Reflection

di Lou_
(/viewuser.php?uid=244505)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Chapter 1 ***
Capitolo 3: *** Chapter 2 ***
Capitolo 4: *** Chapter 3 ***
Capitolo 5: *** Chapter 4 ***
Capitolo 6: *** Chapter 5 ***
Capitolo 7: *** Chapter 6 ***
Capitolo 8: *** Chapter 7 ***
Capitolo 9: *** Chapter 8 ***
Capitolo 10: *** Chapter 9 ***
Capitolo 11: *** Chapter 10 ***
Capitolo 12: *** Chapter 11 ***
Capitolo 13: *** Chapter 12 ***
Capitolo 14: *** Chapter 13 ***
Capitolo 15: *** Chapter 14 ***
Capitolo 16: *** Chapter 15 ***
Capitolo 17: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologue ***







Prologue

 

Sunny Sunset non riusciva più a godersi la vita; passava il tempo in modo piatto, magari stesa sul letto di camera sua a guardare il soffitto e ascoltare musica. Gli amici, se così si potevano chiamare, non li vedeva più, non parlava più con nessuno se non a sè stessa per chiedersi come avesse potuto ridursi così.
E in effetti prima non era così: aveva un buon rapporto con sua madre, potevano quasi definirsi amiche. Di amici ne aveva a sufficienza per non sentire il rumore della solitudine, a scuola ci andava sempre col sorriso, solo perchè poteva rivedersi con Channing Cross di quarta, di cui era pazzamente innamorata.
Sapeva divertirsi, sapeva vivere la sua adolescenza.
Successe poi d'improvviso, quasi senza una ragione; Sunny iniziò a riflettere.
Iniziò a ragionare sulla sua vita, sul perchè della sua monotonia, su la realtà, ormai noiosa, che la circondava.
Iniziò a sentirsi insoddisfatta di ciò che era, e, dopo ciò, tutto fu una catena, come quando si fa scivolare una pallina lungo un piano inclinato, che man mano accelera, non fermandosi, imperterrita.
Sunny quindi si isolò dal mondo: iniziò a litigare con sua madre, gli amici, perse lo stimolo di alzarsi dal letto per affrontare la giornata.
Cloadette Sunset, la madre della ragazza, piuttosto preoccupata, si era rivolta a molti medici e psicologi, ottenendo sempre la stessa risposta: Sunny stava affrontando un periodo tutto suo adolescenziale, non era depressione, ma una forma meno complessa e meno grave.
Cloadette aveva annuito, provando a sorridere a quella gente fredda e distaccata, non potendo ribadire nulla; aveva quindi accettato la situazione, provando sempre nuovi approcci con la figlia, via via più schiva.
Ormai Sunny aveva diciotto anni.
Era una bella ragazza, alta, bionda, con un naso allinsù, ma chiunque, qualsiasi persona rimanesse ad osservarla, si sarebbe ricordato per sempre di lei, e non per l'aspetto, ma per lo sguardo.
Uno sguardo sofferente, che chiedeva aiuto, attenzioni; uno sguardo profondo, di chi ha vissuto tutto e niente della vita, blu come un mare in tempesta, triste come un fiore appassito.


Sunny sbuffò, facendo roteare gli occhi; fece quindi leva con le braccia e si alzò dal cuscino del suo letto, mettendosi a sedere. Si strofinò gli occhi, facendo saettare lo sguardo sulla radiosveglia che aveva sul comodino: era davvero presto, ma di questo Sunny non si sorprese, era abituata a svegliarsi nel cuore della notte. Ormai era quasi incapace di dormire.
Si mise in piedi, soffermandosi davanti la sua finestra spalancata: il cielo era terso, la luna era piena ed illuminava gran parte della cittadina.
Sunny storse il naso, stiracchiandosi un poco, cercando quindi le ciabatte e trascinandosi in bagno.
La porta della camera da letto di sua madre era chiusa, come al solito.
Sunny arrancò nel buio, iniziando a vedere il contorno degli oggetti attorno a sè.
Trovò il bagno; vi entrò.
Piastrelle rosee coprivano le pareti; diversi scaffali stracolmi di prodotti per il corpo, spazzole, trucchi.
Sunny non si truccava da molto; non si curava più del suo aspetto, non le importava l'impressione che dava agli altri. Si fermò davanti il lavandino a muro; un enorme specchio sovrastava la parete.
Rimase ad osservare il suo riflesso, scuotendo la testa più e più volte in senso di disapprovazione.
Fece qualche smorfia, passandosi poi una mano tra i capelli.
Spostò il suo sguardo per la stanza, decisa a riprovare a dormire.
Qualcosa, fu un attimo.
Sunny aveva visto un leggero movimento di fronte a sè.
Aprì e chiuse gli occhi, rimanendo quindi davanti lo specchio; nessun oggetto era caduto, tutto era immbile.
Si diede della stupida mentalmente; qualcosa si mosse di nuovo, facendo spaventare Sunny.
La ragazza strabuzzò gli occhi, sentendo il suo cuore accelerare nel petto, il respiro irregolare.
Corrucciò la fronte, iniziando ad avvicinare il viso allo specchio.
Lei era sicura di non aver sorriso, era ormai da molto che non sentiva tirare la pelle delle guance.
E allora perchè il suo riflesso le stava sorridendo a trentadue denti?




Buonasera belle, eccomi con una nuova storia! Come vi sembra? Intrigante? E siamo solo all'inizio care c:
L'idea mi è venuta di getto, e l'ho colta al volo! Fatemi sapere se l'apprezzate, potrei cancellarla :/
Coomunque, Sunny, parliamone. E' in una fase particolare, lo avrete capito.
Si sente sola, vive ormai solo tra quattro mura, il rapporto con la madre è una merda... ricordatevi che potrebbe anche migliorare col tempo, ma per adesso sta così. Chissà, forse quello che gli è appena successo le fa porre delle domande...
Beh, basta allungarmi, vi dico solo che me la sono immaginata come Elisha Cutberth ;)
Un bacione e buona serata,
Lou_

Twitter (seguimi e se chiedi ricambio) c:


 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Chapter 1 ***







Chapter 1

 

-''Sto impazzendo, sono semplicemente pazza! Sarà il fatto che me ne sto sempre per i fatti miei... oh mio Dio..."
Sunny era a terra che continuava a contorcersi le mani, ripetendo ciò tra sè e sè.
Il suo riflesso le fece l'occhiolino, facendo sussultare la ragazza.
Sunny deglutì a fatica, provando a rialzarsi, malgrado i tremiti continui da cui era scossa. Iniziò a passarsi una mano tra i capelli, riavvicinandosi allo specchio.
Il suo riflesso ormai non ripeteva più i suoi gesti, e le faceva segno di venire.
La bionda corrugò la fronte, iniziando a sudare freddo.
-''Io, cioè tu vuoi....che ti segua? Parli anche da sola, Sunny come cazzo ti sei ridotta." Pensando però sul fatto che non aveva nulla da perdere, e volendo cogliere al volo quella nuova piccola sorpresa nella sua vita ormai piatta, si strinse nelle spalle, puntando un dito contro il vetro dello specchio.
Il suo riflesso annuiva sorridendo; ad un certo punto  uscì dalla visuale di Sunny, andando alla sua sinistra.
L'indice della bionda toccò lo specchio e, contrariamente a qualsiasi legge fisica o morale, il dito scomparì all'interno.
La bionda si trattenne a stento dall'urlare, mentre si sentiva spingere verso l'oggetto, e scomparendo pian piano all'interno.
Chiuse gli occhi, iniziando ad imprecare.
La voce le si era strozzata in gola, impedendole di richiamare la madre dal sonno.

Buio, Sunny riusciva a vedere solo quello.
Scosse poi la testa, aprendo una palpebra lentamente dopo l'altra.
Corrugò nuovamente la fronte: si trovava ancora nel suo bagno, solo che era stesa a terra e si copriva il volto con le braccia.
Si sentì così stupida, probabilmente aveva sognato e il sonno carente si stava facendo sentire.
Si tirò su, si risistemò la sua camicia di tessuto con cui dormiva, e si diresse verso camera sua, curando di non fare troppo rumore in corridoio.

Aprì gli occhi svogliatamente, la giornata che le si prostrava davanti era davvero inutile ai suoi occhi.
Frequentava l'ultimo anno del suo liceo, tra poco sarebbe stata promossa, libera quindi di rimanere stesa sul letto di casa sua a compatirsi. Si stropicciò un occhio e, richiamando a sè tutte le forze, si diresse al suo armadio, cacciando quindi la mano dentro e tirandone fuori le prime cose che aveva trovato.
Si vestì con noncuranza, prendendo quindi il suo ipod dal comodino e scendendo di sotto in cucina.
La casa era illuminata a tratti dai primi raggi solari mattinieri; fuori era una bella giornata, priva di nuvole, a a Sunny questo non importava da tempo.
Si accomodò al tavolo in mogano della stanza, iniziando a frugare nella scatola dei biscotti che la madre le aveva lasciato in bella vista prima di andare a lavoro.
Tutto le sembrava così inutile, e dall'esperienza della scorsa notte tutto le sembrava ancora più penoso e insensato.
Controllò l'orario sul display e, poichè non voleva rimanere chiusa fuori dal liceo, si incamminò fuori da casa, chiudendo quest'ultima a chiave e lasciando le chiavi sotto il tappetino all'ingresso.
Per le strade donne anziane a passeggio, qualche cane randagio, due bambini che si dirigevano alla loro scuola con lo zainetto in spalla; una mattina degna di fotoricordo insomma, ma ciò disgustò solamente Sunny che, quasi meccanicamente, si infilò le cuffie nelle orecchie, facendo partire la riproduzione casuale del suo lettore mp3.

-''Si dimmi" al citofono del cancello scolastico una bidella, con tono frustrato, stava parlando con Sunny.
-''Vorrei entrare, sono in ritardo è vero ma i cancelli dovrebbero chiudersi tra qualche minuto" Sunny sbuffò scocciata, come se dovesse stare lì a perdere tempo con l'inserviente di turno.
La donna, bassa e grassottella, sulla cinquantina e con chili di trucco, scosse la testa, facendo schioccare la sua lingua contro il palato più volte.
-''Guardi signorina, nelle classi hanno appena effettuato l'appello e..." la donna spostò per un attimo lo sguardo, che si illuminò all'istante.
Sunny stava per risponderle a tono, ma seguì il suo sguardo, notando che l'inserviente stava guardando radiosa un ragazzo, alto, asciutto, con una moltitudine di ricci scompigliati che gli ricadevano sulla fronte.
Sunny roteò gli occhi, facendo sventolare la sua mano davanti gli occhi della bidella, risvegliandola momentaneamente.
-''Salve, scusi l'inconveniente, ma penso di essere in gravoso ritardo, non è che potrebbe solo per oggi lasciare aperto il cancello?"
Sunny storse il naso, notando che la donna, continuando a fare cenno di sì con la testa, rise eccitata, facendo passare lo sconosciuto.
-''Posso anche io o devo ripassare?..." chiese ironicamente Sunny, incrociando le braccia al petto.
-''Entra. Muoviti." disse la donna freddamente alla ragazza che, scocciata, si avviò verso l'ingresso dell'edificio.
Sunny accelerò il passo, maledicendo mentalmente la sua vita e quel risveglio poco piacevole; senza accorgersene, urtò il riccio, che camminava più lentamente.
-''Guarda dove vai, Sunny" rispose con voce fredda e roca il ragazzo, voltando appena la testa.
La bionda sgranò gli occhi, togliendosi le cuffie dalle orecchie.
-''Mh."
Riprese a camminare più in fretta, inacidita per lo scontro.
-''Ehi, aspetta! Com'è che oggi non sei truccata e vestita da troia come al solito? E per giunta mi ignori!" il riccio la raggiunge, fermandosi di fronte a Sunny e riprendendo con calma il fiato.
Quest'utlima si accigliò, cambiando completamente approccio.
-''Scusa? E poi chi cazzo ti conosce? Fammi andare in classe."
Alzò quindi lo sguardo verso il ragazzo, alto più di lei di qualche centimetro; aveva degli occhi verde smeraldo magnetici.
Lui la guardava perplesso, toccandosi il mento con una mano.
-''Tu non sei la stessa ragazza di ieri, Sunny."
Ora la ragazza si arrabbiò davvero, sentendo un sentimento di frustrazione ribollire nelle vene; strinse i pugni, puntando i piedi per terra.
-''Io non so chi cazzo tu sia, va bene? Non so come faccia a conoscermi ma devo andare in classe, per continuare la mia commedia. Quindi trovati qualche troietta che ti piace tanto e lasciami in pace!"
Inspirò, aspettando la reazione del riccio.
Quello continuò a massaggiarsi il mento, assottigliando gli occhi.
-''No, decisamente non sei Sunny Sunset."
Sunny sbuffò fortemente, dando un'occhiata al suo ipod e sgranando gli occhi.
-''Idiota, è da quaranta minuti che dovrei essere in classe! Cristo, vaffanculo va bene? La mia vita è già una merda...ahhh" Sunny alzò il tono della voce, girando quindi i tacchi e incamminandosi nuovamente verso il cancello scolastico.
Il riccio le corse dietro, prendendole delicatamente un polso; Sunny abbassò lo sguardo sulla mano del ragazzo.
-''Mollami" rispose fredda tra i denti; lui non le diede retta.
-''Tu non sai davvero chi sono?" chiese retoricamente, con voce perplessa.
-''Per l'ultima volta, no." rispose lei, facendo ruotare gli occhi.
-''Harry Styles, non ti dice nulla? Ma hai l'alzhaimer o cose varie?"
-''Ti pare?" rispose lei, addolcendosi un poco e sorridendo flebilmente.
-''Fantastico, magari le tue amiche ti rinfrescano la memoria, andiamo dentro."
-''Aspetta cosa ma...quali amich" non fece in tempo a finire la frase che Harry la strattonava insistentemente per un braccio, correndo dentro l'instituto, ormai deserto per l'orario.
I due si fermarono ad un lato della stanza, accanto gli armadietti di fronte la palestra comune.
-''Mi spieghi che hai intenzione di fare?" rispose Sunny, appoggiandosi agli armadietti e sistemandosi un ciuffo dietro i capelli. Harry la guardò per qualche attimo, portando poi lo sguardo sulla porta dell'aula di chimica, da cui proveniva un leggero brusio.
-''Beh, tra poco c'è il cambio dell'ora no? Bonnie è a chimica a quest'ora, quindi la aspettiamo." rispose ovvio il riccio, appoggiandosi ad un altro armadietto e passandosi una mano tra i capelli.
-''Interessante...chi è Bonnie, la tua ragazza?" chiese con noncuranza Sunny.
Harry spostò il viso verso di lei, lentamente, boccheggiando.
-''Neanche lei sai chi è? Non è poss..." un suono perforante e acuto invase l'edificio; la campanella.
Sunny sussultò, non aspettandosela; Harry scattò verso la porta di chimica, bloccandosi però di colpo notando chi stava uscendo dalle porte metallizzate.
-''Oh, mio, Dio." Sunny aprì la bocca, non sapendo più che aggiungere.
Davanti a lei infatti, insieme ad una ragazza mora che rideva, c'era la sua copia identica.
Alta, bionda, con gli occhi azzurri.
Aveva solo un aspetto molto più appariscente e curato, ma era identica.
Chiuse e riaprì gli occhi, notando Harry che quasi aveva un mancamento.



Seraaa :D Allora come va dolcezze?
Se non si è spiegato bene, Sunny vede una persona identica a lei, uscire dall'aula di chimica!
Vi intriga un poco o no?
Spero di si, comunque fatemelo sapere con recensioni, apprezzo tanto, davvero!
Penso di riuscire ad aggiornare presto, magari domenica o lunedì.
Scusate per gli errori grammaticali, è che sono sfinita e la vista mi va insieme dopo un po' ahahah
(Harry mi ispira FF, scusate se metto quasi sempre lui come coprotagonista)
Un bacione e a presto, buona serata belle! <3
Lou_

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Chapter 2 ***






Chapter 2

 

Harry arretrò lentamente all'indietro verso la bionda accanto gli armadietti, con le mani tremolanti; quest'ultima non era da meno.
Il cuore di Sunny aveva subìto un tuffo, la sua mente si affollò di domande senza risposta.
-''S-Sunny se tu sei qui cioè io....che cazzo succede?" chiese con voce roca e fliebile Harry.
Lei non riuscii a muoversi, rimanendo impalata ad osservare la sua copia camminare allegramente sculettando con accanto la ragazza che il riccio aveva chiamato Bonnie.
-''Non ne ho idea... ho paura. Gemelle non ne avevo fino a ieri, e per giunta della mia scuola! Qualcosa non va...." si morse quindi il labbro, quasi fino a farlo sanguinare.
-''Riflettiamoci fuori, va bene? Non voglio farmi beccare da qualche prof. dopo aver saltato le lezioni." Sunny era troppo confusa per reagire, sentì solo il riccio prenderle per un braccio e trascinarla fuori da quell'edificio per la porta di emergenza.
Mentre la porta automatica si chiudeva alle loro spalle, Sunny si voltò appena, notando il corridoio principale affollarsi di studenti di tutte le età.
Il suo respiro divenne irregolare per i troppi eventi; era passata da una fase dormiente della suaa vita ad un brusco risveglio, e non aveva preso bene tutto ciò.
-''Dunque, se le mie conoscienze su questo posto sono giuste, verso di là c'è l'uscita secondaria del cancello, così evitiamo sguardi indiscreti e magari qualche conosciente della seconda Sunny, come il sottoscritto." il tono di voce del ragazzo era leggermente più alto di un ottava, forse per lo shock.
La bionda rimase ad osservarlo, quasi in trance, scuotendo poi la testa per risvegliarsi e seguendo la corsa del riccio per il cortile esterno del liceo.



-''Sono pazza, di sicuro sono pazza, rilassarmi, devo...uhh devo rilassarmi" Sunny continuava a sussurrarsi tra sè cose del genere da all'incirca mezz'ora, seduta su una panchina del vialetto del suo quartiere, con Harry accanto che la osservava, cercando di rimanere calmo, con la mente affollata di pensieri.
-''Se sei pazza tu, lo sono anche io, credo" osservò il riccio, massaggandosi il mento e con lo sguardo vacuo.
Tra i due ci fu per un attimo silenzio; Sunny si massagiava le tempie nervosamente.
-''Usiamo la logica....o per lo meno proviamoci. Tua madre ti ha tenuto nascosto per caso l'identità di qualche fratello o sorella in giro per il mondo?" chiese lui, voltandosi pensieroso verso la bionda.
Lei alzò appena lo sguardo, scuotendo piano la testa.
-''Non ho sorelle, davvero. Mia madre è troppo preoccupata per la mia fase depressivo-antisocialista per fare figli." rispose atona.
-''Tu...cosa?" Harry corrugò la fronte, assottigliando lo sguardo perplesso.
-''Si, lo so. Sono nel fiore negli anni, dovrei godermi la vita e bla bla bla..." rispose Sunny roteando gli occhi e parlando con voce da maestrina, quasi sbuffando.
-''Beh, no cioè, alla fine la vita è tua, solo che non avevo mai incontrato qualcuno della mia età depresso, è strano. Poi, io sono abituato ad un'altra Sunny..." iniziò Harry, sorridendo amaramente e passandosi una mano tra i ricci.
Sunny alzò lo sguardo dalle sue scarpe, sorpresa.
-''Illuminami, com'è di carattere la mia copia?"
-''Beh..." il riccio rise, quasi imbarazzato, e Sunny si sorprese delle fossette del ragazzo attorno le labbra.
-''Diciamo che è la tipica troietta da liceo, capo cheerledeer, con una moltitudine di ragazzi che ci provano. Pensa che ieri ci sono pure andato a letto..." rise nuovamente, scuotendo la testa.
Sunny si sorprese; la sua copia aveva una personalità totalmente opposta.
Fece un sorrisetto malizioso.
-''E dimmi, come sono a letto?" chiese curiosa e ironica.
Il ragazzo per tutta risposa rise sorpreso, portando indietro la testa.
-''Non c'è da lamentarsi. Ma stiamo divagando non ti pare?" commentò lui, alzando leggermente le sopracciglia e tornando a guardare Sunny, che si voltò anch'essa.
-''Si in effetti. Beh allora..." la bionda iniziò a frugar nella memoria, provando a ricordare qualcosa di particolare avvenuto precedentemente; i suoi occhi si allargarono dopo qualche minuto di silenzi.
-''Può sembrare stupido ma, la notte precedente ho avuto un incubo, dove venivo risucchiata nel mio specchio..." il suo respiro iniziò ad accellerare.
Il ragazzo scattò in piedi, mantenendo lo sguardo sulla bionda.
-''Non è una cosa stupida! Se ci pensi, lo specchio grazie alle infrazioni luminose emesse dal sole, riflette le immagini che si trova davanti, e potrebbe essere...." iniziò lui, emozionato e alcontempo emozionato.
Sunny si alzò velocemente, rimanendo in piedi davanti Harry.
-''...il motivo per cui ho una copia, con personalità completamente opposta la mia! Assurdo ma geniale!" Sunny finì la frase di Harry, entusiasta come non mai da molto tempo.
I due ragazzi sorridevano; annuirono allunisono ed iniziarono a correre verso casa Sunset.


Sunny meccanicamente si piegò verso il tappeto che aveva ai piedi, prendendo la chiave appena trovata ed aprendo la porta. Stava per entrare, poi, incerta per un attimo, si voltò verso il riccio.
-''Com'è che sapevi dove abitavo?" chiese maliziosa, alzando un sopracciglio.
Harry deglutì, spostandosi il colletto della maglia, divenuto per un attimo troppo stretto.
-''Sai...sono entrato qui molte volte...entriamo dai!" e, per rompere l'atmosfera creatasi, si avviò all'interno, seguito dalla bionda, che scosse la testa sospirando rumorosamente.
La porta si chiuse di colpo, facendo per un attimo sobbalzare i due.
-''Tua madre non c'è vero?" iniziò Harry, iniziando a salire le scale in legno a parete del salotto.
-''No, dovrebbe essere a lavoro...lo specchio è in bagno" rispose affannosamente, per via delle scale appena fatte di corsa.
La casa in cui si trovavano era familiare a Sunny, anche se sentiva una strana atmosfera aleggiare per la dimora.
Harry si muoveva lentamente, facendo scricchiolare il palchè sotto il suo peso; la ragazza faceva altrettanto.
Raggiunsero il bagno, trattenendo il respiro.
Si guardarono per interminabili secondi, posizionandosi poi davanti lo specchio in vetro a parete della stanza.
-''Ok, allora come hai fatto la notte precedente?" Harry inspirò, rilassando un poco i muscoli.
Sunny strinse i pugni, facendo mente locale; non staccando gli occhi dallo specchio, che rifletteva i due.
-"L'ho semplicemente toccato." rispose atona.
Silenzio.
-''Sunny Sunset, qualsiasi cosa accada, beh, volevo dirti che hai una personalità migliore di quella della tua copia" il riccio sorrise, mostrando nuovamente le fossette; Sunny ricambiò il sorriso, notando la scena nello specchio.
-''Facciamolo Harry." i due annuirono solennemente, avvicinando il viso al loro riflesso; potevano sfiorare l'oggetto con la pelle.
-''Non succ..." iniziò il riccio, non potendo finire, notando la ragazza che veniva risucchiata nell'oggetto.
Dilatò gli occhi, aspettandosi una fine simile che non arrivò.
Si sforzò di non gridare, iniziando a picchiare coi pugni il vetro dello specchio: Sunny Sunset era sparita nello specchio.


Sunny aprì gli occhi, confusa, non notando il riccio accanto.
SI alzò di scatto dal pavimento del suo bagno, riconoscendo la sua vera casa.
Iniziò a toccarsi in vari punti del corpo, allibita per quello che era appena accaduto.
-''Sunny!" una voce lontana, flebile e roca, la chiamava, seguita da continui tonfi che creavano piccole vibrazioni.
Iniziò a far saettare lo sguardo per la stanza, allarmata.
Notò quindi lo specchio dietro di sè; un riflesso non suo muoveva le braccia disperatamente, muovendo la bocca.
La ragazza corrucciò lo sguardo, avvicinandosi di poco al suo specchio.
Assottigliò le palpebre: quello nell'oggetto, era Harry e, leggendo il labiale, gridava il suo nome.





Sera dolcezze c:
Scusate il ritardo, tra scuola e tutto non riesco ad aggiornare subito!
Come vi sembrano i personaggi? Se avete qualche dubbio chiedete eh?
Allora, come vi sembra il capitolo?
Me la fate una recensioncina ina ina? Solo per sapere se vi piaceee vi scongiurooo *occhi dolci*
Ringrazio le belle bimbe che hanno messo tra seguite/ricordate/preferite la storia, ve adorro!
Beh, che dire, se recensite, potrei anche aggiornare prima per i terribili sensi di colpa nel lasciare suspance, se no evito.
Ma sti One Direction in Giappone? ahaha ce li vedete? ;)
Beh, non mi prolungo, buona settimana, spero di riuscire ad aggiornare presto!
Un bacione,
Lou_

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Chapter 3 ***







Chapter 3

 

-''Harry! Harry mi senti?" Sunny iniziò ad agitare le mani, quasi gridando.
-''Sunny, come è possibile che esistano due mondi? Ti rendi conto di quello che abbiamo scoperto?" la voce di Harry era ovattata, ma sempre roca e agitata. Sunny annuì ripetutamente col capo, non riuscendo a credere a quello che aveva davanti. Un mondo, un mondo parallelo al suo, tutto da scoprire e, per la prima volta, da vivere.
Il riccio dall'altro lato aveva le mani premute sul vetro, non smettendo di ridere e con gli occhi sgranati. La bionda notava lo stesso il suo verde smeraldo.
-''Cosa faccio...torno, torno lì?" chiese con voce tremante la ragazza, non distogliendo lo sguardo da ciò che aveva davanti.
Il ragazzo annuì deciso, allontanandosi dallo specchio.
-''Voglio rivedere come fai!" si giustificò.
Sunny si inumidì le labbra con la lingua, sentendosi anche la gola secca.
Scosse la testa, per scrollare le preoccupazioni, e iniziò ad avvicinarsi all'oggetto, che ormai non rifletteva più la sua immagine.
Si sentì aspirata verso di esso, toccando con le dita il materiale molliccio e traslucido.
Riaprì gli occhi, un po' frastornata, ritrovandosi due fossette davanti, amichevoli e graziose. Notò anche una mano protesa verso di lei, che prese, anche se indugiando per un attimo, venendo trascinata in piedi.
I due sospirarono, scacciando la tensione.
Harry si passò una mano tra i capelli, scuotendoli un po'.
-''Ma perchè a me non è successo niente? Voglio dire, ha aspirato solo te!" commentò dopo qualche attimo di silenzi.
Sunny rimase a guardare lo specchio, pensierosa, camminando avanti e indietro.
-''Non ne ho idea. Sarebbe stupendo se ci riuscissi anche te! Magari incontreresti il tuo sosia" concluse la bionda, le si illuminarono gli occhi.
-''Beh,avrebbe la personalità opposta alla mia, come la tua Sunny, ricordi? Sarebbe il ragazzo perfetto" rispose Harry ridendo.
Sunny sorrise di rimando, iniziando ad incamminarsi fuori dal bagno.
Il riccio corrugò la fronte.
-''Dove stai andando?" chiese con interesse, iniziando a seguirla giù dalle scale.
Sunny alzò la testa verso la rampa delle scale, dove c'era Harry in piedi che attendeva; i capelli biondi le si mossero dietro ai suoi movimenti.
-''Non ne ho idea - iniziò sorridendo allegra - ma di certo non sto qui ad aspettare la mia sosia, ti ricordo che a quest'ora le lezioni dovrebbero terminare"
Harry imprecò, portandosi una mano alla testa; se ne era completamente scordato.
Corse quindi fuori dalla porta d'ingresso, seguendo Sunny.



-''Ma sei sempre così silenzioso tu? Non mi sembri proprio il tipo..." iniziò lei, infilandosi le mani nella tasca della sua felpa, scacciando un sassolino trovato davanti.
Harry e Sunny stavano camminando da un po' per la zona pedonale di Holmes Chapel, cercando di non dare troppo nell'occhio.
Lui la guardò per un attimo, tornando poi alle sue Converse bianche.
-''Stavo pensando..." si giustificò lui, con tono semplice.
-''A cosa? " chiese lei, facendo fermare il riccio in mezzo al marciapiede, che la guardava con sorriso malizioso. Subito Sunny arrossì leggermente, muovendo il capo come invogliare Harry a continuare a camminare; quest'ultimo emise una leggera risata, raggiungendola con due passi.
-''Vedi, - iniziò lui, sempre sorridendo - non mi sembri per nulla socialmente depressa o cosa, sei a posto, forse meglio di molte ragazze di qua..." concluse, storcendo leggermente la bocca.
Sunny corrugò la fronte, sorpresa per quello che aveva sentito.
Era la prima volta che qualcuno le diceva una cosa simile.
Sunny Sunset, una tipa a posto.
Sorrise amaramente, arrivando alla conclusione che doveva andare in un mondo parallelo per sentirselo dire.
Stavolta si fermò lei, scuotendo la testa sul posto, sentendo gli occhi farsi lucidi.
Senza stare troppo a ragionare sulle conseguenze, iniziò a correre.
Scappare, sentiva solo il desiderio di fare quello ormai.
Il suo cuore batteva forsennatamente in petto; il fiato le si fece corto ma continuò, sentendo le lacrime farsi strada sulle sue guance.
-''Ehy! Sunny ma che fai! Sunny!" un girdo lontano di Harry; la bionda non lo ascoltò, accelerando e svoltando l'angolo.
Sapeva dove si trovava, dopotutto abitava anche lei a Holmes Chapel.
Le si parò di fronte un parco; una piccola distesa verde, dove qualche scivolo e un'altalena malandata le fecero affiorare la mente di ricordi.
Stanca, rallentò, entrando nello spiazzo e sedendosi su un muretto in cemento.
Si meravigliò del fatto che fosse uguale all'orginale; doveva ancora abituarsi all'idea.


-''Mamma mi spingi sull'altalena con papà?" chiese con tono allegro Sunny, più bassa di trenta centimetri e con i lunghi capelli biondo platino stretti in due codini buffi.
Cloadette, con un giovane sorriso stampato in volto, rideva, chiamando il marito a sè e raggiungendo la loro piccola.
-''Papà tocco il cielo, guarda papà!"
Entrambi i suoi genitori avevano riso.
Suo padre l'aveva poi presa in braccio, stretta a sè con tutto l'amore possibile.
-''Com'era il cielo amore mio?"
-''Bello papà, ma preferisco stare qui con te e mamma"



Ricordi, solo stupidi ricordi.
Sunny si morse il labbro, chiudendo per un attimo gli occhi.
Suo padre alla fine se ne era andato, insieme ala sua infanzia, da molto, molto tempo.
Da quel momento Sunny era cresciuta, capendo quanto fosse meglio il cielo.


-''Sunny! Cazzo mi spieghi cosa ti è preso?" Sunny si voltò appena verso Harry, piegato sulle gambe che riprendeva il fiato.
i ricci scompigliati gli ricoprivano gli occhi; la ragazza rimase a guardarlo.
Harry alzò poi lo sguardo di scatto, sempre ansimando.
Il ragazzo notò che Sunny aveva appena pianto, così abbandonò lo sguardo duro e preoccupato, mettendosi in piedi davanti lei.
-''Dai, spostati un po' in là" disse con tono dolce.
Sunny, sorpresa, si fece in là sul muretto, rimanendo a guardare il parco giochi.
-''Ci venivo da piccolo qui" disse dopo un po' il riccio, guardando ora anche lui verso lo scivolo.
-''Prima che i miei si separassero, si intende. Sai, Gemma, mia sorella, mi sfidava sempre a chi si lanciava pù in alto dall'altalena; vinceva ogni volta lei. Solo una volta ho vinto, e mi sono quasi rotto un dente"
Sunny sorrise, immaginandosi la scena.
Harry spostò leggermente lo sguardo, notando che l'aveva fatta sorridere, sospirò, sentendosi più leggero.
-''Anche io venivo in questo parco giochi. Ero così allegra, spensierata. Mio papà giocava spesso con me, poi ha abbandonato me e mia madre. Ero lo stesso troppo piccola per capire. Un po' di anni fa l'ho capito. Non era felice. Si sentiva irrealizzato, un po' come me." disse dopo qualche silenzio Sunny, trattenendo a stento le nuove lacrime.
Il riccio si voltò verso la ragazza, stringendo le labbra.
-''Hai tutta una vita davanti, Sunny Sunset. Tuo padre ha vissuto e sta probabilmente vivendo anche adesso. Tu mi hai detto di essere stata classificata come depressa cronica in poche parole, ma a me sembra tutt'altro. Hai un'immensa voglia di vivere, basta vedere prima com'eri." sorrise, cercando di incoraggiare la bionda, che lo stava guardando fisso; i suoi occhi azzurro mare lo fecero rabbrividire.
-''Harry, vorrei trovarti anche nel mio mondo." concluse semplicemente lei, tornando a guardare lo scivolo.
Il sole ormai stava tramontando, una leggera luce arancio pallido illuminava i volti di diversi bambini spensierati, circondati dai loro genitori.
Qualche cane abbaiava, inseguendo un pallone.
Harry e Sunny rimasero in silenzio a guardare quella scena, sapendo che quello che c'era tra loro non era un vero silenzio.




Ehilà! Sera come va? c:
Ho aggiornato! Che ve ne pare? Si lo so, i momenti Surry, Hanny, come volete ahaha sono abbastanza lunghi. A me però piace, sono dolci no? :)
Comunque tra poco ci sarà l'azione, ve lo assicuro.
Beh, ringrazio chiunque abbia recensito/seguito/messo tra preferiti/ricordate la storia. Vi adoro, davvero <3
Concludo dicendo che auguro di aggiornare presto, tra tutte le robe che ho da fare sta diventando difficile.
Un bacione,
Lou_

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Chapter 4 ***







Chapter 4

 

-''Si è fatto tardi, a quest'ora dovrei essere a casa... tu cosa pensi di fare?" chiesei Harry, voltandosi verso la ragazza, persa nei suoi pensieri con un sorriso malinconico sul volto.
Sunny si strinse nelle spalle.
I bambini che prima giocavano spensierati nel parco ora si avviavano verso casa, chi ridendo, chi stringendo la mano di una mamma o un papà, chi con un pallone in mano.
Il giorno stava lasciando il posto alla sera, portando con sè i suoi solitari silenzi e i comuni rumori notturni.
Un rombo di qualche macchina lontana.
Harry rabbrividì, sentendo un leggero spiffero freddo attraversargli la maglia; era lì, attento, a osservare quella sua nuova amica, così diversa dalle altre ragazze, così tremendamente interessante.
Sunny era questo che suscitava nella gente: interesse. Chi per i suoi comportamenti schivi, chi per l'aspetto.
La gente che la conosceva davvero si poteva contare a stento con le dita di una mano; Sunny era molto di più.
Irrequieta, calma, irrascibile, affettuosa, intelligente, simpatica... Nessuno le aveva dato modo di dimostrarlo; Harry sentiva invece il bisogno di conoscere tutti gli aspetti della personalità di quella ragazza, capace per lui di crollare come un castello di carte per il minimo movimento.
Sentiva anche il bisogno di proteggerla.
Non sapeva bene da cosa, o da chi, ma era un inizio. Forse dalla vita che la circondava.
-''Non voglio tornare nel mio mondo." la ragazza ruppe il silenzio, con tono deciso e fermo; si voltò poco dopo verso il riccio, che la guardava accigliato.
-''E dove pensi di stare?" rispose lui di getto.
Sunny sorrise, tornando a guardare l'orizzonte.
Non le aveva chieso il come o il perchè, aveva automaticamente accettato la sua scelta. In quel momento Sunny si sentì profondamente capita da quel ragazzo.
-''Non ne ho la più pallida idea" - rise leggermente, tirandosi in piedi dal muretto e guardando Harry, che si alzò anche lui, stringendo le mani nelle tasche larghe dei jeans.
-''Se non ti dà fastidio, e visto che non conosci nessuno di qui, o almeno direttamente, potresti stare da me per questa notte"
-''Davvero lo faresti?" chiese con tono speranzoso. Lui si strinse nelle spalle, sorridendo timidamente.
-''Ma i tuoi genit..." iniziò lei.
-''Se te l'ho proposto è perchè non ho problemi del genere" rispose quasi scocciato, iniziando ad incamminarsi verso la cittadina.
Sunny fece una smorfia, poi, incerta, accelerò il passo raggiungendolo.



Era tarda sera.
Il tempo scorreva lento ed inesorabile in quell'ufficio, venendo evidenziato dai continui rintocchi di quell'odioso orologio a parete in plastica.
Nicholas Rooney pigiava da quella mattina i tasti della tastiera del suo pc, svolgendo il suo lavoro passivamente.
Da molto infatti aveva perso quella scintilla, quella voglia di eccedere che lo contraddistingueva dai suoi colleghi, prigionieri anche loro del mondo del lavoro.
Sbadigliò, sentendo la vista appannarsi leggemente, e decidendo quindi di concedersi una pausa caffè; l'ennesima di quella giornata.
-''Mark io qua stacco un attimo, vuoi qualcosa alla macchinetta?" chiese, iniziando ad alzarsi dalla sedia e sbirciando nel tavolo accanto.
Un separè in metallo lucido separava la scrivania di un dipendente dall'altro, in base alle mansioni assegnategli sul campo.
-''No grazie, sono già al sesto caffè stasera, non voglio ridurmi come Richard..." rispose divertito l'amico, alzando a malapena lo sguardo oltre il separè.
Nicholas si strinse nelle spalle, sorridendo, sistemandosi quindi il suo camice bianco da lavoro e dirigendosi alle macchinette esterne dall'ufficio.
Il laboratorio di ricerca di Washington D.C. era deserto; l'unico rumore che si sentiva per i corridoi era il brusio delle lampade a parete elettriche o dei passi di Nicholas.
-''Rooney, è la sua ottava pausa caffè o sbaglio?" una voce maliziosa sospirò dalla porta semiaperta di un altro ufficio.
Nicholas sorrise al suono della voce familiare, si voltò, mostrando uno dei suoi sorrisi migliori.
-''Scarlet, lei invece non dovrebbe osservare le sue ricerche invece di osservare i dipendenti?" rispose con altrettanto tono di voce, osservando la donna affacciata ora sul corridoio.
Scarlett aprì appena la bocca per ribattere quando un uomo dall'aspetto freddo e duro si avvicinò con passo pesante alla scena e, fulminando entrambi con lo sguardo, fece scomparire dietro una porta chiusa la donna.
Nicholas inghiotti a fatica, spostando dal suo collo il colletto della sua camicia, divenuto stranamente stretto, e fece per tornare al suo ufficio a si bloccò al gesto della mano di Richard.
-''Le ricerche stanno procedendo lente o addirittura restano bloccate e lei, Rooney, perde tempo dietro a colleghe o caffè?" chiese retoricamente il capo. Nicholas si strinse le labbra, sentendo le forze venir meno e pensando a qualcosa da dire.
-''Vede, signore, è da giorni che sia io che il mio collega, Thomson, cerchiamo la collocazione esatta dell'anomalia 6.9 della fascia orbitante terrestre ma...invano. Penso dovremo concentrarci su nuove zone da..." Nicholas si fermò nuovamente, venendo congedato con un impassibile gesto da Richard.
Rooney non se lo fece ripetere due volte e, con la coda tra le gambe, tornò di corsa alla sua postazione.



-''E' davvero enorme questa casa"
Sunny si era appena accomodata all'isola in marmo della cucina di Harry, molto spaziosa e moderna.
Il viso dietro una tazza di tea caldo, appena preparato; Harry sorrise leggermente.
Il riccio era appoggiato con la mano al suo cucinotto, una tazza di tea nell'altra.
-''Più che altro è...vuota" aggiunse il riccio con un velo di tristezza.
-''Posso farti una domanda?" chiese la bionda, poggiando la tazza sul marmo.
-''Me la stai già facendo" commentò ridendo sotto i baffi Harry.
Sunny roteò gli occhi al cielo, tornando poi seria e guardando il ragazzo intensamente.
-''I tuoi hai detto che sono... divorziati. Ma...Gemma?"
Harry inspirò.
-''Scusa, io, ti sto chiedendo troppo forse...." iniziò lei, imprecando mentalmente per la sua curiosità.
Il riccio mise la sua tazza nel lavabo, accomodandosi di fronte alla bionda.
-''Credo sia una domanda lecita no? E poi sono in debito con te. Beh, Anne, mia madre, credo che al momento sia a casa del suo nuovo compagno a spassarsela alle mie spalle, Gemma invece, non sopportando la situazione di mamma, vive con mio padre. La vedo sempre meno, ma ci sentiamo ogni giorno, le voglio un bene dell'anima..." la voce gli si ruppe in gola; si passò una mano distrattamente tra i ricci.
Sunny sorrise amaramente.
-''Beh, abbiamo tutta la sera davanti e ho notato una certa X-box ultimo modello in salotto...quindi..." commentò maliziosamente, alzando lo sguardo verso Harry, che la guardava sorpreso.
-''Che c'è? Non dirmi che non vuoi distrarti un po'..." chiese meno sicura Sunny.
-''No, al contrario ne ho bisogno, solo...sei la prima ragazza che..." commentò lui divertito.
Lei si alzò dal tavolo, avviandosi verso la cucina.
-''Comincio a pensare che tu non conosca davvero nessuna ragazza..."
Entrambi scoppiarono a ridere, raggiungendo la sala.
-''Ehi ma, prima hai detto che sei in debito con me..." ragionò a voce alta la bionda, inginocchiandosi sul tappeto davanti l'Xbox e passandosi una mano tra i capelli.
Harry stava trafficando con la console e, con noncuranza, sussurrò.
-''Si, perchè hai scelto me come persona con cui aprirti"



-''Capo! Richard! Corra presto!"
Nicholas gridava con voce agitata dalla sua postazione, con occhi sbarrati davanti lo schermo del suo pc.
Mark non era meno agitato, in piedi dietro la sedia del collega che scorgeva lo sguardo verso il corridoio per osservare l'arrivo del capo.
Passi veloci e leggeri; respiro affannato.
-''Ditemi, che, che cosa succede?" chiese sorpreso Richard, sistemandosi il suo camice bianco tutto disordinato e andando a guardare lo schermo del pc di Rooney.
-''Guardi lei stesso..." commentò con un filo di gioia Nicholas; si sentiva sveglio per la prima volta senza avere la caffeina in circolo.
Mark boccheggiò, passandosi un amano tra i capelli corti.
-''Ottimo lavoro Nicholas, - quest'ultimo sussultò sentendo per la prima volta il capo pronunciare il suo nome - ottimo lavoro davvero. Finalmente abbiamo trovato le coordinate dell'anomalia. Mark " - l'uomo si voltò di scatto verso Richard.
-''Dica signore"
-''Mandi alcuni nostri ricercatori con Rooney direttamente sul campo, in questa insulsa cittadina chiamata Holmes Chapel. Si ricordi: massima segretezza delle azioni" detto ciò Richard si allontanò con passo nuovamente calmo dalla postazione di Nicholas, lasciando un silenzio di stupore e meraviglia dietro di sè.





Seeera dolceeezze! :D
Allora? Todo bien?
Ho aggiornatooo c:
Che ve ne pare? Finalmente siamo arrivati alla svolta della storia, da qui inizia la parte azione :)
Come vi pare? Ho scritto decentemente? Spero di aver spiegato benee :(((
Ma Sunny e Harry? Asgdhgddhasfgs
Recensite belle! Adoro quelle che lo hanno già fatto! Adoro i vostri pareri! Anche critiche negative, qualsiasi cosa!
Ringrazio chi ha aggiunto tra preferite/seguite/ricordate la storia :D
Beh io scappo, spero di aggiornare al più presto
(scusate per gli errori di grammatica, non ho riletto Q.Q)
Bacione,
Lou_

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Chapter 5 ***








Chapter 5


 

Nicholas Rooney raggiunse in poche ore la sparuta cittadina di Holmes Chapel, scortato da un piccolo gruppo di agenti e con come mezzo di trasporto un semplice van bianco, attrezzato di ogni diavoleria tecnologica possibile.
Aveva preparato il viaggio la sera stessa della scoperta, ricevendo le continue raccomandazioni di Mark, piuttosto agitato.
Non aveva dovuto salutare parenti o famiglia, per due semplici motivi: non ne aveva una per via del tempo mancante, non se ne era creata una per le ferree regole della compagnia scientifica a cui lavorava.
In compenso lui e Scarlett si erano scambiati un lungo sguardo d'intesa, dicendosi un semplice arrivederci che lo aveva fatto sorridere notevolmente.
Ora era lì nel van, stretto tra le sue guardie, seguendo ogni minimo segnale che rintracciava il suo piccolo radar.
Attraverso il piccolo finestrino del mezzo vedeva strade buie e deserte, intervallate da qualche villetta o luogo pubblico.
Si ritrovò a sorridere amaramente; una cittadina così semplice, racchiudeva una così grande scoperta.
Aveva terribilmente sonno, ma doveva continuare, Richard era stato piuttosto rigido a riguardo e il progresso scientifico ne aveva bisogno.



Sunny sentì la sgradevole sensazione di cadere nel vuoto, aprendo poi gli occhi di scatto e portandosi una mano sul cuore, aumentato di battito.
La luce lunare filtrava dalla tapparella della stanza, creando sgradevoli ombre sul pavimento che fecero rabbrividire la ragazza.
Si mise a sedere, stropicciandosi gli occhi e facendo mente locale su dove si trovava: quella non era la sua stanza.
Decise di alzarsi a prendere dell'acqua in cucina, si sentiva la gola terribilmente secca.
Barcollando leggermente, scese le scale della casa di Harry, tastando nel buio per non cadere.
Aveva appena raggiunto la cucina, quando un rumore la svegliò definitivamente; un tonfo sordo, lontano.
-''Harry?" chiese timidamente, voltandosi verso il suono.
Non ottenne risposta, ma sentì un altro tonfo.
Si strinse nella sua felpa, camminando lentamente verso l'origine di quei rumori.
Le mani le tremavano, il respiro le si era fermato nel petto.
Sunny deglutì, trovandosi di fronte una piccola scalinata che conduceva verso il basso.
Si morse il labbro poi, decisa, iniziò a scendere con fatica per i gradini.
Il pavimento era freddo, le pareti lisce, ma la visuale aumentava di luminosità di passo in passo; i tonfi aumentavano.
Si affacciò dalla porta aperta che le si parò davanti: una piccola stanza, simile a una palestra privata.
Al centro un sacco blu da boxe che pende dal soffitto, un ragazzo riccio lo prende furiosamente a pugni, ansimando con forza.
Sunny sussultò, rimanendo a guardare Harry accanirsi con violenza verso l'oggetto; indossa una canotta grigia, madida di sudore e dei pantaloncini neri.
La bionda potrebbe incantarsi a tale vista, le sembra quasi un balletto: saltello sul posto, pugno destro, passo indietro, pugno sinistro.
Il sonno le si appesantisce, facendola involontariamente sbadigliare.
Harry finalmente si blocca, voltandosi verso di lei all'entrata e schivando il sacco blu che fa avanti e indietro.
Si toglie dei sottili guanti dalle mani, asciugandosi varie gocce di sudore sulla fronte e la guarda, corrugando la fronte.
-''Scusa se ti ho svegliata" la voce rimbomba per la stanza.
Lei si stringe nelle spalle, decidendosi finalmente ad entrare nella palestra.
-''Tanto non avevo più sonno" mentì.
-''Ma è bellissimo questo posto!" disse con eccitazione, guardandosi intorno.
Il ricciò si massaggiò la spalla, sorridendo lievemente.
-''Diciamo che questo è il 'mio' posto, ci vengo per distrarmi, allenarmi..." iniziò lui, vago.
-''E stanotte quale delle due cose avevi intenzione di fare?" chiese Sunny, fermando il suo sguardo sul ragazzo.
Lui ricambiò lo sguardo, stringendosi dopo poco nelle spalle.
-''Distrarmi... - tornò a guardare il sacco da boxe, poggiandoci una mano sopra.
Sunny iniziò a camminare per la stanza, osservando i pesi da allenamento, la ciclette, la panchina.
-''E' inutile che stai in silenzio, so che vuoi sapere anche il perchè, il come e il quando" la punzecchiò lui, tornando a prendere a pugni l'oggetto a penzoloni.
Sunny rise di gusto, scegliendo come posto per sedersi il pavimento in legno, voltandosi verso il riccio.
-''Ormai mi conosci" rispose semplicemente la ragazza, sospirando.
-''Beh ha chiamato mia madre dopo la nostra partitina all'xbox, solo per chiedermi cosa ne pensavo se andava a convivere col suo nuovo compagno" iniziò, atono, inspirando faticosamente per l'affaticamento dei movimenti.
-''E tu sei...felice, triste...?" provò lei.
-''Beh, non è che ne sia proprio entusiasta ecco. Anche perchè come conseguenza dovrei vivere da solo qui..."
Sunny sussultò all'ultimo pugno di Harry, stupendosi che il sacco da box non si fosse staccato dal soffitto.
-''Tu sei un ragazzo indipendente, prima o poi sarebbe successo" ragionò la bionda, stiracchiandosi le gambe.
-" Lo so ma... non voglio che mia madre soffra ancora, non voglio che poi torni da me in lacrime o cose del genere, sono cose che rimangono impresse" concluse la sua affermazione con un ultimo decisivo destro, voltandosi poi verso la ragazza con una mano tra i ricci ribelli e umidi di sudore.
Lei rimase a guardarlo con occhi curiosi.
-''Penso che debba lasciarla provare" commentò lei, pensierosa.
Lui si avvicinò, accovacciandosi davanti a lei, a pochi centimetri dal suo viso.
Sunny sentì una strana agitazione in corpo, un improvviso calore nel petto.
-''Invece io penso che tu debba andare a nanna, è tardi" sussurrò lui, sorridendo alla sua espressione leggermente delusa in volto, e alzandosi in piedi.
-''Ah e visto che hai perso all'xbox, metti a posto te gli attrezzi, cara" disse con spavalderia il riccio, avviandosi poi verso l'uscita senza ammettere repliche da Sunny, che iniziò a imprecare a voce alta, facendolo ridere di gusto.



Era mattina presto, il sole tardava a sorgere mentre le nuvole coprivano lentamente il firmamento, minacciando pioggia.
Nicholas si era appisolato sulla sua sedia all'interno del van, che intanto continuava a muoversi indisturbato per la cittadina, guidato da un agente piuttosto anziano e assonnato.
Rooney aprì lentamente le palpebre, mettendo a fuoco la vista e notando che era l'unico che si era addormentato; rabbrividì davanti a tanta freddezza di spirito di quei dipendenti.
Scosse la testa, poggiando lo sguardo sullo schermo del suo portatile: a quanto vedeva, le ricerche notturne non erano andate a buon fine, ma gli edifici di Holmes Chapel prima o poi sarebbero finiti.
Accettò con gratitudine una tazza di caffè fumante, guardando poi il tempo all'esterno.
-''Che tempo del cazzo in Inghilterra" si lasciò sfuggire acidamente, tornando al suo radar.
Alcune guardie annuirono sovrappensiero, tornando poi alle loro armi da fuoco.
Rooney strabuzzò gli occhi a quella vista.
-''V-voi avete armi? Ma lo sapete che non dobbiamo andare in guerra?" sbraitò lo scienziato.
-''Si signore, lo sappiamo, ma è la prassi, Richard ci ha assicurato che andrà tutto bene comunque" rispose una donna piuttosto mascolina, che non aveva smesso di lucidare la sua calibro 28.
Nicholas scosse la testa, sempre più contrariato.
La violenza ottneva solo altra violenze, mai cose buone.
Qualcosa ruppe i suoi ragionamenti: un suono acuto, perforante, che fece sobbbalzare tutta la gente contenuta nel van, anche il guidatore, che premette il freno con foga.
Rooney iniziò a fremere, inforcando gli occhiali da vista e affacciandosi all'esterno dell'autovettura: si erano fermati di fronte a una innocente villetta, leggermente isolata e circondata da un giardinetto.
Tornò al suo radar, controllando e ricontrollando non si stesse sbagliando.
Si sentiva quasi in colpa: la famiglia che ci abitava non avrebbe di certo avuto bei momenti da allora.






Saaaalve c:
Allora todo bien?
Scusate per il capitolo cioè è cortissimo.
Però è un momento cruciale: indovinate di chi è la villetta?

a. Una innoqua famiglia con due o tre marmocchi
b. Una famiglia innocua con due o tre marmocchi
c. Casa di Harry

ahahaah okkey non ce la faccio c:

Comunqueee scusate davvero per questo capitolo, il prossimo sarà più soddisfacente, ve lo posso giurare!
Ringrazio chi recensisce, segue o preferisce o ricorda la mia storia, fantastiche, mi fate sentire realizzata.
Sapete, questa storia è tutta di mia invenzione e sapere che piace mi aiuta :)
Invito quindi a recensire ahaha anche con pareri negativi, apprezzo lo stesso perchè mi aiutano a migliorare ;)
Ehhh niente,
Vi auguro una buona serata, un buon carnevale (adoro le vacanze di carnevale)
*Balla la danza della neve* ahahaha
Bacione,
Lou_

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Chapter 6 ***







Chapter 6

 

-''Ancora." sussurrò a denti stretti Harry, scostando la tendina porpora del suo salotto, facendo penetrare una luce ovattata sul pavimento.
Sunny storse il labbro, pensierosa.
Era da molto che uno strano camioncino biancastro faceva avanti e indietro ad intervalli regolari sulla strada di fronte casa del riccio; non era una cosa confortante.
-''Dimmi a cosa pensi, sento quasi il rumore delle rotelline del tuo cervello" commentò con ironia Harry, sospirando ed andando ad accomodarsi accanto a lei sul divanetto di fronte la televisione.
Sunny sorrise leggermente, mantenendo lo sguardo perso nel vuoto; dubbi su dubbi la stavano agitando.
-''E se è qualche ladro che si è appostato e aspetta solo che usciamo per rapinarti la casa?" iniziò lei con tono tremolante.
Lui per tutta risposta si accomodò contro lo schienale in velluto, massaggiandosi le tempie.
-''Sunny, i ladri non hanno furgoncini e non girano nel bel mezzo del giorno" rispose leggermente divertito.
-''Io non esco di casa lo stesso" affermò convinta la bionda, stringendosi nelle braccia.
-''Beh, non è che potessi lo stesso girare il mondo, ti ricordo che la tua sosia zoccola si aggira per Holmes Chapel" per tutta risposta Sunny gli tirò una leggera spinta, che fece ridere il riccio.
Si alzò, stiracchiandosi la schiena pigramente e voltandosi verso Sunny.
-''Non voglio lasciarti sola in casa, se avessi bisogno di me?" chiese preoccupato allargando leggermente gli occhi verdi.
-''Tranquillo, so ancora badare a me stessa. Vai a scuola, ti aspetto tra qualche oretta" acconsentì lei, mostrando uno dei suoi migliori sorrisi falsi.
Odiava infatti stare sola in una casa così grande, per giunta non sua.
Harry rimase a guardarla qualche attimo incerto poi, scuotendo la testa, cercò con lo sguardo il suo zaino e prese una giacca in ecopelle nera.
Si avvicinò quindi alla porta, socchiudendola per poi voltarsi nuovamente verso la bionda, ancora sul divano che lo osservava.
-''Stai tranquilla qui in casa, se ti dovesse succedere qualcosa io..." iniziò serio.
Lei lo bloccò con un gesto morbido della mano, scuotendo la testa per rassicurarlo.
-''Se riesco ti preparo anche il pranzo" rispose Sunny ridendo, facendo ridere anche il riccio che, con un movimento del capo, si chiuse la porta alle spalle con un tono sordo.
Sunny sospirò rumorosamente, iniziando a guardarsi intorno, piuttosto intimorita.
-''Tranquilla Sunset, rilassati. Harry sta qui solo tutto il tempo, non ti accadr..." sussultò, sentendo il cuore fermarsi alla vista della porta che, scricchiolando, si apriva nuovamente.
Sunny si rannicchiò su sè stessa, sforzandosi di non guardare chi fosse all'esterno.
Sbucarono dei ricci scomposti e si sentì una leggera risata, che rilassò i muscoli della ragazza.
-''Harry sei un idiota! Mi hai fatto venire un colpo! Vuoi andartene?" gridò lei, sforzandosi di mantenere un tono serio e avvicinandosi alla porta.
Lui si affacciò leggermente all'interno della casa, non smettendo di ridere.
-''Mi stai cacciando da casa mia?" la guardò alzando le sopracciglia.
-''Si Styles. Fuori" rispose Sunny con una smorfia divertita in volto, affacciandosi leggermente all'esterno della casa e seguendo con lo sguardo la schiena di Harry, che si allontanava lentamente.
Si ritrovò a scuotere la testa, sorridendo tra sè e sè.
Sentì un rombo vicino di motori, il van che continuava a fare avanti e indietro passò nuovamente, sgommando proprio sotto il suo sguardo.
Le si gelò il sangue nelle vene e con uno scatto si chiuse la porta davanti a sè.



Sunny cantava allegra una canzone, sbagliando palesemente tutte le note e ridendo da sola della sua incapacità.
Era passata un'ora circa da quando Harry se ne era andato definitivamente, e la bionda aveva passato metà del tempo a fare zapping tra i canali del digitale terrestre della tv, per poi sbuffare annoiata e dirigersi in cucina.
Voleva stupire il riccio con un qualcosa di innovativo, l'unico problema è che non sapeva cucinare nemmeno una frittata.
Si strinse nelle spalle, iniziando a curiosare tra le varie mensole a muro della stanza.
Aveva appena socchiuso l'anta dell'ennesimo mobile in legno, tirandone fuori una confezione di passata di pomodoro, quando un leggero bussare la porta la riscosse.
Si bloccò all'istante, valutando se fosse il caso di aprire o meno.
Provò a ignorare il bussare, anche se Sunny iniziò a torturarsi il labbro preoccupata, appoggiandosi al tavolo con la passata in mano, non distogliendo lo sguardo dall'ingresso.
-''Ehi, ehiii! Ho sentito dei rumori all'interno, apri dai! Io da qui non me ne vadooo" era una voce femminile, leggermente squillante, che a Sunny sorse come voce familiare.
Chiuse gli occhi per un attimo, lanciando un leggero sguardo verso l'alto e, stringendo a sè il barattolo di cibo quasi fosse una possibile arma, si diresse a passo svelto alla porta in legno.
Deglutì a fatica, sentendo l'ennesimo bussare sordo, quindi iniziò a trafficare con le serrature, decidendo coraggiosamente di aprire.
Per poco non ebbe un mancamento: davanti a lei, allegra, seminuda e truccata a perfezione, c'era lei stessa, o almeno la sua versione più troia.
Quella non la smetteva di masticare convulsamente, squadrandola da capo a piedi con disinteresse.
Sunny corrugò la fronte, perplessa, di fronte alla palese stupidità della sua sosia, che non aveva notato la strana somiglianza.
-''Harry?" chiese con eccitazione la Sunny-stupida, sporgendosi oltre Sunny per sbirciare all'interno della casa del riccio.
La bionda si morse il labbro, incerta su cosa dire.
-''E' a scuola" disse quasi sussurrando, facendo quasi scivolare dalle sue mani la salsa.
-''Oh, - iniziò con un'amara delusione la Sunny stupida e socchiudendo gli occhi - allora torno dopo. Sai, io me la sono bigiata" così dicendo, quasi fosse un merito, si scostò i capelli dalle spalle e, con uno sguardo altezzoso, mostrò le spalle a Sunny, scendendo giù per il vialetto e iniziando a camminare sculettando verso nonsodove.
La bionda storse il naso, quasi disgustata, chiudendo con forza la porta.
Pregava che nessuno avesse assistito alla scena.



Sunny non riusciva a distogliere lo sguardo dalla pasta che si stava cuocendo nella pentola: era eccitata all'idea che stava cucinando.
Pensò a sua madre e come avrebbe reagito a tale vista.
Storse il naso, sicuramente si sarebbe messa a fare i salti mortali, quasi fosse una alata terminale imporvvisamente guarita.
Decisamente, Cloadette non le mancava.
Si guardò per un attimo per la stanza, aveva l'irrazionale timore che la sua sosia saltasse dal nulla fuori da qualche angolo cercando Harry.
Se non altro, la rincuorava il fatto che se era opposta a lei, almeno Sunny si poteva considerare intelligente, quasi un genio.
Un bussare deciso interruppe i suoi pensieri.
Sbuffò; quella mattina non la volevano lasciare cucinare.
Si incamminò decisa alla porta e, senza ragionarci troppo, la aprì.
Davanti a lei un uomo in tuta bianca, con una mascherina che gli ricopriva metà volto, senza troppi convenevoli le mise le mani addosso, facendole scivolare un panno umido sul volto.
Sunny non ebbe il minimo attimo di reagire e, sentendo le forze abbandonarla, svenne.


-''Era proprio necessario?" mormorò Nicholas sofferente, iniziando a massaggiarsi le tempie dal nervoso.
Alcuni della sua scorta avevano rapito una povera ragazza della casa con l'anomalia, usando il cloroformio.
Certo, era stato inevitabile portarla via, dato che gran parte dell'anomalia 6.9 era scaturito dal corpo della ragazza, ma si poteva usare un modo meno brutale.
Gli inviati della scorta non gli risposero neanche e fecero un cenno d'intesa al guidatore del van, che premette il piede sull'acceleratore.
-''A ecco a lei Rooney, foto sul campo" sputò freddamente uno dei soldati della scorta, lanciando diverse fotografie istantanee sulla scrivania davanti lo scienziato, che scosse la testa disapprovato.
-''Ehi Luke, metti l'oscuratore ai vetri, quel riccio ci sta squadrando male" disse dura una delle guardie,abbassando lo sguardo sul suo fucile e iniziando a lucidarlo.
Rooney si sporse leggermente fuori dal finestrino del van, confermando la scena che aveva descritto la guardia.
Lo aveva riconosciuto, era un coinquilino della ragazza stesa ora sul pavimento del furgone, avrebbe dovuto avvisare la squadra, ma la sua coscenza glielo impedì, non volevo che sequestrassero anche lui.
I vetri divennero scuri.
Il ragazzo smise di camminare in mezzo al marciapiede ma non smise di studiarli.
Luke, il guidatore, si strinse nelle spalle e accelerò nuovamente l'andatura del van.




Giornooo c:
Como estas?
Io bien gracias :)
Come vi va il capitolo? ahaha
No questo è un momento piuttosto critico della storia, da qui non so devo vedere quanto manca ma massimo dieci capitoli e finisce :(
Che dire, Harry tra poco andrà alla riscossa tranquille ;)
Passiamo ai ringraziamenti:
A te che sei l'unica al mondo, l'unicaaa ragione ahaha
Questo va a chiunque abbia recensito fin'ora: so che non riesco a rispondere (ho la chiavetta tim, sono sempre qui che prego di riuscire ad aggiornare ahaha) ma apprezzo sempre tanto tanto tanto tanto tanto tanto tanto tanto c:
Ringrazio anche le lettrici silenziose, io vi vedo ouo
Inoltre ringrazio chi abbia messo tra preferiti, seguite e ricordate, i love you <3
Let me kisssss you!
Lou_

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Chapter 7 ***







Chapter 7
 


Harry si riscosse dai suoi pensieri, riprendendo il suo cammino verso casa. Il cielo si stava rasserenando e le prime luci iniziavano a riscaldare l'ambiente; il riccio non riuscì a fare a meno di pensare a Sunny, alla sua storia, alla sua vita. Gli aveva letteralmente stravolto l'esistenza, eppure non si sentiva dispiaciuto, ne era entusiasta. Finalmente infatti la sua vita monotona e noiosa aveva avuto una 'spinta'. Nell'ultimo periodo cercava disperatamente un impulso del genere, passando da un letto all'altro di studentesse della sua scuola, provando il divertimento in ogni sua forma, quasi come se la sua esistenza fosse su una montagna russa continua. I suoi genitori di certo non gli erano d'aiuto, poco presenti, distaccati, assenti. Ormai Harry ci aveva fatto l'abitudine, ma Gemma no. Lei, la sua sorellina preferita, nonchè unica, si era trasferita dal padre, proprio per evitare di abituarsi alla routine movimentata della madre, e ai suoi sbalzi d'umore continui.
Harry era diventato l'uomo di famiglia, una famiglia crollata a pezzi, pezzi che il riccio aveva provato a riunire, ma senza risultato.
E ora era lì, a correre verso casa sua, non vedendo l'ora di varcare la soglia, per la prima volta dopo molto tempo.
Si aggiustó lo zaino sulla spalla, rallentando la camminata e svoltando l'angolo verso il suo vialetto, deserto come al solito per via dell'orario. Si fermó sull'uscio, passandosi nervosamente una mano tra i capelli e, prendendo un respiro, entró.
La porta era leggermente scardinata, osservó, e si promise di aggiustarla a tempo debito. La stanza era immersa nel buio, le tendine alle finestre erano sciolte, rendendo l'atmosfera ancora più cupa. Gettó lo zaino in un angolo lontano della stanza, appendendo il giubbotto all'attaccapanni accanto l'ingresso, e chiudendosi piano la porta alle spalle.
Tutto era fin troppo silenzioso, ció gli mise una leggera preoccupazione.
-"Sunny" inizió a chiamare a voce alta, camminando per il piano terra della casa.
-"Sunny ci sei?"
Alzó il tono di voce e, non ricevendo risposta, inizió a correre al piano di sopra.
Diede un veloce sguardo alle camere da letto, i bagni, lo sgabuzzino, e, preso dal panico, scese di nuovo al piano terra.
-"Dove cazzo è finita" sussurró a sè stesso serio.
Percepì un leggero senso di colpa, maledicendosi per averla lasciata sola.
Tentó anche nell'atrio della sua palestra, risalendo poi al pian terreno con delusione.
L'agitazione aumentava di secondo in secondo; il silenzio attorno a lui lo stava opprimendo.
Sentì un leggero scoppiettio improvviso dalla cucina e, rilassandosi un attimo, si ritrovó a sorridere.
"Avevi detto che avresti cucinato, ma non pensavo ti concentrassi così tanto da non risp... - mentre parlava, raggiunse l'ingresso della cucina, riprovando delusione -...ondere" concluse con tono basso.
Si morse il labbro nervosamente, andando a spegnere il fuoco sotto la pentola, che ormai dondolava pericolosamente dalla sua base.
Dimenticandosi i guanti da forno, si scottó le dita, spostando la pentola piena d'acqua bollente nel lavabo, e gemendo dal dolore.
Si portó il dito alle labbra, inumidendolo e appoggiandosi poi al tavolo della stanza, pensando a dove poteva essere finita la sua amica.


 
 
Aprì gli occhi progressivamente, notando la vista offuscata e una luce accecante sopra di sè.
Sentì la sua testa girare, provando a portarsi quindi una mano alla fronte senza risultato.
I suoi polsi infatti erano bloccati da qualcosa di duro e ruvido, dietro la schiena, così come le caviglie, strette l'una attorno all'altra da una corda spessa. Inizió ad agitarsi, muovendo convulsamente i suoi muscoli nel tentativo disperato di liberarsi.
Dopo vari sforzi, dove la pelle sfregó ripetutamente contro le corde, graffiandosi, Sunny ci rinunció, abbandonandosi contro il muro asettico dietro di sè.
Chiuse gli occhi per qualche attimo, provando a ricordare come mai era legata e con un bavaglio alla bocca.
Stava... Cucinando si. Per... Per Harry.
A quel nome si ritrovó a sorridere, limitatamente per via del panno attorno al suo volto.
Poi il buio.
No, prima era andata ad aprire la porta d'ingresso, e c'era la sua copia.
No ma era troppo stupida per poterla rapire.
Corrugó la fronte, scavando nella memoria con sforzo e, illuminandosi.
Aveva aperto la porta una seconda volta, trovandosi davanti un uomo in tuta bianca, che le aveva messo le mani addosso.
Emise un grugnito nervoso, farfugliando degli insulti a sè stessa.
Era stata così stupida, ingenua!
E non le ci volle molto a fare due più due, collegando il van che faceva avanti e indietro davanti la casa di Harry e il suo rapimento.
Che avessero scoperto del suo mondo? Dello specchio? Del suo clone?
Harry era in pericolo?
Sbuffó sonoramente, spostando il suo sguardo per la stanza, inutilmente.
Era tutta bianca, a stento si riconoscevano i bordi delle pareti.
Nessuna porta o finestra, solo lampadine al neon appese al soffitto, che accecavano la ragazza.
Imprecó ancora, gridando e agitandosi nella sua prigionia.
Cosa le sarebbe successo adesso?


 
 
-"Eccellente Rooney, eccellente davvero. Ora dov'è?" Chiese con entusiasmo composto Richard, alzandosi dalla poltrona verdognola del suo ufficio e infilandosi il suo abituale camice bianco.
Nicholas si alzó contemporaneamente al capo dalla poltroncina per gli ospiti, non nascondendo la sua agitazione.
-"È nella stanza A-21, signore, ma non penso che debba vederla, lei è..." Provó Rooney, passandosi una mano tremolante tra i capelli.
Richard bloccó le sue mani sul bottone della sua veste, fulminando con lo sguardo il suo dipendente.
Sorrise sghembo, tornando al suo bottone e avviandosi verso la porta, seguito a ruota da Nicholas, piuttosto intimorito.
-"Da quando mi dice cosa e cosa non fare, Rooney? Mi illumini la prego, perchè forse qui il capo è lei..." Lo interruppe gelido, accelerando il passo verso l'ascensore privato dell'edificio.
Rooney reggeva a fatica il passo dietro al suo capo, fermandosi poi con sollievo ad aspettare l'ascensore.
-"Signore, non intendevo..." Fu interrotto da un gesto secco della mano; un suono acuto precedette l'apertura delle porte in metallo dell'ascensore.
I due vi entrarono, in religioso silenzio, e Nicholas premette il pulsante 21 sulla parete dell'ascensore.
Richard tossì rumorosamente, portandosi una mano al petto e riprendendo a parlare, con tono saccente.
La coppia era immobile, mentre l'ascensore saliva verso l'alto a velocità considerevole.
-"Da quando Sharon non c'è più, Nicholas, ho passato la maggior parte della mia inutile vita a cercare mondi nascosti, con la disperata convinzione di trovare quel paradiso che lei bramava tanto..."
Nicholas deglutì a fatica davanti il tono confidenziale del suo capo.
-"Ora forse, capisce che possiamo avere effettuato la scoperta più grande al mondo, abbiamo la prova che esiste un universo, diverso dal nostro, e che forse ve ne sono altri, magari infiniti. L'ignoranza dell'uomo verso l'universo è infinita, ricordatelo" continuó il più anziano, irrigidendosi e uscendo dall'ascensore verso la stanza A-21, sempre seguito dal suo dipendente.
I due rimasero in silenzio, che Nicholas interpretó come una pausa di riflessione.
Oltrepassarono le varie porte serrate delle stanze usate a sperimentare, continuando a camminare nella luce più totale e dove la solitudine regnava sovrana.
Si fermarono dopo diversi passi davanti un vetro a doppia facciata, che dava sull'interno della stanza A-21.
Rooney storse il naso di fronte alla vista della ragazza sola, spaesata e imprigionata come un animale, sentendosi più leggero per aver evitato anche la cattura del ragazzino riccio.
Richard sorrise in modo sgradevole, incrociando le mani dietro la schiena e tenendo fisso lo sguardo sulla biondina.
-"Eccellente"




Seeeera c:
Come state bellezze?
Chiedo umilmente perdono, per il ritardo, per il capitolo, per tutto.
SCUSATE SCUSATE SCUSATE, nel prossimo mi faccio perdonare, ve lo prometto.
Allora? Secondo voi cosa accadrà?
ZAN ZAN ZAAAAN.
*momento suspance*
ahahah okkey
Beh, o mi prolungo in cagate o vi saluto qui e, poichè non voglio annoiarvi ancora, uso le mie ultime righe per ringrazirvi infinitamente come al solito.
SIETE U-N-I-C-H-E, VA BENE?
Beh allora al prossimo aggiornamento 
ahsgdshggkkksa
che spero avvenga molto presto, per me, per voi c:
Aaaaaaand let me kiss Lou_
Bacione <3

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Chapter 8 ***


 



Chapter 8




Harry si sentì spaesato, senza una via di fuga: come poteva rintracciare Sunny? Non aveva zone in cui recarsi sicuro di trovarla, non aveva il suo numero di telefono. Imprecò mentalmente contro sé stesso: solitamente era la prima cosa che chiedeva a una ragazza.
Si passò una mano tra i capelli, sbuffando sonoramente, poi ebbe un lampo, un’illuminazione.
E se il van era collegato con la scomparsa della sua amica?
Ormai non faceva più avanti e indietro davanti casa sua, forse aveva finalmente trovato quello che cercava…
Preso dalla rabbia tirò un pugno contro al muro, appoggiando poi la fronte alla parete e chiudendo gli occhi.
Il dolore che sentì alle nocche pervase il suo braccio, ma non se ne curò troppo.
Non poteva accettare che fosse accaduto qualcosa di brutto a Sunny, non lo poteva sopportare.
Era così debole, indifesa, fragile.
Doveva agire in qualche modo.
Si staccò dal muro, massaggiandosi le tempie energicamente.
A chi poteva chiedere? Sunny non era mica uscita di casa, sapeva anche lei cosa poteva rischiare.
Si morse il labbro, imprecando a voce alta e riprendendo la sua giacca dall’appendiabiti all’ingresso.
I vicini magari sapevano qualcosa.
 
 

 
-‘’Chi siete? C-cosa volete da me?” Sunny si agitò sul posto, gridando spaventata verso una coppia di uomini in camice bianco di fronte a lei.
Dopo il risveglio brusco che aveva passato, se li era trovati davanti: uno piuttosto anziano, con lo sguardo duro, che doveva essere quello più importante a giudicare dall’atteggiamento; l’altro invece sembrava quasi dispiaciuto e compassionevole nei suoi confronti.
Sunny lo odiò dal primo momento, odiava la gente che provava pena per lei, soprattutto quelli che magari ti rapivano e poi se ne pentivano.
-‘’Qui le domande le faccio io ragazzetta, capito?” affermò con tono rude il più anziano, facendo irrigidire la ragazza.
Nicholas si stava torturando nervosamente le mani, indeciso sul da farsi.
Sunny voleva gridar loro contro di lasciarla stare, liberarla, e mille altre domande, ma lo sguardo inquisitorio del più anziano la intimoriva.
Si sentiva minacciata anche solo dal suo silenzio.
-‘’Dimmi’’ – iniziò Richard, camminando lentamente avanti e indietro a qualche passo da Sunny.
-‘’Chi sei davvero? Da dove vieni?” il suo tono era serio, controllato.
Nicholas dietro di lui boccheggiò, alzando un attimo la mano come per voler iniziare a parlare, ma interrompendosi all’istante.
Sunny non sapeva chi osservare; scosse la testa, non voleva rispondere, sapeva di non dover rispondere.
Non voleva dimostrarsi ingenua una seconda volta.
Richard la fulminò con lo sguardo, mostrando una leggera irritazione; Nicholas gli si avvicinò, preoccupato, farfugliando qualcosa in difesa di Sunny.
Il più anziano lo spinse in malo modo lontano, invitandolo a uscire e a chiamare rinforzi, poi si voltò nuovamente verso la ragazza, sfoggiando un languido sorriso che inquietò Sunny.
 


 
 
Scarlett Flack si accomodò meglio sulla poltrona del suo elegante appartamento, nel condominio sulla ventitreesima strada, all’angolo di Fox Street. Aveva da poco finito il suo turno di lavoro alla Athomic Corporation, una nota agenzia all’apparenza adibita alla vendita di assicurazioni, promozioni su prodotti tecnologici, e altre stronzate che al momento Scarlett non si ricordava nemmeno.
Dopotutto l’Athomic faceva tutto fuorché vendere cianfrusaglie: effettuava esperimenti scientifici illegali per conto di segrete compagnie di spionaggio di Washington D.C..
Lo aveva scoperto a sue spese; non avrebbe mai veramente accettato di fare quello che ora faceva.
Del resto, era stata costretta.
 
 
Si era appena laureata in biotecnologia applicata a pieni voti e quella sera si sarebbe recata al solito locale coi suoi amici di vecchia data e il suo ragazzo a festeggiare e a darsi alla pazza gioia: non ne vedeva l’ora, malgrado grazie alle sue conoscenze ora sapesse quanto poteva danneggiare l’organismo una molecola d’alcool.
Si legò distrattamente i lunghi capelli rossastri in una coda di cavallo, uscendo poi dalla sua Chevrolet giallo canarino e prendendo le chiavi di casa dalla sua tracolla.
Sorrise, all’idea di Christopher intento nel prepararle una torta di laurea, come le aveva promesso quella mattina.
Dopo quella affermazione, era per certa che Chris sarebbe stato l’uomo che avrebbe sposato.
Si aggiustò la camicetta leggera che aveva addosso e entrò nel cancello della sua lussuosa villa.
I suoi la mantenevano ancora, e Scarlett non sdegnava mai le loro generose offerte.
Accelerò il passo e salì i pochi gradini che la separavano dalla porta d’ingresso; le luci erano spente all’interno.
Si irrigidì un poco, notando la cosa alquanto strana: Chris la avrebbe avvisata se fosse uscito.
Sbatté nervosamente un piede per terra, suonando il campanello ripetutamente.
Sbuffò, le lunghe attese non le erano mai piaciute, così frugò energicamente nella sua tracolla, estraendo il secondo paio di chiavi della casa.
Irritata, fece scattare la serratura, entrando nella dimora e sbattendo la porta alle sue spalle.
- ‘’Chris!” gridò con un leggero tono preoccupato, lasciando cadere la sua tracolla a terra, all’ingresso, e avviandosi verso il salotto.
La casa era immersa nel buio; iniziava a spaventarsi sul serio.
- ‘’Christopher Payne, sai che odio le sorprese non programmate, esci fuori!”
Un tonfo leggero alla sua sinistra la fece voltare.
Si irrigidì, notando sempre più il buio che la avvolgeva.
Strizzò gli occhi, cercando di abituarsi al buio, e trattenne il fiato nel notare lineamenti di più figure sedute sul divano.
Si trattenne dal gridare, quando si accese improvvisamente l’abatjour della stanza.
Davanti a lei il suo ragazzo, con un coltello puntato alla gola e un gruppo di uomini vestiti elegantemente che la circondavano.
 
 
Ed era lì che l’avevano ricattata, utilizzando ciò che le era più caro al mondo in quel momento.
Chiuse gli occhi, rivedendo davanti a sé l’immagine del suo ragazzo sgozzato dopo che lei aveva accettato il lavoro.
Era anche ingenuamente corsa dalla polizia a denunciare l’accaduto, non sapendo che nei giri dell’Athomic era coinvolto anche il distretto centrale del paese.
Sospirò, sentendo quella voragine semichiusa sul suo cuore riaprirsi, e allungò una mano faticosamente verso la bottiglia di vodka che aveva davanti sul tavolino.
 
 
 


Forse poteva chiamare Anne, se non era troppo impegnata a testare il letto col suo nuovo compagno…
Sua madre decisamente non poteva aiutarlo, e meno sarebbe stata coinvolta nella storia, meglio era.
Forse sua zia Scarlett poteva aiutarlo, anche se si trovava dall’altra parte del mondo al momento; aveva sempre ottimi consigli da dargli e gli faceva da mamma secondaria.
Scosse la testa, accasciandosi senza forze sul divano.
Aveva chiesto ai suoi vicini di casa, i Tomlinson, ovviamente senza troppi risultati.
Ogni volta che ci passava accanto, sentiva urla e grida provenire dalle mura della loro villetta, e vi si teneva alla larga.
Decisamente, quattro marmocchie in casa non erano proprio un paradiso da vivere.
E poi una di quelle maggiori, Charlotte le sembrava il nome, gli veniva palesemente dietro.
E ovviamente chi le aveva aperto la porta oggi?
Sperava che almeno ci fosse Louis in casa: lo vedeva di rado per i corridoi del liceo ma sembrava un tipo a posto, forse poteva perfino aiutarlo.
La biondina invece quel pomeriggio era sola in casa, e aveva perso tempo in chiacchiere solo per poi invitarlo in casa con lei a vedere un film.
Sbuffò, imprecando ripetutamente contro la sua cattiva sorte.
Per un attimo si immaginò il viso di Sunny davanti, che sorrideva beatamente come suo solito.
La vista iniziò ad appannarsi, contro il volere del riccio.
Una persona cara lo aveva abbandonato, di nuovo.
 
 
Imprecò per la millesima volta quel giorno e, manando a quel paese Charlotte Tomlinson e tutta la gente inutile di Holmes Chapel che lo circondava, compose il numero di telefono di sua zia in America. 






Buonasera gente c:
Allora, come va?
Il capitolo è osceno. Lo so, credetemi.
'E allora perchè lo hai scritto?' perchè pensavo venisse meglio T,T e poi non volevo far passare troppo tempo nell'aggiornare.
Ormai mi faccio domande e risposte da sola, capite come mi posso sentire?
Bene ahaha dopo questa mia pessima figura,
vi dico solo che vi voglio immensamente bene perchè malgrado tutto continuate a seguire la storia c:
Ah e non penso che saranno coinvolti anche gli altri, massimo solo qualche comparsa, mi spiace deludervi ahahah
Beh, che dire, alla prossima e
Un bacione <3
Lou_

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Chapter 9 ***





 
	






Chapter 9



-"Pronto"
Harry chiuse gli occhi, massaggiandosi la fronte con la mano libera e ragionando sulla situazione. Sbuffó, iniziando a camminare per la cucina nervosamente.
-"Scarlett, sono tuo nipote, Harry. Ti ricordi di me o sei troppo sbronza per farlo?" Usó un tono duro, odiava quando sua zia si faceva del male in quel modo, solo per il dolore della perdita di Christopher. Un attacco di cuore, così aveva detto, e Harry non aveva mai osato chiedere altro, come del resto anche sua madre Anne e sua sorella Gemma.
-"Si che mi ricordo, sei quello ricciolino giusto? O sei la ragazza mora?" Harry si morse il labbro fino a farsi male, la situazione gli stava sfuggendo di controllo e non aveva tempo da perdere.
-"No quello ricciolino. Ascolta, prendi un foglio di carta e scrivi quello che ti dico, va bene?" Un tonfo sordo dall'altro lato del telefono, un rumore di oggetti mossi, carta strappata, poi il silenzio. Pregó che Scarlett riuscisse a scrivere in modo comprensibile.
-"Allora, devi scrivere 'vai da Harry subito'" concluse, scandendo le parole lentamente ad una a una, come se stesse parlando con un bambino di tre anni che aveva da poco imparato a parlare.
-"Certo, fatto tutto, io faccio sempre tutto sai?" La donna aveva una voce impastata e tremolante.
Harry strinse la mano a pugno, inumidendosi le labbra con la lingua.
-"Si che lo so, ciao ti aspetto" e attaccó, senza aspettare troppo le reazioni di Scarlett. Buttó quindi il cellulare sul divano, accasciandosi sullo spazio lì accanto e passandosi le mani sul volto, soffermandosi sugli occhi per qualche attimo. Portó quindi le dita tra i ricci, storcendo il naso e alzandosi ancora dal divano.
Non riusciva ad aspettare che Scarlett si riprendesse e che lo raggiungesse, doveva fare qualcosa per distrarsi. Forse sentire qualche suo amico lo avrebbe aiutato. O forse no. Passarono attimi, poi gli occhi di Harry si illuminarono per un attimo: sapeva a chi rivolgersi e ottenere forse dell'aiuto.
 
 
 
Nicholas Rooney imprecó per l'ennesima volta contro la sua codardaggine. Non era intervenuto alle urla della ragazza, dopo che erano entrati nella sua stanza alcuni della sicurezza. Non aveva reagito alle sue richieste incessanti di aiuto, o alle sue imprecazioni contro il mondo, o ai suoi pianti isterici; solo qualche brivido lungo la schiena, e molti, molti sensi di colpa.
Controlló l'ora sull'orologio, poi, guardingo, guardó bene che gli altri suoi colleghi fossero già rincasati e poi si diresse a passo spedito verso la postazione di Mark. Doveva parlarci, aveva bisogno di aiuto.
Dopo tutto quello che aveva passato la sua coscienza, era il minimo che potesse fare.
Gli uffici erano deserti eccetto quelli degli ultimi ritardatari, che emanavano una luce fioca nel buio della stanza. Un rumore di tastiere pigiate, clacson all'esterno.
Nicholas si avvió tra sedie e scrivanie alla ricerca di Mark; lo trovó alla sua postazione, seduto, assonnato, davanti il suo pc.
Nicholas tossì piano per catturare l'attenzione: il suo amico si giró di scatto, quasi svegliatosi da poco e in malo modo.
Mark lo guardó accigliato, sistemandosi gli occhiali da vista.
-"Ehi, che ci fai ancora qui tu?" Chiese sorpreso.
Nicholas si strinse nelle spalle, diede un'altra occhiata nei dintorni poi, velocemente, tolse la corrente al computer di Mark, gli prese il braccio e lo strattonó con fatica all'esterno degli uffici, in corridoio.
Mark protestó più volte, sia per i dati persi sul pc che per la reazione del suo collega, che non voleva minimamente spiegargli le sue intenzioni.
Raggiunsero un corridoio isolato e illuminato da poche lampadine a muro. Qui Mark si fermó con decisione a prendere fiato, e Nicholas dovette aspettarlo, non nascondendo la sua agitazione.
-"Si puó sapere cosa succede?" Mark non aveva mai visto il suo amico così agitato, se non ai primi mesi di lavoro, quando tutto ció che facevano assieme era una scoperta.
Rooney finalmente si voltó, mantenendo sempre lo sguardo perso e gesticolando.
-"La ragazza...sai no?.... La voglio liberare la... Uccideranno."
-"Cosa?"
Mark si riprese, scuotendo la testa.
-"Ti prego, aiutami, in nome dei vecchi tempi!" Lo supplicó Nicholas, disperato. Mark lo guardó con un'espressione indecifrabile, poi, dopo un attimo, chiuse gli occhi.
-"Mi farai licenziare"
Nicholas sorrise.
 
 
 
Harry Styles era nervoso.
Sentiva i nervi a fior di pelle, il cuore con un ritmo irregolare, il respiro affannoso. Era seduto su un divano non suo, in una casa non sua, con Lottie Tomlinson che lo guardava meravigliata su una poltrona lilla di fronte a lui. Harry provava ad ignorarla; dove cazzo era finito Louis?
Si era precipitato a casa sua, per chiedergli aiuto, voleva provarci, almeno. Avrebbero parlato di lì a poco in privato, non ci teneva ad avere Charlotte tra i piedi ancora per molto.
I minuti passavano, scanditi dalla converse bianco sbiadita di Harry, che picchiava ripetutamente sul pavimento. Il riccio si morse il labbro, poi si voltó verso la ragazzina.
-"Ma dove è finito tuo fratello?" Chiese, sforzandosi di sembrare cortese.
Lei sobbalzó sulla poltrona, non smettendo di sorridere persa.
-"Sarà di sopra a cambiarsi, è abbastanza lungo, tra doccia, vestirsi..." Lottie concluse l'osservazione storcendo il naso quasi schifata. Harry annuì piano, tornando a sbirciare per le scale l'arrivo di qualcuno. Possibile che in casa ci fosse sempre e solo quella di sorella? E i genitori?
Il riccio sbuffó, passandosi una mano tra i capelli, disinteressato.
Lottie sospiró, così Harry si bloccó e alzó lo sguardo nuovamente su di lei.
Le mancava solo la bavetta alla bocca ed era perfetta.
-"Senti, vado a vedere se è morto, va bene? Tu stai qui buona." Inizió, nervoso, alzandosi dal divano e inciampando nelle sue scarpe, cadendo a terra in ginocchio e rialzandosi velocemente. Charlotte si alzó dalla poltrona, andandogli in soccorso preoccupata. Harry tentó di scapparle, mettendosi a fatica in piedi e sentendo un fitto dolore alla caviglia.
-"Stai buono. Ti sei fatto male?"
Provó lei con dolcezza, prendendogli il viso tra le mani e facendogli incontrare il suo sguardo.
Harry arrossì di colpo, deglutendo a fatica.
-"Lottie... Charlotte -calcó bene il tono sul suo nome completo- sto bene, peró, peró tu lasciami va bene?" Inizió, balbettando, come ogni volta che era in profondo imbarazzo.
Notó la biondina sorridere, poi la vide avvicinarsi al suo viso, non togliendogli le mani dalle guance.
-"Harry eccomi, spero che mia sorella non ti abbia..." Louis si bloccó sulle scale, accigliato, osservando la scena.
Charlotte premette con foga le sue labbra su quelle del riccio, che aveva le guance piegate al tocco della ragazza.
Harry spostó lo sguardo su Louis, sentendo la voglia di sprofondare all'istante nel terreno.
-"Louis non è come sembra!" Provó, parlando peró con le labbra di lei bloccate sulle sue e le guance sempre piegate, quindi usando un tono goffo e basso.
Louis strinse i pugni lungo i fianchi.
Charlotte si risveglió solo in quel momento dal suo istante magico, staccandosi da Harry e aprendo gli occhi, con le gote arrossate per l'imbarazzo.
Harry si alzó in piedi, prendendo la sua giacca in pelle appoggiata al divano e correndo fuori da casa Tomlinson.
Dietro di sè grida infuriate di Louis, che imprecava poco educatamente, e Charlotte che difendeva il suo amato, piangendo istericamente.
Harry storse il naso, disgustato al ricordo del bacio appena subito, e deciso ad aspettare sua zia Scarlett buono in casa, da solo.




Giorno! Buona Pasqua!
Allora come state? :)
Chiedo scusa per il ritardo ma dire che avevo perso l'illuminazione artistica è dire poco :/
Poi uff non recensite neanche in molti, io vado in depressione! :'(
Cooomunque, il capitolo è di passaggio, il porssimo, si può intuire, sarà di azione :)
Spero venga meglio di questo obrobrio...
Mangiate tante uova, come la sottoscritta *faccia sognante* sapete, ne avrò aperti tre, al cioccolato bianco, malgrado abbia passato da un po' l'età per certe cose ahahaha Vabbeh basta sputtanamenti,
Un bacione e spero a presto!
Lou_

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Chapter 10 ***



 




 

Chapter 10





Un tonfo sordo alla porta fece sobbalzare Harry Styles sul divano che, per il troppo stress che stava attraversando in quei giorni, si era addormentato.
Il ragazzo batté le palpebre più volte, si passò una mano tra i ricci e, sbuffando, si alzò dal divano.
Un dolore lancinante gli invase la schiena, gemette in silenzio per poi avviarsi a passi strascicati verso l’ingresso.
Fece scattare la serratura, aprendo la porta e sbadigliando rumorosamente.
Si svegliò di colpo, recuperando tutta la sua lucidità, venendo colpito in pieno viso da un pugno abbastanza forte.
Si chinò in avanti, imprecando, iniziando a vedere gocce di sangue colare sul palchet.
Scosse la testa, alzando lo sguardo verso un Louis Tomlinson piuttosto infuriato e sbraitante.
- ‘’La prossima volta invece di usare scuse stupide, non fai il cazzone e parli chiaro sia con me che con mia sorella, capito riccio?” sputò quello acido, per poi voltargli le spalle con un gesto secco.
Harry, intontito e dolorante, allungò un braccio verso di lui, mugolando qualcosa e facendolo fermare all’inizio del vialetto.
- ‘’Che vuoi ancora” chiese quindi Louis, con tono meno duro e voltandoglisi di fronte.
- “ Io… - iniziò Harry, massaggiandosi il naso e facendo una smorfia di dolore – non ero venuto per tua sorella. Non mi interessa nemmeno. Avevo bisogno di chiederti aiuto… “ la sua voce si affievolì, per il timore delle possibili reazioni del maggiore.
Chiuse quindi gli occhi, in attesa di un altro pugno che non arrivò, solo un grugnito.
- ‘’A dir la verità lo sapevo, curly. Solo che quel pugno te lo dovevo da un po’, sai…. La storia di Hanna, ti ricordi?” così dicendo Louis lo spostò bruscamente dall’ingresso, entrando in casa di nuovo allegro.
Harry sorrise al ricordo di Hanna, la ragazza che aveva soffiato a Louis l’anno precedente al ballo scolastico, per poi concludere la cosa molto romanticamente nella camera da letto del proprietario della casa, luogo appunto della festa.
Corrugò pi la fronte, tornando alla realtà dei fatti e chiudendosi la porta alle spalle.
- ‘’Picchi ancora come una femminuccia” lo apostrofò il riccio, sorridendo, quindi dirigendosi in cucina a prendere del ghiaccio.
Louis lo squadrò male per tutto il tragitto, facendosi scappare un risolino e buttandosi sul divano.
- ‘’La femminuccia in questione ti ha quasi spaccato il naso!” gli gridò quindi dietro, prendendo poi con una mano un cuscinetto lì accanto e cercando il telecomando della televisione.
- ‘’Louis, ora però sono serio: la cosa che sto per raccontarti non ti piacerà e mi crederai pazzo, svitato, quindi per favore se vuoi sentirla non fare commenti, dimmi solo alla fine se mi aiuterai o meno” cominciò con tono serio Harry, raggiungendo il suo divano in sala e sedendosi accanto a Louis.
Quello lo guardò interdetto, sbuffando.
- ‘’Mi fai quasi paura, sai? Spara.” Commentò in risposta.
Harry rimase a guardarlo per qualche attimo, indeciso: valeva la pena rischiare la sua reputazione nel vicinato, con un ragazzo con cui non era neanche in rapporti stretti? Il suo sguardo cadde sull’orologio a parete della stanza e, vedendo l’orario, si disse che per Sunny ne valeva la pena e che comunque non c’era più tempo.
Preso quindi un respiro profondo, messo più comodo sul divano, iniziò a raccontare i fatti da quando aveva incontrato Sunny Sunset a scuola, di come l’aveva vista cambiata, e della terribile scoperta della verità. Senza tralasciare dettagli inquietanti come il furgoncino della mattina prima e la definitiva scomparsa della ragazza.
Mentre parlava, il minore teneva lo sguardo basso sulle sue mani, avendo troppa paura delle espressioni e del giudizio di Louis.
Quando però finì di parlare, dopo un lungo silenzio dell’altro, alzò lo sguardo, incontrando i suoi occhi e il suo sguardo confuso.
Vi lesse confusione, non paura, non ribrezzo.
Si morse il labbro, dando tutto il tempo di assimilare la situazione a Louis.
Louis Tomlinson si era sempre definito un ragazzo semplice, equilibrato, tranquillo.
Queste definizioni però, tendeva a ricordare ai suoi amici, se le dava solo in presenza esclusiva dei familiari: era infatti tutto l’opposto.
Viveva di divertimenti e rischi continui, che adorava cercarsi quasi senza valutare le conseguenze.
Si era sentito dire spesso quanto in realtà sembrasse più giovane, come un eterno Peter Pan.
Lui aveva sempre accettato questi commenti, con uno dei suoi migliori sorrisi, perché del resto era quello che aveva sempre voluto essere: eternamente piccolo, allegro, senza vere preoccupazioni.
Tralasciando le grane a scuola, il divorzio e il nuovo matrimonio di sua madre, il trasferimento dell’intera famiglia (ancora geme al ricordo) da Doncaster a Holmes Chapel, aveva sempre vissuto una vita piena e felice.
Soprattutto senza preoccupazioni, senza riflessioni filosofiche sulla vita o senza rimpianti.
La sua filosofia di vita era quella di vivere al momento.
Solo che adesso nulla si rispecchiava nella sua logica, nella sua filosofia di vita, nel suo essere.
Nemmeno nelle poche notazioni scientifiche che aveva imparato a scuola, o nei racconti strampalati delle leggende dei suoi nonni.
Nulla di tutto ciò.
Harry Styles stava davanti a lui, con sguardo esitante, e quella sua solita abitudine nervosa di mordersi il labbro.
Aveva da poco finito di parlare, parlare di qualcosa che Louis non capiva, reputava irreale, impossibile.
La prima cosa che gli venne spontanea fu un rifiuto psicologico e qualche suo solito commento spiritoso come ‘wow’.
Poi Louis si passò una mano tra i capelli, abbassò lo sguardo sulle sue Superga usurate, rialzò lo sguardo sul viso di Harry.
Sembrava così sincero… e poi perché avrebbe dovuto mentirgli?
Solo che un interrogativo gli sorgeva spontaneo.
- ‘’Perché io?” sussurrò a denti stretti, sospirando.
Il riccio gli parve quasi sollevato.
- ‘’Louis… non lo so, sono disperato, non…. Io voglio salvarla.”
Il tono deciso e disperato del riccio lo convinse davvero, facendolo andare oltre alla sua misera vita passata fino ad allora, per accettare qualcosa di più grande, quasi fantastico, magico.
Del resto Peter pan non avrebbe fatto così?
 
 
 
 

 
Scarlett Flack si riscosse dal suo tepore post sbornia, avvertendo un forte dolore alla testa e un mal di collo frustrante.
Si avviò con fatica verso il suo contenitore dei medicinali, prendendo una veloce aspirina e ritornando al suo salotto.
Non aveva la minima voglia di analizzare la situazione, pulire il macello che aveva combinato per l’ennesima volta da sbronza, o fare qualcosa di diverso dal dormire e autocommiserarsi.
Qualcosa però attirò la sua situazione: un foglietto, un post it in bella vista sul tavolino al centro della stanza.
La curiosità vinse sulla sua pigrizia e, sbuffando sonoramente, lo prese per leggerlo.
Corrugò la fronte, facendo fatica a formulare la sua scrittura impacciata, quindi sgranò gli occhi.
Harry?
Harry Styles?
Il figlio di Anne?
Imprecò contro il mondo, contro la sua sorte, contro sé stessa, quindi, ancora un po’ rintontita, si diresse alla sua stanza per riordinare le sue cose e partire per Holmes Chapel.
Scappare dalle cose, o peggio, dalle situazioni, non era mai stato il forte di Scarlett.
Ma il poter raggiungere il nipote era un buon punto di partenza, con tanto di scritta ‘start’ a caratteri cubitali.
Finalmente avrebbe abbandonato per un po’ quella casa, che gli ricordava tanto Christopher, e quel lavoro, che odiava con tutta sé stessa.
L’unica cosa che non le passò per la testa, fu il chiedersi del perché dovesse andare a trovare Harry, o delle possibili reazioni che avrebbe avuto sua sorella nel rivederla.
 
 
 
 

 
Sunny aprì a fatica gli occhi, mettendo a fuoco l’ambiente attorno a sé.
Il dolore lungo il corpo si faceva via via più sentire, le facce delle persone che le avevano fatto ciò sempre più nitide, la voglia di morire e di lasciare quel posto sempre più reale.
Richiamando a sé tutte le sue forze, si mise a sedere, gemendo e trattenendo le lacrime, quindi attirando le sue gambe contro il busto e rannicchiandosi contro il muro.
Si sentiva così debole ora, così impotente.
Un rumore sordo la fece trasalire; le luci abbaglianti della stanza si accesero, illuminando il volto di Richard, così aveva letto dal suo cartellino appeso a quel camice ridicolo.
L’uomo, alzando lo sguardo, non nascose la sua soddisfazione e, facendo un cenno di approvazione alle guardie, rimase solo.
Quindi si avviò verso la ragazza, la quale cercava in tutti i modi di ignorarlo.
Sunny sapeva cosa voleva quell’uomo spregevole, ed era l’ultima cosa che voleva dargli, informazioni.
Del resto, la carta che poteva giocarsi era il fatto che, se le guardie di quell’uomo l’avrebbero uccisa, non sarebbe potuta più tornare utile, dato che solo lei sapeva davvero la sua storia.
Che, a dire il vero, non sapeva davvero spiegarsi.
Il pensiero le andò su Harry, sul suo viso sorridente, le sue fossette.
- ‘’Sorridi? Hai anche la forza di sorridere? Le faccio i miei complimenti, davvero” commentò duro l’anziano, portandosi le mani dietro la schiena e camminando a passo lento avanti e indietro sul posto.
Solo allora la bionda si rese conto del suo sorriso, quindi arrossì leggermente e tornò inespressiva.
Un luccichio sinistro attraversò lo sguardo dell’uomo, il quale, sorridendo sottecchi, iniziò a massaggiarsi il mento.
- ‘’Da quanto tempo sei qui, mia cara? Sicuramente abbastanza per conoscere qualcuno del posto, magari un ragazzo avvenente e simpatico della tua età…” iniziò quello, non smettendo di camminare e osservare di nascosto la biondina, che si irrigidì a quelle parole.
Bingo, pensò.
- ‘’Sai, posso chiedere ai miei uomini, dato che con te sono stati fin troppo indulgenti, di andare ad informarsi nel modo più persuasivo possibile con qualcuno del posto da dove ti hanno trovata….”
Qui Sunny fece alzare la testa di scatto, scuotendo forte la testa al pensiero di Harry in pericolo per colpa sua.
- ‘’Ero sola, non ho conosciuto nessuno…” si sforzò di dire, tra sussurri.
Richard alzò un sopracciglio, per nulla convinto.
- ‘’ Beh, si da il caso che manderò personalmente agenti a controllare la tua affermazione…. A meno che…”
- ‘’…a meno che?” continuò ingenuamente e preoccupata la giovane.
- ‘’Tu non mi aiuti a scoprire qualcosa di più sull’anomalia della casa in cui ti abbiamo trovata. Ho fatto personalmente delle ricerche: la proprietà è intestata a un cognome strano, Stilo, Stilone…” provò Richard con noncuranza.
Sunny, perplessa, boccheggiò.
- ‘’Harry” sussurrò più a sé stessa che al vecchio davanti a lei, che però riuscì a sentirla e si trattenne a stento dal gridare di gioia.
- ‘’Il suo amico Harry potrebbe risentirne se lei non parlerà. All’istante.” Sputò quindi lo scienziato, fermandosi nel mezzo della stanza.
Sunny quasi scattò in piedi, infuriata.
- ‘’Lui non centra nulla! Sono io che vuoi, lui lascialo stare!” provò a gridare con quanto fiato aveva in gola.
Richard le mostrò un sorriso languido.
- ‘’Allora parli, o entro stasera le porterò qui il suo amico. Magari è già in zona, che ti cerca disperato…”
Sunny deglutì a fatica, perdendo lo sguardo nel vuoto.
Non sapeva più cosa fare, come trattenere l’uomo, che magari stava mentendo per convincerla a parlare, magari no.
Chiuse gli occhi, iniziando a mordersi il labbro nervosamente. 






Sera sera sera :D
Allora, che dire: il ritardo è stato esclusivamente per la scuola, non mi sono dimenticata di questa storia, tranquille u.u
In compenso: guardate che banner vi ho combinato? Mi sento figa ahahaha
Beh, e il capitolo? L0ho fatto un po' lunghetto, spero vi piaccia.
In tal caso fatemelo sapere con recensioni ;)
Come sempre vi ringrazio per il fatto che leggete, se siete arrivati fin qua dovete avere mooolta fiducia in me ahaha
Un bacio e buona serata,
Vi assicurò che aggiornerò più presto la prossima volta ;)
(Ah se non avete sbatta di fare qualcosa, passate dall'altra mia storiella:


http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1496227&i=1  (Vi presento Harry Styles)


Ehhh nulla, anche per oggi ho finito,
Un bacione <3
Lou_

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Chapter 11 ***





Chapter 11





- ‘’Quindi mi aiuterai? Davvero?” era l’ennesima volta che Harry Styles poneva le stesse domande a Louis Tomlinson, il punto è che temeva che da un momento all’altro il maggiore avrebbe scosso la testa dicendo che scherzava e che lo considerava pazzo.
Invece era ancora lì, per lui, e di questo ne gliene era infinitamente grato.
Louis scosse la testa divertito, sbuffando e sistemandosi meglio sul divano.
- ‘’Se me lo chiedi ancora una volta chiamo Lottie” rispose divertito.
Harry si morse la lingua all’istante, avvampando e tornando a guardare la sue converse.
Louis scoppiò a ridere e il riccio, capendo che l’altro scherzasse, scoppiò a ridere anche lui, prendendo da dietro la sua schiena un cuscino e iniziando a picchiarlo.
Harry era un ragazzo che amava ridere, perché era un’azione che istintiva, e quando la facevi, eri capace di non pensare a nulla, svuotare la mente.
Era da un po’ che Harry non rideva, e anche di questo fu grato a Louis: gli aveva ridato una parte del suo sorriso.
Il maggiore, venendo preso a cuscinate, alzò un sopracciglio, sforzandosi di non ridere e, senza farsi notare, prese l’altro cuscino e iniziò a contraccambiare i colpi che riceveva.
 
 
 

Scarlett Flack era sempre stata una donna capace di mantenere la calma anche nei momenti più stressanti: le bastava sfoggiare un sorriso, battere un piede a terra, inspirare, e si calmava.
Era anche sempre stata una donna molto impulsiva, a volte si ritrovava a compiere azioni senza veramente stare a ragionarci.
La situazione in cui si ritrovava ora, la vedeva sia agitata che veramente arrabbiata con sé stessa per la sua impulsività: che ci faceva davanti quella villa, a quell’ora di pomeriggio, con un misero trolley in mano?
Perché aveva fatto quel viaggio?
Sbuffò, passandosi la mano libera tra i capelli scombinati dal viaggio e, preso un profondo respiro, si avvicinò a quel vialetto; era da molto, troppo che non lo attraversava.
Si soffermò ad ammirare il giardinetto accanto, curato e perfetto.
Anne ci aveva sempre saputo fare con le piante.
Con i rapporti umani un po’ meno.
Si ritrovò a commentare la sua vocina interiore, la parte stronza di lei.
Storse il naso, scuotendo forte la testa e accelerando il passo verso l’ingresso della villa.
- ‘’Coraggio Scarlett, ora o mai più” sussurrò tra sé a denti stretti.
Alzò una mano davanti a lei, verso il citofono, quando si bloccò.
Da dentro sentiva diverse risate.
Le si strinse il cuore, avrebbe riconosciuto la risata di Harry tra mille.
Il suo nipotino preferito.
Da quanto non lo vedeva dal vivo?
Mesi?
Anni?

Si morse il labbro e bussò con forza, forse troppa, quindi attese.
Dall’interno le risate non accennavano a smettere.
Roteò gli occhi al cielo e, maledicendo nuovamente la sua impulsività, aprì la porta con un gesto secco della mano.
Rimase a bocca aperta, facendo cadere il trolley ai suoi piedi.
Il tonfo sordo fece girare di scatto sia un ragazzo moro, da degli occhi di ghiaccio, spettinato e rosso in volto, che Harry, molto più grande di come se lo ricordava, ma con gli stessi ricci caratteristici e gli occhi verde smeraldo.
Il moro quindi si tirò lontano da Harry, spostando lo sguardo su Scarlett e rimanendo in silenzio.
Il riccio invece si grattò la testa imbarazzato, mettendosi a sedere e iniziando a sistemare i cuscini sparsi per il salotto.
- ‘’Salve signora” rispose con tono allegro il ragazzo dagli occhi di ghiaccio, che rimase in piedi con le braccia tese lungo il corpo.
Scarlett scosse il capo, risvegliandosi, guardando prima un ragazzo, poi l’altro.
- ‘’Harry caro, i-io non pensavo che tu…. Beh, ti accetto lo stesso per Dio, sei comunque figlio di mia sorella!” provò con impeto e imbarazzo la rossa, recuperando il trolley da terra e rimanendo sull’ingresso.
Louis scoppiò a ridere a quelle parole, mentre Harry, con le guance rosse e una espressione indecifrabile, scuoteva la testa facendo muovere i ricci.
- ‘’Zia, se è quello che intendi, non sono gay, ma grazie dell’appoggio.” – iniziò lui con tono basso, sistemando l’ultimo cuscino e piazzandosi in piedi accanto l’altro ragazzo.
Scarlett si sentì avvampare, sentendo la gola secca e una voglia di sprofondare.
Non sapeva su chi soffermarsi a guardare, quindi scelse il pavimento.
- ‘’Allora? Non abbracci il tuo nipotino preferito etero?” commentò con sarcasmo Harry, aprendo le braccia e avviandosi verso la donna che, calmatasi, alzò lo sguardo e ricambiò il gesto, stringendolo forte a sé.
- ‘’Dio quanto mi sei mancato. Sei un uomo ora” commentò orgogliosa lei, con voce tremolante.
Harry chiuse per un attimo gli occhi, ricordandosi poi il perché l’avesse invitata.
- ‘’Anche tu mi sei mancata tanto zia. Mi spiace che ti abbia chiamato per circostanze del genere, ma era importante. Poi finito tutto potrai chiarire con Anne, sempre che tu lo desideri.”
La serietà del ragazzo colpì Scarlett, quasi come uno schiaffo a pieno volto e, spalancati gli occhi, riprese la parola.
- ‘’Quali circostanze?” chiese con tono acuto, schiarendosi poi la voce.
Dietro di loro riprese finalmente la parola il ragazzo moro che, appoggiato un braccio sulle spalle del riccio, sorrise incoraggiante.
- ‘’Mi creda, vorrei ancora capirlo bene pure io”
 
 

 
 
Scarlett Flack chiuse gli occhi per un attimo.
Se si concentrava bene, poteva sentire il rumore dei suoi pensieri, sempre più limpidi e scorrevoli.
Ora ogni cosa si collegava.
La Athomic aveva ripreso a rovinare la vita alla gente, e, a quanto pare, sempre i suoi familiari.
Sbuffò, piuttosto innervosita, per poi aprire gli occhi lentamente.
Davanti a lei, sul tavolo in cucina, la tazza fumante di tea che le aveva gentilmente offerto il nipote, mentre questi e Louis stavano seduti ad osservarla, incerti e preoccupati.
La donna abbassò il capo, sforzandosi di cercare le parole giuste.
- ‘’Ragazzi, Harry, se vi dicessi che io lavoro per questa compagnia che ha rapito Sunny?” provò con tono lieve.
Harry corrugò la fronte, l’altro rimase impassibile ad osservarla.
- ‘’Spiegati meglio” commentò Harry duro.
Scarlett scosse il capo, sconsolata.
- ‘’Harry caro, io e tua madre non abbiamo litigato perché non sapevamo che meta turistica scegliere come vacanza estiva, abbiamo litigato per il mio lavoro, l’incolumità della nostra famiglia.” – notò che i due ragazzi rimanevano in silenzio, quindi proseguì, abbandonandosi ai ricordi – “ hanno eliminato Christopher davanti i miei occhi per ricattarmi e accettare di lavorare con loro, Anne, tua madre, temeva che standomi accanto tu o Gemma potevate risentirne così… si è trasferita ad Holmes Chapel. E fino ad adesso la cosa ha funzionato, ma se ora mi dici che ti sono entrati in casa…. Non voglio che succeda nulla a te, Harry.” – affermò duramente – “ o ai tuoi amici ovviamente” continuò accennando a Louis col capo.
La donna quindi posò le mani sul tavolo, per bere dalla tazza, ma Harry fu più veloce e le posò le sue mani sopra.
I due rimasero a guardarsi negli occhi e, con orrore, Scarlett notò che Harry aveva gli occhi lucidi.
- ‘’Io ci tengo a quella ragazza, zia, non voglio che faccia…. Che faccia la stessa fine del tuo ragazzo.” Mormorò sconsolato.
Louis lo guardò con apprensione, posandogli una mano sulla spalla.
Harry lo guardò riconoscente.
- ‘’E non gli succederà nulla, ora ci sono io con voi. Adesso chiamo in ufficio e chiedo se ci sono novità, così vi riferisco ogni cosa” commentò decisa, quindi alzandosi dalla sedia e posando la tazza di tea nel lavabo, si diresse alla sua borsa in sala, per chiamare i suoi colleghi.
O meglio, l’unico essere umano che era anche un collega, Nicolas.
 
 
 


 
- ‘’Nic, tu sei pazzo, pazzo dal legare va bene? Non possiamo affrontare tutte quelle guardie da solo, solo per la tua coscienza sporca, noi…” il discorso di Mark venne interrotto da un gesto secco di Nicolas che, con la fronte corrugata, si apprestò a rispondere al telefono.
Mark lo guardò interrogativo, decifrando poi il labiale del collega che pronunciava ‘Scarlett’, quindi, sorridendo e annuendo rispose con un ‘ho capito, vi lascio soli’, che scatenò la risata a Rooney.
- ‘’Scarlett, è da un po’ che non ti si vede a lavoro, come stai?” iniziò educato Nicolas, guardandosi intorno per l’ufficio e sedendosi alla sua postazione dei computer.
- “ A dire la verità si cara, ci sono novità: Richard ha sequestrato una ragazza dalle parti di tua sorella, Tutto perché quella zona è la sede dell’anomalia, io…. Non glielo avrei detto se avessi saputo che sarebbero rimasti coinvolti innocenti” iniziò ad abbassare il tono, dispiaciuto.
Le immagini della ragazza stremata in quella stanza delle torture lo stavano straziando.
- ‘’Non dire a nessuno di questo, se scoprono che tuo nipote e la ragazza si conoscono….non ci voglio nemmeno pensare”
- ‘’Tu…cosa? Stai scherzando spero.”
- ‘’Va bene, vedrò quello che posso fare. Intanto ti aspetto domani qui in ufficio va bene? Non portare per nessuno ragione Harry o qualcun altro, rischierebbero e basta”
- ‘’Ti voglio bene anche io” si ritrovò a sussurrare dolcemente Nicolas, chiudendo la chiamata con sguardo sognante.
 
 
 


Nicolas Rooney era sempre stato considerato un ragazzo distratto e, come tale, adatto alle materie scientifiche.
‘hai sempre la testa sulle nuvole’   ‘ma pensi sempre?’
Ogni persona che conosceva almeno una volta nella sua vita gli aveva rivolto parole del genere.
Lui però si apprestava a sorridere ingenuamente e stringersi nelle spalle.
Non aveva mai dato veramente conto a quello che si diceva su di lui.
E forse fu proprio per la sua disattenzione naturale che non si accorse di Mark che, a poche postazioni di distanza, sorseggiando innocentemente un caffè, ascoltava tutta la conversazione tra lui e Scarlett.
Non si accorse nemmeno del suo collega che, finito il caffè, si allontanava con passo felpato lontano da lui, diretto verso l’ufficio di Richard, pronto a tradirlo. 







Sera belle!
Amatemi che ho aggiornato così presto ahahah ;)
Ehhh nulla allora da come avrete capito questo è un misero capitolo di passaggio, dal prossimo iniziano le belle.
Ma Harry e Lou all'inizio?
Io i momenti Larry non li riesco ad evitare ahahah i'm so sorry c:
In compenso se vi dicessi che vi adoro dalla prima all'ultima?
Si, direi che è proprio la verità.
Beh anche per oggi ho concluso il mio lavoro ;)
Vi auguro una buona serata e a presto!
Un bacione
Lou_

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Chapter 12 ***










Chapter 12




 

Era quasi l’alba: il sole, stando per sorgere, iniziava a tingere di varie sfumature rossastre il cielo.
Il silenzio attorno ad Harry Styles lasciò quest’ultimo poco sorpreso: l’orario era improponibile anche per un gallo, e lui, essendo sempre stato un ragazzo piuttosto pigro e nullafacente, si reggeva in piedi a stento, con grosse occhiaie a marcargli il volto e dei brividi di freddo lungo la schiena.
Accanto a lui Louis Tomlinson camminava, o, meglio ancora, barcollava, ad occhi chiusi, le braccia lasciate libere lungo i fianchi.
L’unica capace di reggere orari del genere era Scarlett che, piuttosto in fermento, quasi trascinava i due ragazzi che si era portata a Washington, per visitare l’Athomic.
In cuor suo sapeva che non avrebbe dovuto farlo, che Anne, la madre di Harry, appena lo avrebbe scoperto l’avrebbe rimossa completamente dalla famiglia, che rischiava il licenziamento, che rischiava tutto praticamente, ma era per la felicità di Harry, per la vita di quella ragazza.
Ed era anche una questione personale.
L’azienda a quest’ora sarebbe dovuta apparire chiusa, e infatti aveva i cancelli sbarrati e le luci principali spente, ma, Scarlett, da scienziata piuttosto di ruolo qual era, aveva chiavi, tessere di accesso e la conoscenza delle porte giuste per entrare in quell’edificio anche adesso.
Si diede uno sguardo alle spalle, notando Harry e il suo amico piuttosto spossati che la seguivano e, sospirando, li spinse contro la siepe che avevano davanti loro, situata sul retro dell’edificio.
I due mugugnarono qualcosa come protesta e la donna gli intimò di fare silenzio.
Alzò quindi lo sguardo verso le varie porte nascoste tra la vegetazione e, constatando non ci fossero guardie nei paraggi, tornò ai due ragazzi.
Prese il riccio per le spalle, spostando lo sguardo verso i suoi occhi verdi, poi gli occhi azzurri dell’amico.
- ‘’Ascoltatemi bene, adesso voi due state qui, immobili. Abbiamo affrontato un viaggio sfiancante lo so, e so anche che ci tenete a salvare la vostra amica ma, davvero, mi servite più qui che tra i corridoi dell’Athomic. Dunque, quando trovo Sunny, ti invio un messaggio, va bene tesoro?” sussurrò a denti stretti, attendendo un consenso da Harry che non arrivava, sempre più taciturno e rabbuiato.
Louis lo guardava, intimandogli silenziosamente di parlare.
- “Scarlett, apprezzo quello che fai, ma voglio venire con te. Lascia fuori Louis come vedetta” affermò serio, guardando a lungo il suo amico che gli fece un cenno riconoscente.
Tutti e tre sapevano quanto Louis avesse paura, quanto temesse quella spedizione, quante bugie abbia dovuto dire per venire fin lì, e di questo harry gliene era riconoscente, aveva fatto tutto quello che aveva potuto fare.
Scarlett roteò gli occhi, mordendosi poi il labbro, indecisa se darla vinta al nipote.
Harry tolse con un gesto brusco le mani della zia dalle sue spalle, voltandogli la schiena e avvicinandosi lentamente alla porta di accesso alla costruzione.
- “Vieni zia, o con questo ritmo Sunny farà prima a salvarsi da sola”
 
 
 
 
 
 
 
- “Scarlett! Grazie al cielo sei….ti prego dimmi che quello non è Harry” Nicolas Rooney aveva perso il suo tono entusiasta quando aveva visto la figura di un ragazzo giovane, sui vent’anni, con i capelli ricci e lo sguardo sicuro della donna.
- “Si, piacere sono Harry, ora basta perdere tempo, come troviamo Sunny?” sussurrò con tono brusco il riccio, mettendosi accanto la donna e Rooney in quel corridoio stretto e buio che i due scienziati definivano sicuro, per ora.
L’uomo spostò lo sguardo dietro di sé, emettendo uno sbuffo di lamentele.
- “Nicolas, per Harry era importante venire dai, sarà utile. Ora calmati” Provò Scarlett con tono rassicurante, portandogli una mano sulla spalla, contatto che fece rabbrividire l’uomo e voltare Harry dall’altro lato, imbarazzato.
- “Va bene. Allora, più o meno sono le stesse cose che ti ho riferito al telefono. Dopo la tua chiamata, ho controllato, la ragazza è rinchiusa nella stanza sul piano A-1, la cella di massima sicurezza. Con un diversivo potremmo attirare via le guardie e liberare la giovane, senza che Richard ci scopra”
Alle parole ‘rinchiusa’ e ‘massima sicurezza’ Harry ebbe un sussulto, iniziando ad agitarsi e a portarsi le mani tra i capelli.
- “tesoro, se non te la senti fai ancora in tempo a….” iniziò Scarlett preoccupata, osservandolo.
Harry scosse la piano la testa, chiudendo gli occhi.
- “Nic-Nicolas, le hanno fatto del male?” provò Harry tra tremiti.
I due scienziati si guardarono per interminabili secondi poi, l’uomo, deglutendo a fatica, rispose.
- “La salveremo. Muoviamoci.”
 
 
 
 
 
 
 
 
Richard camminava tranquillo nel suo ufficio dalle pareti in vetro.
Per lui, restare in ufficio anche a quelle ore improponibili era più che un piacere.
Il suo lavoro, così lo amava chiamare, per lui era una vera e propria gioia, un modo per rendere fede all’amore e alla promessa di matrimonio che fece a sua moglie anni prima.
L’avrebbe ritrovata, perché lui sapeva che esisteva un altro mondo.
Non credeva a tutte quelle cose sulla fede, sul paradiso, su un dio.
Cos’era tutto ciò riguardo la scienza?
Cosa aveva fatto la fede a sua moglie, in punto di morte?
Le aveva dato solo conforto, nient’altro.
- “Amore, vado in un osto migliore, non c’è più nulla da fare”
Quelle parole bruciavano nel petto molto più di qualsiasi pugnalata che avrebbe potuto ricevere.
Lei si era arresa, sperando in qualcosa di più grande.
E ora quel qualcosa di più grande ce lo aveva davanti gli occhi, solo mancava poco. Davvero poco.
L’ostacolo era quella insulsa ragazza ritrovata ad Holmes Chapel.
Non si decideva a parlare.
Nemmeno minacciandola di far male a qualcosa di a lei caro.
Era un osso duro, aveva capito come funzionava il gioco, e ci sapeva fare.
Ma Richard non era conosciuto per la sua pazienza, o per la sua voglia di giocare.
Sapeva andarci pesante, e, quella mattina, aveva deciso di fare tutto quello a lui possibile.
Si fermò in mezzo la stanza, dando un occhiata alla sua scrivania, perfettamente in ordine, quindi si avviò verso la parete a vetro del suo ufficio, dando un occhiata all’alba che si ergeva sul panorama della cittadina di Washington.
Inspirò rumorosamente, pensando a quanto sua moglie avrebbe gradito una vista del genere.
Sentì la rabbia in lui crescere, e istintivamente chiuse i pugni nelle tasche del suo camice bianco.
Un rumore, squillante e acuto, lo riscosse dai suoi pensieri.
Osservò, corrugando la fronte, lo schermo lampeggiante sulla parte alta della parete.
Scosse la testa, era l’allarme antincendio, e, a giudicare dai numeri che lampeggiavano, era la stanza della ragazza.
Che coincidenza.
Si aggiustò i capelli, quindi corse alla sua scrivania e, con il suo telefono digitale, provò a chiamare le guardie della stanza, senza successo.
Non rispondevano.
Batté il palmo sul legno duro della sua scrivania, quindi si passò una mano sulla fronte, e decise di raggiungere quella maledetta stanza.
 
 
 
 

 
 
A Harry Styles, molte cose facevano accapponare la pelle.
Uno 0 in trigonometria, la sua materia preferita.
Una litigata piuttosto accesa con sua madre, cui voleva un bene immenso.
Vedere sua sorella piangere per il divorzio dei genitori e il conseguente sfascio della loro famiglia.
Le volte che erano successe cose del genere, Harry non aveva mai pianto, aveva solo incassato il colpo, fatto un sorriso amaro, portato lo sguardo in alto e voltato pagina.
Era questo che gli riusciva bene, voltare pagina, andare avanti, non soffermarsi troppo sulla sua vita.
Quella volta però, in quel preciso momento, Harry Styles aveva una fottuta voglia di piangere: di abbandonarsi sulle ginocchia, di sfogarsi gridando al mondo il suo dolore.
Non di voltare pagina.
Quella volta, la pagina era incollata all’altra, con molti strati di colla.
Sunny era stesa lungo il pavimento, con le braccia attorno un fianco, l’espressione sofferente in volto, molti lividi sulle gambe.
Non li aveva visti entrare nella stanza, e forse non li aveva notati neppure tutt’ora.
Scarlett, a quella vista, si era portata le mani alla bocca, soffocando un gemito, quindi aveva guardato Harry con espressione indecifrabile e ora lo stava trattenendo dal correre incontro la ragazza.
Harry si dimenava tra le sue braccia, mordendosi il labbro fino a farlo sanguinare per non piangere.
Nicolas intanto stava prendendo tra le braccia la ragazza, che aveva perso i sensi.
Lo scienziato diede quindi un cenno d’intesa a Scarlett che, sollevata, strinse tra le braccia il nipote, che singhiozzava silenziosamente.
I quattro uscirono dalla stanza: i corridoi erano deserti, avevano fatto scattare appositamente l’allarme antincendio, calcolando i tempi di durata e lo spegnimento delle varie telecamere della zona.
Non avevano calcolato però Richard, che scendeva i gradini principali per raggiungere la stanza A-1.
Non avevano calcolato il suo ghigno divertito alla loro vista.
O il suo sospirare qualcosa come ‘Quell’idiota di Mark mi aveva avvisato’ che fece irrigidire Nicolas.
Non avevano calcolato la pistola dell’uomo, ora in bella vista tra le sue mani.
Come nei casi in cui non si calcola più nulla, o in cui non si pensa più razionalmente, i tre iniziarono a correre, con Scarlett che chiudeva la fila e davanti a lei Nicolas con tra le braccia la ragazza.
Tra affanni, grida di terrore e pallottole evitate, trovarono l’uscita di emergenza.
Quando però Harry si era voltato l’ultima volta dietro di sé, per vedere dove fosse il loro inseguitore, Richard era già sparito, lasciando come unico segno del suo passaggio la pistola scarica, in un angolo buio del corridoio. 





Giorno c:
Allora, come va??
Ho aggiornato lalalala
Ahahahah no vabbeh comunque come vi sembra?
Secondo voi come finirà Sunny?
Eheh, colpoi di scena ce ne sono ancora.
Beh, basta divulgarmi, vi adoro è questo l'importante ;)
Un bacione <3
Lou_

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Chapter 13 ***









Chapter 13




 

Sunny Sunset aprì un occhio a fatica, iniziando a gemere per un forte mal di testa.
Scosse le spalle, riuscendo ad aprire anche l’altro.
La vista era appannata, sfuocata, e Sunny dovette riaprire e chiudere le palpebre diverse volte prima di rendersi conto davvero di dove si trovasse: un letto matrimoniale, in una stanza dai colori chiari e molti poster di cantanti appesi alle pareti.
Le aumentò solo il mal di testa provare a scorgere cosa dicessero i manifesti.
Alzò il busto lentamente, facendosi forza sulle braccia, ora tremolanti, e soffocando grida di dolore mordendosi il labbro inferiore.
Si sentiva stanca, spossata, spaesata in un luogo mai visto e per di più non si ricordava come ci fosse arrivata.
L’ultimo ricordo che aveva era l’immagine di una figura possente che la stringeva tra le braccia, poi il buio.
E’ un inizio.
Tossì diverse volte per schiarirsi la gola, quindi, imprecando contro sé stessa, riuscì a mettersi seduta e ad avere una visuale più completa della nuova stanza in cui si trovava.
Oltre ai poster, Sunny potè notare un telescopio di discrete dimensioni appoggiato su una scrivania in legno, sommersa da fogli di carta.
Il pavimento era tappezzato di oggetti come lenti di ingrandimento o libri lasciati a metà, forse da riprendere più avanti.
Se questo è il paradiso, preferisco tornare da mia madre.
Però non posso essere morta, o almeno, non ancora.
Il silenzio in cui era immersa la stanza poco prima venne rotto da un rumore di passi veloci e ovattati dietro la porta, che si aprì subito dopo lentamente, lasciando mostrare una lunga chioma rossa, due occhi neri come la pece piuttosto profondi, e un sorriso via via più evidente.
Sunny corrugò la fronte, perplessa.
- “Lo sapevo! Avevo sentito dei rumori! Cosa ti dicevo Nic?” così dicendo il volto della donna si voltò verso destra, rivolgendosi evidentemente a questo Nic che ancora non si mostrava.
Sunny rimase impassibile ad osservarli; paura non ne avrebbe più provata per un po’, aveva passato fin troppo.
- “Comunque tesoro come stai? Vuoi qualcosa da mangiare? Hai dormito per giorni! Dio se lo sapesse Harry….”
Quando si attraversano episodi duri nella vita, che richiedono un certo sforzo sia fisico che morale, ci si immerge in una bolla di apatia e disinteresse verso qualsiasi cosa ci circondi, a meno che non cambi la situazione in cui ci si trova.
Tutto mostra il suo lato negativo, e via via si pensa che la situazione possa solo peggiorare.
Ora, Sunny Sunset aveva provato le stesse identiche situazioni appena descritte, sentendo che ormai non avrebbe potuto patire di peggio, che la sua vita sarebbe pian piano sfumata.
La voce squillante della rossa davanti a lei poi, la irritava solo, pungendole i timpani in modo fastidioso.
Era il nome Harry che aveva reso quella voce un po’ meno squillante e fastidiosa, la situazione che stava passando non così orribile, i dolori alla testa solo passeggeri.
Ed era il solo pensare alla possibilità di rivedere Harry che le fece venire la voglia di sorridere, leggermente, alla donna che si stava dimostrando amichevole in quel momento.
Magari se sorrido rivedo Harry.
Pensieri ingenui, ma in quel caso piuttosto veritieri.
Infatti fu proprio il sorriso della giovane ad aumentare l’entusiasmo di Scarlett, piuttosto preoccupata per la sua salute, a convincerla ad abbracciare Nicolas, al suo fianco, dietro lo stipite della porta, e a gridare per la casa con quanto fiato aveva in gola che la ragazza era sveglia e che stava bene.
Poco dopo il rumore di passi accelerati, sempre più vicini, e una chioma riccia a coprire ora la figura della donna.
Sunny sentì che il suo cuore sarebbe scoppiato all’istante.
L’agitazione le attraversò le gambe, le braccia indolenzite, il petto, la testa, causandole un respiro accelerato e una voglia improvvisa di piangere.
Tutte le emozioni, la paura, il terrore di morire, l’odio, provate fino ad ora, raggruppate nei suoi occhi, ora più lucidi.
Iniziò a storcersi le mani.
In viso le si dipinse una espressione di pura felicità, una leggera timidezza a completare il quadro.
Harry rimase in piedi sulla porta, le braccia lungo il corpo, le converse usurate a picchiettare sul pavimento, nervose, in attesa di correre verso quel letto matrimoniale e saltare sul materasso verso Sunny.
L’orgoglio forse, unito all’imbarazzo per la presenza di Scarlett e Nicolas, tutta la preoccupazione nutrita in quelle notti senza fine, lo resero di pietra, l’espressione indecifrabile in viso in contrasto con il corpo.
Perché si vedeva, si percepiva la sensazione anche nell’aria, come prima di un temporale si sentono i tuoni che preannunciano qualcosa di grande, che Harry e Sunny si volevano stringere, stritolare, convincere loro stessi che la presenza dell’altro non fosse solo immaginaria, ma reale, fottutamente reale.
Così Scarlett, che aveva un innato sesto senso femminile, scambiò una lunga occhiata d’intesa al suo collega scienziato, piuttosto sorpreso verso quello sguardo sornione, e, sorridendo ai due ragazzi, iniziò a spintonare lontano dalla stanza Nicolas, sempre più perplesso e protestante.
La porta si chiuse di scatto alle spalle di Harry, che si voltò solo per un attimo dietro di sé, per poi sopprimere un sorriso e arrossire.
Sunny dal canto suo era rimasta attonita a fissare la scena, indecisa su come comportarsi.
Calò un silenzio imbarazzante, dove i due ogni tanto si lanciavano sguardi sorridenti, Harry si massaggiava il braccio, Sunny si passava le mani tra i capelli.
- “Andiamo Harry, di qualcosa cazzo!” un urlo esasperato dietro la porta chiusa fece voltare i due ragazzi, quindi il riccio scoppiò a ridere, riconoscendo la voce di Louis e,  roteando gli occhi al cielo, gridò un ‘cosa cazzo origli, idiota’ che fece ridere Sunny, se possibile ancora più imbarazzata.
Da tanto non sentiva quella voce roca e piacevole.
Da tanto Harry non sentiva quella risata cristallina e leggera.
Tornarono a guardarsi, senza smettere di sorridersi, quindi Harry, passandosi una mano nervosamente tra i ricci, boccheggiò, non sapendo bene cosa dire.
Gesticolò un attimo verso la ragazza, poi, preso un respiro profondo e ridendo nervosamente, mugugnò qualcosa come
- “Sunny, tu…. Cosa…. Io…..” che venne interrotto dalla stessa ragazza che, esasperata, si era gettata addosso al riccio abbracciandolo stretto a sé, chiudendo gli occhi, assaporandone il profumo, il tocco, la sola presenza.
Harry strabuzzò un attimo gli occhi, quindi, un po’ impacciato, strinse a sé Sunny, passando una mano tra la sua chioma bionda, trattenendosi dal piangere.
- “Tu non hai idea di quanto mi sia mancato, Haz” un sussurro lieve della ragazza.
Harry in quel preciso momento si sentì un vero idiota: per aver pensato che Sunny non tenesse a lui come invece lui teneva a lei, per aver indugiato dal correrle incontro per abbracciarla, per aver passato giornate intere ad assillare Louis con il suo discorso preparato apposta per quell’occasione, quando si era dimenticato poi ogni singola parola, puntino, virgola.
Semplicemente sorrise, consapevole di essersi affezionato fin troppo a quella ragazza dai capelli biondi.
- “Adesso passiamo anche ai soprannomi?” chiese un po’ meno imbarazzato il riccio, sorridendo in tono di scherno, verso la ragazza ora in piedi di fronte a lui, che via via assunse un broncio divertito.
- “Non posso?” disse lei quindi, incrociando le braccia al petto e sbuffando.
- “Stiamo davvero discutendo per un soprannome, dopo tutto quello che abbiamo passato?” si ritrovò a chiedere Harry, sorpreso, mentre si grattava il capo.
- “E cosa vorresti fare?” chiese esasperata Sunny.
Harry alzò le sopracciglia, cogliendo un senso differente nella domanda che, evidentemente, colse anche Louis fuori dalla porta che trattenne a stento una risata e commentò con un ‘Vai ragazza così si parla’ che fece arrossire la giovane e ridere ancora di più Harry.
- “Non è che puoi dire al tuo amico di lasciarci privacy?”
- “Capito Lou? Vogliamo privacy!” gridò il ragazzo per farsi sentire anche all’esterno della stanza.
Uno sbuffo piuttosto esasperato fu il segno che i due erano finalmente soli.
Sunny sospirò, lasciandosi cadere sul letto alle sue spalle.
- “Quanto tempo ho dormito?”
Harry rimase ad osservarla, avvicinandosi di un poco.
- “Una settimana più o meno”
Sunny sgranò gli occhi.
- “Cavolo. E come… come mi avete portata fuori da… quel posto orribile?” un sussurro tremolante che fece intenerire il riccio.
- “Beh, la rossa che hai visto poco prima è mia zia Scarlett e beh, ha un collega, Nicolas, che lavora nel posto dove ti hanno rapita e… abbiamo creato questo gruppo per salvarti. Ah, il simpaticone di poco prima è Louis, il mio vicino di casa.”
- “Volevano sapere come fossi arrivata in questo mondo Harry, io non gliel’ho detto. Mi hanno picchiata, ricattata, minacciata ma io non gliel’ho detto Harry. Io… mi sono sentita così sola” la sua voce si era fatta via via più incerta, immersa nei ricordi, quindi Sunny si nascose il viso tra le mani, scoppiando in un pianto liberatorio.
Harry sospirò, sedendole accanto sul materasso e allontanandole dal viso le mani delicatamente.
- “Guardami Sunny” provò.
- “Dai, guardami” provò più dolcemente.
Finalmente Sunny smise di guardarsi i palmi delle mani, portando i suoi occhi azzurro pallido in quelli verdi di Harry.
Il ragazzo sbuffò, sfiorando con una mano la guancia destra della ragazza per allontanarne le lacrime.
La pelle di Sunny rabbrividì al contatto, il cuore invece di entrambi perse un battito.
- “Odio vederti piangere. Odio le persone che hanno osato farti del male. Sono stato un irresponsabile, non dovevo lasciarti solo a casa mia, merda.” Imprecò il riccio, abbassando lo sguardo e mordendosi un labbro dal nervoso.
Sunny singhiozzò, quindi prese un profondo respiro, abbassando anche lei lo sguardo.
- “Harry, ho paura” parole uscite a fatica dalla bocca della giovane, che fecero voltare il ragazzo, incerto sul loro significato.
- “H-hai paura di quegli stronzi? Perché se è per quello….” Iniziò lui con tono minaccioso, quasi a volerle infondere sicurezza.
Sunny scosse la testa, sorridendo amaramente e interrompendolo; lo sguardo sempre basso.
- “Ho paura di me stessa”
Il riccio si accigliò per un attimo, rimanendo in silenzio in attesa che Sunny continuasse.
- “Ho paura di me stessa” ripeté quindi la giovane, capendo che l’altro l’ascoltava “paura del mio corpo che rabbrividisce a contatto con il tuo, del mio cuore che accelera pericolosamente il suo ritmo, della gioia innata che provo nel vederti. Non so come chiamare questa cosa, questo insieme di sensazioni, Harry Styles, sta di fatto che le provo solo con te. Credi sia un bene?”
Harry rimase ad ascoltarla, sorpreso, ma sorprendentemente felice.
Non era la prima ragazza che le confessava l’amore che provava nei suoi confronti, ma per una volta si sentiva felice, quasi orgoglioso di quel sentimento che aveva forse appena ammesso Sunny di provare per lui.
Sapeva quanto fosse difficile per lei provare sentimenti intensi di quel tipo, dopo tutto quello che aveva passato nel suo mondo, per questo dava importanza alle parole della giovane.
Il fatto che però sentisse esattamente le stesse cose per Sunny, non se lo sapeva spiegare.
Si era pian piano affezionato alla sua presenza, e quando l’aveva persa, se ne era affezionato ancora di più, capendone l’importanza.
Non poteva però ammettere che non ne era spaventato, che nei film d’amore che aveva intravisto alla tv per fare compagnia a Gemma la cosa era resa più semplice, che tutto finiva in meglio.
Loro però avrebbero avuto un lieto fine?
Sarebbero rimasti sempre insieme?
L’amore può davvero sconfiggere ogni cosa, anche l’appartenenza a due mondi differenti?
La mente di Harry Styles era incasinata al momento, piena di problemi, domande senza risposta, ricordi offuscati.
La mente di Sunny non era da meno.
Harry in quel momento, incrociando per l’ennesima volta lo sguardo della giovane, sentì dentro di sé la voglia innata di agire, ma non per sé stesso, ma per dare sicurezza, protezione alla fragile ragazza che aveva davanti.
Fu questo che lo spinse a portare una mano sul mento della bionda, a stringerlo delicatamente e ad avvicinarlo alle sue labbra, fermandosi a pochi centimetri dal suo viso.
Sunny non era come le altre, aveva già troppi problemi, doveva quindi attendere un suo permesso, un consenso a quello che stava per fare.
Gli occhi supplicanti di Sunny furono sufficienti.
Fu così che, quel tardo pomeriggio di un giorno qualunque tra quelli del calendario, Harry Styles baciò con quanta più dolcezza possibile Sunny Sunset.
Un gesto d’amore, per dire io per te ci sono, tengo a te.
Un gesto semplice, che prima o poi tutti decidono di offrire, senza timore.
Un gesto per i due che, successivamente, avrebbe stravolto le loro vite.
Di nuovo. 

 





Sera dolcezze c:
Come state?
Ma che tipo sono  stra eccitata per le recensioni che mi lasciate?
Vi giuro, vi adoro, dalla prima all'ultima.
Scusate se non vi rispondo, lo faccio raramente per mancanza di tempo, ora come ora vengo su efp solo per pubblicare i capitoli....
Appena ho un momento libero, giuro che rispondo a tutte!
In compenso, che ne pensate del capitolo?
L'ho fatto dolcioso incentrato su Harry e Sunny.
Come vi sembra?
Era necessario diciamo, se no sti due non amoreggiano mai cwc
Btw, spero di aggiornare al più presto, tra questa e l'altra storia Larry che sto scrivendo....
Già che ci siete, passateci ahahah
No serio, è bella e mi ci sto impegnando u.u
Beh basta divulgarmi per oggi,
Buona serata a tutti
Un bacione,
Lou_

Sera dolcezze c:seSunny Sunset aprì un occhio a fatica, iniziando a gemere per un forte mal di testa.
Scosse le spalle, riuscendo ad aprire anche l’altro.
La vista era appannata, sfuocata, e Sunny dovette riaprire e chiudere le palpebre diverse volte prima di rendersi conto davvero di dove si trovasse: un letto matrimoniale, in una stanza dai colori chiari e molti poster di cantanti appesi alle pareti.
Le aumentò solo il mal di testa provare a scorgere cosa dicessero i manifesti.
Alzò il busto lentamente, facendosi forza sulle braccia, ora tremolanti, e soffocando grida di dolore mordendosi il labbro inferiore.
Si sentiva stanca, spossata, spaesata in un luogo mai visto e per di più non si ricordava come ci fosse arrivata.
L’ultimo ricordo che aveva era l’immagine di una figura possente che la stringeva tra le braccia, poi il buio.
E’ un inizio.
Tossì diverse volte per schiarirsi la gola, quindi, imprecando contro sé stessa, riuscì a mettersi seduta e ad avere una visuale più completa della nuova stanza in cui si trovava.
Oltre ai poster, Sunny potè notare un telescopio di discrete dimensioni appoggiato su una scrivania in legno, sommersa da fogli di carta.
Il pavimento era tappezzato di oggetti come lenti di ingrandimento o libri lasciati a metà, forse da riprendere più avanti.
Se questo è il paradiso, preferisco tornare da mia madre.
Però non posso essere morta, o almeno, non ancora.
Il silenzio in cui era immersa la stanza poco prima venne rotto da un rumore di passi veloci e ovattati dietro la porta, che si aprì subito dopo lentamente, lasciando mostrare una lunga chioma rossa, due occhi neri come la pece piuttosto profondi, e un sorriso via via più evidente.
Sunny corrugò la fronte, perplessa.
- “Lo sapevo! Avevo sentito dei rumori! Cosa ti dicevo Nic?” così dicendo il volto della donna si voltò verso destra, rivolgendosi evidentemente a questo Nic che ancora non si mostrava.
Sunny rimase impassibile ad osservarli; paura non ne avrebbe più provata per un po’, aveva passato fin troppo.
- “Comunque tesoro come stai? Vuoi qualcosa da mangiare? Hai dormito per giorni! Dio se lo sapesse Harry….”
Quando si attraversano episodi duri nella vita, che richiedono un certo sforzo sia fisico che morale, ci si immerge in una bolla di apatia e disinteresse verso qualsiasi cosa ci circondi, a meno che non cambi la situazione in cui ci si trova.
Tutto mostra il suo lato negativo, e via via si pensa che la situazione possa solo peggiorare.
Ora, Sunny Sunset aveva provato le stesse identiche situazioni appena descritte, sentendo che ormai non avrebbe potuto patire di peggio, che la sua vita sarebbe pian piano sfumata.
La voce squillante della rossa davanti a lei poi, la irritava solo, pungendole i timpani in modo fastidioso.
Era il nome Harry che aveva reso quella voce un po’ meno squillante e fastidiosa, la situazione che stava passando non così orribile, i dolori alla testa solo passeggeri.
Ed era il solo pensare alla possibilità di rivedere Harry che le fece venire la voglia di sorridere, leggermente, alla donna che si stava dimostrando amichevole in quel momento.
Magari se sorrido rivedo Harry.
Pensieri ingenui, ma in quel caso piuttosto veritieri.
Infatti fu proprio il sorriso della giovane ad aumentare l’entusiasmo di Scarlett, piuttosto preoccupata per la sua salute, a convincerla ad abbracciare Nicolas, al suo fianco, dietro lo stipite della porta, e a gridare per la casa con quanto fiato aveva in gola che la ragazza era sveglia e che stava bene.
Poco dopo il rumore di passi accelerati, sempre più vicini, e una chioma riccia a coprire ora la figura della donna.
Sunny sentì che il suo cuore sarebbe scoppiato all’istante.
L’agitazione le attraversò le gambe, le braccia indolenzite, il petto, la testa, causandole un respiro accelerato e una voglia improvvisa di piangere.
Tutte le emozioni, la paura, il terrore di morire, l’odio, provate fino ad ora, raggruppate nei suoi occhi, ora più lucidi.
Iniziò a storcersi le mani.
In viso le si dipinse una espressione di pura felicità, una leggera timidezza a completare il quadro.
Harry rimase in piedi sulla porta, le braccia lungo il corpo, le converse usurate a picchiettare sul pavimento, nervose, in attesa di correre verso quel letto matrimoniale e saltare sul materasso verso Sunny.
L’orgoglio forse, unito all’imbarazzo per la presenza di Scarlett e Nicolas, tutta la preoccupazione nutrita in quelle notti senza fine, lo resero di pietra, l’espressione indecifrabile in viso in contrasto con il corpo.
Perché si vedeva, si percepiva la sensazione anche nell’aria, come prima di un temporale si sentono i tuoni che preannunciano qualcosa di grande, che Harry e Sunny si volevano stringere, stritolare, convincere loro stessi che la presenza dell’altro non fosse solo immaginaria, ma reale, fottutamente reale.
Così Scarlett, che aveva un innato sesto senso femminile, scambiò una lunga occhiata d’intesa al suo collega scienziato, piuttosto sorpreso verso quello sguardo sornione, e, sorridendo ai due ragazzi, iniziò a spintonare lontano dalla stanza Nicolas, sempre più perplesso e protestante.
La porta si chiuse di scatto alle spalle di Harry, che si voltò solo per un attimo dietro di sé, per poi sopprimere un sorriso e arrossire.
Sunny dal canto suo era rimasta attonita a fissare la scena, indecisa su come comportarsi.
Calò un silenzio imbarazzante, dove i due ogni tanto si lanciavano sguardi sorridenti, Harry si massaggiava il braccio, Sunny si passava le mani tra i capelli.
- “Andiamo Harry, di qualcosa cazzo!” un urlo esasperato dietro la porta chiusa fece voltare i due ragazzi, quindi il riccio scoppiò a ridere, riconoscendo la voce di Louis e,  roteando gli occhi al cielo, gridò un ‘cosa cazzo origli, idiota’ che fece ridere Sunny, se possibile ancora più imbarazzata.
Da tanto non sentiva quella voce roca e piacevole.
Da tanto Harry non sentiva quella risata cristallina e leggera.
Tornarono a guardarsi, senza smettere di sorridersi, quindi Harry, passandosi una mano nervosamente tra i ricci, boccheggiò, non sapendo bene cosa dire.
Gesticolò un attimo verso la ragazza, poi, preso un respiro profondo e ridendo nervosamente, mugugnò qualcosa come
- “Sunny, tu…. Cosa…. Io…..” che venne interrotto dalla stessa ragazza che, esasperata, si era gettata addosso al riccio abbracciandolo stretto a sé, chiudendo gli occhi, assaporandone il profumo, il tocco, la sola presenza.
Harry strabuzzò un attimo gli occhi, quindi, un po’ impacciato, strinse a sé Sunny, passando una mano tra la sua chioma bionda, trattenendosi dal piangere.
- “Tu non hai idea di quanto mi sia mancato, Haz” un sussurro lieve della ragazza.
Harry in quel preciso momento si sentì un vero idiota: per aver pensato che Sunny non tenesse a lui come invece lui teneva a lei, per aver indugiato dal correrle incontro per abbracciarla, per aver passato giornate intere ad assillare Louis con il suo discorso preparato apposta per quell’occasione, quando si era dimenticato poi ogni singola parola, puntino, virgola.
Semplicemente sorrise, consapevole di essersi affezionato fin troppo a quella ragazza dai capelli biondi.
- “Adesso passiamo anche ai soprannomi?” chiese un po’ meno imbarazzato il riccio, sorridendo in tono di scherno, verso la ragazza ora in piedi di fronte a lui, che via via assunse un broncio divertito.
- “Non posso?” disse lei quindi, incrociando le braccia al petto e sbuffando.
- “Stiamo davvero discutendo per un soprannome, dopo tutto quello che abbiamo passato?” si ritrovò a chiedere Harry, sorpreso, mentre si grattava il capo.
- “E cosa vorresti fare?” chiese esasperata Sunny.
Harry alzò le sopracciglia, cogliendo un senso differente nella domanda che, evidentemente, colse anche Louis fuori dalla porta che trattenne a stento una risata e commentò con un ‘Vai ragazza così si parla’ che fece arrossire la giovane e ridere ancora di più Harry.
- “Non è che puoi dire al tuo amico di lasciarci privacy?”
- “Capito Lou? Vogliamo privacy!” gridò il ragazzo per farsi sentire anche all’esterno della stanza.
Uno sbuffo piuttosto esasperato fu il segno che i due erano finalmente soli.
Sunny sospirò, lasciandosi cadere sul letto alle sue spalle.
- “Quanto tempo ho dormito?”
Harry rimase ad osservarla, avvicinandosi di un poco.
- “Una settimana più o meno”
Sunny sgranò gli occhi.
- “Cavolo. E come… come mi avete portata fuori da… quel posto orribile?” un sussurro tremolante che fece intenerire il riccio.
- “Beh, la rossa che hai visto poco prima è mia zia Scarlett e beh, ha un collega, Nicolas, che lavora nel posto dove ti hanno rapita e… abbiamo creato questo gruppo per salvarti. Ah, il simpaticone di poco prima è Louis, il mio vicino di casa.”
- “Volevano sapere come fossi arrivata in questo mondo Harry, io non gliel’ho detto. Mi hanno picchiata, ricattata, minacciata ma io non gliel’ho detto Harry. Io… mi sono sentita così sola” la sua voce si era fatta via via più incerta, immersa nei ricordi, quindi Sunny si nascose il viso tra le mani, scoppiando in un pianto liberatorio.
Harry sospirò, sedendole accanto sul materasso e allontanandole dal viso le mani delicatamente.
- “Guardami Sunny” provò.
- “Dai, guardami” provò più dolcemente.
Finalmente Sunny smise di guardarsi i palmi delle mani, portando i suoi occhi azzurro pallido in quelli verdi di Harry.
Il ragazzo sbuffò, sfiorando con una mano la guancia destra della ragazza per allontanarne le lacrime.
La pelle di Sunny rabbrividì al contatto, il cuore invece di entrambi perse un battito.
- “Odio vederti piangere. Odio le persone che hanno osato farti del male. Sono stato un irresponsabile, non dovevo lasciarti solo a casa mia, merda.” Imprecò il riccio, abbassando lo sguardo e mordendosi un labbro dal nervoso.
Sunny singhiozzò, quindi prese un profondo respiro, abbassando anche lei lo sguardo.
- “Harry, ho paura” parole uscite a fatica dalla bocca della giovane, che fecero voltare il ragazzo, incerto sul loro significato.
- “H-hai paura di quegli stronzi? Perché se è per quello….” Iniziò lui con tono minaccioso, quasi a volerle infondere sicurezza.
Sunny scosse la testa, sorridendo amaramente e interrompendolo; lo sguardo sempre basso.
- “Ho paura di me stessa”
Il riccio si accigliò per un attimo, rimanendo in silenzio in attesa che Sunny continuasse.
- “Ho paura di me stessa” ripeté quindi la giovane, capendo che l’altro l’ascoltava “paura del mio corpo che rabbrividisce a contatto con il tuo, del mio cuore che accelera pericolosamente il suo ritmo, della gioia innata che provo nel vederti. Non so come chiamare questa cosa, questo insieme di sensazioni, Harry Styles, sta di fatto che le provo solo con te. Credi sia un bene?”
Harry rimase ad ascoltarla, sorpreso, ma sorprendentemente felice.
Non era la prima ragazza che le confessava l’amore che provava nei suoi confronti, ma per una volta si sentiva felice, quasi orgoglioso di quel sentimento che aveva forse appena ammesso Sunny di provare per lui.
Sapeva quanto fosse difficile per lei provare sentimenti intensi di quel tipo, dopo tutto quello che aveva passato nel suo mondo, per questo dava importanza alle parole della giovane.
Il fatto che però sentisse esattamente le stesse cose per Sunny, non se lo sapeva spiegare.
Si era pian piano affezionato alla sua presenza, e quando l’aveva persa, se ne era affezionato ancora di più, capendone l’importanza.
Non poteva però ammettere che non ne era spaventato, che nei film d’amore che aveva intravisto alla tv per fare compagnia a Gemma la cosa era resa più semplice, che tutto finiva in meglio.
Loro però avrebbero avuto un lieto fine?
Sarebbero rimasti sempre insieme?
L’amore può davvero sconfiggere ogni cosa, anche l’appartenenza a due mondi differenti?
La mente di Harry Styles era incasinata al momento, piena di problemi, domande senza risposta, ricordi offuscati.
La mente di Sunny non era da meno.
Harry in quel momento, incrociando per l’ennesima volta lo sguardo della giovane, sentì dentro di sé la voglia innata di agire, ma non per sé stesso, ma per dare sicurezza, protezione alla fragile ragazza che aveva davanti.
Fu questo che lo spinse a portare una mano sul mento della bionda, a stringerlo delicatamente e ad avvicinarlo alle sue labbra, fermandosi a pochi centimetri dal suo viso.
Sunny non era come le altre, aveva già troppi problemi, doveva quindi attendere un suo permesso, un consenso a quello che stava per fare.
Gli occhi supplicanti di Sunny furono sufficienti.
Fu così che, quel tardo pomeriggio di un giorno qualunque tra quelli del calendario, Harry Styles baciò con quanta più dolcezza possibile Sunny Sunset.
Un gesto d’amore, per dire io per te ci sono, tengo a te.
Un gesto semplice, che prima o poi tutti decidono di offrire, senza timore.
Un gesto per i due che, successivamente, avrebbe stravolto le loro vite.
Di nuovo. 
Sunny Sunset aprì un occhio a fatica, iniziando a gemere per un forte mal di testa.
Scosse le spalle, riuscendo ad aprire anche l’altro.
La vista era appannata, sfuocata, e Sunny dovette riaprire e chiudere le palpebre diverse volte prima di rendersi conto davvero di dove si trovasse: un letto matrimoniale, in una stanza dai colori chiari e molti poster di cantanti appesi alle pareti.
Le aumentò solo il mal di testa provare a scorgere cosa dicessero i manifesti.
Alzò il busto lentamente, facendosi forza sulle braccia, ora tremolanti, e soffocando grida di dolore mordendosi il labbro inferiore.
Si sentiva stanca, spossata, spaesata in un luogo mai visto e per di più non si ricordava come ci fosse arrivata.
L’ultimo ricordo che aveva era l’immagine di una figura possente che la stringeva tra le braccia, poi il buio.
E’ un inizio.
Tossì diverse volte per schiarirsi la gola, quindi, imprecando contro sé stessa, riuscì a mettersi seduta e ad avere una visuale più completa della nuova stanza in cui si trovava.
Oltre ai poster, Sunny potè notare un telescopio di discrete dimensioni appoggiato su una scrivania in legno, sommersa da fogli di carta.
Il pavimento era tappezzato di oggetti come lenti di ingrandimento o libri lasciati a metà, forse da riprendere più avanti.
Se questo è il paradiso, preferisco tornare da mia madre.
Però non posso essere morta, o almeno, non ancora.
Il silenzio in cui era immersa la stanza poco prima venne rotto da un rumore di passi veloci e ovattati dietro la porta, che si aprì subito dopo lentamente, lasciando mostrare una lunga chioma rossa, due occhi neri come la pece piuttosto profondi, e un sorriso via via più evidente.
Sunny corrugò la fronte, perplessa.
- “Lo sapevo! Avevo sentito dei rumori! Cosa ti dicevo Nic?” così dicendo il volto della donna si voltò verso destra, rivolgendosi evidentemente a questo Nic che ancora non si mostrava.
Sunny rimase impassibile ad osservarli; paura non ne avrebbe più provata per un po’, aveva passato fin troppo.
- “Comunque tesoro come stai? Vuoi qualcosa da mangiare? Hai dormito per giorni! Dio se lo sapesse Harry….”
Quando si attraversano episodi duri nella vita, che richiedono un certo sforzo sia fisico che morale, ci si immerge in una bolla di apatia e disinteresse verso qualsiasi cosa ci circondi, a meno che non cambi la situazione in cui ci si trova.
Tutto mostra il suo lato negativo, e via via si pensa che la situazione possa solo peggiorare.
Ora, Sunny Sunset aveva provato le stesse identiche situazioni appena descritte, sentendo che ormai non avrebbe potuto patire di peggio, che la sua vita sarebbe pian piano sfumata.
La voce squillante della rossa davanti a lei poi, la irritava solo, pungendole i timpani in modo fastidioso.
Era il nome Harry che aveva reso quella voce un po’ meno squillante e fastidiosa, la situazione che stava passando non così orribile, i dolori alla testa solo passeggeri.
Ed era il solo pensare alla possibilità di rivedere Harry che le fece venire la voglia di sorridere, leggermente, alla donna che si stava dimostrando amichevole in quel momento.
Magari se sorrido rivedo Harry.
Pensieri ingenui, ma in quel caso piuttosto veritieri.
Infatti fu proprio il sorriso della giovane ad aumentare l’entusiasmo di Scarlett, piuttosto preoccupata per la sua salute, a convincerla ad abbracciare Nicolas, al suo fianco, dietro lo stipite della porta, e a gridare per la casa con quanto fiato aveva in gola che la ragazza era sveglia e che stava bene.
Poco dopo il rumore di passi accelerati, sempre più vicini, e una chioma riccia a coprire ora la figura della donna.
Sunny sentì che il suo cuore sarebbe scoppiato all’istante.
L’agitazione le attraversò le gambe, le braccia indolenzite, il petto, la testa, causandole un respiro accelerato e una voglia improvvisa di piangere.
Tutte le emozioni, la paura, il terrore di morire, l’odio, provate fino ad ora, raggruppate nei suoi occhi, ora più lucidi.
Iniziò a storcersi le mani.
In viso le si dipinse una espressione di pura felicità, una leggera timidezza a completare il quadro.
Harry rimase in piedi sulla porta, le braccia lungo il corpo, le converse usurate a picchiettare sul pavimento, nervose, in attesa di correre verso quel letto matrimoniale e saltare sul materasso verso Sunny.
L’orgoglio forse, unito all’imbarazzo per la presenza di Scarlett e Nicolas, tutta la preoccupazione nutrita in quelle notti senza fine, lo resero di pietra, l’espressione indecifrabile in viso in contrasto con il corpo.
Perché si vedeva, si percepiva la sensazione anche nell’aria, come prima di un temporale si sentono i tuoni che preannunciano qualcosa di grande, che Harry e Sunny si volevano stringere, stritolare, convincere loro stessi che la presenza dell’altro non fosse solo immaginaria, ma reale, fottutamente reale.
Così Scarlett, che aveva un innato sesto senso femminile, scambiò una lunga occhiata d’intesa al suo collega scienziato, piuttosto sorpreso verso quello sguardo sornione, e, sorridendo ai due ragazzi, iniziò a spintonare lontano dalla stanza Nicolas, sempre più perplesso e protestante.
La porta si chiuse di scatto alle spalle di Harry, che si voltò solo per un attimo dietro di sé, per poi sopprimere un sorriso e arrossire.
Sunny dal canto suo era rimasta attonita a fissare la scena, indecisa su come comportarsi.
Calò un silenzio imbarazzante, dove i due ogni tanto si lanciavano sguardi sorridenti, Harry si massaggiava il braccio, Sunny si passava le mani tra i capelli.
- “Andiamo Harry, di qualcosa cazzo!” un urlo esasperato dietro la porta chiusa fece voltare i due ragazzi, quindi il riccio scoppiò a ridere, riconoscendo la voce di Louis e,  roteando gli occhi al cielo, gridò un ‘cosa cazzo origli, idiota’ che fece ridere Sunny, se possibile ancora più imbarazzata.
Da tanto non sentiva quella voce roca e piacevole.
Da tanto Harry non sentiva quella risata cristallina e leggera.
Tornarono a guardarsi, senza smettere di sorridersi, quindi Harry, passandosi una mano nervosamente tra i ricci, boccheggiò, non sapendo bene cosa dire.
Gesticolò un attimo verso la ragazza, poi, preso un respiro profondo e ridendo nervosamente, mugugnò qualcosa come
- “Sunny, tu…. Cosa…. Io…..” che venne interrotto dalla stessa ragazza che, esasperata, si era gettata addosso al riccio abbracciandolo stretto a sé, chiudendo gli occhi, assaporandone il profumo, il tocco, la sola presenza.
Harry strabuzzò un attimo gli occhi, quindi, un po’ impacciato, strinse a sé Sunny, passando una mano tra la sua chioma bionda, trattenendosi dal piangere.
- “Tu non hai idea di quanto mi sia mancato, Haz” un sussurro lieve della ragazza.
Harry in quel preciso momento si sentì un vero idiota: per aver pensato che Sunny non tenesse a lui come invece lui teneva a lei, per aver indugiato dal correrle incontro per abbracciarla, per aver passato giornate intere ad assillare Louis con il suo discorso preparato apposta per quell’occasione, quando si era dimenticato poi ogni singola parola, puntino, virgola.
Semplicemente sorrise, consapevole di essersi affezionato fin troppo a quella ragazza dai capelli biondi.
- “Adesso passiamo anche ai soprannomi?” chiese un po’ meno imbarazzato il riccio, sorridendo in tono di scherno, verso la ragazza ora in piedi di fronte a lui, che via via assunse un broncio divertito.
- “Non posso?” disse lei quindi, incrociando le braccia al petto e sbuffando.
- “Stiamo davvero discutendo per un soprannome, dopo tutto quello che abbiamo passato?” si ritrovò a chiedere Harry, sorpreso, mentre si grattava il capo.
- “E cosa vorresti fare?” chiese esasperata Sunny.
Harry alzò le sopracciglia, cogliendo un senso differente nella domanda che, evidentemente, colse anche Louis fuori dalla porta che trattenne a stento una risata e commentò con un ‘Vai ragazza così si parla’ che fece arrossire la giovane e ridere ancora di più Harry.
- “Non è che puoi dire al tuo amico di lasciarci privacy?”
- “Capito Lou? Vogliamo privacy!” gridò il ragazzo per farsi sentire anche all’esterno della stanza.
Uno sbuffo piuttosto esasperato fu il segno che i due erano finalmente soli.
Sunny sospirò, lasciandosi cadere sul letto alle sue spalle.
- “Quanto tempo ho dormito?”
Harry rimase ad osservarla, avvicinandosi di un poco.
- “Una settimana più o meno”
Sunny sgranò gli occhi.
- “Cavolo. E come… come mi avete portata fuori da… quel posto orribile?” un sussurro tremolante che fece intenerire il riccio.
- “Beh, la rossa che hai visto poco prima è mia zia Scarlett e beh, ha un collega, Nicolas, che lavora nel posto dove ti hanno rapita e… abbiamo creato questo gruppo per salvarti. Ah, il simpaticone di poco prima è Louis, il mio vicino di casa.”
- “Volevano sapere come fossi arrivata in questo mondo Harry, io non gliel’ho detto. Mi hanno picchiata, ricattata, minacciata ma io non gliel’ho detto Harry. Io… mi sono sentita così sola” la sua voce si era fatta via via più incerta, immersa nei ricordi, quindi Sunny si nascose il viso tra le mani, scoppiando in un pianto liberatorio.
Harry sospirò, sedendole accanto sul materasso e allontanandole dal viso le mani delicatamente.
- “Guardami Sunny” provò.
- “Dai, guardami” provò più dolcemente.
Finalmente Sunny smise di guardarsi i palmi delle mani, portando i suoi occhi azzurro pallido in quelli verdi di Harry.
Il ragazzo sbuffò, sfiorando con una mano la guancia destra della ragazza per allontanarne le lacrime.
La pelle di Sunny rabbrividì al contatto, il cuore invece di entrambi perse un battito.
- “Odio vederti piangere. Odio le persone che hanno osato farti del male. Sono stato un irresponsabile, non dovevo lasciarti solo a casa mia, merda.” Imprecò il riccio, abbassando lo sguardo e mordendosi un labbro dal nervoso.
Sunny singhiozzò, quindi prese un profondo respiro, abbassando anche lei lo sguardo.
- “Harry, ho paura” parole uscite a fatica dalla bocca della giovane, che fecero voltare il ragazzo, incerto sul loro significato.
- “H-hai paura di quegli stronzi? Perché se è per quello….” Iniziò lui con tono minaccioso, quasi a volerle infondere sicurezza.
Sunny scosse la testa, sorridendo amaramente e interrompendolo; lo sguardo sempre basso.
- “Ho paura di me stessa”
Il riccio si accigliò per un attimo, rimanendo in silenzio in attesa che Sunny continuasse.
- “Ho paura di me stessa” ripeté quindi la giovane, capendo che l’altro l’ascoltava “paura del mio corpo che rabbrividisce a contatto con il tuo, del mio cuore che accelera pericolosamente il suo ritmo, della gioia innata che provo nel vederti. Non so come chiamare questa cosa, questo insieme di sensazioni, Harry Styles, sta di fatto che le provo solo con te. Credi sia un bene?”
Harry rimase ad ascoltarla, sorpreso, ma sorprendentemente felice.
Non era la prima ragazza che le confessava l’amore che provava nei suoi confronti, ma per una volta si sentiva felice, quasi orgoglioso di quel sentimento che aveva forse appena ammesso Sunny di provare per lui.
Sapeva quanto fosse difficile per lei provare sentimenti intensi di quel tipo, dopo tutto quello che aveva passato nel suo mondo, per questo dava importanza alle parole della giovane.
Il fatto che però sentisse esattamente le stesse cose per Sunny, non se lo sapeva spiegare.
Si era pian piano affezionato alla sua presenza, e quando l’aveva persa, se ne era affezionato ancora di più, capendone l’importanza.
Non poteva però ammettere che non ne era spaventato, che nei film d’amore che aveva intravisto alla tv per fare compagnia a Gemma la cosa era resa più semplice, che tutto finiva in meglio.
Loro però avrebbero avuto un lieto fine?
Sarebbero rimasti sempre insieme?
L’amore può davvero sconfiggere ogni cosa, anche l’appartenenza a due mondi differenti?
La mente di Harry Styles era incasinata al momento, piena di problemi, domande senza risposta, ricordi offuscati.
La mente di Sunny non era da meno.
Harry in quel momento, incrociando per l’ennesima volta lo sguardo della giovane, sentì dentro di sé la voglia innata di agire, ma non per sé stesso, ma per dare sicurezza, protezione alla fragile ragazza che aveva davanti.
Fu questo che lo spinse a portare una mano sul mento della bionda, a stringerlo delicatamente e ad avvicinarlo alle sue labbra, fermandosi a pochi centimetri dal suo viso.
Sunny non era come le altre, aveva già troppi problemi, doveva quindi attendere un suo permesso, un consenso a quello che stava per fare.
Gli occhi supplicanti di Sunny furono sufficienti.
Fu così che, quel tardo pomeriggio di un giorno qualunque tra quelli del calendario, Harry Styles baciò con quanta più dolcezza possibile Sunny Sunset.
Un gesto d’amore, per dire io per te ci sono, tengo a te.
Un gesto semplice, che prima o poi tutti decidono di offrire, senza timore.
Un gesto per i due che, successivamente, avrebbe stravolto le loro vite.
Di nuovo. 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Chapter 14 ***









Chapter 14



 


Dire che Sunny e Harry, in quel preciso momento fossero imbarazzati, sarebbe stato un eufemismo.
Volevano sprofondare, farsi inghiottire entrambi dal terreno per non tornare mai più, ma si limitarono ad arrossire, subendo gli sguardi maliziosi di Louis e Scarlett, seduti di fronte a loro nel salotto dell’appartamento di Nicolas, l’unico che ancora non aveva capito come stessero realmente le cose.
La stanza era immersa in un calmo silenzio, imbarazzante, ma sereno.
Tutti lì sapevano quanto tutta la situazione sapesse di tregua, calma apparente dopo una così travolgente sequenza di fatti, ma si limitavano al silenzio, ad assaporare il nulla, a scambiarsi sguardi o, nel caso di Harry e Sunny, di stringersi la mano talmente forte da far male.
Nicolas, sempre piuttosto confuso riguardo la situazione, scambiò un cenno d’intesa con Scarlett, che lo seguì nella stanza adiacente, sotto lo sguardo indagatore dei tre ragazzi.
Louis si strinse nelle spalle, accomodandosi alla meglio sul divano sgualcito al centro della stanza e, portandosi le mani dietro la testa, si limitò a sorridere.
Più Sunny lo osservava, più se chiedeva se al mondo esistesse qualcosa che potesse turbarlo, aveva sempre quel sorrisetto dipinto in volto, una maschera di apatia e allegria sul viso che a tratti la lasciava spiazzata.
Harry le mollò la mano, scambiandole un veloce sguardo di scuse, per poi sorriderle e abbracciarla goffamente, stringendola a sé contro il suo petto.
Sunny si irrigidì a quelle attenzioni, non ancora abituata alla situazione.
E poi, un ragazzo così carino non lo aveva mai avuto.
Sorrise sorniona, accoccolandosi meglio contro il riccio, che sorrise lascivo.
- “Piccioncini mi fate venire la nausea” commentò con finto tono schifato Louis, aprendo solo un occhio per poi richiuderlo, soddisfatto.
Harry sbuffò, scuotendo piano la testa e lasciando più libero di movimenti il busto della ragazza.
La bionda invece guardò con astio quel ragazzo così strano: non sapeva come definirlo, non lo conosceva, ma era troppo invadente per i suoi gusti.
Un colpo di tosse ruppe la scena: Scarlett e Nicolas ora erano sulla soglia della sala, gli sguardi seri e l’espressione in viso contratta.
I tre giovani si irrigidirono allarmati: qualcosa doveva essere successo e, a giudicare dagli sguardi dei due scienziati, qualcosa di grave.
Fu Scarlett a rompere la tensione creatasi
- “Ragazzi, dobbiamo andarcene in fretta di qui, il cellulare aziendale di Nicolas emette segnali Gps, potrebbero rintracciarci.” Tono lapidario, che non ammetteva regole.
Harry si accigliò, scattando in piedi.
- “E perché abbiamo aspettato così tanto? Sai quanto rischia Sunny!”
La bionda accanto a lui si preoccupò dell’agitazione del riccio, e gli strinse il braccio, provando a rasserenarlo.
- “E’ che non ci ho pensato… e poi…” iniziò con tono basso l’uomo, in imbarazzo, giocherellando con le dita delle mani.
- “Cosa? Cosa! Siamo in una situazione snervante e tu ti permetti anche di dimenticare le cose! Dio…” continuò furente il riccio, Sunny che gli tirava il braccio con insistenza come a richiamarlo, Louis che osservava la scena, impassibile, con un leggero cipiglio.
- “Adesso basta Harry, se non fosse per Nicolas ora non saremmo qui a….” provò atona Scarlett, avvicinandosi al nipote, sempre più furente.
- “Se non fosse per Nicolas? Continua, perché a me sembra che non abbia fatto in realtà nulla per noi. Lavora per quella cazzo di compagnia, non mi fido.”
- “Haz, calmati, siamo tutti stanchi, ma non farti prendere dal panico” interruppe Louis a voce alta, guadagnandosi un po’ di rispetto agli occhi di Sunny che, capendo lo stato d’animo del riccio, gli prese la mano, stringendogliela forte e incrociando le sue dita con le proprie.
Harry abbassò un attimo lo sguardo sulle sue mani, per poi guardare a lungo Sunny negli occhi.
La bionda vi lesse preoccupazione e tanta stanchezza, quegli occhi verdi così vivi che chiedevano disperatamente un po’ di tregua da tutto il male che avevano dovuto osservare, impotenti.
- “Harry, tranquillo, andrà tutto bene” gli sussurrò quindi la ragazza, dolcemente, provando a sorridere.
Il riccio sospirò, rilassandosi apparentemente, quindi tornò a guardare i due scienziati, impazienti.
- “Scusatemi” commentò solo, tenendo lo sguardo basso sulle sue Converse.
Scarlett si trattenne dall’abbracciarlo, come tutti avrebbero voluto fare del resto.
Erano tutti stanchi, ma lui, più di tutti aveva ragione di esserlo.
Nicolas fece un cenno veloce, come a dire che non gli importava, quindi riprese il discorso interrotto dalla collega.
- “Prenderemo la mia auto, se vi va bene”
 
 
 
 


 
 
E quella era solo una delle tante volte della lista in cui Sunny era dovuta partire.
Vedere il paesaggio attorno a sé cambiare, la sensazione di smarrimento, la voglia di gridare che non ne poteva più.
Perché era vero, non ne poteva più: quante cose aveva dovuto affrontare da quando era finita in quel mondo? Quanta gente aveva dovuto coinvolgere nei suoi casini?
Quanto dolore provato e fatto provare, quanti paesaggi aveva visto, quanti ne avrebbe visti ancora?
E più si dava una occhiata intorno, più si rattristava.
Quella che la circondava era brava gente, che le voleva bene, che aveva rischiato tutto, chi il lavoro, chi la stessa vita, per lei.
E semplicemente lei si chiedeva il perché.
Lei non valeva così tanto.
Lei non si dava così tanta importanza.
Eppure loro gliene stavano dando, e i loro sorrisi, le loro carezze, o semplicemente i loro sguardi le scaldavano il cuore e le facevano venire voglia di sorridere, stringersi nelle spalle e pensare che in fondo, il continuo cambio di paesaggio era un bene, che era sopportabile, che era un giusto prezzo da pagare.
Ma per lei.
Loro, quanto avrebbero sopportato ancora, per lei?
Aveva paura della risposta, perché lo sapeva.
Tra poco l’avrebbero abbandonata, se lo sentiva, finiva sempre così, a partire da suo padre,che l’aveva abbandonata da piccola, ma del resto chi non lo biasimava?
Harry abbassò il viso verso la sua guancia, solleticandole la pelle con il naso e chiudendo gli occhi per scoccarle un bacio timido e leggero, quindi cercò la sua mano sul sedile posteriore dell’auto in cui erano seduti e la strinse sussurrandole all’orecchio un
- “Sono così felice di averti accanto”
Che fece crollare tutti i cattivi propositi di Sunny, che le fece accaldare il viso e mancare l’aria.
Che la fece sorridere, voltare, e posare un lungo bacio sulle labbra carnose del riccio perché, perché non lo sapeva nemmeno lei.
Gli era riconoscente, tutto qui.
Riconoscente di averla incontrata.
Riconoscente di averla aiutata.
Capita.
Compresa.
Amata.
Ma come tutte le belle cose, le belle situazioni che ti travolgono la vita, che ti fanno cambiare la visione dei fatti, da negativi a positivi, da nuvolosi a soleggiati, raggianti, tutte le belle cose hanno una fine.
Milioni di poeti hanno speso parole e riflessioni a riguardo, milioni di persone ne fanno conto ogni giorno, Sunny ne fece conto in quel preciso momento.
L’auto stava andando ad una andatura veloce, nei limiti imposti dall’autostrada, sotto la guida sicura di Nicolas, con accanto sul lato del passeggero Scarlett, e dietro, leggermente stretti, i tre ragazzi.
Le macchine scorrevano tranquille accanto a loro, chi le superava, chi rallentava, in quella gara infinita e senza regole fattibili.
Un’auto però, o più precisamente un furgone, sull’azzurro, familiare agli occhi del riccio e di Sunny, che però in quel momento non lo notarono, lì superò silenzioso.
Era un bel momento quello, racchiuso tra quelle quattro porte di quell’auto.La musica da una insulsa radiolina diffondeva una musica che doveva essere orribile alle orecchie di Louis, che, ridendo, costringeva Scarlett, piuttosto sbuffante ma con un sorrisino nascosto, a cambiare stazione.
Si potrebbe dire una isola felice in un mondo triste e cupo.
Anche Nicolas ora allungava una mano verso la radio, giusto per infastidire i due litiganti.
Mondo che finì in quel momento, quando il furgoncino frenò all’improvviso davanti alla macchina dello scienziato, non lasciandogli il tempo di allungare un piede e frenare, nemmeno il tempo di pensare, imprecare o pregare.
Fu un attimo di panico, con un sordo rumore di vetri e lamiere che si accartocciavano in modo inquietante, poi il buio.
Sunny strinse la mano ad Harry. 









Sera!
Devo chiedere scusa per un bel po' di cose oggi...
1)Il ritardo con cui ho pubblicato
2)La lunghezza del capitolo
3)Il contenuto del capitolo
4)Il fatto che non sospenda l'account e vada a nascondermi.
Dio odio pubblicare capitoli che non mi piacciono, è che non sapevo come scriverlo meglio e rendere l'idea, e poi è uscito piccolo.
Davvero, vogliate scusarmi, nel prossimo non vi farò pentire, i promise (y)
però c'è un colpo di scena (o almeno ci ho provato ahahah)
Quindi la question di oggi è:
Cosa succederà per voi?
(vi avviso che non manca molto alla fine)
Btw, sono molto di fretta (si lo so, non ho neanche la decenza di divulgarmi come sempre ahahah)
Vi auguro una buona settimana e buona serata!
Un bacione <3
Lou_

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Chapter 15 ***







Chapter 15





 

Harry Styles percepì un dolore lancinante al braccio destro, come se glielo stessero strappando dal busto; provò quindi a muovere l’altro, a fatica, giusto per capire se fosse ancora vivo sulla terra. Le gambe erano pesanti e rigide, ma ancora al loro posto.
Socchiuse gli occhi, sentendo un forte mal di testa, quindi realizzò solo allora di essere stato catapultato fuori dall’auto nello scontro e di essere finito nel fosso accanto l’autostrada.
Chiuse gli occhi per un attimo, storcendo il naso per lo sforzo e cercando di arrancare verso l’asfalto, a pochi passi da lui.
Attorno a lui l’ambiente era immerso nel verde, a tratti fangoso, dietro di sé qualche albero; poi scorse l’autostrada e il respiro gli si mozzò in gola.
Copertoni sparsi tra macerie dell’auto di Nicolas, ora incastrata contro il retro di quel dannato furgoncino azzurrino, fin troppo familiare.
Imprecò a bassa voce; la gola secca, il deglutire a fatica per lo spavento.
Era quasi sera, il sole tendeva a creare effetti di luce chiari per il cielo, ora più scuro e ricco di nuvole.
Di auto non ne passavano per il momento, la strada era deserta e immersa in un silenzio irreale: la quiete dopo una battaglia piena di caduti.
Harry si sforzò con le mani di tirarsi a sedere: le sue braccia vibrarono vistosamente per lo sforzo, piegò quindi le gambe sotto di sé.
Dove sono tutti.
Louis, Scarlett, Nicolas!
Dov’è Sunny.
Una volta che andava tutto per il verso giusto.
Non voglio perderla ancora.
Non voglio, non lo sopporterei.
Cazzo che male ste’ gambe.
Tossì diverse volte, cacciando sbuffi grigi di fumo nell’aria e, portandosi le braccia al petto, trovò la forza di mettersi in piedi, un po’ barcollante, l’equilibrio precario, ma in piedi.
Non abbassò lo sguardo sul suo corpo, aveva paura di vedere qualcosa di spiacevole, non ne aveva la forza; cercò invece di scorgere da qualche parte una persona, qualche testimonianza di non essere l’unico sopravvissuto.
Un pianto sommesso, leggero, lo fece scattare sul posto; iniziò quindi a muovere la testa velocemente da tutte le parti, il minimo movimento percepibile che gli potesse saltare agli occhi.
Notò i resti della portiera dell’auto di Nicolas fremere impercettibilmente, quindi, imprecando, storcendo il viso per lo sforzo, il dolore, raggiunse zoppicando la zona e provò a scostare quei pezzi di metallo.
Il pianto ora si fece più chiaro, e Harry potè vedere davanti a sé la ragazza cui fino a poche ore prima stringeva la mano, l’unica preoccupazione di vederla serena.
Il suo cuore perse un battito, strabuzzò gli occhi, si trattenne dal piangere.
Si chinò quindi verso Sunny, il viso rigato da lacrime, le braccia tese verso l’alto, le gambe piegate e graffiate in vari punti.
- “Har…Harry sei vivo” un flebile sussurro che fece stringere il petto al riccio che, la vista appannata, le gambe ormai cedute sull’asfalto, avvicinò il viso alla bionda, sussurrandole poi all’orecchio
- “Grazie al cielo sei qui. Con me.” La voce più roca del normale, ma comprensibile.
Le braccia di Sunny si strinsero al petto del riccio che, facendo appello a tutte le sue forze, si tirò nuovamente in piedi, aiutando nel movimento la ragazza, che, barcollante, ora gli era accanto.
Sunny si strinse al suo petto con tutte le sue forze; il petto scosso da tremiti, le lacrime a bagnare la maglia lacerata di Harry, mortificato nel vederla così.
- “Come è successo tutto questo? Gli altri?” sussurrò la ragazza contro il suo petto.
Harry la strinse di più a sé, carezzandole il capo e lanciando sempre sguardi nei dintorni, l’ansia sempre maggiore.
- “Non lo so. Spero siano vivi. Abbiamo avuto un… incidente con quel fottuto furgone azzurro, te lo ricordi no?”
Sunny si irrigidì a quelle parole, quindi smise di singhiozzare e alzò il capo verso il riccio, che la osservava preoccupato.
Un taglio sulla fronte, che andava dal sopracciglio  e si perdeva nei ricci, il labbro spaccato, gli occhi sofferenti.
- “Ancora loro. Non ci posso credere. Non… non ci voglio credere.” Il tono di voce di Sunny ora era leggermente più acuto per lo spavento e la rabbia.
La ragazza quindi si allontanò di poco da Harry e cercò con lo sguardo il furgoncino.
- “Cerchiamo gli altri Sunny” una richiesta lamentosa di Harry che la fece voltare di poco.
Il riccio corrugò la fronte davanti quella reazione: Sunny non rispose e, semplicemente, a fatica e tra continui saltelli per un piede che le doleva, raggiunse il furgone.
- “Sunny” iniziò allora Harry “Sunny dove vai!” allungò disperato una mano verso la figura della ragazza e si affrettò come potè a seguirla.
Più si avvicinavano al furgone più le macerie diminuivano; l’angoscia però aumentava di respiro in respiro.
La ragazza raggiunge quindi l’ingresso ammaccato del mezzo, sforzandosi di non abbassare lo sguardo sull’auto di Nicolas, a pochi passi da loro e completamente distrutta; quindi, con un balzo goffo, entrò.
Harry era sempre più accigliato e perplesso, ma la seguì senza battere ciglio; quel silenzio tra loro lo inquietava, era strano, diverso.
L’interno era immerso nel caos più totale, la scrivania nella parte posteriore rovesciata, fogli scritti a penna ovunque, qualche arma abbandonata in un angolo.
Harry deglutì a fatica, tornando poi a seguire Sunny con lo sguardo, ora ferma davanti un lato dell’auto, le mani strette a pugno lungo i fianchi.
Il riccio mugugnò qualcosa poi, evitando accuratamente gli oggetti sparsi davanti a lui, affiancò la ragazza e alzò lo sguardo verso di lei, una domanda inespressa.
Sunny allora fece un cenno col capo davanti a sé e Harry, lentamente, alzò lo sguardo nella stessa direzione e il panico gli attraverso completamente la mente: gli occhi sgranati, il respiro affannoso, la rabbia in lui illimitata.
- “Ma questo è….” Ruppe quindi il silenzio.
- “Si” rispose subito lei, rimanendo immobile, chiudendo gli occhi, quasi dovesse sforzarsi di fare ordine nella sua mente, troppo affollata da pensieri.
Harry invece era semplicemente confuso e sbalordito.
Davanti a loro, in quel dannato furgone che aveva bloccato loro la strada, c’era il suo specchio, la stessa lastra di vetro che vedeva la mattina in bagno, appena sveglio, per lavarsi i denti, fare smorfie.
Un oggetto insignificante nella sua vita, che ora aveva quel che di inquietante: quei tizi erano entrati in casa sua, avevano cercato, avevano quindi trovato lo specchio.
Sunny era sicuramente in pericolo e, istintivamente, cercò la sua mano e la strinse forte contro la sua gamba, un contatto lieve ma alcoltempo così forte.
- “Sai cosa vuol dire questo… vero Harry?” la voce rotta da singhiozzi, un sorriso amaro dipinto in volto, lo sguardo sempre posato su quello specchio, che rifletteva loro due, mostrava le ferite acquisite fino ad ora, esterne sulla pelle ma anche interne sul cuore.
Harry sorrise timidamente al riflesso di loro due sul vetro.
Si immaginò loro due per un attimo, qualche anno più grandi, lui magari più alto e muscoloso, lei con i capelli legati e un viso maturo.
Si immaginò come, mano nella mano, liberi, senza pensieri, andavano al college, per poi laurearsi a breve.
Ebbe la visione di loro due in abiti da cerimonia, come aveva sempre desiderato vederlo sua madre e si, Harry pensò che ne sarebbe stata orgogliosa.
Ma soprattutto, l’immagine che non smetteva di ammirare era quella del viso di Sunny, i suoi lineamenti morbidi, i suoi tagli, i suoi capelli scomposti e di un biondo cenere.
I suoi occhi così profondi e vivaci.
Le sue labbra, morbide e rosse, che avrebbe assaporato per ore se solo ne avesse avuto l’occasione.
Quindi, scontrandosi contro le sue idee e i suoi presupposti sulla vista, si ritrovò una lacrima umida a bagnargli la guancia: a tracciare un lungo solco accanto le sue labbra.
Harry Styles stava piangendo col cuore.
Perché aveva capito che tutto quello che avrebbe fatto con Sunny sarebbe stato solo frutto dell’immaginazione, che loro insieme non avevano un futuro.
Pianse in silenzio, senza singhiozzi: le ferite dell’incidente ora erano inesistenti rispetto al dolore che gli squassava il petto, facendogli stringere il labbro dal nervoso.
- “Ti prego… Harry ti prego non piangere” la voce spezzata di Sunny accanto a lui, che gli fece solo aumentare la tristezza di quel momento.
Quando ancora avrebbe sentito quella voce calda, dolce, squillante?
Mai più.
La bionda si voltò completamente verso di lui, gli strinse le mani attorno le braccia muscolose e lo fece voltare a forza, sforzandosi di non toccargli i graffi o le ferite.
Harry aveva lo sguardo basso, le ciglia lunghe dal quale pendevano piccole lacrime che si infrangevano contro la sua pelle.
Sunny trattenne il fiato.
- “Posso…. Harry posso baciarti un’ultima volta?” un sussurro lieve, un bisogno fisico di rinfrescare la memoria di quell’azione così bella.
La voglia di sentire il sapore del riccio contro le sue labbra.
Lui scosse quindi la testa, un sorriso aspro sempre dipinto in volto, che non coinvolgeva gli occhi, faceva solo accennare due piccole fossette attorno le labbra.
Velocemente, con tutta la disperazione del momento che gli faceva tremare le mani, Harry avvicinò il viso di Sunny a sé e, con tutta la delicatezza possibile, la baciò.
Le loro bocche combaciarono, si schiusero nello stesso momento: le loro lingue desiderose di scontrarsi un’ultima volta, di sentire quel sapore, quell’essenza dell’altro.
Il sapore salato delle lacrime a rendere più vivo quel contatto.
Si staccarono dopo molto, solo per riprendere fiato; Harry guardò Sunny, Sunny guardò Harry.
Gli occhi del riccio brillavano in quella oscurità e devastazione che li circondava, quelli di Sunny erano lucidi dalle lacrime, dal dolore.
- “Non piangere” ripetè quindi lei tra sussulti, portando i pollici contro le guance del riccio e catturandone tutte le lacrime; Harry sorrise lievemente, facendo lo stesso sul viso di Sunny.
- “Non devi per forza andartene” provò ancora lui, la fronte corrugata in quell’ultimo disperato tentativo di trattenerla lì.
Lei scosse la testa, abbassando timidamente lo sguardo sulle sue scarpe logorate.
- “Non voglio causare altra distruzione, non voglio metterti in pericolo, non voglio coinvolgere altri innocenti.” Parole dure, pesanti da digerire.
Harry chiuse gli occhi: perché stava soffrendo, perché in fondo sapeva che aveva ragione.
Lei tornò a singhiozzare, scoppiando nuovamente in lacrime.
Il riccio quindi, sforzandosi di sorridere, le poggiò la fronte contro la sua, respirandone il profumo.
- “Ehi, ehi piccola. Sei la cosa più bella che mi sia mai capitata, sappilo”
E Sunny arrossì lievemente, provando a sorridere, a ricambiare quello sguardo così intenso.
- “Ehi voi! Fermi! Chi siete?” una voce agitata e bassa, ruppe il loro sussurrare.
Harry si voltò verso l’uomo che aveva gridato loro contro, coprendo la ragazza, che si sforzava di scorgere l’identità di chi aveva parlato.
L’uomo, basso, una tenuta che doveva essere stata bianca, ora sudicia, da lavoro, il viso graffiato in più punti, un braccio a penzoloni e un fianco appoggiato alla parete del furgone.
- “Sunny è uno di loro, corri nello specchio, ti prego.” Sussurrò lievemente il riccio, chinando di poco la testa dietro di sé; lo sguardo sempre puntato sull’uomo, che si stava lentamente avvicinando.
- “Harry non voglio ti facciano del male” rispose quindi lei, aggrappando le braccia alla sua schiena, chiudendo gli occhi, pregando che fosse tutto un incubo.
- “Ti prego, vattene. Vattene!”
Sunny sgranò gli occhi: Harry era scoppiato in lacrime, la voce rotta dai singhiozzi e dalla preoccupazione, conservando sempre un tono autoritario.
E lì capì.
Annuì, quindi e si avvicinò all’orecchio del riccio.
- “Ti amo” sussurrò, soffermandosi di più accanto quell’orecchio, quindi, lanciando un ultimo sguardo d’odio verso l’uomo, perplesso e minaccioso, sempre più vicino, Sunny corse nello specchio e, sotto lo sguardo strabiliato di quest’ultimo, scomparve.
L’impiegato dell’Athomic sgranò gli occhi, iniziò a tremare e, sempre barcollando, corse incespicando verso l’esterno del furgone, gridando dalla paura.
Harry rilassò i muscoli, chiuse gli occhi, si accasciò contro la parete del mezzo, non curandosi di evitare gli oggetti sparsi a terra.
Piegò le gambe davanti a sé, vi poggiò le braccia sopra e alzò lo sguardo verso lo specchio, opaco, che rifletteva a stento la sua immagine.
Il riccio chiuse gli occhi, si abbandonò alla parete dietro di sé.
- “Anche io” sussurrò quindi, tra le poche lacrime rimaste.
  









Hola.
Credo questo capitolo si commenti da solo, vi dico solo che a scriverlo mi è venuto il magone c:
Che dire, siamo agli sgoccioli gente, il prossimo è l'epilogo!
Ringrazio chi ha letto la mia storia fin qui e si è fatto sentire, vi voglio bene, giuro.
Scappoche sono anche di fretta mannaggia a me ahahah
 allora alla prossima, lì ci salutiamo per bene <3
Un bacione e buona serata
Lou_


Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Epilogo ***







Epilogo







 

Aprii gli occhi di scatto, svegliandomi di soprassalto e spegnendo la sveglia accanto a me che trillava in modo insistente.
Sbadigliai, stiracchiandomi e mettendomi in piedi a fatica. La luce solare penetrava liberamente dalle tende della mia finestra, illuminando la stanza. Dal piano inferiore sentivo un muoversi continuo di oggetti metallici e tacchi a spillo sul palchet.
Sospirai, un'altra giornata stava per iniziare.
Strusciando le ciabatte sul pavimento, raggiunsi il corridoio centrale e, muovendomi a tentoni nel buio, raggiunsi i gradini iniziali delle scale.
-"Ciao tesoro! Come stai?" Cominciò allegra mia madre, tra un passo e l'altro per il salotto alla ricerca di non so cosa.
Sbadigliai ancora, stropicciandomi l'occhio e scendendo le scale barcollando.
-"Mh" mugugnai come risposta, facendola ridere leggermente.
-"Tesoro la colazione è sul tavolo...ah e per caso hai visto le chiavi dell'auto?" Continuò, con sguardo assente.
Io scossi la testa, raggiungendo l'isola della cucina e rubando qualche biscotto al cioccolato.
-"Ah eccole!" Urlò di gioia nell'altra stanza, facendomi sorridere.
Un altro zampettio di tacchi sul pavimento e
"Tesoro ultima cosa, come mi trovi? Devo essere impeccabile per il nuovo colloquio..." Abbassò lo sguardo sul suo abito, imbarazzata, per poi fare una piccola piroetta sul posto.
Scossi nuovamente la testa e, combattendo contro l'istinto di addormentarmi sul ripiano davanti a me, alzai un pollice di assenso verso mia madre che, sorridendo radiosa, si avvicinò a me e mi stampó un lungo bacio sui capelli.
-"Ti voglio bene, ricordatelo sempre" mi sussurrò quindi all'orecchio.
La salutai con un cenno del capo e la vidi sparire dietro lo stipite della porta della cucina.
Chiusi un attimo gli occhi, godendomi quel nuovo ed irreale silenzio, quindi corsi in camera mia a prepararmi per la scuola.







L'aria era fresca e leggera e mi scompigliava piano i capelli. Allungai il passo, ero come al solito in ritardo e non volevo trovarmi chiusa all'esterno del cancello scolastico a pregare di entrare. Scorsi da lontano, svoltando l'angolo, la scuola, ormai vuota all'esterno. Mi mordicchia il labbro nervosamente, cominciando a correre sull'asfalto.
Raggiunsi in breve tempo l'entrata, trovandomi chiusa fuori e una bidella intenta a spazzare via dell'erba dalla strada.
Presi fiato, quindi tossicchiai rumorosamente per attirarne l'attenzione. Quella smise di pulire e si voltò verso di me con aria seccata.
-"Scusi - cominciai, schiarendomi la voce - non è che mi farebbe entrare?"
La donna, sulla cinquantina e dai corti capelli neri scosse la testa categoricamente, voltandosi per tornare alle sue faccende.
-"La prego, ho solo cinque minuti di ritardo!" Imprecai a voce alta, poggiandomi al cancelli in ferro davanti a me.
La bidella sospiró, tornando ad osservarmi dall'alto in basso, prendendo un profondo respiro.
-"Senti signorina, la prossima volta punta la sveglia un po'..." La voce le si abbassó di colpo e io rimasi ad osservarla corrucciata.
Aveva lo sguardo puntato alle mie spalle, quindi mi voltai velocemente e scorsi un ragazzo riccio, alto e di corporatura esile ma muscolosa.
Sentii l'aria attorno a me venirmi a mancare, la realtà attorno a me farsi appannata, incrinarsi, le guance tornare umide. Tornai a guardare la bidella, che, nel frattempo, si era affrettata ad aprire il cancello al ragazzo, che ringraziò in modo sbrigativo, entrando dopo di me. Accelerai il passo attraverso il cortile scolastico; non volevo voltarmi, non volevo pensare, solo correre.
-"Ehi!" Una voce roca alle mie spalle, così familiare e contemporaneamente lontana e intoccabile.
Singhiozzai tra me, non smettendo di camminare.
-"Insomma ferma! - un grido esasperato, ora più vicino. Alzai lo sguardo davanti a me per notare lo stesso ragazzo riccio in piedi, con espressione preoccupata in volto.
-"Spostati" sussurrai, cercando di mantenere la calma, aggrapparmi a quella sensazione di tranquillità, sempre più irraggiungibile.
-"Se mi assicuri che stai bene..."
-"Sto bene" tagliai corto, mantenendo sempre lo sguardo basso.
-"Ripetimelo guardandomi negli occhi" continuò lui, con tono più dolce.
Imprecai, non riuscendo più a trattenere le lacrime e
"Non ho tempo per certe sciocchezze! Lasciami in pace! Non sto bene ma a te cosa importa? Vai ad importunare qualcun'altra" sbottai, spingendolo da un lato della strada e tornando sui miei passi.
-"Non è normale vedere una ragazza piangere mentre ti guarda, per questo ho chiesto." Disse con tono lapidario.
Mi bloccai nuovamente, sospirai, guardai in alto verso il cielo per qualche attimo, quindi deglutendo a fatica mi diressi verso il cancello.
-"Ora dove vai?" Riprese con tono esasperato.
Non mi voltai nemmeno, sorrisi solo amaramente e
"Ci si vede, Harry"









-"Anche io" la sua voce roca divenuta così lontana, poi il buio.
Mi alzai dolorante dal pavimento, massaggiandomi la testa e osservando l'ambiente familiare attorno a me: il mio bagno.
Mi morsi il labbro, accucciandomi in un angolo della stanza con le gambe piegate contro il mio busto e, finalmente, piansi.
Sfogai quel magone che avevo dentro, liberai la mia mente dalle ansie, le preoccupazioni, i pensieri e le assurdità degli ultimi giorni.
Ma soprattutto piansi per Harry.
Mi amava, io lo amavo.
L'amore è un sentimento che si sente così poche volte nella vita, e quel ragazzo lo aveva fatto sentire addirittura unico.
E ora lo avevo perso, come l'illusione di quel mondo che avevo appena abbandonato.
Singhiozzai, quindi, asciugandomi le guance con una mano, uscii dal bagno lentamente, cercando mia madre con lo sguardo.
Raggiunsi le scale, e un rumore di stoviglie rovesciate mi fece irrigidire, quindi mi voltai in direzione del rumore e scorsi mia madre, le mani sulla bocca, gli occhi velati da lacrime e arrossati, di chi si è svuotato anche dell'anima piangendo.
-"Mamma" sussurrai sconvolta.
E lei semplicemente corse verso di me, superando le scale senza sforzo e stringendomi a sé con amore, forza, affetto.
Quel gesto, quel gesto fu l'unico a farmi dimenticare Harry, la sua immagine, i suoi ricci le sue labbra i suoi occhi, per un attimo.
Mia madre che mi abbracciava, era da tanto che non accadeva.








Continuavo a rimuginare su quell'addio improvviso e costretto. Non lo volevo abbandonare, da quando gli avevo detto addio ero così vuota, una corazza di metallo senza nessuno dentro, inutile e terribilmente triste.
Mi ci erano voluti giorni per scordarmi dei suoi capelli, settimane la sua voce, un mese il suo tocco leggero e delicato su di me.
I suoi occhi invece mi comparivano davanti ogni notte.
Era l'unica cosa rimasta di lui nella mia mente alla quale potevo aggrapparmi, solo che ogni volta che mi ci appendevo con le unghie, la mattina svegliandomi cadevo rovinosamente al suolo.
Non avevo più avuto notizie di lui, non sapevo come stava, se Scarlett o Louis o Nicholas stessero bene. Se beveva il tea regolarmente prima di dormire come quando io ero con lui e lo preparavamo insieme, o se amava ancora indossare jeans informi, o se la mattina il sole gli illuminava ancora i capelli.
Nulla, solo ricordi.
E fino ad ora era andata bene così, potevo accedere alla mia immaginazione quando volevo, isolarmi un po' e stare in sua compagnia.
Mia mamma pensava al resto; era diventata molto più attenta e affettuosa nei miei confronti da quando ero scomparsa, il che mi faceva riflettere.
Ma oggi? Questa fottuta mattinata dovevo per forza incontrare l'Harry della mia realtà? Del mio mondo?
Una ferita dalla quale mi stavo ancora curando, venuta brutalmente riaperta.
Ed ora ero qui, sola e persa tra i miei pensieri, a camminare verso non so dove, forse a casa, l'unico posto che non mi ricordasse di lui.








L'aria si era affievolita, lasciando spazio ad un'atmosfera calda e soffocante, dannatamente afosa.
Il sole non dava cenni di sparire e io, coprendomi dal sole con una mano, aprii la porta di casa, per poi chiudermela alle spalle con uno scatto.
Il locale era deserto e silenzioso; sospirai per dirigermi al piano di sopra, lanciando pesantemente lo zaino in un angolo.
Mi tolsi in fretta camicetta e jeans, recuperai un asciugamano e corsi in bagno, chiudendomi la porta alle spalle.
Diedi un occhiata intorno e mi bloccai con le mani a mezz'aria, la bocca spalancata e gli occhi sgranati.
Il respiro mozzato in gola, il cuore che smise all'istante di battere.
Tutto in quel momento mi sembrò irreale e senza senso.
-"Cazzo" biascicò lui, tirandosi a sedere a fatica e massaggiandosi la testa.
Alzò il viso e incrociò il mio sguardo; sbiancò anche lui.
Attimi di silenzio interminabili, dove solo allora mi resi conto di essere spiacevolmente in mutande, quindi con uno scatto presi l'asciugamano e mi coprii alla meglio.
Lui arrossì, accennando un sorriso, quindi si passò una mano tra i ricci, alzandosi in piedi.
-"Sunny" sussurrò allora, il mio nome pronunciato dalla sua voce, roca e fievole.
Un tuffo al cuore.
Sorrisi, le lacrime a velarmi lo sguardo.
-"Ha...Harry" risposi io, ancora incredula e sopraffatta dalla gioia.









Giornooooo :D
Allora? iniziate le vacanze?
Fi io non ce la facevo più.... ma sono riuscita ad aggiornare ;)
Allora, che ne pensate di questo epilogo?
Secondo voi Harry come è tornato da Sunny?
Beh che dire.... questa è la fine :(
Vi ringrazio tutte di cuore, dalla prima all'ultima: senza di voi non avrei scritto un cazzo lol
Spero vi sia piaciuta come trama, un po' diversa dalle solite che si aggirano per il sito...
Ehhh niente, se volete sto scrivendo un'altra storia, angst e larry *^*
La trovate sul mio profilo ;)
Auguro buona fortuna a chiunque abbia esami da fare ;))
Bacione e a presto spero! <3
Lou_

GiornoooG 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1543123