As long as you love me

di 21gunsbelieve
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Wake me up when September ends ***
Capitolo 3: *** Enchanted ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


As long as you love me

 
Prologo

“Lights will guide you home
And ignite your bones
And I will try to fix you”

Arrotolo uno dei miei broccoli biondi intorno al dito indice, mentre cerco di trattenere le lacrime.
Non posso  piangere, non posso lasciarmi andare proprio adesso... Con gli occhi umidi squadro la stanza per capire dove ho messo il mio lettore mp3. Finalmente lo individuo, sul comodino.

Quando sento la musica mi sento subito meglio, non so perché. Mi  pare di vivere  in un’altra dimensione, in un altro mondo, dove non esistono le preoccupazioni e i problemi.
Di solito, quando ascolto le canzoni, non so mai quali scegliere, ma oggi non ho esitazioni: sentirò “fix you”, dei Coldplay. È una canzone che possiede una specie di magia, che mi tira sempre su di morale, specialmente  nei momenti come questi, molto frequenti ultimamente.
La canzone arriva all’ultima strofa, e la bellissima voce di Chris Martin mi fa dimenticare ogni brutto ricordo.

Ma appena la musica finisce tutte le preoccupazioni si rifanno vive e cedo al pianto.
Lacrimoni sgorgano dai miei occhi e mi rigano il viso. “Non ce la faccio più”penso “Non ce la faccio più a sopportare tutta questa situazione”.

Sento che bussano alla porta. In fretta e furia afferro il pacchetto di fazzoletti più vicino a me e mi asciugo gli occhi.
Bussano di nuovo e la porta si apre. Mia zia Agatha  entra in camera.
In realtà non la dovrei nemmeno chiamare zia, è solo la seconda moglie del fratello di mio padre. Non sa quante volte ho storpiato il suo nome, dopo aver letto “Matilda”, il mio romanzo preferito, in cui la direttrice cattiva della scuola si chiama Agatha Spezzindue.
-Domani, alle sette in punto. Fatti trovare pronta -la sua potente voce mi riporta alla triste e amara realtà.-Ci siamo capiti?- un ghigno malvagio le appare sulla faccia.
Si gira per andarsene, e a me scappa una risatina. Non si è accorta di quanto è ridicola, con quella macchia di caffè sulla giacca viola scuro, che stona decisamente con i suoi capelli tinti di biondo.
“Povera me”mi compiango “Che mi diverto con queste stupidaggini”. Eh sì, purtroppo non mi resta altro che svagarmi con queste piccolezze, se non sento la musica.

Guardo l’ora, sono quasi le dieci. Meglio che vada a dormire, tanto non prenderò sonno subito. Prima però ascolto qualche canzone.

 

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Capitolo 2
*** Wake me up when September ends ***


Wake me up when September ends

 

“As my memory rests
But never forgets what I lost
Wake me up when September ends”

Driiiiiiiin Driiiiiiiiiin Driiiiiiiiiiiiiin

“Così presto doveva suonare la sveglia?”mi chiedo “Sono appena le sei!”. Ma tanto lo so che quando la zia dice un’ora vuole indicare come minimo quella prima.
Infatti quando entra ho appena fatto in tempo a infilarmi la gonna  e la giacca della divisa del collegio. Sì, perché proprio oggi, il giorno del mio tredicesimo compleanno, che dovrebbe essere bellissimo, dovrò andare in un collegio per ragazzi considerati turbolenti e troppo vivaci. E indovinate di chi è stata l’idea? Di mia zia Agatha, naturalmente.

Perché poi? Per aver confessato a Lena, la mia cameriera greca, di volermi divertire di più, come fanno tutti i ragazzi della mia età, invece che stare chiusa in casa.

Sono sicura che Lena non mi tradirebbe mai. Per me è più di una semplice cameriera: è stata la mia bambinaia da quando sono andata a vivere con mia zia Agatha ed è stata persino lei che, un po’ di anni fa, prima di partire per la Grecia per il funerale di sua nonna,  mi ha regalato l’oggetto che preferisco tra tutti: il lettore Mp3.

Ma la zia –uffa, dovrei smetterla di chiamarla così- era passata “casualmente” vicino alla mia stanza, di cui io, ingenuamente, avevo lasciato la porta aperta, e così aveva udito ogni singola parola di ciò che avevo detto.

“Ricovero” : già il nome ti dice tutto riguardo al tipo di scuola in cui andrò. Fa pensare a un ospedale per malati mentali, come quello nel video di Baket Case, soltanto che lì almeno si sente un po’ di musica, mentre nel collegio ci saranno unicamente  compiti e noiose lezioni. Ah sì, e una strettissima vigilanza.
 
Come sempre quando ci spostiamo prendiamo un taxi. Sono quasi due ore che stiamo in viaggio, io, Agatha e Lena, ma sembra che siano passati non anni, ma decenni.

Intanto il centro storico della città in cui abitiamo ha lasciato il posto alla periferia, poi alla campagna e infine ad una specie di paesaggio che non so nemmeno io cos’è: penso che sia qualcosa come una landa desolata, senza colore.
Secondo voi in che tipo di ambiente poteva trovarsi il collegio:  nel centro storico della città, in campagna o nella landa desolata?  Che noia, pare che il Ricovero –ho preso a soprannominarlo così-  sia proprio una specie di ospedale dove si curano i malati mentali.

Ci accoglie un’aria non troppo festosa, anzi per niente, tutto il contrario. Proprio come me l’immaginavo: un edificio spento, decolorato.
Una donna che dice di chiamarsi Jane Libby si presenta come quella che sarà la mia cameriera per la mia permanenza nella scuola, molto breve, spero.
Mia zia rimane nell’atrio del collegio e ci salutiamo con semplice ed austero “arrivederci”. Lena piange e si asciuga le lascrime su un fazzoletto al pensiero di non vedermi per tanto tempo – a dire la verità non so nemmeno io quanto resterò al Ricovero, ma sicuramente molto di più di quanto mi aspetti. Prima di andarsene, però, si sfila delle banconote dalla borsa e, senza farsi vedere da nessuno e contro la mia volontà, me le infila nella tasca della giacca della divisa.

-Allora siamo pronte?-la voce gracchiante della mia nuova cameriera mi riportà alla realtà.
Annuisco.
-Non vi è concesso portare nelle camere oggetti personali a parte i libri scolastici. Dovete consegnare  tutto il resto di ciò che avete in segreteria. Le lezioni inizieranno alle  nove in punto. Non si ammettono ritardi.- la voce monotona della signorina Libby mi fa da sottofondo mentre attraversiamo i tetri corridoi dell’istituto. Già si respira un’atmosfera  pesante, immaginate con la lagna fatta persona che parla...
Dopo circa due secondi smetto di ascoltarla e immagino di avere gli auricolari nelle orecchie....
-Ci siamo comprese?-ormai siamo arrivate alla camera e la signorina Libby non vede l’ora di togliermi dai piedi –Ah, dimenticavo, il collegio organizza dei corsi pomeridiani di musica, sia di pratica che di teoria. Il tutto grazie a un piccolo contributo extra da parte degli allievi interessati.

“Ecco un lato positivo in tutta questa faccenda” penso.  Nei momenti in cui mi sento proprio giù provo a cercare un lato positivo nelle situazioni che sto vivendo.
Jane si congeda velocemente e io entro in camera, bussando prima.

-Ehi, ma tu chi sei?-una voce stridula mi accoglie nella stanza.
Squandro con gli occhi l’ambiente, nel tentativo di individuare chi ha parlato.
La camera non è né troppo piccola né troppo grande. Formata da tre letti separati, i suoi due terzi sonoi occupati dall’altra inquilina. Spoglia, priva di accessori, rispecchia in pieno l’ideologia di questo collegio: “soffrire per crescere”.

-Ehi, sono qui! Non sono mica invisibile, io. Forse è così per te, ma io sono molto più in alto rispetto agli altri- modestia parte, penso.
Capelli biondi, un viso perfetto e un caratterino piuttosto vivace: ecco presentata la mia nuova compagna di stanza. Ah, e il suo nome? Melissa Woods,come si legge dai poster con le sue foto appesi sui muri della camera.

Guardo l’ora sull’orologio della camera. Sono le otto e mezza. Sfinita, mi butto sul letto, che non è nemmeno troppo comodo.
Vi prego, svegliatemi quando settembre finisce.

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Capitolo 3
*** Enchanted ***


Capitolo n° 3

Enchanted


“And it was enchanting to meet you”

 


-Buongiorno ragazzi- un professore dai capelli bianchi entra in classe salutando i suoi allievi.

-Buongiorno-un coro si leva dalla classe, prima di ritornare ad essere il solito mormorìo.

-Da oggi in poi -il professore cerca di attirare l’attenzione degli scolari- Saremo onorati di avere con noi una nuova studentessa, Sophie Memphis.

Uno scroscio di applausi mi accoglie. A me non è mai piaciuto essere al centro dell’attenzione.

-Allora, Sophie-incomincia l’insegnante-io sono il professor Davies di matematica e insegno  algebra in questa sezione. Ci vuoi raccontare qualcosa su di te? Da dove vieni?.

-Mi chiamo Sophie Memphis, ho tredici anni e ne compirò quattordici tra un mese.-mi presento- Vengo da Londra.
-Va bene- taglia corto il professore -puoi accomodarti in uno dei banchi liberi.

Squadro la classe alla ricerca di posti non occupati. Ne trovo due: uno è vicino ad una ragazza dai capelli mori e dagli occhi verdi e l’altro, dietro, è accanto ad un ragazzo piuttosto grassottello.

Scelgo il primo.

Noto che la classe è divisa in tre file: quella vicino alla porta, quella centrale e quella vicino alla finestra. Quella vicino alla finestra è occupata da Melissa Woods e dalle sue amiche, che si stanno truccando, quella vicino alla porta dai maschi, che stanno facendo facendo confusione e quella centrale da me, la ragazza accanto, il ragazzo grassottello e da altri allievi che stanno ripassando la lezione sul libro.

-C’è qualcuno volontario oggi?-chiede il professore Davies.

Alzano la mano due di quelli che stavano ripassando. Sono una maschio ed una femmina. Lui sembra abbastanza normale, a parte il fatto che porti due scarpe diverse, lei sembra la copia di Mercoledì della nuova famiglia Addams.

Il professore scrive un’equazione alla lavagna e chiede agli alunni chi di loro voglia iniziare a risolverla.

Toc toc. Qualcuno bussa alla porta.

Entra un ragazzo dai capelli castani chiari, un viso ovale e degli occhi rotondi come delle biglie.

-Come sempre in orario “Just●In●Time●Bieber”-lo accoglie il professore.

-Non ho sentito la sveglia.-si difende il ragazzo.

-Ma, se si può sapere, la tua sveglia le ha le batterie?-s’incuriosisce l’insegnante -Strano, perché non sembra, anzi, pare che si scarichino ogni giorno.
Il ragazzo bofonchia qualcosa di incomprensibile e va a sedersi verso l’unico banco libero.

“Non venire qui, non venire qui...”prego sottovoce, ma le mie preghiere non sono esaudite. Infatti, si siede sul banco dietro il mio.

L’ora di matematica per me è un inferno, come tutto questo collegio. La matematica, specialmente l’algebra, non è mai stata il mio forte, anche se mi ci impegno moltissimo.
Nel quarto d’ora che segue provo a risolvere l’equazione , ma senza mai riuscire a trovare il valore dell’incognita.

Ad un certo punto mi sento bussare sulla spalla sinistra. Mi giro, infastidita. Vorrei sapere chi è che mi disturba. Aspetta, forse lo so chi è che, ma non ho il coraggio di dirlo.
Le mie previsioni sono giuste. –Tieni- dice una voce dietro di me. Mi giro, per guardare di chi è la voce che ha parlato. Chi poteva essere? Ovviamente quel rompiscatole. Mi pare di aver capito che si chiami Justin, che nome banale...

Il ragazzo mi porge un biglietto. Con fare riluttante, lo prendo. Dopo alcuni minuti di esitazione lo apro, e, senza farmi vedere dal prof. David, lo leggo.
“Justin” c’è scritto. Semplicemente una parole, ma che contiene una forza tale da spingermi a scrivere sotto il mio nome, Sophie.

Lancio indietro il biglietto, verso chi me l’ha mandato, sperando che non riceva risposta. Come sempre, pare che la fortuna mi abbia abbandonato. Mi sento bussare sempre sulla spalla, ma questa volta su quella destra. Ok, ora ho i nervi al limite. Guai a chi mi ha chiamato, gliela farò pagare.

Mi giro, arrabbiatissima. Nonostante tutto ciò, appena vedo il suo volto, la mia anima si rilassa. Che begli occhi, sembrano quelli di un angelo...Le ciglia, che sbattono più volte, mi sembrano le più belle che io abbia mai visto.... Un naso delizioso, una bocca perfetta.... Un viso speciale, con dei lineamenti particolari che lo rendono particolare ma allo stesso tempo ....... Non trovo parole per descriverlo.

Rimango a fissare il suo volto per cinque minuti buoni, e solo un richiamo del professore Davis mi può riportare alla realtà.
Senza farmi vedere, allungo la mano ed afferro il biglietto dal banco dietro il mio.
Solo una parola:  

Enchanté

 
Incantato. E rimango incantata anch’io.  Resto a fissare il foglietto per un tempo che mi pare intermnabile. Enchanté. Incantato, una parola che si usa in Francia per tradurre dall’inglese “Nice to meet you”, piacere di conoscerti.
Che parola magica, che parola speciale, che parola....

“Driiiiin” la campanella annuncia la fine della prima ora.Tutti gli studenti escono disordinatamente dall’aula. Solo io rimango a fissare immobile il biglietto.

Sento a malapena il professore che dice agli alunni di tornare oggi pomeriggio alle 16:30 nel laboratorio scientifico del secondo piano per provare a risolvere le equazioni fratte.

L’aula si svuota velocemente e rimango sola io al mio banco.

Dopo aver salutato gli allievi, il professore ritorna in classe e chiama il mio nome.

Mi alzo, aspettandomi una ramanzina sul fatto di essermi distratta durante la lezione, ma non accade.

-Stai attenta a non giocare con i tuoi sentimenti- sono le uniche parole che il professore pronuncia.
Dopo di questo esce dall’aula, senza nemmeno una parola.
 

ANGOLO DEGLI STUDENTI:


Allora, guys, che ve ne pare del nuovo capitolo? Finalmente entra in scena Justin....
Enchanté  significa “Incantato”, è una formula che usano i francesi per tradurre il nostro “Piacere o lieto di conoscerti”.
Se avete domande chiedete, e, mi raccomando recensite! :) :) :)
 
 
 

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