il nervosismo accumulato scivolasse via dal mio corpo bianco.

Mi sdraiai per poter immergere la testa sott'acqua. Lasciai che l'anidride carbonica uscisse dalle mie narici in piccole bolle trasparenti e leggere.

Tranquillità. Ecco cosa provai in quel preciso istante. Come se nella mia vita non ci fosse mai stata tristezza. Come se fossi nata solo in quel momento. Dimenticai il mio passato pieno di sofferenza, non pensai ai miei progetti per il futuro.

Esisteva solo quell'attimo di pace. Nient'altro.

Avrei voluto che durasse in eterno, ma purtroppo, dopo qualche secondo, il bisogno umano di avere ossigeno nei polmoni si fece sentite. Riaffiorai in superficie e feci dei respiri profondi.

Quel pomeriggio sarei andata a casa di Justin e avrei rivisto Nicole. Avrei sopportato la sua presenza, la sua immotivata cattiveria nei miei confronti e il dubbio che lei potesse essere la ragazza amata dal bel biondo dagli occhi nocciola?

 

 

 

Ciao!

Ecco un nuovo capitolo… Spero vi piaccia!

Ringrazio naturalmente chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e chi ha recensito…

Ora scappo, devo andare dal dentista…

Un abbraccio coccoloso,

Morena

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Capitolo 16
*** Il prezzo da pagare ***


Le loro voci risuonarono nelle mie orecchie.

Proprio come avevo immaginato, insieme non erano armoniose. Erano completamente diverse e non erano nate per unirsi in un unico suono.

Justin, infatti, finalmente si era deciso a cantare di fronte a Nicole. In fondo non avrebbe potuto fare altrimenti: era il 21 Dicembre e mancavano solo tre giorni al concerto. Tre giorni erano veramente pochi, ma avremmo fatto di tutto pur di riuscire a preparare per bene la canzone.

Continuai a suonare la mia chitarra sul divano del salotto di Justin senza accorgermi del resto, come se con il mio pensiero riuscissi a trovarmi dall'altra parte della Terra. Magari su una spiaggia tropicale o sulla vetta di un monte europeo.

Le dita scorrevano senza che io me ne rendessi conto. Sembravo ipnotizzata. Niente sarebbe riuscito a riportarmi alla realtà senza il mio consenso. O forse qualcosa sì.

Un acuto assordante mi risvegliò facendomi sobbalzare. Accostai immediatamente le mani alle orecchie e fissai i due, biondo e mora.

Justin sembrava stordito. Nicole arrabbiata per la nostra reazione.

Sospirai -Nicole, è la terza volta questo pomeriggio che ti dico che quella nota non è così alta. Diamine, temo di esser diventata sorda dall'orecchio destro!- esclamai con una smorfia di dolore.

Lei sbuffò -A me viene così, non posso farci niente- rispose.

Alzai gli occhi al cielo -Almeno prova a cantarla leggermente meno acuta- ricominciai dalla prima nota la melodia.

Justin iniziò con la sua strofa e mi sorrise. Ricambiai muovendo a ritmo con la sua voce la mia testa. Subito dopo Nicole mi lanciò un'occhiataccia, seguita da un mio sospiro.

Chiunque avrebbe capito, a quel punto, il motivo del suo odio nei miei confronti.

Justin.

Le davano fastidio tutte le attenzioni che il biondo mi rivolgeva, i teneri baci che schioccava sulle mie guance e i dolci sorrisi con cui illuminava i miei occhi verdi.

Justin, vedendomi pensierosa, mi guardò interrogativo. Scossi la testa.

All'improvviso si alzò per poi sedersi vicino al mio corpo freddo. Mi cinse le spalle con il suo braccio muscoloso. Sorrisi leggermente imbarazzata, mentre lui continuò a cantare.

-But I'mma be under the mistletoe...- cantò con infinita dolcezza.

Nell'istante in cui prese fiato, mi guardò come per incitarmi ad accompagnarlo nei versi successivi con la mia voce.

Come avrei potuto rifiutare? Sarebbe stato impossibile. Inoltre i suoi occhi erano riusciti di nuovo a incantarmi.

Mi dimenticai di Nicole, seduta sul divano di fronte al nostro con una smorfia sul viso. Mi dimenticai di James, in quel momento tra le strade di Boston a fare chissà cosa. Ma in verità non mi interessava saperlo, non con il biondo accanto a me. Stavo affogando dolcemente in un oceano di caramello. Cos'avrei potuto volere di meglio? Proprio niente.

Sorrisi ammaliata dal suo sguardo.

-With you, shawty with you... With you, shawty with you... With you, under the mistletoe…- le nostre voci si unirono in un'unica melodia.

Non mi ero mai sentita così libera e leggera come in quel momento. Cantare con Justin era un'emozione unica. I nostri occhi non smisero un secondo di scrutarsi a fondo.

Presa da quel momento, interruppi bruscamente la melodia e appoggiai il braccio sul tessuto del divano. Il silenzio avvolse i nostri corpi come una soffice coperta, escludendo tutto il resto. Justin inumidì con la lingua le sue labbra rosee. Subito dopo afferrai il mio labbro inferiore con i denti.

Era come se fossimo in attesa, ma di cosa? Forse l'avremmo capito seguendo l'istinto. In quel momento l'unica mio desiderio era quello di conoscere il sapore, il calore e la morbidezza delle sue labbra. Era forse un indizio?

Cercai con i miei occhi i suoi nocciola, ma non si persero come al solito in quel colore caldo e confortante. Le sue palpebre erano semichiuse, impedendomi la vista di quelle iridi. Il suo sguardo era infatti posato sulla mia bocca. Istintivamente i miei denti strinsero nuovamente il mio labbro inferiore e lui alzò di scatto lo sguardo verso i miei pozzi verdi.

Sembrava quasi che il tempo si fosse fermato.

 

Dei leggeri colpi di tosse ci riportarono alla realtà, distruggendo in un attimo quell'atmosfera. Justin guardò immediatamente fisso di fronte a sé, mentre io abbassai lo sguardo sulle corde della mia chitarra arrossendo. Quello strano silenzio, che aveva in precedenza regnato nella stanza, fu sostituito da uno molto imbarazzante.

Nicole mi fissò carica d'odio.

Il braccio del biondo era ancora appoggiato al mio corpo e Justin non sembrava intenzionato a toglierlo da quella posizione.

Ricominciai a muovere le dita sullo strumento come se non fosse mai successo niente.

Così ripresero le prove e finalmente Nicole riuscì a rendere la nota meno acuta, ma rimaneva comunque troppo diversa da come me l'ero immaginata io durante la composizione.

Suonando, mi persi nuovamente tra tutti i miei pensieri confusi nella mia mente.

Pensai ad Alex.

La bionda non era ancora riuscita a chiarire con Luke. Perché non le era stato possibile vivere serenamente la sua tanto attesa storia d'amore? Perché si era dovuto complicare tutto? Era del tutto ingiusto. Anche lei meritava di avere accanto una persona che l'amasse, no?

Inevitabilmente pensai a James. Forse però tutto il mio passato aveva un senso. Probabilmente se i genitori del moro non mi avessero impedito di restargli vicino, io non avrei mai pensato di suonare la mia chitarra di fronte a quel bar. Di fronte al bar dove Justin lavorava. Non avrei mai incontrato il biondo dagli occhi nocciola.

Sgranai gli occhi.

Era stato tutto un bene? L'incidente, i mesi passati a piangere, le notti regnate dagli incubi, la mia sofferenza immensa?

Quello evidentemente era stato il prezzo da pagare per incontrare Justin, per far sì che entrasse nella mia vita, nel mio cuore.

Avrei mai accettato di sopportare nuovamente tutto quello, sapendo che alla fine di quel tunnel buio, freddo e silenzioso avrei trovato la luce splendente degli occhi di Justin, il suo calore estremamente piacevole e la sua voce incantevole? Sicuramente sì.

Se fossi tornata indietro nel tempo a quel 30 Novembre, avrei usato lo stesso tono acido con il biondo. Ero sicura che lui si fosse incuriosito per il mio brutto carattere e avesse voluto scoprire cosa mi portasse a essere così sgarbata.

Sorrisi.

Lui non se n'era mai andato. Aveva cercato di capire a fondo il mio comportamento e gli ero veramente grata per quello.

Mi sentii per l'ennesima volta in colpa.

Non riuscivo a capire come mai James non fosse tornato a Los Angeles, una volta finiti i suoi giorni da passare in ospedale. Potevo capire che magari non provasse più quei sentimenti profondi e veri che ci avevano legati l'anno prima, ma come poteva rifiutare anche una semplice amicizia? Forse era successo qualcosa. Forse il mio compito era quello di andare di persona da lui fino a Boston e chiarire.

E invece io cosa stavo facendo? Mi stavo affezionando alla persona più tenera e dolce che avessi mai conosciuto. No, stavo iniziando proprio ad amarla.

Nessuno dovrebbe sentirsi colpevole per ciò che prova il suo cuore. È qualcosa che non può essere deciso. Eppure il mio cuore veniva divorato dai sensi di colpa al pensiero del moro su una barella di un'ambulanza. Come se tutto quello fosse successo a causa mia. E forse era proprio così. In fondo se io gli avessi permesso di baciarmi sotto quel ramo di vischio, lui non sarebbe stato investito. Non sarei mai stata stretta dalle braccia calde di Justin. Braccia che in quel momento avvolgevano ancora il mio corpo bianco e freddo. Tutto era dipeso da un bacio. Un bacio che non avevo ancora ricevuto. Ma l'avrei mai ricevuto? E soprattutto, da chi?

-Emma!- gridò il biondo scuotendomi leggermente. Sobbalzai e fermai immediatamente lo scorrimento delle mie dita sulle corde per lo spavento.

Lo guardai confusa sentendo il battito del mio cuore velocizzare alla vista dei suoi occhi.

-Abbiamo finito con l'ultima strofa da molti minuti. Pensavamo avresti detto qualcosa, invece hai iniziato a suonare la melodia come la prima volta al centro commerciale- disse preoccupato -A cosa stavi pensando?- chiese curioso e agitato al tempo stesso.

Strano.

Quel pomeriggio i miei ricordi legati a James mi avevano spinta a suonare quella melodia con tristezza e malinconia. Mentre in quel momento, proprio il pensiero di un passato completamente diverso mi ci aveva portata. Com'era possibile tutto ciò?

Ovviamente non fu difficile comprenderlo, ma preferii non rivelare al biondo tutta la mia confusione mentale.

Cercai velocemente una risposta convincente -Ehm... No, è che...- deglutii -Vedi, Alex e Luke hanno litigato ed erano così carini insieme... Insomma, mi dispiace vederli tristi e distanti- conclusi.

Beh, non era del tutto un'invenzione, ma quello non era proprio ciò a cui stavo pensando durante le note suonate dalle mie dita.

Spalancò gli occhi -Cosa? Luke non mi ha detto niente...- disse. Fortunatamente aveva creduto alla mia risposta.

-Beh, forse non voleva farti preoccupare- ipotizzai fissandomi le unghie.

-Comunque dobbiamo farli tornare insieme... Magari tu potresti invitare al concerto Alex e io Luke. Poi lì cercheremo un modo per farli incontrare, che ne dici?- chiese entusiasmato dal suo piano.

Sorrisi -Certo- confermai.

-A proposito del concerto...- disse il biondo attirando la nostra attenzione -A quanto pare gli organizzatori dell'evento hanno deciso di tenere la nostra canzone per chiudere la serata- annunciò.

-Wow, è fantastico! È la parte più importante del concerto!- esclamai emozionata.

Lui annuì sorridendo.

-Pensando alla canzone mi è venuta in mente un'idea, Justin- dichiarò Nicole escludendomi dalla conversazione.

Lo sguardo del biondo, dapprima sui miei occhi, si spostò lentamente per finire sulla mora.

-Dimmi- disse con un sorriso lieve, non uno dei soliti allegri e brillanti.

-Sono sicura che ti piacerà da impazzire...- cercò di tenerlo sulle spine.

Ma lui rimase indifferente alle sue parole.

Appoggiai la chitarra sul tappeto e mi alzai dal divano. Sapevo che ciò che Nicole avrebbe detto non mi sarebbe piaciuto. Sentii il braccio di Justin scivolare sulla mia schiena e la sua mano afferrare la mia per trattenermi. Cercò un contatto visivo con il mio viso e mi guardò curioso. Sorrisi forzatamente e lasciai la sua mano per inserire la mia chitarra beige nella custodia. Ormai le prove erano terminate e sarei tornata a casa. Misi in spalla il mio amato strumento e aspettai le parole della mora.

-Una volta finita la canzone potremmo baciarci, non è un'idea geniale?- chiese lasciando a bocca aperta il biondo.

Io rimasi impassibile, ma dentro sentii un dolore all'altezza del cuore. In fondo avrei dovuto immaginarlo. Lei era attratta da Justin. C'erano anche molte possibilità che lui fosse innamorato di Nicole, quindi non avrebbe avuto problemi ad accettare.

Iniziai a tremare, attendendo la risposta del biondo dagli occhi nocciola. Occhi che in quel momento mi sembrarono persi nel vuoto.

Alzò lo sguardo verso di me, ma subito dopo tornò a guardare il pavimento -Io... Io non...- balbettò.

Nicole inarcò un sopracciglio e mi fissò -Tu cosa ne pensi, Emma?- chiese inclinando leggermente la testa.

Sentii addosso gli occhi di Justin. Mi chiesi perché non avesse risposto. Forse aveva capito i miei incomprensibili sentimenti verso di lui e aveva preferito non farmi soffrire? In realtà nemmeno io ero convinta di cosa provassi nei suoi confronti, come poteva saperlo lui?

Mi sentii sciocca.

La rabbia invase il mio corpo in contemporanea alla confusione. I miei pensieri si affollarono nella mia mente impedendomi di ragionare.

Nicole era in attesa della mia risposta.

Sistemai meglio la chitarra sulla mia schiena, poi inumidii le mie labbra. -Oh beh, devo farti i complimenti: è un'idea veramente fantastica... In sintonia con la canzone soprattutto- risposi cercando di nascondere l'ironia. Guardai Justin che mi fissava con gli occhi sgranati -Tanto per te non ci saranno problemi, giusto?- continuai velenosa.

Cosa mi stava succedendo? Il biondo non si meritava questo mio trattamento.

Nicole sorrise soddisfatta.

Ero stata talmente stupida e impulsiva da darle la soddisfazione di vedermi irritata per le sue parole. Ma ormai non avrei potuto fare niente per tornare indietro e rimediare al mio errore.

Notai il tremolio del labbro inferiore del biondo.

Le nostre iridi si scontrarono.

Chiusi le palpebre e respirai profondamente. Di lì a poco sarei scoppiata a piangere, delusa da me stessa.

-Ora scusate, ma devo andare- salutai tornando di fretta all'ingresso della casa.

-Emma!- gridò il biondo, ma ero già uscita.

Arrivai a casa mia stremata e con il fiatone.

Entrai frettolosamente e salutai i miei genitori per poi salire in camera mia. Chiusi la porta e mi appoggiai a essa. Sospirai. Serrai le labbra in una riga sottile e riuscii a sentire con la lingua un sapore caldo e salato.

Lacrime.

Lacrime di tristezza al pensiero che lui avrebbe baciato Nicole.

Lacrime di rabbia perché lei aveva avuto ciò che desiderava.

Lacrime di delusione perché ero stata capace di trattare in quel modo orribile una persona così dolce e comprensiva.

Lacrime di paura al pensiero che lui potesse essersi arrabbiato con me.

Lacrime di confusione. Confusione perché non riuscivo a sostenere tutte quelle emozioni, ma soprattutto ero confusa da tutti quei sentimenti.

Ancora per me era difficile ammettere di essermi innamorata di lui. Magari mi sentivo attratta da Justin solo per la distanza di James, che avevo amato così intensamente in quei mesi. Forse con lui avevo semplicemente trovato una persona che riempisse quella mancanza di affetto provocata dall'assenza del moro e sarebbe stato un grande errore confondere tutto ciò con l'amore.

Scivolai fino a sedermi sul pavimento e avvicinai le ginocchia al petto.

Appoggiai le mani sul mio viso e mi sfogai.

Piansi fino a pensare che non avrei mai più avuto in futuro lacrime da versare.

 

 

 

Ciao ^.^

Ecco un nuovo capitolo…

Nonostante Emma abbia capito di provare qualcosa per Justin, ancora non riesce ad ammettere di amarlo…

Ringrazio chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e chi ha recensito…

Un abbraccio ovviamente coccoloso,

Morena

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Capitolo 17
*** Disegnare il Paradiso ***


Sbattei lentamente le palpebre.

Guardai il soffitto bianco e mi girai su un fianco per riaddormentarmi.

Il mio stomaco brontolò e mi ricordai di non aver mangiato la sera prima. Avevo passato tutto il tempo a piangere e disegnare qualsiasi cosa mi venisse in mente. Disegnare era come suonare per me. Adoravo fare entrambe le cose.

Presi un respiro profondo e chiusi nuovamente gli occhi. Fortunatamente avrei potuto dormire fino a tardi quel giorno. Ormai le scuole erano chiuse per le vacanze natalizie.

Quel pensiero mi fece ricordare il concerto e di conseguenza Justin.

Era arrabbiato con me, dopo come l'avevo trattato il pomeriggio prima? Sperai che non lo fosse.

Magari me lo sarei anche meritata, ma non avrei mai potuto sopportare quell'idea.

Riuscii con molta difficoltà a tenere gli occhi socchiusi. La stanchezza prese il possesso del mio corpo e mi addormentai.

 

 

Una pressione morbida e calda sfiorò la mia tempia, per poi proseguire lungo il mio zigomo e soffermarsi qualche secondo sotto le mie ciglia nere e lunghe.

Lentamente mi voltai dall'altro lato del letto, ancora addormentata. Per qualche minuto non avvertii più quel tocco delicato sul mio viso, così pensai di essermi immaginata tutto.

Un respiro caldo inondò il mio viso e, quando sentii delle carezze vicino al mio orecchio, i brividi percorsero la mia schiena bianca.

Mugugnai qualcosa di incomprensibile e ripresi la posizione precedente, sul fianco destro.

Un profumo dolce e fresco avvolse il mio corpo e mi aiutò a sprofondare nuovamente nel mondo dei sogni.

 

 

La luce splendente del sole penetrò nella stanza passando dalla finestra accanto al mio letto.

Aprii con calma le palpebre e sbadigliai. Rimanendo con la testa sul cuscino, allungai le mie braccia per stiracchiarmi, ma andai a sbattere contro qualcosa di caldo e morbido.

In seguito un lamento di dolore risuonò nella mia camera. Velocemente volsi lo sguardo alla mia sinistra
e non riuscii a trattenere un sorriso quando lo vidi.

Justin era lì, sdraiato accanto a me, con una mano a tastarsi il naso. I suoi capelli biondi erano più spettinati del solito e le palpebre socchiuse non mi permisero di affogare in quella cascata color caramello.

-Scusa...- sussurrai dispiaciuta.

Justin spostò le mani dal suo viso e mi avvicinò al suo corpo caldo. Impresse un bacio sulla mia guancia e sorrise senza allontanare le labbra dal mio viso. Quel contatto mi fece rabbrividire, ma cercai di non farlo capire al biondo.

-Da quanto sei qui?- chiesi in tono neutro.

-Un'ora, più o meno- rispose appoggiando la mia testa sulla sua spalla.

-E...- iniziai, ma mi bloccai subito non sapendo come continuare la frase. Avevo paura di sbagliare le parole.

Mi guardò curioso.

Abbassai lo sguardo tristemente.

Era arrivato il momento di fargli quella domanda.

-Sei arrabbiato con me?- chiesi con gli occhi lucidi e la voce tremante.

Lui sgranò gli occhi, evidentemente sorpreso. Aprì la bocca come per parlare, ma lo anticipai.

-Ieri non mi sarei dovuta comportare in quel modo, ho paura che tu ti sia offeso e probabilmente avresti pure ragione a farlo. Non voglio perdere la tua amicizia, è una delle cose più importanti nella mia vita, e il solo pensiero di non averti più vicino...- senza fiatare mi strinse con enorme affetto al suo corpo.

Fu l'abbraccio più bello e sincero di tutta la mia vita. Le nostre braccia si avvolsero intorno al corpo dell'altro fino a diventare quasi una cosa sola.

Non più Emma e Justin. Eravamo noi. Nessuno sarebbe riuscito a distinguere l'uno dall'altra, talmente eravamo vicini.

Con delicatezza avvicinai le gambe fino a quando si trovarono tra i nostri petti. Justin riuscì così a stringermi maggiormente e fui invasa da tutto il suo calore piacevole. Affondai il viso nell'incavo del suo collo caldo e sospirai.

Sembrava quasi che entrambi non volessimo avere un solo centimetro di distanza.

-Non ti lascerò mai, Emma. Io temevo anzi di aver fatto qualcosa di sbagliato e, appena mi sono svegliato questa mattina, mi sono precipitato qui da te per farmi perdonare- rispose accarezzandomi la testa.

Sorrisi per le sue parole e scossi la testa per fargli capire di non preoccuparsi.

Chiusi i miei occhi verdi. Appoggiai le labbra sulla sua clavicola e lasciai dei morbidi baci molto lentamente fino ad arrivare al suo mento.

Il suo respiro si appesantì. Successivamente lo sentii deglutire.

Pensando di averlo infastidito con le mie labbra, appoggiai le mani sul materasso per potermi alzare, ma Justin mi riavvicinò prontamente al suo corpo.

Sorrisi lievemente imbarazzata.

Con delicatezza appoggiò nuovamente la mia testa sul suo collo e spostò una ciocca di capelli castani dietro il mio orecchio, accarezzando con il pollice la mia guancia.

Quello era il paradiso. Il suo profumo inebriante, il calore della sua pelle liscia, i suoi capelli morbidi e le sue braccia possenti e muscolose.

Se qualcuno mi avesse chiesto di rappresentare come io mi immaginassi il paradiso, non avrei esitato a disegnare il suo ritratto.

Il ritratto di Justin Drew Bieber.

Avrei fatto scorrere il pennello intinto nella tempera beige al di sopra del viso, disegnato precedentemente a matita, con la stessa infinita dolcezza con cui avrei accarezzato i suoi ciuffi color grano.

Avrei perso ore a cercare di disegnare degli occhi anche solo lontanamente simili ai suoi color nocciola, naturalmente senza concludere niente.

Avrei provato a miscelare varie tonalità di rosa fino a trovare quella unica delle sue labbra a forma di cuoricino.

Avrei tentato all'infinito, ma in fondo chi sarebbe mai riuscito a disegnare il paradiso? Nessuno.

È qualcosa di impossibile. Il paradiso è così perfetto da essere unico e irripetibile.

Con le mie labbra ripresi il percorso del suo collo a occhi chiusi.

Non mi accorsi nemmeno di essere arrivata proprio sulla fossetta sotto il suo labbro inferiore. Trattenni il respiro e notai che deglutì un'altra volta. Pensai che forse a lui non facesse piacere quella vicinanza, ma allora come mai le sue braccia spinsero il mio corpo fino a far combaciare i nostri petti?

Il battito del mio cuore aumentò con lo stesso ritmo del suo.

Alzai in fretta gli occhi fino a farli scontrare con i suoi. Subito dopo abbassai lo sguardo verso le nostre labbra così vicine.

Lo baciai sfiorando lievemente il contorno del suo labbro inferiore e morsi delicatamente la fossetta, affondandovi i denti.

Sorridemmo contemporaneamente.

-Cosa facciamo oggi?- chiesi allegra.

-Ti piacerebbe fare l'albero di Natale con me, Jaxon e Jazzy?- rispose lui baciando la mia guancia.

Risi quando sfregò il naso contro il mio collo facendomi il solletico.

-Certo che mi piacerebbe- accettai per poi alzarmi in piedi e controllare l'orario.

10.27

Sbadigliai e distrattamente aprii l'armadio. Rimasi a osservare per qualche minuto, fino a quando le braccia muscolose e calde di Justin cinsero il mio corpo da dietro. Appoggiò la testa sulla mia spalla e io sorrisi.

-Posso aiutarti?- chiese stringendomi maggiormente. Annuii.

Tenendomi vicina a lui, allungò le braccia verso l'interno dell'armadio e ne tirò fuori un paio di jeans chiari e un maglioncino molto largo sulle sfumature del verde.

-Così il colore dei tuoi occhi sarà più evidente- sussurrò.

Ripensai a quel venerdì passato a cercare i regali di Natale. Quel venerdì in cui mi aveva detto la stessa cosa per una sciarpa che stavo provando. Ci eravamo divertiti tanto, almeno prima che arrivasse Nicole a interrompere le nostre risate.

Mi incupii e Justin se ne accorse.

-Che ti succede?- chiese preoccupato.

Mi risvegliai dai miei pensieri e scossi la testa, come per cacciarli dalla mia mente.

-Ehm... Niente- risposi di fretta e bruscamente.

Afferrai i vestiti ed entrai nel mio bagno per poi chiudere la porta.

Non avrei potuto continuare in quel modo. Lui non meritava assolutamente questi miei sbalzi di umore.

Infilai i vestiti che Justin aveva scelto e uscii dal bagno dopo aver spazzolato i miei capelli castani.

Lo trovai seduto sul letto, con la testa tra le mani. Toccava ripetutamente il suo ciuffo color grano, come se fosse frustrato.

Mi morsi il labbro inferiore e lo raggiunsi. Abbracciai il suo corpo perennemente caldo e impressi dei baci sul suo viso fino a quando si rilassò.

-Andiamo?- chiesi impaziente di rivedere i suoi fratelli. Lui mi guardò negli occhi. Notai sul suo viso la confusione dovuta ai miei strani comportamenti. Baciai nuovamente la sua guancia e lo presi per mano.

-Sto uscendo con Justin!- gridai lungo le scale per farmi sentire dai miei genitori.

Dalla porta della sala sbucò la testa bionda di mia madre Kate.

-Non fai colazione? Già ieri sera non hai cenato...- disse pensierosa.

Il biondo si irrigidì al mio fianco.

Sorrisi -No. Tanto sono quasi le undici, è tardi per la colazione- spiegai.

-Va bene, ci vediamo dopo tesoro. Ciao Justin- salutò sorridendo nella nostra direzione.

Lui alzò la mano come per salutare -Buona giornata signora Kate- disse cordiale.

-Ciao mamma- risposi -Ciao papà!- alzai il tono do voce affinché mi sentisse.

-Ciao ragazzi- sentii uscendo dal portone.

Le nostre mani intrecciate si scaldarono a vicenda in quel gelo invernale.

-Come mai non hai mangiato?- chiese in un sussurro.

-Non ho fame quando sono nervosa. E poi la mattina mangio raramente- spiegai.

Con quella frase ammisi di essere stata nervosa la sera prima. Si sarebbe preoccupato di sicuro.

Mi morsi la lingua come per evitare che dalla mia bocca uscissero altre parole compromettenti.

Riuscii a vedere la confusione nei suoi occhi nocciola.

-Perché lo eri ieri sera? È colpa mia?- chiese tristemente.

Sgranai gli occhi -Cosa?! No, Justin, assolutamente no!- dissi sentendo il mio battito cardiaco aumentare. Presi il mio labbro inferiore tra i denti -Tu non... Non hai fatto niente di sbagliato. Sono agitata per il concerto, per Alex e Luke e cose di questo tipo. Tu, anzi, riesci a farmi sentire meglio- dissi balbettando ogni tanto.

In fondo ciò che avevo detto non era del tutto inventato. Ero veramente preoccupata per tutto quello, ma il vero motivo dei miei comportamenti era Nicole. Il pensiero che quelle labbra soffici sfiorassero quelle della mora mi distruggeva. Ripensai a quel bacio sul mio letto. Le mie labbra avevano sfiorato lievemente le sue, ma non si erano toccate. I miei denti avevano morso quella fossetta appena visibile sotto la sua bocca morbida.

Arrossii violentemente, come se quella fosse una reazione ritardata alle mie azioni.

Justin mise un braccio intorno alle mie spalle e con l'altro cercò il suo telefono nella tasca dei jeans. -Non devi preoccuparti, andrà tutto bene- disse per confortarmi.

Annuii lievemente.

Abbassai lo sguardo verso le mie scarpe consumate.

Non sarebbe andato tutto bene. Magari saremmo riusciti a far riappacificare Alex e Luke. Magari al concerto avrebbe cantato divinamente. Ma Nicole sarebbe comunque rimasta a minacciare il nostro rapporto. Lei mi intimoriva, nonostante l'amicizia tra me e il biondo fosse così forte e sincera.

Affondai i piedi nella neve, guardando poi di sfuggita le impronte.

Un flash mi riscosse dai miei pensieri.

Guardai Justin e lo vidi sorridere con il suo Iphone davanti al viso.

-Scusa, ma eri troppo tenera- disse dandomi un bacio sulla guancia.

Approfittai di quella vicinanza per prendere il suo cellulare.

Poi iniziai a scattare delle foto alle sue espressioni. Dapprima confuso, poi offeso e per finire sorridente.

Io mi morsi il labbro inferiore per poi scoppiare a ridere. Sembrava un bambino. Era allegro e spensierato.

-Tu invece sei troppo buffo- dissi facendo la linguaccia.

Riprese il suo telefono e io iniziai a camminare con passo svelto, ma lui mi afferrò la mano e mi tirò verso il suo corpo.

Mi abbracciò, mentre io appoggiai la testa sulla sua spalla. Posizionò l'Iphone davanti a noi e scattò una foto.

-Questo è il mio nuovo sfondo- affermò dopo averla osservata.

Riuscii a vederla di sfuggita e mi accorsi che durante lo scatto aveva affondato la testa tra i miei capelli castani, mostrando il suo profilo perfetto.

 

Dopo qualche minuto arrivammo a casa sua. All'ingresso sentii delle voci allegre: Jaxon e Jazzy.

Sorrisi involontariamente. Era da tanto che non li vedevo. Da quando avevo scoperto dove lavorasse il biondo dagli occhi nocciola.

-Ciao Emma!- mi salutarono non appena varcai la soglia del salotto.

Vicino al camino era stato sistemato un abete non troppo grande, pronto per essere addobbato.

-Ciao ragazzi- risposi allegra.

Quando si avvicinarono, li vidi uno di fianco all'altro.

Erano stupendi tutti e tre.

Jazzy doveva avere all'incirca quindici anni. Il suo fisico snello e slanciato aveva di sicuro fatto impazzire molti ragazzi, ma i suoi occhi nocciola erano a dir poco meravigliosi.

Jaxon era un bambino sui cinque anni. I capelli color sabbia, gli occhi più scuri rispetto a quelli dei suoi fratelli e due deliziose fossette sulla guancia destra spuntavano durante i suoi sorrisi.

Il mio sguardo si soffermò sul più grande fra i tre.

Come poteva essere così bello? Ancora non mi ero abituata a tutto quello splendore.

-Iniziamo a fare l'albero?- chiese Justin sorridendo. Mi ricordai di quanto lui amasse il Natale. Addobbare l'albero e fare la lettera dei regali con Jaxon.

Mi sentii di troppo. Ma in fondo lui mi aveva invitata, quindi forse davvero voleva condividere tutte quelle meravigliose esperienze anche con me.

-Sì!- gridarono in coro per poi battere le mani.

Jazzy mi prese per mano e mi fece sedere su uno dei due divani.

La guardai curiosa e lei mi sorrise rassicurante.

-Lasciamo quel lavoro ai due bambini- disse alzando la voce sull'ultima parola per farsi sentire.

Il biondo rispose con una linguaccia e io risi. Mi sentivo completamente a mio agio con quella famiglia.

-Intanto i due bambini faranno un capolavoro- disse altezzoso.

Lei alzò gli occhi al cielo e sbuffò -So già che più tardi io e Emma dovremo rimediare al tuo disastro- agitò la mano come per porre fine a quel discorso.

-Comunque, posso chiederti un consiglio?- sussurrò guardandomi negli occhi.

Annuii -Dimmi tutto- risposi.

-Devi aiutarmi a trovare un regalo per Justin. Sono sicura che nessuno possa darmi delle idee migliori delle tue e ci tengo a regalargli qualcosa di bello- spiegò.

Sorrisi.

Il pensiero di conoscere così bene il biondo mi provocò una piacevole sensazione allo stomaco.

La presi per mano.

-Dove andate?- chiese Justin curioso.

-A fare compere- risposi semplicemente.

Jazzy mi abbracciò -Grazie Emma- disse sorridendo.

 

 

 

Eccomiiii!!!

Allora, innanzitutto il bacio sul letto non era il primo vero bacio tra i due, ma un bacio tra amici… non proprio amici, ma penso abbiate capito cosa intendo…

Avevo detto che ci sarebbe stato il concerto in questo capitolo, ed effettivamente inizialmente c’era, ma ho dovuto tagliarlo perché altrimenti il capitolo sarebbe risultato troppo lungo…

Ringrazio chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e chi ha recensito…

Ho iniziato anche una nuova fan fiction, si chiama Guardian angel…

Ah, un’ultima cosa: vi consiglio una storia http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1845949&i=1

Un abbraccio very coccoloso,

Morena

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Capitolo 18
*** Nessun dubbio, nessuna esitazione ***


Mi guardai intorno in cerca di Alex.

Ci eravamo date appuntamento davanti al chiosco appena fuori dal parco.

Poi in qualche modo avrei dovuto far sì che incontrasse Luke.

Justin non avrebbe potuto avere un'idea peggiore. Insomma, una volta fatto ciò, cosa si sarebbero detti? Magari il loro rapporto sarebbe solo peggiorato.

Sospirai pensierosa e sistemai meglio la chitarra sulla mia spalla.

Per passare il tempo afferrai una ciocca dei miei capelli castani che era sfuggita da quelle che avevo legato morbidamente dietro la mia testa con delle forcine.

Alla fine non li avevo tagliati, probabilmente per Justin. Sorrisi al pensiero di averli lasciati così lunghi solo perché piacevano al biondo.

Mi rigirai un paio di volte la ciocca tra le dita e successivamente la sistemai dietro l'orecchio.

Alzando di sfuggita lo sguardo intravidi la chioma bionda della mia migliore amica.

-Arriverai mai in orario?- chiesi ironica.

Lei mi fece la linguaccia e mi mostrò un sacchetto di carta blu.

-Dovevo finire di impacchettare i regali- spiegò con il respiro affannato.

Risi -E anche in questo arrivi in ritardo- dissi alzando il sacchetto giallo che portavo in mano -Io ci ho pensato più di una settimana fa- dissi soddisfatta.

-Non sono io in ritardo, sei tu ad essere esageratamente in anticipo per ogni cosa- ribatté.

Alzai gli occhi al cielo e la presi per mano.

Ora avrei solo dovuto trovare Luke. E un modo per farli tornare insieme.

Ci avviammo lungo il sentiero all'interno del parco.

Tantissime persone passeggiavano allegre, scambiandosi gli auguri di buone feste a vicenda. Di sicuro stavano tutte aspettando l'inizio del concerto.

Deglutii.

Sarebbe riuscito Justin a cantare di fronte a tutta quella gente? Sembrava quasi che tutta Los Angeles si fosse riunita la vigilia di Natale per assistere al concerto.

Quando avvistai una struttura di legno scuro, il mio battito cardiaco aumentò notevolmente.

Era stupenda. Milioni di lucine addobbavano le travi illuminando tutto intorno. E quello era solo l'esterno. Di sicuro il palco situato all'interno mi avrebbe lasciato senza fiato.

I cittadini chiacchieravano allegramente. Riconobbi anche alcuni compagni di scuola, ma io ne stavo cercando uno in particolare: capelli e occhi color cioccolato, con alcune lentiggini sparse sul viso.

Vagai con lo sguardo fino a posarlo su una figura alta e abbastanza muscolosa. Luke.

-Ehm... ti andrebbe di avvicinarci a quel Babbo Natale di polistirolo? Così mi potresti fare una foto con lui...- chiesi sentendomi ridicola per le parole pronunciate.

Mi morsi la lingua con forza e sorrisi ingenuamente.

Lei mi guardò con un'espressione indecifrabile.

-Stai scherzando spero- disse ridacchiando. Io rimasi seria e lei sgranò gli occhi -Perché dovresti farti una foto con quel pupazzo?- chiese curiosa e stupita.

-Non fare domande, ti prego- dissi esasperata trascinandola verso Luke.
Non si era ancora accorta di nulla. Neppure il ragazzo sembrò rendersi conto della nostra presenza. Continuava a guardarsi intorno in cerca di qualche conoscente con cui passare la serata.

Quando i suoi occhi scuri incontrarono quelli blu di Alex, spalancò gli occhi e io sentii la mia migliore amica immobilizzarsi a quella vista.

-Andiamo via, Emma- disse fredda. Si voltò pronta a tornare sui suoi passi, ma io rapidamente l'afferrai per la vita.

-No, no, no- dissi riportandola sul punto di prima.

Luke guardava la scena tristemente ed io compresi che in fondo voleva veramente tanto bene ad Alex.

Si guardarono intensamente negli occhi, fino a quando lui abbassò lo sguardo verso le sue scarpe.

-Perché dovrei stare qui?- chiese con voce tremante -Lui...- lasciò la frase in sospeso. Passarono alcuni istanti di silenzio.

Poi nell'aria si liberò una dolce melodia natalizia. Il concerto era ufficialmente iniziato.

Guardai velocemente verso la struttura e notai che ormai quasi tutti erano entrati per godersi la musica. Quei due si stavano rovinando la sera della vigilia. Avrei dovuto fare immediatamente qualcosa per rimediare finché possibile e fargli passare una bella e spensierata serata.

-Ascoltami, Alex- iniziai attirando l'attenzione dei due -Quando ho saputo ciò che lui ti aveva detto, avrei voluto stritolarlo con le mie stesse mani, ma sai perché non l'ho fatto?- chiesi facendo una pausa.

-Perché la giustizia americana ti avrebbe rinchiusa in prigione?- sdrammatizzò lei asciugandosi una lacrima e facendo sorridere Luke.

Risi -Quello è stato determinante effettivamente, ma no- sorrisi accarezzando la sua guancia morbida -Perché so che lui può farti sorridere e io amo il tuo sorriso. Quindi adesso vedete di risolvere tutto e andiamo ad ascoltare Justin- dissi sprizzando allegria da tutti i pori.

Luke si avvicinò lentamente per poi stringerla tra le sue braccia. Lei affondò la testa nell'incavo del suo collo sorridendo.

-Quanto siete carini- dissi. Loro sciolsero l'abbraccio rimanendo comunque vicini -Ah, un'ultima cosa- mi guardarono curiosi -Falla soffrire un'altra volta e giuro che me ne fregherò altamente della giustizia americana, chiaro?- chiesi minacciosa.

Ma loro risero contagiando pure me.

-Non lo farò- mi rassicurò lui.

Annuii soddisfatta.

-Oh Emma, eccoti- una voce familiare mi fece voltare verso l'ingresso della struttura di legno.

Jazzy.

Il suo respiro affannato e la sua espressione preoccupata mi incuriosirono.

-Che succede Jazzy?- chiesi. Alcune parole incomprensibili giunsero alle mie orecchie. -Allora, respira profondamente- così fece -Bene. Dimmi tutto- continuai.

-Justin è andato nel panico e non vuole cantare- spiegò appoggiando una mano sul petto, all'altezza del cuore.

-Cosa?!- gridai. Guardai i tre -Iniziate ad entrare- dissi fermamente.

Senza aspettare un solo secondo di più, mi diressi verso il retro dell'edificio. Una volta trovato l'ingresso per i cantanti e i musicisti che avrebbero suonato, entrai e cercai con lo sguardo il biondo. Il resto dei presenti stava scaldando le corde vocali o accordando gli strumenti. Sembravano tutti molto eccitati all'idea di esibirsi.

Un ragazzo era seduto in un angolo del dietro le quinte con le ginocchia strette al petto e gli occhi coperti dalle mani. Una mora era inginocchiata davanti a lui. I suoi tentativi di farlo calmare risultarono vani.

Nicole si alzò, arrendendosi, e si allontanò da lui.

Sospirai e mi avvicinai al biondo.

Mi sedetti incrociando le gambe e guardai i suoi capelli color grano. Sentii dei singhiozzi e lo stomaco mi si chiuse. Odiavo vederlo in quello stato. Respirai profondamente.

Justin alzò velocemente lo sguardo -Ho detto che devi andartene, Nicole- parlò furioso.

Appena si accorse di avere me di fronte spalancò la bocca.

Sorrisi e lui, senza lasciarmi il tempo di parlare, mi strinse con le sue braccia calde. Accarezzai la sua schiena.

-Avevo bisogno di te- mugugnò sulla mia spalla.

-Scusa, ma stavo portando a termine il nostro piano...- spiegai riferendomi ad Alex e Luke. Lui annuì ed io sospirai -Che succede, Justin?- chiesi per poi mordere nervosamente il mio labbro inferiore.

-Hai visto tutta la gente che c'è di fronte a quel palco?- chiese.

Presi il suo viso tra le mani e lo allontanai gentilmente dalla mia spalla per guardarlo negli occhi. Erano rossi e ricoperti di lacrime. Asciugai quelle sulle sue guance con i pollici.

-Non riuscirò a cantare e non potrò mai realizzare il mio sogno- disse con voce tremante e gli occhi lucidi.

-No. Non dire così- scossi la testa -Devi credere nel tuo sogno. Credi nel tuo talento. Credi in te stesso. Credici anche solo un quarto di quanto ci creda io e riuscirai a cantare su quel palco. Canterai in tutti gli Stati Uniti, in Canada, in Inghilterra, in Germania, in Italia, ovunque. Tutti ti ascolteranno se ci crederai veramente- dissi facendolo sorridere.

-Credi in me?- chiese speranzoso.

-Molto più di quanto tu possa immaginare- dissi sincera.

Si asciugò velocemente gli zigomi con il dorso della mano e poi sospirò. Riuscii a percepire tutta la sua insicurezza. Afferrai di fretta il sacchetto giallo e rovistai all'interno. Quando trovai l'oggetto della mia ricerca, sorrisi soddisfatta. Lui mi guardò curioso ed io gli porsi un piccolo pacchetto viola chiuso da un fiocco dorato e lucido.

-Tieni- dissi dolcemente. Lui lo afferrò lentamente. Lo guardai sorridente, aspettando che lo aprisse. Sciolse il fiocco dorato per poi guardarmi e sorridere.

Nel frattempo i cantanti sul palco si alternarono, portando allegria nei cuori di bambini, ragazzi e adulti.

Si avvicinò al mio viso e delicatamente sistemò il nastro tra i miei capelli, facendolo ricadere al lato del mio viso. Poi tornò a guardare il pacchettino. Tolse la carta con un colpo secco e spalancò gli occhi guardando il bracciale.

-È bellissimo- commentò tendendo le labbra in un sorriso.

Osservò la targhetta -Believe- sussurrò.

Afferrai il bracciale dalle sue mani e in pochi secondi lo allacciai al suo polso destro.

Mi abbracciò.

-Grazie, è stupendo- mi diede un bacio sulla guancia.

-Sono felice che ti piaccia...- mi alzai in piedi e lo aiutai ad alzarsi. -Ora vai lì fuori e fai vedere quanto ci credi- dissi incoraggiandolo.

Scoppiò a ridere, seguito da me.

Le nostre risate attirarono l'attenzione di Nicole.

-Bene. Tocca a noi due- disse riservandomi un'occhiataccia.

-Noi tre, casomai. Anche Emma sarà sul palco- la corresse Justin leggermente stizzito.

-Sì, è la stessa cosa- concluse provocando un flusso di rabbia nel mio corpo.

Un applauso riempì l'aria nell'altra stanza dopo l'ultima nota della canzone del cantante precedente.

-Bene, ora procediamo con gli ultimi a esibirsi con un brano scritto da Emma Wilson- sussultai quando il presentatore pronunciò il mio nome -Signore e signori, ragazze e ragazzi... Un caloroso applauso per Justin Bieber, Nicole Torres ed Emma Wilson- concluse allegro.

Feci un respiro profondo e, dopo aver collegato l'amplificatore alla mia chitarra rossa acustica e aver indossato l'archetto del microfono, salì sul palco subito dopo gli altri due.

La sala era stupenda. Milioni di lucine natalizie circondavano le travi di legno.

Guardai il soffitto e sentii un'orribile sensazione allo stomaco. Innumerevoli rametti di vischio erano appesi grazie a dei nastri di tutti i colori.

Abbassai lo sguardo sconsolata.

Mi tornò alla mente quel terribile incidente dell'anno prima. Scossi la testa per cacciare quei pensieri e finsi un sorriso guardando tutte quelle persone.

Incontrai gli occhi blu di Alex. Lei aveva naturalmente capito tutto.

-Mi dispiace- riuscii a capire dai movimenti delle sue labbra tinte di un rosso acceso.

Alzai le spalle come per farle capire di non preoccuparsi. Fortunatamente mi ero ricordata in tempo di avere a pochi millimetri dalla mia bocca un microfono, seppure abbastanza piccolo.

Io avrei dovuto semplicemente intonare qualche parola della canzone.

Inumidii le mie labbra, pronta a scorrere le dita sul manico del mio strumento per far risuonare nell'aria la canzone.

Mi sentivo molto agitata. Forse anche perché per la prima volta avrei suonato la melodia senza la mia fidata chitarra classica beige. Ma, se avessi suonato con quella, quasi nessuno avrebbe sentito le note.

Notai il nervosismo di Justin e sperai che riuscisse a far vedere a tutti il suo incredibile talento.

Sorrisi e dopo aver verificato che Nicole e il biondo fossero pronti, iniziai a suonare, cercando di espellere dal mio corpo tutta quella insopportabile tensione.

Funzionò: mi sentii a mio agio già dalle prime note.

Guardai il ragazzo dagli occhi nocciola una volta raggiunto l'attacco della prima strofa, che avrebbe dovuto cantare lui. Attesi, ma la sua voce non arrivò ai miei timpani.

Finsi che tutto fosse sotto controllo e continuai a muovere le dita e a sorridere al pubblico, ignaro di tutto.

Justin mi guardò negli occhi. Era completamente terrorizzato. Avrei dovuto pensare all'istante a qualche soluzione.

Bloccai il movimento del mio polso -Scusate- dissi sorridente.

Guardai le chiavi delle corde. Tesi leggermente il Sol, per poi allentarlo nuovamente.

Alzai lo sguardo verso tutte quelle persone e notai le loro espressioni comprensive. Avevano creduto davvero che dovessi accordare la chitarra.

L'agitazione di Justin era però ancora evidente.

Perdere quei pochi minuti di tempo non era servito a molto.

La soluzione era solo una, purtroppo per me. Sospirai rassegnata e cercai il tecnico con lo sguardo. Una volta trovato gli chiesi con un gesto della mano di alzare il volume del mio microfono. Lo fece ed io mi morsi il labbro.

Non sarei stata egoista. Non avrei pensato solo a me stessa. Avrei aiutato una delle persone più importanti della mia vita.

Justin.

Ricominciai incerta lo scorrere delle dita sui tasti della chitarra.

-It's the most beautiful time of the year. Lights fill the streets spreading so much cheer. I should be playing in the winter snow, but I'mma be under the mistletoe...- la mia voce risuonò nell'edificio, sotto lo sguardo esterrefatto di Justin, quello furioso di Nicole e quelli soddisfatti di Alex e Jazzy.

Era una bella sensazione pronunciare quelle parole scritte da me. Cercavo di trasmettere tutti i miei sentimenti. Tutti quei ricordi che mi portavano a chiudere gli occhi a volte e a sorridere altre. Ma soprattutto cercavo di convincere Justin a cantare insieme a me. Sapevo che l'avrebbe fatto. In fondo era ciò che lui aveva desiderato fin da quando quel pomeriggio al bar mi aveva mostrato il volantino rosso.

Non mi deluse affatto -I don't want to miss out on the holiday, but I can't stop staring at your face. I should be playing in the winter snow, but I'mma be under the mistletoe...- intonò leggermente in imbarazzo.

I nostri occhi si incontrarono.

I miei verdi nei suoi nocciola.

I suoi nocciola nei miei verdi.

Mi sorrise ed io capii di aver fatto la cosa giusta. Non avrei mai avuto rimpianti. L'importante era vedere il suo sorriso e sapere di esserne la ragione.

-With you, shawty with you... With you, shawty with you... With you under the mistletoe...- quando le nostre voci si unirono in un'unica melodia, Alex, Luke, Jazzy e Jaxon iniziarono a ballare allegri, seguiti da tutti gli altri.

Non avrei potuto chiedere di meglio.

Il terrore sparì completamente dal corpo di Justin, lasciando il posto alla sicurezza e alla determinazione.

Prese il microfono nero dall'asta e si avvicinò a me lentamente, sorridendomi.

-Everyone's gathering around the fire, chestnuts roasting like a hot July. I should be chillin' with my folks, I know, but I'mma be under the mistletoe...- la sua voce era stupenda.

Sembrava quella di un angelo.

Rivolse l'attenzione completamente a me, guardandomi intensamente. Proprio come se mi stesse dedicando quelle dolci parole.

Con la coda dell'occhio vidi i fratelli di Justin avvicinarsi al palco.

Jazzy fece scendere Nicole, che in tutto quel tempo era rimasta a fissarci.

-Word on the streets Santa's coming tonight, reindeer's flying through the sky so high. I should be making a list, I know, but I'mma be under the mistletoe...- cantai rivolgendo un dolce sorriso al biondo dagli occhi nocciola, che ricambiò immediatamente.

Alcune coppiette si scambiarono dei baci sotto i rametti di vischio, promettendosi amore eterno.

Fino a qualche mese prima sarei stata invidiosa di quelle ragazze che avevano avuto la possibilità di baciare il proprio ragazzo sotto il vischio. Ma in quel momento no.

Mi sembrò quasi che tutto intorno a me fosse sparito. Tutto tranne Justin e la musica.

In quel preciso istante capii di amarlo.

Nessun dubbio, nessuna esitazione.

Ne ero completamente certa e non avrei potuto fare nulla per evitarlo.

Il mio cuore aveva deciso così.

-With you, shawty with you... With you, shawty with you... With you under the mistletoe... With you, shawty with you... With you, shawty with you... With you under the mistletoe...- cercai di far capire al pubblico quanto credessi in quelle parole.

Sarei rimasta sotto il vischio con Justin per tutta la vita.

Non avrei giocato nella neve. Non avrei fatto la lista dei regali.

Stare sotto il vischio con il biondo era meglio di tutto ciò.

Meglio della soffice neve. Meglio di qualsiasi regalo.

-Hey love, the Wise Men followed a star, the way I followed my heart, and it led me to a miracle- impugnai meglio il manico della chitarra cantando quei versi.

-Hey love, don't you buy nothing, 'cause I am feeling one thing- continuò lui.

-Your lips on my lips... That's a merry, merry Christmas!- Justin appoggiò una mano sul suo petto chiudendo gli occhi.

Quando pronunciai quella frase insieme al biondo, sentii un calore piacevole invadere il mio corpo bianco, scaldandolo.

Una volta ripetuta la prima strofa, cantammo la fine della canzone.

-Kiss me underneath the mistletoe... Show me baby that you love me so, oh oh oh oh oh oh... Kiss me underneath the mistletoe... Show me baby that you love me so, oh oh oh oh oh oh...- sfiorai le corde un'ultima volta, prima di perdermi nei suoi occhi nocciola.

 

 

 

 

*O* non posso crederci: ho messo il concerto!

So che possa sembrare scontato… insomma, alla fine cantano insieme, ma io volevo assolutamente che fosse così, perciò…

Prometto che la pizza ci sarà nel prossimo. Se l’avessi messa qui, il capitolo sarebbe diventato un romanzo, e già è il più lungo che abbia scritto fino ad adesso…

P.S. so che non centra niente, ma sto ascoltando a ripetizione Eenie Meenie e sono troppo gasata… Justin ha la voce così angelica *.*

Ringrazio chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e chi ha recensito…

Un abbraccio iper-mega-maxi-super-coccoloso,

Morena

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Capitolo 19
*** Baciami sotto il vischio ***


-Perché alla fine hai deciso di cantare?- mi chiese dolcemente.

Guardando i suoi occhi capii quanto fosse ancora emozionato.

Mi lasciai cullare dalla musica del CD natalizio che gli organizzatori del concerto avevano scelto per dei balli in conclusione della serata. Infatti, dopo di me e Justin non aveva cantato più nessuno, ma l'atmosfera era così piacevole che quasi tutti erano rimasti dentro all'edificio in legno.

-Ho capito che, se io non avessi fatto niente per aiutarti, tu non avresti assolutamente cantato- risposi sorridente -E poi mi è piaciuto tantissimo. Lo sai, tu e la musica siete tra le cose più importanti della mia vita- ammisi sincera.

A quelle parole strinse maggiormente il mio corpo. Avvicinò il viso ai miei capelli e vi lasciò un lieve bacio.

-Penso sia stata una delle esperienze più belle della mia vita. È stupendo pensare che tutti abbiano ballato e che gli innamorati si siano baciati sotto il vischio. Hai composto una canzone meravigliosa, Emma- disse tutto d'un fiato.

Avvampai -Beh, ma tu mi hai aiutata tantissimo e con la tua voce l'hai resa perfetta- dissi abbassando lo sguardo verso le nostre scarpe.

Mise due dita sotto il mio mento e alzò il mio viso, fino a far scontrare i nostri occhi. Mi guardò indeciso.

-Cosa devi dirmi, Justin?- chiesi tranquillamente.

La sua espressione cambiò e notai lo stupore sul suo viso.

Poco dopo sorrise -Ecco, mi chiedevo semplicemente se tu non avresti preferito baciare... Ehm... Baciare James... Piuttosto che cantare con me sul palco. Non preoccuparti a dirmi la verità, non mi offendo- disse tristemente.

Fu lui ad abbassare lo sguardo dopo aver dato voce ai suoi pensieri.

Mi guardai intorno prima di rispondere.

I miei genitori erano persi l'uno negli occhi dell'altra, con sguardi sognanti. Sorrisi. Da quasi un intero anno non avevano più avuto del tempo solo per loro due. Erano stati costretti a vedermi soffrire. Ma fortunatamente il mio dolore era stato rimpiazzato dalla gioia di avere Justin accanto e loro finalmente stavano passando una serata felicemente.

Alex e Luke si baciarono proprio nel preciso istante in cui il mio sguardo si posò su di loro.

-Proprio mentre stavo cantando con te, ci ho pensato. Ho visto molte coppie felici e per un secondo ho creduto che sarei stata invidiosa di loro. Ma non ho provato questo. Ti ho guardato e ho capito che in quel momento ero serena. Ero con te sul palco e non avrei voluto essere in nessun altro luogo- risposi alla sua domanda sinceramente.

Non mi importava di avergli appena rivelato di preferire unire la mia voce alla sua, che le mie labbra con quelle del moro sotto un ramo di vischio.

Sorrise alzando lo sguardo verso i miei occhi verdi. I nostri visi si avvicinarono senza che ce ne rendessimo conto. Il suo respiro tiepido e profumato invase le mie narici, arrivando fino ai polmoni. Appoggiò le sue mani calde sulle mie guance. Di sicuro si erano appena tinte di rosso. Mi morsi il labbro inferiore e lui sorrise nuovamente.

Questa volta non avrei evitato nulla.

Non mi passò nemmeno per un istante il viso di James nella mente.

Volevo solo Justin. Avevo voluto lui sin dall'inizio, ma non ero mai riuscita ad accettarlo. Il mio cuore era stato sempre invaso dai sensi di colpa. Ma ormai era giunta l'ora di ammettere che le labbra del ragazzo di fronte a me erano le uniche che volessi sfiorare. I suoi occhi erano gli unici in cui volessi annegare. Il suo calore era l'unico da cui mi sarei fatta scaldare.

Quando i nostri nasi si sfiorarono, mi riscossi dai miei pensieri. Sorrisi per il lieve brivido che quel contatto fece percorrere lungo la mia schiena.

-Vorrei che questo fosse l'inizio del "Per sempre", Justin- sussurrai a pochi centimetri dal suo viso.

-Non vorresti viverlo con qualcun altro?- chiese accarezzando il mio viso.

Scossi la testa -No- risposi semplicemente.

-Sei sicura? Io voglio solo che tu sia felice per il resto della tua vita- il suo tono era malinconico.

Avrei voluto che lui capisse quanto lo amassi. Strinsi il suo collo tra le mie braccia delicatamente.

I nostri corpi continuarono a oscillare a tempo con le canzoni natalizie che riempivano l'aria di tranquillità.

Alzai di sfuggita gli occhi verso il soffitto e sorrisi immediatamente.

-Allora baciami, Justin. Baciami sotto il vischio- sussurrai dolcemente quando ormai solo pochi millimetri ci separavano.

I suoi pollici caldi accarezzarono le mie guance fredde.

Altri innumerevoli brividi.

I millimetri furono azzerati. Le nostre labbra si stavano sfiorando.

Quanto avevo aspettato quel momento? Decisamente troppo. Avrei cercato di godermelo pienamente.

Quando le sue labbra si adagiarono completamente sulle mie, capii qualcosa. Qualcosa che avevo desiderato sapere da molto tempo.

Lui era la mia anima gemella. Avevo trovato il ragazzo con cui avrei trascorso il mio "Per sempre". Sarei rimasta legata a lui in eterno.

Schiusi lievemente le labbra e i nostri respiri si mischiarono in un unico. Il suo profumo era totalmente piacevole, così come il suo calore sul mio viso. Le sue labbra erano estremamente morbide e calde, così come avevo sempre creduto.

Accarezzai il suo collo e i suoi capelli color grano. Vi affondai le dita, mentre le nostre labbra iniziarono a muoversi in sincronia. Fu il bacio più bello della mia vita. Più del primo che avevo dato a James un anno prima. Ma non pensai a quello. In quel momento c'era solo Justin, il suo profumo e il suo sapore.

Già, avevo morso delicatamente il suo labbro inferiore una volta terminato il bacio ed era di un gusto dolce. Non una dolcezza nauseante, ma molto piacevole. Quel sapore era unico, così come tutte le sensazioni che avevo provato baciando il biondo dagli occhi nocciola.

Sarebbe stato troppo banale dire di aver sentito le farfalle nello stomaco. Mi era quasi sembrato di stare sulle montagne russe durante i movimenti delle nostre labbra. Quando stai per affrontare una discesa, la più ripida, e sei completamente terrorizzato. Ma nonostante tutto non vedi l'ora che la discesa inizi, per sentire quella sensazione di vuoto allo stomaco. Quella sensazione che all'inizio ti fa gridare, ma poi ti fa sentire libero, come se avessi volato, senza bisogno di ali, in alto nel cielo azzurro. Sei distante dal resto e puoi goderti tutte quelle emozioni.

Ecco, io sentii quel vuoto allo stomaco e avrei tanto desiderato che non finisse mai.

Subito dopo guardò anche lui il soffitto.

Sorrise.

Appoggiò la sua fronte sulla mia e le sue mani continuarono ad accarezzarmi le guance. Mi morsi il labbro inferiore per poi sorridere con lui.

Qualcuno tossì di fianco a noi. Entrambi ci voltammo, restando vicini. Alex, Luke e Jazzy ci stavano fissando. Arrossii all'istante, mentre Justin cinse il mio corpo con il suo braccio. I tre iniziarono ad applaudire ridendo.

-Ce l'hanno fatta, signore e signori, finalmente si sono baciati- gridò Alex emozionata.

Alle sue parole non riuscii a trattenere una risata.

-Comunque,- iniziò Jazzy divertita -siete stati eccezionali su quel palco. Avete delle voci fantastiche- concluse sorridendo.

-Già, siete stati così... Wow, veramente wow- concordò la mia migliore amica.

-Molti altri hanno cantato bene. Non abbiamo fatto niente di speciale- dissi alzando le spalle. Justin annuì, dandomi ragione.

-No. I vostri amici stanno dicendo la verità- la voce di un uomo attirò la nostra attenzione.

Era sulla trentina con i capelli corti e scuri.

-Piacere, Scooter Braun- si presentò allungando la mano destra verso me e Justin.

La strinsi leggermente insicura, mentre il biondo sembrava aver acquisito sicurezza.

-Piacere nostro. Io sono Justin Bieber e lei è Emma Wilson- rispose con un sorriso.

Mi guardai intorno e notai che gli altri tre se ne erano andati, lasciandoci soli. -Sono rimasto piacevolmente colpito dalla canzone. Il testo e la melodia sono perfetti. L'hai scritta tu, Emma?- chiese Scooter guardandomi.

Sorrisi -Sì, ma senza l'aiuto di Justin non sarei riuscita a concludere niente- ammisi sincera. I

l biondo strinse maggiormente il mio corpo, trasmettendomi un piacevole calore.

-Siete un duo perfetto. All'inizio ho capito che qualcosa non andava. Ma poi quando hai iniziato a cantare tu- mi indicò -Justin ha preso coraggio e avete trovato una grande sintonia- commentò.

Sorridemmo verso l'uomo -Grazie- dissi. Poi mi venne un dubbio -Scusi, ma come ha fatto a capirlo?- chiesi curiosa.

-Oh, pensavo aveste capito chi sono- disse pensieroso.

Scossi la testa, seguita da Justin.

-Sono Scooter Braun, il talent manager. Riesco a percepire facilmente cosa prova un cantante durante l'esibizione- concluse lasciandoci a bocca aperta.

Wow. Alex avrebbe detto questo.

-È un onore ricevere dei complimenti da lei- dissi notando che Justin era rimasto immobile, completamente stupito. Afferrai la sua mano e la strinsi con forza, come per cacciare i suoi pensieri.

-Vorrei avervi in squadra, ragazzi. Non avete idea di quanti fan potreste avere in tutto il mondo. Vi amerebbero ovunque- disse.

In quel momento sentii un'orribile sensazione nel petto.

Quello non era il mio sogno.

Justin sognava di essere circondato da fan emozionate in futuro.

Io no.

Io non volevo assolutamente che il mio amore per la musica si trasformasse in odio. Perché sapevo che sarebbe potuto succedere.

Sin da bambina avevo sognato di essere circondata da una famiglia unita una volta raggiunta la giusta età per far sì che ciò si avverasse. Ma, come avevo più volte rivelato al bel biondo dagli occhi nocciola, una carriera da cantante non me l'avrebbe permesso.

Justin avvertì il mio nervosismo -Ehm... Grazie veramente... Potremmo pensarci magari- si affrettò a dire.

-Certo. Tenete, questo è il mio biglietto da visita- porse un foglietto bianco a Justin, che lo infilò nella tasca della sua giacca.

-Grazie ancora- disse mostrando uno splendido sorriso.

-Di niente, ragazzi. Spero che riusciate a prendere la decisione giusta- sospirò -A presto- salutò.

-Arrivederci e buon Natale!- rispondemmo io e Justin in coro.

Appena Scooter si allontanò da noi, il biondo mi abbracciò. -Stai tranquilla, piccola mia- sussurrò dolcemente.

Le sue labbra sfiorarono il mio orecchio, per poi percorrere la mia guancia e sfiorare le mie.

Sorrisi.

Riusciva sempre a capire cosa provassi e a calmarmi. Era incredibile.

-Sarei felice se tu realizzassi il tuo sogno- mormorai.

Non era una bugia, ma io desideravo un futuro con Justin, nonostante fosse presto per pensarci, e se lui fosse riuscito a realizzare il suo sogno, io non avrei di conseguenza realizzato il mio. Non sarei comunque mai stata egoista. Io preferivo che lui riuscisse a diventare un cantante di fama internazionale. Era l'unica cosa importante.

Per la seconda volta quella sera, qualcuno ci interruppe.

-Siete stati magnifici, ragazzi!- mia madre e mio padre piombarono alle nostre spalle.

-Grazie- rispose Justin, grattandosi la testa imbarazzato.

-Hai una voce stupenda, Justin- commentò mia madre ammirata.

-Ehi, grazie tante. Sono felice di esserti piaciuta, mamma- dissi ironica fingendomi offesa. La mia reazione provocò la risata spensierata di Justin.

Mia madre ridacchiò -Tesoro, ti sento cantare ogni giorno. Comunque siete stati magnifici- concluse lei. Mio padre annuì, confermando le parole di mia mamma.

Sorrisi -Grazie- lì guardai uno accanto all'altra.

Erano molto uniti i miei genitori, e si supportavano a vicenda. Mi sarebbe piaciuto avere un rapporto del genere con qualcuno. Magari con il ragazzo dagli occhi nocciola che in quel momento stava stringendo la mia mano. Non avrei voluto nessuno accanto, se non lui.

-Adesso è tardi, Emma. Forse dovremmo tornare a casa- disse mia madre.

Annuii lievemente.

Non volevo lasciare Justin, nonostante l'avrei rivisto il giorno dopo. Baciai la guancia del biondo, per poi avvicinarmi ai miei genitori. Justin, però, afferrò la mia mano e mi tirò verso di sé.

-Non andare via. Rimani con me- sussurrò nel mio orecchio in modo che solo io potessi sentire.

Milioni di brividi scossero il mio corpo.

Avvertii gli sguardi dei miei genitori addosso.

Le nostre labbra si sfiorarono di nuovo.

Nessuno dei due voleva passare un'intera notte distante dall'altro.

-Ecco... Ehm... Emma, sappiamo quanto hai sofferto il Natale scorso...- iniziò mio padre attirando la nostra attenzione -Quindi, se Justin è d'accordo, potreste stare insieme stanotte. Ci fidiamo di lui- concluse lasciandomi a bocca aperta.

Justin strinse il mio corpo da dietro -Per me va benissimo- mi diede un dolce bacio sulla guancia.

-Siete così carini- commentò mia madre facendomi l'occhiolino.

Avvampai e abbassai lo sguardo.

-Voi cosa farete?- chiesi cercando di cambiare discorso, nonostante lo sapessi bene.

Da molto tempo non riuscivano a passare una notte tranquilli, troppo preoccupati per me. Magari quella vigilia di Natale sarebbe stata la giusta occasione per fargli passare finalmente una bella serata.

Loro si guardarono negli occhi qualche istante.

-A domani ragazzi- ci salutarono evitando di rispondere alla mia domanda.

-Cambiano sempre discorso- mormorai a Justin, che sorrise.

-Anche tu lo fai- rispose.

Beh, in fondo ogni figlio prende delle abitudini dai propri genitori, no?

Borbottai qualche parola incomprensibile.

-Che ne dici di andare a casa?- chiese.

Annuii semplicemente.

-Ok, allora andiamo a salutare gli altri- mi prese per mano e ci avviammo verso i nostri amici, che stavano ballando allegri.

-Alex, io e Justin ce ne stiamo andando- dissi.

-Ok, allora ci vediamo domani?- chiese speranzosa.

-Certo, ti darò anche il regalo- confermai.

Sorrise e ci scambiammo un bacio sulla guancia.

-A domani- salutammo io e il biondo.

 

Quando entrammo nella sua casa, mi sentii completamente a mio agio. Era molto accogliente e ogni volta dimenticavo il freddo provato durante la strada.

-Hai mangiato prima del concerto?- mi chiese togliendomi lentamente la giacca.

Scossi la testa.

-Allora mangiamo qualcosa adesso- disse lasciando un bacio al lato della mia bocca.

Ci fissammo negli occhi qualche istante.

-Pizza!- gridammo contemporaneamente per poi ridere.

-Penso sia tardi per preparare la pizza- ammisi tra una risata e l'altra.

Si avvicinò al mio corpo. Chiusi gli occhi e sentii il suo naso accarezzare il mio collo.

-Ma io voglio la pizza... La tua pizza italiana- mugugnò.

Sorrisi.

Sembrava un bambino.

-Non c'è il tempo di farla lievitare- cercai di fargli cambiare idea.

Alzò lo sguardo verso i miei occhi.

-Abbiamo tutta la notte, Emma- sussurrò sulle mie labbra.

Il suo respiro si unì al mio, mandandomi in tilt il cervello.

-Ehm... Va bene... Come vuoi- balbettai. Mi voltai verso la cucina per andare a preparare l'impasto, ma il biondo mi afferrò il braccio.

Ci ritrovammo faccia a faccia.

Non avrei saputo spiegare il perché, ma in quel momento mi tornò in mente la ragazza che lui aveva ammesso di amare.

Ero forse io?

Cercò un contatto con le mie labbra, ma io ero troppo presa dai miei pensieri per accorgermene.

-Che succede?- chiese curioso.

Lo guardai lievemente spaesata.

Scossi la testa.

-No... Ecco... Stavo pensando alla ragazza di cui mi parlavi- risposi vaga.

Un sorriso comparve sulle sue labbra.

-Veramente non l'avevi capito?- chiese stupito.

-Cosa avrei dovuto capire?- risposi con un'altra domanda.

-I tuoi occhi sono quelli in cui mi perdo ogni volta. Sei la ragazza con cui vorrei vivere il "Per sempre" se esistesse- concluse avvicinandosi sempre di più al mio viso.

-Davvero?- chiesi speranzosa.

Annuì -Pensavo l'avessi capito, Emma- mormorò.

Ecco perché non aveva voluto dirmelo. Non voleva che io lo rifiutassi a causa di James.

-Forse ho sempre pensato di essere quella ragazza, ma lo desideravo così tanto da non riuscire a credere che fosse possibile- dissi sincera.

Quella era la verità. Avevo avuto paura di illudermi e poi scoprire di non piacere al biondo.

L'aria diventò soffocante, così cercai nuovamente di andare in cucina.

Justin, però, mi fermò una seconda volta, tirandomi verso il suo corpo caldo.

-Perché sei così insicura?- chiese riferendosi, evidentemente, ai miei precedenti dubbi.

Presi coraggio -Perché tu sei perfetto. Mi sembra di non essere abbastanza di fianco a te- sospirai.

Mi scrutò qualche istante. Io, non riuscendo a sostenere il suo sguardo, chiusi gli occhi. Le sue mani accarezzarono le mie guance fredde.

Le sue labbra si appoggiarono sulle mie. Fu un bacio pieno di sentimento, cercai di trasmettergli tutto il mio amore nei suoi confronti.

Le sue braccia strinsero il mio corpo bianco delicatamente e le sue mani si posarono sulla mia schiena. Molto lentamente scesero, arrivando sui fianchi.

Le nostre labbra non si separarono nemmeno per farci riprendere fiato.

Mi avvicinò maggiormente al suo petto muscoloso, per poi mordere il mio labbro inferiore, facendomi gemere lievemente.

Le sue dita erano in basso sulla mia schiena, ma non mi sembrò comunque una cosa volgare da parte sua. Anzi, lui era così dolce...

Iniziai ad avere un terribile caldo e probabilmente lui sé ne accorse, infatti mi sfilò lentamente il maglione, mostrando la mia camicia bianca. Io mi affrettai a togliere la sua giacca di pelle, facendola cadere sul freddo pavimento.

Prese in braccio il mio corpo, portandomi lungo un corridoio dalle pareti bianche e ricoperte di cornici argentate.

Dopo alcuni istanti sentii una soffice coperta sotto di me. Ormai era chiara la piega che avrebbe preso quella serata.

-Pensi sia troppo presto?- chiese accarezzando la mia guancia.

Afferrai la sua mano e lasciai un bacio sul dorso.

-Non esiste un modo per sapere se è presto o meno. Se tu mi ami fallo, se non ne sei sicuro, no- risposi sincera.

Justin non mi sembrava un ragazzo che potesse illudere una ragazza, quindi non mi preoccupai minimamente della sua scelta.

Iniziò a sbottonare la mia camicia, baciandomi dolcemente una voglia sul collo. L'unica parte di pelle che non fosse bianca come il latte.

Gemetti.

-Non hai più fame?- chiesi sorridendo, alludendo alla pizza.

Avvicinò le labbra al mio orecchio sinistro -Anche solo il tuo profumo riesce a saziarmi- sussurrò.

 

 

 

Ok, e dopo questo posso anche nascondermi sotto il letto… Chiedo scusa, ma non andrò oltre perché mi vergogno troppo a scrivere certe cose…

Spero che riusciate a comprendermi… comunque, pensate sia troppo presto per loro? Io sì, ma ormai sono al diciannovesimo capitolo e ancora non era successo nada…

Però almeno ho aggiornato presto, dai, sono troppo brava… no, la verità è che c’era sciopero e sono stata a casa, così, non sapendo che fare, ho terminato il capitolo, che spero vi piaccia…

Ringrazio naturalmente chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e chi ha recensito, siete dolcissime e vi meritate un… abbraccio super-mega-ultra-super-maxi coccoloso… *so che possa sembrare più un assorbente che un abbraccio, ma vabbè*

Morena

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Capitolo 20
*** Un bacio candido ***


-Emma- sussurrò nel mio orecchio, nel tentativo di svegliarmi.

Mugugnai alcune parole incomprensibili, per poi girarmi dall'altra parte. Avevo un sonno incredibile. Quella notte, infatti, ci eravamo addormentati molto tardi. Tutta colpa dell'amore che ci aveva tenuti svegli.

Mi sfuggì un sorriso.

Era stato così dolce e premuroso con me.

In fondo io gli avevo raccontato ogni mio segreto, da quando ci eravamo conosciuti. Sapeva che quella sarebbe stata la mia prima volta. Ed era stata perfetta. Come ogni ragazza la sogna.

Le sue labbra si appoggiarono sul mio collo. Iniziò a tracciare una scia di baci che mi procurò innumerevoli brividi. Gemetti lievemente e lo sentii sorridere sulla mia pelle.

-Ti ho già detto che sei bellissima quando dormi?- chiese in un sussurro.

Mi venne in mente quel bigliettino che mi aveva scritto poco tempo prima.

Sorrisi.

-Emma, è Natale, svegliati!- riprovò dopo qualche minuto.

-Ho sonno, Justin- borbottai coprendomi il viso con un cuscino morbido e profumato.

-Ah, ma allora sei già sveglia- commentò.

Era ovvio che mi fossi svegliata: sarebbe stato difficile continuare a dormire con un ragazzo che ti bacia il collo nei punti più deboli.

Il ragazzo della mia vita.

Il ragazzo che amavo.

Sbuffai -Ovviamente. Tu stai disturbando il mio dolce riposo- gli feci notare.

-Beh... Allora mi correggo: alzati dal letto- disse baciandomi il dorso della mano che teneva saldo il cuscino sul mio viso.

-No- risposi divertita.

Non sarei più riuscita a prendere sonno, ma volevo comunque continuare a scherzare con il bel biondo.

-Dai, in salotto c'è James che ti aspetta- scherzò, tentando nuovamente.

Rimasi stupita.

Davvero credeva che in quel modo mi sarei alzata? Credeva che il moro fosse ancora importante per me?

Non volendo litigare il giorno di Natale, non dissi nulla a riguardo.

-Mandalo a fanculo- borbottai.

Nonostante i miei tentativi, non riuscii a nascondere del tutto l'acidità nel mio tono di voce. Lui, però, scoppiò a ridere.

-Da questo dovrei dedurre che tu sia mia, totalmente mia?- chiese accarezzando la mia pelle bianca.

-Sono sempre stata tua. Da quel pomeriggio al centro commerciale- risposi dolcemente.

Dopo alcuni minuti di silenzio, spostai il cuscino lentamente, guardandomi intorno.

Justin era seduto dall'altro lato del letto, con la testa tra le mani.

Mi alzai e mi avvicinai al suo corpo caldo. Lo strinsi con le mie braccia.

-Buon Natale!- mormorai nel suo orecchio, fissando il bracciale che gli avevo regalato.

Sorrise per poi girarsi verso di me e abbracciarmi meglio.

-Buon Natale, piccola mia- rispose dolcemente.

Lo amavo. Lo amavo con tutta me stessa.

Sarei rimasta per sempre con lui? Sperai di sì.

Mi prese in braccio e mi portò in cucina. Avvolsi la sua vita con le mie gambe, per poi baciare dolcemente le sue labbra. Dopo che i suoi denti ebbero morso il mio labbro inferiore, sorridemmo
contemporaneamente.

La mia schiena batté violentemente contro il freddo e duro muro.

Gemetti dolorante.

-Scusa piccola. Mi hai distratto- disse veramente dispiaciuto.

Io ridacchiai -Non preoccuparti- dopo un ultimo bacio, scesi dalle sue braccia.

Il pavimento era gelido.

-Che ore sono?- chiesi entrando in cucina.

Aprii il frigorifero e presi il cartone del latte, decisa a scaldarlo per me e per Justin. Lo versai in un pentolino e attesi la sua risposta.

-Sono le nove passate- rispose dopo aver controllato l'orario sul display del suo Iphone.

Sbuffai -E perché mi hai svegliata così presto?- mi lamentai come una bambina.

Lui rise divertito dal mio comportamento -Non so se ti ricordi, ma qualche giorno fa ci eravamo messi d'accordo decidendo che avremmo festeggiato tutti insieme a casa mia. Io, te, Luke, Alex, Jazzy, Jaxon e i nostri genitori- sottolineò le ultime tre parole.

Mi accarezzò le guance per poi baciarmi dolcemente le labbra.

-Non penso che tu voglia che Kate e Joseph ti vedano così- disse sulle mie labbra lievemente schiuse.

Mi guardai velocemente il corpo.

Stavo indossando solo l'intimo.

Le mie guance andarono a fuoco.

Nonostante avessi passato la notte completamente nuda insieme a Justin, mi sentivo in imbarazzo.

-Ehm... io... ecco… hai ragione- balbettai evitando un contatto visivo con i suoi occhi.

Lui affondò la testa nell'incavo del mio collo.

-Sei così tenera, Emma- commentò.

Impressi un bacio tra i suoi capelli, poi presi il pentolino con il latte caldo per versarlo dentro a due tazze colorate.

Le sue braccia cinsero i miei fianchi, facendomi sorridere.

-Cereali o biscotti?- chiesi.

-Biscotti- rispose appoggiando la testa sulla mia spalla.

Annuii e tirai fuori da uno sportello di legno un pacchetto di biscotti con gocce di cioccolato. Disposi tutto sul tavolo, sentendo a ogni mio passo il respiro caldo del biondo dagli occhi nocciola sul collo.

Mangiammo la nostra colazione lentamente. Poi mi ricordai che nel giro di qualche minuto sarebbero potuti arrivare gli inviati. Così addentai velocemente un ultimo biscotto dopo averlo immerso nel latte e corsi nella camera di Justin.

Cercai i miei vestiti e, una volta trovati, li indossai.

Guardai il letto disfatto e ripensai alla dolcezza del biondo. Mi avvicinai e mi sedetti nell'esatto punto in cui Justin aveva dormito per tutta la notte.

Sentii il suo piacevole calore ancora impresso nelle lenzuola.

Mi sdraiai e sorrisi.

Era incredibile come una stessa persona potesse passare due notti di Natale in modi completamente opposti.

Un anno piangendo e disperandosi per l'incidente di un ragazzo moro dagli occhi azzurri.

L'anno dopo tra i baci e le carezze di un biondo dagli occhi nocciola, abbracciata da tutto il suo amore.

Mordicchiai il mio labbro inferiore leggermente pensierosa, con gli occhi rivolti al soffitto bianco.

Non mi accorsi nemmeno degli occhi di Justin puntati sul mio corpo. Solo quando tossì lievemente, rivolsi la mia attenzione a lui, alzandomi dal letto ancora caldo.

Mi sorrise, avvicinandosi lentamente.

-C'era questo in salotto sul pavimento- spiegò porgendomi il mio maglione, che subito indossai.

I nostri genitori avrebbero potuto vederlo, una volta seduti sui divani bianchi di Justin.

Arrossii lievemente e lui soffocò una risata.

Mi soffermai a fissare le sue labbra. Erano semplicemente perfette.

Con lo sguardo percorsi il suo viso angelico.

I suoi lineamenti mi fecero mordere il labbro.

I suoi occhi nocciola mi fecero imbambolare. Come potevano essere così perfetti? Li avrei osservati a lungo, ma i suoi risolini attirarono la mia attenzione.

Lo guardai interrogativa e lui sorrise.

-Sei così... perfetto- rivelai senza imbarazzo.

Lui scosse la testa -Tu lo sei, Emma- ribatté lui avvicinandosi alle mie labbra.

Le incurvai in un sorriso.

Eravamo a pochi millimetri di distanza, quando il campanello suonò.

Allontanai il biondo appoggiando una mano sul suo petto, ridacchiando.

Lui uscì precipitosamente dalla stanza ed io sistemai il letto.

Una volta finito, mi avvicinai all'ingresso della casa.

Salutai i miei genitori, Alex, Luke e i fratelli di Justin.

Poi notai due persone, molto simili a Justin. I suoi genitori. Rivolsi loro un dolce sorriso, per poi allungare una mano incerta.

-Piacere, sono Emma- mi presentai timida.

Suo padre la strinse subito -Piacere, io sono Jeremy- rispose gentilmente.

Una volta che lasciò la mia mano, la porsi alla giovane madre di Justin, una donna bellissima.

Lei la guardò sorridente, per poi abbracciarmi calorosamente.

-Io sono Pattie. È un piacere conoscerti- disse.

Sorrisi.

Mi trovavo davvero bene con la famiglia Bieber.

-Il piacere è tutto mio, signora- risposi gentilmente, con ancora le sue braccia intorno al mio corpo.

Sciolse lentamente l'abbraccio -Oh, chiamami Pattie- disse gesticolando leggermente con le mani.

-Sono sicura che passeremo un bellissimo Natale, vero Joseph?- commentò mia madre cercando la conferma di mio padre.

Lui annuì, sorridendo.

-Già, sono così contenta di avervi conosciuto, finalmente. Justin mi parla spesso di voi- disse Pattie.

I miei genitori e quelli di Justin iniziarono a parlare tra di loro. Ogni tanto sentii anche qualche loro commento su quanto saremmo stati carini io e Justin come coppia.

Soffocai una risata, mentre Justin mi sorrise.

Non riuscivo però a capire perché non approvassero la sua passione per il canto e la musica. Insomma, sembravano dei genitori molto comprensivi.

Scossi la testa per scacciare quel pensiero e abbracciai Alex e Jazzy, che mi strinsero allegre.

-Buon Natale, bellezze!- dissi sorridendo. Ridacchiando ricambiarono gli auguri.

-Buon Natale, piccolino- baciai la guancia di Jaxon, per poi scompigliare giocosamente i suoi capelli morbidi.

Lui rise, poi iniziò a correre per la casa, mettendo sottosopra ogni cosa al suo passaggio.

-Buon Natale, Luke!- dissi al ragazzo dagli occhi color cioccolato.

Due braccia muscolose cinsero il mio corpo da dietro.

Justin.

-Buon Natale, amico!- la sua voce giunse alle mie orecchie come una melodia, una dolce melodia.

-Buon Natale, Emma e Justin!- ricambiò lui.

Mi piaceva da impazzire sentire i nostri nomi così vicini. Proprio come quella notte mi era estremamente piaciuto sentire la mia pelle gelida a contatto con la sua bollente.

Innumerevoli brividi percorsero la mia schiena a quel ricordo.

Il biondo strinse maggiormente il mio corpo. Mi girai verso di lui per abbracciarlo, ma catturò le mie labbra con le sue, facendole unire in un dolce bacio e provocando le risatine dei nostri genitori.

Avvampai, affondando la testa nell'incavo del suo collo. Justin mi strinse a sé.

Lo amavo con tutta me stessa. Era dolce, premuroso, gentile e riusciva a farmi sorridere.

Era perfetto.

 

-Apriamo i regali!- gridò Jaxon eccitato, dopo che il pranzo fu mangiato.

Sorridendo ci alzammo dal tavolo, per poi sederci sui divani bianchi di Justin.

Afferrai il mio sacchetto giallo e tirai fuori i vari pacchetti. Anche gli altri presero i regali che avevano comprato e poi impacchettato.

Ognuno iniziò ad aprire i propri.

-Oddio, Emma, è meravigliosa- commentò Alex con gli occhi lucidi, vedendo la collana.

-Sono felice che ti piaccia- dissi sincera, aprendo il pacchetto blu che mi aveva dato lei.

Sgranai gli occhi alla vista di un anello d'argento.

Lessi l'incisione interna -A & E- sorrisi -Grazie mille, Alex. È stupendo- commentai indossandolo.

Dopo aver aperto anche gli altri regali, sentii le labbra di Justin tra i miei capelli.

-Manca il mio- sussurrò nel mio orecchio.

-Don't you buy me nothing, 'cause I am feeling one thing... Your lips on my lips- mormorai baciando la sua guancia calda.

Sorrise

-Tieni. Spero ti piaccia- disse porgendomi una scatola ricoperta da una carta verde e un nastro dorato. Sciolsi il fiocco e strappai la carta.

Aprii lentamente la scatola e spalancai la bocca, piacevolmente sorpresa.

Era una palla di vetro di Natale. Era di media grandezza e infiniti brillantini argentati danzavano intorno a due pupazzetti: un ragazzo e una ragazza uniti in un bacio candido.

Era proprio quella che avevo visto quel venerdì pomeriggio al mercatino.

-Ti piace, piccola mia?- chiese speranzoso.

Mi morsi il labbro e sorrisi, per poi annuire.

-Quel venerdì ho notato che ti eri fermata a guardarla e così ho voluto regalartela- spiegò.

Lo abbracciai.

-Grazie, Justin- sussurrai.

Presi in mano la palla e la osservai scuotendola lentamente. Girai con attenzione la piccola chiave dorata e la dolce melodia riempì la stanza.

Mi ricordai di quando Justin mi aveva paragonata alle palle di vetro. Quando ancora io e lui non ci conoscevamo bene, anzi, in realtà, non ci conoscevamo per niente, eppure riusciva comunque a farmi arrossire, a provocarmi innumerevoli brividi ed emozioni.

La stanza si riempì delle chiacchiere allegre dei nostri amici.

Era il Natale più bello che avessi mai passato in tutti quei diciassette anni. Ero riunita con le persone più importanti della mia vita.

Guardai il biondo dagli occhi nocciola, occhi che mi avevano colpito sin da subito per la loro incredibile bellezza.

Sentii le risate degli invitati e pensai al Natale che avevo trascorso l'anno prima. Era stato completamente diverso e pieno di lacrime, di tristezza, di dolore.

Una sola persona era riuscita a ribaltare le cose.

Justin Drew Bieber.

Se non l'avessi mai incontrato quel pomeriggio al centro commerciale, non sarei mai riuscita a trovare in così poco tempo la mia felicità.

-Grazie, Justin- dissi nuovamente.

-Di niente, Emma. Non sai quanto mi renda felice sapere che il regalo ti sia piaciuto- rispose accarezzando la mia guancia fredda.

Scossi la testa -No. Non solo per quello- appoggiai la mia mano sulla sua.

Aggrottò la fronte -E allora per cosa?- chiese curioso.

Portai la sua mano sulle mie labbra e la baciai dolcemente.

-Grazie di esistere- sussurrai.

Sorrise.

 

 

 

 

ODDIO NON CI CREDO! È FINITA LA SCUOLAAAA!!!!! YUPPIII

Allora, questo è il penultimo capitolo… *si asciuga una lacrimuccia*… e quindi, sì, il prossimo sarà l’ultimo. Ma ho intenzione di fare anche il continuo, che penso chiamerò “Do you remember our kiss?”. Per questo, il prossimo lo pubblicherò quando già avrò scritto il primo capitolo della seconda serie…

Dunque, detto questo, ci terrei a ringraziare chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e chi ha recensito.

Poi, mando un bacio immenso a Francy… sei una persona meravigliosa e, sì, molto forte… smettila di pensare di non esserlo! Sono felice di averti conosciuta ^.^

Un abbraccio mooooooolto coccoloso a tutte quante, siete magnifiche, veramente!

Morena

 

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Capitolo 21
*** Sotto le righe del nostro amore ***


Ecco l’ultimo capitolo! Allora, volevo avvisarvi che ho già pubblicato il continuo della storia… se volete leggerlo, lo trovate sul mio profilo.

Per i miei scleri ci vediamo alla fine del capitolo!

 

 

 

-Sei bellissima, Emma- sussurrò prima di catturare nuovamente le mie labbra con le sue.

Accarezzai il suo petto caldo e nudo.

-Tu sei perfetto- risposi quando allontanammo le labbra per riprendere fiato.

Accarezzò la mia guancia e sorrise.

-Oh, no, io non sono perfetto. Non lo sono per niente- disse appoggiando le sue labbra sul mio collo bianco.

-Tu sei perfetto proprio perché non sai di esserlo- ribattei convinta.

Sorrise sulla mia pelle.

-Ti amo, Emma- mormorò.

Il battito del mio cuore aumentò notevolmente alle sue parole. Non me lo avevo mai detto prima di quel momento. Sentirglielo dire era stato semplicemente meraviglioso. Come sentire la più dolce melodia del mondo. Avrei voluto sentire quella melodia all'infinito, non mi sarei stancata.

Accarezzai i suoi soffici capelli color grano e presi coraggio -Ti amo, Justin- rivelai baciando la sua guancia calda.

A quelle parole puntò i suoi occhi nocciola nei miei verdi.

-Davvero?- chiese speranzoso.

Ormai da molto tempo non avevo più dubbi. Sin da quando avevamo cantato insieme su quel palco, circa un mese prima. Già, era passato quasi un intero mese da quel bellissimo Natale.

Un mese da quando avevo capito di amarlo follemente.

Un mese da quando io e Justin ci eravamo baciati.

Un mese da quando avevo avuto la mia prima volta, piena di amore e di dolcezza.

Sprofondai nei suoi occhi nocciola senza vergogna. Ammirai ogni loro sfaccettatura.

-Davvero, Justin- risposi continuando ad annegare.

Non riuscivo ancora a capire come una persona potesse avere degli occhi così meravigliosi. Come potesse essere così dolce, così perfetta. Ma soprattutto, come potesse sostenere di amare proprio me.

-I tuoi occhi sono... spettacolari- sussurrai sfiorando con l'indice il suo viso.

-I miei? Tu non hai idea di quante volte io mi perda nei tuoi occhi verdi... Ogni volta avevo paura di rimanere imbambolato davanti a te e di non sentire se mi stessi per caso dicendo qualcosa- disse abbassando lo sguardo.

Risi.

Lui arrossì ed evitò di incontrare i miei occhi.

-Sono ridicolo, vero?- chiese tristemente.

Bloccai subito la mia risata.

-Oh, no. Io non lo penserei mai- risposi seriamente.

-E allora perché ridevi?- chiese.

Misi due dita sotto il suo mento e alzai il suo viso.

-Perché io affogo sempre nei tuoi occhi. Sono la cosa più bella che io abbia mai visto- iniziai -e temevo di perdere la cognizione della realtà quando ancora non ci eravamo nemmeno baciati. Cercavo in tutti i modi di riemergere in superficie. E ora che tu mi dici di aver provato le stesse cose... come potrei non ridere?- conclusi sorridendo.

Si tranquillizzò al suono delle mie parole.

Avvicinò il suo viso al mio e unì le nostre labbra in un bacio pieno di passione, di desiderio. Gemetti lievemente quando morse il mio labbro inferiore.

-Come potrei non amarti?- chiese retorico.

Scossi la testa -Continua ad amarmi, allora. Così il nostro "Per sempre" non avrà fine- sussurrai inebriata dal suo dolce profumo.

Appoggiò dolcemente le sue mani sui miei fianchi scoperti. Rabbrividii a quel contatto. Senza smettere di guardarmi, vagò con la sua mano fino a trovare il lenzuolo azzurro. Lo afferrò e coprì i nostri corpi. Riportò quella mano sulla mia pelle bianca e dolcemente mi attirò a sé. Sentii tutto il suo piacevole calore invadere il mio corpo.

-Sotto le righe del nostro amore non verrà mai scritta la parola "fine". Non permetterò a nessuno di macchiare in questo modo le pagine del nostro "Per sempre"- sussurrò accarezzando il mio corpo nudo.

Chiusi gli occhi.

Ero sicuramente in paradiso.

Non avevo mai sentito parole più dolci e sincere.

Non avevo mai sentito un profumo buono come quello del biondo accanto a me.

Non avevo mai sentito così tanto piacere lungo il mio corpo.

Gemetti quando strusciò con insistenza quelle morbide labbra sulla voglia del mio collo. Probabilmente aveva capito quanto fosse sensibile quella parte.

-Ti amo, Emma. Ti amerò per sempre- mormorò prima che fossimo travolti dal nostro amore per la seconda volta.

 

-Ora devo andare, Justin- ansimai tra un bacio e l'altro.

Afferrò con le sue mani calde e morbide i miei fianchi, per tenermi vicina a sé.

-No. Resta ancora un po', per favore- mordicchiò il mio labbro inferiore, facendomi gemere lievemente.

Sorrisi -Scusa, ma domani devo andare a scuola. Poi se arrivassi tardi a casa, i miei genitori non mi farebbero più uscire fino alla maggiore età- spiegai ridacchiando.

Mi alzai dal letto, per poi cercare i miei vestiti sul pavimento.

Lui rimase sdraiato, con la coperta fino alla vita, a osservare il soffitto bianco.

-Tanto mancano solo otto mesi, non mi sembra una catastrofe- disse lui rivolgendomi un occhiolino.

Dopo aver infilato l'intimo, appoggiai una mano sul fianco e lo guardai.

-Se dico che non potrò uscire da casa, intendo anche che nessuno potrà entrare, Justin- alzai un sopracciglio.

Lui sgranò gli occhi -Cosa?! E tu sei ancora in mutande? Su, sbrigati che ti accompagno a casa- disse alzandosi di fretta dal letto, mostrandomi il suo corpo completamente nudo.

Ridacchiai cercando di nascondere il rossore formatosi sulle mie guance.

-Non perdere tempo a ridere, vestiti- ordinò fermamente sulla porta, pronto ad uscire dalla stanza senza nemmeno un paio di boxer.

Scoppiai a ridere veramente divertita.

Inarcò un sopracciglio.

-Ma dico, ti sei accorto di essere completamente nudo, Justin? Davvero sono io quella che deve sbrigarsi?- chiesi con le lacrime agli occhi per le risate.

Lui abbassò lo sguardo per verificare, prima di avvampare. Sorrise lievemente imbarazzato, per poi unirsi alla mia risata. Appoggiò una mano sul viso, poi scosse la testa.

-Ti rendi conto che stavo per uscire da casa nudo?- chiese afferrando i suoi boxer.

-Già- sospirai.

Ripensando a ciò che sarebbe potuto accadere, soffocai un altro risolino.

Lui si finse offeso -Dai, vestiti- disse.

Nonostante i suoi tentativi, non riuscì a trattenere un sorriso.

Indossai i jeans blu e il maglione bianco.

-Sei pronta?- mi chiese infilandosi la maglietta blu, abbastanza aderente da far intravedere il suo fisico perfetto.

Deglutii a quella vista.

-Sì, sono pronta. Andiamo?- balbettai.

Lui annuì e mi porse la mano. L'afferrai e ci avviammo al portone della sua casa. Molto gentilmente mi aiutò a indossare il mio cappotto bianco dai bottoni neri e poi si coprì con la sua giacca di pelle scura. Uscimmo velocemente e fummo travolti dal gelo invernale della sera. Circondò il mio corpo con un braccio, come per scaldarmi. Appoggiai la testa sulla sua spalla.

Ero felice. Felice e innamorata del biondo dagli occhi nocciola.

-Ti amo, Justin- diedi voce ai miei pensieri. Mi strinse maggiormente e sorrise.

-Ti amo, Emma. Come non ho mai amato prima- disse dolcemente.

-Ti amerò per sempre- conclusi con lo stesso tono.

 

 

La sveglia suonò, scuotendomi violentemente dai miei sogni.

Sbuffai.

Non avevo alcuna intenzione di alzarmi da quel comodo e caldo letto.

Con un gesto veloce arrestai quel suono fastidioso.

Mi alzai e mi avvicinai all'armadio.

Avevo come l'orribile sensazione che quella giornata sarebbe stata un disastro, che mi avrebbe portato solo problemi.

Scossi la testa per allontanare quei pensieri negativi e aprii l'anta. Rovistai velocemente tra i vari vestiti e tirai fuori un paio di jeans bianchi, una maglietta nera e la felpa della mia scuola. Li indossai pensando al pomeriggio precedente.

Sorrisi.

Justin era l'unico pensiero positivo quel giorno.

Entrai in bagno e osservai il mio viso allo specchio.

Da quando avevo conosciuto Justin, sembravo un'altra persona. Un'altra Emma. Non ero più triste e piena di dolore. Non avevo più quelle profonde occhiaie sotto i miei occhi verdi.

Abbozzai un sorriso e aprii il mobiletto accanto allo specchio. Ritrovai quel contenitore di plastica trasparente che mi aveva accompagnata ogni sera l'anno prima.

I tranquillanti.

Me lo rigirai varie volte tra le mani per poi prendere una decisione. Senza indugiare lo buttai dritto nel cestino bianco della spazzatura, sotto il lavandino. Respirai profondamente e tornai a fissare la mia immagine riflessa allo specchio.

Incurvai le labbra in un sorriso sincero.

-Finalmente ho potuto farlo- dissi fiera di me stessa.

Mi sciacquai la faccia e pettinai le mie ciocche castane.

Dopo aver salutato i miei genitori, uscii da casa, diretta a scuola.

Sentivo ancora quella brutta sensazione, unita a quella di essere osservata da qualcuno.

Mi strinsi nella mia giacca e continuai a camminare.

Riuscii a sorridere solo pensando che la giornata sarebbe passata in fretta e nel pomeriggio sarei andata da Justin, dal ragazzo che amavo con tutto il mio cuore.

A pochi metri dall'ingresso della scuola, intravidi la chioma bionda di Alex e quella color cioccolato di Luke.

Si stavano baciando sotto lo sguardo di centinaia di studenti. Matt Kayse fissò lo sguardo su di loro, visibilmente geloso, ed io risi, avvicinandomi alla coppia.

-Perché ridi?- chiese Alex allontanandosi leggermente dalle labbra di Luke.

Mi guardarono incuriositi quando continuai a ridere nonostante la domanda della bionda.

-No... ehm... niente. Penso solo che tra qualche secondo potremo vedere il fumo uscire dalle narici di Kayse- dissi cercando di trattenere le risate.

I due cercarono tra la massa di adolescenti il viso di Matt.

-Quel coglione...- grugnì Luke stringendo i pugni.

-Ehi, amico, stai tranquillo. Ricorda che tu hai la ragazza che ami tra le braccia. O forse dovrei dire che hai la lingua nella gola della ragazza che ami... Vi baciate in continuazione- dissi assumendo un'espressione sempre più disgustata a ogni mia parola.

Luke ridacchiò, mentre Alex mi diede un leggero colpo sul braccio.

-Hai ragione, Emma- ammise avvicinando la mia migliore amica al suo corpo.

-Lo so. Io ho sempre ragione- dissi incrociando le braccia sotto il seno.

Loro si unirono in una spensierata risata -Ora fatemi andare che non vedo l'ora di finire questa giornata di merda- conclusi cupa, ricevendo le loro occhiate curiose.

Scossi la testa e mi incamminai verso l'ingresso dell'edificio.

-Avrà il ciclo- ipotizzò Alex a bassa voce.

-Ti ho sentito, Jones- urlai senza guardarli, utilizzando il cognome della bionda.

-Non ne avevo dubbi, Wilson- rispose lei ridacchiando.

 

 

Fuori da scuola trovai il mio bel biondo dagli occhi nocciola ad attendermi.

Sorrisi involontariamente e mi avvicinai a lui.

Era splendido, come sempre.

Alcune ragazze del primo e del secondo anno lo fissavano adoranti.

Ancora non potevo credere che lui mi amasse.

-Ciao, piccola mia- disse dolcemente quando mi vide arrivare.

Mi morsi il labbro inferiore.

-Ciao, Justin- risposi baciando la sua guancia.

Ma lui appoggiò le mani sul mio viso e catturò le mie labbra con le sue. Sorrisi durante il bacio.

-Non avevi il turno al bar?- chiesi ammirando i suoi occhi.

Sentii addosso gli sguardi di buona parte della scuola e anche alcuni sussurri.

Ridacchiai.

Lui mi guardò confuso -No, oggi avevo il turno di mattina... Ma perché ridi?- chiese.

Mi avvicinai al suo orecchio -Perché tutte le ragazze di questa scuola si staranno chiedendo come tu possa stare con me e sinceramente me lo domando anche io- spiegai sfiorando con le labbra la sua pelle.

Lui arrossì. Era troppo dolce.

-Perché ti amo- disse e io sorrisi. Poi si guardò intorno -Posso assicurarti che i ragazzi stiano pensando la stessa cosa, ovviamente per te- disse convinto.

Scossi la testa -Non credo- conclusi afferrando la sua mano e iniziando a camminare.

 

Arrivammo davanti a casa mia in pochi minuti.

Durante il tragitto avevo sentito ancora quelle terribili sensazioni.

-Cos'hai?- mi chiese preoccupato.

Scossi la testa -No, niente. È solo che ho come il presentimento che oggi debba succedere qualcosa di brutto- dissi rivelando il mio tormento.

-Non pensarci, vedrai che questa giornata passerà in fretta, portandosi dietro tutte queste paure- cercò di consolarmi accarezzando il mio viso pallido e freddo.

Annuii -Grazie, Justin. Non so cosa farei senza di te- sorrisi guardandolo negli occhi.

-Di niente, piccola mia- sfiorò le mie labbra con le sue, morbide e calde.

Poi mi abbracciò, stringendo con molto amore il mio corpo. Appoggiai la testa sulla sua spalla e mi ritrovai a guardare la strada che avevamo percorso dalla mia scuola.

Sgranai gli occhi e spalancai la bocca.

Justin sciolse dolcemente l'abbraccio, pronto a baciarmi un'altra volta.

Ma, vedendo la mia espressione, si fermò.

-Che succede, Emma?- chiese preoccupato.

La sua voce arrivò ai miei timpani in modo poco chiaro. Ero troppo scioccata.

Capelli scuri e occhi azzurri.

-James- sussurrai una via di mezzo tra una domanda e un'affermazione.

No. Non poteva essere vero.

Proprio quando avevo trovato la mia felicità, lui tornava.

Il mio biondo si girò, confuso, cercando di seguire la traiettoria del mio sguardo.

Rimase scioccato pure lui.

-È lui, Emma? È lui James?- chiese girandosi nuovamente verso di me.

Annuii -Non lasciarmi, Justin- dissi singhiozzando.

Afferrai la sua mano e la strinsi forte. Lui ricambiò la stretta.

-Emma, amore mio- esclamò James.

Perché era venuto a cercarmi? Io non avrei voluto incontrarlo. Mi era bastato sapere che fosse vivo. Soprattutto perché non lo amavo più. Io amavo Justin. Solo ed esclusivamente il biondo dagli occhi nocciola.

Era solo a un metro da noi.

-Emma... Non mi dici niente? Non ci vediamo da più di un anno- disse riservando un'occhiataccia alle nostre mani intrecciate.

Aprii la bocca, ma non emisi alcun suono. Cos'avrei dovuto dire?

Justin accarezzò il dorso della mia mano con molta dolcezza.

-Tu cosa ci fai ancora qui, ragazzino? Lasciaci da soli- esclamò crudelmente James.

Che fine aveva fatto quel ragazzo dolce di cui mi ero innamorata più di un anno prima? Probabilmente non c'era mai stato. O forse non sarei mai riuscita a trovare una persona più dolce di Justin, per questo in quel momento il moro mi era sembrato così cattivo.

Guardai Justin, sperando che non se ne andasse.

Lui guardò James.

Vidi il suo sguardo attraversato da un lampo di furia.

Strinsi la sua mano, ma lui sciolse delicatamente la presa.

James sorrise soddisfatto.

Il biondo mi sorrise debolmente, per poi iniziare a camminare verso la strada che l'avrebbe allontanato da me.

-No, Justin, non andartene! Io ti amo- gridai sincera.

Lui si voltò verso di me per pochi istanti.

-Ti amo- disse dolcemente, per poi voltarsi nuovamente, come se fosse stato un addio.

Una lacrima rigò il mio viso.

Sotto le righe del nostro amore qualcuno stava scrivendo la parola "fine". Stava macchiando in questo modo le pagine del nostro "Per sempre".

E noi abbiamo permesso che ciò avvenisse" una lacrima percorre il mio volto.

È stato difficile raccontare tutto questo. Raccontare tutti i miei ricordi.

Passano alcuni minuti di silenzio.

Forse pensano che ci sia altro da raccontare, ma non è così. O almeno, qualcos'altro ci sarebbe, ma non posso assolutamente parlarne.

"Che bello mamma! Tu conoscevi Justin Bieber" Alexandra rompe il silenzio e batte le mani contenta insieme a Drew, il suo fratello gemello.

Sorrido lievemente.

Sono troppo piccoli perché capiscano la mia sofferenza, tutto il mio amore verso Justin.

Già, io lo amo ancora, nonostante questi quattro anni passati.

"Sì, Alex. Lo conoscevo" rispondo a mia figlia che sorride, entusiasmata da questa notizia.

"Ce lo presenterai, mamma?" mi chiede Drew speranzoso.

Sarebbe troppo difficile incontrare di nuovo il biondo.

In più non lo sento da quel maledetto pomeriggio.

Asciugo quelle lacrime che minacciano ancora di uscire e forzo un lieve sorriso.

Non vorrei deluderli, ma non posso permettermi di soffrire ancora. Non sopporterei la sua vista.

"Ehm... Non lo so Drew... Insomma... Poi vedremo..." provo a fargli capire che non è possibile, ma lui mi interrompe.

"Sì, che bello! Alex, incontreremo il nostro idolo!" esclama allegro.

Ho permesso io che tutto ciò avvenisse, facendo ascoltare ai miei figli tutte le canzoni di Justin.

Curvo incerta le labbra in un sorriso.

Come potrei dire ad Alex e Drew che Justin, il loro idolo, il cantante che ascoltano ogni giorno praticamente da quando sono nati, è il loro padre?  

 

 

 

 

 

Oh mio Dio, non posso crederci! Ho finito la mia primissima fan fiction…

È stato bellissimo questo periodo, veramente, mi avete fatto sorridere sempre, siete meravigliose!

Ammettetelo, non vi aspettavate che fosse tutto un racconto di Emma ai suoi figli… e immagino che non vi siate nemmeno accorte delle virgolette al primissimo capitolo…

Vorrei ringraziarvi tutte, dalla prima all’ultima, chi ha preferito/seguito/ricordato e recensito questa storia, ma anche chi ha letto e basta!

Spero che vi sia piaciuta la mia storia e che vi abbia riportato a Natale! Se volete ho già iniziato la seconda serie…

Un abbraccio coccolosissimo!!!

Morena

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