Lo Scrigno delle Memorie

di A_M_Mulberry
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una malsana idea ***
Capitolo 2: *** Un luogo famigliare ***
Capitolo 3: *** La stanza delle necessità ***
Capitolo 4: *** Una tranquilla settimana fuori dall'ordinario ***
Capitolo 5: *** Lettere, Articoli e partenze ***
Capitolo 6: *** Fuori dalla mappa, Parte prima ***
Capitolo 7: *** Fuori dalla mappa, Parte seconda ***
Capitolo 8: *** La Torre d'Argento ***



Capitolo 1
*** Una malsana idea ***


Salve a tutti.

Scrivo questa nota, post prima-pubblicazione, perché in questi giorni, rileggendo il materiale e scrivendone il seguito, mi sono accorto che in effetti, il lettore che si approccia alla lettura potrebbe, di primo acchito, restarne un po’ spiazzato. Alcune brevi righe di introduzione quindi, mi sembrano dovute.

Questo che state per leggere, rappresenta in assoluto il mio primo esperimento letterario e di conseguenza qualsiasi vostro suggerimento o critica è più che apprezzato.

Questa storia è solo la prima parte di quello che, nella mia immaginazione, vuole essere un piccolo ciclo di avventure incentrate su un nuovo terzetto di amici. Narrerò delle loro scoperte, degli amori, dei litigi, delle sofferenza e dei pericoli che i tre dovranno affrontare, dai loro ultimi anni ad Hogwarts, fino alle prime esperienze nel Mondo magico (sempre se ci arriveranno tutti interi, si capisce). La portata dell’opera, almeno come è stata pensata, è abbastanza vasta quindi sono ben consapevole che, almeno nei primi capitoli fin ora pubblicati, il lettore potrebbe percepire una sensazione di inconcludenza non avendo a disposizione la storia nella sua interezza. Temo sia la pecca della pubblicazione per capitoli, me ne scuso in anticipo e prometto che se avrete la costanza di seguirmi cercherò, al meglio delle mie capacità, di non deludervi. Questo detto due rapidi cenni sul Canon che ho scelto, che rispecchia esattamente gli avvenimenti dei sette libri, Prologo compreso. Unica piccola, grande differenza ( a seconda dei punti di vista!), è la coppia Harry/Hermione, di cui sono un grande fan.

Nella speranza che questo mio racconto possa allietare il vostro tempo, non posso far altro che augurarvi una Buona Lettura.        

 Saluti

Alessandro

 

“Alexander Mulberry e lo Scrigno delle Memorie”

 

Capitolo Uno:

“Una malsana idea”

 

 

Maledizione.

Era la prima partita dell’anno e i Grifondoro stavano già perdendo di settanta punti.

Poco male, ci sarebbe stata quella di ritorno contro i Tassorosso il prossimo semestre e, anche se per il momento nulla era ancora dato per perso, le aspettative non erano certo delle più rosee. Ma c’era ancora speranza: dopo tutto, il nuovo cercatore di Grifondoro era quel Potter, un ragazzo allampanato del primo anno.

Al solo pensiero di quel nome Alex non riuscì a trattenere un sorriso ironico.

Non mi sarei mai aspettato di conoscere il figlio di una leggenda vivente.

E dire che non gli avrebbe dato nemmeno uno zellino bucato la prima volta che lo vide ai provini della squadra qualche mese addietro.

Gli era parso troppo gracile, per non parlare poi di quello sguardo teso e impaurito con il quale si era presentato sul campo d’allenamento. Da come si muoveva, goffo e impacciato, sembrava la prima volta che gli veniva messa in mano una scopa ma, nonostante tutto, ebbe la sua occasione di provare e Alex dovette cambiare idea su di lui non appena lo vide volare.

Il ragazzo ci sapeva fare, gliene doveva dare atto, a terra magari era un po’ impacciato, ma in aria si muoveva fluido ed elegante come una falco e, dopo quella prova, il posto di cercatore, appartenuto fino a quel momento a Mark Teach, un grifondoro del settimo anno ormai diplomato, fu suo di diritto.

Mentre Alex rimuginava su quel brevissimo ricordo, per poco non si accorse che un bolide si era avvicinato pericolosamente a lui ed era stato deviato solo dal tempestivo intervento di Luchas.

«Alex che ti prende! Abbiamo una partita da vincere, svegliati!» gli urlo l’amico.

Vuoi per la minaccia del bolide in pieno viso appena sventata, vuoi per le urla di rimprovero, Alex, trasalendo, si scrollò lo sconforto di dosso. Era o non era il capitano della squadra? Doveva dare il buon esempio!

«Ok, diamoci dentro!» gridò, cercando di sormontare i cori degli spettatori per farsi sentire dai compagni di squadra, poi rapidamente gettò un occhiata al campo da gioco.

I Tassorosso avevano la pluffa e si stavano disponendo in una formazione d’attacco a cuneo: metà della squadra stava eseguendo una manovra a mezzo cerchio dietro gli anelli delle porte, per ricongiungersi con gli altri a centrocampo volando a pochi centimetri dal suolo in modo da impedire ai Grifondoro un attacco dal basso.

Da quella posizione è impossibile attaccarli, maledetti, l’hanno studiata proprio bene!

In quell’istante, più veloce del pensiero, l’intuizione si accese nella sua testa.

«Luchas, Teach, Matt, Sam!»

I quattro compagni di squadra si girarono immediatamente, bloccandosi per guardare Alex che si limito ad alzare il pugno della mano destra con il pollice puntato verso l’alto. Non ci fu altro da aggiungere, i quattro maghi e la strega si lanciarono in una vertiginosa salita in verticale.

«E’ una pazzia !» gridò Sam. Una cacciatrice di talento del settimo anno. Colonna portante della squadra, di cui faceva parte da almeno un lustro.

«HyyHaa!!!» gli fecero eco Teach e Luchas, i due battitori.

«Ale, giuro che se ci rimetto la pelle, stavolta non la passi liscia! Il mio fantasma ti perseguiterà da qui all’eternità! Ma soprattutto…» Matt si interruppe. 

Non ci fu bisogno di finire la frase, Alex già sapeva esattamente cosa stava per dire e subito si immaginò la scena di una piccola strega dai capelli neri e ricci, più somiglianti a un cespuglio che ad una vera acconciatura, stringergli il collo nel tentativo di strangolarlo.

TU, ALEXANDER MULBERRY, STUPIDO INCOSCIENTE! COME HAI POTUTO ANCHE SOLO PENSARE DI FARE UNA COSA COSÌ DANNATAMENTE PERICOLOSA!

Non ora.

Alex, bloccò sul nascere quella fantasia su Valentine Vertuill, la sua migliore amica, nonché ragazza di Matthew Rive, suo migliore amico. Tuttavia, nonostante lo sforzo di restare attaccato al manico di scopa, non riuscì a trattenere un sorriso pensando a Vall e alla lavata di testa che quella manovra azzardata gli sarebbe sicuramente costata più tardi in sala comune.

Beh, non fasciamoci la testa prima di essercela rotta. Magari tutto andrà per il meglio…

Quello fu il suo ultimo pensiero perché, proprio in quel momento, i cinque grifondoro arrivarono al culmine della salita. Perfettamente verticali a circa 150 metri di altezza, tutti trattennero il fiato per un momento.

La vista da lì era mozzafiato, tutto sembrava così piccolo, si poteva vedere chiaramente il castello di Hogwarts leggermente spostato sulla sinistra. Sotto di loro, il campo da Quidditch dentro il quale l’elegante formazione a V rovesciata dei Tassorosso aveva ormai quasi superato la metà campo e sfrecciava veloce sullo sfondo verde dell’erba. Ancora più a sinistra, si vedevano i lievi pendii delle colline verdi poi, maestoso, si apriva il Lago Nero e a seguire la foresta proibita. All’ improvviso quella strana impressione, come se la gravità non esistesse: tutto sembrava muoversi al rallentatore, i suoi compagni di squadra parevano immersi in una specie di melassa densa che ne rallentava ogni movimento, persino il brusio degli spalti, che solitamente era assordante, non riusciva a raggiungerlo lassù. Per un momento, Alex si beò di quella pace surreale. La sensazione dello stomaco che gli schizzava in gola lo riportò velocemente alla realtà.

Che ti è saltato in mente, si può sapere? Un Loop seguito da una picchiata verticale a rotta di collo da più di 150 metri?

Era davvero una follia. Una di quelle classiche cose che “o la va o la spacca” e in quel particolare caso le conseguenze dell’ipotesi “la spacca” sembravano essere particolarmente gravi. A conti fatti non gli sembrava più tanto una buona idea, ma ormai non potevano più tirarsi indietro.

Galvanizzato dalle urla di incitazione dei due battitori di poco prima, Alex spinse con tutta la forza che aveva in corpo sui pedalini della sua vecchia scopa e, nel contempo, con le braccia, tirò verso di sé il manico in modo da farle compiere uno strettissimo giro della morte. Gli mancò il fiato e la vista gli si appannò per qualche secondo, intanto, i suoi compagni lo seguivano a ruota.

Nel frattempo, sugli spalti riservati ai grifondoro, tutti andarono in visibilio non appena videro i cinque giocatori della loro squadra partire in quella folle ascesa verso il cielo.

«Ed ecco Mulberry prendere quota seguito immediatamente da Luchas, Mathias Teach, la Rubinson e Rive. Per tutti i maghi! Ma che diavolo hanno in mente quei cinque?» urlò Jhon Frinnigan, uno studente del terzo anno, nel cornetto degli altoparlanti posto sulla tribuna più alta della curva dei Grifondoro.

«Signori… quasi tutti i grifondoro, stanno… stanno… abbandonando il terreno di gioco, lasciano campo libero per l’attacco dei Tassorosso»

Il povero Frinnigan non riusciva a trovare le parole per spiegare il comportamento incomprensibile della squadra rosso-oro.

«Un…un momento. NON VORRETE MICA DIRMI CHE HANNO DAVVERO INTENZIONE DI FARE QUELLO CHE SEMBRA.» sbraitò nel microfono dopo un breve istante di incertezza.

Tutti gli occhi del pubblico, anche quelli di buona parte dei tassorosso, erano fissi sui giocatori della squadra di Grifondoro, che ormai erano arrivati al limite massimo della salita.

«PER LA BARBA DI MERLINO! LO HANNO FATTO!! LO STANNO FACENDO PER DAVVERO!» gridò Jhon, guardando gli incredibili giri della morte eseguiti alla perfezione, sfociare in una picchiata terrificante che, come si poteva facilmente immaginare, aveva come bersaglio finale i cinque attaccanti di Tassorosso.

Solo una persona fra il pubblico stava assistendo alla scena più preoccupata e in apprensione che mai.

Oh, mio Dio! Si sono letteralmente bevuti il cervello quei due!

Pensò Vall, mentre con gli occhi al cielo assisteva a quello che molto probabilmente si sarebbe trasformato, di lì a poco, in un clamoroso schianto al suolo del suo miglior amico seguito a ruota, come sempre del resto, dal suo ragazzo.

Trattenne il fiato, assistendo alle varie evoluzioni dei giocatori, ma a differenza degli altri, non eruppe in un urlo di esultanza non appena li vide cadere in picchiata a una velocità allucinante. Vall si alzò in piedi e, aggrappandosi forte alla balaustra di fronte, con il cuore in gola e le unghie ben conficcate nel legno, seguì istante per istante la folle discesa. Ormai ne era sicura, più tardi gliene avrebbe cantate quattro a quei due sconsiderati!

Oh sì, poco ma sicuro.

Tuttavia, persino lei avrebbe dovuto ammettere che l’idea era davvero geniale, completamente folle, ma comunque geniale; per non parlare dell’incredibile quantità di coraggio richiesta per la manovra. Sicuramente, dal punto di vista dei ragazzi, la situazione doveva sembrare ben più spaventosa di quanto non apparisse a lei, che la vedeva dagli spalti.

Purtroppo, dalla sua posizione non riusciva a vederlo bene, il suo Matt. Subito se lo immaginò nell’evoluzione con quel suo cipiglio sicuro, senza traccia di esitazione, che tanto gli piaceva. Si stupì nell’arrossire un po’ a quella fantasia ma soprattutto, al pensiero di come, anche dopo quattro anni che stavano insieme lei avesse ancora quella reazione da dodicenne invaghita. Sorrise e i sui lineamenti si distesero lievemente.

Veloci! Siamo DANNATAMENTE VELOCI!

La distanza che separava Alex dal suolo, si stava riducendo ad un ritmo quanto meno allarmante e lui faticava a mantenere salda la scopa, che vibrava come impazzita cercando di disarcionarlo alla minima incertezza. Quella, non era neanche la parte più difficile. La parte difficile, ne era sicuro, sarebbe venuta dopo, ma non era ancora tempo di pensarci.

Il piano fino a quel momento era riuscito: i Tassorosso accelerando la marcia totalmente indisturbati, avevano ormai superato la metà campo, volando veloci a pochi palmi dal terreno. Alex e gli altri non avrebbero dovuto far altro che aspettare la repentina risalita della squadra avversaria che li avrebbe condotti a tiro delle proprie porte.

Il passo successivo consisteva nel piombargli addosso dall’alto come dei falchi in caccia. L’idea era buona, ma le incognite erano ancora tante, prima e impellente fra tutte, non schiantarsi al suolo!

Fu allora, ancora in piena picchiata, che Alex notò a pochi centimetri dalla sua faccia un minuscolo bagliore dorato sfrecciargli di lato.

Ma quello… MERDA! Dov’è quel moccioso di Potter?

Neanche aveva finito di pensarlo quando dal nulla incrociò, quelle che a più di 200 kilometri-orari sembravano solo due indistinte macchie di colore, una rossa e una gialla. Le due forme indistinte passarono in mezzo alla formazione dei grifondoro. La prima, quella rossa, passò a circa venti centimetri alla sua sinistra, senza ombra di dubbio quello doveva essere Potter.

Molto bene ragazzo.

Pensò, poco prima che la macchia gialla gli passasse a pochi, pochissimi centimetri di distanza. Lo spostamento d’aria lo colpì in pieno e la sua scopa, come se non stesse aspettando altro, lo sbalzò bruscamente facendogli perdere la presa del piede sinistro dalla staffa.

Ecco ora ci rimango.

In quel momento, molte cose successero nello stesso istante: Alex ricevette una fortissima spallata da sinistra, che ebbe l’effetto di fargli riguadagnare la stabilità sulla scopa. Avendo solo il tempo di voltarsi per un istante vide il volto di Matt fargli un cenno con il capo, al quale rispose riconoscente alla stessa maniera.

Nel frattempo, la formazione a cuneo dei Tassorosso, capitanata da Alfred Mcbee, uno strafottente del 5 anno, fece la sua mossa. D’improvviso tutti e cinque i giocatori in giallo s’impennarono in direzione degli anelli ma, come previsto da Alex nel suo piano rocambolesco, rimasero accecati per qualche breve istante dai deboli raggi del sole di quella giornata di inizio Dicembre.

Quei pochi secondi di stordimento furono più che sufficienti.

«Tutti! Sceglietevi un bersaglio! Luchas, Teach…ORA!» gridò Alex.

Immediatamente i due battitori scagliarono i bolidi più potenti che si fossero mai visti, i quali, complice l’incredibile velocità inerziale di chi li aveva scagliati, schizzarono a bersaglio in meno di un secondo.

I Tassorosso non poterono fare assolutamente niente, accorgendosi dello sbucare dei bolidi dal disco solare solo pochi istanti prima che andassero a segno. Il Primo si schiantò sulla scopa di Edward flethc, tranciandola di netto con un sonoro “crack” appena dietro la sua schiena, laddove il manico finiva e la spazzola iniziava. Il mezzo fuori controllo impennò violentemente, facendo compiere allo sfortunato Edward una gran capriola su se stesso prima di avere il tempo di cadere sull’erba del prato. Il secondo bolide, scagliato da Luchas, prese un leggero effetto a rientrare che colpì Peter Peer in pieno petto, disarcionandolo. Il povero Peer rimase immobile lì dove fu colpito, quasi come se avesse sbattuto contro un invisibile muro, ebbe solo il tempo di abbracciare il bolide prima di cadere come una bambola di pezza sul morbido terriccio, appena sotto le porte, mentre la sua scopa continuava a svolazzare qua e là, per poi finire incastrata in uno degli anelli delle porte.

La formazione dei Tassorosso entrò nel caos, mentre quella di Grifondoro, impegnata in una cabrata da mozzar il fiato, incombeva su di loro. Subito Alex individuò Mcbee, il portatore della Pluffa, e impostò con la scopa una traiettoria di intercettazione.

Troppo… Troppo veloce.

Pensò di nuovo Alex iniziando a cabrare.

In un istante, si sentì schiacciare contro il manico di scopa. Gli sembrava di avere una dozzina di quegli enormi scaffali della biblioteca carichi di libri sulle spalle. Si sbilanciò leggermente sulla staffa destra, schiacciato dal suo stesso peso, e inizio una manovra a vite semi incontrollata che lo portò a meno di un palmo dal suolo prima di riuscire a recuperare il controllo, parecchi metri oltre la metà campo avversaria mancando il bersaglio.

Ai suoi compagni andò leggermente meglio: Luchas e Mathias ingaggiarono i due battitori di Tassorosso in uno scontro fra bolidi e Matthew riuscì a mantenere il controllo.

L’unica a cui andò male fu alla minuta Sam che, poco prima di schiantarsi al suolo con scopa e tutto, si lanciò in quello che avrebbe dovuto essere una specie di placcaggio ai danni di Alfred Mcbee, il quale, poco prima si era frapposto per errore nella sua traiettoria, cercando di scansare la manovra di Alex.

Lo scontro fu micidiale. Sam, Alfred e la pluffa si schiantarono a terra fra i boati di protesta dei Tassorosso.

Sì, quello era decisamente un fallaccio. 5 punti in meno a Grifondoro, come minimo, ma nessuno di sicuro lo avrebbe mai fatto pesare alla Rubinson, anzi….

In quel momento sopraggiunse Matt che, inclinandosi a destra sulla scopa allungò il braccio e raccolse la pluffa da terra, in quella che fu davvero una manovra degna di un manuale di Quidditch.

Un boato di esultanza.

«Grifondoro riacquista la pluffa! I cacciatori di Tassorosso sono tutti a terra e, credo che il povero Peer ci rimarrà ancora per un bel po’!» urlò jhon negli altoparlanti, prima di ricevere una sonora gomitata nei fianchi da parte dalla preside McGranitt.

«Contegno signor Frinnigan, Contegno!» lo redarguì la preside, non riuscendo tuttavia a nascondere un tagliente sorriso furbo.

«Mi scusi Professoressa» disse goffamente Jhon.    

Nel mentre, l’azione sul campo proseguiva e Alex si ritrovò solo, dopo la metà campo avversaria. Riguadagnando qualche metro di altitudine, vide Matt arrivargli incontro stringendo la pluffa. Un bolide intanto scappò dalla guardia di Teach e si diresse verso Matt che, per schivarlo fece una manovra a vite a trecentosessanta gradi e mentre si trovava esattamente sottosopra, lanciò la pluffa verso l’alto e con un calcio la tirò nella direzione di Alex che la prese con mani sicure.

«Bel lancio!» urlò Alex, iniziando subito l’avvicinamento finale verso le porte di Tassorosso. Solo Clare Strongarm, il portiere avversario, si frapponeva fra lui e dieci agognatissimi punti.

Non avrebbero di certo vinto la partita con quella azione a dir poco rocambolesca ma, c’era anche da dire, che i due terzi della squadra avversaria erano K.O.

«ALEX!» gridò qualcuno alle sue spalle, facendogli gelare il sangue nelle vene.

Ad urlare era stato Luchas e appena Alex si girò, vide un bolide comparire e subito dopo, sparire dal suo campo visivo. Lo spostamento d’aria gli avrebbe sicuramente scombinato i capelli se non li avesse tenuti cosi dannatamente corti. La cosa peggiore fu scoprire che il pericolo non era ancora terminato.

Ormai era a portata di tiro per infilare la pluffa quando, con la coda dell’occhio, vide un secondo bolide sfrecciare dietro di lui. Troppo tardi per schivarlo, venne colpito impietosamente alla coscia sinistra avvertendo subito un dolore lancinante accompagnato da un leggero “cronch”. La gamba si era sicuramente rotta e inviava un costante segnale di dolore al suo cervello. Alex perse velocemente lucidità e ormai allo stremo delle forze, abbozzò un tentativo di scartata a sinistra per guadagnare una posizione di vantaggio per il tiro. Clare si scansò vedendolo arrivare, non tanto per impedirgli di segnare ma, più che altro, per tentare di schivare il bolide che, dopo aver rimbalzato sulla gamba dell’avversario, si stava dirigendo verso di lei.

La porta è vuota…Tira!...Tira…dannazione!...TIRA QUELLA PLUFFA!

La voce nella testa di Alex si trasformò presto in un vero e proprio urlo e lui, col poco di lucidità rimastagli, eseguì un maldestro tiro.

Ormai a pochissimi centimetri dalla porta la pluffa scivolò negli anelli, più per inerzia che per altro.

«E GRIFONDORO SEGNA 10 MAGNIFICI PUNTI!» si sentì dagli altoparlanti, subito dopo eruppe un clamoroso scoppio di esultanza dalla curva rosso-oro.

Distratto dal clangore improvviso e complice la notevole velocità, Alex non fece in tempo a ritrarre l’avambraccio che si infranse contro l’anello metallico. Un altro “cronch”, anzi due, in brevissima successione e l’arto assunse una strana, ed innaturale angolazione. Il dolore fu troppo intenso e improvviso da poter sopportare e Alex, imitò la caduta a “bambola di pezza” del suo collega Peer rovinando sulla sabbia morbida sotto le porte di Tassorosso.

Le ultime cose che sentì prima di perdere totalmente l’uso di qualsiasi senso furono: un boato di esultanza che fece tremare letteralmente la terra sotto di lui, seguito subito dopo, dal lungo e prolungato fischio magico della Signorina Tirion, arbitro e responsabile del Quidditch a Hogwarts.

La partita era finita. Qualcuno nel frattempo aveva catturato il boccino d’oro.

Era stato Potter?

Si domandò Alex, nei deliri di incoscienza…

«Ab-b… abbiamo, vin…to?» riuscì a farfugliare prima di perdere completamente i sensi.

 

Questo capitolo, lo dedico a mia sorella Elena e alla mia amica Valentina che, inconsapevolmente, hanno dato il via a questa storia.

Un ringraziamento speciale anche a Dray_95, e al validissimo Ser Balzo. Con il loro buon cuore, mi ha fatto notare alcuni difetti che spero di aver eliminato. Grazie, spero che continuerete a leggere le mie storie!

Alla prossima.

Alessandro.

 

 

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Capitolo 2
*** Un luogo famigliare ***


Versione rivisitata e corretta.

Capitolo Due:

“Un luogo familiare”

 

 

Quando Alex si svegliò, il sole era già calato da un bel pezzo. L’ambiente in cui si trovava era ampio e fiocamente illuminato dalla luce delle candele magiche sospese a mezz’aria. Riconosceva quel luogo che negli anni, grazie al Quidditch, aveva avuto più di un’occasione di visitare. Era nell’ infermeria di Hogwarts.

E pensare che fin da piccolo ho sempre odiato gli sport, soprattutto quelli Babbani.

Nella sua mente si fece largo la figura di un se stesso molto più giovane: aveva all’incirca 8 o 9 anni, magro come un chiodo, capelli neri come la pece. Era su un campo da calcio babbano e suoi occhi nocciola chiaro schizzavano da una parte all’altra cercando di tenere traccia del pallone che rimbalzava fra le gambe dei sui compagni. Faceva un gran freddo e lui tremava quando, da bordo campo, fu scosso da un vocione.

«DAI MUOVITI! NON STARTENE LI IMPALATO!»

Era la burbera voce di suo nonno materno che, con la complicità di tutta la famiglia, da lì a qualche anno stava cercando di iniziarlo al calcio, gioco di cui lui era grande appassionato. In quel momento il suo braccio destro era alzato e la mano aperta con fare intimidatorio. Alex ricordò di aver provato un grande panico: cosa doveva fare? Non ne aveva idea. Cercando di ricacciare i tremiti del freddo corse incontro ai suoi compagni di squadra i quali non appena lo videro, gli passarono palla.

Ommio Dio! E ora che faccio? A chi la passo?

I suoi dubbi comunque non durarono a lungo: un ragazzo della squadra avversaria, molto più alto di lui, intervenne rubandogli la palla.

«NOOOO! MA CHE DIAMINE COMBINI?»

Urlò di nuovo il nonno dagli spalti con una faccia a metà fra l’indignato e il deluso.

Subito dopo il ricordo svanì cosi come era venuto e Alex, scuotendo leggermente la testa, tornò alla realtà al presente, al suo magnifico presente magico.

In effetti tutto quello è successo prima del mio undicesimo compleanno.

Si disse, riacquistando lucidità.

Già il suo undicesimo compleanno, Il più bello della sua vita. Ricordava ancora perfettamente ogni minimo dettaglio: la civetta che aveva consegnato la lettera e l’incredulità della sua famiglia, che fino all’ultimo non volle accettare una parola, poi la visita della preside McGranitt che fu l’unica che riuscì a convincere i suoi genitori.

«Vostro figlio, cari signori Mulberry, è speciale. La scintilla magica è presente in lui, sicuramente l’avrete notato anche voi nel corso della sua infanzia» disse la preside agli sbigottiti genitori di Alex.

In effetti, con senno di poi, c’erano stati episodi risalenti alla tenerissima età del loro primo genito. Più che altro piccolissime cose: Biberon bollenti che diventavano ghiacciati non appena lui li toccava, piccoli oggetti che si spostavano leggermente. Nulla di eclatante ovviamente, anche se una volta la signora Tissich, nonna materna di Alex, aveva convinto il marito a far visitare la casa dal parroco locale per farla esorcizzare. I fenomeni tuttavia erano cessati solo al compimento dei tre anni del figlio, per poi ricomparire poco dopo la nascita di Ellen, seconda genita dei coniugi Mulberry. Fatto che per altro, avvisò la Preside McGranitt, faceva presupporre quasi sicuramente che anche nella piccola albergasse la scintilla.

Alex sorrise e crogiolato dalle belle sensazioni che quei ricordi gli davano, inspirò profondamente ma venne subito trafitto da un lancinante dolore al costato il quale lo obbligò a ridestarsi completamente. Aprendo gli occhi cercò di farsi un quadro completo delle sue condizioni, la gamba e il braccio sinistro erano fasciati e steccati.

Madam Bartholomew, l’infermiera della scuola, doveva aver fatto un lavoro davvero egregio perché, a parte una piccola sensazione di prurito negli arti feriti, non avvertiva nessun altro dolore. Il vero problema, proveniva da una stretta fasciatura che gli immobilizzava completamente il torace dandogli un fastidioso senso di oppressione, togliendogli un po’ il respiro.

«Lasciala stare» esordi Madam Bartholomew, che si era avvicinata di soppiatto notando che Alex si stava grattando la fasciatura del braccio sinistro.

«Mi…mi scusi» disse lui, scosso per il piccolo spavento, non avendola sentita arrivare. «E’ che prude terribilmente»

«Certo che prude signor Mulberry! Cosa si aspettava di provare da un braccio e una gamba spezzati? Per non parlare delle tre costole che si è rotto e della lieve commozione celebrale che ha riportato in seguito alla caduta» rispose l’anziana signora.

Ecco spiegata la fitta al costato.

Era davvero così messo male? Si, si sentiva un po’ ammaccato e ogni tanto gli arrivavano piccolissime fitte di dolore da varie parti del corpo ma, tutto sommato, nulla di grave.

Per fortuna che le cure magiche sono di gran lunga più efficaci delle loro controparti babbane.

«Mi vuol dire, per la barba di Merlino, a cosa stava pensando quando ha deciso di volersi schiantare contro un palo di metallo, a bordo di una scopa lanciata a più di 100 kilometri orari?» continuò Madam Bartholomew, interrompendo il flusso dei pensieri di Alex.

«Ho visto Troll di caverna comportarsi in maniera meno scriteriata signor Mulberry» rincarò con aria greve.

Il tono sbrigativo con il quale gli erano appena state riassunte le dinamiche dell’incidente, lo sguardo severo dipinto sul volto dell’infermiera e l’azzeccato paragone, fecero sentire Alex tremendamente stupido.

Non è andata proprio così! Avrebbe voluto ribattere, ben sapendo che in realtà le cose erano proprio andate in quel modo.

«Per non parlare della strage che ha provocato!» aggiunse Madam Bartholomew.

Alex fissò con aria interrogativa la vecchia infermiera, le ricordava tanto una di quelle crocerossine della seconda guerra mondiale che aveva visto alla Tv babbana.

Solo dopo, il suo sguardo cadde sul resto dell’infermeria. Il letto a fianco al suo era occupato da una raggiante Samantha Rubinson che sfoggiava un’ingombrante gessatura al braccio desto e una fasciatura a scodella sul capo dalla quale spuntava qualche ciuffo di capelli color rosso cremisi. La ragazza portava di nuovo quei suoi grandi occhiali da vista stile anni sessanta che tanto erano tornati di moda in quel periodo. Ad Alex non erano mai piaciuti un gran che, li riteneva “una stupida moda”, soprattutto dopo aver visto più di uno studente portarne un paio con delle inutili lenti neutre, non gli erano mai piaciuti gli sfoggi di pura vanità. Tuttavia sul volto minuto di Sam stavano davvero bene, gli incorniciavano il viso donandogli un aria sbarazzina che lui aveva sempre trovato buffa e accattivante inoltre lei, li portava per necessità e quindi era in qualche modo scusata. La ragazza era assorta nella lettura una rivista: “Quattro manici di scopa”, l’equivalente Magico di una rivista di auto sportive babbane, quando si voltò e incrociò lo sguardo di Alex.

«Ben svegliato Berry!» esclamò lei raggiante!

Berry. Quel maledetto soprannome. Gli lo appiopparono quando entrò a far parte della squadra di Quidditch quattro anni fa e da quel momento non gli si staccò più dosso. Solo dopo aver accettato la carica di capitano al inizio dell’anno riuscì (finalmente) a farne limitare l’uso ai soli membri della squadra con la sola eccezione di Vall che ogni tanto, usava quel nomignolo per sfotterlo ben conscia di mandarlo su tutte le furie.

«Ehm...Ehy» farfugliò Alex, arrossendo stupidamente.

Ma che mi prende? Direi che non è il caso di arrossire di fronte a Sam, considerando che ho anche tentato di ucciderla oggi pomeriggio.

.E poi lo sai che è anche impegnata!

L’istante di indecisione fu spezzato dalla breve risatina divertita di Sam.

Oddio, non si sarà mica accorta. Di qualcosa! Qualsiasi cosa! Si maledisse Alex, fra sé e sé.

«Ehm…» tossicchiò, cercando di schiarirsi la voce «Come...come è finita? Abbiamo vinto?»

Disse in fine, riacquistando la sua naturale sicurezza. Samantha rispose con un’altra risata di genuino divertimento.

«Si Si Berry, abbiamo vinto. James ha preso il boccino pochi secondi dopo il tuo clamoroso schianto. Ah comunque, quella manovra…»

Ecco ci siamo, ora anche lei me ne dice quattro.

«Sul serio, ma da dove l’hai tirata fuori. E’…è stata l’azione più spettacolare che io abbia mai visto! Sai Berry, sono davvero contenta di averti come capitano» concluse, lanciando un ammiccante occhiolino ad Alex che stavolta avvampò letteralmente lusingato dal complimento di una veterana come lei.

«Grazie, grazie Sam, davvero, mi lusinghi.» rispose in una piccola risata imbarazzata. «Piuttosto mi spiace per il tuo braccio, sembra piuttosto messo male»

Samantha guardandosi l’ingessatura, che partiva dall’attaccatura della spalla fino ad arrivare a metà del palmo, rispose:

«Oh non preoccuparti per me, sto benone» poi, lanciando un’occhiataccia all’altra parte della stanza, «C’è chi è messo peggio» aggiunse.

Seguendo lo sguardo della compagna, Alex notò che i letti di fronte a lui erano occupati dai tre tassorosso che avevano avuto la peggio durante la partita quel pomeriggio. Si senti subito un po’ in colpa a quella vista, in fondo, erano tutti lì a causa del suo discutibile piano di difesa. Per fortuna ora tutti stavano bene, chi meglio di altri, e nessuno ci aveva rimesso le penne. Questo bastò per mettere a silenzio la sua coscienza.

«Non sai che soddisfazione ho provato nel saltare addosso a quel pallone gonfiato di Mcbee. Una spalla lussata e un polso rotto sono un prezzo che pago volentieri» incalzò Sam.

«Per non parlare dei quindici punti in meno per la casa dei Grifondoro» aggiunse con non curanza Madam Bartholomew che era sempre stata li nei dintorni, affaccendata nel controllare fasciature e mischiare fra loro ingredienti presi da piccole fiale sparse qua e là. Alex notò un velo di sconforto turbare il volto di Sam, per poi vederlo tornare alla normalità l’istante successivo. Mrs Tirion era stata davvero severa nel valutare l’ammontare della punizione per l’azione fallosa della Rubinson.

Solitamente per questo genere di cose, si sottraevano cinque punti, dieci nei casi più gravi, ma anche con i quindici punti in meno per l’azione irregolare, a Grifondoro spettavano ancora ben cinquanta punti della “Coppa della Case” in più, era dai tempi del famoso Harry Potter, padre di James, il nuovo cercatore della squadra, che i Tassorosso non perdevano uno scontro con Grifondoro. Alex fece notare tutti questi incontrovertibili fatti a Sam che si risollevò subito di morale.

«Immagino tu abbia ragione» rispose lei, simulando un aria autoritaria per mascherare una risata di genuino divertimento. I due ragazzi si fissarono seri per un breve istante per poi scoppiare in una soffocata risata di complicità, subito interrotta dai richiami allarmati di Madam Bartholomew.

«Mulberry, Rubinson! Questa non è la sala comune di Grifondoro!» disse lapidaria l’infermiera.

In quello stesso istante, come se la situazione fosse stata programmata appositamente per far saltare i nervi della povera guaritrice, il piccolo portone dell’infermeria sbatte vigorosamente, riempiendo la stanza del clangore metallico dei battenti in ottone. Due figure si stavano avvicinando a gran velocità verso la branda di Alex il quale le riconobbe immediatamente. Erano Valentine, che avanzava con sguardo assassino, seguita dal ragazzo, Matthew.

Il passo marziale e i lineamenti contratti del viso di lei, incorniciato da un rigoglioso cespuglio di ricci capelli neri, ricordarono a Alex quelli di un leone in caccia. Era sicuramente venuta per finire quello che lui non era riuscito a fare. L’avrebbe sicuramente sbranato, la conosceva così bene, se lo sentiva, ma del resto l’aveva messo già in conto. Sapeva quanto fosse apprensiva Vall nei suoi confronti, per non parlare di quelli di Matt, ma era anche per questo che gli voleva bene. Era la sua migliore amica.

Si conobbero sul treno per Hogwarts il loro primo anno. Non fu difficile diventare amici, entrambe erano dei “nati babbani” e sul treno non fecero altro che fantasticare su cosa li avrebbe attesi da lì a poco. Vall, si era appena trasferita in Inghilterra con sua madre e suo fratello da un piccolissimo paesino del Nord Italia, ai confini con la Francia. Già a undici anni parlava correntemente tre lingue: Francese, Italiano e Inglese e nello scompartimento del treno, non la smise nemmeno per un istante di porre domande su domande con quel suo lieve accento franco/italiano che Alex trovò tremendamente buffo.

«Ma tu hai idea di dove si trovi Hogwarts?»

«Ma siamo sicuri di aver preso il treno giusto?»

«Il biglietto! Santo celo, dici che controlleranno il biglietto su questo treno? Io non ce l’ho, non c’era nella lettera di ammissione! E se il gufo l’ha perso?! NO! Mi espelleranno di sicuro!»

Alex cercò davvero in tutti i modi di tranquillizzare l’amica appena conosciuta ma purtroppo alla maggior parte delle domande che poneva, nemmeno lui aveva una risposta. Alla fine per disperazione, rincorse la signora del carrello dei dolciumi e nella speranza che la ragazza non potesse parlare anche con la bocca piena, tornò da lei con un paio di cioccorane e due bastoncini di liquirizia non sapendo quali dei due avrebbe gradito. Quando la ritrovò, nello scompartimento non era più sola. Un ragazzo di Grifondoro del secondo anno, era seduto accanto a lei e stava rispondendo a molte della sue domande. Si trattava del giovane Matthew Rive.

Tutti e tre insieme iniziarono a scartare i dolci portati da Alex che, all’interno della prima cioccorana di tutta la sua vita, trovò una figurina animata di Albus Silente. Pur ignorando del tutto l’identità di quel mago che sorrideva pacifico nella figurina, non rimase indifferente allo stupore di vederlo muoversi liberamente all’interno dell’immagine, quasi fosse vivo. Anche Valentine ebbe una reazione simile fissando a bocca aperta, per dieci minuti buoni, la sua figurina di Hermione Granger, all’epoca il più giovane membro del Wizengamot della storia della magia inglese e attualmente Viceministro della Magia.

Dovette intervenire Matthew per ridestare i due giovanissimi apprendisti maghi dalle loro rispettive fantasie. I tre per tutto il resto del viaggio non fecero che parlare di Hogwarts e del mondo magico in generale, gettando le fondamenta per quella che poi diventò un incrollabile amicizia e che, per Vall e Matt, l’anno seguente si trasformò in qualcosa di più.

«Vall, ti prego calmati» disse Matt, con un lieve tono di disperazione nella voce che fece ripiombare Alex nel presente.

«Per tutti i numi! E ora che diamine succede!» inveì Madam Bartholomew

«Ci scusi Madam, non volevamo disturbare. Eravamo solo curiosi di sapere come stava Alexander» tentò di scusarsi Matt.

«Parla per te!» sibilò Vall, fulminando con lo sguardo il compagno.

I due erano ormai giunti ai piedi del letto di Alex che poté constatare da vicino lo stato di alterazione dell’amica.

Caspita, stavolta è grave pensò, ricordandosi di averla vista solo in pochissime occasioni con quell’espressione.

«Oh andiamo sei stata tu a insistere per venire fin qui e adesso? Che vuoi fare?» disse Matt in risposta.

Vall arrossì vistosamente. Il suo Bluff era già stato smascherato e furente lanciò un occhiataccia prima al suo ragazzo, che rispose con un risolino nervoso, poi ad Alex, che a stento si trattenne dall’esplodere in una risata.

Anche con quell’espressione truce in volto, che all’amica poco si addiceva per la verità, riusciva comunque a leggere nei suoi occhi un sentimento di genuina preoccupazione che in sei anni di quasi-convivenza aveva imparato a conoscere così bene ma che ora era sepolto sotto uno strato di finta indignazione.

«Comunque il signor Mulberry sta benissimo» disse con orgoglio Madam Bartholomew, evidentemente compiaciuta dal suo stesso lavoro.

Il volto tirato di Vall si distese in maniera impercettibile.

«Beva questo, è un lieve antidolorifico. La pozione salda-ossa che le ho somministrato in precedenza dovrebbe già aver fatto effetto. Anzi, direi che la steccatura alla gamba si può già rimuovere. L’osso non era spezzato ma solo lievemente incrinato» continuò la guaritrice, passando una piccola fialetta marroncina a Alex che ne trangugiò il contenuto in un solo fiato.

Il liquido era terribilmente amaro ma in fondo, il retrogusto era gradevole, gli ricordò il sapore delle caramelle al rabarbaro che sua nonna glia dava da piccolo. Si sentì subito rifrancato dal tepore di quel ber ricordo e impiegò qualche secondo per rendersi conto dell’aria ebete e svanita che aveva assunto, per l’effetto della pozione.

Nel frattempo Matt, lo stava fissando con aria incuriosita.

«Che sapore ha Ale?» gli chiese.

«E’ amara…molto amara, ma il retrogusto non è male, mi ricorda quello delle caramelle che mi dava mia nonna da piccolo»

«Strano però, quelle non erano amare» concluse Alex un po’ confuso da quella domanda.

Sul viso di Matt comparve un gran sorriso, di quelli di chi la sa lunga e con tono professionale disse: «Essenza di Passiflora e estratto di Gorgona

«Indovinato ragazzo, cinque punti a Grifondoro per il suo acume, Signor Rive» rispose Madam Bartholomew visibilmente compiaciuta. Matthew invece, non era ancora del tutto convinto e insistette:

«Madam, ha per caso aggiunto un fondo di Ricorda-sempre?» disse, dando forma alle sue ipotesi.

«COSA ?! Ma è impazzita!... Non è un potente veleno?» proruppe Vall, alzando la voce.

Alex sgranò gli occhi guardando prima Madam Bartholomew e poi l’amica, iniziando a tossire platealmente mentre il senso di tranquillità che la pozione gli aveva infuso fu sostituito da un una terribile ansia, accompagnata da una buona dose di incredulità.

L’infermiera, era sempre stata scontrosa e poco gentile, con quei suoi modi un po’ prepotenti, ma nel corso degli anni e delle innumerevoli visite di Alex in quel luogo, né lui ne altri, si erano mai lamentati anzi, erano stati tutti rimessi in sesto in men che non si dica dalle sue abili mani. Non era proprio possibile che fosse impazzita tutto in un colpo e stesse cercando di avvelenare i suoi pazienti. Madam Bartholomew nello stesso istante gonfiò il petto e le sue guance diventarono di un bell’color porpora, molto simile per gradazione ai capelli di Samantha Rubinson, assumendo un’aria di vera indignazione lanciò un occhiata di fuoco a Vall ma, poco prima di sbottare, Matt intervenne catturando la sua attenzione.

«Si beh, la Ricorda-Sempre ha la capacità di indurre chi la assume a rivivere esperienze passate e se somministrata in quantità, può far perdere la cognizione di ciò che è vero e ciò che è ricordo. In casi estremi può condurre alla follia» spiegò rapido.

«Ma se dosata con estrema attenzione, risulta essere un efficacissimo rilassante e antidolorifico» concluse.

Sia Alex che Vall tirarono un lungo sospiro di sollievo. Anche Madam Bartholomew parve tornare in sé e disse:

«Ancora una volta mi stupisce signor Rive, dove ha imparato così bene le proprietà di una pianta rara come la Ricorda-Sempre? Ha forse intenzione di trovare lavoro al San-Mugo l’anno prossimo?»

«In effetti si, madam: in realtà, spero proprio di superare la selezione per il reparto di “Ricerca magica e Sviluppo” del San-Mugo dopo l’esame da M.A.G.O. alla fine di quest’anno» poi, continuando la sua spiegazione: «Per quanto concerne la pianta invece, ne ha parlato il professor Robbins a lezione di Erbologia avanzata. Era un seminario in preparazione dei test ministeriali d’ammissione alla pratica di ricercatore» rispose Matt, con una punta di orgoglio nella voce.

«Vivissimi complimenti a lei dunque! Ha scelto di intraprendere una nobile professione» si congratulò Madam Bartholomew, poi spostando lo sguardo su Vall. 

«In quanto a lei, Signorina Vertuill. Dovrebbe prendere esempio dal su ragazzo in quanto a modi, e non saltare subito alle conclusioni!»

«Mi vedo costretta a sottrarre cinque punti a Grifondoro, per il suo comportamento sconsiderato! Che, a quanto pare è sintomo comune di voi Grifondoro» sentenziò, facendo passare il suo sguardo tagliente anche su Alex, che di quella situazione era stato vittima inconsapevole.

Vall dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non saltare addosso a quella vecchia megera. Lei non aveva fatto altro che esprimere le sue preoccupazioni! Anzi avrebbe dovuto essere lodata, anche solo per aver riconosciuto la pianta e il suo effetto principale. Dopo tutto non era nemmeno materia di studio del suo anno, lo aveva letto negli appunti di Matt qualche settimana prima mentre risistemava le sue cose.

Strinse forte i pugni e fece per aprire la bocca per sbraitare in faccia a quella babbiona. Avrebbe voluto urlargli quanto era stata ingiusta prendendosela con lei, ma le parole le morirono in gola. L’unica cosa che riuscì a fare fu fissare in cagnesco Madam Bartholomew che sostenne il suo sguardo senza proferir parola. Alex guardando la scena, avrebbe giurato star assistendo ad un combattimento fra cobra che immobili si studiano l’un l’altro prima di sferrare i loro micidiali attacchi. A quel punto, decise che era il momento di allentare la tensione.

«Madam?» disse timidamente, senza ottenere attenzione.

«Madam Bartholomew!» insistette, alzando leggermente il tono di voce. L’infermiera voltò lo sguardo verso di lui e attese.

«La mia gamba, la fasciatura… ha detto che ora si poteva togliere»

«Sa sono molto stanco e mi piacerebbe fare ritorno nel mio letto» disse Alex, col tono più persuasivo che gli riuscì in quel momento.

«Si certo come no» sibilò la guaritrice poco convinta.

Dopo pochi minuti la sua gamba fu completamente libera dai vincoli della steccatura e con le ultime raccomandazioni da parte di Madam Bartholomew, lui fu libero di abbandonare l’infermeria sostenuto appena dai due amici che lo aiutarono a compiere i primi passi.

Appena prima di uscire Alex si voltò per salutare Sam. Lei aveva assistito a tutta la scena del finto avvelenamento trattenendo a stento delle sonore risate tuttavia, quando i loro sguardi si incrociarono, rispose al saluto con un altro ammiccante occhiolino facendo arrossire il ragazzo da capo a piedi per la seconda volta.

«Mi ci vuole decisamente una Burrobirra per concludere questa giornata!» disse Alex con un filo di voce, girandosi di colpo. Il movimento repentino e lo strano timbro della voce dell’amico, attirarono l’attenzione di Vall che guardandolo in faccia notò il discredo colorito rossastro delle sue guance.

«Che diamine ti prende adesso, si può sapere?» punzecchiò lei.

«Cosa?...Chi?...» rispose Alex sornione.

Come fulminata da un intuizione, anche Vall si girò di spalle vedendo gli occhi di Samantha Rubinson ancora puntati sull’amico. Il suo cervello non impiegò molto per unire i puntini.

«Davvero Berry? Proprio non cambi mai!» disse in tono canzonatorio, tirandogli nel contempo un delicato buffetto al fianco.

«Ahi! Ma sei impazzita?!» disse allegro Alex, sapendo che l’amica aveva già intuito tutto.

«Si! Voi due mi avete fatto impazzire di spavento oggi!» rispose Vall, fingendosi amareggiata.

I tre ragazzi si guardarono l’un l’altro per un istante prima di scoppiare in una risata liberatoria che sciolse qualsiasi tipo di tensione.

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Capitolo 3
*** La stanza delle necessità ***


Capitolo Tre:

“La stanza delle necessità”

 

La torre di Grifondoro era ormai semideserta quando i Tre ragazzi arrivarono. Era ormai mezzanotte passata e i segni della festa in onore della vittoria della squadra di Quiddithc erano ovunque. C’erano bicchieri di carta su ogni mobile; coriandoli rossi, gialli e stelle filanti sparpagliati su tutto il pavimento. Le bottiglie vuote di burrobirra erano sparse qua e là, decorando i tavolini attorno al grande camino centrale della sala.

Gli unici ritardatari che Alex riconobbe furono Albert Newt e la sua ragazza, appartati su un divanetto che si affacciava su una grande finestra ovale da dove si poteva ammirare il magnifico lago nero, illuminato appena dalla luna. La vista doveva essere molto romantica e un moto di gelosia, mista a una forte dose di nostalgia, strinsero per un secondo il cuore di Alex prima di essere subito ricacciati e rinchiusi a chiave nella fortezza che col tempo, si era costruito nel petto. Anche dopo due anni, di attenta e scrupolosa repressione, quei sentimenti scomodi ogni tanto trovavano il modo di riaffiorare in superfice fino a lambire la parte cosciente della sua mente.

«Guarda qua che disastro!» disse Vall «Le persone sono proprio insensibili. Fanno festa tutta la notte e lasciano immondizia ovunque, tanto poi si sa, chi pulisce sono gli elfi domestici»

«Beh, Vall potresti sempre scrivere una lettera di protesta a quelli del C.R.E.P.A.» la canzonò Alex, volendosi un po’ vendicare per il colpo al costato di poco prima.

«L’ho già fatto, cosa credi!» rispose lei con tono serissimo, non cogliendo la battuta.

Alex stava per ribattere, ma la sua attenzione fu attirata da Matt che guardandolo allarmato, si passo la mano due volte sotto il collo in segno di tagliar corto. Il messaggio fu recepito e Alex lascio cadere ogni intento bellicoso sapendo bene che l’argomento C.R.E.P.A. destava accesi dibattiti fra lui e Vall, che ne era una grandissima sostenitrice.

In quel momento dalla penombra della sala sbucarono due studentesse del primo anno che corsero verso i dormitori femminili ridacchiando, fissando Alex per tutto il tragitto.

«Che avranno avuto da ridere quelle due» disse lui stizzito.

«Hehe, forse non hai ancora visto come sei conciato» osservò ironico Matt, mentre aiutava la sua ragazza a separare i bicchieri di carta dalle bottiglie di vetro vuote.

Alex, si rese conto di aver ancora indosso la divisa da gioco, una lunga tunica rossa bordata d’oro sporca del verde dell’erba e ricoperta in più punti da macchie di fango ormai secco. In effetti non doveva essere un bello spettacolo alla vista, con indosso quella divisa logora, senza contare la fasciatura al braccio e il fatto che non si faceva un bagno da più di 24 ore.

«Non è per quello!» disse Matt, vedendo l’amico annusarsi un lembo della divisa con aria sospetta «Forse dovresti voltarti» aggiunse.

Appena lo vide Alex restò a bocca aperta. Un enorme striscione che recitava: “Ave al famigerato Mulberry volante”, torreggiava sopra il camino della sala comune. Sotto di esso, a sinistra del focolare, saltava all’occhio un cartonato animato che lo ritraeva con indosso un giubbotto di pelle con un ampio colletto triangolare di pelliccia. Al collo portava una sciarpetta bianca di seta, che ovviamente, in quel momento stava svolazzando al vento. Per completare l’opera, in testa portava un caschetto di cuoio completo di paraorecchie e occhialetti da aviatore. Il Suo sosia stringeva nella mano sinistra una pluffa, mentre al braccio era appoggiata una scopa da corsa. Con l’altra mano invece continuava a salutare, indicando qualcuno di invisibile davanti a se ammiccando e sorridendo in continuazione con una posticcia aria da Don Giovanni in volto.

«Mah che diavolo…» riuscì a dire dopo qualche minuto di sgomento.

«Opera di Luchas e Andrew» rispose Matt, alzando un attimo il capo dalla sua pila di bottiglie vuote.

«Davvero una bella fattura fra l’atro. Il dettaglio è molto alto e anche i movimenti sembrano naturali» sentenziò Vall, che si era fermata davanti al cartonato, osservandolo da vicino.

«Non avrei mai creduto che quei due fossero in grado di eseguire un incanto del genere, in così poco tempo per giunta» concluse, trascinandosi via un sacco pieno di bottiglie di vetro.

I cardini del quadro della signora grassa cigolarono, e dal breve corridoi che separa l’ingresso dalla sala comune, sbucò la sagoma di Luchas con due cassette di burrobirra fra le braccia.

«Ehi, Ale come va?! Ben tornato fra i vivi!» disse scherzoso.

«Tu! Ma a che diavolo pensavi quando hai incantato quel coso!» rispose Alex in un sibilo, rivolto all’amico «Oh, oh questa non me la passi liscia»

«Hehe, visto che bello. L’ha comprato Andrew settimana scorsa a Hogsmeade, io ho solo avuto l’idea del cappello e della sciarpetta» rispose Luchas ridacchiando…

«Fantastico, adesso mi dovrò sopportare un altro ridicolo nomignolo fino al diploma?» sbuffò Alex, che intanto aveva notato l’etichetta della locanda dei tre manici di scopa, impressa sulle casse che portava l’amico «Ti perdonerò solo se mi dici che hai ancora qualche burrobirra in quelle scatole»

Luchas fissò prima l’amico, poi le scatole e disse sorridendo….

«Cosa? Queste !? Mi spiace Ale ma queste scatole sono tutte vuote, mi servono per recuperare le bottiglie vuote» rispose dispiaciuto.

Un moto di sconforto si impadronì di Alex che, in quel momento, iniziava a sentire tutta la fatica della giornata farsi prepotentemente strada nelle sue membra. Aveva decisamente bisogno di due cose: Un bel bagno caldo e una burrobirra per distendere i nervi ma, a quanto pareva, si sarebbe dovuto accontentare del bagno. Nel frattempo, Vall tirò su la testa di scatto e, piacevolmente stupita, disse:

«Ma dai Luchas, non ti facevo un sostenitore del C.R.E.P.A!»

«Eh!? Ma quale C.R.E.P.A ? Madam Rosmerta mi paga L’assurda cifra di 9 falci a cassa se gli riporto i vuoti. Sarei un pazzo a non prendermi la briga di raccoglierli per quella somma!» rispose Luchas, sornione.

Vall lo squadrò, prima con aria sdegnata poi, il suo sguardo si fece furbo e sottile e disse:

«Per questa volta…» fece una pausa, «Voglio la metà! Visto che praticamente ho fatto tutto io!» concluse rapida.

Matt fece per dire qualcosa, ma fu subito zittito con un gesto della mano di Vall che intanto, non aveva ancora tolto gli occhi di dosso da Luchas, il quale, sostenne per un secondo il suo sguardo poi, voltandosi, incrociò quello di Alex che gli face un impercettibile cenno di assenso con il capo. Il silenzio durò pochi secondi e fu interrotto dal profondo sospiro di sconfitta di Luchas.

«E va bene Vall, questa mano la vinci tu! Avrai la metà di quanto mi spetta la prossima volta che torneremo da Madam Rosmerta»

«Però! Mi dovrai dare una mano anche a trasportare le casse, questo o niente» aggiunse, prima che tutti i presenti scoppiassero a ridere.

«Va bene, affare fatto!» biascicò Vall, nella pausa fra una risata e l’altra.

Alex, dopo aver riso per qualche minuto, compiaciuto della faccia tosta dell’amica, ormai esausto si separò dalla compagnia abbozzando una specie di corsa verso i dormitori maschili dove recuperò in fratta e furia: la sua bacchetta e un cambio d’abiti, deciso più che mai a volersi fare un bel bagno rilassante.

Non curante dell’orario, ridiscese in sala comune dove fu bloccato dai tre amici ancora impegnati a riassettare l’ampia sala.

«Dove diavolo credi di andare a quest’ora della notte?» domandò allarmata Vall.

«Ehm…vado a farmi un bagno, credo di essermelo meritato oggi, non pensi?» rispose Alex.

«Non puoi usare le docce del dormitorio?» aggiunse Matt.

«Assolutamente no! Sono il capitano della squadra di Quidditch! E questo mi dà pieno diritto di usufruire dei bagni dei prefetti al quinto piano» rispose lui, fingendo un tono sdegnato.

«E come la metti con il coprifuoco?» fece eco Vall.

«Beh…Mi inventerò qualcosa» la liquidò rapidamente lui, uscendo dal ritratto della signora grassa mentre Vall ancora lo fissava sorpresa.   

Appena al di là del quadro fu subito buio pesto. Le torce magiche che di solito illuminavano i corridoi di tutta Hogwarts erano già spente da un pezzo, il che dava al castello un aria un po’ sinistra. Forse quella volta avrebbe dovuto dare ascolto a Vall e starsene nel dormitorio ma oramai la decisione era stata presa e lui non era certo tipo da tornare con la coda fra le gambe.

I bagni dei prefetti erano al quinto piano, un bel viaggio al buio dalla sala comune dei Grifondoro, ma ne aveva compiuto ben più lunghi.

Come in un flash, gli comparvero in ricordo i lugubri sotterranei del castello, lui che camminava furtivo stando attento a non farsi vedere da anima viva, e non. Anche quelle memorie risalivano a due anni prima, e quindi come in automatico furono stroncate sul nascere.

E siamo a due volte in un giorno.

Si rimproverò Alex, la stanchezza iniziava a tirargli dei brutti scherzi.

Incamminandosi, invece di prendere la consueta scalinata che portava ai piani inferiori, svoltò a sinistra in un lungo corridoi riccamente decorato di arazzi e tappeti ma, ben più importante, interrotto ogni decina di metri da alcune conchette alle pareti che ospitavano antiche armature. Negli anni di vagabondaggio notturno per il castello, Alex aveva scoperto che quelle nicchie erano nascondigli perfetti per sottrarsi a occhi indiscreti e, anche se non aveva più undici anni, se si appiattiva un po’ e tratteneva il respiro riusciva comunque a nascondere buona parte della sua sagoma.

Arrivato a metà corridoio, riusciva a scorgere dalla parte opposta la sagoma della grande aquila di bronzo, guardiana dell’entrata alla torre di Corvonero, poco più avanti invece c’era quello che davvero gli interessava. Un nicchia come tutte le altre a prima vista, ma nella chiave di volta dell’archetto che la sovrastava era scolpita una rosa in bassorilievo. Mentre l’armatura che la occupava, anch’essa del tutto simile a tutte le altre, portava al braccio uno scudo di legno a goccia raffigurante un araldica in tre pezzi sui quali erano dipinti: una scala, un sentiero e un mantello. Una volta entrato nel piccolo spazio fra l’armatura e il muro Alex trovo quello che cercava. Una piccola botola di legno chiusa con un grosso chiavistello, estraendo la sua bacchetta, con un filo di voce bisbigliò.

«Alohomora»

Il chiavistello fece un sonoro “CLACK” che a causa del silenzio rimbombò per tutto il corridoio. La botola, ora aperta, mostrava una profondissima scala a chiocciola che lo avrebbe portato indisturbato al quinto piano. Da lì non avrebbe dovuto far altro che attraversare il corridoio da dove sarebbe sbucato alla fina della scala per poi imboccare lo strettissimo sentiero nascosto dietro un’altra armatura, gemella a quella del settimo piano, che l’avrebbe portato sostanzialmente davanti ai bagni dei prefetti.

Guarda te che disastro. Inveì fra sé e sé, quando fu davanti al portoncino dei bagni.

«Possibile che non me ne vada bene una oggi?» disse, con un sibilo quasi impercettibile.

Da sotto l’elegante portoncino in legno dei bagni, si stava espandendo nel corridoi una copiosa pozzanghera d’acqua mista schiuma. Da dentro invece si udivano distintamente il suono dell’acqua, che stava sgorgando copiosa, e gli schiamazzi di Peeves, Il Poltergeist più irritante che Alex avesse mai conosciuto. Ne stava sicuramente combinandone una delle sue. Alex lo maledisse mentalmente con tutti gli insulti che conosceva e iniziò la sua ritirata verso i dormitori, sconfitto e amareggiato più che mai. Camminando a ritroso per i passaggi segreti che aveva scoperto nel castello, ritornò in poco temo nel lungo corridoio del settimo piano.

Stava ancora rimuginando su quel maledetto Peeves e sui suoi progetti sfumati quando la sua attenzione fu attratta da un grande arazzo sulla parete. Si fermò ad osservarlo per un istante, più concentrato sul da farsi piuttosto che sul tema dell’arazzo.

Dai non posso farmi fermare da quel maledetto fantasma.

In fondo mi basterebbe entrare di soppiatto e lanciargli un Confundus. Dovrebbe bastare per darmi tempo di bandirlo momentaneamente con un incantesimo Repello Spectrum.

Alex fece dietro front, di nuovo convinto a raggiungere la sua agognata meta. Tre passi più in là però, fu subito assalito da mille dubbi.

Però se mi beccano, stavolta non la passo liscia.

E poi anche se riuscissi a fatturare Peeves quello scapperebbe subito a raccontarlo in giro.

Fece avanti e indietro per tre volte davanti all’arazzo divorato dai dubbi quando alla fine, stremato, si convinse che era meglio rimandare al giorno dopo.

«Quanto avrei bisogno di un bel bagno, e di una bella burrobirra» disse sbuffando.

Se doveva lamentarsi, meglio farlo in grande.

In quel momento, alcuni rumori provenienti dalla parete dietro di lui catturarono la sua attenzione e da quella che inizialmente sembrava una crepa nel battiscopa di pietra spuntò un piccolo portoncino di legno riccamente decorato che recava la scritta “bagni”.

Esterrefatto dall’apparizione, il cervello di Alex entrò ad operare in modalità automatica. Per prima cosa estrasse la bacchetta, per sicurezza poi, come attratto da una misteriosa forza, apri il portoncino entrando nella stanza appena comparsa senza tante remore.

La porta non era chiusa e si aprì con estrema facilità cigolando appena un po’ sui cardini. L’interno era a dir poco mozzafiato. Si distingueva chiaramente lo scrosciare dell’acqua in una vasca provenire da qualche parte del bagno. L’intera stanza era ammantata da una nebbiolina di vapore acqueo ma, nonostante ciò, si poteva ben vedere che era molto ampia e ben illuminata. Il pavimento era composto da grandi piastrelle in ceramica rosso cremisi che ricoprivano anche parte delle pareti per poi lasciare posto a una bella intonacatura giallo scuro, tendente alle tonalità dell’oro, che ricopriva il soffitto a volta dal quale pendeva un maestoso lampadario in ottone.

L’aria che si respirava, era densa, calda e piacevolmente profumata da una forte, ma gradevole fragranza di pino silvestre, mista probabilmente a un po’ di menta. Subito alla sua destra, era posizionato un grande pareo. Alla sinistra invece c’era un piccolo mobiletto in legno scuro sul quale erano ripiegati con cura svariate paia di asciugamani rossi bordati oro, ognuno dei quali portava, nella parte in altro a destra lo stemma di Hogwarts. A fianco del tavolino c’era un grosso attaccapanni a parete al quale erano appesi innumerevoli accappatoi e sotto ciascuno di essi un paio di comode pantofole. Tutto rigorosamente coordinato con le tinte rosso-oro.

Non può essere vero, Sto sicuramente sognando - Pensò. - Mi sarò sicuramente addormentato in qualche nicchia dietro un armatura, o sui gradini della scala a chiocciola.

Intanto, cominciò a muovere i primi passi titubanti per esplorare meglio la stanza.

Le sensazione che quel posto gli dava erano assurde, pareva proprio di trovarsi in un sogno. Tutto, fin nei minimi dettagli, corrispondeva ai suoi gusti e a quello che Alex avrebbe detto a un ipotetico intervistatore che gli avesse chiesto di descrivergli il suo concetto di bagno di lusso!

Provò a tirarsi qualche pizzicotto per cercare di svegliarsi ma non accadde nulla. Avvicinandosi agli accappatoi, ne tocco uno, era morbido, caldo, profumato, ma soprattutto, reale, oltre ogni ragionevole dubbio.

Non attese un secondo oltre. Prese asciugamano, pantofole e accappatoio e corse dietro il pareo dove gettò la sua divisa sporca in una cesta. In un attimo fu cambiato e pronto per scoprire la fonte del rumore dell’acqua. Non ci volle poi molto, qualche passo più avanti il bagno si apriva ai lati in due grosse conche simmetriche, dando alla conformazione del bagno l’aspetto di un quadrifoglio. Quella di destra era occupata da un infinità di rubinetti disposti a raggera su tutto il perimetro della stanza, mentre sopra di essi le piastrelle e l’intonaco, erano sostituite da un gigantesco specchio curvo che seguiva perfettamente la forma delle pareti. Mentre quella di Sinistra era completamente adibita ad accogliere una grande piscina ovale, ricolma di acqua e schiuma. Dulcis in fundo, lo spazio davanti a lui era occupato da un grande bancone di legno con tre alti sgabelli posizionati di fronte ad esso. Dietro invece, torreggiava una grande scaffalatura in acero scuro ricolma di ogni sorta di bevanda: Burrobirra, sidro, succo di zucca, di mirtillo.

«Ma che razza di posto è questo?» esclamò ad alta voce, avvicinandosi agli scaffali.

Titubante, con cautele prese una bottiglia di burrobirra dal ripiano. Non appena l’afferrò la bibita si raffreddò velocemente, facendo comparire sul vetro marrone una fine condensa mentre come ad opera di un invisibile cavatappi, il tappo di metallo della bottiglia saltò in aria producendo il suo caratteristico sibilo.

A metà fra la totale incredulità e lo stupore, Alex assaggio il contenuto. Era burrobirra, ottima genuina burrobirra ghiaccata, senza ombra di dubbi. Ormai troppo stanco per farsi domande, non indugiò oltre

La stanza sembrava assecondare ogni suo desiderio e lui decise di lasciarglielo fare senza opporre altra resistenza.

Dirigendosi verso la vasca, poggiò la bevanda sul bordo e iniziò a levarsi la fasciatura dal petto. Ormai le sue costole, grazie alla efficaci cure di Madam Bartholomew, si erano completamente risaldate e ora poteva di nuovo respirare a pieni polmoni senza le limitazione delle strette bendature. Restava solo la steccatura al braccio. Un incantesimo minore e un po’ di attenzione sarebbero sicuramente bastati per impedire di rovinare la medicazione.

«Minor Idro Repello» disse puntandosi la bacchetta di Cipresso al braccio «Cosi dovrebbe andare» concluse, soddisfatto dell’incanto.

L’acqua come previsto era calda e piacevole, esattamente della giusta temperatura. Gli arrivava poco più sopra dell’ombelico. C’era poi un grosso gradone, semi sommerso, che correva lungo tutto il bordo interno della vasca. Alex ci si sedette e sprofondò nell’acqua calda lasciando emergere solo la testa e il braccio steccato che appoggiò sul bordo.

Stette in quel brodo tiepido per un tempo che a lui parve indeterminato, godendosi il meritato relax. Solo quando si sentì completamente ripulito e rinfrancato, per scrollarsi di dosso la sonnolenza che lo stava assalendo decise di partire per una piccola esplorazione.

Facendosi strada nell’acqua e fra la schiuma, raggiunse la parte opposta della vasca che terminava direttamente contro la grande vetrata che occupava quasi tutta la parete.

La vista gli fece mancare il fiato.

Alla sua sinistra poteva vedere la torre di Grifondoro in tutta la sua maestosità, il bagno incantato doveva essere posizionato più o meno allo stesso livello.

Strano.

Di tutte le volte che gli era capitato di sorvolare il castello, non aveva mai notato l’esistenza di quella vetrata enorme proprio a fianco alla torre della sua casata. Anzi, ora che ci pensava, lì dove si trovava lui, avrebbe dovuto esserci solo la spoglia parete di pietra del corridoio che collegava i dormitori di Grifondoro con quelli di Corvonero. Il suo cervello in quel momento non si sforzò più di tanto per trovare una risposta logica a quella incongruenza archiviando la questione nella sezione “Ci penserò domani”.

L’attenzione di Alex era completamente catalizzata dalla vista del grande lago nero e dei picchi della montagne, ormai completamente imbiancati, che gli facevano da sfondo. Dalla vetrata si vedeva chiaramente anche la capanna di Hagrid, il vecchio guardiacaccia del parco. Era presente a tutti i loro allenamenti di quidditch da quando James Potter era entrato a far parte della squadra. Aveva davvero un maniacale attaccamento per quel ragazzino ma di lui, Alex sapeva solo che aveva partecipato alla battaglia finale contro Lord Voldemort e le poche volte che aveva dovuto averci a che fare, gli era parso un omaccione dai modi burberi, con uno strano modo di parlare e un fare sbrigativo. Nel complesso tuttavia, gli stava simpatico. Dava la sensazione di essere una persona schietta e onesta, entrambe caratteristiche che aveva imparato ad apprezzare enormemente negli ultimi anni.

Era una notte insolitamente limpida per essere i primi di Dicembre, c’erano solo poche piccole nuvolette che contribuivano a rendere il panorama ancora più straordinario. Sembravano batuffoli d’argento, colpiti dai raggi di luna piena che illuminava tutta la vallata in maniera surreale con il suo riflesso che ormai, si prolungava per quasi tutta la lunghezza del lago.

«Altro che la piccola finestrella di Albert Newt» ridacchiò ironico «Chissà se ti sarebbe piaciuto questo posto Cass» sospirò poi, affranto.

Restò ancora qualche secondo a crogiolarsi nei ricordi solo per maledirsi subito dopo per averli rievocati. Per ben tre volte quella sera aveva pensato a lei, a Cassandra. Ricacciò tutto dentro, come al solito e iniziò ad asciugarsi e rivestirsi.

Erano ormai le tre inoltrate della mattina quando finalmente usci dalla porta del bagno incantato che, come se nulla fosse, appena fu chiusa si ritrasse su se stessa fino a scomparire del tutto lasciando di nuovo posto alle grosse pietre della muratura che ripresero il posto che spettava loro di diritto.

Soddisfatto più che mai della piacevole scoperta e del relax ristoratore, Alex si fece cautamente strada verso i dormitori per poi addormentarsi finalmente come un sasso non appena tocco la sua branda.

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Capitolo 4
*** Una tranquilla settimana fuori dall'ordinario ***


Bene, bene, bene. Salve a tutti. Eccoci giunti al quarto capitolo di questo racconto. Se avete avuto la bontà si seguirmi fino a questo punto, vi sarete accorti che, sostanzialmente, quello che avete letto fin ora non sono altro che un sacco di inutili dettagli e lunghe e tediose descrizioni di paesaggi, fra l’altro il più delle volte condite da incomprensibili e pomposi aggettivi (visto?! L’ho fatto anche ora!). Ebbene si! Mi piacciono gli aggettivi, chiamatemi pure feticista, ma mi piacciono! Lo confesso!

Come avrete anche notato, ho la tendenza a divagare ma soprattutto a perdere il filo del discorso. Cosa stavo dicendo?! Ah si ! Se mi avete seguito qui, non preoccupatevi, nel prossimo capitolo se ne vedranno delle belle. Finalmente si svelerà un pochino della trama. Anche se, essendo questa una Long-Fiction, non c’è poi da stupirsi se fino al terzo capitolo non si è ancora capito nulla. Scusate, mettetevi nei mie panni! Introdurre tutti i personaggi, caratterizzarli, farvi avere un idea dell’ambiente circostante… insomma non è facile!

Ehehehhe bando alle ciance, sul serio, spero che la storia fin qui vi sia piaciuta ( A mè personalmente ha fatto impazzire! Ma va bhè, io sono di parte). Appellandomi al vostro buon cuore vi chiederei di lasciare una bella recensione, o una cattiva se lo ritenete. Nel primo caso la mia autostima vi ringrazierà dal profondo!

Buona lettura!

                                                                           Ale.

Capitolo Quattro:

“Una tranquilla settimana, fuori dall’ordinario”

 

Doveva già essere mattina inoltrata quando Alex si svegliò, fortunatamente era Domenica e Il dormitorio era ancora abbastanza popolato. Scendendo dal suo baldacchino, ancora un po’ intontito dalla sonnolenza, riconobbe Andrew Dolmen e un paio di ragazzini più piccoli di lui che ancora russavano sonoramente nei loro letti. Indeciso su cosa mettersi, Alex optò per un abbigliamento “alla Babbana”

Massi, tanto oggi non c’è lezione.

Si disse, prima di raggiungere la sala comune.

La stanza era Immacolata e della baraonda della sera prima non restava nulla, se non i postumi sul viso di qualche studente del settimo anno.

«Ciao Ale, dormito bene?» chiese Vall alzando la testa dai libri di trasfigurazione.

«Uhm…si molto, in effetti non ricordo di aver dormito così bene da secoli» rispose lui.

«Ma che fine hai fatto poi?» intervenne Matt, seduto lì a fianco su una poltrona di trapunta rossa «Ti abbiamo spettato per un bel po’»

Già, come faccio ora a spiegargli dove sono stato?

«Non ne ho idea in effetti!» rispose lui sincero.

I Due amici lo fissarono perplessi per un istante un po’ sorpresi dalla risposta, poi Vall spezzò il silenzio: «Non sarai di nuovo andato…»

«Santo cielo, Vall ti prego! Non di nuovo!» la interruppe lui, alzando un poco la voce.

«Ehy! Che c’è? Sai che mi preoccupo solo per te!»

«Lo so Vall, ma davvero… è tutto a posto, tranquilla»

Vall lo guardò sospetta e lui sentendosi come trapassare da quello sguardo tentò subito di cambiare discorso.

«Ragazzi, voi non avete davvero idea del posto che ho scoperto ieri notte!» e subito, si mise a raccontare una lunga e dettagliata descrizione sul quando, dove e come era avvenuta la scoperta.

«Mi stai prendendo in giro vero?!» disse Vall, quando Alex ebbe finito di parlare.

«No ti giuro, sono serissimo» rispose lui.

«Si ma non ha alcun senso»

«Lo so Matt, ma vi ripeto… è andata esattamente cosi»

«Finché non vedo non credo!» disse Vall, solennemente.

«Ma perché dovrei raccontarti una balla?»

«Beh, innanzitutto lo fai sempre!»

«Andiamo Vall, sul serio? Tiri ancora fuori quella vecchia storia?» si lamentò lui «Come facevo a sapere che avresti davvero creduto, che le paperelle in quello stagno fossero vere? Si vedeva lontano un miglio che erano di plastica»

Matt intanto, ridacchiando aggiunse:

«Per non parlare poi di come prima ha cercato di dargli da mangiare qualche briciola»

I due ragazzi risero per un istante al pensiero di quell’esilarante ricordo risalente all’estate scorsa, quando Alex li aveva ospitati due settimana a casa sua per le vacanze estive.

«Avete finito di ridere vuoi due» disse Vall, togliendosi da sotto il sedere lo spesso cuscino che imbottiva la sedia, per tirarlo al suo ragazzo «Te l’ho detto, questa volta non ci casco, Se non vedo non credo» continuò poi.

«E va bene ti ci porto, anche subito se vuoi!» così dicendo Alex, li accompagnò nello stesso punto in cui la sera prima la porta si era materializzata.

«Ecco era proprio qui»

«Io non vedo niente» rispose Vall.

«Aspetta, aspetta, te l’ho detto no! La porta è comparsa dal nulla» insistette lui.

«Beh, quindi?» incalzò Matt.

Alex si schiarì la voce e, assicurandosi di non essere visto da occhi indiscreti, con un tono di voce più alto del solito disse:

«Ho bisogno di un bagno» passò qualche secondo ma non accadde nulla «Non capisco, eppure ieri…»

«Sul serio Alex?!» lo rimproverò Vall

«Valentine, te lo garantisco… ieri sera proprio qui c’era una porta!» rispose lui con un tono grave, di quello che non ammettono replica.

«E va bene, magari ci sarà anche stata un porta ieri, ma ora è sparita» concluse Vall con poca convinzione.

«Ragazzi è quasi ora di pranzo» fece notare Matt.

«Giusto, non tocco cibo da una vita» rispose Alex, notando solo in quel momento che da quando si era svegliato il suo stomaco non faceva altro che lanciare cupi brontolii di protesta.

Non era mai un buona idea mangiare tanto prima di una partita di Quidditch di conseguenza, il suo ultimo vero pasto risaliva a molto più di ventiquattro ore prima. Una volta arrivati in Sala Grande i tre occuparono i loro soliti posti a metà dell’enorme tavolata che si stava via via riempiendo di studenti. Poco più a destra di dove erano loro, stava seduto anche James Potter con alcuni suoi coetanei. Alex non si era ancora congratulato con lui, in fondo era per merito suo se la partita era stata vinta. Lo avrebbe fatto dopo però perché in quel momento era sotto il fuoco di una raffica interminabile di domande e ipotesi proposte da Matt.

«Magari compare solo di notte!»

«Probabile…»

«Oppure con la luna piena!»

«Si in effetti ricordo chiaramente di aver visto la luna piena»

«O magari ti basta andare davanti a quell’arazzo e sbattere tre volte i tacchi delle tue belle scarpette rosse, piccola Dorothy!» disse sarcastica Vall.

«Chi è Dorothy?» chiese curioso Matt.

Alex e Vall restarono interdetti per una frazione di secondo, poi entrambi risero lievemente…

«Matt, Dorothy è il personaggio di un opera Babbana» spiegò Alex, ricordandosi che l’amico non sapeva quasi nulla di quel mondo.

I Rive, erano maghi da generazioni e Matthew aveva sempre vissuto nel Mondo Magico. Sia Valentine che Alex nel tempo, avevano sempre cercato di aggiornarlo il più possibile sul mondo “Babbano” proprio per evitargli Gaffe come queste, specialmente quando passavano le estati insieme a casa loro.

«Si ma perché deve sbattere i tacchi tre volte?»

«Lascia perdere Matt, è una stupidata» disse Vall.

«Dorothy era stata intrappolata in questo mondo dal Mago di Oz… per tornare a casa doveva sbattere tre volte…» la spiegazione di Alex si interruppe bruscamente e il suo sguardo si perse nel vuoto.

Valentine e Matt fissarono l’espressione vacua dipinta sul volto dell’amico poi Vall, titubante, riprese a spiegare da dove si era interrotto.

«Si…insomma… per tutta la storia Dorothy non fa altro che lamentarsi di voler tornare a casa, ma in realtà erano solo capricci, solo alla fine, quando realizza che…»

«Che casa sua gli mancava! che ne aveva davvero BISOGNO!» interruppe bruscamente Alex, che aveva appena mandato a incastro tutti i pezzi di quel Puzzle «VALL SEI UN GENIO!» esultò.

L’amica strabuzzò gli occhi mentre Matt era esterrefatto dall’assurdità di quella storia e dalle reazioni degli amici.

«Ehm… io… veramente…» balbettò lei.

«Tutto torna! Tre volte! Non capisci? Sono passato davanti a quel muro per tre volte! Ero indeciso se tentare o no di riscendere al quinto piano e ho fatto un po’ avanti indietro e poi ho detto…che avevo bisogno del bagno! E non era un capriccio! ne avevo davvero bisogno… e PUFF… ecco lì che una stanza ricolma esattamente di quello che mi serviva è apparsa dal nulla!» 

Alex ne era sicuro! Era andata esattamente così! I due amici invece, ancora si guardavano perplessi e poco inclini a condividerne l’entusiasmo.

In quel momento l’attenzione di tutti e tre fu catturata da qualcuno che si stava schiarendo la voce lì vicino a loro.

«Scusate, stavate per caso parlando della Camera delle necessità?»

A parlare era stato il piccolo James Potter.

«Ero seduto qui accanto e non ho fatto a meno di sentire, da come parlavate sembrava che steste parlando di quello… Poi Berry, il tuo tono di voce non aiutava certo a mantenere intima la conversazione!»

Quel piccolo Insolente! Come si permetteva di chiamarlo Berry? Sapeva benissimo che odiava quel nome! Ma soprattutto, come diavolo faceva a sapere tutte quelle cose?

«Chiamami ancora in quel modo e ti sbatto fuori dalla squadra. Potter, o non Potter»

Il volto del bambino diventò paonazzo.

«S....scusa» bisbigliò «Non volevo offenderti!»

Così andava meglio. Anche se un po’ si sentiva in colpa per aver messo in difficoltà il ragazzo, tutto sommato gli piaceva la sua faccia tosta!

«Non preoccuparti James, non c’è problema! Puoi chiamarmi Alex, andrà benissimo» il volto di Potter riacquistò lentamente il suo colorito normale «Piuttosto, cos’è che hai nominato poco fa» continuò Alex.

«La stanza delle necessità!» rispose James, pieno d’entusiasmo «Me ne ha parlato un sacco di volte mio padre»

Matt quasi si strozzò con un boccone quando il ragazzino nominò suo padre. A quanto pareva, anche dopo quasi vent’anni il nome di Harry Potter suscitava ancora delle grosse reazioni di stupore. Per Valentine e Alexander invece era diverso, non erano neanche nati quando il padre del ragazzino che avevano ora difronte sconfiggeva il più potente mago oscuro che il mondo abbia mai visto, inoltre essendo entrambi nati da famiglie babbane, non ne avevano mai sentito parlare fino al loro primo anno ad Hogwarts. Ora si, lo conoscevano, o meglio, conoscevano la storia e la leggenda che aveva suscitato il loro simpatia e rispetto, senza ogni dubbio tuttavia, quei sentimenti non avevano mai avuto la forza di provocare in loro reazioni viscerali, come quella di Matt.

«E cosa ti ha detto?» lo incalzò Matt, riuscendo a ingoiare il boccone.

«Beh, la stanza è nascosta e non compare mai su nessuna mappa e credo sia anche invisibile dall’esterno» rispose lui.

«Quindi può davvero contenere qualsiasi cosa ti serva?» chiese Alex.

«Si! SI! E non solo, può anche cambiare forma e dimensione a seconda di quante persone ci devono entrare! ...Però…»

«Però cosa?» incalzò Alex, preoccupato!

«Mio padre mi disse che durante l’ultimo assedio del castello, prima della morte di Riddle, la stanza fu completamente distrutta, divorata dal fuoco magico di un incantesimo evocato da un mangiamorte» James si fece buio in volto. Mentre su quello di Alex comparve un gran sorriso di compiacimento.

«Scusa James, ma chi era quel Riddle di cui hai parlato poco fa?» chiese Vall, che aveva seguito tutto il racconto senza proferire parola.

James, la guardò incuriosito per qualche secondo, di troppo. Arrossendo appena, si fissò le punte delle scarpe che gli spuntavano dalla divisa nera. Matthew parve notare qualcosa di strano e il suo sopracciglio si inarcò un po’, ma lascio correre.

«E’…il… vero nome di Lord Voldemort» disse il ragazzino.

«Ma dai?! Non lo sapevo» rispose Vall incuriosita.

«Già, non in molti lo sanno» continuò lui «Però, mia madre e mio padre dicono sempre di non aver paura di utilizzare il suo vero nome, o si rischia di creare uno stupido mito»

«Immagino che i tuoi abbiano ragione» concluse lei, riflettendo su quelle parole.

«I tuoi Genitori potranno aver anche ragione sulla questione dei nomi, ma tuo padre si sbaglia di grosso per quel che riguarda la stanza delle necessità!» Disse Alex

«COSA?!» strillò Potter.

«Ehi calmo ragazzino»

«Come fai a sapere che mio padre si sbagli?»

«Beh Potter… si dà il caso che ci sia stato proprio ieri sera in quella stanza»

Nei giorni che seguirono, dopo le lezioni, Alex e il giovane James fecero visita parecchie volte al corridoio del settimo piano, ognuna delle quali però, si rivelò; infruttuosa.

«Potrei scrivere un gufo a mio padre, chiedergli più dettagli»

«No James, ne abbiamo già parlato!» rispose Alex, sospirando mentre tornavano verso la sala comune dopo un ulteriore buco nell’acqua «Per il momento non voglio che altre persone sappiano che la stanza esiste ancora. Già Valentine e Matthew ci credono pazzi, non voglio che a quella lista si aggiungano anche il Vice Ministro della Magia e niente popò di meno che, il Leggendario Harry Potter»

«Ehy! Lascia stare i mie genitori!»

«Tranquillo James, stavo solo scherzando»

«Poi guarda che non sono poi così male come te li immagini» aggiunse il piccolo Potter «Sono sicuro che ti piacerebbero se li conoscessi. E tu piaceresti sicuramente a loro!»

«Bene, allora sono sicuro che prima o poi me li presenterai» rispose Alex compiacente «Ma adesso vai! E Vedi di finire quel tema sui Bezoar che hai detto di dover fare!»

«Se ti fai mettere in punizione giuro che ti assegnerò alla raccolta delle divise sporche ad ogni santo allenamento da qui fino alla fine dell’anno!» aggiunse, scompigliando i capelli del giovane con la mano.

James fece una faccia schifata, al pensiero di doversi mettere a scrivere un tema per l’odioso, odiosissimo professore di pozioni. Lo detestava, non aveva fatto altro che prenderlo di mira dal primo istante che aveva messo piede in quella scuola. Alex però aveva ragione quindi, di malavoglia si diresse verso un angolo della sala comune dove alcuni suoi coetanei erano seduti ad un tavolo.

«Ehy!»

«Ehy…Sam…Ciao…» biascicò Alex, colto del tutto alla sprovvista.

«Ho notato che dopo la partita passi un sacco di tempo con il piccolo Potter» disse raggiante, la bella cercatrice dai capelli cremisi.

«Si, non è male sai… A dire il vero mi ricorda tanto come ero io alla sua età» rispose, stupito dalle sue stesse parole.

«Se intendi dire che entrambe assomigliavate a dei puntaspilli sì, credo tu possa avere ragione» ridacchio di rimando la ragazza.

Alex sentì una vampata di calore infuocargli il viso per la vergogna.

«C’è da dire che però, con gli anni almeno tu sei cresciuto parecchio bene!» continuò lei.

Il volto di Alex continuava ad andare in fiamme, ma questa volta non per la vergogna. Sam si avvicinò e aprendo le braccia disse:

«Le tue spalle sono talmente larghe che probabilmente non riuscirei ad abbracciarle tutte» disse con aria smaliziata, provando a farlo sul serio.

In effetti, le sue mani si raggiungevano a malapena dietro la schiena del ragazzo.

Samantha era abbastanza minuta e almeno cinque centimetri più bassa di Alex, quindi per raggiungerlo dovette allungarsi in punta di piedi, aderendo così perfettamente al suo petto. A quel contatto lui rimase pietrificato dal tepore che emanava il corpo dalla ragazza così vicino al suo. Una volta avvinghiatasi, Sam gli sussurrò all’orecchio provocandogli dei piccoli brividi di piacere.

«Sai Berry, mi piacciono i ragazzi con la testa sulle spalle, e tu hai dei bei esemplari di entrambe» scostandosi, per poterlo vedere in faccia aggiunse: «Non credo di essermi ancora congratulata a dovere con te!» così dicendo, gli stampò un bacio sulla guancia per poi sciogliere l’abbraccio, andandosene su per la scala che portava ai dormitori femminili.

Il cervello di Alex ci mise qualche secondo per processare quello che era appena accaduto. Non aveva senso, Samantha era una bellissima ragazza, ma fino a qualche giorno prima non aveva mai dimostrato particolare interesse a lui. Cosa significavano allora quelle parole? E L’abbraccio? Inoltre era più che sicuro che lei fosse fidanzata con Joshua Falcort un coetaneo di Matt.

Ecco, ci mancava solo questo rompicapo.

Era parecchio indietro con lo studio e fra gli allenamenti Quidditch e la recente riscoperta della camera delle necessità non aveva ancora avuto molto tempo da dedicare ai compiti che si stavano minacciosamente accumulando sullo scrittoio. Se poi ora, a tutto ciò si aggiungeva anche la questione Sam, tempi grigi lo aspettavano nel prossimo futuro ne era certo.

Intanto, in un angolo della sala comune su una poltrona vicino al fuoco, Vall e Matt avevano assistito a tutta la scena e appena videro l’amico avvicinarsi a loro, fecero finta di niente.

«Ciao Ale» esordì Matt, scostandosi il giornale da davanti per godersi la faccia da pesce lesso dell’amico.

«Ehi come va ragazzi» rispose Alex, sprofondando pensieroso in una poltrona li affianco.

«Tutto bene, tu piuttosto? Hai una faccia!» disse Vall, tirando su la sua dal tema che stava facendo finta di rileggere.

«Anche oggi niente da fare eh?» continuò Matt.

«Hehe...Cosa? …SI! ... cioè…NO!»

Alex si sentiva punto sul vivo, ma soprattutto, non aveva idea a cosa l’amico si stesse riferendo, se alla ricerca della stanza, o se a quello che era appena successo con Sam.

Matthew trattenne a stento una risata, campendo perfettamente l’imbarazzo dell’amico. Mentre Vall intervenne rivolgendosi al suo ragazzo:

«Ah Matt, ma è vero quello che mi dicevi la scorsa settimana?»

«Ehm…. Non so…. Dipende, a cosa ti riferisci?» rispose lui.

«Si dai! Della Rubinson!»

La conversazione fra i due sembrava alquanto artificiale, come se fosse stata provata in precedenza ma Alex non ci badò più di tanto e cercò di intromettersi nel discorso.

«Di che parlavate» disse, con il miglior tono di finta indifferenza che gli riuscì in quel momento.

«Dai, non mi vorrai mica far credere che neanche tu lo sai!» rispose Matt, sfoderando un gran sorriso da schiaffi «Lo sa praticamente tutta la scuola!»

«No, cosa, cosa sanno tutti!» incalzò Alex, non badando più a dissimulare il suo interesse.

«Samantha e il suo ragazzo…» Matt fece un piccola pausa giusto per gustarsi la facci agognante dell’amico «Si sono mollati settimana scorsa!» concluse poi ridacchiando.

«Ah… Sì?!...Non lo avevo saputo!» rispose Alex, almeno un ottava sopra al suo usuale timbro di voce «Scusatemi, mi sono dimenticato di fare una cosa, a dopo!»

Così dicendo si alzò di scatto diretto verso le scale dei dormitori.

«Hehe, che bastardi che siamo!» disse Vall, alzando la mano per ricevere un sonoro “cinque” da parte del suo ragazzo.

«Già, siamo stati davvero cattivi stavolta!» rispose lui alzandosi dalla poltrona e abbracciando Vall da dietro la sedia.

Chinandosi verso di lei, le sussurrò:

«Un'altra volta impara a tentare di ammazzarmi, non so come avrei fatto se non ti avessi più potuta rivedere»

Mentre Lei inclinava la testa dalla parte opposta, chiudendo gli occhi per godersi il momento, lui la baciò, prima sull’incavo del collo poi, scostandogli una ciocca di ricci ribelli, Salì piano, fino ad arrivare all’orecchio. Una scossa, partendo dalla testa, percorse tutta la schiena di Vall che si lasci sfuggire un lievissimo sospiro.

«Dai scemo, siamo in sala comune, ci vedono tutti!» cercò di rimproverare lei ma, né il tono, né l’intenzione erano adatti allo scopo. Matt tuttavia interruppe quello che stava facendo e sempre sussurrandogli nell’orecchio disse:

«Vado a prendere la mia roba, mi aspetti qui?»

«Si certo» disse lei voltandosi.

Erano a meno di un palmo di distanza e lui le diede un rapido bacio sulla bocca per poi alzarsi.

«Magari poi continuiamo quel discorso ok?» aggiunse allontanandosi.

Valentine face una risatina compiaciuta.

«Ci puoi contare!»

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Capitolo 5
*** Lettere, Articoli e partenze ***


Come promesso, qualcosa di strano è nell’aria. Si grazie al …… potevi sprecarti un po’ di più, diranno in molti. Ehehehe lo so, la stò un po’ tirando per le lunghe ma del resto che fretta c’è?

In questo capitolo ho voluto parlare e approfondire un po’ i rapporti che ci sono fra alcuni personaggi ma, non abbiate paura, o meglio, abbiatene. Nel prossimo capitolo succederanno un bel po’ di casini.

Mi sento molto televenditore oggi pomeriggio, quindi:

Preparatevi! Un tanto famoso, quanto controverso personaggio farà la sua comparizione. I nostri Eroi, accompagnati da un giovane James Potter, si troveranno ad affrontare una situazione a dir poco…Esplosiva, dai potenziali risvolti Drammatici. Il tutto, sarà condito da un fantastico cameo della coppia più bella e famosa di tutto il Mondo Magico. Sto parlando ovviamente, dei Coniugi Potter, Harry e Hermione. Tutto questo nel Capitolo Sei: Fuori dalla mappa. Stay tune. =)

Ancora, come sempre, vi invito a lasciare un commento e nella speranza che questa lettura possa allietarvi, non posso che augurare una Buona Lettura a tutti.

Saluti

Alessandro

 

Capitolo cinque:

Lettere, Articoli e Partenze.

 

La neve era caduta copiosa nelle scorse settimane e ormai mancavano pochi giorni alle vacanze di Natale.

L’intero castello era stato completamente addobbato. La sala grande era decorata dai soliti dodici grandi abeti ricoperti di ogni genere di dolciume immaginabile e ovunque si respirava un clima di festa. Con le ultime lezioni alle porte, tutti stavano cominciando a rilassarsi pronti a godersi le meritate vacanze. Tutti, tranne uno.

«No! No! No! Maledizione, non farò mai in tempo a finire tutta questa roba!» si disperò Alex, lanciando l’ennesimo pennino spezzato sullo scrittoio.

La pila di arretrati sulla sua scrivania ormai era diventata una vera e propria montagna che incombeva con fare minaccioso e lui, più scoraggiato che mai si rimise al lavoro.

«Almeno questo è fatto» esclamò un paio d’ore dopo, ponendo punto al tema che aveva davanti.

Il titolo recitava: “Maledizioni minori e contro-incantesimi”. Non era di certo un capolavoro, ma combinato alla prova pratica di fine semestre gli sarebbe valso un buon voto in Difesa.

Alzandosi dalla sedia, Alex si stiracchio un po’.

Chissà da quanto tempo sono rinchiuso qui.

Pensò, imboccando le scale che portavano alla sala comune, anch’essa decorata a festa.

Ho decisamente bisogno di una boccata d’aria.

Il clima fuori dal castello si era fatto rigido e una spessa coltre bianca ricopriva ogni superficie. Il cortile interno appena fuori dal portone principale, a dispetto del clima, era insolitamente popolato, principalmente studenti del terzo anno che il Venerdì avevano quasi tutto il pomeriggio libero.

«Beati loro!» Sospirò amaramente.

Il sentiero che conduceva alla torre dei gufi invece, era deserto. Quel giorno Alex, non aveva ancora avuto modo di controllare se Demy aveva portato qualcosa per lui.

Appena Alex entrò, un giovane esemplare di Gheppio femmina emise un acuto stridio e si gettò in picchiata verso di lui da una delle piccole alcove, poste più in alto nella grande voliera.

«Ehi, ciao bella» disse affettuosamente, appena il piccolo falchetto gli atterrò sull’avambraccio.

«Allora, cosa mi racconti?» aggiunse, accarezzandogli la testa e le ali.

Come in risposta, l’animale emise un altro stridio, questa volta molto più roco e meno prolungato, per poi spalancare le ali mostrando la sua livrea bruno-rossastra che cozzava con il bianco stracciatella del corpo.

Alex estrasse dalla tasca un tozzo di biscotto che aveva rubato in sala comune poco prima e lo porse all’animale, che ringraziò emettendo in successione due rapidi stridii.

Approfittando di quella distrazione, gli slegò dalla zampa la piccola pergamena che vi era legata.

«Vediamo chi mi scrive di bello» disse, salutando Demy con una carezza sulla testa prima di vederla spiccare il volo per raggiungere il suo anfratto in cima alla torre.

Una volta rientrato nel castello, Alex si trovò un posto appartato in biblioteca dove, già che c’era, recuperò alcuni volumi per la ricerca sugli estratti di Artemisia che il Professore di Pozioni gli aveva affidato. Prima di mettessi a spulciare i polverosi tomi però, si concesse ancora qualche momento di pausa per leggere la pergamena che ancora aveva in tasca.

Era sigillata da una grossa goccia di ceralacca rossa, raffigurante due grandi lettere finemente ricamate. E.M.

Ahahahah, ma pensa te che cosa s’è inventata quella ragazzina.

Si disse, srotolando la pergamena.

La lettera era di sua sorella, le iniziali stavano per Ellen Mulberry. Era stato lui, al suo ritorno da Hogwarts l’anno precedente, ad avergli regalato un piccolo set di cancelleria completo di: Pennino, calamaio, qualche foglio di pergamena, un sigillo personalizzato e una barretta di ceralacca cremisi.

«Come farai a rispondere alla Preside McGranitt quando, l’anno prossimo riceverai la lettera di ammissione a Hogwarts se ti mancano gli strumenti?» si ricordò di avergli detto, prima che lei gli saltasse al collo, abbracciandolo piena di gratitudine!

 

Caro Alex

Spero che lì a Hogwarts vada tutto bene. E’ un po’ che non abbiamo tue notizie qui, e sai come è la Mamma. Pensa che, l’altro giorno non mi ha nemmeno fatto uscire per prendere un gelato in piazza con le mie compagne di scuola. Sai però un po’ la capisco. Ultimamente stanno succedendo un sacco di cose strane qui. A cena al telegiornale fanno vedere un sacco di cose brutte. Voi lì li avete i telegiornali? Qui, quasi tutti i giorni c’è qualcuno che si ammazza dandosi fuoco, oppure si buttano in acqua e annegano. Non so, è strano. La mamma dice che lo fanno perché c’è la crisi e non hanno più soldi, ma io non le credo tanto, non so perché. Ieri ho provato a chiederlo anche a Papà perché lo fanno, ma mi ha risposto che proprio non lo capisce neanche lui. Mi ha spaventato un pochino. Sai che Papà di solito ha sempre la risposta pronta per tutto. Scusa se ti scrivo tutte queste cose brutte, ma mi manchi un pochino! Non vedo l’ora che torni a casa per vedere cosa mi hai portato. Scherzo dai! A presto.

La tua Sorellina

Ellen

Erano molto legati, lui e Ellen. Nella famiglia, lei era l’unica che dimostrava entusiasmo, non facendolo sentire fuori posto per il dono che possedeva. Sentirla preoccupata gli stringeva il cuore, inoltre si sentiva un po’ in colpa per averla ignorata nelle ultime settimane.

Alex prese un pezzo di pergamena dal cassetto dello scrittoio dove si era seduto e abbozzo subito una risposta.

 

Ciao Ellen.

Scusa se non mi sono fatto sentire in queste settimane! Sono stato molto impegnato, mi dispiace.

Abbiamo vinto la prima partita dell’anno! Ah, ho anche una bella storia da raccontarti appena torno. Non ci crederai mai! E si, ti porterò un pensiero, non far finta che non ti interessa anche quello!

A Prestissimo.

Tuo fratello

Ale.

P.S.

No qui a Hogwarts non abbiamo i telegiornali. E non preoccuparti delle cose che senti alla Tv. Sono sicuro che siano state solo delle brutte coincidenze, nulla più. Mi raccomando fai la brava e non farmi preoccupare!

 

 

Sigillò la lettera e corse a consegnarla a Demy, che spicco il volo in un batter d’occhio, felice di andare a ritrovare la sua padroncina.

Era quasi ora di cena quando Alex fece ritorno nella sala comune di Grifondoro, carico di libri come un mulo.

«Guarda, guarda chi si vede!? disse Vall, seduta al suo solito posto vicino al fuoco.

«Vall, ti prego non dirmi nulla, il discorso: “dovevi studiare prima invece che perdere tempo a cercare una stanza che non esiste” me lo hai già fatto settimana scorsa!» rispose lui.

«Mulberry!» sibilò l’amica.

Lo aveva appena chiamato per cognome, segno che l’aveva decisamente fatta arrabbiare.

«Si può sapere che diavolo ti prende!» disse, alzando il tono, tanto che, alcuni ragazzi si voltarono per vedere cosa stava succedendo.

«Perché sei sempre così prevenuto nei miei confronti ultimamente?» continuò, addolcendo la voce «E’ tutto il pomeriggio che non ti sei fatto vivo e mi stavo solo chiedendo dove fossi stato. Tutto qui!»

«Scusami Vall» rispose lui con tono affranto.

Perché l’aveva fatto? Perché aveva appena attaccato cosi la sua migliore amica? Si sentiva tremendamente in colpa, e stupido.

«E’ che ultimamente… non ci sto più con la testa» continuò, posando il plico di appunti che aveva preso nel pomeriggio su un tavolo lì vicino, prima di sprofondare nella poltrona a fianco dell’amica.

«Beh non mi sembra un buon motivo per prendertela con me!» fece notare lei

«Hai ragione, ma….» >>

«E’ per la storia della Robinson vero?» lo interruppe lei.

«Dannazione Vall, ma come fai? Sai che è un arte proibita leggere nella mente» si lamentò.

«Andiamo Berry! Non ci vuole mica un mago oscuro per quello. Praticamente te lo si legge in faccia!»

Alex si crucciò ancora di più. Era davvero così un libro aperto? O era un abilità che possedeva solo Vall, che lo conosceva così bene?

«Sei poi più riuscito a parlargli?» incalzò l’amica.

Alex, non si sentiva in vena di parlarne in quel momento. Aveva sempre detto tutto a Vall, ogni cosa, non gli aveva mai taciuto nulla e non lo avrebbe fatto nemmeno questa volta, solo che, voleva farlo con i sui tempi, scegliere lui il momento insomma. Era sempre stato così, anche con la storia di Cassandra e lo sarebbe stato anche adesso, con la “questione Rubinson”, come la chiamava lei.

«Macché, in queste settimane l’ho incrociata si e no tre volte nei corridoi, e all’ultimo allenamento; alla fine eravamo talmente fradici, che siamo tutti corsi nelle docce» disse sconsolato «Ma poi non è solo per quello» aggiunse, cercando di deviare il discorso.

La tattica funzionò perché il volto dell’amica si fece incuriosito.

«Oggi ho ricevuto questa» e porse la lettere a Vall che, appena ebbe finito di leggerla, disse: «Oh! che tenera tua sorella, guarda qua! Scritta a penna e pure laccata!»

«Si certo, ma il contenuto mi ha messo di cattivo umore, non mi piace vedere mia sorella spaventata» fece notare.

«Già, brutta storia, ne ho sentito parlare anche io» rispose lei.

«Tu…tu cosa? Dove l’hai saputo?»

«Santa Morgana Alex! ma tu non li leggi mai i giornali?!» domandò la ragazza, con aria di rimprovero «Ne parla da settimana anche la Gazzetta del Profeta. La maggior parte delle persone che si sono suicidate erano Maghi o Streghe. Guarda, anche oggi c’è stato un altro caso»

Così dicendo gli passò una copia del giornale che stava leggendo prima del suo arrivo.

L’articolo titolava:

 

Ennesimo omicidio/suicidio colpisce la comunità magica.

Padre di famiglia uccide la moglie e i due figli prima di darsi alle fiamme. Il ministero indaga sulle inspiegabili cause.

 

«Che strana coincidenza» disse Alex, che si era fatto pensieroso mentre continuava a leggere i trafiletti.

«Già, la cosa davvero strana di tutta la storia, sono i moventi» aggiunse Vall.

«In che senso scusa?» domandò lui, distratto.

«Nel senso che non ci sono!» esclamò «Da un mese a questa parte, c’è quasi un suicidio al giorno. Pensa che quello che quello che è morto oggi era addirittura un Auror, e ha ammazzato tutta la sua famiglia prima di togliersi la vita. In più, in tutti i casi le circostanza sono misteriose, nessun problema famigliare, nessuna malattia e nessuno degli amici e dei conoscenti delle vittime si sa spiegare il gesto»

«WoW, Vall hai mai pensato di diventare Auror? Sono sicuro che il piccolo James potrebbe mettere una buona parola per te con il padre» disse Alex, con fare allusivo.

«Dai non fare lo scemo, io stavo parlando sul serio!» ribatté lei

«Anche io Vall! Non hai notato come ti guarda quando è con noi!» insistette Alex

«Ma smettila, è solo un bambino!» rispose lei.

Le sue parole però, furono tradite da un lievissimo, quasi impercettibile rossore delle gote che sarebbe sfuggito a chiunque, ma non all’occhio esperto di Alex.

«Di la verità! Ti ho tanato mascherina! Fa piacere sapere di essere stata notata da una persona cosi famosa eh?!» disse lui, con un sorriso sornione dipinto in volto!

Valentine, scoppiò in una genuina risata compiaciuta. L’amico la conosceva davvero bene! Non era riuscita a nascondergli niente, neppure per un secondo. Era riuscito addirittura a indovinare il motivo per cui aveva reagito così al primo colpo, e lo aveva fatto con una naturalezza disarmante.

In effetti anche lei aveva sorpreso il piccolo James a osservarla, quando credeva che nessuno lo notasse. La cosa glie era sembrata prima un po’ strana, poi, ci aveva preso gusto. Insomma, anche lei era una ragazza e a volte le faceva piacere essere ammirate. Un pensiero innocente, nulla di più. Lei amava Matthew, e niente al mondo gli avrebbe fatto cambiane idea, nemmeno un Potter. Ne era più che certa.

«Senti, Senti, da che pulpito viene la predica» disse lei, ancora sorridendo, mentre si alzava dalla poltrona per raggiungere l’amico, iniziando a stuzzicarlo con una serie infinita di buffetti sulle spalle.

«Ahahaha, calmati Vall, dai ammettilo che ho ragione, e la chiudiamo qui» rispose Alex, cercando di difendersi dall’attacco dell’amica meglio che poteva.

«Anche fosse?!» replicò lei, sprezzante, mentre continuava a non dargli tregua.

«Ehehehe! Giuro che non dirò nulla a Matt!» scherzò lui «E poi se non la smetti… Sai che conosco il tuo punto debole!»

Così dicendo, avviluppò quasi completamente il torace di Vall, facendo aderire i polpastrelli delle dita con le costole iniziando a fargli solletico.

Valentine cacciò un urlò acutissimo e poi inizio a contorcersi, come una disperata.

«Crucio…Crucio…Crucio…» disse Alex fra una risata e l’altra, storpiando la sua voce per rendere la scena ancora più ridicola.

«Ti prego…Ale…Basta! ...Ti Prego…» continuava a ripetere Vall, fra una boccata d’aria e l’altra. «Mi arrendo, mi arrendo!»

Alex, che intanto si era alzato dalla poltrona, a quelle parole di resa smise di “torturare” l’amica ma si prese lo stesso una gomitata alla bocca dello stomaco, tirata nell’ultimo spasimo involontario della ragazza. Il colpo gli taglio il fiato per un istante, facendogli mancare l’equilibrio e ruzzolando a terra, si tirò dietro Vall. I due si ritrovarono stesi sul tappeto davanti al camino, una sopra l’altro.

«Oddio scusa, ti ho fatto male?» disse lei, cercando di riprendere fiato.

«Non preoccuparti, sopravvivrò! Questa però me la paghi! Ti eri arresa!» minacciò Alex.

«Ti giuro non ho fatto apposta!» cercò lei di giustificarsi.

Troppo tardi, Alex aveva già ricominciato a farle di nuovo il solletico.

«Ciao ragazzi! >>

I due si fermarono ansimanti e videro Matthew e Lucas, che li guardavano dall’alto in basso.

«Ale, ti dispiace se mi riprendo la ragazza?» disse Matt sorridendo, mentre tendeva una mano a Vall, che la afferrò subito.

«No, no, fai pure» >> Rispose lui «Tanto ha già avuto quello che si meritava» aggiunse, facendo l’occhiolino all’amica.

«Mio eroe!» esclamò lei platealmente, mentre veniva aiutata dal suo ragazzo a rialzarsi.

«Ehi! E a me nessuno aiuta a rialzarmi?» protestò, ancora steso sul tappeto a pancia in su, con le mani tese verso l’alto.

«Ti aiuto io, mio bel Mulberry Volante» lo sfotté Luchas, allungandogli la mano per aiutare a rialzarsi «Fantastico» rispose lui sarcastico «Pensa te di chi mi devo accontentare…»

 

Gli ultimi giorni di scuola passarono in un baleno e, soprattutto per Alex, furono densissimi degli Esami e delle prove pratiche di fine semestre che lo lasciarono letteralmente sfinito.

La banchina del della stazione di Hogsmeade dove Alexander e Valentine si trovavano era traboccante di studenti, tutti in attesa del treno che li avrebbe riportati a casa per le vacanze di Natale.

«Dove è Matt?» domandò Alex.

«Dovrebbe essere qui a momenti» rispose Vall «Quest’anno non prende il treno con noi. Maledetto il giorno che ha superato l’esame di smaterializzazione!»

«Dai Vall non essere crudele!» la canzonò lui.

«Ehy, eccovi qua, finalmente» disse Matt, facendosi strada fra la folla.

«Ciao, Matt! Allora, hai organizzato tutto?» rispose Alex.

«Si, si. Tutto pronto mi smaterializzerò da te la vigilia di capo d’anno e poi insieme, raggiungeremo Vall in Italia»

«WoW, smaterializzazione a due? Era questo il tuo piano? è roba abbastanza complicata da quello che ne so. Sei sicuro di esserne in grado?» punzecchiò Alex.

«Che c’è Berry? Non ti fidi? Hai paura?» rispose l’amico, in sfida.

«Era solo così, per dire…» liquidò Alex «Se mi spezzi, vedi di assicurarti che la parte di me che resta sia morta! Altrimenti me la pagherai cara!» aggiunse scherzando, poi rivolgendosi a Vall disse:

«I tuoi sono d’accordo vero?»

«Si, ci lasceranno usare lo chalet, ci saranno anche alcuni miei amici babbani» avvisò la ragazza «Solo…. Sarà un bel casino arrivarci, il posto è in alta montagna e i sentieri che portano là sono sepolti sotto due metri di neve. Ci sarà da scarpinare non poco e tu Matt non potrai usare la magia, o farai venire un infarto ai mie amici»

«Va beh Vall, non c’è problema, ne avevamo già parlato no?!» rispose Matthew sorridente.

«Che bello non vedo l’ora! Mi piacciono da morire le avventure! E questa ha tutta l’aria di esserlo» fece eco Alex.

Intanto la locomotiva era arrivata e stava rallentando sui binari. Matt, cercando di superare con la voce il frastuono metallico del treno disse:

«Bene, allora fate buon viaggio, ci rivedremo più o meno fra una settimana»

Poi Abbraccio Alex dandogli due sonore pacche sulla schiena che l’amico ricambiò e disse:

«Mi raccomando; saluta tanto i tuoi, anche tua sorella!»

«Ehi tu! Levati dalla testa mia sorella, è solo una bambina!» rispose scherzando Alex «Comunque non preoccuparti, saluterò tutti! Tu fa lo stesso con i tuoi»

Matt, passo poi ad abbracciare Valentine e sussurrandogli qualcosa all’orecchio, gli passò in mano un piccolo pacchetto Rosso, chiuso da un grande fiocco verde. I due si guardarono un per qualche secondo negli occhi e Matt disse ancora qualcosa ma il fischio acuto dei freni delle carrozze, compri qualsiasi altro suono.

Poco più tardi, quando Alex e Vall si furono accomodati in uno scompartimento vuoto, lui chiese:

«Che ti ha regalato Matt?»

«Credo che non siano affari tuoi» lo liquidò lei.

Allora Alex, divertito, si puntò indici e medi di entrambe le mani alle tempie e corrucciando l’espressione la fissò intensamente, simulando un gran sforzo.

«Scommetto che… quella scatola… contiene… un completo di lingerie rosso fuoco!» disse con tono solenne, facendo una pausa dopo ogni frase per enfatizzare la scena, come aveva visto fare a un personaggio di un film Babbano che aveva visto a casa dei suoi.

Vall scoppiò a ridere di gusto.

«Sul serio Ale, la devi smettere!»

«Giuro che il prossimo anno frequenterò il corso di Occlumanzia!»

«Non è possibile che tu riesca ogni volta a leggermi nel pensiero!»

«Ahhahaha, Piccola Vall, non c’è bisogno di un mago oscuro per leggerti nel pensiero. Ce l’avevi praticamente scritto in volto poco fa, quando eri sui binari»

Rispose lui, mentre il paesaggio innevato delle campagne scozzesi scorreva rapido del finestrino dello scompartimento.

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Capitolo 6
*** Fuori dalla mappa, Parte prima ***


Finalmente ecco il nuovo capitolo! Anzi i nuovi capitoli! Dato che superavo le 7000 parole, ho ritenuto saggio “spezzare” questa parte in due tranches.

Potrei raccontarvi un sacco di cose su quanto adori questo capitolo ma, mi limiterò a dirvi che ho inserito una citazione famosissima della letteratura Fantasy, appena ne ho intravisto la possibilità non ho esitato a coglierla, quindi che dire… 5 punti in paglio per chi la trova Eheheheh… Per ultimo, ma non meno importante voglio dedicare i personaggi di Harry ed Hermione a Danny Fan, un autrice straordinaria le cui opere sono state i principali motori che mi hanno spinto a scrivere la mia.

Non c’è altro da aggiungere se non Buona Lettura.

Saluti

Alessandro.  

 

Capitolo Sei:

“Fuori dalla mappa”

Parte prima

 

Era l’ultimo giorno di vacanza, Alex aveva deciso di goderselo in famiglia a casa sua, nel Est Hampshire. I suoi genitori vivevano in un tipico Cottage alla periferia di Petersfield una piccola cittadina di poco più di diecimila anime, circondata su tutti i lati da campi coltivati che lasciano presto il posto all’immensa foresta del Queen Elisabeth Park.

Fin da piccolo Alex aveva imparato a apprezzare quel posto, suo padre, ce lo portava spesso insegnandogli a riconoscere le piante, i funghi e gli animali.

<< Guarda Ale… >> Gli disse una volta, mentre si trovavano nel cuore di un faggeto << Non trovi anche tu che in questo posto ci sia… qualcosa di magico? Questa terra, e questo bosco, sono Vecchi… Erano qui quando è nato mio padre e suo padre prima di lui, erano qui quando sei nato tu… >>

<< Capisci cosa intendo? >> Continuò, fissando il figlioletto negli occhi.

<< No Papi, non capisco… non vedo niente qui… >> rispose lui scuotendo il capo.

<< Non devi vedere… ascolta… chiudi gli occhi e ascolta >>

Alex ubbidì, chiuse gli occhi e si mise ad ascoltare ma riusciva a sentire solo il cinguettio di qualche uccellino e il vento che muoveva le fronde degli alberi e spazzava le foglie secche a terra.

<< Papà, io non sento niente… >> disse timidamente.

<< Shhh…concentrati >> rispose il padre.

Alex riprovò, ma continuava a non sentire nulla di strano. Stava per arrendersi quando, quasi per magia, in quell’indistinto marasma di suoni e rumori intravide un qualche tipo di connessione e, tutto d’un tratto, il bosco parve prendere vita propria. Gli alberi sembravano parlarsi, scambiandosi pensieri attraverso la brezza che ne faceva vibrare le cime mentre e la terra rispondeva col secco strosciare delle foglie morte, anche gli uccelli partecipavano con i loro canti.

<< Lo sento! Adesso lo sento! >> Esclamò Alex pieno di gioia.

- Chissà perché mi torna sempre in mente quell’episodio tutte le volte che devo partire

Pensò, staccandosi dalla finestra di camera sua da dove vedeva il grande faggeto dove suo padre lo portava spesso da piccolo.

Era tutto pronto, il baule era fatto e Emid se ne stava tranquilla nella sua gabbia d’ottone riposando con la testa sotto un ala.

<< Ehy piccola… >> disse Alex, picchiettando un dito contro le sbarre della gabbia cercando di svegliare l’animale nella maniera più dolce possibile. << E’ ora di andare, sai ce non posso portarti con me, la mamma morirebbe di crepacuore >> Aggiunse mentre apriva la finestra di camera sua.

Emid uscì dalla sua voliera sbattendo un po’ le ali, infastidita dal brusco risveglio, poi si posò sul davanzale dalla finestra.

<< Ci vediamo a Hogwarts, mi raccomando fai buon viaggio! >> la salutò lui, vedendola spiccare il volo nella gelida aria di inizio Gennaio.

Accompagnato in macchina dai suoi genitori, in poco più di un’ora e mezzo si ritrovò alla stazione di king’s Cross.

<< Hai preso tutto? >> Domandò Elienn la madre di Alex, una bella signora bionda sulla quarantina.

<< Si mamma, tranquilla… >> Rispose lui distratto, mentre con lo sguardo cercava Vall nella ressa della stazione affollata. << Ehy !! Vall! Quaggiù! >>

Valentine lo vide e si fece largo tra la folla spingendo un carrello stracolmo di valige e bauli.

<< Caio Ale! >> Disse, abbracciandolo. << Come hai passato il resto delle vacanze? >>

<< Moto bene, sono stato a casa con i mie e con questa piccola peste. >> Rispose lui, mettendo una mano nei ricci biondo cenere della sorellina.

<< I capelli no! >> si lamentò la piccola.

<< Dai, lasciala stare poverina! >> la difese Vall. << Allora Ellen! Sei pronta? A Settembre verrai anche te con noi! >>

Il volto della bimba si illuminò di colpo.

<< Non vedo L’ora! >> Disse raggiante.

<< E’ proprio vero, a casa è un continuo, non fa che parlare d’altro. >> Ribadì Elienn

<< Immagino, io sarei morta dall’impazienza se non l’avessi saputo praticamente all’indomani della partenza! >> Concluse Vall.

Dopo alti brevi convenevoli, i due amici furono pronti ad attraversare il varco per il binario 93/4. Vall era appena scomparsa nella solida parete di mattoni a vista mentre Alex, prima di seguirla, si voltò un attimo per salutare i suoi poi rivolgendosi alla sorella disse: << Ti prometto che ad Agosto, appena riceverai la lettera di ammissione, ti porto subito a Diagon Alley a comprare la Bacchetta dal Signor Olivander! Sai dicono che lui faccia le bacchette più belle del mondo! La mia l’ho presa lì! >> Dopo di che, anche lui prese una breve rincorsa e sparì nel muro.

 

Arrivarono a Hogwarts che era già buio pesto. Matt li raggiunse alla stazione di Hogsmede per aiutarli con i bagagli e, dopo cena i tre si fermarono a chiacchierare un po’ nella sala comune godendosi una bella tazza calda di ciocco-menta.

<< Avete sentito? >> Disse Matt. << Il Ministro della Magia ha incaricato Harry Potter per indagare sui casi dei suicidi. Deve trattarsi di qualcosa di serio, Potter è a capo dell’intera divisione Auror. >>

<< Visto! Che ti dicevo io! >> Aggiunse Vall, rivolgendosi a Alex.

<< Non ho mai messo in dubbio le tue intuizioni Vall >> Rispose lui << E’ che proprio non riesco a capire come questi suicidi siano collegati fra loro, non possono essere tutti sotto Imperius. La magia Oscura lascia sempre tracce, è tipo L’ABC che ti insegnano a difesa, non sei stata attenta a lezione? >>

<< Certo che sono stata attenta, voglio solo dire che se hanno sguinzagliato praticamente tutta la divisione Auror su questo caso magari, è qualcosa di un po’ più complicato di una maledizione imperius, non credi? >> Puntualizzò lei.

<< Potremmo chiedere a James, magari i sui gli hanno detto qualcosa di più >> Propose Alex. << Però non l’ho ancora visto da quando siamo arrivati >>

<< In effetti a cena ho visto i suoi amici ma lui non c’era… e in stazione, a Londra, nemmeno li l’ho visto. Di solito c’è sempre un gran chiasso intorno a lui e ai sui genitori quando arrivano >> Disse Vall, che si era fatta pensierosa.

<< Da quando in qua ti preoccupi per quel ragazzino? >> Fece eco Matt, con tono glaciale.

<< Da quando in qua lo chiami: quel ragazzino? >> Rispose lei, adeguandosi all’intonazione del ragazzo. << Non eri tu quello che: Uhhh Potter di qui…Uhhh Potter di la? Mi sono solo accorta di non averlo visto tornare a scuola tutto qui, è un problema? >>

<< No, non è un problema...è solo che…che…Ah, lascia perdere >> Disse lui alzandosi, dirigendosi verso la scala per i dormitori.

<< Incredibile… >> Sbuffò lei.

<< Va bene, ho capito... >> Disse Alex guardando l’amico allontanarsi. << Ci penso io, non preoccuparti. >> Aggiunse, posando una mano sulla spalla dell’amica prima di alzarsi per inseguire Matt.

Quando lo raggiunse, Matthew era sdraiato sul suo baldacchino pancia in su e mani dietro la testa, impegnato a fissare il vuoto.

<< Ehmm… >> Esordì Alex. << ma che ti è preso poco fa? >>

Matt si girò verso di lui incenerendolo con lo sguardo. << Risparmiati Alex, so benissimo che sei dalla sua parte >>

<< Bhè Matt, non è che tu mi lasci molta scelta… >> rispose << Sei davvero geloso di Potter? >>

<< NO ! >> Fece una pausa… << Forse si…un po’. E’ che…non so… è il figlio di Harry Potter e… >>

<< E…cosa? >> Lo interruppe Alex. << Te lo abbiamo già detto mille volte, a noi nati babbani non fa il minimo effetto quel nome. E poi ti prego Matt… può essere famoso quanto vuoi ma James ha solo undici anni! Non credo che a Vall possa interessare… >>

Matthew arrossì dalla vergogna rendendosi conto di quanto stupido fosse stato. 

<< Senti, lo so che io sono l’ultimo degli ultimi dal quale prendere consigli su queste questioni ma, Vall ti ama, ne sono più che sicuro… >> continuò Alex. << E poi tu non hai nulla da invidiargli, sei il miglior Pozionista della scuola e sei anche decente a Quidditch >> Provò a buttarla sul ridere.

Funzionò, Matt si rilassò un po’.

<< Ma piantala, lo sa tutta la scuola che sono io il miglior giocatore… >> Disse.

<< Signor Rive! Lo sa benissimo che non mi piace far pesare i gradi, le devo rammentare chi è il suo capitano? >> Replicò Alex, con fare autoritario.

<< Mi scusi signor Mulberry Volante ! non accadrà mai più! >> Disse Matt, cercando di stare serio.

<< Dai, io vado a letto, domani sarà una giornata lunghissima, ci daranno i risultati delle prove e devo iniziare a programmare anche i prossimi allenamenti >> Aggiunse Alex.

<< Giornata piena eh? Buona notte allora...e…grazie… >> Rispose l’amico.

Il giorno dopo come previsto, fu un inferno. Alex era andato bene in Incantesimi e Erbologia dove aveva preso un bell’Oltre ogni aspettativa. In Astrologia, materia che adorava, si era guadagnato un Eccezionale cosi come in Difesa contro le arti oscure dove nella prova pratica sugli incantesimi difensivi era risultato inaspettatamente, primo della classe mentre, in Pozioni, Storia della magia e Trasfigurazioni era riuscito appena a sfangare un Accettabile. Tutto sommato gli esami non erano andati male e restava ancora metà anno per alzare un po’ le medie, il che non era male, se sperava di trovare un bel lavoro dopo la scuola.

Finite le lezioni Alex, si recò in sala comune e su una bacheca appese la convocazione per i prossimo allenamento della squadra di Quidditch, fissata per il Sabato di quella settimana.

- E anche questa è fatta! – Pensò mentre appendeva l’avviso. – Per oggi abbiamo finito

In quel momento, passarono di lì alcuni studenti del primo anno, Alex li riconobbe, erano amici di James.

<< Ehy voi… >> Disse rivolto ai ragazzini << Siete amici di Potter vero? L’avete visto da qualche parte? lo cerco da ieri, devo parlargli di…alcune cose per la squadra >> Mentì.

<< Si, siamo sui amici, ma anche noi non lo vediamo da prima delle vacanze, sul treno non c’era e nessuno sa che fine abbia fatto >> Disse il ragazzo più alto del gruppo, Alex non aveva idea di come si chiamasse.

<< Bhè se lo vedete, ditegli che devo parlargli, mi fareste un gran favore >> I ragazzi fecero un cenno col capo, e poi se ne andarono via.

L’indomani Alex e Vall erano a lezione di Pozioni quando nel bel mezzo della preparazione di una pozione di crescita accelerata, il piccolo James entrò in aula. Subito gli occhi di tutta la classe furono puntati verso di lui che camminava a testa bassa rosso come un peperone, stringendo in mano un piccolo rotolo di pergamena laccato. Appena lo vide, il Professor Malfoy si ammutolì all’istante, inarcando appena il biondissimo sopracciglio destro, mentre sul suo viso comparve un lieve ghigno che fu subito sostituito dalla sua usuale espressione neutra.

<< Bene, bene, bene… >> Disse, con quel suo tono mellifluo da far accapponare la pelle. << Cosa abbiamo qui? Il figlio del leggendario Harry Potter ci degna della sua presenza, a cosa dobbiamo questo onore? >>

James si avvicinò alla cattedra e farfugliò qualcosa che Alex, dal suo banco in terza fila, non riuscì a comprendere.

<< Potter! Che ti succede? Tutto d’un tratto hai perso la voce? >> Lo schernì il professore. << Fai sentire anche ai tuoi colleghi il perché ti sei permesso di interrompere la mia lezione >>

Il ragazzino, si irrigidì e strinse forte i pugni.

<< Sono venuto a scusarmi con lei per aver saltato la sua lezione di ieri, sono desolato… >> Disse, con la voce spezzata porgendogli la pergamena che aveva in mano.

Malfoy quasi glie la strappò di mano e rompendo il sigillo lesse velocemente, con in volto una faccia a metà fra lo sdegno e lo schifato.

<< Oh… davvero toccante… >> Disse, gettando la lettera sgualcita sulla tavolo << Queste ridicole scuse abbindoleranno anche gli altri professori ma non me. Un mese di punizione per l’assenza ingiustificata e cinquanta punti in meno a Grifondoro per l’insolenza e la sfacciataggine che ha dimostrato interrompendo la mia lezione, signor Potter… >>

Un intenso mormorio di sgomento si levò dai banchi. - Che bastardata… - Pensò Alex, che motivo aveva Il professor Malfoy di infierire così sul povero James? Non era mai stato gentile con nessuno e anzi, non risparmiava insulti e rimproveri durante le sue lezioni, soprattutto con i Grifondoro, ma questa volta era diverso, c’era qualcosa nella sua voce e nel ghigno soddisfatto che aveva in volto che faceva intendere che ci fosse qualcosa di personale dietro.

<< SILENZIO! O gli farete compagnia anche voi tutti i sabati del mese! >> Tuonò il professore, da dietro la cattedra. << Cosa credi Potter? Solo perché mammina è un pezzo grosso, pensi di poter fare quello che vuoi? O magari pensi che ti sia tutto dovuto perché sei il figlio del prescelto? Colui il quale ha sconfitto il Signore Oscuro? ...Eh Potter? …E’ questo che pensi? >>

- Questo è troppo! – Pensò Alex.

Non gli erano mai piaciuti i prepotenti e se nessuno aveva il coraggio di interrompere quello stillicidio di insulti lo avrebbe fatto lui ma, mentre stava per alzarsi, qualcuno lo anticipò.

<< LA SMETTA! >> Urlò Vall che era scatta in piedi come una molla.

<< Che bisogno c’era di insultare i suoi genitori? >> Aggiunse lui, seguendo l’amica una frazione di secondo dopo per darle manforte.

La tensione nell’aula era palpabile, la maggior parte dei presenti li stava fissando a bocca aperta. Anche il Professor Malfoy aveva gli occhi puntati verso loro due.

Stava per sbraitargli contro, Alex se lo sentiva... –Complimenti, sei veramente uno specialista nel prendere decisioni sbagliate, guarda qua che bel casino che hai combinato! – Disse una vocina nel suo cervello.

Malfoy, tornò a guardare il ragazzino e con una voce stranamente tranquilla e pacata disse:

<< A quanto pare, il nome della tua famiglia continua a trovare ridicoli sostenitori anche oggi >>

<< La lezione è finita, potete andare… >> aggiunse, rivolgendosi alla classe. << Voi no! >> E indicò Alex e Valentine.

I due si spostarono per raggiungere James che stava singhiozzando. Quando gli furono vicini Vall gli pose una braccio sulla spalla frapponendosi fra lui e il professore mentre Alex, si mise alla destra dell’amica appena un passò più avanti in modo da coprirne vagamente la sagoma con la sua figura.

Draco, seduto nel suo scanno, parve accorgersi dell’insolita disposizione e si lasciò scappare un sibilo di scherno.

<< Tutti uguali eh?! Voi Grifondoro… Sempre pronti a difendersi un con l’altro. Patetico…quando imparerete? >>

<< Che vi serva da lezione! Condividerete la punizione del signor Potter, tutti i sabati del prossimo mese vi ritroverete qui a risistemare il magazzino degli ingredienti e a scrostare i calderoni >>

<< Ma signore, e gli allenamenti? E la prossima partita? >> Protestò Alex.

<< Non sono problemi miei signor Mulberry, le azioni stupide hanno conseguenze, lei dovrebbe saperlo bene. >> Sibilò in risposta il professore.

- Già che idiota che sei, cosa credi che glene importi dei tuoi stupidi allenamenti. La prossima partita poi è contro i Serpeverde… Bel favore che gli hai fatto! ­–

<< La vostra punizione inizia ora. Quando torno, fra due ore, voglio vedere tutte queste pozioni mantecate a puntino >> Continuò Malfoy, indicando i calderoni che ribollivano su ogni banco.

<< Appena avete finito, mandate a chiamare quel Mentecatto del guardia foresta, lui saprà cosa farsene >> Così dicendone se ne usci dall’aula, lasciando i tre ragazzi da soli.

<< Dai su calmati James >> Disse Vall, asciugando una lacrima dal volto del ragazzo con un lembo della sua divisa.

Alex restò sbalordito dal comportamento dell’amica. L’aveva vista solo una altra volta comportarsi così, molto tempo fa, e le lacrima che asciugava allora erano le sue.

Il piccolo Potter parve calmarsi subito, c’era davvero qualcosa di speciale nelle cure di Vall, intanto in Alex stava montando una gran collera…

<< Viscido-Bastardo-Schifoso >> Sbuffò a un cero punto, dando un calcio alla sedia di un banco della prima fila.

<< Siamo, rovinati, rovinati ti dico… I serpeverde ci faranno un fondo grande come una capanna… >> Aggiunse, parlando al vuoto

James a quelle parole corrucciò di nuovo il volto e con un sibilo di voce disse: << Mi…Spiace. Io non… volevo, che succedesse questo. >>

Alex, che intanto aveva preso a camminare avanti indietro, si fermò e squadrò per un secondo il ragazzo.

- Che Idiota che sono!

<< Dai James… >> disse, avvicinandosi e posandogli le mani sulle spalle << non ce l’ho di certo con te, è quel figlio di un troll di Malfoy che è stato veramente un verme… Però… >> Aggiunse, puntandogli l’indice della mano destra a un palmo dal naso << Sappi che non mi sono messo in mezzo perché di cognome fai Potter, sia ben chiaro! >>

<< Alex, non essere duro con lui! >> Rimproverò Vall. << Mi sono messo in mezzo perché siamo amici, e gli amici si parano la schiena a vicenda! >> Concluse lui, facendo schioccare l’indice sulla fronte del ragazzino.

- WoW! Bella questa, mi ricorderò di suggerirla alla Professoressa Wesley per il discorso iniziale ai GrifondoroSi complimentò, pur pensava davvero quello che gli aveva detto.

<< Grazie ragazzi, siete davvero… mitici >> Disse James con gli occhi di nuovo gonfi. I due amici lo guardarono per una attimo poi scoppiarono in una risata che contagiò anche lui.

Vall quella che si ricompose prima di tutti e sospirando disse:

<< Per tutti i santi… siamo solo in tre e dobbiamo mantecare tutte queste pozioni… >>

<< E non solo, non so la tua, ma io la mia devo ancora finirla… non stavo prestando molta attenzione alla lezione… >> Ammise Alex colpevole.

<< E che diamine stavi facendo? Si piò sapere? Non dirmi che stavi pensando Ancora a Sam… >> Chiese Vall, sconcertata.

<< Sam?! Intendete la Robinson? >> Si intromise James << Sapete che si è mollata con il ragazzo? >> Aggiunse gioviale.

<< Si. Lo sappiamo. Grazie James >> Disse Alex girando appena la testa, guardandolo di sottecchi.

<< Che c’è? Che ho detto stavolta? >> Domandò il ragazzino.

<< Ahhaha, niente James, è solo che l’argomento Rubinson è un po’ Tabù ultimamente. Vero Berry? >> Spiegò Val, non trattenendo le risate.

<< AH…AH…AH… >> si limitò a rispondere sarcasticamente lui. << Piuttosto, come la sbrighiamo con le pozioni? >> continuò.

<< Lascia fare a me, ho avuto un idea. >> rispose sicura Vall.

La ragazza corse al suo banco e strappò un piccolo angolo da una pergamena sul quale scribacchio qualcosa velocemente, poi soddisfatta estrasse la bacchetta dalla manica e agitandola aggraziatamente verso il bigliettino disse: << Fit, Tinea >>

Il foglietto vibrò per un istante come se fosse stato attraversato da una carica elettrica e dopo qualche secondo finì per assumere le sembianze di una piccola falena sotto gli occhi sbalorditi di James e Alex, che non era mai riuscito a trasfigurare nulla di più piccolo di un furetto.

Vall, guardò i due ragazzi con aria divertita mentre teneva il piccolo insetto nel palmo della mano.

<< Quaerere, Matthew >> Aggiunse, toccando appena con la punta della bacchetta le delicate antenne della falena che si alzò dalla sua mano svolazzando fuori dalla porta dell’aula.

<< Bene, la cavalleria arriverà a breve >> Disse compiaciuta e dopo circa un quarto d’ora infatti, Matt li raggiunse.

 

CONTINUA…

Posterò il seguito non appena avrò finito di correggerlo, non più tardi di stasera, scusatemi tantissimo e che stò preparando 3 esami per giugno e sono un po’ tirato con i tempi. Intanto fatemi sapere cosa ne pensate di questo!

Stay Tune.

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Capitolo 7
*** Fuori dalla mappa, Parte seconda ***


Capitolo Sette:

“Fuori dalla mappa”

Parte seconda

 

<< Ciao ragazzi, ho ricevuto il tuo messaggio Vall, che è successo? >> Disse Matt entrando in aula.

<< E’ successo un casino Matt, quel gran bastardo di Malfoy ci ha messo in punizione per tutto il mese >> Rispose Alex.

<< COSA ?! >> Esclamò Matthew. << Che altro hai combinato stavolta? >>

<< In verità… >> Cercò di dire Vall, ma Alex completò la frase per lei <<…E’ colpa mia Matt, mi spiace… >> Disse, strizzando l’occhiolino alla ragazza senza farsi notare. << Potter si è presentato qui per parlare con Malfoy e quando quello ha iniziato ad insultarlo, non ci ho più visto e gli ho urlato contro di piantarla, poi Vall ha preso e mie difese e, risultato, cinquanta punti in meno e punizione per un mese… >>

C’era ancora molta tensione fra Vall e Mattew per la storia di Potter e, anche se i due si erano chiariti nel frattempo, non gli sembrava una buona idea dire che era stata lei a prendere le difese di James per prima. Fortunatamente l’amica parve capire le sue intenzioni e per il momento non lo contraddisse.

<< Bhè complimenti Alex, se volevi affossarci bastava dirlo e ci inventavamo un modo più creativo per farlo… >> Infierì Matt. << Lasciando stare i cinquanta punti… come farete voi due con il Quidditch? >>

<< Non ne ho idea Matt, ci alleneremo un altro giorno o… non so… mi inventerò qualcosa! Promesso! >> Rispose Alex.

<< Oh grandioso… meno male… >> Continuò sarcastico l’amico << E dimmi, mi avete chiamato qui in tutta fretta solo per darmi queste belle notizie, o volevi coinvolgere anche me nel tuo prossimo piano per sputtanare la Casata? >>

Matthew era visibilmente alterato e Alex non riusciva davvero ad afferrarne il motivo.

<< In realtà, speravamo che tu ci potessi dare una mano con queste pozioni… Fa parte della nostra punizione, abbiamo poco tempo per finirle e abbiamo pensato a te… >> disse Alex.

<< Ah, certo… come no! >> prosegui Matt. << Sei davvero incredibile… Francamente Alex, inizio ad essere un po’ stufo di mettere pezze alle tue cazzate! Tu agisci sempre da incosciente fregandotene delle conseguenze, e fin lì mi andrebbe anche bene, ma la cosa peggiore, quella che mi fa veramente incazzare è che nelle tue idiozie trascini sempre anche gli altri >> aggiunse, guardando prima Vall e poi Potter.

Alex era pietrificato e non riuscì a controbattere, se ne stava semplicemente lì davanti all’amico a bocca aperta. Di tutto si sarebbe aspettato da lui, tranne quella reazione. Pensava davvero quello che aveva appena detto?

<< Matthew Rive, STUPIDO PEZZO DI IDIOTA! >> Urlò Vall, colpendo il suo ragazzo con una sonora sberla in pieno viso.

Nella stanza calò un innaturale silenzio, spezzato solo dal pigro ribollire delle pozioni ancora sui fornelletti. Vall respirava affannata, con una faccia dolorante e gli occhi gonfi mentre con la mano sinistra si massaggiava il palmo dell’altra. Alex e James erano storditi, ancora non si erano resi conto di quello che era appena successo e fissavano entrambi Matt, che non si mosse di un millimetro ne proferì parola. Solo dopo qualche attimo, che ai presenti sembrò durare un eternità, il ragazzo alzò la mano sinistra posandosela sulla guancia dove era ben visibile il segno delle dita di Vall.

<< Come ti permetti di rinfacciare queste stronzate a un amico? Soprattutto se non sai niente! La verità è che sono stata io, io ho preso le difese di Potter per prima e Alex è intervenuto dopo per aiutarmi… >> Sibilò Valentine, non riuscendo a trattenersi un secondo oltre.

<< Ah, e per la cronaca… Il tuo amico…>> Aggiunse, indicando Alex << Quello che; “Si comporta sempre da incosciente, fregandosene di tutto e di tutti”, per non quale motivo, si stava assumendo tutta la colpa solo per non farti impensierire… Anzi… sai una cosa? In verità lo so benissimo il motivo, solo che mi sembra troppo stupido per ripetertelo! >>

Mattew non mosse un musco per tutto il tempo della sfuriata; solo quando la ragazza ebbe finito di parlare, con voce atona disse:

<< Capisco… se volete scusarmi… >> E così dicendo uscì dall’aula, senza aggiungere nient’altro.

Appena ebbe varcato la porta, Vall spezzò il silenzio che ancora regnava:

<< Abbiamo un lavoro da fare >> Disse in un soffio, trattenendo a stento le lacrime che già gli rigavano un lato della faccia.

Non era quello il momento per consolarla, in qualche modo Alex lo “sentiva” quindi prese il piccolo Potter, e iniziò a spiegargli come fare per finire di preparare le pozioni. Era un compito basilare, che anche un primino era del tutto in grado di eseguire, si trattava semplicemente di rigirare due volte in senso antiorario e una volta e mezza in senso orario il contenuto di ogni calderone perciò, non si diede molta pena a lasciarlo solo mentre lui si occupava di completare la preparazione della sua pozione, per poi passare ad altre tre o quattro rimaste incompiute.

Lavorarono in silenzio per circa una ora, ormai il grosso degli intrugli era bello che pronto e, Alex e James li stavano già travasando tutti in un unico calderone più grande, “formato Hagrid”, così l’aveva definito il piccolo Potter. Ne restava solo una da finire e se ne stava occupando Vall che non aveva più aperto bocca da quando si erano messi all’opera.

<< AHHH!!! >> Urlò lei, attirando l’attenzione dei due ragazzi.

<< Che c’è Vall? >> << Che succede? >> Dissero loro, dirigendosi verso la ragazza.

La pozione sulla quale stava lavorando aveva cominciato ad ebollire, lanciando schizzi incandescenti da tutte le parti.

<< Vall che hai fatto? >> Chiese Alex allarmato.

<< Non lo so! ero sovrappensiero… credo di aver aggiunto il sangue di drago due volte… oddio, che stupida! Non mi sono accorta… >> Rispose lei nel panico.

La situazione stava degenerando rapidamente. Dal calderone saliva un denso fumo giallastro che puzzava terribilmente di uovo marcio e faceva lacrimare gli occhi, in oltre, le bolle sulla superfice erano sempre più grosse e producevano schizzi sempre più grandi che andavano a imbrattare il pavimento e il banco o, nella peggiore delle ipotesi, finivano su di loro scottandogli la pelle attraverso i vestiti.

<< Fate qualcosa! >> Gridò James.

Alex agì d’istinto, tirandosi i lembi della tunica sulle mani per proteggersi provò a spegnere il fuocherello che ancora bruciava sotto il calderone.

- Speriamo che questo basti – Pensò, dopo aver chiuso la valvola che alimentava il fornelletto.

<< Non funzionerà!! >> Avvertì Vall. << Il sangue di drago sta auto-alimentando la reazione, FINIRA’ PER ESPLODERE! >> Aggiunse disperata.

- No…no…no… FAI QUALCOSA IDIOTA O STAVOLTA MALFOY VORRA’ LE VOSTRE TESTE

<< Intra Proteguo >> Urlò, estraendo la bacchetta in un batter d’occhio.

Intorno al calderone l’aria parve vibrare, incandescente per poi formare una perfetta sfera intorno al recipiente trattenendo all’interno qualsiasi cosa. La barriera era del tutto invisibile una volta che fu formata, ci si accorgeva della sua presenza solo perché quando qualcosa la toccava, l’aria in quel punto si illuminava leggermente d’azzurro e la forza dell’impatto si disperdeva in piccole onde simmetriche, come quelle prodotte da sassolini lanciati in uno stagno, che si espandevano su tutta la superfice della bolla.

<< Wow!! >> Esclamò James, estasiato.

<< Sbrigati James, sai fare un incantesimo di levitazione vero? >> Gli domandò Alex.

<< Ehm… si certo >> rispose lui, estraendo la sua bacchetta. << Ma che hai in mente di fare? >>

<< Lo scudo non tratterrà la forza dell’esplosione, dobbiamo sbrigarci! Ho un idea, fai levitare il calderone intanto, e seguimi! >> Ordinò Alex << Anche tu, Vall, non vorrai farti trovare qui quando Malfoy tornerà vero? >>

<< No… Certo che no, ma Ale, ci vedranno tutti passare per il castello? Come faremo? E’ vietato usare la magia per i corridoi e poi dove vuoi andare? Quella cosa sta per esplodere! >> Rispose lei sobbissandolo di mille domande.

<< VALL ! non è il momento ! >> Gli urlò, scuotendola per le spalle. << Ti fidi di me? >> Gli chiese a bruciapelo.

<< Si certo che mi fido ma… >> Replicò lei… << Bene! Allora seguimi e non fare domande >> La interruppe.

Alex si tolse la mantella della sua divisa e la getto sulla Barriera magica cercando di coprirla alla bella e meglio poi, mandò Vall a controllare che nessuno passasse per i corridoi.

Fortunatamente l’aula di pozioni si trovava nei sotterranei del castello e non c’era mai un gran via vai di gente da quelle parti, eccezion fatta per qualche serpeverde che entrava o usciva dalla sua sala comune, e Alex doveva essere uno dei pochissimi Grifondoro al mondo a conoscere meglio del palmo della sua mano quel dedalo di gallerie e cunicoli, la maggior parte dei quali, finivano con dei vicoli cechi; o almeno cosi sarebbe parso a chi non sapeva dove guardare.

- L’ho sempre detto che frequentare una serpeverde avrebbe dato i suoi frutti prima o poi – Pensò ironico.

<< Alex! da qui non si va da nessuna parte! >> Disse Vall disperata, quando i tre si trovarono in un vicoletto che terminava davanti ad un solido muro di mattoni.

<< Ragazza di poca fede… >> Disse lui sbuffando << Ti ho detto che ti devi fidare no!? Guarda là! >> Aggiunse, indicando una piccola rosa scolpita in un mattone.

<< Quel simbolo indica i passaggi segreti in tutto il castello, ci ho messo un po’ a capirlo, ma poi è stato facile trovarli >> Disse mentre premeva alcuni mattoni, apparentemente a caso.

<< In molti passaggi c’è una sequenza, una combinazione… te ne accorgi perché i mattoni o le pietre hanno tutti delle imperfezioni o dei segni, ci ho messo una vita a scoprire la sequenza giusta per aprire questo… >> Continuò a spiegare << Ma del resto, quando sei determinato non ti arrendi tanto facilmente dico bene? >>

<< Usavi questi passaggi quando venivi qui a trovare Cassandra, vero? >> Chiese Vall Titubante, senza ottenere risposta.

Quando Alex ebbe finito di inserire la combinazione i mattoni della parete ruotarono su loro stessi facendo comparire uno stretto passaggio che portava a una scalinata.

<< Seguitemi, dobbiamo sbrigarci. >> Disse perentorio.

Erano più di due anni che non passava per quelle anguste scorciatoie, altre invece, le aveva adoperate da poco tempo e, in men che non si dica, i tre ragazzi sbucarono nel corridoi degli arazzi al settimo piano.

<< Alex, sei sicuro che funzionerà? >> Domandò James dubbioso, avendo intuito le intenzioni del ragazzo.

<< Deve funzionare >> rispose lui sicuro. << Ecco ci siamo >> Aggiunse, fermandosi davanti a una spoglia parete di pietra.

Ci passò davanti tre volte e poi con fare autoritario disse: << Ci serve un posto per nascondere una cosa! >>

<< Santo celo è una follia! >> Mormorò Vall.

In quel momento, da una crepa del battiscopa di pietra si materializzò una rozza porta di legno, che aveva tutta l’aria di essere l’entrata di un ripostiglio.

Valentine era esterrefatta, non credeva ai suoi occhi mentre il piccolo James era al settimo celo.

<< Ce l’hai fatta!! L’hai aperta di nuovo! Sapevo che esisteva ancora !! >> Gridacchio.

<< James! Per l’amor del celo, stai zitto! >> Lo fulminò Alex. << Presto sbrigatevi ad entrare! >> Aggiunse mentre apriva la porta, controllando che nessuno li avesse notati.

 

Una volta dentro ragazzi si ritrovarono in un ambiente completamente chiuso, senza finestre, poco più piccolo della loro sala comune e illuminato appena da alcune torce alle pareti. Il chaos lì dentro la faceva da padrone, il pavimento era cosparso di libri e fogli di carta, per la maggior parte bruciacchiati, lungo le pareti erano accatastati oggetti di ogni tipo, manici di scopa rotti, gabbie vuote, bauli e quant’altro. Al centro della stanza sorgeva un gigantesco cumulo di oggetti che lambiva quasi il soffitto. Qualsiasi cosa in quella stanza portava gli evidenti segni di un incendio, alcuni mobili erano parzialmente bruciati, altri ricoperti di uno spesso strato di fuliggine, altri ancora, erano stati talmente erosi dal fuoco, che non si riusciva più a capire cosa fossero stati in origine.

<< Visto! mio Padre L’aveva detto che c’era stato un incendio qua dentro… però strano, mi ero immaginato questo posto molto più grande! Papà disse di essere fuggito da qui volando su una scopa… >> Disse Potter felice come non mai.

<< Non ora James! >> Imprecò Alex, togliendo il mantello dal calderone per controllare la situazione. << Merda, non ci resta molto tempo! >>

La barriera non aveva più la forma di una solida sfera, i suoi contorni ora erano irregolari e in continuo mutamento, in un susseguirsi di espansioni e contrazioni, aveva in oltre assunto un brillante colore azzurrognolo segno che era al limite della sopportazione.

<< Là! Presto! >> Gridò, indicando a Valentine un grosso armadio nero che sbucava dalla pila centrale.

Valentine corse ad aprire le ante del mobile che stranamente sembrava essere in ottime condizioni, se paragonato al resto degli oggetti presenti.

- Chissene frega, anzi meglio, l’importante è che riesca a contenere almeno un po’ l’esplosione – Pensò Alex, mentre aiutava James a metterci dentro il calderone.

Ebbero solo il tempo di richiudere le ante e fare qualche passo indietro prima di sentire un forte sibilo seguito da un boato assordante che fece tremare tutta la stanza facendo collassare la pila di oggetti, che si sparsero per tutta la stanza alla rinfusa.

<< Incredibile >> Disse Alex tossendo, mentre si avvicinava all’armadio dal quale uscivano densi vapori gialli, ma che per il resto era miracolosamente intatto.

<< Mitico, non li fanno più gli armadi di una volta eh? >> Aggiunse divertito James, tirando un calcetto sul fondo del mobile ribaltato.

Non fece nemmeno in tempo a tirare via il piede che l’armadio collassò su se stesso, come se a tenerlo insieme non ci fosse mai stato nient’altro che aria.

<< Blhèè… Che schifo… >> Protestò Potter, guardandosi la scarpa destra ricoperta da una densa melassa nera maleodorante, residuo dell’esplosione che stava colando dai resti dell’armadio, che l’aveva imbrattato.

<< Un'altra volta impari… >> L’apostrofò Alex.

<< Non credo ai miei occhi >> Disse Vall, dietro di loro << Ce l’abbiamo fatta, e poi… questo posto, ti giuro Alex, per un periodo ho creduto tu fossi pazzo… bhè scusami, mi rimangio tutto!! >> Aggiunse, abbracciandolo dalla gioia!

<< Ehy, ragazzi! Guardate che ho trovato mentre mi pulivo la scarpa! >>

Potter teneva in mano un piccolo cofanetto, non piò grande di un carillon o di un portagioie, sicuramente di metallo sembrava d’argento ma era difficile dirlo da tanto era ricoperto di fuliggine. Nonostante lo sporco però, spiccava subito la fine lavorazione dei motivi che lo ricoprivano e soprattutto i quattro rubini che ne decoravano tre lati e il coperchio. Sul davanti invece c’era una piccola serratura. Il ragazzo provò ad aprirla, ma il cofanetto era sigillato.

<< Sembra di valore, chissà cosa c’è dentro >> Disse estremamente incuriosito. << Guardate! C’è un incisione intorno alla serratura! >> aggiunse strofinando un po’ lo scrigno con la manica della divisa.

<< Hic memoria conservanturIntrat ego ostendam tibi >> Lesse ad alta voce, appena le parole furono comprensibili.

La serratura scattò di colpo e il cofanetto si spalancò iniziando a risucchiare al suo interno le mani di James che cacciò un urlo agghiacciante. Il ragazzo sparì all’interno come se il suo corpo fosse stato fatto di gas in una manciata di secondi senza lasciare traccia.

<< ODDIO, MA CHE DIAVOLO ?!!? >> Gridò Vall. << JAMES!!! >> Gli fece eco Alex, avvicinandosi allo scrigno ancora aperto.

L’interno era tutto ricoperto da un raffinato raso rosso, tranne il fondo, dove fluttuava una strana sostanza nera a metà fra la forma liquida e quella gassosa. Questo fu tutto quello che Alex riuscì a vedere, prima che il portagioie ricominciasse a vibrare violentemente mentre una stana forza, alla quale non riusciva ad opporsi, si impadronì del suo piede destro trascinandolo inesorabilmente dentro il contenitore.

Vall cacciò un urlò, mentre Alex veniva risucchiato chissà dove.

- NO! LEI NO! – Furono gli ultimi pensieri del ragazzo, che, prima di sparire del tutto, puntò la bacchetta contro L’amica.

Un lampò intensissimo di luce verde ne scaturì, seguito subito dopo da una rumorosissima esplosione e un flash accecante, poi, il silenzio.

Quando Vall si riprese era immersa nell’oscurità più totale, sentiva solo un acutissimo fischio, ma talmente intenso da riuscire a coprire persino i suoi pensieri, e le orecchie gli facevano un male cane.

- Cieca?! Sono Cieca?!? NON VEDO NIENTE, SONO CIECA? – Continuava a domandarsi mentre si sfregava gli occhi in preda al panico.

Poco a poco la vista gli ritornò, era comunque buio intorno a lei, lo spostamento d’aria dell’esplosione di poco prima aveva fatto spegnere tutte le torce della stanza e l’unica fonte di luce, proveniva dai flebili bagliori verdognoli e dorati emessi da una massiccia barriera magica di fronte a lei. Lo scudo sembrava attraversato da una specie di aurora boreale che poco alla volta si spense facendola ripiombare nell’oscurità.

Provò ad urlare i nomi degli amici ma, anche se fossero stati lì per rispondergli, lei non sarebbe riuscita comunque a sentirli. L’unica cosa che percepiva era nient’altro che quel fischio che gli stava spaccando il cervello.

<< Lumus >> provò a dire, non sentendo la sua stessa voce.

Fortunatamente la bacchetta si accese ma la luce gli bruciò gli occhi, costringendola a chiuderli. Nell’aria c’era un fortissimo odore di Azoto, come dopo un temporale estivo e quando si fu riabituata alla nuova fonte luminosa, notò che tutta l’area intorno a lei era carbonizzata. I mobili alle sue spalle non avevano preso fuoco, semplicemente si erano vaporizzati lasciando solo un po’ di cenere per terra. Il pavimento di pietra era completamente annerito e l’unico punto inalterato era un piccolo ovale dove lei stava al centro. Un pensiero agghiacciante si fece strada nella sua mente…

- No, Ti prego fa che non sia vero… -

Poco più avanti giaceva a faccia in giù il corpo di Alex con i vestiti fumanti, stringeva ancora in mano la bacchetta ed era immobile.  Al suo fianco, James più o meno nelle stesse condizioni mentre dietro di loro, intatto, si trovava lo scrigno, aperto, vuoto.

 

 

Londra,

Grimmauld Place Numero 12

Stesso giorno

Ore 22:30

 

<< Dai Harry… Ho appena messo a letto i bambini ! >> Disse Hermione divertita, riuscendo a svincolarsi come una gatta dalla presa del marito.

<< Ehehe, dove credi di scappare? >> Rispose Harry, riagguantandola per i fianchi.

A Hermione scappò una risatina quando la voltò prendendola in braccio, per poi regalargli un lungo e appassionato bacio mentre lei gli avvolgeva le sue lunghe gambe sottili dietro la schiena.

Era Pazzesco come anche dopo quindici anni di matrimonio, dopo il lavoro, dopo i figli, trovassero ancora la voglia e l’energia per quei giochi, gli inseguimenti e le lotte sotto le lenzuola.

Barcollarono cosi avvinghiati per tutto il corridoio fino alla camera da letto dove Harry la depositò delicatamente sull’ampio materasso matrimoniale, lei lo attendeva a braccia aperte e lui gli fu subito sopra iniziando baciare delicatamente l’incavo del collo, assaporandone il sapore della pelle, e il profumo cosi… famigliari e inebrianti allo stesso tempo. Hermione intanto aveva tuffato le sue dita nei capelli del marito scompigliandoli ancor più del solito, adorava farlo mentre si godeva le sensazioni delle labbra di lui pizzicargli prima il collo, poi la spalla, e poi, sempre più giù, fino a lambirle il seno.

Purtroppo però, qualcosa rovinò l’atmosfera. Il campanello della cassetta della posta aveva trillato.

<< Giurò che domani schianterò personalmente l’imbecille che spedisce posta a quest’ora! >> Imprecò Harry.

<< Eheheh, sai che mi piaci quando fai il duro! >> Gli sorrise lei.

<< Sai che dopo tutto questo tempo, penso ancora che sei la donna più meravigliosa del mondo >> Rispose lui, scostandogli una ciocca di capelli dal viso.

<< Oh, la smetta signor Potter, lei è proprio un Don Giovanni, se continua così mi scioglierò come la neve ad Aprile >> Rispose arrossendo prima che i due si mettessero a ridere << Dai tesoro, è meglio che vai a controllare, se è arrivata posta a quest’ora magari è qualcosa di importante >> aggiunse, tornando seria. << Io intanto controllo una cosa… Mi presti la mappa? >>

<< Si certo, è lì nel comò, però sul serio Herm, dagli tregua, è solo un ragazzino >> Disse Harry.

<< Voglio solo controllare una cosa… Aveva detto che sarebbe andato a trovare Hagrid dopo cena, voglio solo accertarmi che sia già tornato…>>

<< Prometto solennemente di non aver buone intenzioni >> Disse, picchiettando una volta col la bacchetta su un pezzo di vecchia pergamena bianca sulla quale immediatamente comparve un preciso e dettagliato cartiglio di un castello, che lei sapeva fin troppo bene trattarsi di Hogwarts, con tanto di nome cognome e posizione di tutti i suoi abitanti.

<< Va bhè, fai come vuoi >> Sospirò Harry mentre si dirigeva al piano inferiore.

- Che strano… -

<< Herry! >> chiamò da camera da letto, sentendo il marito correre sulle scale a passi pesanti.

<< Non trovo James da nessuna parte sulla mappa… >> aggiunse senza togliere gli occhi dal foglio.

<< Hermione! >> Disse Lui, rientrando in camera da letto

Lei alzò lo sguardo e appena incrociò gli occhi di Harry, un brivido di sudore freddo gli attraversò la schiena e il sangue gli si gelò nelle vene.

<< Sveglia i ragazzi, andiamo a Hogwarts. E’ successo qualcosa a James… >>

 

Spero che nella lettura di questo ultimo capitolo vi siate divertiti almeno la metà di quanto non abbia fatto io nello scriverlo. Un sacco di “Fili” si innestano in questa parte della storia, e mi raccomando, non date nulla per scontato! Passando ad un altro aspettò, questa volta, gentili lettori e lettrici, avrei una richiesta da farvi: Potete farmi sapere cosa ne pensate del cameo di Harry/Hermione? Ci tengo particolarmente a sapere la vostra opinione su questa parte perché è stata inserita come tributo e mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate.

Fermo restando che, con rammarico, ho notato che le persone, difficilmente, superano la lettura del primo capitolo, ma immagino che questo succeda solo a causa delle mie carenze in qualità di scrittore, colgo l’occasione per ringraziare quella scarsa decina che, o per sbaglio o per perseveranza, è arrivata fino a leggere queste parole.

Grazie, e alla prossima.

Saluti

Alessandro.

 

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Capitolo 8
*** La Torre d'Argento ***


 

Capitolo 8

La Torre d’Argento

 

«Alex, la finisci quella?» disse una voce stranamente familiare.

Il ragazzo fissò perplesso il bicchiere posato davanti a lui. Il ghiaccio era quasi sciolto, ma c’era ancora un dito di Whisky all’interno.

Era il suo? Quando lo aveva ordinato?

«Allora, lo finisci o no?» insistette la voce, spezzando il filo di quei pensieri.

«No, non mi va più» disse Alex, passando il bicchiere alla ragazza seduta al tavolo con lui.

Ci mise qualche secondo per riconoscerla, era Valentine.

Portava un elegante tailleur nero, con una camicia di seta bianca. Il collo era adornato da una lunga collana di perle e un rossetto, di un porpora intenso, le colorava le labbra. I capelli invece, erano insolitamente lisci e raccolti in un elegantissimo chignon laterale, mentre in testa, portava un Fascinator rosso ricamato con piume nere, dal quale scendeva una veletta a rete che le copriva metà del viso, dalla tempia sinistra sino alla guancia destra.

Era di una bellezza mozzafiato, ma c’era qualcosa; un qualche tipo di incongruenza che la mente di Alex non riusciva in nessun modo a conciliare. Era come se la ragazza che aveva di fronte fosse un qualche tipo di sosia della sua amica.

«Che ti prende Alex? Hai una faccia…» disse Vall vagamente ammiccante.

Il quel momento, una ragazza in abiti succinti si avvicino al loro tavolo, portava un largo vassoio in legno carico di ogni genere di tabacchi immaginabile, sorretto grazie una raffinata fascia nera che gli passava intorno al collo.

«Desiderate qualcosa signori?» disse, avvicinandosi a Vall.

«Si grazie Poliene, il solito per me» rispose lei.

«Come desidera signorina» aggiunse la giovane hostess, allungandogli un pacchetto di sigarette senza filtro.

Alex assistette alla scena allibito.

Valentine? che fuma? Qui c’è decisamente qualcosa che non quadra.

Con le mani velate da dei deliziosi guanti di velluto, Valentine carico l’estremità di un lungo bocchino di ebano nero adornato davorio.

«Che sbadata, hai per caso da accendere?» disse, muovendo voluttuosamente lo strumento di fronte ad Alex.

«Si certo» rispose lui senza pensare «Tieni» aggiunse, passandogli dalla tasca interna del suo gessato nero, un accendino d’argento ricamato.

Ma che diavolo? Il vestito? L’accendino? Come…

Vall si accese la sigaretta, e dopo qualche lungo tiro sorrise bonaria e, come se gli leggesse nella mente disse:

«Non ti crucciare troppo Alex, non in porta il come o il perché» poi, indicando un palchetto di fronte al loro tavolo, dove appena qualche secondo prima Alex avrebbe giurato non ci fosse stato nulla, aggiunse:

«Guarda, è la tua canzone preferita, sta per cominciare»

Il sipario si aprì e una bella donna avvolta in abito lungo di seta rossa inizio a cantare, mentre le note di un saxofono la accompagnavano riempiendo l’aria già densa di uneterea cortina di fumo, con una struggente melodia Blues.

Alex stette ad ascoltare in silenzio, lasciando che la musica gli entrasse dentro, toccandogli ogni corda del suo animo. Alla fine del brano, una lacrima gli rigava la guancia.

La canzone parlava di come il protagonista era convinto di conoscere bene un’altra persona ma, in realtà, scopre di essere stato ingannato per tutto il tempo. Alex non l’aveva mai sentita prima di allora ma Vall aveva ragione, era di gran lunga la sua canzone preferita, sembrava stata scritta apposta per lui e ora che l’aveva ascoltata si sentiva leggero e svuotato, come dopo aver pianto per ore, quando dentro l’anima non ti resta più nulla, se non quel leggero retrogusto amaro della malinconia.

«Mi spiace Alex, non era mia intenzione rattristarti, ma era necessario» disse Vall, quando la cantante sparì dietro il drappo rosso del sipario.

«Necessario, per cosa?» domandò lui, con la voce spezzata, cercando di ingoiare il nodo che gli si era formato in gola. 

«Prestò capirai, ma andiamo per gradi...» rispose l’amica.

«Ho solo una domanda prima» la interruppe «Chi sei? Perché è evidente che non sei la vera Vall»

«Perspicace come sempre, eh! Me ne compiaccio, da cosa lo hai intuito…» disse lei.

«Alex. Non hai fatto che chiamarmi così per tutto il tempo, la vera Valentine non lo fa mai, non aggiunge mai la X» spiegò.

«Non credevo te ne saresti accorto, a quanto pare mi sono sottovalutato» lo liquidò, sorridendo.

Alex inarcò il sopracciglio, fissando la sua misteriosa interlocutrice.

«Che intendi dire?» domandò.

«Andiamo, lo sai benissimo che intendo dire… Fammi l’altra domanda, quella che ti frulla in testa da quando ti sei ritrovato qui in questo luogo.» rispose.

«Basta giochetti!» tuonò lui «O altrimenti…» aggiunse scattando in piedi, lanciando la sedia su cui era seduto a parecchi metri di distanza, estraendo nel contempo la bacchetta dalla manica sinistra della giacca, puntandola verso Valentine. La ragazza rise di gusto.

«O altrimenti cosa?» lo schernì «Questa non ti servirà a niente qui…» continuò, porgendogli la sua stessa bacchetta.

Alex, fissando il suo pugno destro stringere null’altro che aria, andò nel panico.

Come ha fatto? Mi ha disarmato senza battere ciglio…sono spacciato.

«Smettila di farti queste stupide domande» disse la ragazza, adirata per la prima volta «Te l’ho già detto. Non è il come o il perché che conta!»

Alex, terrorizzato a morte, cercò di fare qualche incerto passo indietro, per mettere più distanza possibile fra lui e il personaggio che aveva di fronte ma le gambe gli cedettero, diventando molli come la gomma dallo sgomento e perdendo l’equilibrio, si ritrovò seduto sulla sedia che aveva scagliato pochi minuti prima.

Il viso di Valentine tornò benevolo e, avvicinandosi, posò le mani sulle ginocchia del ragazzo, chinandosi per poterlo guardare negli occhi.

«Non sono un nemico da battere, e non intendo farti del male» disse rassicurante «Questa cosa la devi risolvere da solo, o non potrò aiutarti»

«Cosa! Quale cosa! Non capisco… chi sei? Cosa mi hai fatto? Cos’è questo posto?» Chiese Alex, sull’orlo di una crisi di nervi.

«Calmati, concentrati. Sei sulla strada giusta, ricordati come ti sentivi poco fa, alla fine della canzone, svuota la mente… chiudi gli occhi, respira…»

Alex ubbidì, non gli restava null’altro da fare se non assecondare le istruzioni della ragazza, che ora sembravano provenirgli direttamente da dentro la testa. Appena chiuse le palpebre però, fu subito scosso da brividi di freddo, che lo costrinsero a riaprire immediatamente gli occhi.

Era ancora seduto sulla sedia del bar e Valentine era lì con lui, entrambi però, erano ora vestiti alla babbana e si trovavano in un bosco. Sembrava il faggeto vicino casa di Alex, se non fosse che qui tutto era morto, anzi, congelato. L’aria era gelida, gli alberi completamente spogli, una spessa brina ricopriva qualsiasi cosa e il biancore di quel posto era quasi accecante.

«Vieni, voglio mostrarti una cosa» disse Valentine, prendendolo per mano.

I due camminarono per quella distesa ghiacciata per qualche minuto, o qualche ora, Alex non avrebbe potuto dirlo con certezza. Sembrava che il tempo in quel luogo non esistesse, non se ne riusciva a percepire lo scorrere. Il silenzio poi, era assordante, solo il rumore di cristalli frantumati prodotto dalle foglie che calpestavano, spezzava quella monotonia. Improvvisamente, il faggeto lascio spazio a una radura, dove sorgeva una piccola casa a due piani, il primo in pietra, il secondo in legno, una balconata in di tronchi di pino grezzo ne decorava la facciata ma, alcune finestre erano divelte, quasi tutti i vetri erano infranti e delle pietre giacevano ai piedi della parete mentre il legno era grigio e crepato in più punti. Sembrava che lì non vivesse nessuno da decenni.

Quella desolazione, Alex se la ricordava bene, laveva già provata sulla sua pelle.

«Dove siamo?» chiese.

Una bagliore lo accecò e quando riaprì gli occhi era da solo, il prato intorno a lui era verde e ricoperto di fiori la casa era in perfette condizioni, sotto il balcone, a lato dell’ingresso erano appese delle campanelle che suonavano pigramente mosse dal vento. Splendeva un bel sole e la temperatura era gradevole mentre nell’aria risuonavano allegri i cinguettii degli uccelli nel bosco lì vicino anch’esso rinvigorito e pieno di vita. Quel sovraccarico di percezioni, investirono Alex, lasciandolo stordito.

Tutto tornò freddo e immobile.

«Io abitavo qui una volta» disse Valentine, con una punta di nostalgia nella voce guardando la vecchia casa in rovina «Il periodo più bello della mia vita»

Alex si girò per guardarla, lei ricambiò.

«Non parlare, seguimi…» lo interruppe, prima ancora che avesse il tempo di dire qualcosa. «C’è ancora una cosa che voglio mostrarti»

Appena girarono l’angolo che dava sul retro della casa, un altro flash.

Si sentiva il rumore dell’acqua scorrere, un piccolo fiume passava sul retro della baita. Alex questa volta lo riconobbe, non aveva dubbi.

Questo è il torrente che passava dietro casa di Vall, in Italia, ci siamo stati due estati fa in vacanza.

Una serie di risate e schiamazzi provenienti dalla riva attirarono la sua attenzione, fu come guardare la sena di un film.

Adesso era nel fiume, l’acqua gli arrivava all’incirca al ginocchio, era fresca e corroborante, aveva un ricordo molto preciso di quell’episodio. Stava giocando a pallavolo con Matthew e degli altri ragazzi, amici babbani di Valentine. Sulla riva stese al sole su degli asciugamani, quattro ragazze: Vall, due sue amiche italiane, poi lei, Cassandra. Stavano ridendo, qualcuna doveva aver appena fatto una battuta, le risa lo distrassero e, dopo aver rilanciato la palla, si disinteressò del gioco, catturato com’era dal suono cristallino della voce di Cass, i loro sguardi si incrociarono per caso.

Dio quegli occhi, sembra una dea, la mia dea. Si ricordò di aver pensato.

Avrebbe potuto perdersi in quelle pozze color nocciola striate di una miriade di pagliuzze d’orate. Il mondo, il suo mondo, vi era racchiuso. Buffo, come un gesto così semplice, cosi casuale, avesse la forza di provocargli tanta felicità. Amava quella ragazza, la amava con tutto il cuore, e avrebbe voluto urlarlo a squarciagola là, in quell’istante, ma il sorriso che gli si dipinse in volto e quello che ricevette di contrappunto, furono dichiarazioni più intime e potenti di quanto le parole non avrebbero mai potuto fare e tanto bastò per renderlo l’essere più felice sulla faccia della terra.

La prospettiva cambiò di nuovo, la scena al fiume continuava ma ora Alex ne era solo mero spettatore, vicino a lui, la controfigura di Vall.

«Era davvero un bel posto dove vivere» disse lei mestamente.

«Ne sono convinto anche io, e…» Alex fece una pausa, ora consapevole dell’identità del suo Virgilio «Mi spiace» aggiunse senza riuscire a guardarla negli occhi.

«Non è con me che devi scusarti» disse lei, «Piuttosto devi fare pace con te stesso, o questo posto non guarirà mai»

Una folata di vento gelido investì il fiume facendone congelare le acque, la vegetazione sulle sponde venne intrappolata nel mortale pallore della brina mentre le figure del ricordo di Alex si dissolsero nell’aria come se fossero state fatte di sabbia.

«Hai capito ora?» chiese Vall, continuando a fissare il fiume ghiacciato davanti a lei.

«Si, la foresta, la baita, anche quella l’ho riconosciuta, è stato dove Cass ha detto per le prima volta di amarmi. Il fiume…Sono tutti posti distanti geograficamente fra loro, ma hanno in comune il fatto che, in quei luoghi io sia statoFelice»

Alex fece una pausa per cercare di riordinare il pensiero che aveva in mente.

«Hai detto che tu abitavi qui…O forse dovrei dire…Che io, abitavo qui?» si girò, cercando il contatto visivo «Tu sei me, e io sono te, giusto?»

Valentine sorrise compiaciuta, facendo un cenno con la testa.

«E il fatto che questi posti siano tutti qui, mi fa pensare che, in realtà, questo stia succedendo nella mia testa, una specie di sogno» Alex impallidì «O…o…forse, sono morto?» domandò.

«Hehe, no, tranquillo, non sei morto» disse Vall «Ma non stai nemmeno sognando» continuò, facendosi scura in volto.

«In che senso, spiegati…» insistette Alex.

«Non ho tutte le risposte, cosa credi che sia? Il genio della lampada?» rispose lei stizzita.

«Wow, sembravi proprio Vall quando si incazza…» sdrammatizzò lui «A proposito perché le somigli?»

«Questa?» rispose lei, guardandosi le mani «E solo una forma come un'altra, avrei potuto assumere le nostro sembianza se avessi voluto, ma già ti ho incasinato abbastanza così, pensa se ti fossi trovato davanti un clone che rivendicava di essere te. Da qui la necessità di farti capire certe cose da solo, se non le avessi accettate autonomamente ma te le avessi imposte…diciamo che le conseguenze non sarebbero state piacevoli, né per me, né per te» spiegò «Comunque ho scelto Vall perché lei è l’unica a cui dai sempre retta, ho pensato che questa cosa mi avrebbe semplificato il lavoro»

«Ha un suo senso» concluse Alex. «Comunque non hai ancora risposto alla mia domanda, se non sono morto e non sto sognando, cosa ci faccio qui?»

«Beh la verità è che non lo so con precisione, so solo che non sei capitato qui per caso, è successo qualcosa…Qualcosa che non mi so spiegare» poi, indicando un punto all’orizzonte aggiunse «Guarda laggiù, la vedi?»

Alex seguì con lo sguardo il punto che stava indicando Vall finché all’orizzonte non vide un imponente roccaforte in marmo bianco, posta ai piedi di un crinale montuoso.

«E quella che diavolo è?» esclamò stupito.

«Quella, è casa nostra» disse lei con semplicità «Vieni, ti faccio strada»

Alex gli porse le mano e in un batter d’occhio furono trasportati ai piedi dell’imponente fortificazione. Ora che la vedeva da vicino, le proporzioni lo lasciarono sbigottito. Era essenzialmente un gigantesco torrione, alto più di duecento metri, per metà incassato nella montagna stessa, circondato da un’enorme muro di pietra bianca, spesso quasi dieci metri, alto più di cinquanta. L’unico accesso era costituito da un ampia arcata nel mezzo della muraglia, sbarrata da un impressionante portone d’argento, ci sarebbero potuti passare comodamente tre Tir babbani, uno a fianco all’altro, e sarebbe comunque avanzato dello spazio.

La fortificazione, nonostante la sua innegabile solidità, doveva aver visto giorni migliori: il muro esterno era annerito e crepato in più punti mentre alcune parti della merlatura erano spaccate e i detriti giacevano sparsi lungo tutto il perimetro. Anche la struttura principale del torrione era segnata da qualche sfregio, che ne intaccava il marmoreo rivestimento.

«Santa madre…» disse Alex pieno di meraviglia.

«Hehe sapevo ti sarebbe piaciuta, questa, mio caro, è la Torre d’Argento» disse Vall compiaciuta «Ma vieni, non è sicuro stare qui a lungo»

Solo in quel momento Alex notò che, la morsa implacabile del gelo di poco prima, aveva lasciato il posto a un paesaggio completamente diverso, molto simile a una palude. Il terreno era fangoso, interrotto a chiazze da larghi acquitrini dai quali esalavano vapori mefitici, sulle rive crescevano strani e contorti arbusti, irti di spine.

«Che razza di posto è questo, è perché diavolo è pericoloso stare qui?» chiese allarmato Alex, mentre un brivido gelido gli risaliva la spina dorsale.

«La Torre d’Argento è la più antica delle fortificazioni che hai costruito, è stato l’unico modo per arrestare l’avanzata del gelo, anche le montagne nella quale è incastonata sono venute dopo. Insieme formano un grande anello circolare posto a protezione del circolo interno» spiegò velocemente la ragazza «Una volta qui era tutto rigoglioso, adesso invece, è un terreno di guerra. “Terra di nessuno” insomma, né gelata ne verde, la Valle delle Lacrime mi piace chiamarla. Nome pittoresco lo so, ma che ci vuoi fare, sono un inguaribile romantico, fatto sta che è qui dove si combatte»

«Guerra? Combattimenti? Contro chi poi?» Domandò incredulo Alex.

Vall stava per rispondere quando, un profondo rombo scosse la terra facendo cadere qualche piccolo masso dalla parete rocciosa.

«Non ho tempo di spiegarti ora, e poi non credo tu lo voglia sapere» disse lei, affrettando il passo.

Quando giunsero davanti alle porte, appostati all’entrata, li aspettavano due soldati completamente celati da un armatura bianca come la neve. Era sicuramente fatta di un qualche tipo di metallo ma era stremamente aderente, tanto da sembrare un semplice vestito. Sopra di essa portavano una sorcotta con un araldica ricamata sopra: una stella coperta per metà da un velo.

Quindi è così che funziona, la fortezza non serve a rinchiudere, ma a proteggere. E anche peggio di quanto pensassi. Pensò Alex.

Le guardie senza volto, incrociarono le loro lunghe alabarde sbarrando il passo ai due.

«Lui è con me, aprite il portone, presto!»

I soldati ubbidirono senza aprire bocca, spingendo senza troppa fatica le immense ante d’argento, alte più di venti metri, larghe cinque e spesse più di settanta centimetri, aprendo loro il varco. I due entrarono veloci, e il portone si richiuse pesantemente dietro di loro.

«Chi erano quelli?» chiese Alex.

«Semplici proiezioni, me ne servo per “amministrare” meglio il circolo interno e le difese, ci hanno fermato perché non ti conoscono, non ti hanno mai visto quaggiù e ti hanno scambiato per un intruso» rispose lei. «E comunque, non è così brutto come pensi, a volte; la maggior parte delle volte, vinciamo noi e il circolo interno diventa sempre più grande, strappando terra al gelo. Altre volte vince lui, e noi non possiamo far altro che rinchiuderci allinterno e difenderci al meglio, ma questo non accadeva più da molto tempo. Stavamo vincendo, lentamente ma stavamo riconquistando sempre più spazio»

Un'altra scossa, questa volta più violenta e intensa, altri pezzi, di montagna franarono, assieme a qualche frammento di marmo staccatosi dal torrione.

«Mi vuoi spiegare, per l’amor del cielo, che sta succedendo

Valentine esitò per un istante «Faccio prima a mostrartelo» disse poi, entrando allinterno del torrione.

Imboccarono uninfinita scalinata a chiocciola fino a quando arrivarono nel punto più alto della fortezza, unampia balconata delle dimensioni di un campo di Quidditch perfettamente piatta, senza parapetti incastrata fra due picchi montuosi. Da lassù si potevano vedere, sia le lande ghiacciate che il circolo interno; una colossale città giardino, verde, bella, splendente delle tonalità delloro e dellargento che ne decoravano i tetti degli edifici.

«Laggiù» indicò Vall, passandogli un binocolo.

Sulla sommità di una piccola collinetta, situata perfettamente al centro della città, sorgeva un maestoso palazzo dal quale si stava alzando una densa cortina di fumo nero, sembrava che qualcosa stesse andando a fuoco allinterno. Alex notò anche del movimento fuori dalle mura, ma la distanza era considerevole e non riusciva a vedere chiaramente.

«Quello è il Palazzo dIo, di cui sono sovrano, o meglio di cui ero sovrano» continuò lei, «Quando sei arrivato, non eri solo, altri si sono presentai. Non so come ne perché, ma sono riusciti a superare ogni difesa, colpendoci dritti al cuore. Sono riuscito a rifugiarmi qui per un soffio, altri non sono stati così fortunati. Chi ha attaccato non credeva avessimo difese cosi solide, immagino abbia peccato di Hýbris nel sottovalutarci, il che ci dice che non è di queste parti. Tuttavia, sta guadagnando potere, mentre noi ci stiamo indebolendo»

«E cosa vogliono?» chiese Alex.

«Non ne ho idea, ma in quel palazzo ci sono cose che è meglio tenere ben chiuse» fece in tempo a rispondere, prima di bloccarsi con lo sguardo perso nel vuoto per qualche istante.

Intanto, il suono roco e stridulo di un corno si diffuse dalla collina al centro del cratere, rimbalzando fra una cima delle montagne, facendo tremare di nuovo la terra.

«Ti hanno trovato! Sanno che sei qui! Stanno venendo a prenderti!» disse la ragazza in un soffio, affacciandosi al bordo della balconata a strapiombo che dava sul circolo interno.

Alex la segui e, scrutando la città immediatamente sottostante la fortezza, che sorgeva esattamente speculare anche dallaltro lato delle montagne, vide un gran numero di figure nere e sfuggenti aggirarsi veloci nei vicoli, confluendo verso le mura del forte.

«Cosa sono quelli?» domandò lui continuando a seguire lavanzate delle creature.

«Spettri, ti basti sapere questo e» Vall si interruppe, Alex si girò per capirne il motivo.

«Non posso permettere che ti trovino, torna qui una volta che avrai capito cosa sta succedendo, fai presto! Non cè molto tempo»

«COSA?! Tornare, andare di che stai parlando? Cosa dovrei fare? Ioionon ho idea di» farfugliò confuso Alex

«Mi spiace» lo interruppe lei, alzando una mano, posandola sul suo petto «E lunico modo che io conosca» aggiunse, chiudendo gli occhi.

Senza nessun preavviso, una forza misteriosa e irresistibile scaraventò Alex oltre il bordo della balconata, facendolo precipitare per le centinaia di metri che lo separavano dal suolo. La persona che lo aveva spinto ora, aveva ripreso il suo aspetto originale e osservava impotente la caduta del suo sosia, che scomparse nel nulla appena prima di impattare contro la parete rocciosa.

«Fai presto ti prego, sei la tua ultima speranza» disse sottovoce, prima di infilarsi lelmo bianco che teneva sotto il braccio.

Si girò, e con passo marziale si diresse verso la grande scala a chiocciola che portava ai livelli inferiori del torrione. Aveva del lavoro da fare, La Torre dArgento doveva prepararsi a sostener battaglia, lultima battaglia se la sua parte cosciente non si fosse sbrigata a trovare una soluzione, di questo ne era certo.

 

WoW! Pisco deliri! Non vedevo lora.

Spero che questo capitolo vi piaccia! Io lho trovato interessantissimo, perché verso la fine, quando ho dovuto cercare un nome che mi sembrava appropriato per il Palazzo dIo, nelle mie ricerche sulla sacra Wiki ho scoperto che praticamente avevo appena descritto nel racconto, lIo (psicologico) del signor Freud senza saperne assolutamente una cippa. Beh, quantomeno la cosa mi ha fatto un pochino riflettere.

Comunque, colgo loccasione per ringraziare tutti quelli che leggeranno questo capitolo.

Saluti

Alessandro.

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