I Love You, Annabeth...

di GoldGirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Girlfriend.... ***
Capitolo 2: *** Wife... ***
Capitolo 3: *** Mother... ***
Capitolo 4: *** Mother...again ***
Capitolo 5: *** Lovely Sons - Marcus ***



Capitolo 1
*** Girlfriend.... ***


Passeggiavamo sulla riva della spiaggia mano nella mano.
Il tramonto ci regalava un’atmosfera fantastica e il cielo era dipinto con sfumature calde, gialle e rosse. Le nuvole erano influenzate dal riflesso del sole, trasformandosi in soffici batuffoli arancioni volanti.
Non c’era molta gente, il che vuol dire che non c’era il minimo rumore.
I riccioli biondi di Annabeth erano in tinta con il cielo e i suoi occhi grigi erano abbinati all’opaco orizzonte.
Eravamo soli, io e lei.
- Non è meraviglioso? – Sussurrò Annabeth appoggiando la testa sulla mia spalla.
Le nostre braccia unite dondolavano in sincronia.
- Cosa? Il mare? Il tramonto? La vac…-
-Io e te – Mi interruppe Annabeth prima che potessi finire la frase. Ci fermammo.
La guardai negl’occhi e teneramente le sorrisi.
Lei fece altrettanto.
Era tutto perfetto. Stavo con la ragazza che amavo, ed eravamo in vacanza insieme al mare, dove io mi sentivo a casa.
- Ti amo – Le dissi posando le mie labbra delicatamente sulla sua fronte. Respirai l’odore di shampoo profumato dei suoi capelli.
-Anch’io ti amo, Testa d’Alghe. – Rise lei; mi baciò con le labbra sorridenti, mettendomi le mani attorno al collo.
Io la presi per i fianchi, continuando a baciarla lentamente.
Respirammo e ci guardammo negli occhi.
Le sue perle grigie brillavano come stelle. Mi fissavano dolcemente. Io non resistii:
- Sei la mia vita, sapientona. –
Lei rise timidamente, facendo scoprire i suoi bellissimi denti bianchi. Mi abbracciò.
- Percy, sei l’unica persona che amo nella mia vita, e che amerò per sempre. – Mi confessò Annabeth sull’orecchio. Girò la testa di 90° gradi e mi scambiò un tenero bacio sulla guancia.
Mi sentivo esplodere. Dalla felicità, intendo. Non ero mai stato così felice in vita mia. Ero follemente innamorato di lei. Non so se sopravvivrei senza Annabeth. Sarei finito.
La sollevai in aria a pochi centimetri da terra. I suoi riccioli mi ricadevano in viso; la feci girare mentre lei si divertiva.
La posai a terra e le tolsi un capello ribelle dal volto, in modo che potessi vederla pienamente.
Ci abbracciammo; lei mi sfiorò con la sua bocca socchiusa tutto il collo.
Rimanemmo abbracciati per minuti, con gli occhi fissi sull’orizzonte.
In quel momento dimenticai tutti i miei problemi; non pensai più a nulla;
Forse sì: un grande pensiero che per anni mi frullava per la testa: “Annabeth. Annabeth. Annabeth. Annabeth. Annabeth. Annabeth. Annabeth….Obbiettivo raggiunto.

 

 
 

*SPAZIO DELLA GOLD*

Ook.. bene…è cortissima.
Volevo farvi rappresentare il rapporto tra Percy e Annabeth, questa coppia che amo da sempre, e spero di esserci riuscita.. (SPERO ) *-*
Aspetto (almeno 2) recensioni sia positive che negative per continuare! ;)
ADIOS!
 

GoldGirl <3

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Capitolo 2
*** Wife... ***


Wife… 


Sì, lo voglio”, disse soddisfatta tenendomi per mano. Quelle 3 parole, 10 lettere, tra cui 5 vocali e 5 consonanti, mi cambiarono la vita. Per sempre. Non mi sarei più tirato indietro.
E ne ero fiero; anche se la mia futura suocera mi avrebbe incenerito il prima possibile…ma cercavo di non pensarci. Dovevo godermi il momento.
Guardai verso il pubblico. In prima fila, Grover e Juniper, Tyson, mia mamma e Paul e…mio padre Poseidone. Sì, anche lui per fortuna ci teneva a me.
Vidi nelle panche di sinistra Atena, il padre e la matrigna di Annabeth e i suoi due fratellastri.
Ma c’era praticamente tutto il Campo: Chirone, ninfe degli alberi, satiri, Il Signor D, semidei. C’erano perfino Clarisse e gli altri figli di Ares. Infondo, anche i discendenti del dio della guerra hanno un cuore. Nel profondo.
Nelle file più in fondo si presentavano anche Blackjack e Bessie, il famoso Ofiotauro.
E non è finita. Si erano recati anche alcuni dei, oltre che a mio padre ed Atena.
C’erano Ermes, Apollo, Afrodite, Demetra ed Estia. 
Voi penserete, che per un sposalizio non c’era bisogno di tutto questo ambaradan. Ma invece sì: questa era la prima volta che una coppia di semidei si sposavano, in tutti quei secoli. “Siamo passati nella storia, Testa d’Alghe” Mi disse Annabeth prima delle nozze.
La mia futura moglie indossava uno splendido abito bianco di lino, lungo appena dopo le ginocchia. Era magnifica e grintosa allo stesso tempo. Ma era questa la Annabeth che amavo.
In testa cingeva di uno splendido fiore del colore della neve, candido e soffice. Profumava di vaniglia.
Ero completamente immerso nei miei pensieri. Ma, purtroppo, toccò al mio turno:
- Vuoi tu, Perseus Jackson, prendere come tuo legittima sposa la qui presenteAnnabeth Chase, per amarla, onorarla e rispettarla, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà finché morte non vi separi? – Domandò Era. Dopotutto, la moglie di Zeus è la dea dei matrimoni. Doveva sposarci.
“Ok, insomma… Percy…devi solo dire “Sì, lo voglio” avanti…non è poi così difficile…” Tentavo di pensare. E se avessi sbagliato? Che sarebbe successo? Ma….con il minimo di coraggio che avevo in corpo, lo pronunciai:
- Sì, lo voglio
La mia ormai sposa mi sorrise; io feci altrettanto.
- Per il potere conferitomi dagli dei, vi dichiaro marito e moglie! Puoi baciare la sposa! –
I-io...non ne avevo il coraggio. Ero ancora imbambolato da tutto questo. Stava per accadere realmente!
Ero immobile, con gli occhi da perfetto idiota fissi su Annabeth.
Come sempre, lei mi tolse dalla figura da pesce lesso; si tuffò su di me e mi baciò, mettendomi le mani sulle spalle. Io la presi per la vita.
- O…puoi baciare lo sposo…! – Mormorò Era, leggermente divertita.
Avevo ancora gli occhi chiusi, ma le orecchie non erano tappate: si sentì un boato tra la folla.
- Uo-huuu!!! –
- Grande Percy! –
- Viva i primi sposi! –
- Yeeee! –
Lentamente, Annabeth si staccò dal bacio e entrambi aprimmo gli occhi. Ci fissammo innamorati. Tra poco i miei occhi sarebbero diventati a forma di cuore, me lo sentivo.
Avevo già fatto una figura da cretino, perciò cercai di rimediare: presi mia moglie e la portai in braccio, correndo verso l’uscita, evitando fiori e applausi. Lei rideva contagiandomi, perciò non resistii neanche io.
Arrivammo fuori dal tempio, tra le case vuote degli abitanti dell’Olimpo. Eravamo tra le nuvole.
Non ci fecero riposare un minuto: dopo pochi attimi ci riversò addosso una valanga di riso, lanciato da chiunque.
Ci riparammo con le mani, ma non servì a niente. Riso dappertutto. Non c’era un minimo spazietto di pavimento libero.
- Ehm…volevo dire….ma chi pulisce tutto qui, dopo? – Domandai ironico.
Posai Annabeth a terra e ci guardammo intorno: tutti i nostri amici erano lì, a festeggiarci. Non ci credevamo.
A un certo punto, Annabeth si buttò su di me e mi abbracciò. Mi sussurrò sull’orecchio:
- Ti amo, Percy –
- Ti amo, Annabeth –
Probabilmente quella fu l’unica volta che almeno uno di noi non chiamasse l’altro “Testa d’Alghe” o “Sapientona”. Almeno una volta.
Pochi minuti dopo, una voce urlò in tono felice e senza preoccupazioni:
- Offro io da bere a tutti! – Era mio padre, Poseidone. Sperai in quel momento che per “da bere” non intendesse acqua di mare…
 
 
La festa era finita e io e Annabeth tornammo al Campo con tutti gli altri; non so come riuscissimo a sopportare tutti quei complimenti ecc. ecc., ma finalmente raggiungemmo la nostra meta.
Invitai Annabeth in casa mia. “Dopotutto,” pensai, “Ora è parte della famiglia. Mio padre non dovrebbe fulminarla”.
Non so cosa successe quella notte, ma la mattina dopo mi svegliai con Annabeth addormentata sul mio petto. Solo accarezzandola, e riannusando l’odore inconfondibile e profumato dei suoi capelli ricordai tutto: avevamo passato una notte meravigliosa; una notte da marito e moglie.

 
 
 

*SPAZIO DELLA GOLD*

Buondì!
So che questo capitolo non è degno del primo, ma comunque un po’ (leggermente) mi è piaciuto (neanche un po’ XD).
Ringrazio Sophie_Lager e Dandelion to Dream che hanno recensito! ^^
Per continuare questa volta, vi chiederei 3 recensioni. (Cosa impossibile XD) Segnalatemi gli errori please! *-*
Spero vi sia piaciuto!
PS: nel prossimo capitolo (se continuerò XD) scoprirete il nuovo personaggio….e che nuovo personaggio! *-*
 
Baci : *
 
GoldGirl <3

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Capitolo 3
*** Mother... ***


Mother…
 

Doveva essere successo quella notte. Certo, doveva essere quella.
 
*Flashback*
Era appena l’alba. Fuori al Campo non c’era nessuno, e ne approfittai per fare una passeggiata.
Il cielo era azzurro, interrotto da alcune nuvole bianche e calme, che si muovevano pian piano.
Il bosco era tranquillo; il cinguettare degli uccelli e l’odore della natura decoravano l’ambiente.
Mi avviai verso il laghetto delle canoe. Andai a tuffarmi, dove l’acqua era più profonda.
Osservai il fondale marino d’acqua dolce: pochi pesci nuotavano lentamente di qua e di là, senza avere preoccupazioni per la testa. La flora sottomarina era raffigurata da alcune alghe acquatiche. Feci un ampio giro” turistico” e riemersi.
Intravidi una figura familiare seduta sulla riva. Una sagoma slanciata e tonica, distesa dove l’acqua faticava ad arrivarci. Mi guardava. Dagli occhi grigi la riconobbi: era mia moglie.
I suoi capelli biondi le ricadevano sulle spalle, mentre le sue labbra ripiegate leggermente all’insù mi incantavano.
Mi avvicinai, lasciandomi trasportare dalle correnti che facevo io stesso. Uscii dall’acqua asciutto.
- Che ci fai, qui? – Mi chiese con un sorriso dolce.
-Volevo fare una nuotata...– Ricambiai. – Tu? -
- Volevo fare una passeggiatina… con te – Mi strinse l’occhiolino.
Mi sedetti accanto a lei, mettendogli un braccio attorno. Posò la sua testa su di me.
Notai la sua pancia leggermente gonfia.
- Ehi, mangiato tanto ieri sera, eh? – Indicai il suo stomaco.
- G-già…Percy…a proposito di questo…- Balbettò. Cercava di dirmi qualcosa; all’improvviso, vidi i suoi occhi sgranarsi;
-O-oh…no! Di nuovo! – E, veloce come un fulmine, corse dietro un cespuglio.
- C-che…?- Domandai incredulo. Annabeth era piegata con il busto verso la siepe, nascondendomi.
Mi alzai e cercai di capire che stesse succedendo, ma:
- N-no…Percy….stai lontano… - La sentii fare un “eeaah” rigurgitato e mi spaventai. Vomitò. Feci qualche passo indietro.
Annabeth si drizzò all’improvviso, con il viso tutto pallido. Gli occhi stanchi erano appoggiati a fioche occhiaie.
Preoccupato, la feci sedere a terra. Mi inginocchiai vicino e le misi una mano sulla spalla.
- V-va...tutto bene? – Che domanda stupida.
- P-Percy,- Cercò di farmi capire con quel poco di voce che aveva in corpo – t-tu non capisci…-
La guardai. Aveva la testa bassa con gli occhi puntati a terra.
- Mi stanno succedendo cose strane…non sai quante volte vomito al giorno, mi sento sempre male…e… -
Non sapevo cosa dirgli. Sì, un “Ma sì, dai che dopo passa!” un “Lascia stare, non pensarci!”. Certo, come no.
Finalmente, Annabeth alzò la testa e mi guardò, preoccupata o…felice. Non capivo che espressione avesse.
- Percy…I-io… -
Ma avevo già un’ipotesi di quello che mi stava per dire.
- C-credo di essere…incinta – E, con la faccia ancora allibita, mi abbracciò.
*Fine Flashback*
 
Era da nove mesi, ormai, che era in gravidanza.
Io ed Era ci eravamo recati in infermeria. Gli altri aspettavano fuori, ansiosi.
Annabeth era distesa su un lettino. Ogni tanto soffocava di un grido di dolore. Mi distruggeva vederla così. “Ma ne vale la pena” mi diceva, stringendomi l’occhiolino. Non ci speravo molto a guardare la scena, ma lei ci teneva che io rimanessi lì con lei, a “tifarla”.
La sua pancia si era letteralmente ingrandita; era ricoperta da un lenzuolo blu.
Tutto attorno era silenzio, a parte i sospiri dolenti di Annabeth. Era cercava di rassicurarla il più possibile; io invece la guardavo negli occhi e le tenevo la mano.
- Ce la puoi fare –
  Quando il bimbo gli dava un calcetto, mia moglie mi stringeva più forte. Tanto forte. Pensavo volesse rompermi tutte le ossa degli arti. Praticamente…si sfogava su di me.
- Dai che tra poco è tutto finito -
Chissà cosa provava Annabeth, in quel momento. Dolore? Eccitazione? Non lo sapevo, e non lo volevo sapere.
  Ogni tanto mettevo l’orecchio sul “pancione” e sentivo il bimbo girarsi, muoversi, spostarsi. Insomma, anche lui era agitato.
 
Era giunto il momento. La dea lo sentiva. Tra poco sarei diventato padre. E la madre era Annabeth. Ero l’uomo più felice del mondo.
Se non che Annabeth gridava, gridava, come se qualcuno la stesse torturando con una frusta. Non ce la facevo a vederla in quello stato. Soffriva, soffriva tanto. “D’altronde, è naturale” mi “rassicurò” Era.
Quanto urlava. Urlava, gridava con tutta la forza che aveva in corpo. Non l’avevo mai vista così. Non aveva mai sofferto così tanto.
 
 
 
Da mesi mi porgevo questa domanda: “Dio + Mortale = Mezzosangue…Ma…. Mezzosangue + Mezzosangue = ???” Eppure non ne avevo idea. Cosa verrà fuori? Un mischio tra io e Annabeth? Poteva essere. Un ragazzo intelligente e che respirava sott’acqua? Ecco la risposta.
Sentii un “weee” sonoro e intravidi mezza testa uscire…
 
 
 
 
*Annabeth*
Nove mesi. Nove mesi che qualcuno era dentro di me. Un piccolo maschietto aveva vissuto per quella cifra di tempo dentro la mia pancia.
Ed era giunto il momento che venisse al mondo.
Ah! Calcetto.
Ero distesa su un letto in infermeria.
Percyed Era erano lì.
Ah! Urlai, sottovoce. Un maschietto scatenato, mi correggo. Iperattivo. D’altronde però, come tutti noi.
Certe volte il bambino si girava così bruscamente che vedevo tutto sfuocato. Stringevo fortemente la mano a Percy. Mi veniva voglia di stritolarla, per comunicargli quanto male mi faceva.
Una vita umana era dentro di me. Vita divina. Non ci credevo.
Gridai per il dolore.
Ah! Un altro calcetto.
Avevo un gran mal di pancia. Il più grande mal di pancia che io avessi mai avuto.
 
 
Tra poco sarebbe successo. Lo sapevo. Me lo sentivo. Un dolore inspiegabile mi percorreva dalla testa ai piedi.
AH! Ahia! Ahi! Si muoveva. Eccome.
Non ce la facevo più. Basta! Uccidetemi! Fate qualcosa!
A un certo punto. Sì, a un certo punto. Tutto successe. In fretta. Velocissimamente.
Il dolore aumentò e per poco sentivo che sarei morta per parto. Basta!
Urlavo, urlavo, con tutta la forza che avevo in corpo. Gridavo, volevo gridare. Dovevo gridare.
Ahhhhh!!! Stavo esplodendo. Volevo prendere strapparmi i capelli.
Ahhhhh!! Stavo scoppiando. Stop! Fermatelo!!
Mi scatenai. Pensavo di consumarmi la gola. La mia bocca era più aperta che mai, e da essa usciva un assordante e acuto grido.
I miei muscoli sembrarono si stessero sciogliendo. Sgretolandosi.
Non so che collegamento avessero con la pancia, ma mi facevano male anche i piedi. Tutte le punte delle dita. Erano come sciolte. Disintegrate.
Volevo morire. Finire la mia vita.
Urlai ancora più forte, per sfogarmi del tutto.
 
Quando, finalmente, sentii che il dolore calava, calava, calava. Non sentii più niente. Il mio cervello si riposò, e le corde vocali  lo seguirono. Non capii più niente. Feci a malapena a sentire Percy:
- Ciao, Marcus – E, con la stanchezza che mi perseguitava in tutto il corpo, mi addormentai; ero la donna, mi correggo, mamma, più felice del mondo. Mamma.
 
 
*Percy*
…e anche il resto del corpo uscì. Era lo prese velocemente e, con un gesto della mano, ripulì in un nano secondo il corpo ricoperto di sangue del bambino. Me lo porse.
Io la guardai un po’ sbigottito.
- Ragazzo mio, è tuo figlio. A tenerlo non devo di certo farlo io – Mi sorrise.
Lentamente, (ripeto: sbigottito) lo presi in braccio. Lo sollevai.
Il bambino era magnifico. Capelli biondi come il sole e occhi azzurri come il mare. D’altronde, era la nostra metà. Doveva almeno un po’ rappresentarci.
- Ciao, Marcus – Marcus? Mi era venuto spontaneo. Marcus Jackson. Suonava bene.
Me lo coccolai.
Ero diventato padre. Papà. E io lo avrei chiamato figlio mio.
Lo baciai.
Guardai verso Era per dirgli “Grazie” ma se n’era già andata.
Fissai mia moglie.
Annabeth aveva chiuso gli occhi, stava dormendo. La mia Annabeth aveva sofferto tanto…e ce l’aveva fatta. Era diventata mamma. E io papà.
Mi avvicinai a lei, e le sedetti accanto.
- Ciao, mamma- Le sussurrai, incitando il piccolo a ripetere. Ma non credevo che a 5 minuti di vita parlasse.
Le diedi dei baci sugli occhi chiusi e le accarezzai la guancia.
Avrei voluto dirle per tutta la vita “Ti amo”.  Le diedi un ultimo bacio, quando lei si svegliò.
- Ehi…Testa d’Alghe…- Mi guardò stanca. – Dov’è il mio bimbo? – Mi sorrise.
-Qui – Glielo misi in braccio. Lo guardò incantata.
- Hai fatto un bel lavoro, eh? – Le dissi divertito.
- Ehi, abbiamo fatto un bel lavoro.- Ridemmo.
Mi fece spazio sul lettino e mi distesi vicino a lei con nostro figlio.
Mi baciò, mettendo Marcus in mezzo al nostro abbraccio. Rimanemmo così qualche secondo. Insomma, un bel quadretto di famiglia.
- Marcus, eh? Mi piace. – Disse Annabeth staccandosi dal bacio.
Da quel momento, capii che questa non fu stata una famiglia tanto normale. E avevo ragione.
 

 

*SPAZIO DELLA GOLD*

Sì, beh. Non è il migliore.
Ho fatto una fatiiica! Dopo giorni e giorni che mi dicevo “no, non mi piace”, questo è il risultato. Ma non mi convince neanche adesso.
Quindi…fate voi.
Come sempre, segnalatemi gli errori! (una valanga, insomma.)
Non ho fatto solo dal punto di vista di Percy perché, insomma…era Annabeth quella con la “scena dal vivo”…XD
Diciamo che non è stato romantico quanto volevo, ma…insomma, questa era la scena di Marcus. :)
Non ho scritto bene, lo ammetto. Non volevo neanche fare la scena del parto tipo “Breaking Down” di Twilight, perché…insomma, se avete visto il film lo avete capito. (per chi non ha visto il film, beh…è una scena horror, insomma XD)
Per le recensioni, scegliete voi, quante ne arrivano ne arrivano.
Il prossimo capitolo...Marcus sarà un po’ più grande, quindi scopriremo anche i suoi grandissimi poteri ;)
 
Baci :*

 
GoldGirl
 

 

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Capitolo 4
*** Mother...again ***


Mother…again

 
 
Non pensavo che la mia vita mi avrebbe dato così tanto. Non pensavo si potesse essere così felici. Eppure, eccomi qui. Si, sul serio. Non pensavo di arrivare tutto questo.
 

 
-Amore…sveglia- Una voce si appropriò della mia attenzione. E che voce. Aprii un quarto di occhio, tanto per confermare la mia teoria sul proprietario, scusatemi, sulla proprietaria della voce.
-Buongiorno Testa d’Alghe…dormito bene?- Mia moglie mi accarezzò il viso, incoraggiandomi a spalancare del tutto le palpebre.
-Ehi, Sapientona- Le sorrisi dolcemente. Lei ricambiò, mettendo in mostra i suoi perfetti denti bianchi. Non ci pensai due volte e la baciai delicatamente. Quel gesto affettuoso l’avrò ripetuto chissà quante altre volte, ma non smetterei mai. Vorrei farlo all’infinito. Mi ricordo ancora la prima volta che ci siamo baciati. Realmente, intendo. Un bacio subacqueo. Anzi,  IL bacio subacqueo. Non me lo dimenticherò mai.
Era un momento perfetto. Ovviamente i momenti perfetti sono stati creati per essere distrutti.
-Weeee…mmmui...hhuh…- Un fastidioso, adorabile suono proveniente dalla stanza accanto echeggiò in camera nostra. Annabeth si staccò dal bacio e mi guardò intensamente negli occhi. Lei era la mia vita.
- Vado io…- Mi sussurrò lei. Nonostante il mastodontico sonno, si alzò dal letto agilmente e si diresse verso la cameretta accanto.
Ok…ehm. Non ci crederete; se ve lo dicessi mi prendereste per rimbambito. Ma visto che sono qui per raccontare….ho 4 figli. Marcus, Ashley, Andrew e Megan. Si, Annabeth e io ci siamo lasciati un po’ trasportare…ma lei è felice. E se lei è felice, io lo sono altrettanto.
 
 
Annabeth tornò in camera con Megan in braccio.
-Ehi, “infrangi-momentiperfetti”…quanto carina sei?- Risi io, riferendomi alla piccolina.
Sulla soglia si presentarono anche Marcus e Ashley.
-Cosa c’è qua, una riunione di famiglia?- Si divertì Marcus, il mio primogenito. Ben presto sopra il letto fummo in cinque.
-Ragazzi, dov’è vostro fratello?- Si chiese Annabeth con Megan in braccio. In effetti, Andrew non c’era.
Non l’avesse mai detto, dalla porta una figura piccola e slanciata si tuffò sulla branda.
-Ahia, Andrew!- Replicò la povera Ashley, la vittima schiacciata dal peso del fratello.
-Ragazzi!- Annabeth intervenne.
In quel preciso momento, li abbracciai tutti acciuffandoli con le mani ed esclamai, stampandomi sulla faccia un sorriso alquanto cretino:
-Ed ecco a voi…i JACKSON!-
 

 
 
*FINE*
OK. No, non è OK. So che vorrete fucilarmi, bruciarmi viva, impiccarmi ma io punto il dito contro la scuola. Si, quel posto dove lavorano dei tipi chiamati “prof” e rompono tanto. Tanto. Però ammettetelo, dai. La scuola certe volte serve a qualcosa. Certe volte. Qualcosa. Perciò non è del tutto colpa mia se non ho scritto per … un anno? Perdono…invoco perdono! E perché anche riaprire il tutto con questa shhhchifezzuola! Faccio letteralmente vomito.
Chiedo troppo…ma…una recensioncina? *-*
Perdonatemi per la 73954 volta, sono un disastro!
Spero di riaggiornare al più presto, visto che ri-inizia l’estate! Yuppie! SCUSATEMI
Un Bacio :*

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Capitolo 5
*** Lovely Sons - Marcus ***


Lovely Sons – Marcus

 
Il Campo era deserto. Il cielo rosa era macchiato di nuvole, grandi e piccole che, influenzate dalla luce del sole erano in tinta con lo sfondo. Il lago era calmo e tranquillo, piatto. Camminavo lentamente, senza avere in mente una meta precisa. “Frush frush”,  il rumore delle mie scarpe sulle foglie d’autunno riempiva l’aria. Osservavo l’ambiente circostante: alberi, capanne, zone di addestramento. I miei figli sarebbero vissuti lì, senza minimamente immaginarsi il mondo esterno. Loro erano nati al Campo Mezzosangue. Non a New York. Non avrebbero conosciuto nessun oggetto del mondo reale, che ne so: telefoni, computer. Loro sarebbero cresciuti solamente con la magia. Dall’inizio alla fine. Chissà se Annabeth ci avesse mai pensato.
Ero così immerso nei miei pensieri di figli-magia-mondo reale che non mi accorsi di un ombra che mi seguiva. Intuii che qualcuno mi stesse tallonando da un eccessivo “frush” che io non avevo prodotto. Mi voltai. Intravidi in lontananza un ragazzo sui 12 anni che passeggiava. La corporatura robusta e muscolosa lo rendeva alquanto affascinante (eh eh, aveva preso tutto dal padre). L’adorabile ciuffetto biondo all’insù lo caratterizzava così tanto che l’avrei identificato lontano anche 1 km. I suoi occhi, verde speranza ricordavano la prateria, la natura. L’abbigliamento era piuttosto “cool”: converse rosse ai piedi, jeans strappati dal ginocchio e t-shirt in abbinamento con le scarpe.
“Marcus”.
In quel preciso istante, a mia sorpresa, voltò a destra. Percepii quindi che non mi stesse pedinando.
“Sono le 6.00 del mattino…che ci fa a quest’ora qui?” Pensai, curioso. Decisi perciò di inseguirlo, sperando di capire le sue intenzioni. Variai dunque tragitto: mi diressi verso…il campo di addestramento per il tiro con l’arco. Che ci voleva fare Marcus in quel posto?
 

********************************
 
Mi nascosi dietro una grande quercia. Osservai mio figlio: si era incamminato verso l’armeria; uscì dall’edificio impugnando un arco blu, ma non lo avevo mai visto al Campo. Sembrava quasi che emanasse una specie di luce, calore. Esaminai l’espressione di Marcus: determinata, sicura. Non avevo la minima idea di cosa volesse fare, ma io mi fidavo di lui.
Si fermò davanti 30 m almeno a un bersaglio. “Dai, non ce la farà mai. È impossibile che un ragazzo della sua età centri il cerchio, per di più a quella distanza!” Dissi fra me e me. Marcus tese il braccio verso di sé e puntò la freccia sull’obbiettivo colorato. Le sue dita tenevano la corda dell’arma con una delicatezza sorprendente, come se volesse accarezzarla, per non fargli del male. Respirò a fondo e…chiuse gli occhi. “Ma dico…gli occhi? È’ diventato pazzo? Si farà sicuramente del male!” Stavo per uscire dal mio nascondiglio e rimproverarlo severamente per il rischio che stava correndo, ma fu più svelto di me: come se fosse la cosa più facile del mondo, liberò la corda dalle dita. Veloce, velocissima. La freccia scoccò il centro del cerchio rosso. Al centro. Ragazzi, al centro perfetto, no più o meno. Un geometra l’avrebbe potuto confermare. Non credo di essere stato più sconvolto in tutta la mia vita. Sbalordito. Non potevo credere alle mie pupille.
E non era finita: Marcus, con la tranquillità di un istruttore di yoga, con la stessa concentrazione e con le palpebre serrate, fece qualche passo a destra di fronte a un altro bersaglio e…Zang! Obbiettivo colpito. E così fece per altre 7-8 volte, allontanandosi sempre di più e centrando il bersaglio alla perfezione con altre frecce.
Solo, e dico solo quando ebbe scoccato tutte le sue frecce e centrato i cerchi rossi, si fermò e aprì gli occhi. Pensai che quello fosse il momento giusto per uscire allo scoperto.
-Marcus- Gli sorrisi, ancora sbigottito dall’accaduto. Mi avvistò. La sua espressione mutò da “don’t worry, be happy” a preoccupato.
-Papi…- Mi mostrò un sorriso sforzato.
- Non ti preoccupare. Non sono arrabbiato. Perché dovrei esserlo? Sei bravissimo. Sono orgoglioso di te. – Tutto qui? Mio figlio tira meglio di Robin Hood e io riesco a dire questo? Devo migliorare la mia capacità di esprimermi. Lo ammetto.
-Ehm…ok- Pronunciò, un po’ angosciato.
-Ehi? Che c’è? – Mi avvicinai e gli misi una mano sulla spalla, cercando di interpretare la “brava mamma confortevole”. O…insomma…papà.
Si vedeva che si stava sforzando di dichiararmi qualcosa che non era facile per lui. Disse perciò:
-Papàqualchemesefailnonnomiharegalatoquestoarcoedissechesarebbestatalarmadellamiavita, quellaacuimisareiaffezionatodipiùequellaconcuiavreisemprecombattutoemihaanchechiestodiparlarneconte.- Accidenti se lo disse tutto ad un fiato. Fu strano, ma capii cosa volesse dire per “nonno”: mio padre Poseidone. In effetti, lui era suo nonno. Padre di suo padre. Non ci avevo mai pensato. Forte.
Già. Anche io ricevetti la mia “arma della vita” alla sua età, da Poseidone. La mia cara e fedele Anaklusmos, in greco vortice, mi fu compagna di mille avventure e devo dire che mi sono affezionato a “lei”, non la cambierei per nulla al mondo.
-E allora? Cosa c’è di male? È un segno importante!-
Marcus fissò per pochi attimi a terra. Poi si decise e affermò:
- Ha detto inoltre – Mi guardò negli occhi, dei meravigliosi occhi verdi – che è un’arma molto, molto pericolosa e potente. Io non…- Assunse un’espressione scoraggiata, diversa da quando tirava con l’arco. - …non mi sento all’altezza di possederla. Io…non sono come TE. Io non sono Perseus Jackson, non sono colui che ha salvato il mondo. Io…-
-Tu sei MIO figlio- Lo interruppi. – il MIO primogenito. Nessuno potrebbe essere più onorato di me ad averti come discendente. – Lo feci ragionare – Marcus, ascolta. Centri tutti, e dico TUTTI i centri dei bersagli. Impugni l’arco con una delicatezza che non avevo mai visto. Non conosco nessun uomo che sappia maneggiarlo meglio di te. E ti giuro, conosco tanta gente. –
- Artemide – Replicò lui.
- Marcus, - lo fissai negli occhi, mentre appoggiavo la mia mano sulla sua spalla. – Lei è una DEA.-
Credo che con questa affermazione lo convinsi, perché piegò leggermente le labbra all’insù e mi abbracciò.
- Papi, sei il migliore del mondo. –

 
 

*SPAZIETTO AUTRICE*

Ok. Penso di aver fatto un lavoro MEGLIO del precedente. Credo. Spero. o.O
Duuuuuunnque, se non l’aveste capito il nostro Marcusccino è una specie di mini-Zayn Malik, con l’adorabile ciuffetto biondo :3 un po’ l’idea era quella…spero di avervela trasmessa *-* se non vi piacciono i One Direction…beh…prendetelo come volete XD
Alluuora, dato che due santissime hanno recensito per quella schifezza di “testo” che avevo pubblicato la scorsa volta…adesso continuo a 4 recensioni *-* ;)
Io ho finito…
Un bacio :*

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