Greg Mender e il sortilegio di Banibarm

di DanCar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Quinto Di Luglio ***
Capitolo 2: *** Il 12 Agosto ***
Capitolo 3: *** Viaggi ***
Capitolo 4: *** Incontri ***



Capitolo 1
*** Il Quinto Di Luglio ***


-NdA-

Ciao a tutti, questo è il mio primo tentativo di racconto su EFP e in generale. Spero piaccia molto perché ho intenzione di scrivere una serie, grazie a tutti per il tempo dedicato. Recensite numerosi!! 





CAPITOLO 1 – IL QUINTO DI LUGLIO

 

Il sole di Luglio non lasciava scampo, il caldo si era ormai fuso con la natura del posto, era diventato una presenza palpabile per gli abitanti di Veranna -del resto era era un evento che si ripeteva tutti gli anni- pensò Greg.
Il sole disegnava figure sul terreno, una realtà distorta, sbilenca si presentava davanti a lui, un gigante nero e piatto si avvicinava ad un'altalena altrettanto nera e altrettanto piatta.
La quercia del solito parchetto muoveva le foglie anche con il minimo soffio di vento: Greg ne era sempre stato affascinato, ma oggi, come ieri, l'altro ieri e il giorno prima, queste erano immobili.
Greg aveva camminato un bel po' quel pomeriggio, o meglio, i suoi piedi lo avevano portato in giro per quelle stradine che conosceva sin da quando era piccolo, e lo avevano portato al parchetto che gli piaceva tanto. Un'aria di pigra tranquillità pervadeva il posto, che aveva il vantaggio di essere isolato abbastanza da far si che i bambini non avessero voglia di andare a occupare l'altalena in cui Greg sedeva.
L'erba che di solito circondava i giochi trasandati aveva lasciato il posto alla nuda terra, e un'abbacinante biancore proveniva dai campi di grano intorno, rendendo il posto surreale. La musica delle sue cuffiette gli teneva compagnia mentre Greg si crogiolava nell'aspettativa di almeno altri due mesi di nulla: niente scuola, niente impegni, niente di niente.

Un brontolio proveniente dalla sua pancia decise che per lui era ora di tornare a casa, così si avviò per le più o meno antiche strade della città, che nel periodo estivo pulsava di vita. Veranna era come una di quelle stereotipate cittadine sul mare italiane, né troppo grande né troppo piccola; fiere, festival e turisti abbondavano, e la cosa era sempre piaciuta a Greg.
Lastricati, marmi, pietre e asfalto precedettero il vialetto di ingresso a casa sua, e quando entrò un invitante profumino lo accolse.
- Finalmente sei arrivato, iniziavo a chiedermi dove fossi. Cena tra cinque minuti! - lo accolse la voce di sua madre. Anna Grindenwoold era una donna sulla quarantina, viso magro e occhi marroni le conferivano un'aria felice e intelligente. Molti dicevano che gli occhi di sua madre erano speciali perchè quando lei si trovava il sole davanti loro diventavano verdi, caratteristica che aveva passato a suo figlio Greg, nonostante egli avesse occhi di colore diverso dal suo.
Passando davanti allo specchio dette un colpetto a quei suoi capelli, che non stavano mai come voleva. Un ragazzo dai capelli neri, occhi chiari e abbastanza basso lo guardava dallo specchio.
- Una di queste notti vorrei proprio tagliarteli, tutti - disse la sorella scendendo le scale e interrompendo i pensieri di Greg - così non dovresti più stare lì a toccarteli, dovresti ringraziarmi -. Greg accompagnò il commento con un sorriso, e le fece notare che un po' della farina che aveva nascosto nel phon della sorella era ancora attaccata ai suoi capelli. Lei se la scrollò via velocemente e insieme si diressero in cucina, mentre Greg avvertiva qualcosa alla pancia, che non credeva fosse appetito.

 

* * *

 

Alcuni la chiamavano Ben, altri Benedetta, ma nessuno capiva che a lei piaceva solo Benni. Facile, veloce, di classe. A dire la verità non era più certa che il suo nome di battesimo non fosse proprio Benni, nel dubbio lei si presentava sempre così.
Benni Buckingham non era di certo una ragazza che passava inosservata, la notavi, e te ne ricordavi anche. Intelligente, simpatica e molto alla mano era una delle studentesse più conosciute nella sua scuola. Erano tutti convinti che avesse quel qualcosa in più, ma nessuno sapeva di preciso cosa.
La prima cosa che notavi in Benni quando arrivava era proprio il suo arrivare: una Vespa rosso acceso si apriva la strada nel fiume di macchine e double-deckers che è Londra.
Il numero di macchine nella capitale britannica è più di un milione di volte superiore a quello dei motorini, e nessuna persona con un po' di prudenza dribblerebbe gli autobus all'ora di punta.
Era capace di arrivare da Regents Park alla fermata della metro di South Kensington in dieci minuti, passando a prendere un veloce cappuccino allo Starbucks di fronte a Soho Square.

Quel cinque di Luglio Trafalgar Square era un'esplosione di rosso e bianco, un campo da hockey troneggiava al centro, decine di tende stracolme di gente padroneggiavano la piazza dall'alto e centinaia di Molson bianche-rosse-blu facevano capolino da ogni angolo.
Migliaia di persone si accalcavano davanti a stand di ogni genere. Uomini, donne e bambini di tutte le età affollavano la piazza.
Benni pensò che essere lì in quel momento fosse semplicemente fantastico, conoscere persone e partecipare ai loro giochi, la proverbiale cordialità dei canadesi faceva si che nessuno potesse evitare di divertirsi.

Dopo essersi trattenuta per un paio d'ore decidette di passare per uno dei suoi posti preferiti di Londra, il parchetto di Soho Square; raggiunse il motorino parcheggiato davanti al piccolo Breadline cafe in Duncannon Street e accese il motore. Imboccò la 5 Strand, con quel gruppo di quattro cabine telefoniche rosse alla sua destra e Charing Cross Station che le si presentava alla sinistra. Aveva sempre trovato particolare quell'ingresso. Restituì lo sguardo minaccioso alla statua del cavallo nero davanti a Trafalgar Square, la aggirò e continuò in salita, con la piazza che sfrecciava alla sua sinistra. Ringraziò con un cenno della mano la donna che l'aveva lasciata passare all'attraversamento di Saint Martin's Place e in un battito di palpebre era in Charing Cross Road. Era una delle sue strade preferite a Londra, anche perché la presenza di alberi faceva un po' dimenticare di essere in centro città. Di Londra aveva tanti bei ricordi, sorpassò il Garrik Theatre e pensò a quando da piccola ci andava con i genitori. Ora quel teatro aveva l'ingresso completamente nero, e un'insegna a lettere dorate, che guardava l'edificio della Capital Radio dall'altro lato della strada. Quello era uno dei pochissimi luoghi di Londra ancora inesplorati da Benni. Accellerò un po' e si trovò davanti Leicester Sqaure Station, una delle più piccole ma importanti uscite della metro in quella città, che cercava di non passare inosservata nonostante lo sfavillante The Brewmaster all'angolo con Cranbourn Street.
Percorsa una buona parte di Charing Cross Road prese Shaftesbury Avenue e continuò superando una miriade di ristoranti italiani e cinesi che si affacciavano da entrambi i lati della strada. Imboccò poi una serie di stradine sempre più strette: Dean Street lasciò il posto a Bateman Street, che per qualche ragione si apriva di nuovo su Dean Street, mentre St. Anne's Court inghiottiva i turisti più coraggiosi, che erano riusciti ad arrivare fino a lì, o che, nella maggior parte dei casi, si erano persi. Davanti alla West End House imboccò Carisle Street, e finalmente il parchetto le si parò davanti.

 

* * *

 

Era notte, Greg era seduto sul letto e si stava rigirando tra le mani uno dei rompicapi che aveva in camera sua, non riusciva a dormire, aveva ancora quella sensazione nello stomaco che aveva provato tutto il giorno. Era quel misto di eccitazione e ansia che precede un qualcosa di grande, un evento da ricordare, anche se lui era ignaro di cosa potesse essere. Da fuori entrò la luce tremolante dei lampioni, Greg scese dal letto e si avvicinò alla finestra aperta.
Una luce gialla illuminava la strada davanti a lui, rimbalzando sui giardinetti ben curati e sulle macchine dei vicini. Il muretto dall'altro lato della strada era mezzo coperto di edera, che salendo lasciava il posto a una siepe che si ergeva alta.
Uno dei lampioni attirò la sua attenzione: la sua luce era irregolare, tremolante; il lampione continuò a lampeggiare per un po, poi si spense. Un fischio sommesso si diffuse nell'aria, lungo poco più di qualche secondo. Tutto era immobile. Il fischio si sentì ancora, e un lampione alla sinistra di Greg iniziò a emanare luce a tratti, proprio come aveva fatto quello che ora era spento. Greg lo fissò, mentre uno dopo l'altro, la luce di tutti i lampioni iniziò a tremolare, prima impercettibilmente, poi sempre più velocemente. Un paio di essi si spensero, seguiti a breve distanza da quelli circostanti, finché tutta la strada fu al buio. L'unica fonte di luce filtrava dalla cucina della casa a sinistra. A quel punto Greg sentiva di dover andare a chiamare la sorella nella camera accanto, per farle vedere cosa stava succedendo, ma le sue gambe erano come pietrificate, incollate al pavimento della sua camera. Si sporse fuori per avere una visuale migliore, assaggiando l'aria secca della notte.
Il lampione che per primo si era spento si riaccese improvvisamente mentre il sibilo che Greg aveva sentito prima si diffondeva di nuovo, più lungo, più basso, si faceva velocemente strada dentro di lui, proveniente da nessuna parte. Una breve striscia di luce viola dall'orizzonte si avvicinò alla finestra di Greg, sfrecciò dentro e gli si depositò in mano; aveva una forma vagamente circolare, con qualche irregolarità qua e là, e un solco che andava a disegnare una fiamma nel mezzo della pietra. Greg fissava sbalordito la sua mano quando lo strano solco si illuminò di una vivida luce rossa.
Un getto di luce esplose dalla pietra, e il volto di una donna si fece spazio nella stanza.

- Mr. Greg Mender - disse la voce che, con grande sorpresa di Greg, proveniva proprio dalla donna - con la presente Lei risulta ufficialmente iscritto alla London School of Magic and Defense. Nei documenti che Le verranno consegnati alla fine di questo annuncio troverà tutti gli aggiornamenti e le informazioni che le serviranno per comprendere quanto sta accadendo in questo momento e il peso della situazione. Le è fatto esplicito divieto di riferire ad alcuno quanto appena sentito e il contenuto dei documenti, fatta eccezione per i membri della famiglia. La aspettiamo il giorno 15 Agosto. Un tutor Le è stato assegnato, il cui compito sarà quello di farla familiarizzare con la città prima dell'ingresso alla Scuola. Il giorno 12 Agosto alle 9.30 questa pietra è stata programmata per portarla a destinazione: all'ora prestabilita stringa la pietra tra due dita e dia un piccolo colpo con un un terzo. Per favore, si assicuri di avere con sé tutto il necessario per una permanenza prolungata. Il giorno 15 Agosto, alle ore 8.00 segua la stessa procedura per essere trasportato alla Scuola. Parlo a nome di tutto il corpo insegnanti sperando di vederLa presto e augurandoLe una piacevole estate. Saluti, professoressa Eleanor Nolan -.

 

* * *

 

Benni non era sicura di aver compreso appieno il significato del messaggio, anche perché non aveva mai sentito parlare di questa London School of Magic and Defense in vita sua. Era seduta sullo schienale della sua panchina preferita, mentre le foglie dell'albero alle sue spalle sibilavano, mosse dalla brezza leggera che rinfrescava il parco e le si insinuava tra i capelli, lunghi e biondi.
Ai suoi piedi una formica stava trascinando una mollica di pane grande forse cinque volte la sua testa, e passando sotto a un piccolo gruppo di rametti, che per lei doveva sembrare una montagna enorme. Benni guardava il laccio bianco delle sue scarpe, che faceva oscillare seguendo il percorso della formica, mentre la sua mente lavorava frenetica.
Spostò lo sguardo sull'ambiente che la circondava: la piazza non era vuota, eppure solo lei sembrava essersi accorta del lampo viola, solo lei aveva visto quella donna uscire dalla Pietra e parlarle per almeno cinque minuti. Pochi metri più in là quel bambino aveva continuato a giocare con l'erba, mentre sua madre lo guardava. Dall'altro lato della piazza quei due genitori avevano continuato imperterriti a impilare cappelli in testa a loro figlio, tanto che ormai la sua riccia chioma nera era stata completamente coperta. Benni lo osservava mentre si sforzava di mantenere in equilibrio quella pila di cappelli, mentre la cristallina risata del ragazzino invadeva Soho Square.
Si domandava come mai la signora che guardava la casetta bianca al centro del parco non si fosse fermata a guardare anche lei; persino il pittore seduto ad un paio di panchine di distanza continuava imperturbato a muovere la matita sul suo block-notes, ritraendo lo scorcio della piazza dove in teoria ci sarebbe dovuto essere la donna della Pietra, la professoressa Nolan.

Strinse la mano sulla Pietra per accertarsi di non avere sognato tutto, la sua superficie fredda e tondeggiante lasciava poco spazio ai dubbi. Fece scorrere un dito sul solco a forma di fiamma, che trovò ancora lievemente caldo. Era decisamente eccitata ma, dopo aver letto i documenti usciti dalla Pietra, alla sua eccitazione si era aggiunta anche una lieve apprensione. A quanto pareva c'era un “mondo” superiore, o inferiore, comunque parallelo a quello in cui viveva lei e tutti gli altri, popolato da persone con poteri magici. I punti di accesso a questo secondo “mondo” erano in alcune delle principali città della Terra, occultati alla vista dei “comuni”. Lì le divisioni politiche degli Stati come li conosceva lei non esistevano, il globo era diviso in una mezza dozzina di grandi aree, che prendevano il nome dalle principali città al loro interno, luoghi dove altre scuole erano presenti, e dove comunità magiche si radunavano. In quel periodo c'era particolare tensione tra le varie Regioni del “mondo”, causata dalla mancanza di risorse utilizzabili dalla popolazione magica e dalle limitazioni territoriali.
Il 15 Agosto avrebbe dovuto usare la sua pietra per arrivare alla Scuola, e le era anche stato chiesto di far conoscere la città ad un ragazzo di nome Greg Mender.

Tutto questo non faceva presagire nulla di ordinario.

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Capitolo 2
*** Il 12 Agosto ***


-NdA-
Ciao a tutti, di nuovo!!
Colgo l'occasione per ringraziare i miei lettori più accaniti, e tutti coloro che si sono presi la briga di leggere e recensire: siete stati fantastici, grazie per i consigli, continuate così!!! E a tutti coloro che leggeranno vorrei solo dire: spero vi piaccia, fatevi sentire numerosi con recensioni e consigli.
P.s. Me lo hanno chiesto in molti: sì, ho vissuto a Londra per un po', amo quel posto e le descrizioni dettagliate delle strade e dei momenti di Londra sono un piccolo “tributo” alla città :) Enjoy!!

 

 

CAPITOLO 2 – IL 12 AGOSTO

 

Un sottile raggio di luce riuscì a oltrepassare le tendine semiaperte della camera di Greg, andandosi ad infrangere sulla scrivania davanti alla finestra. Erano le 7:20 e Via delle Fergi era ancora assopita: non c'era nessuno nei giardini delle casette a schiera che caratterizzavano la via, la strada era un deserto e nemmeno il postino con la sua bicicletta era ancora passato a consegnare il giornale agli abitanti di Veranna.

Quel flebile raggio di sole si fece pazientemente strada tra le cianfrusaglie ammucchiate sulla scrivania del ragazzo, illuminando man mano tutto ciò che raggiungeva. Dai fogli di carta sparsi passò ad un astuccio blu da cui fuoriuscivano un paio di matite, perdendosi per un paio di minuti nel suo interno; dopo esserne uscito percorse la copertina semiaperta di un libro, elevandosi man mano che avanzava, per poi ruzzolare pesantemente di nuovo sulla scrivania, pochi centimetri più in basso. Coraggioso affrontò un bicchiere di vetro che, rifrazionandolo , lo fece rimbalzare per tutta la stanza. Riuscì poi a trovare la spinta per uscire da quella trappola fatale e ricomporsi, giusto in tempo per salire su una pietra nera e lucida. Danzò per un po' sulla sua superficie, esplorando quello strano solco a forma di fiamma; avvertì che questa pietra aveva un qualcosa di diverso rispetto a tutti gli oggetti su cui era solito passare: non emanava quelle vibrazioni tipiche degli uomini, ma neanche quelle delle cose inanimate, aveva un ritmo tutto nuovo, particolare, ammaliante, pulsava allo stesso tempo di vita e di morte. Certo il raggio era a conoscenza dei racconti sulle pulsazioni emanate dalla Magia, ma pensava fossero solo leggende aeroportuali. Avrebbe voluto indugiare ancora un po', ma finalmente vedeva il suo obbiettivo vicino, quindi avanzò alla conquista della camera.

Greg era steso sul letto, ancora profondamente addormentato. Inconsciamente aveva fatto il tifo per il bicchiere di vetro, e aveva perso. Aveva visto le sue speranze di continuare a dormire affievolirsi di minuto in minuto. Per quando il temerario raggio si posò sul naso di Greg, il suo subconscio si era rassegnato alla levataccia.
Quella mattina, tuttavia, alle 7:48 Greg decise di girarsi dall'altra parte per via di una fastidiosa sensazione di calore al naso.

Nooo!!” pensò “ero quasi arrivato!!! Ci vorranno altri 10 minuti per attraversare quella massa di capelli”. Il fatto che il ragazzo difronte a lui si fosse mosso non aveva comunque scoraggiato il temerario raggio di sole, che, fattosi strada tra quei capelli neri, era arrivato alla tempia di Greg. “Preparati bello...”

BAAM! Greg si svegliò di soprassalto. Prima che riuscisse a capire qualcosa un doloroso «Aaah!» e il suono di un antifurto entrarono prepotenti dalla finestra aperta. “Il postino deve essersi addormentato al volante” pensarono rassegnati il ragazzo e il raggio “ed essersi schiantato con la bici contro la macchina dei Fernighan. Di nuovo”.
Nell'ultimo mese e mezzo l'auto dei Fernighan era stata portata a riparare sette volte, sempre con un'ammaccatura molto simile, a forma di postino in bicicletta.
La sveglia suonò per ricordargli che oggi era il 12 Agosto, e che sarebbe dovuto partire per Londra. Consolandosi del fatto che comunque quel giorno si sarebbe dovuto svegliare presto in ogni caso, Greg si alzò, raggiunse il bagno ed entrò in doccia.

 

* * *

 

Benni si richiuse lo sportello della doccia alle spalle e, ancora grondante d'acqua, si avvolse un asciugamano bianco intorno al corpo, asciugandosi velocemente. Pescò un paio di vestiti dall'armadio e ritornò allo specchio, vestita e col phon in mano.
Mentre si asciugava i capelli continuava a pensare a cosa sarebbe successo di lì a poche ore, non sapendo bene cosa aspettarsi dall'incontro con il ragazzo.
Nei documenti usciti dalla Pietra aveva letto che Greg veniva da quella che per i Comuni, le persone che non sapevano dell'esistenza della London School e del mondo magico a cui lei ora apparteneva, era l'Italia.

Stando a quanto aveva letto, Inghilterra e Italia facevano parte della stessa Regione, insieme agli stati dell'Europa dell'Ovest: Portogallo, Spagna, Francia e Irlanda.
Una Regione era una grande area della Terra parallela popolata dai maghi.
Le altre Regioni erano quelle di Toronto, che consisteva nella parte più a Nord del globo, di San Francisco, che occupava la fascia centrale del continente americano, di San Paolo, comprendente il Sud America e, infine, di Nairobi, che occupava una larga porzione del continente africano.
Alcune di queste Regioni erano più potenti, altre più estese, ma le sembrava che in generale non ci fossero grandi disparità. Tutta la parte Est del mondo magico, quello che per i Comuni corrispondeva al continente asiatico, non era abitata perchè, a quanto pareva, era stata completamente distrutta in seguito ad una grande guerra e ora non restava altro che desolazione, città magiche inabitate e in rovina e natura selvaggia.

Dette una rapida occhiata all'orologio appeso sulla parete della cucina, mancavano meno di cinque minuti all'ora prestabilita. Non sapendo cosa potesse succedere con la Pietra aveva deciso di non usarla in casa sua, ma di uscire all'esterno.
Mentre si dirigeva verso la porta si assicurò che tutto fosse in ordine, infilò le chiavi nella toppa e si ritrovò sui gradini esterni del palazzo.
South Crescent è un piccolo slargo a forma di mezzaluna delimitato da edifici color mattone, che dà direttamente su Store Street, nella parte nord della città.
Piantine decorative sono presenti su ogni balcone e davanti ad ogni finestra, aggiungendo al mattone un tocco di verde, mentre un lastricato grigio pietra separa la zona dalla strada. Tutti gli anni, nel periodo natalizio, viene istallata direttamente sul muro del palazzo un'enorme ghirlanda di luci che si accende di notte, facendolo diventare uno degli angoli più pittoreschi di Londra, e luogo di riunione per turisti e cittadini.
Alberi frondosi si trovano su entrambi i lati di Store Street, riparando South Crescent dal vento.

Un sole brillante filtrava attraverso le foglie, disegnando figure sulla pietra.
Benni restò un attimo sui gradini a fissare gli alberi. Le riaffiorarono in mente i ricordi di quando, ancora piccola, giocava in piazza con i bambini dei vicini, e si aggrappava testarda ai tronchi delle piante se i suoi genitori dicevano che era ora di tornare a casa per la cena. La scomparsa dei genitori aveva duramente impattato la vita della ragazza, che ora era costretta a vivere da sola nella casa da cui era appena uscita, troppo grande per una persona sola.
Qualche volta sentiva la mancanza dei genitori, ma fortunatamente il suo carattere cordiale e aperto avevano fatto sì che non avesse mai avuto difficoltà ad integrarsi e fare nuove amicizie. Cercava di colmare il vuoto con quante più esperienze possibile, ed era grata ai genitori dei suoi amici, che la accoglievano sempre come se fosse figlia loro. Aveva sempre aspettato con ansia di andare al college, perché questo avrebbe significato dividere la casa con qualcuno, ma, avendo 16 anni, quel momento era ancora lontano.

La strada pullulava di persone: uomini in giacca e cravatta si affrettavano al lavoro, due ragazze chiacchieravano uscendo dall'alimentari dalla parte opposta della strada, e una signora sulla sessantina si sbracciava, dando indicazioni ad un ragazzo che cercava Oxford Street.
Benni prese la Pietra tra due dita, poi decise che non era saggio rischiare che qualcuno la vedesse e se la rimise in tasca. Pensò quindi di andare in un luogo più appartato e si avviò su Store Street, buttandosi a sinistra e ritrovandosi presto all'incrocio con Tottenham Court Road. I rumori della strada la raggiunsero, strappandola per un attimo dai suoi pensieri. Il rombo degli autobus, i clacson delle macchine e le chiacchiere dei pedoni pervadevano l'aria.
Continuò dritto su Windmill Street, superò il suo ristorante preferito e arrivò di fronte ad una piccola bottega, dove da piccola si faceva stampare le magliette.
Imboccò Whitfield Street sulla destra, percorrendo la piccola strada finché non si fermò a Colville Place, davanti all'entrata di Crabtree Fields, che le si era parato davanti. Questo piccolissimo giardino era riparato da siepi alte abbastanza da nascondere alla vista di chiunque si trovasse al suo esterno ciò che accadeva all'interno.
Si addentrò nel vialetto centrale, e tutti i rumori circostanti vennero inghiottiti dalla natura.

Benni controllò l'orologio al polso, mancavano 30 secondi, ce l'aveva fatta al pelo. Ripassò mentalmente la foto per individuare Greg che aveva ricevuto fra i documenti, temendo che nella folla di Londra solo quella non sarebbe bastata. I tratti del ragazzo erano abbastanza diversi da quelli del londinese tipo ma, considerata la varietà delle razze che popolano la città, trovarlo nella mischia sarebbe stata un'impresa non da poco.

10 secondi

Infilò la mano in tasca e ne tirò fuori la Pietra.

8 secondi

Ripassò con le dita il solco a forma di fiamma, notò che questa volta era freddo.

4 secondi

Ma cosa stava facendo?! Pensò per un breve attimo alla ridicolezza della situazione, delle sue azioni.

2 secondi

Stava davvero lasciando tutto per una pietra e una donna misteriosa?

1 secondo

Era pronta, pollice e medio tenevano salda la pietra, l'indice era inarcato, pronto a scoccare il colpo. Lo stomaco le si era attorcigliato e stava trattenendo il respiro per la tensione...

. . . TOC. Il dito di Benni si scontrò con la Pietra, producendo un suono secco.

 


Benni era lì, ferma sull'erba, al centro di un prato. Nulla era successo, nulla si era mosso. Contemplò con orrore la situazione, la mancanza di avvenimenti.
I suoi occhi corsero all'orologio: erano ancora le 8:30, non era passato neanche un secondo. Si sentì morire dentro. Era così, dunque? Era tutto uno scherzo? Una bugia? Eppure non si spiegava tante cose. Cosa era quella striscia di luce viola che era piombata in Soho Square? Com'era arrivata la Pietra? E come aveva fatto a sentire la voce di quella donna? Era forse stato un sogno?
Si ricordò di come nessuno sembrava essersi accorto di nulla nel parchetto, di come ciò le fosse sembrato strano. I dubbi le si stavano insinuando dolorosamente nella testa.
Ricacciò con forza le lacrime amare che stavano per sgorgarle dagli occhi, e, aggrappandosi al poco coraggio che le restava, fece un ultimo, disperato tentativo.

L'indice si inarcò, Benni chiuse gli occhi, pregando per un miracolo. TOC!
Non appena la punta del suo dito toccò la Pietra, lei spalancò gli occhi e si sentì lanciare verso l'avanti. Partì a palla di cannone, vide le siepi e i palazzi che prima la circondavano tuffarsi sfocati verso il basso, e si sentì trascinare ad una velocità supersonica.
Aveva il braccio teso in avanti, e le dita serrate sulla Pietra, come se stringerla potesse fare la differenza tra la vita e la morte, tra il veder succedere qualcosa di speciale e lo schiantarsi disastrosamente contro il suolo.
In meno di un istante era stata catapultata a duecento metri dal terreno, un misto di felicità e paura la pervase, poi la testa le scattò in avanti e lei venne risucchiata dentro la pietra.

 

* * *
 

Greg era sceso a fare colazione con i genitori e la sorella, e a salutarli per bene prima di partire. Si sentiva piuttosto nervoso, aveva paura che qualcosa sarebbe potuta andare storta nel viaggio con la Pietra.
Si era fatto molte domande nel mese e mezzo che aveva preceduto quella mattinata, ma non aveva trovato alcuna risposta: faticava ancora a credere che tutto questo non fosse un unico, lunghissimo e afosissimo sogno, che quello che era in procinto di succedere sarebbe accaduto davvero.Lo stomaco gli si era attorcigliato, rendendogli impossibile mangiare anche solo uno dei piatti che sua madre aveva preparato per salutarlo.
«Mangia qualcosa, dai Greg». La voce di suo padre aveva interrotto il flusso suoi pensieri. Greg alzò gli occhi dal piatto e incrociò quelli di suo padre. Nonostante il sorriso incoraggiante che aveva sul viso un' ombra di tristezza si nascondeva dietro di essi. Greg sapeva quanto sarebbe mancato a suo padre Eric, e sapeva anche quanto suo padre sarebbe mancato a lui. «Devi essere in piena forma prima di partire»
«A proposito di partire, manca poco ormai caro!» disse sua madre «Sarà un'esperienza fantastica, vedrai! » esclamò poi lei.
Nelle ultime settimane sua madre non aveva fatto altro che ripetere che Greg si sarebbe divertito da morie e che sarebbe stato benissimo a Londra, come se, dicendolo al figlio, si stesse assicurando che in effetti tutto sarebbe andato bene.
I suoi genitori lo avevano assillato con una montagna di domande dalla mattina in cui aveva detto loro della Pietra, Greg se lo era aspettato, e aveva detto loro tutto quello che sapeva e che aveva capito, ma non sembrava mai essere abbastanza.

«Tutto a posto fratellone?» chiese sua sorella «Oggi non hai detto una parola. So che sembra strano andarsene via, ma sono sicura che sarà fantastico, davvero. E poi ci manterremo in contatto, tutte le volte che vuoi!» Megghy era sempre stata di sostegno per il fratello maggiore, qualunque cosa succedesse. Avevano un rapporto molto bello, e probabilmente la sorella sarebbe stata quella che gli sarebbe mancata di più.
«Tranquilla, sono a posto, non ho troppa fame, tutto qui» la ringraziò Greg con un sorriso.
«Di solito a colazione mangi più di noi tre messi insieme!» esclamò la sorella.
«E' vero, oggi non è proprio “di solito” però» rispose Greg.
«Sì ma...»«Va bene, va bene! Hai vinto» rise Greg interrompendola. Aveva visto che la sorella aveva quello sguardo che la caratterizzava quando non si sarebbe data per vinta finché non avesse ottenuto ciò che voleva, nulla l'avrebbe smossa. «Solo questo panino!» sentenziò divertito Greg.

Finito di fare colazione loro padre fece notare che si era fatta ora di andare, e si diressero tutti nel cortile dietro la casa, al riparo da occhi indiscreti. Arrivati fuori sua madre schizzò in avanti e lo avvolse in un abbraccio «Sarà fantastico, vedrai», lo rassicurò per l'ennesima volta.
Dopo essere stato lasciato andare Greg abbracciò suo padre, e poi fu la volta della sorella. Una piccola lacrima si stava facendo lentamente strada giù per la guancia di Megghy. Lui la notò, nonostante la sorella stesse cercando di nasconderla. «Ti voglio bene sorellina» le sussurrò all'orecchio, stringendola forte «Ci sentiamo presto».
«Vi voglio bene» disse poi rivolto ai genitori. Salutò tutti un'altra volta, controllò l'orologio, fece un passo indietro e prese la Pietra in mano.

Il contatto con essa scatenò una miriade di pensieri, come se il tappo protettivo che il ragazzo era riuscito a mettere fosse saltato via all'improvviso. Nel momento di lucidità che stava vivendo Greg si chiese se stesse facendo la cosa giusta, e che cosa gli sarebbe successo. Mentre si rendeva conto che quelle erano domande a cui non sapeva dare risposta sentì un «Buona fortuna Greg» provenire dalla sua famiglia, ma era troppo concentrato sui suoi pensieri per farvi davvero caso.
Controllò ancora l'orologio al polso.

5 secondi

Alzò lo sguardo sulla famiglia, li salutò ancora. Si sentiva incredibilmente calmo ora.

3 secondi

Strinse la Pietra con decisione, era l'unica cosa di cui era sicuro al momento.

1 secondo

Il suo indice si inarcò, pronto a scattare. Si fece coraggio. Cercò un'ultima volta lo sguardo della sorella e lo incrociò.


TOC! Un suono secco si diffuse nell'aria.
«Wooo!» Greg si sentì sparato in alto all'istante, ad una velocità tremenda. Ebbe un attimo di tempo per vedere le figure sfocatissime della sua famiglia e della casa mentre si elevava, guidato da nient'altro che un'apparentemente insignificante pietra davanti a lui. Serrò le dita su di essa, e notò che la fiamma incisa sulla superficie brillava di una vivida luce rossa. Cercò di guardare in basso, e vide con orrore di essere almeno a trecento metri da dove era partito meno di un secondo prima.
Sentì una strana sensazione pervaderlo, il suo corpo tendersi verso la Pietra, e venne risucchiato al suo interno.

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Capitolo 3
*** Viaggi ***


-NdA-
La canzone più sotto, naturalmente, non è mia, ma è un pezzo tratto da “The A Team”, del mitico Ed Sheeran. Buttategli un occhio, è un gran musicista!! Grazie a tutti quelli che hanno recensito i capitoli precedenti e che hanno aggiunto la storia tra le seguite/preferite!! Fatevi sentire numerosi con recensioni e tutto... Enjoy! DanCar

 

CAPITOLO 3 – VIAGGI

 

Il suo corpo venne letteralmente sputato fuori dalla Pietra, Greg sentì uno schiocco secco e, prima che si rendesse conto di qualunque cosa, venne catapultato su un sedile blu, e il suo avambraccio rimbalzò su un bracciolo di plastica rosso acceso.
Si diede un attimo per riprendere il respiro, poi si guardò intorno. Non aveva idea di dove la Pietra l'avesse portato, sperava solo che fosse Londra e non un posto sperduto chissà dove. Già, la Pietra. Abbassò lo sguardo sulla sua mano, e la strinse. Contrariamente a prima di essere usata, ora era leggermente calda, ma il solco a forma di fiamma non luccicava più. Greg contemplò quell'oggetto assolutamente fuori dall'ordinario, e solo ora si rese conto della realtà della situazione. La verità lo colpì forte come un'onda alta dieci metri, e una ridda di domande esplose nella sua testa. Che cosa era successo? Cosa avrebbe fatto ora? Ma soprattutto, dove diavolo era finito?
Greg si decise a dare un'occhiata in giro: gli interni bianchi, i sedili blu e la luce al neon gli fecero velocemente capire che si trovava nella Tube londinese. “Grazie al cielo” pensò tirando un sospiro di sollievo. Da piccolo era andato nella capitale britannica con la sua famiglia, e una delle cose che gli erano rimaste vividamente impresse erano proprio gli interni della metropolitana.

Continuò ad esplorare con lo sguardo la carrozza: un uomo sulla settantina si era appisolato mentre leggeva il giornale, una dozzina di sedili più in là. Aveva le gambe accavallate, il quotidiano aperto e dormiva, statuario, in quella posizione. La testa era di poco inclinata verso destra, e rimbalzava di tanto in tanto seguendo i moto del treno, mettendo in risalto un mento ben rasato e dei capelli leggermente lunghi, pettinati all'indietro.
Chiaramente non si era accorto dell'apparizione improvvisa del ragazzo. Non c'era altra persona nell'abitacolo, quindi Greg poteva dirsi sicuro che nessuno l'avesse visto arrivare.
Una lama di luce entrò dai finestrini, poi tutta la cabina ne fu pervasa. Greg spostò lo sguardo all'esterno, e con sua sorpresa vide case e alberi delimitare il tracciato della metropolitana. Il fatto di essere su una linea della Tube che passava all'aria aperta gli sembrò decisamente strano, perché non si ricordava di alcun tracciato del genere, e lui aveva sempre avuto una buona memoria fotografica.

«Prossima fermata: Barons Court Station» una voce femminile e meccanica interruppe il flusso dei suoi pensieri, riportandolo bruscamente alla realtà.
«Prossima fermata: Barons Court» la voce risuonò ancora, mentre Greg cercava con gli occhi la cartina della metro, che di solito si trova sopra i finestrini dell'abitacolo. Dopo averla trovata individuò anche la sua posizione: si trovava sulla Linea Blu, la Piccadilly. Con suo grande sollievo, il treno era diretto verso il centro città.
Greg lasciò andare un sorriso, si sedette comodo sul sedile e lasciò beato che un raggio di sole gli scaldasse il viso.
Si ricordò poi che aveva letto che la Linea della metro che passa completamente in superficie si chiama Overground, e scorre intorno alla periferia di Londra. Come tutti i tracciati che passano per di là, la Piccadilly ha una parte delle rotaie all'aperto, che poi scendono sottoterra mentre si avvicina alla fermata di Earl's Court e al cuore della città, pieno di incroci e palazzi.

Il treno rallentò e per un attimo venne inghiottito dal buio. Subito dopo, il piastrellato bianco caratteristico delle stazioni della Tube riempì i finestrini.
«Barons Court». la voce dell'altoparlante risuonò nella carrozza, che si fermò in una piccola stazione di periferia. «Attenzione allo spazio tra il treno e il bordo della banchina».
Due donne erano in piedi ad aspettare l'arrivo della metropolitana. Una di loro aveva lo sguardo stanco di chi si è svegliata da poco, e, per qualche motivo, indossava ancora un abito blu notte da sera molto elegante, che doveva avere avuto addosso la sera prima. Greg notò che di tanto in tanto la seconda donna scoccava alla prima occhiate contrariate, e aggiustava poi la fibbia del cappotto beige che le arrivava alle ginocchia. Si teneva ad un paio di passi di distanza dall'altra, come a voler evidenziare che non erano insieme e che non venivano dallo stesso posto.
«Apertura porte». Le porte davanti a Greg scivolarono aprendosi, e le due donne entrarono nella carrozza. Il rumore dei loro tacchi risuonò al suo interno, finché non si sedettero. La donna con il cappotto beige andò a posizionarsi all'estremo opposto della cabina, massimizzando la distanza da quella vestita elegantemente.
Gli occhi della donna vestita di blu incrociarono quelli di Greg, e i due si scambiarono un veloce ghigno.

«Attenzione: chiusura porte».
La metro tornò nuovamente all'aperto, e venne pervasa dalla luce. Lo sguardo del ragazzo si perse ad osservare l'esterno. Le tipiche case inglesi rosso scure col soffitto a punta sfrecciavano sfocate fuori dal finestrino, mentre scorci di ampie strade e di incroci facevano capolino sporadicamente. Rallentarono, si fermarono alla stazione di West Kensington, e ripartirono. Il veicolo prese nuovamente velocità, e Greg venne cullato dall'andatura altalenante della carrozza.
La voce annunciò l'imminente arrivo alla fermata di Earl's Court, il treno si abbassò e andò sottoterra. Il buio momentaneo venne illuminato dalle luci al neon bianche, l'unico rumore era lo sporadico sibilo dei muri e delle colonne ai lati della metropolitana. Il binario si allargò facendo posto alla stazione di Earl's Court. Greg osservò che quest'ultima era molto più affollata delle precedenti. Una ventina di persone erano al binario, chi seduto sulle panchine, chi in piedi vicino al bordo del binario. Un bambino stava giocando con la palla vicino ad una colonna, sua madre vide il treno arrivare e lo tenne fermo per il colletto della maglietta, mentre un signore poco distante fermò la palla, che stava lentamente rotolando verso i binari, e la restituì al piccolo. Le porte si aprirono, e una dozzina di persone si fece strada nella carrozza.
«Attenzione: chiusura porte».
La metro ripartì velocemente, imboccando il tunnel che aveva davanti. Greg sistemò il suo borsone per far spazio ad eventuali viaggiatori che avessero bisogno di sedersi, nonostante ci fossero ancora più della metà dei sedili liberi, tirò fuori dalla tasca le cuffiette e si mise ad ascoltare la musica.
Il treno continuò la sua corsa lungo la Piccadilly Line, e passò le stazioni di Gloucester Road e South Kensington, poi Greg smise di leggerne i nomi sui muri.

* * *

Benni era senza fiato, e stava cercando di riprenderlo appoggiata ad un muro, coi palmi delle mani sulle ginocchia.
Era appena stata protagonista di qualcosa che non avrebbe mai pensato possibile, e alla quale faceva ancora stento a credere. Un sorriso le si aprì sul volto “Incredibile, ce l'ho fatta!! E' successo davvero” pensò incredula. Già, ma cosa era successo, di preciso? Benni mise a fuoco per cercare di capire dove si trovasse, dove la Pietra l'avesse fatta atterrare. Sul muro che si parava subito davanti a lei c'era un cartellone che pubblicizzava un certo evento, figure nere e rosse erano stampate sulla carta. Benni spostò lo sguardo poco più su, percorrendo una parete biancastra e leggermente annerita dallo smog,e incontrò una targa con nome di una via. “Perfetto”, pensò, “Quello che mi serviva”.
Faticò un attimo a mettere per bene a fuoco, ma poi riuscì a leggere “St. Martins Court”. Scattò di lato e si voltò, e con sua enorme sorpresa riconobbe Charing Cross Road. Un autobus e una macchina passarono rombando davanti a lei, facendola tornare di scatto sul marciapiedi. Si voltò per proteggersi la faccia dalla polvere, e non poté trattenere un «Woow!» quando si ritrovò proprio di fronte a Leicester Square Station.

* * *

Il ragazzo era in viaggio da ormai dieci minuti quando risuonò: «Prossima fermata: Leicester Square Station». La Pietra vibrò. Non sapendo come reagire Greg tuffò la mano nella tasca e ne estrasse la Pietra, coprendola alla vista degli altri passeggeri prendendo il vecchio giornale sul sedile accanto al suo. Osservò bene l'oggetto, ma ora non avvertiva più alcuna vibrazione, né riusciva a vedere un qualche cambiamento sulla sua superficie. Controllò con accuratezza ancora per un po', poi decise che doveva essere stata la carrozza a tremare. Ripiegò il giornale appoggiandoselo sulle ginocchia, ma tenne la Pietra stretta nel pugno, nel caso qualcosa di insolito dovesse accadere ancora.

«Leicester Square Station». Il treno si fermò e, come di consueto, le porte si aprirono. Il vecchio signore che Greg aveva trovato quando era volato nel vagone della metro aveva continuato a dormire per tutto il viaggio. Appena le porte del treno si aprirono egli schiuse gli occhi, che per un momento brillarono di un rosso acceso. Con una fluidità di movimenti che nessuno si sarebbe aspettato da un uomo della sua età, o del suo aspetto, si alzò dal suo sedile e si diresse verso l'uscita.
Quando l'uomo gli passò davanti, Greg percepì un velocissimo movimento della mano, che invece sfuggì a tutti gli altri passeggeri.
Un fruscio della pagina del giornale davanti a lui gli fece abbassare lo sguardo, e il ragazzo notò sbalordito il disegno a pennarello di una fiamma identica a quella incisa sulla sua Pietra. Sicuro del fatto che la fiamma prima sul giornale non c'era Greg si alzò e cercò con lo sguardo il vecchio nella folla di Leicester Square Station, proprio in tempo per vedere l'ultimo lembo del suo cappotto leggero svolazzare fuori dall'uscita più vicina.

Afferrò il proprio borsone e si fece largo tra i passeggeri nella cabina, raggiunse a fatica la porta e saltò fuori, proprio prima che essa si chiudesse alle sue spalle.
Appena uscito dal treno si dovette fermare per cercare lo sconosciuto, che a quanto pareva era scomparso. “Dov'è andato ora?” si chiese Greg; il suo sguardo guizzò da un lato all'altro della stazione, indugiò su panchine blu, angoli bui, ma non vide l'uomo che cercava. Decise che si sarebbe dovuto dirigere verso l'uscita, o lo avrebbe perso.
«Permesso. Scusate!» il gruppo di persone proprio davanti a lui, che gli ostruiva la vista, si scostò velocemente, e Greg vide l'uomo imboccare il corridoio di uscita dal lato opposto della banchina. Si affrettò da quella parte, con il borsone e la folla che lo rallentavano. «Scusi! Hey, lei! Signore! Si fermi un attimo..» provò Greg, senza esito. La figura dell'uomo era scomparsa dietro l'angolo. “Inutile” pensò il ragazzo “dovrò prenderlo”. Accellerò il passo, cercando di schivare quante più persone poteva, impresa impossibile, considerata la mole di gente che affollava Leicester Square Station.
«Hey!! Stia attento!», «Ma?! Attento!!» rimproveri risuonavano nell'aria della stazione, ma Greg non aveva tempo per scusarsi con tutti. Raggiunse l'angolo dove aveva visto l'uomo dirigersi e infilò un corridoio piastrellato in bianco e blu. Non c'era la persona che cercava. Maledicendo la propria lentezza si issò il borsone in spalla e iniziò a correre, quanto più veloce le persone circostanti e il peso gli permettevano.

Seguì il corridoio per un paio di svolte. L'unica sua consolazione era che non c'erano vie alternative, quindi l'uomo doveva essere per forza da quelle parti.
Certo, a meno che non si sia volatilizzato”. Questo pensiero si fece spazio subdolo nella sua mente. “Ormai non ho più idea di cosa sia possibile e cosa non lo sia”.
Dopo una svolta a destra il tunnel dove Greg si trovava si allargò in uno spiazzo, da cui partivano delle scale mobili, che salivano alte fino a quella che sembrava l'uscita in strada. Lo sguardo di Greg volò su di esse, e individuò, circa alla loro metà, la figura dell'uomo, che stava salendo gli scalini camminando.
Dalla sua destra risuonarono le parole di una delle sue canzoni preferite, con la coda dell'occhio notò un musicista coi capelli rossi appostato in un angolo con la sua chitarra. Intorno a lui, sul muro, vi era un grande adesivo rosso e nero con la scritta “LET THE MUSIC TRANSPORT YOU”.

Greg corse verso le scale mobili, tenendo gli occhi puntati sulla giacca dell'uomo misterioso.
...And she's just under the upperhand, goes mad for a couple of grams... Greg dribblò un paio di persone sui primi gradini, continuando, sfinito, il suo inseguimento.
...She don't wanna goo outsiide, tonight... la musica continuava a seguirlo mentre si faceva largo a fatica tra la folla di persone in giacca e cravatta che si affrettavano al lavoro.
...And in a pipe, she flies to the Motherland and... l'uomo raggiunse la cima della scalinata e si fermò un momento per decidere quale direzione prendere. Ancora una volta Greg, che si trovava solo ai tre quarti, si stupì della sua velocità.
...Sells love to another man... Greg giunse agli ultimi scalini e si gettò verso la destra, seguendo l'uomo, che stava ora superando i tornelli a pochi metri di distanza.
...It's to coold outsiide, for angels to fl..«Hey!! Aspetti!». La voce del ragazzo risuonò per la sala quando egli si accorse che non avrebbe potuto attraversare le barriere senza un biglietto, che naturalmente non aveva, in quanto era stato catapultato direttamente dentro il treno.
Le porte del tornello si chiusero dietro al signore, che si voltò e lanciò una penetrante occhiata a Greg. Sfiorò per un attimo la barriera, disegnando con le dita una strana figura, poi si voltò e venne inghiottito dalla luce della strada che filtrava attraverso le uscite della stazione.

Greg lasciò andare un «Noo!!», e andò a schiantarsi contro la barriera metallica. O almeno, così credette per un attimo. Rassegatosi allo scontro si era messo un braccio davanti alla testa, proteggendola. Aveva poi intravisto le porte grigie avvicinarsi sempre di più, e aveva chiuso gli occhi ad un centimetro di distanza da esse, contraendo i muscoli e i pugni. Al momento dello schianto, tuttavia, non aveva provato nulla.
Da un momento all'altro Greg si ritrovò dalla parte opposta della barriera, illeso. Si fermò un secondo e si chiese se stesse sognando. Era forse passato sotto le porte? No, c'era decisamente troppo poco spazio. Le aveva dunque saltate? Anche questa ipotesi non sembrava stare molto in piedi, dato che nessuno tra vigilanti e passanti sembrava aver notato nulla di insolito, e di certo un ragazzo che salta un metro e mezzo di tornello con un borsone in spalla non è ordinario.
L'unica alternativa era che lui fosse effettivamente passato attraverso le barriere. Ne osservò il metallo e la plastica: sembravano decisamente solidi. Un brivido gli scese lungo la schiena. Stava capendo sempre meno di tutta quella situazione.

Si ricordò che non aveva molto tempo a disposizione per pensare, quindi corse verso l'uscita e la guadagnò. Cercò immediatamente l'uomo del treno, ma l'unica persona che vide all'esterno fu una ragazza bionda pochi metri più in là, che esclamava «Woow!», apparentemente sbalordita dalla presenza di una stazione della metropolitana davanti a lei.

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Capitolo 4
*** Incontri ***


CAPITOLO 4 – INCONTRI

 

Non sapendo a chi altri chiedere, Greg si diresse verso la ragazza, sperando che non lo guardasse urlandogli «Woow!» addosso. Avvicinatosi a lei le rivolse un cauto: «Ciao». Aspettò la reazione, che con suo sollievo fu un normale «Hei!» seguito da un rassicurante «Scusa, di solito non urlo agli edifici, ma oggi è stata una mattinata strana» detto con una risata.
«A chi lo dici! Se ti raccontassi cos'è successo a me, mi crederesti pazzo» sorrise Greg.
«Aspetta un attimo, tu devi essere Greg!» esclamò lei, scrutando il ragazzo con attenzione.
Greg la guardò stupito e rispose con un lento cenno di assenso, chiedendosi ancora una volta cosa stesse succedendo quel giorno.
«Io... come?! Sì, mi chiamo Greg, ma come lo sai?»
«Io sono Benni, molto piacere!» disse la ragazza con soddisfazione. «Sono stata incaricata di farti vedere Londra» aggiunse poi, vedendo il ragazzo in difficoltà «Non dimenticarti di mettere l'orologio indietro di un'ora, qui sono le 8:45 adesso».
Greg ubbidì in silenzio, come tramortito dalla marea di informazioni che stava ricevendo, valutando l'idea di trovarsi in un sogno. Nel frattempo, in sottofondo, sentiva la voce di Benni chiedergli com'era arrivato, e se il viaggio dall'Italia fosse stato lungo. Il viaggio!
«Scusa» la interruppe «prima mi sono avvicinato perché volevo chiederti una cosa. E' un po' complicato da spiegare, in effetti, però... hai per caso visto un signore con i capelli neri uscire prima di me e» fece una pausa «scomparire?» chiese, dubitando perfino delle proprie parole.
Benni gli lanciò uno sguardo stupito, poi rispose che no, non aveva visto assolutamente nessuno, ma che doveva tenere conto del fatto che lei era praticamente appena arrivata. Sconsolato, Greg mollò la presa sul borsone che ancora teneva in mano e vi si lasciò cadere sopra. Benni si sedette accanto a lui «Raccontami cos'è successo» sussurrò, rivolgendogli un sorriso rassicurante.
«Scusa, non mi sono ancora presentato» iniziò Greg «mi chiamo Greg e vengo da una cittadina che si chiama Veranna, in Italia». Benni annuì e gli strinse la mano. Il ragazzo le raccontò di come aveva ricevuto la Pietra, e di come era stato convocato lì a Londra. Poi le disse cosa gli era successo quella mattina, dopo essere stato catapultato nel treno, le spiegò che aveva cercato di rincorrere questo misterioso personaggio e che era passato attraverso una delle barriere della metropolitana.
«A pensarci mi vengono ancora i brividi» rise il ragazzo. «Poi l'ho rincorso qui fuori, ma, come hai visto, l'ho perso. Ora è il tuo turno, raccontami come sei arrivata qua, e soprattutto cosa sai di tutta questa storia, che francamente inizia a spaventarmi» aggiunse Greg, restituendo lo sguardo a Benni.
«In effetti la tua mattinata è stata molto più movimentata della mia» rise lei. Gli raccontò poi cosa aveva fatto per arrivare lì difronte «però devo dire che mi sono presa una gran paura quando la Pietra non ha funzionato, la prima volta che ho provato» disse in un sussurro «e mi sono spaventata anche quando ha funzionato! Sono stata sparata ad almeno 200 metri da terra!»
«Forse avevi provato ad usarla troppo presto, prima dell'ora prestabilita» provò Greg.
«O forse non l'avevo colpita abbastanza forte» completò lei, perplessa.

Ci fu un momento di silenzio un po' imbarazzato, dovuto al fatto che i due ragazzi, completamente sconosciuti fino a pochi minuti prima, stavano realizzando che il loro mondo sarebbe cambiato radicalmente, e che ora l'unica cosa che conoscevano di esso era la persona che avevano accanto, della quale sapevano a malapena il nome.
«E ora?» fece Greg, interrogativo. Guardava la strada, come aspettandosi che una risposta saltasse fuori da lì.
Il 24 diretto a Pimlico entrò nel suo campo visivo, per poi sfilare via, rombando. Il ragazzo guardò all'interno dell'abitacolo, il suo sguardo corse su facce di donne e uomini di tutte le età, volò su giacche, cravatte, abiti, ognuno dei quali raccontava una storia, venendo da un posto e diretto ad un altro. Si soffermò su mani che si aggrappavano ora alle manopole grigie che pendevano dall'alto, ora alle sbarre laterali che che sbucavano dal pavimento dell'autobus, e crescevano in verticale come alberi in una foresta, per poi vedere mani che si tenevano le une con le altre, mani che si salutavano, mani che si tendevano verso ogni direzione. Con la pallida speranza di riconoscere il misterioso vecchio tra la folla, scorse tagli di capelli di tutti i tipi, che si andavano a confondere e mescolare tra di loro assecondando il moto del veicolo.
Il piccolo palazzo a motore lasciò poi libera la visuale, continuando su Charing Cross Road e concedendo a Greg la possibilità di dare un'occhiata in giro. Il ragazzo per la prima volta notò il paesaggio intorno a lui: un'enorme sagoma blu di led, a forma di carrozza trainata da due cavalli rampanti, dominava la parete del palazzo alla sua destra, mentre poco sotto un'insegna recitava “THE HIPPODROME CASINO”.
Dritto davanti a lui si apriva Cranbourn Street, che conduce alla rinomata Leicester Square, sede di cinque tra i più famosi ed importanti cinema del mondo, e ospite di innumerevoli Prime mondiali. Caffè e ristoranti si affacciavano numerosi da entrambi i lati della strada, mentre i caratteri illuminati in verde e rosso di un'altra insegna, che stavolta diceva “Coffee Bar Open”, attrassero la sua attenzione.


«Ora» la voce di Benni interruppe il suo fantasticare, strappandolo dai suoi pensieri e riportandolo alla realtà «per rispondere alla tua domanda, credo che dovremmo trovare un posto per te e le tue cose».
«Non è una brutta idea» rispose Greg «Nei documenti che sono usciti dalla Pietra ho letto che c'è una stanza per me in caso ne avessi bisogno. E' al...» si chinò per aprire la tasca esterna della valigia, e raggiunse il foglio che stava cercando
«Lascia stare, puoi venire da me» esclamò la ragazza, d'un fiato «io abito tutta sola, e avere un coinquilino mi piacerebbe molto. Non abito neanche lontano». Le si erano illuminati gli occhi, perché finalmente avrebbe potuto occupare una delle stanze vuote, e magari cancellare un po' quella sensazione di vuoto che la casa le dava.
«Davvero?» chiese Greg, stupito dalla tanta ospitalità dimostrata da lei «Conosci a mala pena il mio nome».
«Certamente, Greg. E poi sono sicura che impareremo a conoscerci molto bene, saremo compagni a scuola. Avere un volto amico sin dal primo giorno aiuta sempre» gli sorrise di rimando Benni.
«Sicura? Non so cosa dire...non fraintendermi, sono molto felice, ma ho paura che ti sarei di intralcio. In ogni caso la mia stanza sarebbe qui» disse, sventolando la cartina della città difronte a Benni e puntando il dito sul cerchio che era stato tracciato da qualcuno della London School.
«Dai, non ti formalizzare! A me non pesa, quindi, se per te va bene, ora ti accompagno a casa mia, anzi, a casa a lasciare la valigia e a fare il punto della situazione».
«Sei davvero gentilissima, non so come ringraziarti. Lascia almeno che ti paghi l'affitto!» le rispose Greg incredulo.
«Sono sicura che qualche buona cena all'italiana sarà più che sufficiente» ribatté Benni guardando Greg con aria divertita «E ti ripeto, smettila di farti tanti problemi».
«Allora abbiamo un accordo» rise il ragazzo «e grazie ancora Benni» aggiunse poi, guardandola negli occhi.


Benni fece per alzarsi, e Greg la seguì. «Dove hai detto che siamo qui?» le chiese, osservando la stazione della metro «Leicester Square station, e questa che vedi qui è Charing Cross Road, una delle più importanti strade di Londra» rispose lei. Prese la cartina dalle mani del ragazzo e gli indicò il luogo «Ora siamo qui, e tutta questa» fece scorrere il dito sulla carta «è la via che stiamo percorrendo». Greg la ringraziò, cercando di richiamare alla mente i luoghi che aveva visitato da bambino.
«Ti va un caffè? Io stamattina non ho mangiato praticamente nulla» chiese il ragazzo, sentendo i crampi della fame
«Conosco un posto fantastico» esclamò la ragazza «vieni, prendiamo la metro».
I due si addentrarono nella stazione che avevano davanti, Benni suggerì a Greg di comprare la Oyster Card, e fare magari un abbonamento settimanale, per iniziare. Tornato col biglietto, Greg si diresse con la ragazza verso l'interno della stazione, ripercorrendo all'indietro il tragitto che aveva fatto di corsa una decina di minuti prima. Passando per i tornelli, Greg deglutì, pensando a cosa gli era successo quella mattina. Sfiorò il metallo con le dita, e sentì Benni ridere alle sue spalle «Noi usiamo il biglietto, non ti preoccupare» lo schernì lei. Greg rise «Dai dimmi dove andiamo, piuttosto» chiese poi.
«In realtà è solo una fermata: prendiamo la Northern Line, quella nera, e scendiamo a Tottenham Court Road» disse lei, facendo strada al ragazzo. Imboccarono un corridoio e scelsero la diramazione che li avrebbe portati ai binari del treno. Una volta giunti lì, aspettarono un paio di minuti e poi videro la vettura bianca e rossa sfrecciare e fermarsi davanti a loro. I due salirono a bordo, e Greg notò che ora c'era molta più gente rispetto a mezz'ora prima, tant'è che solo Benni riuscì a sedersi.
«E' sempre così affollata?» domandò.
«Questa è una linea centrale, in media c'è più gente che nelle altre, ma dovresti vedere all'ora di punta: sei fortunato se riesci anche solo a salire».
Il treno partì, e Greg si lasciò cullare dall'andatura ondeggiante della carrozza. Il chiacchierio dei passeggeri intorno a lui riempiva la cabina allegro, mentre lui osservava le facce delle persone sedute, fantasticando sui loro nomi e su dove fossero diretti. Pensò che alla fine la giornata stesse assumendo una piega positiva, e che forse sua madre aveva ragione: sarebbe davvero andato tutto bene.
«Raccontami qualcosa di te, Greg» disse la ragazza «ma non dove abiti o in che scuola vai, dimmi qualcosa di particolare».
Greg ci pensò su un attimo poi disse: «Invento storie. O meglio, mi piace farlo, poi che lo sappia fare bene o meno è soggettivo. Io guardo le persone e, quando non ho niente di meglio da fare, invento qualcosa su di loro. Penso al loro nome, osservo cosa fanno e cosa hanno addosso e poi creo un piccolo racconto sulla loro mattinata, per esempio, o su dove stanno andando, o su dove abitano e cosa fanno di mestiere» vide Benni guardarlo interessata «non c'è nulla di vero o serio, naturalmente. Sono tutti completi estranei, e questo fatto mi consente di collocarli dove voglio. Quando ho l'ipod scarico è un modo per passare il tempo senza morire di noia» aggiunse a mo' di scusa.
«Forte! Dai, raccontami qualcuno» esclamò Benni.
«Mah, in realtà...non l'ho mai fatto ad alta voce, e non sono neanche bravo, a dire la verità» provò a giustificarsi Greg.
«Ti stai solo vergognando, dai! Parlami di questo signore» disse lei, puntando lo sguardo su un uomo seduto nella parte opposta della carrozza, proprio di fronte a loro.
«Ma no, è solo che... e va bene, ma non lui perché sennò ci sente. Facciamo per esempio...» sussurrò, facendo scorrere velocemente lo sguardo sui volti dei passeggeri «lui! Quello seduto sull'ultimo sedile, vicino alla porta. Abbastanza vicino da poter essere osservato per bene, ma abbastanza lontano da non essere sentiti» disse poi, indicando un uomo sulla quarantina alla sua sinistra, intento a consultare la mappa delle fermate appesa sulla parete davanti a lui. «Dammi solo un attimo»
«Tutto il tempo che vuoi» fece Benni, divertita.

«Allora, la vedi quella signora davanti a lui?» iniziò Greg «Si chiama Mery Genner. Abita in un vagone della metropolitana, nel deposito coperto dove tutti i treni vanno a mezzanotte, quando tutte le corse finiscono» «Come mai nel deposito?» chiese Benni, ridendo «Beh, vedi che ha la pelle chiarissima? Nella mia storia lei non vede quasi mai il sole, quindi deve abitare in un posto buio. Comunque» riprese il ragazzo «Questa mattina si è dovuta alzare presto per scappare dal proprietario del treno accanto a quello dove lei abita, perché loro due avevano avuto una storia. Ora si evitano, da quando lei ha aperto la cassaforte della casa in cui abitavano insieme, l'ha svuotata e ha usato tutto il denaro per comprarsi il vagone e quegli orecchini che ha addosso. Li vedi?»
«Si, sono molto belli in effetti»
«Ogni piccola pietra di quegli orecchini» disse poi Greg, descrivendo i gioielli a forma di mora che pendevano dalle orecchie della donna «impiega cinquant'anni per crescere. Nascono dentro un particolarissimo frutto di mare, e possono essere estratte in un solo modo, conosciuto unicamente al signore che le sta davanti. Quell'uomo, Mark, esce con il suo peschereccio sul Tamigi ogni primo giovedì del mese, raggiunge il centro del fiume e si immerge, senza alcuna muta»
«Senza muta?» chiese Benni, schifata «Ma l'acqua del Tamigi è...verde!»
«Esatto» confermò il ragazzo «per cogliere quelle preziosissime pietre da dentro al frutto di mare bisogna prima corteggiarne l'anima. L'anima di questi frutti appartiene ad una donna, e ogni pietra preziosa inizia a crescere il giorno della nascita di quella donna. All'età di cinquant'anni la persona con la quale la pietra preziosa divide l'anima può immergersi nel fiume e, una volta individuata la propria conchiglia, può prenderla. Se poi ne ricava una collana, la donna entra in un sonno profondissimo per un giorno intero, durante il quale si trova a colloquio con un mago, che le concede un desiderio.
Se invece le conchiglie vengono lasciate lì, ecco che Mark può provare a raccoglierle. Giunta la notte lui si butta nel Tamigi, vestito con un abito elegante, e intrattiene tutte le conchiglie fino all'alba del giorno dopo. Al sorgere del sole, Mark ripone il flauto speciale che ha suonato per le conchiglie, chiude gli occhi, e tutte quelle che sono state ammaliate dalla sua musica gli depositano in mano la loro piccola pietra nera. Dopo averne raccolto un numero sufficiente, Mark crea gioielli unici al mondo, e li vende proprio alle donne a cui sarebbe stata destinata la più grossa delle pietre raccolte, che posiziona sempre al centro del disegno che crea. Dopo averglieli venduti racconta loro la storia delle conchiglie, assicurandosi così che le donne indossino i suoi gioielli per il resto della loro vita, nella speranza che il mago appaia loro in sogno».
«Tottenham Court Road Station» la voce metallica dell'altoparlante risuonò, come un elegante chiusura alla storia che Greg aveva appena raccontato. Benni guardava il ragazzo con aria ammirata «E' bellissima» commentò poi, senza parole. I due si ricordarono di essere arrivati a destinazione, Benni si alzò e insieme si fecero largo tra la folla, fino a quando raggiunsero le porte del treno.


Una volta fuori Benni si complimentò ancora col ragazzo.
«Ma come fai?» domandò poi sbalordita. «In pochi secondi» continuò «hai creato tutta quella storia, quella trama. Ti succede spesso?»
«A dire la verità è una cosa che è iniziata per caso: una volta in treno non avevo né musica da ascoltare né niente da leggere, così iniziai a
guardarmi intorno. Trovai una persona che dava nell'occhio per il suo modo di vestire e iniziai a fantasticare. Prima di accorgermene ero arrivato a destinazione, così ci ho preso gusto, e di tanto in tanto lo faccio così, per divertimento». Imboccarono una serie di corridoi, scale e passerelle, poi si trovarono di nuovo fuori. Greg si fermò un attimo per ammirare i dintorni e scattare qualche foto mentale dei posti in cui Benni lo stava portando. Aveva deciso che sarebbe diventato praticissimo della città, ed era fermamente convinto a farcela.

Benni, intuito quello che Greg stava facendo, si avvicinò a lui, e iniziò a dargli una descrizione veloce di dove fossero e in che zona della città «Vedi» esordì, facendogli cenno di passarle la piantina della città che il ragazzo aveva in tasca «questo è il punto in cui noi siamo ora» puntò il dito su un incrocio al centro di un labirinto di vie, viali e vicoli, che si distingueva un minimo dal resto grazie al simbolo rosso della fermata della metropolitana. «Questa strada, su cui siamo usciti, è Tottenham Court Road, una delle arterie principali della città. Da quella parte, invece» disse, diretta verso l'ambiente circostante, indicando una strada larga che si allungava alle loro spalle «trovi Oxford Street, ed è lì che siamo diretti». Benni si avviò a passo svelto, e Greg si affrettò dietro di lei.
La folla di gente che popolava quelle strade sin da quell'ora lasciò a bocca aperta il ragazzo, abituato alla pigrizia mattutina di Veranna. Mentre scendevano per Oxford Street negozi di tutte le forme e colori sembravano sbucare da ogni angolo della strada, e un groviglio di persone allungava il passo, cercando di non arrivare in ritardo al lavoro. Ancora una volta giacche e cravatte sembravano una massa compatta, e Greg si stupì del loro numero, quasi uguale a quello dei turisti, riconoscibili per la loro andatura molto più vagheggiante e rilassata. Passarono accanto ad un lunghissimo cartellone con una pianta stesa di Londra, dove il Tamigi sembrava più un ondeggiante serpentone blu piuttosto che un fiume, con un “COMING SOON” scritto a caratteri cubitali che risaltava deciso. Dopo un altro centinaio di metri, e altrettante vetrine, si fermarono e attraversarono la strada.
«Questo è uno dei miei caffè preferiti» disse Benni, sorridendogli «Mi mette sempre il buonumore». Aprì la porta dello Starbucks all'angolo con Soho Street, Greg entrò e uno scampanellio precedette il profumo delizioso di dolci appena sfornata.

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