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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Una malsana idea *** Capitolo 2: *** Un luogo famigliare *** Capitolo 3: *** La stanza delle necessità *** Capitolo 4: *** Una tranquilla settimana fuori dall'ordinario *** Capitolo 5: *** Lettere, Articoli e partenze *** Capitolo 6: *** Fuori dalla mappa, Parte prima *** Capitolo 7: *** Fuori dalla mappa, Parte seconda *** Capitolo 8: *** La Torre d'Argento ***
Scrivo questa nota, post
prima-pubblicazione, perché in questi giorni, rileggendo il materiale e
scrivendone il seguito, mi sono accorto che in effetti, il lettore che si approccia
alla lettura potrebbe, di primo acchito, restarne un po’ spiazzato. Alcune
brevi righe di introduzione quindi, mi sembrano dovute.
Questo che state per leggere,
rappresenta in assoluto il mio primo esperimento letterario e di conseguenza
qualsiasi vostro suggerimento o critica è più che apprezzato.
Questa storia è solo la prima parte di
quello che, nella mia immaginazione, vuole essere un piccolo ciclo di avventure
incentrate su un nuovo terzetto di amici. Narrerò delle loro scoperte, degli
amori, dei litigi, delle sofferenza e dei pericoli che i tre dovranno
affrontare, dai loro ultimi anni ad Hogwarts, fino alle prime esperienze nel
Mondo magico (sempre se ci arriveranno tutti interi, si capisce). La portata
dell’opera, almeno come è stata pensata, è abbastanza vasta quindi sono ben
consapevole che, almeno nei primi capitoli fin ora pubblicati, il lettore
potrebbe percepire una sensazione di inconcludenza non avendo a disposizione la
storia nella sua interezza. Temo sia la pecca della pubblicazione per capitoli,
me ne scuso in anticipo e prometto che se avrete la costanza di seguirmi
cercherò, al meglio delle mie capacità, di non deludervi. Questo detto due
rapidi cenni sul Canon che ho scelto, che rispecchia esattamente gli
avvenimenti dei sette libri, Prologo compreso. Unica piccola, grande differenza
( a seconda dei punti di vista!), è la coppia Harry/Hermione, di cui sono un grande fan.
Nella speranza che questo mio racconto
possa allietare il vostro tempo, non posso far altro che augurarvi una Buona
Lettura.
Saluti
Alessandro
“Alexander Mulberry e lo Scrigno delle Memorie”
Capitolo Uno:
“Una malsana idea”
Maledizione.
Era la prima
partita dell’anno e i Grifondoro stavano già perdendo di settanta punti.
Poco male, ci
sarebbe stata quella di ritorno contro i Tassorosso il prossimo semestre e,
anche se per il momento nulla era ancora dato per perso, le aspettative non
erano certo delle più rosee. Ma c’era ancora speranza: dopo tutto, il nuovo
cercatore di Grifondoro era quel Potter, un ragazzo allampanato del primo anno.
Al solo pensiero
di quel nome Alex non riuscì a trattenere un sorriso ironico.
Non mi sarei mai aspettato di conoscere il figlio di
una leggenda vivente.
E dire che non
gli avrebbe dato nemmeno uno zellino bucato la prima
volta che lo vide ai provini della squadra qualche mese addietro.
Gli era parso
troppo gracile, per non parlare poi di quello sguardo teso e impaurito con il
quale si era presentato sul campo d’allenamento. Da come si muoveva, goffo e
impacciato, sembrava la prima volta che gli veniva messa in mano una scopa ma,
nonostante tutto, ebbe la sua occasione di provare e Alex dovette cambiare idea
su di lui non appena lo vide volare.
Il ragazzo ci
sapeva fare, gliene doveva dare atto, a terra magari era un po’ impacciato, ma
in aria si muoveva fluido ed elegante come una falco e, dopo quella prova, il
posto di cercatore, appartenuto fino a quel momento a Mark Teach,
un grifondoro del settimo anno ormai diplomato, fu suo di diritto.
Mentre Alex
rimuginava su quel brevissimo ricordo, per poco non si accorse che un bolide si
era avvicinato pericolosamente a lui ed era stato deviato solo dal tempestivo
intervento di Luchas.
«Alex che ti
prende! Abbiamo una partita da vincere, svegliati!» gli urlo l’amico.
Vuoi per la
minaccia del bolide in pieno viso appena sventata, vuoi per le urla di
rimprovero, Alex, trasalendo, si scrollò lo sconforto di dosso. Era o non era
il capitano della squadra? Doveva dare il buon esempio!
«Ok, diamoci
dentro!» gridò, cercando di sormontare i cori degli spettatori per farsi
sentire dai compagni di squadra, poi rapidamente gettò un occhiata al campo da
gioco.
I Tassorosso
avevano la pluffa e si stavano disponendo in una
formazione d’attacco a cuneo: metà della squadra stava eseguendo una manovra a
mezzo cerchio dietro gli anelli delle porte, per ricongiungersi con gli altri a
centrocampo volando a pochi centimetri dal suolo in modo da impedire ai
Grifondoro un attacco dal basso.
Da quella posizione è impossibile attaccarli,
maledetti, l’hanno studiata proprio bene!
In
quell’istante, più veloce del pensiero, l’intuizione si accese nella sua testa.
«Luchas, Teach, Matt, Sam!»
I quattro
compagni di squadra si girarono immediatamente, bloccandosi per guardare Alex
che si limito ad alzare il pugno della mano destra con il pollice puntato verso
l’alto. Non ci fu altro da aggiungere, i quattro maghi e la strega si
lanciarono in una vertiginosa salita in verticale.
«E’ una pazzia !» gridò Sam. Una cacciatrice di talento del settimo
anno. Colonna portante della squadra, di cui faceva parte da almeno un lustro.
«Hyy…Haa!!!» gli fecero eco Teach e Luchas, i due battitori.
«Ale, giuro che
se ci rimetto la pelle, stavolta non la passi liscia! Il mio fantasma ti
perseguiterà da qui all’eternità! Ma soprattutto…» Matt si interruppe.
Non ci fu
bisogno di finire la frase, Alex già sapeva esattamente cosa stava per dire e
subito si immaginò la scena di una piccola strega dai capelli neri e ricci, più
somiglianti a un cespuglio che ad una vera acconciatura, stringergli il collo
nel tentativo di strangolarlo.
TU, ALEXANDER MULBERRY, STUPIDO INCOSCIENTE! COME
HAI POTUTO ANCHE SOLO PENSARE DI FARE UNA COSA COSÌ DANNATAMENTE PERICOLOSA!
Non ora.
Alex, bloccò sul
nascere quella fantasia su Valentine Vertuill, la sua migliore amica, nonché
ragazza di Matthew Rive, suo migliore amico. Tuttavia, nonostante lo sforzo di
restare attaccato al manico di scopa, non riuscì a trattenere un sorriso
pensando a Vall e alla lavata di testa che quella manovra azzardata gli sarebbe
sicuramente costata più tardi in sala comune.
Beh, non fasciamoci la testa prima di essercela
rotta. Magari tutto andrà per il meglio…
Quello fu il suo
ultimo pensiero perché, proprio in quel momento, i cinque grifondoro arrivarono
al culmine della salita. Perfettamente verticali a circa 150 metri di altezza,
tutti trattennero il fiato per un momento.
La vista da lì
era mozzafiato, tutto sembrava così piccolo, si poteva vedere chiaramente il
castello di Hogwarts leggermente spostato sulla sinistra. Sotto di loro, il
campo da Quidditch dentro il quale l’elegante formazione a V rovesciata dei Tassorosso
aveva ormai quasi superato la metà campo e sfrecciava veloce sullo sfondo verde
dell’erba. Ancora più a sinistra, si vedevano i lievi pendii delle colline
verdi poi, maestoso, si apriva il Lago Nero e a seguire la foresta proibita.
All’ improvviso quella strana impressione, come se la gravità non esistesse: tutto
sembrava muoversi al rallentatore, i suoi compagni di squadra parevano immersi
in una specie di melassa densa che ne rallentava ogni movimento, persino il
brusio degli spalti, che solitamente era assordante, non riusciva a
raggiungerlo lassù. Per un momento, Alex si beò di quella pace surreale. La
sensazione dello stomaco che gli schizzava in gola lo riportò velocemente alla
realtà.
Che ti è saltato in mente, si può sapere? Un Loop seguito da una picchiata verticale a rotta di collo da
più di 150 metri?
Era davvero una
follia. Una di quelle classiche cose che “o la va o la spacca” e in quel
particolare caso le conseguenze dell’ipotesi “la spacca” sembravano essere
particolarmente gravi. A conti fatti non gli sembrava più tanto una buona idea,
ma ormai non potevano più tirarsi indietro.
Galvanizzato
dalle urla di incitazione dei due battitori di poco prima, Alex spinse con
tutta la forza che aveva in corpo sui pedalini della sua vecchia scopa e, nel
contempo, con le braccia, tirò verso di sé il manico in modo da farle compiere
uno strettissimo giro della morte. Gli mancò il fiato e la vista gli si appannò
per qualche secondo, intanto, i suoi compagni lo seguivano a ruota.
Nel frattempo,
sugli spalti riservati ai grifondoro, tutti andarono in visibilio non appena
videro i cinque giocatori della loro squadra partire in quella folle ascesa
verso il cielo.
«Ed ecco Mulberry prendere quota seguito immediatamente da Luchas, MathiasTeach, la Rubinson e Rive. Per
tutti i maghi! Ma che diavolo hanno in mente quei cinque?» urlò JhonFrinnigan, uno studente del
terzo anno, nel cornetto degli altoparlanti posto sulla tribuna più alta della
curva dei Grifondoro.
«Signori… quasi
tutti i grifondoro, stanno… stanno… abbandonando il terreno di gioco, lasciano
campo libero per l’attacco dei Tassorosso»
Il povero Frinnigan non riusciva a trovare le parole per spiegare il
comportamento incomprensibile della squadra rosso-oro.
«Un…un momento.
NON VORRETE MICA DIRMI CHE HANNO DAVVERO INTENZIONE DI FARE QUELLO CHE SEMBRA.»
sbraitò nel microfono dopo un breve istante di incertezza.
Tutti gli occhi
del pubblico, anche quelli di buona parte dei tassorosso, erano fissi sui
giocatori della squadra di Grifondoro, che ormai erano arrivati al limite
massimo della salita.
«PER LA BARBA DI
MERLINO! LO HANNO FATTO!! LO STANNO FACENDO PER DAVVERO!» gridò Jhon, guardando gli incredibili giri della morte eseguiti
alla perfezione, sfociare in una picchiata terrificante che, come si poteva
facilmente immaginare, aveva come bersaglio finale i cinque attaccanti di
Tassorosso.
Solo una persona
fra il pubblico stava assistendo alla scena più preoccupata e in apprensione
che mai.
Oh, mio Dio! Si sono letteralmente bevuti il cervello
quei due!
Pensò Vall, mentre
con gli occhi al cielo assisteva a quello che molto probabilmente si sarebbe
trasformato, di lì a poco, in un clamoroso schianto al suolo del suo miglior
amico seguito a ruota, come sempre del resto, dal suo ragazzo.
Trattenne il
fiato, assistendo alle varie evoluzioni dei giocatori, ma a differenza degli
altri, non eruppe in un urlo di esultanza non appena li vide cadere in
picchiata a una velocità allucinante. Vall si alzò in piedi e, aggrappandosi
forte alla balaustra di fronte, con il cuore in gola e le unghie ben conficcate
nel legno, seguì istante per istante la folle discesa. Ormai ne era sicura, più
tardi gliene avrebbe cantate quattro a quei due sconsiderati!
Oh sì, poco ma sicuro.
Tuttavia, persino
lei avrebbe dovuto ammettere che l’idea era davvero geniale, completamente
folle, ma comunque geniale; per non parlare dell’incredibile quantità di
coraggio richiesta per la manovra. Sicuramente, dal punto di vista dei ragazzi,
la situazione doveva sembrare ben più spaventosa di quanto non apparisse a lei,
che la vedeva dagli spalti.
Purtroppo, dalla
sua posizione non riusciva a vederlo bene, il suo Matt. Subito se lo immaginò
nell’evoluzione con quel suo cipiglio sicuro, senza traccia di esitazione, che
tanto gli piaceva. Si stupì nell’arrossire un po’ a quella fantasia ma
soprattutto, al pensiero di come, anche dopo quattro anni che stavano insieme
lei avesse ancora quella reazione da dodicenne invaghita. Sorrise e i sui
lineamenti si distesero lievemente.
Veloci! Siamo DANNATAMENTE VELOCI!
La distanza che
separava Alex dal suolo, si stava riducendo ad un ritmo quanto meno allarmante
e lui faticava a mantenere salda la scopa, che vibrava come impazzita cercando
di disarcionarlo alla minima incertezza. Quella, non era neanche la parte più
difficile. La parte difficile, ne era sicuro, sarebbe venuta dopo, ma non era
ancora tempo di pensarci.
Il piano fino a
quel momento era riuscito: i Tassorosso accelerando la marcia totalmente
indisturbati, avevano ormai superato la metà campo, volando veloci a pochi
palmi dal terreno. Alex e gli altri non avrebbero dovuto far altro che
aspettare la repentina risalita della squadra avversaria che li avrebbe
condotti a tiro delle proprie porte.
Il passo
successivo consisteva nel piombargli addosso dall’alto come dei falchi in
caccia. L’idea era buona, ma le incognite erano ancora tante, prima e
impellente fra tutte, non schiantarsi al suolo!
Fu allora,
ancora in piena picchiata, che Alex notò a pochi centimetri dalla sua faccia un
minuscolo bagliore dorato sfrecciargli di lato.
Ma quello… MERDA! Dov’è quel moccioso di Potter?
Neanche aveva
finito di pensarlo quando dal nulla incrociò, quelle che a più di 200 kilometri-orari sembravano solo due indistinte macchie di
colore, una rossa e una gialla. Le due forme indistinte passarono in mezzo alla
formazione dei grifondoro. La prima, quella rossa, passò a circa venti
centimetri alla sua sinistra, senza ombra di dubbio quello doveva essere
Potter.
Molto bene ragazzo.
Pensò, poco
prima che la macchia gialla gli passasse a pochi, pochissimi centimetri di
distanza. Lo spostamento d’aria lo colpì in pieno e la sua scopa, come se non
stesse aspettando altro, lo sbalzò bruscamente facendogli perdere la presa del
piede sinistro dalla staffa.
Ecco ora ci rimango.
In quel momento,
molte cose successero nello stesso istante: Alex ricevette una fortissima
spallata da sinistra, che ebbe l’effetto di fargli riguadagnare la stabilità
sulla scopa. Avendo solo il tempo di voltarsi per un istante vide il volto di
Matt fargli un cenno con il capo, al quale rispose riconoscente alla stessa
maniera.
Nel frattempo,
la formazione a cuneo dei Tassorosso, capitanata da Alfred Mcbee,
uno strafottente del 5 anno, fece la sua mossa. D’improvviso tutti e cinque i
giocatori in giallo s’impennarono in direzione degli anelli ma, come previsto
da Alex nel suo piano rocambolesco, rimasero accecati per qualche breve istante
dai deboli raggi del sole di quella giornata di inizio Dicembre.
Quei pochi
secondi di stordimento furono più che sufficienti.
«Tutti!
Sceglietevi un bersaglio! Luchas, Teach…ORA!»
gridò Alex.
Immediatamente i
due battitori scagliarono i bolidi più potenti che si fossero mai visti, i
quali, complice l’incredibile velocità inerziale di chi li aveva scagliati,
schizzarono a bersaglio in meno di un secondo.
I Tassorosso non
poterono fare assolutamente niente, accorgendosi dello sbucare dei bolidi dal
disco solare solo pochi istanti prima che andassero a segno. Il Primo si
schiantò sulla scopa di Edward flethc, tranciandola
di netto con un sonoro “crack” appena dietro la sua schiena, laddove il manico
finiva e la spazzola iniziava. Il mezzo fuori controllo impennò violentemente,
facendo compiere allo sfortunato Edward una gran capriola su se stesso prima di
avere il tempo di cadere sull’erba del prato. Il secondo bolide, scagliato da Luchas, prese un leggero effetto a rientrare che colpì
Peter Peer in pieno petto, disarcionandolo. Il povero Peer rimase immobile lì
dove fu colpito, quasi come se avesse sbattuto contro un invisibile muro, ebbe
solo il tempo di abbracciare il bolide prima di cadere come una bambola di
pezza sul morbido terriccio, appena sotto le porte, mentre la sua scopa
continuava a svolazzare qua e là, per poi finire incastrata in uno degli anelli
delle porte.
La formazione
dei Tassorosso entrò nel caos, mentre quella di Grifondoro, impegnata in una
cabrata da mozzar il fiato, incombeva su di loro. Subito Alex individuò Mcbee, il portatore della Pluffa,
e impostò con la scopa una traiettoria di intercettazione.
Troppo… Troppo veloce.
Pensò di nuovo
Alex iniziando a cabrare.
In un istante,
si sentì schiacciare contro il manico di scopa. Gli sembrava di avere una
dozzina di quegli enormi scaffali della biblioteca carichi di libri sulle
spalle. Si sbilanciò leggermente sulla staffa destra, schiacciato dal suo
stesso peso, e inizio una manovra a vite semi incontrollata che lo portò a meno
di un palmo dal suolo prima di riuscire a recuperare il controllo, parecchi
metri oltre la metà campo avversaria mancando il bersaglio.
Ai suoi compagni
andò leggermente meglio: Luchas e Mathias
ingaggiarono i due battitori di Tassorosso in uno scontro fra bolidi e Matthew
riuscì a mantenere il controllo.
L’unica a cui
andò male fu alla minuta Sam che, poco prima di schiantarsi al suolo con scopa
e tutto, si lanciò in quello che avrebbe dovuto essere una specie di placcaggio
ai danni di Alfred Mcbee, il quale, poco prima si era
frapposto per errore nella sua traiettoria, cercando di scansare la manovra di
Alex.
Lo scontro fu
micidiale. Sam, Alfred e la pluffa si schiantarono a
terra fra i boati di protesta dei Tassorosso.
Sì, quello era
decisamente un fallaccio. 5 punti in meno a Grifondoro, come minimo, ma nessuno
di sicuro lo avrebbe mai fatto pesare alla Rubinson,
anzi….
In quel momento
sopraggiunse Matt che, inclinandosi a destra sulla scopa allungò il braccio e
raccolse la pluffa da terra, in quella che fu davvero
una manovra degna di un manuale di Quidditch.
Un boato di
esultanza.
«Grifondoro
riacquista la pluffa! I cacciatori di Tassorosso sono
tutti a terra e, credo che il povero Peer ci rimarrà ancora per un bel po’!»
urlò jhon negli altoparlanti, prima di ricevere una
sonora gomitata nei fianchi da parte dalla preside McGranitt.
«Contegno signor
Frinnigan, Contegno!» lo redarguì la preside, non
riuscendo tuttavia a nascondere un tagliente sorriso furbo.
«Mi scusi
Professoressa» disse goffamente Jhon.
Nel mentre,
l’azione sul campo proseguiva e Alex si ritrovò solo, dopo la metà campo
avversaria. Riguadagnando qualche metro di altitudine, vide Matt arrivargli
incontro stringendo la pluffa. Un bolide intanto
scappò dalla guardia di Teach e si diresse verso Matt
che, per schivarlo fece una manovra a vite a trecentosessanta gradi e mentre si
trovava esattamente sottosopra, lanciò la pluffa
verso l’alto e con un calcio la tirò nella direzione di Alex che la prese con
mani sicure.
«Bel lancio!» urlò
Alex, iniziando subito l’avvicinamento finale verso le porte di Tassorosso.
Solo Clare Strongarm, il portiere avversario, si
frapponeva fra lui e dieci agognatissimi punti.
Non avrebbero di
certo vinto la partita con quella azione a dir poco rocambolesca ma, c’era
anche da dire, che i due terzi della squadra avversaria erano K.O.
«ALEX!» gridò
qualcuno alle sue spalle, facendogli gelare il sangue nelle vene.
Ad urlare era
stato Luchas e appena Alex si girò, vide un bolide
comparire e subito dopo, sparire dal suo campo visivo. Lo spostamento d’aria
gli avrebbe sicuramente scombinato i capelli se non li avesse tenuti cosi
dannatamente corti. La cosa peggiore fu scoprire che il pericolo non era ancora
terminato.
Ormai era a
portata di tiro per infilare la pluffa quando, con la
coda dell’occhio, vide un secondo bolide sfrecciare dietro di lui. Troppo tardi
per schivarlo, venne colpito impietosamente alla coscia sinistra avvertendo
subito un dolore lancinante accompagnato da un leggero “cronch”.
La gamba si era sicuramente rotta e inviava un costante segnale di dolore al
suo cervello. Alex perse velocemente lucidità e ormai allo stremo delle forze,
abbozzò un tentativo di scartata a sinistra per guadagnare una posizione di
vantaggio per il tiro. Clare si scansò vedendolo arrivare, non tanto per
impedirgli di segnare ma, più che altro, per tentare di schivare il bolide che,
dopo aver rimbalzato sulla gamba dell’avversario, si stava dirigendo verso di
lei.
La porta è vuota…Tira!...Tira…dannazione!...TIRA
QUELLA PLUFFA!
La voce nella
testa di Alex si trasformò presto in un vero e proprio urlo e lui, col poco di
lucidità rimastagli, eseguì un maldestro tiro.
Ormai a
pochissimi centimetri dalla porta la pluffa scivolò
negli anelli, più per inerzia che per altro.
«E GRIFONDORO
SEGNA 10 MAGNIFICI PUNTI!» si sentì dagli altoparlanti, subito dopo eruppe un
clamoroso scoppio di esultanza dalla curva rosso-oro.
Distratto dal
clangore improvviso e complice la notevole velocità, Alex non fece in tempo a
ritrarre l’avambraccio che si infranse contro l’anello metallico. Un altro “cronch”, anzi due, in brevissima successione e l’arto
assunse una strana, ed innaturale angolazione. Il dolore fu troppo intenso e
improvviso da poter sopportare e Alex, imitò la caduta a “bambola di pezza” del
suo collega Peer rovinando sulla sabbia morbida sotto le porte di Tassorosso.
Le ultime cose
che sentì prima di perdere totalmente l’uso di qualsiasi senso furono: un boato
di esultanza che fece tremare letteralmente la terra sotto di lui, seguito
subito dopo, dal lungo e prolungato fischio magico della Signorina Tirion, arbitro e responsabile del Quidditch a Hogwarts.
La partita era
finita. Qualcuno nel frattempo aveva catturato il boccino d’oro.
Era stato Potter?
Si domandò Alex,
nei deliri di incoscienza…
«Ab-b… abb…ia…mo,
vin…to?» riuscì a farfugliare prima di perdere completamente i sensi.
Questo capitolo, lo dedico a mia
sorella Elena e alla mia amica Valentina che, inconsapevolmente, hanno dato il
via a questa storia.
Un ringraziamento speciale anche a Dray_95,e al validissimo Ser Balzo. Con il loro buon cuore, mi ha fatto notare alcuni difetti che spero di
aver eliminato. Grazie, spero che continuerete a leggere le mie storie!
Quando Alex si svegliò, il sole era già calato da un
bel pezzo. L’ambiente in cui si trovava era ampio e fiocamente illuminato dalla
luce delle candele magiche sospese a mezz’aria. Riconosceva quel luogo che
negli anni, grazie al Quidditch, aveva avuto più di un’occasione di visitare.
Era nell’ infermeria di Hogwarts.
E
pensare che fin da piccolo ho sempre odiato gli sport, soprattutto quelli
Babbani.
Nella sua mente si fece largo la figura di un se
stesso molto più giovane: aveva all’incirca 8 o 9 anni, magro come un chiodo,
capelli neri come la pece. Era su un campo da calcio babbano
e suoi occhi nocciola chiaro schizzavano da una parte all’altra cercando di
tenere traccia del pallone che rimbalzava fra le gambe dei sui compagni. Faceva
un gran freddo e lui tremava quando, da bordo campo, fu scosso da un vocione.
«DAI MUOVITI! NON STARTENE LI IMPALATO!»
Era la burbera voce di suo nonno materno che, con la
complicità di tutta la famiglia, da lì a qualche anno stava cercando di
iniziarlo al calcio, gioco di cui lui era grande appassionato. In quel momento
il suo braccio destro era alzato e la mano aperta con fare intimidatorio. Alex
ricordò di aver provato un grande panico: cosa doveva fare? Non ne aveva idea.
Cercando di ricacciare i tremiti del freddo corse incontro ai suoi compagni di
squadra i quali non appena lo videro, gli passarono palla.
Ommio Dio! E ora che faccio? A chi la
passo?
I suoi dubbi comunque non durarono a lungo: un
ragazzo della squadra avversaria, molto più alto di lui, intervenne rubandogli
la palla.
«NOOOO! MA CHE DIAMINE COMBINI?»
Urlò di nuovo il nonno dagli spalti con una faccia a
metà fra l’indignato e il deluso.
Subito dopo il ricordo svanì cosi come era venuto e
Alex, scuotendo leggermente la testa, tornò alla realtà al presente, al suo
magnifico presente magico.
In
effetti tutto quello è successo prima del mio undicesimo compleanno.
Si disse, riacquistando lucidità.
Già il suo undicesimo compleanno, Il più bello della
sua vita. Ricordava ancora perfettamente ogni minimo dettaglio: la civetta che
aveva consegnato la lettera e l’incredulità della sua famiglia, che fino
all’ultimo non volle accettare una parola, poi la visita della preside
McGranitt che fu l’unica che riuscì a convincere i suoi genitori.
«Vostro figlio, cari signori Mulberry, è speciale.
La scintilla magica è presente in lui, sicuramente l’avrete notato anche voi
nel corso della sua infanzia» disse la preside agli sbigottiti genitori di
Alex.
In effetti, con senno di poi, c’erano stati episodi
risalenti alla tenerissima età del loro primo genito. Più che altro
piccolissime cose: Biberon bollenti che diventavano ghiacciati non appena lui
li toccava, piccoli oggetti che si spostavano leggermente. Nulla di eclatante
ovviamente, anche se una volta la signora Tissich, nonna materna di Alex, aveva
convinto il marito a far visitare la casa dal parroco locale per farla
esorcizzare. I fenomeni tuttavia erano cessati solo al compimento dei tre anni
del figlio, per poi ricomparire poco dopo la nascita di Ellen, seconda genita
dei coniugi Mulberry. Fatto che per altro, avvisò la Preside McGranitt, faceva
presupporre quasi sicuramente che anche nella piccola albergasse la scintilla.
Alex sorrise e crogiolato dalle belle sensazioni che
quei ricordi gli davano, inspirò profondamente ma venne subito trafitto da un
lancinante dolore al costato il quale lo obbligò a ridestarsi completamente.
Aprendo gli occhi cercò di farsi un quadro completo delle sue condizioni, la
gamba e il braccio sinistro erano fasciati e steccati.
Madam Bartholomew, l’infermiera della scuola, doveva
aver fatto un lavoro davvero egregio perché, a parte una piccola sensazione di
prurito negli arti feriti, non avvertiva nessun altro dolore. Il vero problema,
proveniva da una stretta fasciatura che gli immobilizzava completamente il
torace dandogli un fastidioso senso di oppressione, togliendogli un po’ il
respiro.
«Lasciala stare» esordi Madam Bartholomew, che si
era avvicinata di soppiatto notando che Alex si stava grattando la fasciatura
del braccio sinistro.
«Mi…mi scusi» disse lui, scosso per il piccolo
spavento, non avendola sentita arrivare. «E’ che prude terribilmente»
«Certo che prude signor Mulberry! Cosa si aspettava
di provare da un braccio e una gamba spezzati? Per non parlare delle tre
costole che si è rotto e della lieve commozione celebrale che ha riportato in
seguito alla caduta» rispose l’anziana signora.
Ecco
spiegata la fitta al costato.
Era davvero così messo male? Si, si sentiva un po’
ammaccato e ogni tanto gli arrivavano piccolissime fitte di dolore da varie
parti del corpo ma, tutto sommato, nulla di grave.
Per
fortuna che le cure magiche sono di gran lunga più efficaci delle loro
controparti babbane.
«Mi vuol dire, per la barba di Merlino, a cosa stava
pensando quando ha deciso di volersi schiantare contro un palo di metallo, a
bordo di una scopa lanciata a più di 100 kilometri
orari?» continuò Madam Bartholomew, interrompendo il flusso dei pensieri di
Alex.
«Ho visto Troll di caverna comportarsi in maniera meno
scriteriata signor Mulberry» rincarò con aria greve.
Il tono sbrigativo con il quale gli erano appena
state riassunte le dinamiche dell’incidente, lo sguardo severo dipinto sul
volto dell’infermiera e l’azzeccato paragone, fecero sentire Alex tremendamente
stupido.
Non
è andata proprio così! Avrebbe voluto ribattere, ben
sapendo che in realtà le cose erano proprio andate in quel modo.
«Per non parlare della strage che ha provocato!»
aggiunse Madam Bartholomew.
Alex fissò con aria interrogativa la vecchia
infermiera, le ricordava tanto una di quelle crocerossine della seconda guerra
mondiale che aveva visto alla Tv babbana.
Solo dopo, il suo sguardo cadde sul resto
dell’infermeria. Il letto a fianco al suo era occupato da una raggiante
Samantha Rubinson che sfoggiava un’ingombrante gessatura al braccio desto e una
fasciatura a scodella sul capo dalla quale spuntava qualche ciuffo di capelli
color rosso cremisi. La ragazza portava di nuovo quei suoi grandi occhiali da
vista stile anni sessanta che tanto erano tornati di moda in quel periodo. Ad
Alex non erano mai piaciuti un gran che, li riteneva “una stupida moda”,
soprattutto dopo aver visto più di uno studente portarne un paio con delle
inutili lenti neutre, non gli erano mai piaciuti gli sfoggi di pura vanità.
Tuttavia sul volto minuto di Sam stavano davvero bene, gli incorniciavano il
viso donandogli un aria sbarazzina che lui aveva sempre trovato buffa e
accattivante inoltre lei, li portava per necessità e quindi era in qualche modo
scusata. La ragazza era assorta nella lettura una rivista: “Quattro manici di
scopa”, l’equivalente Magico di una rivista di auto sportive babbane, quando si
voltò e incrociò lo sguardo di Alex.
«Ben svegliato Berry!» esclamò lei raggiante!
Berry. Quel maledetto soprannome. Gli lo
appiopparono quando entrò a far parte della squadra di Quidditch quattro anni
fa e da quel momento non gli si staccò più dosso. Solo dopo aver accettato la
carica di capitano al inizio dell’anno riuscì (finalmente) a farne limitare
l’uso ai soli membri della squadra con la sola eccezione di Vall che ogni
tanto, usava quel nomignolo per sfotterlo ben conscia di mandarlo su tutte le
furie.
Ma
che mi prende? Direi che non è il caso di arrossire di fronte a Sam,
considerando che ho anche tentato di ucciderla oggi pomeriggio.
.E poi lo sai che è anche impegnata!
L’istante di indecisione fu spezzato dalla breve
risatina divertita di Sam.
Oddio,
non si sarà mica accorta. Di qualcosa! Qualsiasi cosa! Si
maledisse Alex, fra sé e sé.
«Ehm…» tossicchiò, cercando di schiarirsi la voce
«Come...come è finita? Abbiamo vinto?»
Disse in fine, riacquistando la sua naturale
sicurezza. Samantha rispose con un’altra risata di genuino divertimento.
«Si Si Berry, abbiamo vinto. James ha preso il
boccino pochi secondi dopo il tuo clamoroso schianto. Ah comunque, quella
manovra…»
Ecco
ci siamo, ora anche lei me ne dice quattro.
«Sul serio, ma da dove l’hai tirata fuori. E’…è
stata l’azione più spettacolare che io abbia mai visto! Sai Berry, sono davvero
contenta di averti come capitano» concluse, lanciando un ammiccante occhiolino
ad Alex che stavolta avvampò letteralmente lusingato dal complimento di una
veterana come lei.
«Grazie, grazie Sam, davvero, mi lusinghi.» rispose
in una piccola risata imbarazzata. «Piuttosto mi spiace per il tuo braccio,
sembra piuttosto messo male»
Samantha guardandosi l’ingessatura, che partiva
dall’attaccatura della spalla fino ad arrivare a metà del palmo, rispose:
«Oh non preoccuparti per me, sto benone» poi,
lanciando un’occhiataccia all’altra parte della stanza, «C’è chi è messo
peggio» aggiunse.
Seguendo lo sguardo della compagna, Alex notò che i
letti di fronte a lui erano occupati dai tre tassorosso che avevano avuto la
peggio durante la partita quel pomeriggio. Si senti subito un po’ in colpa a
quella vista, in fondo, erano tutti lì a causa del suo discutibile piano di
difesa. Per fortuna ora tutti stavano bene, chi meglio di altri, e nessuno ci
aveva rimesso le penne. Questo bastò per mettere a silenzio la sua coscienza.
«Non sai che soddisfazione ho provato nel saltare
addosso a quel pallone gonfiato di Mcbee. Una spalla lussata e un polso rotto
sono un prezzo che pago volentieri» incalzò Sam.
«Per non parlare dei quindici punti in meno per la
casa dei Grifondoro» aggiunse con non curanza Madam Bartholomew che era sempre
stata li nei dintorni, affaccendata nel controllare fasciature e mischiare fra
loro ingredienti presi da piccole fiale sparse qua e là. Alex notò un velo di
sconforto turbare il volto di Sam, per poi vederlo tornare alla normalità
l’istante successivo. Mrs Tirion era stata davvero
severa nel valutare l’ammontare della punizione per l’azione fallosa della
Rubinson.
Solitamente per questo genere di cose, si
sottraevano cinque punti, dieci nei casi più gravi, ma anche con i quindici
punti in meno per l’azione irregolare, a Grifondoro spettavano ancora ben
cinquanta punti della “Coppa della Case” in più, era dai tempi del famoso Harry
Potter, padre di James, il nuovo cercatore della squadra, che i Tassorosso non
perdevano uno scontro con Grifondoro. Alex fece notare tutti questi
incontrovertibili fatti a Sam che si risollevò subito di morale.
«Immagino tu abbia ragione» rispose lei, simulando
un aria autoritaria per mascherare una risata di genuino divertimento. I due ragazzi
si fissarono seri per un breve istante per poi scoppiare in una soffocata
risata di complicità, subito interrotta dai richiami allarmati di Madam
Bartholomew.
«Mulberry, Rubinson! Questa non è la sala comune di
Grifondoro!» disse lapidaria l’infermiera.
In quello stesso istante, come se la situazione
fosse stata programmata appositamente per far saltare i nervi della povera
guaritrice, il piccolo portone dell’infermeria sbatte vigorosamente, riempiendo
la stanza del clangore metallico dei battenti in ottone. Due figure si stavano
avvicinando a gran velocità verso la branda di Alex il quale le riconobbe
immediatamente. Erano Valentine, che avanzava con sguardo assassino, seguita
dal ragazzo, Matthew.
Il passo marziale e i lineamenti contratti del viso
di lei, incorniciato da un rigoglioso cespuglio di ricci capelli neri,
ricordarono a Alex quelli di un leone in caccia. Era sicuramente venuta per
finire quello che lui non era riuscito a fare. L’avrebbe sicuramente sbranato,
la conosceva così bene, se lo sentiva, ma del resto l’aveva messo già in conto.
Sapeva quanto fosse apprensiva Vall nei suoi confronti, per non parlare di
quelli di Matt, ma era anche per questo che gli voleva bene. Era la sua migliore
amica.
Si conobbero sul treno per Hogwarts il loro primo
anno. Non fu difficile diventare amici, entrambe erano dei “nati babbani” e sul
treno non fecero altro che fantasticare su cosa li avrebbe attesi da lì a poco.
Vall, si era appena trasferita in Inghilterra con sua madre e suo fratello da
un piccolissimo paesino del Nord Italia, ai confini con la Francia. Già a
undici anni parlava correntemente tre lingue: Francese, Italiano e Inglese e
nello scompartimento del treno, non la smise nemmeno per un istante di porre
domande su domande con quel suo lieve accento franco/italiano che Alex trovò
tremendamente buffo.
«Ma tu hai idea di dove si trovi Hogwarts?»
«Ma siamo sicuri di aver preso il treno giusto?»
«Il biglietto! Santo celo, dici che controlleranno il
biglietto su questo treno? Io non ce l’ho, non c’era nella lettera di
ammissione! E se il gufo l’ha perso?! NO! Mi espelleranno di sicuro!»
Alex cercò davvero in tutti i modi di
tranquillizzare l’amica appena conosciuta ma purtroppo alla maggior parte delle
domande che poneva, nemmeno lui aveva una risposta. Alla fine per disperazione,
rincorse la signora del carrello dei dolciumi e nella speranza che la ragazza
non potesse parlare anche con la bocca piena, tornò da lei con un paio di
cioccorane e due bastoncini di liquirizia non sapendo quali dei due avrebbe
gradito. Quando la ritrovò, nello scompartimento non era più sola. Un ragazzo
di Grifondoro del secondo anno, era seduto accanto a lei e stava rispondendo a
molte della sue domande. Si trattava del giovane Matthew Rive.
Tutti e tre insieme iniziarono a scartare i dolci
portati da Alex che, all’interno della prima cioccorana di tutta la sua vita,
trovò una figurina animata di Albus Silente. Pur ignorando del tutto l’identità
di quel mago che sorrideva pacifico nella figurina, non rimase indifferente
allo stupore di vederlo muoversi liberamente all’interno dell’immagine, quasi
fosse vivo. Anche Valentine ebbe una reazione simile fissando a bocca aperta,
per dieci minuti buoni, la sua figurina di Hermione Granger, all’epoca il più
giovane membro del Wizengamot della storia della magia inglese e attualmente
Viceministro della Magia.
Dovette intervenire Matthew per ridestare i due
giovanissimi apprendisti maghi dalle loro rispettive fantasie. I tre per tutto
il resto del viaggio non fecero che parlare di Hogwarts e del mondo magico in
generale, gettando le fondamenta per quella che poi diventò un incrollabile
amicizia e che, per Vall e Matt, l’anno seguente si trasformò in qualcosa di
più.
«Vall, ti prego calmati» disse Matt, con un lieve
tono di disperazione nella voce che fece ripiombare Alex nel presente.
«Per tutti i numi! E ora che diamine succede!» inveì
Madam Bartholomew
«Ci scusi Madam, non volevamo disturbare. Eravamo
solo curiosi di sapere come stava Alexander» tentò di scusarsi Matt.
«Parla per te!» sibilò Vall, fulminando con lo
sguardo il compagno.
I due erano ormai giunti ai piedi del letto di Alex
che poté constatare da vicino lo stato di alterazione dell’amica.
Caspita,
stavolta è grave pensò, ricordandosi di averla vista
solo in pochissime occasioni con quell’espressione.
«Oh andiamo sei stata tu a insistere per venire fin
qui e adesso? Che vuoi fare?» disse Matt in risposta.
Vall arrossì vistosamente. Il suo Bluff era già
stato smascherato e furente lanciò un occhiataccia prima al suo ragazzo, che
rispose con un risolino nervoso, poi ad Alex, che a stento si trattenne
dall’esplodere in una risata.
Anche con quell’espressione truce in volto, che
all’amica poco si addiceva per la verità, riusciva comunque a leggere nei suoi
occhi un sentimento di genuina preoccupazione che in sei anni di
quasi-convivenza aveva imparato a conoscere così bene ma che ora era sepolto
sotto uno strato di finta indignazione.
«Comunque il signor Mulberry sta benissimo» disse
con orgoglio Madam Bartholomew, evidentemente compiaciuta dal suo stesso
lavoro.
Il volto tirato di Vall si distese in maniera
impercettibile.
«Beva questo, è un lieve antidolorifico. La pozione
salda-ossa che le ho somministrato in precedenza dovrebbe già aver fatto
effetto. Anzi, direi che la steccatura alla gamba si può già rimuovere. L’osso
non era spezzato ma solo lievemente incrinato» continuò la guaritrice, passando
una piccola fialetta marroncina a Alex che ne trangugiò il contenuto in un solo
fiato.
Il liquido era terribilmente amaro ma in fondo, il
retrogusto era gradevole, gli ricordò il sapore delle caramelle al rabarbaro
che sua nonna glia dava da piccolo. Si sentì subito rifrancato dal tepore di
quel ber ricordo e impiegò qualche secondo per rendersi conto dell’aria ebete e
svanita che aveva assunto, per l’effetto della pozione.
Nel frattempo Matt, lo stava fissando con aria
incuriosita.
«Che sapore ha Ale?» gli chiese.
«E’ amara…molto amara, ma il retrogusto non è male,
mi ricorda quello delle caramelle che mi dava mia nonna da piccolo»
«Strano però, quelle non erano amare» concluse Alex
un po’ confuso da quella domanda.
Sul viso di Matt comparve un gran sorriso, di quelli
di chi la sa lunga e con tono professionale disse: «Essenza di Passiflora e
estratto di Gorgona?»
«Indovinato ragazzo, cinque punti a Grifondoro per
il suo acume, Signor Rive» rispose Madam Bartholomew visibilmente compiaciuta.
Matthew invece, non era ancora del tutto convinto e insistette:
«Madam, ha per caso aggiunto un fondo di
Ricorda-sempre?» disse, dando forma alle sue ipotesi.
«COSA ?! Ma è impazzita!...
Non è un potente veleno?» proruppe Vall, alzando la voce.
Alex sgranò gli occhi guardando prima Madam Bartholomew
e poi l’amica, iniziando a tossire platealmente mentre il senso di tranquillità
che la pozione gli aveva infuso fu sostituito da un una terribile ansia,
accompagnata da una buona dose di incredulità.
L’infermiera, era sempre stata scontrosa e poco
gentile, con quei suoi modi un po’ prepotenti, ma nel corso degli anni e delle
innumerevoli visite di Alex in quel luogo, né lui ne altri, si erano mai
lamentati anzi, erano stati tutti rimessi in sesto in men che non si dica dalle
sue abili mani. Non era proprio possibile che fosse impazzita tutto in un colpo
e stesse cercando di avvelenare i suoi pazienti. Madam Bartholomew nello stesso
istante gonfiò il petto e le sue guance diventarono di un bell’color porpora,
molto simile per gradazione ai capelli di Samantha Rubinson, assumendo un’aria
di vera indignazione lanciò un occhiata di fuoco a Vall ma, poco prima di
sbottare, Matt intervenne catturando la sua attenzione.
«Si beh, la Ricorda-Sempre
ha la capacità di indurre chi la assume a rivivere esperienze passate e se
somministrata in quantità, può far perdere la cognizione di ciò che è vero e
ciò che è ricordo. In casi estremi può condurre alla follia» spiegò rapido.
«Ma se dosata con estrema attenzione, risulta essere
un efficacissimo rilassante e antidolorifico» concluse.
Sia Alex che Vall tirarono un lungo sospiro di
sollievo. Anche Madam Bartholomew parve tornare in sé e disse:
«Ancora una volta mi stupisce signor Rive, dove ha
imparato così bene le proprietà di una pianta rara come la Ricorda-Sempre? Ha forse intenzione di trovare lavoro al San-Mugo
l’anno prossimo?»
«In effetti si, madam: in realtà, spero proprio di
superare la selezione per il reparto di “Ricerca magica e Sviluppo” del
San-Mugo dopo l’esame da M.A.G.O. alla fine di quest’anno» poi, continuando la
sua spiegazione: «Per quanto concerne la pianta invece, ne ha parlato il
professor Robbins a lezione di Erbologia avanzata.
Era un seminario in preparazione dei test ministeriali d’ammissione alla
pratica di ricercatore» rispose Matt, con una punta di orgoglio nella voce.
«Vivissimi complimenti a lei dunque! Ha scelto di
intraprendere una nobile professione» si congratulò Madam Bartholomew, poi
spostando lo sguardo su Vall.
«In quanto a lei, Signorina Vertuill. Dovrebbe
prendere esempio dal su ragazzo in quanto a modi, e non saltare subito alle
conclusioni!»
«Mi vedo costretta a sottrarre cinque punti a
Grifondoro, per il suo comportamento sconsiderato! Che, a quanto pare è sintomo
comune di voi Grifondoro» sentenziò, facendo passare il suo sguardo tagliente
anche su Alex, che di quella situazione era stato vittima inconsapevole.
Vall dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo
per non saltare addosso a quella vecchia megera. Lei non aveva fatto altro che
esprimere le sue preoccupazioni! Anzi avrebbe dovuto essere lodata, anche solo
per aver riconosciuto la pianta e il suo effetto principale. Dopo tutto non era
nemmeno materia di studio del suo anno, lo aveva letto negli appunti di Matt
qualche settimana prima mentre risistemava le sue cose.
Strinse forte i pugni e fece per aprire la bocca per
sbraitare in faccia a quella babbiona. Avrebbe voluto urlargli quanto era stata
ingiusta prendendosela con lei, ma le parole le morirono in gola. L’unica cosa
che riuscì a fare fu fissare in cagnesco Madam Bartholomew che sostenne il suo
sguardo senza proferir parola. Alex guardando la scena, avrebbe giurato star
assistendo ad un combattimento fra cobra che immobili si studiano l’un l’altro
prima di sferrare i loro micidiali attacchi. A quel punto, decise che era il
momento di allentare la tensione.
«Madam?» disse timidamente, senza ottenere
attenzione.
«Madam Bartholomew!» insistette, alzando leggermente
il tono di voce. L’infermiera voltò lo sguardo verso di lui e attese.
«La mia gamba, la fasciatura… ha detto che ora si
poteva togliere»
«Sa sono molto stanco e mi piacerebbe fare ritorno
nel mio letto» disse Alex, col tono più persuasivo che gli riuscì in quel
momento.
«Si certo come no» sibilò la guaritrice poco
convinta.
Dopo pochi minuti la sua gamba fu completamente
libera dai vincoli della steccatura e con le ultime raccomandazioni da parte di
Madam Bartholomew, lui fu libero di abbandonare l’infermeria sostenuto appena
dai due amici che lo aiutarono a compiere i primi passi.
Appena prima di uscire Alex si voltò per salutare
Sam. Lei aveva assistito a tutta la scena del finto avvelenamento trattenendo a
stento delle sonore risate tuttavia, quando i loro sguardi si incrociarono,
rispose al saluto con un altro ammiccante occhiolino facendo arrossire il
ragazzo da capo a piedi per la seconda volta.
«Mi ci vuole decisamente una Burrobirra per
concludere questa giornata!» disse Alex con un filo di voce, girandosi di
colpo. Il movimento repentino e lo strano timbro della voce dell’amico,
attirarono l’attenzione di Vall che guardandolo in faccia notò il discredo
colorito rossastro delle sue guance.
«Che diamine ti prende adesso, si può sapere?»
punzecchiò lei.
«Cosa?...Chi?...» rispose Alex sornione.
Come fulminata da un intuizione, anche Vall si girò
di spalle vedendo gli occhi di Samantha Rubinson ancora puntati sull’amico. Il
suo cervello non impiegò molto per unire i puntini.
«Davvero Berry? Proprio non cambi mai!» disse in
tono canzonatorio, tirandogli nel contempo un delicato buffetto al fianco.
«Ahi! Ma sei impazzita?!» disse allegro Alex, sapendo
che l’amica aveva già intuito tutto.
«Si! Voi due mi avete fatto impazzire di spavento oggi!» rispose Vall,
fingendosi amareggiata.
I tre ragazzi si guardarono l’un l’altro per un
istante prima di scoppiare in una risata liberatoria che sciolse qualsiasi tipo
di tensione.
La
torre di Grifondoro era ormai semideserta quando i Tre ragazzi arrivarono. Era
ormai mezzanotte passata e i segni della festa in onore della vittoria della
squadra di Quiddithc erano ovunque. C’erano bicchieri
di carta su ogni mobile; coriandoli rossi, gialli e stelle filanti sparpagliati
su tutto il pavimento. Le bottiglie vuote di burrobirra erano sparse qua e là,
decorando i tavolini attorno al grande camino centrale della sala.
Gli
unici ritardatari che Alex riconobbe furono Albert Newt e la sua ragazza,
appartati su un divanetto che si affacciava su una grande finestra ovale da
dove si poteva ammirare il magnifico lago nero, illuminato appena dalla luna.
La vista doveva essere molto romantica e un moto di gelosia, mista a una forte
dose di nostalgia, strinsero per un secondo il cuore di Alex prima di essere
subito ricacciati e rinchiusi a chiave nella fortezza che col tempo, si era
costruito nel petto. Anche dopo due anni, di attenta e scrupolosa repressione,
quei sentimenti scomodi ogni tanto trovavano il modo di riaffiorare in
superfice fino a lambire la parte cosciente della sua mente.
«Guarda
qua che disastro!» disse Vall «Le persone sono proprio insensibili. Fanno festa
tutta la notte e lasciano immondizia ovunque, tanto poi si sa, chi pulisce sono
gli elfi domestici»
«Beh,
Vall potresti sempre scrivere una lettera di protesta a quelli del C.R.E.P.A.»
la canzonò Alex, volendosi un po’ vendicare per il colpo al costato di poco
prima.
«L’ho
già fatto, cosa credi!» rispose lei con tono serissimo, non cogliendo la
battuta.
Alex
stava per ribattere, ma la sua attenzione fu attirata da Matt che guardandolo
allarmato, si passo la mano due volte sotto il collo in segno di tagliar corto.
Il messaggio fu recepito e Alex lascio cadere ogni intento bellicoso sapendo
bene che l’argomento C.R.E.P.A. destava accesi dibattiti fra lui e Vall, che ne
era una grandissima sostenitrice.
In
quel momento dalla penombra della sala sbucarono due studentesse del primo anno
che corsero verso i dormitori femminili ridacchiando, fissando Alex per tutto
il tragitto.
«Che
avranno avuto da ridere quelle due» disse lui stizzito.
«Hehe,
forse non hai ancora visto come sei conciato» osservò ironico Matt, mentre
aiutava la sua ragazza a separare i bicchieri di carta dalle bottiglie di vetro
vuote.
Alex,
si rese conto di aver ancora indosso la divisa da gioco, una lunga tunica rossa
bordata d’oro sporca del verde dell’erba e ricoperta in più punti da macchie di
fango ormai secco. In effetti non doveva essere un bello spettacolo alla vista,
con indosso quella divisa logora, senza contare la fasciatura al braccio e il
fatto che non si faceva un bagno da più di 24 ore.
«Non
è per quello!» disse Matt, vedendo l’amico annusarsi un lembo della divisa con
aria sospetta «Forse dovresti voltarti» aggiunse.
Appena
lo vide Alex restò a bocca aperta. Un enorme striscione che recitava: “Ave al
famigerato Mulberry volante”, torreggiava sopra il camino della sala comune.
Sotto di esso, a sinistra del focolare, saltava all’occhio un cartonato animato
che lo ritraeva con indosso un giubbotto di pelle con un ampio colletto
triangolare di pelliccia. Al collo portava una sciarpetta bianca di seta, che
ovviamente, in quel momento stava svolazzando al vento. Per completare l’opera,
in testa portava un caschetto di cuoio completo di paraorecchie e occhialetti
da aviatore. Il Suo sosia stringeva nella mano sinistra una pluffa,
mentre al braccio era appoggiata una scopa da corsa. Con l’altra mano invece
continuava a salutare, indicando qualcuno di invisibile davanti a se ammiccando
e sorridendo in continuazione con una posticcia aria da Don Giovanni in volto.
«Mah
che diavolo…» riuscì a dire dopo qualche minuto di sgomento.
«Opera
di Luchas e Andrew» rispose Matt, alzando un attimo il capo dalla sua pila di
bottiglie vuote.
«Davvero
una bella fattura fra l’atro. Il dettaglio è molto alto e anche i movimenti
sembrano naturali» sentenziò Vall, che si era fermata davanti al cartonato,
osservandolo da vicino.
«Non
avrei mai creduto che quei due fossero in grado di eseguire un incanto del
genere, in così poco tempo per giunta» concluse, trascinandosi via un sacco
pieno di bottiglie di vetro.
I
cardini del quadro della signora grassa cigolarono, e dal breve corridoi che
separa l’ingresso dalla sala comune, sbucò la sagoma di Luchas con due cassette
di burrobirra fra le braccia.
«Ehi,
Ale come va?! Ben tornato fra i vivi!» disse scherzoso.
«Tu!
Ma a che diavolo pensavi quando hai incantato quel coso!» rispose Alex in un
sibilo, rivolto all’amico «Oh, oh questa non me la passi liscia»
«Hehe,
visto che bello. L’ha comprato Andrew settimana scorsa a Hogsmeade, io ho solo
avuto l’idea del cappello e della sciarpetta» rispose Luchas ridacchiando…
«Fantastico,
adesso mi dovrò sopportare un altro ridicolo nomignolo fino al diploma?» sbuffò
Alex, che intanto aveva notato l’etichetta della locanda dei tre manici di
scopa, impressa sulle casse che portava l’amico «Ti perdonerò solo se mi dici
che hai ancora qualche burrobirra in quelle scatole»
Luchas
fissò prima l’amico, poi le scatole e disse sorridendo….
«Cosa?
Queste !? Mi spiace Ale ma queste scatole sono tutte vuote, mi servono per
recuperare le bottiglie vuote» rispose dispiaciuto.
Un
moto di sconforto si impadronì di Alex che, in quel momento, iniziava a sentire
tutta la fatica della giornata farsi prepotentemente strada nelle sue membra.
Aveva decisamente bisogno di due cose: Un bel bagno caldo e una burrobirra per
distendere i nervi ma, a quanto pareva, si sarebbe dovuto accontentare del
bagno. Nel frattempo, Vall tirò su la testa di scatto e, piacevolmente stupita,
disse:
«Ma
dai Luchas, non ti facevo un sostenitore del C.R.E.P.A!»
«Eh!?
Ma quale C.R.E.P.A ? Madam Rosmerta mi paga L’assurda
cifra di 9 falci a cassa se gli riporto i vuoti. Sarei un pazzo a non prendermi
la briga di raccoglierli per quella somma!» rispose Luchas, sornione.
Vall
lo squadrò, prima con aria sdegnata poi, il suo sguardo si fece furbo e sottile
e disse:
«Per
questa volta…» fece una pausa, «Voglio la metà! Visto che praticamente ho fatto
tutto io!» concluse rapida.
Matt
fece per dire qualcosa, ma fu subito zittito con un gesto della mano di Vall
che intanto, non aveva ancora tolto gli occhi di dosso da Luchas, il quale,
sostenne per un secondo il suo sguardo poi, voltandosi, incrociò quello di Alex
che gli face un impercettibile cenno di assenso con il capo. Il silenzio durò
pochi secondi e fu interrotto dal profondo sospiro di sconfitta di Luchas.
«E
va bene Vall, questa mano la vinci tu! Avrai la metà di quanto mi spetta la
prossima volta che torneremo da Madam Rosmerta»
«Però!
Mi dovrai dare una mano anche a trasportare le casse, questo o niente» aggiunse,
prima che tutti i presenti scoppiassero a ridere.
«Va
bene, affare fatto!» biascicò Vall, nella pausa fra una risata e l’altra.
Alex,
dopo aver riso per qualche minuto, compiaciuto della faccia tosta dell’amica,
ormai esausto si separò dalla compagnia abbozzando una specie di corsa verso i
dormitori maschili dove recuperò in fratta e furia: la sua bacchetta e un
cambio d’abiti, deciso più che mai a volersi fare un bel bagno rilassante.
Non
curante dell’orario, ridiscese in sala comune dove fu bloccato dai tre amici
ancora impegnati a riassettare l’ampia sala.
«Dove
diavolo credi di andare a quest’ora della notte?» domandò allarmata Vall.
«Ehm…vado
a farmi un bagno, credo di essermelo meritato oggi, non pensi?» rispose Alex.
«Non
puoi usare le docce del dormitorio?» aggiunse Matt.
«Assolutamente
no! Sono il capitano della squadra di Quidditch! E questo mi dà pieno diritto
di usufruire dei bagni dei prefetti al quinto piano» rispose lui, fingendo un
tono sdegnato.
«E
come la metti con il coprifuoco?» fece eco Vall.
«Beh…Mi
inventerò qualcosa» la liquidò rapidamente lui, uscendo dal ritratto della
signora grassa mentre Vall ancora lo fissava sorpresa.
Appena
al di là del quadro fu subito buio pesto. Le torce magiche che di solito
illuminavano i corridoi di tutta Hogwarts erano già spente da un pezzo, il che
dava al castello un aria un po’ sinistra. Forse quella volta avrebbe dovuto
dare ascolto a Vall e starsene nel dormitorio ma oramai la decisione era stata
presa e lui non era certo tipo da tornare con la coda fra le gambe.
I
bagni dei prefetti erano al quinto piano, un bel viaggio al buio dalla sala
comune dei Grifondoro, ma ne aveva compiuto ben più lunghi.
Come
in un flash, gli comparvero in ricordo i lugubri sotterranei del castello, lui
che camminava furtivo stando attento a non farsi vedere da anima viva, e non.
Anche quelle memorie risalivano a due anni prima, e quindi come in automatico
furono stroncate sul nascere.
E siamo a due volte in un giorno.
Si
rimproverò Alex, la stanchezza iniziava a tirargli dei brutti scherzi.
Incamminandosi,
invece di prendere la consueta scalinata che portava ai piani inferiori, svoltò
a sinistra in un lungo corridoi riccamente decorato di arazzi e tappeti ma, ben
più importante, interrotto ogni decina di metri da alcune conchette alle pareti
che ospitavano antiche armature. Negli anni di vagabondaggio notturno per il
castello, Alex aveva scoperto che quelle nicchie erano nascondigli perfetti per
sottrarsi a occhi indiscreti e, anche se non aveva più undici anni, se si
appiattiva un po’ e tratteneva il respiro riusciva comunque a nascondere buona
parte della sua sagoma.
Arrivato
a metà corridoio, riusciva a scorgere dalla parte opposta la sagoma della
grande aquila di bronzo, guardiana dell’entrata alla torre di Corvonero, poco
più avanti invece c’era quello che davvero gli interessava. Un nicchia come
tutte le altre a prima vista, ma nella chiave di volta dell’archetto che la
sovrastava era scolpita una rosa in bassorilievo. Mentre l’armatura che la
occupava, anch’essa del tutto simile a tutte le altre, portava al braccio uno
scudo di legno a goccia raffigurante un araldica in tre pezzi sui quali erano
dipinti: una scala, un sentiero e un mantello. Una volta entrato nel piccolo
spazio fra l’armatura e il muro Alex trovo quello che cercava. Una piccola
botola di legno chiusa con un grosso chiavistello, estraendo la sua bacchetta,
con un filo di voce bisbigliò.
«Alohomora»
Il chiavistello fece un sonoro “CLACK” che a causa
del silenzio rimbombò per tutto il corridoio. La botola, ora aperta, mostrava
una profondissima scala a chiocciola che lo avrebbe portato indisturbato al
quinto piano. Da lì non avrebbe dovuto far altro che attraversare il corridoio
da dove sarebbe sbucato alla fina della scala per poi imboccare lo strettissimo
sentiero nascosto dietro un’altra armatura, gemella a quella del settimo piano,
che l’avrebbe portato sostanzialmente davanti ai bagni dei prefetti.
Guarda
te che disastro. Inveì fra sé
e sé, quando fu davanti al portoncino dei bagni.
«Possibile che non me ne vada bene una oggi?» disse,
con un sibilo quasi impercettibile.
Da sotto l’elegante portoncino in legno dei bagni,
si stava espandendo nel corridoi una copiosa pozzanghera d’acqua mista schiuma.
Da dentro invece si udivano distintamente il suono dell’acqua, che stava
sgorgando copiosa, e gli schiamazzi di Peeves, Il Poltergeist più irritante che
Alex avesse mai conosciuto. Ne stava sicuramente combinandone una delle sue.
Alex lo maledisse mentalmente con tutti gli insulti che conosceva e iniziò la
sua ritirata verso i dormitori, sconfitto e amareggiato più che mai. Camminando
a ritroso per i passaggi segreti che aveva scoperto nel castello, ritornò in
poco temo nel lungo corridoio del settimo piano.
Stava ancora rimuginando su quel maledetto Peeves e
sui suoi progetti sfumati quando la sua attenzione fu attratta da un grande arazzo
sulla parete. Si fermò ad osservarlo per un istante, più concentrato sul da
farsi piuttosto che sul tema dell’arazzo.
Dai
non posso farmi fermare da quel maledetto fantasma.
In
fondo mi basterebbe entrare di soppiatto e lanciargli un Confundus. Dovrebbe bastare per darmi tempo di bandirlo
momentaneamente con un incantesimo Repello
Spectrum.
Alex fece dietro front, di nuovo convinto a
raggiungere la sua agognata meta. Tre passi più in là però, fu subito assalito
da mille dubbi.
Però
se mi beccano, stavolta non la passo liscia.
E
poi anche se riuscissi a fatturare Peeves quello scapperebbe subito a
raccontarlo in giro.
Fece avanti e indietro per tre volte davanti
all’arazzo divorato dai dubbi quando alla fine, stremato, si convinse che era meglio
rimandare al giorno dopo.
«Quanto avrei bisogno di un bel bagno, e di una
bella burrobirra» disse sbuffando.
Se doveva lamentarsi, meglio farlo in grande.
In quel momento, alcuni rumori provenienti dalla
parete dietro di lui catturarono la sua attenzione e da quella che inizialmente
sembrava una crepa nel battiscopa di pietra spuntò un piccolo portoncino di
legno riccamente decorato che recava la scritta “bagni”.
Esterrefatto dall’apparizione, il cervello di Alex
entrò ad operare in modalità automatica. Per prima cosa estrasse la bacchetta,
per sicurezza poi, come attratto da una misteriosa forza, apri il portoncino
entrando nella stanza appena comparsa senza tante remore.
La porta non era chiusa e si aprì con estrema
facilità cigolando appena un po’ sui cardini. L’interno era a dir poco
mozzafiato. Si distingueva chiaramente lo scrosciare dell’acqua in una vasca
provenire da qualche parte del bagno. L’intera stanza era ammantata da una
nebbiolina di vapore acqueo ma, nonostante ciò, si poteva ben vedere che era
molto ampia e ben illuminata. Il pavimento era composto da grandi piastrelle in
ceramica rosso cremisi che ricoprivano anche parte delle pareti per poi
lasciare posto a una bella intonacatura giallo scuro, tendente alle tonalità
dell’oro, che ricopriva il soffitto a volta dal quale pendeva un maestoso
lampadario in ottone.
L’aria che si respirava, era densa, calda e
piacevolmente profumata da una forte, ma gradevole fragranza di pino silvestre,
mista probabilmente a un po’ di menta. Subito alla sua destra, era posizionato
un grande pareo. Alla sinistra invece c’era un piccolo mobiletto in legno scuro
sul quale erano ripiegati con cura svariate paia di asciugamani rossi bordati
oro, ognuno dei quali portava, nella parte in altro a destra lo stemma di
Hogwarts. A fianco del tavolino c’era un grosso attaccapanni a parete al quale
erano appesi innumerevoli accappatoi e sotto ciascuno di essi un paio di comode
pantofole. Tutto rigorosamente coordinato con le tinte rosso-oro.
Non
può essere vero, Sto sicuramente sognando - Pensò. - Mi sarò sicuramente addormentato in qualche nicchia
dietro un armatura, o sui gradini della scala a chiocciola.
Intanto, cominciò a muovere i primi passi titubanti
per esplorare meglio la stanza.
Le sensazione che quel posto gli dava erano
assurde, pareva proprio di trovarsi in un sogno. Tutto, fin nei minimi
dettagli, corrispondeva ai suoi gusti e a quello che Alex avrebbe detto a un
ipotetico intervistatore che gli avesse chiesto di descrivergli il suo concetto
di bagno di lusso!
Provò a tirarsi qualche pizzicotto per cercare di
svegliarsi ma non accadde nulla. Avvicinandosi agli accappatoi, ne tocco uno,
era morbido, caldo, profumato, ma soprattutto, reale, oltre ogni ragionevole
dubbio.
Non attese un secondo oltre. Prese asciugamano,
pantofole e accappatoio e corse dietro il pareo dove gettò la sua divisa sporca
in una cesta. In un attimo fu cambiato e pronto per scoprire la fonte del
rumore dell’acqua. Non ci volle poi molto, qualche passo più avanti il bagno si
apriva ai lati in due grosse conche simmetriche, dando alla conformazione del
bagno l’aspetto di un quadrifoglio. Quella di destra era occupata da un
infinità di rubinetti disposti a raggera su tutto il perimetro della stanza,
mentre sopra di essi le piastrelle e l’intonaco, erano sostituite da un
gigantesco specchio curvo che seguiva perfettamente la forma delle pareti.
Mentre quella di Sinistra era completamente adibita ad accogliere una grande
piscina ovale, ricolma di acqua e schiuma. Dulcis in fundo, lo spazio davanti a
lui era occupato da un grande bancone di legno con tre alti sgabelli
posizionati di fronte ad esso. Dietro invece, torreggiava una grande
scaffalatura in acero scuro ricolma di ogni sorta di bevanda: Burrobirra,
sidro, succo di zucca, di mirtillo.
«Ma che razza di posto è questo?» esclamò ad alta
voce, avvicinandosi agli scaffali.
Titubante, con cautele prese una bottiglia di
burrobirra dal ripiano. Non appena l’afferrò la bibita si raffreddò
velocemente, facendo comparire sul vetro marrone una fine condensa mentre come
ad opera di un invisibile cavatappi, il tappo di metallo della bottiglia saltò
in aria producendo il suo caratteristico sibilo.
A metà fra la totale incredulità e lo stupore, Alex
assaggio il contenuto. Era burrobirra, ottima genuina burrobirra ghiaccata, senza ombra di dubbi. Ormai troppo stanco per
farsi domande, non indugiò oltre
La stanza sembrava assecondare ogni suo desiderio e
lui decise di lasciarglielo fare senza opporre altra resistenza.
Dirigendosi verso la vasca, poggiò la bevanda sul
bordo e iniziò a levarsi la fasciatura dal petto. Ormai le sue costole, grazie
alla efficaci cure di Madam Bartholomew, si erano completamente risaldate e ora
poteva di nuovo respirare a pieni polmoni senza le limitazione delle strette
bendature. Restava solo la steccatura al braccio. Un incantesimo minore e un
po’ di attenzione sarebbero sicuramente bastati per impedire di rovinare la
medicazione.
«Minor Idro Repello» disse puntandosi la bacchetta
di Cipresso al braccio «Cosi dovrebbe andare» concluse, soddisfatto
dell’incanto.
L’acqua come previsto era calda e piacevole,
esattamente della giusta temperatura. Gli arrivava poco più sopra
dell’ombelico. C’era poi un grosso gradone, semi sommerso, che correva lungo
tutto il bordo interno della vasca. Alex ci si sedette e sprofondò nell’acqua
calda lasciando emergere solo la testa e il braccio steccato che appoggiò sul
bordo.
Stette in quel brodo tiepido per un tempo che a lui
parve indeterminato, godendosi il meritato relax. Solo quando si sentì
completamente ripulito e rinfrancato, per scrollarsi di dosso la sonnolenza che
lo stava assalendo decise di partire per una piccola esplorazione.
Facendosi strada nell’acqua e fra la schiuma,
raggiunse la parte opposta della vasca che terminava direttamente contro la
grande vetrata che occupava quasi tutta la parete.
La vista gli fece mancare il fiato.
Alla sua sinistra poteva vedere la torre di
Grifondoro in tutta la sua maestosità, il bagno incantato doveva essere
posizionato più o meno allo stesso livello.
Strano.
Di tutte le volte che gli era capitato di sorvolare
il castello, non aveva mai notato l’esistenza di quella vetrata enorme proprio
a fianco alla torre della sua casata. Anzi, ora che ci pensava, lì dove si
trovava lui, avrebbe dovuto esserci solo la spoglia parete di pietra del
corridoio che collegava i dormitori di Grifondoro con quelli di Corvonero. Il
suo cervello in quel momento non si sforzò più di tanto per trovare una
risposta logica a quella incongruenza archiviando la questione nella sezione
“Ci penserò domani”.
L’attenzione di Alex era completamente catalizzata
dalla vista del grande lago nero e dei picchi della montagne, ormai
completamente imbiancati, che gli facevano da sfondo. Dalla vetrata si vedeva
chiaramente anche la capanna di Hagrid, il vecchio guardiacaccia del parco. Era
presente a tutti i loro allenamenti di quidditch da quando James Potter era
entrato a far parte della squadra. Aveva davvero un maniacale attaccamento per
quel ragazzino ma di lui, Alex sapeva solo che aveva partecipato alla battaglia
finale contro Lord Voldemort e le poche volte che aveva dovuto averci a che
fare, gli era parso un omaccione dai modi burberi, con uno strano modo di
parlare e un fare sbrigativo. Nel complesso tuttavia, gli stava simpatico. Dava
la sensazione di essere una persona schietta e onesta, entrambe caratteristiche
che aveva imparato ad apprezzare enormemente negli ultimi anni.
Era una notte insolitamente limpida per essere i
primi di Dicembre, c’erano solo poche piccole nuvolette che contribuivano a
rendere il panorama ancora più straordinario. Sembravano batuffoli d’argento,
colpiti dai raggi di luna piena che illuminava tutta la vallata in maniera
surreale con il suo riflesso che ormai, si prolungava per quasi tutta la
lunghezza del lago.
«Altro che la piccola finestrella di Albert
Newt» ridacchiò ironico «Chissà se ti sarebbe piaciuto questo posto Cass» sospirò
poi, affranto.
Restò
ancora qualche secondo a crogiolarsi nei ricordi solo per maledirsi subito dopo
per averli rievocati. Per ben tre volte quella sera aveva pensato a lei, a
Cassandra. Ricacciò tutto dentro, come al solito e iniziò ad asciugarsi e
rivestirsi.
Erano
ormai le tre inoltrate della mattina quando finalmente usci dalla porta del
bagno incantato che, come se nulla fosse, appena fu chiusa si ritrasse su se
stessa fino a scomparire del tutto lasciando di nuovo posto alle grosse pietre
della muratura che ripresero il posto che spettava loro di diritto.
Soddisfatto
più che mai della piacevole scoperta e del relax ristoratore, Alex si fece
cautamente strada verso i dormitori per poi addormentarsi finalmente come un
sasso non appena tocco la sua branda.
Capitolo 4 *** Una tranquilla settimana fuori dall'ordinario ***
Bene,
bene, bene. Salve a tutti. Eccoci giunti al quarto capitolo di questo racconto.
Se avete avuto la bontà si seguirmi fino a questo punto, vi sarete accorti che,
sostanzialmente, quello che avete letto fin ora non sono altro che un sacco di inutili
dettagli e lunghe e tediose descrizioni di paesaggi, fra l’altro il più delle
volte condite da incomprensibili e pomposi aggettivi (visto?! L’ho fatto anche
ora!). Ebbene si! Mi piacciono gli aggettivi, chiamatemi pure feticista, ma mi
piacciono! Lo confesso!
Come
avrete anche notato, ho la tendenza a divagare ma soprattutto a perdere il filo
del discorso. Cosa stavo dicendo?! Ah si ! Se mi avete seguito qui, non
preoccupatevi, nel prossimo capitolo se ne vedranno delle belle. Finalmente si
svelerà un pochino della trama. Anche se, essendo questa una Long-Fiction, non
c’è poi da stupirsi se fino al terzo capitolo non si è ancora capito nulla.
Scusate, mettetevi nei mie panni! Introdurre tutti i personaggi,
caratterizzarli, farvi avere un idea dell’ambiente circostante… insomma non è
facile!
Ehehehhe
bando alle ciance, sul serio, spero che la storia fin qui vi sia piaciuta ( A
mè personalmente ha fatto impazzire! Ma va bhè, io sono di parte). Appellandomi
al vostro buon cuore vi chiederei di lasciare una bella recensione, o una
cattiva se lo ritenete. Nel primo caso la mia autostima vi ringrazierà dal
profondo!
Buona
lettura!
Ale.
Capitolo
Quattro:
“Una
tranquilla settimana, fuori dall’ordinario”
Doveva già essere mattina inoltrata quando Alex si
svegliò, fortunatamente era Domenica e Il dormitorio era ancora abbastanza
popolato. Scendendo dal suo baldacchino, ancora un po’ intontito dalla
sonnolenza, riconobbe Andrew Dolmen e un paio di ragazzini più piccoli di lui
che ancora russavano sonoramente nei loro letti. Indeciso su cosa mettersi,
Alex optò per un abbigliamento “alla Babbana”
Massi,
tanto oggi non c’è lezione.
Si disse, prima di raggiungere la sala comune.
La stanza era Immacolata e della baraonda della sera
prima non restava nulla, se non i postumi sul viso di qualche studente del
settimo anno.
«Ciao Ale, dormito bene?» chiese Vall alzando la
testa dai libri di trasfigurazione.
«Uhm…si molto, in effetti non ricordo di aver
dormito così bene da secoli» rispose lui.
«Ma che fine hai fatto poi?» intervenne Matt, seduto
lì a fianco su una poltrona di trapunta rossa «Ti abbiamo spettato per un bel
po’»
Già,
come faccio ora a spiegargli dove sono stato?
«Non ne ho idea in effetti!» rispose lui sincero.
I Due amici lo fissarono perplessi per un istante un
po’ sorpresi dalla risposta, poi Vall spezzò il silenzio: «Non sarai di nuovo
andato…»
«Santo cielo, Vall ti prego! Non di nuovo!» la
interruppe lui, alzando un poco la voce.
«Ehy! Che c’è? Sai che mi preoccupo solo per te!»
«Lo so Vall, ma davvero… è tutto a posto,
tranquilla»
Vall lo guardò sospetta e lui sentendosi come
trapassare da quello sguardo tentò subito di cambiare discorso.
«Ragazzi, voi non avete davvero idea del posto che
ho scoperto ieri notte!» e subito, si mise a raccontare una lunga e dettagliata
descrizione sul quando, dove e come era avvenuta la scoperta.
«Mi stai prendendo in giro vero?!» disse Vall,
quando Alex ebbe finito di parlare.
«No ti giuro, sono serissimo» rispose lui.
«Si ma non ha alcun senso»
«Lo so Matt, ma vi ripeto… è andata esattamente
cosi»
«Finché non vedo non credo!» disse Vall,
solennemente.
«Ma perché dovrei raccontarti una balla?»
«Beh, innanzitutto lo fai sempre!»
«Andiamo Vall, sul serio? Tiri ancora fuori quella
vecchia storia?» si lamentò lui «Come facevo a sapere che avresti davvero
creduto, che le paperelle in quello stagno fossero vere? Si vedeva lontano un
miglio che erano di plastica»
Matt intanto, ridacchiando aggiunse:
«Per non parlare poi di come prima ha cercato di
dargli da mangiare qualche briciola»
I due ragazzi risero per un istante al pensiero di
quell’esilarante ricordo risalente all’estate scorsa, quando Alex li aveva
ospitati due settimana a casa sua per le vacanze estive.
«Avete finito di ridere vuoi due» disse Vall,
togliendosi da sotto il sedere lo spesso cuscino che imbottiva la sedia, per
tirarlo al suo ragazzo «Te l’ho detto, questa volta non ci casco, Se non vedo
non credo» continuò poi.
«E va bene ti ci porto, anche subito se vuoi!» così
dicendo Alex, li accompagnò nello stesso punto in cui la sera prima la porta si
era materializzata.
«Ecco era proprio qui»
«Io non vedo niente» rispose Vall.
«Aspetta, aspetta, te l’ho detto no! La porta è comparsa
dal nulla» insistette lui.
«Beh, quindi?» incalzò Matt.
Alex si schiarì la voce e, assicurandosi di non
essere visto da occhi indiscreti, con un tono di voce più alto del solito
disse:
«Ho bisogno di un bagno» passò qualche secondo ma
non accadde nulla «Non capisco, eppure ieri…»
«Sul serio Alex?!» lo rimproverò Vall
«Valentine, te lo garantisco… ieri sera proprio qui
c’era una porta!» rispose lui con un tono grave, di quello che non ammettono
replica.
«E va bene, magari ci sarà anche stata un porta
ieri, ma ora è sparita» concluse Vall con poca convinzione.
«Ragazzi è quasi ora di pranzo» fece notare Matt.
«Giusto, non tocco cibo da una vita» rispose Alex,
notando solo in quel momento che da quando si era svegliato il suo stomaco non
faceva altro che lanciare cupi brontolii di protesta.
Non era mai un buona idea mangiare tanto prima di
una partita di Quidditch di conseguenza, il suo ultimo vero pasto risaliva a
molto più di ventiquattro ore prima. Una volta arrivati in Sala Grande i tre
occuparono i loro soliti posti a metà dell’enorme tavolata che si stava via via
riempiendo di studenti. Poco più a destra di dove erano loro, stava seduto
anche James Potter con alcuni suoi coetanei. Alex non si era ancora
congratulato con lui, in fondo era per merito suo se la partita era stata
vinta. Lo avrebbe fatto dopo però perché in quel momento era sotto il fuoco di
una raffica interminabile di domande e ipotesi proposte da Matt.
«Magari compare solo di notte!»
«Probabile…»
«Oppure con la luna piena!»
«Si in effetti ricordo chiaramente di aver visto la
luna piena»
«O magari ti basta andare davanti a quell’arazzo e
sbattere tre volte i tacchi delle tue belle scarpette rosse, piccola Dorothy!»
disse sarcastica Vall.
«Chi è Dorothy?» chiese curioso Matt.
Alex e Vall restarono interdetti per una frazione di
secondo, poi entrambi risero lievemente…
«Matt, Dorothy è il personaggio di un opera Babbana»
spiegò Alex, ricordandosi che l’amico non sapeva quasi nulla di quel mondo.
I Rive, erano maghi da generazioni e Matthew aveva
sempre vissuto nel Mondo Magico. Sia Valentine che Alex nel tempo, avevano
sempre cercato di aggiornarlo il più possibile sul mondo “Babbano” proprio per
evitargli Gaffe come queste, specialmente quando passavano le estati insieme a
casa loro.
«Si ma perché deve sbattere i tacchi tre volte?»
«Lascia perdere Matt, è una stupidata» disse Vall.
«Dorothy era stata intrappolata in questo mondo dal
Mago di Oz… per tornare a casa doveva sbattere tre volte…» la spiegazione di
Alex si interruppe bruscamente e il suo sguardo si perse nel vuoto.
Valentine e Matt fissarono l’espressione vacua
dipinta sul volto dell’amico poi Vall, titubante, riprese a spiegare da dove si
era interrotto.
«Si…insomma… per tutta la storia Dorothy non fa
altro che lamentarsi di voler tornare a casa, ma in realtà erano solo capricci,
solo alla fine, quando realizza che…»
«Che casa sua gli mancava! che ne aveva davvero
BISOGNO!» interruppe bruscamente Alex, che aveva appena mandato a incastro tutti
i pezzi di quel Puzzle «VALL SEI UN GENIO!» esultò.
L’amica strabuzzò gli occhi mentre Matt era
esterrefatto dall’assurdità di quella storia e dalle reazioni degli amici.
«Ehm… io… veramente…» balbettò lei.
«Tutto torna! Tre volte! Non capisci? Sono passato
davanti a quel muro per tre volte! Ero indeciso se tentare o no di riscendere
al quinto piano e ho fatto un po’ avanti indietro e poi ho detto…che avevo
bisogno del bagno! E non era un capriccio! ne avevo davvero bisogno… e PUFF…
ecco lì che una stanza ricolma esattamente di quello che mi serviva è apparsa
dal nulla!»
Alex ne era sicuro! Era andata esattamente così! I
due amici invece, ancora si guardavano perplessi e poco inclini a condividerne
l’entusiasmo.
In quel momento l’attenzione di tutti e tre fu
catturata da qualcuno che si stava schiarendo la voce lì vicino a loro.
«Scusate, stavate per caso parlando della Camera
delle necessità?»
A parlare era stato il piccolo James Potter.
«Ero seduto qui accanto e non ho fatto a meno di
sentire, da come parlavate sembrava che steste parlando di quello… Poi Berry,
il tuo tono di voce non aiutava certo a mantenere intima la conversazione!»
Quel piccolo Insolente! Come si permetteva di
chiamarlo Berry? Sapeva benissimo che odiava quel nome! Ma soprattutto, come
diavolo faceva a sapere tutte quelle cose?
«Chiamami ancora in quel modo e ti sbatto fuori
dalla squadra. Potter, o non Potter»
Il volto del bambino diventò paonazzo.
«S....scusa» bisbigliò «Non volevo offenderti!»
Così andava meglio. Anche se un po’ si sentiva in
colpa per aver messo in difficoltà il ragazzo, tutto sommato gli piaceva la sua
faccia tosta!
«Non preoccuparti James, non c’è problema! Puoi
chiamarmi Alex, andrà benissimo» il volto di Potter riacquistò lentamente il
suo colorito normale «Piuttosto, cos’è che hai nominato poco fa» continuò Alex.
«La stanza delle necessità!» rispose James, pieno
d’entusiasmo «Me ne ha parlato un sacco di volte mio padre»
Matt quasi si strozzò con un boccone quando il
ragazzino nominò suo padre. A quanto pareva, anche dopo quasi vent’anni il nome
di Harry Potter suscitava ancora delle grosse reazioni di stupore. Per
Valentine e Alexander invece era diverso, non erano neanche nati quando il
padre del ragazzino che avevano ora difronte sconfiggeva il più potente mago
oscuro che il mondo abbia mai visto, inoltre essendo entrambi nati da famiglie
babbane, non ne avevano mai sentito parlare fino al loro primo anno ad
Hogwarts. Ora si, lo conoscevano, o meglio, conoscevano la storia e la leggenda
che aveva suscitato il loro simpatia e rispetto, senza ogni dubbio tuttavia,
quei sentimenti non avevano mai avuto la forza di provocare in loro reazioni
viscerali, come quella di Matt.
«E cosa ti ha detto?» lo incalzò Matt, riuscendo a
ingoiare il boccone.
«Beh, la stanza è nascosta e non compare mai su
nessuna mappa e credo sia anche invisibile dall’esterno» rispose lui.
«Quindi può davvero contenere qualsiasi cosa ti
serva?» chiese Alex.
«Si! SI! E non solo, può anche cambiare forma e
dimensione a seconda di quante persone ci devono entrare! ...Però…»
«Però cosa?» incalzò Alex, preoccupato!
«Mio padre mi disse che durante l’ultimo assedio del
castello, prima della morte di Riddle, la stanza fu completamente distrutta, divorata
dal fuoco magico di un incantesimo evocato da un mangiamorte» James si fece
buio in volto. Mentre su quello di Alex comparve un gran sorriso di
compiacimento.
«Scusa James, ma chi era quel Riddle di cui hai
parlato poco fa?» chiese Vall, che aveva seguito tutto il racconto senza
proferire parola.
James, la guardò incuriosito per qualche secondo, di
troppo. Arrossendo appena, si fissò le punte delle scarpe che gli spuntavano
dalla divisa nera. Matthew parve notare qualcosa di strano e il suo sopracciglio
si inarcò un po’, ma lascio correre.
«E’…il… vero nome di Lord Voldemort» disse il
ragazzino.
«Ma dai?! Non lo sapevo» rispose Vall incuriosita.
«Già, non in molti lo sanno» continuò lui «Però, mia
madre e mio padre dicono sempre di non aver paura di utilizzare il suo vero
nome, o si rischia di creare uno stupido mito»
«Immagino che i tuoi abbiano ragione» concluse lei,
riflettendo su quelle parole.
«I tuoi Genitori potranno aver anche ragione sulla
questione dei nomi, ma tuo padre si sbaglia di grosso per quel che riguarda la
stanza delle necessità!» Disse Alex
«COSA?!» strillò Potter.
«Ehi calmo ragazzino»
«Come fai a sapere che mio padre si sbagli?»
«Beh Potter… si
dà il caso che ci sia stato proprio ieri sera in quella stanza»
Nei giorni che seguirono, dopo le lezioni, Alex e il
giovane James fecero visita parecchie volte al corridoio del settimo piano,
ognuna delle quali però, si rivelò; infruttuosa.
«Potrei scrivere un gufo a mio padre, chiedergli più
dettagli»
«No James, ne abbiamo già parlato!» rispose Alex,
sospirando mentre tornavano verso la sala comune dopo un ulteriore buco
nell’acqua «Per il momento non voglio che altre persone sappiano che la stanza
esiste ancora. Già Valentine e Matthew ci credono pazzi, non voglio che a quella
lista si aggiungano anche il Vice Ministro della Magia e niente popò di meno
che, il Leggendario Harry Potter»
«Ehy! Lascia stare i mie genitori!»
«Tranquillo James, stavo solo scherzando»
«Poi guarda che non sono poi così male come te li
immagini» aggiunse il piccolo Potter «Sono sicuro che ti piacerebbero se li
conoscessi. E tu piaceresti sicuramente a loro!»
«Bene, allora sono sicuro che prima o poi me li
presenterai» rispose Alex compiacente «Ma adesso vai! E Vedi di finire quel
tema sui Bezoar che hai detto di dover fare!»
«Se ti fai mettere in punizione giuro che ti
assegnerò alla raccolta delle divise sporche ad ogni santo allenamento da qui
fino alla fine dell’anno!» aggiunse, scompigliando i capelli del giovane con la
mano.
James fece una faccia schifata, al pensiero di
doversi mettere a scrivere un tema per l’odioso, odiosissimo professore di
pozioni. Lo detestava, non aveva fatto altro che prenderlo di mira dal primo
istante che aveva messo piede in quella scuola. Alex però aveva ragione quindi,
di malavoglia si diresse verso un angolo della sala comune dove alcuni suoi
coetanei erano seduti ad un tavolo.
«Ehy!»
«Ehy…Sam…Ciao…» biascicò Alex, colto del tutto alla
sprovvista.
«Ho notato che dopo la partita passi un sacco di
tempo con il piccolo Potter» disse raggiante, la bella cercatrice dai capelli
cremisi.
«Si, non è male sai… A dire il vero mi ricorda tanto
come ero io alla sua età» rispose, stupito dalle sue stesse parole.
«Se intendi dire che entrambe assomigliavate a dei
puntaspilli sì, credo tu possa avere ragione» ridacchio di rimando la ragazza.
Alex sentì una vampata di calore infuocargli il viso
per la vergogna.
«C’è da dire che però, con gli anni almeno tu sei
cresciuto parecchio bene!» continuò lei.
Il volto di Alex continuava ad andare in fiamme, ma
questa volta non per la vergogna. Sam si avvicinò e aprendo le braccia disse:
«Le tue spalle sono talmente larghe che
probabilmente non riuscirei ad abbracciarle tutte» disse con aria smaliziata,
provando a farlo sul serio.
In effetti, le sue mani si raggiungevano a malapena
dietro la schiena del ragazzo.
Samantha era abbastanza minuta e almeno cinque
centimetri più bassa di Alex, quindi per raggiungerlo dovette allungarsi in
punta di piedi, aderendo così perfettamente al suo petto. A quel contatto lui
rimase pietrificato dal tepore che emanava il corpo dalla ragazza così vicino
al suo. Una volta avvinghiatasi, Sam gli sussurrò all’orecchio provocandogli
dei piccoli brividi di piacere.
«Sai Berry, mi piacciono i ragazzi con la testa
sulle spalle, e tu hai dei bei esemplari di entrambe» scostandosi, per poterlo
vedere in faccia aggiunse: «Non credo di essermi ancora congratulata a dovere
con te!» così dicendo, gli stampò un bacio sulla guancia per poi sciogliere
l’abbraccio, andandosene su per la scala che portava ai dormitori femminili.
Il cervello di Alex ci mise qualche secondo per
processare quello che era appena accaduto. Non aveva senso, Samantha era una
bellissima ragazza, ma fino a qualche giorno prima non aveva mai dimostrato
particolare interesse a lui. Cosa significavano allora quelle parole? E
L’abbraccio? Inoltre era più che sicuro che lei fosse fidanzata con Joshua
Falcort un coetaneo di Matt.
Ecco,
ci mancava solo questo rompicapo.
Era parecchio indietro con lo studio e fra gli
allenamenti Quidditch e la recente riscoperta della camera delle necessità non
aveva ancora avuto molto tempo da dedicare ai compiti che si stavano
minacciosamente accumulando sullo scrittoio. Se poi ora, a tutto ciò si
aggiungeva anche la questione Sam, tempi grigi lo aspettavano nel prossimo
futuro ne era certo.
Intanto, in un angolo della sala comune su una
poltrona vicino al fuoco, Vall e Matt avevano assistito a tutta la scena e
appena videro l’amico avvicinarsi a loro, fecero finta di niente.
«Ciao Ale» esordì Matt, scostandosi il giornale da
davanti per godersi la faccia da pesce lesso dell’amico.
«Ehi come va ragazzi» rispose Alex, sprofondando
pensieroso in una poltrona li affianco.
«Tutto bene, tu piuttosto? Hai una faccia!» disse
Vall, tirando su la sua dal tema che stava facendo finta di rileggere.
«Anche oggi niente da fare eh?» continuò Matt.
«Hehe...Cosa? …SI! ... cioè…NO!»
Alex si sentiva punto sul vivo, ma soprattutto, non
aveva idea a cosa l’amico si stesse riferendo, se alla ricerca della stanza, o
se a quello che era appena successo con Sam.
Matthew trattenne a stento una risata, campendo
perfettamente l’imbarazzo dell’amico. Mentre Vall intervenne rivolgendosi al
suo ragazzo:
«Ah Matt, ma è vero quello che mi dicevi la scorsa
settimana?»
«Ehm…. Non so…. Dipende, a cosa ti riferisci?»
rispose lui.
«Si dai! Della Rubinson!»
La conversazione fra i due sembrava alquanto
artificiale, come se fosse stata provata in precedenza ma Alex non ci badò più
di tanto e cercò di intromettersi nel discorso.
«Di che parlavate» disse, con il miglior tono di
finta indifferenza che gli riuscì in quel momento.
«Dai, non mi vorrai mica far credere che neanche tu
lo sai!» rispose Matt, sfoderando un gran sorriso da schiaffi «Lo sa
praticamente tutta la scuola!»
«No, cosa, cosa sanno tutti!» incalzò Alex, non
badando più a dissimulare il suo interesse.
«Samantha e il suo ragazzo…» Matt fece un piccola
pausa giusto per gustarsi la facci agognante dell’amico «Si sono mollati
settimana scorsa!» concluse poi ridacchiando.
«Ah… Sì?!...Non lo avevo saputo!» rispose Alex,
almeno un ottava sopra al suo usuale timbro di voce «Scusatemi, mi sono
dimenticato di fare una cosa, a dopo!»
Così dicendo si alzò di scatto diretto verso le
scale dei dormitori.
«Hehe, che bastardi che siamo!» disse Vall, alzando
la mano per ricevere un sonoro “cinque” da parte del suo ragazzo.
«Già, siamo stati davvero cattivi stavolta!» rispose
lui alzandosi dalla poltrona e abbracciando Vall da dietro la sedia.
Chinandosi verso di lei, le sussurrò:
«Un'altra volta impara a tentare di ammazzarmi, non
so come avrei fatto se non ti avessi più potuta rivedere»
Mentre Lei inclinava la testa dalla parte opposta,
chiudendo gli occhi per godersi il momento, lui la baciò, prima sull’incavo del
collo poi, scostandogli una ciocca di ricci ribelli, Salì piano, fino ad
arrivare all’orecchio. Una scossa, partendo dalla testa, percorse tutta la
schiena di Vall che si lasci sfuggire un lievissimo sospiro.
«Dai scemo, siamo in sala comune, ci vedono tutti!»
cercò di rimproverare lei ma, né il tono, né l’intenzione erano adatti allo
scopo. Matt tuttavia interruppe quello che stava facendo e sempre
sussurrandogli nell’orecchio disse:
«Vado a prendere la mia roba, mi aspetti qui?»
«Si certo» disse lei voltandosi.
Erano a meno di un palmo di distanza e lui le diede
un rapido bacio sulla bocca per poi alzarsi.
«Magari poi continuiamo quel discorso ok?» aggiunse
allontanandosi.
Come
promesso, qualcosa di strano è nell’aria. Si grazie al …… potevi sprecarti un
po’ di più, diranno in molti. Ehehehe lo so, la stò un po’ tirando per le lunghe ma del resto che fretta
c’è?
In
questo capitolo ho voluto parlare e approfondire un po’ i rapporti che ci sono
fra alcuni personaggi ma, non abbiate paura, o meglio, abbiatene. Nel prossimo
capitolo succederanno un bel po’ di casini.
Mi
sento molto televenditore oggi pomeriggio, quindi:
Preparatevi!
Un tanto famoso, quanto controverso personaggio farà la sua comparizione. I
nostri Eroi, accompagnati da un giovane James Potter, si troveranno ad
affrontare una situazione a dir poco…Esplosiva, dai potenziali risvolti
Drammatici. Il tutto, sarà condito da un fantastico cameo della coppia più
bella e famosa di tutto il Mondo Magico. Sto parlando ovviamente, dei Coniugi
Potter, Harry e Hermione. Tutto questo nel Capitolo Sei: Fuori dalla mappa.
Stay tune. =)
Ancora,
come sempre, vi invito a lasciare un commento e nella speranza che questa
lettura possa allietarvi, non posso che augurare una Buona Lettura a tutti.
Saluti
Alessandro
Capitolo
cinque:
Lettere,
Articoli e Partenze.
La
neve era caduta copiosa nelle scorse settimane e ormai mancavano pochi giorni
alle vacanze di Natale.
L’intero
castello era stato completamente addobbato. La sala grande era decorata dai
soliti dodici grandi abeti ricoperti di ogni genere di dolciume immaginabile e
ovunque si respirava un clima di festa. Con le ultime lezioni alle porte, tutti
stavano cominciando a rilassarsi pronti a godersi le meritate vacanze. Tutti,
tranne uno.
«No!
No! No! Maledizione, non farò mai in tempo a finire tutta questa roba!» si
disperò Alex, lanciando l’ennesimo pennino spezzato sullo scrittoio.
La
pila di arretrati sulla sua scrivania ormai era diventata una vera e propria
montagna che incombeva con fare minaccioso e lui, più scoraggiato che mai si
rimise al lavoro.
«Almeno
questo è fatto» esclamò un paio d’ore dopo, ponendo punto al tema che aveva
davanti.
Il
titolo recitava: “Maledizioni minori e contro-incantesimi”. Non era di certo un
capolavoro, ma combinato alla prova pratica di fine semestre gli sarebbe valso
un buon voto in Difesa.
Alzandosi
dalla sedia, Alex si stiracchio un po’.
Chissà da quanto tempo sono
rinchiuso qui.
Pensò,
imboccando le scale che portavano alla sala comune, anch’essa decorata a festa.
Ho decisamente bisogno di una
boccata d’aria.
Il
clima fuori dal castello si era fatto rigido e una spessa coltre bianca
ricopriva ogni superficie. Il cortile interno appena fuori dal portone
principale, a dispetto del clima, era insolitamente popolato, principalmente
studenti del terzo anno che il Venerdì avevano quasi tutto il pomeriggio
libero.
«Beati loro!» Sospirò amaramente.
Il
sentiero che conduceva alla torre dei gufi invece, era deserto. Quel giorno
Alex, non aveva ancora avuto modo di controllare se Demy aveva portato qualcosa
per lui.
Appena
Alex entrò, un giovane esemplare di Gheppio femmina emise un acuto stridio e si
gettò in picchiata verso di lui da una delle piccole alcove, poste più in alto
nella grande voliera.
«Ehi,
ciao bella» disse affettuosamente, appena il piccolo falchetto gli atterrò
sull’avambraccio.
«Allora,
cosa mi racconti?» aggiunse, accarezzandogli la testa e le ali.
Come
in risposta, l’animale emise un altro stridio, questa volta molto più roco e
meno prolungato, per poi spalancare le ali mostrando la sua livrea
bruno-rossastra che cozzava con il bianco stracciatella del corpo.
Alex
estrasse dalla tasca un tozzo di biscotto che aveva rubato in sala comune poco
prima e lo porse all’animale, che ringraziò emettendo in successione due rapidi
stridii.
Approfittando
di quella distrazione, gli slegò dalla zampa la piccola pergamena che vi era
legata.
«Vediamo
chi mi scrive di bello» disse, salutando Demy con una carezza sulla testa prima
di vederla spiccare il volo per raggiungere il suo anfratto in cima alla torre.
Una
volta rientrato nel castello, Alex si trovò un posto appartato in biblioteca
dove, già che c’era, recuperò alcuni volumi per la ricerca sugli estratti di
Artemisia che il Professore di Pozioni gli aveva affidato. Prima di mettessi a
spulciare i polverosi tomi però, si concesse ancora qualche momento di pausa
per leggere la pergamena che ancora aveva in tasca.
Era
sigillata da una grossa goccia di ceralacca rossa, raffigurante due grandi
lettere finemente ricamate.E.M.
Ahahahah, ma pensa te che cosa s’è
inventata quella ragazzina.
Si
disse, srotolando la pergamena.
La
lettera era di sua sorella, le iniziali stavano per Ellen Mulberry. Era stato
lui, al suo ritorno da Hogwarts l’anno precedente, ad avergli regalato un
piccolo set di cancelleria completo di: Pennino, calamaio, qualche foglio di
pergamena, un sigillo personalizzato e una barretta di ceralacca cremisi.
«Come
farai a rispondere alla Preside McGranitt quando, l’anno prossimo riceverai la
lettera di ammissione a Hogwarts se ti mancano gli strumenti?» si ricordò di
avergli detto, prima che lei gli saltasse al collo, abbracciandolo piena di
gratitudine!
Caro Alex
Spero che lì a Hogwarts vada tutto bene. E’ un po’ che non
abbiamo tue notizie qui, e sai come è la Mamma. Pensa che, l’altro giorno non
mi ha nemmeno fatto uscire per prendere un gelato in piazza con le mie compagne
di scuola. Sai però un po’ la capisco. Ultimamente stanno succedendo un sacco
di cose strane qui. A cena al telegiornale fanno vedere un sacco di cose
brutte. Voi lì li avete i telegiornali? Qui, quasi tutti i giorni c’è qualcuno che
si ammazza dandosi fuoco, oppure si buttano in acqua e annegano. Non so, è
strano. La mamma dice che lo fanno perché c’è la crisi e non hanno più soldi,
ma io non le credo tanto, non so perché. Ieri ho provato a chiederlo anche a
Papà perché lo fanno, ma mi ha risposto che proprio non lo capisce neanche lui.
Mi ha spaventato un pochino. Sai che Papà di solito ha sempre la risposta
pronta per tutto. Scusa se ti scrivo tutte queste cose brutte, ma mi manchi un
pochino! Non vedo l’ora che torni a casa per vedere cosa mi hai portato.
Scherzo dai! A presto.
La tua Sorellina
Ellen
Erano
molto legati, lui e Ellen. Nella famiglia, lei era l’unica che dimostrava
entusiasmo, non facendolo sentire fuori posto per il dono che possedeva.
Sentirla preoccupata gli stringeva il cuore, inoltre si sentiva un po’ in colpa
per averla ignorata nelle ultime settimane.
Alex
prese un pezzo di pergamena dal cassetto dello scrittoio dove si era seduto e
abbozzo subito una risposta.
Ciao Ellen.
Scusa se non mi sono fatto sentire in queste settimane!
Sono stato molto impegnato, mi dispiace.
Abbiamo vinto la prima partita dell’anno! Ah, ho anche una
bella storia da raccontarti appena torno. Non ci crederai mai! E si, ti porterò
un pensiero, non far finta che non ti interessa anche quello!
A Prestissimo.
Tuo fratello
Ale.
P.S.
No qui a Hogwarts non abbiamo i telegiornali. E non
preoccuparti delle cose che senti alla Tv. Sono sicuro che siano state solo
delle brutte coincidenze, nulla più. Mi raccomando fai la brava e non farmi
preoccupare!
Sigillò
la lettera e corse a consegnarla a Demy, che spicco il volo in un batter
d’occhio, felice di andare a ritrovare la sua padroncina.
Era
quasi ora di cena quando Alex fece ritorno nella sala comune di Grifondoro,
carico di libri come un mulo.
«Guarda,
guarda chi si vede!? disse Vall, seduta al suo solito posto vicino al fuoco.
«Vall,
ti prego non dirmi nulla, il discorso: “dovevi studiare prima invece che
perdere tempo a cercare una stanza che non esiste” me lo hai già fatto
settimana scorsa!» rispose lui.
«Mulberry!»
sibilò l’amica.
Lo
aveva appena chiamato per cognome, segno che l’aveva decisamente fatta
arrabbiare.
«Si
può sapere che diavolo ti prende!» disse, alzando il tono, tanto che, alcuni
ragazzi si voltarono per vedere cosa stava succedendo.
«Perché
sei sempre così prevenuto nei miei confronti ultimamente?» continuò, addolcendo
la voce «E’ tutto il pomeriggio che non ti sei fatto vivo e mi stavo solo
chiedendo dove fossi stato. Tutto qui!»
«Scusami
Vall» rispose lui con tono affranto.
Perché
l’aveva fatto? Perché aveva appena attaccato cosi la sua migliore amica? Si
sentiva tremendamente in colpa, e stupido.
«E’
che ultimamente… non ci sto più con la testa» continuò, posando il plico di
appunti che aveva preso nel pomeriggio su un tavolo lì vicino, prima di
sprofondare nella poltrona a fianco dell’amica.
«Beh
non mi sembra un buon motivo per prendertela con me!» fece notare lei
«Hai
ragione, ma….» >>
«E’
per la storia della Robinson vero?» lo interruppe lei.
«Dannazione
Vall, ma come fai? Sai che è un arte proibita leggere nella mente» si lamentò.
«Andiamo
Berry! Non ci vuole mica un mago oscuro per quello. Praticamente te lo si legge
in faccia!»
Alex
si crucciò ancora di più. Era davvero così un libro aperto? O era un abilità
che possedeva solo Vall, che lo conosceva così bene?
«Sei
poi più riuscito a parlargli?» incalzò l’amica.
Alex,
non si sentiva in vena di parlarne in quel momento. Aveva sempre detto tutto a
Vall, ogni cosa, non gli aveva mai taciuto nulla e non lo avrebbe fatto nemmeno
questa volta, solo che, voleva farlo con i sui tempi, scegliere lui il momento
insomma. Era sempre stato così, anche con la storia di Cassandra e lo sarebbe
stato anche adesso, con la “questione Rubinson”, come la chiamava lei.
«Macché,
in queste settimane l’ho incrociata si e no tre volte nei corridoi, e
all’ultimo allenamento; alla fine eravamo talmente fradici, che siamo tutti
corsi nelle docce» disse sconsolato «Ma poi non è solo per quello» aggiunse,
cercando di deviare il discorso.
La
tattica funzionò perché il volto dell’amica si fece incuriosito.
«Oggi
ho ricevuto questa» e porse la lettere a Vall che, appena ebbe finito di leggerla,
disse: «Oh! che tenera tua sorella, guarda qua! Scritta a penna e pure laccata!»
«Si
certo, ma il contenuto mi ha messo di cattivo umore, non mi piace vedere mia
sorella spaventata» fece notare.
«Già,
brutta storia, ne ho sentito parlare anche io» rispose lei.
«Tu…tu
cosa? Dove l’hai saputo?»
«Santa
Morgana Alex! ma tu non li leggi mai i giornali?!» domandò la ragazza, con aria
di rimprovero «Ne parla da settimana anche la Gazzetta del Profeta. La maggior
parte delle persone che si sono suicidate erano Maghi o Streghe. Guarda, anche
oggi c’è stato un altro caso»
Così
dicendo gli passò una copia del giornale che stava leggendo prima del suo
arrivo.
L’articolo
titolava:
Ennesimo
omicidio/suicidio colpisce la comunità magica.
Padre
di famiglia uccide la moglie e i due figli prima di darsi alle fiamme. Il
ministero indaga sulle inspiegabili cause.
«Che
strana coincidenza» disse Alex, che si era fatto pensieroso mentre continuava a
leggere i trafiletti.
«Già,
la cosa davvero strana di tutta la
storia, sono i moventi» aggiunse Vall.
«In
che senso scusa?» domandò lui, distratto.
«Nel
senso che non ci sono!» esclamò «Da un mese a questa parte, c’è quasi un
suicidio al giorno. Pensa che quello che quello che è morto oggi era
addirittura un Auror, e ha ammazzato tutta la sua famiglia prima di togliersi
la vita. In più, in tutti i casi le circostanza sono misteriose, nessun
problema famigliare, nessuna malattia e nessuno degli amici e dei conoscenti
delle vittime si sa spiegare il gesto»
«WoW,
Vall hai mai pensato di diventare Auror? Sono sicuro che il piccolo James
potrebbe mettere una buona parola per te con il padre» disse Alex, con fare
allusivo.
«Dai
non fare lo scemo, io stavo parlando sul serio!» ribatté lei
«Anche
io Vall! Non hai notato come ti guarda quando è con noi!» insistette Alex
«Ma
smettila, è solo un bambino!» rispose lei.
Le
sue parole però, furono tradite da un lievissimo, quasi impercettibile rossore
delle gote che sarebbe sfuggito a chiunque, ma non all’occhio esperto di Alex.
«Di
la verità! Ti ho tanato mascherina! Fa piacere sapere di essere stata notata da
una persona cosi famosa eh?!» disse lui, con un sorriso sornione dipinto in
volto!
Valentine,
scoppiò in una genuina risata compiaciuta. L’amico la conosceva davvero bene!
Non era riuscita a nascondergli niente, neppure per un secondo. Era riuscito
addirittura a indovinare il motivo per cui aveva reagito così al primo colpo, e
lo aveva fatto con una naturalezza disarmante.
In
effetti anche lei aveva sorpreso il piccolo James a osservarla, quando credeva
che nessuno lo notasse. La cosa glie era sembrata prima un po’ strana, poi, ci
aveva preso gusto. Insomma, anche lei era una ragazza e a volte le faceva
piacere essere ammirate. Un pensiero innocente, nulla di più. Lei amava
Matthew, e niente al mondo gli avrebbe fatto cambiane idea, nemmeno un Potter.
Ne era più che certa.
«Senti,
Senti, da che pulpito viene la predica» disse lei, ancora sorridendo, mentre si
alzava dalla poltrona per raggiungere l’amico, iniziando a stuzzicarlo con una
serie infinita di buffetti sulle spalle.
«Ahahaha, calmati Vall, dai ammettilo che ho ragione, e la
chiudiamo qui» rispose Alex, cercando di difendersi dall’attacco dell’amica
meglio che poteva.
«Anche
fosse?!» replicò lei, sprezzante, mentre continuava a non dargli tregua.
«Ehehehe! Giuro che non dirò nulla a Matt!» scherzò lui «E
poi se non la smetti… Sai che conosco il tuo punto debole!»
Così
dicendo, avviluppò quasi completamente il torace di Vall, facendo aderire i
polpastrelli delle dita con le costole iniziando a fargli solletico.
Valentine
cacciò un urlò acutissimo e poi inizio a contorcersi, come una disperata.
«Crucio…Crucio…Crucio…»
disse Alex fra una risata e l’altra, storpiando la sua voce per rendere la
scena ancora più ridicola.
«Ti
prego…Ale…Basta! ...Ti Prego…» continuava a ripetere Vall, fra una boccata
d’aria e l’altra. «Mi arrendo, mi arrendo!»
Alex,
che intanto si era alzato dalla poltrona, a quelle parole di resa smise di
“torturare” l’amica ma si prese lo stesso una gomitata alla bocca dello
stomaco, tirata nell’ultimo spasimo involontario della ragazza. Il colpo gli
taglio il fiato per un istante, facendogli mancare l’equilibrio e ruzzolando a
terra, si tirò dietro Vall. I due si ritrovarono stesi sul tappeto davanti al
camino, una sopra l’altro.
«Oddio
scusa, ti ho fatto male?» disse lei, cercando di riprendere fiato.
«Non
preoccuparti, sopravvivrò! Questa però me la paghi! Ti eri arresa!» minacciò
Alex.
«Ti
giuro non ho fatto apposta!» cercò lei di giustificarsi.
Troppo
tardi, Alex aveva già ricominciato a farle di nuovo il solletico.
«Ciao
ragazzi! >>
I
due si fermarono ansimanti e videro Matthew e Lucas, che li guardavano
dall’alto in basso.
«Ale,
ti dispiace se mi riprendo la ragazza?» disse Matt sorridendo, mentre tendeva
una mano a Vall, che la afferrò subito.
«No,
no, fai pure» >> Rispose lui «Tanto ha già avuto quello che si meritava» aggiunse,
facendo l’occhiolino all’amica.
«Mio
eroe!» esclamò lei platealmente, mentre veniva aiutata dal suo ragazzo a
rialzarsi.
«Ehi!
E a me nessuno aiuta a rialzarmi?» protestò, ancora steso sul tappeto a pancia
in su, con le mani tese verso l’alto.
«Ti
aiuto io, mio bel Mulberry Volante» lo sfotté Luchas, allungandogli la mano per
aiutare a rialzarsi «Fantastico» rispose lui sarcastico «Pensa te di chi mi
devo accontentare…»
Gli
ultimi giorni di scuola passarono in un baleno e, soprattutto per Alex, furono
densissimi degli Esami e delle prove pratiche di fine semestre che lo
lasciarono letteralmente sfinito.
La
banchina del della stazione di Hogsmeade dove Alexander e Valentine si
trovavano era traboccante di studenti, tutti in attesa del treno che li avrebbe
riportati a casa per le vacanze di Natale.
«Dove
è Matt?» domandò Alex.
«Dovrebbe
essere qui a momenti» rispose Vall «Quest’anno non prende il treno con noi.
Maledetto il giorno che ha superato l’esame di smaterializzazione!»
«Dai
Vall non essere crudele!» la canzonò lui.
«Ehy, eccovi qua, finalmente» disse Matt, facendosi strada
fra la folla.
«Ciao,
Matt! Allora, hai organizzato tutto?» rispose Alex.
«Si,
si. Tutto pronto mi smaterializzerò da te la vigilia di capo d’anno e poi
insieme, raggiungeremo Vall in Italia»
«WoW,
smaterializzazione a due? Era questo il tuo piano? è roba abbastanza complicata
da quello che ne so. Sei sicuro di esserne in grado?» punzecchiò Alex.
«Che
c’è Berry? Non ti fidi? Hai paura?» rispose
l’amico, in sfida.
«Era
solo così, per dire…» liquidò Alex «Se mi spezzi, vedi di assicurarti che la
parte di me che resta sia morta! Altrimenti me la pagherai cara!» aggiunse
scherzando, poi rivolgendosi a Vall disse:
«I
tuoi sono d’accordo vero?»
«Si,
ci lasceranno usare lo chalet, ci saranno anche alcuni miei amici babbani» avvisò
la ragazza «Solo…. Sarà un bel casino arrivarci, il posto è in alta montagna e
i sentieri che portano là sono sepolti sotto due metri di neve. Ci sarà da
scarpinare non poco e tu Matt non potrai usare la magia, o farai venire un
infarto ai mie amici»
«Va
beh Vall, non c’è problema, ne avevamo già parlato no?!» rispose Matthew
sorridente.
«Che
bello non vedo l’ora! Mi piacciono da morire le avventure! E questa ha tutta
l’aria di esserlo» fece eco Alex.
Intanto
la locomotiva era arrivata e stava rallentando sui binari. Matt, cercando di
superare con la voce il frastuono metallico del treno disse:
«Bene,
allora fate buon viaggio, ci rivedremo più o meno fra una settimana»
Poi
Abbraccio Alex dandogli due sonore pacche sulla schiena che l’amico ricambiò e
disse:
«Mi
raccomando; saluta tanto i tuoi, anche tua sorella!»
«Ehi
tu! Levati dalla testa mia sorella, è solo una bambina!» rispose scherzando
Alex «Comunque non preoccuparti, saluterò tutti! Tu fa lo stesso con i tuoi»
Matt,
passo poi ad abbracciare Valentine e sussurrandogli qualcosa all’orecchio, gli
passò in mano un piccolo pacchetto Rosso, chiuso da un grande fiocco verde. I
due si guardarono un per qualche secondo negli occhi e Matt disse ancora
qualcosa ma il fischio acuto dei freni delle carrozze, compri qualsiasi altro
suono.
Poco
più tardi, quando Alex e Vall si furono accomodati in uno scompartimento vuoto,
lui chiese:
«Che
ti ha regalato Matt?»
«Credo
che non siano affari tuoi» lo liquidò lei.
Allora
Alex, divertito, si puntò indici e medi di entrambe le mani alle tempie e
corrucciando l’espressione la fissò intensamente, simulando un gran sforzo.
«Scommetto
che… quella scatola… contiene… un completo di lingerie rosso fuoco!» disse con
tono solenne, facendo una pausa dopo ogni frase per enfatizzare la scena, come
aveva visto fare a un personaggio di un film Babbano che aveva visto a casa dei
suoi.
Vall
scoppiò a ridere di gusto.
«Sul
serio Ale, la devi smettere!»
«Giuro
che il prossimo anno frequenterò il corso di Occlumanzia!»
«Non
è possibile che tu riesca ogni volta a leggermi nel pensiero!»
«Ahhahaha, Piccola Vall, non c’è bisogno di un mago oscuro
per leggerti nel pensiero. Ce l’avevi praticamente scritto in volto poco fa,
quando eri sui binari»
Rispose
lui, mentre il paesaggio innevato delle campagne scozzesi scorreva rapido del
finestrino dello scompartimento.
Finalmente ecco il nuovo capitolo! Anzi
i nuovi capitoli! Dato che superavo le 7000 parole, ho ritenuto saggio “spezzare”
questa parte in due tranches.
Potreiraccontarvi
un sacco di cose su quanto adoriquestocapitolo
ma, mi limiterò a dirviche ho inseritounacitazionefamosissimadellaletteraturaFantasy, appena ne ho intravisto la possibilità non ho esitato a coglierla, quindiche dire… 5 punti in paglio per chi la trovaEheheheh… Per ultimo, ma
non meno importante vogliodedicare i personaggi di Harry ed Hermione a Danny
Fan, un autrice straordinaria le cui opere sono state i
principali motori che mi hanno spinto a scrivere la mia.
Non c’è altro da aggiungere se non Buona Lettura.
Saluti
Alessandro.
Capitolo Sei:
“Fuori dalla mappa”
Parte prima
Era l’ultimo giorno
di vacanza, Alex aveva deciso di goderselo in famiglia a casa sua, nel Est
Hampshire. I suoi genitori vivevano in un tipico Cottage alla periferia di Petersfield una piccola cittadina di poco più di diecimila
anime, circondata su tutti i lati da campi coltivati che lasciano presto il
posto all’immensa foresta del Queen Elisabeth Park.
Fin da piccolo Alex
aveva imparato a apprezzare quel posto, suo padre, ce lo portava spesso
insegnandogli a riconoscere le piante, i funghi e gli animali.
<< Guarda
Ale… >> Gli disse una volta, mentre si trovavano nel cuore di un faggeto
<< Non trovi anche tu che in questo posto ci sia… qualcosa di magico?
Questa terra, e questo bosco, sono Vecchi…
Erano qui quando è nato mio padre e suo padre prima di lui, erano qui quando
sei nato tu… >>
<< Capisci
cosa intendo? >> Continuò, fissando il figlioletto negli occhi.
<< No Papi,
non capisco… non vedo niente qui… >> rispose lui scuotendo il capo.
<< Non devi
vedere… ascolta… chiudi gli occhi e ascolta >>
Alex ubbidì, chiuse
gli occhi e si mise ad ascoltare ma riusciva a sentire solo il cinguettio di
qualche uccellino e il vento che muoveva le fronde degli alberi e spazzava le
foglie secche a terra.
<< Papà, io
non sento niente… >> disse timidamente.
<< Shhh…concentrati >> rispose il padre.
Alex riprovò, ma
continuava a non sentire nulla di strano. Stava per arrendersi quando, quasi
per magia, in quell’indistinto marasma di suoni e rumori intravide un qualche
tipo di connessione e, tutto d’un tratto, il bosco parve prendere vita propria.
Gli alberi sembravano parlarsi, scambiandosi pensieri attraverso la brezza che
ne faceva vibrare le cime mentre e la terra rispondeva col secco strosciare
delle foglie morte, anche gli uccelli partecipavano con i loro canti.
<< Lo sento!
Adesso lo sento! >> Esclamò Alex pieno di gioia.
- Chissà perché mi torna sempre in mente
quell’episodio tutte le volte che devo partire –
Pensò, staccandosi
dalla finestra di camera sua da dove vedeva il grande faggeto dove suo padre lo
portava spesso da piccolo.
Era tutto pronto,
il baule era fatto e Emid se ne stava tranquilla
nella sua gabbia d’ottone riposando con la testa sotto un ala.
<< Ehy piccola… >> disse Alex, picchiettando un dito
contro le sbarre della gabbia cercando di svegliare l’animale nella maniera più
dolce possibile. << E’ ora di andare, sai ce non posso portarti con me,
la mamma morirebbe di crepacuore >> Aggiunse mentre apriva la finestra di
camera sua.
Emid uscì dalla sua
voliera sbattendo un po’ le ali, infastidita dal brusco risveglio, poi si posò
sul davanzale dalla finestra.
<< Ci vediamo
a Hogwarts, mi raccomando fai buon viaggio! >>
la salutò lui, vedendola spiccare il volo nella gelida aria di inizio Gennaio.
Accompagnato in
macchina dai suoi genitori, in poco più di un’ora e mezzo si ritrovò alla
stazione di king’s Cross.
<< Hai preso
tutto? >> Domandò Elienn la madre di Alex, una
bella signora bionda sulla quarantina.
<< Si mamma,
tranquilla… >> Rispose lui distratto, mentre con lo sguardo cercava Vall
nella ressa della stazione affollata. << Ehy !!
Vall! Quaggiù! >>
Valentine lo vide e
si fece largo tra la folla spingendo un carrello stracolmo di valige e bauli.
<< Caio Ale!
>> Disse, abbracciandolo. << Come hai passato il resto delle
vacanze? >>
<< Moto bene,
sono stato a casa con i mie e con questa piccola peste. >> Rispose lui,
mettendo una mano nei ricci biondo cenere della sorellina.
<< I capelli
no! >> si lamentò la piccola.
<< Dai,
lasciala stare poverina! >> la difese Vall. << Allora Ellen! Sei
pronta? A Settembre verrai anche te con noi! >>
Il volto della
bimba si illuminò di colpo.
<< Non vedo
L’ora! >> Disse raggiante.
<< E’ proprio
vero, a casa è un continuo, non fa che parlare d’altro. >> Ribadì Elienn
<< Immagino,
io sarei morta dall’impazienza se non l’avessi saputo praticamente all’indomani
della partenza! >> Concluse Vall.
Dopo alti brevi
convenevoli, i due amici furono pronti ad attraversare il varco per il binario
93/4. Vall era appena scomparsa nella solida parete di mattoni a
vista mentre Alex, prima di seguirla, si voltò un attimo per salutare i suoi
poi rivolgendosi alla sorella disse: << Ti prometto che ad Agosto, appena
riceverai la lettera di ammissione, ti porto subito a Diagon
Alley a comprare la Bacchetta dal Signor Olivander!
Sai dicono che lui faccia le bacchette più belle del mondo! La mia l’ho presa
lì! >> Dopo di che, anche lui prese una breve rincorsa e sparì nel muro.
Arrivarono a Hogwarts che era già buio pesto. Matt li raggiunse alla
stazione di Hogsmede per aiutarli con i bagagli e,
dopo cena i tre si fermarono a chiacchierare un po’ nella sala comune godendosi
una bella tazza calda di ciocco-menta.
<< Avete
sentito? >> Disse Matt. << Il Ministro della Magia ha incaricato
Harry Potter per indagare sui casi dei suicidi. Deve trattarsi di qualcosa di
serio, Potter è a capo dell’intera divisione Auror.
>>
<< Visto! Che
ti dicevo io! >> Aggiunse Vall, rivolgendosi a Alex.
<< Non ho mai
messo in dubbio le tue intuizioni Vall >> Rispose lui << E’ che
proprio non riesco a capire come questi suicidi siano collegati fra loro, non
possono essere tutti sotto Imperius. La magia Oscura lascia sempre tracce, è tipo L’ABC
che ti insegnano a difesa, non sei stata attenta a lezione? >>
<< Certo che
sono stata attenta, voglio solo dire che se hanno sguinzagliato praticamente
tutta la divisione Auror su questo caso magari, è
qualcosa di un po’ più complicato di una maledizione imperius, non credi? >>
Puntualizzò lei.
<< Potremmo
chiedere a James, magari i sui gli hanno detto qualcosa di più >> Propose
Alex. << Però non l’ho ancora visto da quando siamo arrivati >>
<< In effetti
a cena ho visto i suoi amici ma lui non c’era… e in stazione, a Londra, nemmeno
li l’ho visto. Di solito c’è sempre un gran chiasso intorno a lui e ai sui
genitori quando arrivano >> Disse Vall, che si era fatta pensierosa.
<< Da quando
in qua ti preoccupi per quel ragazzino?
>> Fece eco Matt, con tono glaciale.
<< Da quando
in qua lo chiami: quel ragazzino? >>
Rispose lei, adeguandosi all’intonazione del ragazzo. << Non eri tu
quello che: Uhhh Potter di qui…Uhhh
Potter dila? Mi sono
solo accorta di non averlo visto tornare a scuola tutto qui, è un problema?
>>
<< No, non è
un problema...è solo che…che…Ah, lascia perdere >> Disse lui alzandosi,
dirigendosi verso la scala per i dormitori.
<<
Incredibile… >> Sbuffò lei.
<< Va bene,
ho capito... >> Disse Alex guardando l’amico allontanarsi. << Ci
penso io, non preoccuparti. >> Aggiunse, posando una mano sulla spalla
dell’amica prima di alzarsi per inseguire Matt.
Quando lo
raggiunse, Matthew era sdraiato sul suo baldacchino pancia in su e mani dietro
la testa, impegnato a fissare il vuoto.
<< Ehmm… >> Esordì Alex. << ma che ti è preso poco
fa? >>
Matt si girò verso
di lui incenerendolo con lo sguardo. << Risparmiati Alex, so benissimo
che sei dalla sua parte >>
<< Bhè Matt, non è che tu mi lasci molta scelta… >>
rispose << Sei davvero geloso di Potter? >>
<< NO ! >> Fece una pausa… << Forse si…un po’. E’ che…non so… è il figlio di Harry Potter e…
>>
<< E…cosa?
>> Lo interruppe Alex. << Te lo abbiamo già detto mille volte, a
noi nati babbani non fa il minimo effetto quel nome.
E poi ti prego Matt… può essere famoso quanto vuoi ma James ha solo undici
anni! Non credo che a Vall possa interessare… >>
Matthew arrossì
dalla vergogna rendendosi conto di quanto stupido fosse stato.
<< Senti, lo
so che io sono l’ultimo degli ultimi dal quale prendere consigli su queste
questioni ma, Vall ti ama, ne sono più che sicuro… >> continuò Alex.
<< E poi tu non hai nulla da invidiargli, sei il miglior Pozionista della scuola e sei anche decente a Quidditch >> Provò a buttarla sul ridere.
Funzionò, Matt si
rilassò un po’.
<< Ma
piantala, lo sa tutta la scuola che sono io il miglior giocatore… >>
Disse.
<< Signor
Rive! Lo sa benissimo che non mi piace far pesare i gradi, le devo rammentare
chi è il suo capitano? >> Replicò Alex, con fare autoritario.
<< Mi scusi
signor MulberryVolante !
non accadrà mai più! >> Disse Matt, cercando di stare serio.
<< Dai, io
vado a letto, domani sarà una giornata lunghissima, ci daranno i risultati
delle prove e devo iniziare a programmare anche i prossimi allenamenti >>
Aggiunse Alex.
Il giorno dopo come
previsto, fu un inferno. Alex era andato bene in Incantesimi e Erbologia dove aveva preso un bell’Oltre ogni aspettativa. In Astrologia, materia che adorava, si era
guadagnato un Eccezionale cosi come
in Difesa contro le arti oscure dove nella prova pratica sugli incantesimi
difensivi era risultato inaspettatamente, primo della classementre, in Pozioni, Storia della magia
e Trasfigurazioni era riuscito appena a sfangare un Accettabile. Tutto sommato gli esami non erano andati male e
restava ancora metà anno per alzare un po’ le medie, il che non era male, se
sperava di trovare un bel lavoro dopo la scuola.
Finite le lezioni
Alex, si recò in sala comune e su una bacheca appese la convocazione per i
prossimo allenamento della squadra di Quidditch,
fissata per il Sabato di quella settimana.
- E anche questa è fatta! – Pensò mentre
appendeva l’avviso. – Per oggi abbiamo
finito –
In quel momento,
passarono di lì alcuni studenti del primo anno, Alex li riconobbe, erano amici
di James.
<< Ehy voi… >> Disse rivolto ai ragazzini << Siete
amici di Potter vero? L’avete visto da qualche parte? lo cerco da ieri, devo
parlargli di…alcune cose per la squadra >> Mentì.
<< Si, siamo
sui amici, ma anche noi non lo vediamo da prima delle vacanze, sul treno non
c’era e nessuno sa che fine abbia fatto >> Disse il ragazzo più alto del
gruppo, Alex non aveva idea di come si chiamasse.
<< Bhè se lo vedete, ditegli che devo parlargli, mi fareste un
gran favore >> I ragazzi fecero un cenno col capo, e poi se ne andarono
via.
L’indomani Alex e
Vall erano a lezione di Pozioni quando nel bel mezzo della preparazione di una
pozione di crescita accelerata, il piccolo James entrò in aula. Subito gli
occhi di tutta la classe furono puntati verso di lui che camminava a testa
bassa rosso come un peperone, stringendo in mano un piccolo rotolo di pergamena
laccato. Appena lo vide, il Professor Malfoy si
ammutolì all’istante, inarcando appena il biondissimo sopracciglio destro,
mentre sul suo viso comparve un lieve ghigno che fu subito sostituito dalla sua
usuale espressione neutra.
<< Bene,
bene, bene… >> Disse, con quel suo tono mellifluo da far accapponare la
pelle. << Cosa abbiamo qui? Il figlio del leggendario Harry Potter ci degna della sua
presenza, a cosa dobbiamo questo onore? >>
James si avvicinò
alla cattedra e farfugliò qualcosa che Alex, dal suo banco in terza fila, non
riuscì a comprendere.
<< Potter! Che ti succede? Tutto d’un tratto hai perso la voce? >>
Lo schernì il professore. << Fai sentire anche ai tuoi colleghi il perché
ti sei permesso di interrompere la mia
lezione >>
Il ragazzino, si irrigidì e strinse forte
i pugni.
<< Sono venuto a scusarmi con lei
per aver saltato la sua lezione di ieri, sono desolato… >> Disse, con la
voce spezzata porgendogli la pergamena che aveva in mano.
Malfoy quasi glie la
strappò di mano e rompendo il sigillo lesse velocemente, con in volto una
faccia a metà fra lo sdegno e lo schifato.
<< Oh… davvero toccante… >>
Disse, gettando la lettera sgualcita sulla tavolo << Queste ridicole
scuse abbindoleranno anche gli altri professori ma non me. Un mese di punizione
per l’assenza ingiustificata e cinquanta punti in meno a Grifondoro
per l’insolenza e la sfacciataggine che ha dimostrato interrompendo la mia
lezione, signor Potter… >>
Un intenso mormorio di sgomento si levò
dai banchi. - Che bastardata… - Pensò
Alex, che motivo aveva Il professor Malfoy di
infierire così sul povero James? Non era mai stato gentile con nessuno e anzi,
non risparmiava insulti e rimproveri durante le sue lezioni, soprattutto con i Grifondoro, ma questa volta era diverso, c’era qualcosa
nella sua voce e nel ghigno soddisfatto che aveva in volto che faceva intendere
che ci fosse qualcosa di personale dietro.
<< SILENZIO! O gli farete compagnia
anche voi tutti i sabati del mese! >> Tuonò il professore, da dietro la cattedra.
<< Cosa credi Potter? Solo perché mammina
è un pezzo grosso, pensi di poter fare quello che vuoi? O magari pensi che ti
sia tutto dovuto perché sei il figlio del
prescelto? Colui il quale ha sconfitto il Signore Oscuro? ...Eh Potter? …E’
questo che pensi? >>
- Questo
è troppo! – Pensò Alex.
Non gli erano mai piaciuti i prepotenti e
se nessuno aveva il coraggio di interrompere quello stillicidio di insulti lo
avrebbe fatto lui ma, mentre stava per alzarsi, qualcuno lo anticipò.
<< LA SMETTA! >> Urlò Vall che
era scatta in piedi come una molla.
<< Che bisogno c’era di insultare i
suoi genitori? >> Aggiunse lui, seguendo l’amica una frazione di secondo
dopo per darle manforte.
La tensione nell’aula era palpabile, la
maggior parte dei presenti li stava fissando a bocca aperta. Anche il Professor
Malfoy aveva gli occhi puntati verso loro due.
Stava per sbraitargli contro, Alex se lo
sentiva... –Complimenti, sei veramente
uno specialista nel prendere decisioni sbagliate, guarda qua che bel casino che
hai combinato! – Disse una vocina nel suo cervello.
Malfoy, tornò a guardare il ragazzino e con una
voce stranamente tranquilla e pacata disse:
<< A quanto pare, il nome della tua
famiglia continua a trovare ridicoli sostenitori anche oggi >>
<< La lezione è finita, potete
andare… >> aggiunse, rivolgendosi alla classe. << Voi no! >>
E indicò Alex e Valentine.
I due si spostarono per raggiungere James
che stava singhiozzando. Quando gli furono vicini Vall gli pose una braccio
sulla spalla frapponendosi fra lui e il professore mentre Alex, si mise alla
destra dell’amica appena un passò più avanti in modo da coprirne vagamente la
sagoma con la sua figura.
Draco, seduto nel suo scanno, parve accorgersi
dell’insolita disposizione e si lasciò scappare un sibilo di scherno.
<< Tutti uguali eh?! Voi Grifondoro… Sempre pronti a difendersi un con l’altro. Patetico…quando
imparerete? >>
<< Che vi serva da lezione!
Condividerete la punizione del signor Potter, tutti i sabati del prossimo mese
vi ritroverete qui a risistemare il magazzino degli ingredienti e a scrostare i
calderoni >>
<< Ma signore, e gli allenamenti? E
la prossima partita? >> Protestò Alex.
<< Non sono problemi miei signor Mulberry, le azioni stupide hanno conseguenze, lei dovrebbe
saperlo bene. >> Sibilò in risposta il professore.
- Già
che idiota che sei, cosa credi che glene importi dei tuoi stupidi allenamenti.
La prossima partita poi è contro i Serpeverde… Bel
favore che gli hai fatto! –
<< La vostra punizione inizia ora.
Quando torno, fra due ore, voglio vedere tutte queste pozioni mantecate a
puntino >> Continuò Malfoy, indicando i
calderoni che ribollivano su ogni banco.
<< Appena avete finito, mandate a
chiamare quel Mentecatto del guardia
foresta, lui saprà cosa farsene >> Così dicendone se ne usci dall’aula,
lasciando i tre ragazzi da soli.
<< Dai su calmati James >>
Disse Vall, asciugando una lacrima dal volto del ragazzo con un lembo della sua
divisa.
Alex restò sbalordito dal comportamento
dell’amica. L’aveva vista solo una altra volta comportarsi così, molto tempo fa,
e le lacrima che asciugava allora erano le sue.
Il piccolo Potter parve calmarsi subito,
c’era davvero qualcosa di speciale nelle cure di Vall, intanto in Alex stava
montando una gran collera…
<< Viscido-Bastardo-Schifoso
>> Sbuffò a un cero punto, dando un calcio alla sedia di un banco della
prima fila.
<< Siamo, rovinati, rovinati ti
dico… I serpeverde ci faranno un fondo grande come
una capanna… >> Aggiunse, parlando al vuoto
James a quelle parole corrucciò di nuovo
il volto e con un sibilo di voce disse: << Mi…Spiace. Io non… volevo, che
succedesse questo. >>
Alex, che intanto aveva preso a camminare
avanti indietro, si fermò e squadrò per un secondo il ragazzo.
- Che
Idiota che sono! –
<< Dai James… >> disse,
avvicinandosi e posandogli le mani sulle spalle << non ce l’ho di certo
con te, è quel figlio di un troll di Malfoy che è
stato veramente un verme… Però… >> Aggiunse, puntandogli l’indice della
mano destra a un palmo dal naso << Sappi che non mi sono messo in mezzo
perché di cognome fai Potter, sia ben chiaro! >>
<< Alex, non essere duro con lui!
>> Rimproverò Vall. << Mi sono messo in mezzo perché siamo amici, e
gli amici si parano la schiena a vicenda! >> Concluse lui, facendo
schioccare l’indice sulla fronte del ragazzino.
- WoW! Bella questa, mi
ricorderò di suggerirla alla Professoressa Wesley per il discorso iniziale ai Grifondoro – Si complimentò, pur pensava davvero quello
che gli aveva detto.
<< Grazie ragazzi, siete davvero…
mitici >> Disse James con gli occhi di nuovo gonfi. I due amici lo
guardarono per una attimo poi scoppiarono in una risata che contagiò anche lui.
Fù Vall quella che si ricompose prima di
tutti e sospirando disse:
<< Per tutti i santi… siamo solo in
tre e dobbiamo mantecare tutte queste pozioni… >>
<< E non solo, non so la tua, ma io
la mia devo ancora finirla… non stavo prestando molta attenzione alla lezione…
>> Ammise Alex colpevole.
<< E che diamine stavi facendo? Si
piò sapere? Non dirmi che stavi pensando Ancora a Sam… >> Chiese Vall,
sconcertata.
<< Sam?! Intendete la Robinson?
>> Si intromise James << Sapete che si è mollata con il ragazzo?
>> Aggiunse gioviale.
<< Si. Lo sappiamo. Grazie James
>> Disse Alex girando appena la testa, guardandolo di sottecchi.
<< Che c’è? Che ho detto stavolta?
>> Domandò il ragazzino.
<< Ahhaha,
niente James, è solo che l’argomento Rubinson è un
po’ Tabù ultimamente. Vero Berry? >> Spiegò Val, non trattenendo le
risate.
<< AH…AH…AH… >> si limitò a
rispondere sarcasticamente lui. << Piuttosto, come la sbrighiamo con le
pozioni? >> continuò.
<< Lascia fare a me, ho avuto un
idea. >> rispose sicura Vall.
La ragazza corse al suo banco e strappò
un piccolo angolo da una pergamena sul quale scribacchio qualcosa velocemente,
poi soddisfatta estrasse la bacchetta dalla manica e agitandola aggraziatamente
verso il bigliettino disse: << Fit, Tinea >>
Il foglietto vibrò per un istante come se
fosse stato attraversato da una carica elettrica e dopo qualche secondo finì
per assumere le sembianze di una piccola falena sotto gli occhi sbalorditi di
James e Alex, che non era mai riuscito a trasfigurare nulla di più piccolo di
un furetto.
Vall, guardò i due ragazzi con aria
divertita mentre teneva il piccolo insetto nel palmo della mano.
<< Quaerere, Matthew >> Aggiunse, toccando appena con la punta della
bacchetta le delicate antenne della falena che si alzò dalla sua mano
svolazzando fuori dalla porta dell’aula.
<< Bene, la cavalleria arriverà a
breve >> Disse compiaciuta e dopo circa un quarto d’ora infatti, Matt li
raggiunse.
CONTINUA…
Posterò il seguito
non appena avrò finito di correggerlo, non più tardi di stasera, scusatemi
tantissimo e che stò preparando 3 esami per giugno e
sono un po’ tirato con i tempi. Intanto fatemi sapere cosa ne pensate di
questo!
Capitolo 7 *** Fuori dalla mappa, Parte seconda ***
Capitolo Sette:
“Fuori dalla mappa”
Parte seconda
<<
Ciao ragazzi, ho ricevuto il tuo messaggio Vall, che è successo? >> Disse
Matt entrando in aula.
<< E’
successo un casino Matt, quel gran bastardo di Malfoy
ci ha messo in punizione per tutto il mese >> Rispose Alex.
<<
COSA ?! >> Esclamò Matthew. << Che altro hai combinato stavolta?
>>
<< In
verità… >> Cercò di dire Vall, ma Alex completò la frase per lei
<<…E’ colpa mia Matt, mi spiace… >> Disse, strizzando l’occhiolino
alla ragazza senza farsi notare. << Potter si è presentato qui per
parlare con Malfoy e quando quello ha iniziato ad
insultarlo, non ci ho più visto e gli ho urlato contro di piantarla, poi Vall
ha preso e mie difese e, risultato, cinquanta punti in meno e punizione per un
mese… >>
C’era
ancora molta tensione fra Vall e Mattew per la storia di Potter e, anche se i
due si erano chiariti nel frattempo, non gli sembrava una buona idea dire che
era stata lei a prendere le difese di James per prima. Fortunatamente l’amica
parve capire le sue intenzioni e per il momento non lo contraddisse.
<< Bhè complimenti Alex, se volevi affossarci bastava dirlo e
ci inventavamo un modo più creativo per farlo… >> Infierì Matt. <<
Lasciando stare i cinquanta punti… come farete voi due con il Quidditch? >>
<<
Non ne ho idea Matt, ci alleneremo un altro giorno o… non so… mi inventerò
qualcosa! Promesso! >> Rispose Alex.
<< Oh
grandioso… meno male… >> Continuò sarcastico l’amico << E dimmi, mi
avete chiamato qui in tutta fretta solo per darmi queste belle notizie, o
volevi coinvolgere anche me nel tuo prossimo piano per sputtanare la Casata?
>>
Matthew era
visibilmente alterato e Alex non riusciva davvero ad afferrarne il motivo.
<< In
realtà, speravamo che tu ci potessi dare una mano con queste pozioni… Fa parte
della nostra punizione, abbiamo poco tempo per finirle e abbiamo pensato a te…
>> disse Alex.
<<
Ah, certo… come no! >> prosegui Matt. << Sei davvero incredibile…
Francamente Alex, inizio ad essere un po’ stufo di mettere pezze alle tue
cazzate! Tu agisci sempre da incosciente fregandotene delle conseguenze, e fin
lì mi andrebbe anche bene, ma la cosa peggiore, quella che mi fa veramente incazzare è che nelle tue
idiozie trascini sempre anche gli altri >> aggiunse, guardando prima Vall
e poi Potter.
Alex era
pietrificato e non riuscì a controbattere, se ne stava semplicemente lì davanti
all’amico a bocca aperta. Di tutto si sarebbe aspettato da lui, tranne quella
reazione. Pensava davvero quello che aveva appena detto?
<<
Matthew Rive, STUPIDO PEZZO DI IDIOTA! >> Urlò Vall, colpendo il suo
ragazzo con una sonora sberla in pieno viso.
Nella
stanza calò un innaturale silenzio, spezzato solo dal pigro ribollire delle
pozioni ancora sui fornelletti. Vall respirava affannata, con una faccia
dolorante e gli occhi gonfi mentre con la mano sinistra si massaggiava il palmo
dell’altra. Alex e James erano storditi, ancora non si erano resi conto di
quello che era appena successo e fissavano entrambi Matt, che non si mosse di
un millimetro ne proferì parola. Solo dopo qualche attimo, che ai presenti
sembrò durare un eternità, il ragazzo alzò la mano sinistra posandosela sulla
guancia dove era ben visibile il segno delle dita di Vall.
<<
Come ti permetti di rinfacciare queste stronzate a un amico? Soprattutto se non
sai niente! La verità è che sono stata io,
io ho preso le difese di Potter per
prima e Alex è intervenuto dopo per aiutarmi… >> Sibilò Valentine, non
riuscendo a trattenersi un secondo oltre.
<<
Ah, e per la cronaca… Il tuo amico…>> Aggiunse, indicando Alex <<
Quello che; “Si comporta sempre da
incosciente, fregandosene di tutto e di tutti”, per non sò
quale motivo, si stava assumendo tutta la colpa solo per non farti
impensierire… Anzi… sai una cosa? In verità lo so benissimo il motivo, solo che
mi sembra troppo stupido per ripetertelo! >>
Mattew non
mosse un musco per tutto il tempo della sfuriata; solo quando la ragazza ebbe
finito di parlare, con voce atona disse:
<<
Capisco… se volete scusarmi… >> E così dicendo uscì dall’aula, senza
aggiungere nient’altro.
Appena ebbe
varcato la porta, Vall spezzò il silenzio che ancora regnava:
<<
Abbiamo un lavoro da fare >> Disse in un soffio, trattenendo a stento le
lacrime che già gli rigavano un lato della faccia.
Non era
quello il momento per consolarla, in qualche modo Alex lo “sentiva” quindi
prese il piccolo Potter, e iniziò a spiegargli come fare per finire di
preparare le pozioni. Era un compito basilare, che anche un primino era del
tutto in grado di eseguire, si trattava semplicemente di rigirare due volte in
senso antiorario e una volta e mezza in senso orario il contenuto di ogni
calderone perciò, non si diede molta pena a lasciarlo solo mentre lui si
occupava di completare la preparazione della sua pozione, per poi passare ad
altre tre o quattro rimaste incompiute.
Lavorarono in silenzio per circa una ora, ormai
il grosso degli intrugli era bello che pronto e, Alex e James li stavano già
travasando tutti in un unico calderone più grande, “formato Hagrid”,
così l’aveva definito il piccolo Potter. Ne restava solo una da finire e se ne
stava occupando Vall che non aveva più aperto bocca da quando si erano messi
all’opera.
<< AHHH!!! >> Urlò lei, attirando
l’attenzione dei due ragazzi.
<<
Che c’è Vall? >> << Che succede? >> Dissero loro, dirigendosi
verso la ragazza.
La pozione
sulla quale stava lavorando aveva cominciato ad ebollire,
lanciando schizzi incandescenti da tutte le parti.
<<
Vall che hai fatto? >> Chiese Alex allarmato.
<<
Non lo so! ero sovrappensiero… credo di aver aggiunto il sangue di drago due
volte… oddio, che stupida! Non mi sono accorta… >> Rispose lei nel
panico.
La
situazione stava degenerando rapidamente. Dal calderone saliva un denso fumo
giallastro che puzzava terribilmente di uovo marcio e faceva lacrimare gli
occhi, in oltre, le bolle sulla superfice erano sempre più grosse e producevano
schizzi sempre più grandi che andavano a imbrattare il pavimento e il banco o,
nella peggiore delle ipotesi, finivano su di loro scottandogli la pelle
attraverso i vestiti.
<<
Fate qualcosa! >> Gridò James.
Alex agì
d’istinto, tirandosi i lembi della tunica sulle mani per proteggersi provò a
spegnere il fuocherello che ancora bruciava sotto il calderone.
- Speriamo che questo basti – Pensò, dopo
aver chiuso la valvola che alimentava il fornelletto.
<<
Non funzionerà!! >> Avvertì Vall. << Il sangue di drago sta
auto-alimentando la reazione, FINIRA’ PER ESPLODERE! >> Aggiunse
disperata.
- No…no…no… FAI QUALCOSA IDIOTA O STAVOLTA
MALFOY VORRA’ LE VOSTRE TESTE –
<< Intra Proteguo
>> Urlò, estraendo la bacchetta in un batter d’occhio.
Intorno al
calderone l’aria parve vibrare, incandescente per poi formare una perfetta
sfera intorno al recipiente trattenendo all’interno qualsiasi cosa. La barriera
era del tutto invisibile una volta che fu formata, ci si accorgeva della sua
presenza solo perché quando qualcosa la toccava, l’aria in quel punto si
illuminava leggermente d’azzurro e la forza dell’impatto si disperdeva in
piccole onde simmetriche, come quelle prodotte da sassolini lanciati in uno
stagno, che si espandevano su tutta la superfice della bolla.
<<
Wow!! >> Esclamò James, estasiato.
<<
Sbrigati James, sai fare un incantesimo di levitazione vero? >> Gli
domandò Alex.
<<
Ehm… si certo >> rispose lui, estraendo la sua bacchetta. << Ma che
hai in mente di fare? >>
<< Lo
scudo non tratterrà la forza dell’esplosione, dobbiamo sbrigarci! Ho un idea,
fai levitare il calderone intanto, e seguimi! >> Ordinò Alex <<
Anche tu, Vall, non vorrai farti trovare qui quando Malfoy
tornerà vero? >>
<<
No… Certo che no, ma Ale, ci vedranno tutti passare per il castello? Come
faremo? E’ vietato usare la magia per i corridoi e poi dove vuoi andare? Quella
cosa sta per esplodere! >> Rispose lei sobbissandolo
di mille domande.
<< VALL ! non è il momento ! >> Gli urlò, scuotendola per
le spalle. << Ti fidi di me? >> Gli chiese a bruciapelo.
<< Si
certo che mi fido ma… >> Replicò lei… << Bene! Allora seguimi e non
fare domande >> La interruppe.
Alex si
tolse la mantella della sua divisa e la getto sulla Barriera magica cercando di
coprirla alla bella e meglio poi, mandò Vall a controllare che nessuno passasse
per i corridoi.
Fortunatamente
l’aula di pozioni si trovava nei sotterranei del castello e non c’era mai un
gran via vai di gente da quelle parti, eccezion fatta per qualche serpeverde che entrava o usciva dalla sua sala comune, e
Alex doveva essere uno dei pochissimi Grifondoro al
mondo a conoscere meglio del palmo della sua mano quel dedalo di gallerie e
cunicoli, la maggior parte dei quali, finivano con dei vicoli cechi; o almeno
cosi sarebbe parso a chi non sapeva dove guardare.
- L’ho sempre detto che frequentare una serpeverde avrebbe dato i suoi frutti prima o poi –
Pensò ironico.
<<
Alex! da qui non si va da nessuna parte! >> Disse Vall disperata, quando
i tre si trovarono in un vicoletto che terminava davanti ad un solido muro di
mattoni.
<<
Ragazza di poca fede… >> Disse lui sbuffando << Ti ho detto che ti
devi fidare no!? Guarda là! >> Aggiunse, indicando una piccola rosa
scolpita in un mattone.
<<
Quel simbolo indica i passaggi segreti in tutto il castello, ci ho messo un po’
a capirlo, ma poi è stato facile trovarli >> Disse mentre premeva alcuni
mattoni, apparentemente a caso.
<< In
molti passaggi c’è una sequenza, una combinazione… te ne accorgi perché i mattoni
o le pietre hanno tutti delle imperfezioni o dei segni, ci ho messo una vita a
scoprire la sequenza giusta per aprire questo… >> Continuò a spiegare
<< Ma del resto, quando sei determinato non ti arrendi tanto facilmente
dico bene? >>
<< Usavi
questi passaggi quando venivi qui a trovare Cassandra, vero? >> Chiese
Vall Titubante, senza ottenere risposta.
Quando Alex
ebbe finito di inserire la combinazione i mattoni della parete ruotarono su
loro stessi facendo comparire uno stretto passaggio che portava a una
scalinata.
<<
Seguitemi, dobbiamo sbrigarci. >> Disse perentorio.
Erano più
di due anni che non passava per quelle anguste scorciatoie, altre invece, le
aveva adoperate da poco tempo e, in men che non si dica, i tre ragazzi
sbucarono nel corridoi degli arazzi al settimo piano.
<<
Alex, sei sicuro che funzionerà? >> Domandò James dubbioso, avendo
intuito le intenzioni del ragazzo.
<< Deve funzionare >> rispose lui
sicuro. << Ecco ci siamo >> Aggiunse, fermandosi davanti a una
spoglia parete di pietra.
Ci passò
davanti tre volte e poi con fare autoritario disse: << Ci serve un posto
per nascondere una cosa! >>
<<
Santo celo è una follia! >> Mormorò Vall.
In quel
momento, da una crepa del battiscopa di pietra si materializzò una rozza porta
di legno, che aveva tutta l’aria di essere l’entrata di un ripostiglio.
Valentine
era esterrefatta, non credeva ai suoi occhi mentre il piccolo James era al
settimo celo.
<< Ce
l’hai fatta!! L’hai aperta di nuovo! Sapevo che esisteva ancora !! >>
Gridacchio.
<<
James! Per l’amor del celo, stai zitto! >> Lo fulminò Alex. <<
Presto sbrigatevi ad entrare! >> Aggiunse mentre apriva la porta,
controllando che nessuno li avesse notati.
Una volta
dentro ragazzi si ritrovarono in un ambiente completamente chiuso, senza
finestre, poco più piccolo della loro sala comune e illuminato appena da alcune
torce alle pareti. Il chaos lì dentro la faceva da
padrone, il pavimento era cosparso di libri e fogli di carta, per la maggior
parte bruciacchiati, lungo le pareti erano accatastati oggetti di ogni tipo,
manici di scopa rotti, gabbie vuote, bauli e quant’altro. Al centro della
stanza sorgeva un gigantesco cumulo di oggetti che lambiva quasi il soffitto.
Qualsiasi cosa in quella stanza portava gli evidenti segni di un incendio,
alcuni mobili erano parzialmente bruciati, altri ricoperti di uno spesso strato
di fuliggine, altri ancora, erano stati talmente erosi dal fuoco, che non si
riusciva più a capire cosa fossero stati in origine.
<< Visto!
mio Padre L’aveva detto che c’era stato un incendio qua dentro… però strano, mi
ero immaginato questo posto molto più grande! Papà disse di essere fuggito da
qui volando su una scopa… >> Disse Potter felice come non mai.
<<
Non ora James! >> Imprecò Alex, togliendo il mantello dal calderone per
controllare la situazione. << Merda, non ci resta molto tempo! >>
La barriera
non aveva più la forma di una solida sfera, i suoi contorni ora erano
irregolari e in continuo mutamento, in un susseguirsi di espansioni e
contrazioni, aveva in oltre assunto un brillante colore azzurrognolo segno che
era al limite della sopportazione.
<<
Là! Presto! >> Gridò, indicando a Valentine un grosso armadio nero che
sbucava dalla pila centrale.
Valentine
corse ad aprire le ante del mobile che stranamente sembrava essere in ottime
condizioni, se paragonato al resto degli oggetti presenti.
- Chissene frega, anzi meglio, l’importante è che
riesca a contenere almeno un po’ l’esplosione – Pensò Alex, mentre aiutava
James a metterci dentro il calderone.
Ebbero solo
il tempo di richiudere le ante e fare qualche passo indietro prima di sentire
un forte sibilo seguito da un boato assordante che fece tremare tutta la stanza
facendo collassare la pila di oggetti, che si sparsero per tutta la stanza alla
rinfusa.
<<
Incredibile >> Disse Alex tossendo, mentre si avvicinava all’armadio dal
quale uscivano densi vapori gialli, ma che per il resto era miracolosamente
intatto.
<<
Mitico, non li fanno più gli armadi di una volta eh? >> Aggiunse
divertito James, tirando un calcetto sul fondo del mobile ribaltato.
Non fece
nemmeno in tempo a tirare via il piede che l’armadio collassò su se stesso,
come se a tenerlo insieme non ci fosse mai stato nient’altro che aria.
<< Blhèè… Che schifo… >> Protestò Potter, guardandosi la
scarpa destra ricoperta da una densa melassa nera maleodorante, residuo
dell’esplosione che stava colando dai resti dell’armadio, che l’aveva
imbrattato.
<<
Un'altra volta impari… >> L’apostrofò Alex.
<<
Non credo ai miei occhi >> Disse Vall, dietro di loro << Ce l’abbiamo
fatta, e poi… questo posto, ti giuro Alex, per un periodo ho creduto tu fossi
pazzo… bhè scusami, mi rimangio tutto!! >>
Aggiunse, abbracciandolo dalla gioia!
<< Ehy, ragazzi! Guardate che ho trovato mentre mi pulivo la
scarpa! >>
Potter teneva
in mano un piccolo cofanetto, non piò grande di un carillon o di un portagioie,
sicuramente di metallo sembrava d’argento ma era difficile dirlo da tanto era
ricoperto di fuliggine. Nonostante lo sporco però, spiccava subito la fine
lavorazione dei motivi che lo ricoprivano e soprattutto i quattro rubini che ne
decoravano tre lati e il coperchio. Sul davanti invece c’era una piccola
serratura. Il ragazzo provò ad aprirla, ma il cofanetto era sigillato.
<<
Sembra di valore, chissà cosa c’è dentro >> Disse estremamente
incuriosito. << Guardate! C’è un incisione intorno alla serratura!
>> aggiunse strofinando un po’ lo scrigno con la manica della divisa.
<< Hic
memoria conservantur…Intratego ostendam tibi >> Lesse ad alta voce, appena le
parole furono comprensibili.
La
serratura scattò di colpo e il cofanetto si spalancò iniziando a risucchiare al
suo interno le mani di James che cacciò un urlo agghiacciante. Il ragazzo sparì
all’interno come se il suo corpo fosse stato fatto di gas in una manciata di secondi
senza lasciare traccia.
<<
ODDIO, MA CHE DIAVOLO ?!!? >> Gridò Vall. << JAMES!!! >> Gli
fece eco Alex, avvicinandosi allo scrigno ancora aperto.
L’interno
era tutto ricoperto da un raffinato raso rosso, tranne il fondo, dove fluttuava
una strana sostanza nera a metà fra la forma liquida e quella gassosa. Questo
fu tutto quello che Alex riuscì a vedere, prima che il portagioie ricominciasse
a vibrare violentemente mentre una stana forza, alla quale non riusciva ad
opporsi, si impadronì del suo piede destro trascinandolo inesorabilmente dentro
il contenitore.
Vall cacciò
un urlò, mentre Alex veniva risucchiato chissà dove.
- NO! LEI NO! – Furono gli ultimi pensieri
del ragazzo, che, prima di sparire del tutto, puntò la bacchetta contro
L’amica.
Un lampò intensissimo
di luce verde ne scaturì, seguito subito dopo da una rumorosissima esplosione e
un flash accecante, poi, il silenzio.
Quando Vall
si riprese era immersa nell’oscurità più totale, sentiva solo un acutissimo
fischio, ma talmente intenso da riuscire a coprire persino i suoi pensieri, e
le orecchie gli facevano un male cane.
- Cieca?! Sono Cieca?!? NON VEDO NIENTE, SONO
CIECA? – Continuava a domandarsi mentre si sfregava gli occhi in preda al
panico.
Poco a poco
la vista gli ritornò, era comunque buio intorno a lei, lo spostamento d’aria
dell’esplosione di poco prima aveva fatto spegnere tutte le torce della stanza
e l’unica fonte di luce, proveniva dai flebili bagliori verdognoli e dorati
emessi da una massiccia barriera magica di fronte a lei. Lo scudo sembrava
attraversato da una specie di aurora boreale che poco alla volta si spense
facendola ripiombare nell’oscurità.
Provò ad
urlare i nomi degli amici ma, anche se fossero stati lì per rispondergli, lei
non sarebbe riuscita comunque a sentirli. L’unica cosa che percepiva era
nient’altro che quel fischio che gli stava spaccando il cervello.
<< Lumus >>
provò a dire, non sentendo la sua stessa voce.
Fortunatamente
la bacchetta si accese ma la luce gli bruciò gli occhi, costringendola a
chiuderli. Nell’aria c’era un fortissimo odore di Azoto, come dopo un temporale
estivo e quando si fu riabituata alla nuova fonte luminosa, notò che tutta
l’area intorno a lei era carbonizzata. I mobili alle sue spalle non avevano
preso fuoco, semplicemente si erano vaporizzati lasciando solo un po’ di cenere
per terra. Il pavimento di pietra era completamente annerito e l’unico punto
inalterato era un piccolo ovale dove lei stava al centro. Un pensiero
agghiacciante si fece strada nella sua mente…
- No, Ti prego fa che non sia vero… -
Poco più
avanti giaceva a faccia in giù il corpo di Alex con i vestiti fumanti,
stringeva ancora in mano la bacchetta ed era immobile.Al suo fianco, James più o meno nelle stesse
condizioni mentre dietro di loro, intatto, si trovava lo scrigno, aperto,
vuoto.
Londra,
GrimmauldPlace Numero 12
Stesso
giorno
Ore 22:30
<<
Dai Harry… Ho appena messo a letto i bambini !
>> Disse Hermione divertita, riuscendo a
svincolarsi come una gatta dalla presa del marito.
<< Ehehe, dove credi di scappare? >> Rispose Harry,
riagguantandola per i fianchi.
A Hermione scappò una risatina quando la voltò prendendola in
braccio, per poi regalargli un lungo e appassionato bacio mentre lei gli
avvolgeva le sue lunghe gambe sottili dietro la schiena.
Era Pazzesco
come anche dopo quindici anni di matrimonio, dopo il lavoro, dopo i figli,
trovassero ancora la voglia e l’energia per quei giochi, gli inseguimenti e le
lotte sotto le lenzuola.
Barcollarono
cosi avvinghiati per tutto il corridoio fino alla camera da letto dove Harry la
depositò delicatamente sull’ampio materasso matrimoniale, lei lo attendeva a
braccia aperte e lui gli fu subito sopra iniziando baciare delicatamente
l’incavo del collo, assaporandone il sapore della pelle, e il profumo cosi… famigliari
e inebrianti allo stesso tempo. Hermione intanto
aveva tuffato le sue dita nei capelli del marito scompigliandoli ancor più del
solito, adorava farlo mentre si godeva le sensazioni delle labbra di lui
pizzicargli prima il collo, poi la spalla, e poi, sempre più giù, fino a
lambirle il seno.
Purtroppo
però, qualcosa rovinò l’atmosfera. Il campanello della cassetta della posta
aveva trillato.
<<
Giurò che domani schianterò personalmente l’imbecille che spedisce posta a
quest’ora! >> Imprecò Harry.
<< Eheheh, sai che mi piaci quando fai il duro! >> Gli
sorrise lei.
<<
Sai che dopo tutto questo tempo, penso ancora che sei la donna più meravigliosa
del mondo >> Rispose lui, scostandogli una ciocca di capelli dal viso.
<<
Oh, la smetta signor Potter, lei è proprio un Don Giovanni, se continua così mi
scioglierò come la neve ad Aprile >> Rispose arrossendo prima che i due
si mettessero a ridere << Dai tesoro, è meglio che vai a controllare, se
è arrivata posta a quest’ora magari è qualcosa di importante >> aggiunse,
tornando seria. << Io intanto controllo una cosa… Mi presti la mappa?
>>
<< Si
certo, è lì nel comò, però sul serio Herm, dagli
tregua, è solo un ragazzino >> Disse Harry.
<<
Voglio solo controllare una cosa… Aveva detto che sarebbe andato a trovare Hagrid dopo cena, voglio solo accertarmi che sia già
tornato…>>
<<
Prometto solennemente di non aver buone intenzioni >> Disse,
picchiettando una volta col la bacchetta su un pezzo di vecchia pergamena
bianca sulla quale immediatamente comparve un preciso e dettagliato cartiglio
di un castello, che lei sapeva fin troppo bene trattarsi di Hogwarts,
con tanto di nome cognome e posizione di tutti i suoi abitanti.
<< Va
bhè, fai come vuoi >> Sospirò Harry mentre si
dirigeva al piano inferiore.
- Che strano… -
<< Herry! >> chiamò da camera da letto, sentendo il
marito correre sulle scale a passi pesanti.
<<
Non trovo James da nessuna parte sulla mappa… >> aggiunse senza togliere
gli occhi dal foglio.
<< Hermione! >> Disse Lui, rientrando in camera da letto
Lei alzò lo
sguardo e appena incrociò gli occhi di Harry, un brivido di sudore freddo gli
attraversò la schiena e il sangue gli si gelò nelle vene.
<<
Sveglia i ragazzi, andiamo a Hogwarts. E’ successo
qualcosa a James… >>
Spero che nella
lettura di questo ultimo capitolo vi siate divertiti almeno la metà di quanto
non abbia fatto io nello scriverlo. Un sacco di “Fili” si innestano in questa
parte della storia, e mi raccomando, non date nulla per scontato! Passando ad
un altro aspettò, questa volta, gentili lettori e lettrici, avrei una richiesta
da farvi: Potete farmi sapere cosa ne pensate del cameo di Harry/Hermione? Ci tengo particolarmente a sapere la vostra
opinione su questa parte perché è stata inserita come tributo e mi farebbe
piacere sapere cosa ne pensate.
Fermo restando che,
con rammarico, ho notato che le persone, difficilmente, superano la lettura del
primo capitolo, ma immagino che questo succeda solo a causa delle mie carenze
in qualità di scrittore, colgo l’occasione per ringraziare quella scarsa decina
che, o per sbaglio o per perseveranza, è arrivata fino a leggere queste parole.
«Alex,
la finisci quella?» disse una voce stranamente familiare.
Il
ragazzo fissò perplesso
il bicchiere posato davanti a lui. Il ghiaccio era quasi sciolto, ma c’era
ancora un dito di Whisky all’interno.
Era
il suo? Quando lo aveva ordinato?
«Allora,
lo finisci o no?» insistette la
voce, spezzando il filo di quei
pensieri.
«No,
non mi va più» disse Alex,
passando il bicchiere alla ragazza seduta al tavolo con lui.
Ci
mise qualche secondo per riconoscerla, era Valentine.
Portava
un elegante tailleur nero, con una camicia di seta bianca. Il collo era
adornato da una lunga collana di
perle e un rossetto, di
un porpora
intenso, le colorava le labbra. I
capelli invece, erano insolitamente lisci e raccolti in un elegantissimo
chignon laterale,
mentre in testa,
portava un Fascinator rosso ricamato con piume nere, dal
quale scendeva una veletta a rete che le copriva metà del viso,
dalla tempia sinistra sino
alla guancia destra.
Era
di una bellezza mozzafiato, ma c’era qualcosa; un qualche tipo di incongruenza
che la mente di Alex non riusciva in nessun modo a conciliare. Era come se la
ragazza che aveva di fronte fosse un
qualche tipo di sosia della sua amica.
«Che
ti prende Alex? Hai una faccia…» disse Vall vagamente ammiccante.
Il
quel momento, una
ragazza in abiti succinti si avvicino al loro tavolo, portava un largo vassoio
in legno carico di ogni genere di tabacchi immaginabile, sorretto
grazie una raffinata fascia nera che gli passava intorno al collo.
«Desiderate
qualcosa signori?» disse, avvicinandosi a
Vall.
«Si
grazie Poliene, il solito per me» rispose lei.
«Come
desidera signorina» aggiunse la giovane hostess, allungandogli un
pacchetto di sigarette senza filtro.
Alex
assistette alla scena allibito.
Valentine? che fuma? Qui c’è decisamente qualcosa
che non quadra.
Con
le mani velate da dei deliziosi guanti di velluto,
Valentine carico l’estremità di un lungo bocchino di ebano
nero adornato d’avorio.
«Che
sbadata, hai per caso da accendere?» disse, muovendo voluttuosamente
lo strumento di fronte ad Alex.
«Si
certo» rispose lui senza pensare «Tieni» aggiunse, passandogli dalla tasca
interna del suo gessato nero, un accendino d’argento ricamato.
Ma che diavolo? Il vestito? L’accendino?
Come…
Vall
si accese la sigaretta, e dopo qualche lungo tiro sorrise bonaria
e, come
se gli leggesse nella mente disse:
«Non
ti crucciare troppo Alex, non in porta il come o il perché» poi, indicando un palchetto di fronte al loro tavolo, dove
appena qualche secondo prima Alex avrebbe giurato non ci fosse stato nulla,
aggiunse:
«Guarda,
è la tua canzone preferita, sta per cominciare»
Il
sipario si aprì e
una bella donna avvolta in abito lungo
di seta rossainizio
a cantare, mentre le note di un saxofono la accompagnavano
riempiendo l’aria già densa di un’eterea
cortina di fumo, con una
struggente melodia Blues.
Alex
stette ad ascoltare in silenzio, lasciando che la musica gli entrasse dentro,
toccandogli ogni corda del suo animo. Alla fine del brano, una lacrima gli
rigava la guancia.
La
canzone parlava di come il protagonista era
convinto di conoscere bene un’altra persona
ma, in realtà,
scopre di essere stato ingannato per tutto il tempo. Alex
non l’aveva mai sentita prima di allora ma Vall aveva ragione, era di gran
lunga la sua canzone preferita, sembrava stata scritta apposta per lui e
ora che l’aveva ascoltata si sentiva leggero e svuotato, come
dopo aver pianto per ore, quando dentro l’anima non ti resta più nulla, se
non quel leggero retrogusto amaro della
malinconia.
«Mi
spiace Alex, non era mia intenzione rattristarti, ma era necessario»
disse Vall, quando la cantante sparì
dietro il drappo rosso del sipario.
«Necessario,
per cosa?» domandò lui, con la voce spezzata, cercando
di ingoiare il nodo che gli si era formato in gola.
«Prestò
capirai, ma andiamo per gradi...» rispose l’amica.
«Ho
solo una domanda prima» la interruppe «Chi sei? Perché è evidente che non sei
la vera Vall»
«Perspicace
come sempre, eh! Me ne compiaccio, da cosa lo hai intuito…» disse lei.
«Alex.
Non hai fatto che chiamarmi così per tutto
il tempo, la vera Valentine non lo fa mai, non
aggiunge mai la X» spiegò.
«Non
credevo te ne saresti accorto, a quanto pare
mi sono sottovalutato» lo liquidò, sorridendo.
Alex
inarcò il sopracciglio, fissando la
sua misteriosainterlocutrice.
«Che
intendi dire?» domandò.
«Andiamo,
lo sai benissimo che intendo dire… Fammi l’altra domanda, quella che ti frulla
in testa da quando ti sei ritrovato qui in
questo luogo.» rispose.
«Basta
giochetti!» tuonò lui «O
altrimenti…» aggiunse scattando in piedi,
lanciando la sedia su cui era seduto a
parecchi metri di distanza, estraendo nel
contempo la bacchetta dalla manica sinistra della
giacca, puntandola
verso Valentine. La ragazza rise di gusto.
«O
altrimenti cosa?» lo schernì «Questa non ti servirà a
niente qui…» continuò, porgendogli la sua stessa bacchetta.
Alex,
fissando il suo pugno destro stringere null’altro che aria, andò nel panico.
Come ha fatto? Mi ha disarmato senza battere ciglio…sono spacciato.
«Smettila
di farti queste stupide domande» disse la ragazza, adirata per la prima volta
«Te l’ho già detto. Non è il come o il perché che conta!»
Alex,
terrorizzato a morte, cercò di fare qualche incerto
passo indietro, per
mettere più distanza possibile fra lui e il personaggio che aveva di fronte ma le
gambe gli cedettero, diventando molli come
la gomma dallo sgomento e perdendo l’equilibrio, si ritrovò seduto sulla sedia che aveva scagliato pochi minuti prima.
Il
viso di Valentine tornò benevolo e, avvicinandosi, posò le mani sulle ginocchia
del ragazzo, chinandosi per poterlo guardare negli occhi.
«Non
sono un nemico da battere, e non intendo farti del male»
disse rassicurante «Questa cosa la devi risolvere da solo, o non potrò
aiutarti»
«Cosa!
Quale cosa! Non capisco… chi sei? Cosa mi hai fatto? Cos’è questo posto?»
Chiese Alex, sull’orlo di una crisi di nervi.
«Calmati,
concentrati. Sei sulla strada giusta, ricordati come ti sentivi
poco fa, alla fine della canzone, svuota la mente… chiudi gli occhi, respira…»
Alex
ubbidì, non gli restava null’altro da fare se non assecondare le istruzioni
della ragazza, che ora sembravano provenirgli direttamente da dentro la testa. Appena chiuse le palpebre però, fu subito scosso da
brividi di freddo, che lo costrinsero a riaprire immediatamente gli occhi.
Era
ancora seduto sulla sedia del bar e Valentine
era lì con lui, entrambi però, erano ora vestiti alla babbana e si
trovavano in un bosco.Sembrava
il faggeto vicino casa di Alex, se
non fosse che qui tutto era morto, anzi,
congelato. L’aria era gelida, gli alberi completamente spogli, una spessa brina
ricopriva qualsiasi cosa e il
biancore di quel posto era quasi accecante.
«Vieni,
voglio mostrarti una cosa» disse Valentine, prendendolo per mano.
I due
camminarono per quella distesa ghiacciata per
qualche minuto, o qualche ora, Alex non avrebbe potuto
dirlo con certezza. Sembrava che il tempo in quel luogo non esistesse, non se
ne riusciva a percepire lo scorrere. Il
silenzio poi,era
assordante, solo il rumore di cristalli frantumati prodotto dalle foglie che
calpestavano, spezzava quella monotonia. Improvvisamente, il
faggeto lascio spazio a una radura, dove
sorgeva una piccola casa a due piani, il
primo in pietra, il secondo in legno,una
balconata in di tronchi di pino grezzo ne
decorava la facciata ma, alcune
finestre erano divelte, quasi tutti i vetri erano infranti
e delle pietre giacevano ai piedi
della parete mentre il legno era grigio e crepato in più punti. Sembrava che lì
non vivesse nessuno da decenni.
Quella
desolazione, Alex se la ricordava bene, l’aveva già provata sulla
sua pelle.
«Dove
siamo?»
chiese.
Una
bagliore lo accecò e quando
riaprì gli occhi era da solo, il
prato intorno a luiera
verde e ricoperto di fiori la casa
era in perfette condizioni, sotto il balcone, a lato dell’ingresso erano appese
delle campanelle che suonavano pigramente mosse dal vento. Splendeva un bel
sole e la temperatura era
gradevole mentre
nell’aria risuonavano allegri i cinguettii degliuccelli
nel bosco lì
vicinoanch’essorinvigorito e pieno di
vita.
Quel sovraccarico di percezioni, investirono Alex, lasciandolo stordito.
Tutto tornò freddo e immobile.
«Io
abitavo qui una volta» disse Valentine, con una punta di nostalgia nella voce
guardando la vecchia casa in rovina«Il periodo più bello della mia vita…»
Alex
si girò per guardarla, lei ricambiò.
«Non
parlare, seguimi…» lo interruppe, prima ancora che avesse il tempo di dire
qualcosa. «C’è ancora una cosa che voglio mostrarti»
Appena
girarono l’angolo che dava sul retro della casa, un altro flash.
Si
sentiva il rumore dell’acqua
scorrere, un
piccolo fiume passava sul retro della baita.
Alex questa volta lo riconobbe, non aveva dubbi.
Questo è il torrente che passava dietro
casa di Vall, in
Italia, ci siamo stati due
estati fa in vacanza.
Una
serie di risate e schiamazzi provenienti dalla riva
attirarono la sua attenzione, fu come guardare
la sena di un film.
Adesso
era nel fiume, l’acqua gli arrivava
all’incirca al ginocchio, era fresca e corroborante,
aveva un ricordo molto preciso di quell’episodio. Stava
giocando a pallavolo con Matthew e
degli altri ragazzi, amicibabbani
di
Valentine.
Sulla riva stese al sole su degli asciugamani, quattro ragazze: Vall, due sue amiche italiane, poi
lei, Cassandra. Stavano ridendo, qualcuna doveva aver appena fatto una battuta,
le risa lo distrasseroe, dopo
aver rilanciato la palla, si
disinteressò del gioco,
catturato com’era dal suono cristallino della voce di Cass, i
loro sguardi si incrociarono per caso.
Dio quegli occhi, sembra una dea, la mia dea. Si
ricordò di aver pensato.
Avrebbe
potuto perdersi in quelle pozze color nocciola striate di una miriade di
pagliuzze d’orate. Il
mondo, il suo mondo, vi era racchiuso. Buffo, come
un gesto così semplice, cosi casuale,
avesse la forza di provocargli tanta felicità. Amava
quella ragazza, la amava con tutto il cuore, e
avrebbe voluto urlarlo a squarciagola là, in quell’istante, ma il sorriso che
gli si dipinse in volto e quello
che ricevette di contrappunto,
furono dichiarazioni più intime e potenti di quanto le parole non avrebbero mai
potuto fare e tanto bastò per renderlo l’essere più felice sulla faccia della
terra.
La
prospettiva cambiò di nuovo, la scena al fiume continuava ma ora Alex ne era solo mero
spettatore, vicino a lui, la
controfigura di Vall.
«Era
davvero un bel posto dove vivere» disse lei
mestamente.
«Ne
sono convinto anche io, e…» Alex fece una pausa, ora consapevole dell’identità
del suo Virgilio «Mi spiace» aggiunse senza riuscire a guardarla negli
occhi.
«Non
è con me che devi scusarti» disse lei,
«Piuttosto devi fare pace con te stesso, o questo posto non guarirà mai»
Una
folata di vento gelido investì il fiume facendone congelare le acque, la
vegetazione sulle sponde venne intrappolata nel mortale
pallore della brina mentre le figure del ricordo di Alex si dissolsero
nell’aria come se fossero state fatte di sabbia.
«Hai
capito ora?» chiese Vall, continuando a fissare il fiume ghiacciato davanti a
lei.
«Si,
la foresta, la baita, anche quella l’ho riconosciuta, è stato dove Cass ha
detto per le prima volta di amarmi. Il fiume…Sono tutti posti distanti
geograficamente fra loro, ma hanno in comune il fatto che,
in quei luoghi io sia stato…Felice»
Alex
fece una pausa per cercare di riordinare il pensiero che
aveva in mente.
«Hai
detto che tu abitavi qui…O forse dovrei dire…Che io, abitavo qui?» si
girò, cercando il contatto visivo «Tu sei me, e io sono te, giusto?»
Valentine
sorrise compiaciuta, facendo un cenno con la testa.
«E il
fatto che questi posti siano tutti qui, mi fa pensare che, in realtà, questo
stia succedendo nella mia testa, una
specie di sogno» Alex impallidì «O…o…forse,
sono morto?» domandò.
«Hehe, no,
tranquillo, non sei morto» disse Vall
«Ma non stai nemmeno sognando» continuò,
facendosi scura in volto.
«In
che senso, spiegati…» insistette Alex.
«Non
ho tutte le risposte, cosa credi che sia? Il
genio della lampada?» rispose lei stizzita.
«Wow,
sembravi proprio Vall quando si incazza…» sdrammatizzò lui«A proposito perché le somigli?»
«Questa?»
rispose lei,
guardandosi le mani «E
solo una forma come un'altra, avrei potuto assumere le nostro sembianza se
avessi voluto, ma già ti ho incasinato abbastanza così, pensa
se ti fossi trovato davanti un clone che rivendicava di essere te. Da qui la
necessità di farti capire certe cose da solo, se non le avessi accettate
autonomamente ma te le avessi imposte…diciamo che le conseguenze non sarebbero
state piacevoli, né
per me, né
per te» spiegò «Comunque ho scelto Vall perché lei è l’unica a cui dai sempre
retta, ho pensato che questa cosa mi avrebbe semplificato il lavoro»
«Ha un
suo senso» concluse Alex.
«Comunque non hai ancora risposto alla mia domanda, se non sono morto e non sto sognando, cosa ci faccio qui?»
«Beh
la verità è che non lo so con precisione, so solo che non sei capitato qui per
caso, è successo qualcosa…Qualcosa che non mi so spiegare» poi,
indicando un punto all’orizzonte aggiunse «Guarda laggiù, la vedi?»
Alex
seguì con lo sguardo il punto che stava indicando Vall finché all’orizzonte non
vide un imponente roccaforte in marmo
bianco, posta ai piedi di un crinale montuoso.
«E
quella che diavolo è?» esclamò stupito.
«Quella,
è casa nostra» disse lei con semplicità «Vieni, ti faccio
strada»
Alex
gli porse le mano e in un batter d’occhio furono trasportati ai piedi
dell’imponente fortificazione. Ora che la vedeva da vicino, le proporzioni
lo lasciarono sbigottito. Era essenzialmente un gigantesco torrione, alto più
di duecento metri, per
metà incassato nella montagna stessa,
circondato da un’enorme muro di
pietra bianca, spesso quasi dieci metri,
alto più di cinquanta. L’unico
accesso era costituito da un ampia arcata nel mezzo della muraglia,
sbarrata da un impressionante portone d’argento, ci
sarebbero potuti passare comodamente tre Tir babbani, uno
a fianco all’altro, e
sarebbe comunque avanzato dello spazio.
La
fortificazione, nonostante la sua innegabile solidità, doveva aver visto giorni
migliori: il muro esterno era annerito e crepato in più punti
mentre alcune parti della merlatura erano spaccate e i detriti giacevano sparsi
lungo tutto il perimetro.
Anche la struttura principale del torrione era segnata da qualche sfregio, che ne
intaccava il marmoreo rivestimento.
«Santa madre…» disse Alex
pieno di meraviglia.
«Hehe
sapevo ti sarebbe piaciuta, questa, mio caro, è la Torre d’Argento»
disse Vall compiaciuta «Ma vieni, non è sicuro stare qui a lungo»
Solo
in quel momento Alex notò che, la
morsa implacabile del gelo di poco prima, aveva lasciato il
posto a un paesaggio completamente diverso, molto simile a una palude. Il
terreno era fangoso, interrotto a chiazze da larghi acquitrini dai quali
esalavano vapori mefitici, sulle rive crescevano strani e contorti arbusti, irti di spine.
«Che
razza di posto è questo, è perché diavolo è pericoloso stare qui?»
chiese allarmato Alex, mentre un brivido gelido gli
risaliva la spina dorsale.
«La
Torre d’Argento è la più antica delle fortificazioni
che hai costruito, è stato l’unico modo per arrestare l’avanzata
del gelo, anche le montagne nella quale è incastonata sono venute dopo.
Insieme formano un grande anello circolare posto a
protezione del circolo interno» spiegò velocemente la ragazza «Una
volta qui eratutto
rigoglioso, adesso invece, è un terreno di guerra. “Terra di nessuno” insomma, né
gelata ne verde, la Valle delle Lacrime mi piace chiamarla. Nome pittoresco lo
so, ma che ci vuoi fare, sono un inguaribile romantico,
fatto sta che è qui dove si combatte»
«Guerra?Combattimenti?Contro
chi poi?»
Domandò incredulo Alex.
Vall
stava per rispondere quando, un profondo rombo
scosse la terra facendo cadere qualche piccolo masso
dalla parete rocciosa.
«Non
ho tempo di spiegarti ora, e poi non credo tu
lo voglia sapere» disse lei, affrettando
il passo.
Quando
giunsero davanti alle porte, appostati
all’entrata, li
aspettavano due soldati completamente celati da un armatura bianca come la
neve. Era sicuramente fatta di un qualche tipo
di metallo ma era stremamente
aderente, tanto da sembrare un semplice vestito. Sopra di
essa portavano una sorcotta con
un araldica ricamata sopra: una stella coperta per metà da un
velo.
Quindi è così che
funziona, la fortezza non serve a rinchiudere, ma
a proteggere. E anche peggio di quanto pensassi.Pensò
Alex.
Le
guardie senza volto, incrociarono le loro lunghe alabarde
sbarrando il passo ai due.
«Lui
è con me, aprite il portone,
presto!»
I
soldati ubbidirono senza aprire bocca, spingendo
senza troppa fatica le immense ante d’argento, alte più di venti metri, larghe
cinque e spesse più di settanta centimetri, aprendo loro il varco. I due
entrarono veloci, e il portone si richiuse pesantemente
dietro di loro.
«Chi
erano quelli?» chiese Alex.
«Semplici
proiezioni, me ne servo per
“amministrare” meglio il circolo
interno e le difese, ci hanno fermato perché non ti conoscono, non ti hanno mai
visto quaggiù e ti hanno scambiato per un intruso» rispose lei. «E
comunque, non è così brutto come pensi, a
volte; la maggior parte delle volte,
vinciamo noi e il circolo interno diventa sempre più grande,
strappando terra al gelo. Altre
volte vince lui, e noi non possiamo far altro che rinchiuderci all’interno e difenderci al meglio, ma questo non
accadeva più da molto tempo. Stavamo vincendo, lentamente ma stavamo riconquistando sempre più spazio»
Un'altra
scossa, questa volta più violenta e intensa, altri pezzi, di montagna
franarono, assieme a qualche frammento di marmo staccatosi dal torrione.
«Mi
vuoi spiegare, per l’amor del cielo, che sta succedendo?»
Valentine
esitò per un istante «Faccio prima a mostrartelo» disse poi,
entrando all’interno del torrione.
Imboccarono
un’infinita
scalinata a
chiocciola fino a quando arrivarono nel punto
più alto della fortezza, un’ampia
balconata delle dimensioni di un campo di Quidditch
perfettamente piatta, senza parapetti
incastrata fra due picchi montuosi. Da
lassù si potevano
vedere, sia
le lande ghiacciateche
il circolo interno; una colossale città giardino,
verde, bella,
splendente delle tonalità dell’oro e
dell’argento che ne decoravano i tetti degli
edifici.
«Laggiù»
indicò Vall,
passandogli un binocolo.
Sulla
sommità di una piccola collinetta,
situata perfettamente al centro della città,
sorgeva un maestoso
palazzo dal quale si stavaalzando una
densa cortina di fumo nero, sembrava che qualcosa stesse andando a fuoco all’interno.
Alex notò anche del movimento fuori
dalle mura, ma la distanza era considerevole e non riusciva a vedere chiaramente.
«Quello
è il Palazzo d’Io, di
cui sono sovrano, o meglio… di cui ero sovrano» continuò lei, «Quando
sei arrivato, non eri solo, altri si sono presentai. Non socome ne perché,ma sono riusciti a superare ogni
difesa, colpendoci dritti
al cuore. Sono riuscito a rifugiarmi qui per
un soffio,altri non sono stati così fortunati. Chi ha attaccato non
credeva avessimo difese cosi solide, immagino abbia peccato di Hýbris nel sottovalutarci, il che ci dice che non è di queste parti. Tuttavia, sta
guadagnando potere, mentre noi ci stiamo indebolendo…»
«Ecosa vogliono?» chiese Alex.
«Non
ne ho idea, ma
in quel palazzo ci sono cose che
è meglio tenere ben chiuse»fece
in tempo a rispondere, prima di bloccarsi con lo sguardo perso nel vuoto per
qualche istante.
Intanto, il
suono roco e stridulo di un corno si diffuse dalla collina
al centro del cratere, rimbalzando fra una cima delle
montagne,
facendo tremare di nuovo la terra.
«Ti
hanno trovato! Sanno che sei qui! Stanno
venendo a prenderti!» disse la ragazza in un soffio,
affacciandosi al bordo della balconata
a strapiombo che dava sul circolo interno.
Alex
la segui e, scrutando la cittàimmediatamente sottostante la
fortezza, che
sorgeva esattamente speculare
anche dall’altro lato
delle montagne, vide un gran numero di figure nere e sfuggenti
aggirarsi veloci nei vicoli,
confluendo verso le mura del forte.
«Cosa
sono quelli?» domandò lui continuando a seguire l’avanzate
delle creature.
«Spettri,
ti basti sapere questo e…» Vall si interruppe, Alex si girò per capirne il motivo.
«Non posso permettere
che ti trovino, torna qui una volta che avrai capito cosa stasuccedendo, fai
presto! Non c’è molto tempo»
«COSA?!
Tornare,andare di
che stai parlando?Cosa dovrei fare? Io…io…non ho idea di…» farfugliò confuso Alex
«Mi
spiace…»lo
interruppe lei, alzando una mano,
posandola sul suo petto «E’ l’unico modo che io conosca» aggiunse, chiudendo gli occhi.
Senza
nessun preavviso,una
forza misteriosa e irresistibile scaraventò Alex oltre il bordo della balconata,
facendolo precipitare per le centinaia di metri che lo
separavano dal suolo.La
persona che lo aveva spinto ora,
aveva ripreso il suo aspetto originale e osservava impotente la caduta del suo
sosia, che
scomparse nel
nulla appena prima di impattare contro la parete rocciosa.
«Fai presto ti prego, sei la tua ultima speranza» disse sottovoce, prima di infilarsi l’elmo bianco che teneva sotto il braccio.
Si
girò, e con passo marziale si diresse verso la grande scala a chiocciola che portava ai livelli inferiori del torrione. Aveva del
lavoro da fare, La Torre d’Argento doveva
prepararsi a sostener battaglia, l’ultima battaglia se la sua parte cosciente non si
fosse sbrigata a trovare una soluzione, di questo ne era certo.
WoW! Piscodeliri! Non vedevo l’ora.
Spero
che questo capitolo vi piaccia! Io l’ho trovato interessantissimo, perchéverso la fine, quando ho dovuto cercare un nome che mi sembrava appropriato per il
Palazzod’Io, nelle mie ricerche sulla sacra Wiki ho
scoperto che praticamente avevo appena descritto nel racconto, l’Io (psicologico) del signorFreud senza saperne assolutamente una cippa. Beh, quantomeno la cosa mi ha fatto un pochino riflettere.
Comunque,
colgo l’occasione per ringraziare tutti quelli che leggeranno questo capitolo.