L'universo tranne noi

di Moony_911
(/viewuser.php?uid=216392)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte 1. ***
Capitolo 2: *** Parte 2. ***
Capitolo 3: *** Parte 3. ***
Capitolo 4: *** Parte 4. ***
Capitolo 5: *** Parte 5 ***
Capitolo 6: *** Parte 6. ***
Capitolo 7: *** Parte 7. ***
Capitolo 8: *** Parte 8. ***
Capitolo 9: *** Parte 9. ***



Capitolo 1
*** Parte 1. ***


Ti ho incontrata ma tu non mi hai visto,
eri in macchina è stato un attimo



Giovedì, ora di pranzo.
Andrea si era appena concesso una pausa dopo una mattinata passata immerso nelle scartoffie, l’ultima prima di tre giorni di ferie presi per un evento speciale, la sua adorata sorellina, quella mattacchiona di Alessandra, aveva deciso di mettere la testa apposto e quella domenica mattina si sarebbe sposata con Luigi, collega, amico e nel giro di settantadue ore, fratello.
Se ripensava a come era stato il loro rapporto all’inizio, non poteva far altro che sorridere, anche se a quel tempo, l’avrebbe volentieri impallinato, prima perché faceva il filo a Paola, dopo perché l’aveva beccato a baciarsi con la sua sorellina.
Cercò di soffermarsi solo sulla seconda parte del suo ricordo, quando si erano scannati per Alessandra e Luigi a muso duro gli aveva detto che non usciva con sua sorella, lui amava sua sorella, il che è un tantino diverso.
Erano quasi le quattro quando salutò i suoi colleghi e si mise in macchina per andare a rapire il futuro cognato per una serata tra soli uomini...doveva partecipare anche Leo, testimone di Luigi, se non fosse che avevano cambiato il turno in ospedale ad Elena, la moglie e la piccolina di casa, Ester, non poteva rimanere da sola.
“E insomma, fu così che mi ritrovai solo sulla strada per Tarquinia...non per essere Leo ma ti sei rammollito...” gli aveva detto non appena appreso della defezione dell’amico.
“Mi avrebbe fatto davvero piacere, ma quando una delle mie due donne chiama è praticamente impossibile dire di no, credimi Andrea, quando ti troverai ad avere una tua piccola fotocopia che ti guarda con due occhi come quelli della Ester capirai cosa intendo...” rispose Leo pensando alla sua bambina, una bellissima bambina cicciottosa, con gli occhi del papà e il sorriso contagioso della mamma.
“Vabbè dai, ci rifaremo dopo, tanto abbiamo tutto il tempo del mondo per una birra e una serata al pub!” concluse Andrea congedandosi dal collega.
Arrivato a Tarquinia non fece fatica a trovare la caserma dove lavorava Luigi, parcheggiò poco distante e si avviò verso l’entrata.
Non ebbe bisogno di farsi annunciare che l’amico fece capolino dall’ufficio comune ed essendo già cambiato, era pronto ad uscire...l’idea era semplice, prendi una sera al pub, un panino e una pinta di birra, mentre mandano la partita di rugby dei Barbarians in diretta su Sky Sport, potevano chiedere di meglio?
Salutarono i colleghi e si diressero verso il cortile, il pub non distava poi molto dalla caserma e approfittando del clima mite avevano deciso di fare quattro passi anche per ammazzare il tempo.
E fu proprio mentre uscivano dal cortile che incrociarono una macchina di servizio che stava rientrando, probabilmente dal turno di pattuglia, e sebbene fosse stato solo un attimo, Andrea ebbe proprio la sensazione che la persona alla guida fosse un volto noto, fin troppo noto per lui. Paola.
 
Paola stava rientrando dal giro di pattuglia insieme a Leandro quando, varcando il cancello del cortile della caserma, vide Luigi uscire in compagnia di un altro uomo, un uomo dall’aria molto familiare e sebbene l’avesse visto di sfuggita, non le ci volle molto per realizzare che si trattava di Andrea. Non un Andrea a caso, era proprio lui, quello che un tempo era stato il “suo” Andrea.
-Ma che diamine ci fa qui a quest’ora?!-pensò – ah già, Lù e la serata per soli uomini... ma che c’entra Andrea? Sarà un altro, non può essere lui per davvero....-.
Continuò a scervellarsi anche mentre se ne stava seduta alla sua scrivania a fare la relazione di servizio, sorridendo ripensando alla sua faccia quando aveva scoperto che il nuovo elemento arrivato in sostituzione del vecchio maresciallo Pineschi che se ne sarebbe andato in pensione nel giro di venti giorni, era proprio Luigi.
“Paola?!” chiese Luigi posando il suo borsone a terra una volta passata la guardiola vedendola uscire dal suo ufficio.
“Lù?!?” rispose lei, presa alla sprovvista facendo cadere a terra i fascicoli che stava spostando verso l’archivio. Li raccattò velocemente, lì posò su un mobiletto e corse ad abbracciare l’amico saltandogli letteralmente in braccio “Che ci fai qui?”.
“Mi dispiace dirtelo così bimba, ma mi hanno assegnato qui in via definitiva!”.
“Davvero?!?”.
“Davvero davvero Vitali, allora pronta a giocare come ai vecchi tempi?!?”.
“E lo chiedi pure?!?” rispose lei dandole una pacca sulla spalla “Andiamo dai, che intanto che aspettiamo che il Maggiore si liberi ti faccio fare un giro turistico di questa gabbia di matti!”.
Erano passati più di sei mesi da quel giorno, e quattro erano passati  da che gli aveva detto che si sarebbe sposato, chiedendole ufficialmente di essere la sua testimone di nozze.
“Che cosa?!” gli chiese mentre erano di pattuglia insieme girando per la città.
“Cosa? Che mi sposo o che ti sto chiedendo di farmi da testimone...”.
“Tutte e due in effetti... che si danno certe notizie così?!”.
“E come le volevi, in carta da bollo e raccomandata con ricevuta di ritorno?” rispose lui, pensando che forse non sarebbe stata così contenta di sapere che la ragazza che stava per sposare era in realtà la sorella di Andrea.
“Cretino! E com’è lei?!” chiese incuriosita e cominciarono a parlare dei vari aspetti gestionali dell’organizzazione del matrimonio poi Luigi non resistette più e, seppur parzialmente, vuotò il sacco mentre stavano parlando della marea di pratiche burocratiche che avevano dovuto compilare.
Paola ci rimase di sasso, la futura moglie di uno dei suoi migliori amici era la sorella di Andrea, fra se e se pensò che la cosa aveva davvero un che di vagamente ironico... possibile che tra tutte le donne disponibili su questo pianeta, proprio con la sorella di Andrea si doveva sposare?
Vedendo la sua espressione Luigi capì che non era ancora il momento di dirle che Andrea sarebbe stato il testimone di Alessandra insieme con Sonia,  sapeva che non si erano lasciati bene tempo addietro e non voleva andare a scoprire nuovamente una ferita che a suo avviso non si era ancora rimarginata, dove l’orgoglio di entrambi l’aveva fatta da padrone, ma era fermamente convinto che se solo l’avessero messo da parte, avrebbero ritrovato quella sintonia speciale che avevano sempre avuto.



Angolo dell'Autrice:
Tutta la storia nasce da quello spettacolo di canzone che è L'universo tranne noi del buon vecchio Max Pezzali....
ascoltandola sembra proprio scritta per i nostri due testoni preferiti e allora ho deciso di buttar giù qualcosa...spero che vi piaccia, se vi va lasciate un commento!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Parte 2. ***


Parte 2.

Ma il mio cuore si è come bloccato,
o era fermo prima e ha ripreso a battere

 
Al pub.
Luigi è al bancone a prendere i loro due boccali di birra mentre Andrea, seduto al tavolo, sta analizzando mentalmente quanto ha visto poco prima.
Sebbene l’avesse vista di sfuggita, l’avrebbe riconosciuta in mezzo a milioni di altre persone e si chiese che cosa ci facesse lì a Tarquinia, com’era possibile, l’ultima volta era stata mandata a Firenze e soprattutto, com’era possibile che Luigi non gli avesse detto niente a tal proposito?
Quando tornò al tavolo Luigi lo vie ancora assorto nei suoi pensieri e dovette richiamarlo un paio id volte prima di ottenere la sua attenzione.
“Oh si può sapere che c’hai?!?”.
“Eh?! Niente!”.
“Si vabbè Ferri, raccontala meglio per piacere, perché come balla fa veramente schifo...”.
“Toglimi una curiosità, che tu sappia, che fine ha fatto la Vitali?”.
-Perfetto. Il danno è fatto, ormai non puoi che dirglielo, e confidare che si rinvenga un gocciolino...- pensò fra se e se prima di rispondergli.
“Perché questa domanda?” rispose cercando di mantenersi sul vago ancora per qualche istante.
“Perché mi è sembrato di vederla  oggi mentre uscivamo dal cortile e ti stavo chiedendo conferma proprio per aver la sicurezza di non aver avuto un’allucinazione di quelle di prima categoria!”.
“Non hai avuto un’allucinazione Andrea, era davvero Paola quella che hai visto, dopo il corso vice-brigadieri l’hanno assegnata qui a Tarquinia...”.
“Ah...”commentò lui secco “E giustamente non farne parola con il tuo migliore amico barra quasi cognato è la mossa vincente, complimenti...”.
“No, Andrea, non cominciare con questa storia, io sono la Svizzera, “rispose lui cercando di non rispondere alla provocazione “se hai qualche problema con la Paola, ora che lo sai dov’è, smuovi il tuo culetto da quella poltrona  su cui per la cronaca stai facendo la muffa, vieni qua e affrontate la faccenda una volta per tutte ma io non ci voglio entrare in questa storia perché se fosse per me prenderei entrambi e vi batterei la testa nel muro fintanto che non rinsavite un gocciolino, mica tanto eh, giusto un gocciolino...”.
“Come se fossi io quello ad essermene andato così da un giorno all’altro...”.
“Senti, la fai finita una volta per tutte di raccontarti stronzate su stronzate? Perché, e scusami la franchezza ma lo sai che ti voglio bene, l’ho vista la faccia che hai fatto mentre venivamo in qua e non mi venire a dire che t’è passata e sei andato avanti perché non ci credo nemmen se piangi!!”.
Andrea arrossì leggermente, Luigi aveva centrato in pieno il problema, come sempre del resto... l’aveva rivista di sfuggita e immediatamente tutti i sentimenti che aveva provato per lei e che pensava di aver sedato e messo in un cantuccio nascosto del suo cuore erano rivenuti fuori con la grazia di un elefante in una cristalleria e un po’ si odiava per questo, com’era possibile che a distanza di un anno e passa da che si erano lasciati senza ne vedersi ne sentirsi, bastasse incrociarla per una frazione di secondo per essere di nuovo al punto di partenza?
 
Dopo aver salutato i colleghi Paola si avviò verso la sua camera e una volta fatta una doccia e messo il pigiama, si buttò sul letto, esausta, non tanto per la giornata che di per se non era stata neanche poi così faticosa, ma perché il passato era tornato prepotentemente a fare capolino e chiedere di essere ascoltato.
-Okay, passi che Luigi si sposa e lui praticamente diventa suo cognato,ma che diamine ci faceva lì? No, perché non c’è nessun altro motivo che possa giustificare la sua presenza qui.... giuro che se è qui perché Luigi gli ha spifferato qualcosa, è la volta buona che lo strozzo e all’altare ci arriva si, ma con la testa staccata come Nick quasi senza testa!
Il cervello le aveva insinuato il dubbio, il cuore invece le diceva di stare tranquilla,anche se Luigi conosceva solo in parte la vera motivazione che l’aveva spinta ad andarsene e poteva aver intuito cos’era successo non le aveva mai messo addosso pressioni per farle raccontare la verità e di questo lo doveva ringraziare.
Decise di mettere a tacere il cervello, o meglio, di abbassare il volume e cercò di dormire anche se il suo sonno si rivelò decisamente agitato e poco riposante.
 
La serata per Andrea arrivò al termine, erano quasi le una quando uscirono dal pub e nonostante Luigi avesse protestato perché rimanesse a dormire a Tarquinia prima di rimettersi in macchina, lui era stato categorico, aveva il turno spezzato che iniziava alle undici, andare a dormire alle quattro non sarebbe stato un problema ed era abbastanza sveglio da poter affrontare le due ore di viaggio che gli si prospettavano davanti per tornare a Città della Pieve.
Sapeva che era da incoscienti mettersi alla guida a quell’ora della notte, ma ne aveva bisogno, aveva bisogno di stare da solo e metabolizzare quanto era successo, metabolizzare il fatto che seppur a distanza di tempo, rivederla seppur di sfuggita, era sempre un colpo all’anima.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Parte 3. ***


Parte 3

 Tante volte io... l'ho immaginato
Rivedere te... che effetto mi farà
Però adesso che... è capitato
Non importa più se sia... stata colpa tua o mia


Mentre era per strada si ritrovò a pensare a tutte le volte che avrebbe voluto chiamarla, se non altro per chiederle di vedersi e chiarire perché se n’era andata così, senza motivo a suo avviso, quando lui pensava che tutto andasse bene.
E senza che potesse evitarlo, ecco che i ricordi di quel giorno, in cui tutto era finito, si rifecero vivi davanti ai suoi occhi.
Era un pomeriggio di inizio giugno e Andrea era appena rientrato dal giro di pattuglia con Sandro, stava andando alla sua scrivania a compilare la relazione di servizio prima di prendersi una pausa quando incrociò Leo.
“Leo!”gli disse salutandolo “Hai per caso visto Paola in giro?!”.
Leo tossì mestamente cercando di sviare la domanda ma Andrea lo stava guardando mentre aspettava una risposta...
 “Paola è in stazione, sta andando via...” rispose infine.
“Ah... non sapevo avesse preso una licenza...” commentò lui con sguardo interrogativo.
Leo lo guardò con aria triste, non gli piaceva per niente l’idea di dover essere lui a dare una notizia di quel genere all’amico, ma si fece coraggio e prese parola.
“No Andrea, Paola non ha preso una licenza, sta andando via per non ritornare, l’hanno chiamata per il corso per vicebrigadieri a Firenze!” gli disse lui tutto d’un fiato.
“Che cosa?!” chiese Andrea che era rimasto letteralmente senza parole.
“Anche io ho avuto la tua stessa reazione, a quanto pare non lo sapeva nessuno tranne Capello...”.
Andrea era immobile, lo sguardo perso nel vuoto, si sentiva come se gli fosse arrivata un mattone dritto in capo, non riusciva a credere a quanto gli aveva appena detto Leo, no, non poteva essere vero, non poteva essere davvero così...
“Leo fra quanto parte?”.
“E’ sul treno delle 17.25...”.
“Grazie!” rispose lui prendendo le chiavi della moto e il casco dal suo ufficio e dopo aver recuperato la moto in cortile, guidò come un pazzo fino ad arrivare alla stazione.
Parcheggiò velocemente davanti all’ingresso principale della stazione e dopo aver controllato alla rinfusa i binari sul cartellone delle partenze, si buttò di corsa verso le scale del sottopasso che lo avrebbe condotto fino al binario quattro dove si trovava lei.
Che diamine stava succedendo?Voleva parlarci, doveva parlarci e percorse il sottopasso sentendo un peso opprimergli la bocca dello stomaco facendo due a due gli scalini che lo avrebbero portato alla piattaforma del binario quattro.
“No, no, no, no!!!” disse ad alta voce con il poco fiato che gli rimaneva nei polmoni vedendo che il treno si stava già muovendo. Non voleva crederci, non stava succedendo davvero, non poteva essere vero che Paola se ne andasse così senza neanche dargli uno straccio di motivazione.
Si mise a sedere su una panchina, poggiò i gomiti sulle ginocchia e ci abbandonò la testa, si sentiva svuotato, era stato un fulmine a ciel sereno e non si meravigliò quando sentì una lacrima scendergli sulla guancia.
Rimase così per un lasso di tempo non ben definito, poi prese il cellulare e cominciò a comporre il numero di telefono di Paola, che squillava a vuoto. La chiamò una, due, cinque, dieci volte ma il telefono squillava a vuoto...perchè si stava comportando così? Non riusciva a capirlo, non trovava un nesso logico a questo comportamento ma se c’era una cosa di cui era certo è che non si sarebbe accontentato di lasciarla andare così, senza neanche sapere il perché.
Sconsolato rientrò in caserma, lo sguardo torvo che avrebbe incenerito chiunque si fosse trovato sulla sua strada e quando vide che la maggior parte dei colleghi o era fuori o era già smontato, ringraziò mentalmente l’inquilino del piano di sopra o chi per esso e andò a passo spedito verso l’ufficio di Capello.
“Andrea, vieni, accomodati!” gli disse il maresciallo che immaginava esattamente il motivo per il quale il suo sottoposto si trovasse lì, anche se non gli avesse detto niente, i suoi occhi parlavano per lui “Ho una cosa per te...”.
“Maresciallo io...”.
“Lo so perché sei qui Andrea, e a questo proposito ho una lettera da parte di Paola da consegnarti...” disse aprendo il cassetto della sua scrivania ed estraendo una busta bianca “credimi, anche io ci son rimasto stupito quando è arrivata la convocazione a Firenze, non ci aspettavamo che dovesse partire così presto...”.
Andrea lo guardò stranito, si fece coraggio e chiese al maresciallo da quanto tempo Paola avesse deciso di inoltrare la domanda.
“E’ stato il capitano Ranieri a proporla per il corso,”rispose lui cercando di alleviare il tormento che vedeva sul volto del suo giovane sottoposto “all’inizio era un po’ titubante, poi non s’è capito bene il perché, ha deciso di accettare senza esitazioni, e il fatto che sia a Firenze è ininfluente,credimi, avrebbe accettato anche se fosse stato ad Udine...Mi dispiace Andrea, anche per me è stata una cosa inaspettata...”.
“Grazie maresciallo... con permesso...” disse congedandosi prima di uscire dalla stanza.
Percorse il corridoio e andò in cortile, appoggiandosi all’albero dove l’aveva trovata quel giorno in cui le aveva portato una tazza di the caldo alle cinque del mattino e tirò fuori la lettera dalla tasca dove l’aveva riposta.
La guardò e riconobbe la grafia di Paola che sulla busta aveva scritto semplicemente “Andrea”.
La aprì e vi trovò all’interno un foglio bianco piegato in quattro, lo aprì e cominciò a leggere sperando di trovare in quel foglio le risposte alle mille domande che gli frullavano in capo.
E invece ancora una volta rimase a bocca asciutta, ma percepì esattamente il momento in cui un pezzo del suo cuore andò in frantumi.
“So che ti starai chiedendo il perché di questo mio comportamento, mi dispiace tanto Andrea ma non ce la faccio... cerca di dimenticarmi e andare avanti con la tua vita e se ci riesci, di perdonarmi per questo mio comportamento.
Paola”

Appallottolò la lettera in un istante, come era possibile che un giorno andasse tutto bene e poi di punto in bianco, senza addurre una motivazione plausibile, se ne andasse troncando di netto la loro relazione?
Perché loro avevano una relazione per la miseria, anche se fra alti e bassi stavano insieme, e una relazione implica anche prendere le decisioni insieme ma a quanto pare, lui e Paola avevano una percezione del termine “insieme” veramente differente... sentì vari sentimenti farsi strada dentro di se,lo stupore, la delusione, l’amarezza, la rabbia, e realizzo per la prima volta che lei se n’era andata, senza dargli alcuna possibilità di appello.
Strizza un attimo gli occhi per permettere ai ricordi di andare a riporsi in un angoletto della sua mente e con essi tutte le sensazioni che avevano suscitato...quanto l’aveva cercata per poterci parlare, per sapere la motivazione reale del suo comportamento, così da potersi chiarire una volta per tutte e poter andare avanti con la sua vita, sarebbe stato l’Andrea di sempre, ma non più il vero Andrea, quello che solo Paola era riuscito a far emergere  e in quel momento esatto realizza che il tempo può anche essere passato ma lui Paola ce l’ha ancora in testa.
 
Nella sua stanza Paola si sta rigirando da un’oretta buona nel letto come un anima in pena, nonostante si sia imposta di non pensarci troppo, il suo criceto sta andando a mille, rischiando quasi di fondere, ed immediatamente si va a focalizzare proprio sull’unica cosa che è certa le toglierà il sonno.
Quel mese aveva avuto un ritardo nel ciclo e per lei che era puntuale come un orologio svizzero fu un campanello d’allarme, così senza dire niente a nessuno fece tutti gli accertamenti del caso che risultarono positivi.
-Un bambino! Il nostro bambino- ricordò di aver pensato una volta uscita dallo studio del ginecologo toccando il cielo con un dito, ancora incredula per quella notizia che il dottore le aveva appena dato.
Stava cercando un modo carino per dirglielo, sperando in cuor suo che anche Andrea si rivelasse così elettrizzato dalla notizia come lo era lei, per dirgli che di lì a otto mesi sarebbero diventati una famiglia e mentre era in archivio a sistemare delle pratiche quel pomeriggio, persa nelle sue fantasie, non si accorse che qualcuno era entrato nella stanza e aveva richiuso la porta alle sue spalle.
Sentì due braccia cingerle la vita e  vide che Andrea aveva posato la testa sulla sua spalla.
 “Ma tu non dovresti essere in comune alla riunione per la festa patronale?” gli chiese continuando ad armeggiare con i fascicoli.
“Se vuoi me ne vado subito...”.
“Scemo, non ho mai detto questo...” rispose posando i fascicoli e voltandosi per andare ad abbracciarlo.
“Sicura che vada tutto bene tesoro, hai una faccia stanca...” commentò Andrea vedendola un po’ sbattuta.
“Tutto bene, tu invece? Che voleva Ranieri stamani?”.
Andrea cambiò immediatamente espressione facendola preoccupare e lei decise di provare a farlo parlare.
“Amore che c’è?!” chiese allarmata “brutte notizie?!”.
“No tranquilla, è solo che stasera devo essere a Roma per un corso d’aggiornamento e starò fuori una settimana...”.
“Mmmmh... ecco, questo mi piace già un po’ di meno...” rispose lei pensando che avrebbe dovuto aspettare per dargli la notizia..
“Lo so, non credere che sia felice di dover stare la per una settimana intera senza poterti vedere...” rispose lui prima di darle un bacio.
Si separarono prima che si lasciassero trasportare troppo e lei gli chiese se gli servisse una mano a preparare il borsone.
“Se ti va lo sai che a me fa piacere, non vorrai mica che mi si sgualciscano le camicie, no?!” rispose lui alludendo alla famosa conversazione sulla bravura di Paola nello stirare i colletti delle camicie.
“Non sia mai Maresciallo che tu ti presenti con la camicia sgualcita per colpa mia, che scherzi!?” concluse Paola risistemandogli la giacca così da non lasciare traccia del loro incontro prima di trascinarlo verso la porta“Andiamo va, che devo supervisionare quel marasma che tu chiami borsone!”
Cenarono insieme agli altri, poi Andrea si congedò prima di recuperare le sue cose e dirigersi in cortile per caricare la macchina seguito da Paola.
Erano pronti, ora restava la parte più brutta, quella che aveva sempre odiato perché non riusciva mai a dire ciò che voleva nel momento esatto in cui doveva e cominciò a sentire che si stava chiudendo a riccio, come ogni volta che c’erano dei saluti di mezzo.
“Ci siamo... fai a modo qui e niente colpi di testa, ci siamo intesi?” le disse mentre la teneva stretta in un abbraccio.
“Intesi, e anche tu laggiù...se vengo a sapere che hai fatto il cretino con qualcuna delle tue colleghe giuro che ti stacco la testa e la uso al posto della tua amata palla da basket!” rispose lei accennando un sorriso.
“Se non fosse che sei solo tu quella che amo avresti di che preoccuparti, lo sai che con il suo fascino il Ferri fa facilmente strage di cuori...”.
“Sempre modesto vero, Ottoni?!”.
“Ahahah Vitali, non per essere ma stai divagando...”.

“Lo so, lo so, lo so... ma lo sai com’è, no?!”.
“Non ti piacciono i saluti...certo che lo so tesoro, ma non c’è niente di cui preoccuparsi, una settimana passa velocemente!!”.
Si salutarono, Andrea salì in macchina e mise in moto; stava quasi per oltrepassare il cancello quando dallo specchietto vide Paola accelerare il passo per raggiungerlo e richiamarlo.
“Amore... mi stavo dimenticando di dirti...”.
“Si?!”.
“Niente, te lo racconto quando torni...” rispose lei sporgendosi dentro l’abitacolo per dargli un bacio veloce “ti amo!”.
“Anche io, ti chiamo quando arrivo!”.
“Okay, allora ti aspetto...”.
Paola rimase a guardarlo andare via e poi rientrò dentro, dandosi della stupida mentalmente per non averglielo detto, lasciando passare una buona occasione.
 
Andrea era partito per Roma da neanche ventiquattro ore e già gli mancava un sacco, ma pensò di non pensarci troppo  si erano appena sentiti mentre aveva la pausa pranzo e la cosa le aveva ridato un po’ di buon umore.
Quel pomeriggio era di pattuglia con Sandro quando vennero chiamati per una rissa in un parco giochi e mentre cercava di calmare un ragazzo, questo gli mollò una ginocchiata in pieno ventre facendole perdere i sensi.
Fortuna volle che anche Carlo, Sonia e Romanò fossero stati mandati in rinforzo, così mentre i tre uomini finivano di placare gli animi e procedevano a far salire sull’auto alcuni dei coinvolti, Sonia si prese cura di Paola mentre aspettavano l’ambulanza del 118 che era stata allertata e si stava dirigendo sul posto.
“Paola stai bene?!” chiese vedendola ancora a terra rannicchiata su un fianco con una mano a proteggersi il ventre.
“I..il bambino...” rispose lei con un filo di voce.
Sonia la guardò spaventata, di che cosa stava parlando?!?
“Resisti Paola, andrà tutto bene, l’ambulanza sta arrivando, vedrai, tra poco sarà qui e starai bene!”.
L’infermiere del 118 si avvicinò per vedere cosa era successo e cominciò a prenderle i parametri ma si fermò immediatamente vedendo che c’era del sangue per terra. Si accertò che non fosse ferita mentre Paola, stremata, si sforzava nel tentativo di  fargli sapere che era incinta.
La caricarono sulla barella e una volta entrati in ambulanza, l’infermiere non perse tempo, riprese il monitoraggio dei parametri vitali e si apprestò a reperire un accesso venoso per infonderle un po’ di liquidi,  preoccupato che potesse subentrare uno shock ipovolemico.
Paola lo sentì chiacchierare al telefono cercando di concentrarsi su quello che stava dicendo.
“Si, ciao... qui è la India 01, ci dirigiamo verso il pronto soccorso, puoi avvertire che tengano libera una medicheria?” disse l’infermiere, un uomo sui quarant’anni “la paziente è una donna sui trent’anni, incinta, ha un’emorragia in corso... si, è probabile.... digli che in sei minuti al massimo siamo lì...”.
Lo sentì chiudere la telefonata e poi prese a parlare con lei.
“Paola ascoltami, ora andiamo in pronto soccorso e ti danno un’occhiata, hai preso un brutto colpo e dobbiamo cercare di fermare la perdita di sangue...” le disse prendendole la mano “cerca di stare tranquilla, ancora poco e siamo arrivati!”.
 
Arrivarono in pronto soccorso e subito quello che temevano di più divenne reale, Paola aveva un aborto in atto, sicuramente provocato dal trauma che aveva appena subito.
Venne portata in ginecologia per le cure del caso, riuscirono a fermare l’emorragia ma non senza che la gravidanza risultasse evidentemente interrotta e per sicurezza, una volta tornata in camera, le vennero attaccate le due sacche di sangue che il medico aveva fatto arrivare dal centro trasfusionale per far tornare i valori ematici ad un livello ottimale.
Sonia entrò in camera e si sedette accanto all’amica che era ancora sotto gli effetti dei sedativi per il piccolo intervento subito. Aveva avvertito il maresciallo Capello che Paola era stata ricoverata in seguito al trauma subito, non facendo alcun riferimento alla gravidanza e all’aborto e sarebbe rimasta lì per uno-due giorni e lui le disse di non preoccuparsi, loro se la sarebbero cavata bene comunque, il suo compito ora era quello di stare con Paola.
Sonia si chiese se non fosse il caso di chiamare Andrea, sapeva che tra i due c’era qualcosa ma vista la situazione doveva essere una decisione di Paola e di nessun altro.
Dopo un’oretta Paola si svegliò, vide Sonia e le sorrise, prima che le lacrime cominciassero a scender insistenti, rompendo gli argini e dando sfogo a tutto quello che provava in quel momento.
Sonia l’abbracciò e lasciò che l’amica si sfogasse e quando lei le chiese di non fare parola con nessuno riguardo a quanto era successo e al perché era stata ricoverata, sebbene non ritenesse giusto ciò che stava facendo, non esitò a promettere che avrebbe fatto quanto le stava chiedendo.
Andrea la chiama, lei fa finta di niente, non gli dice che è in ospedale, sa che potrebbe guidare come un matto rischiando di piantarsi in qualche guard rail lungo l’autostrada, pur di raggiungerla e stare con lei in quel momento ed è l’ultima cosa che vuole.
 
Al termine della degenza Paola rientrò in caserma, e cominciò a sentire quel posto andarle dannatamente stretto, tutti che le chiedevano come stava, tutti che la soffocavano con mille attenzioni mentre lei voleva solo starsene un po’ da sola per avere tempo di metabolizzare quanto successo nelle ultime novantasei ore... il suo bambino, sebbene fosse ancora ad uno stato embrionale, non c’era più.
Leo si affacciò alla porta di camera sua quella sera, il suo fiuto da psicologo diceva che la sua migliore amica non gliela raccontava giusta, e non era solo la sua apatia ad alimentare il suo sospetto, ma anche le sue occhiaie e il suo pallore.
Stava per vuotare il sacco, stava per raccontargli tutto quando Paola decise che non poteva coinvolgere anche Leo, lui ed Andrea avevano un buon rapporto, e se avesse saputo che Leo sapeva qualcosa e non l’aveva avvertito sicuramente non l’avrebbe presa bene.
Perciò indossò una maschera, finse, seppur malissimo, che tutto andasse bene e che l’avevano ricoverata perché aveva preso una brutta botta e volevano essere sicuri che non ci fosse alcun coinvolgimento degli organi addominali.
Fu proprio in quei giorni di grande confusione che il capitano Ranieri, involontariamente, le offrì una via di fuga da quel posto che fino a pochi giorni prima aveva sentito come la sua casa ma che adesso non faceva altro che ricordarle qualcosa che non c’era più­.
Le disse che nel giro di qualche giorno sarebbe partito il corso per vice brigadieri a Firenze e che se voleva, avevano pronto un posto riservato per lei.
Non ci pensò due volte, era la cosa migliore per lei e forse pensò, lo sarebbe stata anche per Andrea, perché in quel momento non riusciva ad essere minimamente la persona di cui lui si era innamorato.
E capì che c’era un solo modo per farlo, usando quello che era il suo punto debole, l’orgoglio.
Ferirlo nell’orgoglio, quella era la tecnica giusta, sapeva che se l’avesse fatto nel modo giusto, Andrea l’avrebbe dimenticata.
Trattenendo a stento le lacrime, perché sebbene il cervello le dicesse che era quella la cosa di cui aveva bisogno in quel momento, il cuore la stava supplicando di non fare una scelta così drastica, perché anche Andrea era coinvolto ed aveva pieno diritto di aiutarla a superare questo momento di dolore, e gli scrisse una lettera, poche righe, senza accennare dettagli sul perché di questa sua scelta.
Cominciò a non rispondergli al telefono, preparò le valigie, consegnò la lettera al maresciallo Capello pregandolo di consegnarla ad Andrea una volta che lei se ne fosse andata via, non prima.
L’anziano maresciallo aveva capito che c’era qualcosa tra quei due ragazzi che andava ben oltre l’amicizia, provò a farla ragionare, cercando di farle capire che andarsene così era una vigliaccata bella e buona ma lei ne era convinta,  e quando Paola si metteva qualcosa in testa era estremamente difficile se non impossibile farle cambiare idea... c’era un unico modo perché fosse l’orgoglio a farla da padrona, la lettera avrebbe sortito l’effetto desiderato e presto o tardi sarebbe andato avanti, e la Morresi tanto sarebbe stata ben lieta di consolarlo, riuscendo finalmente nel suo intento.
 
Paola scosse la testa, cercando di far tornare quei ricordi nell’angoletto dove erano stati fino a quel momento e finalmente preda del sonno, riuscì ad addormentarsi, ignara che ben presto tante cose sarebbero cambiate.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Parte 4. ***


Parte 4

Eravamo quel che tutti sognano,
Quell'amore che i cantanti cantano
Tanto forte, potente, immenso che
Sembra esagerato e impossibile....
Con il petto che sembra esplodere
Che non serve altro in più per vivere,
Che potrebbe scomparire l'Universo tranne noi



Anche se chilometri di distanza li separavano, inevitabilmente i pensieri di entrambi andarono ai momenti passati insieme e sebbene poi fossero seguiti momenti poco felici, un sorriso comparve sul volto di entrambi.
Ripensarono al primo bacio da Gemma, quello dato per sfuggire alle troppe attenzioni dell’onnipresente signore delle capsule Francesco, dato all’inizio per scherzo e che si era trasformato in qualcosa di più profondo, aprendo la strada a tutto quello che sarebbe accaduto successivamente.
Andrea ripensò a come era riuscita a prenderlo alla sprovvista, con quell’idea strampalata ma che si era rivelata molto piacevole. All’inizio era stata una scoperta, quasi un azzardo, non voleva osare troppo e svelare quello che provava veramente per lei, ma poi, sentendola così vicina, così a suo agio, non riuscì a trattenersi tanto che, una volta che si furono separati, avevano quasi perso la cognizione del tempo e il senso dell’orientamento, farfugliando qualcosa sul punto dove avevano lasciato la macchina...
Paola sorrise ripensando al fatto che in fin dei conti, se aveva accettato l’invito del farmacista era solo per colpa di Andrea che a sua insaputa aveva dato il suo numero di telefono a Francesco, spianandogli la strada... anche se le costava ammetterlo, era proprio questa una delle cose che le piacevano di più di Andrea, il modo in cui giocando coi suoi punti deboli, riusciva a mandarla in bestia, creando dei casini stratosferici senza rendersene veramente conto, per poi risolverli con una semplicità disarmante.
Ora, è vero che era stata lei con quella sua uscita bizzarra e inaspettata a mettere le basi per innescare una bella bomba, ma lui dopo un primo momento di sorpresa, vuoi per fare il finto tonto o perché veramente non se l’aspettava, non si era certo tirato indietro e dovette ammettere che non le era dispiaciuto che per una volta avesse preso la palla al balzo.
Era passato qualche giorno dalla serata al casale, Paola era andata a Roma e quei giorni di stacco le erano serviti per metabolizzare quanto era successo quella sera, per rendersi conto che non era stato un sogno ma che davvero poteva esserci qualcosa di più tra loro due.
La faccia di Andrea quando l’aveva vista scendere dalla macchina di Capello, che senza dire niente a nessuno era andata a prenderla in stazione, era uno spettacolo e si dovette trattenere dal saltargli in braccio, decisa a conservare le coccole per un momento più consono.
Quella stessa sera la fortuna si dimostrò essere dalla loro parte, la caserma era praticamente vuota, chi era di turno era fuori in pattuglia, chi era libero era tornato a casa o avrebbe fatto tardi non rientrando prima della mezzanotte, Capello incluso che era uscito con Fiorella... Andrea si era prontamente offerto di stare al telefono, prese il cordless ed entrando in cucina si scontrò con Paola che aveva appena finito di rassettare la cucina e si stava dirigendo in salotto per buttarsi un po’ sul divano.
“Ehi!” le disse prima di mettersi a ridere.
“Ehi...” rispose lei “Che c’è?!”.
Lui le mise un dito sulla bocca come a dirgli di fare silenzio e lei lo guardò stranita.
“Ascolta un po’ e dimmi cosa senti...”.
“Silenzio”.
“Esatto, silenzio! Siamo io e te e basta in caserma in questo momento!” le disse sfoderando un sorriso sornione prendendole la mano e trascinandola fino in salotto.
Si sedette e la invitò ad accomodarsi accanto a lui ma lei si tolse le scarpe e si accomodò sulle sue ginocchia, stendendo le gambe sul divano.
Si mise comoda e si accoccolò posando la testa sulla sua spalla e Andrea l’abbracciò.
“Paola?!”chiese dopo un po’ sentendo il suo respiro farsi regolare.
“Mmmmhh...” mugugnò lei.
“Stai dormendo?!”.
“No, mi sto godendo l’attimo...chissà quando ci ricapita di poter stare da soli così, senza nessuno in giro!” disse infine dandogli un bacio sulla guancia.
“Mi sei mancata in questi giorni, sai?!”.
“Anche tu...” gli disse facendosi seria, mettendo allo scoperto i suoi sentimenti.
Si baciarono e lentamente si trovarono stesi sul divano, ben consci di non poter azzardare troppo ma felici di poter passare del tempo insieme, da soli, dopo i giorni della separazione.
Erano quasi le una e ancora nessuno si era fatto vivo, quando Leo, che era di pattuglia, mandò un messaggino a Paola per comunicarle che erano prossimi al rientro.
Si rimisero a sedere, Paola allungò la mano per recuperare il telefono mentre Andrea le dava dei baci sul collo riuscendo nel suo intento di distrarla.
“E dai Andre...”non riuscì a completare la frase che lui le tappò la bocca con un bacio.
“E’ Leo...” disse infine riuscendo a prendere fiato “stanno tornando, è meglio se non ci trovano così, che dici?!?”.
“Mmmm...” rispose lui poco convinto grattandosi la testa “forse è meglio...”.
“Senti, ho un’idea, domani che turno hai?! Io ho la mattina libera, tu?!”.
“Anche io, domani son di riposo...perchè?!”
Così Paola che si era da poco accorta di aver perso la catenina con il ciondolo sferico con i brillantini che aveva al collo quella sera al casale, gli propose di accompagnarla per andarla a cercare, non era esattamente una buona idea lasciare qualcosa che fosse ricollegabile a lei tra i cuscini del divano, l’avesse trovata Capello non c’avrebbe messo molto per immaginarsi quanto poteva essere successo e Andrea, con un sorriso che andava da parte aveva accettato di buon grado.

“Senti ma...che cosa hai detto a Gioia?!” gli chiese Paola l’indomani mattina mentre stavano percorrendo la strada che gli avrebbe portati al casale.
“Cosa avrei dovuto dirle? La verità...le ho chiesto se potevamo andare a cercare il ciondolo che hai perso...” rispose lui con un sorriso sornione.
“Ma avrà pensato che fosse una scusa per restare da soli...”.
“E perché, non è così?!” rispose lui divertito, vedendola arrossire.
“E dai, smettila!” disse mentre rideva vedendo che anche per lui restare serio e concentrato sulla guida non era esattamente facile.
“Devi ammettere che a quest’ora è strano che non l’abbia già trovato lei... e poi io non mi ricordo di averti visto nessun ciondolo al collo quella sera..” rispose lui. Paola adorava quando diventava pignolo fino all’eccesso solo per punzecchiarla e decise di stare al gioco.
“Ma come no? Era una sfera, con tutti i brillantini...” rispose lei trattenendo a stento una risata poi decise che era il suo turno di punzecchiarlo “strano che un arguto osservatore come lei Ferri non si sia accorto di una cosa del genere, che comincia a perdere colpi Maresciallo?!”.
“Bah….si vede che ero distratto da qualcos’altro..” concluse lui con un sorriso da ebete stampato in faccia ripensando a quanto era successo quella sera e Paola non poté fare a meno di sorridere, inutile tentare di fare discorsi seri con Andrea e in quel momento la cosa non le dispiaceva affatto.
Arrivati al casale cominciarono a setacciare la casa in lungo e in largo, mancava solo si aggregasse Horatio Caine con la sua squadra di CSI e poi sarebbero stati al completo ma della collanina neanche l’ombra.
“Paola in cucina non non trovo nulla…”
“E certo, siamo rimasti tutto il tempo davanti al caminetto..” fece lei continuando a cercare prima nelle vicinanze del camino e poi avvicinandosi al divano.
“Niente neanche sotto al tavolo…” disse Andrea che era appena riemerso da sotto il tavolo e che si stava sgranchendo un po’ dopo essere stato accucciato per qualche minuto.
“Forse sarà finito sotto al divano...”rispose lei cominciando a cercarlo e a smuovere i cuscini.
Andrea si avvicinò per aiutarla e si ritrovarono a gironzolare intorno a quel divano dove avevano passato una buona parte della serata senza ottenere risultati.
“Okay allora...Ricostruiamo per filo e per segno tutti i movimenti di quella sera….” esordì lui con un sorrisetto dei suoi sedendosi sul divano e facendole segno con la mano di avvicinarsi.
Paola non se lo fece ripetere due volte e gli si sedette vicina quando infilando per caso una mano sotto al cuscino per vedere se ci fosse qualcosa, ritrovò il suo ciondolo.
L’aveva ritrovato si, la loro missione era compiuta, ma vedendo cosa stava per fare Andrea, che nel frattempo si era voltato verso di lei e la stava osservando, decise di metterlo in tasca e mantenere segreto, almeno per il momento, l’avvenuto ritrovamento.
Andrea si avvicinò, prese un respiro, stava per dire qualcosa quando lei, con aria divertita e provocatoria gli disse che per le scene più intime voleva una controfigura.
Andrea trattenne a stento una risata, quando voleva, Paola sapeva essere davvero tremenda e spiazzarlo non era certo un problema, ma in quel momento aveva la battuta pronta.
“Signorina stiamo facendo un’indagine, non un film” le disse cercando di essere serio mentre in realtà sorrideva.
Si avvicinarono e si lasciarono andare, sentirono la tensione sciogliersi per lasciare posto al divertimento e alla gioia di poter essere lì, insieme,da soli, senza la paura di essere beccati da qualcuno, e poter riprendere quel discorso che avrebbero voluto già riprendere una settimana prima se non ci fosse stata di mezzo l’immediata partenza di Paola per Roma.
Erano contenti, non c’era rischio di poter essere disturbati, quando il telefono cominciò a squillare ininterrottamente.
-E ti pareva...-pensò Andrea, ben intenzionato a non rispondere –il solito tempismo del cavolo!
“E’ il tuo...”gli disse lei dopo che si furono separati a malincuore “devi rispondere...”.
Andrea controvoglia prese il telefono e cercò di ricomporsi, conscio che averla così vicina non era d’aiuto alla sua concentrazione.
“Pronto..maresciallo Capello, si, si certo ci vado io non si preoccupi.. “rispose lui roteando gli occhi preannunciandole così che non c’erano buone nuove in vista“ Sono con..Vitali..porto anche lei… Si non siamo lontani dal benzinaio....Comandi”.
Chiuse la telefonata posando malamente il telefono sul divano e tornò ad osservare Paola, non accorgendosi che lei lo stava guardando mentre giocherellava con la catenina.
“Che succede?” chiese Paola, capendo dalla sua espressione che c’era qualcosa che non andava.
Andrea, al quale l’idea di dover rientrare nonostante il suo giorno di riposo non andava molto a genio specie perché era il primo momento senza interruzioni che potevano passare insieme, le rispose che c’era stata una rapina in un’area di servizio e che quindi dovevano andare.
Paola lo guardò dispiaciuta, pensò che c’era un che d’ironico nel tempismo sballato che infieriva ogni volta neanche a farlo di proposito, voleva stare ancora un po’ così, con la spina staccata, lasciando che non fosse la razionalità a farla da padrone ma bensì il suo cuore.
“Riprendiamo il discorso questa sera?” le propose lui avvicinandosi.
“No... stasera avevo promesso a Leo che avremmo cenato insieme, ha detto che vuole parlarmi...” rispose lei cercando di rendergli la pillola amara un po’ più digeribile.
Stava per risponderle quando vide che teneva in mano il ciondolo.
“Ah, ma allora l’hai ritrovato...”commentò vedendo che se lo stava rimettendo al collo con un grande sorriso stampato in faccia “almeno dai, non è stato un viaggio completamente a vuoto!”.
Andrea si stava per rialzare quando lei lo prese in contropiede, prendendogli il viso tra le mani e dandogli un altro bacio, rapido, sicuro, che non rischiasse di non farli più alzare da quel divano.
“Il discorso non finisce qui” le disse divertito prima di dargli un ultimo bacio e alzarsi con un sorriso gigantesco porgendogli la mano “meglio che andiamo, sennò ci danno per dispersi, poi chi lo sente Mura!”.
Arrivarono all’area di servizio, fecero tutti i rilievi del caso, poi Andrea rimase lì per gli ultimi accertamenti e Paola tornò in caserma con la sua macchina.
Erano quasi le sei quando lo sentì rientrare in compagnia di Sandro, doveva essere esausto e perciò dopo aver messo su la macchinetta per il caffè e atteso quel tanto che bastava perché fosse pronto, lo versò in una tazza e si diresse verso il suo ufficio.
Capello non c’era, era in Comune a riferire alla signora Pagni e gli altri erano nell’ufficio comune a compilare relazioni o effettuare ricerche così si affacciò alla porta del suo ufficio e lo vide seduto sulla sua poltrona con la testa appoggiata su un gomito e gli occhi chiusi.
Richiuse la porta alle sue spalle cercando di fare il minimo rumore e Andrea non si accorse di nulla, posò il caffè sulla scrivania così che fosse ad una distanza ravvicinata rispetto alle sue narici e l’odore di caffè potesse arrivarci facilmente e poi andò a passargli una mano tra i capelli scompigliati prima di concentrarsi sulle tempie. Lo conosceva, sapeva che soprattutto quando faceva caldo ed era più stanco del solito, era più soggetto all’emicrania.
Andrea sentì qualcuno massaggiargli le tempie e considerando il mal di testa che gli era partito non poteva che essere un sollievo, riconobbe il tocco delicato di Paola e rimase un altro po’ con gli occhi chiusi, poi le prese la mano e ne baciò il palmo .
“Emicrania?!” chiese lei accarezzandogli la testa dolcemente.
“Come lo sai?!”.
“Ti conosco... rispose lei abbracciandolo “Comincia a fare più caldo ed hai avuto una giornata da pazzi e quand’è così di solito è facile che ti venga...”.
“E sei venuta a farmi da infermiera?!”rispose lui facendola accomodare sulle sue gambe.
“Cretino...” rise lei “ ti ho preparato un caffè bello forte con due cucchiaini di zucchero come piace a te non sia mai che è troppo amaro, ti ho portato un moment e, ultimo ma non meno importante, son venuta a darti questo...”.
Andrea la guardò incuriosita, poi lei si avvicinò e gli diede un bacio. Non fece in tempo a trattenerla che lei già si era alzata.
“No, dove vai adesso?!”
“Maresciallo! Mica vorrai che resti qui a distrarti vero?!”.
“Perché?! Mica mi disturbi!!” le disse alzandosi per raggiungerla.
La bloccò, le cinse i fianchi con le braccia e lasciò che lei gli mettesse le braccia al collo. Si baciarono, rimasero fronte contro fronte per qualche istante, poi lei gli accarezzò una guancia e sciolse l’abbraccio.
“Dai, ora è meglio che vado, se stasera mi libero per un’ora decente ti chiamo, okay?!”.
“Okay...” poi indugiò un attimo e la richiamò “Paola!”.
“Si?!” rispose lei voltandosi.
Lui le si parò davanti, le accarezzò una guancia e le diede un ultimo bacio “Ti amo”.
“A..a..anche io!” rispose lei farfugliando prima di uscire e richiudere la porta alle sue spalle.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Parte 5 ***


I ricordi che... sembrano lame
Fanno male ma... forse li cerco io
Per rivivere... per ricordare
Ogni istante accanto a te
Una vita accanto a te


 

-Basta, basta, basta!- si disse mentalmente Paola cercando di tornare alla realtà e non rivivere quei momenti.
La verità era solo una, e cioè che tutto quello che era successo con Andrea riguardava il passato, e non c’era possibilità di tornare indietro.
Il giorno x era finalmente arrivato e Paola stava tornando a Città della Pieve per il matrimonio di Luigi, il suo migliore amico, nonché angelo custode con Alessandra, la sorella di Andrea.

Città della Pieve, dove tutto era iniziato e dove tutto era destinato a finire, o ricominciare, a seconda dei punti di vista.
Cercò di cogliere il lato positivo della sua permanenza lì, anche se riapriva vecchie ferite, era lì per Luigi, perché gli voleva bene e tanto doveva bastare.
Parcheggiò la macchina nel cortile del B&B di Gemma dove Luigi le aveva preso una stanza e una volta scaricato il suo trolley, andò alla reception a sbrigare le pratiche amministrative.
Gemma fu ben felice di averla come ospite e le mostrò la sua stanza.
“Paola tesoro, sono contenta tu sia qui” le disse infine congedandosi.
“Anche io Gemma, anche io!” rispose lei accennando un sorriso.
Il tempo di farsi una doccia e di cambiarsi e Leo la chiamò al telefono per dirgli che la stava aspettando in veranda.
“Arrivo subito, mi metto le scarpe e scendo!” disse lei prima di chiudere la telefonata.
Dieci minuti più tardi era pronta e stava per raggiungere l’amico in veranda.
“Paola!!!” esclamò lui sorridendo andandole incontro.
“Leo!!!” rispose lei correndogli incontro.
Si abbracciarono, come due amici che non si vedevano da tanto tempo ma che seppur sporadicamente si sentivano e cominciarono a parlare fitti fitti.
“Allora, fatti vedere!” le disse prendendole la mano e facendole fare un giro su se stessa “stai una favola, che mi racconti?!?!”.
Così Paola gli raccontò di Tarquinia, di Luigi e della sorpresa per il suo trasferimento, del quasi shock alla notizia del matrimonio e lo stupore per la richiesta di essere la sua testimone.
Leo la studiò attentamente mentre glielo raccontava e con il suo cipiglio imperscrutabile da psicologo si chiese come avrebbe reagito una volta che si fosse trovata davanti al testimone della sposa, Andrea appunto.
Luigi si era consultato con lui, non glielo aveva detto per paura che rifiutasse, e benché Leo avesse una vaga idea del perché Paola tempo addietro se ne fosse andata troncando ogni tipo di rapporto così in malo modo e avesse espresso le sue perplessità riguardanti il tacerle un dettaglio così importante, entrambi erano fermamente convinti che una volta che si fossero rivisti, sarebbe bastato sintonizzarsi nuovamente sulla solita frequenza per lasciare andare definitivamente il passato e fare spazio ad un eventuale futuro insieme.
“Sei pronta?” le disse Leo osservandola attentamente.
“Pronta! Andiamo a conoscere la futura signora Testa!” rispose lei allegramente.
Mentre camminavano lungo la strada che li avrebbe condotti al ristorante dove si erano dati appuntamento, si ritrovarono a parlare del vestito che avrebbero messo l’indomani.
Si erano messi d’accordo telefonicamente così che i loro vestiti fossero vagamente coordinati almeno in un dettaglio e così Leo, convinto da Paola ad azzardare un po’ coi colori, si sarebbe messo una fantastica cravatta arancione che avrebbe ripreso i dettagli del vestito della ragazza.
“E allora, si può vedere questa cravatta?!?” chiese lui.
“E se ti avessi preso un papillon?!”.
“Beh, allora avresti dovuto regalarmi un fez, così sarei stato nettamente nella parte!”.
“Scusa, che ne hai fatto del mio dolce amico Leonardo Bini?!?” rise lei.
“Tesoro, non sei la sola che è appassionata di telefilm!”.
“Spiritoso Bini, cos’è, hai intenzione di metterti ad urlare “Geronimo” quando il prete chiederà se qualcuno ha qualche obiezione all’unione degli sposi?”.
“Nah... quella è più una cosa da Prosperi, io sono pur sempre il testimone dello sposo!”.
Paola rise di gusto e Leo si augurò vivamente che tanto bastasse a compensare l’arrabbiatura che avrebbe provato poco più tardi.
Arrivarono così davanti al ristorante dove trovarono Alessandra, Luigi e Sonia che quando li videro arrivare subito andarono ad abbracciarli.
Alessandra si presentò sorridendo, Luigi le aveva raccontato la loro storia, di come all’inizio lui avesse travisato una grande amicizia per un grande amore in un momento di crisi, degli sguardi in cagnesco con Andrea che ne erano seguiti e dell’amicizia fraterna che li legava così come sapeva bene che lei non sapeva niente riguardo al fatto che suo fratello era il suo testimone e che tra loro le cose non erano andate nel modo migliore.
Alessandra decisamente le piaceva, era un terremoto, quasi come il fratello le venne da pensare, ed era proprio quella di cui Luigi aveva bisogno.
Si trovarono così a fare comunella, come se si conoscessero da sempre e cominciarono a ridere raccontandosi aneddoti divertenti su Luigi.
“Ehi voi, la finite di fare comunella e di allearvi contro di noi?!”.
“E dai Lù!” rispose Paola ridendo “mica penserai di passarla liscia vero? Sono pur sempre la testimone, e ho il pieno diritto di raccontare cose imbarazzanti di te alla tua futura moglie!”.
“Ah, grazie per la lealtà eh?!” rispose lui roteando gli occhi.
Alessandra li guardava divertiti, ora capiva perché seppur fosse distante da casa loro, Luigi era stato contento quando aveva scoperto che a Tarquinia c’era Paola, erano come cane e gatto, certo, ma si volevano un gran bene.
“Scusatemi...” disse alle due ragazze congedandosi andando verso Luigi “Eddai Lù mica te la sarai presa eh?! Lo sai che anche io tivubì!”.
“Ah certo, se questo è il tuo modo per dirmi che mi vuoi bene non oso pensare se tu mi volessi male!!”.
“Vi prego, abbattetelo subito, lo sposo sta delirando!!!”rispose lei ridendo “Occhio eh, che ti faccio psicanalizzare da Leo!!”.
“Ancora?!? Con tutto il rispetto Leo, ma ti preferisco come amico e collega che come psicologo!”.
“Fa niente Luigi, ormai dopo quattro anni che ti conosco l’ho capito!!”.
Alessandra e Sonia li guardavano divertite, erano veramente come cane e gatto, la razionalità e l’impulsività e risero al loro scambio di battute.
“Bene, io direi di accomodarci dentro,” commentò Alessandra dopo qualche minuto “tanto figurati se quell’orso di mio fratello arriva puntuale, figurati, la prima donna si deve far aspettare!”.
Paola non ebbe tempo di assimilare quanto appena detto da Alessandra che subito una voce alle sue spalle fece notare la sua presenza.
“E invece la prima donna è qui!” disse Andrea avvicinandosi alla sorella per abbracciarla “scusa il ritardo ma lo sai com’è, no?!”.
“Cos’è? Scartoffie,scartoffie, scartoffie?!?”.
“Esatto, una marea di scartoffie a dirla tutta, pensavo non ne sarei uscito vivo!”.
“Sempre il solito esagerato, eh Andrea?!” commentò Luigi andandolo a salutare.
Lo spettacolo poteva avere inizio e dalla faccia sconvolta di Paola si preannunciava una serata interessante.
Leo se ne accorse e la prese per mano come a infonderle coraggio, come a dirle “ci sono io con te, andrà tutto bene”.
Andrea rimase a bocca aperta, com’era possibile che Paola fosse la testimone di Luigi e lui non ne sapesse niente?!? Non sapeva se ridere o piangere dell’intera faccenda, perciò si avvicinò al quasi cognato e lo prese sottobraccio anticipando di qualche passo gli altri.
“Brutto bastardone che non sei altro, perché non mi hai detto nulla?!” chiese non riuscendo, per un motivo che ancora non aveva ben chiaro, ad essere arrabbiato con lui.
“Se è per questo non ho detto niente neanche a lei, sapevo che altrimenti uno di voi due non avrebbe accettato ed era l’ultima cosa che volevamo...” cercò di giustificarsi Luigi.
“Complimenti, non c’è che dire...” commentò Andrea sarcastico.
“E dai Andrea, è il matrimonio di tua sorella, sarebbe carino se tu mettessi da parte il tuo orgoglio ferito e prendessi questo tiro mancino come l’occasione per parlarle e fare chiarezza una volta per tutte nella tua vita, almeno così poi potrai andare avanti più sereno, perché lasciatelo dire, da che se ne è andata, una parte di te se n’è andata con lei...”.
Si misero al tavolo, e per uno strano gioco del destino (o per lo zampino degli sposi a seconda di come la si voglia guardare) Paola e Andrea si ritrovarono seduti uno di fronte all’altro. La serata sarebbe stata dannatamente lunga e Paola non aveva l’assoluta certezza che ne sarebbe uscita indenne.
La serata passò piacevolmente, di tanto in tanto quando alzava lo sguardo vedeva Andrea guardarla con aria assorta, chissà che cosa gli stava passando per la testa? Chissà come era la sua vita adesso, aveva qualcuno? Si era rifatto una vita?
Al termine della serata uscirono dal locale e dopo essersi salutati, si divisero per tornare ognuno alle proprie abitazioni.
Luigi e Alessandra si congedarono per primi, lui l’avrebbe accompagnata a casa prima di tornare a dormire in caserma come la tradizione prevedeva mentre Sonia aveva appuntamento con un’amica al belvedere (amica che si sarebbe rivelata essere in realtà Carlo Prosperi) e si dileguò subito dopo.
“Sicura che non vuoi che ti accompagni fino da Gemma?” chiese Leo.
“Sicura, ho bisogno di starmene un po’ da sola e poi tu devi dormire un po’, non vorrai mica avere due occhiaie che fanno provincia domattina, vero?!”.
“Va bene, va bene...allora ci vediamo domattina!” disse lui abbracciandola mentre Andrea la osservava poco distante “se hai bisogno, per qualsiasi cosa, tu chiama, dieci minuti e son da te.”.
“A domattina!” rispose lei sciogliendo l’abbraccio dopo averla rassicurato “Salutami Elena e dai un bacio alla bambolina da parte mia!”.
Lo guardò allontanarsi e cominciò a camminare nella direzione opposta quando si sentì chiamare dall’ultima persona dalla quale si aspettava di essere chiamata.
“Paola!” le disse la voce “Aspetta!”.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Parte 6. ***


E il cervello sa... che è complicato
Ciò che è rotto ormai... non si riparerà


 

-Ti prego, ti prego, ti prego, fa che non se ne vada, fa che si fermi e mi dia la possibilità di parlarle...- pensò Andrea aspettando che lei si voltasse.
“Aspetta!” le disse raggiungendola e cercando di fermarla.
“Cosa vuoi Andrea?!” chiese lei fredda.
“Posso accompagnarti fino da Gemma? E’ tardi e per quanto tu lo possa ritenere improbabile, non è sicuro andare in giro da sola a quest’ora...”.
“Davvero Andrea, non importa, sono capace di difendermi da sola...” rispose lui cercando di dissuaderlo, non perché non le facesse piacere la sua offerta ma perché sapeva che averlo troppo vicino avrebbe tirato fuori antichi rancori e con essi quella che era probabilmente la parte peggiore di sé.
“Paola per piacere, non dirò niente, non farò niente, lascia solo che ti accompagni...”.
Lei non rispose e lui ebbe come l’impressione di aver imboccato la strada giusta.
“Posso?!” chiese infine.
“Senti Andrea basta!” sbottò Paola “ fai come ti pare, non mi interessa, tanto anche se mi dicessi di no, faresti di testa tua comunque...”.
Esatto, Andrea stava tirando fuori il suo lato peggiore e lo stava facendo egregiamente
Andrea rise amaramente e quando sentì quanto aveva detto Paola aveva gli occhi fiammeggianti dalla rabbia.
“Senti da che pulpito viene la predica, “commentò lui sarcastico “parla quella che se ne va così, da un giorno all’altro senza degnarsi di dare un briciolo di spiegazione e poi pretende che uno non sia arrabbiato!”.
Paola si girò come una furia e senza neanche accorgersene, Andrea sentì un forte dolore provenire dalla sua guancia perché lei gli aveva appena dato un ceffone.
“Non ci provare, Andrea, non ci provare neanche per scherzo a scaricare su di me la tua frustrazione!” rispose lei come se stesse sputando veleno.
“E allora dimmi perché!” alzò la voce lui senza quasi rendersene conto lasciandosi trasportare da ciò che sentiva dentro “spiegami per quale cavolo di motivo te ne sei andata così, senza neanche darmi modo di capire!”.
“Perché, perché perché! “ rispose lei cominciando ad agitarsi “Dio Andrea,perché sei così insistente? Te l’ho detto, tra noi non funzionava e lo sai anche tu...”.
“E chi lo ha deciso che non funzionava,tu?!” le chiese lui aspettandosi quasi che lei rispondesse.“ E certo! Hai deciso tutto tu, come sempre, senza neanche interpellarmi!!! Per la miseria Paola forse non ti rendi conto di come mi son sentito... torno da un corso d’aggiornamento, dove peraltro non ho scelto io di andare,e scopro che la mia ragazza, e non la prima che passa, la mia ragazza, ha preso baracca e burattini e se n’è andata lasciandomi con un misero pezzo di carta perché non ha neanche avuto il coraggio di dirmelo in faccia!”.
Quello fu uno schiaffo troppo forte da sopportare e Paola cominciò a tremare mentre le lacrime trattenute fino a quel momento cominciarono a fare capolino, distruggendo quell’immagine da blocco di ghiaccio che aveva cercato di imporre per tutta la serata.
Andrea si accorse che stava minando le sue difese con successo, era riuscito a farle abbassare un minimo la guardia e decise di proseguire in quel modo, posandole le mani sulle spalle bloccandola esattamente di fronte a se per poterla guardare dritta negli occhi, in quegli occhi verdi che amava da impazzire.
“Mi dici che diamine è successo una volta per tutte, almeno così mi metto l’anima in pace e riesco ad andare avanti perché così non ce la faccio...” le disse lui quasi pregandola, sia con la voce che con lo sguardo che teneva piantato su di lei “pensavo di averla superata, lo pensavo seriamente e invece sono di nuovo punto e a capo, perché sai che c’è? C’è che ti amo Paola, anche se ci son stato male come un cane, questo non cambia che ti amo e non c’è modo di farmi cambiare idea...perciò ti chiedo di dirmi la verità, per caso avevi un altro?”.
Paola lo lasciò parlare ma quell’ultima domanda la fece arrabbiare ancora di più.
“Che cosa?”sbottò “Certo che no, per chi mi hai preso?”.
“E allora?” cercò di incoraggiarla lui, ottenendo in risposta un silenzio quasi insopportabile dietro il quale lei si stava trincerando.
Lei lo guardò con uno sguardo vuoto, fisso in un punto lontano, con le lacrime che uscivano copiose.
“Per la miseria Paola, perché mi vuoi così male?” supplicò Andrea “Non ti chiedo molto, dammi solo una risposta, una volta per tutte e poi giuro che non ti disturberò più!”.
E per quanto il cervello le dicesse di stare in guardia, il cuore le urlava di dirgli tutto, per alleggerirsi di quel macigno che oramai da tempo lo opprimeva e per dare un po’ di pace anche a quello di Andrea.
E alla fine decise di dare ascolto al cuore, fece un respiro profondo e poi parlò.
“Ero incinta, okay?” disse con un filo di voce tremante.
“Come?” chiese Andrea pensando di aver sentito male.
“Si, avevo fatto il test ed era positivo...”.
“E perché non me l’hai detto?”.
“Perché quando ne ho avuto la conferma stavi partendo per Roma e non volevo dirtelo così, avrei voluto preparare qualcosa di speciale e perciò ho preferito aspettare, una settimana non avrebbe certo fatto la differenza...” rispose lei tutto d’un fiato non riuscendo a trattenere le lacrime, pensando a quanto, nel loro caso, una settimana aveva fatto totalmente la differenza.
“E perché te ne sei andata?” chiese Andrea cercando di calmarsi e di aiutarla ad aprirsi, le tolse le mani dalle spalle, lasciandole il suo spazio sentendo che quello che le stava per dire non sarebbe stato affatto piacevole “Cos’è successo?”.
“L’ho perso,” disse lei con la voce rotta “il pomeriggio del giorno dopo che eri partito... una colluttazione durante una pattuglia ed è stato aborto spontaneo...”.
Fu una doccia gelata per Andrea che incredulo si passa una mano sul volto. Ora si spiegavano in parte tante cose, così decise di infischiarsene dell’orgoglio, si avvicina e l’abbraccia.
“Perché non mi hai detto niente,” le disse tenendola stretta “sarei rientrato prima e l’avremmo superata, insieme...”.
“Certo,” commentò lei con estrema sincerità “così ti beccavi subito una sospensione, un trasferimento immediato a Bressanone e così addio carriera...”.
“E secondo te me ne sarebbe fregato qualcosa della carriera sapendo che stavi male?” le disse avvicinandosi al suo orecchio “Tu e la tua mania di voler decidere anche per gli altri pensando di sapere sempre che cosa è meglio per loro...pensi davvero sia così insensibile?”.
“Non volevo esserti d’impiccio” rispose lei sciogliendo l’abbraccio e rimettendo tra loro una distanza di sicurezza ”e poi non sarei riuscita a rimanere qui, con tutti che mi domandavano come stavo e i chiacchiericci che sarebbero nati....il corso è arrivato al momento giusto...”.
“Certo, complimenti,davvero” commentò lui arrabbiato “come se estromettermi dalla tua vita mi avesse e ti avesse fatto stare meglio... non a caso adesso stai piangendo...”.
“Andrea davvero, basta... ora che sai come stanno le cose, lasciami stare, riprendi la tua vita, torna con la Morresi, fai cosa ti pare ma dimenticami, è meglio per entrambi, credimi!!”.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Parte 7. ***


7.
Però il cuore sai... me l'ha giurato
Sa che un giorno tornerai... sì
Dice presto tornerai

 

Andrea la guardò incredulo, non riusciva a credere a cosa aveva appena sentito.
Davvero Paola, la sua Paola, lo stava invitando a tornare proprio da Claudia, una delle poche persone che le erano mai andate a genio?
-Vi prego ditemi che questo è un incubo e che tra poco mi sveglierò- pensò Andrea.
La guardò con due occhi sgranati chiedendosi se fosse impazzita di botto o se volesse solamente provocarlo...Claudia?!? Come poteva anche solo pensare che tra loro ci fosse qualcosa quando lei era felicemente sposata con Guido da più di un anno e avevano appena avuto un bambino, proprio non riusciva a spiegarselo.
Ricordava bene la sua faccia felice ed appagata quando gli aveva presentato per la prima volta il bambino e gli veniva da sorridere ripensando a quel perioodo in cui avevano avuto un piccolo flirt, salvo poi capire che la loro poteva essere solo una bella amicizia e che la passione era tutt'altra cosa, tanto che Claudia e Guido gli avevano chiesto di fare da padrino al battesimo del figlio, diventando così uno zio per il piccolo Pietro e lui fu ben felice di accettare.
"Paola tra me e Claudia...non è come pensi" rispose lui quasi come a volersi giustificare.
"E pensi davvero che io ti creda?!".
"E certo, ovviamente! Non sia mai che tu abbia fiducia in quanti ti sto dicendo" rispose lui inasprito "quanto tempo ci vorrà per far entrare in quella tua testolina dura che non sono mai stato innamorato di Claudia...per un certo periodo mi ero anche illuso di poterlo essere, ma come potevo riuscirci visto che non faccio che pensare a te?!".
"Ti prego Andrea, basta! Per piacere, chiudiamola qui, vai avanti con la tua vita, io andrò avanti con la mia, credimi, è meglio così per tutti...".
“Meglio per chi?” ribattè lui “di certo non per me...” poi si avvicinò nuovamente e l’abbracciò tenendola stretta ignorando la sua momentanea opposizione, consapevole che è solo una facciata perché dopo qualche istante Paola si abbandona del tutto al suo abbraccio e inizia a singhiozzare.
Andrea la sta tenendo stretta e Paola comincia a sentire la tensione allentarsi...odia come si sta comportando, il modo in cui, anche a distanza di anni, riesce a sfruttare i suoi punti deboli e come la sua vicinanza la facesse sentire al sicuro.
Prova a divincolarsi per mettersi a distanza di sicurezza, consapevole che è pericoloso il modo in cui le sue difese si abbassano quando si tratta di Andrea, ma non ci riesce, più prova a divincolarsi più lui la tiene stretta e perciò non le resta che arrendersi.
Andrea la guarda un attimo, ha gli occhi gonfi per il pianto, il respiro accelerato, è arrabbiata eppure lui la trova bellissima, ancora più del solito e non riesce a resistere alla tentazione di baciarla, sapendo di giocarsi il tutto per tutto.
Battagliera fino nel midollo Paola prova ad opporre resistenza, poi però sente che lui la sta baciando mettendo il loro futuro insieme e la remota possibilità di riappacificarsi interamente nelle sue mani e non riesce a respingerlo, in fin dei conti era quello che una remota parte del suo cuore aveva sempre sperato, anche nei momenti più bui.
Rimangono così, abbracciati, felici di poter assaporare nuovamente tutte le emozioni derivanti da quella vicinanza che anche se costava parecchio ammetterlo, era mancata così come manca l’ossigeno, continuando a baciarsi.
 
Si presero per mano e stando appiccicati arrivarono fino al b&b di Gemma dove, seppur per qualche istante, sono costretti a dividersi.
Andrea la aspetta all’inizio delle scale e mentre lei sta andando a prendere la chiave della sua stanza, lui manda un messaggio a Luigi per dirgli che quella sera non sarebbe tornato a dormire in caserma.
Paola lo raggiunge, lo prende per mano e cercando di tenere a freno gli ormoni quanto basta per arrivare in camera facendo meno baccano possibile, salgono le scale.
Arrivati sul pianerottolo dove si trovava la camera, Paola comincia ad armeggiare con la chiave cercando di aprire la porta ma la sua concentrazione era messa a dura prova da Andrea che nel frattempo aveva cominciato a baciarle il collo.
“Fermati un attimo, per piacere” gli disse prima di avvicinarsi pericolosamente per baciarlo “diamine Ottoni, mi stai facendo sconcentrare!”.
Con un gesto repentino e un sorriso malandrino Andrea le toglie le chiavi di mano, senza esitazioni infila la chiave nella serratura e questa nel giro di neanche mezzo minuto, si apre magicamente verso l’interno.
Paola lo prende per il bavero della giacca e lo trascina dentro, richiude la porta alle sue spalle e tira un sospiro di sollievo.
Andrea la guarda rapito, e anche se la luce è stata lasciata spenta, Paola riesce a vedere quei due occhi verdi che quella sera sono ancora più verdi del solito, guardarla come se non fosse mai successo niente, come se non se ne fosse mai andata, con lo stesso identico amore con cui la guardavano prima che succedesse tutto quanto.
Rischiando di inciampare sul tappeto un paio di volte, vicenda non riuscendo a trattenere una risata mentre cominciavano a togliersi i vestiti arrivarono fino al letto dove diedero sfogo a tutto quello che avevano cercato di mettere a tacere nel tempo e come una fenice che risorge dalle ceneri, quella notte è lo spartiacque tra quello che è stato e quello che potrebbe essere.


Le cinque del mattino, Paola è stretta nell'abbraccio di Andrea quando lui, vedendola persa nei suoi pensieri, le chiede a che cosa stia pensando e vede una lacrima farsi strada dai suoi occhi, seguita poi da tante altre.
"Ehi piccola," disse mentre le asciugava le lacrime con i pollici e la osservava con uno sguardo pieno d'amore "perchè piangi?!".
"E' che... mi dispiace....scusa se me ne sono andata così e non ti ho detto niente dell'aborto..." rispose lei mettendosi a sedere sul letto come a mettere un pò di distanza e Andrea capì che non c'era bisogno di forzarla ulteriormente, si stava aprendo da sola.
"Ero così contenta, sarebbe stata una cosa da pazzi ma ero sicura che ce la saremmo cavata, ricordi quando ti son corsa dietro mentre stavi uscendo dal cancello?".
"S..si" rispose Andrea "certo che me lo ricordo, perchè?!".
"Ecco lì stavo per dirtelo, ma stavi andando via e volevo preparare qualcosa di speciale per darti la notizia..." continuò Paola rabbuiandosi ulteriormente "comincio a pensare davvero che sia tutta colpa mia, se te l'avessi detto subito magari a quest'ora le cose sarebbero andate diversamente e non ci saremmo stati così male per anni...".
"Paola..." le disse mettendosi anche lui a sedere, sapendo dove il suo ragionamento la stava portando.
"Dico davvero Andrea, hai pienamente ragione ad essere incacchiato nero con me, anzi, non so come tu faccia a dire di amarmi, dopo quello che ti ho fatto, io al tuo posto non ne sarei capace....".
Andrea la guardò un attimo e le prese le mani tra le sue.
"E' questo il punto, l'amore non è questione di essere capace o meno, non ti chiede il permesso ne tanto meno si ferma alle retoriche del merito, quando trovi la persona che sai essere quella giusta, è lui che ti guida... e poi non è per dire, ma anche io ho le mie colpe, se avessi insistito di più, magari ne saremmo venuti a capo prima...".
"E come potevi insistere? E' stata dura prendere tutto e andarmene, ma non ci riuscivo a restare lì, a fingere di essere ancora la persona della quale ti eri innamorato quando sentivo di essere esattamente il suo opposto, avvilita, arrabbiata, delusa, mi sono sentita in colpa perchè se solo fossi stata più attenta, quel ragazzo non mi avrebbe preso e mollato una ginocchiata in pieno ventre facendomi andare in terra...e ".
"Se, se, se, Paola non puoi farti carico anche di colpe che non hai...però su una cosa hai sbagliato e non puoi negarlo...potevi parlarmene, sarei stato al tuo fianco, avrei condiviso la tua rabbia e le tue lacrime e ne saremmo usciti, insieme...".
"Pensi potrà mai esserci un insieme adesso, per noi due?!" gli chiese infine a bruciapelo.
"Ragazza, allora forse non ci siamo ancora chiariti..."rispose lui quasi sulla sua bocca "...se anche per te è lo stesso, cascasse il mondo, io d'ora in avanti non ti mollo più...".
Paola non se lo fece ripetere due volte e gli buttò le braccia al collo e lo baciò, dicendogli quelle due parole
molto semplici ma estremamente importanti, due parole che si erano già detti in passato e che il tempo non aveva mai portato via, lasciandolo letteralmente spiazzato ma anche riempiendogli il cuore di quella gioia che da diverso tempo non provava.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Parte 8. ***


Parte 8.

E saremo quel che tutti sognano 
Quell'amore che i cantanti cantano 
Tanto forte, potente, immenso che 
Sembra esagerato e impossibile 
Con il petto che sembra esplodere 
Che non serve altro più per vivere 
Che non c'è parola per descrivere 
Che non ti sceglie e che non si fa scegliere 



Il giorno del matrimonio di Alessandra e Luigi finalmente era arrivato ed erano appena le otto del matino quando qualcuno bussò alla porta.
Quando la porta si aprì, Leo si ritrovò di fronte un'Andrea ancora assonnato che lo guardava stranito.
"Leo ma che...".
"Sono venuto a portarti scarpe e vestito!" rispose lui.
"Come...".
"Come facevo a sapere che ti avrei trovato qui?!Antenne da psicologo, non ricordi?!" rispose Leo indicandosi la testa con un grande sorriso stampato in faccia.
"Capito..."rispose semplicemente Andrea che a quell'ora, senza aver dormito molto e senza aver preso neanche un caffè, era taciturno più del solito "grazie!".
"Di niente!" concluse Leo.
Andrea richiuse la porta alle sue spalle, posò la sacca porta abiti e la busta con le scarpe sulla scrivania e si ributtò sotto le coperte.
La vide che dormiva beata, a pancia sotto, con un braccio sotto il cuscino e la gamba controlaterale piegata, una posizione talmente assurda che ancora, a distanza di anni, Andrea non riusciva a capire come potesse riuscire a starci comoda.
 Si avvicinò e le diede un bacio sulla spalla cercando di svegliarla.
"Buongiorno dormigliona!" le disse ottenendo come risposta un mugugno, stava per controbattere quando la vide avvicinarsi, dagli un bacio e rintanarsi tra le sue braccia tenendo gli occhi chiusi.
Rimangono così per qualche altro minuto poi, seppur controvoglia, Paola si alzò per andare verso il bagno e farsi una doccia.
"Sicura che non ti serva  una mano?!"le chiese lui con uno sguardo malandrino.
"Tieni a freno gli ormoni maresciallo, oggi non possiamo permetterci di essere in ritardo!" rispose lei.
"Ma sentitela!"obiettò Andrea divertito "ma se fino a cinque minuti fa pensavo mi servissero i cannoni per farti alzare da quel letto!".
"Nah..."rispose lei "tutta scena... in realtà mi stavo godendo il risveglio!".
-...chissà quando ci capiterà di nuovo di poter fare una cosa del genere- pensò poi una volta sola in doccia.
Venti minuti più tardi fu il turno di Andrea di andare a farsi una doccia nel mentre che Paola cominciava a tirar fuori dal trolley tutto il necessario.
Avrebbe messo un vestito beige con dei disegni arancioni, un coprispalle beige lungo mentre gli orecchini e la collana, così come la borsa e la sciarpetta erano arancioni.
Si stava mettendo le scarpe, un paio di sandali con il tacco quando vide Andrea uscire con l'asciugamano avvolto in vita.
"E quelle cosa sono?!" chiese indicando le scarpe di Paola.
"Un paio di scarpe, che cosa dovrebbero essere?".
"Quelle non sono scarpe, quelli sono dei trampoli belli e buoni, altro che!".
"Ma dai Andrea, capisco che sia sconvolgente per te vedere una donna con un tacco che non sia quello d'ordinanza, ma riprenditi per piacere...è un tacco otto, mica un trampolino!".
"Se lo dici tu...".
"Lo dico, lo dico...però se vuoi puoi provarli tu stesso" disse porgendogli i suoi sandali "e ti dirò, non perchè di parte ma saresti proprio un figurino!".
"Tu dici eh?!" chese lui mettendo la caviglia in bella mostra come se dovesse davvero mettere i sandali.
"Assolutamente si!" rispose lei.
Paola prese la trousse e andò in bagno a truccarsi mentre Andrea cominciava a vestirsi.
Si era già messo i pantaloni e si stava abbottonando la camicia quando fece capolino in bagno e rimase ad osservarla qualche istante mentre si truccava.
"Sei uno schianto..."  le disse.
"Scemo...".
"Dico davvero..." commentò lui.
"Grazie!" rispose lei prima che la sua attenzione venisse attirata dalla cravatta a quadrettini bianchi e viola che Andrea aveva al collo.
"E quella?!".
"Questa?!" rispose lui indicandola "E' semplicemente fantastica!".
"E' semplicemente assurda casomai...ricordo male o eri tu che brontolavi ogni volta che mettevo qualcosa, qualsiasi cosa, persino i calzini, che fosse anche minimamente viola e ora ti metti una cravatta viola?!?".
"Non ricordi male infatti..." rispose lui "e son sicuro che da qui a fine serata mi riempirò di bolle, però oggi è un'eccezione, e poichè non è stata mia l'idea, se proprio devi brontolare, brontola con la sposa, questa cravatta psichedelica è un suo regalo...".
Paola si avvicinò, gli diede uno schiaffetto gentile sulla guancia e poi andò a sistemargli il nodo della cravatta.
"Ecco, così va meglio!" commentò lei alla fine sorridendo prima di  uscire e lasciargli il bagno libero.
Un quarto d'ora più tardi uscirono dal B&B tenendosi per mano e arrivati all'incirca all'altezza del ristorante dove erano stati la sera prima si separarono, Paola per andare in caserma, Andrea per andare a casa di Sonia dove Alessandra lo stava aspettando.
 
Una volta entrata in caserma Paola vide Leo vestito di tutto punto, con il papillon arancione,che gli aveva regalato lei comprato all'ultimo minuto al posto di una banale cravatta e non poté non farsi scappare un sorriso.
“Però, devo ammettere che ti sta davvero bene il papillon!”.
“Ahah spiritosa, ti ricordo che mi manca ancora il fez...”.
“La prossima volta Bini, la prossima volta, non vorrei mai che Elena mi rincorresse perchè ti presenti con un fez in capo, magari uscendo da una cabina bky della polizia volante...”.
“Ma se è stata lei la prima a riderci su per un buon quarto d'ora...siete tremende, tutte e due!”.
“Esatto, ma è per questo che ci vuoi un gran bene, no?!”.
“Stai divagando, non ci provare...piuttosto...” commentò Leo tornando serio “dal sorriso sul tuo volto devo dedurre che la serata è andata bene...”.
“E tu come...”.
“Son passato prima a portare il vestito ad Andrea e tu stavi ancora dormendo...”.
“Ah...”.
“Già... ma non preoccuparti, non è stata una sorpresa, sapevo di trovarlo lì...”.
“E come facevi, se mi è permesso chiederlo?!”.
“Ha mandato un sms a Luigi ma se escludi questo, sapevo che era solo questione di tempo e vi sareste chiariti...”.
“Psicologo h24 eh Leo!?”.
“Ovviamente!”.
“Senti ma, Luigi!?”.
“E' di là in preda al panico, provaci tu a parlarci, a me ormai non da ascolto...”.
Paola raggiunse Luigi in salotto e lo vide percorrere ripetutamente avanti e indietro per la stanza come un'anima in pena.
“Gli anelli! Gli anelli!” ripeteva ininterrottamente.
“Gli anelli ce li ha Leo, tranquillo!” rispose lei, poi vedendo che non si fermava gli si parò davanti “Santa pace Lu, ci stai fermo un momento o dobbiamo sedarti?!”.
Luigi si fermò e si rinvenne.
“Oh...finalmente!” commentò Paola “ io capisco essere nel panico...”.
“Io non sono nel panico” rispose secco Luigi.
“Si, e io sono la befana...” ribattè prontamente Paola prendendo il gel per capelli che Luigi aveva posato sul tavolo “guarda che è normale essere agitati, perciò forza, un bel respiro e mettiti a sedere che ti sistemo questi capelli che sembra quasi tu abbia messo le dita nella presa elettrica!”.
“Ahahah spiritosa Vitali, per davvero!”.
“Essere la testimone ha anche i suoi privilegi, no?! Ecco...sei pronto!” disse pulendosi le mani prima di farlo specchiare.
“Wooow...”
“Già, non per peccare di presunzione ma sono decisamente brava!” rispose lei ridendo.
“Lo so bimba...stai benissimo oggi e non sai quanto mi rende felice vederti felice e sorridente...”.
“Anche tu non sei niente male Lu” rispose lei controllando che la divisa fosse in ordine.
“E me lo dici solo ora che sto per sposarmi?!” chiese lui fingendosi imbronciato “e io che speravo in una fuga dell'ultimo minuto!”.
“Cretino!” rispose lei ridendo “fossi in te non metterei alla prova la pazienza di tuo cognato, già siete andati vicini ad impallinarvi in passato, figurati adesso che sposi la sua adorata sorellina, finirete per impallinarvi un giorno si e l'altro pure!”.
“Ma dai... se non l'ha ancora fatto per il tiro mancino che gli ho tirato non dicendogli che lavoravamo insieme e che saresti tornata per farmi da testimone di nozze penso che non lo farà più....” disse Luigi.
“Ah...” fu la risposta di Paola.
“Già, ma dalla tua faccia felice di stamani mi pare di capire che la cosa ha dato i suoi frutti!” concluse lui e vederla arrossire gli diede la conferma che la sua affermazione era azzeccata.
“Fammi capire una cosa” commentò Paola “giusto per curiosità, da quant'era che si stavate lavorando su tu e il tuo compare psicologo?!”.
“Da un po' in effetti..è che...Paola ti ho vista in questi sei mesi che abbiamo lavorato insieme a Tarquinia e prima di essere trasferito, subito dopo la tua partenza, ho visto Andrea chiudersi in se stesso e diventare totalmente l'opposto di quello che era quando stavate insieme” ammise Luigi “ e ti dirò di più, sono sempre stato convinto che fosse solo una questione di tempo, che era solo questione di far scemare un po' quel dannato orgoglio dietro il quale vi siete trincerati entrambi e poi l'avreste risolta perchè per quanto siate due testoni di prima categoria la verità è che non potreste essere più perfetti l'uno per l'altra, dovevate solo avere l'opportunità di ricordarvelo...”.
Paola sentendo il suo amico parlare così non riuscì a non avere i lucciconi agli occhi e lo abbracciò.
“Lu io...”balbettò “grazie!”.
“E di cosa...” rispose lui tenendola stretta,poi la guardò un attimo e non potè fare a meno di sorridere “ehi bimba, non vorrai metterti a piangere proprio adesso eh...dai che altrimenti ti si scombina tutto il trucco e va a finire che è la volta buona che Andrea mi tira il collo....”
“Scemo!”.
“Che ti devo dire... ho un animo romantico pure io, di tanto in tanto...”.
“Ti voglio bene Lu”.
“Anche io bimba, anche io...sono felice che tu sia qui oggi...”.
“Anche io..” rispose lei, poi una colta sciolto l'abbraccio lo guardò e sorrise “andiamo dai, mica vorrai far aspettare tua moglie proprio il giorno del matrimonio!”.
“Per carità, non sia mai!!” rispose Luigi “altrimenti quella divorzia ancora prima di essere sposati ed essendo una Ferri di nome e di fatto, ti assicuro che ne sarebbe davvero capace!”.
 
Arrivarono alla chiesa e lasciarono Luigi sull'entrata ad accogliere gli ospiti poi una volta entrati, Leo e Paola trovarono Andrea e Sonia già ai loro posti e andarono a salutarli.
Andrea salutò Paola con un bacio sull'angolo della bocca cogliendola letteralmente alla sprovvista facendola arrossire di colpo. Che per caso era impazzito?!
Lui la guardò divertito, con quella faccia angelica ma allo stesso tempo da schiaffi che si ritrovava, stava per dirle qualcosa quando la loro attenzione venne attirata da Luigi che stava percorrendo la navata tenuto sottobraccio da una mamma Beatrice evidentemente emozionata.
Alle undici e trenta, puntuale come un orologio svizzero, Alessandra fece il suo ingresso in chiesa, accompagnata dal padre che come Paola notò subito, era la copia spiccicata di Andrea ma con i capelli sale e pepe.
Era veramente bella nel suo vestito bianco, con le spalline fini, lo scollo quadrato e una gonna che andava giù pari allungandosi n una coda appena accennata; ad essere onesti uno si sarebbe aspettato qualcosa di più stravagante da una come lei e invece Alessandra stupì tutti con la semplicità della sua scelta, il viso messo in risalto da un trucco leggero era incorniciato dal velo che, appuntato all'acconciatura arrivava al pari della coda del vestito.
In mano teneva un piccolo bouquet di roselline bianche che, non appena arrivata a fianco di Luigi, venne preso in consegna da Sonia.
La cerimonia fu molto bella., fu emozionante per Paola sentirli scambiarsi le promesse nuziali sottovoce per l'emozione, incespicando le parole, senza smettere di guardarsi negli occhi neanche per un istante e quando don Claudio li proclamò marito e moglie, un applauso fragoroso si liberò dalla navata.
Una volta che ebbero firmato il registro, fecero una foto tutti insieme, sposi e testimoni e poi li lasciarono a fare quelli con i parenti.
I testimoni uscirono tutti e quattro insieme e ad Andrea venne spontaneo prendere Paola per mano, cosa che non passò inosservata agli occhi di Sonia che vedendoli, si chiese se anche lei e Carlo un giorno, sarebbero riusciti a fare una cosa del genere.
Nel frattempo Leo venne raggiunto da Elena che spingeva il passeggino dove la piccola Ester si era appena svegliata.
Quando la vide, Paola non potè fare a meno di notare quanto con il passare del tempo la sua nipotina fosse diventata grande.
Elena prese la figlia dal passeggino e quando la invitò a prenderla in braccio, Paola ne fu ben lieta.
“Ciao amore di zia,” le disse “ma quanto sei cresciuta!!”.
Ester Bini, sedici mesi di pura dolcezza dai boccoli castano chiaro, gli occhi color nocciola e un visetto paffuto con due guanciotte letteralmente da morsi, la guardò un attimo e poi le fece un gran sorriso.
Andrea le guardò rapito e Paola si avvicinò così che anche lui potesse salutare la bambina e non si stupì quando la piccola si sporse per andargli in braccio, ma è l'espressione contenta sul volto di lui la cosa che la colpisce di più per non parlare di quando lo vede alle prese con delle facce strambe e sente la bimba ridere di gusto.
Vedendoli così Paola si rabbuiò un istante, Andrea se ne accorse subito e ne approfittò per darle un bacio sulla guancia, avvicinandosi al suo orecchio quel tanto che bastava per farle sapere che lui c'era e non l'avrebbe lasciata.
Gli sposi arrivarono sull'uscio della chiesa dove i testimoni avevano messo un nastro di tulle bianco legato a mò di fiocco, tipo quello che taglia il sindaco alle inaugurazioni, che tagliarono con un paio di forbici di quelle da giardiniere e uscirono sul piazzale dove furono accolti dal lancio del riso.
Una volta che gli sposi furono usciti e si furono ripresi dal bagno di riso, invitarono amici e parenti ad avviarsi verso il luogo dove si sarebbe tenuto il ricevimento mentre loro andavano a fare un po' di foto come ogni coppia di neo sposi che si rispetti.
Gli invitati salirono in macchina e Paola seguì Andrea sulla sua monovolume.
“ Com'è che non hai più la macchina da fighetto che avevi quando ci siamo conosciuti?!” gli chiese mentre percorrevano la strada che li avrebbe portati al luogo del ricevimento, il casale di Capello.
“Ah, vuoi dire quel ciottolo scoperchiato che mi lasciava a piedi un giorno si e l'altro pure?!”.
“Si, quello...”.
“Beh, poveretta, dopo duecentodieci mila chilometri di onorato servizio era prossima al pensionamento se non fosse che qualche genio del male ha pensato bene di venirmi addosso in rotatoria...”.
“Oddio...e tu stai bene?!” chiese Paola allarmata.
“Si piccola, è storia vecchia, è successo più di un anno fa...” cercò di rassicurarla lui “e così mi sono deciso a comprare questa vecchia signora, rigorosamente di seconda mano e  a gpl ma che si è rivelata essere decisamente un affarone...”.
Mentre percorrevano la strada si ritrovarono a sorridere al pensiero che stavano tornando sulla scena del crimine originaria e come sapessero esattamente cosa pensava l'altro, senza dire niente, Paola posò una mano sulla sua e Andrea ne fu felice.
Arrivarono al casale e si avviarono verso il gazebo dover venivano serviti gli aperitivi.
Il giardino era stato addobbato ad hoc con tavoli sparsi qua e là dove gli ospiti si sarebbero potuti accomodare ed intrattenere a chiacchiera mentre il buffet era stato allestito sotto il porticato.
Gli sposi arrivarono poco dopo e la festa ebbe finalmente inizio.
Al termine della cena venne messa la musica e i più giovani tra gli ospiti cominciarono a ballare...dopo un primo ballo riservato agli sposi, venne proposta una gara di ballo tra la sposa e il suo fratellone e Andrea non se lo fece certo ripetere due volte!
Partì la musica e quando i due Ferri si resero conto che la scelta dei giudici (Luigi e i tre testimoni rimanenti) era caduta sul ballo del qua qua non poterono non scoppiare a ridere e poi di comune accordo, tirarono dentro pure loro ritrovandosi così ad ancheggiare come degli idioti, ma non se ne curavano minimamente perchè si stavano divertendo come non mai.
Scese la sera e una volta che buona parte degli invitati se ne furono andati, Andrea, vedendo che Paola cominciava a mostrare segni palesi di stanchezza misti a qualche bicchiere di prosecco di troppo, decise che anche per loro era giunta l'ora di rientrare.
Mentre stavano tornando verso il paese, Paola si addormentò poggiando la testa sul finestrino e quando si svegliò erano ormai arrivati davanti al B&B e si sentì quasi in colpa per essere andata giù come una pera cotta non facendogli compagnia mentre guidava.
“Domani che turno fai?!”chise Paola mentre salivano le scale.
“Ho lo spezzato serale, tu invece?!”.
“Io ho la notte direttamente!”.
“Per che ora devi essere a Tarquinia domani?!”.
“Inizio alle nove quindi mi basta esser lì per le sette, tanto per avere il tempo di farmi una doccia e mangiare qualcosa, perchè?!”.
“Ti va se domani facciamo colazione insieme e poi ci andiamo a fare un giro da qualche parte, da soli, io e te?!”.
“S...Sì!” rispose lei col cuore che andava a mille.
Arrivati davanti alla porta della camera di Paola, Andrea le diede un bacio veloce e si stava congedando quando la sentì trattenerlo per un braccio.
“Resta, ti prego!” gli disse con un filo di voce.
“Sicura di non essere troppo stanca?!”
“Scusa, con chi pensi di parlare?!” rispose avvicinandosi pericolosamente “...ma non metterti strane idee in capo...”.
“Chi, io?!” rispose lui con un'espressione birbante dipinta in volto.
“Tu, tu...”proseguì lei cingendogli il collo con le braccia “guarda che non sto scherzando Andrea, ho la ferma intenzione di dormire e non te la prendere, ma anche a te non farebbe male!”.
“Mmmm...e quindi cosa proponi?!” chiese lui prima di baciarla.
“Semplice,”rispose lei una volta che si furono separati “coccole e nanna che te ne pare?!”.
“Un piano veramente geniale Vitali, approvato!”.
Entrarono in camera, richiusero la porta alle loro spalle e dopo essersi spogliati si tuffarono a letto dove stanchissimi, dopo solo qualche minuto di coccole crollarono distrutti dopo una giornata intensa, stretti in un abbraccio che li faceva combaciare come due pezzi di puzzle contigui.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Parte 9. ***


Parte 9.

E saremo quel che tutti cercano 
Quell'amore che i cantanti cantano 
Tanto forte, potente, immenso che 
Sembra esagerato e irrealizzabile 
E che il petto fa quasi esplodere 
Senza il quale non si può più vivere 
Che potrebbe scomparire l'Universo tranne noi 

 
Quattordici settembre, mattina

Può sembrare una domenica come tante altre ma per Andrea Ferri non era decisamente così.
Sono appena le nove e Andrea sta percorrendo il salotto di casa di sua sorella avanti e indietro come fosse un animale in gabbia sotto lo sguardo divertito di suo cognato.
“Andrea, e basta!” gli disse Luigi trattenendo a stento una risata.
“La fai facile tu, guarda che Paola mi ha raccontato tutto, di come eri agitato il giorno del tuo matrimonio quindi chiudi il becco!” rispose lui in preda all'agitazione.
“Beh...”commentò Luigi “da quanto posso vedere anche tu non sei da meno....benvenuto nel club vecchio mio!”.
Alessandra fece il suo ingresso poco dopo tenendo in braccio il piccoletto di casa Testa, Davide, sei mesi che avrebbe compiuto di lì a pochi giorni ma decisamente il degno erede di quell'uragano di sua madre; passò il bimbo al marito e si avvicinò al fratello per rassicurarlo.
“E dai tato, su con la vita e basta con l'ansia, sei decisamente figo oggi e se te lo dico io puoi anche crederci, vedrai, andrà tutto bene!”.
“E se non viene?!”.
“Ma che sei grullo?!” rispose Luigi anticipando la risposta della moglie, poi guardò il figlio e continuò “Davide diglielo anche tu allo zio che è un bischero a dire una cosa del genere...ora ti pare a te che la zia Paola non si presenta?!”.
Davide alzò un sopracciglio come se avesse davvero capito il discorso del padre, suscitando le risate degli adulti.
Si avviarono verso la chiesa dove trovarono anche Leo ed Elena che insieme alla piccola Ester erano i testimoni di Paola, mentre Ale, Luigi e Davide lo sarebbero stati per Andrea.
Non era stata una scelta casuale quella di includere anche i bambini, avevano fatto una scelta formato famiglia, ora che anche loro lo sarebbero diventati a tutti gli effetti, o forse lo erano già diventati...

I primi tempi non era stato facile vedersi solo nei fine settimana, turni permettendo, ma nonostante tutto erano sempre riusciti a vivere al massimo il tempo insieme cercando di non fare troppo caso al magone che si presentava puntuale ogni volta al momento dei saluti e della partenza, quando di uno quando dell'altra.
Poi però era arrivato il Natale e con esso il più bel regalo che potesse mai ricevere, ricordava bene quando la sera della vigilia aveva chiesto a Paola di diventare sua moglie e lei scoppiò a piangere mentre rideva dicendogli quel si che tanto aveva sperato di sentirle dire.
“Amore va tutto bene, perchè piangi?!”.
“Perchè anche io ho una cosa importante da dirti!” .
“Paola sicura di stare bene?!”.
“Mai stata meglio!!” rispose lei abbracciandolo.
“E allora perchè stai piangendo e ridendo allo stesso tempo?!”.
“Perchè almeno stavolta il tempismo è dalla nostra parte!” fu la sua risposta sibillina.
“Paola mi stai facendo preoccupare...”.

“No amore mio non devi preoccuparti, non stavolta, stavolta è una notizia fantastica!”.
Poi una spia gli si accese in testa, negli ultimi tempi era più strana del solito, più...più...
“Amore non è che per caso...”.
“Aspettiamo un bambino?! Ottima intuizione maresciallo, tra qualche mese anche noi allargheremo la famiglia!” rispose lei felice prima di baciarlo.
“Un bambino!! Il nostro bambino, ma ci pensi!?!?” commentò lui sollevandola da terra e facendole fare una giravolta.
-Già...-pensò lei- i pezzi del puzzle stanno tornando al loro posto...-.
“Paola è il più bel regalo di Natale che potessi farmi!” le disse, poi si piegò sulle ginocchia e le posò un bacio sul ventre “E tu piccolina, lo sai vero che non vedo l'ora di conoscerti?!”.
Paola gli accarezzò i capelli e rimasero così per qualche istante.
 
Con l'inizio dell'anno nuovo cominciarono a sbrigare le pratiche burocratiche per avere il permesso di sposarsi che arrivò poco dopo... non essere colleghi aveva accelerato le cose e Paola inoltrò domanda perchè, una volta finito il congedo di maternità, potesse essere trasferita in una caserma limitrofa a quella di Città della Pieve usufruendo così dell'avvicinamento per il ricongiungimento familiare.
Anche Luigi aveva ottenuto il trasferimento per il solito motivo ed era finito a Castiglione del Lago mentre Paola era stata assegnata a Perugia.
Trovarono una casa che diventasse casa loro, una villetta a schiera nella nuova zona residenziale di Città della Pieve e più o meno nel periodo in cui era nato Davide, a metà marzo, si erano trasferiti definitivamente.
Si trovarono così a dipingere e decorare quella che sarebbe diventata la camera del bambino e decisero di fare qualcosa di unico.
Elena, la moglie di Leo, li aiutò a dipingere sulla parete fiori, Winnie the Pooh, qualche personaggio della Disney, Shaun the Sheep e persino un barbapapà.
Avevano deciso di non voler scoprire il sesso del bambino  fino alla nascita e così si prepararono perchè le decorazioni potessero andar bene in entrambi i casi, solo che durante un controllo si era scoperto che era una bambina, notizia che decisero di tenere per loro, almeno per un altro po'.
Erano stati mesi frenetici, il trasloco, l'organizzazione del matrimonio, la gravidanza che faceva il suo corso e Paola che si ritrovò in congedo di maternità in un batter d'occhio.

Un sorriso si dipinse sul volo di Andrea quando ripensava alle serate di fine Maggio, quando cominciava a fare un po' più caldo, passate a passeggiare fino al belvedere, con Paola che cammina ondeggiando, la pancia di otto mesi inoltrati che comincia seriamente ad essere ingombrante e faticosa da portare in giro, il caldo che di certo non aiuta e alla sua risposta quando lui le chiedeva se andasse tutto bene, quella di una sera in particolare...
“Andrea quante volte devo ripetertelo?!? Non sono malata, sono incinta! Okay, d'accordo, molto incinta, e per quanto la signorina qui stasera stia facendo il diavolo a quattro e io sia diventata una balena coi piedi di un hobbit, ce la faccio!” gli rispose lei battagliera come al solito.
“Senti balena coi piedi di un hobbit, posso dirti una cosa anche io?!”.
“Sentiamo...” rispose lei buttandogli le braccia al collo e avvicinandosi conoscendo già la risposta.
“Perchè non la finisci di dire stronzate e per una volta non mi credi quando ti dico che sei bellissima?!”.
“Semplice! Perchè una mongolfiera non può essere bellissima...”.
“Non per me” le diede un bacio e poi si piegò sulle ginocchia avvicinandosi al pancione per parlare con sua figlia “Piccolina mi senti?!Bene! E' papà che ti parla.... senti non è che glielo puoi far entrare in testa te a quella zuccona della mamma che non importa se è enorme, se ha i piedi gonfi ed ha l'umore che cambia ogni cinque nanosecondi, rimane bellissima comunque perchè sta proteggendo un tesoro di inestimabile valore?!”.
 
Quella sera la ricordava bene, era la sera in cui avevano deciso come chiamare la loro piccolina: Azzurra.
E Azzurra Ferri non si fece certo attendere a lungo e in quanto degna figlia di sua madre, venne al mondo alle cinque del mattino di domenica ventinove giugno.
Mentre veniva sottoposta ai controlli medici di routine, Andrea che nonostante aghi e sangue non era andato giù come una pera cotta, mentre stava ancora accarezzando la testa di Paola non potè fare a meno di commentare con un “Speriamo non sia sempre mattiniera come la mamma altrimenti sono davvero un uomo morto!”.
Paola non disse niente, era esausta ma accennò un sorriso alla sua battuta.
Il pediatra si avvicinò tenendo tra le braccia la bimba, lavata, pulita e avvolta in un lenzuolino verde e la mise tra le braccia di Andrea che nonostante la scorza da uomo duro, quando la vide prendergli un dito e stringerlo forte non poté fare a meno di mettersi a piangere.
Era seduto sul letto accanto a Paola, che quando vide la scena, appoggiò la testa sulla sua spalla e andò a mettere una mano sulla sua per accarezzare la bimba prima che venisse portata al nido per dare modo alla mamma di rientrare in stanza e riprendersi un attimo.
Erano le sette quando Gioia, che quel mattino era di turno, fece capolino in stanza di Paola spingendo la culletta dove Azzurra si stava dimenando.
“Buongiorno!!”esordì entrando “ abbiamo qui una bella bambolina che vorrebbe vedere la mamma ed il papà, possiamo?!”.
Prese in braccio Azzurra e dopo essersi avvicinata la mise tra le braccia di Paola.
“Ciao piccola!” disse Paola e non appena le fece posare la testa sulla sua spalla Azzurra si calmò.
“Mamma Paola,” disse Gioia “mi sa che la tua acciughina qui ha fame!”
“E come...” chiese lei di rimando.
“Ecco perchè sono qui...prima lezione pratica per la neo mamma! Ti spiego come fare ad attaccarla al seno la prima volta, così saprai come fare una volta che sarete tornate a casa e sarete da sole...”.
Andrea ne approfittò per avvertire tutti, perchè tra l'inizio del travaglio e la nascita di Azzurra era passato così poco tempo che non era riuscito a farlo prima.
“Mattiniera come la sua mamma alle 5.02 è nata Azzurra, 3.450 grammi di puro amore. Le mie due ragazze stanno benone, non vedo l'ora che anche voi possiate conoscere la nuova arrivata in casa Ferri. Andrea”
 
Ed ora eccolo lì in chiesa ad attenderla.
Vide Giulia, la moglie di Marco, il fratello di Paola, entrare con il marito che teneva per mano le loro gemelle, Chiara ed Elisa mentre lei spingeva la carrozzina dove si trovava Azzurra, si avvicinò  e andò a prendere in braccio sua figlia che non vedeva dalla sera prima.
“Ciao amore mio!”le disse poggiandosela sul petto come era solito fare la notte se aveva le colichette, così da lasciar riposare Paola “ma come siamo belle oggi!”.
Azzurra aveva un vestitino smanicato di lino, con una fascia centrale a piccoli pois rosa e un fiocchetto... sua madre e la madre di Paola avevano provato a imporsi regalando loro un abitino più pomposo e decisamente poco pratico, fortuna che Paola aveva una repulsione patologica per tutto ciò che era troppo vistoso e pacchiano e aveva declinato l'offerta, altrimenti lo avrebbe fatto lui...
“Vieni topolina” disse Giulia facendo per prenderla e lasciare che Andrea cominciasse ad avvicinarsi all'altare “che il papà deve compiere una missione di vitale importanza!”.
“Aspetta...” disse lui riconsegnandogliela “Ho un'idea!”.
Andò di volata da don Claudio, gli spiegò il suo piano e lui sorrise sentendolo, li aveva conosciuti meglio durante il corso prematrimoniale e non c'era ombra di dubbio, Andrea era veramente una forza della natura quando ci si metteva.
Spiegò il suo piano a Giulia, che sarebbe stata nelle panche laterali, così da poter essere pronta a prendere la nipote, e riprese in braccio la bambina.
Erano le undici spaccate quando Paola fece il suo ingresso su quello che per scherzo avevano ribattezzato “l'arpeggio dell'amore” fusione dell'ultima frase che aveva detto ad Andrea la sera prima al telefono “Allora ci vediamo sull'arpeggio dell'Amore!” facendolo ridere di gusto
Il coro cominciò a suonare, c'erano due chitarre acustiche, un cembalo, i bonghetti, il tutto mixato sapientemente durante il corso della canzone che era una di quelle che Paola aveva imparato ai tempi dell'oratorio da ragazzina.
Percorse la navata tenendo stretta il braccio di suo padre che per quanto volesse fare il burbero, era emozionatissimo, e quando vide che Andrea la stava aspettando all'altare tenendo in braccio la piccola Azzurra, sentì le lacrime pungerle gli occhi e un grande sorriso le si dipinse in volto.
Arrivata a destinazione, diede un bacio veloce ad Andrea, baciò la bambina e insieme la consegnarono alle cure della zia.
Don Claudio iniziò il rito e Paola non lasciò un momento la mano di Andrea, e una volta arrivati allo scambio delle fedi lo vede che ha gli occhi lucidi e sorride.
Si scambiarono le promesse sottovoce, incespicando per l'emozione, non staccando mai lo sguardo da quello dell'altro e quando arrivarono a scambiarsi gli anelli, Paola sentì un brivido percorrerle la schiena, stava succedendo davvero!,
Dopo anni e anni, la rincorsa era finalmente finita, nonostante tutti i casini, le incomprensioni, i silenzi, quel  giorno iniziavano a scrivere una nuova pagina della loro vita come marito e moglie, con la piccola Azzurra a suggellare il loro amore.
Subito dopo che il don li ebbe proclamati marito e moglie, Andrea, contravvenendo ad ogni protocollo d'impulso baciò Paola sotto uno scroscio di applausi provenienti dalla navata.
“Adesso non si scappa più Vitali...” le disse sottovoce vicino al suo orecchio e Paola si mise a ridere.
“E chi ti dice che io voglia scappare Ottoni... ora che ti ho trovato non ti mollo più!” rispose lei utilizzando le stesse identiche parole che lui aveva usato tempo addietro.
Passarono una giornata in allegria, ridendo, scherzando, punzecchiandosi un minuto si e l'altro pure e arrivati a fine serata, una volta rientrati a casa, entrando in camera dopo aver fatto una doccia, vedendo Paola appisolata con Azzurra appollaiata sul suo petto, si sentì completo, come se non avesse più bisogno di niente, come se tutti i pezzi del puzzle della sua vita fossero andati al loro posto e sentì che il petto stava quasi per esplodere tanto era contento e gli venne in mente il ritornello di una canzone che aveva sentito tempo addietro, che in quel momento sembrava scritto apposta per lui....Che potrebbe scomparire l'Universo tranne noi....


FINE

NDA: Ed eccoci arrivati alla fine di questa storia, un grazie a chi l'ha seguita e anche a chi semplicemente è passato di qua e l'ha letta.
per capire meglio quello a cui mi riferisco vi lascio alcuni link:

http://www.allegribriganti.it/neonata/vestito-neonata-smanicato-coccode-lino/  vestito azzurra

http://www.youtube.com/watch?v=z4hCZ9Iz8RI  canto dell'amore
 
http://www.sposamore.com/343-large_default/antonia-a-line-v-neck-cheap-chapel-train-chiffon-weeding-dress.jpg  abito paola

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1907926