Do you remember our kiss?

di dadless
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La futura stella del pop ***
Capitolo 2: *** Sono passati quattro anni ***
Capitolo 3: *** Sarà cambiata? ***
Capitolo 4: *** L'avrebbe aiutata ***
Capitolo 5: *** Datemi una notte ***
Capitolo 6: *** Sono tuo fratello ***
Capitolo 7: *** La sua passione ***
Capitolo 8: *** In un altro mondo ***
Capitolo 9: *** Capelli castani, occhi verdi e pelle bianca. ***
Capitolo 10: *** Buon ventiduesimo compleanno ***
Capitolo 11: *** La sua nuova fiamma. ***
Capitolo 12: *** Mi odio ***
Capitolo 13: *** Crack. ***
Capitolo 14: *** Lui è... tuo padre. ***
Capitolo 15: *** È questo che vuoi? ***
Capitolo 16: *** Un cd natalizio ***
Capitolo 17: *** Per noi. ***
Capitolo 18: *** “Jemma” suona proprio bene. ***
Capitolo 19: *** Me l'hai promesso. ***
Capitolo 20: *** Vuole che la baci? ***
Capitolo 21: *** Gli rovineremmo la vita. ***
Capitolo 22: *** Ricordi il nostro bacio? ***



Capitolo 1
*** La futura stella del pop ***


Avevo finito il turno al bar in tempo per andare a prendere Emma a scuola.

Volevo farle una sorpresa.

Uscii dal centro commerciale e mi precipitai verso la sua scuola.

Ancora l'esterno dell'edificio era completamente vuoto.

Guardai di sfuggita l'orario sul mio Iphone. Sarebbe uscita nel giro di pochi minuti.

Iniziai a fischiettare per passare il tempo.

Non vedevo l'ora di baciare le sue labbra morbide e dolci, di perdermi nei suoi occhi verdi.

L'amavo profondamente, sin da quel pomeriggio al centro commerciale.

Dal bar avevo sentito una melodia natalizia e mi ero incuriosito subito per la tristezza con cui le note risuonavano nell'aria. Sembrava quasi che celassero un segreto, un ricordo. Poi avevo visto lei, una ragazza appoggiata alla parete, con la testa rivolta alle corde della sua chitarra beige.

Emma.

Quel pomeriggio era stata abbastanza acida con me, ma mi piaceva. Mi faceva sorridere senza che ne capissi il motivo. Poi nel giro di qualche giorno mi aveva rivelato tutto il suo dolore, i suoi ricordi. E la tristezza della melodia aveva acquistato un senso.

L'amavo già, ma volevo che fosse felice. L'avevo aiutata a cercare James, in tutti i modi possibili. Ero andato anche fino a Miami pur di vederla sorridere.

Ancora adesso non me ne pento.

Dopo alcuni minuti iniziarono a uscire alcuni studenti, scuotendomi dai miei pensieri.

Cercai con lo sguardo la mia adorata castana.

Era splendida.

Sorrise quando mi vide.

Ancora non potevo credere che lei mi amasse.

-Ciao, piccola mia- dissi dolcemente quando si fu avvicinata.

Afferrò il labbro inferiore con i denti, facendomi provare un sacco di emozioni.

Volevo assolutamente baciarla.

-Ciao, Justin- rispose baciandomi la guancia.

Ma io appoggiai le mani sul suo viso freddo e catturai le sue labbra con le mie.

La sentii sorridere durante il bacio.

-Non avevi il turno al bar?- chiese prendendo fiato.

Sentii alcuni sussurri. Lei ridacchiò.

La guardai confuso -No, oggi avevo il turno di mattina... Ma perché ridi?- chiesi.

Si avvicinò al mio orecchio -Perché tutte le ragazze di questa scuola si staranno chiedendo come tu possa stare con me e sinceramente me lo domando anche io- spiegò sfiorando con le labbra la mia pelle.

Arrossii. Insomma, non era assolutamente possibile. Poi ero io a chiedermi come lei potesse amarmi.

Lei era perfetta.

-Perché ti amo- dissi e lei sorrise. Poi mi guardai intorno. Una buona parte degli studenti maschi ci stava osservando -Posso assicurarti che i ragazzi stiano pensando la stessa cosa, ovviamente per te- dissi convinto.

Scosse la testa -Non credo- concluse afferrando la mia mano e iniziando a camminare.

 

Arrivammo davanti a casa sua in pochi minuti.

Durante il tragitto avevo avvertito il suo nervosismo.

-Cos'hai?- le chiesi preoccupato.

Scosse la testa -No, niente. È solo che ho come il presentimento che oggi debba succedere qualcosa di brutto- disse rivelando il suo tormento.

Non volevo che lei provasse quei sentimenti.

Il mio desiderio era che lei fosse tranquilla, ad ogni costo.

-Non pensarci, vedrai che questa giornata passerà in fretta, portandosi dietro tutte queste paure- cercai di consolarla accarezzando il suo viso bianco e gelido.

Annuì -Grazie, Justin. Non so cosa farei senza di te- sorrise guardandomi negli occhi.

-Di niente, piccola mia- sfiorai le sue labbra con le mie. Poi la abbracciai, stringendola con tutto il mio amore nei suoi confronti. Appoggiò la testa sulla mia spalla ed io sorrisi.

L'avrei amata per sempre.

Sciolsi dolcemente l'abbraccio, pronto a baciarla un'altra volta.

Ma qualcosa nel suo sguardo mi bloccò.

-Che succede, Emma?- chiesi seriamente preoccupato.

La sua bocca era spalancata e i suoi occhi sgranati. Era troppo scioccata.

-James- sussurrò.

No. Non poteva essere vero. Mi girai confuso, cercando di seguire la traiettoria del suo sguardo. Rimasi scioccato pure io.

Capelli scuri e occhi azzurri.

-È lui, Emma? È lui James?- chiesi girandomi nuovamente verso di lei.

Annuì -Non lasciarmi, Justin- disse singhiozzando.

Afferrò la mia mano e la strinse forte. Ricambiai la stretta.

-Emma, amore mio- esclamò James.

Come si permetteva? Emma era mia. Lo sarebbe stata per sempre. Perché era venuto a cercarla? Proprio quando Emma ed io eravamo riusciti a dichiarare il nostro amore, lui arrivava a rovinare tutto.

Perché sapevo che sarebbe stato così.

Lei probabilmente sarebbe corsa tra le sue braccia e forse sarebbe stato anche giusto. Lui era più maturo e ricco di me.

Io ero solo un barista diciottenne e innamorato.

Era solo a un metro da noi.

-Emma... Non mi dici niente? Non ci vediamo da più di un anno- disse riservando un'occhiataccia alle nostre mani intrecciate.

Lei aprì la bocca, ma non emise alcun suono.

Accarezzai il dorso della sua mano con molta dolcezza.

-Tu cosa ci fai ancora qui, ragazzino? Lasciaci da soli- esclamò crudelmente James.

Questo era il ragazzo dolce di cui Emma era stata innamorata?

Wow.

Lei cercò un contatto visivo con i miei occhi, ma io guardai James.

Ero completamente furioso.

Come avrei potuto lasciare la ragazza che amavo nelle mani di quello stronzo? Strinse la mia mano, ma io sciolsi delicatamente la presa.

James sorrise soddisfatto.

Le sorrisi debolmente, per poi iniziare a camminare verso la strada che ci avrebbe allontanati.

-No, Justin, non andartene! Io ti amo- gridò sincera, facendomi sobbalzare.

Mi voltai verso di lei per pochi istanti.

-Ti amo- dissi dolcemente, per poi voltarmi nuovamente, come se fosse stato un addio.

Una lacrima rigò il mio viso.

Sotto le righe del nostro amore qualcuno stava scrivendo la parola "fine". Stava macchiando in questo modo le pagine del nostro "Per sempre".

Iniziai a correre verso casa.

Volevo dimenticare tutto.

Come avrei fatto senza la mia piccola Emma?

Lei sarebbe tornata fra le braccia di James.

E io? Io cosa avrei fatto?

Calpestai la strada ghiacciata con rabbia.

Avrei dovuto accettarlo. Per lei sarebbe stato meglio. Lei voleva un futuro con un marito accanto e dei figli da crescere.

Come avrei potuto io far sì che il suo sogno si realizzasse?

Io volevo un futuro come cantante, ma al tempo stesso farle realizzare il suo sogno.

Non c'era molto che potessi fare.

L'avrei lasciata con James, avrei fatto in modo che si dimenticasse di me.

Ma io l'avrei mai dimenticata? No.

Presi le chiavi dalla tasca dei jeans e aprii il portone.

Entrai in casa e mi sedetti sul divano bianco.

Mi coprii il volto con le mani.

Come avrei potuto dimenticare Emma? Io l'amavo con tutto il mio cuore, come mai avevo amato prima.

Io avrei continuato ad amarla e lei si sarebbe costruita una famiglia con quello stronzo.

No. Dovevo assolutamente dimenticarla, nonostante fosse una cosa impossibile.

Ma come?

Serrai la mascella. Affondai le dita fra i miei capelli biondi.

-Ti amo, Emma- sussurrai frustrato.

Inumidii le mie labbra per poi dirigermi in cucina.

Camminai lentamente, perso tra i miei pensieri.

Alla fine il brutto presentimento di Emma non era risultato immotivato, o almeno per me.

Stavo perdendo la ragazza più dolce che avessi mai conosciuto.

Non avrei più sentito la sua melodiosa voce.

Non avrei più avuto la possibilità di perdermi nei suoi occhi verdi.

Ma forse sarebbe stata la cosa giusta, avrei dovuto farmi coraggio e permettere che ciò avvenisse.

Entrai in cucina e aprii il frigorifero. Tirai fuori una mela rossa e, dopo averla lavata, iniziai a mangiarla.

Mi sedetti e diedi un altro morso.

Mi ricordai di quando avevamo mangiato la pizza preparata da lei, di quando avevamo fatto la colazione insieme dopo esserci svegliati sullo stesso letto, dopo aver fatto l'amore.

Sorrisi lievemente.

Non capivo nemmeno io perché mi fossi arreso così facilmente. Forse non era ancora arrivato il tempo di combattere.

Buttai il torsolo nel cestino e ritornai a sedermi sul divano.

Solo in quel momento mi accorsi della giacca che stavo ancora indossando.

Sospirai e tirai fuori il mio Iphone dalla tasca, deciso ad appendere poi il giubbotto all'ingresso.

Ma la mia mano sfiorò qualcos'altro, oltre al cellulare.

Aggrottai la fronte e svuotai la tasca.

Un biglietto bianco riempito di parole nere.

Sgranai gli occhi. Era forse un segno?

Il mio sguardo finì sul bracciale che mi aveva regalato la mia dolce Emma.

-Believe- sussurrai. Avrei dovuto crederci? Forse quella sarebbe stata la scelta migliore. Emma mi avrebbe dimenticato ed io avrei dimenticato lei.

Tutto per colpa di uno stronzo che io stesso avevo cercato su tutti i social network e in tutta Miami.

Strinsi la mano in un pugno. Respirai profondamente nel tentativo di calmarmi.

-Believe- ripetei afferrando il mio cellulare.

Composi un numero a me sconosciuto e attesi.

-Believe- mormorai ad occhi chiusi.

-Pronto?- chiese la voce di un uomo.

Sperai vivamente di non aver sbagliato numero.

Non sarei riuscito a prendere quella decisione un'altra volta, nonostante fosse l'unica soluzione.

Cercai di sembrare sicuro di me.

-Parlo con Scooter Braun?- chiesi torturando il mio labbro inferiore con i denti.

-Sì, sono io- sospirai sollevato -Chi è?- chiese lui.

Feci un piccolo sorriso.

-Sono Justin Bieber. La futura stella del pop- mi presentai.

 

 

 

 

Eccomi ancora qui!

Questo è il continuo di “Kiss me underneath the mistletoe” i personaggi sono gli stessi, ma questa storia sarà completamente dal punto di vista di Justin.

Spero vi piaccia!

Un abbraccio coccoloso,

Morena

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Capitolo 2
*** Sono passati quattro anni ***


Sono passati quattro anni. Quattro anni da quella chiamata.

Adesso sono in pausa dal mio tour in giro per il mondo.

Sto tornando a casa, dopo tutti questi anni, per riposarmi.

Non mi sarei mai aspettato tutto questo successo. È qualcosa di incredibile.

Le mie Beliebers sono fantastiche e mi sostengono sempre, qualunque cosa io faccia. Certo, ci sono anche molte persone da cui vengo odiato, ma non è la fine del mondo. Sono contento di sapere che tantissime amano la mia musica e questo mi basta per continuare a vivere il mio sogno.

Guardo fuori dal finestrino dell'aereo e sorrido.

Los Angeles mi è mancata troppo. Forse non solo la città. Ma è terribile doverlo ammettere dopo tutti i tentativi per dimenticarla. Naturalmente scappare dalla mia città non è servito a molto. Lei è rimasta sempre nel mio cuore.

Beh, il lato positivo è che ho realizzato il mio sogno di diventare un cantante.

Sospiro pensieroso.

Quattro anni non mi hanno fatto dimenticare di lei.

La distanza non mi ha fatto dimenticare di lei.

Io amo Emma Wilson, esattamente come quattro anni fa, se non di più.

Sospiro nuovamente e mi inumidisco le labbra.

-Che succede, amore?- la sua voce stridula mi riscuote dai miei pensieri.

Cerco di soffocare una smorfia di fastidio.

-Niente. Sono solo nervoso- accampo una scusa.

Mi infastidisce questa situazione. In questo momento con me dovrebbe esserci la mia piccola e dolce Emma. Lei avrebbe dovuto accompagnarmi nel mio sogno, così come mi aveva promesso quattro anni prima.

Invece sul sedile accanto al mio c'è una ragazza dagli occhi e i capelli scuri.

Troppo diversa dalla mia piccola.

Ma in fondo è colpa mia. Me ne sono andato senza avvisare nessuno. Una volta raggiunto Scooter ad Atlanta ho poi deciso di parlare della mia decisione con Jazzy. Aveva cercato in tutti i modi di convincermi a ritornare a Los Angeles. Diceva che insieme avremmo trovato una soluzione, ma io avevo già scelto. Avevo firmato un contratto con la casa discografica di Scooter e poi con la Island Records.

Sono felicissimo di come stia procedendo la mia carriera, ma certe volte è difficile essere una popstar internazionale.

Non posso fare nemmeno il minimo errore.

La mia immagine, il mio comportamento, la mia voce, ogni cosa deve essere perfetta.

-Sì, anche io lo sono. Mi è mancata Los Angeles- dice sistemandosi il ciuffo dietro l'orecchio. -Dannazione!- urla dopo qualche minuto ricevendo le occhiatacce di molti passeggeri.

Sprofondo nel mio sedile cercando di non farmi vedere.

Non mi piace essere al centro dell'attenzione se non sono su un palco scenico. Sono sempre stato molto timido, e ancora non capisco come io sia riuscito a fare carriera. Ma meglio così.

-Che è successo?- chiedo spazientito.

-Ti sembra il tono adatto?- chiede offesa. Alzo gli occhi al cielo, sbuffando -Lo vedi?- mi mostra il suo pollice destro con l'unghia perfettamente curata.

-E allora?- chiedo alzando un sopracciglio. Veramente non capisco.

-Allora?! Lo smalto si è rovinato è non ho più il rosso per coprirlo, mi è rimasto solo il magenta, e il rosso e il magenta non sono lo stesso colore! Questa è una tragedia, non posso scendere dall'aereo in queste condizioni- dice drammaticamente.

Spalanco gli occhi.

Spero veramente che stia solo scherzando.

Sì, sta solo scherzando.

Scoppio a ridere -Per un attimo ho creduto che fossi seria- dico tra una risata e l'altra.

Lei non fa una piega.

-Ti sembra che io stia ridendo, Justin?- chiede seria.

Poi s’infila le cuffie dell’iPod nelle orecchie, con aria offesa.

Mi metto una mano sulla faccia e scuoto la testa.

Ma che cos'ha nella testa al posto del cervello? Una nocciolina?

Ah, no. Di sicuro un procione in prognosi riservata. O forse una nutria in letargo. È ancora da verificare.

Perché mi ritrovo lei accanto? Perché devo fingere di amarla?

Tutto perché non sono riuscito a trovare nessun’altra che mi facesse battere forte il cuore, dopo Emma.

Ma un cantante di ventitré anni, amato da tutte quelle ragazze, deve avere una fidanzata che lo accompagni agli eventi e a ritirare i premi.

Perché? Beh, sempre per la storia che la mia immagine deve essere perfetta. Perché le Beliebers pensavano che io non mi fidassi di loro, che non volessi presentare loro una mia probabile fidanzata.

Così Scooter, adesso mio manager, anni fa mi ha costretto a trovarne una. E a chi avrei mai potuto pensare io?

Alta, formosa, occhi e capelli scuri.

Nicole.

Non la sopporto. È egocentrica, egoista e superficiale. Ma soprattutto non sopporto come ha trattato Emma quattro anni fa.

Mi manca la mia piccolina. Mi manca la sua dolcezza, le sue labbra, i suoi capelli, il suo corpo bianco e freddo. Mi manca lei.

Mi piacerebbe sapere cosa abbia fatto in tutti questi quattro anni. Starà ancora con James? O magari ha un
altro fidanzato.

Vorrei incontrarla, ma non posso. Non riuscirei a resistere. Mi fionderei sulle sue labbra in un istante.

Inizio a battere a ritmo le dita sulla mia coscia.

Questo viaggio sta diventando stressante.

Guardo distrattamente fuori dal finestrino. Gli edifici sembrano più vicini. Probabilmente manca poco.

-Gentili passeggeri, vi preghiamo di allacciare le cinture di sicurezza: l'aereo sta per atterrare- la voce metallica conferma i miei pensieri pochi minuti dopo.

Sorrido.

Tra non molto rivedrò la mia amata città e i miei parenti. Sono venuti al mio ultimo concerto, ma mi mancano ugualmente.

I miei genitori hanno poi accettato la mia passione. Anche perché se mi avessero proibito di realizzare il mio sogno, io l'avrei fatto comunque. Nonostante ciò, non mi hanno ancora spiegato perché non accettassero questa mia passione.

Con la coda dell'occhio noto che Nicole non ha ancora allacciato le cinture.

Le tocco il braccio per attirare la sua attenzione e lei si sfila una cuffia per poi sorridere.

Probabilmente pensa che io voglia scusarmi. Ma per cosa? Non è normale che una persona si preoccupi per lo smalto alle unghie.

-Devi allacciare le cinture- spiego semplicemente.

Lei è visibilmente delusa -Ah, va bene- risponde.

-Non vedo l'ora di andare a fare shopping. Soprattutto ora che ho un sacco di soldi- dice lei eccitata dopo qualche minuto di silenzio tra noi due.

La guardo confuso -Di quali soldi parli, Nicole?- chiedo senza capire.

-Oh, ma i tuoi, naturalmente!- spiega come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Beh, ora capisco. Non mi interessa dei soldi, ma se una persona ne ha molti, perché dovrebbe sprecarli in stronzate?

Conosco Nicole da molti anni, e posso assicurare che lei spenderebbe i soldi in accessori rosa e pieni di diamanti per chihuahua. E lei non ha un chihuahua.

-Va bene- rispondo senza fare polemica.

Non ho proprio voglia di discutere con lei, in questo momento.

 

Quando atterriamo, sono molto emozionato.

Sono passati quattro anni dall'ultima volta che ho messo piede in questo aeroporto. E, se quattro anni fa nessuno faceva caso a quel ragazzino di diciotto anni, adesso migliaia di fan lo aspettano eccitate.

Le mie Beliebers sono meravigliose, veramente.

Firmo gli autografi alle mie fans e scatto delle foto con alcune di loro.

Cerco di renderle felici una a una.

C'è anche qualche ragazzo tra la folla e io non posso fare a meno di sorridere e battergli il pugno, come se fossimo vecchi amici.

Tutto ciò avviene sotto lo sguardo annoiato di Nicole, che osserva la scena seduta sulle sue valigie rosa confetto.

Alzo gli occhi al cielo guardandola e poi rivolgo l'attenzione ad una ragazzina di dodici anni che mi afferra la mano è la agita lievemente.

-Dimmi, piccola- la incito a parlare.

Lei mi sorride, poi si avvicina al mio orecchio -La tua fidanzata sembra una stronza- dice sincera lei provocando la mia risata.

Annuisco -Oh, lo è veramente- concordo con lei.

Mi guarda confusa -Allora perché stai con lei?- mi chiede -Dovresti stare con una ragazza che ti ami e che tu ami- continua convinta.

-Lo so- rispondo semplicemente.

-Non ami nessuna ragazza? Escluse noi Beliebers, naturalmente- mi chiede.

Sorrido -Sì, ma è  un amore... impossibile- rispondo sincero.

-Perché?- mi chiede curiosa.

Firmo un altro autografo.

-Perché con me lei non avrebbe realizzato il suo sogno- rispondo malinconicamente.

È incredibile che io stia raccontando tutti i pensieri, che avevo tenuto nascosti per quattro anni, a una ragazza appena conosciuta.

-E se il suo sogno fosse di seguirti ovunque? Di poter vivere il vostro amore?- ipotizza.

Non penso sia quello il suo desiderio. Poi oramai sono passati quattro anni. Non si ricorderà nemmeno della mia esistenza. O forse sì, ma solo per i giornalini di gossip.

Scuoto la testa -Non credo, piccola- concludo.

-Justin, dobbiamo andare!- grida Scooter.

-Arrivo- rispondo al mio manager.

Bacio la guancia di quella ragazza -Come ti chiami?- le chiedo gentilmente.

Lei sorride -Emma- risponde ed io sento il mio cuore velocizzare il battito.

Deglutisco per poi sorridere.

-È stato un piacere, Emma- dico sincero.

Lei sorride donandomi infinita felicità.

-Vi adoro!- annuncio allontanandomi, scatenando i loro gridolini di gioia.

Amo le mie Beliebers una a una!

 

 

 

 

EHI!

Ecco il secondo capitolo, spero veramente che vi piaccia… avrei dovuto aggiornare domani, ma ho il dentista e non posso, perciò…

Vorrei ringraziare chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e chi ha recensito, siete meravigliose!

Un abbraccio coccoloso,

Morena

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Capitolo 3
*** Sarà cambiata? ***


-Siamo arrivati- annuncio davanti al palazzo dove Nicole vive con la sua famiglia.

Lei rimane seduta dentro la mia nuova macchina e si guarda intorno.

È confusa.

-Ma questa è casa mia- mi guarda aspettando delle spiegazioni.

-E dove dovrei portarti?- chiedo grattandomi il collo.

Lei assume nuovamente quell'espressione offesa che l'ha accompagnata in tutti questi mesi in cui ho finto di amarla.

Ancora una volta mi chiedo perché io non mi sia inventato di dover ancora trovare la mia anima gemella. Di sicuro non avrei avuto questa scocciatura. Alla fine anche Nicole, per quanto io non la sopporti, merita un ragazzo che la ami veramente. Ma chi vorrebbe una fidanzata capricciosa che pensa solo all'apparenza?

-Forse a casa nostra?- chiede lei retorica.

Sgrano gli occhi.

No.

Lei non metterà piede in quella casa.

Non dormirà con me su quel letto.

Non farà la colazione insieme a me.

Nella mia casa c'è posto solo per Emma.

-No, scusa- nego e cerco una motivazione che non la offenda più di tanto -È solo che in quella casa mi sento già soffocare da solo, figurati in due...- concludo.

Lei sorride e per un attimo penso che lei abbia capito.

-E che problema c'è? Hai una montagna di soldi ora, potresti comprare una bella villa con piscina per noi due- propone lei.

Ah, ecco. Quindi non ha capito che stavo solo cercando un modo abbastanza carino per rifiutare la sua presenza in giro per casa. E poi come può dirmi una cosa simile?

-No, Nicole. Solo perché adesso sono ricco, non vuol dire che io debba cambiare tutte le mie vecchie abitudini. Io sono lo stesso di quattro anni fa- sospiro.

Io non voglio svegliarmi la mattina con una ragazza accanto che non sia la mia piccola Emma.

Non voglio mangiare una pizza che non sia preparata dalla mia dolce Emma.

Sembrerà una cosa stupida, ma non sono più riuscito a mangiare la pizza, dopo aver assaggiato la sua. Era semplicemente deliziosa.

Mi inumidisco le labbra a questo pensiero.

-Va bene- si arrende, per mia fortuna -Ciao, amore- prima di uscire dall'auto, si sporge verso di me per baciarmi, ma io giro in tempo il viso, così da ricevere solo un innocente bacio sulla guancia.

Non voglio le sue labbra sulle mie.

Apre la portiera e la sbatte con rabbia, come per farmi sentire in colpa.

Prende le sue valigie e si allontana verso l'ingresso dell'edificio. Forse dovrei aiutarla a portare i suoi bagagli, ma di sicuro penserebbe che sia un modo per farmi perdonare.

Metto in moto e ricomincio a sfrecciare tra le strade di Los Angeles.

Probabilmente mi libererò anche di questa macchina.

Quattro anni fa mi piaceva camminare per queste strade, sotto il sole o sotto la pioggia.

Ancora oggi adoro andare a piedi. Forse perché riesco a sentire tutti i profumi e i rumori di ciò che mi circonda. Forse perché camminando ho abbastanza tempo per riflettere, mentre dentro un'auto pensi solo a qualche autista che non ha rispettato la precedenza, il semaforo oppure non ha messo la freccia. Inoltre l'unico odore che si può sentire è quello nauseante dei deodoranti per automobili.

Alzo di sfuggita lo sguardo verso lo specchietto e vedo quell'odioso alberello verde.

Ecco perché mi viene da vomitare.

Abbasso completamente il finestrino e subito una leggera brezza rinfresca l'aria.

Respiro profondamente e vedo in lontananza quell'incrocio.

L'incrocio dove io e lei ci eravamo spesso fermati a parlare, prima di prendere ognuno la propria strada.

Sospiro e imbocco quella che mi farà ritornare alla mente tanti ricordi, che mi farà commuovere e probabilmente soffrire, ma in questo momento ho bisogno di percorrerla.

Voglio illudermi che non sia cambiato niente in questi quattro anni, nonostante non sia così.

Inizio a vedere i primi alberi della strada e la malinconia si impossessa subito del mio corpo.

Mi ricordo di quando mi ha rivelato tutti i suoi ricordi, i suoi sogni, di quando ancora non sapeva quali parole adattare alla sua melodia natalizia, di quando ho preso le sue mani per scaldarle con il mio respiro, di quando ho scattato la foto davanti a casa sua e, purtroppo, di quando James è arrivato a rovinare tutto.

Sospiro e parcheggio la macchina nel primo posto che trovo.

Non so nemmeno se verrò a riprenderla: è solo uno spreco.

Inizio a camminare.

Mi è mancata troppo in questi quattro anni. Non so nemmeno se lei viva ancora qui, a Los Angeles, o se magari si sia trasferita a Boston con James.

Per quanto ne so, potrebbe anche essere fidanzata o addirittura sposata con qualcuno che non sia James.

Stringo le mani in due pugni a questo pensiero.

Emma è mia.

Avrei voluto che lei diventasse mia moglie e la madre dei miei figli. Invece tutto questo non succederà mai.

 

In alcuni minuti giungo davanti a quella che era la sua casa fino a quattro anni fa.

Non so se lo sia ancora.

Arrivo al citofono. Chiudo gli occhi e prendo un respiro profondo prima di guardare quale cognome formino le lettere scritte a caratteri minuti.

Lentamente riapro i miei occhi nocciola.

-Wilson- leggo con voce tremante.

Le lacrime premono per uscire e bagnarmi completamente il viso.

La sua famiglia abita ancora qui. Ma lei?

Vorrei verificare, ma non posso.

Mi appoggio al cancelletto e inizio a piangere.

La amo. Non potrò mai dimenticarla.

-Ehi, ragazzo! Perché piangi?- una voce femminile richiama la mia attenzione. Alzo lo sguardo e mi ritrovo davanti un'anziana signora con le rughe e i capelli grigi.

Cerco di asciugare queste dannate lacrime.

-No, niente- rispondo continuando a sentire quelle gocce lungo le guance.

 

Dopo pochi minuti, pensando che se ne sia andata, mi giro verso la casa.

-Ti ha lasciato la tua fidanzata, vero?- mi domanda la stessa donna.

Torno a guardarla e scuoto la testa -No, signora. L'ho lasciata io- ammetto.

In questo momento mi rendo conto di quanto sia assurda questa situazione.

-Beh, allora lasciati dire che sei un coglione, ragazzo mio- dice alzando un sopracciglio bianco.

Scoppio a ridere.

-Ha ragione. Scusi, ora devo andare. Buona giornata signora- la saluto e poi ripercorro la strada per tornare all'incrocio.

Già, sono proprio un coglione.

Ma poi cosa pretendevo? Di tornare dopo quattro anni e di riaverla tra le mie braccia?

Scuoto la testa, sconsolato.

Indosso i miei occhiali da sole neri.

Il sole di fine Maggio scalda il mio corpo.

Quattro anni e ancora amo lei.

Quattro anni e ancora non riesco a dimenticarla.

Ci riuscirò mai? Non credo.

Attraverso varie vie della città. Dopo qualche minuto, raggiungo la casa in cui ho passato la mia infanzia.

Non è cambiato niente. Nel giardino c'è ancora l'altalena su cui mio padre mi spingeva da piccolo e, appesa a due alberi vicini, un'amaca bianca su cui Jazzy e io ci sdraiavamo per ascoltare le storie raccontate da nostra madre.

Da fuori riesco a sentire i rimproveri della mamma rivolti a Jaxon, la dolce risata di Jazzy e gli sbuffi di papà perché non può leggere il giornale in tutta quella confusione.

Rido.

Mi sono mancati moltissimo.

Suono il campanello e attendo.

-Vai tu, Jazzy!- grida mia madre.

L'ormai diciannovenne sbuffa.

Sento i suoi passi avvicinarsi al portone.

-Chi è?- chiede.

Beh, almeno dopo tutti questi anni ha capito che è sempre meglio non aprire la porta senza sapere chi abbia suonato.

Sorrido.

-Ho portato le pizze che avete ordinato- voglio farle una sorpresa.

-Non abbiamo ordinato niente- dice confusa.

Dopo pochi secondi apre la porta. Alla fine la sua brutta abitudine è rimasta. Ma almeno sono solo io e non qualche maniaco o ladro.

Appena mi vede spalanca la bocca, incredula.

Mi soffoca in un abbraccio pieno di affetto e io non posso fare altro che sorridere e stringere il suo corpo tra le mie braccia.

-Justin... mi sei mancato- sussurra incredula.

-Anche tu, sorellina- bacio dolcemente la sua guancia.

-Chi era alla porta?- chiede mia mamma, poi mi vede e lascia cadere per terra uno straccio umido -Justin?- chiede incredula abbracciandomi pure lei.

-Ciao mamma- sorrido.

Loro sono le donne della mia vita. Solo che nell'abbraccio ne manca una.

Emma.

Sciolgo lentamente l'abbraccio e sorrido.

Nel frattempo sono arrivati anche papà e Jaxon.

-Ehi campione!- saluto il mio fratellino di nove anni battendogli il cinque.

-Ciao papà- lo saluto con un abbraccio veloce.

-Ciao Justin. Bentornato- mi dà il benvenuto lui.

-Mi siete mancati troppo- ammetto.

-Anche tu ci sei mancato- rispondono in coro.

Non mi chiedono cosa io abbia fatto in questi quattro anni perché ci siamo già visti non molto tempo fa e abbiamo avuto occasione di parlarne, ma ci siamo mancati comunque. È quasi come se io abbia fatto una vacanza di qualche mese.

 

Ognuno torna alle sue faccende.

Mi siedo sul divano e Jazzy prende posto vicino a me.

Avvolgo le sue spalle con un braccio e lei sorride.

Dopo pochi minuti squilla il suo cellulare. Lo afferra e risponde. Non ascolto la sua conversazione, ma prendo il mio Iphone e sblocco lo schermo.

La vedo di nuovo, come è successo in tutti questi quattro anni. Vedo la foto che ho impostato come sfondo quattro anni fa. La nostra foto. Lei era così bella. Sarà cambiata? Mi piacerebbe saperlo. Beh, adesso ha quasi ventuno anni, non è più la liceale di quattro anni fa.

La malinconia prende il possesso del mio corpo.

Non ho potuto festeggiare con lei i suoi diciotto anni, il suo diploma, non l'ho accompagnata al ballo di fine anno e non l'ho baciata sotto il vischio ogni Natale passato.

Continuo a fissare la foto e una lacrima riga il mio volto.

L'asciugo subito, ma vedo con la coda dell'occhio che Jazzy è riuscita a notarla ugualmente. Il suo sguardo passa dal mio cellulare al mio viso, in continuazione. Vedo sul suo volto un'espressione di tenerezza, quasi. Lei ha capito che sto soffrendo e le dispiace.

-Va bene, come vuoi. Ci vediamo, dolcezza- attacca la conversazione telefonica.

La vedo agitata.

-Qualcosa non va?- chiedo gentilmente.

Lei scuote la testa -No, non preoccuparti- cerca di rassicurarmi, ma io la conosco troppo bene. So che qualcosa la turba.

All'improvviso sorride per poi guardarmi negli occhi.

È molto strana mia sorella, forse lunatica.

Alzo un sopracciglio.

-Oggi andiamo al parco- non è una domanda e nemmeno una proposta. È un ordine.

Vedo uno strano luccichio nei suoi occhi e la cosa mi spaventa.

-E sei così eccitata? Wow, pensavo che, una volta raggiunta una certa età, non ti sarebbero più piaciuti gli scivoli, le giostre e l'altalena...- dico sincero.

Lei mi rivolge una linguaccia -Quanto sei simpatico- dice ironica -Comunque niente scuse perché oggi si va al parco, che la cosa ti piaccia o meno- conclude alzandosi dal divano per poi chiudersi in camera sua.

-Agli ordini, capitano- borbotto.

-Eh, che ci vuoi fare? Valle a capire le donne...- dice mio padre, senza distogliere gli occhi dal suo giornale, con il tono di un vecchio che ha appena rivelato una sua grande perla di saggezza.

Alzo gli occhi al cielo, sorridendo.

 

 

 

 

EHI!

Ecco un nuovo capitolo, spero vi piaccia!

Emma non è ancora tornata, ma non dovrete aspettare molto ;)

Dunque, volevo dirvi che se non capite qualcosa della storia, è perché in realtà questo è il continuo di Kiss me underneath the mistletoe…

Volevo ringraziare chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e chi ha recensito, siete fantastiche!

Un abbraccio coccoloso,

Morena

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Capitolo 4
*** L'avrebbe aiutata ***


Il campanello suona, avvertendomi dell'arrivo di mia sorella.

-Arrivo- grido dal salotto. Mi avvicino alla porta d'ingresso e, prima di aprirla, afferro i miei occhiali da sole e un capello per nascondere il mio viso. Sono pur sempre una popstar internazionale...

Apro il portone e mi ritrovo davanti mia sorella. È cresciuta molto in questi anni ed è proprio una bellissima ragazza.

Mi sorride -Andiamo?- chiede spostandosi un ciuffo di capelli dietro l'orecchio.

Annuisco -Sì, anche se non ho ancora capito tutta questa tua voglia di andare al parco- ammetto chiudendo la porta a chiave.

-Devo incontrare una persona e di solito va al parco- spiega lei vagamente.

Questo suo comportamento mi porta ad una sola conclusione.

Alzo un sopracciglio -Non è che stai diventando la stolker di qualche ragazzo che ti piace?- chiedo sospettoso.

Il caldo di Maggio a Los Angeles è veramente soffocante. Agito una mano davanti al mio corpo nel tentativo di rinfrescare l'aria che mi circonda.

-No. A volte mi chiedo come ti vengano in mente certe stronzate- risponde lei acidamente.

Scoppio a ridere -Ehi, stai tranquilla, ho solo chiesto- alzo le mani in segno di resa -A proposito, sei fidanzata?- le chiedo curioso.

Quattro anni fa le parlavo in continuazione di quanto mi piacesse Emma e adesso non mi dispiacerebbe se lei mi dicesse qualcosa della sua vita sentimentale.

Lei arrossisce ed io capisco che qualche ragazzo è riuscito a farle battere forte il cuore.

-Ah, ti ho scoperta. Allora, come si chiama? Lo conosco? Studia o lavora? Dove vive? E a lui piaci?- chiedo a raffica estremamente voglioso di scoprire ogni singolo dettaglio di questo ragazzo.

Lei scoppia a ridere -Ehi, vai piano!- esclama nel tentativo di calmarmi -E comunque non ti dirò niente- mi fa la linguaccia ed io sbuffo. È veramente cattiva.

-Tu, invece? Ho letto su molti giornali che sei fidanzato con... Nicole, giusto?- chiede poco dopo.

Il mio
entusiasmo viene smorzato da queste parole. Perché ho aperto questo discorso?

-Lei non ti piace, dico bene?- chiede.

Annuisco, confermando la sua ipotesi. Sorride lievemente e non approfondisce l'argomento. Grazie.

 

Arriviamo davanti a quel parco, quello del concerto di Natale.

All'improvviso sento un vuoto terribile allo stomaco. Forse non è stata proprio la scelta migliore tornare a Los Angeles. Qualsiasi cosa mi ricorda Emma.

Mi accorgo di essermi fermato quando Jazzy afferra la mia mano e mi trascina tra le piante verdi e rigogliose del parco.

Sento le risate dei bambini e sorrido. Mi ricordano me e Jazzy da piccoli.

Spero che nessuno mi abbia riconosciuto.

Mi siedo su una panchina insieme a mia sorella.

La vedo agitata.

-Non è ancora arrivato?- chiedo cercando di indovinare cosa le passi per la testa.

Lei scuote la testa -No. Spero solo che venga pure oggi- mormora guardandosi intorno.

Sospiro e afferro il mio cellulare.

Quattro chiamate perse da Nicole.

Sbuffo.

Perché mi ha chiamato?

Non posso nemmeno passare un pomeriggio tranquillamente. Forse voleva andare a fare shopping. Beh, può andarci da sola. L'idea di aspettarla davanti ad un camerino mentre prova centinaia di vestiti non è molto allettante.

Fortunatamente Jazzy mi ha portato qui al parco...

Ritorno a guardare mia sorella e noto che il suo sguardo sta ancora vagando.

Dopo qualche minuto sorride ed io seguo la traiettoria dei suoi occhi nocciola per capire dove stia guardando.

Una ragazza dai capelli castani lunghi fino al seno sulla ventina che cerca disperatamente di farsi obbedire da due bambini di circa quattro anni, biondi con gli occhi verdi, ma loro ridono e continuano a correre.

Probabilmente è la sorella o la baby-sitter dei due.

Gli occhi della ragazza sono coperti dalle grosse lenti scure degli occhiali che indossa. Contrastano con la sua pelle chiara.

Jazzy si alza dalla panchina -Arrivo subito- dice ed io annuisco.

Stava aspettando lei, quindi.

Si avvicina alla castana e le bacia una guancia.

Sarà una sua amica.

Poco dopo si inginocchia e rivolge l'attenzione ai due bambini e li riempie di coccole, facendoli ridere, come se li conoscesse da molto tempo.

Forse prima era in attesa di tutti e tre.

Alzo di sfuggita lo sguardo verso la ragazza e noto che in quel preciso istante lei si è accorta di me e mi sta guardando.

Deglutisce e continua a fissarmi.

Sembra incredula.

Forse è una mia fan e mi ha riconosciuto. Chi può dirlo?

Le sorrido gentilmente e lei distoglie subito lo sguardo.

Chiede qualcosa che non riesco a sentire a Jazzy.

Sembra molto preoccupata. Mia sorella scuote la testa e la ragazza si tranquillizza.

È molto bella.

Torna a guardarmi ed io sorrido nuovamente. Lei ricambia incerta.

Dopo pochi minuti distolgo lo sguardo dalla ragazza e torno al mio cellulare. Sblocco lo schermo e mi soffermo qualche secondo di troppo sullo sfondo.

I suoi capelli lunghissimi mi piacevano da impazzire, così come le sue labbra morbide e i suoi occhi verdi.

Sospiro e digito il numero della mora, sbuffando.

Dopo qualche squillo risponde -Finalmente ti sei degnato di chiamarmi- il suo tono è talmente stridulo che sono costretto ad allontanare il telefono dall'orecchio.

-Cosa dovevi dirmi?- chiedo scocciato.

Di sicuro non voleva augurarmi un buon pomeriggio.

-Forse non ti ricordi, ma sull'aereo ti avevo detto quanto volessi andare a fare shopping. Quindi, perché non sei venuto a prendermi?- chiede arrabbiata.

Chiudo gli occhi e cerco di calmarmi. Sono sempre stato un ragazzo gentile, dolce e comprensivo, ma lei riesce a farmi innervosire solo con la sua presenza.

-E tu mi hai chiamato per questo? È il mio primo giorno di riposo, sono stanco, non vedevo la mia famiglia da mesi e dovrei stare sotto il sole per portare le tue buste piene di vestiti? Non credo proprio, Nicole- dico cercando di trattenere la rabbia. Questa ragazza è proprio incomprensibile.

-Ti sembra il modo di trattarmi, Justin?- chiede con il suo solito tono offeso che, sinceramente, mi ha stufato.

-Senti, chiama un'amica e vai a fare compere. Lasciami in pace almeno per oggi- non riesco più a rimanere gentile.

Mi rendo conto di aver alzato troppo il tono di voce durante la telefonata e che la maggior parte delle persone in questo parco mi sta fissando. Chiudo la conversazione telefonica senza nemmeno salutarla. Sorrido timidamente a quelle persone, sperando che smettano di osservarmi. Odio essere al centro dell'attenzione inutilmente.

Dopo pochi secondi non sento più i loro sguardi addosso, ma Jazzy e la sua amica mi lanciano di sfuggita qualche occhiata durante la loro conversazione.

Chiudo gli occhi per percepire meglio i vari suoni e profumi che mi circondano. Finalmente una sensazione di pace invade il mio corpo e i raggi del sole scaldano la mia pelle in modo piacevole.

All'improvviso sento una mano sul mio braccio. Apro subito gli occhi e mi ritrovo davanti mia sorella Jazzy sorridente.

-Hai fatto?- chiedo voglioso di lasciare quel parco.

Annuisce -Sì, possiamo andare- risponde afferrando la sua borsa dalla panchina.

Mi alzo e con una veloce occhiata mi rendo conto che non ci sono più tracce di quella bella ragazza.

Sorrido a Jazzy e le prendo la mano, stringendola dolcemente.

-Quindi stavi aspettando una tua amica e i suoi fratelli, giusto?- chiedo per rompere il silenzio.

Lei mi guarda di sfuggita -Ecco, in realtà sono i suoi figli- risponde lasciandomi a bocca aperta.

I suoi figli?

-Oh, ma...- non so proprio cosa dire -Insomma, è molto giovane per avere dei figli, non credi?- dico ancora scioccato da quella notizia.

Annuisce -Ha partorito il giorno del suo diciottesimo compleanno- mi informa. Quindi, sì, è molto giovane. -Ma comunque i suoi figli sono adorabili e lei li ama con tutta se stessa. Io voglio un bene immenso a quei bambini, mi fanno sorridere sempre- dice con una strana luce negli occhi.

-Sai, sembra quasi che tu li conosca da quando sono nati- dico.

-Io c'ero il giorno del parto- conferma Jazzy.

Devono essere molto amiche.

-E il suo fidanzato come ha reagito quando ha scoperto che lei era incinta così giovane?- chiedo cercando di portare avanti la conversazione.

Lei sgrana gli occhi -Beh... ecco... lui nemmeno lo sa- balbetta.

Poverina. Avrà mandato avanti la gravidanza da sola.

-Oh, mi dispiace- non so che altro dire.

Lei annuisce con lo sguardo perso nel vuoto.

-Comunque, la conosco?- chiedo curioso.

Deglutisce -No, l'ho conosciuta quando tu eri già partito per Atlanta- dice non molto convinta.

-Beh, se fossi rimasto qui, quattro anni fa, mi sarebbe piaciuto conoscerla e assistere al parto. Magari avrei anche conosciuto i suoi figli, così come hai fatto tu- dico sorridendo.

L'avrei fatto veramente, se solo avessi potuto. Mi sono sempre piaciuti i bambini ed io piaccio a loro. Inoltre quella ragazza non meritava di crescere ben due bambini da sola.

-Sì, l'avresti fatto sicuramente- conferma in tono misterioso.

Mia sorella è incomprensibile, ma ormai mi sono abituato a questi suoi strani comportamenti.

Mancano ancora alcuni minuti di strada ed io non riesco a sopportare questo improvviso silenzio.

-Ehm... conosci il padre?- chiedo togliendomi gli occhiali da sole.

Questa strada è deserta.

Sembra indecisa. Forse preferisce non dirmelo.

Annuisce lievemente.

-Cosa?! E non l'hai avvertito?- chiedo incredulo.

-Lei non vuole. Non posso prendere la decisione al suo posto. Quando vorrà, glielo dirà lei- risponde alzando le mani come per discolparsi.

Annuisco semplicemente.

Magari se questo ragazzo l'avesse saputo, l'avrebbe aiutata.

Magari avrebbe visto la nascita dei suoi figli.

Magari gli avrebbe comprato tanti bei regali per Natale.

Magari gli avrebbe fatto ascoltare tante belle canzoni.

O almeno è quello che avrei fatto io.

 

 

 

 

 

 

EHI!

Scusate se non ho aggiornato prima, ma sono stata tutti i pomeriggi in piscina e non ho avuto un minuto libero…

Comunque, spero che vi piaccia (:

Chi sarà questa ragazza misteriosa? Vabbè, questa domanda è a dir poco ridicola…

Allora, ringrazio chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e chi ha recensito, siete meravigliose, veramente!

Un abbraccio coccoloso,

Morena

 

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Capitolo 5
*** Datemi una notte ***


Sono passati molti giorni da quando ho visto per la prima volta quella ragazza al parco.

Da quel giorno ci torno spesso con Jazzy.

Loro due parlano ed io resto sulla panchina con il cellulare in mano, a fissare quella foto.

Emma mi manca terribilmente e ogni giorno che passa mi rendo conto sempre di più di quanto sia impossibile un futuro insieme a lei. È passato troppo tempo e non ho più notizie di lei da quel maledetto pomeriggio.

Se solo James non fosse tornato, io adesso sarei accanto a lei.

Non sarei partito quattro anni fa.

Non sarei diventato un cantante famoso.

Non avrei tutte queste fan in giro per il mondo.

Ma in fondo, se avessi la mia piccola Emma, non penserei nemmeno a tutte queste cose.

Invece niente di tutto ciò è successo.

Sono partito quattro anni fa.

Sono diventato un cantante famoso.

Ho moltissime fan in giro per il mondo.

Non ho la castana dagli occhi verdi accanto.

Sospiro.

Ho perso quattro anni in cui avrei potuto amarla senza soffrire.

Ho perso quattro baci sotto il vischio.

Ho perso la possibilità di vederla crescere e diventare una donna.

Adesso ho solo il suo ricordo che mi accompagna ogni giorno da quattro anni.

Sorrido tristemente.

Davvero mi ero illuso di poterla dimenticare? Solo adesso mi rendo conto di quanto fosse insensata e stupida quella pretesa.

Continuo a fissare quella foto.

Eravamo così felici in quel momento. Mi ricordo che eravamo appena usciti da casa sua dopo essere stati insieme sul suo letto. L'avevo tenuta stretta al mio corpo, quasi come se avessi paura di perderla. Per un attimo avevo creduto che ci saremmo baciati, ma sono felice che il nostro primo bacio sia stato sotto il vischio, il bacio che lei aveva tanto desiderato. Quando le nostre labbra si erano sfiorate per la prima volta sotto quel ramo, avevo sentito come la sensazione che io e lei saremmo rimasti insieme per sempre, che lei fosse la mia anima gemella. Ma il nostro "Per sempre" si è interrotto in quel preciso istante in cui ho sussurrato "Ti amo" come un addio.

Appoggio le mani sul viso e sospiro, frustrato.

Non so cosa darei per fare l'amore con lei.

Anche solo una notte mi basterebbe.

Le accarezzerei i fianchi per poi far scorrere le mani fino al suo viso.

Strofinerei il mio naso sul suo collo bianco e profumato.

Bacerei quella sua voglia sul collo, l'unico spazio di pelle che non sia bianco come il latte.

Morderei dolcemente il suo labbro inferiore, leggermente più grande di quello superiore.

Affonderei i denti nella sua profonda fossetta sotto la bocca, come ha fatto lei quattro anni fa con la mia.

Le direi che la amo da impazzire, che l'ho sempre amata.

E poi entrerei in lei dolcemente, soffocando i suoi gemiti di piacere con un bacio pieno di passione.

Datemi anche solo una notte e sarei la persona più felice del mondo.

Datemi una notte per poterla amare senza alcun freno.

Datemi una notte, non desidero altro.

La suoneria del mio cellulare mi riscuote dai miei pensieri. Rispondo senza verificare chi mi stia chiamando.

-Pronto?- chiedo leggermente scocciato, pensando che potrebbe essere Nicole.

-Pronto, sono Scooter- sospiro sollevato.

-Oh, ciao Scooter, dimmi tutto- mi sistemo meglio gli occhiali da sole sul naso.

-Volevo ricordarti che tra un'ora hai un'intervista e un servizio fotografico. Dove sei ora?- mi dice il mio manager.

Sgrano gli occhi.

Me n'ero completamente dimenticato.

-Sono al parco, dove ci siamo conosciuti. Adesso mi sbrigo. A dopo, Scooter- lo saluto velocemente e chiudo la conversazione telefonica senza aspettare la sua risposta.

Cerco con lo sguardo Jazzy e la trovo vicino a uno scivolo rosso con in braccio la figlia della sua amica.

Afferro la sua borsa e mi avvicino a lei velocemente.

-Jazzy, io devo andare ad un'intervista- dico porgendole la borsa -Stasera, se vuoi, vieni a casa mia con Jaxon- le propongo dandole un bacio sulla guancia.

Lei annuisce e ricambia.

Mi giro per allontanarmi quando qualcosa mi trattiene dalla maglietta bianca.

È una mano minuscola dalla pelle chiarissima.

Sorrido alla bambina.

-Ciao piccola- le bacio dolcemente una guancia che al mio tocco si scalda.

Lei sorride timidamente. Non sembra nemmeno quella bambina che l'altro giorno faceva impazzire la sua mamma.

Guardo i suoi occhi verdi e noto quanto siano familiari.

Striature gialle intorno alla pupilla e contorno azzurro dell'iride.

Mi ricordano terribilmente quelli della mia piccola Emma.

Scuoto la testa per evitare di perdermi tra i miei pensieri e prendo la sua mano per poi baciarla delicatamente, proprio come farebbe un padre.

Poi inizio a correre verso casa per prepararmi.

 

Appena entro in casa, butto per terra il cappello e appoggio da qualche parte i miei occhiali da sole. Mentre vado in bagno per lavarmi, lascio sul pavimento le scarpe, la maglietta e i pantaloni. Chiudo la porta e mi sfilo i boxer.

Devo assolutamente sbrigarmi!

Non lascio nemmeno il tempo all'acqua di scaldarsi un po' e mi metto sotto il getto gelido.

Fortunatamente è quasi Luglio e il caldo è insopportabile.

Passo velocemente il sapone sul mio corpo, ripensando agli occhi di quella bellissima bambina. Possibile che fossero così simili a quella della mia Emma? Forse mi manca talmente tanto da farmi venire le allucinazioni.

Sospiro e mi sciacquo un'ultima volta prima di coprirmi con un asciugamano bianco. Ne prendo un altro e inizio a tamponare i miei capelli biondi nel tentativo di asciugarli.

Cosa mi chiederanno?

Che cosa dovrei rispondere nel caso mi chiedano qualcosa su Nicole?

Sono agitato.

Respiro profondamente e inizio a vestirmi.

Mi infilo le scarpe, mi asciugo per bene i capelli e sono finalmente pronto per l'intervista, mentre per il servizio fotografico penseranno loro a come sistemarmi.

Afferro le chiavi di casa, quelle della macchina, il cellulare e gli occhiali, per poi uscire e chiudere il portone.

Guardo di sfuggita l'orario.

Mancano esattamente ventisette minuti.

Ce la farò? Lo spero.

Salgo in macchina e mi inoltro nel traffico di Los Angeles.

Avrei preferito andare a piedi, ma è troppo tardi.

Arrivo davanti ad un semaforo rosso. Sbuffo e inizio a picchiettare le dita sul volante. Scatta il verde ed io premo sull'acceleratore, quando un ragazzo in moto mi passa accanto per poi tagliarmi la strada, facendomi venire un colpo. La rabbia prende il possesso del mio corpo.

Respiro profondamente -Stai calmo, Justin- mi ripeto nel tentativo di calmarmi.

Sono arrivato anche a parlare da solo. Fantastico.

 

Riesco finalmente ad arrivare davanti all'hotel in cui si svolgeranno l'intervista e il servizio fotografico.

Parcheggio l'auto e scendo per entrare di corsa nella hall.

Sono in anticipo di esattamente due minuti, ma so che Scooter avrebbe preferito che io fossi qui già dieci minuti fa.

-Eccomi- avviso il mio manager del mio arrivo.

Appoggio una mano sul mio petto e respiro profondamente.

Ho il battito del cuore accelerato.

-Sei in ritardo, Bieber- mi ammonisce lui guardando le lancette del suo orologio.

Alzo un sopracciglio -No, Scooter. Sono in anticipo di ben due minuti- affermo sicuro.

Lui prende in mano il suo cellulare e controlla l'orario.

Annuisce -Hai ragione. Cazzo, due minuti! Un vero record per te- dice ironico.

Fingo di spolverarmi la spalla -Modestamente- concludo fiero di essere riuscito a fare tutto in poco tempo.

Scooter alza gli occhi al cielo scherzosamente. Io rido.

-Ora andiamo, Bieber- con due dita afferra il mio orecchio destro e mi trascina in una stanza sotto lo sguardo divertito dei presenti.

Appena entrati nella stanza, mi guardo intorno. È pieno di vestiti, scarpe e vari accessori. Non vedo l'ora di scoprire come mi vestiranno. Mi siedo davanti ad uno specchio e, dopo pochi minuti, arriva una donna sui venticinque anni. Probabilmente è la stylist. Senza degnarmi di un saluto, mi afferra per un braccio e mi alza. Poi mi squadra da capo a piedi prima di annuire a se stessa. Si volta verso i vestiti e afferra un indumento nero. Me lo lascia tra le mani.

-Cambiati- ordina uscendo dal camerino.

Mi chiedo come faccia certa gente a lavorare.

Scuoto la testa prima di verificare cosa io debba indossare.

Corrugo la fronte.

Me lo rigiro tra le mani.

Sì, è proprio un costume.

Strano, di solito mi fanno vestire con T-shirts, giacche, jeans, sneakers, e oggi solo un costume.

Lo infilo velocemente, appoggiando i miei vestiti in un angolo, piegati.

Esco e davanti alla porta trovo un uomo abbastanza giovane e calvo ad aspettarmi. Mi trascina fino a una porta dell'hotel. La apre e ci ritroviamo nel giardino. Intravedo una piscina.

Ho un brutto presentimento.

L'uomo continua a trascinarmi fino a quando, senza che io me ne renda conto, mi ritrovo fradicio.

Sputo l'acqua che mi è entrata in bocca e tossisco per quella che ho ingoiato.

Un attimo.

Io mi sono lavato, asciugato e profumato, cercando di essere veloce, per poi essere buttato dentro una piscina?

Wow.

Sospiro e lascio che mi sistemino i capelli bagnati. Che io avevo già lavato e asciugato.

Justin, stai calmo.

Bene, sto parlando di nuovo da solo...

Dopo pochi minuti arriva il fotografo.

-Allora, Justin. Voglio delle pose che siano molto naturali. Quindi, guarda il meno possibile l'obiettivo. Tutto chiaro?- mi chiede l'uomo.

Annuisco e subito dopo i flash iniziano ad accecarmi.

Sbatto velocemente le palpebre e inizio a fare alcune pose.

Seguo i consigli del fotografo e non guardo l'obiettivo, ma rivolgo lo sguardo altrove.

 

-Perfetto, ora scelgo le migliori- dice dopo l'ultimo flash. Schiocca le dita e qualcuno mi lancia addosso un asciugamano bianco per coprirmi.

-Bravo, Justin- si congratula Scooter -Ora c'è l'intervista, quindi sbrigati- conclude il mio manager.

Annuisco e mi appoggio l'asciugamano sulle spalle. Scuoto la testa per sistemare meglio i miei capelli e seguo Scooter fino a un tavolino bianco situato sotto un ombrellone del medesimo colore. Una donna sulla trentina è seduta con un tablet in mano, ma, appena ci nota, si alza per stringerci la mano.

-Ciao, sono Julie e ti farò qualche domanda- si presenta.

-Ciao- la saluto con un sorriso prima di sederci per iniziare l'intervista.

Scooter mi dà una pacca sulla spalla, per poi lasciarci soli.

Mentre lei è presa dal suo tablet, io mi guardo un po' intorno.

Passano alcuni minuti e, non sapendo cosa fare, inizio a canticchiare una melodia.

Mi mordo subito il labbro inferiore perché è proprio la canzone della mia piccola Emma.

Julie sorride e passa varie volte il dito sullo schermo. Sento un suono e capisco che è iniziata la registrazione.

-Allora, Justin... Come procede la tua carriera?- ecco la prima domanda.

Sorrido -Beh, credo stia andando tutto molto bene. Insomma, le mie Beliebers mi sostengono sempre e spero che apprezzeranno anche il nuovo disco che sto incidendo- risposta abbastanza diplomatica. O almeno lo spero.

Lei spalanca gli occhi -Questa è una notizia bomba! Care Beliebers, preparatevi perché tra poco potrete ascoltare nuove canzoni- dice eccitata per aver scoperto questa informazione. Poi non capisco perché durante questa registrazione parli come se le mie fans l'ascolteranno. Quest'intervista finirà su un giornale, che le persone leggeranno...

-Vuoi darci qualche anticipazione del nuovo album?- chiede.

Sorrido -Preferisco che sia una sorpresa- rispondo.

Julie però sembra non voglia cedere così facilmente. -Dai, Justin. Solo un piccolo dettaglio- cerca ancora di convincermi -Per esempio, potresti dirci se la melodia di qualche minuto fa sia una traccia del nuovo CD- propone.

Spalanco gli occhi. L’ha sentita?

Cerco di riassumere un'espressione normale -Ehm... no... insomma- non so proprio
cosa dirle.

-Quindi è così?- chiede sorridendo.

-No, è una canzone che ha scritto una mia... amica- spiego balbettando.

Vorrei che Emma fosse la mia fidanzata, invece ormai non siamo più nemmeno amici. Ma di certo non potrei dire a Julie tutta questa storia.

-Oh, va bene- dice non molto convinta -Cambiamo argomento...- propone.

Grazie.

-Allora, parliamo di amore. Come va con Nicole?- chiede con un sorriso malizioso.

Bene, avrei preferito continuare a parlare del nuovo album.

-Ecco, non penso ci sia molto da dire. Insomma, i giornali ne parlano già molto e penso che ormai le persone ne abbiano abbastanza della mia vita sentimentale- rispondo senza lasciar trapelare informazioni.

Lei annuisce.

Bravo, Justin. Se solo non ci fosse Julie di fronte a me, mi farei un applauso.

 

L'intervista finisce dopo pochi minuti e il fotografo mi porge le foto scelte.

Le guardo attentamente.

-Vanno bene- dico semplicemente.

Lui annuisce per poi sparire da qualche parte.

Spero che le mie Beliebers le apprezzeranno, anche se mi dispiace che ormai io mi ritrovi costretto a fare solo foto a torso nudo.

Insomma, le mie vere fans mi amano anche senza bisogno di queste immagini, no?

 

 

 

 

 

 

EHI!

Sì, ho cambiato colore… sinceramente preferisco l’altro, ma in questo momento non ho nemmeno voglia di respirare, figuriamoci schiacciare due tasti per cambiare colore… cioè, è troppo stancante… forse è colpa di questo caldo… BOH!

Vabbè, tralasciando le mie stronzate, spero vi piaccia questo capitolo, anche se so che in questi capitoli la storia è noiosa, ma sono di passaggio e mi servono.

Vi ringrazio come sempre tutte, dalla prima all’ultima (o dal primo all’ultimo, non so se ci siano maschi a seguire questa storia) siete fantastiche/fantastici o_O

Sì, esatto, non ho nemmeno le forze per scrivere che ringrazio come al solito chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate, chi ha recensito e chi ha semplicemente letto… e alla fine l’ho scritto… vabbè, me ne vado!

Un abbraccio very coccoloso,

la vostra Morena (^.^)

p.s. buona estate e che Heartbreaker sia con voi (??)

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Capitolo 6
*** Sono tuo fratello ***


La guardo negli occhi, incredulo.

-Ho capito bene, Jazzy?- le chiedo la conferma.

Lei annuisce -Certo. Sparisci da questa casa nel giro di due minuti- dice incrociando le braccia sotto il seno.

Spalanco gli occhi prima di scuotere la testa, deluso.

Lei alza un sopracciglio e inizia a battere ritmicamente il piede sul pavimento.

-Non ho intenzione di andarmene- annuncio sedendomi comodamente sul divano.

-Mamma, potresti dirgli qualcosa, per favore?- chiede.

Mia madre esce dalla cucina con uno straccio umido in mano. Possibile che sia sempre davanti ai fornelli?

-Justin, alza il culo da quel divano ed esci da quella porta- mi indica il portone di casa cercando di assumere un'espressione seria, ma non riesce a trattenere una risata.

-No- dico senza muovermi di un millimetro.

Lei rimane a fissarmi, convinta che riuscirà a convincermi con quello sguardo e io cerco l'appoggio di mio padre, in fondo anche lui sarà geloso, no?

-Papà, aiutami- dico guardando quell'uomo comodamente seduto sulla poltrona con il giornale davanti. Ma non lavora mai?

Distoglie qualche secondo lo sguardo da quei fogli, per poi tornare a leggerli.

-Dai, Justin. Se tua sorella non ti vuole in giro per casa, io non posso farci niente- dice con il suo solito tono pacato.

-Jaxon, almeno tu...- spero che almeno una persona in questa famiglia mi appoggi.

Il mio fratellino sembra svegliarsi al suono delle mie parole dall'ipnosi provocata da quell'aggeggio che stringe tra le mani.

-Eh?- domanda confuso guardandosi intorno. Quei videogames gli stanno veramente bruciando il cervello.

Alzo gli occhi al cielo.

-Ma dove sono finito?- sussurro. Mi alzo dal divano, profondamente offeso. -Bene, me ne vado. Volevo solo proteggere la mia sorellina da un possibile maniaco, in qualità di fratello maggiore, visto che qualcuno- lancio un'occhiataccia a mio padre -se ne sta disinteressando- annuncio quasi drammaticamente.

Insomma, dov'è finito il prototipo di padre che è geloso della propria figlia?

-Oh, ma smettila. Derek non è un maniaco- si lamenta Jazzy.

-Certo, perché se lo fosse, verrebbe di certo a dirtelo- dico ironico afferrando i miei occhiali da sole neri. -Poi non ho ancora capito perché tu non mi voglia qui. In fondo l'hai invitato per conoscere la tua famiglia, no? Beh, io, fino a prova contraria, sono tuo fratello- continuo poco dopo.

-Perché tu lo metteresti di sicuro in imbarazzo- risponde mia madre al suo posto -E ora vattene- conclude spingendomi verso l'uscita.

-L'ho sempre detto che lei è la vostra preferita- dico facendo scoppiare in una fragorosa risata la mia famiglia.

Il campanello suona ed io curvo le labbra in un sorriso di soddisfazione.

-Oh, no!- esclama Jazzy cercando di arrivare davanti alla porta prima di me. Ma io, essendo più veloce, la batto sul tempo e apro il portone.

Alzo un sopracciglio e inizio a squadrare da capo a piedi il ragazzo che mi ritrovo di
fronte.

Capelli rossi e occhi azzurri, jeans e camicia a quadri. Tipica aria da finto bravo ragazzo.

-Oh, ciao Derek- mia sorella spunta da dietro le mie spalle e lo saluta.

Lui sorride.

-Derek- pronuncio il suo nome, quasi come se fosse un insulto, in segno di saluto.

-Oh, ciao, tu devi essere...- lascia in sospeso la frase per farmi presentare. Probabilmente non sa che sono un cantante e non conosce il mio nome.

Esco dal portone, passandogli accanto, e lui si gira verso di me.

-Non ti serve sapere il mio nome, ma sappi che ti tengo d'occhio- lo avverto minaccioso.

Jazzy scoppia a ridere, mentre lui sbianca, come se non fosse già abbastanza pallido. No, ok. È veramente un bravo ragazzo.

-Sì, certo. Ciao Justin- mi saluta mia sorella tra una risata e l'altra.

Sbuffo -Sei cattiva. Così mi togli tutto il divertimento- borbotto avviandomi verso una meta ancora non decisa.

Mi piaceva che avesse paura di me. Almeno avrebbe tenuto le mani a posto fino al trentesimo compleanno di Jazzy, o anche più tardi.

 

Arrivo sul marciapiede e inizio a camminare per le strade di Los Angeles.

Il caldo è insopportabile.

Mi passo una mano sulla fronte per asciugare le goccioline di sudore.

Non so veramente cosa fare questo pomeriggio. Avrei preferito rimanere a casa della mia famiglia e conoscere meglio Derek. Di sicuro non voglio assolutamente stare con Nicole. Annullerei completamente le possibilità di passare un pomeriggio in serenità. È da alcune settimane che non passiamo qualche ora insieme e ormai i paparazzi iniziano a capire che il nostro amore non è sincero.

Mi incontrano sempre da solo e mi riempiono di domande sulla nostra relazione.

Mi chiedono se nella mia vita ci sia una persona speciale ed io sorrido, pensando alla mia piccola Emma, ma loro fraintendono, credendo che io mi riferisca alla mora.

Mi chiedono se io ami Nicole e naturalmente non rispondo. Non potrei di certo mentire fino a questo punto.

Afferro il mio cappello e inizio a sventolarlo davanti al mio viso.

Fa troppo caldo.

Da lontano scorgo l'insegna di un bar e ci entro subito. L'aria del condizionatore mi fa sorridere, sollevato. Mi avvicino al bancone e mi metto in fila per comprare qualcosa di rinfrescante. Ci sono tantissime persone in attesa e la ragazza dietro la cassa sembra in procinto di impazzire da un momento all'altro.

Non riesco a trattenere un sorriso.

Mi ricordo di quando lavoravo come barista nel centro commerciale quattro anni fa. Grazie a quel lavoro ho conosciuto quella splendida ragazza dagli occhi verdi e i capelli lunghissimi e castani.

Mi piacerebbe sapere cosa stia facendo in questo preciso istante.

Sospiro pensieroso.

Manca poco al mio turno.

Sento la ragazza dai capelli neri e gli occhi azzurri sbuffare mentre cerca di far funzionare la macchina dello yogurt. Spero non sia così negata da riempire l'intero bar di yogurt alla fragola come succede nei film.

Serve altri due clienti e poi è il mio turno.

-Ciao, scusa per l'attesa, cosa posso servirti?- pronuncia queste parole in modo talmente meccanico da farmi capire che probabilmente abbia ripetuto questa frase a tutti i precedenti clienti.

-Ehm...- ci penso qualche secondo prima di togliermi gli occhiali da sole, dimenticandomi di essere una famosa popstar. Lei sgrana gli occhi guardandomi ed io sorrido. Forse è una mia fan.

-Una granita al limone e una bottiglia d'acqua naturale, per favore- lei annuisce ancora un po' scossa.

-Comunque non preoccuparti. Ho lavorato in un bar e so cosa vuol dire avere tutti questi clienti- continuo mentre lei riempie un bicchiere di plastica con la granita.

Sorride -Davvero lavoravi in un bar?- chiede eccitata infilando una cannuccia viola nel bicchiere.

Annuisco.

-E come hai fatto a diventare un cantante così famoso?- chiede poco dopo.

-Ecco, io ci ho creduto- affermo fissando quel bracciale.

Dopo quattro anni non l'ho ancora tolto e dubito che lo farò.

Lei segue la traiettoria del mio sguardo per poi sorridere.

-Allora quel bracciale ha un significato importante per te... Sai, noi Beliebers ci siamo domandate spesso perché lo indossassi- dice afferrando una bottiglietta d'acqua.

-Oh, allora sei una Belieber?- chiedo tirando fuori dalla tasca dei pantaloni una banconota, alcune monetine e una penna.

-Certo, amo le tue canzoni- dice fieramente.

Prendo un tovagliolo rosso dal bancone.

-Come ti chiami?- le chiedo.

-Charlie- risponde emozionata.

Sorrido.

-Bene, Charlie, hai un sogno?- le chiedo scrivendo alcune parole sul tovagliolo.

Annuisce -Vorrei diventare una ballerina- balbetta.

Firmo la dedica per poi avvicinarmi a lei e darle un bacio sulla guancia.

-Credi nel tuo sogno, Charlie- le sussurro nell'orecchio e lei arrossisce.

Lascio tutti i soldi sul bancone e indosso nuovamente i miei occhiali da sole -Tieni il resto- dico prima di uscire dal bar con in mano la granita e l'acqua.

Ricomincio a camminare per la città. Appoggio le labbra sulla cannuccia viola e inizio a gustare la mia granita al limone. Mi sento già meglio, ma il caldo rimane comunque insopportabile.

Cammino senza sapere realmente dove io stia andando.

Guardo le persone intorno a me e noto tante coppie di fidanzati felici.

Inevitabilmente ripenso a quando Emma ed io stavamo insieme. Mi manca terribilmente quel Natale.

Mi chiedo cosa stia facendo lei in questo preciso istante.

Di sicuro, se fosse accanto a me, bacerei le sue labbra morbide.

 

I miei piedi mi portano fino al solito parco, dove io e Jazzy abbiamo trascorso gli ultimi pomeriggi. Beh, almeno potrò stare sotto l'ombra di tutte queste piante...

Mi siedo sul prato verde dopo aver buttato nel cestino il bicchiere, ormai vuoto.

Mi guardo intorno e il mio sguardo incontra quello dell'amica di Jazzy.

Agito lievemente la mano come per salutarla, ma lei non ricambia.

È un po' strana.

Sembra quasi che abbia pure paura di sorridere o di togliersi quegli occhiali che indossa sempre. Quelle lenti sono troppo scure e non mi è possibile vedere i suoi occhi.

Oggi ha i capelli legati in una coda alta e un vestito molto largo che nasconde le sue forme.

Tiene per mano i suoi figli. Quei due gemelli sono veramente belli. Loro due mi sorridono, forse perché ormai si sono abituati a vedermi. Ricambio prima di afferrare la bottiglietta e bere un piccolo sorso d'acqua.

Sospiro e appoggio la schiena al tronco dell'albero che mi copre dai roventi raggi del sole.

Avrei voluto fare tante cose con la mia piccola Emma.

L'avrei portata in Canada, dove sono nato.

L'avrei portata al mare per scherzare insieme nell'acqua.

L'avrei portata a un mio concerto, perché se adesso sono un cantante è proprio grazie a lei.

Afferro il mio telefono dalla tasca dei pantaloni e mi soffermo, come sempre, a guardare quella foto in ogni minimo particolare. Scuoto la testa e volgo nuovamente lo sguardo ai due gemelli.

I capelli color grano dei due bambini splendono sotto il caldo sole di Luglio, che illumina i loro occhi chiari donandogli delle sfumature azzurre.

Sorrido vedendo come si divertono a giocare con un pallone blu.

La loro mamma, invece, cerca in tutti i modi di evitare che corrano in ogni direzione, con il rischio di perdersi.

Forse ha bisogno di una mano. E poi ormai è come se la conoscessi anche io.

Mi alzo dal prato e mi avvicino lentamente, sorridendo.

Ma, appena lei capisce le mie intenzioni, afferra i due bambini per mano e sparisce dalla mia visuale, lasciandomi a bocca aperta.

Che cosa ho fatto di sbagliato?

 

 

 

 

 

 

 

EHI!

Come state? Spero bene (^.^)

Allora, ecco un nuovo capitolo. Vi piace la gelosia di Justin verso la sua sorellina? A me sì, sinceramente!

Bene, non manca molto all’incontro di questi due, giusto un paio di capitoli. Comunque tenete a mente Charlie perché tornerà tra due capitoli, che io ho già scritto.

Vi ringrazio come sempre per aver inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate, aver recensito e anche semplicemente letto, vi adoro!

Un abbraccio coccoloso,

Morena

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Capitolo 7
*** La sua passione ***


-Ok, ragazzi, in posizione- Karine ci richiama dalla pausa di cinque minuti.

Torno al centro della grande sala e rivolgo lo sguardo agli specchi. Prendo un respiro profondo prima di forzare un sorriso.

-Cinque, sei, sette, otto- dà l'attacco e io inizio a ballare, seguito dai miei ballerini. La coreografa continua a battere le mani per mantenere il ritmo. -Guarda di fronte a te e sposta il microfono nell'altra mano- mi suggerisce le mosse che io eseguo cercando di non inciampare su quel pavimento troppo liscio.

I ballerini ballano con naturalezza, mentre io mi sento un tronco. Sono troppo agitato per colpa di queste prove. Ormai manca poco più di una settimana a Settembre e la mia pausa dal tour è terminata.

Sento la musica proveniente dallo stereo e mi irrigidisco: è arrivata quella mossa che proviamo da giorni senza riuscire ad eseguirla decentemente.

Prendo un altro respiro profondo per cercare di calmarmi.

-Dai, Justin. Sembri un mattone- mi rimprovera Karine, ma so cerca solo di farmi lavorare al meglio.

Annuisco di sfuggita e dallo specchio guardo Zack e Mike, due ballerini, che dovranno eseguire questo dannato passo con Marie. Inoltre per la prima volta non ci sarà il materasso sotto di loro. Inizio a tremare mentre Mike afferra la ragazza dalle gambe per lanciarla a Zack. A questo punto lui dovrebbe prenderla mettendo un braccio sotto le gambe e l'altro intorno alle sue spalle. Prego fino all'ultimo che ci riesca e chiudo gli occhi. Tutti sono agitati e si sono fermati per guardare loro.

Un grido di dolore mi fa capire, purtroppo, che qualcosa non è andato per il verso giusto.

Mi giro immediatamente verso di loro e mi precipito a guardare come stia la ballerina.

-Marie, come stai?- chiedo inginocchiandomi accanto al suo corpo.

Noto che con le mani stringe la sua caviglia sinistra e ha un'espressione di sofferenza dipinta sul viso.

Brutto segno.

-Penso di essermi rotta qualcosa- morde il suo labbro inferiore cercando di trattenere lacrime e urla di dolore. Sono tutti riuniti intorno a noi.

-Beh, fate qualcosa, chiamate un'ambulanza!- sbotto. Dopo pochi minuti sento Karine parlare al telefono e mi calmo leggermente.

Accarezzo il braccio di Marie e lei forza un sorriso.

-Justin, io credo di non poter ballare nelle prossime tappe del tour... Scusami- balbetta dispiaciuta.

Spalanco gli occhi.

-Ma non preoccuparti minimamente! L'importante è che non sia niente di grave, Marie. Non pensare al tour- dico sincero.

Tutti loro per me sono innanzitutto degli amici ed è più importante la loro salute, piuttosto che una stupida coreografia nei concerti.

-Grazie- sussurra.

Le sorrido in attesa che arrivi l'ambulanza, per poi rivolgere lo sguardo a Zack.

Nei suoi occhi grigi riesco a vedere tutta la sua agitazione e i suoi sensi di colpa. Sono sicuro che in questo momento stia pensando di essere la colpa di ciò che è successo a Marie, ma la verità è che non eravamo ancora pronti per provare quel passo della coreografia.

Si inginocchia anche lui accanto alla ballerina e inizia a parlare con lei del più e del meno per farle dimenticare del dolore.

Dopo pochi minuti sentiamo le sirene dell'ambulanza, così, senza pensarci due volte, afferro Marie e mi dirigo verso le scale per poi uscire dall'edificio. Sento i passi affrettati di Zack e degli altri alle mie spalle. Intravedo i medici e mi avvicino a loro. Prendono Marie e la fanno salire sull'ambulanza, che parte subito dopo, lasciandoci nel parcheggio. Zack tiene lo sguardo fisso sulla strada, dove il veicolo è sparito. Gli do una pacca sulla spalla e poi mi avvicino alla mia auto. La apro ed entro subito.

-Ci vediamo al pronto soccorso, ragazzi- li saluto mettendo in moto. Loro salgono sulle rispettive auto per poi ricambiare.

Sfreccio alla massima velocità consentita lungo le vie di Los Angeles, aprendo i finestrini. Per la fretta non mi sono nemmeno cambiato, ma alla fine non è poi così importante, pensando che forse Marie sta rischiando la sua carriera da ballerina.

Sbuffo all'ennesimo semaforo rosso che incontro sul mio percorso.

Premo sull'acceleratore e poi riparto verso il pronto soccorso.

Sento una vibrazione e capisco che qualcuno mi sta chiamando.

Allora, se prendo il cellulare potrei distrarmi e fare qualche incidente, ma se per caso fosse un'emergenza?

Guardo la strada davanti a me, mentre il mio iPhone continua a vibrare.

Sono indeciso.

Oh, fanculo.

Sfilo il cellulare dalla tasca della mia tuta e con molta attenzione continuo a guidare mentre cerco di capire chi mi stia chiamando.

Nicole.

Mi mordo il labbro inferiore per evitare di imprecare e lancio il telefono sul sedile del passeggero.

Possibile che quella ragazza chiami sempre nei momenti meno opportuni?

Non vedo l'ora di chiedere a Scooter se io possa finalmente lasciarla ufficialmente. Tanto, ormai, le mie Beliebers avranno capito che mi fido di loro, no? Annuisco a me stesso durante l'ultima curva del tragitto.

Riesco a vedere l'edificio e, dallo specchietto retrovisore, le auto degli altri ballerini.

Cerco un parcheggio nei dintorni perché tanto so già che proprio lì di fronte non ne troverei uno nemmeno se piangessi in qualche lingua oscura. Che poi, in realtà, nel mondo piangiamo tutti allo stesso modo. Le lacrime rimangono tali sia in America, che in Europa, per esempio.

Scuoto la testa per cacciare questo pensiero e intravedo un posto che sembra libero. Spero che non ci sia parcheggiata qualche Smart o, ancora peggio, qualche motorino. Sospiro di sollievo quando noto che è libero e posteggio velocemente l'auto. Scendo, dopo aver afferrato il telefono, ed esco chiudendomi la portiera alle spalle. Mi guardo intorno e noto che Zack, Karine, Mike e gli altri stanno ancora cercando dei posti, così mi incammino da solo verso il pronto soccorso.

All'interno dell'edificio non riesco a trattenere una smorfia. C'è un odore insopportabile di alcool. Vedo una donna con un camice blu, probabilmente un'infermiera. Mi avvicino correndo.

-Mi scusi- attiro la sua attenzione -Dove posso trovare il reparto ortopedia?- le chiedo gentilmente.

-Al secondo piano- mi risponde.

La ringrazio e mi dirigo agli ascensori. Schiaccio ripetutamente il pulsante, ma, stanco di aspettare, scelgo di salire per le scale. Arrivato al piano, richiamo l'attenzione di un medico, che mi indica una porta di fronte alla sala d'attesa. Mi siedo su una poltrona e pochi minuti dopo sento delle voci familiari provenienti dalle scale.

-Ehi, Justin!- mi chiama Zack. I ballerini mi sorridono per poi sedersi accanto a me. -Scusaci, ma è stato difficile trovare dei parcheggi... Ti hanno già detto qualcosa?- mi chiede timoroso.

Tutti rivolgono l'attenzione a me.

Scuoto la testa.

Noto la tensione nei loro sguardi.

Siamo tutti molto preoccupati che quella caduta possa aver compromesso il suo futuro da ballerina.

 

Dalla porta di fronte a me, esce un medico con il camice bianco. Cerco subito di parlare con lui.

-Dottore, come va la gamba di Marie?- chiedo dando per scontato che lui sappia già a chi io mi stia riferendo. Insomma, sono agitato e non penso prima di parlare.

Ma sembra che lui abbia capito -Le ho appena fatto le lastre. Appena saranno pronte, deciderò se fasciarle la caviglia o se ingessarla direttamente- mi informa.

Annuisco.

Tanti anni fa, Jazzy si era fratturata il radio e io e la mia famiglia abbiamo aspettato a lungo, prima che le lastre fossero pronte. Quindi, immagino che oggi staremo qui al pronto soccorso almeno per un paio di ore.

Sento lo sguardo del dottore addosso.

-Ma tu sei Justin Bieber?- mi chiede incerto.

Non ho nemmeno indossato i miei occhiali da sole, per la fretta.

Fortunatamente non sono stato assalito dai paparazzi, o almeno non ancora...

Annuisco e lui sgrana gli occhi.

-Le mie figlie ti adorano- ammette enfatizzando l'ultima parola.

Cerco di trattenere una risata.

-Marie è una ballerina, vero?- mi chiede la conferma.

-Sì, stavamo facendo le prove per il tour, ma abbiamo sbagliato un passo e quindi lei adesso è qui. Spero solo che non debba smettere di ballare- rispondo tutto d'un fiato.

Annuisce comprensivo.

-Cercherò di fare più in fretta possibile- mi rassicura.

Poi si gira incerto per tornare al suo lavoro.

Sorrido.

-Vuole un autografo?- chiedo.

Si volta verso di me.

-Oh, me lo faresti davvero?- chiede incredulo.

Ridacchio e allungo una mano verso di lui aspettando che mi porga una penna e un foglietto.

 

Dopo alcune ora di totale agitazione, il dottore ci avvisa che ha dovuto ingessare la caviglia di Marie e che non potrà ballare per alcuni mesi.

-Ma non dovrà smettere completamente, giusto?- chiedo speranzoso.

Lui mi sorride -Non preoccupatevi, dopo questi mesi tornerà a ballare tranquillamente- risponde.

Sospiriamo tutti di sollievo, per poi ringraziarlo.

Fortunatamente potrà continuare la sua passione, sono veramente felice per lei.

-Justin- Karine attira la mia attenzione -Adesso dobbiamo trovare una nuova ballerina, perché dubito che le ragazze vogliano sostituire Marie, dopo ciò che è successo- mi spiega lei.

Annuisco -Va bene. Come facciamo?- le chiedo curioso.

Sorride -Faremo dei provini- risponde eccitata.

Beh, speriamo almeno di riuscire a trovare una brava ballerina che possa sostituire Marie in questi mesi. E, sinceramente, spero anche che non si rompa qualcosa pure lei.

-Tu conosci qualche ballerina che potresti proporre?- mi chiede.

Ci penso un po'.

-No, non mi...- interrompo a metà la frase, per poi sorridere -Sì, ne conosco una- concludo.

Mi è venuta una brillante idea!

 

 

 

 

EHI!

Ecco un altro capitolo, spero vi piaccia, anche se è solo di passaggio…

Secondo voi qual è l’idea di Justin? Non è tanto difficile da indovinare, in realtà…

Ringrazio come sempre chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate, chi ha recensito e chi ha semplicemente letto, vi adoro (^.^)

Bene, vi lascio come al solito con un mio abbraccio moooolto coccoloso,

Morena

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Capitolo 8
*** In un altro mondo ***


Prendo la bottiglietta d'acqua e ne bevo un piccolo sorso, prima di riappoggiarla sulla cattedra. Afferro la penna, pronto a scrivere.

-Entrate!- ordina Karine al mio fianco.

Il portone bianco lucido di fronte alla nostra cattedra si spalanca, facendo entrare una ventina di ragazze dai quindici ai vent'anni.

Questa in realtà non è la prima selezione, ma proprio l'ultima e l'unica alla quale io sono presente. Infatti, durante tutta questa settimana, Karine ha dovuto valutare le centinaia di ballerine che si sono presentate per sostituire Marie in questi prossimi mesi del tour. Secondo lei, se fossi stato presente fin dall'inizio, le avrei distratte solamente, quindi preferisce che io scelga una ballerina tra quelle che lei già ritiene degne di danzare nei concerti.

Ogni ragazza è diversa dall'altra.

Ci sono ballerine con pantaloni e maglietta larga con un berretto sproporzionato alle loro teste, probabilmente ballerine di hip hop, come ci sono anche ballerine con il tutù, ovvero ballerine di danza classica.

Sarà molto difficile scegliere.

Cerco, tra le ragazze scelte da Karine, una chioma nera e degli occhi azzurri. Spero proprio che sia riuscita a superare le prime selezioni, nonostante io non l'abbia mai vista ballare. Vago con lo sguardo, fino a soffermarmi su una ragazza dai capelli scuri legati in una crocchia disordinata. Quando si gira verso di me, facendo incontrare i nostri occhi, sorrido. Lei alza timidamente la mano come per salutarmi. Beh, sono felice che sia qui.

Karine si alza in piedi e inizia a battere le mani.

-Forza, alla sbarra- dice in tono autoritario per poi sedersi nuovamente.

Lei può sembrare severa, ma in realtà è solo una coreografa che svolge correttamente il suo lavoro, ed io l'ammiro per questo.

Le ragazze si dirigono velocemente verso la sbarra beige, mettendosi in posizione, mentre Karine ordina loro i passi da eseguire. Io non ascolto nemmeno le sue parole, anche perché tanto non ho idea di cosa significhino, ma mi soffermo su ogni ragazza. Noto che alcune sono veramente agitate, come le ballerine di hip hop, molto probabilmente perché non si trovano a loro agio a compiere questi passi di danza classica. Altre ancora muovono le braccia e le gambe in modo molto naturale.

Karine cerca un contatto visivo con i miei occhi, come per chiedermi se mi basti ciò che ho visto.

Annuisco.

-Bene, può bastare- annuncia -Ora ballate tutte insieme la coreografia che abbiamo provato questa settimana- conclude mentre le ragazze si sistemano nella sala mettendosi in posizione.

Karine si alza per accendere lo stereo e far partire una mia canzone che risuona nell'aria.

Le osservo attentamente, notando che adesso quasi tutte le ballerine si sono rilassate, nonostante commettano qualche piccolo errore.

Quando torna a regnare il silenzio, io e Scooter applaudiamo per incoraggiarle e loro sorridono riconoscenti. Mi piacerebbe sapere quante tra loro siano mie fan.

Beh, una di sicuro.

Karine concede alle ragazze qualche minuto di pausa, per poi iniziare a scrivere sul foglio le sue prime impressioni, così come stiamo facendo io e il mio manager.

Sono tutte molto brave, sarà difficile.

-Adesso passiamo alle esibizioni singole. Quando vi chiamo, venite qui, vi presentate e poi iniziate a ballare la coreografia che avete portato, va bene?- alle parole di Karine, loro annuiscono.

Afferra una cartellina viola, dalla quale estrae dei fogli. Li esamina qualche secondo prima di chiamare una ragazza. Lei si presenta velocemente per poi iniziate a ballare. È molto brava, anche se leggermente insicura.

-Quanti anni hai?- chiede Karine alzando un sopracciglio.

-Sedici- balbetta lei.

Mi mordo pensieroso il labbro inferiore.

-Non pensi sia ancora presto per te lasciare la tua famiglia per girare il mondo?- le chiedo gentilmente.

-Beh, è il mio sogno- risponde.

Annuisco.

-Penso tu abbia ancora molto da imparare- conclude secca Karine.

Noto l'espressione delusa sul volto della ragazza.

-Potresti partecipare ai provini tra qualche anno, magari. Per adesso finisci la scuola e continua a migliorarti- dico cercando di rassicurarla. Lei sorride e, dopo aver preso le sue cose, esce dalla sala. Sospiro -Ragazze, so che è il vostro sogno, ma non ce la sentiamo di allontanarvi dalle vostre famiglie se siete troppo giovani, cercate di capirci. Avrete di sicuro altre opportunità in futuro, forse anche migliori di questa, quindi è meglio che prima terminiate la scuola e stiate con la vostra famiglia e i vostri amici- dico nel tentativo di prepararle a un possibile rifiuto -Non smettete di credere nel vostro sogno, capito?- chiedo e tutte annuiscono.

Alcune ragazze si alzano dal pavimento per poi uscire, probabilmente convinte dalle mie parole.

-Bravo, Justin- mi sussurra Scooter.

Sorrido lievemente.

Valutiamo altre ballerine, fino ad arrivare all'ultima. Sorrido quando si posiziona davanti a me, in mezzo alla sala da ballo.

-Come ti chiami?- chiede Karine.

-Charlotte Reed- risponde sistemandosi meglio i capelli neri.

Le sorrido e lei ricambia.

-Quanti anni hai?- continua Karine.

-Quasi diciannove- risponde, mentre Scooter e Karine annuiscono.

-Bene, Charlotte, puoi iniziare- dice la coreografa avviando la canzone.

Guardo attentamente Charlie. È bravissima. Ho fatto bene a proporle di presentarsi alle audizioni. Quando le ho parlato al bar, non ci poteva quasi credere e temeva che non sarebbe riuscita a ballare. Beh, fortunatamente sta danzando benissimo e sembra quasi che per lei in questo momento ci sia solo la musica, proprio come quando io canto e mi sento come se fossi in un altro mondo, il mio mondo.

Quando termina la sua coreografia, sorrido, seguito da Scooter e Karine.

È stata spettacolare.

-Bene, adesso decideremo, voi intanto andate pure a cambiarvi- dico afferrando i miei fogli.

Le ragazze escono per entrare negli spogliatoi.

 

-Allora?- chiedo per iniziare il discorso.

-Io penso di sapere chi meriti il posto- annuncia Scooter.

-Mmh... Anche io- dice Karine osservando i suoi fogli.

Mi guardano negli occhi ed io annuisco, per poi sorridere.

 

Le ballerine rientrano nella sala da ballo e si dispongono in fila davanti a noi.

-Siete state tutte bravissime, complimenti!- inizio -Ma una tra voi si è contraddistinta dalle altre per l'incredibile talento- annuncio e riesco a sentire la loro agitazione. -La ragazza che verrà con me in tour è...- cerco di creare un po' di suspense, ma sapendo come sia fastidiosa in momenti come questo, mi affretto ad annunciare chi abbiamo scelto -Charlie Reed!- concludo provocando le sue grida di gioia.

Io, Scooter e Karine ci alziamo per stringerle la mano, ma arrivato il mio turno, mi abbraccia -Grazie, Justin- mi sussurra.

Le accarezzo la schiena.

Le altre ragazze lasciano l'edificio dopo averle fatto i complimenti.

-Ora devi festeggiare- dico sorridendo.

-Festeggi con me?- mi chiede speranzosa.

Annuisco.

Salutiamo Scooter e Karine per poi uscire dall'edificio.

-Dai, ti offro un gelato, va bene?- le chiedo una volta in strada.

-E me lo chiedi pure?- domanda spalancando gli occhi.

Ridacchio.

Durante il tragitto scherziamo tra di noi. È una ragazza molto simpatica e dolce.

-Che gusto?- le chiedo davanti al chiosco di gelati.

Lei ci pensa un po'. -Nocciola- sceglie poi.

Io annuisco, per poi rivolgermi al gelataio -Un gelato alla nocciola e uno alla stracciatella, per favore- dico porgendogli una banconota.

L'uomo sorride per poi darmi i due cornetti e il resto.

-Grazie- diciamo in coro io e la mora.

Iniziamo a camminare, mangiando i nostri gelati, fino a ritrovarci di fronte al solito parco.

Sembra quasi una persecuzione.

Sospiro pensieroso per poi seguire Charlie verso una panchina di fronte agli scivoli, dove ci sediamo solitamente io e Jazzy.

-Che succede?- mi chiede curiosa, forse notando la mia espressione.

Fingo un sorriso -No, niente, non preoccuparti- rispondo semplicemente.

-È molto bello qui- considera guardandosi intorno.

Annuisco -Già, ci vengo praticamente tutti i pomeriggi con Jazzy- dico distrattamente.

Le si illuminano gli occhi -La conoscerò prima o poi?- mi chiede speranzosa.

Ridacchio -Certo. Ha deciso che verrà con me in tour per le prossime tappe, perché ha ormai finito la scuola- rispondo.

Mi guardo intorno in cerca di quella ragazza e i suoi figli.

Dopo pochi secondi la trovo e noto che mi sta guardando.

Alzo la mano per salutarla e sorrido, ma lei non ricambia, anzi, sembra triste oggi.

Mi viene quasi spontaneo alzarmi per chiederle cosa le succede, ma resto seduto pensando che Charlie potrebbe in qualche modo offendersi.

Sento la mora dagli occhi azzurri ridacchiare.

-Perché ridi?- le chiedo sorridendo.

-Sei tutto sporco- commenta tra una risata e l'altra.

Oh, che figura...

Prendo il fazzoletto che mi ha dato il gelataio e cerco di pulirmi.

Sento lo sguardo dell'amica di Jazzy addosso, ma stranamente non mi infastidisce per niente.

Charlie appoggia la mano sulla mia.

-Fermo, faccio io- prende il fazzoletto e mi strofina lievemente il viso.

Sorrido timidamente.

Lo sguardo di Charlie è sempre più vicino al mio e non capisco le sue intenzioni finché non chiude gli occhi.

Deglutisco rumorosamente.

Beh, pensavo che questo fosse tipico dei ragazzi. Insomma, non credevo che anche le ragazze potessero usare la scusa del gelato per baciare qualcuno. In ogni caso, io non l'ho mai fatto.

Appoggia le labbra accanto alle mie, sfiorando leggermente l'angolo della mia bocca.

Spalanco gli occhi.

No, io non posso fare una cosa del genere.

Io amo Emma.

L'amica di Jazzy ha un'espressione di delusione dipinta sul volto. Forse mia sorella le ha parlato di me ed Emma e quindi le sembra strano che io sia qui con Charlie.

Appoggio le mani sulle spalle della ballerina e l'allontano.

-No, scusa, non è ciò che voglio- le spiego.

-Scusami tu, non so cosa mi sia successo. Tu hai Nicole ed io...- lascia la frase incompleta.

Davvero pensa che sia per Nicole? Beh, non è proprio così...

Mi alzo dalla panchina per poi iniziare a correre.

Sento Charlie gridare il mio nome, probabilmente si sente in colpa.

Ma lei che colpa può avere, se io amo solo e unicamente la mia piccola Emma?

 

 

 

 

 

 

EHI!

Eh, questa era l’idea di Justin… e la cara Charlie ne approfitta.

Ma Justin l’allontana sotto lo sguardo deluso della “”””””””misteriosa“””””””” amica di Jazzy…

Spero veramente che vi sia piaciuto il capitolo e vi ringrazio per aver inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate, per aver recensito e anche solo letto, vi adoro!

Non manca molto all’incontro con Emma, se vi va, potete dirmi come ve lo immaginate, anche se io l’ho già scritto.

Un abbraccio coccoloso,

Morena

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Capitolo 9
*** Capelli castani, occhi verdi e pelle bianca. ***


Chiudo gli occhi e respiro profondamente.

Io posso farcela, anzi, devo assolutamente farcela.

Riapro gli occhi e incontro il mio riflesso sullo specchio rettangolare del mio camerino.

Lancio un grido di frustrazione affondando le dita nei miei capelli color grano.

-Io non posso farcela- annuncio mandando all'aria tutti i miei buoni propositi per questo giorno.

-Oh, andiamo Justin. Devi capire che non puoi continuare a vivere nei ricordi- dice Scooter dal divanetto di pelle del mio camerino.

Sospiro -Lo so, Scott. Ma io non ci riesco veramente- non alzo nemmeno lo sguardo, pronunciando queste parole.

Si alza lentamente dal suo posto e si avvicina al mio corpo, per poi appoggiare la mano sulla mia spalla.

-Justin, hai idea di quante fan ti stiano aspettando lì fuori?- mi chiede. Annuisco. -Bene, allora non deluderle. Dimentica Emma e preparati al concerto. Manca poco- di queste parole riesco solo a sentire il nome della mia piccola.

Scooter sa quanto io abbia sofferto in questi quattro anni. Quando sono arrivato ad Atlanta quattro anni fa, lui mi ha chiesto dove fosse Emma, perché pensava che saremmo diventati un duo. Ma, una volta che gli ho raccontato l'accaduto, ha compreso tutto e mi ha sempre aiutato.

-Io vorrei farlo, ma come pretendi che io canti su quel palco, come se non fosse successo niente, proprio il giorno del suo compleanno?- gli chiedo guardandolo finalmente negli occhi.

Dei singhiozzi iniziano a scuotere il mio petto e lui appoggia una mano sulla mia schiena, come per calmarmi.

Oggi è il 22 Settembre, il compleanno di Emma, ed io non potrò di nuovo festeggiare con lei.

Oggi compie ventidue anni e ancora non riesco a crederci.

Mi alzo dalla mia sedia per poi prendere posto sul divanetto, seguito da Scooter.

-Mi dispiace, Bieber. Posso fare qualcosa?- mi chiede comprensivo. Scuoto la testa. -Justin, dovrai salire per forza su quel dannato palco, quindi dimmi per favore cosa posso fare per aiutarti- insiste pochi secondi dopo.

Ha ragione. Non posso abbandonare così le mie Beliebers. Molte di loro avranno percorso tanti chilometri di strada, per arrivare fino a Los Angeles, solo per sentirmi cantare ed io non posso stare qui a piangere.

Sospiro. -Ho bisogno di Jazzy- annuncio subito dopo.

Lui sorride. -Sapevo che mi avresti ascoltato. Ora vado a cercarla- si alza e si dirige verso l'uscita del camerino.

Mi ritrovo solo qui dentro, così inizio a camminare avanti e indietro dal nervosismo. Mi odio profondamente in questo momento.

Io sono l'unica causa delle mie lacrime: è stata una mia scelta quella di partire quattro anni fa e di lasciare Emma tra le braccia di James. Certo, l'ho fatto per lei, credevo fosse per il suo bene, ma, se potessi, mi prenderei a schiaffi da solo. Io ero solo un barista innamorato e lei una dolce diciassettenne bisognosa di qualcuno che fosse più maturo e ricco, che potesse far avverare il suo sogno di una famiglia unita. Io non ci sarei mai riuscito per colpa del mio sogno. Mi sento così egoista adesso. Ho pensato più che altro a me stesso e alla mia carriera. Pensandoci ora, mi sembra quasi che quella mia scelta sia stata una totale stronzata. Non riesco più a trovare un senso alle mie decisioni prese. Se fossi rimasto a Los Angeles non avrei realizzato il mio sogno. Partendo, però, ho lasciato la mia piccola Emma. Cosa avrei dovuto fare?

Sono troppo confuso e ho una marea di pensieri affollati nella mia mente.

-Oh, fanculo tutto!- grido calciando un paio di Supra, in precedenza sistemate sul pavimento.

Qualcuno bussa alla porta riscuotendomi da tutti quei pensieri.

-Justin, posso entrare?- domanda la voce dolce della mia sorellina.

-Certo- le rispondo.

Apre la porta, lasciando entrare le grida delle mie fans.

Sorrido lievemente.

Loro mi stanno aspettando, ma io non riuscirei a cantare. Ho bisogno di calmarmi.

Jazzy mi osserva attentamente, per poi sospirare.

-Smettila di pensarci, Justin- mi ordina sedendosi sul divano.

In tutti questi mesi di pausa non abbiamo mai parlato di Emma, ma non mi stupisce che lei abbia già capito cosa mi stia succedendo. Io e lei ci capiamo con un solo sguardo.

-Dimmi come fare, per favore. Io proprio non ci riesco- la supplico sedendomi accanto a lei.

Appoggia le sue dita calde sulle mie tempie e compie dei movimenti circolari.

Chiudo gli occhi.

-Pensa alla cosa più bella che tu abbia mai visto- mi suggerisce in un sussurro.

Annuisco e inizio a cercare tra i miei ricordi.

Vedo solo Emma. I suoi capelli castani lunghi fino ai fianchi e i suoi occhi verdi dalla forma lievemente allungata.

Scuoto la testa e riservo un'occhiataccia a mia sorella.

Lei comprende -Ehm... pensa al tuo ricordo più bello- continua a massaggiare le mie tempie.

Mi sembra quasi di sentire la pelle liscia e fredda di Emma. Sento il suo profumo dolce e i suoi gemiti di piacere. Il mio ricordo più bello è proprio la nostra prima volta.

Appoggio le mie mani su quelle di Jazzy e le allontano dal mio viso.

-Non funziona- dico frustrato. Io ho in mente solo lei.

-Ho capito, ti dico io a cosa pensare- riprende i movimenti circolari sulle mie tempie -Pensa alle tue fans. Senti come gridano il tuo nome? Ti stanno aspettando, Justin- mormora per far sì che io riesca a concentrarmi su di loro.

Annuisco.

Loro mi sostengono da quando la mia carriera è iniziata ed io non voglio assolutamente deluderle.

Sento finalmente l'adrenalina scorrere nelle mie vene. Adesso voglio salire su quel palco e cantare per loro. Apro gli occhi e sorrido a Jazzy.

-Sono pronto- annuncio facendola sorridere soddisfatta. La guardo negli occhi -Grazie, Jazzy. Ti devo un favore- bacio la sua guancia dolcemente e lei stringe con le sue braccia minute il mio corpo. Ricambio l'abbraccio per poi scioglierlo lentamente e alzarmi dal divanetto per infilarmi le scarpe.

Jazzy afferra il suo telefono dalla tasca dei jeans e sblocca lo schermo per poi leggere un messaggio.

Sgrana gli occhi e subito dopo sorride -Oh mio Dio!- grida, piacevolmente sorpresa.

Alzo un sopracciglio e la osservo curioso. -Che succede?- chiedo, ma lei sembra non ascoltarmi.

Continua a fissare lo schermo del suo cellulare, completamente persa nei suoi pensieri.

Mi avvicino a lei e schiocco le dita davanti ai suoi occhi. Finalmente si degna di guardarmi.

-Che succede?- ripeto.

-Niente. Devo andare, ci vediamo qui alla fine del concerto- risponde velocemente.

-Non rimani nel backstage?- le chiedo confuso.

-No, voglio assistere al concerto in mezzo alle tue fans- mi spiega aprendo la porta del camerino.

Annuisco semplicemente.

In questi giorni è veramente strana. Rimane con lo sguardo fisso sul cellulare aspettando che qualcuno le scriva. Non credo che tutto questo sia dovuto a Derek.

Scuoto la testa e mi siedo nuovamente di fronte allo specchio.

Subito dopo Scooter torna nel camerino.

-Allora, sei pronto?- mi chiede speranzoso. Annuisco e lui sorride. -Tua sorella è un genio- commenta.

Alzo gli occhi al cielo.

-Certo, come no. Quanto manca?- chiedo impaziente.

Afferra il suo cellulare e controlla l'orario -Pochi minuti, inizia ad andare- risponde.

Prendo un respiro profondo prima di uscire dal camerino e dirigermi verso il palco.

Le mie fans urlano emozionate ed io sono troppo felice di avere tutte queste persone a supportarmi.

Il tecnico mi aiuta a mettere il microfono. Scooter mi ha raggiunto e mi avverte che ormai il concerto dovrebbe già essere cominciato. Così prendo un respiro profondo e salgo sul palco, aumentando le grida delle mie Beliebers.

-Ciao Los Angeles!- non faccio in tempo a terminare la frase che loro lanciano un grido incredibile. Sembrano impazzite. Davvero faccio quest'effetto?

Parte la base ed io inizio a cantare, accompagnato da tutte loro.

Le nostre voci si uniscono in un unico suono ed io mi sento finalmente bene.

Se non avessi incontrato Emma davanti al bar, non sarei mai diventato un cantante e in questo momento non sarei qui. Lei mi ha fatto credere nel mio sogno e le sarò sempre grato per questo. Ma vorrei tanto che lei fosse qui.

Cerco di scacciare questi pensieri per non perdere la concentrazione e continuo a cantare le mie canzoni.

 

Ecco, è il momento di One less lonely girl.

Scooter mi fa segno di scegliere una ragazza e così faccio. Mi avvicino al bordo del palco e vago con lo sguardo. Vorrei farle salire tutte, ma è impossibile.

Noto una ragazzina che cerca di mettersi sulle punte per vedermi meglio, mentre la folla la spinge sempre più indietro.

Sorrido e allungo la mano verso di lei.

Mi guarda incredula e piano piano le altre ragazze creano uno spazio intorno a lei.

Afferra la mia mano e la faccio salire sul palco e poi sedere. Appoggio la corona sulla sua testa e guardo le lacrime scorrere sul suo viso dolce.

Lacrime di gioia.

Mi inginocchio davanti a lei e continuo a cantare, mentre le sposto una ciocca di capelli rossi dal viso, per poi asciugare i suoi occhi blu.

-Come ti chiami?- le chiedo poi.

Si avvicina al mio orecchio per farmi sentire -Madison- balbetta.

-Madison?- chiedo la conferma scatenando le grida delle altre ragazze.

Lei annuisce emozionata.

Leggo nei suoi occhi blu tutta la felicità nell'essere qui di fronte a me e avermi sentito pronunciare il suo nome. In questo momento mi rendo conto che quando le mie Beliebers sono felici, io non posso fare a meno di esserlo.

 

Il concerto finisce ed io mi sento in colpa a dover lasciare la fan, ma torno comunque nel camerino.

Mi siedo di fronte allo specchio e inizio a osservare il mio riflesso. Questo giorno è praticamente finito e io ho perso anche il ventiduesimo compleanno della mia piccola Emma.

Sospiro affondando le dita fra i capelli.

Qualcuno bussa alla porta.

-Avanti- dico alzando lo sguardo.

Sbuca la chioma di Jazzy.

-Ti ricordi che mi devi un favore, vero?- mi chiede restando fuori.

Annuisco confuso e lei sorride aprendo maggiormente la porta e facendo entrare qualcuno.

Due bambini biondi dagli occhi chiari.

Mi saltano letteralmente addosso iniziando a gridare di gioia.

Sorrido.

-Ehi, ma io vi conosco- dico abbracciandoli.

-Tu sei Justin!- la bambina mi prende la mano e la stringe tra le sue, bianche e minuscole.

-Sì, piccola. Voi come vi chiamate?- chiedo rendendomi conto che in questi mesi Jazzy non me l'ha mai detto.

-Io mi chiamo Alex- risponde la bambina.

-Io sono Drew- continua il fratello facendomi sorridere. Si chiama come me.

-Siete miei fans?- chiedo accarezzandoli.

-Sì, la mamma ci fa ascoltare i tuoi CD da quando siamo nati- risponde Drew commettendo qualche tenero errore tra una parola e l'altra.

Giusto, dov'è la loro mamma?

Guardo mia sorella.

-Ma sono venuti con te al concerto?- chiedo curioso mentre loro scendono dalle mie gambe e iniziano a giocare con i vari oggetti che trovano.

Che teneri.

Scuote la testa.

Si mette di lato per permettere a qualcun altro di entrare.

Capelli castani, occhi verdi e pelle bianca.

Sgrano gli occhi, incredulo.

Emma.

 

 

 

 

 

 

EHI!

Sono pessima, lo so. Ho interrotto il capitolo sul più bello… chiedo peeeerdoonooooo!!!

Beh, il tanto atteso incontro è arrivato… come vi immaginate il prossimo capitolo?

Ok, passando ai ringraziamenti… ma vi rendete conto che lo scorso capitolo ha raggiunto le NOVE recensioni?! Mi sono commossa…

Vi ringrazio, siete magnifiche e mi fate sorridere sempre!

Un abbraccio coccoloso,

Morena

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Capitolo 10
*** Buon ventiduesimo compleanno ***


Non è possibile che sia lei.

La mia piccola Emma non può essere qui, non può essere già madre di due bambini.

Due bambini che non sono miei figli.

Continuo a guardarla.

No, tutto questo deve essere uno scherzo. Sarà di sicuro una ragazza che assomiglia molto a Emma, ma non può essere assolutamente lei.

Sposto velocemente lo sguardo su Jazzy, che abbassa il viso verso le sue scarpe. Quindi è così. Emma è a pochi metri di distanza da me ed è già madre di due gemelli. Non posso crederci.

Una lacrima riga il mio viso e riesco a sentire il suo gusto salato.

Le grida di Alex e Drew mi riscuotono dai miei pensieri. Li guardo attentamente.

Un'estate intera e non mi sono accorto di nulla. Non mi sono accorto che loro fossero i suoi figli. Sono stato così stupido. Hanno i suoi stessi occhi e la stessa pelle bianca come il latte. Avrei dovuto capirlo. Non mi sono mai accorto di avere a pochi metri di distanza la mia Emma. Come ho potuto non riconoscerla?

Altre lacrime scorrono lungo il mio viso e noto che la mia Emma le sta guardando. Il suo labbro inferiore trema visibilmente. Tutti i suoni che mi circondano spariscono. Ci siamo solo Emma ed io. Dopo quattro anni provo ancora gli stessi sentimenti. La amo con tutto il cuore ma, ora che so come stanno le cose, non riesco ad andarle vicino e baciarla come vorrei.

Lei ha due figli e non sono miei.

Cerco di regolarizzare il mio respiro e stringo il mio labbro inferiore tra i denti.

Perché, ora che è qui davanti a me, mi sembra di sentire maggiormente quei quattro anni che ci hanno separati? Non mi ero mai reso veramente conto di tutti gli anni passati, fino a questo momento.

-Vi lasciamo soli- sussurra Jazzy afferrando per mano i bambini e uscendo dal camerino con loro.

Il rumore della porta mi riscuote completamente dai miei pensieri.

-Emma- sussurro con voce tremante.

Mi avvicino finalmente a lei e riesco a vedere le sue lacrime, che prima non avevo minimamente notato, avendo la vista appannata dalle mie.

Perché piange?

È cambiata tanto in questi quattro anni. I suoi capelli adesso arrivano a malapena alle spalle, sono persino più corti dell'ultima volta che l'ho vista al parco. Afferro una ciocca e la rigiro tra le mie dita. Pochi secondi dopo mi sfugge. È troppo corta.

Sento il suo respiro irregolare.

-Perché li hai tagliati?- balbetto mentre innumerevoli lacrime inondano il mio viso.

Abbassa lo sguardo verso le sue scarpe.

Non risponde.

Prendo nuovamente una ciocca con il pollice e l'indice partendo dalla radice dei capelli e la percorro. Mi sfugge un singhiozzo quando arrivo alle punte pochissimi secondi dopo. A quel suono Emma alza lo sguardo verso il mio viso.

Osservo i suoi occhi verdi. Adesso sono spenti e segnati da profonde occhiaie.

Sento un vuoto nel petto.

Non c'è più vivacità nei suoi occhi chiari, non c'è lo stesso luccichio di quattro anni fa.

Lentamente avvicino la mano al suo viso e lei chiude automaticamente le palpebre, dove io appoggio subito dopo il dito.

Nemmeno un velo di trucco.

Accarezzo dolcemente il suo occhio e le sue ciglia lunghe e scure solleticano il mio dito. Faccio scorrere anche le altre dita della mano lungo il suo viso bianco.

Arrivo alle labbra e mi soffermo a guardarle. Sono rimaste bellissime. Le accarezzo e noto come abbiano però preso una strana forma. Sembrano quasi leggermente incurvate in giù.

-Da quanto non sorridi, Emma?- sussurro.

Sento i brividi invadere il suo corpo quando pronuncio il suo nome.

Tenendo gli occhi chiusi curva le sue morbide e dolci labbra in un sorriso finto che qualcuno potrebbe scambiare per vero, se solo non la conoscesse.

-Un sorriso vero- mormoro.

Dai suoi occhi ricominciano a scorrere delle lacrime.

Non riesco a vederla piangere. È una tortura.

Le mie dita continuano ad accarezzare il suo viso. Arrivo alla sua voglia sul collo e la sento rabbrividire. Chiudo gli occhi e ripenso a quando l'ho baciata dolcemente, facendola gemere dal piacere. Magari anche lei lo sta pensando... No, lei non mi ama più, ne sono sicuro.

Apro gli occhi e guardo tutto il suo corpo.

Indossa vestiti larghi, scuri e tristi. Non si veste più da ragazza. Si veste da adulta.

-Che fine hanno fatto le T-shirts colorate e i jeans stretti?- chiedo tristemente.

-Sono una mamma, ora- risponde facendomi finalmente sentire la sua voce.

È cambiata anche quella, ma sono sicuro che sia ancora bravissima a cantare. Sempre se lei non abbia smesso di farlo.

-Questo non vuol dire che tu debba stroncare la tua gioventù- dico facendo scorrere le mani sulle sue braccia.

Le appoggio poi sui suoi fianchi. La gravidanza li ha modellati e per me rimangono spettacolari, proprio come quattro anni fa. Il mio pollice sfiora la sua pancia. La pancia dove Alex e Drew sono rimasti fino al giorno del parto. Non posso pensare che i suoi figli non siano anche miei. Ho sempre sperato che lei diventasse mia moglie e la madre dei miei figli, ma è troppo tardi.

Ripenso a quando Jazzy mi ha parlato di Emma, senza che io sapessi che fosse lei. Mi ha detto che ha partorito il giorno del suo diciottesimo compleanno. Quindi, considerando che i gemelli nascono qualche settimana prima dei nove mesi, deve averli concepiti verso Gennaio di quell'anno, quando io me ne sono andato, lasciando il posto a James.

Spalanco contemporaneamente gli occhi la bocca, per poi allontanare di scatto le mani dalla sua pancia.

Lei apre all'istante gli occhi, mentre io sto calciando tutto quello che i miei piedi incontrano.

Mi guarda confusa.

La rabbia invade il mio corpo.

Torno davanti a lei.

-Sono figli di quel bastardo, vero?- sbotto facendole sgranare gli occhi.

Ecco, lo sapevo.

-Allora ho fatto bene a lasciarti, non è così?- chiedo retorico.

Lei non fiata.

-Come hai potuto?- le chiedo quando le lacrime tornano a bagnare il mio viso. -Non hai aspettato nemmeno qualche mese dalla mia partenza... Credevo… che mi amassi- singhiozzo poco dopo.

Afferro la sua mano. Nonostante questo, io la amo ancora.

-E lui ti ha lasciato crescere per quattro anni i vostri figli. Non posso sopportare tutto questo- continuo.

Mi sento male al solo pensiero che quei due bambini siano di James. Emma ha dovuto sopportare tutto da sola. Non voglio che continui così.

-Emma, io ti amo- sussulta alle mie parole sincere.

Solo che continua a tacere.

-Torna con me, amore mio- sussurro nel suo orecchio.

Lei socchiude gli occhi.

-Potremmo vivere insieme, io e te. Potresti seguirmi nel tour- propongo senza nemmeno ricordarmi che ha dei figli da crescere.

Lei se ne accorge -Io ho la mia famiglia e tu sei fidanzato con Nicole- mi riporta alla realtà con una sola frase.

Il suo tono è tornato tremendamente acido, come quel giorno al centro commerciale.

-Dimentichiamoci di tutto, piccola mia. Scappiamo insieme, solo tu e io- continuo sperando che lei accetti. Ma, effettivamente, è proprio impossibile che lei sia d'accordo.

Scuote la testa, allontanando le mie mani dal suo corpo.

-No, Justin- dice fredda.

-Perché?- chiedo esasperato.

-Io amo Alex e Drew- risponde provocandomi un dolore allo stomaco.

Allora è per i loro figli che non vuole tornare con me.

-Staranno con noi. Per favore, ho bisogno di te- mormoro.

Lei sembra addolcirsi alle mie parole. Ma subito dopo scuote la testa e torna a essere fredda e distaccata.

-Non voglio nessuno, solo i miei figli. Sono cresciuti fino ad adesso solo con me e non voglio che le cose cambino- mi asciugo una lacrima a quelle parole.

Abbasso lo sguardo verso i nostri piedi.

Noto che lei indossa delle scarpe basse. Beh, ormai è diventata molto più alta e non ha bisogno di tacchi.

Torno a guardare il suo viso.

-Ti prego. Perché non vuoi tornare con me? Io ti amo- ritento disperato.

Chiude gli occhi lasciando che le lacrime percorrano il suo viso bianco. Non le asciuga.

-Te ne sei andato senza nemmeno avvisarmi. Mi sono ritrovata sola, di nuovo- sussurra.

Sento un vuoto allo stomaco.

Già, io l'ho lasciata sola, proprio come aveva fatto James prima che Emma ed io ci conoscessimo.

-Ti avevo chiesto di rimanere con me, ma non l'hai fatto- continua, facendomi perdere tra i miei ricordi.

 

-È lui, Emma? È lui James?- chiesi girandomi verso di lei.

Annuì -Non lasciarmi, Justin- disse singhiozzando.

Afferrò la mia mano e la strinse forte. Ricambiai la stretta.

 

Strinse la mia mano, ma io sciolsi delicatamente la presa.

James sorrise soddisfatto.

Le sorrisi debolmente, per poi iniziare a camminare verso la strada che ci avrebbe allontanati.

-No, Justin, non andartene! Io ti amo- gridò sincera, facendomi sobbalzare.

Mi voltai verso di lei per pochi istanti.

-Ti amo- dissi dolcemente, per poi voltarmi nuovamente, come se fosse stato un addio.

 

Era stato veramente un addio, ma finalmente eravamo di nuovo insieme e non avrei permesso che ci separassimo di nuovo.

-Emma, io ti amo e non potrei sopportare ancora la distanza- lei apre gli occhi per poi fissare i miei -Ti ricordi cosa ti dissi quattro anni fa? Che sarei stato il tuo principe azzurro- sorride ricordando quel momento -Lo sarò, Emma- concludo in un sussurro.

Per un momento mi illudo che lei possa accettare, ma scuote la testa poco dopo.

-No, Justin. Come posso fidarmi di te?- mi chiede.

Ha ragione.

Di sicuro dopo tutto quello che ha passato non riuscirà a fidarsi subito di me.

Accarezzo il suo viso.

-Permettimi almeno di essere il tuo migliore amico, per favore- curva lievemente le labbra -Come quattro anni fa, ricordi?- sussurro dolcemente e lei sorride, riempiendo il mio cuore di gioia.

Annuisce.

Mi avvicino incerto al suo corpo per poi stringerla tra le mie braccia.

Lei affonda il viso nel mio petto.

-Buon ventiduesimo compleanno, piccola mia- mormoro nel suo orecchio.

 

 

 

 

 

 

EHI!

Non ci posso credere: si sono incontratiiiiiii. Yeahhh!! (?????)

Spero di non avervi deluso, veramente.

Beh, ringrazio chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate, chi ha recensito e chi ha anche solo letto, vi adoroo!!

Un abbraccio coccoloso,

Morena

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Capitolo 11
*** La sua nuova fiamma. ***


-Cosa?! Spero tu stia scherzando, Justin- appoggio una mano sull'orecchio. Credo mi abbia spaccato un timpano con il suo tono stridulo.

-Hai capito bene, Nicole- dico poco dopo facendo apparire una smorfia di disappunto sul suo viso dalla pelle scura.

-Tu… mi stai lasciando?- chiede incredula sgranando gli occhi.

Annuisco.

Finalmente Scooter mi ha dato il permesso di lasciarla. È successo esattamente un'ora fa ed io mi sono precipitato subito da Nicole per non perdere tempo. Non voglio che questa pagliacciata continui a lungo. Non sarebbe giusto sotto alcun punto di vista.

-Ma... perché? Siamo una coppia perfetta, perché vuoi lasciarmi?- chiede singhiozzando, nonostante io non veda nemmeno l'ombra di lacrime.

Scuoto la testa.

-No, Nicole. Non lo siamo affatto. Io...- mi interrompo.

Non so se sia giusto dirle la verità proprio ora, ma in fondo ha il diritto di saperlo, no?

-Io non ti ho mai amato. La nostra coppia esisteva solo per le fan, e, oltretutto, tu non sei mai piaciuta a loro. Mi sembra quindi inutile continuare questa messa in scena- concludo tutto d'un fiato. Beh, ora che le ho detto la verità, mi sento molto meglio.

Lei spalanca la bocca, incredula.

Di sicuro anche lei non ha mai provato niente per me, ma mi sento comunque in colpa.

Ho fatto una cosa terribile.

-Senti, Nicole, mi dispiace tantissimo- mi avvicino al suo corpo e l'abbraccio.

Lei, come ogni persona, merita di essere amata ed io non sarei in grado di farlo.

-Sono stato uno stronzo, ma sappi che ti voglio bene- lei cinge incerta il mio corpo con le sue braccia, per poi annuire. Accarezzo la sua schiena.

-Adesso vestiti, truccati e vai a farti un giro in città. Magari incontri qualche bel ragazzo- lei ride per poi sorridere.

Ricambio ed esco poi dalla sua casa.

Mi sento finalmente libero, come se finalmente le cose stiano andando per il verso giusto. Ho ritrovato la mia piccola Emma e ho finalmente lasciato Nicole. Che cosa potrebbe succedere di brutto? Niente, assolutamente niente.

Sorrido a me stesso mentre passo da un marciapiede all'altro.

Mi sento finalmente felice e voglio recuperare un po' del tempo perso.

Afferro il mio iPhone dalla tasca dei jeans e digito quel numero che in tutti questi anni non ho mai dimenticato.

Spero solo che non abbia cambiato numero di telefono.

-Pronto?- risponde incerta dopo alcuni squilli.

Sorrido.

-Ciao piccola- rispondo con il tono di voce più dolce possibile.

Lei mi fa quest'effetto.

Lei è la mia piccolina e devo proteggerla, coccolarla e amarla.

-Ciao Justin- balbetta facendomi sfuggire un sorriso.

-Ci vediamo tra un'ora al parco, va bene? Voglio passare il pomeriggio con voi tre- propongo passandomi la mano libera tra i capelli.

-Va bene, a dopo- accetta dopo alcuni minuti.

-Perfetto- concludo la chiamata e infilo il cellulare nella tasca.

Bene, ho un'ora di tempo da passare e non ho la più pallida idea di come passare il
tempo.

Mi mordo il labbro mentre il telefono squilla.

Lo afferro e guardo chi mi stia chiamando.

Charlie.

Alzo un sopracciglio per poi rispondere alla chiamata.

-Pronto?- continuo a camminare per le strade di Los Angeles.

-Pronto, sono Charlie. Hai qualcosa da fare adesso?- mi chiede allegra.

-Beh, adesso no, ma in realtà...- non mi fa terminare la frase.

-Perfetto, ti aspetto per fare la prove- attacca subito il telefono senza lasciarmi il tempo di rispondere.

In questi giorni Charlotte non smette nemmeno un secondo di fare le prove. È convinta di essere inferiore agli altri ballerini, nonostante negli ultimi concerti del tour abbia ballato benissimo.

Sospiro.

Ormai non posso più rifiutare. Non posso fare tardi all'appuntamento con Emma e le prove mi occuperanno almeno un'oretta di tempo. Quindi, mi conviene correre. Non potrei mai dare buca a Emma.

Fortunatamente mi trovo abbastanza vicino all'edificio bianco in cui abbiamo provato l'ultima volta e, nel giro di pochi minuti ci arrivo.

Charlie è appoggiata accanto al portone con le cuffie nelle orecchie. Tocco la sua spalla e lei rivolge il suo sguardo a me, per poi sorridere.

-Dai, andiamo- mi prende per mano e mi trascina all'interno.

Mi mordo il labbro, pensieroso.

Se arrivassi tardi, non potrei mai perdonarmelo.

Una volta arrivati nella sala, lei accende subito lo stereo, ma io interrompo immediatamente la musica.

-Charlie, potresti infortunarti se non smetti nemmeno un secondo di ballare- dico severamente.

È giusto che lei balli, ma ci sono anche altre cose da fare durante la giornata.

Lei abbassa lo sguardo verso i suoi piedi.

-Vorrei solo... essere la migliore in quello che faccio- sussurra, ma riesco comunque a sentirla.

Sospiro.

-Charlie, tu sei bravissima a ballare. Perché ti ostini a credere il contrario?- le chiedo avvicinandomi al suo corpo.

Singhiozza -Nessuno crede in me, Justin- una lacrima sfugge dal suo occhio.

-Io credo in te, Charlie. Karine, Scooter e tutti i miei ballerini credono in te. Ti sembra poco?- le chiedo retorico.

Lei sorride lievemente.

-Grazie, Justin- mormora.

Sorrido prima di abbracciarla.

-Adesso basta ballare. Che ti va di fare?- le chiedo.

Forse dovrei iniziare a prepararmi per andare al parco, ma lei ha bisogno di me, in questo momento, e posso anche fare a meno di cambiarmi per stare con Emma.

Riuscirò a passare un po' di tempo con Charlie e ad andare poi da Emma in orario.

Ho tutto sotto controllo. O almeno lo spero.

-Dovrei andare al centro commerciale per comprarmi qualche vestito invernale. Mi accompagneresti?- mi chiede speranzosa.

Annuisco -Certo. Dai, andiamo- afferro la sua mano e in pochi attimi siamo di nuovo in strada.

Rabbrividisco leggermente. Si sta già avvicinando l'inverno.

Visto che sono venuto a piedi, saliamo sulla sua macchina e lei fa guidare me.

Nel giro di pochi minuti siamo già arrivati nel centro commerciale, dove ho conosciuto Emma, la mia piccolina.

Spero solo di arrivare in tempo.

Sospiro per poi sorridere falsamente quando Charlie mi mostra una giacca.

In questo momento vorrei essere altrove, ma Charlie è una mia amica e io sono sempre disponibile quando i miei amici hanno bisogno di me. Quando mi chiede un parere, io le rispondo sempre che di sicuro starebbe benissimo con quel determinato capo e lei mi ringrazia con un caloroso abbraccio. Ho fatto esperienza, grazie a Nicole, e so per certo che le ragazze hanno bisogno di conferme e non che qualcuno aumenti i loro dubbi. In sostanza, è importante elogiare sempre il capo che mostrano, in ogni caso.

Mi sembrano passate ore da quando siamo entrati qui.

Sbuffo cercando di non farmi sentire mentre lei è all'interno di un negozio.

Questa volta sono riuscito a non entrare, fingendo di dover andare in bagno.

Guardo di sfuggita l'orario sul mio telefono per poi sgranare gli occhi.

Emma mi sta aspettando da un'ora e mezza. Non sono mai stato così in ritardo.

Appena Charlie esce dal negozio, le bacio la guancia per salutarla e inizio a correre verso l'uscita del centro commerciale, lasciandola confusa. Le persone per strada mi guardano curiose, ma io continuo a correre verso il parco.

Mi sembra quasi di andare sempre più lentamente, come se l'asfalto della strada mi stia inghiottendo.

Deglutisco e cerco di aumentare la velocità, ma sono comunque in ritardo e ormai non c'è molto da fare per rimediare.

Dopo vari minuti mi ritrovo finalmente al parco, ma non c'è traccia di Emma e dei suoi figli.

Ho il respiro affannato e il mio cuore batte all'impazzata nel petto.

Afferro velocemente il cellulare, per poi comporre il numero di Jazzy.

Appena mi risponde non le lascio nemmeno il tempo di parlare.

-Dove vive Emma?- le chiedo.

-Nelle ville vicino al parco- mi risponde semplicemente.

Sbuffo -Quale, precisamente?- domando.

-Nella penultima della strada, ma perché?- mi chiede poi, curiosa.

-Perché sono un coglione, ecco perché. Grazie, Jazzy- concludo la conversazione telefonica senza lasciarle il tempo di aggiungere altro è ricomincio a correre.

Appena intravedo la casa, sorrido e mi ci avvicino per suonare il campanello.

Mi apre una ragazza bionda che conosco benissimo.

Alex.

-Justin?- domanda lei, sconvolta.

-Ciao, Alex. Scusa ma dovrei passare per rimediare alle mie stronzate- lei annuisce ancora scossa e mi lascia entrare nella villa.

Non mi fermo nemmeno a guardarla nei suoi particolari. Adesso ho di meglio da fare.

-Alex, chi era?- domanda la voce dolce di Emma.

Raggiungo la stanza da dove proviene la sua voce e mi ritrovo nel salotto.

La mia piccola è seduta su un divanetto con un pc sulle gambe, mentre Alex e Drew dormono sdraiati accanto a lei.

Sorrido a quella scena.

-Ah, sei tu- mi guarda con un'espressione indecifrabile.

-Emma, mi dispiace da morire. Posso spiegarti perché sono arrivato in ritardo, non mi ero assolutamente dimenticato del nostro appuntamento- dico tutto d'un fiato.

So già che non sto facendo un buon lavoro per riconquistare la sua fiducia e per questo mi prenderei a schiaffi da solo.

-Non devi spiegarmi niente, Justin. So già che non sei venuto perché stavi con Charlie, non preoccuparti- dice alzandosi e posando il computer su un tavolino.

Questo suo tono di voce mi fa soffrire.

Lei ormai non si fida più di me, ma comunque non vuole farmi pesare niente, quasi come se lei se lo aspettasse e non avesse creduto molto che io mi sarei fatto perdonare.

Sì, sono proprio un coglione.

-Come lo sai?- le chiedo confuso.

Lei con la testa indica il pc.

-Sai, le immagini girano velocemente su internet, soprattutto se ritraggono la popstar internazionale Justin Bieber con la sua nuova fiamma Charlotte Reed, nonché ballerina del suo tour- risponde acida.

Mi mordo il labbro.

-Ti posso giurare che è stato un imprevisto, io avrei veramente voluto passare del tempo con... voi- faccio ancora fatica ad accettare che lei abbia dei figli.

Alza gli occhi al cielo.

-Justin, io capisco che tu volessi passare del tempo al centro commerciale con la tua fidanzata...- inizia, ma io la interrompo subito.

-Non è la mia fidanzata- metto in chiaro per evitare che lei creda a ciò che sostengono i paparazzi.

-...ma almeno avresti potuto evitare di farci aspettare un'ora e mezza al parco- conclude senza nemmeno considerare le mie parole.

Ripenso al freddo che ho provato appena uscito dall'edificio bianco con Charlie e mi sento ancora più in colpa.

Ho lasciato che la mia piccolina e i suoi bambini di quattro anni stessero al freddo per aspettarmi.

Chiudo gli occhi e mi mordo il labbro inferiore.

Che razza di persona sono?

-Mi dispiace piccola- tento di avvicinarmi al suo corpo, ma lei indietreggia.

Sospiro.

-Io non sono sicura di volerti dare un'altra possibilità, Justin- dichiara facendomi
deglutire.

-No, per favore. Ho perso già quattro anni della vostra vita. Ho perso i vostri momenti più belli e non voglio perdermene altri- dico sincero.

In fondo mi sto affezionando a quei due bambini e mi dispiace veramente di aver perso anche del tempo da poter passare con loro, nonostante non siano figli miei.

Dopo interminabili minuti di silenzio, Emma scuote la testa.

-Sono passati quasi cinque anni, in realtà- mi corregge in tono duro, facendomi abbassare lo sguardo verso il pavimento.

-Mi dispiace- sussurro trattenendo le lacrime.

Si avvicina al mio corpo e appoggia due dita sotto il mio mento, per poi far incontrare i nostri occhi. È bellissima e non posso fare a meno di perdermi nei suoi occhi verdi, nonostante non brillino come molti anni fa. Ero riuscito a farla sorridere di nuovo, dopo tutto il suo dolore causato da James, quindi perché non potrei provarci ancora una volta?

-Hai molto da recuperare, superstar- abbozza un piccolo sorriso e il mio cuore viene invaso dalla felicità.

Come potrei non amarla?

 

 

 

 

 

 

EHI!

Eccomi con un nuovo capitolo, spero vi piaccia!

Alla fine Justin riesce sempre a farsi perdonare, eh? O forse è Emma ad essere troppo buona… mah…

Cooooomunque, ringrazio come sempre chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate, chi ha recensito e chi ha anche solo letto, siete meravigliose!

Un abbraccio coccoloso,

Morena

 

p.s. avete visto il video del profumo The key?! Stavo per morire *.* forse ho anche sbavato un po’, ma pazienza x’D

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Capitolo 12
*** Mi odio ***


Il mio iPhone squilla, distogliendo la mia attenzione dai paparazzi appostati sulla strada. Copro la finestra con la tenda arancione e sospiro, afferrando il cellulare.

Scooter.

-Pronto?- rispondo incerto.

So già il motivo della sua chiamata.

-Cos'è questa storia, Bieber?- urla rabbioso.

Allontano di qualche centimetro il cellulare dall'orecchio. Per questa sua rabbia potrei rimetterci un timpano.

-Di che parli?- domando ingenuamente.

-Justin Bieber e Charlotte Reed in giro per Los Angeles. Una nuova fiamma per la nostra popstar?- dal suo tono capisco che le sue parole siano il titolo di qualche rivista di gossip. -Justin Bieber e Charlotte Reed. Il ventitreenne ha già dimenticato la bella Nicole Torres?- cita un altro titolo.

Sospiro affondando le dita della mano libera tra i miei capelli biondi.

-Ascolta Scooter...- tento di spiegare, ma lui mi interrompe subito.

-No, ascoltami tu, Justin- inizia -Cosa ti passa per la testa? Avevi appena lasciato Nicole e ti sei fatto subito vedere con Charlotte. Pensi che i fans accetteranno tutto questo?- continua in tono severo.

-Tra me e Charlie non c'è assolutamente niente. L'ho solo accompagnata al centro commerciale- spiego sperando che lui mi capisca.

Mi avvicino nuovamente alla finestra e sussulto. Sembra quasi che i paparazzi si siano moltiplicati in questi pochi minuti. Appena mi notano, un'ondata di flash mi travolge, così sposto immediatamente la tenda.

-Oh, io questo lo so bene. Non credo che tu sia in grado di cambiare fidanzata nel giro di poche ore, soprattutto ora che hai incontrato di nuovo Emma- dice facendomi sorridere.

Forse perché sa che io non potrei mai fare una cosa del genere.

Forse perché ha pronunciato quel nome che alle mie orecchie suona come una dolce melodia.

-Ma i fans?- mi chiede poco dopo.

Mi mordo il labbro inferiore, pensieroso. Credo che i miei fans si fidino di me, ma se li avessi delusi?

-Sarà sufficiente smentire tutto- concludo cercando di assumere un tono sicuro, nonostante abbia molti dubbi.

-Justin, mi dispiace dirtelo, ma se accetteranno tutto ciò, dovrai fingere che Charlie sia veramente la tua nuova fidanzata- queste sono le sue ultime parole che sento prima che lui interrompa la conversazione telefonica.

Probabilmente vuole darmi del tempo per capire tutta questa situazione, ma io ho già compreso ogni cosa.

Le mie fans conoscono già Charlie. È molto probabile che loro approvino una nostra relazione.

Sbuffando, mi siedo sul divano bianco e appoggio la testa al cuscino.

Perché, proprio ora che tutto sembrava essersi risolto, la mia vita si deve complicare in questa maniera? Io voglio Emma, solo lei. Vorrei farmi perdonare per il mio ritardo, per i cinque anni in cui non le sono stato vicino e... per tutto. Vorrei riuscire a guadagnarmi nuovamente la sua fiducia e magari anche quella dei suoi due figli. Vorrei essere più di un amico per lei.

Ma tutto ciò sembra impossibile. Inizio a odiare la mia vita, insomma, perché devo fingere sempre di amare ragazze che in realtà vedo solo come amiche? Prima con Nicole e adesso con Charlie... È una grande presa in giro. Sto mentendo ai paparazzi, alle mie fans, a chiunque. Vorrei poter uscire da questa casa e gridare ai giornalisti che amo solo Emma, la mia dolce castana dagli occhi verdi, il sorriso splendente e la voce armoniosa.

Ma non posso.

Il telefono squilla nuovamente, riscuotendomi dai miei pensieri.

-Pronto?- mormoro, rendendomi conto solo in questo momento delle lacrime che lottano per inondare il mio viso.

-Justin, sono di nuovo io. Ascolta, ho bisogno che tu mi raggiunga, devo assolutamente parlare con te e Charlie. Manchi solo tu- la voce di Scooter giunge al mio orecchio come un sussurro.

Probabilmente si trova in qualche luogo pubblico e cerca di evitare che le persone captino la nostra conversazione.

Alzo gli occhi al cielo.

-Scooter, hai una vaga idea del delirio che c'è fuori dalla mia casa? Come credi che possa uscire?- domando retorico.

-Oh, cazzo- sussurra -Giusto, l'avevo quasi dimenticato... ehm... pazienza, ti posso dire tutto dal telefono- alza di qualche tono la voce e riesco a capire che, probabilmente, ciò che ha da dirmi non mi piacerà.

Mi alzo dal divano per dirigermi verso la finestra.

-Ti ascolto- lo incito a parlare, mentre scosto la tenda.

I paparazzi non si sono mossi dalle loro precedenti posizioni e continuano a fissarmi, scattando migliaia di fotografie.

Agito la mano e sorrido lievemente, come per salutarli, ma, quando i flash aumentano notevolmente, ricopro immediatamente la finestra.

-Ecco, a quanto pare le Beliebers hanno accettato la vostra probabile relazione. Non sono entusiaste, ma nemmeno contrarie. Potresti anche smentire la notizia, ma...- tenta di spiegare, ma io lo interrompo.

-Davvero? Ma è fantastico!- esclamo eccitato.

Sento dei mormorii e capisco che Charlie è riuscita a sentire le mie parole.

Dannazione.

-Grazie mille, Justin, veramente!- grida arrabbiata.

Allontano il cellulare dall'orecchio per evitare di rimanere sordo.

-Beh, purtroppo per te, Scooter vuole ugualmente che i fans credano che la nostra relazione sia vera- le sue parole sembrano veleno, ma sento anche un pizzico di delusione nella sua voce.

Perfetto, sono riuscito anche a offendere Charlie.

Sono proprio un genio...

-Amico, quando imparerai ad ascoltarmi fino alla fine?- mi chiede retorico Scooter. Sicuramente Charlie gli ha passato di nuovo il telefono.

Sospiro.

-Scott, mi dispiace, ma io sono stanco di mentire- mi passo una mano fra i capelli, sono molto nervoso -E vorrei poter finalmente passare del tempo con Emma- sussurro quando una lacrima solca il mio viso.

Sono stanco di questa vita da popstar.

A volte... ho come l'impressione che non riuscirò a continuare per molto tempo ancora la mia carriera. Non sono abbastanza forte per tutto ciò e l'unica persona che potrebbe aiutarmi è la mia piccola Emma, ma è anche quella persona che non riesco più a frequentare come vorrei, per colpa del mio lavoro e di tutte queste menzogne.

-Justin, mi dispiace dirtelo, ma potrai presentarla solo come amica ai giornalisti- queste parole infrangono in un attimo tutti i miei sogni.

Sgrano gli occhi.

-Ma... come? Anzi, perché?- balbetto incredulo.

-Emma ha due figli, Justin. Le tue fans potrebbero giudicarla per questo- mi spiega, cercando di mantenere un tono rassicurante.

Ma ogni suo tentativo di farmi mantenere la calma risulta vano.

Inizio a tirare calci a tutto quello che i miei piedi incontrano.

Dopo alcuni minuti, mi rendo conto di non aver mai detto a Scooter dei figli di Emma.

Proprio in quel momento, il mio piede sbatte contro il tavolino, facendomi urlare dal dolore. Di sicuro i paparazzi hanno sentito. Mi mordo violentemente il labbro inferiore, cercando di
non imprecare.

-Aspetta un attimo. Tu lo sapevi?- chiedo confuso.

Insomma, sono sicuro che me l'avrebbe detto, se l'avesse saputo.

-Che cosa sapevo?- chiede ingenuamente, ma, dal suo tono stridulo, capisco che sa bene di cosa io stia parlando.

-Tu sapevi di Alex e Drew e non mi hai avvertito- non è più una domanda.

Sono... sono veramente deluso. Tutte le persone che mi circondano, mi nascondono la verità.

-Devo andare, Justin. Una ballerina ha bisogno di essere confortata- cambia discorso per evitare di dire altre bugie.

Chiudo la conversazione telefonica e getto il telefono sul divano con rabbia.

-Oh, fanculo tutto!- grido.

Non mi preoccupo dei paparazzi. Sono totalmente stanco e non mi importa che abbiano sentito.

Ma, in fondo, non dovrei nemmeno arrabbiarmi.

Sono proprio io il primo a mentire alle persone che amo. Sto mentendo alle mie Beliebers e non mi perdonerò mai per questo.

Avrei bisogno di parlare con qualcuno, ma chi? Vorrei che Luke fosse qui, ma si è trasferito in Inghilterra da due anni e non ci sentiamo da un po'. Mi sembra ingiusto chiamarlo adesso che ho bisogno di lui. Certo, i veri amici si riconoscono nel momento del bisogno, ma io c'ero quando ha deciso di trasferirsi a Londra per studiare e ha dovuto lasciare Alex? No, io ero solo dall'altro capo del telefono, pronto a salire sul palco per cantare e non sono stato d'aiuto. Forse sarà anche arrabbiato con me, nonostante siano passati due anni e mi abbia assicurato che non si è offeso.

Ma io so che ci è rimasto male.

La mia carriera mi sta allontanando troppo dalle persone che amo e non mi lascia minuti liberi, nemmeno per confortare il mio migliore amico dopo la rottura con la sua fidanzata.

Mi odio.

Vorrei poter tornare a quel preciso momento e mandare a fanculo Scooter, ascoltare il mio migliore amico e iniziare con qualche minuto di ritardo il concerto.

E invece non posso cambiare il passato.

Quel giorno, Scooter mi ha incitato a chiudere la conversazione telefonica, non ho ascoltato il mio migliore amico e ho iniziato comunque in ritardo il concerto.

Cosa sarebbe cambiato se avessi ritardato di qualche altro minuto? Niente.

Sospiro, sedendomi accanto all'iPhone.

Voglio cambiare questa situazione. Voglio tornare a essere come cinque anni fa.

Fanculo la carriera, i paparazzi, i giornalisti e i pregiudizi di quelli che non sono veramente miei fans.

Scatto in piedi come una molla e, dopo aver afferrato il cellulare e le chiavi, esco di casa velocemente, per evitare i paparazzi.

Salgo in macchina e metto in moto.

Sfreccio tra le strade di Los Angeles, attento a non passare col rosso. Ogni tanto mi guardo intorno e mi rendo conto che ho fatto bene a scegliere di tornare qui dopo i concerti del tour, quando è possibile.

Questa è la mia città ed è meravigliosa.

Abbasso il finestrino e mi godo l'aria fresca di Ottobre.

Quando arrivo a destinazione, parcheggio l'auto e scendo. Per fortuna mi sono ricordato la strada.

Mi avvicino alla villa e busso, dopo aver preso un profondo respiro.

La porta si apre, mostrando i dolci lineamenti della mia piccola Emma.

Spalanca gli occhi.

-Justin? Che ci fai qui?- chiede curiosa.

Abbozzo un sorriso.

-Beh, devo recuperare questi cinque anni, ricordi?- chiedo afferrando la sua mano bianca.

Lei sorride ed io non posso fare altro che perdermi nei suoi meravigliosi occhi verdi.

 

 

 

EHI!

Ecco un nuovo capitolo, spero vi piaccia, nonostante sia abbastanza noioso.

Prometto che il prossimo sarà dedicato interamente ai Jemma (??)

Come sempre vi ringrazio per preferire/seguire/ricordare, recensire e leggere la mia storia, siete meravigliose!

Un abbraccio coccoloso,

Morena

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Capitolo 13
*** Crack. ***


-Dove stiamo andando, Justin?- chiede per l'ennesima volta nel giro di dieci minuti.

La guardo di sfuggita prima di prestare nuovamente attenzione alla strada.

Sorride.

-Non posso dirtelo, Emma- le ricordo accarezzando la sua mano.

-E voi due, lì dietro, non vi azzardate a dire qualcosa- cerco di assumere un tono severo, ma loro tre scoppiano a ridere. Non posso evitare di aggregarmi alle loro dolci risate.

Io, Emma e i suoi figli sembriamo proprio una famiglia. Peccato che Alex e Drew non siano i miei figli.

Scuoto la testa cercando di cacciare questi pensieri.

Con la coda dell'occhio noto che Emma sta avvicinando la mano al suo viso. So esattamente cosa sta cercando di fare.

-Emma, non provare a toglierti la benda dagli occhi- la ammonisco facendola sorridere.

Alza le mani in segno di resa -Va bene. Bambini, dove stiamo andando?- chiede mostrandomi un sorriso di vittoria.

-Non possiamo dirlo, mamma- sussurra Drew.

È un po' strano pensare a Emma come una mamma, ma non posso farci niente. Inoltre i suoi figli sono adorabili.

-Già, Justin non vuole- concorda Alex.

Cerco di non scoppiare a ridere, ma è veramente inevitabile.

-Sai, adoro i tuoi figli- sussurro a Emma.

-Sono...- sembra voglia dire qualcosa, ma si interrompe. Prende un respiro profondo -ehm... felice che voi vi troviate bene insieme- conclude balbettando.

Ho come l'impressione che questo non sia ciò che volesse dire inizialmente, ma non faccio domande.

Annuisco per poi accendere la radio.

Ora nella macchina rimbomba una mia canzone e, mentre Alex e Drew cantano sulla mia voce registrata, io stringo la mano di Emma. Accarezzo con il pollice il dorso della sua mano e lei ricambia con dolcezza la stretta.

Mi sento... tremendamente bene in questo momento.

Alex e Drew sono allegri, non pensano al loro padre assente.

Emma mi sembra serena, spero non sia ancora arrabbiata con me per tutto ciò che ho fatto in questi anni. Anzi, per tutto ciò che non ho fatto.

Dopo qualche minuto parcheggio l'auto davanti all'edificio. Faccio scendere Alex, Drew e per ultima la mia piccola Emma. Si guarda intorno, nonostante abbia gli occhi bendati, per poi sbuffare.

-È terribile non riuscire a vedere ciò che mi circonda. Mi sento quasi soffocare- sussurra terrorizzata.

Sgrano gli occhi.

Appoggio le mani sui suoi fianchi da dietro e le accarezzo il collo con il naso.

-Stai tranquilla, piccola mia. Ci sono io con te- cerco di tranquillizzarla.

-Lo so, ma sono abituata ad avere il controllo della situazione e non riuscire a capire dove ci troviamo e se i miei figli sono al sicuro, mi fa impazzire- spiega abbozzando un sorriso.

Potrebbe sembrare paranoica, ma io so che ha semplicemente paura di non poter proteggere i suoi figli, se per caso dovesse succedere qualcosa. La trovo una cosa... molto dolce.

Mi mordo il labbro inferiore.

-Fidati di me, amore mio- sussurro nel suo orecchio. Alle mie parole, i brividi percorrono il suo corpo bianco, facendomi sorridere. Lei non ha la minima idea di quanto io voglia baciarla. È così bella e profumata.

Scuoto la testa per evitare di perdermi tra i miei pensieri.

-Andiamo!- incito i bambini a seguirmi, mentre guido Emma dentro il suo vecchio liceo.

Ormai le lezioni dovrebbero essere finite e nessuno dovrebbe infastidirci.

Cerco di orientarmi nei corridoi per trovare la porta bianca che mi ha indicato la preside qualche giorno fa.

Quando la trovo, afferro le chiavi dalla tasca dei miei jeans e, dopo molti tentativi, riesco finalmente ad aprire la porta.

Alex e Drew spalancano le bocche, affascinati dalla grandezza di questa sala, e si siedono sulle poltroncine rosse.

Conduco Emma fino alla prima fila di poltrone e appoggio le mani sulla benda.

-Sei pronta?- mormoro nel suo orecchio.

Annuisce ed io slego il nodo.

Si guarda intorno confusa, ma l'ombra di un sorriso appare sul suo viso bianco.

-Perché siamo nel teatro del mio vecchio liceo?- chiede guardando le tende rosse e il leggio con il microfono appoggiati sul palco di legno.

-Beh, ti ho promesso che avrei recuperato questi cinque anni, no? Allora iniziamo da questo- spiego afferrando da una poltroncina la tunica e il cappello rosso con il nastro oro.

Una lacrima minuscola sfugge dal suo occhio.

-Grazie, Justin- sussurra emozionata.

-Di niente, piccola mia. Indossali- le dico dopo averla abbracciata e aver asciugato il suo viso.

Annuisce e li prende in mano.

-Bambini, venite qui- chiamo Alex e Drew che arrivano subito.

-Sedetevi qui- indico due poltroncine in prima fila e loro prendono subito posto, mentre io salgo sul palco e Emma indossa la tunica e il cappello. Batto le dita sul microfono un paio di volte con professionalità e poi tossisco lievemente.

-Bene, signore e signori- attiro l'attenzione di Alex e Drew cercando di imitare il tono di voce nasale della donna che mi ha ceduto le chiavi del teatro, ovvero la preside del liceo. Dalla risata soffocata di Emma, capisco che proprio lei quel giorno ha consegnato i diplomi agli alunni. Magari la sto anche imitando bene. I bambini, invece, non si preoccupano assolutamente di nascondere le loro risate spensierate. Cerco di mantenere uno sguardo serio, ma mi lascio sfuggire un sorrisetto.

-Ecco a voi i diplomati di quest'anno- annuncio afferrando un foglio arrotolato dal leggio e aprendolo.

Il foglio è lunghissimo, nonostante contenga solo il nome della mia piccola, e per questo Emma si morde il labbro inferiore e abbassa lo sguardo, cercando di non scoppiare a ridere.

-Un bell'applauso per Emma Wilson!- esclamo, cercando di mantenere lo stesso timbro di voce della preside.

I figli di Emma battono le mani ridendo e lei sale sul palco con le lacrime agli occhi.

Sorrido a quella vista. È veramente splendida e quel rosso le dona molto. Le porgo un foglio legato da un nastro oro come diploma, ma lei si fionda fra le mie braccia.

Una lacrima solitaria sfugge dal mio occhio nocciola, mentre ormai le sue innumerevoli lacrime hanno inondato il mio collo, dove lei ha appoggiato il viso. Circondo con le braccia la sua vita stretta e la avvicino maggiormente al mio corpo.

I due bambini dai capelli color grano e gli occhi verdi, ci osservano incantati. Probabilmente non riescono a capire il motivo delle nostre lacrime, considerando le risate che qualche secondo fa riempivano il teatro. Sono troppo piccoli perché capiscano. Ma io no.

Queste lacrime per me dicono più di migliaia di parole.

Riesco a capire tutto il dolore della mia piccola Emma.

Dolore perché quel giorno non c'ero per congratularmi con lei.

Non c'ero per tenere i passeggini dei suoi gemelli biondi, durante la sua presenza su questo palco.

Ma non ero assente solo in questa occasione. Non ci sono mai stato in questi cinque anni.

Afferro violentemente il mio labbro inferiore fra i denti per evitare di singhiozzare, ma non posso impedire alle lacrime di bagnarmi le gote.

Spero che anche solo una piccola parte delle sue lacrime sia di gioia.

Perché adesso sono tornato, e non me ne andrò più.

Perché sto cercando di fare finta che tutti questi anni non siano passati e le sto facendo rivivere uno dei momenti più importanti per la vita di una persona.

Ma, in fondo, io so che non potrò mai cancellare gli anni pieni di dolore passati.

-Perdonami, ti prego- sussurro nel suo orecchio, sfiorando la sua pelle bianca con le labbra.

Lei non risponde.

Ma come potrei biasimarla? Non posso pretendere niente da lei, anzi, dovrei solo essere grato del fatto che lei sia qui, ora. Qui vicino a me.

Alza il viso verso i miei occhi nocciola. Per qualche secondo rimango imbambolato a fissare i suoi pozzi verdi e non mi rendo nemmeno conto del suo viso sempre più vicino al mio. Quando le sue labbra morbide sfiorano la mia guancia, sgrano gli occhi. Le sue labbra mi sono mancate tanto... Non pensavo che un giorno le avrei avute nuovamente sulla mia pelle. O meglio, ci speravo, ma non credevo fosse possibile.

Vorrei che questo momento durasse per sempre, ma allontana subito le labbra e gli applausi dei gemelli risuonano nell'aria. Emma avvampa davanti ai sorrisi dei suoi figli, mentre io mi sfioro la guancia con le dita.

Non posso ancora crederci.

Mi riscuoto dai miei pensieri, quando Alex e Drew iniziano a rincorrersi per il teatro, tra le file di poltroncine.

Scuoto la testa, ancora incredulo, per poi afferrare la mano della mia piccola Emma e guidarla giù dal palco.

Voglio parlare un po' con lei, ma è lei la prima a prendere parola.

-Come hai fatto ad avere le chiavi?- chiede guardandosi intorno emozionata.

-Beh, diciamo che essere Justin Bieber serve almeno a qualcosa- rispondo malinconico, abbassando lo sguardo verso la sua mano ancora stretta alla mia.

Stringe le labbra in una linea sottile -Oh, non dire sciocchezze. Tu rendi felici milioni di fans in tutto il mondo. E anche due gemelli a Los Angeles- mi rassicura in tono dolce.

Sorrido.

-Come mai hai fatto ascoltare ai tuoi figli la mia musica?- alzo lo sguardo e incontro i suoi dolci occhi verdi.

Sul suo viso si dipinge una smorfia alle mie parole.

-Non voglio parlare di questo, adesso- conclude subito l'argomento.

Sospiro.

So che probabilmente non voglia parlare di questi cinque anni passati, ma io ho bisogno di sapere. Questa volta è lei a distogliere lo sguardo, posandolo sul bracciale di cuoio. Il suo sguardo si illumina, facendomi sorridere.

-Non l'hai mai tolto?- domanda accarezzando la targhetta argento con le dita.

-No- sussurro semplicemente.

Mi guardo un po' intorno.

Vorrei farle molte domande, ma ho paura di come potrebbe reagire.

-Che lavoro fai?- chiedo poi, sicuro che questo argomento non sia troppo delicato da trattare.

Alza lo sguardo verso il mio viso.

-Aiuto la signora Stillman durante le lezioni di musica alla scuola elementare. Era il lavoro dei miei sogni e, quando lei andrà in pensione, lascerà il posto a me- spiega distrattamente, guardando un punto imprecisato.

Sorrido -Oh, sono felice per te!- esclamo.

Sono veramente felice che abbia realizzato il suo sogno.

Forza un sorriso -Inoltre, quando i miei figli frequenteranno le elementari, potrò stare con loro e il pomeriggio non staranno a casa da soli- continua poco dopo.

Annuisco.

Mi sento quasi... in colpa.

Ogni cosa che lei faccia, ha lo scopo di rendere felici i suoi figli. Mentre io ho pensato solo a me stesso in questi anni.

-Non hai intenzione di dire al loro padre che...- cerco di chiedere, ma lei mi interrompe subito.

-Non voglio parlare di questo, Justin- mi risponde acida.

Cerca di alzarsi dalla poltroncina, ma io la blocco per il braccio.

-Ho il diritto di sapere, Emma- dico, provocando una sua risata amara.

-Tu hai il diritto di sapere?!- chiede retorica -Te ne sei andato cinque anni fa e se tu avessi veramente voluto sapere qualcosa di me, di noi, avresti fatto almeno una telefonata- sbotta, strattonando il suo braccio per liberarlo dalla mia presa ferrea.

Ma non ce n'era bisogno. Sono talmente scioccato, che non mi rendo nemmeno conto di ciò che mi circonda.

Ha ragione, dannazione!

Avrei potuto chiamarla, ma non l'ho fatto.

-Alex! Drew!- li chiama, attirando la loro attenzione.

Loro smettono di giocare e la guardano curiosi.

-Andiamo a casa- annuncia levandosi la tunica e il cappello.

Loro annuiscono semplicemente ed Emma torna a guardarmi. Riesco a scorgere nei suoi occhi tutto l'odio che sta provando nei miei confronti. Mi sembra quasi di ricevere delle pugnalate allo stomaco.

-Bel pomeriggio, veramente. La prossima volta, però, evita di coinvolgerci- commenta sarcastica.

Il mio sguardo è perso nel vuoto e, quando mi rendo conto di cosa stia veramente succedendo, loro sono già davanti alla porta del teatro.

-Emma, dove vai? Siamo venuti in macchina e la tua casa è distante- cerco di farla ragionare.

-Preferisco andare a piedi, piuttosto che passare anche solo un secondo di più con te- grida con le lacrime agli occhi.

Oh, questo fa veramente male.

Si voltano definitivamente, sbattendo il portone.

È possibile sentire il rumore di un cuore che si spezza? Perché io ho appena sentito un "crack".

 

 

 

 

 

EHI!

Questa volta sono stata molto più veloce, spero che vi piaccia.

A quanto pare questa volta Justin non è riuscito a farsi perdonare…

Ringrazio come sempre chi ha inserito la storia fra le preferite/seguite/ricordate, chi ha recensito e chi ha anche solo letto, mi commuovete sempre!

Nel prossimo capitolo si scoprirà finalmente perché Pattie e Jeremy fossero contrari alla passione di Justin per la musica… avete delle idee? Se sì, mi piacerebbe saperle, magari qualcuno indovina…

Un abbraccio coccoloso,

Morena

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Capitolo 14
*** Lui è... tuo padre. ***


Cammino senza una direzione precisa.

Mi sento completamente svuotato da ogni emozione positiva. In questo momento, nei miei confronti, provo solo ribrezzo.

Cinque anni fa, pensando di poterle offrire il futuro tanto desiderato, me ne sono andato. Certo, lei ha fatto dei figli con James, ma in fondo non l'avrei mai odiata. Sarei rimasto accanto a lei durante la gravidanza, durante il parto, il giorno del suo diploma e in qualsiasi altra occasione. Proprio come ha fatto Jazzy. E invece ho inseguito il mio sogno, rovinando i rapporti con le persone più importanti della mia vita.

Sto cercando di rimediare, ma sembra proprio che Emma non voglia darmene la possibilità.

Stringo le mie mani in due pugni per la rabbia.

Io ho fatto i miei errori, ma perché deve trattarmi in questo modo? Non vuole darmi alcuna spiegazione e non ne capisco il motivo. Insomma, penso di averne il diritto, visto che quando me ne sono andato, lei non ha aspettato molto prima di fare dei figli con quel bastardo.

Afferro violentemente il mio labbro inferiore fra i denti per evitare di urlare a tutta la città i miei pensieri e sentimenti.

Per la prima volta da quando l'ho incontrata al concerto, sento una strana sensazione.

Mi sento... deluso.

Diceva di amarmi, ma era stata sincera?

Adesso non riesco nemmeno a capire il perché di questi miei dubbi. Io la amo e ciò che ha fatto non cambia i miei sentimenti, ma non posso comunque fare a meno di pensare che lei abbia solo mentito. Se mi spiegasse ciò che è successo cinque anni fa, magari potrei capire il perché delle sue azioni. E invece non si sforza minimamente di farmi cambiare idea. Forse non vuole. Vorrebbe sono allontanarmi probabilmente.

Tiro un calcio a un sasso sul marciapiede.

Beh, avrebbe potuto anche dirmelo prima.

Perso fra i miei pensieri, non mi rendo nemmeno conto dei centinaia di flash provenienti dai vari lati della strada. Mi accorgo dei giornalisti solo quando ormai ne sono circondato.

-Allora, Justin, è tutto vero?- chiede uno di loro con un paio di bizzarri occhiali da vista.

-Parlaci di Charlotte, Justin- mi incita una donna con un registratore in mano.

-Tu e Charlie Reed state insieme?- domanda un altro giornalista dai capelli rossi. A tutte queste domande, alzo gli occhi al cielo, scocciato. Non mi interessa cosa sia giusto o meno per Scooter, sono pronto a smentire quest'ennesima menzogna.

Ma una domanda diversa mi ferma -Chi è la ragazza con i due gemelli? Si chiama Emma Wilson, giusto?- queste parole mi offuscano la mente.

La mia piccola Emma ormai ha la sua famiglia e, a quanto pare, non vuole che io ne faccia parte. Probabilmente ama ancora James e, se lui fosse rimasto a crescere i due gemelli con lei, Emma non mi penserebbe nemmeno.

Stringo nuovamente i pugni -Emma non è nessuno. Charlie è la mia nuova fidanzata- preso dalla rabbia, sputo queste parole piene di cattiveria.

Con una velocità assurda riesco poi a scappare da quei paparazzi e mi incammino in una strada quasi deserta.

Non posso credere di averlo detto veramente. Inoltre non mi sento meglio dopo che quelle parole hanno abbandonato le mie labbra. Anzi, mi sento peggio di prima.

Perché continuo a mentire?

La verità è che Charlie non è nessuno e vorrei tanto che Emma fosse la mia fidanzata. Amo la mia piccola come cinque anni fa, se non di più, e non potrei mai provare rabbia nei suoi confronti. Semplicemente odio che Alex e Drew siano anche figli di quel... non saprei come definirlo, so solo che lo detesto con tutto il cuore.

Camminando, mi ritrovo davanti alla casa in cui ho passato la mia infanzia.

Bene, ho proprio bisogno di stare in compagnia della mia famiglia.

Non ho rivolto la parola a Jazzy per quasi un giorno perché non mi aveva detto che Emma avesse avuto dei figli, ma alla fine ho ceduto e l'ho perdonata.

Suono il campanello e attendo che qualcuno venga ad aprirmi. Sento dei passi leggeri e veloci dietro la porta e, subito dopo, mia sorella mi rivolge un sorriso forzato.

-Ciao, Justin. Entra- mi accoglie con una nota di delusione nei miei confronti.

Ok, cosa ho fatto adesso? So di essere un danno, ma ancora non sono nemmeno entrato in casa...

-Che succede, Jazzy?- le chiedo preoccupato.

Afferra la mia mano e mi trascina in soggiorno, dove la tv è accesa su un canale di musica. Riesco a vedere me, mentre scappo dai giornalisti.

Abbasso lo sguardo verso le mie scarpe. Ora ho capito.

-È così, Justin? Emma, la tua piccola Emma, non è nessuno?- mi chiede.

La sua voce è un mix di delusione e rabbia. Cerco in tutti i modi di evitare il suo sguardo accusatorio.

-Ero... arrabbiato. Non potrei mai pensare una cosa del genere e lo sai meglio di me- spiego, azzardandomi a guardare i suoi occhi nocciola.

È ancora arrabbiata, ma sembra essersi addolcita alle mie parole.

-Non dovresti trattarla così, Justin. Non hai idea di quanto abbia sofferto in questi anni- mi ammonisce. Ha ragione, io non ne ho idea. Non ne vuole parlare.

-Tu sì?- le chiedo curioso, facendo abbassare lo sguardo a lei. Capisco che Jazzy sa ogni cosa, mentre io pagherei oro per avere anche solo una vaga idea della vita di Emma in questi cinque anni.

-Ti prego, Jazzy. Dimmi quello che sai. Sto soffrendo veramente- la supplico.

Il mio labbro inferiore trema.

Sono totalmente disperato e Jazzy sembra rendersene conto, infatti apre la bocca per parlare, ma qualcosa la interrompe.

Il suo cellulare.

-Scusami- sussurra veramente dispiaciuta prima di dirigersi verso la sua camera per rispondere.

Dannazione!

Ero vicinissimo alla verità, finalmente, e adesso mi ritrovo come prima, solo con più dubbi ad assillarmi la mente.

Mi butto di peso sul divano, sospirando.

Di certo non rinuncerò alla verità per una stupida interruzione.

Afferro il mio iPhone, per poi sbloccare lo schermo. Ed ecco che mi ritrovo nuovamente a fissare quella foto.

Perché le cose più belle devono finire? Non penso sia giusto. Io e lei ci eravamo finalmente dichiarati e quel maledetto pomeriggio è arrivato, portandosi via la mia felicità.

Nella mia mente si fa strada quella canzone. La canzone natalizia scritta da Emma, che è stata la colonna sonora di quel meraviglioso Natale. In questo momento vorrei essere con lei sotto il vischio. Vorrei baciarla, giurandole amore eterno.

Sfioro delicatamente il mio bracciale di cuoio e, senza rendermene conto, canticchio qualche verso.

-With you, shawty with you... With you, shawty with you... With you, under the mistletoe...- non ci impiego molto a capire perché io l'abbia cantata nella tonalità originale, la stessa di quel 30 Novembre al centro commerciale.

Ho capito cosa provasse Emma quel giorno.

Lei cercava James, le mancava il ragazzo che amava. Aveva quel brutto ricordo a minacciare la sua felicità e la sua tranquillità.

Adesso io... voglio lei. Sento la sua mancanza e ho anch’io un brutto ricordo nella mente.

Sospiro e appoggio la testa sul cuscino dietro di me, ma la alzo subito dopo lo scatto della serratura.

Continuo a canticchiare, sapendo che sono i miei genitori. Stanno chiacchierando e, quando entrano nel salotto, rimango sorpreso notando le loro espressioni. Sembrano quasi dispiaciuti, ma anche un po' spaventati.

Le mie labbra smettono di muoversi, togliendo la voce a quei versi natalizi.

So il perché di questa reazione. Sin da quando ero un bambino, sono sempre stati chiari, riguardo al mio sogno di diventare un cantante. Non volevano, nonostante non mi abbiano mai spiegato il motivo. Non ho mai partecipato ai saggi di musica insieme ai miei compagni di classe e per questo avevo il terrore del palco scenico. Terrore che solo Emma è riuscita a farmi passare. Ma adesso ne ho abbastanza. Sono stufo di tutti questi segreti. Insomma, Jazzy sarà anche stata interrotta dal cellulare, ma ora pretendo delle spiegazioni riguardo a quest'altra questione.

Noto gli occhi celesti di mia mamma diventare improvvisamente lucidi, facendomi spalancare la bocca.

L'ho fatta addirittura piangere?

-Perché piangi?- le chiedo cauto, avvicinandomi.

-Penso sia arrivato il momento, Jeremy- sussurra senza calcolare la mia domanda.

Lui annuisce semplicemente.

-Siediti, Justin- rivolge un'occhiata al divano ed io seguo le sue parole.

Dopo vari minuti di silenzio, mia mamma smette di piangere e sorride malinconica. Si avvicina alla libreria e afferra un album fotografico rilegato in pelle e un CD, inserendo quest'ultimo nello stereo. Schiaccia qualche pulsante e, poco dopo, una melodia classica, suonata al pianoforte, giunge alle mie orecchie.

È... meravigliosa, ma non capisco perché mia mamma me la stia facendo ascoltare.

-Perché...?- tento di chiedere, ma lei mi interrompe.

-Ti prego, fammi parlare- supplica e io annuisco.

Apre l'album e afferra una foto, porgendomela.

È un ragazzo sui vent'anni, con una folta chioma. Sorrido, riconoscendo mio padre.

-Oh, eri un capellone!- commento, scoppiando a ridere.

Ma lui rimane serio.

-Non sono io- mi informa.

-E allora chi è?- chiedo confuso.

-È il mio gemello- continua poco dopo.

Non sapevo avesse un gemello...

Inarco un sopracciglio, mentre una strana sensazione si fa strada dentro al mio corpo.

-Lui è... tuo padre- conclude mia madre, di nuovo in lacrime.

Spalanco contemporaneamente occhi e bocca.

Non è possibile, non può essere vero.

Mio padre è l'uomo seduto sulla poltrona, accanto a me. L'uomo che ogni pomeriggio legge il suo giornale pieno di informazioni. L'uomo con cui vedevo le partite di hockey e che mi accompagnava agli allenamenti quasi ogni pomeriggio.

Una lacrima sfugge dal mio occhio nocciola.

Non è forse così?

-Venticinque anni fa conobbi George Bieber, fratello gemello di Jeremy- dice, notando
che ho lo sguardo perso nel vuoto. -Mi innamorai di lui per la sua dolcezza incredibile e per le sue meravigliose dita affusolate. Era un pianista pieno di talento e mi dedicò molte melodie, come quella che stai sentendo. Sai, ti somigliava molto- continua, interrompendosi ogni tanto per dei singhiozzi.

Parla al passato.

Chiudo gli occhi, intuendo cosa possa essere successo.

-Un giorno decise di partire per l'Italia, voleva migliorare come pianista e pensava che stare in Europa potesse ispirargli qualche nuova melodia indimenticabile. Ero già incinta di te in quel periodo e lui mi assicurò che per nulla al mondo si sarebbe perso il giorno del parto- singhiozza.

Le sue parole giungono ovattate alle mie orecchie, ma riesco comunque a comprenderle.

-Lui è morto, vero?- chiedo, quando ormai non ho più dubbi.

Mi sento perso.

Guardo un punto imprecisato, con la consapevolezza che per ventitré anni ho vissuto pensando che Jeremy fosse mio padre, quando in realtà non lo è.

Mio padre è morto e io non l'ho mai conosciuto.

Annuisce.

-Stava facendo un viaggio in aereo e...- tenta di spiegare, ma io non voglio più sentire niente.

-Basta, ti prego- le dico, cercando di trattenere le lacrime.

Mi alzo dal divano, dopo aver afferrato il mio iPhone, e mi dirigo verso la porta.

Sento le loro voci chiamarmi, ma non mi volto indietro ed esco dalla casa segnata da ricordi pieni di menzogne.

Ora capisco perché non mi abbiano mai fatto partecipare ai saggi, perché fossero contrari a una mia possibile carriera canora. Temevano che potessi fare la stessa fine di... George.

Come potrei chiamare "padre" una persona che non ho mai conosciuto?

Le lacrime ormai scorrono incessantemente sulle mie guance e mi offuscano la vista. Non mi accorgo nemmeno delle persone che mi circondano, infatti, vado a sbattere contro qualcuno.

Occhi verdi e capelli castani.

Sgrano gli occhi.

-Emma- sussurro. Non avrei voluto incontrare nessuno, esclusa lei.

Lei sbuffa quando si rende conto di chi l'abbia fatta cadere.

L'aiuto a rialzarsi per poi abbracciarla. Stringo il suo corpo bianco e freddo fra le mie braccia, cercando di trasmetterle tutto l'amore che provo per lei. Ho bisogno di lei e di nessun altro. Ma lei scioglie l'abbraccio, sicuramente arrabbiata.

-Scusa, io non sono nessuno. Abbraccia qualcun altro- le sue parole sembrano veleno e non mi ha nemmeno guardato negli occhi.

Beh, la capisco.

-Per favore, Emma- la supplico, ma inizia a camminare senza ascoltarmi.

Non voglio perdere una delle persone più importanti della mia vita e, inoltre, in questo momento ho bisogno di sfogarmi con lei. So che è l'unica che potrebbe capirmi.

-Jeremy non è mio padre!- grido attirando la sua attenzione.

Si gira verso di me con gli occhi spalancati.

-Cosa?!- chiede, incredula.

 

 

 

 

 

EHI!

TA DAAAN! Ecco la rivelazione. Sì, un po’ drammatica, ma mi è venuta così. Inizialmente volevo scrivere di un fratello di Justin che faceva il chitarrista ed è morto prima che lui nascesse, ma fortunatamente sono brava in matematica e i conti mi hanno fatto capire che figlio e madre sarebbero dovuti nascere nello stesso momento, quindi… no.

Ahahah okay, passiamo ad altro.

Spero che il capitolo non vi abbia deluse e vi ringrazio come sempre per aver inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate, per aver recensito e anche solo letto, vi voglio troppo bene!

Volevo salutare Giada. So che non leggerai mai quello che sto scrivendo, ma mi basta sapere che ormai tu stia passando al lato oscuro x’D

Un bacio immenso a Francesca, non hai idea di quanto io ti voglia bene!

Un abbraccio coccoloso,

Morena

 

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Capitolo 15
*** È questo che vuoi? ***


Appoggia una coperta verde sulle mie spalle e mi porge una tazza di tè caldo. Non fa molto freddo, il clima è piacevole, ma io sto tremando.

-Grazie- sussurro, avvolgendo le dita intorno alla tazza.

Si siede sul divano anche lei, ma mantenendo una certa distanza. Mi sfugge un singhiozzo e lei mi accarezza la guancia. Forza un sorriso, per poi rivolgere lo sguardo altrove.

Sospiro.

So che sta facendo tutto questo solo perché le faccio pena e non per qualche sentimento anche lontanamente paragonabile all'affetto.

Questo mi distrugge.

Spero che le cose possano aggiustarsi, ma in questo momento ne dubito fortemente.

Mi volto verso di lei e osservo il suo profilo perfetto, mentre avvicino la tazza alle labbra. Prendo un piccolo sorso di tè, scottandomi la lingua. Lo ingoio rumorosamente e, subito dopo, respiro affannosamente. Attiro l'attenzione della ragazza dagli occhi verdi che adesso mi guarda con aria interrogativa.

-Scotta- sussurro.

Di sicuro in questo momento sembro proprio un bambino, infatti, Emma scoppia a ridere.

La sua risata è il suono più armonioso che io abbia mai sentito e lei è così bella quando sorride, che mi incanto a fissare le sue labbra rosee e morbide.

Vorrei baciarla.

Poi, però, il pensiero della rivelazione di mia madre mi riscuote dai miei pensieri, facendomi abbassare lo sguardo. La sua dolce risata si interrompe e, con la coda dell'occhio, riesco a scorgere la sua espressione.

Sembra dispiaciuta.

Dopo una leggera esitazione, sì avvicina al mio corpo.

-Ti va di... raccontarmi ciò che è successo?- mi chiede cauta.

Annuisco, per poi alzare lo sguardo verso il suo viso. Emma è semplicemente bellissima e, come sempre, mi perdo nei suoi occhi verdi per un tempo che a me sembra infinito.

-Ti ricordi quando ti dissi il motivo della mia paura da palco scenico?- le chiedo, ripensando a cinque anni fa.

Si inumidisce le labbra -Certo. I tuoi genitori non ti hanno mai permesso di esibirti. Ma questo cosa centra?- è visibilmente confusa.

Sospiro.

-A quanto pare il mio vero... padre... era un pianista e lui è...- balbetto prima di interrompermi.

Una lacrima sfugge dal mio occhio ed Emma si affretta ad asciugarla e ad abbracciarmi. Ricambio l'abbraccio senza pensarci due volte, affondando il viso nell'incavo del suo collo bianco. Mi accarezza dolcemente i capelli e capisco che è stata una vera fortuna incontrarla per strada. Mi basta averla vicino per sentirmi meglio. Le sue carezze delicate mi sono mancate tanto in questi anni. Appoggia le sue labbra sulla mia fronte, scaldandomela con il fiato tiepido.

I palmi delle sue mani e le sue labbra sono le parti più calde del suo corpo, insieme al ventre piatto coperto da una felpa bianca e blu enorme. Per il resto, è perennemente fredda e riesco ancora a ricordare, nonostante gli anni passati, come il contatto della sua pelle gelida con la mia calda, riuscisse a farmi venire innumerevoli brividi di piacere mentre facevamo l'amore.

Annuso il suo delicato profumo, prima di sciogliere controvoglia l'abbraccio.

-Mi dispiace, Justin- sussurra, asciugandomi altre lacrime -Ma il tuo vero padre, è l'uomo che ti ha cresciuto- continua poco dopo nel tentativo di consolarmi.

-Lui sarebbe tornato, Emma. Avrebbe voluto esserci il giorno del parto, mi avrebbe cresciuto lui, e invece è morto- grido disperato.

La mia piccola Emma si morde il labbro inferiore, visibilmente tremante, e riesco a scorgere un luccichio nei suoi occhi. Sembra quasi che stia per piangere.

-Devo dirti una cosa importante, Justin- sussurra impaurita. Non ho la più pallida idea di ciò che voglia dirmi.

Mi asciugo le guance con il dorso della mano destra.

-Dimmi- la incito a parlare, leggermente agitato.

Dopo aver sospirato, apre la bocca, pronta a parlare, ma uno squillo la interrompe.

Alzo gli occhi al cielo. Sto iniziando a odiare profondamente i telefoni.

-Ehm... perdonami, devo rispondere. Fai come se fossi a casa tua nel frattempo- dice gentilmente.

Annuisco, mentre lei si allontana dalla stanza.

Mi guardo un po' intorno. Finalmente ho la possibilità di osservare questa casa.

I mobili di legno e i colori caldi rendono la casa molto accogliente. Trasmette calore e mi ricorda la mia villetta. Le pareti sono color pesca, ma il colore non è uniforme. Sembra quasi che l'imbianchino abbia tracciato con il pennello dei tratti irregolari sul muro, lasciando intravedere il bianco.

Mi avvicino.

Anzi, forse ha usato una spugna.

Alzo gli occhi al cielo.

Non so nemmeno perché io stia pensando a come possa essere stata dipinta la casa.

Scuoto la testa per scacciare questo pensiero e mi volto da un'altra parte, verso una parete che non avevo nemmeno considerato.

Spalanco la bocca a quella vista.

Il muro è completamente bianco, senza tracce del color pesca, ma è ricoperto da quadri di varie dimensioni.

Un quadro in particolare attira la mia attenzione. Ci sono quattro persone in fondo ad una strada deserta. Un ragazzo sui vent'anni e dai capelli biondi tiene la mano a una bambina, che a sua volta stringe quella di un altro bambino, che accarezza quella di una ragazza dai capelli castani. Le quattro figure sono abbastanza colorate, ma il resto del quadro è sui toni del grigio.

Questi siamo... noi?

Accarezzo la tela che Emma non ha ricoperto con il vetro della cornice e volgo lo sguardo altrove, con le lacrime agli occhi.

Ci sono dei miei ritratti, o almeno credo di essere io il ragazzo con il ciuffo all'insù in alcuni quadri e con il ciuffo a coprire la fronte in altri disegni. Portavo i capelli così cinque anni fa.

Guardo il resto della parete.

Lo stesso ragazzo compare molte altre volte, in compagnia dei due gemelli. Sono tutte scene che la fantasia di Emma ha inventato, tranne una.

Ricordo perfettamente quel giorno.

Il giorno in cui mi ero dimenticato dell'intervista e del servizio fotografico.

Il giorno in cui ho accarezzato la bambina dagli occhi verdi, di cui ancora non conoscevo il nome.

Quel giorno non sapevo nemmeno che Emma fosse a pochi metri da me.

Sfioro anche questa volta la tela.

-Eccomi, Just...- Emma si interrompe sul mio nome, mentre io mi giro verso di lei. Ha stretto le labbra in una linea sottile ed evita il mio sguardo.

-Sono... sono io?- chiedo esitante, indicando i disegni.

Annuisce. Sembra leggermente nervosa.

-Perché hai fatto questi disegni?- le chiedo, per poi mordermi il labbro inferiore.

-Perché non avevo le foto- spiega acida.

Abbasso lo sguardo verso i miei piedi. Poi mi accorgo finalmente della loro assenza.

-Dove sono Alex e Drew?- chiedo curioso.

Alza le spalle -I nonni volevano passare un po' di tempo con loro- risponde prendendo posto sul divano.

Mi risulta un po' difficile pensare a Kate e a Joseph come dei nonni, loro sono così giovani. Per non parlare del fatto che ancora io non riesca a realizzare che Emma abbia due gemelli a ventidue anni e li abbia cresciuti da sola.

Torno a guardare i quadri.

-Sai, anche io potrei esserlo per loro- commento dopo alcuni minuti di silenzio.

Si volta verso di me, confusa.

-Cosa?- chiede.

-Potrei essere il loro papà. L'hai detto tu, no? Il genitore è chi ti cresce e io vorrei passare la mia vita con voi- rispondo fissando le dolci pennellate di Emma.

Con la coda dell'occhio la vedo irrigidirsi.

-Per Alex e Drew è diverso. Loro hanno già un padre- risponde freddamente.

Alzo entrambe le sopracciglia.

James non li ha cresciuti.

-Ma non hai detto che...- tento di parlare, ma lei mi interrompe.

-In questi quattro anni io sono stata sia mamma che papà per loro- conclude. Non è un ragionamento giusto. I bambini devono crescere con entrambe le figure, sia quella materna, che quella paterna.

Mordo distrattamente il mio labbro inferiore.

Prima sembrava essersi addolcita, ma con le mie domande ho peggiorato le cose.

-Al telefono era Jazzy- annuncia, attirando la mia attenzione.

Distolgo lo sguardo dai quadri e lo punto sulla mia piccola Emma. Questo la incita a continuare.

-La tua famiglia è preoccupata e Jazzy mi ha chiesto se per caso sapessi dove potessi essere andato. Le ho detto che eri qui, ma adesso ti aspettano a casa-mi informa afferrando una ciocca dei suoi capelli e rigirandola fra le dita.

-Oh, adesso vado, allora. Ho bisogno di scusarmi con loro- rispondo.

Adesso la mia presenza sembra darle quasi fastidio. Non mi rivolge nemmeno uno sguardo.

Ma io ho bisogno di sapere cosa volesse dirmi di importante.

-Cosa stavi tentando di dirmi, prima della chiamata?- le mie parole la fanno sobbalzare.

La ciocca le sfugge dalle dita, mentre si volta finalmente verso di me. Anzi, verso il quadro che per primo aveva attirato la mia attenzione. Abbassa il viso, non intenzionata a parlare, ma sono riuscito a vedere una lacrima rigare il suo viso.

Sospiro.

-Va bene, me ne vado. Grazie per... tutto- la saluto e mi dirigo verso il portone.

Quando ormai sono pronto a uscire, lei si affretta a raggiungermi.

-Aspetta- mi ferma.

Mi giro verso di lei. Il suo viso è stato completamente bagnato dalle lacrime e dei singhiozzi scuotono il suo petto.

Deglutisce -Io ti chiedo di dimenticare, se non l'hai già fatto, tutto quello che c'è stato fra noi- balbetta lasciandomi a bocca aperta.

-Ma... perché?- le chiedo incredulo.

Non posso credere che me lo stia chiedendo veramente.

-Perché per me quel periodo non esiste più e voglio che tu ti faccia una vita senza pensare a noi tre- spiega fra un singhiozzo e l'altro.

Il mio labbro inferiore trema.

Se cinque anni fa mi avessero detto che prima o poi queste parole sarebbero uscite dalla bocca di Emma e che, soprattutto, sarebbero state rivolte a me, sarei scoppiato a ridere. Ora, invece, riesco solo a chiudere gli occhi e a respirare irregolarmente.

-È questo che vuoi?- le chiedo, asciugandomi velocemente alcune lacrime con il dorso della mano.

Annuisce.

-Perfetto- sussurro.

Apro la porta, ma ancora non esco.

Vorrei gridarle che questa è una grande stronzata, che la amo e sono pronto a prendermi cura di loro tre, ma mi sento ferito e probabilmente, dopo tutto ciò che ha detto, sembrerei solo un povero disperato.

-Addio, Emma- mormoro, ma sono sicuro che lei abbia sentito.

 

 

 

EHI!

Sì, il capitolo è triste, ma spero vi piaccia ugualmente. Sapete, ero un po’ depressa quando l’ho scritto e non sono riuscita a nascondere le mie emozioni.

Comunque, vorrei ringraziarvi come al solito per preferire/seguire/ricordate e recensire questa storia, ma anche solo per leggerla, non sapete quanto tutto ciò mi renda felice.

Ah, prima che mi dimentichi come l’altra e volta e qualcuno mi accusi (sì, parlo con te Francy), volevo dirvi che ho iniziato una nuova storia, visto che questa è abbastanza vicina alla fine. Se vi può interessare, la nuova storia si chiama “Promises.” e potete trovarla sul mio profilo, dato che non sono capace di inserire un collegamento ipertestuale T.T

Francy, ti voglio un mondo di bene, sappilo!

Un abbraccio coccoloso,

Morena

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Capitolo 16
*** Un cd natalizio ***


La mia mano stringe debolmente quella di Charlie, mentre lei si è ancorata al mio corpo.

Vuole che io mi faccia una vita? Perfetto, non aspettavo altro.

Sospiro.

Sono pessimo.

In questo momento le sue parole mi rimbombano nella mente e non riesco ancora ad accettarle, nonostante sia passato un mese da quel giorno.

Ti chiedo di dimenticare. Ti chiedo di dimenticare. Ti chiedo di dimenticare.

Come potrei dimenticare tutto ciò che abbiamo passato cinque anni fa? È totalmente impensabile. Io voglio passare la mia vita con Emma e i suoi figli e invece mi ritrovo a passeggiare per strada, mano nella mano con Charlotte, mentre i paparazzi scattano migliaia di fotografie e i passanti ci osservano curiosi. Certo, incontrare Justin Bieber con la sua fidanzata non è una cosa da tutti i giorni, ma penso sia ancora più strano che lui abbia un'aria infastidita, mentre lei sembra spensierata e felice. E soprattutto appiccicata a lui.

Oh, fantastico.

Ora parlo di me stesso in terza persona.

Spalanco gli occhi per tutte le stronzate che mi intasano la mente, per poi scuotere la testa.

È meglio non pensarci.

Mi manca Emma. Ora che ci penso mi mancano anche i suoi figli, sono così teneri. Hanno gli stessi occhi profondi e verdi di Emma e i capelli biondo grano di... nessuno.

Se non ricordo male, James ha i capelli scuri.

Sì, mi ricordo perfettamente il pomeriggio in cui è tornato. Mi ricordo come i suoi capelli scurissimi facessero contrasto con i suoi occhi color mare.

Stringo le labbra in una linea sottile.

Pensare a James mi ricorda inevitabilmente quei momenti passati con Emma a parlare di lui.

Mi ricordo di quando ho lasciato Los Angeles per andare alla ricerca di quel... di quel bastardo.

Ricordo la disperazione negli occhi verdi di Emma, quando mi ha raccontato del giorno dell'incidente. Mi ha parlato della sua dolcezza, ma io non sono riuscito a trovare in lui niente di simile. Come poteva pensare che lui fosse una specie di principe azzurro? Oh, io di sicuro non l'avrei abbandonata come ha fatto lui.

Questo mio discorso, però, non ha assolutamente senso.

Io me ne sono andato.

Certo, non l'ho lasciata incinta, ma comunque ho preso quel maledetto aereo.

Charlie si avvicina al mio viso mentre camminiamo e mi sfiora l'orecchio con le labbra.

Inarco un sopracciglio, prima di guardarla con sguardo interrogativo, ma lei mi rivolge un sorriso malizioso. Ma in che razza di guaio mi sono cacciato? A volte sembra quasi che si dimentichi che noi non stiamo veramente insieme. Davanti ai paparazzi mi bacia spesso sulle labbra, cogliendomi di sorpresa. Io, naturalmente, sono costretto a fingere dei sorrisi, come se essere baciato da lei sia la cosa che mi riempia maggiormente di gioia. Loro scattano le foto e le pubblicano ovunque. Sembrano soddisfatti di tutto ciò.

Ma io sono deluso. Non riesco a credere che io non possa fare niente. Devo solo accettare ciò che mi viene obbligato da Scooter.

Il cellulare squilla, riscuotendomi da quei pensieri.

Socchiudo gli occhi e avvicino il telefono al mio viso, sperando che sia la mia Emma, come tutte le volte che qualcuno mi chiami.

Sospiro e accetto la chiamata.

-Dimmi Scooter- chiunque potrebbe capire quanto sia annoiato in questo momento.

-Ehi, Mr Voglia-di-vivere, che combini?- chiede scoppiando a ridere. Inarco un sopracciglio, attendendo la fine di queste sue risate isteriche, ma credo che potrei stare qui con il cellulare in mano per ore.

-Ti sembra che io stia ridendo?- chiedo scocciato, guadagnandomi un'occhiata interrogativa da parte di Charlie. Io mi limito a sciogliere la stretta delle nostre mani e allontanarmi da lei.

Scooter torna serio -Scusa, volevo solo sapere cosa stessi facendo- se fosse davanti a me, probabilmente alzerebbe le mani in segno di resa.

Sospiro, passandomi una mano fra i capelli biondo grano.

-Perché, le foto dei paparazzi non sono ancora su internet?- chiedo ironico.

Mi guardo un po' intorno e spero di non avere giornalisti e paparazzi a spiarmi dalle vetrine dei negozi o dietro qualche siepe, ma sarebbe troppo. Di sicuro, in questo momento, ogni mio movimento viene fotografato per fare in modo che nessuno lo dimentichi. Il suo silenzio mi fa comprendere che ogni persona in tutto il mondo sa cosa stia facendo. O comunque, ogni persona cui interessi saperlo.

-C'è qualcosa che dovresti dirmi?- chiedo, cercando di capire quale sia il vero motivo di questa telefonata.

Mi siedo su una panchina di legno alla fermata dell'autobus e vedo Charlie raggiungermi e sedersi accanto a me. Cerco di non sbuffare per evitare che possa in qualche modo offendersi.

-Beh, come sai mancano poco meno di due mesi a Natale...- inizia con tono tranquillo.

Questa è una delle poche cose di cui preferirei non parlare. Questa festività mi riporta alla mente troppi ricordi. Non ho intenzione di passare un altro 25 Dicembre senza la mia Emma, senza la sua dolce voce a farmi gli auguri e... sì, nemmeno senza un nostro bacio sotto il vischio. Mi mancano troppo le sue labbra sulle mie, ma non credo che potrò più baciare la castana dagli occhi verdi.

-Sì, ma vai al dunque. Sai quanto mi faccia soffrire questo pensiero- lo incito a continuare.

-Pensavo che potresti incidere un CD natalizio... che ne dici?- propone, lasciandomi a bocca aperta. Beh, è un'idea fantastica, ma naturalmente qualcosa mi blocca dall'accettare subito la sua offerta.

-Scooter, come farò con il ricordo di quel Natale?- chiedo tristemente.

Non voglio cantare canzoni di Natale senza la mia piccola Emma. Il ricordo delle nostre voci unite in un unico suono è ancora vivido nella mia mente.

Le mie parole non fanno altro che attirare nuovamente l'attenzione di Charlotte su di me.

-Justin, devi cercare di andare avanti con la tua vita- mi rimprovera Scooter. A volte mi tratta come se fossi suo figlio, peccato che io abbia già due padri.

Alzo gli occhi a quel pensiero, prima di elaborare le parole del mio manager.

Mi mordo il labbro inferiore violentemente.

-È la stessa cosa che mi ha detto...- lancio un'occhiata alla ragazza seduta accanto a me prima di continuare -tu sai chi- concludo malinconicamente.

Nessuno, esclusi Scooter e la mia famiglia, sa della mia relazione con Emma di cinque anni fa. Sono sicuro che se Charlie lo venisse a sapere, mi riempirebbe di domande alle quali non voglio assolutamente rispondere.

Lui cerca di trattenere una risata -Oh, giusto. Sei con Charlotte in questo momento- commenta.

-Scooter!- lo richiamo, indignato.

Come può ridere in un momento come questo?

-Sì, scusa. Comunque ho contattato un paio di artisti per delle collaborazioni e hanno già accettato, quindi non puoi rifiutarti- con questa frase mi mette alle strette.

Non voglio di certo passare per il ragazzino viziato che non vuole fare ciò che gli viene detto. E poi, lo ammetto, sono elettrizzato all'idea di collaborare con qualcuno per un disco natalizio.

Mi sfugge un sorriso -Va bene, Scott. Potrei almeno sapere con chi collaborerò?- chiedo eccitato.

Scooter ride al mio comportamento -No, voglio che sia una sorpresa- annuncia poi.

Sbuffo, ma non riesco a trattenere un sorriso sincero.

Ho il presentimento che questa sarà una bella esperienza. Mi è sempre piaciuto il Natale. L'unico problema sono i ricordi. Il Natale di cinque anni fa è stato perfetto, ma perché con me c'era la mia Emma. Gli anni successivi sono stati orribili e non sono riuscito a godermi le festività a causa dei troppi pensieri tristi. Ma devo andare avanti, proprio come mi ha detto la mia Emma.

-Va bene, Scooter- acconsento, sorridendo lievemente.

Il mio manager sospira di sollievo.

-Fantastico! Vieni alla casa discografica domani alle quattro di pomeriggio, così iniziamo a incidere la prima traccia- dice professionalmente.

Annuisco, sapendo comunque che lui non possa vedermi, per poi guardarmi intorno.

Soffermo lo sguardo su una ragazza dai capelli biondi e gli occhi nocciola, in fila davanti alla gelateria. Sorrido, riconoscendo mia sorella Jazzy e mi alzo dalla panchina.

-Non prima delle quattro, Justin- si raccomanda Scott, scandendo bene le parole. Ma io lo sento a malapena e non do molto peso a queste parole.

-Certo, a domani- lo saluto distrattamente, per poi concludere la conversazione telefonica.

Mi avvicino alla mia sorellina e le appoggio le mani sulle palpebre.

Lei sussulta al mio tocco e rafforza la presa sui tre gelati.

-Chi sono?- le chiedo, soffocando una risata.

Lei, invece, scoppia a ridere.

Probabilmente anche Jazzy si è ricordata di tutte le volte in cui, da bambini, eravamo da soli in casa e le facevo questo scherzo. La parte più comica era che, nonostante in casa ci fossi solo io oltre a lei, non riuscisse mai ad indovinare.

-Mmh...- finge di pensarci -Justin?- chiede assumendo un tono insicuro.

Mi unisco alle sue risate, per poi baciarle la guancia. Tutto ciò mentre Charlie ci osserva adorante. Solo ora mi ricordo di quanto volesse conoscere mia sorella.

Jazzy le riserva un'occhiata indecifrabile, ma io riesco comunque ad immaginare cosa le stia passando per la testa. È arrabbiata perché vorrebbe vedere me ed Emma in giro per Los Angeles.

-Oh, ehm... lei è Charlie. Charlie, lei è mia sorella Jazzy- dico, leggermente imbarazzato.

-Certo, lo sapevo. È un piacere conoscerti- trilla Charlie. Chiunque potrebbe capire quanto sia emozionata in questo momento.

Jazzy stringe le labbra in una linea sottile e le curva leggermente verso l'alto. Ma non sta sorridendo.

-Altrettanto- risponde semplicemente, guadagnandosi una mia occhiataccia.

-Cosa ci facevi qui?- le chiedo, nel tentativo di allentare la tensione.

Lei rivolge uno sguardo alle sue mani -Compravo il gelato?- chiede con sarcasmo.

Alzo gli occhi al cielo, ma sorrido.

-Tre gelati- le faccio notare.

-Oh, giusto. Uno per me e gli altri due per loro- spiega, facendo un cenno con la testa verso una panchina, situata a pochi metri di distanza.

Alex e Drew sono seduti uno accanto all'altra, con delle espressioni allegre dipinte sui visi. Il bambino afferra una margherita dal prato e la sistema fra i capelli biondo grano della sua sorellina. Sono troppo teneri e, guardandoli, mi sfugge un sorriso sincero.

-Sono carinissimi- commenta Charlie, dando voce ai miei pensieri.

-Lo so- risponde freddamente mia sorella, ma la mia "fidanzata" sembra non accorgersene.

-C'è anche...- tento di chiedere se ci sia Emma, ma Jazzy mi interrompe.

-No, sta lavorando- risponde, mentre io annuisco, con lo sguardo perso nel vuoto.

Di sicuro Charlie non capisce di cosa stiamo parlando, ma è meglio così.

-Posso portarglieli io?- chiedo poi, guardando i gelati.

Jazzy alza lievemente le spalle -Certo- mi porge i gelati e io li afferro prontamente, per poi dirigermi verso i bambini più belli che io abbia mai visto.

-Ciao piccoli- li saluto, attirando la loro attenzione.

Loro mi sorridono sinceramente, prima di scendere dalla panchina e venirmi incontro. Drew mi afferra la mano, mentre Alex sporge la sua guancia rosea, come per farsi baciare. Scoppio a ridere, seguito da Jazzy, per poi avvicinarmi al suo viso bianco. Do a Drew il suo gelato, poi con il braccio libero cingo la vita della biondina e le schiocco un dolce bacio sulla guancia liscia, vicino alle labbra.

Lei sorride e mi abbraccia -Ci sei mancato, Justin- dice tristemente.

Drew annuisce, mangiando il suo gelato al pistacchio, ed io gli scompiglio dolcemente i capelli.

-Chi è lei?- chiede poi il biondo, alludendo a Charlie.

Apro la bocca come per parlare, ma lei mi precede.

-Sono la fidanzata di Justin- annuncia fieramente, provocando una smorfia sul viso di mia sorella.

Abbasso lo sguardo.

Non volevo che loro lo sapessero.

-Ma tu non stai con la mamma?- chiede ingenuamente Alex.

Sento un vuoto allo stomaco.

No, io non sono fidanzato con la ragazza che amo.

-No, piccolina- sussurro nel suo orecchio.

-Ma tu saresti il migliore papà del mondo, stando con la mamma- commenta Drew, facendomi sorridere.

Voglio un bene immenso a questi due gemelli e mi fa molto piacere sapere che loro si siano affezionati a me.

Le sue parole, però, provocano una reazione diversa in mia sorella.

La vedo a bocca aperta, con gli occhi sgranati, e non ne comprendo il motivo.

 

 

 

 

 

EHI!

Sì, mi sto rendendo conto che Justin è veramente un idiota in questa storia, maaaa… ormai l’ho fatto così, quindi basta. Non si renderà mai conto da solo di avere i suoi figli davanti, credo abbia bisogno dell’aiuto del pubblico :’)

Allora, vi piace l’idea del cd? Beh, ci saranno delle novità, ma non vi dico altro ^_^

Ringrazio come sempre chi ha inserito questa storia fra le preferite/seguite/ricordate, chi ha recensito o anche solo letto, mi fa molto piacere tutto ciò!

Oh, ho iniziato una nuova fan fiction, se può interessarvi si chiama “Promises.”

Un abbraccio coccoloso,

Morena

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Capitolo 17
*** Per noi. ***


Sbadigliando, mi giro sull'altro fianco e cerco di recuperare qualche minuto di sonno. Stanotte non ho dormito molto, avevo troppi pensieri ad affollarmi la mente.

Certe volte mi sembra quasi di non sapere niente della mia vita. Mi sembra di essere una marionetta nelle mani di altre persone, che decidono ogni cosa al mio posto. Non intendo solo Scooter e il fatto di non poter gridare al mondo il mio amore per Emma. Ho come la strana sensazione che le persone alle quali voglio bene mi nascondano qualcosa. Ma non una sciocchezza. Una cosa veramente importante, che potrebbe cambiarmi la vita, ma non capisco cosa possa essere. In realtà potrebbe anche trattarsi solo di una mia impressione, ma questo dubbio non mi lascia dormire la notte. Sarebbero veramente capaci di mentirmi? La mia famiglia, Scooter e le altre persone che amo potrebbero prendermi in giro?

Tutti questi pensieri, in qualche maniera, mi riportano alla mente la tanto attesa verità che Jazzy stava per rivelarmi un mese fa. Non so quale collegamento possa esserci fra queste cose, ma non posso di certo decidere io cosa far pensare al mio cervello, o almeno credo. Da quel giorno non le ho più chiesto quelle informazioni su Emma. Insomma, lei mi ha detto di dimenticare tutto ed io sto cercando di farlo. Senza risultati, ma comunque ci provo. Dovrei rifarmi una vita, ma sento che qualcosa di profondo mi leghi ancora a Emma e non intendo solo l'amore che provo per lei da cinque anni.

Scuoto la testa per evitare di perdermi fra tutti questi pensieri assurdi. Evidentemente, non dormire mi fa delirare.

Sospiro, girandomi sul letto in modo da rivolgere lo sguardo al soffitto.

Ho una grande confusione mentale e non sopporto questa situazione.

Slaccio la cintura dei miei jeans per stare più comodo e poi prendo un respiro profondo.

Tra un'ora ho l'appuntamento alla casa discografica con Scooter e non sono più tanto sicuro della mia scelta, ma ormai non posso tirarmi indietro. Nonostante questo, però, non vedo l'ora di uscire di casa per andare lì. Almeno, cantando, smetterò di pensare.

Chiudo gli occhi, sperando di riposarmi altri venti minuti, ma li riapro subito dopo. Non ho più sonno ed è inutile perdere tempo qui sopra.

Mi alzo dal letto.

Quel letto dove io e la mia piccola Emma ci siamo uniti in un unico corpo cinque anni fa. Quel letto dove le ho detto di amarla.

Riallaccio la cintura e controllo l'ora sul mio iPhone.

15.17

Beh, mancano circa quaranta minuti, ma non mi interessa. Almeno, per una volta, Scooter non si lamenterà a causa di un mio ritardo.

Indosso le mie scarpe e, dopo essermi rinfrescato il viso, esco dalla mia villetta.

Mi stringo nella mia giacca, cercando di procurarmi calore.

Il cielo è ricoperto di nuvole grigie e potrebbe iniziare a piovere da un momento all'altro. Beh, mi sembra inutile sottolineare di non aver portato un ombrello. Ma in fondo non mi importa molto. Mi è sempre piaciuto, sin da piccolo, stare in mezzo alla strada, durante i temporali, con lo sguardo rivolto verso il cielo e le braccia leggermente sollevate. Mi fa sentire... libero.

Socchiudo lievemente gli occhi e continuo a camminare. La solitudine prende il possesso del mio corpo ed io non posso fare altro che perdermi nei miei pensieri.

Vorrei tante cose in questo momento, come afferrare le mani bianche della mia Emma e guidare le sue braccia lievemente verso l'alto. Vorrei che lei appoggiasse la testa sul mio petto, in modo da sentirsi libera. Io so che potrei renderla felice, ne sono certo. Potrei aiutarla in qualsiasi cosa.

Sospiro.

Ma lei non vuole.

 

Senza nemmeno accorgermene, nel giro di quindici minuti mi ritrovo nella casa discografica, seduto sul divanetto di pelle fuori dalla sala di registrazione.

Guardo di sfuggita l'orario sul display del telefono.

15.43

Roteo gli occhi.

Altri venti minuti e potrò entrare. Inizio a picchiettare le dita sul bracciolo del divanetto, in attesa.

-Stai facendo la cosa giusta- riesco a sentire la voce di Scooter. Il suo tono è dolce e rassicurante.

-Io non voglio questo- distinguo un sussurro, ma è difficile capire chi stia parlando.

-Ma hai bisogno di soldi per portare avanti la tua famiglia e... incidere questa canzone è l'unica maniera per ricavare qualche denaro- continua il mio manager, terminando con un sospiro.

Adesso sento dei singhiozzi e sono sicuro che, chiunque sia in quella stanza, sia scoppiato in un pianto.

-Vado a prenderti un tè caldo, tu intanto stai tranquilla- si congeda Scooter.

Oh, quindi stava parlando con una ragazza.

Pochi secondi dopo, la porta si spalanca e io mi alzo per salutare Scott.

Lui, vedendomi, sgrana gli occhi e spalanca la bocca.

-Justin- pronuncia il mio nome in tono agitato -Proprio oggi arrivi in anticipo?- continua in un sussurro, ma io percepisco comunque le sue parole.

Che cosa vorrebbe dire questo?

Alzo un sopracciglio -Ciao anche a te, Scooter. Quando vuoi, io sono pronto per iniziare a incidere la canzone- lo informo.

Mi sembra quasi che, al suono della mia voce, il pianto sommesso della ragazza, sia cessato.

-Chi c'è dentro?- chiedo curioso.

 Scooter deglutisce -Oh, non preoccuparti. Sai, ho deciso di fare una raccolta di canzoni natalizie cantate da artisti non ancora conosciuti- annuncia, facendo un gesto di noncuranza con la mano.

Cerca di mostrare sicurezza, ma riesco a capire quanto sia nervoso.

-Scooter- lo richiamo severamente.

Mi sta nascondendo qualcosa.

Lui sospira, arrendendosi, prima di farmi entrare nella sala di registrazione.

Quello che vedo mi lascia a bocca aperta.

Emma, seduta con una chitarra acustica sulle cosce magre e le mani a coprire il viso in lacrime.

-Emma- sussurro.

Mi avvicino velocemente al suo corpo e, senza pensarci due volte, la stringo in un abbraccio caloroso. Era lei la ragazza con cui stava parlando Scooter? Beh, mi sembra ovvio. Mi fa male vederla in questo stato.

Affonda il viso nell'incavo del mio collo e da questo capisco quanto sia disperata. Non ha tempo di pensare al rancore nei miei confronti, a quando mi ha chiesto di dimenticare tutto. Lei non ha abbastanza soldi per mantenere i suoi figli e questo mi distrugge. So che è troppo orgogliosa per chiedere un aiuto economico ai suoi parenti o agli amici, ma è sbagliato tutto ciò. Non voglio che muoia di fame.

-Amore mio- sussurro nel suo orecchio.

Il suo respiro affannato, diventa ancora più irregolare alle mie parole e, in un'altra situazione, sorriderei ma non è il momento.

Afferra fra le dita la mia giacca, continuando a piangere.

-Che succede, Emma?- le chiedo.

Ho capito i suoi problemi economici, ma ancora non capisco perché sia qui.

-Le ho proposto di incidere la... vostra… canzone- spiega Scooter, notando quanto sia scossa Emma per parlare.

Mi irrigidisco alle sue parole.

La nostra canzone.

-Ma...- tento di dire qualcosa, quando la voce di Emma me lo impedisce.

-Lo so, Justin. È la...- deglutisce -...nostra canzone,- continua sospirando -ma ho bisogno di quei soldi- mi spiega, singhiozzando.

Mi sento egoista. Emma è in difficoltà ed io riesco solo a mostrarmi... possessivo nei confronti di quella canzone che mi riporta alla mente troppi ricordi. È quasi come se io non voglia condividere con tutto il mondo il nostro passato. Un passato che appartiene solo a noi due. Un passato che lei vorrebbe farmi dimenticare.

La stringo maggiormente, annusando i suoi capelli.

All'improvviso, mi viene un'idea.

-Cantala con me, Emma- mormoro e non riesco a trattenere un sorriso, così come Scooter.

-Cosa?- chiede lei, asciugandosi qualche lacrima.

-Cantiamola insieme. Probabilmente venderebbe di più e...- mi interrompo un attimo, ricevendo una sua occhiata -...voglio che rimanga la nostra canzone. Voglio che il mondo la conosca come "la canzone di Emma e Justin". Voglio che il mondo sappia quello che siamo stati e che vorrei tanto fossimo ancora- sussurro dolcemente nel suo orecchio, facendola rabbrividire.

Deglutisce rumorosamente.

Io so che lei non si è dimenticata nulla di cinque anni fa, come invece vorrebbe farmi credere.

So che mi ama ancora.

Ma allora perché non vuole ammetterlo? Perché si ostina ad allontanarmi?

Il suo labbro inferiore trema e una strana voglia di baciarla mi assale.

Vorrei riuscire a confortarla con un solo bacio, so che potrei farlo se me lo permettesse, ma devo per forza limitarmi alle parole.

È indecisa. Lo noto da come si tocca ripetutamente un ciuffo castano.

-Allora?- chiede Scooter, totalmente elettrizzato.

Vorrei che accettasse subito, ma conoscendola so quanto sia impossibile.

-Justin, ti ho già detto che dovresti dimenticarti tutto- dice, provocando un'espressione indecifrabile sul viso del mio manager.

Sospiro -Sai che non potrei mai- sussurro, accarezzando la sua guancia umida e procurandole altri brividi.

Sorrido involontariamente.

-No, Justin- ribatte debolmente, allontanando la mia mano. Ma ormai so che sta per cedere.

-Emma, entrambi ne abbiamo bisogno e tu lo sai- commento, sicuro delle mie parole. Un silenzio assordante riempie la sala. Non deve assolutamente rifiutare e so che non lo farà. Mi fido di lei.

-Va bene- accetta con voce tremante.

Sorrido soddisfatto, mentre Scooter blatera qualcosa riguardo a quanto abbia aspettato questo momento.

Beh, pure io.

-Ma lo faccio solo per Alex e Drew- cerca di mettere in chiaro, ma io do poco peso alle sue parole. Di sicuro i suoi figli sono stati un fattore determinante per la sua scelta, ma non può negare quanto le piaccia l'idea di cantare di nuovo con me.

-Certo, per Alex e Drew- concordo, appoggiando una mano sul suo viso -Ma anche per noi- concludo, baciando la sua guancia e cercando di reprimere l'impulso di sfiorare di nuovo le sue labbra con le mie.

La amo.

 

 

 

 

 

 

EHI!

Ecco un nuovo capitolo che spero sia di vostro gradimento ^^

Vi ringrazio come al solito tutte quante, siete perfette!

Un abbraccio coccoloso,

Morena

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Capitolo 18
*** “Jemma” suona proprio bene. ***


Sospiro, passando una mano fra i miei capelli color grano. Mi avvicino maggiormente al microfono e deglutisco.

Non sono mai stato così agitato al pensiero di cantare questa canzone con la mia piccola Emma. Cioè, il giorno del concerto di Natale mi sono rannicchiato in un angolino a piangere, ma non sapevo che avrei cantato con Emma, quindi non conta, no?

Batto una mano sulla fronte a questi pensieri.

Ma perché ho la mente così contorta?

Emma si trova di fronte a me, con il suo dolce viso a pochi millimetri di distanza dall'altro microfono, ma non mi guarda. Il suo sguardo è rivolto al pavimento e riesco a sentire da qui il suo respiro affannato.

-Perfetto, adesso vi metto la base che abbiamo inciso prima e appena sentite... oh, ma che sto dicendo? La canzone l'avete scritta voi, non c'è bisogno che vi dica quando iniziare a cantare- sento la voce di Scooter grazie alle cuffie.

Sorrido alle sue parole e mi volto verso la vetrata della sala di registrazione. Lui è seduto davanti alla consolle, pronto a far partire la base. Gli rivolgo un lieve sorriso, mentre lui alza entrambi i pollici, come per incoraggiarmi. Respiro profondamente e mi volto di nuovo, proprio quando la base mi rimbomba nelle orecchie. Ma Emma non mi sta ancora guardando e non posso cominciare a cantare così. Allungo una mano verso il suo viso e le poso due dita sotto il mento, per poi far incatenare i nostri occhi. Non distoglie lo sguardo e questo mi dà la giusta carica per cominciare a cantare la nostra canzone.

-Let's go! It's the most beautiful time of the year. Lights fill the streets spreading so much cheer. I should be playing in the winter snow, but I'mma be under the mistletoe...- la mia voce risuona nella sala e non posso fare a meno di sorridere.

Dopo cinque anni sto cantando di nuovo questa canzone con Emma e, finalmente, non ho brutti pensieri nella mente.

Adesso ci siamo solo Emma ed io. Beh, ci sono anche Scooter e un cameraman a riprendere ogni cosa, ma per me è come se non ci fossero.

Tutti i ricordi di quel Natale mi ritornano in mente.

Spero che Emma decida di cantare. Deve assolutamente farlo.

Non mi delude affatto -I don't want to miss out on the holiday, but I can't stop staring at your face. I should be playing in the winter snow, but I'mma be under the mistletoe...- intona lievemente insicura.

La sua voce è rimasta bellissima. È il suono più dolce e limpido che esista al mondo e sono felice di poter cantare di nuovo insieme a lei.

I nostri occhi si incontrarono.

I miei nocciola nei suoi verdi.

I suoi verdi nei miei nocciola.

Mi sorride ed io capisco che in questo momento non sta pensando alla mia assenza in questi cinque anni. Di certo non l'ha dimenticata, ma adesso c'è posto solo per noi due e la nostra musica. Nient'altro.

-With you, shawty with you... With you, shawty with you... With you under the mistletoe...- quando le nostre voci si uniscono in un'unica melodia, riesco a sentire un piacevole calore allo stomaco.

-Everyone's gathering around the fire, chestnuts roasting like a hot July. I should be chillin' with my folks, I know, but I'mma be under the mistletoe...- la sua voce è stupenda. Sembra quella di un angelo. Il suo sguardo è così intenso che mi sembra quasi stia dedicando a me le parole della canzone, ma preferisco non sperarci troppo.

-Word on the streets Santa's coming tonight, reindeer's flying through the sky so high. I should be making a list, I know, but I'mma be under the mistletoe...- canto rivolgendo un dolce sorriso alla castana dagli occhi verdi, che ricambia immediatamente.

Mi sembra quasi che tutto intorno a me sia sparito. Tutto tranne Emma e la musica. Afferro una ciocca dei suoi capelli, per poi accarezzarle il viso, mentre lei appoggia dolcemente la sua mano sulla mia. In questo momento mi sento in paradiso.

-With you, shawty with you... With you, shawty with you... With you under the mistletoe... With you, shawty with you... With you, shawty with you... With you under the mistletoe...- cerco di farle capire quanto io creda in queste parole.

Vorrei tanto che lei possa capire che io non sono cambiato in questi cinque anni.

Rimarrei sotto il vischio con lei per tutta la vita.

Non giocherei nella neve. Non farei la lista dei regali.

Stare sotto il vischio con la mia dolce Emma è meglio di tutto ciò.

Meglio della soffice neve. Meglio di qualsiasi regalo.

Oggi come cinque anni fa.

-Hey love, the Wise Men followed a star, the way I followed my heart, and it led me to a miracle- afferro la sua mano, mentre canta queste parole e la vedo arrossire.

-Hey love, don't you buy nothing, 'cause I am feeling one thing- continuo io.

-Your lips on my lips... That's a merry, merry Christmas!- appoggio una mano sul mio petto, chiudendo gli occhi.

Quando pronuncio questa frase insieme alla castana, riesco a sentire un calore piacevole invadere il mio corpo. Le sue labbra mi mancano troppo.

Una volta ripetuta la prima strofa, cantiamo la fine della canzone.

-Kiss me underneath the mistletoe... Show me baby that you love me so, oh oh oh oh oh oh... Kiss me underneath the mistletoe... Show me baby that you love me so, oh oh oh oh oh oh...- pronuncio con lei, prima di perdermi nei suoi pozzi verdi.

Anche l'ultima nota invade le nostre orecchie, ma noi restiamo a fissarci, persi l'uno negli occhi dell'altra, con il respiro lievemente affannato.

Poi, senza che io possa rendermene conto, Emma si butta fra le mie braccia, stringendomi forte. Sgrano gli occhi dalla sorpresa, ma non perdo tempo e cingo il suo corpo con le mie braccia.

-Ti amo, Emma- sussurro nel suo orecchio.

Sento i battiti del suo cuore accelerare alle mie parole e non riesco a trattenere un sorriso. Bacio la sua guancia e lei allontana lievemente il viso, come per dirmi qualcosa. -Ti amo, Justin- mi giunge un sussurro quasi silenzioso, per colpa dell'ingresso abbastanza rumoroso del mio manager.

Sciogliamo l'abbraccio per ricevere le congratulazioni di Scooter.

Me l'ha detto veramente? Ha detto di amarmi? O è stata solo la mia immaginazione?

-Siete stati fantastici!- esclama, battendo le mani. Emma arrossisce, mentre io mi gratto il collo, in imbarazzo.

-Mi sembra di essere tornato indietro nel tempo a cinque anni fa. È stato troppo emozionante- continua ancora eccitato.

Sembra quasi che non voglia smettere di farci i complimenti.

-Mi immagino già le parole delle fans su Twitter, Facebook e gli altri social network- le sue labbra si muovono senza tregua.

-Scooter- cerco di riportarlo alla realtà, ma sembra non sentirmi proprio.

-Magari combinerebbero i vostri nomi per farne uno solo, come... Jemma! Vi piace il nome “Jemma”? A me moltissimo- spalanco gli occhi a quelle parole. Ma cosa sta dicendo? Emma sembra esterrefatta almeno quanto me, ma credo che da un momento all'altro possa scoppiare a ridere.

-Vedo pure i cartelloni: “Jemma! Jemma! Jemma! Jemma!”- dice, gesticolando, ma prima che possa dire altre assurdità, Emma ed io lo interrompiamo.

-Scooter!- gridiamo, attirando la sua attenzione. Lui si guarda intorno, spaesato ed io devo fare uno sforzo assurdo per non ridergli in faccia.

-Ma che...?- non so nemmeno cosa chiedergli, ma lui sembra capire.

-Oh, scusate. Stavo sognando a occhi aperti- ammette.

Emma ed io ci guardiamo, per poi non trattenere più le risate.

-Ce ne eravamo accorti- commenta la ragazza dagli occhi verdi, ormai con le lacrime agli occhi. Mi soffermo a osservare le sue labbra. È così bello il suo sorriso e mi fa impazzire il pensiero che stia scherzando proprio insieme a me. È... incredibile.

-Va bene, ora sparite. Paul ed io dobbiamo elaborare tutto- annuncia, tornando serio.

Beh, penso che Paul sia il cameraman.

Annuisco, per poi afferrare la mano della mia piccola Emma e guidarla fuori dalla casa discografica.

Una volta usciti, la guardo dritto negli occhi. Vorrei parlare di quello che penso mi abbia detto dopo la canzone, ma ho paura che di essermi immaginato tutto. Che figura ci farei?

Afferro la sua mano e la porto davanti alle mie labbra, per baciarla.

-Vuoi stare un po' con me?- le chiedo speranzoso. Lei deglutisce e mi accarezza la guancia. Riesco a sentire il suo nervosismo.

-Non saprei, Justin. Non è cambiato niente fra noi, sono ancora dell'idea che dovresti dimenticare tutto- sussurra, con il labbro tremante.

Abbasso lo sguardo verso le mie scarpe. Ecco, avrei dovuto immaginarlo. Probabilmente lei non mi ama più ed io mi sono soltanto illuso.

-Va bene- mormoro, prima di girarmi e dirigermi verso la mia casa. Sono solo un illuso.

-Aspetta!- grida, quando ormai ho già percorso parecchi metri. Mi giro verso di lei, con sguardo interrogativo. Si guarda intorno, mordendosi qualche volta il labbro inferiore.

Sospira -Io credo che Alex e Drew vogliano passare del tempo con te- conclude, per poi abbassare lo sguardo. Sorrido involontariamente.

Mi fa molto piacere sapere quanto si siano affezionati a me quei bambini. Inizio a correre verso di lei, per poi stringerla fra le mie braccia.

-Ehi! Ho detto che lo vogliono i miei figli, non io- mi fa notare lei.

Sporgo leggermente in fuori il labbro inferiore e continuo ad abbracciarla.

-Sei più acida di quel giorno al centro commerciale- commento, facendole alzare gli occhi al cielo.

Emma alza gli occhi al cielo e, con un po' di sforzo, riesce a sciogliere l'abbraccio.

-E tu sei proprio un bambino- ribatte, facendomi la linguaccia.

Inarco un sopracciglio -Ah, ed io sarei il bambino?- chiedo sarcastico, riuscendo a strapparle una risata.

Annuisce e si volta verso la strada da percorrere per arrivare a casa sua. La seguo fino a ritrovarmi accanto a lei e le cingo la vita con il braccio, ma lei si sposta, sbuffando.

-So che prima o poi mi allontanerai più- annuncio, sicuro di me.

-Non sperarci troppo- sussurra, guardandomi di sottecchi.

Alzo lievemente le spalle -Io non lo sto sperando- sottolineo, afferrandole la mano.

Con grande stupore, noto che non cerca assolutamente di sciogliere la stretta. Anzi, accarezza il dorso della mia mano con il suo pollice ed io non posso trattenere un sorriso.

-Ah, no?- chiede ironica.

-No. Io so che succederà- sussurro, sfoderando un sorrisetto alle mie parole, mentre lei rabbrividisce.

-Come mai tutta questa sicurezza?- balbetta, spostando un ciuffo di capelli castani.

Alzo le nostre mani intrecciate fino ai suoi occhi e la sento deglutire a quella vista -Sai, “Jemma” suona proprio bene- mormoro nel suo orecchio, sfiorandolo con le labbra.

 

 

 

 

 

 

 

EHI!

Scusate il ritardo, ma la connessione non funzionava di nuovo… colpa dei temporali ^__^

Ed ecco che in questo capitolo facciamo un tuffo nel passato… spero vi piaccia (:

Ringrazio come sempre tutte quante, vi adoro!

Ora vado ad aggiornare “Promises.” La mia nuova fanfiction,

un abbraccio coccoloso,

Morena

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Capitolo 19
*** Me l'hai promesso. ***


-Guarda, Justin- sussurra Alex nel mio orecchio.

Stringo maggiormente le sue gambe sulle mie spalle.

-Cosa, piccola?- le chiedo, non capendo cosa voglia farmi vedere. Con le sue manine afferra la mia testa e la gira in direzione di una bancarella di caramelle. Alzo il viso, facendo scontrare i nostri sguardi. Sorrido vedendo l'eccitazione nei suoi occhi.

-Hai fame, eh?- le chiedo divertito.

-Sì- risponde accarezzando i miei capelli color grano. Le persone intorno a noi ci guardano intenerite. Sembriamo proprio padre e figlia. Ormai ho anche detto a Scooter che non posso rinunciare a Emma e ai suoi figli solo per ciò che possono pensare i giornalisti. Soprattutto ora che la mia piccola Emma sta iniziando a perdonarmi. Posso sempre dire che, purtroppo, siamo solo amici. Beh, naturalmente evitando di dire quanto mi dispiaccia non essere qualcosa di più.

-Me le compri, Justin?- mi chiede poi in tono dolce. Oh, nessuno potrebbe resisterle in questo momento. Nemmeno io.

-Va bene, piccolina- acconsento, ricevendo come ringraziamento un bacio sulla fronte.

Sorrido.

Questa bambina è meravigliosa. Anche se un po' ruffiana, ma in fondo anche io lo sono.

-Justin, troppi zuccheri fanno male ai bambini- mi ricorda Emma, che nel frattempo tiene sulle spalle il piccolo Drew. Alzo scherzosamente gli occhi al cielo.

-Oh, ma dai. Solo qualche caramella- cerco di convincerla.

-Per favore, mamma- Alex e Drew si aggregano alla mia supplica.

Sorrido.

Ora non può di sicuro dire di no.

-Va bene, ma poche- anche lei non riesce a trattenere un sorriso.

I due gemelli battono le mani, mentre io, cercando di non allentare la presa sulla piccolina, inizio a saltellare per la strada. Quando le loro dolci risate mi giungono alle orecchie, sento una sensazione piacevole allo stomaco.

-Sembri proprio un bambino, Justin- commenta Charlie, con tono scocciato.

Oh, giusto. Mi ero quasi dimenticato che fosse qui con noi al mercatino del venerdì.

Alzo gli occhi al cielo, cercando di non farmi vedere da lei, mentre il sorriso sulle labbra di Emma si spegne improvvisamente. Forse nemmeno lei si ricordava della sua presenza.

-Sì, come vuoi- dico, cercando di mettere fine al discorso. -È solo invidiosa perché io mi sto divertendo, mentre lei no- sussurro ad Alex, provocando la sua spensierata risata. In realtà, credo le dia fastidio il fatto che io tratti questi bambini come dei figli. Ma non posso farci niente.

-Allora... quali volete?- chiedo ai due bambini, una volta arrivati di fronte alla bancarella.

-Le rotelle di liquirizia rossa- risponde prontamente Drew.

-Lo sai che piacciono anche a me?- gli chiedo, mentre il ragazzino della bancarella infila qualche rotella in un sacchetto di carta. Mi sembra un po' troppo giovane per lavorare, credo abbia circa quindici anni, ma magari sta aiutando i suoi genitori con la bancarella.

Drew sorride in risposta.

-E tu, piccolina?- chiedo ad Alex, alzando il viso per guardarla negli occhi. Mentre cerca di decidere ha un'espressione veramente buffa: fronte corrucciata, guance gonfie e labbro inferiore leggermente all'infuori.

-Mmh... gli orsetti colorati!- decide poi. Il ragazzino sorride, infilando gli orsetti in un sacchettino e aggiungendo due caramelle gommose rosse a forma di cuore. Inarco un sopracciglio, facendo scendere Alex dalle mie spalle per poi stringerla al mio petto. Lei ridacchia, dandomi un bacio sulla guancia.

-Tieni, piccola- dice, porgendo il sacchetto alla mia bambina. La biondina avvampa e affonda il viso nel mio petto, troppo imbarazzata per guardarlo.

Allungo la mano per afferrare il sacchetto e, dopo aver pagato le caramelle, rivolgo un'occhiataccia al ragazzo.

Dopo aver percorso alcuni metri, sento la spensierata risata di Emma.

-Che succede?- chiedo confuso, poi mi ricordo del sacchetto -Oh, tieni- dico, dando le caramelle alla mia piccolina.

La castana non riesce a parlare e ha quasi le lacrime agli occhi per le risate. Cerca di calmarsi -Ma sei serio?- chiede, prima di scoppiare di nuovo a ridere.

Temo che sia impazzita.

-Justin, quel ragazzo avrà avuto almeno dieci anni in più di Alex- esclama Charlie, visibilmente divertita dalla situazione.

Ah, ora ho capito.

Alzo gli occhi al cielo -Oh, ma andiamo! Avete visto come la fissava? Fidati che se la mia piccolina avesse avuto quindici anni, non avrebbe esitato a provarci con lei- spiego, baciando ripetutamente la sua guancia.

-Sei paranoico, Justin- commenta Emma, dividendo una rotella con Drew.

Alzo le spalle -Questo ed altro per la mia principessa- concludo, facendo il solletico alla bambina più bella del mondo.

Lei scoppia a ridere.

Ricominciamo a girare tra le bancarelle e ogni tanto firmo gli autografi alle mie Beliebers. Alcune di loro, vedendo i bambini, li accarezzano affascinate dalla loro bellezza.

Dopo una ventina di minuti, ci ritroviamo davanti ad una bancarella di bracciali. Dietro il bancone, un ragazzo dai capelli color cioccolato e gli occhi grigi smette di consigliare ad alcuni clienti cosa acquistare appena ci vede. Anzi, appena vede Emma, considerata la luce nei suoi occhi alla vista della bella castana. Si avvicina velocemente a lei e la stringe in un caloroso abbraccio, che lei ricambia senza esitare.

Stringo le labbra in una linea sottile.

Non sono geloso. Semplicemente non voglio che quel ragazzo metta le mani sulla mia... cosa?

Emma ed io non siamo più niente, ma tutto ciò mi infastidisce ugualmente.

-Ciao Tyler- sussurra Emma.

Le sue labbra sono incurvate in un sorriso sincero. Un sorriso di cui vorrei essere la ragione.

-Ciao Emma- la saluta lui allegramente, per poi rivolgere un sorriso a Drew. I suoi occhi grigi vagano in cerca della piccola che stringo fra le braccia.

-Vi conoscete?- chiedo. Certo, la domanda è parecchio stupida, ma ormai...

Il suo sguardo si posa sul mio viso alle mie parole.

Sorride.

-Certo! Conosco questa bella ragazza da quando il suo pancione incuriosiva ogni singola persona per strada- spiega, accarezzando il ventre della castana. -Ma questo non ti impediva di ricevere tutte quelle occhiate di apprezzamento dai ragazzi, eh?- si rivolge poi ad Emma, facendola avvampare.

Deglutisco, abbastanza infastidito.

Anche lui c'era durante la gravidanza. Io no.

Sinceramente sono anche abbastanza furioso del fatto che i ragazzi guardassero con interesse la mia piccolina.

-Oh, tu devi essere Justin! Beh, ho sentito qualche tua canzone e... sei bravo- commenta, squadrandomi dalla testa ai piedi. Il suo sguardo, però, non sembra cattivo. Mi pare che sia solo curioso, ma comunque non posso ancora accettare come abbia abbracciato Emma. -Sono contento che tu abbia finalmente conosciuto i bambini- continua poco dopo.

Inarco un sopracciglio -In che senso?- chiedo confuso.

Emma spalanca i suoi meravigliosi occhi verdi -Oh, niente... Sai, Tyler sa quanto i bambini adorassero la tua musica- spiega, spostando una ciocca castana dietro l'orecchio. Questo gesto mi fa capire il suo nervosismo.

Tyler le rivolge uno sguardo confuso. Beh, di sicuro non può esserlo più di me. Tutti questi strani comportamenti di Emma non mi fanno capire niente.

La ragazza dagli occhi verdi afferra il suo labbro inferiore fra i denti, mentre Tyler si limita ad annuire, perso fra i suoi pensieri.

Poi scuote lievemente la testa -Beh, io devo tornare al lavoro, è stato un piacere incontrarvi- si congeda gentilmente.

-Altrettanto- concludo, per poi avviarmi verso qualsiasi altra bancarella. Sento Emma e Charlie salutare il ragazzo e, subito dopo, i loro passi dietro di me.

-Justin, mi fai scendere?- mi chiede la voce delicata di Alex.

Sorrido -Certo piccola- sussurro, per poi farle appoggiare i piedi per terra. Mi aspetto che inizi a correre, invece si gira verso il suo fratellino.

-Vieni Drew- dice, mentre Emma fa scendere il biondino dalle suo spalle.

Poi, una volta che ci ha raggiunti, il bambino afferra la mia mano e, contemporaneamente, Alex mi stringe l'altra.

Sorrido di nuovo. Non so perché, ma questo è uno dei momenti più belli della mia vita. È strano che io mi sia affezionato così tanto a questi due bambini, ma non posso farci niente, se non sentire una piacevole sensazione allo stomaco.

-Tu sei altissimo- commenta Drew, alzando il viso verso il mio. –

Oh, no. Fidati, non sono veramente tanto alto- rispondo, accarezzando il dorso della sua mano -Ma tu diventerai sicuramente uno spilungone e tutte le ragazze ti faranno il filo- continuo, immaginandomi la scena.

Poi, la risata di Emma riempie le mie orecchie -Non mettergli strane idee in testa- si raccomanda divertita.

Sorrido -Ehi, non ho ancora finito. Tua sorella sarà una bellissima ragazza dagli occhi verdi e tanti ragazzi proveranno a rubare il suo cuore, ma tu la proteggerai, vero Drew?- concludo in tono improvvisamente serio.

Lui annuisce, affascinato dalle mie parole.

Mi guardo intorno di sfuggita.

Charlie sembra essere sparita. Beh, meglio così.

Ci fermiamo nuovamente davanti ad una bancarella. I bambini guardano i vari colori dei tessuti, mentre io mi avvicino a Emma, per poi baciarle la guancia. Lei rabbrividisce al mio tocco, facendomi sorridere sulla sua pelle. Ma mi allontano subito dopo, pensando ai giornalisti.

-Allora... che farai per Natale?- chiede in tono vago, come per iniziare un discorso a caso.

Alex si gira verso di me, sentendo le parole della sua mamma.

-Starai con noi, vero?- mi domanda speranzosa.

Sorrido -Certo che...- tento di accettare, ma una voce non me lo permette.

-No- Charlie rispunta all'improvviso da non so dove -Dobbiamo stare insieme questo Natale, ricordi? Me l'hai promesso- conclude, dando un'occhiata ai vestiti in vendita.

Già, le ho promesso che sarei stata con lei. Mi piacerebbe poter dire che si stia inventando tutto, ma è successo quando Emma mi aveva chiesto di dimenticarla ed io, non sapendo che altro fare durante quel giorno, ho accettato la proposta di Charlie.

Il viso di Emma si rabbuia ed io mi sento di nuovo in colpa per tutto quello che le ho fatto passare. Vorrei farle trascorrere finalmente un Natale felice, ma sembra che non sia possibile.

-Oh, sarà per un'altra volta- conclude, senza distogliere lo sguardo dai vari tessuti.

L'ho delusa di nuovo e mi vergogno per questo. Vorrei poter tornare indietro nel tempo e rimediare a ogni mio errore, ma non è possibile, purtroppo.

-Mamma, andiamo a casa? Sono stanca- dice Alex, afferrando la mano di Emma.

-Certo, amore mio- acconsente lei, prima di guardarmi -Grazie per il pomeriggio. È stato... divertente- commenta, forzando addirittura un sorriso, che io ricambio con uno vero.

-Sono felice che siate stati bene. Volete che vi accompagni a casa?- propongo, ma lei scuote la testa.

Annuisco, senza aggiungere altro. Poi saluto Emma e i suoi figli e torno a casa senza prendere la macchina. Preferisco camminare.

Nel giro di venti minuti sono a casa.

Entro, mi tolgo la giacca e solo in questo momento mi ricordo di non aver pensato a Charlie.

Sospiro, prima di chiamarla al cellulare.

Dopo pochi squilli mi risponde -Dimmi Justin- il suo tono è indecifrabile.

-Scusa se non ti ho portata a casa, ma in questi giorni sono veramente distratto- dico sincero, accendendo la televisione su Mtv.

Sento che Charlie mi sta rispondendo, ma io ho rivolto l'attenzione alla televisione.

-With you, shawty with you...- spalanco contemporaneamente gli occhi e la bocca, vedendo me ed Emma nella sala di registrazione, uno di fronte all'altra, con sguardi innamorati.

Devo assolutamente chiamarla.

-Scusa, Charlie, ti chiamo dopo- concludo la chiamata senza nemmeno attendere una sua risposta.

Compongo il numero della mia piccola Emma e attendo, mordendomi il labbro inferiore.

-Pronto?- risponde lei dopo pochi squilli.

-Sei a casa?- le chiedo subito, senza giri di parole.

-Sì, perché?- risponde molto confusa.

-Accendi immediatamente la televisione su Mtv- ordino, con un tono che non ammette repliche.

Pochi secondi dopo, riesco a sentire dal telefono le nostre voci provenienti dalla televisione di Emma.

Trattiene il respiro. Probabilmente è molto emozionata.

-Ma questi...- tenta di chiedere, balbettando, ma io la interrompo.

-Sì, siamo noi, amore mio- sussurro sulle note della sua melodia.

 

 

 

 

 

 

EHI!

Ecco un altro capitolo che spero vi piaccia (:

Ringrazio come sempre tutte voi, siete meravigliose, sul serio!

Un abbraccio coccoloso,

Morena

p.s. so che non centra niente, ma sono troppo emozionata per i VMAs di stanotte… Taylor era stupenda *-*

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Capitolo 20
*** Vuole che la baci? ***


-Se Emma e Justin si fidanzassero, sarei la persona più felice del mondo- mormoro, leggendo dal mio iPhone il post di una fan su uno dei tanti social network. A quanto pare, la nostra canzone ha riscosso moltissimo successo fra le mie fans e moltissime di loro vorrebbero addirittura un altro duetto. Peccato che oggi sia la vigilia di Natale ed io mi ritrovi a casa di Charlie, mentre la mia piccola Emma e i suoi figli passeranno l'ennesimo Natale senza di me.

-Anche io- sussurro, sorridendo tristemente. Poi, blocco il display e Charlotte mi raggiunge da una delle stanze.

-Hai detto qualcosa?- mi chiede curiosa. Scuoto la testa in segno di negazione. Sarebbe inutile spiegarle tutto. Non capirebbe o comunque non le importerebbe molto sapere che io voglia andare da Emma.

Non ho ancora ben capito perché Charlie si comporti da fidanzata gelosa, quando in realtà questa è tutta una pagliacciata.

La mora si siede sul divano, a pochi centimetri da me, tenendo qualcosa dietro la schiena.

-Cos'hai in mano?- le chiedo, inarcando un sopracciglio, ma lei scuote la testa, sorridendo.

-Niente, è solo una sorpresa- annuncia allegramente. Annuisco, perdendo poi lo sguardo nel vuoto.

Forse questo Natale è addirittura peggiore degli altri passati senza Emma. Insomma, adesso so che la mia piccola è a qualche isolato di distanza e non posso fare niente per raggiungerla. È terribile.

Sospiro, passandomi le dita fra i capelli, mentre Charlie si avvicina maggiormente al mio corpo.

-Stai bene?- chiede, visibilmente preoccupata. Finalmente riconosco quella ragazza che lavorava nel bar e sognava di diventare una ballerina.

Sorrido lievemente, guardandola negli occhi.

In fondo ormai sono qui, no? È inutile pensare a quello che vorrei o potrei fare.

-Certo- rispondo -Allora, qual è questa sorpresa?- le chiedo eccitato.

Le sue labbra si curvano in un sorriso di soddisfazione alle mie parole -Beh... ecco... credo che ti piacerà da morire- risponde vaga.

Sporgo leggermente il labbro inferiore in fuori -Dai, dimmelo! Non mi piace la suspense- mi lamento proprio come un bambino, ma in fondo a chi importa?

Io sono ancora un bambino, o comunque mi manca molto la mia infanzia.

Mi manca il profumo delle lenzuola pulite del mio vecchio letto.

Mi mancano i pasti che preparava la mamma.

Mi mancano quei pomeriggi d'inverno passati davanti al camino insieme a mio... padre.

Mi mancano tutti quei bei momenti, ma sono cresciuto.

-Oh, va bene- le parole di Charlie mi riscuotono dai miei pensieri -Ecco- dice, mostrandomi la sorpresa.

Sgrano gli occhi, incredulo.

-Qualcosa non va?- mi chiede, vedendo la mia reazione.

Deglutisco -No... ehm... ma perché hai questo ramo di vischio?- le chiedo, balbettando.

Il nostro primo bacio è stato sotto un ramo di vischio.

Sotto un ramo di vischio lei mi ha chiesto di baciarla ed io, nel preciso istante in cui le nostre labbra si sono sfiorate, ho sentito che avrei passato il resto della mia vita con la dolce ragazza dagli occhi verdi, ma... non è stato così.

Mi mordo il labbro inferiore, cercando di trattenere le lacrime.

-Ecco... so che è stupido come desiderio, ma... vorrei baciarti sotto questo rametto- dice, osservando il vischio.

Oh, questo non me lo sarei mai aspettato. Insomma, il vischio mi ricorda troppo quel Natale e ho sempre pensato che i baci sotto il vischio fossero il desiderio della mia Emma, ma è ovvio che altre migliaia di persone in tutto il mondo trovino questa cosa romantica.

Sorrido lievemente, trovando finalmente una cosa in comune tra le due ragazza.

-Perché vuoi baciarmi sotto il vischio?- le chiedo, accarezzandole il viso.

Magari potrei baciarla, se questo dovesse renderla felice.

Mi ricordo ancora benissimo il momento in cui Emma mi disse cosa significasse per lei un bacio sotto il vischio.

 

-Kiss me underneath the mistletoe, show me baby that you love me so oh oh oh oh oh oh...- canticchiò Emma, distrattamente.

-Posso farti una domanda?- le chiesi, fissandola, mentre lei bloccò bruscamente il movimento del polso.

-Dimmi- sorrise.

-Cosa significa per te un bacio sotto il vischio? Magari riuscirei a interpretare meglio la canzone se lo sapessi- spiegai, toccando ripetutamente il mio ciuffo biondo.

Lei sospirò -Beh, è una cosa romantica. Ho sempre saputo che nel preciso istante in cui le labbra si incontrano, puoi capire se la persona che stai baciando è la tua anima gemella e, se è così, resterai per l'eternità legato a lei. È sempre stato il mio sogno- confessò, osservando le corde della sua chitarra beige.

In quel momento non potei fare a meno di sorridere.

 

La sua spiegazione mi aveva affascinato molto e l'avevo trovata molto dolce.

Emma aveva solo bisogno di affetto, proprio come ora.

Charlie sorride -Beh, così avrei la sicurezza di restare per sempre con Justin Bieber- risponde, senza un minimo di vergogna.

Smetto subito di accarezzarle il viso, completamente stupito.

È questo il motivo? Per restare con Justin Bieber in eterno?

Aggrotto la fronte -Questo è quello che pensi?- le chiedo, deluso.

Certo, tutti amano il mio successo. Tutti amano i miei soldi, le feste, la fama e tutte le altre stronzate.

Mi alzo velocemente dal divano e mi dirigo verso il portone della casa.

Nessuno ama me. Anzi, le uniche persone che mi amano veramente, mi stanno aspettando.

-Dove vai, Justin?- chiede Charlie, raggiungendomi. Non pensavo fosse così falsa.

-Dove avrei dovuto essere sin dall'inizio, dalle persone che mi amano veramente- dico, infilandomi il giubbotto.

Lei alza gli occhi al cielo -Tu sei Justin Bieber, è ovvio che chiunque voglia stare con te per questo- commenta acida.

-Oh, no. Fortunatamente ti sbagli di grosso- rispondo -Ma tu non eri una Belieber?- le chiedo, fissandola negli occhi.

-Ero solo una ballerina ambiziosa- risponde, con lo sguardo perso nel vuoto.

Stringo le labbra in una linea sottile.

Non posso più fidarmi delle persone e questo è terribile.

-Ti chiedo di lasciare la crew senza troppe sceneggiate- concludo, prima di uscire da quella casa.

Il freddo è insopportabile, ma le lacrime scaldano il mio viso.

Quel giorno al bar sembrava sincera, ma ho capito che nessuno lo è da quando sono famoso. Solo la mia famiglia e, ovviamente, la mia Emma sono affidabili. So che loro non mi mentirebbero per alcuna ragione al mondo.

Adesso l'unica cosa da fare è andare da Emma. Avrei dovuto farlo sin da subito, nonostante avessi promesso a Charlotte di restare con lei oggi. Mi sento quasi un vigliacco, andando da lei solo adesso, ma so che mi capirà. O almeno lo spero.

 

Una volta arrivato davanti alla villa, premo il pulsante del citofono.

-Chi è?- mi risponde dopo qualche secondo la mia piccola Emma.

-Sono Justin- rispondo e, solo in questo momento, mi rendo conto delle lacrime che ancora bagnano il mio viso. Non ho smesso un secondo di piangere.

-Perché sei qui?- mi chiede stizzita.

Deglutisco -Sono un pessimo... amico, lo so. Vi ho lasciati per stare con quella vipera e ho deluso i bambini, che avrebbero voluto passare la vigilia con me, ma ormai il passato è passato. La verità è che io non sono capace di fare l'amico, Emma- sorrido lievemente -Io ti amo e vorrei dimostrartelo, anche se forse non ho più chance- concludo, abbassando lo sguardo verso le mie scarpe.

Lei non parla. Di sicuro ha paura di ricevere altre delusioni ed io non posso biasimarla.

Dopo interminabili minuti di silenzio, la sento sospirare -Entra- sussurra, prima di far scattare la serratura del cancelletto.

Non riesco a trattenere un sorriso sincero, mentre spalanco il cancello e mi dirigo verso il portone, già aperto.

-Ciao Justin- mi salutano i bambini all'ingresso.

Prendo in braccio la biondina e scompiglio lievemente i capelli color grano di Drew. Emma ci raggiunge e mi sorride semplicemente. Faccio scendere Alex dalle mie braccia e mi avvicino alla sua mamma per stringerla in un caloroso abbraccio. Lei è un po' titubante inizialmente, ma poco dopo circonda il mio corpo con le sue braccia bianche.

-Scusa se sono arrivato solo ora- sussurro, provocando una sua risatina.

-Non preoccuparti. Adesso, però, lasciami: sto soffocando- commenta divertita.

Sciolgo lentamente l'abbraccio e, subito dopo, le accarezzo la guancia.

I bambini ci guardano sorridendo e nei loro occhi riconosco la stessa gioia di Jaxon per il Natale.

-Allora, si festeggia?- chiedo eccitato.

Ricevo subito l'approvazione dei gemelli, ma Emma scuote la testa.

-Sai che ore sono?- mi chiede severamente.

Alzo entrambe le sopracciglia, perplesso. Avvicino il polso al mio viso, ma mi rendo conto di non indossare un orologio.

-Ehm... no- rispondo.

-È l'ora della nanna!- annuncia Emma, battendo le mani.

Dagli sguardi di Alex e Drew capisco che preferirebbero stare ancora svegli, ma hanno solo quattro anni, così annuisco.

-Andiamo principessa- dico, prendendo in braccio la biondina, mentre Emma si occupa di Drew.

-Dov'è la loro camera?- chiedo poco dopo.

-Seguimi- risponde semplicemente, andando verso l'ultima porta in fondo al corridoio.

Poco dopo, mi ritrovo in una stanza immersa nel buio, ma Emma non accende la luce. Appoggia Drew su uno dei due letti, visibili solo grazie alla lieve luce proveniente dal corridoio. Intravedo il letto di Alex e la appoggio delicatamente sul materasso, coprendola poi con le coperte calde.

-Buonanotte dolcezza- sussurro nel suo orecchio, per poi baciarle una guancia.

Poi mi avvicino a Drew, mentre Emma saluta la biondina.

-Buonanotte campione- mormoro, accarezzando il suo viso.

Pochi minuti dopo, Emma ed io ci ritroviamo sul suo divano, senza sapere cosa dirci.

Afferro la sua mano e inizio a osservarla nei dettagli. La pelle è bianca e gelida, mentre le unghie sono lievemente rovinate, forse per colpa delle corde della chitarra.

-Cos'è successo?- mi chiede, spezzando il silenzio.

Alzo lo sguardo verso il suo viso, ma lei evita di guardarmi -Voleva che la baciassi sotto il vischio- rispondo, attirando la sua attenzione.

-Davvero?- mi sembra di sentire un pizzico di gelosia nel suo tono.

Sorrido e appoggio una mano sulla sua schiena e avvicino il suo corpo al mio.

-Davvero- sussurro, appoggiando il viso nell'incavo del suo collo e baciando la sua pelle liscia e profumata.

La sento deglutire -E tu che cosa hai fatto?- mi chiede con voce tremante.

Sospiro, appoggiando la fronte sulla sua pelle -Le ho chiesto il perché- rispondo, mentre lei annuisce, incitandomi a parlare -Mi ha detto che voleva assicurarsi che Justin Bieber fosse per sempre suo- continuo. Alzo la testa e la guardo negli occhi. È stupita per quello che le ho detto. -Ho ripensato al nostro bacio, Emma- mi avvicino al suo viso. Lei deglutisce nuovamente per la vicinanza delle nostre labbra. -Fermami se non vuoi- sussurro, sicuro che voglia impedirmi di incontrare nuovamente le sue labbra con le mie. Ormai solo pochi centimetri ci separano e lei non si è ancora tirata indietro.

Perché?

Appoggio le mie mani sul suo viso e le accarezzo le guance con i pollici, facendole chiedere gli occhi.

Quindi lo vuole? Vuole che la baci?

I nostri nasi si toccano e anch’io chiudo gli occhi.

-Ti amo Emma- sussurro, facendo in modo che le nostre bocche si sfiorino finalmente.

Dopo cinque anni sento di nuovo il suo dolce gusto.

Inizio a muovere le mie labbra sulle sue e lei ricambia il bacio. Poco dopo le sfioro il labbro inferiore con la lingua, facendole socchiudere la bocca e dando inizio a una rincorsa senza fine. Sposto le mie mani sul suo collo e poi sul suo seno. La sento ansimare al mio tocco e questo accende una strana sensazione dentro di me.

Non ho mai sentito così tanto il desiderio di fare l'amore con lei, in questi cinque anni passati.

Inizio a baciarla con foga e passione, cercando di farle capire quanto la ami.

Ma lei mi ama? Credo di sì o almeno lo spero.

Le mie mani raggiungono i suoi fianchi morbidi. Premo le dita in fondo sulla sua schiena e mi appoggio totalmente sul divano, facendo sdraiare Emma su di me.

-Ti amo, piccola mia- sussurro, mordendole il labbro inferiore e avvertendo qualcosa di salato con la punta della lingua.

Spalanco gli occhi e vedo il viso della mia piccola Emma ricoperto di lacrime. Deglutisco e la allontano velocemente da me, mentre lei continua a piangere.

-Scusa, io non volevo costringerti a fare qualcosa contro la tua volontà- sussurro, abbracciandola, ma lei scioglie velocemente l'abbraccio.

Ho rovinato tutto, di nuovo.

Appoggia le mani sul suo viso, senza interrompere il suo pianto.

Non riesco a vederla in queste condizioni.

-Perdonami, Emma. Io ti amo- continuo poco dopo.

-Vattene- singhiozza, evitando il mio sguardo -Non avrei dovuto lasciare che mi baciassi- mormora, pentita, alzandosi dal divano.

-Perché?- le chiedo confuso.

Stringe le labbra in una linea sottile, senza rispondermi.

Mi alzo anch'io e mi avvicino a lei.

-Perché?- ripeto, appoggiando una mano sulla sua guancia umida.

-Io devo pensare solo al bene dei miei figli e tu non... non faciliti le cose, sconvolgi sempre tutto e io non ho la forza per affrontare tutto da sola- risponde balbettando.

-Allora permettimi di aiutarti, io potrei...- tento di parlare, ma lei mi interrompe.

-No, Justin. Voglio restare solamente con i miei figli. Tu non sei un bene per loro- dice.

Abbasso lo sguardo verso le mie scarpe.

Se non ci fossero i suoi figli, lei mi darebbe l'opportunità di tornare a fare parte della sua vita.

La guardo negli occhi -Li odio, Emma. Li odio profondamente perché non ci permettono di amarci- dico accarezzando la sua guancia.

Lei scuote la testa, ridendo amaramente.

-Che succede?- chiedo confuso.

Fissa i suoi occhi nei miei -Sai, è già orribile che qualcuno possa odiare dei bambini indifesi, ma è ancora peggio che un padre odi i propri figli- conclude.

Sgrano gli occhi, incredulo.

 

 

 

 

 

 

 

TA DAAAAAAAAAAAAAN!

Mi sento stronza per vari motivi, ad esempio per il ritardo e per il punto in cui ho terminato il capitolo, ma spero che voi possiate perdonarmi :’(

Questo capitolo era pronto da una decina di giorni, ma avevo deciso di sospendere la storia… non sto passando un bel periodo e non volevo postare il capitolo per poi interrompere proprio qui.

Ma ho deciso di continuare, perché mi fate sorridere, perché vi conosco da Marzo/Aprile (i tempi di Kiss me underneath the mistletoe) e perché voi non centrate nulla con i miei problemi e non vi meritate ritardi o cose varie. Io vi devo molto, sul serio.

Bene, dopo questo poema, vi ricordo che nel prossimo capitolo ci sarà tutto quello che avete aspettato per mesi, Justin scoprirà di essere padre (o meglio, elaborerà il tutto), avrete delle risposte su Emma, e tanto altro.

Spero di non farvi aspettare troppo di nuovo, davvero.

Vi ringrazio come sempre tutte quante, siete a dir poco meravigliose!

Un abbraccio coccoloso,

Morena

#befearless (il mio motto)

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Capitolo 21
*** Gli rovineremmo la vita. ***


-Che cosa?!- le chiedo, sicuro di aver sentito male. Anzi, sperandolo.

Lei spalanca i suoi occhi verdi e avvicina le mani alle sue labbra, pentita delle sue parole.

Deglutisco -Che cosa hai detto, Emma?- ripeto, alzando il tono di voce.

-Non urlare- mi rimprovera -Non ho detto niente, vattene- balbetta, spingendomi verso la porta.

Afferro i suoi polsi saldamente.

In questo momento vorrei urlare per la rabbia, ma riesco solo a riflettere. Io, a ventitré anni, sono padre di due gemelli. No, non è assolutamente possibile. Eppure mi ritornano alla mente tutti quegli indizi che non ho mai voluto analizzare: il colore dei capelli di Alex e Drew, il fatto che siano nati a Settembre, ovvero otto mesi dopo la mia partenza, il fatto che tutti sapessero dei bambini, tranne me, e che Jazzy fosse così affezionata a loro da conoscerli dalla nascita.

-Io sono il padre di Alex e Drew- sussurro, stringendo maggiormente i polsi di Emma.

-Mi stai facendo male- singhiozza Emma, cercando di liberarsi.

In questo momento la rabbia ha preso il possesso del mio corpo, ma sono anche totalmente scioccato.

-Io sono il padre di Alex e Drew- urlo, con le lacrime agli occhi.

-Non gridare, ti prego- mi supplica la ragazza dagli occhi verdi. La ragazza di cui mi sarei fidato ciecamente. La ragazza che mi ha tenuto nascosto di essere padre di due bambini. In tutto questo tempo sono stato male al pensiero che Emma fosse già madre di due gemelli, ma soprattutto perché credevo di non essere il padre dei biondini. Ma, ora che so di esserlo, riesco solo a provare una profonda rabbia nei confronti di chiunque. Mi pento solo di aver detto di odiare quei due angioletti, credendo che per loro Emma ed io non potessimo amarci, quando in realtà è tutta colpa della castana. Emma mi ha mentito, Jazzy mi ha mentito, la mia famiglia e persino Scooter mi hanno mentito per tutto questo tempo. Nei quattro anni della mia assenza e anche da quando sono tornato.

Lascio all'improvviso i suoi polsi.

-Sai una cosa?- chiedo ironico -Siete dei bastardi, dal primo all'ultimo, ma soprattutto tu- continuo, sputando veleno da tutti i pori.

Emma spalanca gli occhi.

Mi avvicino al suo corpo, facendola indietreggiare fino a una parete.

-Sei una stronza- continuo, stupito dalle mie stesse parole -e mi hai tenuto nascosto per quattro anni tutto questo- grido, non riuscendo a trattenere la rabbia.

-Per quanto avresti voluto tenermi all'oscuro di tutto, eh?- le chiedo.

Delle lacrime rigano il suo viso, ma fingo di non vederle. La amo troppo e non devo assolutamente farmi addolcire dal suo pianto.

-Justin, io te lo avrei detto- sussurra impaurita. Se non fossi così arrabbiato, mi vergognerei del mio atteggiamento nei suoi confronti.

-Quando? Il giorno del matrimonio di uno di loro? O alla nascita dei loro figli?- domando, ironico, facendole abbassare lo sguardo. Stringo le labbra in una linea sottile. -Non pensavo che fossi capace di una cosa del genere, Emma- mormoro, distogliendo lo sguardo da lei.

-Credi che per me sia stato facile?- domanda, allontanandosi dal muro e appoggiando l'indice contro il mio petto. -Credi che bastasse una telefonata e dirti “Sai, sono incinta dei nostri figli, lascia tutto e torna a Los Angeles”?- continua poco dopo, picchiettando il dito sulla mia felpa. -Credi che sia stato bello vedere le immagini sui giornali dove tu e quella sgualdrina passeggiavate insieme per strada, mentre io quasi non riuscivo ad alzarmi dal letto per il pancione?- continua con le lacrime agli occhi.

Mi mordo il labbro inferiore.

Io non sono stato vicino a Emma durante la gravidanza. Non le ero accanto per tenerle la mano il giorno del parto. Non ho tenuto in braccio i... miei figli. Non ho sentito la loro prima parola e non ho visto crescere il loro primo dentino. Ma l'avrei fatto, se solo lei me l'avesse permesso.

-Ti sarei stato vicino- sussurro, con lo sguardo perso nel vuoto.

-No!- urla, arrabbiata -Tu te ne sei andato, lasciandomi sola, anzi, con due gemelli nella pancia e non ti sei mai fatto vivo. Vedevo il tuo sorriso nei programmi televisivi, vedevo i tuoi cd nei negozi e la tua mano intrecciata con quella di Nicole nelle copertine delle riviste di gossip- continua, singhiozzando.

Il suo viso è completamente ricoperto di lacrime, ma non si preoccupa di asciugarle. Apre la bocca, come per dire qualcos'altro, ma la richiude pochi secondi dopo.

-Io...- tento di parlare, ma lei mi interrompe.

-Non saresti stato un buon padre- balbetta, insicura.

Spalanco gli occhi -Cosa?!- chiedo, incredulo.

Lei deglutisce e cerca di placare il suo pianto -Non saresti stato un buon padre per Alex e Drew- ripete, cercando di mostrare sicurezza.

-Ah, davvero? Credi che non sarei stato in grado di amare i nostri figli?- chiedo, alzando nuovamente il tono di voce.

-No, non intendevo questo- sussurra, mordendosi il labbro inferiore.

-Basta Emma. Sono stanco di tutte le menzogne che mi vengono raccontate- grido, dimenticando di nuovo che i bambini potrebbero sentirmi.

Sento dei passi leggeri e veloci provenienti dal corridoio, ma sono troppo arrabbiato per dare peso a questa cosa, così apro la bocca per continuare a sfogarmi, ma qualcuno mi interrompe.

-Mamma, perché gridate?- chiede Drew, assonnato, strofinandosi l'occhio con la mano.

Emma cerca di asciugare velocemente le lacrime -Niente, amore mio. Torna a dormire- sussurra, forzando un sorriso.

-No, Emma. Basta mentire- dico, sentendo il sangue ribollire nelle vene per la rabbia -Digli che sono suo padre e che mi hai mentito per cinque anni- grido furioso.

Il piccolo Drew spalanca i suoi occhi verdi e posa il suo sguardo su di me e poi sulla sua mamma, prima di scoppiare a piangere.

-Lui è papà?- chiede a Emma.

Mi mordo il labbro inferiore, maledicendomi in tutte le lingue del mondo. Non avrebbe dovuto saperlo così, è solo un bambino di quattro anni e non meritava di crescere senza un padre, così come sua sorella Alex.

-Sì, amore. Sono il tuo papà- sussurro con le lacrime agli occhi, avvicinandomi al suo piccolo corpo per abbracciarlo, ma lui continua a piangere e affonda il viso nell'incavo del collo di Emma.

-E allora perché non sei stato con noi? Ci odi, non è vero?- grida, mentre Emma cerca di calmarlo.

-No, io non...- mi interrompo sentendo il sapore salato di una lacrima sulla lingua. Deglutisco. Chiudo gli occhi e lascio che le lacrime scorrano lungo il mio viso.

Ho rovinato il Natale di un bambino, di mio figlio.

-Vattene, Justin- conclude Emma, accarezzando la schiena del piccolo Drew.

Dopo aver lanciato un ultimo sguardo a mio figlio e alla donna che amo, esco dalla villetta.

-Che Natale di merda- borbotto arrabbiato, camminando verso casa.

Non so se essere più arrabbiato con me stesso o con Emma, ma di sicuro sono infuriato anche con quelle persone che mi hanno mentito insieme a lei. Jazzy sapeva tutto e non mi ha mai detto la verità.

Sono deluso.

Una persona passa la sua vita pensando di potersi fidare degli amici e della famiglia, quando invece anche loro possono deluderci. Ma la cosa peggiore è che per loro ci rimani peggio, perché non te lo aspetteresti mai.

 

In pochi minuti giungo a casa mia, perso fra i miei pensieri.

Apro velocemente il portone e lo chiudo a chiave, sistemando all'ingresso il mio giubbotto. Con passo strascicato, mi dirigo verso la mia stanza, mi sfilo i vestiti di dosso e, dopo aver indossato il pigiama, mi sdraio sul mio letto, sotto le calde coperte profumate.

-Fanculo- sussurro, quando una lacrima riga il mio viso.

 

Il suono del campanello mi sveglia, facendomi borbottare qualche parola incomprensibile.

Mi giro a pancia in giù, per riaddormentarmi, ma il campanello suona di nuovo, ininterrottamente, come se il mio ospite indesiderato voglia rinfacciarmi tutta la sua gioia nel giorno di... Natale.

Lentamente raggiungo la porta di casa, con gli occhi socchiusi, e riesco a sentire la voce di Jazzy.

-It's the most beautiful time of the year...- sentendo queste parole, mi affretto a spalancare il portone, ritrovandomi davanti il viso allegro di mia sorella.

-Oh, ehi Justin! Buon Natale!- esclama allegra.

Rimango impassibile guardandola, ma dentro sono furioso.

-È un Natale di merda- annuncio, chiudendo il portone e lasciando mia sorella fuori di casa.

Il campanello suona per l'ennesima volta, così vado ad aprire per evitare che mi faccia diventare sordo.

-Ma che succede?- mi chiede preoccupata.

-Che succede?- ripeto, con un sorrisetto stampato sul volto -Succede che tu sapevi tutto e non mi hai mai detto niente, nonostante le varie occasioni- grido, sbattendo di nuovo la porta, per poi appoggiare la schiena contro il legno.

-Justin, mi dispiace. Io avrei voluto dirtelo- tenta di scusarsi, ma io non riesco a perdonarla per avermi mentito su una cosa del genere.

-Tutti me l'avrebbero detto, ma alla fine sono io quello che non ha visto crescere i propri figli. Sono io quello che ha creduto per cinque anni in un sacco di menzogne- urlo, con le lacrime agli occhi.

-Justin, apri la porta- mi supplica Jazzy, battendo i pugni sul legno.

Scuoto la testa, prima di andare a sdraiarmi su uno dei miei divani.

Ho perso quelli che sarebbero stati gli anni migliori della mia vita. Perché i figli sono il regalo più bello che si possa ricevere nella vita, ed io quasi non li conosco.

Quando Jazzy si arrende, riesco finalmente ad addormentarmi di nuovo.

 

Dopo varie ore, i deboli raggi del sole, provenienti dalla finestra, mi risvegliano. Sbatto un paio di volte le palpebre per abituarmi alla luce e poco dopo sbadiglio, alzandomi dal divano. Mi avvicino alla finestra e sposto la tenda.

Sta nevicando. Sembrerebbe il Natale perfetto, ma è proprio il peggiore. Mi basterebbe correre da Emma e i nostri figli per risolvere tutto, ma non ci riesco. Mi ha mentito e non so nemmeno il perché.

Guardo attentamente i fiocchi di neve, quando un ricordo di cinque anni fa mi ritorna alla mente.

 

Sentii una goccia gelida bagnare la mia guancia.

Emma volse lo sguardo verso l'alto e sorrise.

-Nevica- sussurrò nel mio orecchio.

Dei fiocchi bianchi accarezzarono la mia bocca quando alzai lo sguardo per osservare il cielo. Con la lingua sfiorai quelle gocce ghiacciate, desiderando che al posto della neve ci fossero le labbra morbide della mia piccola Emma.

Le sue guance si infuocarono. Sorrise imbarazzata e la guardai interrogativo, ma lei arrossì maggiormente in risposta.

Altri fiocchi scesero lievi avvolgendo i nostri corpi.

-I should be playing in the winter snow, but I'mma be under the mistletoe...- intonai avvicinandomi al suo orecchio.

Si morse il labbro inferiore, sorrise e mi strinse forte con le sue braccia bianche.

 

Sospiro, prima di girarmi verso il mio caminetto.

Cosa ci fa uno scatolone lì?

Inarco un sopracciglio, confuso, e mi avvicino.

-La prossima volta cambia la serratura se non mi vuoi in casa tua, o forse non ti ricordavi di avermi dato un doppione delle chiavi? Comunque, qui dentro troverai i quattro anni che ti sei perso. Spero che tu non decida di perderne altri- leggo ad alta voce le scritte nere sulla scatola beige, seguite dalla firma di mia sorella.

Alzo gli occhi al cielo, prima di sedermi e aprire il cartone.

Cerco di trattenere un singhiozzo, vedendo il contenuto.

In cima ci sono due di quei braccialetti bianchi che legano ai polsi dei neonati in ospedale. Li afferro e li osservo da vicino. Deglutisco, prima di appoggiarli sul pavimento accanto a me.

Nella scatola trovo anche una copertina bianca con le cuciture verdi, coperta usata di sicuro da Emma per coprire i due gemellini durante i loro pisolini.

Sorrido lievemente immaginando i visi di quei due angioletti durante il sonno. Mi sarebbe piaciuto stare accanto ad Emma e osservarli per ore...

Sospiro malinconico e annuso la coperta, sentendone il delicato profumo, prima di sistemarla vicino ai braccialetti bianchi.

Tiro fuori dei peluche colorati, due biberon e quattro paia di calze antiscivolo minuscole, adatte solo a dei bambini di pochi anni, ai miei bambini. Le lacrime iniziano a scorrere lungo il mio viso, ma mi affretto ad asciugarle con il dorso della mano. Sul fondo della scatola ci sono moltissimi disegni e dei... cd?

Aggrotto la fronte e ne tiro fuori uno.

-Sei mesi- sussurro, leggendo un'etichetta bianca attaccata sul disco.

Sei mesi?

Mi alzo dal pavimento, inserisco il cd nel lettore posto vicino alla televisione e in pochi minuti riesco ad avviarlo.

-Sei pronta? Tre, due, uno... azione!- lo schermo è nero, ma sento la voce di Jazzy. Subito dopo, la dolce risata di Emma riempie le mie orecchie e sullo schermo riesco a vedere il suo... pancione.

-Oh mio Dio!- sussurro sconvolto e meravigliato al tempo stesso.

Mi avvicino alla televisione con gli occhi spalancati e allungo la mano verso lo schermo, per sfiorare con le dita l'immagine della pancia di Emma. Ma è solo un video e questo mi fa piangere, perché io quel giorno non c'ero.

-Jazzy, non dobbiamo mica girare un film- commenta Emma divertita.

-Oh, lo so, ma lasciami sognare- risponde mia sorella, inquadrando il viso della mia piccola Emma.

È stupenda ed è proprio vero che le donne, durante la gravidanza, sono ancora più belle. I suoi capelli sono lunghissimi e mossi. Mi dispiace tanto che li abbia tagliati.

-Allora, signore e signori, ecco a voi...- si interrompe, mentre Emma si sfila un enorme vestito color panna.

-Come li chiamerai?- chiede, confusa.

-Non ci ho ancora pensato, a essere sincera- risponde Emma, prima di liberare una risatina dalle sue soffici labbra.

Afferra una maglietta da un letto, probabilmente quello della sua vecchia camera, e la indossa.

-Oh, mi viene stretta pure questa- commenta, dispiaciuta.

-Non preoccuparti, dopo il parto potrai tornare ad indossare i tuoi vecchi vestiti- la rassicura mia sorella, con il dolce tono che solo lei sa usare.

Emma abbassa lo sguardo verso il suo pancione e lo accarezza dolcemente.

-Lo so, ma... mi sembra enorme- dice sorridendo.

-No, è semplicemente bellissimo- sussurro.

-Credo che lei si chiamerà Alexandra, mentre lui Drew come suo... padre- conclude tristemente.

Jazzy sospira, mentre io afferro il mio labbro inferiore fra i denti.

-Quando glielo dirai?- chiede mia sorella ed io sono sicuro che si riferisca a me.

-Non lo so- confessa Emma, sedendosi sul letto.

-Sarebbe un ottimo padre- commenta Jazzy, facendo sorridere la ragazza dagli occhi verdi.

-Lo so! Sarebbe il miglior padre del mondo, così dolce, comprensivo e...- si interrompe, arrossendo.

Allora perché mi ha detto che non lo sarei stato?

Aggrotto la fronte, confuso.

-Oh, una certa ragazza qui è innamorata di mio fratello, non è vero?- commenta mia sorella, mentre le guance di Emma s’infuocano maggiormente.

-Lo amo con tutta me stessa- sostiene la ragazza -ma ha trovato la sua felicità e mai gliela porterei via con una dannata telefonata. Lo amo così tanto che mai penserei di spegnere quel sorriso che vedo su tutti i giornali, di interrompere la sua carriera musicale o di impedirgli di amare Nicole- sul suo viso si è formato un sorriso malinconico.

Lei mi amava.

-Non ho mai amato Nicole in vita mia- sussurro a me stesso.

-Gli rovineremmo la vita- singhiozza -Mi odierebbe e non potrei sopportarlo- balbetta, facendomi sgranare gli occhi.

Come può aver pensato una cosa del genere? Come può pensarla ancora?

Il video s’interrompe, ma io rimango a fissare lo schermo nero, pensando a come la mia vita sarebbe stata diversa se Emma mi avesse detto di essere incinta dei nostri figli.

Magari non sarei diventato un cantante famoso, ma sarei rimasto me stesso e non avrei mai dovuto mentire a milioni di persone.

Sarei rimasto con la mia famiglia, con le persone che amo.

Avrei sfiorato il pancione di Emma.

Avrei accompagnato i nostri figli all'asilo e li avrei visti crescere.

L'ennesima lacrima riga il mio viso.

 

 

 

 

 

 

OHMAIGAHD! Questo dovrebbe essere il penultimo capitolo… non sto piangendo, no. :’( :’( :’(

Ok, spero che con il video girato da Jazzy le cose vi sembrino più chiare e che il capitolo (il penultimo T.T) vi piaccia.

Vi ringrazio come sempre tutte, siete meravigliose!

Un abbraccio coccoloso,

Morena

#befearless

 

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Capitolo 22
*** Ricordi il nostro bacio? ***


Mi asciugo velocemente le lacrime con il dorso della mano e rimetto il cd nella custodia, prima di cercare in fretta nella scatola un disco che spero di trovare. Ci saranno almeno una ventina di cd, ma sembra proprio che l'oggetto delle mie ricerche sia escluso. Sto per perdere le speranze, quando una data scritta su l'etichetta di un cd mi fa sospirare di sollievo.

-Ventidue Settembre- mormoro.

Inserisco il cd nel lettore e aspetto, sedendomi sul pavimento.

Finalmente il video si avvia, mostrandomi il corridoio bianco di un ospedale e le facce di tutti i miei amici e parenti.

Sussulto.

È proprio il video del giorno della nascita dei miei figli.

Adesso vedo il viso di mia sorella.

-Allora, oggi è il compleanno di Emma, ma potrebbero anche nascere Alex e Drew... Sono troppo emozionata!- esclama sorridendo.

Abbasso lo sguardo, chiudendo gli occhi.

Io non c'ero e non potrò mai perdonarmi per questo.

-Ehi, Jaxon. Cosa vorresti dire a Justin in questo momento?- a queste parole rivolgo nuovamente l'attenzione allo schermo della televisione.

-Justin, avresti dovuto usare il... preservativo. Giusto? È così che si chiama, no?- alzo entrambe le sopracciglia sentendo queste parole.

Jaxon aveva solo cinque anni in questo video.

Sullo schermo compare di nuovo il viso di Jazzy, sul quale si è dipinta un'espressione sconvolta.

-E tu come lo sai?- chiede, confusa.

Jaxon alza lievemente le spalle -Ho sentito che ne parlavi con la tua amica Wendy un po' di tempo fa. Ma non so nemmeno cosa sia- conclude.

-Ok, direi che può bastare- sussurra Jazzy, prima che lo schermo diventi completamente nero.

Scoppio a ridere per qualche secondo, prima che sulla televisione compaiano di nuovo le pareti bianche dell'ospedale.

-Questo è un momento magico- sussurra Jazzy, coprendo l'obiettivo della videocamera con la mano.

Sorrido sentendo il suo tono dolce.

-Ecco i due angioletti- annuncia, spostando la mano e rivelando i visi dei miei due bambini.

Spalanco la bocca.

Sono semplicemente meravigliosi.

-Anzi, i tre angioletti- si corregge, inquadrando pure la mia piccola Emma.

Il suo viso è leggermente sudato e si capisce quanto sia sfinita, ma nei suoi occhi è impossibile non notare la gioia di poter tenere in braccio i bambini che per otto mesi ha solo potuto immaginare.

Una lacrima sfugge dal mio occhio.

Sarei stato la persona più felice del mondo in quel momento, se fossi stato lì, accanto a lei, con i bambini in braccio.

Emma sorride -Hai visto quanto sono belli?- chiede osservando i loro visi.

-Ti somigliano molto- commenta Jazzy.

Emma scuote la testa, sorridendo -Sono uguali a Justin- replica, accarezzandoli.

Sospiro.

Anche in un giorno come quello, Emma ha pensato a me, che me ne sono andato.

Metto in pausa il video, troppo pensieroso per continuare a vederlo.

Mi alzo e mi dirigo verso il bagno, per farmi una doccia calda. Apro il getto dell'acqua mentre mi svesto, prima di entrare nel box doccia. Inarco la schiena quando l'acqua colpisce il mio corpo e cerco di godermi quel piacevole calore. Senza successo, però. Infatti non riesco a fare altro che pensare ad Emma e ai nostri figli. Non so cosa fare. Sono ancora arrabbiato con lei per avermi tenuto nascosto tutto, ma ora comprendo il perché della sua scelta.

Non so nemmeno se lei mi ami ancora.

Non so se lei mi voglia effettivamente nella sua vita, nella loro vita.

Chiudo il getto dell'acqua per insaponarmi e alzo lo sguardo verso il vetro della doccia.

Spalanco gli occhi vedendo il mio riflesso.

I miei capelli, a causa dell'acqua, mi coprono la fronte, proprio come cinque anni fa.

Allungo la mano verso il vetro e lo sfioro, prima di iniziare a piangere.

Mi piacerebbe tornare indietro nel tempo, a cinque anni fa.

Non lascerei più Emma insieme a quel bastardo di James.

Rimarrei vicino alla mia piccola Emma, vicino ai nostri figli.

Rinuncerei alla mia carriera per loro, perché sono molto più importanti.

Lavorerei come cameriere in quel bar, ma sarei felice.

Sospiro e inizio a passare il sapone sul mio corpo.

Ma non si può tornare indietro. Devo accettare le scelte che ho fatto e, anche se volessi rimediare, sono sicuro che in questo preciso istante Emma non possa provare altro che odio nei miei confronti.

Finisco di lavarmi ed esco dalla doccia. Mi asciugo, mi rivesto e mi sdraio sul mio letto per riflettere.

Mi basterebbe un cenno e correrei da lei. Mi farei perdonare per tutto, perché in fondo non posso biasimarla più di tanto per avermi mentito, visto che l'ha fatto solo ed esclusivamente per me. Lei pensa sempre agli altri, mai a se stessa.

 

Iniziando ad avere fame, vado in cucina per prendere una mela, quando mi ricordo di aver lasciato acceso il lettore dvd.

Mordo la mela e torno in salotto, per poi riavviare il video.

-Vorresti dire qualcosa a Justin, in questo momento?- chiede mia sorella, attirando la mia attenzione.

Emma prende un respiro profondo prima di annuire -Hai lasciato che sotto le righe del nostro amore qualcuno scrivesse la parola “fine”, permettendogli di macchiare in questo modo le pagine del nostro “Per sempre”- comincia, mentre una lacrima riga il mio viso -Ma io ti amo, Justin- sussulto a queste parole dette con sincerità -Ti amo come mai ho amato prima e voglio che tu sappia una cosa- continua -ti amerò per sempre e, se mai io dovessi fingere di odiarti, non credermi. Ti amo- conclude, abbassando lo sguardo verso i nostri figli, cercando di nascondere le lacrime che sono comunque riuscito a vedere.

Spalanco gli occhi a queste parole.

Lei mi ama.

Il video termina ed io sono ancora scioccato da ciò che Emma ha detto.

Lei mi ama ancora.

Appoggio la mela sul tavolino e mi affretto a prendere il mio cellulare, per poi digitare il numero della mia piccola Emma.

Dopo vari squilli, scatta la segreteria telefonica.

È ovvio che lei adesso non voglia avere niente a che fare con me, ma lei stessa in quel video ha detto di amarmi.

Digito anche il numero del telefono di casa, ma non risponde nuovamente.

E se le fosse successo qualcosa?

Spalanco gli occhi e decido di chiamare Jazzy questa volta, nonostante io sia ancora arrabbiato con lei.

-Pronto Justin? Ti prego, perdonami per non averti parlato di questa storia prima ma...- risponde, iniziando a parlare senza prendere fiato fra una frase e l'altra, così la interrompo.

-Ne parleremo in un altro momento. Adesso dimmi che Emma non risponde solo perché è arrabbiata con me e non le è successo niente- rispondo preoccupato.

Sorprendendomi, mia sorella scoppia a ridere.

Inarco entrambe le sopracciglia, confuso -Ti sembra tanto divertente la mia preoccupazione?- le chiedo offeso.

-Hai guardato i video, non è vero?- domanda, ignorando le mie parole.

Roteo gli occhi -Sì, lì ho guardati- ammetto poco dopo.

-Allora corri, vai da loro e dimostra quanto tu sia dispiaciuto per quello che è successo. Ah, ti conviene sbrigarti perché Emma ha deciso di partire per le vacanze e devono prendere l'aereo stasera. Tu non vuoi aspettare fino a Gennaio, vero?- chiede retorica.

Voglio aspettare fino a Gennaio per dirle quanto la amo?

Voglio aspettare fino a Gennaio per baciare di nuovo le sue soffici labbra?

Voglio aspettare fino a Gennaio per iniziare a far parte della vita di Emma, dei miei figli, della mia famiglia?

No.

Concludo la conversazione telefonica senza aggiungere parole inutili e mi dirigo velocemente verso l'ingresso della mia villetta.

Indosso il giubbotto e apro la porta trovandomi davanti...

-Emma?- chiedo confuso e incredulo.

Cosa ci fa qui?

Senza farmi dire altro, si fionda sulle mie labbra, togliendomi il fiato e lasciandomi completamente sorpreso.

Poco dopo interrompe il bacio e riesco a vedere le lacrime sul suo viso.

-Scusa, io non avrei dovuto- balbetta, indietreggiando verso il portone ancora spalancato.

-Non so cosa mi sia preso, perché abbia lasciato Alex e Drew dai miei genitori, le valigie ancora vuote e...- tenta di parlare, ma il suo pianto le impedisce di continuare.

-Non sarei dovuta venire qui e baciarti, scusami- conclude, prima di girarsi per uscire.

Afferro la sua mano e avvicino nuovamente la mia piccola Emma al mio corpo.

Io dovrei farmi perdonare per tutte le stronzate che ho fatto in questi cinque anni e lei continua a chiedermi scusa.

Io avrei dovuto correre verso la sua villa per farle capire quanto io desideri vivere il resto della mia vita con loro e lei mi ha sorpreso venendo fino alla mia villa.

Catturo le sue labbra con le mie e stringo la sua vita fra le mie braccia.

Lei, lentamente, circonda il mio corpo con le sue braccia bianche e stringe i miei capelli color grano con le sue dita affusolate. Poco dopo inizia a baciarmi con foga, svuotando la mia mente da ogni pensiero, da ogni preoccupazione. Ci siamo solo io e lei. Finalmente.

Con una mano chiudo la porta, prima di appoggiarmici per poi stringere maggiormente la ragazza dai capelli castani.

Percorro la sua schiena con le dita e sfioro i suoi capelli soffici.

-Non voglio che tu vada dal parrucchiere prima che i tuoi capelli crescano fino ai fianchi- sussurro sulle sue labbra, stringendole nuovamente la vita e facendola ansimare.

La sento sorridere.

-Perché dovrei farli crescere?- chiede, mordendomi lievemente il labbro inferiore -Non c'è nessuno accanto a me che li apprezzi così tanto da convincermi a non tagliarli- mormora.

Riesco a sentire il rimprovero nelle sue parole.

Allontano lievemente il viso dal suo per guardarla negli occhi, quegli occhi verdi che tanto amo.

-Ci sono io- affermo serio.

Si inumidisce le labbra, prima di accarezzarmi le guance con i pollici.

Nei suoi occhi vedo un lampo di pentimento e sono sicuro che in questo momento stia
pensando di aver sbagliato a venire qui. Infatti, pochi secondi dopo, cerca di sciogliere la presa delle mie braccia, ma riesco a tenerla stretta.

-No, Emma. So esattamente cosa stai pensando e sappi che non è così- esordisco -Tu... voi non potreste mai rovinarmi la vita. Ho bisogno di voi e niente e nessuno potrà impedirmi di vivere il resto della mia vita con la mia famiglia- concludo dolcemente.

Sorride lievemente alle mie parole, mentre una lacrima solitaria riga il suo dolce viso.

-Davvero noi siamo la tua famiglia?- chiede, asciugandosi la guancia con il dorso della mano.

Sorrido, prima di accarezzare di nuovo le sue soffici labbra con le mie.

-Davvero- mormoro.

Affondo il viso nell'incavo del suo collo e accarezzo la sua bianca pelle profumata con il mio naso, facendo uscire una spensierata risata dalle sue labbra.

La guardo nuovamente negli occhi e non posso fare a meno di chiedermi perché io sia stato così stupido da lasciarmi sfuggire la mia piccola Emma cinque anni fa.

-Ti amo- sussurra, lasciandomi spiazzato per un attimo.

Quindi è vero. Lei non ha mai smesso di amarmi.

-Ti amo anch'io, Emma- soffio sulle sue labbra e afferro il suo labbro inferiore fra i denti. Sfioro con la lingua la sua bocca, che subito dopo lei socchiude, lasciando che incontri la sua.

Vorrei che in questo momento il tempo smettesse di scorrere, per far durare all'infinito il nostro bacio, ma è proprio lei a interromperlo, provocando uno schiocco che risuona intorno a noi.

-Quindi... questo è l'inizio del nostro “Per sempre”?- chiede sorridendo.

-No- rispondo, scuotendo la testa e facendole aggrottare la fronte.

-Pensa a cinque anni fa, quando tu ed io eravamo sotto un ramo di vischio- sussurro nel suo orecchio.

-Ricordi il nostro bacio?- chiedo, accarezzando la sua guancia liscia.

Lei annuisce, con l'ombra di un sorriso sulle labbra.

-Ecco, in quel preciso istante è iniziato il nostro “Per sempre”- socchiudo gli occhi e lascio che una lacrima di felicità percorra il mio viso.  

 

 

 

 

Fine.

 

 

 

 

 

I DON’T KNOW WHY BUT WITH YOU I DANCE IN A STORM WITH MY BEST DRESS FEARLESS!

Sì, Taylor Swift è la mia ragazza (dal 2009, gente!) ^_^

 

AHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH! QUESTO ERA L’ULTIMO CAPITOLO (in ritardo clamoroso, chiedo perdono :c ) E IO STAVO SOLO CERCANDO DI NON PENSAAAAAARCI! (ma Taylor rimane la mia ragazza u.u)

Santo cielo, è finito tutto! Emma, Justin, Alex, Drew e tutto quanto… mi mancheranno troppo, sul serio! Proprio come voi, che siete le mie lettrici preferite!

Sin dal primo capitolo volevo arrivare a questo per dirvi come è nato tutto (sperando di non annoiarvi…).

Allora, mi stavo asciugando i capelli con la spazzola in mano e Mistletoe nelle orecchie, poi la spazzola mi è finita davanti alla bocca e ho avuto un lampo! Ho pensato di dover assolutamente scrivere una storia in cui una ragazza e Justin la cantassero insieme e così è nato tutto, anche se inizialmente nella prima storia avrei dovuto mettere il  lieto fine, ma vabbè dai.

Poi, per la seconda storia, Emma avrebbe dovuto avere solo un figlio e poi incontrare Justin per lavorare come chitarrista ma… ero sul balcone e mi è venuta in mente la frase “Un padre non dovrebbe odiare i suoi figli e bla bla bla…” e mi sono detta che forse sarebbe stato carino se Emma avesse avuto due figli.

Okay, dopo il mio poema più lungo del capitolo, vi ringrazio dalla prima all’ultima, perché questa storia mi ha fatto conoscere un sacco di persone meravigliose che mi rimarranno per sempre nel cuore, sappiatelo.

Ah, se per caso dovessi mancarvi (non credo, ma vabbè) vi dico che ho iniziato da un po’ una nuova storis, “Promises.” che devo ancora aggiornare da quasi un mese (sorry T.T) http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2024279&i=1

Vi lascio anche i miei contatti…

Twitter https://twitter.com/smile_with_us

Ask.fm http://ask.fm/MissMore

Ora devo salutarvi (non sapete come mi dispiaccia cliccare su “Completa”).

Vedo se riesco a rispondere alle recensioni allo scorso capitolo, se non ci riesco continuo domani, comunque sappiate che le ho lette tutte e vi amo una a una.

LONG LIVE AT THE MAGIC WE MADE!

Un abbraccio coccoloso,

Morena

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