S.L.T.

di Seven Scars
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Futura Grifondoro ***
Capitolo 2: *** Il Cappello Parlante ***
Capitolo 3: *** La scelta ***



Capitolo 1
*** Futura Grifondoro ***


 Capitolo 1
 

FUTURA GRIFONDORO







Quando Sonny Trulock cominciò a manifestare i primi segni di magia aveva soltanto sei mesi di vita. Almeno era questo che i suoi genitori le raccontavano sempre, quasi ogni domenica, come se fosse un appuntamento fisso. In effetti era proprio così. Ogni volta che arrivavano a parlarne, il padre di Sonny le spiegava di come lei, appena neonata e ancora gattonante, lo stregasse con lo sguardo, letteralmente. Bastava un solo sguardo di quei bellissimi occhi castani di Sonny a fargli fare qualunque cosa. “Se non è magia questa!”, le diceva sempre, toccandole il nasino con l'indice. Riusciva sempre a strapparle un sorriso da bambina.
A soli sei mesi era già in grado di far volare gli oggetti con uno sguardo, convincendo chiunque già da allora che sarebbe stata un'ottima strega.
I genitori di Sonny, Grant e Poma Trulock, anche loro maghi, si erano conosciuti alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Entrambi Grifondoro, possedevano tutte le caratteristiche legate a quella casa, secondo la leggenda trasmessa sin dalla fondazione della scuola.
Poma Trulock era una nata babbana, i genitori erano l'uno avvocato, l'altra scrittrice. Raccontava spesso a Sonny come era stata una grande sorpresa per tutta la sua famiglia ricevere la lettera di ammissione ad Hogwarts, tranne per la nonna, la quale diceva sempre di sapere fin dalla sua nascita che sarebbe stata una persona speciale.
Grant Trulock, invece, era un purosangue, ma ripeteva sempre che il matrimonio dei genitori, cioè dei nonni di Sonny, non era stato un matrimonio combinato. La sua famiglia vantava tra i più importanti maghi dal 1652, dettaglio che non lasciava mai sfuggire a Sonny. Cosa più importante di tutte era che, da lunghissime generazioni, erano tutti appartenuti alla casa dei Grifondoro.
«Esattamente come me, figliola, e come nonno Gabriel, che ha inventato il settimo modo con cui è possibile utilizzare l'aconito nelle pozioni antilupo, e come il trisavolo Joseph, il quale...». E così continuava per ore.
Addirittura lui affermava che la loro famiglia fosse discendente di Godric Grifondoro, ma Sonny, per quanto si sforzasse, non era mai riuscita a crederlo davvero.
Era ben chiaro a tutti, soprattutto a Sonny, come i suoi genitori avessero grandi aspettative su di lei, anche senza aver pronunciato chiaramente alcun commento diretto in proposito. Era il modo in cui il padre, sin dall'infanzia, non aveva fatto altro che raccontarle di come fosse orgoglioso di portare quel cognome, di come lui si sentisse un vero Grifondoro, che non lasciava il minimo dubbio sulla questione.
«Già perchè, Honey, un conto è essere Grifondoro perchè te lo hanno detto e un altro è sentirsi nel cuore un Grifondoro. E' tutta una questione di onore».


Quando Sonny aveva appena nove anni, i genitori invitarono dei colleghi del Ministero a casa per cena. Era il periodo natalizio e per loro sembrava una grande forma di cortesia ospitare dei cari amici.
Erano a tavola a cenare e stranamente Sonny, per quanto la sala da pranzo fosse affollata, non riusciva a non sentirsi sola e in imbarazzo. Erano tutti più grandi di lei, ad eccezione di una bambina figlia di un collega, con lunghi capelli neri e lisci e col viso malaticcio, che sembrava totalmente assente. Non mangiava neanche il pollo che Poma aveva preparato con tanta cura per tutto il pomeriggio, convinta che le sarebbe piaciuto.
Sonny cominciò a pasticciare con la purea di patate. Non era nemmeno attenta dalle conversazioni dei grandi, quando sentì improvvisamente il proprio nome in uno stralcio di conversazione. Alzò lo sguardo a guardare i commensali, a cominciare dalla madre che di fianco a lei la osservava con insistenza, aspettandosi che rispondesse qualcosa.
«Non ho capito» disse la bambina con sguardo quasi spaventato, non sapendo esattamente cosa si aspettassero da lei tutte quelle persone.
«Tesoro, Mr. Potee si domandava in quale casa ti piacerebbe essere smistata ad Hogwarts», le disse suo padre, a cui chiaramente brillavano gli occhi dall'emozione e le mani quasi tremavano dall'eccitazione.
In...quale casa mi piacerebbe essere smistata?” - nella testa di Sonny vorticavano queste parole.
«P-papà dice che sarò una Grifondoro», rispose velocemente la piccola, cercando di nascondere la sua insicurezza. Grant tuttavia si era accorto dell'esitazione della figlia e cercò subito di convincere i colleghi a tavola che era solo nervosa e molto timida.
«Già, lei sarà una futura Grifondoro! Proprio come me o come nonno Gabriel, che ha inventato il settimo modo con cui è possibile utilizzare l'aconito nelle pozioni antilupo, il trisavolo Joseph, che...» e così continuò anche allora, come tante volte aveva fatto con la figlia, a elencare tutto l'Albero Genealogico e ad esaltarlo con invenzioni o azioni eroiche che nessun'altra famiglia poteva vantare. Almeno secondo lui.
Fu così che la serata riprese senza che Sonny venisse più interpellata, come se qualsiasi altro argomento potesse renderla partecipe non sarebbe stato altrettanto affascinante dal sapere se era degna del cognome che portava.
Quando la serata finì, Sonny tirò un sospiro di sollievo mentre saliva le scale che portavano alla camera da letto, accorta a non farsi vedere dal padre.

 

Il 6 Agosto 2016 Sonny compì undici anni. Ricordava benissimo che erano tutti fuori al giardinetto di casa, i fiori curati e al posto giusto che la madre curava maniacalmente. Seduti sotto al gazebo bianco, Grant Trulock aveva in mano una lettera, “la più importante di tutte le lettere”, disse quel giorno eccitato come non mai. Era la lettera di ammissione ad Hogwarts, ovviamente, quella che tutti aspettavano con ansia e che sapevano sarebbe arrivata solo il giorno del suo compleanno.
E dopo aver aperto la lettera, dopo essere stata abbracciata con calore dai propri genitori e essere bagnata dalle lacrime della madre emozionata, eccolo lì, un pacchetto sul tavolino che il padre aveva fatto apparire per magia. Ricordava di essere emozionata, domandandosi cosa i genitori le avessero regalato. E ricordava anche la sensazione allo stomaco, quando aprì il pacchetto e realizzò cosa fosse. Lì per lì, davanti al pacco aperto che mostrava una sciarpa di lana non riusciva a capirne il senso. Insomma, era Agosto! Perchè mai avrebbero dovuto regalarle una sciarpa? Doveva ammettere, però, che era molto particolare. Era strana rispetto alle sciarpe che di solito indossavano per uscire - in inverno - perchè erano colori tanto sgargianti da essere davvero poco abbinabili. Era a strisce orizzontali e si alternavano due colori, un rosso scuro e un dorato accecante.
A Sonny non è mai piaciuto particolarmente il rosso.
Tirandola fuori dal pacco e aprendola completamente vide uno stendardo cucito con cura sulla sciarpa, anch'esso con gli stessi colori, con raffigurato all'interno un leone. Quella sciarpa era stata fatta da mani esperte e pignole, aveva pensato Sonny, perchè sembrava non esserci alcun difetto e il leone applicato alla sciarpa era stato riprodotto così fedelmente da apparire quasi vero. Aveva quasi l'impressione che quel leone la fissasse con sguardo duro e severo.
Sonny alzò gli occhi sui genitori ed era piuttosto evidente come gli sguardi fossero completamente differenti. La madre era eccitata e con gli occhi pieni di lacrime, il padre sembrava euforico oltre ogni immaginazione e un luccichio di speranza e ammirazione era visibile nel suo sguardo, puntato sul leone. Sonny era terribilmente confusa, una parte di lei sperava quel regalo non fosse mai arrivato.
«Tesoro, questa è una sciarpa molto importante. E' la sciarpa dei Grifondoro e quello è lo stemma della casa. E' appartenuta a...». E il padre di Sonny continuò a parlare, probabilmente raccontato che quella sciarpa era appartenuta direttamente alla figlia di sangue di un nipote di Godric Grifondoro, ma aveva perso l'attenzione della figlia già da quando aveva nominato la casata. Sapeva cos'erano quei colori, sapeva cosa rappresentasse quel leone e avrebbe semplicemente voluto non essere lì, davanti a loro. Sapeva bene, in cuor suo, che quello non era un regalo per il compleanno, ma la speranza di un padre che portava sulle spalle le aspettative di intere generazioni.

 

Sono almeno in parte comprensibili, quindi, i motivi per cui, sull'Espresso di Hogwarts per la prima volta nella sua vita, Sonny non riusciva ad essere davvero felice. Aveva solo molta paura di ciò che le aspettava. Non che non fosse eccitata dall'essere a un passo da un mondo a lei relativamente sconosciuto, ma perchè sentiva un grosso macigno che le premeva sullo stomaco. Non voleva avere paura, voleva essere forte, ma al tempo stesso non riusciva a fermare l'agitazione e l'angoscia che cresceva mano mano che l'Espresso si allontanava da Londra e si avvicinava verso luoghi sperduti della Scozia.

«Non deludermi, tesoro».

Quelle parole che il padre le aveva rivolto poco prima di salire sul treno, accorto nel non farsi sentire dalla moglie, le ronzavano ancora nella testa e più il tempo passava più sembrava farsi nitida la voce che giungeva alle orecchie. Aveva quasi l'impressione di averlo lì, in quel vagone vuoto, a ricordarle che dipendeva tutto da lei.
E se non dipendesse da me? Se non avessi possibilità di scelta? Cosa accadrebbe?”. Cercava con tutte le forze di dirsi che non sarebbe successo nulla se qualcosa fosse andato storto. L'unica cosa che riusciva a sperare, però, era che, semplicemente, non sarebbe dovuto andare nulla storto di lì a poche ore.
Un rumore proveniente dalla porta scorrevole del vagone le fece distogliere gli occhi dal paesaggio fuori la finestra. Si voltò e notò un ragazzino, lì sulla porta; pensò avesse la sua età dall'aspetto che aveva. Era un tipetto pienotto e tarchiato, con le guance rosse, occhi piccoli e chiari e capelli biondi. Era rimasto bloccato sulla porta non appena Sonny si era girata a guardarlo, come se lo avesse appena pietrificato. Dopo qualche secondo di esitazione, Sonny prese parola, o probabilmente sarebbero rimasti lì a guardarsi per un paio d'ore.
«Ciao...».
«C-ciao...» le rispose il ragazzino un po' incerto, diventando immediatamente rosso in viso. Il che certo non rendeva le cose facili per Sonny, altrettanto imbarazzata. Le dispiaceva, però, vedere quel ragazzino inerme sulla porta che non riusciva a spiaccicare parola, per cui cercò in ogni modo di non darlo a vedere.
«Ti...ti serve una mano?» chiese al giovanotto.
«Ehm...v-volevo chiederti...volevo chiederti se posso sedermi con te».
Se prima Sonny aveva creduto che il ragazzo fosse al massimo dell'imbarazzo dovette ricredersi, perchè nel pronunciare le ultime parole il collo gli prese fuoco e cominciò a grondare sudore dalla fronte.
«Ma certo che puoi! Io sono Sonny» gli disse sorridendo senza riuscire a nascondere una vena di sorpresa per quella domanda così semplice che provocava tanto imbarazzo.  Il ragazzo grassottello si allargò in un sorriso smagliante e, felice di aver trovato finalmente un posto a sedere e qualcuno che volesse parlargli, entrò nella cabina e richiuse la porta dietro le spalle.
«C-ciao Sonny. Il mio nome è Gabriel F-Finnigan, ma puoi chiamarmi G-Gabe» disse mentre si sedeva sulla poltrona di fronte a lei.
''Oh, mio padre ne sarebbe fiero, ha lo stesso nome di nonno Gabriel'' pensò Sonny tra sé, con ovvia vena ironica che per fortuna il padre non ha mai sentito.
Ci fu qualche istante di silenzio nel quale nessuno dei due sapeva cosa dire, quando poi, dopo una breve riflessione, Sonny trovò l'argomento adatto per cominciare una conversazione.
«Ehm, tu per caso hai preso le cioccorane dal carrello? A me sono usciti dei doppioni, magari potremo confrontare le figurine e scambiarcele...» la buttò lì Sonny, non proprio convinta della sua decisione mentre ne parlava. Non appena Gabe aveva sentito le parole “cioccorane” e “figurine” gli occhi cominciarono a brillare e non riuscì a frenare il suo entusiasmo. Si può dire che dalla soglia della porta scorrevole rotolò fino al posto di fronte a Sonny, eccitato all'inverosimile.
«Certo!» esclamò con tanta forza da saltare quasi dalla poltrona e in un unico slanciò si fiondò sullo zaino che aveva accanto a sè per cacciare una quantità enorme di figurine, erano almeno una cinquantina.
«Wow, vedo che ti sei dato da fare con le cioc...ehm...le figurine!» disse sorpresa Sonny che, nonostante la mole del ragazzino, non poteva credere avesse mangiato davvero tutte quelle cioccorane in soli trenta minuti di viaggio sull'Espresso.
«Oh, beh, faccio la collezione» rispose Gabe disinvolto – era evidente che questo argomento era il suo preferito- «ma ho iniziato tre mesi fa, quando mi...», ma non terminò la frase. Alzò la testa per guardare Sonny, forse sperando invano che lei non si fosse insospettita della sua aria spaventata. Sembrava ancora più imbarazzato di prima, se mai era possibile.
«Ehm...qualcosa non va, Gabr...ehm, Gabe?» cercò di domandare Sonny senza dare l'impressione di essere curiosa, anche se le risultava abbastanza difficile.
«No, è...è tutto a posto, è solo che mamma mi aveva detto di non farne parola con nessuno e...».
Sonny non aveva la minima idea di cosa fosse a turbarlo tanto, ma era più che evidente che il ragazzo che aveva di fronte era fortemente combattuto. I suoi occhi azzurri e sporgenti erano più grandi e spaventati e le guance si erano imporporate. Aveva anche cominciato a sfregare le mani sudate sui jeans, come se fosse stato scoperto a mangiare le gelatine tutti i gusti +1 nell'ufficio del Preside.
«Beh...tu ce l'hai Silente?» disse velocemente Sonny dando una rapida occhiata alle sue figurine per aiutare Gabe ad uscire da quella conversazione imbarazzante. «A me ne sono usciti tre».
Il ragazzino sembrò cogliere al volo le intenzioni di Sonny e ne approfittò per tergiversare ed evitare l'argomento spinoso, se così lo si può definire.
«Ah, si. Silente esce spessissimo! Si dice in giro che la sua e quella di Harry Potter siano quelle più circolanti, perchè il mondo magico si sente in colpa per come li ha trattati» rispose il ragazzino ancora con gli occhi bassi a sfogliare velocemente le figurine che aveva in mano, segno che era un'azione abitudinaria. Sonny, però, si era concentrata su quello che aveva detto e la sua attenzione si era acuita nel momento in cui Gabe aveva pronunciato il nome di Harry Potter.
«Tu...non dirmi che hai la figurina di Harry Potter?!» gli chiese Sonny sollevandosi leggermente dalla poltrona per sporgersi verso di lui, non riuscendo a trattenersi dall'emozione. Gabe alzò lo sguardo su di lei, visibilmente sorpreso dalla domanda della ragazzina e anche dallo sguardo sbrilluccicante di lei probabilmente.
«Si, certo, ne ho due. Se vuoi posso dartela...».

A onore di Sonny, bisogna dire che se c'era una cosa, una sola che adorava farsi raccontare dal padre, era la storia di Harry Potter. Lui ovviamente ne era felicissimo, perchè Harry Potter era stato un Grifondoro ed era sicuramente uno dei più coraggiosi di tutta la storia della magia. Amava farsi raccontare di come lui era un orfano maltrattato dagli zii e di come poi aveva sacrificato la sua vita pur di sconfiggere uno dei maghi più potenti al mondo, Colui-che-non-deve-essere-nominato. Grant le diceva sempre: “Se adesso puoi dire di avere una vita felice e spensierata è solo grazie a Harry Potter”. Era una cosa che Sonny non aveva mai dimenticato e col passare degli anni non aveva potuto fare a meno di provare una forte ammirazione per quel mago.
La ragazzina guardò Gabe con tanto desiderio da non riuscire a controllare le sue labbra, che immediatamente si aprirono in un sorriso di felicità.
«Lo faresti, davvero?» aveva chiesto con un grosso sorriso e gli occhi luccicanti che non poterono non far sorridere anche Gabe.
«Ma certo! Tieni, eccola» e dopo aver cercato tra il mucchio di figurine le porse quella raffigurante il mago migliore di tutti i tempi. Sonny la prese con le mani tremanti dalla commozione, consapevole che finalmente ora poteva stringere tra le mani la figurina più importante di tutte. E mentre la prendeva pensò che in tutti quegli anni in cui aveva sentito suo padre raccontarle della Seconda Guerra Magica, non aveva mai visto una foto di Harry Potter. Si era sempre immaginata un uomo grande e muscoloso, con capelli biondi e occhi azzurri, simile ai principi delle storie babbane che sentiva raccontare dalla vicina di casa, la Signora Tayler, al suo bimbo appena nato.
Con trepidazione prese la figurina e, quasi al rallentatore, la girò per osservarla. Davanti a lei non c'era un uomo, ma un ragazzo di massimo venti anni, a guardarla con i suoi occhi verdi dietro un paio di occhiali rotondi. Sulla fronte una cicatrice a forma di saetta, quella che Grant tante volte aveva nominato a Sonny nei suoi racconti, quasi coperta da cappelli neri e scomposti. Qualche ragazzina sarebbe rimasta profondamente delusa nello scoprire che il salvatore del mondo magico non era altro che un ragazzo appena uscito dall'adolescenza, mingherlino e con occhiali rotondi che non andavano più di moda dai tempi di Merlino. Eppure Sonny non riuscì a non pensare che quel ragazzo, anche se molto più grande di lei, era davvero affascinante. Aveva un qualcosa negli occhi che la colpivano. Ed era proprio quell'aria da ragazzo normale che le faceva credere che era un mago ancora migliore di quanto pensasse.
«Sai, la foto per la figurina è stata scattata quando aveva diciotto anni».
Sonny distolse velocemente lo sguardo dalla figurina per posarlo su Gabe che aveva appena parlato.
«Chi?» domandò istintivamente senza pensarci.
«Harry Potter, naturalmente! La scattarono qualche mese dopo la sconfitta di Voldemort».
Sonny non potè fare a meno di trattenere un respiro si sorpresa. «Sai che non dovresti nominarlo?» gli disse quasi rimproverandolo e sbarrando gli occhi dall'orrore.
«Ma mio padre dice che invece non nominarlo significherebbe avere ancora paura di lui. Ed è morto ormai» disse Gabe ridendo alle ultime parole e Sonny, in qualche modo, si ritrovò ad essere d'accordo con lui e rise anche lei.
«Quanti anni avrà ora? Harry Potter, intendo».
«Beh, dovrebbe avere trentacinque anni ora. Mio padre ha la sua stessa età, erano dello stesso anno ad Hogwarts e tutti e due erano dei Grifondoro» disse velocemente senza darci molto peso, cosa che non fece altro che incrementare lo stupore e la meraviglia di Sonny.
«Stai scherzando? Tuo padre era amico di Harry Potter? Non ci credo! Allora ti avrà raccontato tutto di lui!».
Gabe era quasi imbarazzato dall'entusiasmo di Sonny che, ormai senza più ritegno, aveva gli occhi sbarrati dalla sorpresa e le guance rosse di felicità. Non potette non ridere davanti alla sua faccia così buffa. «Beh, in un certo senso non è che me ne abbia parlato poi così tanto» disse Gabriel.
«Oh, capisco...» il sorriso di Sonny si spense lentamente al sentire quelle parole, visibilmente delusa. Sperava di sapere qualcosa in più sul suo eroe. Guardò ancora una volta la figurina che aveva tra le mani e accuratamente se la mise nella tasca dei pantaloni. Gabe sembrò accorgersene della delusione della ragazzina e cercò di pensare a cosa dire, per catturare di nuovo la sua attenzione.
«Però il mio papà ha detto che è uno dei maghi più coraggiosi che abbia mai conosciuto e che grazie a lui ha imparato a non avere pregiudizi sulle persone» stava andando bene così? «Anche se non so come glielo abbia insegnato, sinceramente».
La ragazzina alzò lo sguardo e gli tornò a sorridere. Sì, stava andando bene il ragazzino. «Si, anche mio padre dice che è molto coraggioso. Lui però è più grande di Harry Potter, mi ha detto aveva già lasciato la scuola quando lui è stato ammesso al primo anno a Hogwarts».

 

Fu così che Gabe e Sonny continuarono a parlare per tutto il viaggio di qualunque cosa: di Harry Potter, delle caramelle magiche, delle materie che avrebbero dovuto studiare.
«Sai, c'è una in cui si impara a cucinare con la magia e il libro di testo 'In cucina col mago' di Pauline Sausage» le disse ad un certo punto Gabe.
«Cosa?» gli chiese Sonny tra le risate «Secondo me te lo sei inventato!».
«No, davvero! Me lo ha detto la mamma quando le avevo chiesto di insegnarmi a cucinare e lei allora mi ha detto: “No, tesoro, non c'è bisogno! Lo imparerai a Hogwarts”. Sul serio!».
Fu in quel momento, tra le risate con il suo nuovo amico, che Sonny si rese conto di come la sua tensione era quasi completamente calata, anche se ogni tanto il pensiero che si stavano avvicinando a Hogwarts le faceva trattenere il fiato. Più si avvicinavano alla scuola e prima sarebbe arrivato il momento dello smistamento.
Mentre rideva con Gabe e pensava tra sé, sentì un rumore alla sua destra. Si girò di scatto e vide che la porta dello scompartimento era stata aperta, ma questa volta c'era un altro ragazzino. Appena lo vide, Sonny provò un tuffo al cuore e sentì le guance infiammarsi immediatamente. Era sicuramente dello stesso anno di Sonny e Gabe perchè indossava la divisa senza alcuno stemma delle quattro case, segno che doveva ancora essere smistato. Aveva capelli neri e scarmigliati e occhiali squadrati che coprivano un paio di occhi scuri, ma di certo Sonny non poteva sbagliarsi.
Non era possibile che il ragazzino che aveva davanti fosse...
«Ma tu...tu sei...» aveva cominciato a dire Sonny, quando l'altro ragazzo che gli era affianco, che lei non aveva nemmeno notato, la interruppe.
«Ehi, bellezza, non è che per caso sei brava con gli incantesimi? C'è questo signorino che ha lanciato una scommessa...».
Sonny spostò lo sguardo sull'altro, un ragazzino più alto per la sua età, biondo e con intensi occhi verdi. Avrebbe sicuramente fatto colpo su Sonny se non fosse stata tanto sconcertata e non provasse a pelle una certa antipatia nei suoi confronti.
“'Grazie a lui ha imparato a non avere pregiudizi sulle persone'. Sonny, ricordalo anche tu!", pensò tra se la ragazza.
«Che...che tipo di scommessa?» chiese Sonny cercando di mantenere lo sguardo fiero del biondo.
«Beh, lui scommette che chi non riesce a fare questo incantesimo venga smistato nei Tassorosso. Ormai siamo vicinissimi ad Hogwarts e si possono fare magie senza che il Ministero individui la traccia. Ti va di provare?» le disse guardandola con aria di sfida.
«Perchè, qual è il vostro problema con Tassorosso?».
Sonny si girò di scatto a guardare Gabe che fino ad allora era rimasto in silenzio e in disparte, quasi volesse nascondersi. Era scattato in piedi ed era rosso in viso, ma non dall'imbarazzo, piuttosto dalla rabbia. Sonny non sapeva perchè, ma in qualche modo si sentì turbata anche lei, sicura che un commento del genere non si confacesse a nessuna casa di Hogwarts.
«Che c'è, hai paura di non riuscire, vero?» sentì Sonny provenire dalla porta, ma questa volta era stato il tipo con i capelli scuri a dirlo. Sentì improvvisamente la rabbia salirgli dallo stomaco e arrivargli sul viso che immediatamente sembrò prender fuoco.
«Sapete, siete davvero sgarbati! Prima di tutto siete entrati nel nostro scompartimento senza neanche bussare» disse Sonny, con tono stupito, imitando il nuovo amico e alzandosi dal sedile del vagone per affrontare entrambi i ragazzini. «E poi siete solo degli sciocchi a credere che in una casa di Hogwarts possano essere smistate persone che non sanno fare magie! Hogwarts è una delle scuole di Magia più importanti al mondo ed essere scelti per farne parte, oltre ad essere un grande onore, vuol dire che si possiede la magia necessaria ad essere definiti dei veri maghi!».
Il moro e il biondo rimasero a bocca aperta dalla sorpresa. Sonny era certa che non si sarebbero aspettati una reazione del genere. Il che di certo contribuiva a mantenere il suo sguardo fermo e fiero, non c'è dubbio.
«Beh, se la cosa ti può consolare ti dico che quest'anno la casa di Tassorosso sarà molto affollata, perchè quasi nessuno fino ad ora è stato in grado di fare l'incantesimo» disse il biondo e i due ragazzini cominciarono a ridere come matti.
Sonny aveva davvero perso le staffe.
«Invece di fare tanto i gradassi perchè non lo fate voi l'incantesimo? Così ci fate vedere come si fa» disse Sonny ancora in piedi a guardarli con aria di sfida. Sapeva di averli messi in difficoltà e vedere l'orrore prendere il posto delle risa sulle loro facce era una soddisfazione enorme. Non riusciva a credere che quei due fossero tanto odiosi, soprattutto uno di loro. Sembravano davvero imbarazzati e non sapevano cosa rispondere, finché il moro alla fine non disse «Brandon, è meglio che andiamo via, questa cosa è una cavolata...».
«Già, meglio andarsene. Non vorreste fare la figura degli idioti...». Non era stata Sonny, ma Gabe a parlare. Incredibile che si tratti dello stesso ragazzino che poco prima era rosso come un peperone solo per chiedere di sedersi nello stesso vagone.
«Ehi, brutta palla di lardo, ma cos...».
La reazione della ragazzina arrivò improvvisa. Spostò la mano destra verso la tasca posteriore dei pantaloni ad afferrare la bacchetta. La puntò in avanti contro il biondino, nel giro di pochissimi istanti, compiendo un piccolo cerchio e urlando «IMPÙLSUS!». Il biondino, prima ancora che potesse reagire in qualche modo, fu leggermente spinto all'indietro, anche se non abbastanza da farlo cadere. Sonny sapeva che in realtà non era stato un incantesimo molto forte, non lo aveva mai fatto in vita sua. I bambini possono compiere magia accidentale a casa, ma non fare magie volontariamente. Il padre le aveva fatto vedere alcuni incantesimi, insegnandole in teoria i movimenti, ma non aveva mai fatto pratica. Quando aveva visto il biondo avvicinarsi velocemente a Gabe aveva sentito la rabbia ribollirle dentro e non era riuscita a trattenersi.
Con orrore rimase bloccata in piedi, con la bacchetta puntata in avanti, a fissare i due ragazzini di fronte a lei che sembravano altrettanto stupefatti. ''Ecco, ora me la faranno pagare cara, ne sono sicura'' pensò Sonny, finchè non vide un sorrisino spuntare sul viso del biondo.
«Ehi, tu dolcezza! Quando sarai smistata nei Grifondoro dovrai uscire con me!». Rimase a guardarla per il tempo necessario a farla arrossire completamente, poi girò i tacchi allontanandosi dallo scompartimento. Gabe dal canto suo era rimasto in piedi scioccato, un po' dalla reazione di Sonny, un po' da quella del ragazzino biondo. Di fronte a Sonny, invece, era rimasto il moro, in piedi, che la fissava. Era sicuramente sorpreso anche lui, ma quello che colpì Sonny furono i suoi occhi. Erano scuri, ma avevano lo stesso sbrilluccichio che aveva visto poco prima su una figurina delle cioccorane. Dopo qualche secondo sembrò ricomporsi e quella luce negli occhi scomparì immediatamente.
«Vi conviene indossare le nostre divise, credo che manchi poco all'arrivo» disse prima di distogliere lo sguardo da Sonny e di andarsene nella stessa direzione in cui l'amico se ne era scappato poco prima.








Angolo dell'autore.
Sono iscritta ad EFP da circa un anno e mezzo, ma non ho mai avuto il coraggio di pubblicare. Ho iniziato a scrivere davvero tante storie, ma non ho mai portato nulla a termine. Non so cosa mi abbia spinta a iniziare a pubblicare, forse perchè a questa storia (che ho iniziato a scrivere più di un anno fa) sono particolarmente affezionata, non so. O forse perchè voglio mettermi alla prova, uscire un po' dal mio guscio e avere meno paura. Si dice che lo scrittore nelle sue storie si mette a nudo e io ci credo davvero, quindi capirete il mio timore nel cliccare quel ''pubblica storia'' qui in basso.

Bene, ormai è fatta. Spero leggerete in tanti, spero di ricevere tante tante recensioni e soprattutto che vi piaccia!

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Capitolo 2
*** Il Cappello Parlante ***


 Capitolo 2


IL CAPPELLO PARLANTE







 

Sonny non poteva crederci che quello fosse davvero il figlio di Harry Potter. Non si era presentato, ma non ce n'era stato bisogno. Sembrava la versione undicenne del ragazzo della figurina che aveva appena posato, tranne che per gli occhi: quelli del ragazzino erano castani e non verdi come il più grande eroe di tutti i tempi. Poco prima che se ne andasse di corsa aveva avuto la sensazione di vedere nei suoi occhi qualcosa di particolare, qualcosa che aveva notato in quelli del padre poco prima.
Eppure non era a quello che pensava mentre indossava la divisa, ma a come il figlio di Harry Potter potesse essere tanto odioso, maleducato e sfacciato. Se fosse stata qualsiasi altra persona non ci avrebbe pensato più di tanto, ma quello era un Potter! Era il figlio dell'uomo che ha salvato il mondo magico! Come poteva essere così arrogante e odioso?
Quando espresse il suo pensiero a Gabe anche lui le disse che era rimasto abbastanza sorpreso.
«Beh, ora non è importante. Piuttosto...ma dove hai imparato a fare gli incantesimi? Sei stata fortissima!» le disse eccitatissimo. «Ora come minimo ne parleranno tutti, sai?».
No, Sonny non ne era molto felice. «Davvero?» chiese con tono preoccupato «E se mi mettessero in punizione? Quanto sono idiota!». La preoccupazione che potesse essere messa in punizione il suo primo giorno di scuola superava decisamente la consapevolezza che poco prima era stata in grado di fare un incantesimo.
«No, non dire sciocchezze! Se quei due sono abbastanza intelligenti non andranno a dire in giro che sono stati battuti da te» il tutto accompagnato da una risatina del biondino, che fece sorridere anche la ragazzina.
«Allora, sei pronta per lo smistamento, piuttosto?» le domandò sorridendo.
Sonny rimase pietrificata. Lo smistamento! Presa completamente da quello che era successo con quei due idioti aveva dimenticato che mancava poco a quello che probabilmente sarebbe il momento più importante della sua vita.
“E se non dovessi essere una Grifondoro?” pensò tra sé, cercando di deglutire per mandar via il groppo che man mano le stava bloccando la gola.
«Sì...credo» rispose Sonny, sforzandosi di ricambiare il sorriso, ma evidentemente il risultato che ne uscì non fu affatto incoraggiante perchè Gabe smise di sorridere e diventò serio.
Si prepararono per scendere dal treno e ad accoglierli c'era quello che per Sonny era l'uomo più grande che avesse mai visto, grosso e pieno di peli. Era alto almeno tre metri, con grosse manone che si agitavano in aria per coordinare gli spostamenti degli alunni e il viso era quasi tutto coperto da capelli lunghi e barba ispida. A primo impatto faceva quasi paura, data la stazza.
«Salve, ragazzini!» cominciò a parlare muovendo le grosse manone e con voce forte. «Io sono Rubeus Hagrid, Guardiacaccia, Custode delle Chiavi e dei Luoghi a Hogwarts e insegnante di Cura delle Creature Magiche. Benvenuti in una delle migliori Scuole di Magia di tutto il mondo magico. I bagagli lasciateli da questa parte, verranno portati tutti al castello» disse indicando alla sua destra, poi continuò «Che se vi serve qualcosa me lo dite e faccio il possibile per darvi una mano, va bene? Ora seguite me». Si voltò di spalle per incamminarsi in avanti, seguito da uno sciame di studenti, tutti del primo anno.
«Adesso vi devo portare tutti sulle barche per attraversare tutto il Lago Nero e arrivare all'ingresso del castello. Mi raccomando non sporgetevi dalle barche o cadete in acqua e la Piovra Gigante vi mangerà in un boccone solo!». Già questo bastò a incutere abbastanza timore tra gli studenti da attirare la loro attenzione, dato che continuavano a parlottare tra loro eccitati. Arrivarono alle sponde di un lago enorme, nero per via dell'ora tarda e dall'aspetto sembrava veramente molto freddo. Sulla riva, tantissime barchette di legno erano ordinate in fila, ognuna poteva contenere poco meno di dieci persone ciascuna. Sotto il controllo di Hagrid, tutti gli studenti si sistemarono nelle barche (in quella del mezzo-gigante salirono solo altre due persone), dopodiché i remi cominciarono a muoversi da soli con la magia, spingendoli in avanti verso la sponda opposta. Sonny inizialmente era scettica all'idea di essere trasportata da una barca senza la supervisione di un adulto competente, ma dopo aver visto che quei remi lavoravano come se ci fosse davvero qualcuno a muoverli, alzò finalmente lo sguardo davanti a sé e lo spettacolo che vide fu uno dei più belli di tutta la sua vita. Un enorme castello di pietra, con tanto di guglie e torri altissime, si stagliava davanti a lei imponente. Le luci provenivano da ogni fessura, come se ogni torcia del castello fosse stata accesa per dare la possibilità a quelli del primo anno di godere di quello spettacolo straordinario.
Era davvero senza fiato. Mai, nemmeno nei suoi sogni più accesi, aveva pensato che Hogwarts potesse essere così bella. Nonostante fosse un enorme castello, forse anche pieno di misteri e con una storia sanguinosa alle spalle, le dava la sensazione di sicurezza che a volte aveva sentito venir meno in casa sua stessa. Si girò verso Gabe, seduto accanto a lei, e vide che anche lui guardava il castello con bocca spalancata dalla meraviglia. Voltò anche lui lo sguardo verso di lei e non poterono fare a meno di sorridersi soddisfatti, convinti che, qualunque cosa sarebbe successa di lì a poco, quel castello sarebbe stata la loro casa. Forse sarebbe andato davvero tutto bene.
Quando le barche finalmente arrivarono alla sponda opposta del Lago Nero, Hagrid coordinò nuovamente la discesa di tutti gli studenti e li condusse verso l'enorme ingresso del castello, passando su un grande prato inglese ben curato. Salirono qualche gradino e videro davanti al portone d'ingresso un omino piccolo con lunghi baffi appuntiti. Sonny calcolò che potesse arrivare a stento al suo gomito e lei di certo non era molto alta.
Dopo che tutti quelli del primo anno erano giunti all'ingresso del castello, l'omino dette un colpo di tosse per attirare l'attenzione.
«Salve, cari studenti! Io sono il Professor Vitiuos, Vicepreside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, direttore della casa Corvonero e vostro futuro insegnante di Incantesimi» disse con vocina leggermente stridula. Nonostante l'aspetto minuto, era evidente che fosse un professore. Era in grado di emanare un'aura di severità e allo stesso tempo di fierezza, la bassa statura non sembrava affatto un ostacolo.
«Come ben saprete» riprese a parlare dopo una piccola pausa «questa sera ci sarà la cerimonia dello smistamento, per cui ognuno di voi da oggi diventerà membro di una delle quattro case di Hogwarts fino alla fine del...» il discorso del professore venne interrotto da un tonfo assordante proveniente dalle loro spalle. Gli studenti, in maniera perfettamente sincrona, si girarono per individuare la fonte di tutto quel fracasso e Sonny capì che la vera domanda non era 'cosa', ma 'chi' fosse. Il sole era ormai calato da ore e normalmente sarebbe stato difficile distinguere una figura nel buio, ma non se si parlava di Rubeus Hagrid. A quanto pareva, era inciampato e caduto su una delle barche e inevitabilmente quella e altre intorno si erano completamente sfasciate. In quel momento era letteralmente a gambe all'aria con resti delle barche addosso.
«Sto bene, sto bene! Non ci fate caso a me, veramente!» urlò Hagrid mentre goffamente tentava di rialzarsi da terra.
«Aspetta, Hagrid!» sentì urlare Sonny dalla massa di studenti del primo anno che si trovavano lì sulle scale. Allungò il collo sulla folla per cercare chi avesse parlato. Non fu necessario farlo a lungo, perchè il ragazzino che aveva urlato si era fatto largo tra gli studenti ed era corso in direzione di Hagrid.
Era il figlio di Harry Potter.
Gruppetti di studenti borbottavano tra loro «Hai visto, quello è il figlio di Harry Potter!», altri «Ma quello è il figlio di chi penso io?». Una ragazzina poco lontana da Sonny disse «Oh, hai visto come è gentile il figlio di Potter? E' anche carino...» - «Sì, hai proprio ragione!».
Lo sguardo di Sonny però era fisso sul ragazzino, che ormai aveva raggiunto Hagrid. Con un po' di fatica, da parte di entrambi, il mezzogigante riuscì ad alzarsi, lasciando dietro di sé macerie delle ormai ex-barchette. Vide il Guardiacaccia sorridergli e ringraziarlo dandogli un buffetto sulla guancia con fare affettuoso, come se lo conoscesse da tempo. Anche quello era un atteggiamento strano. Fino a un'ora prima quel ragazzino faceva il gradasso, poi, all'improvviso diventava gentile. Sonny non potè fare a meno di pensare che lo aveva fatto solo per ingraziarsi i professori e fare una bella figura davanti a tutti.
«Continuate Professore, mi scusi l'incidente!» disse Hagrid una volta ritornato col moro alla base delle scale.
«Ma cosa ci facevi lì, Hagrid? Credevo che fossi anche tu qui insieme a noi...» domandò il Professor Vitious seccato e divertito insieme.
Le guance di Hagrid si mossero in quello che sembrava un sorriso completamente nascosto dalla enorme barba. «E' solo che mi pareva di aver visto qualcosa che si muoveva là, vicino alle barche. Mi pensavo che qualche schiopodino mi era scappato dal recinto e si voleva fare un bagnetto nel Lago!». La serietà con cui il Guardiacaccia lo disse fece ridere non poche persone, compreso il professore di Incantesimi. Sonny, d'altro canto, non aveva la benchè minima idea di cosa fosse uno schiopodino, a casa nessuno l'aveva mai nominato, ma le era chiaro dallo sguardo sognante di Hagrid doveva essere qualcosa di grande valore.
«Bene, allora riprendiamo» disse il professor Vitious, chiudendo definitivamente l'argomento schiopodino.
«Come dicevo, verrete smistati nelle quattro case e ne farete parte fino alla fine della scuola». Questa affermazione chiuse un altro pugno alla gola di Sonny, ormai era completamente sopraffatta dalla paura. «Le quattro case sono Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde. I quattro fondatori delle case furono gli stessi che fondarono la Scuola di Magia e di Stregoneria di Hogwarts stessa, ripettivamente Godric Grifondoro, Tosca Tassorosso, Cosetta Corvonero e Salazar Serpeverde. Le caratteristiche delle quattro casate vi verranno spiegate dal Cappello Parlante. Ora mettevi in fila per due e seguitemi in Sala Grande» e così concluse girandosi di spalle.
Sonny cercò Gabe con lo sguardo e lui capì che voleva stessero insieme. Erano bastate poche ore per trovarsi in sintonia e Sonny sapeva che, anche senza averne parlato, Gabe aveva capito che quello era il momento che più la tormentava.
Messi in fila per due, gli studenti seguirono il piccolo professore dietro la porta e salirono qualche gradino, finché non giunsero ad un'altra grossa porta pesante in legno, l'ingresso della Sala Grande. Ormai la sua paura si era trasformata in un dolore alla pancia da farla stare male. Sentì un grosso tonfo avanti a lei, la grossa porta si aprì e lasciò uscire dall'enorme Sala una luce accecante che contrastava la penombra dell'ingresso che avevano appena oltrepassato. Quando Sonny arrivò all'altezza della porta riuscì finalmente a vedere cosa ci fosse dentro. Se era rimasta stupefatta nel vedere il castello dall'esterno quando era sulla barca, ora era incantata. Era davvero una sala enorme, con quattro lunghissimi tavoli corrispondenti alle quattro case in cui sedevano tutti gli studenti degli anni successivi. Si erano tutti girati a guardarli, chi sorridenti, chi sghignazzanti, questi ultimi soprattutto dall'ultimo tavolo a sinistra. In alto, invece, era visibile il cielo esattamente come lo aveva visto pochi minuti prima fuori dal castello e a mezz'aria erano sospese centinaia di candele che illuminavano la Sala, oltre a varie fiaccole accese lungo le pareti. Era piena di luce e di colori che rappresentavano le quattro case: rosso e oro, giallo e nero, blu e bronzo, verde e argento.
Al centro c'era un lungo corridoio in cui loro camminavano in fila per due e in fondo alla Sala c'era un lungo tavolo disposto orizzontalmente in cui sedevano degli adulti, ''sicuramente gli insegnanti'', pensò Sonny. In alto, sopra il tavolo, un grosso stendardo della scuola stagliava imponente sulla Sala Grande, con i quattro simboli delle case – leone, tasso, corvo e serpente - contornati da una grossa scritta che recitava Draco dormiens nunquam titillandus.
Proprio al centro del tavolo si era alzata una signora anziana, alta, i capelli raccolti in una crocchia e con una lunga veste color smeraldo, che osservava gli studenti del primo anno con con un sorriso. Nonostante l'età, sembrava una persona severa ed autorevole.
«Quella è la Preside di Hogwarts, la professoressa McGranitt» le sussurrò all'orecchio Gabe che l'aveva vista osservarla.
Sonny l'aveva già vista una volta sulla Gazzetta del Profeta, in un articolo di un paio d'anni prima interamente dedicato a lei, sulla sua vita, sulla carica di preside e su come andavano i lavori di ristrutturazione di Hogwarts. Dopo la Seconda Guerra Magica, il castello era diventato in più punti sono un ammasso di detriti e null'altro, motivo per cui la professoressa McGrannitt, come primo compito in quanto preside, decise di ricostruire Hogwarts dove necessario. Nell'articolo si diceva che non era stato ricostruito esattamente come prima, ma che c'era stata qualche modifica; si parlava anche di una statua, ma Sonny non ricordava precisamente cosa fosse. In quel momento non le sembrava poi tanto diversa dalla foto dell'articolo. Il viso era segnato dalle rughe (Sonny pensò che fosse per l'età, ma allora era troppo piccola per capire che molte di quelle increspature narravano di una donna stanca e provata), ma aveva un'espressione felice che la rendeva in qualche modo più giovane. I suoi capelli erano completamente neri e la schiena perfettamente dritta, nonostante l'età.
Il professor Vitious si fermò alla base dei gradini che separavano il tavolo dei professori da quelli degli studenti e si voltò a guardare i ragazzini. Dietro di lui la preside riprese posto alla sua sedia e solo mentre distoglieva lo sguardo da lei Sonny si accorse che accanto al professore c'era uno sgabello (erano più o meno della stessa altezza) su cui era poggiato un vecchio cappello, rovinato e rattoppato in più punti.
«Ora il Cappello Parlante farà la sua canzone di benvenuto e vi presenterà le quattro case». Vitious si spostò dal campo visivo e il cappello raggrinzito prese vita improvvisamente, quella che sarebbe sembrata una semplice piega si aprì in una grossa bocca. Fu così che il cappello cominciò a cantare.

 

«Il potere della magia è a noi noto,
tutti sappiamo può fare un gran botto.
Se un uso migliore nei fai dei mangiamorte
amori e amici ti fanno la corte.
Coraggio, lealtà, intelletto e furbizia
del mondo magico son garanzia.
Da anni ormai la pace è garante
e questo spinge lo studente zelante
ad esser sicuro delle abilità che possiede.
Nessun pregiudizio, nessun rancore
fan dello studente quello migliore.
Oh tu, piccolo novello,
non temere il giudizio mio bello,
nessuno saprà meglio di me
quale sia la casa fatta per te!
Il mio giudizio è irremovibile,
ma ti assicuro che ti renderò felice.
Sei un Grifondoro se orgoglio e onore
ti rendon migliore.
Il tuo stemma è un leone
se lealtà e coraggio fan da padrone.
Se sei gentile e leale
in Tassorosso non puoi non stare!
Pazienza, giustizia e fedeltà
fan di questa casa una bontà.
Un Corvonero è abile e diligente
e nessuno di loro non è intelligente.
Il corvo della tua casa è lo stemma
se non sai resistere al risolvere uno stratagemma.
I più furbi sono i Serpeverde
che gli amici ben sanno scegliere.
Molti i pregiudizi per un passato spiacevole,
ma spero gli studenti di oggi la renderanno gradevole.
Ora passo da un capo all'altro a smistare
e vi chiedo sempre che la pace continui a restare!».

 

Per la prima volta Sonny sentiva davvero parlare di altre case oltre Grifondoro. L'unica di cui sapeva qualcosa in più era quella Serpeverde, per ovvi motivi, gli stessi accennati proprio dal Cappello Parlante. Il padre le diceva sempre che quella era la peggiore di tutte, che da lì erano usciti i maghi più oscuri e a cui una volta apparteneva anche Tu-Sai-Chi. Il Cappello Parlante, però, chiedeva di non avere pregiudizi sulle case e sui loro studenti, e Sonny voleva veramente fidarsi.
Mentre rifletteva su queste cose, il professor Vitious si riavvicinò allo sgabello, questa volta con una lunga pergamena in mano. La paura si ripresentò violentemente, come un macigno, sullo stomaco di Sonny e sentì il cuore cominciare a battere velocemente in maniera incontrollata.
«Quando farò il vostro nome, verrete avanti e vi posizionerò il Cappello sulla testa. Adams, Hope» cominciò a chiamare e una ragazzina con lunghi capelli ricci e rossi come fuoco si fece strada tra gli studenti del primo anno per andarsi a posizionare sullo sgabello. Qualche minfuto di silenzio e il Cappello urlò «Corvonero!». La ragazza si alzò sorridente dallo sgabello e un forte applauso si diffuse in tutta la Sala, soprattutto dal tavolo dei Corvonero che la accolsero entusiasti.
Il professore continuò a chiamare, «Bluesmark, Nessi» - «Tassorosso!» di nuovo si sentì un boato e il tavolo di Tassorosso accogliere con grida di gioia la nuova compagna.
«Campbell, Brandon». Sonny vide spostarsi tra la folla il ragazzo biondo che aveva incontrato sul treno con aria fiera, come se sembrasse già sicuro a cosa stesse andando incontro. Evidentemente aveva ragione, perchè quando il cappello urlò «Grifondoro!» un grosso ghigno di soddisfazione gli comparve sul viso mentre andava a sedersi al suo tavolo che era scoppiato in una grossa esultanza.
L'elenco continuò ancora per un po', e Sonny si girò verso Gabriel quando capì che sarebbe stato il suo turno.
«Finnigan, Gabriel».
Sonny vide Gabe muoversi incerto, come se avesse il terrore di mostrarsi davanti a tutti. Rosso in viso, pian piano si avvicinò allo sgabello un po' goffo e quasi con timore ci si sedette sopra. Il cappello rimase solo qualche secondo sulla testa del ragazzo quando urlò «Tassorosso!». Gabe tirò un sospiro di sollievo e questo le fece pensare che forse lui aveva sempre sperato di capitare in quella casa. In un certo senso Sonny provò un po' di dispiacere, sarebbe stato bello se entrambi fossero stati dei Grifondoro.
Continuò a pensare a Gabe e al suo terrore per lo smistamento, quando un nome dall'elenco attirò la sua attenzione.
«Potter, James» aveva chiamato il professor Vitious e Sonny subito si ridestò dai suoi pensieri per cercare il ragazzino moro con lo sguardo. Non appena era stato pronunciato il suo nome, un mormorio si diffuse in tutta la Sala Grande, sia tra i primini che tra gli studenti seduti ai tavoli. Lo vide muoversi velocemente verso lo sgabello e per un momento provò invidia per lui, che sembrava tanto tranquillo, se non addirittura divertito. Anche per lui il Cappello non mise molto a decidere e subito rispose «Grifondoro!».
Questa volta il tavolo dei rosso-oro era completamente impazzito dalla gioia. Erano già stati smistati sei studenti nella loro casa, eppure l'idea di avere tra loro il figlio di Harry Potter sembrava renderlo più speciale degli altri. James Potter corse visibilmente elettrizzato verso il suo tavolo e, mentre Sonny lo seguiva con lo sguardo, per un momento i loro occhi si incrociarono.
Sembravano essere passati solo pochi secondi quando sentì chiamare il proprio nome.
Il panico prese il sopravvento su di lei. Sentì il cuore fermarsi per un attimo, le mani sudare in maniera incontrollata e il poco colorito che aveva sulle guance andar via all'improvviso.
“Non deludermi”, era l'unica cosa che le veniva in mente.
Non riusciva a muoversi.
“Non deludermi”, la voce del padre era ritornata nella sua testa, più forte di qualche ora prima. Ed era ancora ferma mentre tutti in Sala Grande cercavano di capire chi fosse Trulock.
“Lei sarà una futura Grifondoro!”, riusciva a sentire di nuovo le approvazioni dei colleghi di suo padre.
Ormai tutti in Sala Grande avevano capito che era lei ad essere stata chiamata.
“Devi muoverti ora, Honey” si disse tra sé, costringendosi a controllare i muscoli del corpo irrigidito dalla paura.
«Sonny!» si sentì chiamare alla sua sinistra e vide Gabriel in piedi che la guardava fisso. Lo vide bisbigliare “coraggio” e forse fu quella incitazione a spingerla a muoversi.
Cominciò prima lentamente, poi man mano incrementò il passo fino a raggiungere una velocità normale quando arrivò allo sgabello.
«Prego, Signorina Trulock» si sentì dire dal professor Vitious che la invitò a sedersi. Lo sentì posizionarle il cappello e subito ebbe la sensazione che qualcosa di vivo si muovesse sulla sua testa.
«Bene, signorina Trulock. Vedo che sei molto spaventata» sentì la voce nella testa e allora capì che il Cappello parlava soltanto allo studente che lo indossava. «Sei una ragazza molto intelligente e saresti un'ottima Corvonero. Sei ambiziosa, il che potrebbe vederti collocata bene anche tra i Serpeverde, ma forse quella casa non fa per te. Ah! Vedo che sei anche una persona molto leale, potresti essere anche una buona Grifondoro...».
“Nei Grifondoro ci sono quei presuntuosi di Campbell e Potter ora...” pensò Sonny prima che potesse rendersene conto.
«Quindi non vuoi essere una Grifondoro, capisco...».
“No! No, cosa dici! Non è vero che non voglio essere una Grifondoro! Cappello, ascoltami...”.
«Ehm, in realtà hai proprio l'animo di un Tassorosso...».
“No, Cappello, ascoltami!”.
«Sei gentile, paziente...».
“Cappello, aspetta, fermo!”
«...leale, intelligente...».
“Io devo essere una Grifondoro, tu non puoi...”.
«...buona, tendi sempre a portare pace...».
“Cappello, devo essere una Grifondoro, per favore!”.
«..., ma allo stesso tempo sai mantenere la tua posizione».
“No, no, NO! Cappello ti prego, la mia famiglia è Grifondoro da generazioni! Devo esserlo anch'io!”.
«Quindi è questo che vuoi davvero? Vuoi essere una Grifondoro?» le chiese quel cappello trasandato, iniettando come veleno quelle parole nella sua testa.
“Io...io...credo di sì...certo che lo voglio, io...”
«Perfetto, Signorina Trulock. Tassorosso!» disse il Cappello Parlante con una forza impressionante, urlando il nome della casa contro il completo silenzio di fervida attesa dell'intera Sala, che ora invece stava cominciando ad applaudire. Sonny vide gli studenti Tassorosso alzarsi in piedi e chiamarla a gran voce per farla sedere con loro, quasi al rallentatore scorse Gabe alzarsi con un grosso sorriso ad applaudirla con le sue mani cicciottelle.
Fu in quel momento che Sonny capì che era stato anche peggio di quanto temesse.









Angolo dell'autore:
Saaalve gente, eccoci al secondo capitolo. Prima di tutto voglio ringraziare le persone che hanno messo la storia tra le seguite, ricordate e preferite ** Un meeega grazie alle due belle personcine che hanno recensito il primo capitolo, non avete idea di quanto mi avete resa felice <3 E ringrazio anche chi ha letto/dato una sbirciatina senza recensire, grazie davvero.
Secondo, una piccola nota. Ho cercato di rendere Hagrid quanto più fedele possibile alla descrizione data dalla Rowling e tra le varie cose rientra anche il linguaggio. Insomma, ho cercato di lasciare, un po' come avviene nei libri, un linguaggio semplice, a volte anche scorretto grammaticalmente per rendere maggiormente il personaggio. 
Terzo, mi scuso per il ritardo ç_ç era mia intenzione pubblicare domenica scorsa, ma ho avuto la febbre in questi giorni e non ho avuto modo. Sì, lo so che a voi non frega nulla della mia febbre. Okay, allora vi lascio alla lettura e mi raccomando, lasciate una recensione, anche minuscola, piccina-picciò e robe così. <3

 

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Capitolo 3
*** La scelta ***


Capitolo 3

LA SCELTA







Sonny era in piedi davanti a tutti, con ancora il Cappello Parlante sulla testa. Non accennava a muoversi, a fare il minimo passo in avanti. La consapevolezza che il peggio era accaduto davvero le spense il respiro e l'orrore che non potesse fare nulla per tornare indietro si fece strada in lei.
Non è possibile...”.
Gli studenti del tavolo Tassorosso avevano continuato ad applaudire, ma più passava il tempo, con Sonny immobile e con un viso pallidissimo, più il loro applauso andava scemando, fino a scomparire completamente.
Qualche studente alla sua destra aveva cominciato a sghignazzare.
Non può, il Cappello...”.
«Signorina, deve andare al suo posto ora» sentì in lontananza la voce del professor Vitious, nonostante fosse proprio accanto a lei.
In cosa ho sbagliato, papà? O forse è il Cappello che si è...”.
Sonny si girò a guardare il professore con gli occhi strabuzzati dall'incredulità e dopo essere rimasta a fissarlo per qualche secondo, si avvicinò leggermente, parlando a bassa voce in modo che potesse sentire solo lui. «Io...i-io credo che il Cappello Parlante si sia sbagliato, io...».
Il professore sollevò immediatamente lo sguardo per scrutarla meglio, non riuscendo a credere che quella ragazzina stesse sul serio dicendo quelle cose. «Signorina Trulock, non dica sciocchezze, il Cappello non può essersi sbagliato» disse con tono risoluto, ma evidentemente era talmente sorpreso da dimenticare di dirlo a bassa voce.
Ci fu un attimo di profondo silenzio, come se tutti i presenti avessero smesso anche di respirare, Sonny si sentiva pietrificata e il poco colorito che aveva in viso scomparire del tutto.
Qualche secondo e la Sala Grande scoppiò in un putiferio. Dalla sua destra provenivano risa e insulti, voltò la testa in quella direzione e vide il tavolo dei Serpeverde e quello dei Tassorosso in totale subbuglio. I Serpeverde erano tutti piegati in due dalle risate e urlavano contro i Tassorosso insulti non molto diversi da quelli che aveva pronunciato Campbell sull'Espresso.
«Siete dei perdenti!».
«Guardate! Nemmeno i Tassorosso vogliono starci nella vostra casa!».
«Quella è una magonò!» urlò una ragazza bionda dal tavolo dei Serpeverde indicando nella direzione di Sonny, sghignazzando con la compagna accanto.
A onore dei Tassorosso, bisogna dire che risposero con altrettanta foga agli insulti, come a voler cercare di riparare il danno ormai fatto; erano tutti rossi in viso dalla rabbia, non dalle risate.
Fu quando anche gli altri due tavoli alla sinistra di Sonny cominciarono a ridere che si sentì un tonfo assordante provenire dalle sue spalle, riportando un silenzio tombale. La ragazzina si voltò immediatamente a vedere cosa era successo e vide la professoressa Mcgranitt in piedi, con la bacchetta puntata sul soffitto, da cui fuoriusciva una cascara di scintille gialle.
«Se sento anche solo un'altra risata o un altro insulto da chiunque in questa Sala Grande vi prometto sulla barba di Merlino che vi metterò tutti in punizione fino alla fine del vostro percorso scolastico, nessuna eccezione». La voce della preside rimbombò per tutta la Sala Grande. Era apparentemente calma, ma la potenza con cui disse quelle parole le fece accapponare la pelle. Far arrabbiare la preside il primo giorno di scuola non era stata affatto una buona mossa.
Sonny, in quel preciso istante, si sentì morire dalla collera, dalla paura e dalla vergogna e un rossore incontrollato si impadronì del suo viso. Voleva scappare, fuggire da quello che era successo e da quello che aveva fatto, tornare indietro nel tempo e non ridire quelle parole. Non era una Grifondoro, sarebbe stata la reietta della sua famiglia, suo padre sarebbe rimasto profondamente deluso, ma in quel momento non sapeva cosa era peggio: la delusione del padre o l'odio di tutta la scuola. E in quell'istante il sogno di rimanere in quella scuola si infranse. Erano bastati pochi secondi per rovinare l'unica cosa che desiderava da anni. Non aveva nulla contro i Tassorosso, ma loro non sapevano! Non sapevano cosa significasse per lei non essere una Grifondoro, cosa significasse per suo padre, che l'aveva spinta verso quella direzione perchè l'unica ammissibile per lui. L'avrebbero odiata tutti. Studenti, professori, anche le stesse mura di Hogwarts se avessero potuto parlare le avrebbero urlato contro che era la vergogna della scuola e Sonny lo sapeva bene.
Ancora voltata indietro a guardare la preside sentì tutti gli occhi puntati su di lei, una professoressa tarchiata la guardava con rimprovero e biasimo. Temeva ormai di girarsi nuovamente verso i tavoli.
«Signorina Trulock, lei è una Tassorosso» le disse la preside guardandola negli occhi e Sonny si sentì trapassare da parte a parte «Vada a sedersi con i suoi compagni, dobbiamo continuare lo smistamento». La potenza del suo sguardo le fece venire voglia di scoppiare in lacrime seduta stante. Distolse gli occhi e annuì, per girarsi lentamente di nuovo in avanti, mantenendo lo sguardo basso. Cominciò lentamente a muovere le gambe, per fare un piccolo passettino avanti, mentre gli occhi cominciavano a pizzicarle.
«Signorina Trulock, deve lasciarmi il Cappello» le disse con voce dura il professor Vitious.Non si era accorta, infatti, che il cappello parlante fosse ancora sulla sua testa. «Oh, si...» alzò le braccia per prendere con mani tremanti il Cappello consunto, ma prima di sfilarlo lo sentì parlarle.
«E' la scelta giusta».
Niente rabbia, niente isterismo, solo delusione profonda. Ecco cos'era Sonny Trulock in quel momento. Sfilò delicatamente il cappello dalla testa e lo porse al professore, per poi ricominciare a scendere le scale. Senza alzare mai il mento e con estrema lentezza, nell'assoluto silenzio, raggiunse il tavolo dei Tassorosso e si sedette al primo posto libero sulla lunga panca. Accanto a lei c'era una ragazza più grande, forse di un paio d'anni, che non appena Sonny si sedette fece una smorfia di disprezzo e si spostò più vicina all'amica dall'altro lato. Fu allora che Sonny involontariamente alzò lo sguardo a vedere i suoi compagni di casa e in quel momento si rese davvero conto che i suoi giorni ad Hogwarts sarebbero stati i peggiori della sua vita.
Non cercò con lo sguardo Gabe lungo il tavolo. Tra tutti i Tassorosso, era dispiaciuta soprattutto di aver deluso lui. Ora erano nella stessa casa, ma lui l'avrebbe sempre considerata una traditrice e una falsa, che fino a poche ore prima aveva difeso i Tassorosso e al momento dello smistamento aveva mostrato il suo disprezzo più di tutti gli altri.
Un senso di angoscia le pervase tutto il corpo, aveva le mani sudate e il viso infuocato. Sentiva lo stomaco ingarbugliarsi ancora di più di quando, minuti prima, doveva sforzarsi di salire i gradini verso lo sgabello. E un nodo in gola le faceva salire lacrime che non voleva scendessero, almeno non ancora, “non adesso”.
Dopo di lei, altri due studenti indossarono il Cappello e nessuno di loro fu smistato in Tassorosso. Sonny non fece caso a chi fossero, se li avesse visti in qualche istante prima di arrivare al castello o in quale casa venissero mandati. Aveva lo sguardo fisso sul tavolo davanti a lei, come se volesse analizzare ogni venatura del legno scuro.
Sentì un rumore di posata che percuoteva con delicatezza un bicchiere, ma che risuonava forte nella Sala Grande. Sollevò lo sguardo per vedere la preside in piedi e tutti gli studenti imitarla, così si alzò anche lei.
«Un caloroso benvenuto a tutti gli studenti del primo anno. Vorrei illustrare alcune regole della scuola a chi non le conoscesse e rammentarle a quelli degli anni successivi che ancora sperano di compiere qualche marachella all'interno della scuola senza conseguenze» disse la preside rivolgendosi in particolare al tavolo dei Grifondoro, alla sua sinistra.
«Il custode di Hogwarts, il signor Filchester, farà in modo che voi rispettiate le regole del castello, ovviamente aiutato dai Prefetti e dai Caposcuola» continuò indicando verso la porta d'ingresso alla Sala Grande, dove Sonny vide in lontananza un vecchietto con la gobba e capelli radi; non dava certo un'ottima impressione da lì fuori.
«Il coprifuoco è previsto alle otto di sera per gli studenti del primo, secondo e terzo anno. Alle nove, invece, per gli studenti degli anni successivi. Quindi oltre questi orari nessuno studente dovrà essere sorpreso nei corridoi del castello, eccezion fatta per caposcuola e prefetti di ronda. Chiunque venisse scoperto vedrà sottratto punti alla propria casa e sarà sottoposto a punizioni di vario genere, anche pulizia della guferia. Le lezioni sono obbligatorie e a fine anno scolastico lo studente sarà sottoposto ad esami in ogni materia. Inoltre, ogni casa avrà una propria squadra di Quidditch e vi saranno tornei per tutto l'anno fino alla consegna della Coppa di Quidditch della Scuola. Ogni studente può guadagnare punti per la propria casa, ma altrettanti possono essere sottratti in qualsiasi circostanza di irregolarità. La casa che guadagnerà più punti entro la fine dell'anno riceverà la Coppa delle Case. Ed ora abbia inizio il banchetto!» terminò così la professoressa McGranitt e magicamente sui lunghi tavoli comparirono piatti e pietanze di ogni tipo. Pollo, manzo, patate bollite, ali fritte, roast-beef, zuppa di cipolle, caraffe di succo di zucca, torte di ogni genere. Se solo Sonny non si sentisse tanto male per la sua situazione, quel banchetto le sarebbe sembrata una visione.
Immediatamente tutti gli studenti si fiondarono sul cibo come se non ne vedessero da giorni e anche la ragazza che si era allontanata da lei quando si era seduta, distratta dal cibo, si riavvicinò di più a Sonny nell'intento di prendere le patate dall'altra parte del tavolo.
Fu in quel momento che Sonny incrociò involontariamente lo sguardo di Gabe, seduto poco più in là alla sua destra. Aveva il viso rosso dalla meraviglia di ciò che c'era davanti a lui, probabilmente indeciso da cosa partire, ma quando incrociò lo sguardo di Sonny diventò improvvisamente serio. Fu lei la prima a distogliere lo sguardo, non poteva sopportare di sentirsi tanto sciocca anche agli occhi dell'unica persona che le era stata amica per qualche ora prima di arrivare al castello.
La cena sembrò passare molto lentamente e Sonny non mangiò quasi nulla. Aveva bevuto molto succo di zucca nella speranza di mandar giù anche il nodo allo stomaco, senza ottenere alcun risultato. Tutti gli altri invece sembravano rimpinzarsi di cibo come se avessero uno stomaco senza fondo e chi era appena stato smistato aveva già fatto amicizia con chi gli era seduto a fianco. Durante il banchetto nessuno l'aveva accusata di essere una traditrice, ma nemmeno avevano provato a parlarle, quasi come se avesse la lebbra. Non se la sentiva affatto di biasimarli.
Quando ebbero finito di cenare, la preside augurò la buona notte e avvisò gli studenti del primo anno di seguire i Prefetti della propria casa, che li avrebbero condotti verso i dormitori. Seguì il flusso di studenti Serpeverde e Tassorosso verso le scale in fondo a sinistra rispetto al tavolo degli insegnanti che conducevano fuori dalla Sala Grande.
Il Prefetto della casa di Tassorosso si chiamava Donald McAffie e riferì agli studenti novellini che quelle scale conducevano verso i sotterranei. Camminarono con i Serpeverde fino ad un certo punto, lungo un corridoio scuro con pareti di pietra e illuminato solo da alcune torce. Poi ad un certo punto i verde-argento proseguirono verso sinistra.
«Ora per arrivare alla Sala Comune dei Tassorosso bisogna girare a destra» disse il prefetto, assicurandosi che tutti lo avessero sentito e lo seguissero in quella direzione. «Sulla sinistra lungo questo corridoio c'è un quadro che rappresenta la natura morta, che costituisce l'entrata delle cucine di Hogwarts» disse il prefetto, indicando il grande quadro alla loro sinistra «E' severamente vietato agli studenti mettere piede nelle cucine senza uno speciale permesso, quindi non potete andare a fare scorte di cibo di notte». La serietà con cui McAffie lo disse fece intuire che era un episodio che avveniva spesso. «Proseguendo oltre, sulla destra, ci sono delle grosse botti in una nicchia di pietra. Ecco, quello è l'ingresso della Sala Comune Tassorosso».
Una volta arrivati Sonny vide delle grosse botti, più alte di lei di un mezzo metro quasi, incastonate in un incavo di pietra.
Il Prefetto si girò a guardarli e per la prima volta Sonny riuscì a guardarlo in viso. Era molto alto, con corti capelli biondi e occhi nocciola. Aveva un sorriso gentile che gli dava un'aria simpatica.
«Per entrare dovrete battere il tempo sul barile più grosso, quello che viene definito 'il ritmo di Tosca Tassorosso'. A chiunque non riesca a battere al tempo giusto o sbagli il numero di colpi i barili gli riverseranno aceto. Il barile che dovrete percuotere è quello centrale, gli altri servono solo a confondere quelli delle altre case che volessero tentare di entrare. Tutto chiaro? Ora vi faccio sentire». Si girò nuovamente verso uno dei barili laterali e percuotendolo con le mani eseguì quella che a Sonny sembrò quasi una canzone per quanto fosse lunga. Pensò che le sarebbe servito un mese solo perr impararla, se anche fosse riuscita a rimanere in quella scuola senza essere affatturata da qualcuno.
Dopo aver finito, McAffie fece ripetere ad alcuni studenti del primo anno quel ritmo, per essere sicuro che lo memorizzassero. Quasi tutti sembravano esserci riusciti e Sonny, che non riusciva a ricordare nemmeno le prime quattro battute della sequenza, non poté fare a meno di pensare che quella era la dimostrazione che non era affatto una Tassorosso.
Non appena McAffie si assicurò che tutti o quasi avessero imparato il ritmo, rieseguì la sequenza sulla botte centrale, che subito si aprì a mostrare dietro di se un cunicolo che si arrampicava verso l'alto. Sonny seguì gli altri studenti e alla fine del cunicolo si ritrovò in una grande stanza circolare dal tetto basso. La stanza era tutta arredata con stendardi gialli e neri, alternati a quadri che rappresentavano persone in movimento.
Wow! Quei tizi nei quadri si muovono! Che meraviglia!” pensò tra sé Sonny, per un attimo dimenticando tutti i suoi problemi.
«Per la barba di Merlino, i quadri si muovono!» disse un ragazzo alto con i capelli scuri proprio accanto a Sonny che sembrava aver dato voce ai suoi pensieri. Tutti si girarono a guardare e trattennero il fiato dalla sorpresa.
«Sì, hai ragione!».
«E' così!».
«Già, novellini!» rispose Donald McAffie alla loro sorpresa. «E' sempre un piacere avere a che fare con voi, che vi sorprendete per così poco! Tranquilli, anche questo è un pregio della nostra casa: sappiamo stupirci anche per le piccole cose» e rivolse un sorriso gentile a molti di loro. «Potete avvicinarvi se volete! Questa è casa vostra da ora in poi» disse infine quando i primini Tassorosso sembravano tanto intimoriti da non voler fare un passo.
Sonny aspettò che tutti si allontanassero un po', poi fece qualche passo avvicinandosi ad uno dei quadri. In quello che aveva di fronte c'era una donna grassottella e dall'aria gentile che le sorrideva e sotto c'era una targa recitava:

 

Riuma Wesling, Tassorosso, 1872-1935.
Fondatrice dell'Ufficio di regolazione e controllo delle Creature Magiche al Ministero della Magia di Londra”.

 

Continuò a guardarsi intorno e notò un caminetto proprio dal lato opposto della porta di ingresso, davanti ai quali c'erano divani e poltrone imbottite. Sopra al caminetto c'era un grosso quadro, anche questo in movimento, che raffigurava una donna tarchiata e sorridente con in mano un calice a due manici. Non appena vide che Sonny la osservava mosse in avanti la coppa, come a voler brindare a lei. Sotto il quadro era scritto:

 

Tosca Tassorosso, 962-1044.
Co-fondatrice della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts e
Fondatrice della casa di Tassorosso nel 993.
Ha introdotto lei gli elfi domestici nelle cucine del castello,
garantendo loro un lavoro e una certa indipendenza.
Molte delle ricette servite ai pasti sono state inventate da lei.”.

 

Sollevò lo sguardo, una volta finito di leggere, per incontrare quello della donna. Lei continuava a sorridere bonariamente e Sonny si sforzò di farlo anche lei, ma era evidente la differenza: il suo era molto più forzato, un sorriso di circostanza.
Tavoli circolari e sedie in legno erano posizionati in tutta l'area della stanza. Sul lato destro rispetto alla porta c'erano tante piccole finestrelle basse, sulle cui mensole erano poggiati cactus e varie piante grasse e un alberello di salice era direttamente piantato nel pavimento. Stava per avvicinarsi, quando la porta della Sala Comune si aprì ed entrarono fiumi di studenti degli anni successivi.
Quando si accorsero di lei alcuni le lanciarono sguardi truci, altri borbottavano tra loro. Poi vide una ragazza con lunghi capelli castani e molto alta, poteva essere del sesto o settimo anno, venirle incontro a passo spedito e fermarsi a pochi passi di distanza da lei.
«Ehi, tu, ragazzina! Hai idea di quanto ci prendano in giro le altre case e di quanto sgobbiamo per evitarlo?» disse gesticolando la ragazza.
«Io...» Sonny farfugliava, mentre il viso le andava in fiamma ad una velocità impressionante.
«Sai una cosa? Mai, e dico mai, da quando sono qui, e ormai sono ben sette anni, mi era capitato di vedere una cosa del genere. Se dipendesse da me» disse avvicinandosi ancora di più a Sonny, tanto che la costrinse a indietreggiare «ora saresti fuori dalla nostra casa».
Sonny sentiva gli occhi di tutti puntati su di lei, come se aspettassero che qualcuno le lanciasse contro una maledizione.
«Stai attenta a quello che fai, Trulock» disse infine la ragazza con voce bassa, ma abbastanza forte da farsi sentire da lei.
Le diede un'ultima occhiata furiosa, poi girò i tacchi e scomparve dietro una delle porte circolari ai lati del caminetto.
La guardavano tutti e se fino ad allora nessuno le aveva dato molta importanza, in quel momento le sembrò quasi di bruciare sotto gli occhi truci di tutte quelle persone.
«Ehm...bene novellini» riprese McAffie, cercando di essere disinvolto e continuando a sorridere con lo scopo di allentare la tensione palpabile nella stanza. «Quelle due porte ai lati del caminetto conducono ai dormitori, la destra a quelli delle donne e la sinistra a quelli degli uomini. Sulle porte sono incisi i vostri cognomi che sono stati aggiunti magicamente subito dopo lo smist...». Il prefetto non ebbe modo di finire, perchè non appena Sonny capì quale fosse la direzione da prendere, corse dritta verso la porta alla destra del camino. Gli occhi le bruciavano e la gola sembrava essersi completamente chiusa da un nodo invisibile. Dietro quella porta c'era un'altra piccola stanzetta circolare di passaggio, lungo la parete c'erano sette porte numerate in senso orario. Quella del primo anno era la prima da sinistra e sulla porta, sotto la targa dell'anno, erano incisi dei cognomi: Bluesmark, Hughes, Murfin e Trulock. La aprì velocemente, si infilò nella stanza e richiuse la porta dietro di se, premendo la schiena contro di essa.
Non ebbe neanche il tempo di guardare la stanza che il groppo in gola che la accompagnava da ore e che si era trasformata in una morsa pochi istanti prima, si sciolse in un fiume di lacrime che finalmente potevano scenderle lungo le guance.
Sarebbe stata la vergogna della famiglia. I colleghi del padre l'avrebbero derisa, riusciva a immaginarseli di nuovo a cena nel periodo natalizio mentre le dicevano che avevano sempre saputo che non era degna del cognome che portava. Le zie paterne l'avrebbero trattata come una malata, come se non essere una Grifondoro non fosse una colpa, ma una malattia. Poteva immaginare molto chiaramente suo padre sopraffatto dalla collera e dalla delusione. Forse lui l'avrebbe considerata veramente una colpa, non essere un Grifondoro quando si discendeva direttamente dal suo fondatore, quando da tempo ignoto intere generazioni non erano mai state smistate in case diverse da quella.
Forse papà non sarà così dispiaciuto. Forse capirà che non è stata colpa mia, che ho provato a chiederlo al cappello, ma che non mi ha ascoltato...”.
Era una speranza infondata. Come avrebbe potuto capire Grant Trulock, che le aveva raccontato per la prima volta la storia di tutto l'albero genealogico quando Sonny aveva solo sei anni? Proprio lui, che le aveva regalato una sciarpa di lana dei Grifondoro al suo compleanno, ad Agosto? L'uomo che, poco prima di salire sull'Espresso di Hogwarts, aveva chiesto alla figlia di non deluderlo?
Si immaginò per un attimo seduta in cucina a casa sua, a riferire ai genitori che era stata smistata tra i Tassorosso. Probabilmente non le avrebbero detto nulla, ma Sonny sapeva che gli avrebbe procurato un dolore al cuore, soprattutto a suo padre. Anche la madre Poma ci teneva molto che fosse una Grifondoro, come lei, ma per Grant la questione era diversa. Oltre a non avere una figlia Grifondoro, lui avrebbe avuto su di se la responsabilità di aver spezzato la tradizione di famiglia.
Mentre le lacrime le scendevano incontrollabili dagli occhi, Sonny capì che l'unica cosa da fare era non dire nulla a suo padre. Non lo avrebbe mai saputo, avrebbe fatto qualunque cosa pur di non farsi scoprire. Avrebbe comprato da Madama McClann la cravatta e il mantello con i colori rosso e oro, non si sarebbe lasciata sfuggire nulla dalla sua bocca. Agli occhi del padre sarebbe stata una Grifondoro coraggiosa e fiera.
Qualcuno stava bussando dietro la porta alle sue spalle che aveva volontariamente bloccato. Sonny raddrizzò di scatto la schiena e sgranò gli occhi dalla paura di farsi vedere in lacrime dalle altre compagne. Esitò, rimase ferma davanti alla porta, con le lacrime che le rigavano il viso. Bussarono con maggiore insistenza e sentì le voci delle ragazzine dall'altra parte che parlottavano tra loro, molto probabilmente di lei.
Sonny si asciugò velocemente le lacrime con la manica della divisa e cercando di stamparsi un finto sorriso sulla faccia, si voltò ad affrontare le sue nuove compagne di scuola.
Aprì la porta e vide tre ragazze che aspettavano sulla soglia, disposte come a formare i vertici di un triangolo. La ragazza al centro era la più alta, con lunghi capelli ramati e lisci, occhi azzurri e il naso alla francese. Alla sua sinistra c'era un'altra ragazza, anche lei alta, ma meno della rossa. Aveva i capelli castani e ricci ben curati e occhi marrone scuro. Queste due fissavano Sonny e la guardavano con occhi truci, quasi disprezzanti, tanto da farla sentire di nuovo male.
La ragazza alla sinistra di Sonny, invece, era l'unica che la guardava senza sdegno, quasi con interesse. Era più bassa delle altre tre ragazze, smunta e col viso pallido, ma con uno sguardo vispo. I lunghi, lisci capelli neri le ricadevano sulle spalle piccole e magre e aveva occhi intensi e grigi come il fumo.
Non era particolarmente bella, nulla nel suo aspetto fisico faceva pensare che potesse qualche caratteristica particolare, ma era il suo sguardo a colpire fortemente. Dava un forte senso di bontà e di pazienza.
Dopo qualche istante in cui le quattro ragazze erano rimaste a scrutarsi, la rossa fece un passo in avanti verso la stanza, costringendo Sonny a indietreggiare per farla passare. La riccia la imitò senza guardarla nemmeno.
L'unica a rimanere immobile fu la ragazzina più piccola con gli occhi grigi, che continuava a guardarla curiosa. Sonny si sentiva imbarazzata, non sapeva perchè continuava a fissarla e temeva volesse prenderla in giro. Poi la vide allungare una mano verso di lei.
«Io sono Nessi Bluesmark. Piacere di conoscerti» le disse con la mano stesa in avanti aspettando che Sonny la stringesse, sorridendole gentilmente.
Non poteva crederci che c'era qualcuno in quella Sala Comune che volesse davvero conoscerla, non dopo quello che aveva fatto in Sala Grande. Sonny rimase a fissarla per qualche istante con la bocca aperta, non del tutto convinta da quell'atteggiamento, poi decise di rispondere.
«Io sono Sonny Trulock» si presentò, stringendo la mano della ragazzina.
«Non dovresti parlarle, sai?» sentì dire da una delle due ragazze alle sue spalle con voce dura. Sonny si voltò e vide che era stata la rossa.
«Hai visto quella tipa del settimo anno? Forse non dovremmo parlarle» aveva detto la riccia con voce un po' tremante. Forse temeva una reazione brusca della ragazza più grande se avesse intrattenuto un'amicizia scomoda come la sua.
Sonny non sapeva cosa dire. Guardava quelle due ragazzine e non le biasimava in alcun modo. Eppure loro non conoscevano le motivazioni di Sonny, non sapevano perchè aveva reagito in quel modo un'ora prima. Ma in fin dei conti cambiava qualcosa? Lei sarebbe stata sempre la ragazzina che odiava i Tassorosso, costretta a convivere con loro.
Dopo qualche secondo in cui la rossa la squadrò, Sonny la vide girarsi di spalle e dirigersi verso il suo baule ai piedi di un letto a baldacchino. Seguendo la schiena della ragazza con lo sguardo, vide finalmente la stanza in cui era rimasta chiusa per buoni dieci minuti, ma che ancora non aveva osservato.
Come tutte le altre stanze che aveva incontrato, anche quella era circolare. Molto simile alla Sala Comune, anche lì il giallo e il nero erano i colori dominanti, a richiamare lo stendardo della casa. Quattro letti a baldacchino erano disposti a raggiera, anch'essi dello stesso legno scuro dei tavoli e delle sedie della Sala Comune. Erano ricoperti da un copriletto giallo a strisce oblique nere e le tende dei letti, pendenti da alte aste di legno che partivano dagli angoli e morbidamente raccolti ai lati da una fascia in velluto nero, erano di tessuto appena trasparente e di un giallo caldo.
Vide con la coda dell'occhio Nessi, la ragazza dagli occhi grigi, muoversi verso il letto alla sua destra più vicino alla porta e le altre due ragazze avevano cominciato a cacciar fuori dai bauli i loro pigiami. Così le imitò, avvicinandosi lentamente all'unico letto libero, quello accanto alla ragazza con gli occhi grigi sulla destra, più vicino alla finestra rotonda che si trovava dalla parte opposta della porta. Tirò fuori dal baule il suo pigiama e dopo averlo indossato si infilò sotto le coperte. Vide la rossa di fronte a lei tirarsi le tende del letto a baldacchino e Sonny fece altrettanto.
Il completo silenzio scese nella stanza e nessuno fiatò nemmeno per augurare la buona notte.
Passò molto tempo, ma Sonny non riusciva a prendere sonno. In quella stanza non si sentiva a suo agio, ma completamente fuori posto, come una piovra fuor d'acqua.
Quanto più il tempo passava tanto più la sensazione di solitudine e di disperazione crescevano dentro di lei. Si sentiva bloccata in quella stanza senza più aria, aveva difficoltà a respirare e prendere sonno. Dopo quelle che le sembravano ore, Sonny capì che non poteva dormire in quella stanza, non come le altre, non con loro. Lentamente, senza farsi sentire dalle compagne di stanza, si alzò dal letto e si diresse verso la porta circolare della camera. Scese le scale che conducevano alla stanza rotonda della Sala Comune e si avvicinò al divano di fronte al caminetto, che intanto era quasi spento.
Ci si sedette tirando le gambe al petto e poggiando la testa sulle ginocchia, a fissare il quadro sopra al camino. Era tutto buio, ma la luce fioca proveniente dal fuoco le permetteva di vedere Tosca Tassorosso addormentata sulla poltrona. Il braccio con cui sorreggeva la coppa a due manici penzolava dal bracciolo e rischiava di far cadere il vino contenuto all'interno. Ogni tanto il suo stesso russare la ridestava dal sonno e spostava il braccio tanto da non far mai cadere il vino a terra.
Sonny ricominciò a pensare a casa, a come si lamentava tra se quando il padre le parlava continuamente delle storie dei suoi avi. In quei momenti si annoiava da morire, eppure mai le era passato davvero per la testa che non sarebbe stata una Grifondoro anche lei. Aveva sempre dato per scontato che sarebbe stata quello che i suoi genitori volevano, si fidava quando il padre le diceva “Sarai una futura Grifondoro”, o quando diceva che “il Cappello Parlante tiene conto della tua opinione”.
Non era avvenuta nessuna delle due cose e presto o tardi avrebbe dovuto affrontare suo padre. Aveva l'impressione che quella sarebbe stata una lunga notte.








Angolo dell'autore.
E incredibilmente sono giunta a pubblicare anche il terzo capitolo! Questa cosa mi emoziona, credevo mi sarei fermata al primo o secondo capitolo, e invece eccomi qui.
Voglio ringraziare tanto quelle altre due belle donnine che hanno recensito i primi due capitoli e messo la storia tra le seguite e preferite. Grazie davvero <3
Piccolo appunto che volevo fare, una cosa inutile a dire il vero: come forse avete notato, il custode di Hogwarts non è più Gazza con la sua inseparabile Mrs Purr. Ho ritenuto opportuno cambiare perchè Gazza era già abbastanza anziano all'epoca di Harry Potter, quindi credevo plausibile che...potesse essere morto(?) nel 2015. A sostituirlo c'è questo Signor Filchester che in fin dei conti non è molto diverso dal nostro amato Gazza. Inizialmente anche lui doveva avere accanto un gatto che lo aiutasse, tuttavia ho deciso di cambiare e lasciare soltanto lui. Il motivo è che non mi andava di ricalcare la figura di Gazza, creare una sua finta copia, ma un personaggio comunque nuovo e con una storia diversa.
Secondo, qualcuno mi aveva chiesto già dal primo capitolo di cambiare le dimensioni dei caratteri. Nei primi due capitoli ho messo un carattere abbastanza grande, in questo ho deciso di usare uno più piccolo per ''testare'' e vedere quale sia il migliore, in termini di estetica e anche leggibilità. Quindi se mi fate sapere (tramite una recensione se vi andasse di scriverla) quale ritenete migliore mi fate un grosso favore.
Per il resto, se ci sono domande a cui vorreste delle risposte io sono qui pronta a darvi risposte ** Quindi niente, buona lettura a chi deciderà di leggere anche questo capitolo <3 N.B.: Voglio avvisare qui che non aggiornerò per i prossimi due martedì, vale a dire 9 e 16 Luglio. Spero di pubblicare il quarto capitolo il 23 o se riesco anche un po' prima **

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