PoNR - Research

di Gemini_no_Aki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** C’era una volta la città degli zombie. Benvenuti a Raccoon City. ***
Capitolo 2: *** Umbrella Corporation Office and Research Facility ***
Capitolo 3: *** Settore Alpha ***



Capitolo 1
*** C’era una volta la città degli zombie. Benvenuti a Raccoon City. ***


Pensate che le storie di zombie siano solo storie?
Pessimi film di serie C?
Lo credevo anch’io fino a qualche tempo fa.
Poi sono arrivato a Raccoon city.
Tutto ciò che credevo fantascienza di pessimo gusto si rivelò una terribile e inarrestabile verità.
Io sono Shaun Hastings, 18 anni, inglese e fiero di esserlo.
E sono un Assassino.
Magari qualcuno ha sentito parlare di noi, di quello che facciamo.
La mia storia non è la classica vita di un Assassino, non la è mai stata e mai più la sarà.
Ciò che ho visto, ciò che ho fatto, ciò che sono... Non sono innocente su nessun fronte.
La mia è stata una vita di segreti, una vita correndo dietro ad un’idea assurda.
E vera.
Ciò che la Umbrella Corp. ha creato sarà la sua distruzione.
Ma... Partiamo dal principio.




C’era una volta la città degli zombie.



“Capitano Richter, signore.”
Poco ci mancò che il giovane ragazzo facesse il saluto militare mentre guidava la jeep scura lungo la statale, una decina di minuti e sarebbe entrato a Raccoon City.
Dall’altra parte dell’auricolare arrivò uno sbuffo arreso, Richter odiava tutta quella formalità quando non erano riunioni ufficiali con anche altri Assassini, poteva benissimo chiamarlo Richter, o anche con qualche soprannome che era sicuro che il giovane aveva trovato per lui, poteva sforzarsi e chiamarlo papà almeno una volta.
“Sei quasi arrivato, giusto?”
“Si.”
“Ottimo. Sai già cosa fare giusto? Il Dipartimento di polizia si trova sulla Ennerdale Street, lo troverai facilmente. E troverai altrettanto facilmente Albert, insomma, uno biondo, grande e grosso e l’hai trovato.”
“Riesci a restare serio?”
Domandò il giovane accelerando sulla statale vuota, era mattino inoltrato ormai, quasi ora di pranzo, anche se, dai resti sul sedile accanto, lui aveva già provveduto alcune ore prima, eppure non c’era un’anima in strada, non che gli dispiacesse.
“Non si può scherzare ok, ragazzo mio, ok. Sappiamo tutti cos’è la Umbrella Corporation, teoricamente sappiamo anche cosa fa ma non abbiamo prove contro di loro. Come non abbiamo prove per ritenerli Templari, o, quantomeno, loro alleati. È questo che ci serve, prove, Shaun. Utilizzo di oggetti particolari che possano essere collegati ai frutti dell’Eden, conversazioni, scambi di mail con agenti templari riconosciuti. Cose del genere.”
“Avreste dovuto infiltrarmi all’interno in questo caso, Signore.”
Rallentò lievemente nei pressi del cartello che dava il benvenuto alla città leggendolo ad alta voce.
“Welcome to Raccoon City. Home of Umbrella.”
Dall’altra parte sentì una debole risata soffocata e un rumore di tasti, forse si stava appuntando l’orario sul notebook.
“Beh, è ovviamente collegata ai Templari.”
Commentò con tono leggermente sarcastico.
“L’hai visto il loro logo? Hanno solo riempito gli spazi vuoti della croce templare.”
“Questo non basta, è un caso.”
“O forse no. Una volta eliminato l’impossibile, quel che rimane, per quando assurdo e banale, è la verità.”
Recitò con un gesto teatrale della mano che l’altro non poté logicamente vedere prima di imboccare una strada che lo avrebbe portato a destinazione.
“Si, va bene Sherlock Holmes, ma come prova non basta. O non ti avremmo mandato nella tana del lupo.”
Aveva ragione, Shaun lo sapeva bene, ma ci doveva essere altro sotto quello, al campo avevano tanti agenti abili che avrebbero fatto la fila per quel lavoro, Dorian ad esempio, era di gran lunga migliore di lui, anche grazie a dieci anni di esperienza in più.
“Il Capitano Wesker è stato informato?”
“Ti aspetta impaziente.”
Disse con tono lievemente sarcastico, conosceva l’amico quanto bastava da sapere che non era così impaziente.
“Puoi fidarti di lui, è una brava persona, un buon amico. Ti aiuterà. E l‘hai anche conosciuto, anche se forse eri troppo piccolo per ricordare.”
“Le tue amicizie sono sempre strane, non so perché mi sono lasciato convincere.”
Frenò parcheggiando davanti alla caserma, fermo fuori dalla porta c’era un uomo che dalla descrizione, non poteva certamente essere Wesker.
Per quanto sul grande e grosso potesse andarci vicino quell’uomo era castano, no, non era assolutamente il suo uomo.
“Forse perché non sai resistere alle avventure pericolose? O magari...”
Non ebbe il tempo di sentire cos’altro avesse da dire che spense il motore facendo capire che era arrivato.
“Un’ultima cosa Shaun.”
Il ragazzo stava per salutare scendendo dalla jeep, si fermò con la portiera aperta e un vento leggero che entrava nell’abitacolo.
Era relativamente caldo, più di quello a cui era abituato, considerato che a Londra, e in ogni parte dell’Inghilterra, erano più i giorni di pioggia che quelli di sole, quindi quel caldo era completamente diverso e nuovo.
E assolutamente piacevole.
“Dimmi.”
Rispose togliendosi l’auricolare e avvicinando il telefono all’orecchio giusto in tempo per sentirlo.
“Vittoria agli Assassini.”
Sorrise prima di rispondere lo stesso e chiudere la chiamata, recuperò un sacchetto di carta e una lattina dal sedile del passeggero sbarazzandosi del pranzo anticipato che gli aveva tenuto compagnia da diverse ore per poi avviarsi verso la centrale.
Si fermò davanti all’uomo intento a fumare sulla porta osservandolo e notando che faceva lo stesso, forse da quando era arrivato, come se non avesse visto molti turisti da quelle parti.
“Hai bisogno di qualcosa?”
Rispetto a quello che si era appena immaginato la voce era gentile e non burbera come si aspettava dall’aspetto.
“Cerco il Capitano Wesker.”
L’uomo alzò un sopracciglio per poi entrare lasciando la sigaretta nel posacenere e chiudendo la porta.
Per 5 minuti abbondanti Shaun rimase lì davanti immobile aspettando che qualcuno si degnasse almeno di ricordarsi che era lì fuori.
“Bastava chiedere il nome Barry. Non mi sembra così difficile.”
Sottolineò la voce di un uomo aprendo la porta e guardandolo dall’alto in basso.
Immagino sia lui... Anche se non mi dice niente.
Pensò guardandolo, l’uomo chiuse la porta e continuò a studiarsi il giovane come se fosse un quadro in una galleria.
“Sei giovane.”
Fu l’unico commento che fece, ancora prima di presentarsi.
“18 anni sono sufficienti per quello che devo fare, sempre che per voi non sia un problema Capitano Wesker.”
Aspettò di vedere se diceva qualcosa a proposito prima di poter continuare.
“Perché nel caso temo che dovrete lamentarvi direttamente col mio superiore Richter.”
“Non ti aspettavo prima di domani a dire il vero.”
Shaun diede un’occhiata all’orologio controllando la data.
“Disguidi col fuso orario probabilmente Capitano.”
Wesker annuì leggermente aprendo la porta e facendogli segno di entrare lasciando intendere che a quanto pare andava bene così, o magari non aveva voglia di discutere con Richter.
Si fermò a spegnere la sigaretta abbandonata prima di entrare dietro di lui e presentarlo a dovere alla squadra, per quanto non troppo entusiasta.
“Questo ragazzino...”
E sottolineò la cosa così bene che Shaun assunse per un attimo un’espressione indignata, ma forse era quello l’aspetto che dava, quello di un ragazzino.
“Lavorerà con noi per un po’.”
“Non ci servono dei rinforzi per tenere a bada un po’ di animaletti incazzati. E comunque uno solo, così gracilino, mi sembra poco.”
Hastings voltò la testa veloce verso il giovane uomo che aveva parlato e che lo guardava male, fulminandolo con lo sguardo.
“Sai abbastanza bene che non sono solo un paio di animaletti incazzati, Redfield. Non è qui solo per questo ma anche. Quello che deve fare non è affar nostro e non intendo inimicarmi i suoi superiori, in definitiva, lui ci da una mano con le bestiole incazzate e noi non facciamo domande. Ci sono domande?”
Concluse nel modo più semplice possibile, doveva aver già lavorato con Richter, o almeno conoscerlo bene abbastanza da sapere che non doveva immischiarsi nei lavori privati degli Assassini, per aveva ragione anche  a pensare che ci fosse qualcosa sotto.
Di quali animali parlava?
Non aveva letto nulla di strano, e si era informato discretamente bene sulla cronaca del posto prima di arrivare.
“Come si chiama?”
Domandò una ragazza col caschetto castano seduta vicino a Redfield.
“Shaun Hastings.”
Rispose precedendo il capitano, almeno presentarsi da solo glielo avrebbe concesso, sperava.
Memorizzò velocemente i nomi, o almeno sperava di non sbagliarli in seguito, cercando di associarli a qualche caratteristica.
Dunque... Barry ha la barba, Chris è quello antipatico, non dovrei avere problemi, Jill... Nome carino, comunque ha il caschetto... Rebecca è la più giovane... Per ora li so.
Si ripassò a mente decidendo di appuntarsi anche che Rebecca Chambers era una specie di Jolly, lì dentro, non faceva direttamente parte del Team Alpha, ma era comunque un buon supporto medico.
“Questa dovrebbe essere della tua misura... E se è lunga trovi un modo.”
“Piccolo com’è...”
Wesker gli mise in mano la divisa senza alcun avvertimento per poi passare alla pistola.
“Sai come si usa?”
Il ragazzo annuì non troppo convinto prendendola.
“Magari gli insegno qualcosa domani se non ci sono emergenze.”
Decise Barry con una mezza risata, per nulla convinto dall’espressione di Shaun, Wesker annuì, per quel momento poteva bastare.
“L’orario lo sai, è meglio se ora vai a sistemarti. Se ci sono problemi...”
Chris bisbigliò qualcosa a Jill attirando per un attimo l’attenzione del giovane inglese, a quanto pareva non era proprio il benvenuto, dopotutto li capiva, li stava usando come copertura e non li metteva nemmeno al corrente.

“La nostra politica è questa.”
“Beh, non penso che la prenderanno così bene Capitano.”
“Albert la conosce e la accetta, degli altri non mi interessa.”
“Non siete voi a doverci lavorare però!”

Non era per niente giusto nei loro confronti, ma rivelare tutto avrebbe comportato solo una serie continua e infinita di domande, molte delle quali di cui non conosceva la risposta, non ancora, e forse mai.
Abbassò lo sguardo, sperando in fondo che loro capissero che non era sua volontà nascondere tutto, anche per gli Assassini c’erano giuramenti e leggi, infrangerli comportava diverse punizioni, anche se forse non la morte come una volta.
“Non ce ne saranno capitano Wesker... Con permesso.”
Alzò lo sguardo prima di voltarsi e uscire tornando alla macchina.
Lasciò cadere la divisa e l’arma sul sedile del passeggero, il tesserino di riconoscimento e qualunque altro documento, distintivo compreso, che sarebbe servito per supportare la messa in scena del nuovo arrivato erano nel cruscotto da quando era partito, aveva pensato Richter a tutto.
Accese il motore ingranando la marcia e partendo verso la sua nuova casa, a nord della città.
Mission Street era incastrata tra un parco, lo zoo cittadino e l’ospedale, nemmeno troppo lontana dalla sede pubblica della Umbrella Inc.
L’appartamento era un una laterale, verso lo zoo.
Parcheggiò davanti ad un cancello marrone che dava su un giardinetto abbastanza curato e su una casa piccola ma dall’aspetto accogliente, perlomeno dall’esterno, il muro verde salvia spiccava tra le villette marroncino e giallo pallido della via, si vedeva che era stata ristrutturata da poco.
“Almeno da una bella impressione.”
Disse scaricando le valige e aprendo il cancello.
“Tu un po’ meno!”
Esclamò guardandosi attorno controllando di non aver attirato l’attenzione di nessuno con quel cigolio spaventoso.
Forse non era stata ristrutturata proprio del tutto.
Lasciò le valige nell’ingresso andando a recuperare quello che mancava nella macchina prima di lasciarla scoperta tirando indietro il tettuccio.
“Sono passato dal “Cos’è quella cosa che chiamano sole?!” al “Ancora un po’ e cuocio.”...”
Commentò entrando e chiudendosi la porta alle spalle disinserendo l’allarme.
L’ingresso era spazioso, dava su un salottino con un piano cottura in fondo, separato da un muretto.
Poco più avanti, sulla destra la porta portava ad un bagno non molto grande, anzi, piuttosto piccolo dove ammettere, mentre in fondo ci doveva essere la camera.
Trascinò le valige verso la stanza aprendo la porta e cercando l’interruttore della luce prima di accorgersi che si trovava appena fuori.
Si guardò attorno, tutto sommato soddisfatto del posto, non si aspettava granchè, ma anche quello era migliore di qualunque casa in cui avesse mai vissuto.
Negli ultimi 8 anni avevano avuto diversi problemi con alcuni agenti Templari sulle loro tracce che li portavano ad essere quasi sempre in movimento, avevano notato spesso la croce rossa stampata su un angolo dei giubbini, o sulle maglie, e credeva anche che quello fosse ormai un simbolo superato, ma sbagliava a quanto pareva.
Probabilmente quegli agenti usavano ancora la vecchia croce, magari non lavoravano direttamente con la Abstergo Industries, qualunque fosse la ragione, comunque, erano Templari, e loro non potevano permettersi il lusso di restare fermi in un solo posto, per quanto li potevano contrastare non si fermavano mai.
“E noi nemmeno.”
Aprì le finestre ed iniziò a sistemare lentamente ogni cosa al suo posto lasciando la divisa e la pistola sul letto, i muri avevano la stessa tonalità verde salvia dell’esterno, era un posto tutto sommato rilassante, la sua nuova casa.
Il cellulare iniziò a suonare e il giovane, lasciando perdere una maglietta con la stampa della bandiera inglese, si lanciò sul letto rispondendo al volo rischiando di atterrare con la faccia sulla pistola.
“Come è andato il viaggio?”
La voce allegra lo confortò per un attimo facendogli passare di mente ogni cosa, tra una cosa e l’altra, una missione lui, e il viaggio, era ormai una settimana che non riuscivano a sentirsi, si mise a sedere sul letto spostando la pistola sul comodino a fianco.
“Una meraviglia, tu sei già stato in America, giusto? C’è così caldo qua!”
Sorrise ascoltando ogni cosa che Dorian aveva voglia di dire, che si trattasse di lavoro, del fatto che si erano dovuti spostare ancora, o più semplicemente del pranzo.
Conosceva Dorian da una vita, 10 anni in più erano utili a volte, era stato come un fratello maggiore, poi qualcosa in più, molto di più a dire la verità.
C’era una sola cosa che il vent’ottenne amava più del giovane Hastings, ed erano i dolci.
“C’è caldo eccome da quelle parti, comunque non ho capito perché hanno voluto mandare te.”
Bella domanda Dorian... Bella domanda.
Pensò anche Shaun con un sospiro sconsolato.
“Non ne ho idea, ma ormai sono qui. Mi tocca.”
Parlarono a lungo, di tutto quello che gli passava per la mente prima di salutarsi perché, a quanto pareva dall’altra parte era notte, o comunque tardi.
Ritornò ai suoi bagagli mezzi disfatti, in quel momento non sapeva perché stava vuotando le valige, se ci avesse messo poco a trovare le prove sarebbe ripartito presto, eppure qualcosa gli diceva che non era così, niente era mai così semplice per loro.
Una volta svuotate le valige e fatte scivolare sotto il letto andò a sistemare il resto delle cose.
Fu quando aprì il frigorifero per mettere in fresco un paio di bottiglie d’acqua, di the e qualche birra che constatò che mancava qualcosa.
Richter doveva aver pensato personalmente alla casa.
“Il supermercato è a Sud.”
Così diceva un bigliettino che il giovane strappò con rabbia.
Recuperò il portafoglio e le chiavi e uscì.
Di andare ancora in macchina non aveva voglia anche se sarebbe stato più comodo, ma almeno a piedi avrebbe potuto iniziare a conoscere la città.
E a perdervisi.
Si fermò dopo un’ora e mezza che girava, probabilmente in tondo, con le  mani sui fianchi e un’espressione decisamente irritata in volto.
“Sud!! La città non è mica uno sputo però!”
Sbottò lasciandosi cadere seduto su una panchina guardandosi attorno sconsolato prima di notare la giovane donna che già era li seduta.
Subito si rimise composto cercando malamente di nascondere l’evidente imbarazzo.
“Chiedo... Chiedo scusa... Ero così distratto che non mi sono nemmeno accorto che... Oddio... Che figura.. Appena arrivato.”
Abbassò il capo mentre il volto era ormai paonazzo dall’imbarazzo e coperto con entrambe le mani.
“Non ci posso credere!”
Shaun alzò lo sguardo, ancora terribilmente imbarazzato, lei l stava guardando incredula, sorpresa, quasi felice doveva ammettere.
“Sei davvero tu?”
L’espressione mutò quando vide lo sguardo interrogativo di lui.
“Non ti ricordi di me? Sono Tracy. Tracy Kennest. Ci siamo incontrati otto anni fa!”
Shaun scosse ancora la testa con un leggero sospiro.
“Credo mi abbiate confuso con qualcun altro, mi dispiace. Io mi chiamo Shaun... Ed è impossibile che ci siamo già conosciuti, sono arrivato solo ora qui.”
Lei annuì distrattamente, come se non credesse alle sue parole e stesse cercando di mettere insieme i tasselli di un puzzle invisibile.
“Scusami, hai ragione. È che sei così simile ad un mio caro amico... Mi è sembrato di capire che ti sia perso Shaun.”
Annuì, ritornando al momento di imbarazzo iniziale.
“Il supermercato... Mi sapresti indicare...”
“Farò di meglio mio caro!”
Con un sorriso si alzò afferrandolo per il braccio e incamminandosi lungo la via.
“Così non rischi di perderti ancora... E poi mi stai simpatico.”
Concluse senza smettere di sorridere.
“Sei venuto qui per lavoro?”
Domandò  dopo qualche minuto spostando una ciocca nera dietro l’orecchio, non poteva avere più di 5 anni più di lui, pensò, e in un certo senso qualcosa di familiare lo aveva, ma non sapeva dire cosa.
“Si... Avrai sentito parlare di... Strani animali impazziti, no?”
Lei annuì pensierosa.
“Devo dare una mano per risolvere il problema.”
Non entrò nei particolari che nemmeno lui conosceva, avrebbe fatto saltare la copertura nel giro di pochi minuti.
“Buona fortuna... In un certo senso lavoriamo insieme. Mi occupo di sistemi di sicurezza, allarmi, telecamere, cose del genere. Per essere una donna sono brava.”
“Non lo metto in dubbio... Tracy, giusto? “
Azzardò sperando di non aver sbagliato nome, ci avrebbe fatto una seconda figuraccia, nel giro di una mezz’ora, e con la stessa persona, per di più.
Fortunatamente non aveva sbagliato, e, cosa forse più importante, aveva trovato il supermercato.
“Ok... La prossima volta vengo in macchina se devo andare praticamente dall’altra parte della città... Grazie mille!”
Entrò mentre la giovane restava ferma a guardarlo sparire nella struttura prima di voltarsi e andare per la sua strada con aria seria.
“Quell’uomo dovrà spiegarmi un po’ di cose, credo. Molte cose anzi.”
Mormorò allontanandosi.
Nel frattempo Shaun aveva iniziato ad aggirarsi per i vari reparti del supermercato spingendo il carrello che andava via via riempiendosi sempre di più.
“Dunque... Surgelati... Batterie e lampadine di scorta... Un paio di cibi precotti... La carne!”
Effettivamente era la prima volta che si ritrovava a vivere da solo, non era nemmeno sicuro delle sue doti culinarie, meglio abbondare coi precotti, non si sa mai, avrebbe almeno tentato di non mandare a fuoco la casa cercando di prepararsi un piatto di pasta.
“Funziona come il the...”
Commentò a mezza voce dirigendosi verso la cassa.
“Aspetti che l’acqua bolla, metti la pasta, aspetti che sia pronta e la tiri su. Niente di complesso...”
Concluse aspettando paziente il suo turno.
Quando uscì aveva almeno quattro sacchetti in mano.
“Di questo passo a casa ci arrivo domani...”
Borbottò allontanandosi lentamente, non credeva che si sarebbe ritrovato in una situazione simile fino a poco tempo prima.
L’unica cosa positiva era che la strada non era in salita, ma una mezz’ora di camminata non gliela avrebbe tolta nessuno.
Un cane, probabilmente un randagio, o almeno così sembrava, stava rovistando in un bidone sul marciapiede, Shaun si fermò un attimo a guardarlo, gli facevano tenerezza, e, soprattutto, adorava i cani.
“Ehi cucciolotto bello...”
Allungò la mano verso l’animale che voltò il muso fiutando il suo odore.
E pochi secondi dopo la sua paura.
Gli occhi rossi, la bava, il muso, il corpo anzi, ridotto a brandelli insanguinati, non era sicuramente stato un incidente a ridurlo così.
La bestia iniziò a ringhiare avvicinandosi lentamente mentre lui indietreggiava.
Animaletti impazziti, aveva detto Chris, impazziti, non rabbiosi!
Voltarsi era una cosa improponibile, gli era stato insegnato che mai e poi mai avrebbe dovuto dare le spalle ad un nemico, chiunque esso fosse, certo, a meno che non fosse circondato, in quel caso a qualcuno le avrebbe date, il meno pericoloso magari.
No, forse non era proprio il caso di fare ragionamenti simili, in quel momento non servivano.
A dire il vero tutto ciò che gli sarebbe tornato utile sarebbe stata la pistola che stava abbandonata sul comodino della camera.
Fu una frazione di secondo, forse anche meno, la bestia balzò contro di lui che, nel tentativo di scappare, inciampò cadendo indietro, in completa balia dell’animale.
“Non posso morire così... Sbranato da un....”
Il rumore dello sparo interruppe la frase prima della fine, il cane rotolò a terra con un rantolo, il giovane voltò lentamente la testa verso la macchina che frenava di fianco a dov’era lui, non gli importava se qualcosa di fragile nelle borse si fosse rotto, meglio qualche lampadina che lui morto sbranato.
“Stai bene?!!”
Conosceva quella voce...
“S... si Capitano...”
Riuscì a balbettare mettendosi in piedi e guardando un po’ l’uomo e un po’ il cane.
Wesker disse qualcosa alla radio, qualcosa che sul momento Shaun non capì.
“Sali, si fa buio, non è sicuro girare per strada.”
Disse semplicemente facendogli capire che, nonostante il tono gentile quello era un ordine.
Recuperò le borse salendo veloce.
“Quella bestia...il cane intendo...”
“Lo verranno a prendere e se ne sbarazzeranno, cerca di fare attenzione la prossima volta capito?”
Shaun annuì abbassando leggermente la testa, faceva bene ad arrabbiarsi, era stato un caso che fosse da quelle parti, e lui doveva stare attento, molto attento.
Ora però non riusciva a togliersi dalla testa gli occhi di quel cane.
“Che cos’era?”
“Un cane Shaun, suppongo tu sappia cosa sia un cane, no?”
Il ragazzo lo guardò senza capire se fosse serio o meno, non aveva voglia di giochetti in quel momento.
“So com’è fatto un cane... E quello non lo sembrava Capitano.”
“Era.”
Sottolineò entrando nella via.
“Devi stare attento a quello che chiedi.”
Si fermò davanti alla casa mentre il giovane lo guardava, l’aveva incastrato, doveva stare attento a come faceva le domande, magari non sarebbero stati tutti furbi e con una risposta così pronta, ma se qualcuno voleva nascondere qualcosa sicuramente avrebbe risposto così.
“Buonanotte Shaun.”
Il ragazzo scese prendendo le borse e guardandolo, avrebbe voluto fare così tante domande ma forse era meglio aspettare, aveva appena avuto la prova che doveva stare attento a cosa chiedeva.
“Buonanotte Capitano.”
Concluse rientrando in casa e chiudendo la porta dietro di sé con un sospiro.
Sistemò svogliatamente la spesa rendendosi conto che di tutte le cose fragili che aveva nelle borse si erano salvate 2 uova soltanto.
“Meglio di niente...”
Commentò arreso al fatto che il giorno seguente sarebbe dovuto tornare al supermercato.
Accese il computer appoggiato alla scrivania, Richter gli aveva chiesto dei rapporti praticamente giornalieri ma cosa avrebbe dovuto dirgli?
Che era stato quasi sbranato da qualcosa che era un cane?
Lo avrebbe preso per pazzo, magari lo avrebbe anche ritirato dalla missione mentre ora non poteva permetterselo, era diventata una questione personale anche se era appena arrivato.
Quella bestia non era normale, voleva sapere cosa succedeva.
Aprì la pagina delle mail pensando bene a cosa scrivere, cosa poter dire e cosa no.
E non era facile.

From:                         Hastings Shaun
To:                             Richter Angus
Subject:                     Report 1

Non ci sono novità da riferire in merito alla missione, domani mi recherò alla sede pubblica della Umbrella per dare un’occhiata, agli occhi di tutti sarò solo il nuovo agente mandato dopo alcuni incidenti di cui chiederò più informazioni domani per non sembrare troppo impreparato.
Se davvero come sospettiamo stanno nascondendo qualcosa dovrò fare le domande giuste alle persone giuste per non farmi scoprire.
Vi terrò informati.
Se le cose si mettessero male, se venissi scoperto e la missione fosse compromessa sono pronto a sparire dalla circolazione, non so per quanto, il tempo necessario immagino.
Questo però sarebbe una prova sufficiente a rendere fondati i sospetti.
Se subentrano novità o problemi informatemi, o riferite al capitano Wesker.

Vittoria agli Assassini.

Hastings Shaun

Avrebbe voluto scrivere qualcosa di più, gli stava nascondendo cose forse importanti, ma era meglio così per il momento.
Avrebbe anche voluto salutarli in modo più informale, come era giusto dal momento che erano la sua famiglia, ma anche questo non poteva, non un rapporto sulla missione in corso.
Spense con un sospiro e si diresse sulla piccola veranda davanti a casa osservando la via ormai buia, gli effetti del fuso orario si stavano facendo sentire , si sarebbe infilato subito sotto le coperte ma aveva l’abitudine di uscire prima di andare a letto da quando era solo un bambino.
Lo rilassava, l’aria fresca sul volto, il cielo puntellato di stelle nelle notti limpide, quella pace che tanto cercava da una vita.
Il quartiere era tranquillo, le luci e le voci della casa a fianco lasciavano intendere che erano tutti riuniti, magari dopo una giornata di lavoro, coi figli a giocare o a guardare un po’ di televisione.
Aveva intravisto prima di uscire quella famiglia, sembrava così normale e ignara di tutto.
Magari come in certi film che aveva visto sarebbero arrivati a presentarsi il giorno seguente.
“Se mi trovano in casa...”
Mormorò con un sorriso prima di rientrare e dirigersi in camera.
In lontananza gli parve di sentire un ululato ricordandosi solo dopo di non essere lontano dallo zoo cittadino.
Magari sarebbe andato a visitarlo, un giorno o l’altro.
“Benvenuto a Raccoon City, Shaun.”
Si disse infilandosi sotto le coperte e chiudendo gli occhi.
L’ululato intanto si era interrotto di colpo con un lamento che nessuno potè sentire.

“Se è sempre così semplice riusciremo a risolvere il problema entro poco.”
“Non sono mai semplici le cose, Redfield. Mai.”




Note dell'autrice: Per la serie "A volte ritornano" eccomi qui!
Qualche tempo fa ho riletto "Research" e non ho problemi ad ammettere che mi sono spaventata!
Credo come sempre quando rileggi una vecchia storia, sta di fatto che ho a cuore questo CrossOver impossibile, assurdo, scardinato e tutto quello che volete, così tanto a cuore che non me la sento di abbandonarlo nel dimenticatoio come succederebbe.
Così mi sono armata di pazienza, molta pazienza, e ho iniziato a riscrivere.
Prima era tutto concentrato, non aveva il filo logico che seguivo nella mia testa.
Stavolta temo di aver esagerato con le descrizioni, mi ero preparata una scaletta divisa in punti da seguire e comunque il finale è andato per conto suo ma non posso lamentarmi troppo, mi piace stavolta, per il momento almeno.
Se qualcuno non avesse letto la prima versione qui metto un link alla pagina di facebook con un paio di spiegazioni riguardo i personaggi originali (tranquilli, sono pochi e non sono così rilevanti, non per il momento almeno.)
Precisazioni
Spero vi abbia incuriosito almeno un poco.
A presto! (Spero.)

Bye Bye~
Aki



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Capitolo 2
*** Umbrella Corporation Office and Research Facility ***


Umbrella Corporation Office and Research Facility



Il suono ritmico della sveglia riportò alla realtà il giovane inglese svegliandolo da un sonno senza sogni, cercò con la mano l’oggetto sul comodino facendo prima cadere la pistola e poi accendendo l’Abat-jour prima di riuscire ad afferrare l’oggettino che stava facendo un rumore infernale per poi spegnerlo con un sospiro.
Si mise a sedere con uno sbadiglio afferrando gli occhiali e posandoseli sul naso, si guardò intorno quasi spaesato, ancora troppo addormentato per collegare tutto, in fondo erano solo le 6 del mattino.
Si stiracchiò alzandosi dal letto prima di tornare indietro e rimettersi a dormire, gli avevano detto di presentarsi alle 8 per vedere come se la cavava con la pistola e, a quel pensiero, già immaginò la spaventosa figuraccia che ci avrebbe fatto.
Sapeva usarla, questo sì, un paio di volte Richter gli aveva insegnato, questo non voleva dire che avesse mira.
Entrò in bagno cercando di scacciare quel pensiero fino al momento del giudizio, aprì l’acqua e spostò la tenda tornando in camera a cercare gli asciugamani.
Aveva appena aperto l’armadio che un rumore metallico improvviso lo fece sobbalzare di colpo, si voltò correndo verso il bagno per vedere semplicemente che l’asta che avrebbe dovuto tenere la tenda si era staccata cadendo nella vasca.
Per un attimo rimase fermo sulla porta chiedendosi se la casa fosse stata effettivamente ristrutturata o se si fossero limitati a verniciare l’esterno e gli interni giusto per renderla un po’ più accogliente.
Spostò l’asta abbandonandola nel corridoio, viveva da solo in fin dei conti, una tendina attorno alla doccia non faceva quella gran differenza, non c’era nessuno che potesse entrare.
“A meno che non arrivino dei ladri proprio mentre sono qui dentro...”
Commentò chiudendo comunque la porta, più per abitudine che altro, e iniziando la doccia.
Certo, poteva metterci tutto il tempo che voleva in quel momento, senza che nessuno si lamentasse che doveva entrare, o che ci stava mettendo troppo, o qualunque altra cosa.
Senza che Dorian inizi con gli agguati per poi concludere con un innocente “avevo dimenticato la saponetta”... davanti a mio padre!
Pensò, anche se in fondo quello gli mancava, ma non sapeva dire se era per Dorian o per le diverse espressioni del padre.
Uscì coprendosi con l’asciugamano e tornando in camera a cercare la divisa che il giorno prima gli avevano dato.
La maglia gli andava anche bene, i pantaloni erano quasi lunghi, ma in quel momento non poteva certo mettersi li ad accorciarli, li arrotolò una o due volte prima di infilarsi gli stivali, prese la giacchetta verde e la pistola prima di andare in cucina per la colazione.
Da buon inglese che si rispetti non poteva fare a meno del tea, specialmente se caldo, di prima mattina, aveva imparato presto che la tradizione del tea alle 5 non era compatibile con il loro tipo di vita, ma non poteva rinunciarvi.
Come non rinunciava allo yoghurt, era più forte di lui.
Mise il pentolino sul fuoco e si avvicinò alla finestra spostando leggermente le tende.
Nel micro vialetto, mezzo metro scarso, che separava il cancello dalla porta di casa, era arrotolato il giornale, per un attimo la cosa lo stupì, erano tutte scene da film che in quel momento lo divertivano.
Andò a recuperare il giornale guardano la via silenziosa nel primo mattino.
Raccoon City Times.
Rientrò in casa aprendo il giornale sul tavolo magari c’era qualcosa riguardo a quanto successo il giorno prima.

Ragazza aggredita nel parco.

Si parte bene.
Pensò riempiendo la tazza e tornando a leggere la prima pagina del giornale.

Aggredita durante la notte nel parco a est della città mentre rincasava da sola.
La giovane afferma che si trattava di un cane di grossa taglia che le è balzato addosso da un cespuglio.
“Sembrava coperto da una patina viscosa quando ho cercato di spingerlo lontano.”
Riferisce.
Fortunatamente la giovane ha riportato solo morsi e graffi superficiali e verrà presto dimessa.
Il capo della polizia Irons ricorda a tutti i padroni di cani di tenerli in casa o legati durante la notte e di munirsi di museruole.
La S.T.A.R.S. intanto continua a lavorare per mantenere sicura la città da queste aggressioni che continuano ormai da 2 mesi.
Continua a pagina 3 →

Shaun rimase fermo con la tazza, con una rovinata stampa della sua amata bandiera, in mano sollevata e vicina alle labbra senza però bere nemmeno un sorso, completamente rapito dall’articolo.
Posò la tazza su un lato e girò alla pagina leggendo l’articolo completo, certo non gli dava risposte ma era un passo avanti, magari il cane che aveva cercato di sbranarlo era lo...
“No... Il Capitano gli ha sparato...”
In ogni caso non poteva essere solo una coincidenza, anche per quella patina viscosa, anche se non poteva esserne sicuro.
Le altre notizie erano pressoché normali, le solite cose che si leggevano sui giornali, riprese la tazza bevendo lentamente mentre leggeva qua e là, saltando da un paragrafo all’altro senza darvi troppo peso.
Chiuse il giornale lasciando la tazza nel lavandino e afferrando la giacca notando uno scarabocchio sull’etichetta interna.
Chris.
Ridacchio piano prendendo le chiavi e uscendo facendo un leggero saluto ad un vicino che si era voltato verso di lui in quel momento.
Salì sulla jeep controllando di avere tutto con sé prima di partire, una figuraccia sarebbe stata abbastanza.
Guidando verso la centrale lanciò un’occhiata alla sede della Umbrella, la tentazione di fermarsi subito era forte ma non avrebbe avuto giustificazioni se fosse arrivato in ritardo.
“A più tardi, miei bei presunti templari, godetevi la vostra libertà, finchè l’avete.”
Sussurrò premendo sull’acceleratore.
Era presto, il cielo sereno come forse non gli era mai capitato di vedere, o non ricordava.
Prima di uscire aveva dato uno sguardo allo specchio, anche la maglia forse gli stava grande, non che Redfield, perché ormai sapeva che quei vestiti erano suoi, fosse molto più grande di lui, però sicuramente aveva più muscoli, cosa che a lui mancava in effetti.
Parcheggiò nel posto del giorno prima guardandosi attorno, non c’era anima viva, a parte un paio di persone che facevano jogging e alcuni studenti che rincorrevano l’autobus sbracciandosi.
“Non sarò in ritardo mi auguro.”
Sussurrò scendendo e facendo per attraversare la strada quando una macchina gli sfrecciò davanti voltando e infilandosi nel posto vuoto accanto alla jeep dell’inglese.
In tutto quel frangente durato poco più di 2 secondi, Shaun aveva avuto il tempo di vedersi investito, recuperare la lucidità e saltare nel baule della jeep facendo spuntare solo il volto e le mani, artigliate al bordo del mezzo.
La portiera si spalancò e il giovane potè tirare un sospiro di sollievo quando vide chi era sceso, almeno non era in ritardo.
Uscì lentamente dal bagagliaio facendo un cenno di saluto a Chris che però non pareva così incline in quel momento e attraversava la strada borbottando qualcosa di non ben identificato senza guardare la strada.
Girò la testa solo quando il rumore del clacson lo risvegliò dai suoi pensieri poco prima di ritrovarsi disteso a terra davanti alla porta della base mentre il furgoncino sbandava e il conducente lanciava una serie non calcolabile di insulti verso i due giovani agenti.
“Volevi farti ammazzare?!”
Sbottò il più giovane alzandosi e fulminando Chris, non che fosse veramente arrabbiato con lui, gli sembrava solo un incosciente, e idiota, all’ennesima potenza.
“Prima quasi tiri sotto me e poi non guardi mentre attraversi! Ma si può sapere dove hai la testa?!”
Redfield lo guardò senza rispondere, si alzò scrollandosi la polvere di dosso e aprendo la porta per poi richiuderla senza aspettare il ragazzo che, ancora fuori, fumava di rabbia.
Si alzò dando un’ultima occhiata alla strada, il camioncino aveva lasciato una striscia scura sulla strada sbandando, ma alla fine era sparito, si tolse la povere di dosso ed entrò a sua volta.
“Cos’è successo?”
Shaun spostò lo sguardo verso l’uomo davanti a lui, avrebbe potuto dire chiaramente che riteneva Redfield un idiota con la testa ancora attaccata per miracolo, ma se già aveva raccolto l’antipatia generale questo non lo avrebbe aiutato.
“Una macchina correva troppo, nessuno si è fatto male, non si preoccupi.”
Si avvicinò di più a Wesker in modo che la sua voce non fosse sentita da tutti gli agenti nella stanza.
Aveva appena aperto bocca che una voce alle sue spalle lo interruppe senza dargli tempo di dire nulla.
“Vieni con me. Voglio vedere quanto male te la cavi con la pistola.”
L’aveva dimenticato, era il momento della figuraccia.
“Saremo solo noi rilassati.”
Disse con tono più gentile dopo averlo portato in una stanza sul retro chiudendo la porta e accendendo le luci.
C’erano due solo bersagli raffiguranti una figura umana, era una stanza discretamente piccola, con una finestra sul lato opposto alla porta.
“Hai mai sparato ragazzo?”
“Shaun.”
Precisò, iniziavano a dargli sui nervi le persone che lo chiamavano ragazzo, come se non sapessero il suo nome.
“Comunque... Non proprio. Il Capitano Richter aveva cercato di insegnarmi qualcosa ma... Mio padre non era molto d’accordo.”
E mai cercare di andare contro Lucas.
“Tieni, usa questa.”
Barry gli passò una pistola presa dal tavolo.
“Vediamo un po’... sai caricarla?”
Di questo era abbastanza sicuro, annuì afferrando al volo il caricatore che gli lanciava l’uomo e inserendolo.
“Ora mira e spara alla testa.”
Puntò la pistola davanti a sé, tenendola con entrambe le mani e mirò alla testa della sagoma.
Pochi istanti prima di far fuoco il caricatore si sfilò malamente cadendogli davanti e lasciandolo congelato sul posto con espressione poco convinta, nonché imbarazzata, senza abbassare lo sguardo.
Si chinò a prenderlo inserendolo nuovamente, e sperava nel modo giusto sparando un primo colpo.
“Ho detto testa ragaz-... Shaun.”
Lui annuì cercando di capire perché nonostante mirasse alla testa avesse sbagliato di così tanto andando a colpire il muro circa un metro sopra la figura.
Solo al sesto colpo riuscì a colpire, più o meno, la testa della figura.
“Con un po’ di pratica andrà meglio.”
Lo consolò Barry battendogli una mano sulla spalla mentre posava la pistola sul tavolo.
“La verità è che sono pessimo, Barry, ammettilo. Dovrei stare dietro ad una scrivania, non con una pistola in mano.”
Ritornò nella stanza adiacente sperando di poter finalmente parlare con Wesker, magari era anche per quei pensieri che era stato così distratto.
Su un tavolo era aperto il giornale sulla stessa pagina che aveva catturato la sua attenzione quel mattino.
“È come quello di ieri pomeriggio?”
Azzardò lanciando un’occhiata al diretto interessato indicando poi il giornale.
“Che cos’è?”
Chiese senza aspettare la risposta, attento a come lo chiedeva, ora non avrebbe avuto modo di ingannarlo rispondendogli “un cane”.
“Problemi che di sicuro non riguardano un ragazzino come te.”
Si voltò lentamente verso Chris, quel giovane riusciva a mettere a dura prova la sua pazienza già da quando era arrivato.
“Se devo restare qui ho tutto il diritto di sapere cosa succede.”
“Faresti meglio a fare le valige e a tornartene a casa. Non sei arrivato qui sicuramente per aiutarci e qualunque cosa tu debba fare è sicuramente inutile. Cosa sei? Una specie di giornalista venuto male?!”
Per un attimo fu tentato dal raccontare tutto, o quasi almeno, quello che faceva, quello che era la sua vita, le sue lotte, la Confraternita in cui era nato e cresciuto e che gli aveva inculcato nella mente un credo.
E delle regole.
Regole che gli impedivano rivelare a degli sconosciuti ciò che faceva, doveva fidarsi davvero per non rischiare di incappare in un qualche agente Templare non ancora riconosciuto.
Avrebbe voluto dire tutto a quella squadra, dimostrare che si fidava di loro, cosa che effettivamente faceva, così che loro potessero fidarsi di lui.
“Ho già detto che a questo proposito non avremmo fatto domande Redfield.”
Intervenne Wesker interrompendo il flusso di pensieri.
“E se facesse parte di quelli, Capitano?!”
Sbottò fissandolo con astio.
“Magari sa tutto ed è un bravo attore! Lavora per loro e tutto questo è opera sua!”
Fece un gesto ampio con la mano per poi sbatterla sulla scrivania.
Wesker si avvicinò facendo zittire immediatamente il più giovane sovrastandolo e osservandolo da dietro gli occhiali scuri.
Non disse una parola ma quell’occhiata bastò a zittire Chris sull’argomento, si era spinto troppo oltre con le accuse che Shaun non aveva nemmeno capito.
Il capitano diede un paio di ordini lasciando tutto sotto la supervisione di Barry prima di prenderlo per un braccio e trascinarlo indelicatamente fuori dalla base.
Una volta che la porta fu chiusa e i due solo sul marciapiede si concesse un sospiro osservandolo.
Il volto di Shaun era la personificazione di un enorme punto interrogativo.
Aveva così tante domande da non saper nemmeno da dove iniziare, avrebbe dovuto infilare la mano nella sua testa ed estrarne una da cui partire, ma, scientificamente parlando, era alquanto impossibile.
“Non so cosa siano davvero quegli animali.”
Ammise appoggiando le  spalle al muro della struttura.
“So che non sono più animali e fanno anche troppi danni. Sospettiamo che dietro a tutto ci sia la Umbrella, ma non abbiamo nessuna prova certa. Quello che facciamo al momento? Diamo la caccia a quelle bestie prima che attacchino e speriamo di trovare una traccia, qualcosa che ci porti ai responsabili.”
Shaun si era seduto sul bordo del marciapiede con la testa rivolta verso l’uomo, ascoltandolo attentamente.
“Prima erano cani mi ha detto.”
Wesker annuì.
“E ora sono... Bestie rabbiose. A che scopo tutto questo?”
Domandò alzandosi e scuotendo la testa con un mezzo sorriso.
“No, meglio non chiederselo, sa? Voglio potervi aiutare, davvero. Devo studiare la Umbrella per questioni diverse ma... Ma ora che sono qui non posso far finta di niente, non riesco. E se riguarda la Umbrella allora riguarda anche me.”
“Io non ho mai detto di volerti tenere fuori.”
Precisò il biondo.
“Certo, sei sotto la mia responsabilità per ovvie ragioni, ma ormai l’hai detto anche tu, ci sei dentro, e non si scappa.”
Shaun sorrise a quell’affermazione, per quanto non si ritenesse molto utile avrebbe fatto il possibile.
Infilò una mano in tasca estraendo un ragnetto meccanico mostrandolo all’uomo, premette leggermente un pulsante sull superficie e le zampette robotiche si mossero rizzandolo sul suo palmo.
“Cimici mobili create appositamente per questa missione dal Capitano Richter. Veri e propri gioiellini, si infilano ovunque e riprendono ogni cosa nel raggio di 10 km, le voci... Beh, si limitano a due metri... Non mi guardi così Capitano! Non posso farci niente io. Comunque si ricaricano nelle prese di corrente, automaticamente. Che ne pensa di questo piccolo aiuto Made in England?”
“Te lo sei studiato a memoria?”
Shaun arrossì leggermente chiudendo la mano e infilandosi il robottino in tasca.
“Questo non è importante. C’è qualche posto che vuole controllare di preciso?”
Wesker scosse la testa, per un attimo il modo di parlare del giovane gli aveva ricordato quello del suo vecchio amico Richter, ogni volta che descriveva qualcosa iniziava a parlare a macchinetta e non c’era verso di fermarlo se non alla fine, quando si fermava a riprendere fiato.
“Non preoccuparti di quello. Se devi andare ora sei libero di farlo. Appena avrai preso dimestichezza con la pistola verrai con noi.”
Appena potrai renderti utile verrai.
Tradusse mentalmente il giovane annuendo e tornando distrattamente  in macchina.
Il pensiero di quella mattina lo accompagnò anche mentre accendeva il forno e vi infilava quello che, secondo la scatola, erano crepes al prosciutto e formaggio.
Non poteva dire di non capire Chris, aveva tutte le ragioni per essere sospettoso, ma sicuro accusarlo a tutto spiano senza dargli il tempo di aprir bocca per ribattere non era il modo di intavolare una conversazione civile.
L’altra cosa che aveva in mente erano i modi di fare di Wesker.
Capitano Wesker.
Si auto corresse.
Stando a quello che Richter diceva doveva essere una persona sempre seria, che pensava sempre e solo al lavoro e ai suoi interessi.
E che non sarebbe stato troppo strano se avesse avuto doppi, tripli, addirittura quadrupli fini, l’unica cosa di cui era sicuro, parole sue, era che non lo avrebbe tradito.
A meno che non gli fosse stato fatto il lavaggio del cervello, e dai Templari si dovevano aspettare di tutto.
Invece fino a quel momento era stato gentile, quel mattino soprattutto, si era preso il tempo di spiegargli a grandi linee la cosa, molto grandi, ma almeno non brancolava nel buio chiedendosi cosa fossero.
Mangiò lentamente, non troppo convinto dal sapore del pranzo, accendendo il televisore un attimo, giusto per curiosità, la mente rimaneva comunque altrove.
In parte rivolta a casa, in parte, gran parte, rivolta alla visita di quel pomeriggio, alla Umbrella.
Doveva fare attenzione, anche se l’aspetto del novellino agente della S.T.A.R.S. era credibile, soprattutto la parte del novellino.
La sede pubblica non era lontano da casa, infilò la pistola nella fondina e riempì le tasche di ragnetti robotici facendo attenzione a non attivarli accidentalmente, l’ultima cosa che voleva in quel momento erano le loro zampette appuntite che affondavano nella sua carne.
Sapeva con esattezza dove andare e cosa cercare, aveva visto dove si trovava l’entrata e non sarebbe stata troppo strana la sua presenza, dopotutto.
C’era solo una cosa negativa, in tutto quello, non aveva trovato una piantina che gli mostrasse com’era strutturata la sede.
“Andrò a caso... Col senso dell’orientamento che ho....”
“Sei già perso perché quello è l’accesso dei dipendenti. Felice di rivederti, Shaun.”
Il giovane si voltò con la mano già sulla maniglia e osservò la ragazza dietro di lui.
“Accesso dei dipendenti... Come poliziotto faccio proprio schifo in fatto di orientamento.”
“Sei nuovo, ti abituerai. Vieni, ti faccio vedere l’entrata.”
Si avviò facendogli segno di seguirla, Shaun camminò dietro di lei guardandosi attorno per memorizzare ogni cosa.
Una sfera grigia scivolò a terra rotolando senza far rumore, nel momento in cui toccò il suolo sei astine metalliche uscirono sollevandola e facendola zampettare via nel cortile della Umbrella Inc.
“Accesso dei dipendenti, un buon punto di partenza.”
Pensò nascondendo un sorriso, avrebbe potuto dire di averlo fatto volontariamente ma la verità era che davvero aveva sbagliato, non tutto il male finiva col nuocere, almeno.
“Ecco, si entra qui. Cerca di non perderti anche dentro.”
“Nel caso la bella principessa arriverà in soccorso del povero poliziotto disperso.”
“Non credo di aver tempo, mi dispiace.”
La salutò entrando e guardandosi attorno, l’atrio era grande, per non dire enorme, gente che andava, che veniva, e per terra, proprio al centro della stanza, il logo dell’azienda.
Rimase alcuni minuti fermo, vicino all’entrata, osservando principalmente quello, gli sembrava di aver già visto una cosa simile, un logo che occupava l’intera superficie di un ascensore, parecchi anni prima, ma sicuro quello non era il momento per lasciarsi andare ai ricordi.
Lasciò scivolare in un angolo un’altra piccola sfera che subito zampettò lontano nella folla poi iniziò a girare per l’atrio e i vari corridoi leggendo i cartellini sulle porte cercando di memorizzare il più possibile, non c’era nessun nome che potesse rivelarsi anche solo lontanamente familiare ma non poteva trascurare nulla, e non poteva nemmeno ricordare a memoria ogni singolo nome.
“C’è qualche problema, agente? Uno dei miei dipendenti è finito in qualche guaio?”
La voce arrivò alle sue spalle mentre guardava il cartello che indicava la segreteria, si voltò sperando di non essersi spaventato sentendosi preso alla sprovvista.
“No... Ehm.. No nessuno... Credo...”
Osservò l’uomo in piedi dietro di lui cercando di trovare una valida spiegazione al suo ficcanasare in giro per la struttura.
“Sto cercando di... Orientarmi.”
“Capisco. Devi essere il nuovo agente, ho sentito il Capo della polizia parlarne.”
Shaun annuì leggermente, sembrava una persona gentile, uno di quelli sempre eleganti e a modo ma con una scintilla negli occhi, qualcosa di sveglio, quasi geniale, qualcosa che non riusciva a decifrare veramente.
“James Marcus, sono il direttore della Umbrella Inc.”
Si presentò stringendogli leggermente la mano con un sorriso cordiale cercando di ignorare gentilmente l’imbarazzo e il disagio del giovane.
“Sono più che certo che farai un ottimo lavoro agente Hastings.”
Shaun rimase fermo seguendolo con lo sguardo finchè non sparì dalla sua visuale, James Marcus non era un nome così sconosciuto, comune, certo, ma non sconosciuto.
Devo sapere di più.
Non fece caso al fatto di non essersi presentato, aveva detto che il Capo della polizia Irons aveva parlato di lui quindi era logico che sapesse il suo nome.
Aveva percorso un corridoio intero seguendo il cartello che indicava il bagno prima di fermarsi con espressione sconvolta pur cercando di non darlo troppo a vedere.
“Il Capo Irons non sa niente del mio arrivo!”
Esclamò tappandosi subito la bocca pregando che nessuno lo avesse sentito, si affrettò lungo il corridoio e si infilò nella porta con disegnato l’omino, ci mancava solo sbagliare anche bagno a quel punto.
Non c’era nessuno e questo gli dava un minimo di vantaggio, controllò che non ci fossero telecamere di sorveglianza anche lì, per quanto assurdo potesse essere non doveva dare nulla per scontato a quel punto.
Una volta sinceratosi della neutralità della zona lasciò scivolare a terra le piccole sfere che, a contatto, si aprirono allungando le zampette metalliche e schizzando in ogni direzione infilandosi ovunque potessero, ognuna in una direzione differente dall’altra.
Anche questa era una delle caratteristiche, i sensori rilevavano la presenza delle altre cimici e cambiavano direzione verso una zona non controllata.
“Quell’uomo pensa sempre a tutto.”
Disse con un sorriso giusto un attimo prima che un dipendente entrasse, velocemente finse di essere intento a sistemare la divisa e, con un cenno veloce e rispettoso, uscì nuovamente sul corridoio.
Si fermò solo un momento voltandosi verso la telecamera di sorveglianza in un angolo, Rimase alcuni secondi a fissare il pallino rosso che la dichiarava in funzione e, per un attimo, gli parve di sentirsi osservato da vicino, molto vicino, più di quanto un normale addetto alla sorveglianza potesse fare, come se qualcuno o qualcosa sapesse che era lì e lo guardava.
Distolse lo sguardo scuotendo la testa quasi a chiedersi il perché di quel gesto e si diresse verso l’uscita.
Si fermò in un negozietto aperto 24/24 per comprare alcune delle cose frantumate il giorno prima per poi di rientrare a casa.
Impostò il computer su una schermata che mostrasse in tempo reale le riprese delle cimici che vagavano indisturbate per la struttura, poi aprì la posta.
Come era prevedibile il suo superiore non aveva risposto, non che fosse qualcosa di eclatante, era solo per confermare l’arrivo.
“Come se non lo sapesse...”
Sussurrò aprendo la nuova pagina.


From:                           Hastings Shaun
To:                                Richter Angus
Subject:                         Report 2

10 delle nostre cimici mobili sono attive all’interno della sede della Umbrella Corporation.
Non posso monitorare ogni singolo video 24/24 ma se ci sono incongruenze o sospetti riuscirò a trovarli.
Uno di essi ha già un nome.
James Marcus.
È il direttore della casa farmaceutica, l’ho incontrato per caso durante la visita di oggi.
Non so il perché di questi sospetti ma il nome non mi è nuovo, se è presente in archivio richiedo la sua scheda per regolarmi di conseguenza.
Qualcosa questa città, e la Umbrella in particolare, nasconde, ma non so dire cosa per il momento.
In attesa di differenti ordini proseguo con la missione attuale.

Vittoria agli Assassini.

Hastings Shaun


Inviò e chiuse la pagina, si tolse gli stivali e uscì dalla stanza in silenzio, non sapeva più a che ora cenare, non che avesse troppa fame a dire il vero, optò per un panino fatto al volo buttandosi sul divano e saltellando da un programma demenziale, ad un film, ad una serie tv solo per passare la serata.


“Il nome non è presente in nessuna delle cartelle, signore.”
L’uomo seduto dietro la scrivania, con le mani incrociate davanti al mento non si scompose, anzi, sorrise.
“Lascia qui tutto ciò che riguarda il Progetto P. e ritirati.”
“Sì, signore.”
Quando la porta si chiuse gli occhi dell’uomo scintillarono di una luce sinistra mentre posava la mano su un fascicolo TOP SECRET.
“Tutto procede secondo i piani.”







Note dell'autrice: Finalmente dopo quasi un mese sono riuscita a concludere il secondo capitolo!
Alcune parti sono più difficili di altre, quello che conta è essere riuscita finalmente a concluderlo.
Ora, so che Marcus dovrebbe essere morto a questo punto della storia, ma facciamo conto che... boh.. un clone? xD *non ha voglia di andarsi ad inventare un personaggio che avrebbe una qualche rilevanza così, su due piedi...*
Aggiungo anche stavolta un link alla pagina facebook, non è troppo importante ma... è giusto per farsi un'idea di come sono quelle adorabili cimici *corrompe Richter per averne una almeno*
Cimici Mobili
Detto questo anche per stavolta mi eclisso... a presto (speriamo davvero!)

Bye Bye~
Aki





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Capitolo 3
*** Settore Alpha ***


Settore Alpha



“Sarebbe inumano. Gli ultimi risultati hanno dato una sola risposta. La morte!”

“Procedete dottore.”
“Non posso permetterglielo!”
“Le sue cellule hanno reagito bene, si sono fuse al Progenitor senza venir distrutte.”
“Una provetta non è un corpo.”
“Le possibilità che il soggetto sviluppi capacità rigenerative di alto livello da subito sono dell’87.32%.”
“È un bambino! È solo un bambino, non potete fargli questo!”
“Le probabilità che il suo corpo e il cervello subiscano danni sono praticamente nulle.”
“Lo trasformerete in un’arma.”
“Corvo, mio vecchio amico... Non è forse ciò che siete tutti voi? Delle armi? Lui sarà solo più forte. Vi sto facendo un regalo, un grandissimo regalo contro i vostri nemici.”
“Tu sei uno di loro, immagino.”
“Sono dalla parte del più forte, io. Ma... Se tu vuoi avere anche solo la più piccola possibilità di ritornare a casa dovrai procedere. Solo in quel caso la mia bocca sarebbe sigillata, assassino. E ora, vogliano vedere quanto una creatura così fragile e piccola può essere forte e cambiare le sorti dell’umanità?”

Quando Lucas entrò in camera temette di aver sbagliato stanza, un vetro azzurro trasparente si alzava dal pavimento fino al soffitto.
“Luke! Puoi entrare, passaci pure attraverso non si rovina! Ma stai attento ai cavi per terra.”
La testa del compagno spuntò da sotto un tavolo con uno dei suoi soliti sorrisi prima di ritornare sotto il tavolo ad armeggiare con un cacciavite.
Guardando a terra e cercando di non pestare nulla lo scienziato raggiunse il divanetto posando i documenti che gli riempivano le mani.
“Tutto questo... Cosa sarebbe per curiosità?”
Un attimo dopo su quello schermo improvvisato apparve lo scheletro che somigliava vagamente ad un elicottero, molto più piccolo, senza coda ed eliche, insieme ad alcuni rettangoli intorno pieni di scritte.
“Seriamente Richter... Cos’è tutto questo?”
L’uomo armato di cacciavite saltò fuori da sotto al tavolo ammirando la stanza con un sorriso da un orecchio all’altro.
“Il mio ultimo progetto! È una settimana che ci lavoro.”
La voce non nascondeva per niente l’entusiasmo ma tra lo scheletro virtuale e il renderlo qualcosa di effettivamente funzionale c’era una gran differenza.
In 2 anni di matrimonio e una vita intera conoscendolo Lucas aveva imparato a non mettere mai in discussione i suoi progetti.
Solo una volta, ma solo perché si era messo in testa di voler costruire una macchina del tempo.
“Che sia un progetto lo vedo, ma non capisco cosa sia.”
Sottolineò senza spazientirsi.
“Un’aeronave. O meglio, una navetta che andrà ad integrare un’aeronave più grande!”
Batté un dito su una freccia e l’immagine cambiò, erano come le diapositive dei proiettori, con la differenza che non vedeva nessun proiettore, non si intendeva di quelle cose, usava il computer per quello che gli serviva e basta.
Una versione molto più grande era apparsa in mezzo alla stanza seguita da altri rettangoli e frecce.
“Non so ancora che nome darci ma sarà la cosa più grandiosa e fantastica che costruirò!”
Lucas sospirò riprendendo in mano le sue carte.
“Hai guardato Star Trek per l’ennesima volta?”
Domandò notando una vaga somiglianza tra quel nuovo progetto e l’Enterprise.
“Non intendo andare nello spazio, per il momento, voglio solo avere un modo per poter fuggire più velocemente se fosse necessario, e temo che lo sarà.”
Il tono improvvisamente serio fece alzare lo sguardo allo scienziato di 7 anni più giovane.
“Per un po’ saremo al sicuro qui, Rich. Non c’è alcun pericolo immediato.”
“Dove è stato messo il fascicolo di Marcus?”
Lo sguardo dell’uomo si fece più curioso e attento a quella domanda così scollegata dall’argomento di prima.
“In archivio con tutti gli altri fascicoli. Marcus è morto in ogni caso, non vedo perché dovremmo preoccuparci di...”
L’immagine dell’aeronave scomparve e, al suo posto, il meccanico aprì la casella postale con l’ultimo rapporto evidenziando la parte che lo interessava.

James Marcus.
È il direttore della casa farmaceutica, l’ho incontrato per caso durante la visita di oggi.

“James Marcus è morto.”
Sottolineò ancora lo scienziato alzandosi e avvicinandosi allo schermo.
“Tutto questo non è possibile, non può essere sopravvissuto all’esplosione dello stabilimento, Richter, non può.”
“Un sosia allora?”
Lucas sospirò ancora senza saper bene cosa rispondere.
“Conoscendoli come li conosciamo? Non mi sento in grado di escludere nulla... Ma Marcus era nella lista dei morti quel giorno.”
“Eppure ha appena detto che si è presentato come il direttore.”
“È un clone. Discussione chiusa Rich! Marcus è morto.”
Il compagno lasciò perdere con un sospiro, Lucas odiava quell’uomo, e ne aveva tutte le ragioni dopotutto.
“Credi che Shaun abbia collegato il logo della Umbrella a quegli uomini che ci danno la caccia?”
Domandò mentre spegneva lo schermo e la luce artificiale della lampadina illuminava la stanza, un bianco accecante rispetto all’azzurro di poco prima.
“Non è stupido, lo sai... Ormai avrà capito che non è una coincidenza.”
“Cosa accadrebbe se scoprisse quella cosa?”
Lucas Hastings scosse la testa rimuovendo quel pensiero dalla sua mente, non voleva credere possibile che quella vecchia storia ormai sepolta potesse tornare a galla.
“Non può scoprirla, qualunque cosa accada... Mi sono impegnato tutta la vita a tenerla nascosta e non sarà sicuramente una stupida copia a mandare all’aria ogni cosa.”
Concluse con tono arrabbiato poco prima di venire stretto in un abbraccio dal compagno, probabilmente in un tentativo di farsi perdonare per aver tirato in ballo quell’argomento pur sapendo che era un pericoloso tabù.
Si strinse in quell’abbraccio, con una strana paura addosso, come se potesse veder svanire tutto definitivamente, gli uomini che gli davano la caccia non erano templari, o se li erano non lo sapevano ancora.
Li avevano sempre chiamati tali per non far capire a nessuno dei loro Assassini chi fosse la vera preda, chi gli uomini dalla croce rossa e bianca cercavano.
“Dici che quella tua aeronave riuscirà mai ad alzarsi da terra a più di due metri per più di dieci minuti?”
Domandò con un mezzo sorriso.
“Non ti fidi di me?”
Allargò le braccia sciogliendo l’abbraccio con disappunto dell’uomo.
“Non solo volerà... Ma ci permetterà di fare anche il giro del mondo se lo vorrai. Sarà armata e protetta, potrà mimetizzarsi con qualunque cosa.”
Lucas annuì lasciandolo continuare a parlare di quell’assurdo progetto che, se mai fosse andato veramente in porto, e non ne era sicuro dal momento che sembrava una fusione tra il T.A.R.D.I.S. e l’Enterprise, avrebbe potuto veramente dargli una speranza di sopravvivere.
A qualunque cosa accadesse.

Da quando Shaun era in città erano passatemi quasi 3 settimane, in quel tempo i progressi erano stati pochi, quasi nulli.
Aveva avuto la conferma che Marcus era collegato ai Templari, se non lui stesso un Templare ma non aveva potuto vedere il fascicolo.
Richter considerava rischioso mandarglielo in qualunque modo, avrebbero potuto intercettarlo, risalire a lui e al loro nascondiglio, insomma, non era sicuro e doveva farsi bastare le poche informazioni che gli avevano mandato.
Come se cercassero di nascondere qualcosa.
Pensò.
Non c’era solo quello ovviamente, le riprese dell’Umbrella portavano tutte a dei punti morti, riunioni aziendali, via vai di gente e esperimenti perfettamente leciti e tipici di una casa farmaceutica che si rispetti.
Insomma, era tutto nella norma anche se il giovane non ci credeva per niente.
“L’ennesimo incidente.”
La voce di Barry, appena entrato nella stanza, lo fece voltare con la penna sollevata dal foglio.
“Mi ha appena informato il Capo.”
La voce dell’uomo suonava così ironica e indignata, per non dire schifata, allo stesso tempo.
Brian Irons era il Capo della Polizia, dopo una gloriosa carriera nella S.T.A.R.S., per quanto gloriosa possa essere in una città dove, fino ad alcuni mesi prima il massimo che succedeva erano incidenti stradali, non solo era nella polizia però, era anche un politico, o almeno, lo sarebbe diventato presto, tutti in città sapevano che concorreva per la carica di sindaco e, in un modo o nell’altro l’avrebbe ottenuta.
Il punto non era quello però, lui credeva che si trattasse di un serial killer, uno psicopatico, credeva che fosse opera di un umano.
“Due uomini, appena fuori città. A quanto pare li ha trovati un automobilista di passaggio.”
Wesker alzò un sopracciglio guardandolo dietro le lenti scure come per incitarlo ad arrivare al punto.
“Sbranati da un animale selvaggio, un lupo o un orso.”
Concluse mentre gli agenti si alzavano dal loro posto, sistemando le pistole e aspettando ordini.
“Non dovrebbero esserci orsi quindi stiamo cercando dei lupi.”
Precisò il Capitano poco prima che Barry lo interrompesse nuovamente.
“Lupi con zampe enormi allora.”
Disse, Wesker lo ignorò ordinando di avviarsi e prestare la massima attenzione a qualunque cosa ci fosse la fuori, non aveva voglia, né tempo, di organizzare anche un funerale, e gli agenti erano contati e sicuramente dopo quegli ultimi avvenimenti nessuno avrebbe voluto essere trasferito lì.
Shaun esitò un attimo a seguirli, negli ultimi tempi era migliorato ma un conto era una sagoma, un conto erano dei lupi, si alzò comunque seguendoli, non pienamente convinto.
“Non credo potrai scriverlo a Richter questo.”
Commentò piano Wesker guardandolo, Shaun scosse la testa piano mentre si dirigevano verso la periferia.
“Sono molte le cose che non gli scrivo, tutto quello che riguarda questi incidenti. Credo che mi farebbero rientrare prima di aver terminato la missione e ad essere sinceri non ne ho voglia.”
Nonostante tutto però era quasi sicuro che Lucas sarebbe stato interessato dalla cosa, almeno sotto un aspetto puramente scientifico e professionale.
“Non la prenderanno bene a sapere che gli nascondi queste cose.”
“Sono irrilevanti riguardo a quello che mi hanno detto di fare, io eseguo gli ordini, non altro.”
Nel frattempo erano arrivati sul posto, i corpi erano stati portati via e alcuni agenti di polizia erano ancora riuniti sul posto, quanto più distanti potevano dalle macchie di sangue.
Ora che vedevano le foto il commento di Barry riguardo agli orsi aveva senso, gli squarci che aprivano i due uomini non corrispondevano con le dimensioni medie di un lupo.
“Sparate a vista e non allontanatevi, i lupi cacciano in branco.”
Shaun era sempre meno entusiasta dell’idea di essere andato con loro eppure, per una qualche strana ragione, sentiva di dover essere lì.
La foresta di Raccoon City era strana, immersa nel silenzio, un innaturale silenzio, ma c’era dell’altro, qualcosa di strano e indescrivibile.
Qualcosa come un senso di inquietudine crescente, diverso dalla paura, avrebbe voluto voltarsi e tornare in città ma qualcosa lo costringeva a proseguire, ad addentrarsi nella foresta sempre di più, e sicuramente non era un senso di dovere verso quella squadra, non del tutto almeno.
Era qualcosa di più forte, che lo opprimeva e al tempo stesso lo faceva proseguire, non avrebbe saputo spiegarlo in nessun modo logico, era così e basta.
Cercava di non farci caso, di concentrare tutta la sua attenzione su quello che lo circondava, i rumori, qualsiasi cosa, che possibilmente non fossero i commenti nemmeno troppo velati di Redfield, sperava che capisse, era la prima volta che li seguiva, ed erano a caccia di lupi, se lui c’era abituato, e non riusciva a capire come potesse, era un altro conto.
Shaun non aveva mi sparato veramente, Barry gli aveva insegnato e poteva ritenersi soddisfatto, ma ad una creatura viva era diverso.
Come Assassino era troppo giovane per quello, le missioni in cui veniva mandato erano solo di spionaggio, anche in quel caso doveva solo spiare la Umbrella e invece si era ritrovato in una situazione che rasentava il possibile e non se la sentiva di riferire tutto questo a Richter, se le cose fossero peggiorate poteva tirarsi indietro, avrebbero capito, o comunque ne sarebbero stati felici.
Un ululato lo distolse da quei pensieri facendolo voltare di scatto fissando un punto non identificato della foresta, strinse la pistola senza sapere bene se sparare o aspettare.
Alcuni rami si mossero lasciando cadere le foglie a terra, indietreggiò di qualche passo mentre gli altri, al contrario, avanzavano lentamente con le pistole puntate verso l’albero, il ramo si mosse ancora, vacillò e si ruppe poco dopo con un rumore secco mentre una bestia fin troppo grande saltò a terra davanti a loro ringhiando.
Gli spari coprirono un ringhio più basso e un rumore alle loro spalle di erba e ramoscelli secchi schiacciati da zampe pesanti e grandi, non sicuramente di un lupo comune.
“Abbassati Jill!”
Shaun avrebbe voluto sparare verso quell’animale nel momento in cui gli era scattato di fianco, quasi ignorandolo, per lanciarsi sulla ragazza, ma era troppo veloce e il rischio di colpire lei era alto, sperò che almeno fosse veloce abbastanza da non volersi voltare a chiedere perché le aveva urlato di abbassarsi.
Quando il lupo mancò il bersaglio atterrò a fianco dell’altro guardando la squadra ringhiando contrariato, Jill si rialzò veloce con un sospiro sollevato, lanciò un’occhiata al più giovane come ringraziamento silenzioso, bastava quello.
“È arrivata fino a qui, quanti altri animali saranno in questo stato?”
Dalla domanda Redfield sembrava sapere molto più di lui, no, tutti loro sapevano di più, non li biasimava per non averlo messo al corrente, anche se la cosa lo irritava sotto certi aspetti, come se di colpo fosse diventato invisibile.
Quello però non era sicuro il momento di mettersi a fare domande, tenne lo sguardo fisso sui lupi senza abbassare la pistola.
Le bestie continuavano a ringhiare piano ma non avanzavano, forse li stavano studiando.

“Perfetto... Assolutamente perfetto. Una meraviglia, qualcosa di inestimabile e così potente. E il merito è tutto tuo, mio caro amico.”
“Colpa, non merito.”
“Questo, tutto questo, è il futuro.”
“Sono pericolosi...”
“Sono controllati, l’hai visto. Lui è il futuro.”

Ciò che era più strano era che in quel preciso istante non si difendevano nemmeno nel momento in cui i proiettili gli arrivarono contro lasciando i due lupi modello extra large a terra morti.
“Non hanno più attaccato, come se qualcosa li bloccasse...”
“Ti consiglio di ringraziare la tua buona stella Redfield, invece che domandarti perché non abbiano attaccato.”
Wesker si avvicinò alle creature osservandole senza toccarle, Shaun mise via la pistola, come stavano facendo anche Jill e Chris, ancora incuriosito e sconcertato dal comportamento delle due bestie, mentre Barry controllava la zona attorno a loro, nel caso ci fossero altri lupi, o animali impazziti.
Stava per avvicinarsi che qualcosa lo afferrò dalla giacca costringendolo a girarsi .
In un attimo, reprimendo un urlo sicuramente poco consono alla situazione, strinse di nuovo l’arma in mano puntandola a quello che si rivelò essere semplicemente un cane.
Rimase fermo ad osservarlo senza abbassare l’arma, di cani ne aveva già incontrato uno e la cosa non era andata molto a suo favore, quello invece non faceva nulla, era fermo ad osservarlo, non sembrava una minaccia, probabilmente non lo era.
Quando si decise a dargli un po’ di fiducia abbassando la pistola, pur tenendola in mano, pronta all’uso, il cane mosse la coda corta allontanandosi di poco e raggiungendo un secondo cane, dal manto più scuro, accucciato a terra, ferito.
“Ehi! Che stai facendo!! Sei diventato pazzo ragazzino?!”
La voce di Chris lo fece voltare dopo che si era avvicinato ai due animali, doveva ammettere che poteva avere le sue buone ragioni di essere in ansia, quei cani potevano benissimo essere pericolosi quanto i lupi, anche se non li sembravano, e lui si stava fidando di cosa?
Il suo istinto.
E se avesse sbagliato e in quel momento gli fossero saltati addosso uccidendolo?
Doveva ammettere di aver agito troppo impulsivamente, non si fidava delle persone se non dopo diverso tempo, e si era fidato a due cani randagi, selvatici probabilmente, per un solo sguardo?
“So difendermi Redfield, e sono anche in grado di giudicare da solo cosa possa essere una minaccia per la mia vita e cosa no.”
Ribatté tornando a guardare il cane ferito, probabilmente da uno di quei lupi, mosse la mano verso quello, lentamente, il muso scattò in alto di colpo, forse spaventato da quella vicinanza così improvvisa.
Shaun non si mosse, continuò a guardarlo cercando di essere il più tranquillo possibile, o, quantomeno, voleva sembrarlo, non avvertendo alcuna minaccia il cane si lasciò accarezzare.
“Oh ma per favore. Capitano gli dica qualcosa la prego!”
Il secondo cane, in piedi vicino a Shaun si voltò ringhiando sommessamente in direzione di Chris che, a quel segnale di pericolo, estrasse la pistola, l’animale si preparò ad attaccarlo, e l’avrebbe fatto se il giovane non gli avesse posato una mano tra le orecchie.
“No... È un amico, non ti farà del male se stai buono.”
Sussurrò guardandolo leggermente , il cane guaì piano smettendo di ringhiare e rinunciando ad attaccare il soldato.
“Che diavolo...?!!”
“Abbassa la pistola Redfield, vedi anche tu che non sono come quelle cose, sono semplici cani.”
Il Capitano fece una breve pausa guardando il giovane alzarsi e avvicinarsi senza dare le spalle ai due animali, forse più per sicurezza che per altro.
Sussurrava qualcosa piano, con voce bassa e lenta, non poteva portarli con sé, non in quel momento, non era sicuro, da nessuna parte, che fosse nella foresta o che fosse in piena città, dal canto loro i cani sembravano capirlo e questo lasciava non poco sorpreso il gruppo, o erano animali molto intelligenti, o erano qualcosa in più, e per questo un pericolo, in qualche modo.
“E comunque sembrano averlo preso in simpatia, lo avranno scambiato per il loro padrone. Si sa, sono animali protettivi e fedeli, avranno pensato che lo stavi insultando.”
“Cosa che effettivamente credo fosse nelle sue intenzioni.”
Pensò Shaun, all’inizio ignorava i commenti dell’agente ma col tempo aveva deciso di iniziare a rispondergli per le rime, in modo più gentile e quasi scherzoso.
Peccato che Redfield non fosse riuscito ad afferrare quella parte e prendeva ogni sua risposta per una provocazione, tanto che il giovane temeva che sarebbe arrivato ad esplodere, prima o poi.
“Sarai felice di sapere che non li porterò con me.”
Chris borbottò qualcosa tornando ad ignorarlo.
“Sembra non esserci altro qui nei paraggi, Wesker.”
Annuendo il Capitano diede ordine di precederlo in città per degli impegni imminenti a cui non poteva rinunciare.
“Perché si addentra nella foresta?”
Domandò Shaun senza capire bene, qualunque fossero i suoi impegni non c’era alcuna ragione per cui dovesse addentrarsi lì.
“Non fai altro che fare domande, smettila. Sarà una scorciatoia, che diavolo ne so. Sicuramente sa difendersi meglio di te, e ora cammina, non intendo tornare indietro per raccoglierti se inciampi.”
“Ti potrei battere in una corsa qui dentro ma non ho voglia di correre e, ancora meno, di umiliarti.”
Pensò limitandosi ad annuire piano con la testa tornando sulla strada e seguendoli verso la centrale.
Ma ancora non capiva il comportamento strano, quasi misterioso, del Capitano.
Si fidava di lui sulla base di ciò che gli era stato detto, non si sarebbe mai nemmeno sognato di farlo seguire da una di quelle cimici, probabilmente aveva ragione Chris, aveva solo preso una scorciatoia.

Ancora una volta le registrazioni non segnavano nulla di eclatante, riunioni, visite, farmaci sperimentali, cose assolutamente normali per una casa farmaceutica insomma.
Shaun stava per spegnere lo schermo quando l’attenzione venne catturata da una telecamera, ritornò seduto ingrandendo il riquadro e afferrando la tazza di the posata sulla scrivania di fianco al mouse, mentre lo faceva l’occhio gli cadde sull’orologio del pc.
Le 3 di notte erano appena scattate, per quanto fosse stanco non poteva ignorare quella registrazione.
“Finalmente le cose iniziano a muoversi.”

Settore Alpha - Ricerca e Sviluppo

Shaun stava per chiedersi cosa ci fosse dietro quella porta che questa si aprì mentre la figura di uno scienziato, o almeno così sembrava dal camice bianco, usciva e la piccola cimice si infilava indisturbata all’interno.
Per appena un paio di secondi ci fu un’interferenza, la visuale saltò lasciando una tremante scritta bianca che subito scomparve riportando sul corridoio deserto e illuminato dai neon.

“Sei nella tana del lupo ora, fai attenzione a come ti muovi, Shaun Hastings.”






Note dell'Autrice: Ancora una volta dopo un mese... scusate...
Beh, mi ero preparata tutta una scaletta ma il capitolo è andato ufficialmente per i cavoli suoi senza ascoltare nessuno... e quindi mi sono ritrovata a cambiare quasi metà capitolo scombinando tutti i piani.
Ma non importa.. cioè importa a me, non tanto a voi...
So che si passa da una cosa all'altra in questo capitolo... hanno tutte la stessa importanza.. mi servono, non è he voglio solo divertirmi con quel pazzo di Richter mentre cerca di riprodurre l'Enterprise... xD
Va beh... non so quando il prossimo capitolo... ma arriverà...

Bye Bye~
Aki





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