Via di fuga

di ilcoraggiodisognare
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


Via di fuga - parte 2
La sera si avvicinava pian piano facendo trasparire piccole luci colorate azzurre che si infragengevano sulla vetrata della finestra di Elisabeth. Lei aveva sempre odiato quei piccoli aggeggi che le regalava la madre, erano solo un ostacolo al meraviglioso panorama che le si rifletteva nella stanza. Avrebbe  voluto prendere quei scacciasogni, così li chiamava la madre, e li avrebbe voluti gettare dalla finestra e farli infrangere nell'acqua fredda e calma. Avrebbe anche voluto dare un calcio alla scrivania, gettare i libri sul pavimento e magari rispondere male a qualcuno. Elisabeth, avrebbe voluto sfogarsi e dare la colpa, non più a se stessa, ma a chiunque le avrebbe girato attorno e le avrebbe dato fastidio facendola deconcentrare dal suo imperterrito pensare.   
Il pensiero che le ronzava da tempo nella mente si faceva sempre più sentito, sempre più insistente nella sua testa che a fatica respingeva quel sentimento tanto represso da anni. Il volere di scoprire davvero cosa significasse essere libero ed avere una vita fatta anche di soddisfazioni e da tante piccole cose che ti facevano sorridere, le si materializzò davanti ai suoi occhi ricordando di quando, nella villa di Montjiuc, spiava i vicini. Per quindici anni era stata in cerca del significato della  parola 'felicità' scoprendola negli occhi dei passanti, nei sorrisi che si scambiavano gli innamorati dopo un dolce e flebile bacio. 
 
Nella piccola casa di Montjiuc, intravedeva, nascosta dal velo della tenda, una luminosità mai vista negli occhi della giovane Kate che, accolta tra le braccia del marito, mimava parole incomprensibili per Elisabeth ma che comunque le avevano toccato il cuore facendole sperare che il futuro preservasse anche per lei una gioia simile. Da quella sera trascorsa avvinghiata alla tenda della sua camera avrebbe giurato che non le si sarebbe presentanto un futuro tanto frustante come quello dei suoi genitori, Elisabeth non avrebbe permesso a nessun uomo di farla sentire triste e inutile sotto l'effetto delle sue mani pesanti sul suo volto. Lei non avrebbe commesso lo stesso errore della madre. 
 Nella sua camera, le ore passavano a fatica. I libri aperti per studiare erano ancora lì da quando il sole li rischiarava a quando, per la poca luce, Elisabeth emise lo sforzo di alzarsi dalla poltroncina e ad accendere la luce che avrebbe rischiarato non solo i suoi quaderni ma anche la sua mente permettendogli di immaginare il suo futuro. Irrequieta sulla poltroncina ascoltava i vari rumori che provenivano dalla stanza adiacente.   
Urla strozzate e lamenti sommessi. Nella normalità di Elisabeth rientrava tutto ciò. Ma quella sera, tra le grida di esasperazione della madre ne riconobbe un singhiozzo continuo che, chiunque l'avrebbe ascoltato, avrebbe intuito che stesse succedendo qualcosa di brutto, molto brutto. 
 
Le immagini giornaliere di lividi e ferite si presentarono nella sua mente spingendola sempre di più a non trattenere quella rabbia che soffocava scrivendo quel che pensava su un pezzo di carta che poi avrebbe bruciato con il suo accendino.  Vedeva l'immagine della fiamma ardente che bruciava su quel che rimaneva di un "un giorno tutto questo finirà" scritto su un foglietto giallo, uno di quelli che aveva rubato alla sua compagna di banco. 
 
Le lacrime si davano spazio tra quei sfondi dolorosi che facevano parte della sua vita. Quella vita che, prima di aver conosciuto altri bambini, le sembrava così normale, così serena. Gli anni della scuola elementare passarono lenti e sfiancanti per Elisabeth che si sentiva dire, giorno per giorno, i vari motivi per cui la reputavano "strana". Quelle parole pronunciate dalle bambine più vanitose della classe le si ripetevano, ancora ora, tra i banchi del liceo. 
 
Un grosso baccano si faceva sempre più insistente tra quelle mura che avevano sopportato il peggio.  
La mano della ragazza si agitava lentamente per scrivere su uno dei soliti foglietti colorati. Scriveva d'impulso, nessuno l'avrebbe letto. L'avrebbe bruciato come tutti gli altri facendone un piccolo cumulo di cenere che avrebbe gettato dalla finestra, come faceva da anni. 
 
Ma con quale scopo?

Per la prima nella sua vita, Elisabeth, massaggiandosi le tempie, si chiese il perchè delle sue azioni. 

Perchè scrivere su un foglietto per poi bruciarlo e non far avverare ciò che voglio?
In preda all'emozione di lasciar perdere la ragione e fiondarsi sull'istinto, agguantò più cose possibili e le mise in uno zainetto che posizionò sulle spalle.   
Sapeva di non essere una ragazza gentile o generosa. Dai professori non era mai stata valutata come un' alunna modello per il suo comportamento quantomeno per lo studio. Dentro lei sapeva di correre un grande rischio, ma i suoi sogni non potevano non avverarsi. Lei aveva bisogno di sognare, di tornare a dimenticare le disavventure e sostituirle con storie d'amicizia o addirittura d'amore. 
 
Prese l'orlo del piumone e lo strinse forte per poi scoprire il resto del letto. Lo piegò in modo che le fosse utile. 
 
La felpa più pesante ed il suo portafogli. Le sarebbero bastate poche cose per sopravvivere lì fuori. 
 
Aprì la finestra. Una folata di vento le scompigliò i capelli lunghi e lisci, chissà quando li avrebbe avuti, di nuovo, così morbidi quando lo smog e i fetori della città saranno le uniche cose che li toccheranno. 
 Calò giù il pesante piumone ed aggrappandosi a esso, si appoggiò al muro. Un ultimo sguardo al suo passato e alla sua camera. Subito toccò la lieve sabbia che copriva quello strato di sofferenze. Tra i granelli riusciva ad intravedere pezzi colorati dei suoi foglietti. 
Le urla dei suoi genitori furono solo un rumore lontano al suono dei suoi passi sulla sabbia umida. Fu una soddisfazione quando, a vari metri di distanza, la sua mente si era sgombrata di ogni singolo pullulare di quella casa.   
Non sapeva dove dirigensi precisamente. In quel momento un gruppo di amici le sarebbe stato d'aiuto. Il vento si faceva sempre più deciso, la sabbia pizzicava sulle caviglie da far male, ma nessun male era paragonabile a quel che di sconfortante aveva nel suo cuore. Nel buoio che si ergeva su quel paesaggio, Elisabeth non si era mai sentita meglio. 
 Elisabeth si sentiva libera. Era pronta per spiccare il volo alla scoperta di tutto ciò che la vita non le aveva fatto ancora scoprire. Era pronta a ricominciare a vivere, a camminare tra le strade della città con dei pensieri felici. Era pronta a scappare da quel che il destino voleva affligerle per poterlo riscrivere dettato da lei stessa. 
 Questa volta andrà bene, non permetterò a nessuno di fermarmi. Questo sarà l'ultimo foglietto che toccherà la mia mano tremante. Ciao mamma, ciao papà. Vi voglio comunque bene. 
Elisabeth

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


Via di fuga - parte 2 Già da quando i suoi piedi toccarono la sabbia, Elisabeth intuì che qualcosa sarebbe cambiato per sempre. E stavolta non parlava di foglietti bruciati o di genitori da cui scappare. La ragazza ha sempre avuto un certo sesto senso, aveva un certo intuito per le cose. Accompagnata dallo stretto indispensabile, si stava incamminando verso lo sconosciuto. Spesso lo sconosciuto è sinonimo di pauroso. I passi di Elisabeth si facevano sempre più incerti mentre nella sua mente si manifestavano le sue paure più grandi. Scalciando la sabbia, si diede forza e si disse, tra sé e sé, che è soltanto fin troppo sensibile e troppo disabituata ai cambiamenti. Fissò in testa l'affermazione per cui tutti i cambiamenti sono positivi ed andò avanti, avanti ancora per molto. Non si fermò fin quando non ebbe davanti un tetto sotto cui avrebbe potuto riposare. Simile ad una casa, si ergeva sulla spiaggia un piccolissimo cumulo di legno e ferro. Elisabeth si accasciò e respirò profondamente. Si lasciò andare a tutti quei pensieri negativi che aveva messo da parte. Il vento della sera accompagnava i suoi capelli in una danza così ambigua che, a poco a poco, fece intimorire la ragazza. Le poche luci della spiaggia incorniciavano un'atmosfera magica quanto terrificante. Riflettè a lungo sui passi seguenti, sulla prossima meta. Si disse che per trovare una soluzione al suo dilemma, doveva considerare le ragioni della sua fuga. Nella sua mente echeggiò il suo pensiero costante. Si alzò in piedi, si mise lo zaino sulle spalle, ricominciò a camminare e si guardò indietro, stavolta, per un'ultima volta. Un foglietto di colore rosa era posto proprio nel luogo in cui si era fermata a riposarsi. La speranza di Elisabeth non tardò a manifestarsi. Da lontano, poteva vedere delle luci colorate che illuminavano la fine della spiaggia. Luci rosse, blu, verdi, gialle si riflettevano nel mare calmo. Per Elisabeth, quello spettacolo la riempì di gioia. La ragazza iniziò a correre, non importandosene di tutto il resto, di tutte le sue preoccupazioni e di tutto ciò che aveva lasciato. Come se i chilometri di sabbia, dietro di lei, la inseguissero, corse così veloce da farle mancare il fiato. Quando giunse alla destinazione, scoprì quanto potesse essere affascinante tutto ciò che aveva desiderato. Un groviglio di pensieri le inondò la mente, il mare già divenne un lontano ricordo. Si toccò le tasche per agguantare uno dei suoi foglietti per scriverci e lasciare traccia dell'avverarsi del suo desiderio. Quando scoprì che le tasche erano vuote, Elisabeth si lasciò andare ad una fragorosa risata. Si voltò per vedere una distesa di foglietti colorati che tracciavano la sua corsa sulla spiaggia. Si disse che quello sarebbe stato un segno. Tutte quelle parole scritte, quei pensieri mai realizzati li avrebbe lasciati alle spalle. Tutte le abitudini e la sua quotidianità l'avrebbe abbandonata per lasciare spazio ad una nuova e concreta vita. Elisabeth si guardò intorno estasiata dai clacson delle auto e dalle luci delle insegne. Lei non avrebbe mai immaginato che, non molto lontano dalla sua abitazione, c'era così tanta vivacità. Chiuse e riaprì gli occhi più volte perché sperava di non svegliarsi da un sogno. Non si svegliò, il suo sogno era proprio davanti a lei. Elisabeth iniziò ad incamminarsi con passo deciso e determinato. Ormai non lasciava tregua a nessuna incertezza. Le sue paure si sciolsero in un'unica grande certezza. Lei sarebbe stata bene, meglio. Era convinta che, in città, nessuno le avrebbe permesso di non sentirsi bene.  Non si fermò fin quando non vide l'insegna di un bar. Vi entrò e, fingendo di non essere entusiasmata da tutto ciò che vedeva, si sedette con cautela su una sedia accanto al bancone. Il barista non poté non notare il suo sguardo spaesato. Elisabeth, attratta dalle peculiarità del ragazzo, cominciò a guardarlo insistentemente. Occhi scuri, capelli scuri, odore deciso.
E' da tanto che non vedevo un ragazzo che non odorasse di mare.
Il ragazzo rimase sbigottito dall'affermazione della ragazza. Non sapeva se considerarlo un insulto. Elisabeth non si curò della reazione del barista e continuò a guardarlo, notando qualsiasi cosa del suo aspetto e tutto ciò che facesse trapelare la sua interiorità.
E' da tanto che non vedevo un ragazzo che non avesse nemmeno un granello di sabbia vicino ai polpacci.
Il ragazzo era visibilmente infastidito. Provava un profondo fastidio per i giudizi affrettati di Elisabeth. Per dare fine alla situazione, lui decise di non darle corda, di non risponderle. Elisabeth non notò ciò, lei era troppo esaltata per non dar conto soltanto alle proprie emozioni. La ragazza gli sorrise e, di punto in bianco, si alzò e si dirisse verso l'uscita. Non solo il barista era infastidito, anche il suo capo aveva notato la strana situazione. Immediatamente ordinò al ragazzo di raggiungere Elisabeth per chiederle spiegazioni. Il barista sbuffò ma non poteva disobbedire, non poteva rischiare di essere licenziato per una situazione così frivola. Il ragazzo uscì di corsa dal locale. Non impiegò nemmeno qualche secondo per trovarla. Lo stava aspettando? Il viso disteso di Elisabeth fece in modo che il ragazzo non si mostrasse ostile nei suoi confronti. 
Come mai mi hai detto quelle cose?
Elisabeth notò l'incertezza nella voce. Non riusciva a non sentirsi attratta da quell'imperfezione che regnava sul viso e sul fisico del ragazzo. Lei era abituata ad osservare i suoi compagni di classe, così perfettamente in ordine. L'odore di caffè la inebetì. Non aspettò nemmeno un attimo per presentarsi, per fargli capire chi era.
Sono Elisabeth.
Lo sconcerto sul viso del ragazzo era sempre più chiaro. Sbuffò e le rispose gentilmente. Non sapeva se dovesse trattarla normalmente o ammettere che fosse impazzita.
Io sono Andrew, piacere.
Le allungò la mano e subito se la sentì stringere.
Vieni con me, vuoi qualcosa da bere?

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