Kiss the Void (Songfiction)

di Lady_Crow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Proemio ***
Capitolo 2: *** Il Rito di Preparazione ***
Capitolo 3: *** La Galleria delle Ombre ***
Capitolo 4: *** Amen ***



Capitolo 1
*** Proemio ***


Non posso pronunciare o scrivere i nomi dei protagonisti poiché – al contrario di quanto si crede – al giorno d'oggi gli dèi, seppur addormentati, vivono ancora; quando il loro sonno viene disturbato da richieste blasfeme, i postulanti sono dannati.
Dalla mia penna non sgorgherà il veleno che trascinerebbe me e voi fino al loro girone, ma gli dèi mi hanno parlato di loro; posso dunque narrarvi la storia di due eretici contemporanei di cui probabilmente condividete alcuni vizi e alcune virtù, tuttavia non cadete nella trappola di compatirli: loro sono perduti.

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Capitolo 2
*** Il Rito di Preparazione ***


Si risvegliò sul pavimento, afflitta dal peggiore mal di testa che avesse mai avuto.
Per prima cosa mise a fuoco il candelabro a tre braccia rovesciato pericolosamente vicino al suo letto; se fosse finito un paio di centimetri più in là, in camera sua ci sarebbe stato un incendio, era palese. Ad ogni modo, seppur per un soffio, aveva scampato il pericolo. Non ricordava esattamente cosa fosse accaduto la notte prima, ma il fatto di esserne uscita sana e salva era certamente un buon segno.
Si mise a sedere stiracchiandosi.
“Santo Cielo... Il collo!” si lamentò con una smorfia "E che diavolo..."
C'era qualcosa fra la sua mano e il pavimento. Dapprima ebbe un moto di stizza, poi il suo sguardo cambiò di colpo quando vide di che si trattava: una foto di lui, la ragione di tutto; colui per il quale aveva rischiato l'incendio, ma soprattutto, colui per il quale aveva azzardato il rito.
Sì, esserne uscita indenne era qualcosa, ma la mancanza di continuità fra i suoi ricordi in qualche modo la inquietava.
Strinse la fotografia fra le dita, si soffermò sui tratti delicati del giovane uomo ritratto, poi chiuse gli occhi sforzandosi di mettere ordine nella propria memoria, o perlomeno di raccogliere tutti i frammenti a disposizione.

Non importava quanto sarebbe costato, lei lo avrebbe avuto. Se le dimostrazioni d'affetto, il tempo passato insieme, le battaglie combattute, il sesso e i segni del destino non erano bastati, sarebbe ricorsa all'ultima risorsa, l'asso nella manica che non era affatto certa di possedere: la magia.
Nascosto in un cassetto, sotto vecchi abiti e ancor più vecchie lenzuola, aveva trovato anni prima un libro d'incantesimi; all'interno della copertina erano stati trascritti a mano dodici strani simboli; talvolta si ripetevano. Aveva impiegato circa un mese a decifrarli: era il nome della sua bisnonna in alfabeto Malachim.
La scoperta l'aveva elettrizzata, poiché i suoi genitori seguivano un volgare culto moderno che non si accontentava di vietare la magia, ma chiedeva addirittura ai fedeli di evitare di parlarne.
Conosceva ormai a memoria quelle pagine su cui aveva trascorso più ore di quante potesse ricordare, sempre con assoluto rispetto, facendo bene attenzione a non danneggiare in alcun modo il volume. Adesso si sentiva pronta.
“Gli dèi mi sono testimoni: io otterrò ciò ciò che voglio”.
La sue dita si protesero verso le fiammelle danzanti che coronavano le candele.
Il coltello accarezzò il palmo della sua mano sinistra; poi il buio.


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Capitolo 3
*** La Galleria delle Ombre ***


Dal buio dovette ascoltare attentamente le truci eco di quanto di più intenso aveva provato per lui sino a quel momento.

La trepidazione dell'attesa appena prima di vederlo scendere da quel treno.

Il doloroso rivoltarsi dello stomaco quando intuiva che lui stesse soffrendo.

Il brivido che provava quando le mani di lui scivolavano dal collo alle spalle, poi più giù, arrivando al seno; mentre con un braccio le cingeva la vita, premendo con più forza il suo corpo contro il proprio, il respiro di lui si faceva più veloce e il bacio – fino a poco prima pieno di tenerezza – diventava avido.

Quanto si sentiva spezzata ogni volta in cui se ne andava, o in cui doveva lasciarlo, senza sapere se e quando lo avrebbe rivisto.

Il miscuglio di mancanza e di dolore, per le ferite inferte al suo ego.

Un bagliore in fondo a quella galleria delle ombre apparve appena prima che le voci cominciassero a sussurrare follemente alle sue orecchie. La preghiera era stata ascoltata: sarebbe stato suo fino alla morte.


Riaprì gli occhi con stizza, cercando di ricacciare indietro l'indefinito senso di disagio che l'ammorbava. Gli dèi erano dalla parte dell'amore, dunque indubbiamente erano con lei.

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Capitolo 4
*** Amen ***


Durante il rituale, la ragazza aveva imbottigliato un elisir d'amore.
Sì, a questo le era servito il proprio sangue mestruale: a legarlo per sempre a lei.
Il suo sguardo passò dalla fotografia alla boccetta contenente un liquido dal colore scuro.
Nera come la pece sa essere la scia del battito d'ali di Cupido; lei lo sapeva bene: non doveva averne timore.
Si alzò e con un sorriso si diresse verso il telefono. Quella notte avrebbe incontrato il suo amore.
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Lui era in piedi davanti allo specchio ed aveva appena avuto la sensazione di vedere qualcosa di strano nel riflesso quando il telefono squillò. Sospirò nel vedere il suo nome sul display: non sapeva mai se essere felice o sentirsi inquieto.
Se davvero esisteva una donna che facesse al caso suo, quella era lei; eppure la sua possessività lo spaventava. Il suo amore per lui portava in sé un bagliore sinistro che gli suggeriva di allontanarsi ogniqualvolta le loro vite cominciavano davvero ad intrecciarsi.
Quanto a lungo sarebbe ancora potuto andare avanti quel tira e molla?
Alla fine avrebbe dovuto scegliere se appartenerle o se perderla per sempre, lo sapeva, forse l'aveva sempre saputo. Rispose e, nell'attimo in cui udì la sua voce, i dubbi svanirono dalla mente. Al diavolo la masturbazione mentale! L'avrebbe vista ancora, e ancora, e ancora.
Certo, ci sarebbero state delle conseguenze, ma tutto ciò che riusciva a pensare al riguardo era: "Così sia".
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Provava uno strano tipo di soddisfazione nel pensare di essere riuscita a convincerlo ad incontrarla. Forse per la prima volta, invece di essere completamente alla sua mercé, si sentiva come un gatto che gioca col topo, intento a godersi ancora qualche istante di graffi giocosi prima dell'ultima fatale zampata. In qualche maniera le piaceva l'idea di prosciugare il potere che aveva su di lei e di diventarne padrona.
Per la prima volta domandò apertamente a se stessa se non ci fosse qualcosa di marcio nell'idea stessa di tenerlo per sempre con sé come un burattino, legato a lei dai fili della magia.
Si rispose onestamente che non le importava.
"Se perché lui rimanga devo sporcarmi le mani, lo farò. Così sia".

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