Secrets In The Moonlight

di Gienah
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Twins ***
Capitolo 2: *** A new Vampire ***
Capitolo 3: *** A new Vampire part 2 ***
Capitolo 4: *** Hate? ***
Capitolo 5: *** Gold ***



Capitolo 1
*** Twins ***


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<< hey, scusa non ti avevo visto >>
Lanciai un’occhiata a metà tra l’indifferente e lo scocciato al ragazzo che mi era appena venuto addosso, facendo cadere gli auricolari dell’ipod. Sembrava in difficoltà più del necessario e non smetteva di guardarsi in torno con aria agitata. Aveva i capelli spettinati e gli occhiali storti che non volevano proprio stare dritti. Con il sorriso più sincero che riuscii a fare riavvolsi le cuffiette per poi infilare l’ipod nella tasca del cappotto.
<< non c’è problema >>
Stavo per allontanarmi quando venni fermata ancora una volta dalla voce incerta del ragazzo.
<< scusa se ti disturbo ancora, ma non ti ricordi di me? ti ho offerto un caffè neanche un’ora fa .. >>
Sbattei un paio di volte le palpebre e lo squadrai per la prima volta per bene. Non ero certa di non averlo mai visto prima, però una cosa era sicura: non mi aveva offerto nessun caffè. Nessun ragazzo mi ha mai offerto un caffè in effetti.
Che sciagurata.
<< mi dispiace ma ti sbagli, non l’hai offerto a me il caffè >>
<< non mi sto sbagliando! Eri proprio tu! Non sono mica così imbranato come posso sembrare! >>
Aveva il respiro affannoso, gli occhiali sembravano persino essersi appannati e non riusciva neanche a guardarmi in faccia. Provai un istintiva simpatia verso quel poveretto.
Quell’approfittatrice.
<< senti, me lo ricorderei se mi avessi offerto un caffè. Non ti sto prendendo in giro! Mi avrai confusa con la mia gemella >>
Lui non parve minimamente convinto da questa spiegazione. Infondo era comprensibile, all’università stavo il più possibile lontano da Andrea. Fosse stato un altro momento gli avrei fatto vedere l’unica foto che avevo di noi due sul cellulare, gli avrei spiegato che mia sorella dipendeva dai caffè ma che era solita farselo offrire da chiunque fosse a tiro. Gli avrei detto che era meglio dimenticarsi la sua cotta fulminante per lei perché era il genere di ragazza che si fa amare da tutti ma si innamora solo di chi non la degna neanche di uno sguardo. Gli avrei spiegato tutto questo e magari anche offerto un caffè per sdebitare quella testa di legno, ma ero in ritardo per la prossima lezione ed ero stufa di rimediare sempre alle turbe sentimentali che Andrea provocava, molto spesso inconsapevolmente.
<< senti ti assicuro che è come ti dico, ora però devo scappare >>
Mi voltai lasciando il ragazzo, a cui mi ero scordata di chiedere il nome, impalato in mezzo al cortile. Diedi uno sguardo al cellulare e imprecai a mezza voce. Come al solito ero di nuovo in ritardo.

Gettai la tracolla per terra, subito seguita da stivali e calzini, per poi buttarmi sul letto a peso morto. Che giornataccia. Avevo capito meno del solito dalla lezione, non avevo intenzione di chiedere gli appunti ad Andy di nuovo, avevo perso l’autobus e mi erano finite le sigarette. Non che io fumassi. Non si può definire fumare fare un paio di tiri una volta ogni 6-7 giorni, no? Proprio mentre stavo facendo il conto di quante sigarette mi ero fumata quella settimana una furia si abbatté contro la porta della camera, facendola sbattere contro il termosifone. Poggiai una mano sugli occhi stropicciandoli prima di alzarmi sui gomiti per fissare quell’imbucata di mia sorella rovistare tra i miei cassetti e buttare tutto all’aria. Non mi scomposi nemmeno, era una scena comune quella.
<< cosa stai cercando questa volta? >>
Quando si voltò a guardarmi non riuscii a trattenermi e scoppiai a riderle in faccia.
<< beh che cos’hai da ridere?! Invece dovresti farti anche tu una decolorazione dei baffetti! Ti ricordo che i miei peli sono i tuoi peli! >>
La guardai scettica mentre con quella roba bianca sul labbro e un’inguardabile cuffia rosa in testa osservava con aria critica due paia di calze ricamate.
<< devi uscire sta sera? >>
<< perspicace Sherlock. >>
<< e a chi hai intenzione di scroccare la cena? >>
<< tranquilla esco con un mafioso, mi porta in un casinò di sua proprietà, proverò solo qualche droga leggera ma tornerò presto, grazie per esserti preoccupata! >> mi rispose con un mezzo sorriso. La guardai male assottigliando gli occhi.
<< spero che tu stia scherzando >>
<< ironia, Melina! Una cosa che non conosci a quanto pare! >>
Abbandonò uno dei due paia di calze sul pavimento per poi scomparire nel bagno. La seguii quasi subito guardandola mentre dopo essersi sciacquata la faccia si truccava con la perizia di un restauratore di opere d’arte. Andrea era indubbiamente stupenda. Tutti lo sapevano, lei prima di tutti. Dovrei essere contenta, infondo avevamo la stessa faccia. Eppure non era il nostro viso ad attrarre gli uomini, anche perché se fosse stato così avrei dovuto avere lo stesso numero di corteggiatori di mia sorella. Erano le piccole differenze a calamitare l’attenzione su di lei. Perché non eravamo davvero identiche e solo un ragazzo imbranato come quello di sta mattina poteva non accorgersene. A partire dal carattere per finire ai punti neri. Andrea non ne aveva neanche uno. Quanto la odiavo per questo.
<< E questo mafioso ce l’ha un nome? >>
<< Gabriel. Come l’angelo. >> rispose senza distogliere l’attenzione dal suo operato.
<< perché non mi è nuovo? >>
<< perché te ne avrò parlato un centinaio di volte ma tu non ricordi mai i nomi di nessuno. >>
<< a che punto siete? >>
<< non abbiamo ancora fatto sesso, se è questo che volevi sapere. Tecnicamente stiamo nella fase del corteggiamento. In realtà io mi trattengo dal saltargli addosso ogni secondo. Il mio intuito dice che più o meno è la stessa cosa per lui >>
<< più o meno? >> a quel punto mi feci attenta. A discapito delle apparenze il suo intuito raramente sbagliava. Lei con un sospiro posò il mascara sul piano del lavandino, guardandomi di sfuggita.
<< non so, a volte ho come l’impressione che voglia saltarmi addosso, letteralmente saltarmi addosso >>
<< non capisco, di solito non ti fa piacere una cosa del genere? >> inutile negarlo, a chiunque fa piacere sentirsi desiderate e di sicuro mia sorella non faceva eccezione.
<< te l’ho detto, è una sensazione strana. Prima quando l’ho chiamato mafioso l’ho fatto senza pensarci, non perché sia davvero un mafioso, ma perché stare vicino a lui mi fa sentire costantemente in bilico. È difficile da spiegare >>
La guardai scettica mentre dopo aver scrollato le spalle ricominciò a prepararsi. Mia sorella amava il ‘’bad boy’’ e quindi non era da lei farsi questi scrupoli. Mi domandai con chi davvero se la stesse facendo e soprattutto mi maledissi per non aver ascoltato ogni singola stupidaggine detta da lei.
Quando uscì sbirciai dietro le tende in perfetto stile guardona. Ma si trattava pur sempre di mia sorella, avevo il diritto nonché il dovere di farmi i fatti suoi!
Inizialmente vidi solo una macchina nera lucida che, causa la mia ignoranza in materia, non riuscii ad identificare. Inaspettatamente quell’ ‘’angelo mafioso’’ di cui era cotta mia sorella scese dall’auto e con velocità ed eleganza aprì la portiera per farla entrare, non prima di averle posato un bacio sulla fronte. Sbattei le palpebre quando mi resi conto di essermi spiaccicata quasi contro il vetro nel tentativo di notare qualunque cosa che potesse insospettirmi e far accendere un campanello d’allarme. Inutile dire che tutto in quella scena mi puzzava di strano, ma era anche vero che il mio istinto faceva cilecca quasi sempre. Forse stavo diventando solo paranoica ed iperprotettiva. Ne ebbi la certezza quando mi sembrò di vedere gli occhi di quell’angelo mafioso brillare come rubini fendendo l’oscurità. Si, avevo decisamente bisogno di dormire. E anche di un fidanzato, ma non l’avrei mai ammesso ad alta voce.

Improvvisamente mi ritrovai seduta, sudata e con le coperte strette nei pugni. Quando mi resi conto di non stare più dormendo lasciai le coperte stropicciate per sfregarmi gli occhi. Tenni le tempie premute fra le dita fino a quando il mio respiro non tornò regolare. Sentii un rumore lieve ma che nel silenzio assoluto era risuonato come una palla di cannone. Controllai l’orario: 4.03. imprecando a bassa voce poggiai i piedi sul pelo nero del mio tappeto per poi alzarmi il più silenziosamente possibile. Arrivai all’ingresso guardandomi intorno per cercare di capire da dove provenisse quel suono. Non ci misi molto ad individuarlo: era Andrea, rannicchiata contro la porta con le guance rigate dalla matita nera sciolta mista ad altre scie più chiare in un immagine a dir poco inquietante. Rimasi qualche secondo immobile con la bocca semi spalancata, incapace di fare qualunque cosa. Dopo qualche istante deglutii inumidendomi le labbra cercando di calmare i nervi. L’unica cosa che volevo fare era trovare quella sottospecie di pennuto e spennarlo vivo, perché ero certa centrasse lui.
<< cosa ti ha fatto? >>
Lei sembrò non stupirsi della mia presenza e si limitò a stringere gli occhi per cercare di mettermi a fuoco dietro tutte quelle lacrime.
<< ho fatto una stronzata. >>
<< cosa hai fatto? >> strinsi i pugni cercando di controllarmi. Sbottare l’avrebbe fatta richiudere a riccio e una volta intimidita era impossibile cavarle qualcosa di bocca.
<< ho ignorato il mio istinto. >>
Passò qualche istante di silenzio e mi chiesi se non si fosse persa nei suoi pensieri ma poi continuò con voce spezzata dai singhiozzi.
<< Lo amo. Totalmente. È come se non potessi fare a meno di lui. Neppure volendo. E non voglio. >>
Rimasi interdetta, senza sapere cosa fare o cosa dire. Non era la prima volta che diceva di essersi innamorata di qualcuno, ma era la prima volta che diceva di amare qualcuno. Ci teneva a differenziare le cose. Ma perché stava piangendo? Non dovrebbe essere qualcosa di … felice? Erano forse lacrime di felicità? Perché sembrava così disperata allora? Non sapevo cosa fare. Ero così imbranata con i rapporti interpersonali, persino con mia sorella. Impacciata le strinsi una spalla sforzandomi di sorridere. Lei sembrò capire e ricambiò timidamente il sorriso. Poi un idea sembrò balenarle negli occhi
<< hai un aspetto pessimo. Che ti è successo? >>
<< senti chi parla. >> cercai di sdrammatizzare incamminandomi verso il bagno. Naturalmente lei non demorse rincorrendomi con i tacchi stretti in una mano e la borsetta nell’altra.
<< che mi stai nascondendo? >>
Sapevo che non avrebbe demorso facilmente, così mi voltai verso di lei incrociando le braccia
<< ho fatto un incubo >>


Nei giorni successivi fu uno strazio. Andrea non voleva dirmi cosa era successo esattamente quella sera e io non volevo raccontarle il mio incubo se lei non si ‘’confessava’’ per prima. Dato che questi due erano i nostri principali problemi al momento non avevamo la testa per pensare o parlare d’altro e perciò non ci parlavamo e basta. Perché tutto questo casino per uno stupido incubo? Per esperienza. In 20 anni di vita potevo contare sulla punta delle dita le volte in cui avevo avuto un incubo. Per la precisione erano 4. La prima volta avevo all’incirca 10 anni: sognai di essere travolta e schiacciata da un branco di tori dagli occhi fiammeggianti. Il giorno dopo mi persi al centro commerciale e nella calca un tale mi finì addosso provocandomi una distorsione al polso. Qualche anno dopo sognai Andrea che cadeva da un palazzo e qualche giorno dopo inciampò durante la recita scolastica cadendo dal palco: gamba ingessata per tutta l’estate e così via. Di tutte queste cattive esperienze mi rimanevano solo una cicatrice appena sotto l’attaccatura dei capelli sulla fronte e tanti brutti ricordi. Forse ero diventata eccessivamente superstiziosa, ma anche Andrea era diventata guardinga nei confronti dei miei incubi. Trasalii quando mi resi conto di aver scavato un buco sul foglio con la penna che stringevo quasi spasmodicamente. Sbuffai rumorosamente attirandomi le occhiatacce di qualche studente nelle vicinanze. Anche questa volta non ero riuscita a seguire niente. Lanciai uno sguardo ad Andy ma anche lei stava con lo sguardo perso nel vuoto mentre mordicchiava il tappo della penna con fare distratto. Mi soffermai sulla curva morbida del collo lasciato scoperto dai capelli raccolti in uno chignon scomposto. Rabbrividii ripensando all’incubo dell’altra sera. Chiusi gli occhi e mi sembrò di rivivere quegli istanti come se fosse la prima volta. Lo sguardo sereno ma stralunato di Andrea mentre fissava un’ombra dai contorni sbiaditi. Il suo collo che si piegava dolorosamente sotto la pressione di quella stessa ombra mentre il suo sguardo restava immutato, appannato da una luce strana. Uno squarcio che si apriva sulla sua pelle olivastra macchiandola di rosso cupo. Quel sorriso che non scompariva dal suo volto nemmeno mentre diventava sempre più bianco e immobile. Aprii gli occhi di scatto guardandomi febbrilmente intorno. La lezione era da poco finita ed Andrea stava chiacchierando con qualche amica mentre tutti lasciavano velocemente l’aula. Seguii il loro esempio raccogliendo le mie cose e uscendo velocemente da quella stanza improvvisamente troppo soffocante.

<< da quando hai iniziato ad usare le sciarpe? >>
Andrea mi rivolse solo un veloce sguardo attraverso lo specchio nel quale si stava osservando. Era passata una settimana da quella notte e io ed Andrea ci eravamo scambiate si e no una decina di parole in croce. Anche quando eravamo piccole ero io quella che prendeva l’iniziativa dopo un litigio perché stare litigata con la persona più importante della mia vita mi faceva stare male in ogni caso. Solo che questa volta non avevamo litigato, semplicemente entrambe non volevamo parlare di qualcosa che ci spaventava. Nel caso di Andrea però la minaccia era reale e io non potevo semplicemente lasciar correre.
<< da quando ti interessi di moda? >>
<< non cambiare argomento. Devi uscire di nuovo con l’angelo mafioso? >>
Fece una mezza risata mentre chiudeva il cappottino rosso e aggiustava ancora la sciarpa color panna.
<< lo chiami così è? Glielo devo dire … lo farà divertire sicuramente … >>
Sembrava stesse parlando da sola e probabilmente era davvero così. Da quando aveva iniziato a vedersi regolarmente con quel Gabriel sembrava sempre persa nei suoi pensieri. A volte parlava persino da sola e la cosa mi faceva sempre di più insospettire.
<< dove hai detto che vi siete conosciuti? >>
<< non l’ho detto >>
Aspettai che continuasse ma rimase in silenzio, aggiustando difetti inesistenti dell’acconciatura e del trucco. Dopo l’ennesima volta che si lisciò le pieghe immaginarie della sciarpa mi avvicinai allungando una mano verso il suo collo
<< fammela vedere >>
<< non toccarmi! >> con un scatto si allontanò da me lasciandomi con la mano sospesa nel vuoto e lo sguardo confuso. Lei respirava affannosamente e sembrava sul punto di scoppiare a piangere. Restammo qualche istante a fissarci, entrambe perplesse e spaventate anche se per motivazioni diverse. Andrea fu la prima a riprendersi raddrizzando le spalle e schiarendosi la voce con qualche colpo di tosse.
<< me l’ha regalata lui. Mi fa sempre dei regali stupendi. È molto premuroso con me. >>
<< ti picchia per caso? >>
Sentii la rabbia montarmi addosso come un’ondata gelida e non ci fu modo di sopprimerla. Agii troppo velocemente perché se ne rendesse conto così non riuscì a bloccarmi in tempo. Afferrai la sciarpa con entrambe le mani e la sfilai velocemente dal suo collo. Non fu difficile individuarlo perché spiccava orribilmente sulla sua pelle. Un livido enorme, screziato di rosso al centro e nero verso l’esterno. Era grande quanto un pugno e sembrava doloroso e recente. Andrea mi strappò la sciarpa di mano rimettendosela al collo con gesti isterici e rapidi.
<< non dire neanche una parola! Non è quello che pensi. >>
<< e cosa penso?! Quello che ho visto mi sembra che parli da solo! Ti picchia! Ti ha completamente soggiogata! Devi denunciarlo! >>
<< non è vero! Non è così! È la persona migliore che io abbia mai conosciuto! E se tu sapessi … >>
<< è violento! Gli uomini violenti sono vigliacchi! Sono persone orribili e non pensare di poterlo cambiare! >>
<< non ha mai alzato un dito su di me! te lo posso giurare! >>
Stavamo entrambe urlando come pazze e mai come in questo momento fui contenta di abitare senza i nostri genitori. Mamma e papà, cosa avrebbero fatto loro? Un idea mi passò per la mente e non mi rincuorò neanche un po’.
<< ho capito. è uno di quei feticisti o come diamine si chiamano! Gli piace mordere? Perché è un morso vero? >>
Lei sembrò combattuta se rispondere o no ma quell’incertezza mi bastò per capire come stavano le cose.
<< ah lo sapevo! È un maniaco! Tutta quella facciata da perbenino, apre la portiera, bacio sulla fronte … tutta una maschera! >>
<< mi hai spiato!? >> sibilò ritrovando improvvisamente tutta la sua sicurezza
<< spiato mi sembra esagerato! Stavate fuori casa, non è che vi ho seguito o simili! >>
<< stai lontana dalla mia vita privata, Melina! Solo perché TU non ne hai una non significa che ti debba interessare alla mia! >>
Inutile negare che queste parole mi punsero sul vivo. Mia sorella meglio di tutti sapeva che avevo una sola migliore amica oltre lei e che non avevo appuntamenti con nessuno da anni ormai. Avevo avuto solo un ragazzo fino ad ora ed era un esperienza che non amavo ricordare. Mi rabbuiai incrociando le braccia e lei parve raddolcirsi assumendo un espressione colpevole.
<< scusa Mel, ma ti posso assicurare che non sono diventata improvvisamente masochista o sottomessa, semplicemente lo amo. E prima che tu scatti NO non mi ha mai fatto qualcosa contro il mio volere. Te lo giuro. >> disse dopo avermi stretto le mani nelle proprie. Non ero convinta. Per nulla. Ma tanto cercare di parlarle ora sarebbe stato inutile. E poi avevo già un’altra idea per la testa e stavo già pensando a come metterla in atto. Mi sforzai di farle un mezzo sorriso e poi mi scostai per farla uscire senza aggiungere più nulla.

Mi mossi solo quando sentii un lieve russare provenire dalla sua camera. Era il segnale per il via libera. Fortunatamente Andrea dormiva sempre con la porta aperta, così non ebbi difficoltà ad entrare e a trovare la borsa abbandonata sul pavimento. Non amava il buio così a volte lasciava accesa una piccola luce azzurra vicino al comodino e per fortuna quella sera non aveva fatto eccezione. Guardai mia sorella per essere certa che stesse dormendo ma la ritrovai con il braccio abbandonato sugli occhi e la bocca semi aperta. Non so cosa mi trattenne dallo scoppiare a ridere nel vedere la mia sorella perfezionista in quello stato ma ci riuscii e sgattaiolai fuori dalla camera. Uscii sul balcone dalla parte opposta alla camera di mia sorelle e rovistai nella borsa. Dopo aver scansato fazzolettini, rossetto di riserva e mentine riuscii a prendere il suo iphone. Lo trovai subito infatti era l’ultimo numero nelle chiamate ricevute e senza pensarci su due volte pigiai per chiamare. Se dal vivo le nostre voci erano facilmente distinguibili al telefono neanche nostra madre era mai riuscita a distinguerci.
‘’Andy? È successo qualcosa?’’
Perché mai dovrebbe essere successo qualcosa? Poi mi ricordai che si erano lasciati meno di due ore fa. Probabilmente era normale la sua preoccupazione.
‘’ no no … dove sei?’’
‘’ al Secrets con Vincent, come ti avevo detto. Sei sicura di stare bene? La tua voce ha qualcosa di strano’’
Rimasi allibita per qualche istante. Incredibile.
‘’ si si ho solo un po’ di mal di gola. Buona notte. ‘’
Attaccai senza dargli il tempo di rispondere e scrissi Secrets su google in modo da ricordarmi la strada da fare per arrivarci. Il Secrets era un ristorante/bar molto ‘’alla moda’’ e per questo non ci avevo mai messo piede. Il nome in realtà era Secrets in the moonlight ma tutti lo chiamavano semplicemente Secrets. Dopo aver riletto un paio di volte il percorso da fare cancellai la cronologia e rimisi tutto a posto. Infilai la prima giacca che avevo a portata di mano e uscii di casa il più silenziosamente possibile.

Salve a tutti! spero qualcuno sia arrivato a leggere questa parte xD (autrice etremamente insicura! >.<) in ogni caso se avete avuto l'impressione che la narrazione sia lenta, vi sbagliate xD mi dispiace se il primo capitono non è niente di che ma più avanti si fa moolto più interessante =) perciò continuate a leggerla e non vi deluderà!!! (sorriso a 230 denti! ^^) Un grazie a tutti!
Ps sono sempre aperta a consigli per migliorarmi =)

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Capitolo 2
*** A new Vampire ***


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Una volta arrivata mi resi conto che per entrare bisognava passare la barriera del buttafuori. Un locale alla moda e a quanto pare esclusivo. Senza pensarci più di tanto, perché in fondo ero arrivata fino a lì e un modo di entrare l’avrei trovato, mi avvicinai ostentando sicurezza. Il buttafuori era esattamente come mi immaginavo essere un buttafuori: alto, forte e minaccioso. Inizialmente mi squadrò da capo a piede ma appena fui abbastanza vicina si aprì in un enorme sorriso

<< Andrea! È da un po’ che non ti si vedeva! Vuoi fare una sorpresa a Gabriel? >>

Annuii incapace di proferire parola sia per la paura di essere scoperta sia per la gioia che provavo nell’avere le cose così facili. Mi fece un altro sorriso aprendo la porta con una mano e facendomi segno di entrare con l’altra

<< sta al solito tavolo. L’ultimo sulla destra >> aggiunse probabilmente notando la mia aria spaesata. Dopo aver ispirato trattenni il fiato come se mi stessi per immergere in una vasca di squali. E non potevo sapere quanto vicina alla realtà fossi.

All’esterno il locale non aveva nulla di particolare che lo distinguesse da tanti altri ma all’interno era semplicemente magnifico. Mi guardai intorno meravigliata per qualche istante salvo poi ritornare concentrata. Non ero lì per una visita di piacere. Iniziai a scivolare tra le varie persone e fui costretta a rispondere a diversi saluti e cenni. Mi domandai quante volte mia sorella fosse finita in questo locale per essere così famosa.

Si trovava al tavolo più appartato di tutti e non fu difficile individuarlo. Avevo visto e rivisto la sua foto che Andrea aveva come sfondo al cellulare almeno un milione di volte per essere sicura di poterlo riconoscere. Stava seduto comodamente e con tanta tranquillità da sembrare il padrone dell’intero locale. Insieme a lui c’erano un altro uomo e una ragazza dai capelli cortissimi. La vidi ridere e poggiare una mano sul suo braccio subito accompagnata dalla risata di Gabriel e da un mezzo sorriso dell’altro uomo. Un pizzicorio fastidioso iniziò a bruciarmi alla base del collo spingendomi ad avvicinarmi con aria sicura ai 3. Succedeva sempre quando sapevo che qualcosa avrebbe fatto stare male mia sorella: connessione da gemelle o semplicemente affetto. Appena fui abbastanza vicina da sfiorare il bordo del tavolo con le gambe i 3 smisero di parlare fissandomi ugualmente allibiti. Il primo a parlare fu Gabriel che appoggiò entrambi i gomiti sul tavolo facendo per alzarsi

<< Andrea … >> suonò più come una domanda che un’affermazione ma non gli lasciai il tempo di terminare la frase.

Fu più forte di me. Probabilmente non ero io a muovere il mio corpo ma lo spirito di Andrea che voleva vendicarsi di quella ragazza che flirtava col suo uomo. O semplicemente volevo proteggere la mia gemella da quella sottospecie di maniaco. In ogni caso non mi resi conto di quello che avevo fatto fino a quando non sentii la consistenza del vetro tra le dita e vidi goccioline trasparenti scivolare dai capelli neri di Gabriel fino al mento e giù per la gola. Fu come avere mille occhi puntati addosso e il silenzio cadde soffocante ed opprimente in tutto il locale. Ero talmente tanto terrorizzata che non riuscivo a distogliere lo sguardo dal percorso delle gocce del cocktail che gli avevo appena versato in testa.

<< tu … non sei Andrea >>

A quel punto mandai a quel paese ogni briciola di auto controllo che mi era rimasta.

<< perché lei non avrebbe mai il coraggio di fare una cosa del genere,vero!? >> gli urlai contro lanciandogli il bicchiere ormai vuoto. Gabriel lo afferrò prontamente con un gesto fluido e spontaneo e per la prima volta mi chiesi davvero con chi stavo per attaccare briga.

<< senti un po’ sottospecie di maniaco psicopatico, non so chi ti credi di essere o che diritti pensi di avere su mia sorella, ma ti assicuro che se le fai del male prima trovo il modo di fartela pagare e poi ti denuncio! Gente come te mi fa schifo! È diventata una specie di rincoglionita, come se non sapesse più cos’è bene e cosa è male! >>

Sentivo la gola bruciare tanto stavo urlando e nel contempo gesticolavo involontariamente. Sembrava che tutto il locale fosse pietrificato e avevo la spiacevole sensazione che da un momento all’altro il buttafuori sarebbe venuto per iniziare una rissa. Gabriel non aveva più mosso un solo muscolo ma mi fissava con la mascella serrata. Per la prima volta mi resi conto di quanto fosse bello. Aveva un’aurea particolare che lo avvolgeva anche ora che aveva i capelli bagnati e puzzava di alcol.

<< cazzo! Mi domando se ce l’hai un cuore! >>

A quel punto l’uomo che era seduto accanto a lui sembrò scattare come una molla alzandosi minacciosamente verso di me. Indietreggiai di un passo incrociando le braccia come a proteggermi ma Gabriel stese un braccio per fermarlo. Non staccava gli occhi dai miei e anche se sembrava tranquillo sentivo ogni singolo muscolo del suo corpo teso fino all’inverosimile. L’uomo si risedette ma per la paura che sentivo gelarmi le mani non riuscii a guardarlo in faccia. l’unica cosa che notai furono i suoi occhi grigi trafiggermi come spilli. Odio. Gabriel si schiarì la voce per attirare la mia attenzione. Non fui mai così felice di guardarlo.

<< siete gemelle. Mi aveva detto di avere una sorella ma non aveva specificato. Ora che ti guardo meglio non siete così uguali >>

<< stai cercando di cambiare discorso?! Senti io non ti conosco ma i fatti parlano da soli. Voglio proteggere la mia famiglia. Non so che persona sei ma se mia sorella si è innamorata di te NON posso stare tranquilla. >> a questa affermazione gli scappò un mezzo sorriso << vorrei poterti dire di starle alla larga ma per ora, e sottolineo per ora, non posso. Non le voglio vedere addosso neanche un livido! E sarà meglio che tu tenga la bocca chiusa su questa discussione. >>

Finito quello che mi era sembrato un discorso molto fico avevo il fiatone e gli occhi umidi. Gabriel sembrava sul punto di dire qualcosa ma fu interrotto da una risata fragorosa alla sua destra. Entrambi insieme all’altro uomo ci voltammo a fissare la ragazza che fino a quel momento era rimasta in silenzio. Mi guardai intorno e tutti avevano ricominciato a farsi gli affari propri. Come se quella risata fosse stata il segnale per il via libera. Dopo aver accavallato le gambe appoggiò il mento sottile sulle mani giunte puntando gli occhi nei miei. Aveva gli occhi incredibilmente scuri, come se la pupilla avesse inghiottito l’iride. Ma poi accadde di nuovo. Fu come se i suoi occhi prendessero fuoco. Sentii un brivido scorrermi lungo la spina dorsale e inconsciamente arretrai d’un passo senza però riuscire a distogliere lo sguardo da quelle fiamme.

<< Seline >> Gabriel sibilò il nome della ragazza quasi senza guardarla. Per la prima volta ebbi l’impressione che si stesse alterando anche lui, l’unico fino a quel momento rimasto perfettamente composto. Seline si limitò a ridacchiare di nuovo distogliendo lo sguardo dal mio portandosi poi una sigaretta alle labbra in modo così elegante da farmi vergognare dei miei capelli scombinati e del mio abbigliamento sciatto. Non che lei fosse vestita in modo elegante. I corti capelli neri avevano un taglio rock che si abbinava perfettamente con la pesante matita nera intorno agli occhi. In tutto il suo volto non spiccava un minimo di colore che non fosse il nero. Pantaloncini neri e leggins chiudevano il suo look. Dopo poco mi resi conto di quanto il suo aspetto stonasse con i suoi atteggiamenti.

<< scusami Gabriel, ma lei mi piace molto più di Andrea. Perché non prendi lei? In fondo hanno la stessa faccia >>

Mi scappò un mezzo sorriso che si tramutò immediatamente in smorfia. Aveva un accetto marcatamente francese e ogni lettera sembrava cantata. Persino il tono di voce era aggraziato e melodioso, come se fosse una bambola edizione speciale. Una bambola gotica. Certo appena compreso il senso delle sue parole non potei fare a meno di incazzarmi.

<< e cosa siamo!? Paghi uno prendi due?! Siamo gemelle non cloni >>

Seline ricominciò a ridere ricacciando in fuori tutto il fumo. Anche le sue unghie erano nere.

<< hai ragione. Una come te la vedo più con Vincent. Che ne dici Vin? Infondo voi due avete sempre avuto gli stessi gusti >>

Per la prima volta voltai lo sguardo verso l’uomo alla mia destra e contrariamente alle mie aspettative non stava fissando me, ma Gabriel. A dire la verità si stavano fissando entrambi come se stessero dialogando telepaticamente. Quando Seline schioccò le dita entrambi distolsero lo sguardo e mentre Gabriel mi rivolse un mezzo sorriso, Vincent scoccò un’occhiata torva alla ragazza per poi accendersi a sua volta una sigaretta. Non mi aveva degnato neanche di uno sguardo.

<< perdonalo tesoro, non ha il dono della cordialità. A proposito, mister simpatia si chiama Vincent, questo qui elegante lo conosci già, io invece mi chiamo Seline come avrai capito, tu invece? >>

<< Melina >> risposi senza pensare stringendo quella mano esile e bianca. Ma cosa diavolo stavo facendo!? Ero venuta qui per rivoltare quel pervertito come un calzino e ora stavo facendo conversazione!?

<< comunque non cercare di abbindolarmi. Non ho niente contro di te o contro mister scazzato qui, ma Andrea non si tocca e volevo solo metterlo in chiaro. Ora vado che questo posto mi mette i brividi >>

<< davvero? Come mai? Di solito lo trovano tutti molto accogliente >> Seline sembrava non aver sentito la mia frase precedente ma preferii risponderle perché Vincent aveva prodotto un qualcosa di molto simile ad un ringhio, subito seguito ad un’occhiataccia di Gabriel.

<< è … è un bel locale ma … è come se .. niente di che, è stupido ma mi sembra di essere costantemente osservata come se ci fosse un’animale pronto a sbranarmi. Ma è solo suggestione >>

Saline lanciò un’occhiata a Gabriel per poi scoppiare di nuovo a ridere

<< che ti ho detto? È anche più sveglia, Andrea sarà venuta qui una decina di volte e non si è ancora accorta di nulla, lei invece .. >>

<< Seline credo sia sufficiente. Vieni Melina ti accompagno alla macchina >>

Stavo per protestare, del resto gli avevo appena rovesciato un drink in faccia e chiamato in tutti i modi possibili, tutta quella gentilezza mi puzzava.

<< no >>

Ci girammo tutti verso Vincent. A mala pena aveva mosso le labbra per parlare e aveva lo sguardo perso nel vuoto.

<< l’accompagno io. >>

Sentendo la sua voce fui di nuovo attraversata da brividi. Era quasi come se stesse grattando l’aria con la sua voce profonda. Mi ricordò quella del mio professore d’italiano del liceo. Solo che la sua era molto più … più.

<< non credo sia il caso … >> Seline appoggiò le mani sul tavolo alzandosi leggermente dalla sedia come se volesse mettersi fra me e Vincent. Come se avesse paura di qualcosa.

<< ho detto. L’accompagno io. >> detto questo Seline si risedette sulla sedia, Vincent spense la sigaretta nel posacenere non prima di essersi scambiato un’altra occhiata con Gabriel. Quest’ultimo annuì sovrappensiero e poi si rivolse di nuovo a me

<< continueremo questa discussione un’altra volta ma prima che tu vada voglio dirti che sono contento che Andrea abbia una sorella come te e ti assicuro, su tutto ciò che mi è rimasto, che l’unica cosa che conta per me è la sua felicità. >> dopo uno sguardo che trasudava serietà si aprì in un sorriso facendomi un cenno con la mano a mo di saluto.

<< ci vediamo presto, Melina. >> disse Seline con un occhiolino. Ero troppo frastornata per rispondere in maniera sagace ad entrambi così mi limitai a fare un cenno di saluto e a raggiungere il mio accompagnatore che nel frattempo si era già allontanato.

Perché mi ha voluto accompagnare? Che cosa ha in mente? Lo osservai meglio anche se era di spalle dato che camminava nettamente più velocemente di me. e naturalmente non rallentava per aspettarmi. Aveva le spalle larghe, la schiena dritta e camminava con falcate lunghe ma eleganti. Indossava jeans e camicia nera. Un lampione gli illuminò i capelli facendoli brillare di bianco. Bello. Scossi la testa forte cacciando quel pensiero dalla testa. Beh che era bello era un dato oggettivo. Però non volevo pensare che l’amico del fidanzato violento di mia sorella mi piacesse. Fisicamente parlando. Infondo Gabriel non sembrava capace di fare del male a mia sorella. Ma che ne potevo sapere io di uomini? Avrebbe potuto benissimo essere un assassino e passare inosservato. Mi guardai intorno e mi fermai di colpo. Non ero mai stata una cima ad orientarmi ma decisamente non ci stavamo avvicinando alla mia macchina.

<< non sta qui la mia auto >>

Vincent si era appena acceso un’altra sigaretta e con noncuranza si fermò continuando a non guardarmi.

<< Seline si sbagliava dicendo che eri sveglia. Anche un topo ha l’istinto di sopravvivenza. Eppure in un modo o nell’altro finisce facilmente ucciso >>

<< hey! Ma che cazzo stai blaterando!? Come ti permetti! E poi non sai che quando si parla con una persona la si deve guardare in faccia? o hai paura? >>

Vincent non rispose ma voltò lentamente lo sguardo verso di me e per la terza volta lo rividi. Quel rosso che brillava nel buio. Solo che questa volta era a meno di quattro metri di distanza e non era un semplice bagliore ma una luce continua e cupa. Mi stropicciai gli occhi un paio di volte arretrando di qualche passo ma quando accettai che non stavo immaginando niente mi voltai e cominciai semplicemente a correre spinta da non so quale istinto. Nelle orecchie sentivo ancora quel ringhio trattenuto a stento e ovunque guardassi non vedevo altro che ombre nere e lampi rossi incombere contro di me ed avvolgermi soffocandomi. Era come se tutto stesse tremando. Continuavo a ripetermi di non farlo ma alla fine lo feci. Mi voltai indietro e non c’era niente. Vincent era scomparso. Continuai a correre perché avevo troppa paura e semplicemente non ricordavo più come si facesse. Come si diceva alle gambe di fermarsi o agli occhi di non lacrimare? La mia mente era troppo appannata. Appena arrivai alla macchina mi guardai intorno cercando qualcuno, chiunque, per non sentirmi disperata, per chiedere aiuto. Ma non c’era nessuno e il fiatone mi piegava in due. Stavo ancora cercando di aprire la portiera dell’auto quando una mano bianca si schiantò sul finestrino accanto alla mia faccia. Mi spaventai talmente tanto che non riuscii nemmeno ad urlare. Né un rumore né un riflesso avevano anticipato la sua presenza. Mi voltai velocemente e la prima cosa su cui si fissò il mio sguardo fu la sua bocca. Il suo labbro era arricciato lasciando scoperti denti bianchissimi con due canini lunghi ed affilati. I suoi occhi erano completamente rossi ed erano come infossati, circondati da un reticolo di quelle che sembravano essere vene nere. Era come un demone. Un … vampiro?

<< tu … hai rovinato tutto … i miei sforzi, il mio autocontrollo … tu sei il vero mostro. Ti odio. Sei la mia rovina, ragazzina. >>

Le parole a stento venivano fuori tra i denti serrati. Sentivo quello che diceva senza ascoltare, senza capirne il senso. Ero troppo occupata a chiedermi cosa mi sarebbe successo. Mi odiai per non aver mai preso nessuna lezione di autodifesa, anche se in questo caso dubito servisse a qualcosa, così quando con l’altra mano mi afferrò i capelli sulla nuca non potei fare altro che piegare il collo all’indietro, cercando di sentire meno dolore possibile. Sentivo il sangue pulsarmi nelle vene e irradiarsi sulle guance e sulle orecchie riscaldandomi talmente tanto che il respiro di quella … creatura mi ghiacciava la pelle. Istintivamente portai le mani sul suo petto nel tentativo di spingerlo via ma era come tentare di spostare una statua. Quando sentii la pressione dei denti sul collo chiusi gli occhi e senza rendermene conto iniziai a sussurrare, chiedendo aiuto. Per un secondo la pressione si fermò ed io mi illusi che sarei sopravvissuta a tutto quello. Ma le mie speranze finirono quando un bruciore atroce mi squarciò la carne, come se due lame bollenti mi perforassero la pelle per scavare sempre più in profondità. Quella sensazione fu tremenda ma durò solo qualche istante perché la mia mente si appannò all’improvviso mentre tutto il mio corpo si intorpidiva, perdendo lentamente forza. Mi lasciai semplicemente andare, sorretta soltanto dalle sue braccia mentre continuava a mordermi. Il dolore era scomparso come tutti gli altri sensi, l’ultima cosa che percepivo era il suono del battito del mio cuore, ma a poco a poco anche questo sfumò, lasciandomi nella completa oscurità. Il mio ultimo pensiero fù: che morte del cazzo.

<< come hai potuto!? Dovevi proteggerla! >>

<< non è da lui! Non aveva mai fatto nulla del genere da quando lo conosco! >>

<< dovevi esserci tu con lei! Se non dovesse, se non aprisse più gli occhi io … io morirei! Come potrei vivere!? Oh Dio Gabriel come hai potuto non pensarci!? >>

Voci. Una maschile e una femminile. Che urlavano. Cazzo, perché urlare?! Era come se una scimmietta sbattesse dei piatti direttamente nel mio cervello e quei due non facevano altro che urlare. O meglio solo mia sorella urlava. Si quella era decisamente mia sorella. Mossi lentamente le dita delle mani,accertandomi di averle ancora, per poi muoverle andando a coprirmi gli occhi. In questo modo riuscii ad aprirli senza eccessivi danni nonostante la luce bruciasse terribilmente. Quando i miei occhi si furono abituati mi sollevai a sedere pigiando sui gomiti fermandomi però quasi subito. Come risvegliata da un sogno portai bruscamente una mano sul collo e invece della pelle sentii la consistenza ruvida di un cerotto. Era tutto vero, naturalmente. Lo tolsi lentamente aspettandomi di trovare uno squarcio sanguinante e doloroso ma appena poggiai le dita sulla pelle non vi trovai nulla di strano. Né cicatrici né ferite aperte. Solo pelle sporca di sangue rappreso.

<< non vorrei disturbarvi ma credo si sia svegliata >>

Voltai lo sguardo verso la porta che subito si aprì lasciando entrare un Andrea col volto pallido e rigato di lacrime. Non ebbi il tempo di formulare neanche un pensiero coerente che mi si gettò al collo stringendomi in modo soffocante.

<< Mel! Mi dispiace! Mi dispiace così tanto! Avrei dovuto dirti qualcosa, avvisarti! >>

Con la coda dell’occhio vidi Gabriel e Seline entrare in quella che avevo riconosciuto essere la mia stanza. Il primo guardava mia sorella dispiaciuto, la seconda guardava lui accigliata, come se si stesse trattenendo dall’aggredirlo.

Mi ricordai di quegli occhi rossi e subito mi resi conto che probabilmente, anzi, sicuramente quei due erano come Vincent. Il solo pensare il suo nome mi faceva rabbrividire. Con uno scatto portai mia sorella dall’altro lato del letto frapponendomi tra me e gli altri due.

<< Andrea questa gente … dobbiamo andarcene di qui! Loro … loro sono … >>

Venni fermata dalla sua mano che si andò a posare sulla mia spalla. Mi voltai verso di lei e lessi nel suo sguardo solo una cosa: colpevolezza. Lei sapeva, naturalmente.

Mi allontanai di scatto da lei appiattendomi contro la parete, il più lontano possibile da tutti. Mi sentivo tradita. Io non avevo segreti per mia sorella e Lei si frequentava con un vampiro. E la cosa peggiore era che ne era perfettamente consapevole. Mi domandai quante delle leggente che esistevano fossero vere. Se avessi pugnalato uno di loro con una matita sarebbe morto?

<< Melina, mi dispiace. Non potevo dirtelo. Ora però ti spiegherò tutto, te lo prometto >>

Mi spiegherà tutto? Ma dove pensa che ci troviamo, in un film tipo twilight? Eh no, Vincent non era decisamente il prototipo di Edward. Scrutai gli altri due aspettandomi una minima mossa ma nessuno dei due si spostò di un solo centimetro. Feci un profondo sospiro e attinsi a tutta la razionalità e al sangue freddo che avevo.

<< ok, voglio sapere tutto. Tanto ho visto sulla mia pelle quanto sia impossibile uno scontro diretto con … voi. Ma voglio che mi diciate TUTTO, senza tralasciare nulla. >>

Entrambi annuirono senza muoversi ancora d’un passo. Mi spostai in avanti per andare in salotto ma la vista tutt’un tratto mi si annebbiò in una sensazione che conoscevo abbastanza bene. Un calo di pressione. Riuscii comunque a vedere Gabriel tendere un braccio per sorreggermi ma prima che ci riuscisse mi spostai fulminandolo con lo sguardo.

<< non. Toccarmi. >>

Lui si limitò a tornare al suo posto incrociando le braccia. Se ci era rimasto male non lo dava a vedere e comunque non me ne preoccupai minimamente. Infondo era stato il suo amico ad avermi quasi ucciso.

<< allora. Prima di tutto come vi siete conosciuti? >>

Eravamo nel soggiorno, seduti sui divani rossi. Di fronte a me c’erano Gabriel, composto come sempre, e Andrea che gli stringeva una mano senza riuscire a guardarmi negli occhi. Seline era invece per terra ai piedi del divano, con le ginocchia piegate e una sigaretta tra le labbra.

<< è stato per caso. Ero al parco per scattare delle fotografie quando semplicemente lo vidi. Gli scattai una foto e lui se ne accorse. Ero talmente tanto imbarazzata che gli chiesi scusa e lui mi chiese a sua volta di fargli vedere le foto che avevo fatto. e così … beh è iniziata così >>

Era imbarazzata così decisi di non insistere su quel punto anche perché al momento non mi interessava.

<< al parco? Voi potete stare alla luce del giorno? Perché siete vampiri no? >> quella parola mi uscì così spontaneamente che stupii tutti quanti, prima di tutto me. questa volta a rispondere fu Gabriel.

<< no, la luce del sole ci fa bruciare. Ma alcuni di noi, grazie a degli oggetti particolari, riescono a vivere alla luce del giorno >> disse per poi indicare un anello d’argento che portava all’anulare destro. Seline si scostò una ciocca di capelli mostrandomi un orecchino con una giada.

<< ok quindi alcuni di voi possono vivere di giorno … e anche … >>

<< si anche Vincent >>

Deglutii alla risposta secca di Gabriel. Era tutto troppo strano. Soprattutto il fatto che io stessi lì, seduta insieme a due vampiri a parlare delle loro caratteristiche. Dov’era Buffy quando serviva?

<< naturalmente voi bevete sangue. >> aspettai una conferma che non arrivò. Evidentemente era una cosa scontata.

<< uccidete le persone quando lo fate? >>

<< a volte. >> guardai Seline allibita. Improvvisamente sentii di nuovo dei brividi attraversarmi la pelle.

<< quello che vuole dire Seline, è che alcuni, molti di noi non si curano di uccidere o meno una persona. Certo si scelgono persone la cui scomparsa non verrà notata o passerà inosservata. Barboni, senza tetto o prostitute. Altri invece, come me, Seline o Vincent si limitano a prendere il necessario ma solitamente usiamo sacche per il sangue. Non ti mentirò dicendo che beviamo sangue animale per non ferire le persone, perché non è vero. Non possiamo sopravvivere in quel modo. >>

Presi un profondo respiro prima di porre la domanda che forse mi interessava di più in quel momento.

<< sono stata morsa. Diventerò un vampiro? E se è così vuol dire che anche tu sei … >>

Dissi rivolgendomi verso mia sorella. Fortunatamente venni smentita subito dopo.

<< no non è così semplice. Prima devi bere il nostro sangue, poi devi morire e infine devi nutrirti di sangue umano. A quel punto diventi un vampiro. >>

<< quasi sempre. >> aggiunse Seline. Decisi che per il momento non volevo saperne altro.

<< la storia del paletto di legno? >>

<< vera. Dritto nel cuore. >>

<< la verbena? >>

<< anche quella vera. È velenosa, non mortale. >>

<< è falso che non potete entrare nelle case senza essere invitati? >>

<< è vero. >>

Lo guardai sconcertata per poi fissare arrabbiata mia sorella.

<< prima che inizi a urlare, Vincent non l’ho invitato. Gabriel e Seline sono fidati, non ci farebbero mai del male. >>

<< Andrea, non per offendervi, ma sono appena quasi stata uccisa da uno che voi ritenevate essere fidato ed affidabile. Scusami se non ho fiducia del vostro giudizio >>

<< ha ragione. Chiunque non si fiderebbe di noi. >> decretò Seline prendendo un profondo tiro dalla sua ormai finita sigaretta. Gabriel dopo averle lanciato uno sguardo sospirò pesantemente.

<< ascolta, io amo Andrea. Di conseguenza non la farei mai stare vicino a qualcuno di pericoloso. MAI. Seline e Vincent sono gli unici di cui mi fidi e prima che tu giustamente obietti, non so davvero spiegarmi perché Vincent abbia fatto quello che ha fatto. lui era quello con più autocontrollo tra tutti e tre e … davvero non so cosa dire. Ma non farà mai più una cosa del genere, te lo prometto. >>

<< vuoi dire che siamo al sicuro?! Vuoi davvero dire che non ci capiterà nulla di male con voi al fianco? E non sto parlando di Vincent, non solo almeno >>

Ci fu un momento di silenzio. Almeno non avevano l’ipocrisia di mentirmi faccia a faccia. Avevo talmente tante di quelle domande da fare che non sapevo da dove iniziare e ad essere sincera non ne avevo neanche la forza. Stavo per dire a tutti che me ne andavo in camera mia ma Andrea mi precedette

<< Gabriel, Seline, forse è il caso che andiate. È il momento di parlare un po’ da sola con mia sorella >>

Gabriel le prese delicatamente una mano stringendogliela e prima che si scambiassero quello che sicuramente sarebbe stato un bacio romantico e smielato la mia attenzione fu attirata da Seline che mi si piazzò davanti.

<< devi scusarlo. >>

<< si ormai ci sono abituata a vedere mia sorella pomiciare davanti a me quindi … >>

<< mi riferivo a Vincent. >>

<< oh >>

Non sapevo cosa dire. Seline mi piaceva ancora, nonostante fosse .. un vampiro. Mi era stata fin da subito simpatica ma ora che mi chiedeva di scusare quel … tipo. Non sapevo cosa pensare.

<< hai dipendenza da qualche droga? >>

<< come? >>

<< sei dipendente da qualcosa? Eroina, cocaina, erba? >>

<< ho fumato solo una canna in tutta la mia vita. Ma questo cosa centra? >>

<< centra perché per noi, vivere come viviamo è come per un tossico prendere solo un goccio della sua droga e poi rifiutare il resto. È difficile. Ma lo facciamo perché lo vogliamo. Solo che a volte … semplicemente non ci riesci. E da li partono i sensi di colpa. >>

<< vorrei vedere che non ne avesse! Mi ha quasi ucciso. >>

<< lo sa. Ma si è fermato. E lo so che non puoi capirlo, ma sta soffrendo tanto. Più di quanto immagini. Non ti chiedo di non odiarlo o di non avere paura di lui, solo, quando lo vedrai … non farlo sentire in colpa. >>

<< aspetta, stai facendo passare lui per la vittima! Non è normale come cosa! >>

<< tutto questo ti sembra normale? >>

Ero sconcertata, incazzata, allibita e ancora incazzata. Un altro po’ e sarebbe finito che ero stata io a provocarlo e lui era solo la povera vittima succube dei propri istinti. Seline non sembrava aggressiva né arrogante, sembrava solo triste e rassegnata. Come se il fatto che io non capissi fosse insormontabile. Forse aveva ragione.

<< ci proverò, basta che lui non … provi più ad uccidermi >>

<< grazie. Non succederà >>

<< lo spero. >>

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Capitolo 3
*** A new Vampire part 2 ***


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Eravamo sdraiate sul mio letto, come quando facevamo da piccole. Io a pancia sotto con i piedi sul cuscino, Andrea con la testa appoggiata al cuscino e le caviglie incrociate.
<< lo so che pensi che sia un incosciente, e hai ragione. In realtà la cosa va avanti da un bel po’ e … semplicemente non posso stare lontana da lui. >>
<< può ucciderti senza rendersene conto. >>
<< lo so. E ho paura. Ma appena gli sto vicino … tutto scompare. Mel ci ho provato. Ci abbiamo provato entrambi. E so che non potrà durare per sempre … però proprio per questo voglio godermela finché posso. È da egoisti? >>
<< si. Però siamo tutti un po’ egoisti. >>
Sentii che sorrideva, e alla fine mi lasciai contagiare anche io. Solo un po’.
<< comunque tu non c’entri nulla. Non dovrai più vedere nessuno di loro. >>
<< Andy pensi davvero che ti escluda dalla mia vita? >>
<< non permetterò che ti succeda qualcosa di nuovo. Ti ricordo che sono pur sempre la maggiore >>
<< maddai!! >> dissi alzando un sopracciglio e dandole poi un pizzico sulla coscia. Iniziammo a ridere come cretine. Che poi non c’era proprio nulla da ridere. Dovevo permettere a mia sorella di lanciarsi in un rapporto suicida? Ne valeva la pena? Che poi io che ne sapevo dell’amore. A stento avevo dato qualche bacio in tutta la mia vita.
<< Andrea … ti voglio bene. >>
Mia sorella si alzò di scatto a sedere guardandomi con tanto di occhi spalancati.
<< oddio Melina, dovevano quasi ucciderti per fartelo dire!? Erano anni che non me lo dicevi! >>
<< certe cose non c’è bisogno di dirle!! >>
Sentivo le guance in fiamme nonostante stessi parlando solo con mia sorella. Quanto facevo pena? Andrea intraprendeva con coraggio una relazione pericolosa come un cavaliere con l’armatura splendente e io a stento riuscivo a dire alla mia gemella quanto le volessi bene.
Suonò il campanello ed Andrea scattò come una molla.
<< sarà Gabriel >>
<< vado ad aprire io tranquilla, tu rimettiti in senso che sembra che hai un pagliaio in testa >>
Andrea fece una faccia sconvolta correndo subito in bagno per riassettarsi. Mentre mi incamminavo verso la porta di ingresso sorridendo tra me e me mi dissi che non c’era nulla che non fosse insormontabile. Aprii sicura di trovarmi Gabriel.
<< ma sei .. tu? >>
<< hey >>
Mi appoggiai alla maniglia della porta osservandolo stranita. Cosa ci faceva quel ragazzo scombinato dell’altra volta? Persino gli occhiali non riuscivano ancora a stare dritti.
<< hem … desideri? >>
<< è imbarazzante ma … ricordi il caffè che ti offrii? Beh al momento non ho più soldi e … accidenti che straccione che sono. Il fatto è che non ho abbastanza soldi per il pullman >>
Lo guardai un po’ meglio ed effettivamente aveva l’aspetto un po’ malconcio. Bianco come un cencio e con quegli occhiali storti. Quello era per caso nastro adesivo?
<< hem … non l’hai offerto a me il caffè. Ricordi? Io sono quella a cui sei finito addosso. >>
<< oh si, certo … scusa >> disse iniziandosi a passare una mano tra i capelli scompigliati.
<< no tranquillo .. non ti ho ancora chiesto come ti chiami. Io sono Melina >>
<< piacere Melina. >>
Restammo qualche istante in silenzio poi, come risvegliato da una trance, fece un movimento brusco con le mani andando ad incespicarsi con gli occhiali.
<< scusa, scusa .. mi chiamo Leo >>
Mi faceva davvero tenerezza nonostante avessimo la stessa età. Mi chiesi com’era possibile che non fosse arrossito.
<< ok, entra pure Leo ti offro qualcosa da bere e ti restituisco i soldi >>
<< ti ringrazio. >>
Mi voltai per dirgli che non doveva ringraziarmi per così poco ma non feci in tempo a dire nulla perché sentii una mano premermi sulle labbra e un’altra torcermi dolorosamente il collo. Spalancai gli occhi quando incontrai lo sguardo infuocato di Leo, subito prima di soffermarmi sui suoi canini pericolosamente vicini al mio volto.
<< sai, dovresti stare più attenta a chi inviti in casa, piccina. Ora, fa la brava, ed urla. >>
Si piegò su di me e per la seconda volta sentii le lame perforarmi la carne. Mi lasciò libera la bocca e non riuscii e reprimere un urlo. Questa volta era decisamente più doloroso. Aspettai quella sensazione di torpore ma non arrivò, così non potei fare altro che piantare inutilmente le unghie nel suo braccio mentre mia sorella arrivava sconvolta, bianca e terrorizzata.
<< lasciala! >>
Leo si staccò da me lasciandomi cadere per terra con un doloroso tonfo.
<< con piacere. >>
Sentii uno spostamento d’aria e mia sorella produrre un mezzo urlo soffocato. Mi alzai sui gomiti ignorando il sangue che continuava a scorrere lungo tutto il braccio sinistro. Era come vedere la scena di poco fa da un’altra prospettiva. Solo che possibilmente ora faceva ancora più male di prima. Mi guardai febbrilmente intorno e mi maledii per non avere neanche una sedia in legno. Cercai di alzarmi ma un capogiro complice delle mani scivolose di sangue mi impedì di mettermi in piedi.
<< è incredibile quanto due gemelle possano avere sapori così diversi. Se vuoi proprio saperlo preferisco Andrea, è più dolce … >>
<< non la toccare! Perché lo stai facendo!? >> urlai mettendomi in ginocchio. La vista iniziava a sfocarsi ma volevo, dovevo restare lucida.
<< perché? Lo sai, sono un vampiro. È nella mia natura. Però questa volta c’è un’altra motivazione, e il suo nome è Vincent. >>
<< Vincent? Lui non c’entra niente con Andrea! >>
<< ma è il migliore amico di Gabriel. Ho aspettato tanto ma Vincent non si è creato mai legami con nessuno a parte con Gabriel e l’unico modo per arrivare al primo è passare per il secondo, capisci? >>
Non avevo più fiato per parlare. Andrea era sempre più immobile e pallida e io non sapevo cosa fare. Mi sentivo così inutile. Ad un certo punto lasciò cadere anche Andrea e scomparve per qualche istante. Ritornò subito dopo con il cellulare di mia sorella in mano. Mi afferrò il mento con una mano costringendomi a fissare lo sguardo in quegli occhi disumani, illuminati da una luce macabra e folle. Potevo sentire distintamente l’odore del sangue occuparmi completamente le narici.
<< lo farei fare a lei, ma credo non ne abbia le forze. Mi raccomando, ricordati di fare il mio nome. >> disse infilandomi il cellulare in una mano. Si leccò le labbra e dopo un’ultima occhiata a mia sorella scomparve. Non mi voltai a vedere se se ne era realmente andato ma mi avvicinai ad Andrea il più velocemente possibile ignorando il dolore acuto che sentivo in ogni pezzo di pelle del mio corpo.
<< Andrea!! >> la chiamai più volte ma ottenni solo qualche colpo di tosse appena accennato. Con mani tremanti pigiai il nome di Gabriel pregando con tutta me stessa che non impiegasse molto a rispondere.
<< Andrea? >>
<< Gabriel! Vieni, ti prego, sbrigati! Ti prego … >> non riuscii più a dire nulla che la mia gola si chiuse in un nodo doloroso. Non riuscivo più a parlare, non riuscivo a piangere, potevo solo stringere mia sorella che si faceva sempre più fredda. Aspettai e aspettai e aspettai. Probabilmente non ci mise molto ad arrivare ma a me parve un’eternità. Quando entrarono non mi accorsi della loro presenza fino a quando Seline non mi separò da Andrea lasciando il posto a Gabriel.
<< aiutala! Ti prego! Gabriel, sta morendo! Fa qualcosa! Qualunque cosa! >> artigliai il braccio di Seline nel tentativo di sporgermi il più possibile verso mia sorella ma ero talmente tanto debole e talmente tanto stanca che non riuscii a vedere quasi nulla ed avevo difficoltà a respirare, come se soffrissi d’asma. Sentii le braccia di Seline circondarmi chiudendomi gli occhi e io semplicemente crollai. Chiusi gli occhi e persi coscienza. Cos’altro potevo fare? Era tutta colpa mia.


Quando riaprii gli occhi Andrea non si era ancora svegliata. Gabriel non distoglieva lo sguardo dal suo viso, stringendole ed accarezzandole una mano. Seline era seduta accanto a me con una sigaretta tra le labbra e un posacenere pieno di cicche tra le mani. Non mi ci volle molto a capire che mia sorella era morta. Ma non ci misi nulla neanche a capire cosa stava diventando. Ne ebbi la conferma quando aprì gli occhi. Mi avvicinai a lei sfiorandole una guancia. Lei mi afferrò il polso con un movimento così rapido che non riuscii a notarlo. Aveva la mano fredda e dura, lei che aveva sempre le mani calde e morbide. Ma non fu tanto quello ad attirare la mia attenzione, quanto i suoi occhi. Rossi, infossati, circondati da vene nere. Gli occhi di un vampiro.

Per prima cosa volevo ringraziare tantissimo Mirrine per il suo commento! senza di te penso che mi sarei depressa tantissmo xD spero di poter ricevere altri tuoi pareri! e mi scuso per le somiglianze con the vampire diaries ma ne sono inevitabilmente influenzata xD mi scuso anche per il capitolo corto ma visto il già incredibile ritardo volevo pubblicare comunque qualcosa! =)

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Capitolo 4
*** Hate? ***


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<< come stai? >>
Seline mi porse un bicchiere di latte caldo che afferrai quasi subito, non riuscendo comunque a guardarla negli occhi. Avevo paura di leggervi biasimo, ma soprattutto ne avevo abbastanza di vampiri per quella giornata. Chissà che ore erano.
<< viva >> risposi secca. Lei capì il mio disagio o semplicemente non se ne curò e lasciò la stanza. Sospirai pesantemente stringendomi la coperta addosso. Nonostante tutto quel caldo il gelo sembrava non volermi lasciare.
Non so quanto tempo dopo bussarono alla porta e senza aspettare risposta entrò Gabriel.
<< puoi venire ora, solo stai vicino a me. >>
Poggiai la tazza sul comodino abbandonando la coperta sul letto e seguii Gabriel nel salotto, che mi avevano costretto a lasciare. Mi aspettavo di trovarla sdraiata sul divano, invece mi venne quasi un colpo quando la vidi immobile al centro della stanza, i pugni serrati e i muscoli irrigiditi. Il mio primo istinto fu quello di abbracciarla ma uno sguardo di Gabriel bastò a dissuadermi.
<< Andrea … come ti senti? >>
<< bene. Il momento critico è passato, credo. >>
Era inaspettatamente tranquilla se non fosse stato che era rigida come una mazza di scopa.
<< hai delle orrende doppie punte, e devi farti le sopracciglia sorellina. >>
Tirai un sospiro di sollievo. Era sempre lei, la solita rompipalle.
<< vorrei potervi lasciare da sole, ma non credo sia ancora il caso … >>
Spostai la mia attenzione su Gabriel sentendo un’ondata di rabbia assalirmi.
<< dov’è quel bastardo? >>
<< non abbiamo avuto modo di cercarlo, e poi al momento non mi viene in mente nessuno di nome ‘’Leo’’ >>
<< non parlavo di lui! Parlavo di Vincent! Prima mi uccide quasi e poi un vampiro pazzo e sadico si presenta a casa mia quasi uccidendo, anzi uccidendo, mia sorella dicendo di fare tutto questo per lui! Se non lo ammazzi tu lo faccio io! E non provare a difenderlo! >>
Lo anticipai vedendo che stava per aprire bocca. Lui la richiuse incrociando le braccia e osservando mia sorella con circospezione. Lei mi guardò a sua volta
<< non è colpa sua. Ascolta prima di sbottare ok!? Non è stato Vincent ad uccidermi e non è giusto dare a lui la colpa del comportamento di uno schizzato. In ogni caso io sono felice così >>
La guardai allibita. Certo grazie al ‘’sesto senso’’ da gemelle avevo già intuito quali erano i suoi veri sentimenti, però sentirselo dire davvero è tutta un’altra faccenda.
<< nonostante sia da egoista e sbagliato, sono felice anche io. Scusa. >> ammise a sua volta Gabriel con un tono dolce e sentito. Non c’era bisogno che dicessero esplicitamente di cosa erano felici, perché bastava guardarli per capire. Ora potevano stare davvero insieme. Guardali però mi fece male, perché capii che non avrei mai fatto parte della loro vera realtà, che in qualche modo avrei perso mia sorella e che tutto sarebbe cambiato. Eppure vedendo quei due così sereni non mi sentii il diritto di essere infelice o di protestare. Mi sarei adeguata.


Erano passate quasi due settimane da quel giorno e Andrea passava ogni giornata con Gabriel che le insegnava a vivere da vampiro. A quanto pare era riuscito ad ottenere uno di quei gingilli per permetterle di girare alla luce del sole e chissà per quale ''combinazione'' si trattava di un anello. Andrea si perdeva a fissarlo fino a farsi appannare gli occhi. Credo che abbiano superato il livello ‘’storia seria’’ per raggiungere quello di ‘’relazione blindata’’ il tutto a velocità record. Alla fine la situazione era questa: Andrea viveva a tempo pieno da Gabriel sia per la sua nuova condizione sia per tenerla al sicuro da un futuro attacco di Leo. Io dal mio canto avevo la mia personalissima bodyguard Seline. Passava sempre per l’ora di cena e se ne andava poco prima dell’alba vegliandomi persino nel sonno. Era una compagnia piacevole, aveva sempre tante cose da raccontare come ad esempio un migliaio di relazioni sentimentali serie e non delle più strane che abbia mai sentito. Non parlava a macchinetta e sapeva coinvolgere nel racconto, inoltre faceva numerose pause sigaretta in cui non voleva assolutamente essere disturbata. Erano sacre. Nonostante questo mi mancava la casinista che era mia sorella senza parlare poi della mia scarsa capacità di sopportare estranei già messa a dura prova dai giorni passati. Di Vincent neanche l’ombra e nonostante tutto non riuscivo a smettere di pensare a lui. Nulla di romantico si intende. La cosa che più mi incuriosiva era la sensazione che avevo provato con il suo morso, totalmente diversa da quella che avevo provato con quello di Leo. Avrei voluto chiedere a Seline ma mi sentivo troppo in imbarazzo, come se si trattasse di qualcosa di sconcio. Tutto era relativamente tranquillo ma avevo la sensazione che non sarebbe durato a lungo, chissà perché.


Ebbi la conferma di questa previsione pochi giorni dopo. Avevo fatto particolarmente tardi perché dopo l’università ero andata in un parco a prendere un po’ d’aria pulita e rilassarmi. Tanto ero rilassata che ero finita per addormentarmi con il rischio di farmi scippare qualcosa. Mi guardai intorno e rallentai il passo, del resto mi piaceva camminare per le strade di sera e non avevo ancora voglia di rintanarmi in casa. Camminai senza meta per talmente tanto tempo che alla fine si era fatta l’ora di cena senza che me ne rendessi conto. Pensai a Seline che buttava giù la porta di casa per verificare che la mia testa fosse ancora attaccata al collo ed inconsciamente aumentai il passo toccandomi la gola. Sentii un tremito cogliermi di sorpresa e con la coda dell’occhio notai una delle persone che proprio non volevo incontrare. Vincent. Non era da solo ma cingeva con un braccio la vita di una ragazza esile dai capelli quasi arancioni. Aveva lo sguardo nervoso mentre la ragazza teneva il capo rivolto verso il basso. Venni colta dal panico. Cosa voleva farle? Beh non ci voleva molta immaginazione. Sentii un pizzicore alla base del collo e prima di pensare iniziai a seguirli da una certa distanza, sicura che non potesse individuarmi in mezzo a tutta quella gente. Continuarono a camminare per molto cambiando continuamente strada e rifacendo a volte lo stesso percorso nel senso opposto, ma alla fine svoltarono in un vicolo stretto e scarsamente illuminato. Che clichè. Cercai nei dintorni e poco lontano trovai una sbarra di ferro semi arrugginita che spuntava da un cassonetto. Velocemente ritornai alla stradina e con il cuore a mille rallentai il passo. Non fu difficile trovarli. La ragazza era appoggiata con il volto rivolto verso il muro mentre Vincent la sovrastava da dietro. Quando sentii un urletto di dolore di nuovo quel pizzicore ritornò scuotendomi dalla mia immobilità. Feci uno scatto sollevando la sbarra verso la testa di Vincent che centrai senza troppi problemi. Sperai di aver utilizzato abbastanza forza da stordirlo ma il vampiro dopo aver ricevuto il colpo che evidentemente l’aveva colto di sorpresa si allontanò dalla ragazza con uno scatto seguito da un sibilo simile ad un ringhio. Mi frapposi tra lui e la rossa stringendo sempre la sbarra fra le mani
<< sbrigati! Scappa! >>
Vincent si stringeva il punto leso con le mani e dopo un attimo di spaesamento puntò il suo sguardo sanguigno nel mio. Mi mostrava i denti e sentii un’inspiegabile moto di soddisfazione a quella scena. Non sentii alcun rumore dietro di me così lanciai un’occhiata alle mie spalle e non trovando la ragazza pensai che se ne fosse già andata. Il tutto prima di essere spinta con violenza contro la parete. Tutto si fece bianco per qualche istante e quando riuscii a vedere di nuovo con quasi chiarezza quella che ormai era per me una stronza mi fissava con puro odio.
<< come hai osato ferire Vincent?! >>
<< ti stava per uccidere! Ti ho salvato la vita, stronza ingrata! >>
<< ma che stai blaterando!? Non mi stava uccidendo, lui stava … >>
<< finiscila >>
Vincent si era del tutto ripreso e fissava quasi con noia quella ragazza senza degnare di uno sguardo me. La rossa parve perdere ogni tipo di interesse nei miei confronti concentrandosi invece per la sua gioia evidente sul vampiro.
<< scusami Vincent, puoi continuare anche subito se vuoi, puoi anche ucciderla davanti a me non mi importa. >>
<< ho detto, finiscila. >>
Lui smorzò ogni suo entusiasmo e con una smorfia si piegò afferrandomi per un braccio.
<< lasciami! >> tentai di togliere la sua mano cercando perfino di graffiarla ma sembrava indifferente a tutti i miei tentativi di liberarmi.
<< ma dove la porti?! Aspetta! >>
<< ascolta Anna, fammi un favore e taci. La tua voce è estremamente irritante. >>
La rossa rimase di sasso, letteralmente fossilizzata con la bocca spalancata. Mentre Vincent mi trascinava con lui non potei non notare lo sguardo di puro odio che mi lanciò. Ero quasi certa di aver sentito anche la parola ‘’puttana’’ vibrare nell’aria.
<< se provi ad urlare o a scappare ti spezzo il braccio >>
Deglutii colta improvvisamente dal terrore. Non avevo minimamente pensato alla possibilità di urlare o di scappare da lui.


<< chi era quella? >>
Vincent aveva continuato a tirarmi per le strade fino ad arrivare ad un’auto e farmi accomodare sempre con delicatezza, naturalmente. Il tutto ignorandomi.
<< è un vampiro anche lei? >>
Lui continuava a guidare spostando a mala pena lo sguardo sulla strada, senza prestarmi attenzione. La cosa iniziava davvero a snervarmi.
<< sai, da uno che ti ha quasi ucciso ci si aspetterebbero almeno delle scuse >>
Finalmente ottenni ciò che volevo, salvo pentirmene immediatamente. Vincent mi lanciò un’occhiataccia e per una volta riuscii a vedere i suoi veri occhi. Terribilmente grigi.
<< non sto scherzando, almeno prestami attenzione! >>
<< prestarti attenzione? >> disse con tono ironico. Restai allibita, aveva detto due parole, ma aveva comunque parlato. A me.
<< senti, tu mi odi ed è evidente come cosa. Di conseguenza al nostro primo amichevole incontro direi che il sentimento è reciproco. Però devi prenderti le tue responsabilità. >>
L’unico risultato che ottenni fu una smorfia denigratrice. Questo mi fece infuriare.
<< senti stronzo. Mia sorella è stata uccisa per colpa tua ok!? >>
Vincent fece una manovra rapida e violenta facendomi sbattere contro il finestrino la tempia per poi frenare di colpo nel parcheggio di un supermercato.
<< che cosa!? >>
Per la prima volta lo vidi sinceramente sconvolto e mi sentii in dovere di specificare.
<< Gabriel è riuscito a farla diventare un vampiro in tempo. >>
Lui si rilassò sensibilmente sfregandosi gli occhi con le dita. Improvvisamente mi era passata tutta la voglia di parlargli di Leo. Senza quello sguardo di sufficienza o di sdegno sembrava così … sopportabile.
<< scusa, avrei dovuto specificarlo. >>
Poggiò la testa al sedile guardando dritto davanti a se.
<< perché hai detto che dovevo prendermi le mie responsabilità riguardo tua sorella? >>
Quasi mi spaventai a sentire tutte quelle parole provenire da lui. Mi sentii stranamente sollevata. Ora dovevo solo dire la verità.
<< io … non lo so. >>
Restammo in silenzio per parecchio tempo e io non osai controllare ma ero certa di avere il suo sguardo addosso.
<< è umana. >>
Lo guardai stupita mentre rimetteva in moto la macchina.
<< quella ragazza. Mi stava facendo bere il suo sangue di sua spontanea volontà. Vuoi sapere perché lo fa? >>
Sentii un groppo chiudermi la gola ma annuii comunque.
<< lo fa perché sa che è l’unico modo per avere la mia attenzione. >>
Iniziai a mordermi la unghie colta da un senso di nausea. Con chi mi trovavo? Rimasi in silenzio perchè non ero certa di voler sapere che tipo di relazione avessero quei due.
<< tu pensavi che io la stessi aggredendo. Eri disposta ad affrontarmi ma non ad uccidermi, dato quell'inutile pezzo di ferro. Perchè? >>
<< non ... me ne ero dimenticata. sai com'é non mi chiamo Buffy >> risposi sbuffando. A dire la verità me lo ricordavo, fin troppo bene, solo non avevo minimamente pensato ad ucciderlo. Ma solo perchè sapevo che non ne sarei stata capace, ovvio.
<< sei strana >> disse lui ad un certo punto lanciandomi una mezza occhiata. Rimasi spiazzata e non dissi nulla. Avrei tanto voluto dirgli che la mia concezione di normalità era molto diversa dalla sua.

Senza rendermene conto arrivammo sotto casa mia.
<< grazie per il passaggio. >>
<< non ringraziarmi. Non farlo mai e non essere gentile con me. Non mi pento di quella sera e non so cosa mi abbia fermato dall’ucciderti. Però me ne vergogno. >>
Parlava con quella sua voce roca e graffiante e a mala pena riuscivo a cogliere il senso delle sue parole. Quell’auto stava diventando soffocante e io dovevo, volevo uscire da lì.
<< non è vero che ti odio. >>
Dissi senza pensare. Quando me ne resi conto era troppo tardi e Vincent stava quasi stritolando il volante. Era ritornato a non degnarmi di uno sguardo. Uscii senza più dire niente, avevo già parlato troppo.

<< hey, scusa se non ti ho avvisato che avrei fatto tardi >>
Seline stava seduta sul muretto della finestra con una sigaretta tra le dita. Non disse nulla quando mi sentì entrare. Di questo gliene fui grata.
<< Seline? >>
Lei si voltò verso di me e dalla sua espressione mi sembrò tranquilla. Apparentemente non era arrabbiata.
<< potresti dire a Gabriel che per il momento preferirei non dire nulla a Vincent riguardo la storia di Leo? >>
<< certo >> annuì con un lieve sorriso.
<< grazie. Di tutto. >>
<< grazie a te. >>
Non capii cosa volesse dire così mi limitai a chiudere la porta della mia camera dietro di me. In realtà dovevo ancora capire cosa era successo in quelle ultime ore.

Ed eccoci ad un nuovo capitolo! Come sempre ringrazio Mirrine di tutto cuore, mi carichi un sacco! xD e poi volevo chiedere a chiunque avesse delle idee per l'immagine di Vincent, perchè io sono nettamente nel pallone xD grazie a tutti =)

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Capitolo 5
*** Gold ***


 photo ChiaraBaschettiversionehippy_zps80e2d090.jpg

Mi scuso per il ritardo ma sono in periodo esame di maturità e beh... si insomma basta dire solo questo che ho già detto tutto! Ma con questo capitolo spero mi perdonerete, o forse mi odierete di più. chissà XD A più giù! ;)


Ero sempre stata sincera con me stessa. Mi piaceva fare la parte della ragazza dura e a volte persino aggressiva perché erano aspetti che rientravano nella mia personalità. Ma in realtà ero anche molto, forse troppo, romantica. Amavo guardare film romantici di nascosto da tutti e fantasticare su un futuro amore da capogiro, come quelli che si vedono nei film. Per questo quando quella notte rimasi a fissare il soffitto incapace di addormentarmi non ebbi difficoltà ad ammetterlo. Mi piaceva. Vincenti mi piaceva. Quel vampiro freddo e pericoloso mi piaceva. Non avevo problemi ad ammetterlo a me stessa, ma questo non significava che avevo intenzione di concretizzare qualcosa. Insomma, un vampiro schizzato e violento aveva quasi ucciso mia sorella per andare a colpire proprio lui e non sapevamo ancora chi era, cosa voleva e dove si trovava. Sorvolando sulla mia incolumità personale, chi era veramente Vincent? Cosa aveva fatto per attirarsi le ire di Leo? Sospirai rumorosamente sperando che Seline non mi avesse sentito. Mi portai un braccio sugli occhi e continuando a pensare a Vincent, lentamente mi addormentai.


<< hai un aspetto pessimo. >>
<< grazie Lu, sei davvero un tesoro a farmelo notare per la milionesima volta >>
Sbuffai fingendomi offesa mentre Luce, nome completo MariaLuce, beveva il suo orzo macchiato lanciandomi degli sguardi a suo dire penetranti.
<< quindi vuoi farmi credere che non c’è neanche un uomo al momento nella tua interessantissima vita sentimentale a toglierti il sonno? >>
Luce era la mia migliore amica. Con lei riuscivo a parlare di qualunque cosa, di quegli argomenti su cui tacevo persino con Andrea. Forse perché Luce era sempre stata … particolare. Ricordava un po’ una hippy degli anni sessanta, con quei capelli scuri chilometrici solitamente legati in una o due trecce, le gonne lunghe, gli occhialini piccoli e rotondi e quell’aria da perenne trasognata che aveva. Per non parlare poi della sua decisamente attiva vita sessuale. Quasi tutti la trovavano strana ed anche io pensavo che lo fosse, ma quella stranezza mi piaceva. Non aveva tabu, potevo parlarle di qualunque cosa e lei non mi avrebbe giudicato, mi avrebbe ascoltato e detto il suo parere senza comunque offendermi o ferirmi. Ci conoscevamo da appena un anno eppure le volevo già un gran bene e sapevo di potermi fidare totalmente di lei. Ma potevo davvero raccontarle TUTTO? Non si trattava di aperture mentali questa volta, ma di vera e propria fantascienza. La guardai di sottecchi cercando di decidere il da farsi, perché nonostante sapessi che era una pessima idea, avevo il disperato bisogno di sfogarmi con lei.
<< ok, hai vinto tu. >>
Lei non sembrò sorpresa della mia resa, ma gongolò ugualmente, con un sorriso che solo lei sapeva fare senza sembrare la sponsor di una pubblicità del dentifricio.
<< c’è un uomo. Ma è complicato. Prima di tutto mi odia. E se non mi odia non gli interesso in quel senso. Per di più probabilmente neanche a me interessa in quel senso. Anzi il più delle volte provo piacere nell’immaginarmi mentre lo schiaffeggio. >>
Aggiunsi sospirando. Luce aveva assunto quello sguardo vacuo che aveva quando pensava attentamente su qualcosa.
<< vacci a letto. >>
<< come!? >> quasi mi strozzai con il caffè che stavo bevendo. Sapevo che Luce era una tipa piuttosto libertina, ma in questo contesto era l’ultima cosa che mi aspettavo di sentirmi dire!
<< ok, ascolta Melina. Non sei abituata a cogliere i segnali del corpo degli altri e tanto meno del tuo. Per questo quasi sicuramente stai confondendo l’attrazione sessuale con violenza fisica o aggressività. Non so dirti se sei innamorata di questo tipo, e tanto meno se lo è lui, però penso che dovresti lasciarti travolgere dagli eventi ogni tanto. Senza aver paura delle conseguenze come tuo solito. >>
Incredibile a dirsi soppesai davvero le sue parole. Escludendo l’ipotesi di andarci a letto, certo. Se avesse saputo come stavano davvero le cose non mi avrebbe mai consigliato di ‘’non pensare alle conseguenze’’ perché le conseguenze potevano essere io, morta o magari semi morta. A seconda della mia fortuna.
<< non è non pensi che tu abbia ragione … è solo che … >> deglutii non sapendo esattamente come terminare la frase.
<< tesoro, so che anche se non lo ammetti facilmente stai aspettando la persona che ti farà battere il cuore, solo non perdere di vista la realtà. Rischi di non notare qualcosa o qualcuno di importante. E detto da me poi … >>
Sorrisi debolmente alle sue parole. Lei notò la mia esitazione così dopo aver finito con un lungo sorso il suo orzo mi rivolse un altro dei suoi sorrisi anti stress.
<< testona lo so che hai i tuoi tempi. Di certo non mi aspettavo che mi dessi ragione e corressi a buttarti tra le braccia di questo tipo misterioso. Anche se un po’ lo speravo ad essere sincera. In ogni caso sta sera io e te usciamo, andiamo in una nuova discoteca che non spara quella musica house orrenda. E tu ti metti un vestito carino e sexy e tu farai la carina e la sexy. Non mettere i tacchi se no sembri godzilla epilettico. >>
Le sorrisi riconoscente. Non amavo le discoteche ma dopo tutte quelle stranezze avevo bisogno di una parentesi di normalità. E magari fare l’incosciente senza aver paura di rimetterci la pelle.


<< non sono convinta sia una buona idea. >>
Seline mi squadrava con un cipiglio tra il serio e l’incuriosito. Da quando mi conosceva non mi aveva mai visto con niente di diverso dai jeans, t shirt e converse. Quella sera invece indossavo, mascherando tutto il disagio che provavo, un vestitino nero mono spalla lungo fino a metà coscia con delle ballerine nere.
<< non fraintendermi, penso che tu faccia bene ad andare a divertirti invece di stare chiusa in casa. Però penso dovremmo dirlo ad Andrea e a Gabriel. >>
La guardai facendo la faccia più tenera che potevo.
<< Seline, lo sai che Andrea si preoccuperebbe un casino se lo sapesse e di conseguenza Gabriel mi imporrebbe gentilmente di non uscire. Se fosse stato una persona qualunque lo avrei semplicemente mandato a quel paese, ma non credo di poter fare qualcosa contro un vampiro. >>
Lei sembrò pensarci su attentamente e alla fine con un mezzo sospiro accettò.
<< ma non ti prometto di non venire a controllare neanche una volta >>
<< Grazie Seline! >>
Mentre scendevo le scale stranamente serena mi resi conto di aver ringraziato qualcuno per avermi permesso di uscire. Sembrava di essere ritornata diciassettenne.


<< dai muovi il culo!! >>
Luce era già totalmente andata, e non perché fosse ubriaca ma solo perché era folle di suo. La guardai sorridendo mentre ondeggiando cercava di trascinarmi sulla pista. Scossi la testa ridendo davanti al suo sedere che oscillava in modo tutt’altro che provocante.
<< non sono ancora abbastanza ubriaca! Ti raggiungo tra poco! >>
Con un sospiro presi un altro sorso di quello che avrebbe dovuto essere una Caipiroske alla fragola. Non ero una santa ma non ero nemmeno un’esperta di cocktail così mi ero lasciata nelle mani un po’ più esperte di Luce. Svuotai quello che restava nel bicchiere in un unico sorso mentre sentivo la testa più leggera e la voglia di ballare finalmente si faceva sentire. Non riuscivo più a pensare a niente che non fosse ballare, o almeno speravo di star ballando, e ignorai persino quella sensazione di essere osservata che ogni tanto mi prendeva. Era sicuramente Seline che teneva fede alla sua promessa o semplicemente era l’alcol che mi faceva immaginare le cose. Mi avvicinai a Luce e senza alcun motivo apparente iniziammo a ridere, una di quella risatine tra l’isterico e l’inquietante. Per quella sera potevo permettermi di fare l’idiota e l’avrei fatto pure bene!


Non so per quanto tempo ballai, probabilmente non molto perché Luce era ancora carica e mentre io spingevo le persone per uscire un minuto dal locale lei era ancora intenta a scatenarsi sulla pista. Aveva anche iniziato a semi flirtare con un ragazzo moro dalla pelle ambrata davvero niente male.
Una volta fuori rabbrividii a causa dell’aria fredda sulla mia pelle sudata. Mi accesi una sigaretta concentrandomi sul ricordo delle scarpe assurde che portava quella sera Luce. Cielo, stavo davvero messa male se mi applicavo così tanto su un paio di scarpe.
Sentii qualcuno schiarirsi la voce dietro di me. Mi congelai sul posto. Ultimamente stare da sola quando il sole era calato significava rischiare di essere dissanguata. << ragazzina, mi fai accendere? >>
Mi girai stupita e stranamente non sollevata, perché ero così convinta che quella persona fosse Vincent che quando sentendo la sua voce mi resi conto che non era lui ne rimasi delusa. Delusa da cosa poi?
<< s..si scusa. Tieni >>
Gli allungai l’accendino e quando le nostre mani si sfiorarono un pizzicore improvviso mi fece allontanare di scatto la mano. Il ragazzo ridacchiò accendendosi la sigaretta.
<< ci conosciamo da solo due minuti e già facciamo scintille. Promette bene. >>
Lo guardai inarcando un sopracciglio, stranamente divertita. Da quando queste battutine mi facevano effetto? Era sicuramente colpa dell’alcol.
<< io sono Tiberio, ma tutti mi chiamano Rio. Non mi chiamare mai Tiberio ok? >>

Lo osservai meglio e quando mi resi conto di com’era fatto deglutii. Beh, mica ero asessuata. Rio aveva quasi tutte le caratteristiche che mi fanno impazzire negli uomini: occhi rivolti verso il basso circondati da piccole rughe d’espressione, alto sul metro e novanta e con un fisico ben allenato, con le spalle larghe e un sorriso strafottente. Memore delle esperienze passate assottigliai gli occhi per cercare i suoi: volevo assicurarmi di non vedere bagliori rossi sospetti. Nonostante il buio riuscii a notare le sue iridi bagnate d’oro e mi tranquillizzai. Il ragazzo ridacchiò ancora alzando a sua volta un sopracciglio.
<< non me lo dici qual è il tuo nome, ragazzina? >>
<< ti piace tanto chiamarmi ragazzina, non vorrei toglierti il divertimento. >>
Replicai quasi subito. Lui fece un altro tiro dalla sigaretta continuando a sorridere. Dio, ogni volta che sorrideva si accentuavano quelle fossette intorno agli occhi.
<< quanti anni hai? >>
<< ci stai provando? >> iniziai a ridere senza un motivo ben preciso. Che figura.
<< forse >> replicò con tono tranquillo.
Mi sentii improvvisamente in colpa. Di cosa poi? Non ero mica fidanzata. Vincent non mi avrebbe mai ricambiato e io stessa non ero sicura di volere che ricambiasse, perciò di cosa mi stavo preoccupando? Mi era permesso flirtare un po’. Mi imposi di scacciare quella sensazione immotivata e aiutata un’altra volta dal drink di poco prima sorrisi nel modo più accattivante possibile. Sempre che ne fossi capace. Non ero molto sicura, però l’avevo visto fare centinaia di volte ad Andrea e se funzionava con lei, doveva funzionare pure con me no? infondo avevamo lo stesso viso.
<< interessante tecnica di abbordaggio. Non sarai mica un killer? >>
<< dipende, ti piacciono i tipi pericolosi? >>
Feci un’espressione pensosa, in realtà ci stavo riflettendo davvero. Ero attratta dai tipi pericolosi? Riassumendo gli ultimi eventi la risposta più spontanea era una sola.
<< probabilmente si. Ma forse un killer è troppo persino per me. Mi accontento di un ladro alla Lupen, oppure alla robin hood. >>
<< ma quelli non sono pericolosi, sono solo finti pericolosi. Se ti dicessi che sono una sorta di poliziotto cosa penseresti? >>
<< penserei che le divise sono molto sexy. >>
Risposi senza pensare, salvo poi arrossire di botto e provocargli altre risate. E io che volevo fare quella provocante. Ma dove!?
<< in ogni caso non hai la faccia da poliziotto >>
<< infatti ho detto una sorta. Niente divisa perciò. >>
<< una sorta eh? E di che cosa ti occupi? A chi dai la caccia? >> aggiunsi sorridendo di sbieco. Di nuovo quel pizzicorio alla base del collo. Forse stavo esagerando. Infondo non sapevo chi avevo davanti: non solo i vampiri sono pericolosi a questo mondo. Lui fece l’ultimo tiro dalla sigaretta ormai finita prima di spegnerla sotto una scarpa. Solo a quel punto notai che ai piedi portava degli anfibi alti e salendo con lo sguardo incontrai un lungo giubbino di pelle nera. Si, aveva decisamente l’aria sospetta. Istintivamente incrociai le braccia al petto arretrando di un passo.
<< vampiri. >>
Spalancai gli occhi stringendomi ancora di più tra le mie braccia, cercando forse di auto tranquillizzarmi.
<< su non fare quella faccia, ultimamente ne stai frequentando parecchi no? >>
<< che cosa vuoi? >>
Ringhiai sulla difensiva. Si, ultimamente stavo frequentando parecchi vampiri e il primo tra questi era proprio la mia gemella e non avrei permesso ad uno squilibrato qualunque di farle del male, non di nuovo almeno.
<< ascolta, lo so che ora stai sulla difensiva perché vuoi proteggere tua sorella, ma non è lei al momento che mi interessa. Non miro ai pesci piccoli, capisci? Loro ci saranno sempre, in un modo o nell’altro. Io punto a quelli pericolosi, come la tua recente conoscenza. Leonard. >>
Lo guardai tra lo basito, il sollevato e l’incuriosito. Ma proprio a me tutti i tipi strani? Altro che normale flirt.
<< ascolta, se vuoi … occuparti di Leo o Leonard come lo chiami tu, mi fai solo che un favore. Ma non ti posso essere di alcun aiuto, per quanto vorrei. >>
Rio iniziò a ridacchiare infilandosi una mano tra gli scompigliati capelli neri.
<< cosa c’è da ridere?! >> mi accigliai. L’alcol e l’effetto ridarella erano ormai quasi del tutto spariti dal mio corpo e perciò stavo ritornando la solita acida Melina di sempre.
<< non riesci proprio a dire ‘’uccidere’’ eh? Prima parlavi tutta disinvolta di killer e ladri e ora sei tutta impaurita …. Sei proprio una ragazzina >>
<< hey! Smettila di chiamarmi ragazzina! >>
<< ma come, credevo ti piacesse! >>
<< beh, ho cambiato idea. Specie di poliziotto eh!? Ma fammi il favore, volevi solo fare il fico! >>
<< beh, nonostante frequenti pessime compagnie, sei comunque affascinante. Ragazzina, ma pur sempre affascinante. >>
Se possibile arrossii ancora di più fino a sentirmi le orecchie bruciare. Lo squadrai incapace di ribattere in modo decente, combattuta tra l’essere lusingata dalle sue parole o irritata dal suo sorriso strafottente. Poi improvvisamente mi venne in mente una cosa.
<< ma tu … sei umano? >>
Rio smise improvvisamente di ghignare e lentamente si sollevò dal muro sul quale si era appoggiato avanzando lentamente verso di me. Io non mi mossi, perché infondo sapevo che non avevo nulla da temere. Anche se non ero pienamente cosciente.
Con lentezza mi prese una mano che, in contrasto con la sua pelle bollente, appariva gelida. Trattenni il fiato seguendo le nostre mani fino a quando non si poggiarono sul suo petto, all’altezza del cuore. Il suo battito era regolare e forte, vivo. Alzai lo sguardo incontrando i suoi occhi dorati. Per un secondo mi vennero in mente quelli grigi e freddi di Vincent ma mi distrassi subito sentendo l’altra sua mano scivolare sulla mia guancia fino a fermarsi saldamente sotto l’orecchio, sfiorandomi anche parte della nuca. Ero come stordita, come se fossi sotto l’effetto di qualche droga strana. Di nuovo quel sorrisino si disegnò sulle sue labbra lasciando intravedere i denti, bianchi ma normali.
<< tu che ne dici, Melina? >>
<< aspetta, come sai il mio nome? E se lo sai perché mi chiami … >>
La mia frase si spense nell’istante esatto in cui lui poggiò le sue labbra sulle mie. Ricambiai senza pensarci, aggrappandomi alle sue spalle mentre Rio spostava la mano che fino a poco prima aveva stretto la mia dietro la mia schiena, spingendomi di più verso di lui. Era caldo e le sue braccia mi facevano sentire al sicuro e al tempo stesso elettrica. Mi mandava totalmente in confusione impedendomi di ragionare lucidamente. Mi sentivo bene, così quando si allontanò dalle mie labbra reagii d’impulso mordendogli leggermente il labbro inferiore. Allora si riavvicinò baciandomi con più forza di prima, strappandomi persino un mugolio. Dopo poco ci separammo, entrambi leggermente affannati. Lo guardai confusa, stupida prima da me stessa e poi da lui. Cercavo di scacciare di nuovo quel senso di inquietudine che era tornato dopo essermi separata da lui. Cercai così il suo sguardo che per la prima volta non era fissato nel mio e quando sentii un ringhio basso provenire dalle mie spalle mi voltai di scatto.
<< cos’è, sei territoriale Vincent? >>

Ed ecco che fanno la sua comparsa ben due nuovi personaggi! Uno più strano dell'altro devo dire xD A dire la verità Rio non era programmato nell'idea iniziale che mi ero fatta nella mia testa... ma è come ''piombato prepotentemente nella storia'', e questo fa capire molto anche sulla sua personalità xD Spero davvero che vi sia piaciuto il capitolo e ringrazio ancora chi mi segue, e soprattutto chi recensisce! Scusate se non vi ringrazio individualmente ma vado un po' di fretta (la connessione internet oggi fa capricci e non vorrei non riuscire a pubblicare il capitolo >.<) Quindi i ringraziamenti ufficiali li lascio al prossimo capitolo! un saluto a tutti =) Ps. Fatemi sapere cosa ne pensate di Vincent =)

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