Rette parallele

di YUMA
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo:

1 settembre 1989:

Due occhi color nocciola scrutavano la stanza in cerca di qualcosa di interessante da guardare. In cerca di una persona che non avevano mai visto. In cerca di una persona che avevano solo immaginato fosse stata accanto al padrone di quegli occhi un po’ di tempo prima.
Sapeva di non essere da solo.
Girava lo sguardo a destra e a sinistra,sentendosi ogni secondo più abbandonato.
Voleva rincontrare quegli occhi così identici ai suoi. Così uguali,ma così diversi.
Eppure in fondo lui sapeva che non era così. Sapeva che non li avrebbe mai rincontrati per il resto della vita. Una piccola risata di un piccolo bambino lo fece destare dal mondo dei sogni.
Chi era che rideva?
Continuava a girare lo sguardo cercando quella fonte di felicità. Ma nella stanza non vi era nessuno.
Nessun bambino. Solo lui.
Ma lui non aveva riso. Stava semplicemente osservando la nuova realtà di cui faceva parte.
Quella camera azzurra. Con tante nuvole sulla parete. Chiuse gli occhi esausto.
Era stato davvero abbandonato. Nessuno lo avrebbe più preso.
Una voce lo svegliò. Era dolce. Bassa. Tranquilla.
Una donna lo aveva svegliato. Lo aveva preso in braccio e lo aveva condotto lontano da quella persona,che fino a quel momento era stata accanto a lui.
Suo fratello.

Ma quel piccolo bimbo non lo aveva visto,perché era semplicemente la sua esatta copia.
Quella copia che credeva essere se stesso.

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Capitolo 2
*** Capitolo due ***


Grazie per l'unica persona che ha commentato!! =)


31 agosto 1997:

-Coraggio signor Tom che è già tardi-
Un piccolo fagottino alto un metro e un loaker si stava facendo strada verso quello che sarebbe diventato il suo futuro. Quel futuro che aveva costruito suo padre per lui a cui non poteva scappare.
Avvocato.
Alla misera età di otto anni.
Quel piccolo fagottino aveva la vita programmata. Viveva in una piccola campana di vetro. Isolato dal mondo,senza pericoli.
Avrebbe voluto uscire da quella cella. Vedere il mondo con occhi diversi,ma non poteva.
Aveva di tutto. Dai migliori giochi alle migliori compagnie,ma non era quello che voleva realmente.
Era solo.
Abbandonato in un mondo troppo grande.
-Si,signora sto per arrivare.- Aveva mormorato quel piccolo ragazzo mentre cercava di infilare la giacca più grande di lui.
-Oh signorino Tom! Coraggio. La giacca la infila in macchina!!-
La signora lo aveva preso per un braccio e lo aveva condotto in una macchina lussuosa,contenente un televisore,un telefono e perfino un mini bar dove poter gustare delle bevande alcoliche e non.
-Mi spiega dove mi sta portando?- Aveva detto in tono duro quel piccolo ragazzo.
-Oh,non gliel’ho detto? Beh, le sto per presentare alcuni dei suoi futuri colleghi.-
Quel ragazzo sbuffò e si accucciò in un piccolo angolino,sfilandosi la giacca e accartocciandola a mo di fagottino.
Si appoggiò alla portiera ed iniziò a fissare fuori dal finestrino.
Che bella che era la città. Piena di gente,di ragazzi. Di ragazze.
Lui non aveva mai visto così tante belle fanciulle. Ne era rimasto estasiato. Non aveva mai avuto amici. Amiche. Non sapeva nemmeno cosa volesse dire l’amicizia. La macchina si fermò e lui uscì accompagnato dalla sua governante.
Entrò in un maestoso albergo.
All’ingresso vi erano quattro signori. Erano vestiti di blu e tutti possedevano una valigetta uguale.
La signora li salutò e portò il ragazzo accanto a loro. -Oh,ma lei deve essere il signor Tom Kaulitz! Piacere- Si inchinarono.
Il ragazzo abbozzò un piccolo sorriso ed iniziò a guardarsi intorno in cerca di qualcosa di interessante.
Quegli occhi color nocciola guardavano ogni cosa. Dalla più brutta alla più bella.
Amavano osservare il mondo là fuori.
-Signore,vuole accomodarsi?-
Il ragazzo alzò lo sguardo estasiato e disse un piccolo no grazie.
Si allontanò dalle cinque persone e iniziò a girovagare per l’hotel.
Aveva un sacco di piani. C’erano un sacco di camere. Sorrise all’idea di passare una notte con una ragazza in una di quelle grossissime stanze.
Arrivò all’ultimo piano. Il tetto dove vi era una grossa piscina. Al bordo di essa vi erano sdraio e ombrelloni.
Si sedette su una di esse e chiuse gli occhi,assaporando quella brezza fresca che non aveva mai sentito.
Per la prima volta si sentì libero. Libero di poter fare ciò che voleva. Libero di essere semplicemente se stesso.
Ma qualcosa lo svegliò. Era la voce di un ragazzo. Era bassa. Tranquilla.
Aprì gli occhi velocemente.
Davanti a lui un ragazzo un po’ più alto di lui. Capelli color cenere. Delle vesti logore. Una maglia a maniche corte blu e un paio di pantaloni marroni sgualciti in più punti.
Aveva in mano un secchio.
- Scusa puoi ripetere? Non ho sentito-
-Ho detto che io devo pulire,non puoi stare qui-
Che bella voce che aveva quel ragazzo accanto a lui. Era dolce.
-Si scusami. Ma tu non sei un po’ troppo piccolo per pulire? Insomma,dimostri la mia età!-
Tom rimase spiazzato. Non poteva credere che un ragazzo così bello e così delicato potesse fare un lavoro tanto umiliante.
- Io ho già otto anni. Devo aiutare la mia famiglia- fu tutto quello che disse l’altro ragazzo il quale si mise subito al lavoro,iniziando a lucidare il pavimento.
Tom lo guardava con occhi sbalorditi. Era convinto che tutta la gente potesse giocare. Che tutte le persone fossero ricche come lui.
-Come ti chiami?- Disse Tom sorridente.
L’altro ragazzo alzò la testa e guardò quel ragazzo. Non voleva rispondere. Gli sembrava troppo ricco per lui.
- Bill- mormorò.
Tom non lo sentì. Chiese più volte di farlo ripetere,ma questo non rispondeva. Sembrava essersi chiuso in se stesso.
- Vabbè,io mi chiamo Tom. Tom Kaulitz-
A quel cognome il ragazzino alzò la testa. Si fermò. Si alzò in piedi.
- Stai scherzando vero?-
- Oh no. Perché? – Tom era perplesso. Non riusciva a capire il perché di quella domanda. Lui si chiamava Tom Kaulitz. Cosa c’era di sbagliato?
- Oh,scusi scusi. Non dovevo farle questa domanda. Mi perdoni-
Il ragazzino si abbassò e ritornò al suo lavoro. Era triste. Strofinava le mattonelle molto lentamente.
-Guarda che non ti devi preoccupare. Io non sono meglio di te-
Tom sorrise ma l’altro ragazzo incominciò a piangere.
-VATTENE!-
Disse tra una lacrima e l’altra.
Tom prese la giacca sulla sdraio e si diresse verso la porta. Si girò verso quel ragazzo.
Una lacrima gli raschiò il viso. Se l’asciugò immediatamente.
- Scusa. -
Abbassò lo sguardo e se ne andò.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


1 Settembre 1997:

Venne spalancata una piccola porta di legno,rotta in più punti. Era vecchia, di almeno cinquant’ anni prima.
-Oh finalmente. Pensavo non saresti più tornato. Quanto ti hanno pagato?-
Un bambino alto un metro e un loaker stava posando una maglia di cotone su una piccola sedia color betulla.
Aveva in mano un piccolo borsellino color blu.
Portava un paio di pantaloni color marrone rotti all’altezza delle ginocchia con una maglia blu sgualcita.
- Mi hanno pagato 5 euro. Tieni-
Il piccolo bambino lanciò quel piccolo borsellino in aria e lo fece roteare più volte.
Aveva un’aria triste. Il viso era sporco di nero. I capelli arruffati e sporchi.
- Bill,tieni due euro. Vai in città e compra qualcosa che ti piace-
La signora sorrideva davanti a quel povero ragazzo lasciato a morir di fame in quella piccola catapecchia.
Mandato a lavorare all’età di otto miseri anni.
- No mamma,non c’è bisogno. Poi non possiamo più mangiare- La povera donna abbozzò un sorriso. Il suo piccolo figliolo aveva ragione.
- Figliolo,non ti preoccupare. Oggi è anche il tuo compleanno- Disse la donna sfoggiando un sorriso.
Prese il borsellino e ne estrasse due miseri euro. Li rigirò più volte nei palmi della mano e poi li consegnò al figlio,il quale le abbozzò un piccolo sorriso non del tutto convinto.
Non voleva togliere dei soldi per il mangiare, ma aveva bisogno di qualcosa da vestire e qualcosa per lui.
Prese i soldi e si diresse verso la porta che lo avrebbe condotto fuori dal mondo povero in cui era sempre vissuto.
Saltellava per strada tenendo la sua ricchezza in tasca,proteggendola a costo della vita.
Era la prima volta che sua madre gli dava dei soldi e lui si sentiva un piccolo ragazzo con qualche aspettativa. Con un piccolo futuro,perché anche pochi soldi per lui,volevano dire vivere.
Continuava a camminare in quella strada sterrata colpendo tutti i sassolini che gli si presentavano davanti.
Pensava di essere in una piccola partita di calcio. Con tanta gente che lo guardava,che lo acclamava.
Colpiva le piccole pietre come se fossero palloni e rideva,perché anche andando a lavorare,dentro era ancora un bambino ingenuo,capace di sognare e di fantasticare.
Arrivò in città e si precipitò in una piccola cartoleria.
Entrò e rimase spiazzato da quante cose colorate regnavano in quel piccolo posto.
Pupazzi,fogli,penne,calendari,borse,zainetti. Ogni cosa che per un bambino normale poteva essere un regalo comune.
Ma per lui quelle cose erano delle piccole grandi ricchezze,che poteva solo osservare da lontano.
Guardò con aria perplessa la commessa e finalmente aprì la bocca.
- Mi scusi,con due euro,cosa posso comprare?-
La signora abbozzò un sorriso. Aveva capito che quel piccolo ragazzino non poteva permettersi molto.
- Guarda,se vuoi ti posso dare un diario su cui scrivere le tue cose personali e anche una penna blu-
Il ragazzino sorrise e mostrò i suoi denti bianchi.
Prese in mano il suo diario e la sua penna ed uscì dal negozio.
Iniziò nuovamente a saltellare contento del suo nuovo acquisto. Sempre se così si poteva definire.
Chiuse gli occhi ed iniziò a correre libero per le strade.
Libero dalla povertà. Libero dai brutti pensieri che lo circondavano.
Si sentiva un bambino libero.
Ad un tratto però non sentì più il sacchetto nelle sue mani e sentì la sua faccia a contatto con qualcosa di freddo.
Sopra di lui qualcosa di veramente pesante.
Aprì lentamente gli occhi e cercò di capire cosa fosse successo.
Vide un sacco di gente affianco a lui e dopo pochi secondi non sentì più un grosso peso sulla schiena.
Si alzò lentamente ed iniziò a massaggiarsi la nuca,raccogliendo il sacchetto caduto per terra.
- EHI RAGAZZINO,GUARDA DOVE CAMMINI!-
Una voce squillante lo aveva fatto sobbalzare. Allargò gli occhi e mise a fuoco la figura che gli si presentava davanti.
Un uomo grosso e alto lo aveva preso per il braccio e stava urlando cose senza senso.
- Scusi,mi può lasciare?- disse con animo calmo il povero ragazzo.
- COSA? TU ADESSO BRUTTO POVERO CHIEDI SCUSA AL RAGAZZO CHE HAI INVESTITO CON IL TUO MISERO CORPO. E’ CHIARO?-
Il piccolo ragazzino si guardò intorno cercando la persona che involontariamente aveva urtato.
Girò il volto a destra e a sinistra,ma non vide nessuno,finchè il suo sguardo si posò su un ragazzino poco più basso di lui,con un grosso cappello in testa,un paio di pantaloni larghi di jeans e una maglia che poteva assomigliare ad una coperta.
Il ragazzino abbassò lo sguardo abbattuto.
- Scusa- mormorò.
L’omone lo lasciò andare e lo fece cadere nuovamente per terra. Gli calpestò il sacchetto e si allontanò.
Il povero ragazzo alzò piano la testa e si meravigliò di quello che vide.
Due occhi color nocciola lo stavano fissando.
Lui aveva già visto quegli occhi. Li ricordava. Erano un piccolo ricordo confuso.
- Ti ricordi di me? Io sono Tom Kaulitz-
Il ragazzino si alzò da terra e si crollò la sporcizia di dosso.
- Non nominare più quel cognome hai capito?- Disse il bambino a denti stretti.
L’altro ragazzino lo guardò in cerca di spiegazioni. Ma non gli vennero mai date,perché il povero ragazzo prese il sacchettino e si allontanò dalla sua esatta copia,ritornando alla vita di sempre.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


1 settembre 1997

-Oh signorino Tom! Ma che le è successo? Sta bene?-
Una signora preoccupata andrò incontro a quel povero ragazzo,con le vesti sporche e rotte,con il naso sanguinante. Ma nonostante questo prima sorrideva. Ora non più.
Aveva lo sguardo puntato sulle proprie scarpe,che il giorno prima erano bianche. Ora erano solamente mischiate con la polvere del terreno.
- Si- disse piano. Non voleva parlare con nessuno. Voleva stare da solo.
Non ne poteva più della gente che lo accudiva, che gli diceva solamente cosa fare e cosa non fare. Si sentiva in gabbia.
In fondo,gli era piaciuto incontrare quel ragazzo. Lo trovava molto somigliante a lui. Aveva un sorriso stupendo. I denti erano bianchissimi.
Chiuse gli occhi cercando di ricordare il suo nome,ma le uniche parole che gli vennero in mente e che gli squillarono nella testa erano quelle di non ripetere il proprio cognome.
Sorrise a quell’idea.
Quel ragazzo poteva essere pazzo.
Aprì gli occhi velocemente spaventato da un rumore proveniente dal piano di sopra.
Lasciò la mano della signora e si diresse a passi veloci verso la camera dei propri genitori.
Non ci era mai entrato. Gli era proibito entrarci,ma in casa in quel momento c’era solo la governante e non avrebbe mai fatto tre piani a piedi per arrivare nella stanza a lui sconosciuta.
Spalancò la porta con il fiatone.
Che strana che era la camera,era piena di giochi,con un piccolo letto. Affianco ad esso un letto più grande.
Al centro della stanza un grande comò pieno di foto.
Si avvicinò ad esso ed iniziò a guardarle una per una.
C’erano foto di sua madre da piccola,di suo padre assieme agli amici,del loro matrimonio,ma quella su cui si soffermò di più fu una semplice foto sua. Era rotta.
Strappata a metà.
La prese in mano e iniziò a far scorrere le dita sul taglio.
Affianco a lui ci doveva essere stato qualcuno. Ne era certo.
Prese la foto e se la mise in tasca.
Uscì a passi veloci dalla stanza e chiuse velocemente la porta.

Il ragazzo però non si era accorto di una cosa,su quel piccolo letto c’era scritto il nome “Bill”

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