Good old days

di jas_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***




 



 

 

Prologo

 
 
 

Mancavano esattamente settantasette giorni all’inizio degli esami, sessantacinque alla fine delle lezioni.
Juliet si grattò distratta la nuca mentre cercava di stare dietro al professore di diritto internazionale che aveva il vizio di parlare così veloce da rendere impossibile riuscire a stargli dietro con gli appunti.
Aveva la mano che le faceva male, inoltre il dorso esterno di questa era tutto blu a causa dell’inchiostro della sua penna, uno dei tanti svantaggi dell’essere mancini.
Quando la campanella suonò e l’insegnante smise di parlare delle varie organizzazioni internazionali, Juliet chiuse libri e quaderni e corse fuori dall’aula senza dimenticare di prendere la sua tazza di caffè lasciata intatta e ormai fredda.
Doveva andare dal dentista, aveva solo venti minuti per raggiungere lo studio situato dalla parte opposta del quartiere e la bolgia di studenti che occupava i corridoi della Humboldt-Universität le impediva sia di sbrigarsi che di trovare un cestino in cui buttare la sua colazione non consumata.
Cercò di farsi spazio tra la folla che sembrava essersi concentrata all’entrata dell’edificio proprio in quel momento, ignorò i colpi involontari che le arrivavano da chi si stava muovendo nel senso opposto e quando vide accanto al muro un cestino si avvicinò di corsa senza notare una ragazza dai capelli biondi e la testa tra le nuvole che stava andando nella sua stessa direzione. Prima che riuscisse a spostarsi in tempo questa le andò a sbattere contro facendole rovesciare l’intero bicchiere di caffè sulla sua camicia bianca.
La bionda aprì la bocca scioccata prima di lasciarsi andare ad uno strano attacco di ridarella inarrestabile.
L’espressione di Juliet si trasformò da sorpresa ad infuriata mentre sentiva il caffè gocciolarle sulla pancia. Lanciò il bicchiere nel cestino con foga.
«Non c’è niente di divertente» borbottò poi, irritata soprattutto dalla reazione della ragazza che piuttosto che chiederle scusa non la smetteva di ridere.
«Mi dispiace» riuscì a dire questa, dopo aver preso un respiro profondo nel tentativo di calmarsi. «È che un attimo fa la tua camicia era così immacolata, e ora...»
Trattenersi fu inutile, un altro ghigno le scappò, ma sotto lo sguardo di fuoco di Juliet si morse un labbro ed abbassò lo sguardo come i bambini quando si sentono in colpa.
«Scusa» mormorò, dondolandosi da un piede all’altro, e Juliet non seppe se quelle scuse fossero per averle rovesciato addosso il caffè o per l'irritante risata che non riusciva a trattenere.
Si sforzò di mantenere la calma, e solo in quel momento si accorse degli inusuali leggins che  la bionda indossava.
Si perse un attimo ad osservare la fantasia floreale che fasciava le sue gambe magre poi alzò la testa di scatto quando questa le porse un pacchetto di fazzoletti.
«Tieni, così puoi pulirti un po’.»
Juliet ne prese uno soltanto per cortesia in quanto non le sarebbero serviti, ormai era costretta ad andare a casa a cambiarsi.
«Grazie mille» disse soltanto, prima di congedare la ragazza con un sorriso di circostanza e scendere velocemente le scale che portavano nel cortile.
Guardò l’orologio che aveva al polso sinistro, aveva perso inutilmente cinque minuti.
Aumentò notevolmente il passo, attraversò il viale e in un attimo si ritrovò in strada. In meno di un quarto d’ora era impossibile andare a casa e poi dal dentista, sarebbe arrivata sicuramente in ritardo all’appuntamento.
 
 
 
Niall lanciò lontano da sé la sigaretta ormai giunta alla fine e con la mano sinistra prese la bottiglietta di birra appoggiata sul muretto sul quale lui ed Harry erano seduti, intenti ad osservare Zayn all’opera.
Nonostante fosse la fine di marzo, quel giorno i raggi del sole scaldavano più del solito, così tanto che tutti e tre avevano abbandonato le rispettive felpe rimanendo con una maglietta a maniche corte.
Zayn buttò la bomboletta nera per terra e si allontanò lievemente dal muro per osservare meglio il suo disegno.
«Come vi sembra che stia venendo?» domandò poi, grattandosi la nuca e passando la mano sul suo ciuffo, spettinandolo più di quanto non fosse già.
«Fa schifo» commentò Niall, ridendo.
«Ma che cos’è poi?» aggiunse Harry, confuso.
«Un tuo ritratto» ribatté Zayn, prendendo in mano la bomboletta marrone e continuando il suo lavoro.
Il riccio ignorò le parole dell’amico e si strinse nelle spalle, scendendo poi con uno scatto dal muro sul quale era seduto e pulendosi i jeans neri che indossava e nei quali stava letteralmente morendo di caldo.
Prese in mano la sua birra, ancora quasi completamente piena a differenza di quella di Niall, ormai finita, e ne bevve un lungo sorso. Poi osservò di nuovo il disegno di Zayn, che pian piano stava prendendo forma, e si concentrò sulla mano dell’amico che si muoveva abile sul muro, Harry si riteneva fortunato se riusciva a disegnare un omino stilizzato.
«Già che sei in piedi, passami la bomboletta bianca» disse Zayn, interrompendo i suoi pensieri.
Harry annuì, facendo come richiesto, poi guardò di nuovo il disegno.
«Ma stai disegnando... Una scimmia?» chiese confuso, con ancora il braccio teso verso Zayn.
Questo annuì divertito prendendo in mano la bomboletta bianca, «appunto, il tuo ritratto» rise, seguito da Niall che non si era ancora mosso dal muretto.
Harry sospirò trattenendo un sorriso, «ho davvero degli amici simpatici» commentò poi sarcastico, chinandosi a raccogliere la sua felpa buttata sul prato.
«Vai?» chiese Niall, che aveva osservato le mosse dell’amico in silenzio.
Harry annuì, «ho un po’ di cose da fare...» borbottò, mettendosi una sigaretta tra le labbra e cominciando a frugare in tutte le tasche che aveva alla ricerca di un accendino.
«Tipo?»
«Tipo non sono affari tuoi» ribatté, accendendo la sigaretta.
«Non ti sarai offeso per la scimmia, vero?» intervenne Zayn, che in quel momento aveva smesso di spruzzare vernice sul muro.
Harry rise, «no, devo andare a casa e prepararmi, dopo ho un colloquio di lavoro.»
Niall strabuzzò gli occhi, sorpreso dalle parole del riccio, «tu che cerchi lavoro?»
L’amico annuì confuso, «che c’è di strano?»
Zayn sghignazzò, «niente.»
Harry sospirò, indossando la felpa ed estraendo il telefono dalla tasca dei jeans mentre con l’altra mano toglieva la sigaretta dalla bocca.
«Zayn spostati» disse.
L’amico obbedì, ed Harry scattò una foto alla scimmia impressa su quel muro di Mauerpark.
«Stamperò un poster del mio ritratto» disse divertito.
Niall sorrise e finì la sua birra, prese in mano quella che Harry aveva lasciato lì e ne bevve un altro sorso.
Zayn guardò fiero il suo graffito, prese la bomboletta marrone e diede un piccolo ritocco all’orecchio destro della scimmia.
«Ora sei perfetto» disse poi, fiero del suo lavoro e andandosi a sedere accanto a Niall.
Per un attimo i tre osservarono in silenzio il disegno completato, Zayn si accese una sigaretta e al rumore dell’accendino che veniva acceso, Harry sussultò.
«Devo andare» disse frettoloso, «ci vediamo!»
I due lo salutarono, uno con un cenno del capo e l’altro alzando la mano destra, poi Niall rispose al telefono che aveva preso a suonare.
Zayn ascoltò disinteressato la conversazione dell’amico, dondolando i piedi nel vuoto e fumando in silenzio la sua sigaretta.
Quando l’amico riattaccò, si voltò nella sua direzione, «chi era?» chiese.
«Agathe.»
Zayn annuì, «cosa voleva?»
Niall sorrise compiaciuto, «me.»


 

-




Eccomi qua con una nuova storia! :D
Ho deciso di postarla nonostante non sia molto avanti nello scriverla perché preferisco aggiornare man mano che completare la fan fiction e poi metterla qua su EFP :)
Come forse saprete, ho gli esami, quindi non so quando aggiornerò la prossima volta ma cercherò di essere il più costante possibile.
Non ho ancora ben chiaro in mente come si svilupperà la storia, ma man mano che scrivo mi verrà qualche idea - come sempre ahahha - e spero che vi piaccia ciò che ho pensato!
Se volete sapere quando aggiorno, seguite la mia pagina di Facebook, se siete interessati ho anche creato un profilo :))
Fatemi sapere che ne pensate di questo Prologo, lo so che è un po' corto ma non sapevo cos'altro scrivere, gli altri capitoli saranno più lunghi, promesso!
Alla prossima!
Jas

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***




 

 



 

 

Capitolo 1

 
 

 

Bugie.
Quante volte mente una persona nella propria vita? Mille? Forse di più.
Harry Styles diceva più di una bugia al giorno, grande o piccola che fosse.
Mentiva a se stesso ogni volta che metteva piede fuori dal letto alla mattina, mentiva al suo coinquilino quando si sforzava di non insultarlo, mentiva ai colloqui di lavoro dicendo di avere esperienza in settori dei quali invece non conosceva nulla, mentiva quando diceva che non aveva il vizio di fumare ma che avrebbe potuto smettere quando voleva, mentiva a sua sorella quando le diceva che andava a tutto bene, mentiva persino alla sua prozia, che vedeva meno di una volta all'anno. Non mentiva a Niall e Zayn. Ma mentiva a suo padre riguardo tutta la sua vita.
Quando vide il suo nome lampeggiare sullo schermo del telefono, Harry si lasciò andare ad un sospiro rassegnato.
Se non avesse risposto avrebbe soltanto rimandato il momento, se avesse risposto avrebbe dovuto mentire.
Contò fino a cinque, e poi premette il tasto verde.
«Pronto?»
«Harry.»
«Ciao papà, come stai?» domandò il riccio, mettendosi il  braccio non occupato a tenere il telefono dietro la nuca ed osservando il soffitto.
«Bene» disse risoluto, «tu? Scuola tutto bene?»
Harry chiuse gli occhi per un attimo, scocciato, poi li riaprì. «Bene, ho gli esami tra...»
Rimase in silenzio pensando a quando avrebbe dovuto avere gli esami, poi si ricordò di Agathe che si lamentava che non sarebbe potuta andare al concerto di qualche band a giugno a causa appunto, degli esami. «A giugno» disse deciso.
Sentì il padre assentire, «bene, poi ti mancherebbe ancora un anno prima della laurea breve, giusto?»
Harry deglutì, a disagio.
Quella buffonata andava avanti da un anno e mezzo, e cioè da quando il riccio si era reso conto che l'università non faceva per lui, o meglio, che la facoltà di economia non faceva per lui. I bilanci non erano la sua passione, le materie umanistiche sì, ma quando, due anni prima, aveva detto a suo padre che sarebbe voluto andare all’Accademia delle belle arti questo gli era scoppiato a ridere in faccia in quanto quella non la considerava nemmeno un'università.
«Che lavoro è, il cantante? Sai quante persone più brave di te ci sono che vogliono sfondare nel mondo dello spettacolo?» aveva detto con tono sprezzante ed una risata che ancora riecheggiava nelle orecchie di Harry.
Era stato obbligato a fare economia, ma dopo la prima sessione d'esami aveva mollato tutto in quanto quella materia non faceva per lui, senza aver mai avuto il coraggio di dirlo a suo padre, che continuava a versare ignaro nel conto in banca nel figlio il denaro necessario al pagamento della retta scolastica, dell'affitto e di tutto ciò che occorreva per vivere.
«Sì» mormorò, improvvisamente insicuro e impaurito.
«E dopo cos'hai intenzione di fare?»
Harry rimase in silenzio.
Avrebbe voluto viaggiare, scrivere canzoni su ciò che vedeva, viaggiare ancora, divertirsi, ma soprattutto cantare.
«Boh.»
Il padre sospirò, «sai come la penso, due anni in più cosa sarebbero?»
Harry deglutì, doveva dirglielo, non aveva scelta, più aspettava e più la situazione peggiorava.
«Senti...» cominciò, toccandosi i capelli con la mano e facendola poi scorrere sul viso.
Stava per continuare quando la porta si spalancò e Zayn urlò, facendo spaventare Harry.
«Chi era?» domandò il padre.
«Un mio... Compagno, dobbiamo studiare insieme.»
«Okay, allora parliamo un'altra volta, anch'io dovrei andare...»
«Va bene, ciao papà» disse Harry, osservando l'amico che nel frattempo si era seduto ai piedi del letto, e riattaccò.
«Allora?» domandò Zayn, curioso.
Il riccio si strinse nelle spalle, «solita. Vuole sapere cosa faccio dopo la laurea breve...» mormorò distratto, guardando fuori dalla finestra.
Zayn trattenne un sorriso, «stai aspettando che arrivi qua per la tua laurea per dirgli che hai smesso di andare all'università da più di un anno?»
Harry sbuffò, «prova ad essere nei miei panni, non è semplice, anzi, è più difficile ogni secondo che passa.»
«Allora non perdere tempo.»
«Non ho idea di come potrebbe reagire, potrebbe anche prendermi per il collo e farmi morire soffocato, non sto scherzando.»
Zayn alzò le spalle prendendo dalla tasca dei jeans un pacchetto di sigarette ed offrendone una all'amico, che sapeva averne bisogno.
«Lo so, ma se sai già che prima o poi verrà a saperlo, tanto vale farlo subito. Come dice il proverbio, tolto il dente, tolto il dolore.»
Harry osservò l'amico attraverso il fumo che stava salendo verso il soffitto e inarcò un sopracciglio, sardonico, «da quando siamo diventati così filosofici, Malik?»
«Ah scusa, è vero che sei tu il filosofo del gruppo» lo prese in giro Zayn, alzandosi dal letto e invitando l'amico a fare lo stesso.
«Io scrivo canzoni» borbottò questo, con la sigaretta tra le labbra.
«Vieni a bere qualcosa al bar dai, dovrebbe arrivare anche Niall forse.»
Harry ci rifletté un attimo, poi decise di accettare la proposta e si alzò.
«Però paghi tu» disse deciso.
Zayn rise, «per oggi va bene, a proposito, il lavoro?»
Il riccio si cambiò la maglietta e non appena la testa spuntò dal colletto mostrò un sorriso a trentadue denti, «mi hanno preso.»
 
 
 
Juliet uscì a passo svelto dall'università, stava ribollendo dalla rabbia.
Aveva fatto i salti mortali per essere in aula in orario, era arrivata con meno di cinque minuti di ritardo ma sarebbe potuta arrivare anche un'ora dopo che non sarebbe cambiato nulla. La lezione era stata rimandata a causa di un imprevisto che era capitato al professore.
Attraversò la strada incurante del semaforo pedonale che era appena diventato arancione ed entrò nel locale nel quale era solita mangiare qualcosa quando non riusciva a tornare a casa. Era stranamente pieno, la ragazza si guardò intorno alla ricerca di una sedia libera che tuttavia non trovò.
Stava per uscire, ancora più di malumore, quando vide una mano sventolare, alla ricerca della sua attenzione. Juliet ci mise un po' a mettere a fuoco la figura troppo lontana per essere riconosciuta, ma quella folta chioma bionda e quell'abbigliamento eccentrico non potevano passare inosservati.
Si avvicinò titubante e la ragazza che il giorno precedente le aveva rovesciato addosso il caffè la invitò a sedersi.
Juliet la ringraziò, si tolse il trench che indossava e si sedette di fronte alla bionda, incerta su cosa dire o fare. Se il giorno precedente le era venuto il dubbio che lei non fosse tedesca, ora ne era più che convinta, l'accento britannico era ancora ben noto.
«È stranamente pieno oggi» osservò la ragazza mentre chiudeva il menu che aveva appoggiato sul tavolo.
«Già, in due anni che frequento questo posto non mi era mai capitato di rischiare di rimanere in piedi.»
La bionda annuì, «comunque io sono Agathe» disse porgendo la mano, Juliet la strinse presentandosi a sua volta, in inglese.
Agathe la guardò sorpresa, «sei inglese?» domandò poi, con le sopracciglia ancora incaricate.
Juliet annuì, trattenendo un sorriso.                                                                 
«Anche tu da quanto ho capito, ho riconosciuto il tuo accento.»
Agathe sorrise, «mi sto sforzando di imparare la lingua, tuttavia la pronuncia mi frega ancora. Tu invece hai un accento perfetto!»
«Vivo a Berlino da dieci anni ormai, i miei hanno deciso di trasferirsi per lavoro.»
«Io sono qua da solo due anni, da quando ho iniziato a frequentare l'università.»
«Giurisprudenza?»
Agathe annuì.
«Anch'io» disse Juliet.
In quel momento arrivò il cameriere, entrambe ordinarono un caffè e quando questo se ne fu andato, Agathe riprese a parlare.
«Spero che la tua camicia non sia rimasta macchiata.»
Juliet mosse la mano destra davanti al viso, facendole capire che non era una cosa importante, «non era nemmeno tanto nuova, non preoccuparti.»
«È che sono sbadatissima, scusa ancora.»
«Non importa, davvero. E poi non è nulla rispetto a quello che è successo oggi.»
«Ossia?» domandò Agathe curiosa.
Juliet le spiegò brevemente dell'imprevisto del professore e di tutto quello che le era successo prima che arrivasse all'università: dalla sveglia che non era suonata, al quaderno degli appunti che non trovava, al cane che aveva deciso di fare pipì in corridoio, alla domestica che proprio quel giorno aveva preso la febbre.
Agathe strabuzzò gli occhi, «ma allora frequentiamo gli stessi corsi! Eppure non ti ho mai vista...»
«Nemmeno io» ammise Juliet.
La bionda si strinse nelle spalle, « almeno ho trovato una mia compatriota, i tedeschi mi stanno un po' antipatici.»
Juliet stava per ribattere ma in quel momento il telefono della bionda prese a vibrare sul tavolo.
«Ciao amore!» squittì, non appena rispose.
«Sono un po' occupata al momento, ci sentiamo dopo, okay?»
Juliet non voleva sembrare impicciona o altro, però le era impossibile non ascoltare la conversazione.
Prese a guardarsi in giro, nonostante ogni tanto l'occhio le cadesse su Agathe che annuiva pensierosa.
«Okay, certo che ci sono» disse la bionda, «va bene... Anch'io, ciao.»
Juliet bevve un sorso del suo caffè mentre Agathe posò il telefono sul tavolo.
«Scusami ma era Niall, il mio ragazzo.»



 

-




Eccomi qua!
Scusate se aggiorno solo ora ma ho avuto stamattina il colloquio orale della maturità, ora pure io sono in vacanza! :D ahaha
Volevo ringraziarvi di cuore per tutte le recensioni che mi avete lasciato, non me ne aspettavo così tante già dal Prologo quindi grazie mille!
In questo capitolo si capisce già qualcosa in più su Harry e Juliet, il prossimo capitolo però sarà più movimentato!
Grazie anche per aver aggiunto la storia tra le preferite/seguite/ricordate, grazie davvero ♥
Fatemi sapere che ne pensate di questo capitolo, alla prossima! 
Jas



 







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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***




 

 






Capitolo 2



 

 

Juliet era seduta a tavola con i suoi, nella stanza regnava il silenzio rotto soltanto dal rumore delle posate che picchiavano sui piatti.
Nella sua testa regnavano il caos e la paura.
Il caos perché non riusciva ancora a capire come avesse potuto accettare la proposta di Agathe, o meglio, come questa fosse riuscita a convincerla.
Paura di dire ai suoi genitori che quella sera sarebbe andata ad una festa e che non sapeva a che ora sarebbe tornata.
Juliet si schiarì la voce e gli occhi scuri di suo padre passarono dal polpettone che aveva nel piatto al viso della figlia.
«Papà...» mormorò poi, attirando l'attenzione anche della madre.
Questo inarcò le sopracciglia ed assentì con la testa, in quanto aveva la bocca piena, Juliet allora continuò.
«Mi hanno invitata ad una festa, stasera.»
«E ci vai?» chiese la madre, bevendo poi un sorso di vino.
«Io... Non so» disse Juliet, pensierosa, «vorrei. Posso?»
Il silenzio ora era assoluto, non c'erano posate che picchiavano addosso ai piatti, Juliet sentiva soltanto il rumore del suo cuore che palpitava nel petto e che scandiva il tempo che passava.
«Certo, perché no?» rispose il padre, dopo un tempo che le parve infinito.
La ragazza riprese a respirare, increspò le labbra in un sorriso di gratitudine prima di tornare alla sua cena, con un peso in meno sullo stomaco.
 
 
 
 
Agathe aveva mentito: non aveva idea di chi fosse l'organizzatore di quella festa alla quale si era imbucata.
La settimana prima aveva sentito due ragazze all'università parlare dell'evento e curiosa di sapere di che cosa si trattasse aveva deciso di andarci, riuscendo a convincere anche Juliet a venire.
Non conosceva molto bene quella ragazza, ma le ispirava simpatia nonostante la troppa tranquillità e quell'aria da santa che riusciva ad avere persino in quel momento, circondata da persone ubriache nella casa di uno sconosciuto.
«Dimmi se vedi un ragazzo bello e biondo!» le disse Agathe, alzando la voce con l'intento di sovrastare la musica assordante.
Juliet la guardò confusa ma prima che riuscisse a ribattere si sentì trascinare dalla bionda verso una portafinestra che dava su un balcone.
L'aria fresca la fece rabbrividire nonostante avesse avuto la premura di indossare sopra il vestito un blazer blu scuro.
Agathe si avvicinò ad un gruppo di ragazzi appoggiati alla ringhiera, abbracciando poi con trasporto quello biondo, probabilmente quello che le aveva chiesto di cercare.
Juliet rimase in disparte ad osservare la scena, fece passare lo sguardo dalla sua amica al biondo e poi agli altri due ragazzi, probabilmente anche loro suoi amici.
Uno aveva la carnagione scura, i capelli castani sistemati in un ciuffo e gli occhi marroni, l'altro aveva i capelli ricci e gli occhi verdi, di un verde particolare, che Juliet non aveva mai visto.
«Juliet» si sentì chiamare da Agathe, «ti presento Niall, il mio ragazzo. Viene dall'Irlanda. Mentre loro sono Harry e Zayn, entrambi inglesi.» disse indicando rispettivamente il biondo, il riccio ed infine il ragazzo dalla pelle olivastra.
«Piacere» disse Juliet, guardando tutti e tre.
Per un attimo nel gruppo calò il silenzio, poi Agathe batté le mani entusiasta e con un grande sorriso dipinto sul volto.
«Andiamo a ballare?» propose.
 
 
 
La serata stava procedendo bene, nonostante a quella festa conoscesse molte poche persone, in realtà quasi nessuno, Harry si stava divertendo.
Era appoggiato alla parete del salotto con la schiena ed un piede, reggeva in una mano un bicchiere di birra e nell'altra una sigaretta accesa.
Osservava tranquillo le persone che ballavano, riusciva a scorgere Zayn con una rossa e Niall con Agathe, ma di Juliet, la sua amica, non c'era nemmeno l'ombra.
Quando Agathe gliel'aveva presentata, si era subito chiesto come due ragazze completamente opposte fossero diventate amiche.
Se Agathe era egocentrica, logorroica, festaiola, chiacchierona e aperta, l'altra sembrava molto timida e pacata, fine nei modi di fare e con un'aria innocente.
Buttò per terra la sigaretta, infischiandosi del fatto che si trovasse in una casa, e finì in un sorso la birra che teneva in mano prima di dirigersi al piano superiore, alla ricerca del bagno.
Man mano che avanzava per il corridoio il rumore proveniente dal piano di sotto diminuiva, Harry si arrestò quando scorse Juliet appoggiata al muro.
«Ciao» disse incerto, muovendo un ulteriore passo nella sua direzione.
La ragazza alzò di scatto la testa dalle sue scarpe, rivolgendo un sorriso gentile al ragazzo non appena lo riconobbe, «ehi» disse.
«Sai dov'è il bagno?»
Juliet indicò la porta chiusa di fronte a lei, «sto aspettando da più di dieci minuti» si lamentò.
Harry rise, «probabilmente stanno facendo altro...» constatò divertito, osservando l'espressione leggermente inorridita della ragazza.
«Ma a me scappa la pipì!»
«Potremmo andare in giardino» propose allora.
Juliet lo guardò interdetta, «stai... Scherzando, spero.»
Harry sorrise e scosse la testa, «dai andiamo, non se ne accorgerà nessuno» la spronò, tendendole la mano.
La ragazza lo osservò, dopo alcuni secondi assentì e si spostò dal muro pronta a seguirlo senza tuttavia prendere la sua mano, che cadde nel vuoto.
Il giardino, diversamente da come sperava, non era poi così deserto e Juliet si chiese cos’avrebbe fatto adesso che aveva perso il posto nella coda per il bagno.
«Mi dici dove posso fare la pipì?» lo riprese bisbigliando, tuttavia con tono accusatorio.
Harry la ignorò, continuò a camminare fino a quando non raggiunse un angolo buio e nascosto dal muro della casa e alcuni cespugli.
«Qua» disse poi, orgoglioso.
Juliet lo guardò incredula, «non ho intenzione di farmi vedere da tutti mentre faccio la pipì, e per di più nel giardino di non so chi! Non se ne parla!»
Harry si strinse nelle spalle, «fai come vuoi, a me scappa, quindi la faccio qua» disse, cominciando a slacciarsi la cintura.
«Sì ma tu sei un maschio, potresti farla in un angolino qualunque, io sono una ragazza!»
«Se vuoi controllo io che non arrivi nessuno, oppure trattienila fino a quando non ti scoppierà la vescica.»
Juliet alzò gli occhi al cielo e ad Harry venne da ridere, chiedendosi per l'ennesima volta dove Agathe avesse scoperto una ragazza del genere.
«Okay, la faccio qua» cedette infine questa, «però la faccio prima io!»
Harry si spostò facendole cenno con un gesto cavalleresco di andare pure, «prego» disse poi, dandole le spalle e guardando le persone che popolavano il giardino.
«Non girarti!» gli ordinò Juliet intenta, nel buio, ad alzarsi il vestito.
Harry rise, «non oserei mai.»
Rimase immobile come una statua fino a quando Juliet non lo raggiunse, «fatta tutta?» chiese a quel punto.
La ragazza annuì divertita, allora fu il turno di Harry di nascondersi nell'angolo e Juliet lo aspettò, senza osare voltarsi.
«Però è brutto farla al buio» osservò il riccio, mentre tornava da lei ed alzava la zip dei jeans.
Juliet lo guardò schifata, poi gli porse una salvietta umida, «pulisciti le mani.»
«Oh, grazie» disse Harry, facendo come lei aveva chiesto, senza smettere di osservarla.
«Certo che sei strana» continuò, e Juliet lo guardò confusa ma nel contempo con una certa aria di sfida. «Insomma, sembri una ragazza d'altri tempi.»
«Di che cosa stai parlando?» domandò lei, leggermente irritata.
«Non è una critica, è solo che sei così tranquilla ed educata. Sembra che tu faccia parte della famiglia reale. Oltretutto mi è ancora oscuro come tu faccia ad essere amica di una come Agathe, che è praticamente il tuo opposto.»
«Non sono io che sono particolarmente educata» ribatté Juliet, «senza offesa, ma siete voi che mi sembrate i classici ragazzi che mia madre mi impedirebbe di frequentare. Agathe l'ho conosciuta all'università alcuni giorni fa, comunque.»
Harry la guardò divertito, «stai disobbedendo a tua madre, quindi?» domandò, provocatorio.
Juliet alzò gli occhi al cielo, «può darsi...»
«Allora non sei poi così perfettina come pensavo.»
«Io non sono perfettina» ribatté stizzita, «posso fare quello che mi pare, ma ciò non significa che debba per forza tatuarmi la pelle» disse indicando le braccia di Harry, «o fumare, o bere, o quant'altro.»
Il ragazzo sorrise, vedere Juliet così irritata lo faceva divertire. Aggrottava le sopracciglia ed alcune rughe le apparivano sulla fronte, in contrasto coi suoi lineamenti da bambina.
«E hai finito di sorridere? Mi dai sui nervi» aggiunse.
Le fossette di Harry si fecero ancora più marcate, «scusa ma è più forte di me, dovresti vederti come fai quando sei incazzata.»
«Io non sono incazzata.»
«Arrabbiata» si corresse.
«Nemmeno.»
«Alterata?»
«No.»
«Irritata.»
«No... Aspetta, forse quello un pochino» concesse Juliet, «però tu smettila di sorridere.»
Harry si morse il labbro, «va bene capo» l'accontentò poi, mettendosi le mani nelle tasche. «Andiamo dentro?» chiese.
Juliet guardò l'ora, «io tra un attimo dovrei andare.»
«Ma se non sono nemmeno le due!»
«Sì ma sono stanca, già non volevo uscire, vorrei almeno tornare a casa presto nonostante le due non sia esattamente presto.»

 

 

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Eccomi qua!
Scusate per il ritardo, sono quasi due settimane che non aggiorno ma attualmente sono a Parigi da mio papà e nonostante abbia portato qua il computer per aggiornare/fare banner etc. ho scoperto che la spina del mio caricatore ha tre denti (?) mentre le prese francesi solo due e sebbene sia andata al supermercato apposta per prendere un adattatore, sembra che non ce ne siano o.o
Fortunatamente il capitolo di Good old days ce l'avevo sull'iPad quindi sono riuscita a postarlo, per Right Side, Wrong Bed dovrete aspettare il mio rientro in Italia e cioè venerdì.
Comuuunque, tornando a noi, spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Harry e Juliet "finalmente" si sono incontrati e la ragazza come avrete notato è un bel peperino! 
Fatemi sapere che ne pensate, grazie per tutte le recensioni e per aver aggiunto la storia tra le seguite/preferite/ricordate. Grazie di cuore!
Alla prossima,
Jas



 





 


 

 

    



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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***




 

 





 
 
 
Capitolo 3

 

 
 

Juliet cercò invano di tapparsi le orecchie con il cuscino, cercando di non sentire quel rumore che in realtà era impossibile ignorare.
Il cellulare non la voleva smettere di suonare e Juliet era troppo stanca e svogliata per allungare il braccio verso il comodino, prendere il telefonino e rispondere.
«Che palle» mugolò, quando la suoneria rimbombò nella stanza per l'ennesima volta.
Rassegnata, prese il cellulare e se lo portò all'orecchio borbottando qualcosa di incomprensibile.
«Stavi dormendo?» la voce di Agathe le arrivò alle orecchie inconfondibile ed acuta come quella di una sirena.
«Sì» disse solo Juliet, sbadigliando.
«Ancora? Ma non sei arrivata a casa alle due? Come fai ad avere ancora sonno!»
Juliet sbadigliò di nuovo, poi con fatica si alzò appoggiando la schiena sulla testiera del letto, «ero stanca» disse soltanto, lanciando uno sguardo alla sveglia sul comodino che segnava soltanto le nove di mattina. Si chiese come facesse Agathe ad essere già così arzilla.
«Harry non ti ha stuprata, vero?» rise.
«È stato molto gentile» rispose Juliet, senza percepire il tono scherzoso dell’amica.
La bionda sospirò alzando gli occhi al cielo, «oggi cos'hai intenzione di fare?»
«Non ne ho idea, sono ancora a letto con le persiane chiuse e le tende tirate, non puoi chiedermelo tra venti minuti?»
«Alzati e vestiti in fretta che ti porto in un posto!»
Juliet sospirò, poi con molta lentezza si scostò le coperte di dosso ed appoggiò i piedi gelati sul parquet.
«Dove?» domandò.
«È una sorpresa, sbrigati, sono da te tra mezz'ora.»
Juliet non fece nemmeno in tempo a ribattere, che Agathe le riattaccò in faccia.
 
 
 
Harry aveva lo sguardo assorto, fisso davanti a lui da cinque minuti buoni, e non gli passava per la testa l'idea di sposarlo.
Juliet era seduta di fronte a lui, le gambe incrociate e la borsa appoggiata su di esse. Sorrideva ai racconti di Niall che gesticolava animatamente con una birra in mano ed ogni tanto socchiudeva gli occhi.
Sembrava un pesce fuor d'acqua.
Vestita così elegantemente, un paio di jeans a vita alta arrotolati fino alla caviglia ed una camicietta azzurra smanicata, sicuramente di marca. Eppure ad Harry non pareva che si sentisse a disagio, anzi, nemmeno quando accidentalmente posava gli occhi su di lui che non si preoccupava nemmeno di far finta di stare guardando da un altra parte.
Cominciò a chiedersi come fosse la sua vita.
Quanti ragazzi aveva avuto, quanti ne aveva baciati, con quanti era andata a letto. Se si era mai innamorata o ubriacata, se aveva mai fumato erba o fatto il bagno nuda nel mare.
Harry era talmente immerso nei suoi pensieri che non si accorse di Zayn che gli aveva fatto una domanda e che aspettava una risposta.
«Eh?» disse distratto, distogliendo lo sguardo da Juliet per guardarlo.
«Ti ho chiesto se mi passi una birra.»
Harry annuì e fece come chiesto, «io ho fame» disse poi, alzandosi da terra e pulendosi i pantaloni, «volete qualcosa?»
«Due panini e un pacchetto di Pringles» disse Niall.
«Io un panino» intervenne Zayn, mentre apriva la birra con un accendino.
«Anch'io» aggiunse Agathe.
«Juliet, mi accompagni?» chiese Harry, voltandosi verso la ragazza che lo guardò sorpresa.
Rimase interdetta per alcuni istanti poi annuì confusa e si alzò per seguirlo.
Camminarono in silenzio fino a quando non raggiunsero il chiosco, Harry ordinò ciò che avevano chiesto gli altri e poi si voltò verso Juliet: «tu che prendi?»
«Un panino anch'io, grazie» disse.
Harry porse al commesso una banconota da cinquanta euro prima che la ragazza riuscisse a prendere il portafoglio dalla propria borsa.
«Pago io, tranquilla» disse il riccio.
«Beh, grazie.»
Harry le sorrise mentre le porgeva le cose, prese il resto e poi tornarono indietro.
«Ti volevo chiudere scusa» riuscì a dire dopo alcuni minuti di silenzio, «non dovevo dirti quelle cose, ognuno è libero di fare ciò che vuole.»
Juliet continuò a camminare con lo sguardo fisso davanti a sé, «scuse accettate» disse, «anche se io ho fatto la mia parte, non dovevo risponderti in maniera così aggressiva.»
Harry sorrise poi si arrestò e si voltò nella sua direzione, porgendole con fatica - e cercando di non far cadere tutte le cose che stava tenendo - la mano destra, «facciamo pace?»
Juliet sorrise, e gliela strinse con vigore, «per questa volta sì dai» disse divertita.
Harry serrò le labbra e gli occhi, guardandola con fare circospetto e allo stesso tempo scherzoso, poi senza dir niente riprese a camminare verso gli altri ragazzi che li aspettavano all'ombra di un albero.
«Era ora!» esclamò Zayn, non appena li vide arrivare.
«Dove vi eravate imboscati, eh?» aggiunse Niall.
Harry alzò il dito medio e rise, Juliet sorrise timidamente e si sedette accanto ad Agathe che le aveva fatto segno di non ascoltarli.
«Sono gli ormoni» disse divertita, mentre prendeva il suo panino.
Juliet stava per ribattere ma in quel momento le suonò il telefono nella borsa. Si alzò per rispondere.
«Ciao papà» la sentirono dire gli altri, prima che lei si allontanasse.
«Dite che è miliardaria?» domandò Zayn.
«Probabile, non vedi come si veste?» disse Niall, a bocca piena.
«Casa sua è grande venti volte il mio appartamento» intervenne Harry.
«Tu vivi in una bettola!» ribatté il biondo, prendendolo in giro.
«Parla l'altro.»
«Zitti bambini!» li riprese Agathe ridendo, «e poi Juliet può essere ricca quanto volete, però è simpatica.»
«E anche parecchio figa» si lasciò sfuggire Niall, prima di ricevere uno scappellotto da parte della sua ragazza.
«Dovrei sposarmela, farei il mantenuto a vita» osservò Zayn.
«Zitti» li interruppe Harry, quando vide che Juliet aveva concluso la chiamata e stava ritornando verso di loro.
Tra il gruppo calò improvvisamente il silenzio, la ragazza li guardò confusa, «tutto bene?» chiese.
Agathe annuì, «abbiamo pensato di fare un gioco per conoscerci... Conoscerti... Meglio» disse.
Juliet la guardò confusa, così come gli altri tre che ovviamente non ne sapevano niente dell'idea.
«Che gioco?»
«Obbligo o verità» buttò lì la bionda.
Niall rischiò di strozzarsi con la birra che stava bevendo, Zayn annuì esaltato dall'idea mentre Harry rimase indifferente.
«Okay» assentì Juliet dubbiosa, «chi inizia?»
«Tu, fai una domanda a chi vuoi» disse Agathe.
Juliet rimase in silenzio per alcuni secondi, poi si rivolse a Zayn, «obbligo o verità?»
«Verità»
«Sei mai stato innamorato?»
«Oh oh oh!» esclamò Niall, battendo le mani entusiasta.
Il moro ci pensò su un attimo poi il suo volto si aprì in un sorriso raggiante, «sì» disse, «di me stesso. Come si fa a non amarmi?»
«Smettila di sparare stronzate» intervenne Harry, mentre si stava accendendo una sigaretta. «Dì la verità.»
Zayn sospirò, «okay sono stato innamorato una volta di una ragazza, fine.»
Juliet sorrise, «va bene. A chi tocca ora?»
«A me!» intervenne Niall. «Juliet, obbligo o verità?»
«Verità.»
«La cosa più trasgressiva che tu abbia mai fatto?»
Juliet rimase in silenzio per un attimo, poi parlò: «quando avevo sedici anni sono scappata di casa una sera per uscire con i miei amici, sono rientrata alle quattro e i miei non mi hanno beccata» disse.
«Non ci credo!» esclamò Agathe, «non ti facevo così una cattiva ragazza!»
«Ero una ragazzina» si difese lei, «ora sono cresciuta.»
«Pensa che credevo avresti risposto "andare a dormire senza essermi lavata i denti"» disse sincero Niall, prima di ricevere una gomitata nelle costole da parte di Agathe.
Juliet sorrise imbarazzata, si finse indifferente nonostante capì bene cosa intendeva il biondo, seppur in buona fede.
«A chi tocca? Harry mi pare.»
Il riccio spense la sigaretta nel giardino prima di scrutare attentamente Juliet.
Non aveva la minima idea di cosa chiederle, non voleva sapere determinate cose su di lei attraverso uno stupido gioco.
«Obbligo o verità?»  chiese.
Juliet sorrise divertita, «verità.»
«Sì però senza alcun obbligo che divertimento c'è?» intervenne Niall, a voce fin troppo alta.
Juliet si voltò a guardarlo, «okay, obbligo allora» si corresse.
Harry sbuffò, cosa poteva obbligarla a fare?
Appoggiò i gomiti sulle gambe incrociate e si prese il mento tra le mani, pensieroso, mentre scrutava la ragazza di fronte a lui e si chiedeva cosa potesse obbligarla a fare.
«Una sera esci con noi a fare baldoria, ma quella vera, non alle due a casa.»
Niall sorrise soddisfatto, Zayn si lasciò scappare un ghigno prima che mettesse la sigaretta in bocca e Agathe rimase interdetta, lanciando uno sguardo preoccupato a Juliet che invece non sembrava per nulla turbata.
«Okay» disse tranquilla, sorridendo come se niente fosse, «dimmi quando e io ci sarò» ribatté, con aria di sfida, senza distogliere lo sguardo dalle iridi verdi del riccio.
«Ti farò sapere» rispose quest'ultimo. Un ghigno divertito e malizioso allo stesso tempo dipinto sul volto.
Improvvisamente calò un silenzio carico di tensione, una tacita sfida era appena nata tra Harry e Juliet, competizione che si portavano dietro dalla serata prima, da quella "buonanotte" sputata tra denti con rabbia, nonostante avessero fatto teoricamente pace.
Harry si chiese fin dove quella ragazza così pacata ed educata si sarebbe spinta, Juliet dal canto suo, avrebbe volentieri fatto uno strappo alle regole soltanto per far rimanere il riccio impertinente che si trovava davanti agli occhi a bocca asciutta.
Era strano. Simpatico, divertente, strafottente al punto giusto con quel suo stile un po' vintage e un po' indie. Juliet doveva ammettere che non era male. Non era uno di quei ragazzi che ti aspetteresti di trovare sulla copertina di un giornale ma aveva il suo fascino. Sin dal primo acchito l'aveva colpita.
Capelli particolari, labbra ben disegnate, così come il suo naso, ma la parte che Juliet più preferiva erano i suoi occhi.
Così penetranti e particolari, mai avrebbe pensato di incontrare degli occhi così profondi, dei quali avrebbe potuto parlare per ore.
Anche in quel momento, seduti su un prato, con Harry tranquillamente sdraiato, la schiena su da terra perché appoggiata ai gomiti e quella camicia fin troppo sbottonata, poteva sentire quegli occhi scrutarla. Quella sensazione non l'aveva abbandonata per tutta la mattinata ed ogni volta che si voltava verso il riccio per capire se fosse diventata paranoica, incrociava quello sguardo per nulla intimorito. Nemmeno quando capiva di essere stato beccato in pieno Harry si prendeva la briga fare almeno finta di stare guardando da qualche altra parte.
Juliet si chiese cosa ci fosse di così interessante in lei. 


 

-




Eccomi qua! :D
Scusate per il ritardo ma ho avuto un po' di problemi col computer, ora però dovrei essere a posto!
Harry e Juliet si avvicineranno subito, questo posso dirvelo, nonostante ciò la fortuna non sarà per niente dalla loro parte... Più avanti capirete perché!
Fatemi sapere che ne pensate e grazie mille per le recensioni che mi avete lasciato!
Alla prossima!
Jas



 



(sta gif non c'entra niente ma guardate che occhioni da piccolo! Che cippi ♥)

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***




 

 







Capitolo 4





In casa Hamilton regnava il silenzio, interrotto soltanto dalla biro che picchiettava ritmicamente sul libro di più di trecento pagine di diritto internazionale.
Juliet sbuffò, facendo muovere una ciocca di capelli che era sfuggita dall’ormai disfatta crocchia che si era fatta non appena si era seduta sul divano del salotto, e voltò stancamente pagina nonostante di quello che aveva letto fino a quel momento non si ricordasse niente.
Lanciò uno sguardo all’orologio appeso alla parete di fronte a lei, erano soltanto le tre di pomeriggio e lei era già stanca di “studiare”, aveva fame e sete, le scappava la pipì ma era troppo pigra per alzarsi ed andare in bagno.
Chiuse gli occhi cercando di ripetere ciò che aveva appena letto ma i trattati europei in quel momento le sembravano la cosa più inutile e noiosa del mondo. Il telefono che squillò la fece tornare alla realtà.
Guardò confusa il numero del mittente, non salvato in rubrica, e poi rispose.
«Pronto?» disse, appoggiandosi allo schienale del divano ed allungando le gambe, rimaste incrociate fino ad allora, sul tavolino.
«Juliet?»
La ragazza rimase per un attimo in silenzio, cercando di riconoscere quella voce che sentiva lontana e disturbata. «... Sì?»
«Juliet» la voce prima incerta si fece decisa, «sono Harry.»
La ragazza rimase in silenzio, troppo sorpresa per dire qualunque cosa. Harry era l’ultima persona dal quale si sarebbe aspettata una chiamata in un noioso venerdì come tanti.
«Harry Styles, l’amico di Agathe» aggiunse il ragazzo, che interpretò il silenzio da parte di Juliet nella maniera sbagliata.
Lei rise, «so chi sei!» esclamò poi divertita, «vuoi dirmi anche quando sei nato e dove vivi, giusto per farti riconoscere meglio?»
Harry sorrise, «sono nato il primo febbraio e vivo a Friedrichshain.»
«Bene, altro?»
Il riccio sorrise, «sì, domani sera cosa fai?»
Juliet si alzò dal divano e si diresse verso la cucina, «non ne ho idea, perché?»
«Esci con me.»
La ragazza rimase con la bottiglia d’acqua a mezz’aria e il fiato sospeso, poi si lasciò andare in una fragorosa risata. «Stai scherzando, vero?»
«Perché dovrei, scusa?»
Juliet prese un respiro profondo prima di parlare: «non credo sia una buona idea» disse soltanto.
«Non ti sto chiedendo di sposarmi, ma solo di uscire e divertirti un po’. Ci saranno anche gli altri, ti ricordo che è un obbligo a cui devi assolvere» ribatté Harry, fiero.
«Non voglio tornare a casa ubriaca» constatò lei.
Harry sorrise ed annuì, «okay...»
«Né tantomeno fatta. O peggio, ritrovarmi nel letto di uno sconosciuto, senza vestiti, e non ricordarmi niente di ciò che è successo.»
«Tranquilla non ti stupro, non succederà niente di queste cose, prometto» rise il riccio.
Juliet prese un respiro profondo, «allora va bene, accetto. A che ora passi a prendermi?»
Harry fu colto all’improvviso da quella domanda, il fatto è che non ne aveva idea nemmeno lui, «alle nove e mezza» disse poi.
«E come mi devo vestire?»
Il riccio sorrise, «come vuoi, puoi rimanere anche in mutande se vuoi.»
«Ah ah ah» Juliet finse una risata scocciata, «intendevo se elegante o normale, dato che non so dove andiamo.»
«Jeans e maglietta andranno bene, se vuoi ti presto una mia camicia.»
«Non vorrei mettere in mostra il mio decolté, dato che tu con quelle camicie allacci gli ultimi tre bottoni e basta.»
«Qualcosa contro il mio stile?» ribatté Harry.
Juliet bevve un sorso d’acqua poi rispose: «no, era solo una constatazione.»
«Bene.»
«Bene» ripeté lei.
«Allora ci vediamo domani, buono studio.»
«Okay, ma... Come fai a sapere che sto studiando» domandò Juliet sorpresa.
Harry rise, «ho tirato a indovinare, figurati se una secchioncella come te non sta studiando.»
«Domani appena ti vedo ti tiro un pugno.»
«Lo aspetterò con fervore, allora. Ciao Juliet.»
«Ciao Harry» disse lei, poi riattaccò ed appoggiò il telefono sul ripiano della cucina, ritrovandosi a sorridere.
 
 
 
Harry fece l’ultimo tiro dalla sua sigaretta, la buttò per terra e rientrò nella gelateria.
Fortunatamente non c’era nessuno, nonostante avesse iniziato quel lavoro da una settimana, non aveva voglia di servire gelati alla gente.
Si sedette dietro il bancone ed osservò le lancette dell’orologio appeso al muro che giravano lentamente. Troppo lentamente.
Dopo circa due minuti prese in mano il telefono ed iniziò a scorrere i numeri in rubrica, quando arrivò a quello di Zayn tentennò un attimo ma poi lo chiamò.
«Pronto?» rispose questo, al terzo squillo.
«Sono Harry.»
«Lo so cretino, ho salvato il tuo numero in rubrica.»
Il riccio rimase in silenzio per un attimo, «scusa» disse poi mentre si allungava per prendere un cucchiaino col quale assaggiò il gelato al limone.
«Stasera cosa fai?» domandò, a bocca piena.
Zayn ci pensò su, «esco con una ragazza che ho conosciuto l’altro giorno all’università.»
Harry inarcò le sopracciglia sorpreso, «e non me lo dici?» lo riprese, «cosa fa?»
«Recitazione.»
«E... ?» lo spronò il riccio.
«E cosa?»
«Dimmi qualcosa su di lei! È bella?»
«Abbastanza.»
«Simpatica?»
«Diciamo di sì dai.»
«Intelligente?»
«Sembra.»
«Allora non fa per te» lo prese in giro Harry, che rischiò di strozzarsi col gelato che aveva ancora in bocca.
«Fottiti. Almeno io non ci provo con una Miss con la puzza sotto il naso.»
«Io non ci provo» ribatté Harry corrucciato, «non è il mio tipo.»
«A me sembra che tu sia interessato invece» osservò Zayn, «ma forse mi sarò sbagliato.»
«Probabile, Juliet non mi piace. È carina e simpatica ma è troppo pacata e perfettina, non andremmo d’accordo.»
«Allora perché l’hai invitata ad uscire?»
Harry strabuzzò gli occhi, «tu come fai a saperlo?» squittì, sorpreso.
«Me l’ha detto Niall che ha sentito Agathe e Juliet parlare al telefono di quello.»
«Ma se gliel’avrò chiesto meno di un’ora fa!»
«Le voci girano, Styles.»
Harry sbuffò, «comunque non ho fatto niente di male, domani sera usciamo tutti insieme, non è un appuntamento» disse, come per giustificarsi.
«Okay stai calmo, quindi se mi va posso provarci spudoratamente?»
«Fai quello che vuoi» borbottò il riccio, alzando gli occhi ed osservando il soffitto azzurrino.
«Va bene» sorrise sornione Zayn.
In quel momento il campanello appeso alla porta tintinnò, Harry abbassò lo sguardo ed incrociò quello di una bambina bionda e con gli occhi azzurri.
«Senti devo andare» disse all’amico, «ci vediamo domani, allora.»
«Okay, dovrò mettermi in ghingheri per Juliet. Tu che dici? Maglietta o camicia? Direi camicia, lei sembra adorare le camicie.»
«Zayn fai quel cazzo che vuoi, devo andare, ciao» e senza lasciare l’amico ribattere, riattaccò.
«Non si dicono le parolacce» lo riprese la bambina, che aveva appena appoggiato due euro sul bancone.
Harry si sforzò di sorriderle, «scusa» disse, «cono o coppetta?»
La bambina indicò la coppetta più piccola e scelse i gusti, Harry si ritrovò a pensare a quanto assomigliasse a Juliet nei modi di fare così pacati.


 

-




Eccomi qua!
Questo capitolo è un po' corto e di passaggio, ma Harry gioca subito la carta dell'obbligo, il ragazzo non perde tempo! ahahaha
Aggiornerò il più presto possibile col prossimo capitolo, fatemi sapere che ne pensate di questo, mi farebbe tantissimo piacere ♥
Jas



 



 




 
 
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***



 

 




 

 
 

 

Capitolo 5

 
 
 
Juliet sbuffò, Agathe camminava troppo veloce per i suoi gusti e non riusciva a starle dietro nonostante fosse lei quella che stava tenendo in mano più di tre sacchetti colmi di vestiti.
«Puoi rallentare?» domandò per l'ennesima volta, senza ricevere risposta da parte dell'amica.
«Guarda che me ne torno a casa» continuò.
A quelle parole Agathe si arrestò di scatto e si voltò, «cosa?» squittì.
«Oggi mi spetta la serata più devastante della mia vita, stando alle parole di Harry, quindi ti conviene non farmi stancare se non vuoi che prima di mezzanotte mi addormenti da qualche parte.»
Agathe alzò gli occhi al cielo, «quanti anni hai? Venti o novanta?»
«Centouno.»
«Ecco appunto, pure gli ultracentenari sono più attivi di te.»
Juliet la ignorò, continuò a camminare lasciandosela dietro.
«Anzi, credo che gli ultracentenari facciano più compere di te!» continuò la bionda, alludendo alle sue mani vuote.
«Sopravviverò.»
«Ho fame» si lamentò Juliet, dopo alcuni minuti di silenzio.
«Ti porto io in un posto delizioso, vieni da questa» disse Agathe, svoltando in una strada secondaria che Juliet non aveva mai notato.
Nonostante vivesse a Berlino da anni, non era pratica di quella zona della città in quanto non la frequentava quasi mai, anzi, i suoi da piccola le proibivano quasi di andarci. Non che fosse malfamata, ma secondo loro era pieno di gente "strana".
«Mi stai portando in un posto nascosto per uccidermi?» chiese Juliet ridendo, mentre si addentravano sempre di più all'interno di quel vicolo.
«Non ci avevo nemmeno pensato, sarà per la prossima volta» la prese in giro Agathe, nel momento stesso in cui le due sbucarono su una strada più grande ed affollata.
Era una zona pedonale, piena di ristoranti e negozi.
«Andiamo da questa» spiegò Agathe, facendosi spazio senza problemi tra la gente, mentre Juliet la seguiva con fatica.
Era un ambiente bello, quello.
Sembravano tutti così allegri e privi di preoccupazioni, c'era un chiacchiericcio diffuso e un sottofondo musicale che più camminavano più diventava udibile.
Incontrarono una folla ancora più concentrata attorno a qualcosa, o meglio, qualcuno, che si stava esibendo.
«Vieni» disse Agathe, facendosi spazio tra di questa.
«Dove vuoi andare?» domandò Juliet confusa, ma la bionda non fece in tempo a rispondere che la ragazza vide, oltre un paio di teste, Niall, Harry e Zayn che suonavano e cantavano.
Il biondo, con un paio di occhiali da sole, suonava la chitarra muovendosi a ritmo, così come Harry che però era più tranquillo.
Zayn invece era seduto uno strano strumento che Juliet non aveva mai visto ma che le sembrava una specie di batteria acustica.
Non riuscì a fare a meno di sorridere davanti a quella scena, non sapeva che canzone stessero cantando ma era piuttosto allegra e le piaceva. Anche il pubblico sembrava molto coinvolto.
Quando questa finì applaudirono tutti, Niall ringraziò prima di partire con alcuni accordi, che Harry seguì poco dopo.
Quella canzone invece Juliet la conosceva, era "I'm Yours".
«Sono bravissimi» disse la mora, rivolgendosi ad Agathe, intenta a canticchiare.
Questa annuì sorridente, «si esibiscono quasi tutti i fine settimana, o qui o al parco, non prendono molto ma è divertente.»
In quel momento un uomo si avvicinò loro e mise alcuni spiccioli all'interno della custodia della chitarra aperta per terra.
Harry alzò il viso in segno di ringraziamento e gli sorrise, senza smettere di cantare.
In quel momento incrociò lo sguardo di Juliet, inizialmente rimase sorpreso, le sue sopracciglia si inarcarono e i suoi occhi verdi si strabuzzarono leggermente, poi le rivolse un sorriso sincero.
Juliet ricambiò, sventolando la mano destra in segno di saluto.
«Dopo questa andiamo a mangiare» disse Agathe, mentre la canzone giungeva alla fine.
Niall cantò da solo le ultime parole, che Harry si era dimenticato, e ringraziò tutti.
Pian piano la folla si disseminò, alcuni lasciarono qualche spicciolo, altri se ne andarono così, mentre Juliet e Agathe si avvicinavano.
«Ciao cantanti» disse Agathe, andando poi da Niall e stampandogli un bacio sulle labbra.
Anche Juliet salutò tutti, sorridendo timidamente ed osservando i ragazzi mettere a posto le cose.
In quel momento il telefono di Zayn suonò, questo si allontanò di alcuni passi per rispondere mentre Niall stava scherzando con Agathe.
«Non sapevo cantassi.»
Juliet si rivolse ad Harry, intento a mettere la propria chitarra nella custodia.
«Sono un ragazzi dai mille talenti» rispose questo con un sorriso sornione.
Prese in mano la custodia e si mise gli occhiali da sole e un cappellino beige, «che stile» osservò Juliet divertita.
Harry la squadrò dalla testa ai piedi, «anche tu, miss camicetta» la prese in giro, beccandosi subito un pugno sul braccio.
«Ehi!» si lamentò.
Harry rise, «stasera ti voglio con un vestito sexy.»
«Aspetta e spera, allora.»
Il riccio sbuffò, in quel momento Zayn si riavvicinò, «andiamo a mangiare?»
«Stavo aspettando solo quello» ammise Juliet portandosi una mano sulla pancia.
Niall rise, «a chi lo dici!»
 
 
 
Niall prese in mano il bicchiere colmo di birra e lo alzò verso il centro del tavolo, «io proporrei un brindisi» disse.
«Ascoltiamo la perla» borbottò Zayn divertito, prendendo anche lui la sua media.
«Ad Harry, che dopo una settimana di lavoro non è ancora stato licenziato!»
Alle parole del biondo, questo scoppiò a ridere, seguito da tutti gli altri.
«Come siete simpatici» borbottò il riccio, bevendo un sorso della sua birra.
«Che lavoro fai?» domandò Juliet.
«Harry fa il gelataio» rispose prontamente Zayn, «un lavoro impegnativo che gli porta via grandi energie...» continuò, senza smettere di sghignazzare.
«Vuoi che ti infili la birra su per il culo?» ribatté Harry,  «e comunque secondo me tu non saresti nemmeno capace di servire un bambino.»
«Lo farei anche ad occhi chiusi.»
«Voglio vedere.»
«Te lo mostrerò» affermò Zayn fiero.
Juliet sorrise, all'interno di quel gruppo c'erano perennemente battibecchi eppure si vedeva quanto fossero amici tutti e quanto tenessero gli uni agli altri.
In quel momento arrivò la cameriera con le ordinazioni, a Juliet non passò inosservata l'occhiata che Zayn lanciò al suo fondoschiena, si trattenne dal ridere ed Harry che se ne accorse la guardò confuso.
Lei fece segno con la testa in direzione di Zayn e poi della cameriera, al riccio ci volle un attimo per capire a cosa si stesse riferendo.
«È normale» sussurrò, per non farsi sentire.
«Tu Juliet sai cantare?» domandò in quell'istante Zayn, facendo sussultare la ragazza che per un attimo temette di essere stata colta in flagrante.
«Mi piace cantare ma sono stonatissima, in compenso so suonare un po' il pianoforte. I miei mi hanno fatto frequentare un corso alle elementari.»
Zayn inarcò le sopracciglia ed annuì, «hai capito! Qualche giorno devi suonarmi qualcosa.»
Juliet increspò le labbra imbarazzata, «volentieri» disse, ricevendo in risposta un sorriso malizioso.
Agathe si schiarì la voce, attirando l'attenzione dell'amica che la fulminò con lo sguardo.
«Anch'io voglio sentirti suonare!» si lamentò Niall.
«Ragazzi non sono niente di che, davvero, avrò suonato per tre anni a dir tanto.»
«Harry non ha mai fatto nessun corso di chitarra eppure si finge musicista!» esclamò il biondo.
«Almeno io non mi tingo i capelli» lo accusò il riccio, sentendosi preso di mira.
«Almeno io non servo il gelato ai bambini!»
«E io non rompo le palle così tanto!»
«Io non prendo in giro mio papà da due anni dicendogli che vado all'università!» gridò Niall, paonazzo in volto.
Harry rimase scioccato, socchiuse la bocca come se stesse per dire qualcosa ma poi dalle sue labbra non uscì nulla.
Al tavolo calò il silenzio, il riccio sbatté il tovagliolo sul tavolo e fece strisciare indietro la sedia. «È meglio che vada» mormorò, con lo sguardo basso.
«Harry, io...» provò a dire Niall, ma il riccio lo ignorò, prese la sua chitarra ed uscì dal ristorante sotto lo sguardo dispiaciuto di tutti i presenti.
Juliet non capì bene cosa fosse successo, ma non osò fiatare per paura di dire anche lei qualcosa di sbagliato. Tuttavia le dispiaceva per Harry, si vedeva che ci era rimasto parecchio male per le parole di Niall, si chiese cosa fosse successo esattamente con il padre.



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Eccomi qua!
Dovevo aggiornare ieri mattina solo che ho  avuto la geniale idea di provare dall'ipad. Inutile dire che è stato un insuccesso, non mi si cambiava il font e nemmeno la grandezza del carattere e poi la sera non avevo voglia di accendere il pc e aggiornare ahaha
Spero che mi perdonerete :)
In questo capitolo si scopre una cosa in più riguardo Harry e gli altri, un altro hobby oltre quello di imbrattare i muri :))
Niall poi si comporta un po' da stronzetto ma visto che in tutte le fan fiction viene dipinto come l'irlandese buono ho voluto rivoluzionarlo un po'!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, vedrò di aggiornare prima del 9 se no dovrete aspettare due settimane perché poi finalmente me ne vado anch'io in vacanza! ahaha
Fatemi sapere che ne pensate, ci tengo molto, e grazie per le splendide recensioni che mi avete lasciato allo scorso capitolo! 
(Riprenderò a rispondere, promesso, è che a un certo punto mi sono dimenticata di farlo haha)
Alla prossima!
Jas


P.S. Ho pubblicato il continuo di una fan fiction, 10 giorni per innamorarmi di te, se vi interessa vi lascio il link sotto :)



 



 




 

 




  

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***



 

 


 

 
 

Capitolo 6

 
 
 
Erano le dieci passate.
Juliet era seduta sul letto di camera sua ed osservava il suo riflesso nello specchio che aveva di fronte.
Si era preparata per la serata nonostante non fosse certa che Harry sarebbe passato a prenderla, anzi, era quasi convinta del contrario.
Quel pomeriggio se n'era andato piuttosto arrabbiato, probabilmente non aveva nemmeno voglia di uscire, non si era fatto vivo.
Non sapeva neppure dove Juliet abitasse e l'orario al quale sarebbe dovuto passare a prenderla era passato da più di mezz'ora.
In quel momento il campanello suonò.
Juliet si alzò di scatto e si guardò di nuovo allo specchio: indossava un vestito che aveva trovato nel suo armadio ma del quale non ricordava nemmeno l'esistenza.
Non era ciò che Harry avrebbe definito "sexy" ma per lo meno non era una camicetta. E a lei piaceva, e aveva voglia di contraddire Harry, voleva fargli cambiare pensiero su di lei nonostante ciò che lui pensava non fosse esattamente sbagliato.
Sempre che a suonare fosse lui.
Sentì delle voci provenire dal piano inferiore, prese il trench che aveva preparato sulla scrivania e scese, trovando con sorpresa suo padre a parlare con Harry.
«Papà!» esclamò lei, spaventata per quello che avrebbe potuto pensare del ragazzo che si ritrovava di fronte.
«A che ora tornerai a casa?»
«Presto.»
Juliet sorrise affabile e diede un bacio sulla guancia dell'uomo prima di uscire e chiudersi la porta alle spalle.
«Ciao Harry» lo salutò soltanto allora.
«Ciao Juliet, scusa per il ritardo, ho avuto qualche imprevisto.»
La ragazza annuì senza dire nulla, avrebbe voluto sapere cosa fosse successo, come stava dopo quello che era successo con Niall, ma non voleva sembrare invadente o curiosa. Se lui avesse voluto parlarne, lei sarebbe stata pronta ad ascoltarlo.
Attraversarono la strada per raggiungere la macchina di Harry: una Volvo che per Juliet apparteneva all'era preistorica e che non era la stessa con la quale l'aveva portata a casa dopo la festa.
«Cambiato auto?» domandò, mentre si metteva al posto del passeggero e si allacciava la cintura.
«L'altra è del mio coinquilino, questa era rotta e l'ho ritirata soltanto ieri, ecco perché avevo la sua.»
Juliet annuì, non sapeva che Harry avesse un coinquilino, in realtà sapeva ben poche cose su di lui, come sugli altri.
In macchina calò il silenzio, Juliet notò che mancava la radio, gli unici rumori che si sentivano erano quelli provenienti dall'esterno dell'abitacolo.
«Sai, pensavo non saresti venuto» disse, quando il silenzio per lei divenne insostenibile.
Harry non distolse lo sguardo dalla strada ma lei capì che l'aveva sentita forte e chiaro, così continuò, «insomma, dopo quello che è successo oggi.»
«Harry Styles mantiene sempre le promesse, non lo sai?» disse lui, rivolgendole un sorriso.
«Scusa, lo terrò a mente d'ora in poi» disse divertita.
Il riccio annuì trattenendo un sorriso, Juliet lo notò dal modo in cui le sue labbra si irrigidirono e si chiusero ancora di più.
«Però Niall non c'è» aggiunse Harry, dopo un attimo di silenzio. «E nemmeno Agathe. Zayn non so, prendi il mio telefono e guarda se si è fatto vivo, è nella felpa dietro.»
Juliet obbedì e si voltò verso i sedili posteriori per prendere il cellulare.
«Ti ha scritto.»
«Leggi pure.»
«Ho rimorchiato, stasera non ci sono, divertiti con la bionda... Chi è la bionda?»
Harry rise, «Agathe no di certo... Sei tu.» Scosse ancora la testa divertito: «è il solito cazzone» mormorò tra sé e sé, poi entrò in un parcheggio semi vuoto e posteggiò.
«Quindi siamo da soli, stasera» constatò Juliet pensierosa, mentre si slacciava la cintura.
«Tranquilla, non ti mangio» la prese in giro Harry.
Scese dalla macchina e la raggiunse dalla parte opposta, «non te l'ho ancora detto ma questo vestito ti dona» aggiunse, facendole l'occhiolino.
 
 
 
«Se ti piace cantare perché non sei andato avanti con gli studi?» domandò innocua Juliet, mentre girava tra le mani la sua birra.
Harry rimase in silenzio per un attimo.
Erano le due passate e non si erano ancora mossi da quel pub, erano lì da più di tre ore a chiacchierare di tutto ciò che passava loro per la testa.
«Storia lunga» sospirò, prendendo una sigaretta dal pacchetto e portandosela alla bocca.
«C’è tutto il tempo, lo sai?» domandò lei premurosa, sorridendo lievemente.
Harry annuì, osservandole le fossette che si erano formate ai lati delle labbra colorate di un rosso acceso dal rossetto.
«Sei sicura di volermi sentire parlare?»
«Sono tre ore che ti sopporto» rise, ed Harry la seguì.
«Non mi ha lasciato mio papà, secondo lui è una facoltà inutile, e su questo non gli do completamente torto, ma è quello che piace a me.»
«Allora falla, sei ancora in tempo.»
Harry sorrise amaramente, «ho combinato un casino, appena te lo dirò mi prenderai per un pazzo.»
«Credo che tu lo sia già un po’, non preoccuparti» lo rassicurò Juliet, cercando di sdrammatizzare.
«Hai presente quello che è successo oggi con Niall?» domandò Harry, la ragazza annuì.
«Ecco, mio papà crede che io stia facendo economia. Tutti i mesi mi manda i soldi per l’affitto e qualcosa in più per sopravvivere, più la retta universitaria che pensa mi occupi io di pagare. Questa farsa va avanti da due anni ormai.»
Juliet lo guardava scioccata senza osare spiccicare parola ed Harry temette di avere sbagliato ad averle confidato quella cosa che ben pochi sapevano e della quale lui stesso si vergognava.
«Ma come fa a non accorgersi?»
«Tu non conosci mio padre.»
Juliet finì la sua birra in un sorso, ancora scossa dalla notizia. «Cosa pensi di fare?»
Il riccio si strinse nelle spalle, «non so, per ora nulla, ma prima o poi dovrei dirglielo.»
«Lo sai che più vai avanti più la situazione peggiora?»
Harry annuì.
«Ecco, allora devi farlo al più presto.»
«È più difficile di quanto sembri» si lamentò.
«Lo so, ma devi farlo.»
«Lo farò.»
Juliet si appoggiò allo schienale della sedia lievemente rincuorata, prese in mano il cellulare e solo allora si rese conto di che ore fossero.
«È tardissimo!» esclamò.
«Non dovevamo fare festa stasera?» osservò Harry, ridendo.
«Solo io e te? È tutta la sera che siamo qua seduti a parlare e bere!»
«Potrebbe esserci anche l’after party» continuò, ammiccante.
Juliet strabuzzò gli occhi, «ma non ci penso nemmeno!»
«Stavo scherzando, dai!» esclamò Harry, finendo la sua birra.
Non che Juliet fosse brutta, ma non era il suo tipo.
Più la conosceva e più la trovava una brava ragazza, eppure non lo attirava per niente, per lo meno non in quel senso.
Prese il portafoglio dalla tasca posteriore dei jeans e pagò i drink, alzandosi poi dal tavolo.
«Quanto ti devo?» chiese Juliet, seguendolo.
«Un bel niente.»
«Dai Harry.»
«Sono un cavaliere, non ti faccio pagare. La prossima volta offri tu.»
Juliet scoppiò a ridere, «alla faccia del cavaliere!»
«Facciamo a turni, non ti va bene?»
«Questo significa che usciremo di nuovo insieme?» domandò lei.
Harry si strinse nelle spalle, «se vuoi... E poi non abbiamo ancora fatto baldoria, visto che non hai accettato la mia proposta, quindi dobbiamo rivederci per forza» osservò soddisfatto.
Juliet ci pensò su un attimo poi annuì, in accordo con le parole del riccio.
Salirono sull’auto, Harry l’accese ma dovettero aspettare che si scaldasse prima di poter partire.
Juliet rise, «che bolide.»
«Ehi! Guarda che si offende e ci lascia a piedi!» esclamò Harry, accarezzando il cruscotto.
«Oh scusa, allora direi che è un gioiellino.»
Il riccio sorrise soddisfatto e le lanciò un’occhiata senza perdere di vista la strada, «ecco, brava.»
In quel momento avrebbe volentieri acceso la radio e canticchiato una canzone ma purtroppo questa non c’era. Gliel’avevano rubata alcuni mesi prima, facendogli pagare il vetro che avevano rotto per prenderla quasi più dell’intera macchina.
Il viaggio trascorse in silenzio, alcune volte Harry temette che Juliet si fosse addormentata invece ogni volta che si era voltato a guardarla lei era lì, con la testa appoggiata al finestrino e lo sguardo perso fuori da questo, pronto a posarsi su di lui ogni qual volta si sentisse osservata.
Harry allora sorrideva gentile e lei ricambiava, avvolta in quel vestito blu scuro e coi capelli ancora perfettamente in ordine.
«Siamo arrivati» constatò, fermandosi davanti a casa di Juliet.
Lei si mise composta e slacciò la cintura, «grazie mille per il passaggio e per la serata, mi sono davvero divertita.»
«Anch’io.»
Juliet aprì la portiera ed appoggiò un piede fuori quando Harry la fermò. «Il bacio della buonanotte non me lo dai?»
Lei lo guardò dubbiosa, «stai scherzando?»
Il riccio scosse la testa, sornione, «per niente» disse, e davanti al silenzio di Juliet continuò, «dai sulla guancia, cosa ti costa.»
Questa sospirò, poi risalì in macchina e si sporse verso Harry appoggiando le proprie labbra sulla sua guancia e dandogli un leggero bacio.
«Notte Harry» sussurrò.
«Notte Juliet» disse lui divertito, mentre lei scendeva.
La osservò attraversare la strada e solo quando si chiuse la porta di casa alle spalle partì. 


 

-




Eccomi qua col tanto atteso appuntamento tra Harry e Juliet!
Pensavate ci sarebbe stato il bacio? ahahaha In realtà quello non l'ho ancora programmato nemmeno io quindi non saprei che dirvi!
Grazie mille per i complimenti e le recensioni, davvero ♥
Fatemi sapere che ne pensate, ci sentiamo tra due settimane!
Jas



 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***



 

 


 

 
 

Capitolo 7


 

«Hai avuto un appuntamento con Harry?» domandò Agathe entusiasta, mentre mescolava il suo caffè bollente per far sciogliere lo zucchero.
Juliet scosse la testa, gli occhi socchiusi e la mente assonnata.
«No» mormorò, prendendo con un cucchiaino tutta la panna che c'era sopra la sua cioccolata e portandosela alla bocca, «è stata più un'uscita tra amici» aggiunse, ripensando alla serata.
Si era divertita, cosa che non pensava sarebbe accaduta quando Harry le disse che sarebbero stati da soli.
Non che lo reputasse antipatico, solo che quel ragazzo era strano e nonostante tutto non lo conosceva molto bene.
Non poteva dire di conoscere bene nemmeno Agathe, ma con lei era diverso. Era più aperta e Juliet non si trovava in imbarazzo con lei, non temeva nemmeno di scoprire da un momento all'altro qualcosa di sorprendente che le avrebbe fatto cambiare idea su di lei.
Non sapeva quando compiva gli anni, quanti ragazzi aveva avuto o cosa volesse fare da grande, eppure sentiva che andava bene così. Si conoscevano da poco più di due settimane, avevano ancora tempo per conoscersi.
Harry invece era strano.
Non era timido o silenzioso, semplicemente un po' più riservato.
Quella sera però Juliet aveva scoperto tante cose su di lui: veniva da Holmes Chapel, un paese vicino a Manchester, i suoi genitori erano separati e lui in Inghilterra viveva con la madre, la sorella e il suo patrigno. Suo padre stava a Londra, era amministratore delegato di una grande azienda della quale Juliet non si ricordava il nome, ed era lui che provvedeva a mantenere il figlio che pensava andasse all'università.
Harry era sorprendente.
Quando le aveva confidato che suo papà gli pagava gli studi ignaro che lui lavorasse, era rimasta a dir poco scioccata. Agathe non le avrebbe mai rivelato una cosa del genere, perché non l'avrebbe mai fatta.
Per quanto quel comportamento di Harry l'avesse lasciata basita, in un certo senso lo capiva: il padre doveva essere a dir poco severo se era stato costretto a fare una cosa del genere. Qualcosa in comune loro due lo avevano.
Poi Harry aveva iniziato a parlarle di quello che lui avrebbe davvero voluto fare, e gli si erano illuminati gli occhi, e Juliet capì che infondo lui aveva meno colpe di quanto pensasse, nonostante ciò che stava facendo non fosse la cosa giusta.
Harry le aveva pure parlato della sua passione per il canto, nonostante lei lo avesse già visto esibirsi nel pomeriggio con Zayn e Niall. Le aveva detto di aver iniziato a cantare sin da bambino e che alle superiori aveva pure fatto parte di una band. La sua prima chitarra gliel'aveva regalata il suo patrigno e da allora non aveva più smesso di suonare. Era autodidatta.
Juliet rimase sorpresa da tutte le cose che erano riusciti a dirsi in una sola serata, nonostante quello però, sentiva di non conoscere ancora bene Harry, c'era qualcosa di più in lui, che non avrebbe scoperto facendosi raccontare tutto della sua vita, era qualcosa di diverso, più profondo, e speciale.
«Quindi non ti attrae nemmeno un po'?» continuò Agathe.
Juliet scosse la testa, «non che sia brutto o altro, ma non è il mio tipo. Non riesco a vedermici insieme e ti prego, ora non iniziare a chiedermelo ogni giorno.»
La bionda alzò le mani in segno di resa, «okay! Scusa capo, volevo solo sapere. Harry non è male ma se mi dici che non ti piace, ti credo.»
Juliet non rispose, si limitò a continuare a mangiare la panna della sua cioccolata.
«E Zayn invece? È figo!»
Juliet arricciò le labbra, «preferisco Niall.»
Agathe strabuzzò gli occhi, «giù le mani dal mio ragazzo!» esclamò.
Juliet scoppiò a ridere, «stavo scherzando! Al momento non mi serve un ragazzo, sto bene così. A casa mia i ragazzi portano solo guai.»
«Di cosa stai parlando?»
Juliet posò il cucchiaino e rimise il coperchio sulla sua cioccolata, «qualche giorno te lo racconterò, ora è meglio se andiamo o arriveremo in ritardo alla lezione» disse, pulendosi la bocca con un tovagliolo ed alzandosi.
 
 
 
La stanza di Zayn era un buco.
Si faceva fatica a stare in due in piedi in quanto lo spazio per muoversi era inferiore ai tre metri quadrati.
Harry era sdraiato sul suo letto, il braccio destro sul viso, a coprirgli gli occhi, e l'altro a penzoloni.
Zayn era seduto sulla scrivania, una matita nella mano destra e un disegno quasi completo sul foglio illuminato da una bajour. 
«Ma hai già preso l'appuntamento?» domandò Zayn, prendendo la gomma e cancellando una parte che non gli piaceva.
Harry mugolò qualcosa, che l'amico interpretò come un "no".
«E cosa stai aspettando?»
«Che tu finisca il disegno, così sono certo di non andare dal tatuatore a mani vuote.»
Zayn annuì, poi dopo alcuni minuti riprese a parlare: «hai fatto pace con Niall?»
«No, non l'ho sentito.»
«E farai l'offeso ancora per tanto?»
«Fino a quando non mi sarò stancato.»
«E con Juliet come va? Ci hai concluso qualcosa o no?»
«Siamo ad un interrogatorio, per caso?»
Zayn girò la luce nella direzione di Harry che rise.
«Non ho concluso niente, e mai ci concluderò qualcosa. È una buona amica, tutto qua, per il resto non mi attrae, dovresti conoscermi. Non è il mio tipo.»
«Magari avevi cambiato idea.»
Harry scosse la testa e si mise seduto, reprimendo uno sbadiglio. Quella giornata di lavoro era stata estenuante. Aveva avuto a che fare, tra gli altri clienti, con una scolaresca di più di trenta bambini che voleva il gelato.
«È troppo perfetta, non fa per me.»
Zayn annuì, mantenendo lo sguardo fisso e concentrato sul foglio.
Harry sbadigliò e chiuse gli occhi appoggiando la schiena al muro.
Juliet sembrava uscita da una fiaba della Disney, avevano passato più di tre ore a chiacchierare e nulla di quello che era uscito dalla sua bocca era sbagliato.
Parlava perfettamente il tedesco, a differenza di Harry che ancora confondeva le parole. Non sapeva com'era riuscito ad ottenere il lavoro alla gelateria.
Aveva una bella famiglia, era ricca, andava bene a scuola ed era carina. Da quello che aveva capito forse il padre era un po' severo nonostante con Harry fosse stato gentile.
Non sapeva se avesse il ragazzo oppure no ma ne dubitava, non aveva detto nulla riguardo la sua situazione sentimentale e non era stata disturbata da nessuno per tutta la serata.
In qualunque caso ad Harry non interessava, non aveva nessun secondo fine con lei nonostante ci sarebbe uscito volentieri di nuovo insieme. Era stato bene. E poi le spettava ancora una serata di puro divertimento.
«Credo di avere finito, ti piace?» domandò Zayn, alzando il foglio verso il riccio che lo prese in mano e lo osservò.
«Non è male» disse.
«Non è male?» ripeté Zayn incredulo, «potrei picchiarti a sangue da un momento all'altro.»
Harry scoppiò a ridere, «sto scherzando, va benissimo! Allora chiamo il tatuatore.»
Zayn annuì riprendendo il disegno e dandogli un ultimo ritocco, il riccio prese in mano il telefono e prese appuntamento per il giorno seguente.
«Ma sei sicuro di volerti marchiare il corpo a vita con questa roba?» domandò l'amico.
«"Questa roba" l'hai disegnata tu, non ti piace?»
«Il disegno in sé è bello, ma io non me lo tatuerei.»
Harry scosse la testa, «non capisci niente, comunque nemmeno io mi tatuerei quelle cose lì» disse, indicando il braccio destro di Zayn.
Questo si strinse nelle spalle, porse il foglio ad Harry che si alzò dal letto e si mise la felpa.
«Grazie mille per il disegno, ti pagherò da bere una sera.»
Zayn annuì, «e chiama Niall, lo sai meglio di me che sta di merda.»
Il riccio non rispose, fece un cenno col capo e poi uscì dalla stanza.
Non appena fu in strada prese in mano il cellulare e fece scorrere i numeri della rubrica.
Chiamò e si portò il telefonino all'orecchio.
Dopo tre squilli gli risposero.
«Pronto?»
«Juliet, sono Harry.»
La sentì sorridere, «lo so, ho imparato a salvare il tuo numero.»
Il ragazzo annuì mentre guardava a destra e sinistra prima di attraversare la strada.
«Mi stavo chiedendo... Sei libera domani pomeriggio verso le cinque?»
Dall'altra parte ci fu un attimo di silenzio, che Harry non seppe interpretare.
Era sorpresa dalla proposta oppure stava cercando una maniera gentile per rifiutare?
«Ci sei?» la spronò.
«Sì, stavo pensando a cos'ho da fare domani, scusami.»
«Se sei impegnata fa niente...»
«No ci sono» lo interruppe lei.
Harry sorrise, rincuorato dalla risposta.
«Bene, perché devi accompagnarmi in un posto.»
«Dove?»
«Vuoi sapere troppo Hamilton, passo a prenderti a un quarto alle cinque a casa.»
«No aspetta.»
«C'è qualcosa che non va?» chiese Harry.
«Troviamoci alla fine della via. Prima del semaforo c'è un parcheggio, arriva lì, è meglio.»
«Va bene...» assentì il riccio, titubante e confuso, «ma è successo qualcosa di particolare?»
«Ti spiegherò tutto domani, comunque non è nulla di che, non preoccuparti.»
«Uhm... Va bene, allora a domani.»
«A domani, Harry» lo salutò Juliet, prima di riattaccare.
Harry abbassò il telefono e se lo mise in tasca, pensieroso.
Gli era sembrata piuttosto turbata Juliet durante quella conversazione e si chiese cosa fosse successo.
Salì in macchina cercando di non pensarci, gliel'avrebbe sicuramente detto l'indomani.
Mentre guidava tra le strade di Berlino, tuttavia, capì che forse la vita di Juliet non era così perfetta come sembrava se vista da fuori.  



 

-




Capitolo un po' scarno e corto, dopo che avete dovuto aspettare per più di due settimane l'aggiornamento.
Chiedo perdono ma io non mi ricordavo che capitolo fosse ahahahahaha
Harry e Juliet si reincontreranno comunque, quindi non temete!
Grazie mille per le recensioni che mi avete lasciato nello scorso capitolo.
Alla prossima!
Jas

 
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***



 

 


 

 
 

Capitolo 8


 

Juliet scese con lentezza le scale, la borsa in una mano e le scarpe dall'altra.
Quando arrivò in fondo a queste si sporse leggermente in avanti per avere una piena visuale della cucina che sembrava deserta, così come il salotto.
Sempre con cautela continuò a camminare fino alla porta, quando appoggiò la porta sulla maniglia sentiva il cuore batterle così forte che le pareva essere salito in gola.
L'abbassò con lentezza, chiuse gli occhi e la bocca ascoltando attentamente ogni rumore prodotto al di fuori delle lancette dell'orologio del salotto.
«Juliet dove vai?»
La ragazza sussultò, spaventata, e si voltò di scatto, incontrando la madre a metà della rampa di scale. Si chiese come avesse fatto a non sentirla avvicinarsi.
«Esco a fare un giro» disse, timorosa.
«Non uscirai non quel ragazzo, vero? Lo sai che a tuo padre non piace.»
Juliet scosse la testa, «vado in biblioteca a prendere un libro che mi serve e che ho dimenticato» inventò, cercando di mantenere la calma per non far capire a sua madre che stava mentendo.
Questa la scrutò in silenzio per alcuni secondi, poi annuì lievemente, segno che avrebbe lasciato uscire Juliet senza altre domande.
«Ci vediamo dopo» disse la figlia, aprendo finalmente la porta ed uscendo da quella casa che cominciava a prendere le sembianze di una prigione.
Prese a camminare nella direzione opposta rispetto a quella verso la quale sarebbe dovuta andare per incontrare Harry ma non si fidava. Sentiva lo sguardo di sua madre, nascosta dietro le tende di una finestra, osservarla.
Non appena svoltò l'angolo riprese a respirare, le mancava ossigeno, aveva appena passato i dieci minuti più brutti della sua vita, ne era certa.
Juliet dovette fare il giro di tutto l'isolato e quando arrivò al parcheggio e vide la Volvo scassata di Harry ancora lì tirò un sospiro di sollievo e sorrise rincuorata.
Aumentò ulteriormente il passo, trovandosi quasi a correre, e con foga aprì la portiera del passeggero buttandosi sul sedile accanto a quello di Harry che la guardava confuso.
«Sono le cinque, scusami tanto» disse, col fiatone, scostandosi i capelli dal viso.
«Ma tu non abitavi dall'altra?» domandò Harry, mentre avviava la macchina e metteva la retro.
«È una storia lunga» disse Juliet in un sospiro, mentre apriva il finestrino e allungava fuori una mano.
«Non preoccuparti, avrai due ore per raccontarmelo.»
La ragazza si voltò di scatto verso il riccio che sorrideva con lo sguardo fisso sulla strada, «dove mi stai portando?»
«Lo vedrai subito.»
In quel momento Harry mise la freccia e svoltò in un parcheggio che Juliet non aveva mai visto. In realtà non era proprio mai stata in quella zona della città nonostante non fosse molto lontana da dove viveva lei in quanto ci avevano impiegato meno di dieci minuti a raggiungerla.
Harry spense la macchina e scese, seguito da Juliet che solo in quel momento lesse l'insegna appesa fuori dall'edificio di fronte a loro.
«Vuoi farti un tatuaggio?» domandò sorpresa.
Harry annuì mentre apriva la porta e faceva entrare prima Juliet.
Una ragazza, con le braccia completamente tatuate e alcuni piercing, li salutò con un sorriso gentile.
«Harry!» esclamò poi, non appena riconobbe il ragazzo.
Juliet avrebbe dovuto immaginarselo che fosse di casa, visti i numerosi tatuaggi che aveva.
«Scusa per il ritardo» disse lui.
«Non importa, Marcus e di là che ti aspetta, vai pure.»
Harry annuì e si diresse verso una porta, Juliet lo seguì in silenzio.
Marcus era un omone anche lui pieno di tatuaggi, con i capelli rasati a zero ed un piercing al sopracciglio.
Salutò i ragazzi ed invitò Harry a sedersi sul lettino, a Juliet invece offrì una sedia.
«Cosa vuoi farti oggi?» chiese poi, mentre indossava un paio di guanti in lattice.
Harry prese dalla tasca dei jeans un foglio e glielo porse, poi si tolse la felpa e la maglietta, rimanendo a dorso nudo.
Juliet si guardò in giro a disagio e sentì le guance andare a fuoco.
«Lo vorrei fare qua il tatuaggio» spiegò Harry, appoggiando la mano all'altezza dello stomaco.
Marcus annuì e si alzò, andando in un'altra stanza col disegno di Zayn in mano.
Juliet scosse la testa, «tu sei pazzo» osservò, «lo sai che tutti quei tatuaggi te li porterai nella tomba?»
Harry sorrise, «è questo il bello.»
«Sì ma come fai a tatuarti una farfalla sul petto?» continuò lei, disgustata.
«È meravigliosa.»
La ragazza fece una smorfia strana, poi si tolse il cardigan e rimase con una maglietta a maniche corte.
«Niente camicette oggi?» osservò Harry, divertito.
«Te le farò mangiare una ad una» ribatté lei, lasciandosi tuttavia scappare un sorriso.
Il riccio arricciò le labbra e unì le mani dietro la testa, incrociando anche le gambe.
«Allora, cos'è che dovevi dirmi? Mi sembra che ci sia qualcosa che non vada.»
Juliet sospirò, lasciandosi andare contro la sedia.
«Domenica mio padre mi ha detto che non vuole che esca con te, nonostante gli abbia ripetuto un miliardo di volte che non sei né uno spacciatore, né un criminale, né un maniaco, ma soprattutto che non sei il mio ragazzo.»
In quel momento il tatuatore tornò con in mano due fogli, Juliet tacque.
«Fate pure come se non ci fossi» disse Marcus, mentre posava un foglio sull'addome di Harry.
«Anche oggi sono uscita di nascosto» riprese Juliet, «stavo aprendo la porta quando è arrivata mia madre e mi ha chiesto dove stessi andando. Le ho mentito, ovviamente, ma non capisco perché debbano essere così restrittivi, non mi sembra di stare facendo niente di male!» concluse, alzando la voce senza nemmeno rendersene conto.
Harry annuì ed allungò la propria mano verso quella di Juliet, stringendola con delicatezza nel momento in cui Marcus cominciava a tatuargli la pelle.
 
 
 
«I miei mi uccideranno» borbottò Juliet, mentre si dirigeva svelta verso la macchina.
Harry le stava dietro a fatica, intento ad indossare la felpa.
«Non sono nemmeno le sette e mezza, dai!»
«Nessuna persona normale ci impiega tre ore e mezza a prendere un libro in biblioteca!» esclamò lei, cercando di aprire la portiera dell'auto che tuttavia era chiusa. «E apri questa cazzo di macchina!» continuò, urlando.
Harry la raggiunse e le appoggiò le mani sulle spalle, cercando di calmarla.
«Ehi, stai tranquilla» le sussurrò dolcemente.
«Tu non conosci i miei genitori» borbottò lei, corrucciata.
«No, però arrabbiarsi non risolve le cose. Perché non li chiami e dici loro che ceni con un'amica? Agathe magari. Così andiamo a mangiare qualcosa e ti tranquillizzi.»
Juliet sorrise amaramente, «capiranno sicuramente che c'è qualcosa che non va.»
«E chi te lo dice? Poi scusa, hai vent'anni, non puoi uscire tranquillamente con un'amica?»
Juliet osservò in silenzio Harry, che la scrutava in attesa di una risposta.
Nonostante fosse buio poteva distinguere bene i suoi lineamenti e i suoi occhi che riflettevano le luci dei lampioni.
«Portami a casa, non voglio finire nei guai. Se mi beccano è la fine, davvero, non sto scherzando. Poi mio padre, non farmici nemmeno pensare...»
La ragazza si portò una mano alla fronte.
«Juliet chiamali.»
«Mi manderanno in un qualche collegio disperso non si sa dove e diventerò suora, e...»
Juliet non riuscì a finire la frase, le sue labbra furono bloccate da quelle di Harry.
«Non riuscivo a farti stare zitta» si giustificò il riccio, staccandosi quasi subito da lei.
Juliet lo guardò scioccata, «provo a chiamarli» borbottò poi, aprendo la borsa alla ricerca del telefono.
Solo allora Harry tolse le sue mani dalle spalle di Juliet e mosse un passo indietro, «al massimo mi buttano fuori dalla finestra di camera mia e se mi va bene rimango appesa all'albero» aggiunse lei.
La ragazza si portò il cellulare all'orecchio, ad ogni squillo il suo cuore batteva sempre più forte.
«Pronto? Mamma?» disse, quando questa le rispose.
«Senti, va bene se mi fermo a cena con Agathe? È una mia compagna di corso, studia anche lei giurisprudenza.»
Harry la guardava serio, cercando di intercettare qualcosa di quello che le stava dicendo la madre, senza alcun successo.
Vide Juliet annuire in silenzio, «okay» disse infine, «a dopo» aggiunse, prima di riattaccare.
«Allora?» chiese Harry in ansia.
«Non so se sia tu che hai un sesto senso o cos'altro, ma non ha fatto storie!» esclamò Juliet, con un sorriso a trentadue denti dipinto sul volto.
Harry alzò le braccia al cielo in segno di vittoria poi istintivamente abbracciò Juliet.
«Ahia!» esclamò, non appena i loro corpi entrarono in contatto.
La ragazza si staccò di scatto, «tutto a posto?» domandò, preoccupata.
«Sì, è che il tatuaggio brucia un po'.»
Juliet scosse la testa, «per quel coso non ne vale la pena.»
«Ehi!» esclamò Harry, contrariato.
«Dai, fammi vedere» ribatté lei.
«Non fai altro che ripetermi quanto non ti piaccia quel tatuaggio però lo vuoi rivedere» osservò Harry, mentre alzava la maglietta e scostava la plastica che copriva la farfalla.
Juliet la osservò storcendo le labbra, «speravo che rivedendola mi sembrasse un po' più carina invece è peggio.»
Harry alzò gli occhi al cielo e si ricoprì, andando poi dalla parte dell'autista ed aprendo la macchina.
«Dai, chi si tatuerebbe una farfalla gigante sullo stomaco?» continuò Juliet, mentre si allacciava la cintura.
«Harry Styles.»
La ragazza sorrise, «fin lì ci arrivavo anch'io, genio.»
«I miei tatuaggi sono bellissimi, le ragazze ne vanno matte.»
«Allora probabilmente sono cieche.»
«Oppure sei tu che non capisci niente» ribatté Harry, prendendo una sigaretta e portandosela alle labbra.
L'accese ed aprì il finestrino, mentre aspettava di potersi immettere nella strada principale.
«Allora, dove vuoi andare?» domandò.
«Scegli tu, per me è indifferente.»
«Ti piace la cucina cinese?»
Juliet annuì, «molto.»
«Bene, allora vada per quella» constatò Harry, accelerando e cambiando marcia.
La ragazza lo guardò con discrezione, riportando lo sguardo sulla strada quando si accorse di stare indugiando troppo su di lui.
«Grazie per tutto» mormorò poi, voltando la testa verso destra e guardando fuori dal finestrino.
«Figurati, non ho fatto niente Juliet.»
«Mi starai prendendo per una sfigata» borbottò lei, abbassando lo sguardo.
Harry le diede un leggero colpo sul braccio, «ehi, non fare la depressa. Non sei una sfigata, tu sei troppo perfetta.»



-



Eccomi qua!
Non aggiorno da una vita, lo so, però ero un po' in crisi con Begin Again e non riuscivo a continuare anche Good old days quindi l'ho sospesa momentaneamente, fino a quando non avrei concluso BA.
In realtà non l'ho ancora conclusa quella storia ma mi mancano solo uno (o forse due, dipende dalle idee) capitoli e non riuscivo a non aggiornare questa storia!
Spero che non vi siate dimenticate di Harry e Juliet, prometto che d'ora in poi aggiornerò costantemente!
E poi si sono anche baciati (ammetto che inizialmente il bacio non c'era, l'ho aggiunto dopo) contrariamente alla mia tendenza di mantenere tutti col fiato sospeso fino alla fine ahaha
Però vedrete le conseguenze che questo bacio avrà sui due, non posso aggiungere altro senza spoilerare troppo!
Fatemi sapere che ne pensate, alla prossima!
Jas


 


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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***



 

 


 

 
 

Capitolo 9



 

Erano le dieci passate.
Juliet sapeva che ogni minuto in più che passava fuori di casa corrispondeva ad un aumento della rabbia che suo padre le avrebbe riversato addosso una volta rientrata.
Però stava troppo bene, seduta a quel tavolo, con la tovaglia un po' sporca, i bicchieri quasi vuoti e senza piatti davanti. Il ristorante semi-vuoto, i camerieri non più così occupati, ed Harry seduto di fronte a lei che gesticolava animatamente mentre raccontava di quando aveva fatto finire sua sorella Gemma all'ospedale, per averla fatta inciampare e picchiare la testa contro un sasso.
Juliet rise, «che cattivo fratello.»
Il riccio si strinse nelle spalle, «capita. E non preoccuparti che nemmeno lei si è risparmiata!»
La ragazza increspò le labbra, prendendo il suo bicchiere e finendo la coca-cola.
«Cosa fa Gemma ora?»
«Convive col suo ragazzo in un paese vicino ad Holmes Chapel, se n'è andata di casa poco dopo che io sono venuto qua.»
Juliet annuì, «anch'io non vedo l'ora di andarmene di casa.»
«Fallo.»
La mora strabuzzò gli occhi, «stai scherzando, spero.»
«Perché dovrei?»
«Dove li troverei i soldi per prendermi un appartamento, pagare le bollette, il mangiare e tutto il resto? E se lavorassi, dove troverei il tempo per studiare?»
Harry alzò le spalle, «volendo sarebbe possibile, c'è chi lo fa» disse, passandosi una mano tra i capelli.
«Sono abituata troppo bene, non ce la farei.»
«In che senso?»
«Nel senso che sono viziata, Harry, non ce la farei.»
Juliet si pulì la bocca con un gesto automatico, nonostante avessero finito di cenare da un pezzo, e prese il portafoglio dalla sua borsa, estraendo poi la carta di credito.
«Cosa stai facendo?» domandò allarmato il riccio, fermando la mano di Juliet con la propria.
«Non fare storie, sei un cavaliere ma stasera pago io, ti devo un favore.»
«Ma cosa... ?»
«Ssht.»
Juliet lo zittì, mentre il cameriere che aveva visto la ragazza fargli segno si avvicinava con lo scontrino.
«Mi hai salvata stasera, ecco perché ti devo un favore.»



«La mia fine è vicina» constatò Juliet, appoggiando la mano sulla leva della portiera ed aprendola, senza tuttavia scendere dalla macchina.
Harry sorrise, lo sguardo fisso sul muro davanti a loro, illuminato dai fari dell'auto.
«Andrà bene» disse, voltandosi solo in quel momento verso Juliet che lo guardava in silenzio.
«Hai degli occhi bellissimi, lo sai?» osservò lei, seria.
Harry rise, «che c'entra?»
«Volevo dirtelo, non te l'hanno mai detto?»
Il riccio riflettè per alcuni istanti, «in effetti sì, ma non mi aspettavo di sentirmelo dire da te.»
«Perché?»
«Perché non finiremo per farlo sul retro di questa macchina entro i prossimi dieci minuti. Non sei il tipo di persona che ci prova spudoratamente con i ragazzi.»
«Non ci sto provando spudoratamente con te, ti ho solo fatto un complimento. Non si può fare un complimento ad una persona con la quale non ci vuoi necessariamente finire a letto? Sai, le persone dovrebbero fare complimenti un po' di più, farebbe soltanto bene.»
Harry rise, «cosa c'era nel tuo riso? Anfetamina?»
Juliet lo fulminò con lo sguardo.
Harry si morse il labbro inferiore cercando di trattenere il sorriso, «scusa» mormorò poi, «hai un sorriso stupendo, amo le tue fossette.»
Juliet le mise in mostra all'istante, «grazie, anche le tue non sono male» disse soltanto, aprendo completamente la portiera ed appoggiando un piede sull'asfalto del parcheggio, «ora potrò affrontare l'ira funesta di mio padre.»
Harry rise, «buon combattimento, e buona notte.»
«Notte Harry, e grazie» mormorò Juliet.
Si sporse e scoccò un bacio sulla guancia del ragazzo.
«Hai un buon profumo» sussurrò poi, prima di scendere dall'auto ed attraversare il parcheggio, diretta verso casa.
Il riccio scosse la testa e sorrise mentre osservava la ragazza sparire dietro l'angolo, poi avviò la macchina ed uscì dal parcheggio, pensieroso e con una strana sensazione all'altezza dello stomaco.



Juliet era seduta sul divano di casa sua.
Juliet era seduta sul divano di casa sua ed osservava un punto indefinito davanti a lei, ignorando la figura del padre che ogni tanto le ostacolava la vista in quanto misurava a grandi passi il salotto.
Il padre di Juliet parlava, animatamente anche, ogni tanto alzava lievemente il tono di voce  e allora la figlia, che non lo stava ascoltando, lo guardava per un istante, per poi riabbassare lo sguardo.
Osservava le lancette dell'orologio che segavano le undici passate e pensava che suo padre le stesse facendo la ramanzina esattamente da dieci minuti e ventuno... Ventidue... Ventitré... Ventiquattro... Venticinque secondi.
«Juliet!» sbottò Robert, a quelle parole la ragazza sussultò e guardò il padre. «Mi stai ascoltando sì o no?»
Juliet annuì, «certo» mormorò poi, alzandosi dal divano e dirigendosi verso le scale.
«Non ho ancora finito» disse il padre, che non si era mosso di un millimetro ed osservava ancora il divano, vuoto.
La figlia si arrestò, con piede già appoggiato sul primo gradino.
«Ti proibisco di vedere quel ragazzo, nel caso tu lo faccia e io ti scopra, le conseguenze saranno gravi.»
«Ma non sono uscita con lui stasera!» esclamò Juliet, voltandosi verso il padre ed allargando le braccia con enfasi.
«Non mi interessa, quel ragazzo non fa per te.»
«Non è il mio ragazzo!» continuò allora lei, alzando ulteriormente il tono della voce.
«Non è questo il punto!»
A gridare quella volta fu Robert e Juliet, sorpresa dalla sua reazione, sussultò. «Non devi frequentare gente come lui, e ora vai a dormire che è tardi.»
La ragazza aprì la bocca pronta a ribattere ma si rese conto che sarebbe stai inutile, non c'era nulla da dire, solo da subire.



Liam si era addormentato sul divano con la TV accesa e un pacchetto di pop corn sul tavolino, accanto ad una lattina di coca-cola.
Harry entrò di soppiatto, appoggiò le chiavi dell'auto sul tavolo e prese in mano il telecomando per spegnere la televisione.
Andò in camera e si svestì velocemente, rimanendo in boxer. Si sedette sul letto e a quel punto prese il telefono osservando il display privo di messaggi ricevuti o chiamate perse.
Erano le undici passate e si chiese come stesse Juliet, se suo padre le avesse fatto la ramanzina oppure no, ma soprattutto, come l'avesse presa lei.
Senza nemmeno rendersene conto, era già col telefono appoggiato all'orecchio ad ascoltare quel rumore costante che segnava la linea libera.
«Pronto?»
«Ehi, com'è?» domandò Harry dolcemente, prendendo il cuscino da sotto le coperte e mettendolo tra la sua schiena e il muro sul quale si era appoggiato.
Juliet sospirò, «mio padre era furibondo» disse soltanto, abbassando il tono della voce.
Il riccio annuì abbassando lo sguardo dispiaciuto, poi con un gesto automatico si passò la mano tra i capelli e strinse le labbra cercando di scaricare quel sentimento di rabbia che in quel momento prevaleva sul dispiacere. Non credeva possibile che nel ventunesimo secolo esistessero ancora genitori così bigotti da trattare in quel modo una ragazza di vent'anni compiuti.
«È colpa mia» borbottò il riccio soprappensiero, allungando una mano verso il comodino alla ricerca delle sigarette.
«Harry non è vero» ribatté duramente Juliet, «sono io che ho voluto uscire con te sapendo a cosa sarei andata incontro e sinceramente non mi interessa, sono stata troppo bene stasera per pentirmi di cos'ho fatto.»
Harry sorrise, la sigaretta a penzoloni tra le labbra e l'accendino a mezz'aria.
Si tolse la sigaretta dalla bocca per parlare: «sono contento che ne sia valsa la pena.»
Tra i due calò il silenzio, rotto soltanto dal respiro pesante di lei e il rumore dell'accendino che si accendeva di lui.
«Però... Ti devo dire una cosa.»
A parlare fu Juliet, che riuscì a raccogliere il coraggio necessario.
Harry aspirò il fumo dalla sigaretta, «dimmi.»
«Non possiamo più vederci.»
Il riccio rischiò di strozzarsi col fumo che aveva in gola, prese a tossire così forte che gli occhi cominciarono a lacrimargli e fu costretto ad appoggiare la sigaretta sul posacenere.
«Non morire» riuscì a prenderlo in giro Juliet.
«Perché?» domandò Harry, stringendo il telefono tra le mani.
«Mio papà non vuole, e sembra abbastanza inamovibile. Non mi va di rischiare l'ergastolo per...»
«Per uscire con me» concluse il riccio, «ho capito.»
«Harry non intendevo questo io, lo sai.»
«Devo andare, domani lavoro ed è già tardi. Buonanotte Juliet» disse il riccio deciso, e senza dare il tempo alla ragazza di ribattere, riattaccò.
Spense la sigaretta mezza fumata e si mise sotto le coperte chiedendosi perché Juliet fosse così accondiscendente, perché non si ribellasse a quella famiglia così ottusa.
Se lui fosse stato al suo posto probabilmente sarebbe scappato dalla finestra o avrebbe trovato qualche altro stratagemma per uscire di casa senza farsi scoprire. Oppure avrebbe litigato con i suoi genitori giorno e notte fino a quando non avrebbe ottenuto ciò che voleva, cercando magari di farli ragionare e far loro capire che aveva vent'anni e non due.
Sospirò rassegnato e spense la luce, sentendosi solo allora in colpa per come aveva reagito a quelle notizia pochi minuti prima.
Chiuse gli occhi cercando di non pensarci, ma quelle deliziose fossette gli comparirono anche in sogno.


 

-


 

Eccomi qua, con un leggero ritardo ma eccomi qua :)
Non ho molto da dire su questo capitolo, Juliet e Harry litigano, Juliet non si oppone al volere dei genitori, che Harry non ne valga la pena?
Nel prossimo capitolo si chiarirà tutto, alla prossima!
Jas


 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***




 




 

Capitolo 10

 
 
 
«Voglio il gelato alla stracciatella!»
«Mi dispiace, l'abbiamo finito. Se vuoi c'è cioccolato, vaniglia, panna, nocciola e...»
Harry guardò velocemente le varie vaschette poste sotto la teca di vetro, «e Nutella.»
«Io voglio la stracciatella!»
Il riccio prese un respiro profondo per evitare di sbottare e rischiare di perdere l'unico posto di lavoro che era riuscito a trovare in quattro mesi, da quando era stato licenziato dal bar in cui invece stava prima, per aver fatto a pugni con un ragazzo impertinente.
«Senti moccioso, questi sono i gusti, se non ti vanno bene la porta è quella» mormorò Harry tra i denti, fulminando il bambino con lo sguardo.
«Prendo cioccolato e panna.»
Le labbra di Harry si distesero in un sorriso, «bravo ragazzo» disse soltanto, mentre prendeva un tovagliolo e ci avvolgeva il cono.
Lo riempì coi gusti scelti e lo porse al bambino che appoggiò sul bancone gli spiccioli contati.
«Buona giornata!»
Harry lo salutò con un sorriso mentre usciva del locale, quando poi vide il bambino voltare l'angolo la sua espressione divenne annoiata.
Andò a sedersi sulla sedia che aveva strategicamente posto appena dietro il muro che dava verso il magazzino, così che non appena fosse entrato qualcuno sarebbe parso che lui si stesse dando da fare sul retro, e prese in mano il telefono.
Osservò pensieroso il numero di Niall che aveva cercato in rubrica prima che il bambino entrasse nella gelateria, indeciso se chiamarlo o no.
Sapeva di aver reagito esageratamente male alla sua "battuta" anche se lui se la sarebbe potuta tranquillamente risparmiare conoscendo la situazione.
Poi non sentiva Juliet da più di una settimana, e un po' gli mancava.
Magari se avesse fatto pace con Niall avrebbe scoperto qualcosa su di lei tramite Agathe, come per esempio se era ancora viva o no.
Impulsivamente lo chiamò, si portò il telefono all'orecchio ed attese che il biondo gli rispondesse.
«Harry! Amico scusa per quello che ti ho detto ma lo sai che ogni tanto non connetto molto non sai quanto mi dispiace scusa scusa scusa scusa scusa.»
Harry non fece in tempo a capire che Niall aveva risposto al telefono che la sua voce alta e il suo accento irlandese gli avevano fracassato i timpani. Rise.
«Amico stai ridendo, è un bene?» continuò il biondo.
«Niall cos'hai fumato?»
«Niente, sono felice di sentirti. Pensavo fossi ancora arrabbiato. Mi dispiace per quello che ho detto.»
«Avevi ragione, è quello che sto facendo, ma non è carino sentirselo dire da uno dei miei migliori amici.»
«Mi dispiace davvero.»
Harry sorrise, «perdonato.»
Non fece in tempo ad aggiungere altro che il campanellino posto sopra la porta tintinnò.
«È arrivato un cliente, ci sentiamo» disse.
Si alzò dalla sedia, mosse un paio di scatoloni facendo un po' di rumore, fingendo che stesse combinando qualcosa, poi andò ad accogliere il cliente.
Era pronto a salutare con un entusiasmante "buongiorno" ma le parole gli morirono in gola non appena la ragazza, intenta ad osservare i gusti disponibili, alzò lo sguardo sul riccio.
Le sopracciglia le si inarcarono e le labbra si distesero lievemente, mettendo in mostra due leggere fossette.
«Ciao» disse poi, schiarendosi la voce.
«Ehi» rispose poco convinto Harry, asciugandosi le mani sul grembiule con un gesto automatico, nonostante queste non fossero assolutamente bagnate o umide.
«Mi dai un cono medio con limone e fragola?»
Harry annuì e fece come richiesto, mantenendo lo sguardo basso sul cono che teneva in mano mentre le note di una canzone che ultimamente sentiva spesso alla radio rimbombavano nel locale.
«Ecco a te» disse dopo alcuni secondi, porgendo il cono sopra il bancone, «sono due euro e quaranta.»
La ragazza gli porse una banconota da cinque euro, Harry si avvicinò alla cassa, fece lo scontrino e le diede il resto, «ecco a te, buona giornata» disse automaticamente, mentre lei usciva dalla gelateria.
 
 
 
Il gomito appoggiato sul tavolo e il braccio occupato a tenere sollevata la testa.
La mano destra intenta a giocherellare col purè ancora intatto nel piatto.
Juliet era annoiata, e aveva lo stomaco chiuso.
«Mettiti composta» la riprese il padre.
Lei alzò la testa di scatto ed abbassò il braccio sotto il tavolo, posando la forchetta.
«Tesoro stai bene? Non hai mangiato nulla» osservò la madre.
«Non ho fame» disse lei, «posso alzarmi?»
La donna stava per acconsentire ma il marito l'anticipò, «no» disse secco, «fino a quando non abbiamo finito tu rimani qua.»
Juliet abbassò lo sguardo e prese il bicchiere colmo d'acqua che aveva davanti, svuotandolo quasi tutto in un fiato.
Non sentiva Harry da più di una settimana, arco di tempo nel quale suo padre era diventato più insopportabile del solito.
Le mancavano le sue battutine stupide, la sua leggerezza, la sua allegria, il suo ottimismo.
Sapeva di aver reagito male alle parole del padre e sfortunatamente Harry era stato quello sul quale aveva scaricato tutta la tensione. Non se lo meritava, avrebbe dovuto chiamarlo, ma non era mai riuscita a trovare il coraggio per farlo.
Cos'avrebbe potuto dirgli? "Mi dispiace per l'altra sera, ma  non possiamo più vederci lo stesso"?
Si sentiva in gabbia, intrappolata e incapace di reagire. Troppo timorosa per farlo, perché infondo avrebbe potuto, e lei lo sapeva.
Sospirò, attirando su di sé l'attenzione del padre, intento a finire il polpettone che aveva nel piatto, che le riservò uno sguardo di rimprovero.
«Vai se devi andare» le concesse infine, prima di mangiare un boccone.
Juliet increspò le labbra ed annuì, spostando indietro la sedia con cautela per alzarsi.
Talmente pesante era il silenzio che il rumore dei suoi piedi che si muovevano sul pavimento rimbombò nella sala da pranzo. Quando arrivò in cima alle scale tirò un sospiro di sollievo, chiudendosi in camera e buttandosi a peso morto sul letto.
Juliet si ritrovò a fissare il soffitto pitturato di un rosso scuro, il suo colore preferito, poi chiuse gli occhi, cercando di liberare la mente.
Nonostante le buone intenzioni non riusciva a fare a meno di pensare a suo padre e a quanto fosse severo. Si chiese come avrebbe reagito se lei avesse osato ribellarsi, o soltanto ribattere ai suoi ordini. Disobbedire. Dire una parolaccia in sua presenza. Tingersi i capelli di un colore inusuale. Farsi un piercing. Un tatuaggio. Magari una farfalla, come quella di Harry. O forse le rondini che lui aveva sul petto, simbolo di libertà. Cosa che Juliet non conosceva, della quale aveva sentito il sapore grazie a Harry, ma che non era riuscita a gustare a pieno.
Aveva vent'anni e non aveva mai fumato una sigaretta, figuriamoci uno spinello. Non si era mai ubriacata. Non aveva mai fatto il bagno nuda nel mare. Se suo papà avesse scoperto che non era più vergine sicuramente avrebbe preso un infarto.
Juliet soppresse uno sbadiglio e si alzò dal letto, dirigendosi verso l'armadio alla ricerca del pigiama.
Non erano nemmeno le nove ma era già stanca.
Stanca di quella situazione, di sentirsi intrappolata, morta.
Juliet si sentiva morire, ogni volta che Agathe le raccontava delle feste alle quali andava, di tutte le cose che faceva, del rapporto che aveva con i suoi genitori, di Niall, delle serate trascorse con gli amici senza fare nulla di particolare, solo divertirsi con loro.
Non era mai stata una tipa da feste, non se n'era semplicemente mai interessata, ma quella vita cominciava a starle stretta. Juliet voleva divertirsi.
Divertirsi senza drogarsi. Senza andare a letto con un ragazzo diverso ogni sera.
Divertirsi con i suoi amici. Ridere. Chiacchierare. Urlare. Ballare. Cantare. Correre a piedi nudi per le strade perché le scarpe fanno male. Avere il trucco sbavato. I capelli disordinati. Lo smalto delle unghie mangiucchiato. Il vestito bianco un po' sporco perché ti sei seduto su un muretto. Juliet voleva provare tutte quelle cose delle quali non aveva sentito la mancanza per vent'anni ma che ora invece aveva bisogno di vivere.
Si mise velocemente il pigiama e si infilò sotto le coperte spegnendo la luce ed accendendo la bajour.
Prese in mano il telefono ed aprì la rubrica, essendosi ricordata solo allora che doveva chiamare Agathe per avvertirla che il giorno dopo avrebbero dovuto incontrarsi mezz'ora dopo.
La trovò posizionata sulla lettera H, il primo numero che compariva sullo schermo era quello di Harry, e si ricordò che quel pomeriggio era stata tentata di chiamarlo. Poi ci aveva rinunciato.
Un rumore proveniente da fuori la fece sussultare, appoggiò il telefono e si ritrovò quasi a trattenere il respiro, cercando di capire cosa fosse.
Un altro rumore.
Juliet sentiva il cuore martellarle nel petto.
Si alzò dal letto e si avvicinò titubante alla finestra cercando di vedere qualcosa nel buio.
Un altro rumore.
Juliet sussultò e si voltò istintivamente a destra, verso l'albero che nascondeva in parte il balcone di camera sua.
Aprì con cautela la finestra e camminò sul balcone avvicinandosi a questo, le sfuggì un urlo quando vide una persona intenta ad arrampicarsi.
«Speravo che mi avresti accolto con un "oh Harry Harry, perché sei tu, Harry?"»
La ragazza si portò la mano destra sul cuore, che sembrava esserle impazzito, e quando riconobbe Harry, riprese a respirare regolarmente.
«Dimmi un po', ti sei fumato il cervello?» lo riprese, a bassa voce.
«Dammi una mano a venire via da qua, sono incastrato» ribatté lui.
«Juliet tutto bene?»
Una voce proveniente dal corridoio li interruppe.
«Zitto, non fiatare o siamo morti» bisbigliò Juliet rientrando in camera e dirigendosi verso la porta.
«Tutto a posto» rassicurò la madre una volta che se la ritrovò davanti, mostrandole il sorriso più convincente che riuscisse a fare, «c'era soltanto un ragno sul soffitto e mi sono spaventata, ma l'ho ucciso e l'ho buttato fuori.»
La donna annuì, «okay, buonanotte» le disse, sorridendole dolcemente.
«Notte mamma» disse Juliet, prima di chiudere la porta e tornare sul balcone.
«Harry?» lo chiamò.
«Sono sempre qua, non scappo.»
«Cosa ci fai qua? Vuoi morire?»
«Dobbiamo parlare.»
«Che c'è?»
«Aiutami a scendere da quest'albero che sto cominciando a non sentirmi più i genitali.»



 

-

 

Questo capitolo è piuttosto di passaggio ma Harry chiarisce con Niall e inoltre va a trovare Juliet per parlare.
Cosa vorrà dirle? Dovrete aspettare una settimana per scoprirlo ma diciamo che potete arrivarci tranquillamente, sono piuttosto prevedibile! ahaha
Il prossimo capitolo sarà un po' più movimentato, uscirà una Juliet più trasgressiva ma non posso aggiungere altro.
Grazie mille per le recensioni e se avete letto Begin Again sapete che se non ho risposto alle recensioni è perché ho avuto dei problemi con internet ma ora dovrei essere a posto quindi riprenderò  a rispondere a tutto!
Fatemi sapere che ne pensate!
Alla prossima,
Jas

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***




 





Capitolo 11

 
 
 
Juliet accese la bajour e spense la luce di camera sua, andando poi a sedersi sul letto e guardando Harry, in attesa di spiegazioni.
«Che ci fai qui?» domandò, bisbigliando.
«Sono venuto a trovarti» disse lui, parlando normalmente.
Juliet gli coprì la bocca immediatamente, strabuzzando gli occhi e intimandolo a far meno rumore possibile.
«Se i miei ti scoprono qui siamo morti, ma cosa ti suggerisce il cervello? Potevamo vederci al parco, in università, al bar, in qualunque posto tranne che qua. Sto rischiando la vita, lo sai o no?»
«Scusa» cercò di dire lui, e il suo respiro caldo solleticò il palmo della mano di Juliet che si affrettò a spostarla sul letto.
«È solo che l'ultima volta non ci siamo lasciati molto bene» continuò.
«Le persone normali lo chiamano litigare» puntualizzò Juliet.
Harry si schiarì la voce, «sì ecco, visto che l'ultima volta che ci siamo visti abbiamo litigato» disse, sottolineando l'ultima parola, «ci tenevo a discuterne quattr'occhi. Oggi sei arrivata in gelateria e mi hai spiazzato, non ho fatto altro che pensarti tutto il pomeriggio, questa sera mi è venuta voglia di rivederti e allora sono venuto qua. Non credo che tu alle dieci di sera vada all'università.»
«Tu sei pazzo.»
«Non ho mai detto il contrario.»
«Scusa.»
Harry sorrise, «mi sembra che passiamo più tempo a litigare e a scusarci che a comportarci come due normali amici.»
«Rimedieremo.»
«Facciamolo adesso.»
Juliet arrestò lo sguardo su Harry, i cui occhi brillavano particolarmente in quella luce flebile proveniente dal comodino.
«Usciamo.»
«Tu sei pazzo.»
«È già la seconda volta che me lo dici nel giro di pochi minuti, devo iniziare a preoccuparmi?»
«Sai che se i miei mi scoprono sono morta?»
«Me lo stai ripetendo da mezz'ora, secondo me stanno già dormendo. E poi torneremo a casa presto, prima che loro si sveglino di sicuro. Tanto sei già in esilio, cosa può succedere di peggio?»
«Non l'avevo mai vista sotto questo punto di vista.»
Harry sorrise, contento per essere riuscito ad ammorbidirla un po'. Doveva ammetterlo: a volte lo spaventavano un po' la testardaggine e l'inamovibilità di Juliet.
«Visto? Allora vestiti che andiamo da qualche parte a divertirci, mi sembri Raperonzolo chiusa in questa stanza.»
Juliet si alzò lentamente dal letto. Nonostante nel profondo del suo cuore continuasse a pensare che quella non fosse una buona idea, non riusciva a contestare le parole di Harry, infondo le era mancato così tanto in quei giorni che non voleva perdere l'occasione per uscirci insieme e dimenticarsi della sua vita piena di problemi per alcune ore.
«Però decido io cosa devi metterti» l'avvertì il riccio, apparendole alle spalle, mentre stava aprendo l'armadio.
Juliet si spostò, seppur restia, e lo osservò esaminare il suo guardaroba ed arricciare le labbra ogni tanto, con lo sguardo concentrato sui capi che teneva in mano.
Era divertente, e si ritrovò a sorridere inconsciamente.
Lui le faceva da stilista, con una bandana a tenergli indietro i capelli dalla fronte, gli skinny jeans arrotolati fino a sopra le caviglie nonostante non facesse esattamente caldo ed un paio di scarpe da ginnastica color giallo fosforescente ai piedi.
«Metti questo» decise infine, allungandole un vestito verde acqua che Juliet non ricordava nemmeno di avere.
«Non so nemmeno se mi sta, non credo di averlo mai messo.»
«Tu provalo.»
Juliet annuì e prese in mano l'abito, guardando poi Harry senza sapere bene cosa dire.
Lui si schiarì la voce, «uhm, certo. Io... Mi giro dall'altra.»
La ragazza gli sorrise riconoscente e non appena lui si fu voltato si tolse il pigiama e si mise il vestito che fortunatamente le calzava a pennello.
Harry sorrise mentre la osservava dal riflesso sul vetro finestra.
«Che ne dici?» domandò poi, facendo una giravolta su se stessa.
«Ti sta d'incanto, almeno non è una camicia.»
Juliet gli fece una linguaccia, poi sciolse i capelli e li mise leggermente a posto con le mani, essendo a corto del pettine in quanto questo era in bagno, e non avrebbe mai osato uscire da quella stanza per paura di essere scoperta.
«Non posso nemmeno truccarmi» osservò poi accigliata, mentre Harry le porgeva un paio di scarpe col tacco.
«Stai benissimo anche così» disse Harry sincero, guardandola negli occhi e sorridendole, «non hai bisogno di nulla, davvero.»
«Dici così solo perché non vedi l'ora di uscire.»
«No, dico così perché è quello che penso.»
 
 
 
Harry prese le due birre ordinate e si voltò verso la folla che occupava il pub, alla ricerca di Juliet che trovò alcuni secondi dopo.
La raggiunse e le offrì un drink, sorridendo sornione.
«Mi sento troppo elegante per questo posto» osservò lei, guardandosi in giro.
«Scusa, è che non sapevo ancora dove saremmo finiti, poi Zayn mi ha scritto dicendomi che sarebbe venuto qui. Anzi, dovrebbe arrivare tra un po'.»
Juliet annuì bevendo un sorso di birra. Cercò di sforzarsi di non assumere un'espressione schifata, ma in realtà la birra non le piaceva molto. Harry però era stato così gentile ad offrirgliela e non voleva offenderlo.
«Comunque è carino qua, insomma, un bel pub» aggiunse.
Harry annuì, guardando le altre persone che occupavano il locale, poi tra loro calò il silenzio, rotto soltanto dalla musica e dal chiacchiericcio generale.
Juliet bevve un altro sorso di birra ed Harry fece lo stesso, osservandola da sopra il boccale.
Juliet le sembrava una principessa, quella delle fiabe, quella che deve essere salvata, un po' come la principessa Peach di Super Mario. Lui invece era il suo salvatore, forse il principe azzurro, anche se si rivedeva un po' di più in Super Mario. La sottile differenza stava però nel fatto che solitamente il principe e la principessa si amavano, mentre tra loro due c'era soltanto un forte sentimento di amicizia. Juliet era bella, Harry l'aveva pensato sin dal primo momento in cui l'aveva vista, ma non era la ragazza che faceva per lui. In realtà mai avrebbe pensato che sarebbe potuto anche solo diventare amico di una persona come lei, eppure era successo, ma una storia tra loro non avrebbe sicuramente funzionato.
L'aveva baciata, era vero, ma non era scattato niente. Né la passione che lo travolge quando rimorchia una "cagna da paura" come dice Zayn, né le fantomatiche farfalle nello stomaco che lui aveva mai sentito.
«Carino qui, non ci ero mai stata» disse ad un certo punto Juliet, rompendo il silenzio.
Harry annuì, «è il pub più bello di Berlino secondo me. Puoi chiacchierare, bere, ballare se vuoi e ogni tanto si esibiscono anche alcune band dal vivo.»
«Dovresti farlo anche tu.»
«Cosa?»
«Esibirti dal vivo. Hai una voce stupenda.»
Harry si sentì arrossire, abbassò immediatamente lo sguardo imbarazzato e si chiese quando fosse stata l'ultima volta che gli era successa una cosa del genere. Forse alle elementari.
Harry Styles non arrossiva mai, ma quel complimento era sincero, spontaneo, e arrivava direttamente dal cuore di Juliet che lo osservava serena, ignara di quanto quelle parole significassero per Harry. Cantare era l'unica cosa che amava davvero fare e sapere che qualcuno che non fossero Zayn o Niall lo apprezzasse, lo aveva lasciato spiazzato.
«Mi hai colto alla sprovvista» borbottò, bevendo la birra.
Juliet ridacchio, «lo avevo notato, ma ho solo detto la verità.»
Harry schiuse la bocca, pronto a rispondere, ma qualcuno gli cinse le spalle e gli strofinò le nocche in testa scompigliandogli i capelli.
Il riccio gridò, Juliet sorrise alla scena.
«Ehi ciao!» la salutò Zayn quando si fu accomodato sulla sedia accanto ad Harry.
«Ciao!» rispose la ragazza, il moro le regalò un sorriso prima di prendere in mano la carta e scegliere cosa ordinare.
«Ciao eh!» esclamò Harry, sentendosi escluso dalla conversazione.
Zayn rise e gli diede un sonoro bacio sulla guancia, sotto gli occhi divertiti di Juliet, che nel frattempo aveva finito la birra.
«Vuoi qualcos'altro?» le domandò prontamente Harry.
La ragazza scosse la testa, «sono a posto così, grazie. Devo essere lucida quando torno a casa se non voglio farmi beccare dai miei.»
Zayn distolse lo sguardo dai drink che offriva il pub per puntare gli occhi su Juliet, «sei uscita di nascosto?» domandò, sorpreso. La ragazza annuì flebilmente.
«Harry cosa le hai fatto, un incantesimo?»
Il riccio rise, «perché?»
«Chi mai se lo sarebbe aspettato da una come lei?»
«In che senso?» domandò Juliet.
«Una perfettina come te, insomma...» cominciò a bofonchiare Zayn, leggermente in imbarazzo.
Juliet sorrise, per niente infastidita dalle parole del ragazzo. Infondo sapeva che era la verità, conosceva la sua famiglia, la sua scomoda situazione, ma soprattutto conosceva se stessa. Perché per quanto i suoi genitori fossero soffocanti, sapeva che era anche lei a permettere loro di comportarsi così, non ribellandosi ma obbedendo sempre a tutti.
«Harry mi sta portando sulla brutta strada» sussurrò divertita, fingendo di non volersi fare sentire dal diretto interessato.
«Guarda che sono qua» ribatté infatti il riccio, alzando la mano destra.
Juliet sorrise, e Zayn fece lo stesso, alzandosi poi per andare ad ordinare una birra, borbottando parole poco gentili nei confronti del cameriere che non era arrivato a chiedergli cosa volesse.
Harry lo seguì con lo sguardo, poi si voltò ed osservò Juliet assorto.
«Perché mi fissi sempre?» domandò lei.
Il suo tono non era né di rimprovero né scocciato. Non era la prima volta che sentiva lo sguardo profondo di Harry penetrarle l'anima e si chiedeva se facesse così con lei o un po' con tutti.
Quegli occhi la mettevano in soggezione.
Non solo le iridi verdi, trovava che gli occhi di Harry avessero una forma strana, ma interessante. Erano grandi, esageratamente grandi, ed erano un po' allungati sulle estremità, ma allo stesso tempo tondeggianti. Erano particolari, ma le piacevano. Si distinguevano facilmente.
«Ogni tanto mi perdo a fissarti, non so perché.»
Juliet si sentì avvampare, il viso le andò in fiamme ed abbassò lo sguardo imbarazzata, gli occhi di Harry si socchiusero e due fossette comparvero ai lati della sua bocca.
«Ti stai divertendo?»
Il riccio cercò di cambiare argomento, notando il disagio di Juliet.
Lei sembrò riprendersi, alzò la testa ed annuì sorridendo, «sì, dovremmo farlo più spesso.»
«Ragazzi questa canzone è stupenda!»
Zayn arrivò al tavolo con una mano occupata a tenere il boccale di birra che aveva ordinato e l'altra in aria.
«Andiamo a ballare?» propose, prima di berne un lungo sorso.
«Io passo» disse Harry.
«Juliet?»
La ragazza sorrise, poi alzò le spalle, «perché no?»
Zayn appoggiò il bicchiere sul tavolo e le porse una mano per aiutarla ad alzarsi poi, senza mollare la presa, si avvicinò alla folla di gente che ballava poco distante da lì.
Harry guardò la scena leggermente sorpreso, non si aspettava che Juliet avrebbe accettato la proposta, e invece era lì, avvolta in quel vestito che lui stesso aveva scelto, a muoversi sinuosamente davanti a Zayn.
E Harry si rese conto che era davvero bella.


 

-




Io ODIO Trenord.
Sarò bloccata per le restanti due ore in Centrale (sperando che il treno successivo ci sia) e sono incazzata come una iena, voi non potete capire.
Comunque, sto cercando di rendere l'attesa produttiva e visto che per ora non ho voglia di studiare, ho deciso di aggiornare.
Ve lo avevo detto che Juliet si sarebbe lasciata un po' andare in questo capitolo e infatti è uscita di casa di nascosto :)
E Zayn? Cosa starà facendo Zayn? Si accettano scomesse haha
Fatemi sapere che ne pensate, alla prossima!
Jas


 

 


 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


 


 


 

Capitolo 12

 
 
 
Harry era sdraiato per terra a piedi nudi, le mani che giocavano coi fili d'erba e gli occhi chiusi, rivolti verso il sole.
«Dici che i genitori di Juliet l'hanno beccata?» chiese.
Zayn spostò la bomboletta dal muro e lo guardò: «non credo. Quando le ho scritto la buonanotte non mi ha detto niente.»
Harry aprì gli occhi di scatto e voltò la testa verso destra per vederlo meglio.
«Stai scherzando spero.»
L'altro scosse la testa e si sforzò di trattenere un sorriso.
«Come hai fatto ad avere il suo numero?»
«Ehm... Gliel'ho chiesto?»
Harry si alzò e si mise seduto, «che intenzioni hai, scusa?»
Zayn alzò le mani in segno di resa, «amico stai tranquillo! Sei tu che mi hai detto che potevo prenderla. Da quando in qua sei così geloso?»
«Non sono geloso» si affrettò a chiarire il riccio, «solo che Juliet è mia amica e se le cose tra voi dovessero andare male mi troverei in una brutta posizione» si giustificò.
Zayn sorrise, poi riprese il suo graffito.
«Sei sicuro che non ti interessi per altri motivi? Insomma, è davvero una bella ragazza...»
«Non ho mai detto il contrario.»
«Intelligente.»
«Lo so.»
«Di classe.»
«Anche fin troppo.»
«Tuo padre l'amerebbe.»
«Non tocchiamo questo tasto.»
«Se gliela presenti il giorno in cui gli dirai che hai mollato l'università al primo anno forse non ti ucciderà.»
Harry rise, «non ci avevo mai pensato.»
«Dovresti.»
Il riccio inarcò un sopracciglio mentre osservava il suo amico all'opera con l'ennesimo disegno.
«Te l'ho già detto, non è il tipo di ragazza con cui avrei una relazione, anzi, in realtà non pensavo che avrei anche solo stretto amicizia con una tipa del genere. Siamo troppo diversi.»
«Forse è quello che ti serve, qualcuno di diverso. Insomma dai, pensa a Juliet come la tua ragazza, equilibrerebbe un po' quella testolina dura e quel carattere impulsivo che ti ritrovi.»
Harry ci rifletté per alcuni istanti, il problema è che non riusciva nemmeno ad immaginare lui e Juliet insieme in quel senso.
Stava per ribattere a Zayn quando qualcuno li chiamò da lontano.
Harry si voltò di scatto, giusto per vedere un uomo in uniforme correre verso di loro.
«Zayn, la polizia! Scappa!» gridò prima di alzarsi in piedi di scatto, aiutare Zayn a raccogliere le bombolette che aveva per terra e correre.
«Hai dimenticato le scarpe!»
«Eh?»
Harry si guardò i piedi, e si rese conto solo allora che era scalzo.
«Cazzo!» imprecò, mentre uscivano dal parco.
Harry dovette rallentare il passo, camminare a piedi nudi sui marciapiedi era più difficile di quanto avesse pensato. Zayn lo prese per un braccio e lo trascinò in un vicolo, poi si nascose dietro ad un bidone della spazzatura e si sedette per terra con il fiatone.
«Per un pelo» sospirò Harry, passandosi una mano tra i capelli.
«La prossima volta tieni su le scarpe, figlio dei fiori.»
«Erano i miei stivaletti preferiti» si lamentò Harry osservandosi i piedi scalzi.
«Te ne prendo un altro paio, non piangere» lo consolò Zayn, accarezzandogli la testa.
Il riccio annuì, poi sorrise.
«Neanche stavolta ci hanno presi.»
«Non lo faranno mai.»
«Tu dici?»
Zayn annuì convinto, «finché corriamo così veloci no.»
 
 
 
Juliet entrò in casa ed appoggiò le buste in un angolo per togliersi la giacca e le scarpe.
«Sono a casa!» gridò poi, guardandosi in giro.
Nessuna risposta.
Andò in cucina e poi in salotto, bussò alla porta del bagno e non udendo alcuna risposta l'aprì: non c'era nessuno.
Corrugò la fronte confusa, i suoi sarebbero dovuti essere già a casa, o per lo meno sua madre.
Sospirò, prese i sacchetti da terra e si diresse in camera.
Erano quasi le sette di sera e nemmeno la domestica era in cucina a preparare la cena.
Si chiuse in bagno e si fece una doccia calda che durò almeno venti minuti.
Juliet era stanca.
Aveva passato la mattina all'università, il pomeriggio in biblioteca, e mentre tornava a casa aveva deciso di passare in quel negozio che aveva già notato da alcune settimane ma nel quale non era mai entrata.
Chiuse l'acqua, si mise un asciugamano intorno al corpo e uno in testa poi andò in camera a cambiarsi.
Aveva appena finito di indossare gli slip quando sentì qualcuno bussare alla finestra.
«Harry!» lo riprese, mentre andava ad aprirgli. «Potresti avvertire prima di arrivare! Fino a trenta secondi fa ero nuda!»
Harry rise, «peccato. Avrei voluto vederti.»
Juliet lo guardò spiazzata, «ma che...»
«Tranquilla stavo scherzando!» si affrettò a chiarire lui, «ma comunque non saresti stata la prima ragazza che avrei visto senza vestiti, sappilo.»
«Non avevo dubbi» borbottò Juliet mentre indossava una maglietta a maniche corte ed una tuta.
Harry si sdraiò sul letto e si portò le braccia dietro la nuca osservando Juliet che si pettinava i capelli.
«I tuoi non ci sono?»
Juliet scosse la testa, «secondo te se i miei fossero stati al piano di sotto ti avrei lasciato fare tutto questo baccano?»
Harry sorrise, «hai ragione. Allora sarei potuto tranquillamente entrare dalla porta, se andiamo avanti così divento più agile di Mogli.»
In quel momento il cellulare di Juliet suonò, lo prese in mano e sorrise nel leggere il messaggio.
«È Zayn?» domandò Harry, leggermente infastidito.
Juliet lo guardò confusa, «No... È Agathe. Perché quel tono?»
Harry scosse la testa lasciando cadere il discorso, non aveva intenzione di iniziare una discussione, in realtà non voleva dare voce a qualcosa che nemmeno lui sapeva ancora cosa fosse. Juliet e Zayn però non erano fatti l'uno per l'altro, quello lo sapeva.
«Ti scrivi con Zayn?»
Non era riuscito a trattenersi, la curiosità aveva avuto la meglio sul buon senso.
Juliet dal canto suo era sempre più confusa, rispose sinceramente alla domanda di Harry nonostante continuasse a chiedersi il perché di tutto quell'interessamento - e fastidio - da parte del riccio.
«Sì. Beh, come scrivo a te. Niente di che, siamo amici.»
«Ti piace?»
Harry deglutì, Juliet aveva scelto proprio quell'istante per rispondere ad Agathe. Quando ebbe inviato l'sms alzò la testa ed osservò il ragazzo, «perché mi sembra di essere in un interrogatorio?»
«Non rispondere ad una domanda con un'altra domanda.»
«Harry, va’ a quel paese.»
«Rispondi. Ti piace?»
In quel momento si sentì la porta al piano di sotto sbattere.
«Tesoro! C'è Louis!»
Harry guardò Juliet confuso, «chi è Louis?»
«Te ne devi andare prima che quello arrivi qua!»
«Chi è questo qua adesso?»
«Hai finito con le scenate di gelosia?» lo riprese Juliet, mentre lo spingeva verso la finestra. «Vattene. Non sto scherzando. Se quello ti becca qua è la fine.»
«È il tuo ragazzo?»
Juliet dovette trattenersi dal ridere, «peggio, te lo garantisco.»
Harry scavalcò con una gamba la ringhiera del balcone, poi prese il viso di Juliet tra le mani. «Non mi sfuggi.»
«Risponderò a tutte le tue domande, ma un'altra volta.»
«Andiamo a berci qualcosa dopo?»
«Sì okay, ora però vai» disse lei sbrigativa.
Harry sorrise e le posò un bacio sulla guancia, «ciao Juliet» disse, prima saltare sull'albero e scendere nel giardino.
Nello stesso istante in cui Juliet si voltò verso camera sua, Louis Tomlinson spalancò la porta della stanza.
«Allora! Dov'è la mia adorata Juliet?» domandò a voce alta.
«Louis chiudi la bocca.»
Il ragazzo sorrise, mentre si guardava in giro, i capelli spettinati e le mani in tasca.
«Il tempo passa ma tu rimani sempre la solita simpaticona» osservò sarcastico, sorridendo.
«Cosa ci fai qua?»
«Non posso venire a trovare la mia cara amica?»
Juliet lo guardò in silenzio, in attesa della verità.
Il ragazzo sbuffò, «mi fermerò qua per un paio di giorni. Avevo voglia di romperti le scatole e poi è da un po' che non vengo a Berlino.»
«Potevi anche rimanere ovunque fossi, bastava che restassi lontano da me.»
Louis sorrise, allungò un braccio e cinse le spalle di Juliet, attirandola poi a sé.
«Mi piace così tanto farti arrabbiare, crearti problemi... Cominciavi a mancarmi.»
«Chissà perché, tu no» ribatté Juliet, liberandosi dalla presa con uno strattone.
Il ragazzo sorrise alla scena, e Juliet sentiva già le mani pruderle.
«Preparati che usciamo a cena stasera. Fatti bella, mi raccomando» disse poi, prima di uscire dalla stanza.
Juliet alzò gli occhi al cielo mentre apriva l'armadio alla ricerca di qualcosa da mettere in quanto ormai sapeva di non avere scelta.
Odiava Louis Tomlinson con tutta sé stessa.
Lui e la sua voce squillante, i suoi modi di fare, la sua arroganza, quel sorriso furbo che non si toglieva mai dal viso, i suoi occhi azzurri che le facevano soltanto ribrezzo.
Dal primo istante in cui l'aveva visto non le era piaciuto, e col passare degli anni l'odio nei suoi confronti non aveva fatto altro che crescere. La cosa era reciproca, ovviamente, ma se Juliet reagiva alle provocazioni alzando la voce, lui aveva un modo di fare perennemente pacato, che la faceva innervosire inutilmente e che lo facevano apparire come il ragazzo perfetto agli occhi dei suoi genitori.
Prese un vestito nero dal suo armadio e sbuffò per l'ennesima volta mentre si toglieva la maglietta per cambiarsi.
Louis Tomlinson portava soltanto guai, ormai lo sapeva.



 

-




C'era chi si era lamentato perché nelle mie storie non facevo mai apparire Louis Tomlinson... Beh, eccolo qua! Starà con noi per un po' di capitoli e credo che vi pentirete di avermelo reclamato ahaha
No a parte gli scherzi, a me generalmente non piace ma ovviamente non credo che nella realtà sia la iena che invece si rivelerà essere in questa storia. Prendetelo con filosofia, ecco. La parte dell'antagonista l'avrei potuta tranquillamente dare a Harry (o forse no ahahaha)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Vi lascio una gif tratta dal video che mi ha ispirato il capitolo che sto scrivendo ora (il 16)
*tossicchia* Harry Styles *tossicchia* in palestra *tossicchia*
Fatemi sapere che ne pensate, alla prossima!
Jas



 


 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***



 

 
 

Capitolo 13

 
 
 
«Liam, dov'è la mia camicia rossa?» gridò Harry dall'interno del suo armadio messo sottosopra.
«Impara a mettere in ordine i tuoi vestiti! Non ne ho idea io!»
Il riccio sbuffò, si allacciò i jeans neri che aveva già indosso e prese un'altra camicia dal suo armadio.
«Sei tu che hai fatto il bucato questa settimana» borbottò andando in salotto mentre si arrotolava la manica sinistra.
«Sì ma di camicie rosse non ce n'erano.»
«Okay... Io ora esco e non so a che ora torno, ci vediamo domani al massimo.»
Liam annuì bevendo un sorso della birra che aveva in mano e senza staccare lo sguardo dalla tv. «Divertiti con Juliet.»
Harry stava per chiudersi la porta alle spalle ma si arrestò di scatto. «Come fai a sapere che esco con lei?»
«Perché sei agitato e ti preoccupi di come ti vesti, non potevi che uscire con lei. Se fossi uscito con Niall o Zayn saresti andato anche in pigiama.»
«Quella camicia la metto sempre» borbottò Harry corrucciato prima di uscire senza voler sentire la risposta del suo coinquilino.
Passò l'intero viaggio verso casa di Juliet pensando alle parole di Liam, a lui non sembrava di dare particolari attenzioni a Juliet. Insomma, era una ragazza e quindi con lei non si sarebbe mai comportato come si comportava con Niall ma dalle parole del suo coinquilino sembrava che lui avesse una cotta per Juliet. Harry rise al solo pensiero, era impossibile, erano troppo diversi.
Parcheggiò la macchina dietro l'angolo e si avvicinò all'albero di fronte al balcone di Juliet. Si arrampicò senza difficoltà sapendo esattamente dove mettere i piedi e in pochi minuti fu davanti alla finestra della camera della ragazza. La stanza era vuota ma la finestra era socchiusa. Harry provò a chiamarla aspettandosi di sentire il suo telefono suonare da qualche parte in casa ma nulla. Juliet non era in casa nonostante lui l'avesse avvertita che quella sera sarebbe passato.
Entrò di soppiatto in camera e si avvicinò alla scrivania. Prese una matita e un post-it e le lasciò un messaggio che appese al muro: "Non dovevamo vederci? Non ci sei. Harry".
 
 
 
Juliet cominciò a spingere da una parte all'altra del piatto una rondella di carota avanzata nel piatto.
«Dovresti essere felice del mio arrivo, non ti ero mancato?»
«Louis, va' al diavolo.»
«Come siamo simpatici stasera.»
Juliet alzò gli occhi dal piatto ed appoggiò la forchetta sul tavolo.
«Senti, non so cosa tu ci faccia qui e cosa voglia dalla mia vita ma ogni volta che sei nei paraggi qualcosa va per il verso sbagliato quindi vediamo di far passare questi tre giorni in cui rimarrai qui il più velocemente possibile perché non ti sopporto già più.»
Louis sorrise e Juliet dovette trattenere l'istinto di mettergli le mani addosso. Quel ragazzo senza nemmeno aprire bocca era in grado di farla andare su tutte le furie. Ancora non capiva perché i suoi insistevano nel farli uscire sempre insieme come se fossero due amici d'infanzia quando lei non si era mai preoccupata di nascondere l'antipatia che provava nei suoi confronti.
Soltanto perché i loro genitori erano amici di vecchia data - i loro padri si erano conosciuti al college e da lì era nata una solida amicizia - non era scritto da nessuna parte che anche i loro figli avrebbero dovuto essere altrettanto legati. Louis era furbo, Juliet non aveva mai conosciuto un ragazzo così sveglio ed in grado di manipolare la gente. Se con lei era odioso ed antipatico, davanti ai suoi genitori assumeva le sembianze del ragazzo modello, il genero che ogni genitore avrebbe voluto avere. I suoi genitori lo amavano alla follia e se lei avesse annunciato da un giorno all'altro che si sarebbe sposata con Louis era certa che i suoi non avrebbero fatto una piega, anzi, sarebbero stati più che contenti.
«Sono venuto a trovarti, zuccherino. Non sei contenta? Domani ho una riunione qui a Berlino e quando i tuoi l'hanno scoperto hanno insistito per ospitarmi fino a dopodomani, probabilmente così che io e te potessimo stare insieme.»
Un altro punto a favore di Louis era il fatto che a soli 24 anni era già socio della multinazionale di suo padre ed era ovviamente destinato a diventarne il capo.
Era un ragazzo dal futuro pianificato e glorioso, un diamante agli occhi di Robert. Il diamante adatto alla propria figlia.
«Stammi alla larga» mormorò Juliet a denti stretti.
Sbatté il tovagliolo sul tavolo e si alzò senza preoccuparsi di non far strisciare la sedia sul tavolo.
«Io me ne vado a casa, dirò ai miei che non mi sentivo molto bene. E ripeto: non voglio più avere niente a che fare con te quindi goditi la riunione di domani e passa il resto della tua vacanza a zonzo per Berlino o fai un favore al mondo e tornatene in Inghilterra in anticipo.»
Senza aggiungere altro Juliet indossò la giacca ed uscì con passo deciso dal ristorante.
 
 
 
Entrò in casa ancora infuriata, si finse stanca solo nel momento in cui disse ai suoi genitori che sarebbe andata a sdraiarsi un attimo e che Louis era andato a fare un giro e salì al piano superiore con cautela.
Una volta chiusa alle spalle la porta di camera sua si tolse la giacca e si avvicinò alla scrivania. Quando stava per appoggiarla sulla sedia le cadde l'occhio su un post-it appiccicato al legno chiaro del mobile.
La scrittura era poco curata, tipica di un maschio, e quelle poche parole dovevano essere state scritte di fretta visto che l'autore non si era nemmeno preoccupato di rimettere a posto la penna che aveva usato.
Juliet prese in mano il foglio e lo lesse attentamente ricordandosi solo in quel momento delle parole di Harry di quel pomeriggio e alle quali lei non aveva dato il giusto peso.
Prese in mano il telefono e provò a chiamarlo ma dopo alcuni squilli entrò in funzione la segreteria. Juliet rimase immobile per alcuni attimi pensando a cosa fare.
Erano ormai le nove e lei stava per andare a letto, troppo infuriata per quella giornata piena di imprevisti per fare altro.
Uscì da camera sua e si affacciò alla ringhiera delle scale verso il salotto dov'erano seduti i suoi genitori.
«Io vado a dormire, non mi sento molto bene» disse, aggiungendo un colpo di tosse per rendere il tutto più credibile.
«Vuoi che ti porti una camomilla?» domandò sua madre.
Juliet scosse la testa, «non disturbatemi fino a domani mattina, sono esausta.»
La donna annuì apprensiva, «certo tesoro, ci vediamo domani. Buonanotte.»
«'Notte» la salutò la figlia, tornando in camera.
Decise di cambiarsi e sostituì il vestito che indossava con un paio di jeans ed un maglione verde scuro.
Stando attenta a non fare alcun rumore aprì cautamente la portafinestra che dava sul balcone e scavalcò la ringhiera appoggiando subito la mano su un ramo.
Era già uscita di casa di nascosto dal balcone di camera sua ma con Harry si era sentita leggermente più al sicuro, in quel momento vedere il giardino di casa sua alcuni metri sotto i suoi piedi penzolanti la terrorizzava.
Prese un respiro profondo ed allungò un piede su un ramo dell'albero, tenendosi saldamente si lanciò in avanti così da staccarsi completamente dal balcone di camera sua.
Si guardò intorno cercando un ulteriore appiglio per scendere, purtroppo non si ricordava di come avesse fatto con Harry in quanto si era limitata a seguire lui. I suoi movimenti erano sicuri, vederlo arrampicarsi senza troppe difficoltà aveva dato a Juliet la sensazione che in realtà non fosse niente di che ma in quel momento lei non sapeva come andare avanti e doveva sbrigarsi.
Si sedette sul ramo su cui era in piedi così da raggiungere un incavo del tronco principale su cui appoggiare un piede. Si tenne ad un altro ramo ed abbassò lo sguardo sul giardino curato ora più vicino a lei. Sarebbe stato un salto di due metri circa, prima che potesse ripensarci Juliet si diede una spinta e cadde goffamente sull'erba umida trattenendo un gemito di dolore quando appoggiò male la mano destra sul terreno.
«Vaffanculo Harry Styles» borbottò alzandosi e pulendosi i jeans che fortunatamente non si erano sporcati.
In quel momento sentì dei rumori provenire dalla porta principale di casa sua. Si nascose dietro l'albero dal quale era appena scesa e si sporse giusto il necessario per vedere chi ci fosse.
Quando scorse Louis le si gelò il sangue nelle vene. Se fosse salito in camera sua e non l'avesse trovata sarebbe stata la sua fine. Non appena il ragazzo sparì in casa Juliet corse vicino alla finestra del salotto per sentire cos'avrebbe detto ai suoi genitori.
«Juliet?» domandò loro subito Louis.
«È arrivata mezz'ora fa circa, non stava molto bene» rispose Robert.
«Vado a vedere se ha bisogno di qualcosa» disse prontamente il ragazzo.
Juliet sussultò, Louis non poteva andare in camera sua. Nessuno avrebbe dovuto varcare quella dannata porta, non potevano scoprirla. Nemmeno lei sapeva le conseguenze che avrebbe portato.
«Ha detto che non vuole essere disturbata, ha tutto il necessario. Lasciala riposare» intervenne la madre, piuttosto categoricamente.
Louis annuì, «okay, allora vado a letto anch'io. Ci vediamo domani.»
Juliet tirò un sospiro di sollievo, «grazie al cielo» sussurrò mentre si avvicinava alla strada ed estraeva dalla tasca dei jeans il telefono per chiamare Zayn.



 

-



 

Non mi aspettavate così presto, vero?
Beh, con tutte le stupende recensioni che mi avete lasciato nel giro di un paio di giorni non potevo non aggiornare velocemente!
Poi ho già un po' di capitoli pronti ed inoltre non volevo lasciarvi troppo sulle spine con sto Louis Tomlinson che non si capiva bene se era il ragazzo di Juliet o altro...
Beh, eccolo qui, in tutta la sua antipatia! ahahaha
Juliet intanto trasgredisce sempre di più le regole ma a tirare troppo la corda...
Non posso anticiparvi nulla ma le cose si movimenteranno presto ed il prossimo capitolo sarà pieno di colpi di scena, decisivo e stramaledettamente lungo per i miei standard! ahahaha
Fatemi sapere che ne pensate di questo nel frattempo, cercherò di aggiornare nel fine settimana :)
Altra cosa: lo avete preso Midnight Memories? Vi piace? Io sono innamorata di Happily e Through The Dark ma ora mi sto fissando anche con Little White Lies, Half a Heart e Midnight Memories (lo ammetto, sono innamorata del verso stile metal di Harry ahahaha)
Concluso questo piccolo sclero, alla prossima!
Jas


 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


 
 

 

Capitolo 14

 
 
 
Quando Juliet giunse davanti alla porta della casa corrispondente all'indirizzo datole da Zayn, il respiro era accelerato e la gola le bruciava per l'aria fredda che aveva respirato con tanta enfasi.
Bussò con decisione alla porta ma il ragazzo che le venne ad aprire non aveva i capelli ricci né tantomeno gli occhi verdi.
Juliet rimase per un attimo interdetta. «C'è Harry?» domandò poi.
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia, «chi lo cerca?»
«Sono Juliet.»
«Juliet!» esclamò lui, «entra pure! Io sono Liam, il suo coinquilino. E' un piacere conoscerti, non hai idea di quanto Harry mi abbia parlato di te.»
Juliet si sedette sul divano spinta da Liam che le aveva appoggiato una mano sulla schiena, «davvero?» chiese poco convinta.
Il ragazzo annuì deciso. «Certo. Ora non è in casa ma posso chiamarlo e dirgli che lo stai cercando.»
«No aspetta» lo bloccò Juliet, «non credo sia una buona idea.»
«Perché?»
«Beh...» Juliet abbassò lo sguardo leggermente in imbarazzo, «stasera dovevamo vederci ma io me ne sono completamente dimenticata e gli ho dato buca, sono venuta qui per chiedergli scusa. Sono dell'idea che certe cose bisogni farle di persona.»
Liam annuì, «allora adesso lo rintraccio con qualche bugia poi vediamo che fare» disse mentre si portava il cellulare all'orecchio.
Juliet attese con pazienza, Harry rispose quasi subito e Liam gli chiese dove fosse fingendo che si stesse deprimendo a casa da solo e che avesse voglia di "passare del tempo prezioso col suo coinquilino preferito".
«Avrei dovuto arrivarci da solo, è dove passa il 99% delle serate» proclamò il ragazzo una volta riattaccato e messo il cellulare nei jeans. Dopodichéé prese la giacca appoggiata su una sedia e guardò Juliet in attesa sul divano.
«Andiamo?»
 
 
 
Il pub in cui Liam l'aveva portata era lo stesso in cui era stata con Harry poche sere prima. Intravide subito il ragazzo seduto allo stesso tavolo, una birra tra le mani e Niall ed Agathe di fronte a lui.
Juliet si avvicinò decisa, solo quando fu ad un passo dalle spalle di Harry gli altri due ragazzi si accorsero della sua presenza ma lei intimò loro di fare silenzio portandosi l'indice davanti alle labbra.
Mosse un ulteriore passo verso Harry che ignaro di tutto continuava a parlare e con un movimento deciso gli coprì gli occhi con le mani.
«Ciao Harry» disse poi, camuffando la voce e rendendola un po' mascolina.
Niall scoppiò a ridere.
«Chi sei?»
Juliet non rispose, si abbassò verso di lui e gli diede un bacio sulla guancia.
«Indovina» gli sussurrò poi all'orecchio.
«Ho riconosciuto il tuo profumo, Juliet» disse Harry, con fare scocciato.
La ragazza tolse le mani dagli occhi, «dai Harry» si lamentò, «non essere arrabbiato.»
«Ragazzi vi lasciamo un attimo soli, andiamo a salutare Liam» si intromise Agathe, indicando il ragazzo che era rimasto indietro a parlare con dei conoscenti.
«Devi esserti divertita molto con Louis...»
Juliet si sedette sulla sedia accanto a quella di Harry e si sporse leggermente verso di lui appoggiando una mano sulla sua gamba.
«Mi sono completamente dimenticata di quello che mi avevi detto, mi dispiace da morire. E Louis lo odio, pensavo ti fosse chiaro.»
«Ti ha tenuta impegnata a quanto pare» continuò Harry, evitando il contatto visivo con la ragazza.
Juliet sospirò pesantemente poi con la mano destra prese il viso del riccio tra le mani e lo alzò verso di lei, costringendolo a guardarla.
«Ascolta Harry, non so se siano i capelli che impediscono all'ossigeno di arrivarti al cervello o cos'altro. Questa è stata una giornata nera per me. Non vedo l'ora che Louis se ne vada e sì, ero impegnata con lui perché ho passato l’intera serata a subire le sue insopportabili frecciatine e ad insultarlo. Sono già abbastanza arrabbiata di mio senza che ti ci metti tu a fare l'offeso, non voglio litigare anche con una delle poche persone a cui voglio veramente bene.»
Harry si schiarì la voce, spiazzato dalle parole così dirette e sincere di Juliet.
«Posso abbracciarti?» domandò dopo alcuni istanti di silenzio.
La ragazza si lasciò andare ad un sorriso ed annuì, allargando poi le braccia e stringendo Harry a sé.
«Mi dispiace tantissimo» sussurrò sul suo collo.
«Non è tardi per rimediare, ti offro qualcosa.»
«Fammi indovinare: una birra?» Juliet rise.
Harry annuì senza staccarsi dall'abbraccio.
«Non mi piace molto» confessò la ragazza.
«Che ne dici di tequila, sale e limone?»
«Non l'ho mai bevuta.»
«È giunta l'ora di assaggiarla» proclamò Harry allontanandosi da Juliet per alzarsi ed andare a ordinare da bere.
Juliet non fece in tempo a voltarsi di nuovo verso il tavolo che Agathe le si sedette accanto.
«Cos'era quella cosa con Styles?»
«Un abbraccio?» rispose con ovvietà Juliet, leggermente confusa.
La bionda scosse con vigore la testa, «il modo in cui l'hai guardato mentre si allontanava dal tavolo: signorina, non me la racconti giusta!»
«Non so di cosa tu stia parlando.»
«Sareste una bella coppia, sai? Tu ed Harry...»
Juliet avvampò, «non credo» borbottò poi in imbarazzo.
Agathe le puntò un dito addosso, «allora ti piace!»
«Non è il ragazzo giusto per me.»
«Non hai risposto alla mai domanda.»
«Non me ne hai poste di domande, Agathe. E comunque tra me ed Harry non c'è niente, non credo succederà mai qualcosa tra noi due. Siamo solo due buoni amici» spiegò Juliet con apparente calma e distacco.
«Sai, a differenza di Harry sei molto brava a nascondere i tuoi sentimenti e stavo quasi per cascarci. Lui appena è arrivato qua si è lasciato andare ad una scenata di gelosia nei confronti di un certo Louis, del quale sono sicura mi parlerai dopo, tu invece ti mostri piuttosto indifferente ma sotto sotto Harry ti piace, ammettilo.»
«Senti Agathe, Harry è un bel ragazzo non lo nego, e mi trovo bene in sua compagnia ma non si può ottenere sempre ciò che si vuole.»
«Chissà perché ma ho la netta sensazione che c'entrino i tuoi genitori.»
Juliet stava per ribattere ma fu interrotta dall'arrivo di Harry. «Di cosa stavate parlando?» domandò questo, appoggiando due piattini con tequila, sale e limone sul tavolo.
«Di ragazzi...» rispose prontamente Agathe. «Vi lasciò brindare in tutta tranquillità, vado ad ascoltare gli interessantissimi discorsi di calcio tra Niall e Liam.»
Harry prese il posto della bionda ed avvicinò un piattino a Juliet.
«Stavate parlando di ragazzi?» domandò il riccio mentre metteva un po' di limone tra il pollice e l'indice della mano sinistra, Juliet si limitava a copiare le sue mosse.
«Sì...» disse soltanto.
«Che ragazzi?»
Harry prese un po' di sale e lo mise sopra il limone.
«Questo è un segreto» lo stuzzicò Juliet, sorridendo sorniona.
Harry alzò le spalle fingendosi disinteressato.
«Bene, ora lecca il sale e il limone sulla mano, bevi la tequila in un sorso e mangia il limone.»
Juliet fece come detto, sul suo palato sentì dei gusti contrastanti tra loro e la tequila le bruciò per alcuni istanti in gola prima che mangiasse velocemente il limone con la speranza che quella sensazione fastidiosa sparisse.
«Non male» osservò poi, appoggiando la scorza nel bicchiere.
«Facciamo un altro giro?»
«Non c'è fretta, la notte è giovane.»
 
 
 
Era l'una passata, il pub non era poi così pieno come alcune ore prima.
Juliet era seduta sempre alla stessa sedia, Harry idem. Di fronte a loro Agathe e Liam finivano i loro drink e Niall si stava avvicinando al tavolo con in mano del whisky irlandese, una "bomba" a detta sua.
«Ragazzi dovete assaggiare!» esclamò con la voce più chiassosa del solito porgendo il bicchiere a Juliet.
La ragazza ne bevve un sorso, socchiuse gli occhi e storse la bocca mentre il drink le scorreva in gola lasciando una scia di bruciore.
«Cos'è questo schifo?» domandò Harry asciugandosi le labbra con la mano prima di passare il bicchiere a Liam.
Niall scosse la testa affranto. «Non capite niente!» si lamentò, sedendosi accanto ad Agathe.
Dopo alcuni minuti un cameriere si avvicinò al tavolo con un vassoio colmo di bicchieri.
«Chi ha ordinato ancora da bere?» domandò confuso Liam.
Juliet alzò la mano con imbarazzo sussurrando un "io" che non fu udito da nessuno a causa della musica.
«Hai capito!» esclamò Niall scoppiando a ridere, «la nostra dolce e innocua Juliet!»
«Mi sembrava giusto offrire un giro» osservò la ragazza, ancora leggermente stordita.
Agathe le sorrise rassicurante ed annuì convinta mentre prendeva dal vassoio un calice di birra. Liam e Niall fecero lo stesso, Harry prese un bicchiere per sé e porse quello contenente uno strano cocktail a Juliet. «Presumo che questo sia per te» osservò.
La ragazza annuì, Harry le si avvicinò lentamente al viso fino a quando le sue labbra non sfiorarono l'orecchio di Juliet.
«Credo che questa sia la famosa serata che ti avevo promesso» le sussurrò, provocandole dei piacevoli brividi lungo la schiena.
Juliet sentì l'alito del ragazzo che sapeva di alcol e tabacco e quando si allontanò leggermente da lui i suoi occhi verdi erano lucidi e le pupille dilatate. Rimasero in silenzio per alcuni istanti ad osservarsi fino a quando Liam non si schiarì la voce.
«A cosa brindiamo?» domandò.
«A noi!» esclamò Niall con trasporto, rischiando di perdere l'equilibrio dalla sedia.
«Ma è sempre la solita storia» si lamentò Agathe, appoggiando una mano sulla spalla del biondo cercando di impedirgli di cadere.
Harry scattò in piedi senza preoccuparsi di non far strisciare la sedia per terra ed alzò il calice al cielo. Si schiarì la voce con fare teatrale prima di iniziare a parlare.
«Io direi di brindare alla nostra amicizia, al divertimento e alle cazzate che si possono fare solo quando si ha vent'anni. Ai vestiti bruciati dalle sigarette, alla testa che gira per l'alcol, alle canzoni da discoteca orrende ma che si balla comunque, ai piedi che fanno male, ai graffiti sui muri, a questa serata che spero ci verrà in mente quando saremo vecchi e con i capelli grigi e penseremo ai "bei vecchi tempi".»
Harry abbassò lo sguardo per incontrare quello di Juliet che lo guardava divertita, le fece l'occhiolino mentre si rimetteva seduto, Niall e Liam che acclamavano.
«Bel discorso profondo, Styles» si congratulò lei, applaudendo un paio di volte le mani.
«Era riferito a te» le sussurrò lui, come se quello che le aveva appena detto fosse un segreto di cui andava fiero. «Spero che avrai un bel ricordo di me in futuro.»
Juliet sorrise. «Non ho fatto nemmeno la metà delle cose che hai elencato.»
«Come hai detto tu, la notte è ancora giovane.»
La mora annuì, «andiamo a ballare? Questa canzone fa schifo e direi che è un bel modo per cominciare.»
 
 
 
Erano le due di notte, la testa di Juliet girava e i suoi piedi penzolavano ad alcuni centimetri da terra. Due bicchieri vuoti erano abbandonati accanto al muro sul quale era seduta e la sua testa era appoggiata sulla spalla di Harry. Entrambi osservavano il vuoto davanti a loro, oltre la strada ormai deserta.
Niall ed Agathe erano andati a casa mezz'ora prima e Liam li aveva lasciati da soli con una scusa che Juliet nemmeno si ricordava.
«Credo che questa sia la serata più bella che abbia mai trascorso» osservò pensierosa. Harry si voltò a guardarla e sorrise, aprì la bocca per dire qualcosa ma poi la richiuse senza che alcun suono uscisse dalle sue labbra. Un goccia d'acqua cadde sulla mano di Juliet che alzò di scatto la testa al cielo. Era stato nuvoloso per tutto il giorno e doveva aspettarselo che sarebbe venuto a piovere.
«Dovremmo andare se non vogliamo prenderci un acquazzone» osservò Harry alzandosi e pulendosi i jeans.
Juliet rimase al suo posto, «che c'è, non ti sei mai bagnato, Styles?» gli domandò, con aria di sfida.
Harry si avvicinò leggermente barcollante alla ragazza arrestandosi soltanto quando le loro gambe si scontrarono e i loro nasi si sfiorarono.
«Io sì, e tu?»
Juliet colse il doppio senso nelle sue parole, se fosse stata completamente sobria avrebbe strabuzzato gli occhi sorpresa dalle parole del riccio ma in quel momento appoggiò la mano sul petto del ragazzo lasciato scoperto dalla camicia ormai completamente slacciata e cominciò a sfiorarglielo con i polpastrelli. Sorrise maliziosa quando si rese conto che gli era venuta la pelle d'oca.
«Hai capito la piccola e indifesa Juliet» osservò Harry, senza smettere di guardarla con gli occhi lucidi per il troppo alcol e non solo.
«Posso continuare» gli sussurrò lei, mordendosi un labbro.
Harry alzò le braccia in segno di resa, «fa' pure, sono tutto tuo.»
Juliet gli diede una spinta che lo fece barcollare leggermente indietro e si alzò in piedi a sua volta. Intanto la pioggia era diventata più insistente ma nessuno dei due sembrava farci caso.
«Devi guadagnartele le cose» lo sfidò, questa volta fu lei ad avvicinarsi fino a quando non riuscì a sentire l'alito di Harry che sapeva di birra e fumo sul viso.
«Dimmi cosa devo fare.»
«Canta.»
Harry inarcò le sopracciglia sorpreso che la sua richiesta fosse così semplice.
«Cosa devo cantare?»
«Canta quello che vuoi, canta per me.»
Harry si schiarì la voce ed annuì, «sono un po' ubriaco quindi non so quanto possa uscire bene.»
«Tu canta» lo interruppe nuovamente Juliet.
Harry rimase in silenzio per alcuni istanti e poi annuì a se stesso prima di cominciare a cantare.
Juliet riconobbe all'istante la canzone, era Isn't she lovely di Stevie Wonder.
Harry le prese la mano e con un gesto deciso l'attirò a sé facendo scontrare i loro corpi. Sorrise senza smettere di cantare ed appoggiò l'altra mano sul fianco di Juliet cominciando ad ondeggiare in un lento.
Juliet rise ma non si mosse da quella posizione nonostante l'acqua che le cadeva sugli occhi e i capelli appiccicati al viso che le pizzicavano la pelle.
Quando Harry smise di cantare i due continuarono a ballare indisturbati, il rumore della pioggia come melodia.
«Non avevo mai ballato sotto l'acqua» osservò Juliet sorridendo.
«Nemmeno io.»
Harry fece fare un giro su se stessa a Juliet e con una mossa inaspettata la spinse indietro facendole fare un casquet che tuttavia non durò molto a causa del precario equilibrio di entrambi.
Appoggiandole una mano sulla schiena Harry la fece alzare facendo quasi scontrare le loro fronti.
Sorrise soddisfatto della sua mossa e si avvicinò lentamente a Juliet. Socchiuse gli occhi pronto ad assaporare di nuovo le sue labbra, questa volta in maniera più approfondita ma li aprì di scatto quando si accorse che lei gli aveva appoggiato due dita sulla bocca.
La guardò sorpreso e deluso allo stesso tempo, lo sguardo di Juliet invece era indecifrabile, spento.
«Non rendiamo le cose più complicate di quanto già non siano.»
Harry rimase in silenzio per alcuni secondi e poi si staccò da lei facendo due passi indietro.
«Cosa c'è di complicato in un bacio, Juliet?»
«Non è "il bacio" ad essere complicato, e lo sai bene anche tu.»
Harry si passò una mano tra i capelli guardandosi in giro come se fosse alla ricerca di una risposta.
«Sono i tuoi genitori, Juliet. E non mi accettano, lo so. Allora perché tu sei qua? Perché sei uscita a cercarmi? Perché ti ostini a parlarmi, a scherzare con me, a bere con me, a ballare con me? Ad essere così dannatamente perfetta e provocante?»
Il tono del ragazzo si era alzato, nonostante il freddo della serata si sentiva le guance in calore. Era infuriato e Juliet non l'aveva mai visto così. Aprì la bocca per ribattere ma non sapeva cosa rispondergli, senza proferire parola gli voltò le spalle e se ne andò, lasciando Harry solo in mezzo alla strada.
 
 
 
Juliet arrivò a casa venti minuti dopo, grazie alla camminata la sbornia le era leggermente passata ma i piedi erano doloranti.
Arrampicarsi sull'albero fu una vera e propria impresa, anche se avesse voluto entrare dalla porta non avrebbe potuto in quanto aveva dimenticato le chiavi a casa. Passò l'intero quarto d'ora che ci impiegò a raggiungere il balcone di casa sua ad insultare Harry per la sua poca comprensione. Se fosse stata solo un pelo più ubriaca da non pensare alle conseguenze lo avrebbe sicuramente baciato. Quel ragazzo era affascinante, bello, simpatico, divertente e infondo le piaceva ma se era difficile portare avanti un'amicizia di nascosto, una relazione sarebbe stata impensabile. Non le andava di mentire ai suoi genitori più di quanto non stesse già facendo, era convinta che prima o poi la verità sarebbe uscita a galla e sarebbe stato meno grave nascondere un amico che un fidanzato.
Quando Juliet riuscì a scavalcare la ringhiera e mettere i piedi sul balcone tirò un sospiro di sollievo. Stando attenta a non fare rumore aprì la finestra che aveva lasciato accostata, spostò le tende ed entrò nel buio della sua stanza. Raggiunse a tastoni il comodino ed accese la bajour. Dovette trattenersi dal gridare quando scorse una figura sdraiata comodamente sul letto.
Louis si mise seduto e guardò l'orologio con aria di superiorità.
«Tre e venti di mattina, non male Hamilton. Cosa dirai ai tuoi genitori?»


 

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Eccomi qua con un nuovo capitolo decisamente più lungo rispetto agli standard!
Ci sono un bel po' di colpi di scena, Juliet che diventa sempre più trasgressiva, le dichiarazioni inaspettate di Harry, il palo che si prende e alla fine Louis che crea ulteriori problemi come se non ce ne fossero già abbastanza!
Ho in mente questo capitolo da prima che iniziassi a scrivere la storia, infatti la serata si ispira alla canzone "Good old days" dei The Script per la quale avevo un'ossessione verso il mese di maggio. Diciamo che ascoltandola ho avuto in mente queste scene ed attorno ad esse ho costruito tutta la trama della storia. Come mi hanno fatto notare oggi, ho una mente un po' contorta e non vi chiedo di capirmi ahahaha
Vi consiglio di ascoltarla perché è davvero bellissima e rende tantissimo la situazione del pub! :D
Riguardo la storia in generale, qualcuno si è lamentato che sta procedendo a rilento, se vi sto annoiando mi dispiace e spero che queste sorprese vi abbiano fatto tornare la voglia di leggere. Vi avverto che i colpi di scena non sono ancora finiti! ahaha
Grazie mille per le recensioni che mi lasciate, per avere la storia tra le preferite-seguite-ricordate e me tra gli autori preferiti!
Alla prossima,
Jas

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


 

 

Capitolo 15

 
 
 
«Louis» disse decisa Juliet, nonostante il cuore le stesse scoppiando nel petto dall'ansia.
Il ragazzo camminò con disinvoltura verso la scrivania, prese un post-it e lo lesse, «eri con... Harry?» domandò, puntando i suoi occhi blu in quelli di Juliet nello stesso istante in cui pronunciò l'ultima parola.
«Dimmi cosa vuoi che faccia perché tu non dica niente ai miei.»
Louis rise, Juliet sussultò: perché stava facendo tutto quel rumore? I suoi genitori l'avrebbero potuto sentire e venire a controllare cosa stesse succedendo in camera sua.
«Non c'è niente che tu possa fare, mi piace vederti preoccupata e dipendere da me. Devo dormirci su, domani ti comunicherò le mie intenzioni, ora va' ad asciugarti se non vuoi ammalarti.»
Senza lasciare a Juliet la possibilità di ribattere, Louis uscì dalla stanza.
La ragazza si buttò a peso morto sul letto e prese ad osservare il soffitto nonostante i vestiti bagnati e i brividi di freddo.
Quella serata era stata un vero e proprio disastro, aveva litigato con Harry e non sapeva come e se le cose si sarebbero risolte e inoltre Louis l'aveva scoperta. Avrebbe dovuto saperlo, quando c'era lui nei dintorni tutte le cose andavano per il verso sbagliato. Si chiedeva cosa avesse fatto di male per meritarsi tutti quei problemi ma tra lei e Louis non era mai corso buon sangue sin dall'inizio. Se lei cercava di ignorarlo ed essergli indifferente lui trovava gusto nel renderle la vita un inferno e Juliet si ritrovò a chiedersi fino a quando sarebbe andata avanti quella guerra. Sospirò e si alzò dal letto, si mise il pigiama ed andò sotto le coperte senza preoccuparsi di asciugarsi i capelli. Avrebbe soltanto dovuto sperare che Louis non si lasciasse sfuggire nulla, Harry invece era un enorme punto interrogativo.
 
 
 
«Hai fatto le ore piccole, Styles?»
«Vaffanculo» mugugnò il riccio stropicciandosi gli occhi ancora assopiti dal sonno e buttandosi sul divano accanto a Liam.
«Come siamo simpatici stamattina, è successo qualcosa?»
«Non mi va di parlarne» lo liquidò all'istante Harry prendendo il cartone di latte appoggiato sul tavolino e bevendone un lungo sorso. Si pulì la bocca col dorso della mano e prese alcuni biscotti dal pacchetto che Liam aveva in mano.
«Hai l'aria parecchio trasandata, l'ultima volta che ti ho visto eri ubriaco e con Juliet quindi deduco che lei ti abbia fatto qualcosa.»
Harry chiuse gli occhi. «Ti ho detto che non mi va di parlarne» disse, portandosi le dita sulle tempie e massaggiandosele lentamente.
Aveva un mal di testa allucinante, sembrava che una mandria di elefanti gli fosse passata sopra sia fisicamente che psicologicamente. Se quello non era il primo dopo sbornia che affrontava, nella sua vita Harry non aveva mai preso un due di picche. O forse sì, da ragazze che aveva cercato di abbordare in qualche locale ma che non lo avevano degnato nemmeno di uno sguardo e delle quali non gli era mai importato nulla. Un rifiuto da Juliet invece, non una sconosciuta qualsiasi ma la sua Juliet, se lo sarebbe certamente ricordato. Aveva agito d'istinto, forse un po' spinto dall'alcol in circolo nel suo corpo, ma le sue azioni erano state comunque dettate da una volontà. Voleva davvero baciare Juliet, e l'avrebbe fatto anche da sobrio se solo avesse avuto il coraggio di rischiare, ma forse era meglio essere codardi ed evitare sia un rifiuto che un litigio. Sbuffò chiedendosi come un solo gesto azzardato avesse potuto rovinare l'equilibrio che si era venuto a creare tra di loro. C'era stata sin da subito una certa alchimia che Harry aveva confuso con una sorta di fratellanza ma la verità era che i modi di fare di Juliet, la sua purezza, la sua tranquillità e il suo perenne timore di deludere gli altri lo avevano ammaliato.
«Sono nella merda» disse soltanto, attirando l'attenzione di Liam che nonostante si fosse finto interessato ai cartoni che stavano trasmettendo in tv non aveva smesso di osservare con la coda dell'occhio l'amico.
«Cos'è successo?» gli chiese allora, per l'ennesima volta, certo che Harry finalmente gli avrebbe risposto.
«Ho provato a baciare Juliet e lei...» un nodo gli si formò in gola, dire a voce alta quelle parole significava ammettere che ciò che era successo la scorsa notte non fosse soltanto uno scomodo pensiero ma la realtà.
«Fammi indovinare: ti ha rifiutato.»
Harry annuì, prendendo un'altra manciata di biscotti e mangiandola nervosamente.
Fortunatamente Liam non intraprese la solita ramanzina che cominciava con un "io lo sapevo", nonostante da quando Harry gli aveva parlato per la prima volta di Juliet avesse intuito che da parte sua non c'era soltanto una sincera amicizia.
«Devi darle il suo tempo, ti ricordo che lei non è una delle ragazze che rimorchi in discoteca alle quali basta un sorriso e un occhiolino per farle tue.»
 
 
 
Erano le dieci passate quando Juliet uscì da camera sua. Aveva passato una notte da incubo, tra il soffitto che le sembrava muoversi e i troppi pensieri per la testa era riuscita a prendere sonno soltanto all'alba e aveva dormito per poco più di tre ore. Cercò di darsi una sistemata al viso smunto di quella mattina e scese in cucina sperando di non ritrovarsi Louis e i suoi genitori seduti sul divano in attesa che lei si svegliasse per una ramanzina da record. Fortunatamente il salotto era vuoto, così come la cucina. Juliet prese una tazza di caffè e si sedette al tavolo pensierosa su dove fossero finiti tutti quella mattina. Il rumore dei tacchi di sua madre sul pavimento la fece irrigidire. La donna la salutò raggiante e si sedette di fronte alla ragazza, guardandola con insistenza. Juliet cercò di fingersi indifferente nonostante in realtà stesse pregando che il correttore che aveva utilizzato nascondesse per bene le occhiaie che aveva.
Bevve un sorso di caffè cercando di nascondere il viso dietro la tazza.
Sua madre parlò in quell'istante: «sei uscita ieri sera?»
Juliet cominciò a tossire con violenza a causa del caffè che le era andato storto, scosse la testa decisa mentre si puliva la bocca con un tovagliolo.
«Che domande mi fai?» si sforzò poi di dire.
La donna sorrise ma la sua espressione non era arrabbiata, soltanto divertita.
«Sei uscita con quel ragazzo? Come si chiama... Harry, quello che viene a trovarti ogni tanto?»
Juliet rimase in silenzio, prese un biscotto dal piattino e lo mangiò mantenendo lo sguardo basso. Non sapeva come reagire, non solo sua madre lo sapeva, ma non sembrava per niente arrabbiata né sorpresa e questo la disorientava ancor di più.
«Ritieniti fortunata che tuo padre abbia il sonno pesante, vi sentivo parlare così come ti ho sentita rientrare ieri sera e discutere con Louis. Mi fido di te Juliet, so che sei una ragazza responsabile e che tuo padre è troppo severo nei tuoi confronti quindi non mi sembra il caso di metterti in castigo come facevo quando avevi sei anni. Inoltre Harry mi è sembrato un bravo ragazzo e devi piacergli veramente tanto se rischia così solo per poterti vedere.»
Juliet arrossì, «tra me e Harry non c'è niente» borbottò imbarazzata.
La donna rise, «vedremo, però lo voglio conoscere.»
«Non credo ce ne sarà la possibilità» ribatté la ragazza, schiva.
La donna rimase in silenzio per alcuni istanti. «Non voglio impicciarmi nei tuoi affari più di quanto non abbia già fatto ma se hai bisogno di parlare sappi che io sono qua.»
Osservò la figlia mantenere lo sguardo basso e poi si alzò, dirigendosi fuori dalla cucina.
«Perché deve essere tutto così complicato?» domandò Juliet, quando la donna ebbe raggiunto lo stipite della porta che comunicava col salotto. «Perché non posso comportarmi come tutti i miei coetanei?» continuò. Un singhiozzo tradì la fermezza con cui aveva parlato fino ad allora ed una lacrima le rigò la guancia destra. Juliet non sapeva bene perché stesse piangendo: frustrazione, rabbia, tristezza. Era tutto un insieme di sentimenti che aveva cercato di tenersi dentro ma sentiva che non avrebbe retto ancora per molto. Gli argini stavano per cedere. «Perché papà deve essere così cattivo? Perché giudica Harry senza nemmeno conoscerlo? È un ragazzo intelligente e sveglio. Nonostante abbia troppi tatuaggi è divertente, sincero, leale, e mette passione in ciò che fa sia che debba cantare per strada o distribuire gelati ai bambini. Avrà dei difetti, come tutti d'altronde, ma non si droga e non ha mai rubato né ucciso nessuno, perché papà deve parlare di lui come se fosse un criminale?»
Juliet tirò su col naso e si voltò verso la madre che la guardava dispiaciuta.
«Tesoro devi capire che a tuo padre non andrà mai bene nessun ragazzo che porterai a casa, sia che tu abbia vent'anni che trenta sarà sempre geloso della sua bambina così come lo sono un po' tutti, diciamo che lui è un po' troppo apprensivo. Se questo Harry è davvero un ragazzo d'oro come dici, non farti condizionare da tuo padre, né tantomeno da Louis o da me o da chiunque altro e segui ciò che ti dice il cuore.»
Juliet abbassò lo sguardo e la donna le sorrise dolcemente.
«E se Louis dovesse spifferare tutto a papà?» chiese la ragazza.
«Louis non sarà una minaccia, gli farò io un discorsetto ricordandogli alcune cosucce di cui Robert è all’oscuro. Non sei l'unica ad avere dei segreti.»
Juliet annuì rincuorata, la madre le fece un cenno con la testa.
«Allora cosa ci fai ancora lì con le mani in mano ? Va' dal tuo Romeo.»



 

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Eccomi qua!
Credo di essere un po' il ritardo ma il problema è che ero un po' bloccata con questa storia ma oggi sono finalmente riuscita a concludere il diciassettesimo capitolo e quindi mi è venuta anche la voglia di postare ahaha
Allora, la madre di Juliet alla fine ha sempre saputo tutto e - colpo di scena - appoggia la figlia. Sappiate che anche i prossimi capitoli saranno molto movimentati e pieni di sorprese.
Fatemi sapere che ne pensate! 
Jas

P.S. Ho postato una one shot ieri, vi lascio il link sotto se volete passarci :)


 

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


 
 

 

Capitolo 16

 
 

Correre dietro ad Harry era ormai diventata una sottospecie di abitudine.
 Nel giro di due giorni quella era la seconda volta che Juliet si era ritrovata col fiatone davanti alla porta del suo appartamento e come il giorno precedente, Harry non era in casa.
«È andato in palestra» aveva spiegato Liam, lo sguardo assonnato e i capelli solitamente a posto leggermente arruffati.
Juliet lo aveva ringraziato e senza lasciargli dire nulla aveva sceso le scale di corsa rendendosi conto solo alla fine della prima rampa che non aveva idea di dove fosse la palestra che Harry frequentava.
Liam aveva riso quando Juliet si era arrestata di scatto e si era voltata guardandolo confusa.
«È di fronte a dove si è tatuato quell’orrenda farfalla.»
 
 
 
Juliet non era certa che il posto in cui aveva messo piede fosse quello giusto e dopo essere stata in giro per più di un’ora l’adrenalina che le parole di sua madre le avevano trasmesso stava iniziando a scomparire.
Quel posto era molto scarno, l’unico rumore che si sentiva era quello di tapis roulant in funzione, sbuffi di persone che alzavano pesi e urli di personal trainer.
Julieti si affacciò all’ampio salone con timore, fece scorrere lo sguardo su tutte le persone (rigorosamente maschi) presenti in quella sala fino a quando non intravide Harry in piedi, lo sguardo rivolto verso un muro, intento ad alzare dei pesi.
Juliet sentì il battito del suo cuore aumentare notevolmente. I ricci del ragazzo erano raccolti in un codino sulla nuca, indossava dei pantaloncini e le solite scarpe gialle. La sua maglietta giaceva per terra accanto ai suoi piedi, il suo corpo era madido di sudore e a Juliet mancava il respiro. Non pensava che avrebbe mai assistito ad una scena così… Sexy.
«Oh mio dio» mormorò la ragazza prima che qualcuno le picchiettasse su una spalla.
«Questa è una palestra rigorosamente maschile» le disse l’uomo apparso alle sue spalle.
Juliet avvampò, «io… Stavo cercando Harry. Harry Styles. Il ragazzo coi pesi, laggiù.»
L’uomo annuì, «te lo vado a chiamare, dovrebbe comunque avere finito ora. Nel frattempo puoi accomodarti lì» la invitò indicando delle sedie che Juliet prima non aveva notato.
Fece come consigliato ed alcuni minuti dopo Harry spuntò dalla porta alla quale si era affacciata lei, un asciugamano appoggiato sulle spalle e la maglietta addosso.
«Juliet» disse sorpreso il riccio non appena la vide. «Avrei dovuto sospettarlo che Mark si stesse riferendo a te quando mi ha detto che una bella ragazza mi stava cercando.»
La ragazza sforzò un sorriso cercando di non arrossire.
«Hai finito l’allenamento o devi tornare dentro?» chiese.
«No, ho finito» disse il ragazzo asciugandosi il viso, «è successo qualcosa? Come mai sei venuta qui a cercarmi?»
«Ecco…» la ragazza nel frattempo si alzò e seguì Harry fuori dalla palestra dopo che questo ebbe indossato la felpa. «Volevo chiarire ciò che è successo ieri sera. Mi dispiace per come sono andate a finire le cose.»
«Prima che tu aggiunga altro, sono io che devo scusarmi» la interruppe Harry. «Ho fatto il coglione e non so perché abbia provato a baciarti, insomma, ora non lo farei mai. Non voglio che una cretinata fatta da ubriaco rovini la nostra amicizia, meno male che tu mi hai fermato, non so dove saremmo finiti altrimenti.»
Juliet abbassò lo sguardo e deglutì, mandando giù con la poca saliva che le era rimasta nella gola secca anche quelle parole che era convinta Harry sarebbe stato felice di sentire.
Era stata una stupida per aver anche solo pensato che lui potesse ricambiare i suoi sentimenti. Vivevano in due mondi completamente diversi e già solo quella loro amicizia era fuori dalle righe, una relazione sarebbe stata praticamente impossibile.
«Tu invece cosa volevi dirmi?»
Harry interruppe il flusso di pensieri di Juliet che alzò lo sguardo spaesata, improvvisamente a corto di parole.
«Ecco… Volevo accertarmi che tu non ti fossi offeso, tutto qua.»
Il riccio annuì con un sorriso tirato, «bene. Ti va di venire da noi a pranzo? Non ho idea di che cosa abbia cucinato Liam ma esiste sempre la pizza d’asporto.»
«Non credo sia…»
«Dai…» si lamentò Harry, assumendo una faccia da cane bastonato.
Juliet trattenne un sorriso, «dovrei andare a casa.»
Il riccio si avvicinò a lei e la stritolò in un abbraccio nonostante il sudore.
«Harry sei tutto appicicaticcio! Che schifo! Ho la testa addosso alla tua ascella, vuoi farmi morire per caso?» gridò la ragazza cercando di liberarsi dalla presa dell’amico.
«Non ti lascio finché non mi dici di sì.»
Juliet alzò gli occhi al cielo, «okay!» esclamò esasperata, «non mi lasci scelta!»
«Brava principessa» si congratulò Harry, accarezzandole la schiena e lasciandole un bacio tra i capelli prima di staccarsi da lei con un sorriso soddisfatto dipinto sul volto.
 
 
 
I cartoni di pizza giacevano sul tappeto del salotto di casa, Liam era andato al lavoro circa un’ora prima e Juliet si stava addormentando seduta sul divano, gli occhi quasi del tutto chiusi rivolti verso la televisione che non stava per niente guardando.
«Come hai fatto a scoprire dove abitavo?» domandò Harry, rompendo il silenzio che si era venuto a creare.
«Mh?» mugugnò Juliet alzando il volto verso il ragazzo che la guardava in attesa di una risposta. «Scusa non ti stavo ascoltando, stavo raggiungendo il nirvana.»
Il riccio sorrise, «ti faccio questo effetto ora?»
«In realtà era una pace interiore che non dipendeva dal fatto che fossi appoggiata alla tua spalla.»
Harry inarcò le sopracciglia divertito, «farò finta di crederti. Comunque ti ho chiesto come facevi a sapere dove abitavo. Liam mi ha detto che ieri sei venuta qua a cercarmi.»
«L’ho domandato a Zayn» mormorò Juliet, e si rese conto che pronunciò quelle parole con uno strano timore, come se si sentisse in colpa nei confronti di Harry. O forse era lui che la spingeva a sentirsi così?
«Siete molto amici, voi due» osservò il riccio, con una nota amara nella voce.
Juliet sospirò, si mise seduta composta sul divano allontanando la schiena dal braccio di Harry e lo guardò seria.
«Senti, non so bene cosa ti spinga a giudicare perennemente Zayn con questa nota di accidia nella voce, non siete amici voi due? Ti comporti come un fidanzatino geloso e davvero io non capisco cosa ti passi nella testa. Poi tutto quello che…»
Il suono acuto del campanello interruppe Juliet proprio quando stava per confessare ad Harry quello che le frullava nella testa da quella mattina. Lui rimase immobile sul divano, come se improvvisamente non sapesse cosa doveva fare.
«Forse dovresti andare a rispondere» suggerì Juliet, schiarendosi la voce.
Il riccio annuì prima di dirigersi verso la porta, anche Juliet nel frattempo si alzò e si mise la giacca. Era giunta l’ora di tornare a casa, quella giornata era stata già troppo piena di eventi e sorprendente. Non era pronta ad affrontare altro.
Sentì Harry parlare con la persona che aveva suonato ma non ci diede molto caso, quando andò in corridoio salutò educatamente l’uomo sulla cinquantina ancora sul ciglio della porta.
Harry si girò verso di lei e le sorrise senza tuttavia riuscire a nascondere l’agitazione che provava. «Lui è mio padre, Des Styles. Papà, ti presento Juliet.»
La ragazza rimase scioccata di fronte alle parole del riccio, si limitò a sorridere timidamente, fu Des a prendere in mano la situazione.
«Juliet, è un piacere conoscerti! Vai anche tu all’università?»
La ragazza annuì, «studio giurisprudenza, sono al secondo anno.»
«Hai la stessa età di Harry allora! Vi siete conosciuti a scuola?»
«Più o meno…» disse lei, imbarazzata.
«Sai com’è papà, amici di amici…»
L’uomo annuì. «Certo, capisco. Io starò qui fino a domani sera, sono in città per concludere un importante affare, mi farebbe piacere andare a mangiare qualcosa insieme stasera.»
Harry annuì, «certo» mormorò.
«Juliet, sei dei nostri?» aggiunse Des, voltandosi verso la ragazza.
Harry la osservò in attesa di una risposta, era palesemente imbarazzata e probabilmente sorpresa quanto lui. L’ultima persona che si aspettava di trovare oltre quella porta quando si era alzato ad aprire era suo padre. Si sentiva tremendamente in colpa nei suoi confronti, Harry sapeva che più aspettava a rivelargli la verità più la cosa si complicava ma non era per niente facile. Des gli sembrava di buon umore e si rese conto che probabilmente la cena sarebbe stata una buona occasione: gli tornarono in mente le parole di Zayn riguardo Juliet.
«Dai, vieni anche tu» la spronò.
La ragazza lanciò uno sguardo ad Harry che le annuì rassicurante. Non aveva idea di che cosa stesse combinando, stava soltanto seguendo il suo istinto nonostante nella maggior parte dei casi questo l’avesse portato soltanto a combinare guai.
«Mi farebbe molto piacere, signor Styles» disse infine Juliet, lanciando un ultimo sguardo ad Harry. Si fidava di lui.
«Perfetto! Harry non mi aveva detto di avere la ragazza, sono curioso di conoscere il tipo che ha rubato il cuore di mio figlio!» esclamò Des cingendo con un braccio le spalle di Harry.
«Ecco, io ed Harry…»
«Juliet è una ragazza davvero speciale papà, te ne innamorerai anche tu» la interruppe il riccio, lanciandole un veloce sguardo.
«Beh, io adesso devo andare, ci vediamo stasera allora» mormorò Juliet, piuttosto stordita.
«Ti chiamo io» le comunicò Harry sorridente ed improvvisamente sicuro di sé.
Juliet era confusa ma decise di fidarsi di lui, sapeva che i rapporti con suo padre non erano dei migliori. Non voleva intromettersi e magari rovinare tutto.
Il ragazzo le sorrise tranquillo e si avvicinò a lei dandole un leggero bacio a stampo. Socchiuse gli occhi non appena si staccò e increspò le labbra notando l’espressione sorpresa di Juliet
«Certo. Signor Styles è stato un piacere, a stasera» salutò confusa la ragazza prima di uscire dall’appartamento.


 

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Eccomi qua!
Non mi aspettavate così presto, vero?
Il fatto è che all'una parto per Parigi e starò lì una settimana in cui credo avrò ben poco tempo per postare. Poi quando torno devo andare alla signing di Birdy, il concerto della Pausini, poi c'è il mio compleanno e tante altre belle cose (Natale, mare... ahaha) prima di arrivare alle brutte cose: esami. Ma quelli sono a gennaio quindi c'è tempo.
Comunque niente, ora che ho tempo (non troppo visto che tra dieci minuti devo uscire di casa) volevo postarvi questo capitolo ancora più sorprendente! (Sì, ci sto prendendo gusto coi colpi di scena ahaha)
Il padre di Harry spunta dal nulla e il ragazzo nel panico più assoluto dice che Juliet è la sua ragazza quando poco tempo prima le ha confessato che tutto quello che ha fatto la sera prima non aveva senso e che aveva solo bevuto troppo.
Lascio a voi i commenti, fatemi sapere che ne pensate!
Aggiornerò al più presto anche se il prossimo è l'ultimo capitolo che ho pronto quindi è meglio che mi dia una svegliata -.-
Grazie mille per tutte le meravigliose recensioni che mi lasciate <3
Jas

 


 

 

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


 
 
 

Capitolo 17

 
 
 
Juliet si stava sforzando davvero.
Aveva passato l’intero tragitto verso casa – e non solo – a trovare una giustificazione agli strani atteggiamenti di Harry ma non era arrivata a una conclusione sensata.
Sospirò, chiuse gli occhi e lasciò cadere il telefono sul letto. Le aveva appena scritto che sarebbe passato a prenderla alle sette e mezza, non uno straccio di spiegazione o qualche suggerimento sul motivo per cui lei si fosse trovata coinvolta in quella faccenda. Decise che gliel’avrebbe chiesto di persona, era inutile perdere tempo a porsi quesiti ai quali soltanto lui poteva darle una risposta. Si alzò dal letto ed aprì l’armadio alla ricerca di un abito adatto all’occasione. Non aveva idea di dove sarebbero andati, aveva detto a sua madre che sarebbe uscita a cena con Harry ed avevano deciso che a suo padre avrebbero detto che avrebbe partecipato ad una serata di beneficienza alla quale era stata invitata.
Juliet era ancora molto confusa e sbalordita dall’atteggiamento di sua madre, si era sorpresa quando si era mostrata così contenta del fatto che sarebbe uscita con Harry ma soprattutto che l’appoggiasse contro suo padre, cosa che non aveva mai fatto prima di allora.
Juliet appoggiò un vestito che la convinceva sul letto, in quel momento qualcuno bussò alla porta.
«Juliet» la chiamò la madre, che nel frattempo aveva socchiuso la porta.
«Mh?» fu la risposta della ragazza, lo sguardo pensieroso rivolto verso quell’abito appoggiato sul piumino.
La donna la raggiunse. «Non vorrai mica mettere questo vestito stasera! Ho un abito Chanel che fa proprio al caso tuo!»
«Mamma non credo che sia adatto…» cercò di ribattere la figlia.
«Non fare storie, e poi sbaglio o devi andare a una cena di beneficienza? Non vorrai mica mettere questo straccetto comperato in un qualche negozietto di poco conto! Forza, vieni con me. Fortunatamente non ho buttato via i vestiti che mi stanno un po’ stretti.»
Juliet alzò gli occhi al cielo mentre seguiva la madre verso la sua cabina armadio. «Non conosco suo padre e non ho idea di dove potrebbe portarci. Harry è stato più che vago, non vorrei esagerare col look» borbottò la figlia.
La donna si arrestò di scatto, un vestito già in mano e lo sguardo sorpreso. «Hai detto suo padre?»
Juliet avvampò, si era dimenticata del fatto che avesse omesso il padre nel racconto fatto a sua madre, non voleva dirglielo perché era certa che la sua reazione sarebbe stata esattamente quella a cui stava assistendo.
«Tesoro ma è bellissimo! Siete già così uniti tu ed Harry? Vedrai che presto potrai presentarlo anche a tuo padre, io invece conto di vederlo stasera» spiegò la donna con un tono da adolescente esaltata ed un sorriso sulle labbra. «Ora troviamo qualcosa che lasci a bocca asciutta Harry e che piaccia anche a suo padre.»
 
 
 
Juliet si guardava allo specchio e non si riconosceva. Era incredibile come un po’ di trucco ed un arricciacapelli avessero potuto cambiarla. Per non parlare dell’abito che indossava e di quelle Louboutin che per quanto le piacessero non vedeva già l’ora di togliere.
Sua madre era dietro di lei e la guardava attraverso lo specchio con lo sguardo fiero sia della figlia che del suo lavoro.
«Sei bellissima» disse, accarezzandole una spalla.
Juliet sorrise serena, specchiandosi negli occhi scuri della madre che aveva ereditato anche lei.
Un rumore al piano inferiore le fece sussultare.
«Juliet?» si sentì chiamare la ragazza, il tono deciso e duro di suo padre non prometteva nulla di buono.
«Ma non doveva rientrare più tardi?» domandò la figlia allarmata.
«Stai tranquilla, se Louis ci tiene davvero alla sua reputazione non credo abbia spifferato tutto a Robert.»
Juliet annuì, «lo spero» sussurrò soltanto prima di scendere al piano inferiore.
Robert era in piedi in salotto, le mani in tasca e lo sguardo rivolto verso il camino.
«Mi pare fossi stato abbastanza chiaro riguardo quel ragazzo» disse soltanto, non appena sentì la figlia avvicinarsi a lui.
«Papà…»
L’uomo si voltò di scatto: era furioso, e Juliet non si ricordava l’ultima volta che l’aveva visto così.
«Ti avevo proibito di vederlo! E tu cosa fai? Non solo mi disobbedisci ma scappi di casa e torni nel cuore della notte! Da quanto va avanti questa storia, eh Juliet? Pensavo fossi abbastanza grande per avere ancora una baby sitter ma a quanto pare mi sbagliavo…»
La ragazza non rispose, aveva lo sguardo basso ed il respiro accelerato. Non aveva né la forza né la voglia di ribattere. Comprendeva la rabbia di suo padre ma se lei si era comportata così era perché era stata costretta. Sperava che avrebbe capito come sua madre, invece suo padre non faceva altro che urlare e camminare avanti e indietro per il salotto cercando di smaltire la rabbia.
«Non volevo farti arrabbiare» riuscì a sussurrare soltanto.
«Ah no? E pensavi che l’avresti passata liscia per sempre? Per quanto sarebbe andata avanti questa storia?»
«Fino a quando tu non avresti capito che ho vent’anni e che non sono più una bambina! Che posso uscire e divertirmi con i miei amici senza finire per spacciare droga o rimanere incinta! Sono grande abbastanza! Questa storia va avanti da settimane! E non sono morta, non è successo niente di male, è questo che vorrei tu capissi! Però ovviamente preferisci dare ascolto a Louis, il ragazzo perfetto, che a tua figlia! Non è così?»
Juliet prese un respiro profondo, il cuore le batteva all’impazzata ed aveva il fiato corto. Finalmente era riuscita a dire a suo padre ciò che pensava e che si teneva dentro da troppo tempo ma non era sicura che la sua reazione sarebbe stata quella desiderata.
«Vai in camera tua.»
«Devo uscire. Non vorrai che i vostri amici si chiedano perché manco alla festa di beneficienza, vero?»
Robert rimase in silenzio per alcuni istanti. «Vado a farmi una doccia» disse poi, prima di salire al piano di sopra.
Juliet si lasciò andare esausta sul divano, non era dell’umore adatto per uscire a cena con Harry e suo padre ma il ragazzo sarebbe passato a prenderla di lì a poco. Si asciugò alcune lacrime che erano sfuggite al suo controllo e prese dei respiri profondi cercando di calmarsi ed autoconvincersi che andava tutto bene.
In quel momento il campanello suonò e Juliet si pentì di aver detto ad Harry che per quella sera sarebbe potuto venire a prenderla alla porta di casa, come le persone normali. Tuttavia sua madre aveva insistito per conoscerlo e non aveva potuto fare altro che accontentarla, dopo tutto quello che aveva fatto per lei.
Juliet si alzò dal divano ed andò a rispondere, Harry con lo sguardo rivolto verso la strada si voltò di scatto non appena sentì la porta aprirsi.
Il suo sguardo passò dall’annoiato al sorpreso.
«Juliet» disse soltanto, senza levarle gli occhi di dosso. «Sei…»
«È bellissima, lo so.»
Harry alzò la testa di scatto e si irrigidì nel vedere la donna che aveva parlato avvicinarsi a loro con molta disinvoltura.
«Harry, lei è mia madre. Mamma, ti presento Harry.»
Il ragazzo lanciò un solo sguardo confuso a Juliet prima di stringere educatamente la mano alla donna che lo guardava con approvazione.
«È un piacere conoscerla, signora Hamilton.»
«Il piacere è tutto mio, Harry, ma chiamami pure Mary. Non vedo l’ora di invitarti a cena non appena le acque si saranno calmate, ora è meglio che andiate prima che mio marito esca dalla doccia.»
Harry annuì confuso senza tuttavia porre alcuna domanda, «buona serata signora.»
«Divertitevi ragazzi!»
Juliet salutò la madre prima di seguire Harry verso la macchina parcheggiata sul ciglio della strada.
«C’è qualcosa che mi devi spiegare?» domandò Harry non appena chiuse la portiera.
Juliet rimase in silenzio, spostò lo sguardo fuori dal finestrino mentre si ripeteva mentalmente di non piangere e si sforzava di tenere le labbra serrate per non farsi sfuggire alcun singhiozzo.
Sentiva lo sguardo preoccupato di Harry addosso.
«Ehi» le sussurrò accarezzandole la mano, «è tutto a posto?»
Juliet scosse la testa stringendo la mano del ragazzo, una lacrima che le sfuggì al controllo catturò l’attenzione di Harry.
«Juliet ti prego dimmi cosa c’è che non va, sto cominciando seriamente a preoccuparmi.»
La ragazza trovò finalmente il coraggio di sostenere lo sguardo del ragazzo. «Mio padre sa di noi due» gli disse, non pensando più ai suoi occhi lucidi e al trucco che probabilmente era andato fuori posto. «Louis gli ha spifferato tutto.»
Harry inarcò le sopracciglia visibilmente sorpreso, boccheggiò per alcuni istanti senza che una parola gli uscisse dalla bocca. Non sapeva cosa dirle. Si sarebbe risolto tutto? Nemmeno lui lo sapeva. Non conosceva bene suo padre ma per quello che sapeva non doveva essere una persona molto accondiscendente, ma nonostante tutto lei era lì, pronta ad affrontare quella farsa che lui stesso aveva messo in piedi.
«Juliet, io…» il ragazzo sospirò. «Non so cosa dire, mi dispiace.»
Lei scosse la testa, «non è colpa tua, o per lo meno non direttamente. Tu non mi hai obbligata a fare niente e se sono finita in questo casino la colpa è solo mia.»
Harry le accarezzò la mano che non le aveva mai lasciato se non per cambiare marcia e svoltò a destra all’incrocio.
«Come hai fatto ad uscire stasera? Insomma, pensavo ti avrebbe segregata in casa.»
«Lo farà Harry, ma lui pensa che sia andata ad una festa di beneficienza, è per questo che non si è opposto.»
«E tua madre?»
«Lei lo ha sempre saputo. Mi ha sentita uscire ed ha sentito te. Ha notato…»
Juliet si arrestò. Non poteva dirle che sua madre aveva notato come lei fosse cambiata, come le sembrava che lei fosse innamorata.
«Ha notato che cosa?» insistette Harry.
Juliet scosse la testa, «niente, non ha notato niente. Tu piuttosto, mi vuoi spiegare tutta la scenata di oggi davanti a tuo padre?» Cercò di cambiare argomento. Fu il turno di Harry di essere a disagio.
«Se te lo dico giuri che non mi picchierai né ti arrabbierai?»
«Lo prometto.»
Harry sospirò, «okay» disse poco convinto. «Beh, un giorno parlando con Zayn lui mi ha detto che tu saresti la ragazza che ogni padre vorrebbe accanto al proprio figlio e visto lo sguardo di ammirazione che il mio aveva nei tuoi confronti oggi non ho voluto deluderlo. Inoltre, speravo che potessi aiutarmi a confessargli la verità.»
Juliet si voltò di scatto verso Harry, «stai scherzando spero.»
Il riccio scosse la testa, «lo vorrei anch’io ma no. Più questa storia va avanti peggio è, ho deciso che è giunta l’ora di dirgli la verità.»
«E ti sembrava così difficile avvertirmi prima di mettermi in mezzo?»
«Mi dispiace, ho deciso tutto al momento senza rifletterci prima. Scusa.»
«Facile chiedere il perdono ora che stiamo per vedere tuo padre! Ci pensi mai a quello che fai Harry? Ogni tanto l’istinto andrebbe messo da parte! Quello che fai ha delle conseguenze che spesso coinvolgono altre persone! E se io non volessi far parte di questa storia?»
Harry rallentò ed entrò in un parcheggio, «credo che sia troppo tardi. E poi pensavo che saresti stata felice di aiutarmi, insomma…»
Juliet sospirò e chiuse gli occhi, «non provare a farmi venire i sensi di colpa» borbottò.
«Credo che questo sia l’unico modo per evitare che mio padre mi uccida quando gli dirò la verità. Lo hai detto anche tu che io sono troppo impulsivo, tu sei esageratamente diplomatica invece. Non credi formeremmo una bella coppia?» domandò Harry con aria persuasiva.
Juliet si mise a braccia conserte. «Ti odio perché sto per darti corda ancora una volta.»
Il riccio non riuscì a non sorridere, si sporse verso la ragazza e le lasciò un bacio sulla guancia prima di stringerla in un abbraccio. «Cosa sarei senza di te?»
Un brivido percorse la schiena di Juliet che chiuse gli occhi e deglutì l’amarezza di quel momento.
«Un uomo morto. Dobbiamo metterci d’accordo sui fatti della nostra vita di coppia, così da non contraddirci a vicenda in caso di domande da parte di tuo padre.»
Harry si staccò dall’abbraccio, «non credo ci sia tempo. Papà è un uomo puntuale e odia i ritardatari, ci daremo all’improvvisazione.»


 

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Avevo praticamente finito di modificare il testo con l'editor e mi si è impallato tutto -.-
Sto cercando di ignorare lo scazzo che mi ha assalita e di essere professionale quindi ri-aggiornare ahaha
Allora, ignoriamo il mio ritardo pazzesco (questi ultimi giorni sono stati pieni), lo so che forse voi qui vi aspettavate la cena con Des ma ho preferito inserire un altro colpo di scena (ci ho preso gusto) prima della bomba che scoppierà nel prossimo capitolo HAHAHA
Louis come al solito non si è smentito ed ha spifferato tutto a Robert, ma i problemi non sono finiti qui ovviamente perché succederanno tante altre belle cose :)
Spero di riuscire ad aggiornare prima del 27 perché poi parto per il mare, due giorni dopo il mio rientro avrò un esame e alla fine della fiera non prenderò in mano il computer fino al 7 gennaio. Il capitolo 18 è quasi finito, cercherò di completarlo al più presto e postarlo prima della mia partenza. 
In qualunque caso auguro a tutte voi Buon Natale e se questo dovesse essere il mio ultimo aggiornamento del 2013 vi dico anche Buon Anno! :)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, l'ho modificato credo una decina di volte e nonostante ciò a me non convince ancora al 100%, spero l'abbiate apprezzato comunque!
Grazie mille per tutte le recensioni che mi lasciate, mi dispiace non riucire sempre a rispondervi ma sappiate che leggo tutto ed apprezzo ogni singola parola che mi scrivete <3
Alla prossima!
Jas



 

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


 
 
 

Capitolo 18

 
 
 
Robert era silenzioso e anche piuttosto arrabbiato. Mary lo notava dallo sguardo basso, dalla concentrazione che sembrava avere nel mangiare e dalla forza con la quale picchiava la forchetta sul piatto per prendere la pasta. Non si erano rivolti la parola dall’inizio della cena come se la responsabile di ciò che era accaduto fosse lei.
«Louis non viene a mangiare?» domandò Mary, rompendo il silenzio assordante.
Robert alzò per la prima volta gli occhi dal suo piatto e scosse lievemente la testa. «Ha detto che sarebbe uscito con degli amici che voleva salutare prima di tornare in Inghilterra.»
«Dovresti smetterla di trattarlo coi guanti e interessarti un po' di più a tua figlia. Non è il ragazzo che credi che sia» mormorò Mary mantenendo lo sguardo basso.
Non sarebbe riuscita a guardare suo marito negli occhi mentre per la prima volta si faceva valere. Era sempre stata dalla sua parte anche quando non condivideva i suoi pensieri ma si era resa conto - forse troppo tardi - che non era così che una buona moglie e madre si comportava. Aveva lasciato che Juliet si prendesse tutta la colpa quando anche lei si era messa in mezzo a quella storia prima di tutto non dicendo a Robert cosa stava combinando la loro figlia ma anche rimanendo accanto a suo marito a tutti i costi. Aveva tradito entrambe le parti ed era giunta l'ora di mettere le cose a posto.
«A cosa ti riferisci?» domandò Robert, il tono già più duro ed indagatore.
«So che Juliet ha sbagliato ad agire così, non dico che Louis ti abbia mentito ma non puoi essere così...»
«Così cosa?»
Mary sospirò. «Non so, attaccato a lui. Sembra quasi che tu lo preferisca a tua figlia, lo esalti in qualunque cosa faccia ma non conosci tutto di lui, anzi, ti ha tenuto all'oscuro delle cose più brutte e forse, significative.»
Robert appoggiò la forchetta sul tavolo. «A che ti stai riferendo? E lo sai che io ho sempre appoggiato Juliet nelle sue scelte, quelle giuste ovviamente. Se credo che mia figlia stia sbagliando però è mio dovere farglielo notare.»
«Tu non glielo fai notare, è quello il problema! La spaventi! Piuttosto che avere una normale discussione come in tutte le famiglie le metti timore e lei obbedisce, l'hai costretta tu a fare quello che ha fatto! Harry è un ragazzo educato e tranquillo, anche se le cose tra loro dovessero andare male non sta a te decidere se loro si possano frequentare o no. Capirei se fosse uno spacciatore o un ex galeotto ma non è niente di tutto ciò! Il drogato ce l'hai messo tu in casa nostra e nemmeno te ne sei accorto!»
Robert strabuzzò gli occhi sorpreso dalla reazione della moglie. «Sta’ zitta!» esclamò.
La donna sussultò, «pensa quello che vuoi. Quando torna Louis però chiedigli se l'estate scorsa è davvero andato un mese in Australia oppure se è andato ad un centro di recupero. Il tuo caro figlioccio faceva uso di cocaina.»
Mary si alzò da tavola in silenzio, lasciando il marito solo coi suoi pensieri.
 
 
 
«Siete proprio due anime gemelle» scherzò Des quando, all'arrivo della cameriera, Juliet ed Harry chiesero all'unisono una torta di mele.
La ragazza avvampò ed abbassò lo sguardo imbarazzata mentre il riccio sorrise sornione. La cena era trascorsa con tranquillità, Des aveva parlato del proprio lavoro, Juliet gli aveva raccontato un po' della sua vita ed Harry aveva furbamente evirato l'argomento "studi".
«Sai Juliet, mi fa ancora strano pensare che mio figlio abbia una ragazza seria, spero che riuscirai a fargli mettere a posto quella testa riccioluta che si ritrova.»
Lei sorrise ed annuì, tutta quella farsa la metteva a disagio, se fino ad allora non si era mai parlato della sua relazione con Harry, secondo Des probabilmente era giunto il momento di farlo e lei non era una brava attrice.
«Lo spero anch'io» mormorò.
«Ehi!» s'intromise Harry, «non parlate di me come se fossi un criminale! Sono un ragazzo d'oro, vero tesoro?» concluse, voltandosi verso Juliet e facendole gli occhi dolci.
«Quando vuoi...» bofonchiò lei, cercando di ignorare la mano del ragazzo appoggiata sulla sua gamba lasciata scoperta dal vestito.
«Solo?» continuò a stuzzicarla lui, alzando leggermente la mano.
Juliet s'irrigidì e fulminò con lo sguardo Harry che faceva finta di niente e continuava ad accarezzarle la coscia indisturbato fino a quando la sua mano non fu bloccata con un gesto deciso da quella della ragazza.
Des sorrise ignaro di cosa stesse succedendo sotto al tavolo. «Tua madre sarebbe fiera di te» osservò prima che il telefono gli squillasse e lui aprisse il messaggio che gli era arrivato.
«Harry devi dirglielo!» sussurrò Juliet approfittando dell'attimo di distrazione di Des.
«Non è ancora giunto il momento, abbi pazienza. Dobbiamo ancora mangiare il dessert.»
«Scusate ragazzi, cosa stavamo dicendo?»
L'uomo rimise il telefono sul tavolo e guardò i due sorridente.
«Stavamo parlando di...» inizio Juliet.
«Di quanto io amassi questa ragazza» la interruppe Harry, cingendole le spalle con un braccio. «Sai papà, credo di aver finalmente capito cosa vuol dire amare davvero una persona e non solo per il suo aspetto fisico. Insomma, io e Juliet non abbiamo ancora fatto sesso eppure guarda come siamo affiatati!»
«Harry!» lo riprese Juliet, rossa come un peperone.
Des rise. «Non preoccuparti cara, ormai sono abituato alle battute poco consone di mio figlio anche se avrebbe potuto dire la stessa cosa in maniera un po' più educata. Vero Harry?»
Il padre lo guardò serio e il riccio si strinse nelle spalle.
«Credo che abbia capito subito che tipo ero, la prima cosa che abbiamo fatto insieme è nasconderci dietro un cespuglio ad una festa e fare pipì.»
Juliet avrebbe voluto scavarsi una fossa e non uscirci più. La cena era stata piacevole fino a quando l'argomento della conversazione non era diventato la relazione inesistente tra lei ed Harry che si era rivelato un pessimo improvvisatore.
Des sorrise divertito. «Incontro piuttosto inusuale. E poi?»
Juliet fece per rispondere ma Harry l'anticipò e lei si pentì di non essere stata più veloce. Non era mai stata così in imbarazzo in vita sua ma sentiva che non era ancora finita e che da un momento all'altro il riccio avrebbe fatto un'altra battuta che l'avrebbe fatta arrossire più di quanto non fosse già.
«Poi niente, abbiamo iniziato ad uscire da amici e da cosa nasce cosa...» disse vago. E Juliet tirò un sospiro di sollievo. «All'inizio non mi attirava particolarmente. Insomma, è una bella ragazza ma i suoi modi di fare erano troppo pacati. Papà guardami, sono un casino vivente mentre lei riesce ad essere perfetta in ogni cosa faccia. Nonostante ciò credo che abbiamo trovato un nostro strano equilibrio. Lei è tutto ciò che non sono e...»
Juliet sussultò quando sentì la mano di Harry stringere la sua sotto il tavolo, dove gli occhi di Des non arrivavano e dove non c'era bisogno di recitare. Si voltò di scatto verso il ragazzo che la guardava tranquillo mentre lei sentiva il cuore scoppiarle nel petto.
«E credo che ci completiamo a vicenda. Mi sento un po' meno incasinato vicino a lei, una persona migliore.»
Juliet rimase in silenzio, incapace di rispondere a quelle parole che sembravano così sincere. Fu Harry a continuare, voltandosi di nuovo verso Des.
«E visto che mi sento una persona migliore papà, credo di doverti confessare una cosa che non ti renderà per niente felice.»
Juliet intuì dove voleva arrivare, strinse la mano di Harry cercando di infondergli coraggio attraverso quel gesto.
«Cos'hai combinato questa volta?» lo riprese il padre.
Harry chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. «Io...» Abbassò lo sguardo e sbuffò prima di buttare fuori ciò che si teneva dentro da due anni. «Ho smesso di andare all'università il secondo semestre del primo anno. Economia non fa per me papà, io voglio iscrivermi all'accademia delle belle arti, è quello che amo. E che tu sia favorevole o no, l'anno prossimo lo farò.»
Des rimase muto, così come Harry e Juliet.
Trascorsero alcuni attimi infiniti di silenzio in cui Harry sperava in una reazione di suo padre e Juliet cercava di infondergli conforto accarezzandogli il dorso della mano col pollice nonostante anche lei si sentisse in ansia in quel momento.
Des si alzò silenziosamente dal tavolo e mormorando un “non ci posso credere” si avviò verso l’uscita del ristorante.
Harry lo guardò incredulo, fece per seguirlo ma Juliet lo fermò.
«Non credo che voglia vederti in questo momento» gli disse dolcemente, «provo a parlarci io se ti va» aggiunse incerta.
Harry annuì e Juliet giurò di non averlo mai visto così triste.
«Ehi» gli sussurrò accarezzandogli una guancia.
Il ragazzo alzò lo sguardo incrociando gli occhi scuri di Juliet che lo guardavano determinati. «Andrà tutto bene» disse lei decisa, cercando di non lasciare trapelare l’agitazione che provava nell’avere il viso di Harry così vicino al suo.
Lui non rispose, le prese il viso tra le mani e la baciò.
Juliet fu sorpresa da quel gesto dettato probabilmente dallo sconforto ma non riuscì a fare altro che ricambiare. Sentì i denti di Harry morderle il labbro con forse troppa forza e senza chiederle l’accesso impossessarsi della sua bocca.
Le sue mani grandi finirono tra i capelli mossi della ragazza e quel bacio divenne ancora più passionale e forse straziante.
Harry si staccò di scatto, lo sguardo indecifrabile e le labbra rosse.
Juliet aveva il respiro corto e il cuore irrefrenabile. Le tremavano leggermente le mani e anche se sapeva che stava dando il peso sbagliato a quel bacio non riuscì a fare a meno di pensare a quanto le fosse piaciuto e a quanto avesse aspettato quel momento. Sentiva ancora il sapore di Harry sulle labbra e il suo profumo su di lei quando si alzò in silenzio ed uscì dal ristorante alla ricerca di Des.
Lo chiamò giusto in tempo, l’uomo si voltò di scatto: un piede già sul taxi che aveva chiamato e le mani appoggiate alla portiera. Osservò Juliet avvicinarsi con le braccia conserte e la pelle l’oca dal freddo. Dalla fretta non si era messa la giacca.
«Mi dispiace per quello che è successo» disse.
L’uomo la guardò senza rispondere così Juliet prese un respiro profondo, e un po’ di coraggio, e continuò. «Lo so che non dovrei darle lezioni su come comportarsi con suo figlio o altro, non voglio sembrarle presuntuosa o maleducata ma mi creda quando le dico che Harry non voleva ferirla. Sembra una presa in giro ma è la verità ed io non lo sto giustificando. Quando mi ha spiegato la faccenda lo avrei voluto prendere a sberle ma Harry ha cercato solo di non deluderla e sotto questo punto di vista lo capisco. Certo, io ho una situazione famigliare diversa ma a volte i figli si trovano messi alle strette dai propri genitori e per cercare di non ferirli si comportano male, mentono, fanno stupidate come Harry in questo caso e quando si viene scoperti, perché alla fine succede sempre, i genitori vengono delusi il doppio. Non voglio trattenerla oltre perché il tassista sta aspettando ma le dico solo di cercare di capire un po’ Harry. Non dico che debba passarla liscia ma si metta nei suoi panni. Non credo che fare il cantante sia l’ambizione più sicura della vita ma se gli piace perché negargliela? La facoltà di belle arti offre comunque altri sbocchi professionali nel campo musicale, non è detto che Harry debba finire per esibirsi su un palcoscenico.»
Juliet si arrestò quando si rese conto che aveva parlato più del dovuto e che forse non aveva detto le cose giuste.
Des schioccò le labbra. «Sei una brava ragazza Juliet, tieni d’occhio mio figlio» disse prima di salire sul taxi e chiudere la portiera.
Juliet guardò confusa l’uomo andarsene e non rientrò nel ristorante fino a quando l’auto non ebbe svoltato l’angolo. Non capiva le paroleta di Des, insomma, dalla sua risposta sembrava che non avesse ascoltato una parola di quello che aveva detto e si rese conto che forse aveva blaterato un po’ troppo.
Raggiunse Harry al tavolo e solo quando incrociò di nuovo quegli occhi verdi si rese conto di quello che era successo prima. Era come se in quei pochi minuti in cui era stata fuori si fosse dimenticata di tutto il resto e si fosse concentrata solo sul casino che Harry aveva combinato e su come limitare i danni.
Il riccio mangiò un pezzo della torta che nel frattempo avevano portato. «Allora?» domandò con la bocca piena e le labbra sporche di zucchero a velo.
Juliet strinse la presa sulla forchetta che aveva preso in mano e cercò di concentrarsi sul dolce intatto che c’era nel davanti a lei.
Si era sforzata davvero di capire Harry e i suoi comportamenti lunatici. Aveva provato a dimenticare i momenti in cui si poteva sentire l’elettricità tra loro due, i suoi sguardi penetranti e quegli abbracci che duravano più del dovuto. Aveva cercato di dare poi una spiegazione alle sue parole, a quei “non sei il mio tipo” e alla colpa che dava all’alcol per i suoi comportamenti, ma quella sera lui aveva provato davvero a baciarla e nel parcheggio di quello studio di tatuaggi era successo davvero. Così come pochi minuti prima.
Juliet sentì un vuoto nell’intestino al solo pensiero di quel momento e con un gesto impulsivo allontanò il piatto da sé.
«Tutto bene?» le domandò Harry allarmato.
«Voglio andare a casa» disse lei.
«Ma non hai nemmeno sfiorato la torta.»
«Non ho più fame.»
Harry fece per ribattere ma poi chiuse le labbra e sospirò annuendo lievemente sforzandosi di non chiedere nulla. Si alzò in silenzio ed andò a pagare il conto, Juliet nel frattempo indossò la giacca e si diresse all’entrata del ristorante ad aspettarlo.
Lo seguì verso la macchina e passò l’intero viaggio in silenzio col viso rivolto verso il finestrino così da nascondere ad Harry i suoi occhi lucidi.
Quando si arrestarono davanti a casa sua non si mosse di un millimetro.
«Cosa c’è che non va?» le domandò allora Harry.
Juliet rimase in silenzio, Harry spense la macchina ed appoggiò la testa al sedile chiudendo gli occhi.
Fu allora che la ragazza si voltò di scatto e «perché mi hai baciata quella sera in cui ti accompagnai a fare il tatuaggio?» chiese con rabbia e tono accusatorio.
«Perché stavi diventando paranoica, è stato un modo per calmarti e a quanto pare ha funzionato» rispose Harry con fare ovvio,un sorriso che infastidì Juliet dipinto sul volto.
«E perché mi hai baciata, prima?»
«Perché ero io quello che stava diventando paranoico.»
Juliet sentì la rabbia crescerle dentro, avrebbe voluto picchiarlo e urlargli contro che lei non era un bambolotto e che i baci non servivano a far sparire le proprie paranoie o quelle altrui.
«E perché quella sera hai provato a baciarmi?» continuò, gli occhi sempre più lucidi e le lacrime sempre più difficili da trattenere.
«Juliet mi dici cosa c’è?» ribatté Harry.
«Rispondi» gli ordinò lei.
Il riccio sospirò. «Te l’ho già detto, ero ubriaco. Mi ricordo a malapena cos’è successo quella sera. E poi tu non hai nemmeno voluto baciarmi, non capisco il perché di tutto questo.»
«Sei uno stronzo» mormorò Juliet tra i denti prima di aprire la porta della macchina.
Harry la prese per un polso e la costrinse a non scappare. «Mi vuoi spiegare che ti prende?»
«Io non ho voluto baciarti?» gridò Juliet in pieno alla rabbia. «Non ho voluto?» ripeté, senza preoccuparsi delle lacrime che ormai le rigavano le guance. «C’è una bella differenza tra non volere e non potere, da’ una controllata al vocabolario Harry, e soprattutto impara ad essere un po’ più coerente.»
Juliet si liberò con uno strattone dalla presa del ragazzo e senza aggiungere altro scese dalla macchina e corse verso casa.
Spalancò la porta senza preoccuparsi di non fare rumore e del fatto che qualcuno potesse essere già a letto. Non si preoccupò delle tre paia di occhi che la videro distrutta e col mascara sbavato. Non si chiese perché i suoi fossero seduti sul divano con Louis che aveva l’aria di chi aveva appena visto un fantasma e non si chiese cos’avrebbe potuto pensare suo padre nel vederla tornare da un’innocua festa di beneficienza in quello stato.
Salutò tutti con un cenno della testa e senza proferire parola salì le scale e si chiuse in camera.
 
 

 

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Eccomi quaa!
Amatemi perché ho fatto le valigie in tempo record per avere il tempo di aggiornare e perché stanotte sono stata sveglia quasi fino alle due per finire il capitolo.
Finalmente è arrivato il momento della fatidica cena con Des. Che ne dite della sua reazione? Secondo me è stato fin troppo bravo. Per quanto riguarda il bacio ringraziate i miei neuroni stanchi, non so cosa mi sia saltato in testa stanotte, ho scritto tante di quelle cagate (che poi ho corretto) che non potete immaginare ma il bacio ho deciso di lasciarlo anche perché poi avrei dovuto cambiare anche tutta la discussione che n'è seguita.
E Louis cocainomane invece? AHAHAHAHAHA Giuro che questa è l'ultima fan fiction in cui gli faccio interpretare il ruolo dello stronzo che fa del male a tutti e che tutti odiano (anche perché nell'ultimo periodo ha guadagnato punti) però stavolta non sono riuscita a resistere!
Non ho fatto una scaletta per questa storia ma credo che ci stiamo avvicinando alla fine, della serie che potrebbero mancare tre o quattro capitoli circa.
Fatemi sapere che ne pensate, passate delle buone vacanze e buon anno!
Al 2014 :)
Jas

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


 

 

 

Capitolo 19

 
 
 
La cucina era silenziosa, Liam canticchiava a labbra serrate il motivetto di quella pubblicità che continuavano a trasmettere e intanto spalmava alcune fette di pane tostato di marmellata. Le appoggiò sul vassoio insieme ad una tazza di caffè e si diresse deciso verso la porta infondo al corridoio. Entrò senza bussare e arricciò il naso quando l'odore di chiuso gli arrivò alle narici.
«Sveglia!» gridò, togliendo dalla scrivania alcuni vestiti per appoggiarci sopra il vassoio. Si diresse poi verso la finestra che spalancò senza preoccuparsi delle lamentele di Harry che si portò un braccio sugli occhi e si nascose sotto le coperte.
Liam gli si avvicinò e scostò il piumino dal corpo dell'amico che si portò le ginocchia al petto lamentandosi di quanto avesse freddo.
«Chiudi la finestra!»
«C'è una puzza insopportabile in questa stanza, non mi sorprenderei se trovassi un cadavere sotto il tuo letto.»
«Allora esci e lasciami dormire» borbottò Harry mettendo la testa sotto il cuscino.
Liam scosse la testa. Era preoccupato per il comportamento insolito del suo amico e quella mattina quando per l’ennesima volta si era ritrovato solo in cucina a fare colazione, aveva deciso che era giunto il momento di dare una bella svegliata a Harry. Gli faceva male vederlo in quello stato, doveva trovare una soluzione e il primo passo per rimetterlo in sesto era fargli mettere il naso fuori di casa.
«Non se ne parla» disse deciso. «È da due giorni che te ne stai rinchiuso in camera e ti dai per malato al lavoro. Oggi non puoi. Ti ho anche portato la colazione, che coinquilino ti farebbe qualcosa del genere?»
«Uno gay innamorato di me.»
«Peccato che io sia etero e che stasera esca con una ragazza che non si chiama Harry. Ora sbrigati.»
Harry sospirò, buttò il cuscino per terra e si sforzò di tenere gli occhi aperti nonostante la luce troppo forte per qualcuno appena sveglio. Si mise seduto e sbadigliò senza preoccuparsi di coprire la bocca come invece i suoi genitori gli avevano insegnato.
«Perché devi infastidirmi così tanto?»
«Perché non mi piace vederti così giù di corda per una ragazza. Morta una Juliet se ne fa un’altra.»
Harry aggrottò le sopracciglia, confuso dalle parole di Liam, poi prese la tazza di caffè che l’amico gli stava porgendo e ne bevve un lungo sorso.
«Ma Juliet non c’entra niente in tutto ciò» disse tranquillo. «Non mi sentivo molto bene, davvero.»
Sentì lo sguardo indagatore di Liam cercare di leggergli dentro ma sapeva che dal suo aspetto non avrebbe potuto dedurre niente di significativo.
Era giù, era vero, ma la colpa non era di Juliet. La colpa era sua perché per l’ennesima volta nella sua vita si era comportato da codardo. In quei giorni di apatia a letto aveva riflettuto e si era reso conto che quando bisognava scegliere se rischiare o rimanere nelle certezze, lui aveva sempre evitato le mosse coraggiose, quelle azzardate ma a volte più giuste. Anche una delle cose più audaci che avesse mai fatto non era riuscito a realizzarla da solo, aveva avuto bisogno di Juliet al suo fianco e lui sapeva bene che senza di lei non avrebbe sicuramente detto a suo padre la verità ma avrebbe risposto a qualunque sua domanda mentendo spudoratamente. E lui l’aveva ringraziata facendola scendere dalla sua macchina sull’orlo delle lacrime che era certo poi avesse versato. Si sentiva un verme, era la persona meno dignitosa sulla Terra ma Harry sapeva che nonostante gli atteggiamenti spavaldi e i mille aghi che gli avevano bucato la pelle lasciandogli segni indelebili, era un cagasotto. Quando si trattava di cose serie, di persone, di sentimenti veri, lui diventava un codardo e piuttosto che rischiare preferiva lasciare perdere, spezzare il cuore alla gente e continuare la sua vita nascondendosi da obblighi di qualunque tipo, sia scolastici che nei confronti di altre persone. Era fatto così ed era certo che niente e nessuno sarebbe riuscito a cambiarlo perciò era inutile riempire Liam dei suoi sensi di colpa, era inutile ammettere che sotto tutta quella tristezza c’era Juliet perché non sarebbe cambiato niente. A rischiare ci si ritrovava sempre con la testa fasciata o il cuore spezzato, e il fatto che suo padre non si fosse ancora fatto vivo dopo essersene andato dal ristorante senza proferire mezza parola, ne era l’ennesima prova.
«Non c’è bisogno di mentire con me, non l’hai ancora capito questo?» cercò di insistere Liam.
«Sto bene, davvero. Ero solo stanco e svogliato» lo rassicurò Harry, alzandosi e prendendo un paio di pantaloni della tuta.
«Sì certo, come non detto. Peccato che siamo passati dal parlarne praticamente ogni giorno al non nominarla nemmeno per sbaglio. C’è qualcosa che mi stai nascondendo signorino» osservò Liam, sicuro di sé. «E il fiuto di Payne non mente mai» aggiunse, prima di uscire dalla stanza di Harry, in piedi ancora in boxer e con lo sguardo meno stanco ma le idee più confuse di prima.
 
 
 
Juliet sbuffò, chiuse il libro di filosofia del diritto e per la prima volta dopo ore alzò lo sguardo da quelle pagine e si perse a guardare fuori dalla finestra socchiusa di camera sua. La ringhiera del balcone oscurava metà vista ma lei conosceva bene l’albero che stava dietro ad essa. Sorrise nel ricordare le sue arrampicate notturne e il viso biricchino di Harry che spuntava nei momenti più inaspettati. Con la malinconia però arrivò anche una sensazione strana allo stomaco, diversa da quella che aveva sentito quando lui l’aveva baciata senza – a detta sua – nessun particolare motivo. Juliet strinse la matita che teneva in mano cercando di sfogare la rabbia nei suoi confronti. Non sapeva bene cosa pensare né come comportarsi, si era illusa oppure era stato lui ad illuderla? La seconda opzione era la più plausibile ma “Harry è fatto così, è ancora un bambino sotto sotto” lo aveva difeso Agathe, e lei si era alzata dalla sedia della biblioteca e se n’era andata in preda allo sconforto. Nemmeno lei la consolava. Pure sua madre non faceva altro che chiederle di lui, proprio quando tutto il resto si era messo a posto: suo padre che finalmente si era reso conto della non-perfezione di Louis e del suo atteggiamento sbagliato nei confronti di Juliet, le cose tra loro due erano dovute andare male.
Louis.
Ricordava ancora il suo sguardo ferito e tradito col quale l’aveva guardata sul ciglio della porta di casa sua, la valigia in mano e il taxi alle sue spalle ad aspettarlo.
Suo padre quella mattina era al lavoro e sua madre non si era fatta vedere. Juliet era troppo scossa per la situazione con Harry per riuscire a gestire anche Louis. Quando sua madre le aveva rivelato il suo segreto non aveva potuto credere alle sue orecchie. Tutto ciò che aveva sentito si discostava in maniera assoluta da ciò che lei credeva fosse Louis. I suoi occhi solitamente brillanti ma quella mattina spenti, però, erano stati la conferma che tutto ciò che sua madre le aveva detto non era stata altro che la pura verità e per la prima volta da quando si conoscevano, Juliet aveva provato pietà per Louis. Nonostante i precedenti, i suoi tradimenti e le sue cattiverie le dispiaceva come le cose erano andate a finire e quando lo aveva abbracciato e gli aveva augurato buon viaggio era sicura che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe visto Louis Tomlinson a casa sua.
Forse era destino, si ritrovò a pensare Juliet mentre usciva da camera sua e si dirigeva in cucina per sgranocchiare qualcosa prima di cena. Era destino che lei e Harry s’incontrassero nel momento sbagliato, quando suo padre non l’avrebbe accettato, quando lui fingeva di andare all’università, quando Louis era da lei. O forse indipendentemente da tutto ciò lei e Harry non sarebbero potuti diventare qualcosa di più di due buoni amici. Non erano fatti per stare insieme, lui non ricambiava i suoi sentimenti, la vedeva solo come un’amica e lei sarebbe dovuta andare avanti senza di lui. Non aveva senso continuare a fantasticare su come le cose sarebbero potute andare se lei fosse stata più bella, simpatica, più simile a lui. Erano troppo diversi, non c’era niente da fare. E lei aveva provato ad indossare meno camicie, a truccarsi un po’ di più e a prendersi meno sul serio, a tornare a casa tardi e bere birra al posto dell’acqua ma non era stato sufficiente. Avrebbe dovuto essere un’altra persona, se fosse stata un’altra persona Harry l’avrebbe guardata con occhi diversi, lei si sarebbe sentita più libera e meno imbarazzata sotto il suo sguardo intenso. Però lei era Juliet Hamilton, l’educata e studiosa Juliet Hamilton, lui invece era un ragazzo che illudeva suo padre, che indossava camicie con le maniche strappate e bandane in testa. Non sarebbe mai potuta funzionare e Juliet si sorprese per non essersene resa conto subito. Prima che fosse troppo tardi, prima che il suo respiro riuscisse a provocarle i brividi, prima che imparasse a memoria tutte le sfumature dei suoi occhi e i piccoli nei vicino alla bocca.
Sbuffò, mise un po’ di acqua a bollire e prese tè, zucchero e biscotti dalla dispensa. Mentre aspettava che il bollitore facesse quel rumore assordante e che lei odiava con tutta se stessa prese a sfogliare una rivista di arredamento d’interni che sua madre aveva lasciato in cucina. L’idea di rinnovare il salotto, ma Juliet era certa che in poco tempo sarebbe passata a tutte le altre stanze della casa, le era venuta d’istinto e la colpa era stata un po’ anche sua.
“Quando una donna vuole cambiare, cambia taglio di capelli” aveva iniziato, ma il suo tono era troppo entusiasta e Juliet la conosceva troppo bene per non sospettare che ci fosse altro sotto. “Ma qui a cambiare è tutta la nostra famiglia!” aveva continuato. “Allora perché non cambiare arredamento del salotto?”
Juliet non aveva aperto bocca, ancora scioccata dalle parole che invece aveva detto suo padre solo pochi minuti prima.
Lei era tornata a casa infuriata dopo il pomeriggio di studio con Agathe che si era concluso prima del previsto. Aveva trovato entrambi i suoi genitori seduti sul divano e sapeva che trovarli in quella posizione era presagio di discorsi che portavano novità in casa, novità che nella maggior parte dei casi la rendevano scontenta.
Juliet aveva messo da parte per un attimo la sua rabbia e dopo aver salutato i suoi genitori si era seduta di fronte a loro senza dir nulla, aspettando l’ennesima cattiva notizia.
“Dai Robert” aveva sentito sua madre bisbigliare, nella convinzione che la figlia non potesse sentirla.
“Puoi frequentare quel ragazzo, se ti va” aveva sussurrato lui, lo sguardo basso e le mani unite.
Juliet aveva annuito in silenzio, anche lei osservava il parquet ben curato però intanto si mordeva un labbro cercando di trattenere le lacrime di sconforto che minacciavano di uscire. Si era alzata in silenzio ed era corsa su per le scale sentendo suo padre chiedersi cos’avesse fatto di male ma quella volta non era stata colpa sua. Quella volta la colpa era stata di Juliet, e lei lo sapeva. Quella volta avrebbe dovuto ascoltare suo padre che non si era fatto incantare da quegli occhi verdi e da quel sorriso furbo. Se l’avesse fatto non si sarebbe trovata con il cuore spezzato, la mente altrove e il rumore forte del bollitore a fischiarle nelle orecchie senza che quasi se ne accorgesse.
 
 

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Eccomi qua!
Scusate per il ritardo ma alla fine al mare non ho scritto niente, due giorni dopo il mio rientro ho avuto un esame e purtroppo ne ho anche altri da dare, i capitoli non si scrivono da soli quindi non so quando potrò aggiornare nuovamente!
Questo capitolo l'ho scritto un po' ieri sera e un po' stamattina, è molto introspettivo e finalmente si chiarisce il personaggio di Harry che è rimasto poco delineato per tutta la storia. Non mi convinceva molto, in realtà non mi convince nemmeno tutt'ora e l'ho modificato così tante volte che ora non so come sia leggerlo tutto d'un colpo, non gli ho dato alcuna rilettura finale perché al momento non ne ho proprio voglia ma mi scocciava lasciarvi un giorno in più senza nessun mio aggiornamento quindi se ci sono degli errori chiudete un occhio ahahaha
Grazie mille per tutte le recensioni che mi avete lasciato allo scorso capitolo, spero che il vostro anno sia iniziato bene!
Mi sono anche creataun nuovo profilo di
Ask se vi va di aggiungermi :)
Alla prossima!
Jas

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


 



 

Capitolo 20

 
 
 
«Vuoi un mio consiglio? Vai a parlarle.»
Zayn fece una smorfia di dolore mentre il tatuatore si soffermava su una sfumatura.
«Non c’è più niente da fare, è finita.»
«Parli come se tra di voi ci fosse stato un grande amore che ora non si può più rivivere, il problema è che sei tu che hai iniziato e fatto finire tutto con la tua impulsività del cazzo quindi ora datti una svegliata e metti tutto a posto così che possiate vivere felici e contenti. Non ti dirà di no.»
Harry non spostò lo sguardo dalla mano sporca di inchiostro di Marcus. «Proprio tu che ti stai tatuando sul braccio la faccia di una tipa con cui esci da non più di un mese, vieni a parlarmi di amore?»
«Perrie è speciale, non puoi capire. E poi stiamo parlando di te e non di me. Siamo obiettivi Harry: ti sei comportato da vero stronzo. Hai trovato una ragazza meravigliosa, che ti sopporta nonostante tutti i tuoi difetti, a cui non importa soltanto del tuo bel faccino, che ha avuto il coraggio di affrontare tuo padre con te nonostante il modo poco carino con cui l’hai coinvolta. Juliet non ha occhi che per te, e mi sorprende che tu non te ne sia accorto prima. Quella ragazza farebbe carte false Harry, e l’ha già dimostrato più di una volta, andando contro tutti i suoi principi, la sua famiglia, le sue certezze. Tu l’avresti fatto, Harry?»
Il riccio abbassò lo sguardo in difficoltà.
«L’avresti fatto?» ripeté Zayn deciso.
Sapeva che il suo migliore amico era in crisi ma sapeva anche che gli serviva una bella svegliata, doveva rendersi conto di quelli che erano i fatti, doveva aprire gli occhi e capire l’occasione che gli stava sfuggendo dalle mani. Una ragazza come Juliet non l’avrebbe più trovata e anche se le cose poi sarebbero andate male, bisognava rischiare. Bisognava provarci con tutte le forze e vivere senza rimpianti. Zayn conosceva Harry quasi più di se stesso e sapeva bene che sotto quella corazza si nascondeva un ragazzo insicuro che aveva paura di soffrire ma a vivere così ne andava della sua felicità e, sicuramente, anche di quella di Juliet.
«No, non l’avrei fatto.»
 
 
 
«Com’è andata la scuola oggi?»
Robert bevve un sorso di vino prima di posare gli occhi sulla figlia che con la bocca piena lo osservava in attesa di poter rispondere.
«Bene» disse Juliet dopo aver ingoiato il boccone. «Non è successo niente di interessante.»
Robert annuì e riprese a mangiare in silenzio.
Ci stava provando davvero a rimettere a posto le cose, a cercare di creare il legame che in tutti quegli anni non c’era stato, ad essere un padre migliore, un punto di riferimento per sua figlia, ma il silenzio in cui si era chiusa dopo che le aveva detto che per lui non ci sarebbero stati problemi se lei avesse frequentato quell’Harry, stava iniziando a fargli dubitare delle sue scelte.
Non si sarebbe sicuramente aspettato un cambiamento della situazione da un giorno all’altro ma un minimo di dialogo in più sì, e il fatto che Juliet parlasse meno di prima stava iniziando a preoccuparlo.
«Va tutto bene con quel giovanotto?» tentò allora.
«Si chiama Harry» bisbigliò Mary, in tono di rimprovero.
Juliet alzò gli occhi dal piatto e sforzò un sorriso. «Una meraviglia, non potrebbe andare meglio.»
«Allora che ne dici se lo invitassimo a cena, una sera di queste?»
Juliet cominciò a tossire con forza, un pezzo di pane le era andato di storto quando aveva sentito le parole di suo padre.
«Non credo sia una buona idea» riuscì a dire poi, tra un sorso d’acqua e l’altro.
«Perché no?» intervenne la madre, dispiaciuta.
«È un ragazzo molto impegnato, e visti i trascorsi credo sia meglio aspettare ancora un po’.»
«Oh» disse soltanto Mary. «Fa’ come credi, vogliamo solo che lui sappia che ora è il benvenuto in famiglia.»
Juliet annuì. «Glielo dirò. Ora scusate ma sono rimasta indietro con lo studio oggi, devo finire alcune cose prima di andare a dormire» si giustificò alzandosi da tavola.
«Ma c’è il tiramisù!» protestò la madre.
«Lo mangerò domattina a colazione. Buonanotte.» Juliet li salutò frettolosamente prima di andare in camera sua.
La situazione stava diventando insostenibile, prima o poi avrebbe dovuto confessare ai suoi genitori che non c’era nessun Harry nella sua vita, che in realtà tra loro non c’era mai stato niente e che non lo avrebbe mai portato a cena. Apprezzava gli sforzi di suo padre e avrebbe voluto ringraziarlo in maniera più adeguata. Le faceva male vedere il suo sguardo confuso, a volte arreso ma soprattutto dispiaciuto di fronte ai suoi atteggiamenti ma non riusciva a fare di meglio. Quella situazione la stava logorando, avrebbe dovuto trovare una soluzione al più presto ma niente di adatto le veniva in mente.
Aprì la porta di camera sua e rimase immobile, con la mano ancora appoggiata alla maniglia, ad osservare la figura avvolta nella penombra seduta sul suo letto.
La prima cosa che provò fu paura, il respiro le si mozzò in gola quando si rese conto che c’era un estraneo in camera sua. Poi il timore lasciò spazio all’incredulità, il respiro da mozzato divenne accelerato e il suo cuore prese a battere all’impazzata.
Senza distogliere lo sguardo dal ragazzo, Juliet allungò la mano verso l’interruttore della luce e i suoi occhi incontrarono subito un paio di iridi verdi che la osservavano con intensità.
«Ciao Juliet.»
Lei non rispose, prese un respiro profondo e si chiuse la porta alle spalle.
Harry si alzò dal letto e mosse un passo verso di lei. «Ho trovato la finestra aperta» disse, accennando un lieve sorriso che tuttavia Juliet non ricambiò.
«Dovresti smetterla con queste visite improvvisate, non sei più il benvenuto in questa casa» disse dura, cercando di nascondere il labbro inferiore che le tremava e l’agitazione che la presenza di Harry le causava.
«Juliet ti prego, non sono venuto qui per litigare.»
«E per fare cosa allora? Sei in preda alla paranoia? Vuoi baciarmi di nuovo? Fa’ pure, tanto non sono che un giocattolo per te!»
«Abbassa la voce ti prego, non voglio che i tuoi genitori scoprano che sono qua.» La voce di Harry era quasi un sussurro.
«Non preoccuparti, loro adesso ti adorano. Non vedono l’ora di conoscerti, mi hanno appena detto di invitarti a cena “una sera di queste” peccato che ora quella che non vuole più avere a che fare con te sia la sottoscritta.»
Harry la guardò confuso. «Mi stai prendendo in giro?»
«Ti sembra che io stia scherzando?» ribatté Juliet, mettendosi a braccia conserte.
Il riccio sospirò e mosse un altro passo verso di lei che arretrò istintivamente andando a sbattere addosso alla porta.
«Lo so che mi odi a morte, anch’io mi odierei a morte se fossi in te ma lasciami spiegare, poi se vuoi urlami di uscire dalla tua vita e giuro che non mi vedrai più nemmeno per caso.»
Juliet deglutì, quelle parole avevano avuto la capacità di farla agitare più di quanto non fosse già, sentire Harry dirle che sarebbe uscito dalla sua vita aveva avuto uno strano effetto su di lei. La morsa che aveva sentito allo stomaco le aveva dimostrato, per l’ennesima volta, che lei non voleva smettere di avere a che fare con lui, che nonostante i suoi comportamenti lo voleva ancora, forse più di prima.
«Mi sono comportato da vigliacco, ti ho mentito a costo di non espormi ma credimi quando ti dico che non ti ho mai, e ripeto mai, usata. Quella sera della cena con mio padre ero scosso, avevo la testa altrove e quando mi hai posto quelle domande non avevo idea di cosa avrei dovuto risponderti.»
«Volevo solo la verità» mormorò Juliet.
«Lo so» disse Harry avvicinandosi ulteriormente a lei. «Lo so» ripeté. «Ma a volte la verità non è così facile da dire, soprattutto se comporta mettersi alla prova, rischiare, dipendere completamente da un’altra persona.» Harry sospirò in difficoltà. «Non ero pronto. Non ero pronto ad incontrarti, a perdere la testa per te, una ragazza completamente diversa dalle altre che avevo frequentato prima di allora. Non ero pronto a rischiare e forse non lo sono neanche ora ma il solo pensiero di perderti è stato in grado di farmi superare le mie paure. Sono il ragazzo più incasinato del mondo, non so nemmeno io da che parte prendermi ma tu in qualche modo, con la tua calma, la tua serenità e questo tuo modo di fare così diverso da ciò a cui io sono sempre stato abituato, sei riuscita a portare un po’ del tuo ordine nel mio mondo e rendermi meno confuso e casinista. Ti chiedo scusa per quello che ti ho fatto quella sera ma non penso nemmeno mezza parola di tutto quello che ti ho detto. Non ho mai voluto ferirti, non ti ho baciata senza motivo e non voglio che tu mi dica di uscire dalla tua vita perché questi giorni sono stati un inferno ed io proprio non ce la faccio a stare senza te.»
Harry appoggiò una mano sulla guancia di Juliet, lei chiuse gli occhi e prese dei respiri profondi cercando di darsi una controllata ma era impossibile col respiro di lui che le soffiava sul viso e il suo tocco caldo che le infuocava la pelle.
«Juliet» sussurrò dopo un tempo che parve infinito e lei si rese conto che le sue labbra si erano fatte più vicine. Non sapeva cosa dire, come reagire. La sua mente era confusa, riusciva soltanto a ripensare alle parole di Harry che l’avevano colta di sorpresa e a quanto lui si fosse aperto a lei. Socchiuse la bocca per cercare di dire qualcosa ma due forti colpi sulla porta alla quale lei era appoggiata la fecero sussultare. Spinse Harry lontano da lei e si schiarì la voce prima di aprire la porta.
«Papà!» squittì sorpresa, osservando l’uomo in corridoio.
«Ti ho portato un po’ di tiramisù, gli zuccheri aiutano con lo studio.»
Juliet annuì ma lo sguardo di Robert andò a finire oltre la figlia. Osservò Harry immobile di fianco al letto e sorrise nel notare la finestra aperta.
«Giovanotto, la prossima volta usa la porta d’entrata» osservò divertito.
Harry annuì convinto, le mani in tasca e lo sguardo basso.
Robert fece un passo indietro, Juliet rilassò un po’ i muscoli ma all’ultimo l’uomo si voltò di nuovo verso il riccio. «Juliet ti ha parlato della cena?»
Harry annuì. «Le farò sapere per quando si può fare» si sforzò di dire nella maniera più convincente possibile. «Ora scusatemi ma devo proprio andare, è stato un piacere rivederla signor Hamilton» aggiunse avvicinandosi alla porta e stringendo la mano di Robert. «Ciao Juliet» salutò la ragazza lanciandole uno sguardo fugace ma vuoto.
Lei lo osservò in silenzio attraversare il corridoio e scendere le scale, solo dopo si accorse del piatto di tiramisù che suo padre le stava ancora porgendo. Lo prese e lo appoggiò sulla scrivania. «Mi puoi scusare un attimo?» gli chiese poi, prima di superarlo e correre al piano inferiore.
«Tesoro ho visto Harry! Perché si ostina ancora ad entrare di nascosto?» osservò Mary quando vide la figlia in salotto.
Juliet non rispose, si limitò a spalancare la porta ed attraversare il giardino di corsa. Si fermò di scatto quando vide che in strada non c’era nessuna macchina parcheggiata. Lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e respirò affannosamente cercando di riprendersi dalla corsa in pantofole che aveva appena fatto. Stava per ritornare sui suoi passi quando infondo alla strada scorse una figura famigliare.
«Harry!» gridò col poco fiato che le rimaneva, mentre riprendeva la sua corsa verso di lui.
Il ragazzo si voltò di scatto e sorpreso l’osservò avvicinarsi.
«Juliet ma che…»
Lei non gli lasciò finire la frase, si arrestò di fronte a lui e lo baciò con decisione, tirando fuori tutto il coraggio e la sicurezza che non aveva mai mostrato prima.
Harry ricambiò dopo un attimo di sbigottimento, appoggiò le mani sui suoi fianchi e la strinse ancora di più a sé. Le sue labbra avevano un sapore diverso quella sera, solo quando le sentì socchiudersi di fronte alla sua tacita richiesta si rese conto che aveva seriamente temuto di perderla e che rischiare non era poi così male se quello era ciò che lo aspettava dopo la caduta libera che aveva provato di fronte al silenzio di Juliet, pochi minuti prima in camera sua.
Juliet passò una mano tra i capelli del ragazzo chiedendosi come avesse fatto a resistere fino ad allora, i brividi che le avevano attraversato il corpo nell’istante in cui le loro labbra si erano incontrate avevano lasciato spazio ad una sensazione di tranquillità e leggerezza.
Si staccò da quella dolce morsa col respiro corto e le gambe tremanti per ciò che aveva appena fatto.
«Wow» disse Harry sorpreso, senza tuttavia nascondere quel suo solito sorriso malandrino.
«Non potevo permettere che per la terza volta fossi ancora tu a baciarmi» lo prese in giro lei.
«Meno male, se no mi sarei perso tutto questo!» ribattè Harry.
Juliet gli tirò un pugno sul petto senza tuttavia riuscire a nascondere un sorriso, lui l’attirò a sé baciandola di nuovo.
«Allora, questa cena quando si fa?» sussurrò Juliet sulle sue labbra.
«Quando vuoi.»



 

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AAAAAAAHHHH! Finalmente dopo 20 capitoli di peripezie questi due si sono trovati! (o almeno così sembra)
Spero che il confronto tra Harry e Juliet vi sia piaciuto, personalmente sono abbastanza soddisfatta di come sia uscito ma quelli ad avere l'ultima parola siete voi quindi fatemi sapere!
Non ho idea di come andranno avanti le cose d'ora in poi, quanti capitoli mancano alla fine (per quanto ne so il prossimo potrebbe anche essere l'epilogo) e cosa accadrà. Mi piacerebbe sapere cosa voi vorreste che succedesse così da prendere spunto dalle vostre parole!
Alla prossima! (spero presto)
Jas

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


 



 

Capitolo 21

 
 
 
«Tesoro sei pronta? Harry dovrebbe essere qui a momenti.»
Juliet distolse lo sguardo dal suo riflesso allo specchio e lo posò sulla donna, vestita elegante, che era appena entrata in camera sua. Aveva insistito perché la cena fosse una cosa tranquilla ma non c’era stato verso di far cambiare idea ai suoi genitori che avevano accolto in casa Harry con fin troppo entusiasmo. Forse perché era il primo ragazzo che entrava in quella casa, fatta eccezione per Louis.
«Sì mamma.»
Juliet prese in mano il cellulare che aveva abbandonato sul letto e seguì la donna fuori da camera sua, verso la sala da pranzo che era stata imbandita per l’occasione. La ragazza notò che sua madre, o meglio, la loro domestica, aveva utilizzato il servizio di piatti “delle feste” e aveva reciso alcuni fiori dal giardino che aveva posto all’interno di un vaso al centro del tavolo. Un profumino delizioso aleggiava nell’aria, dopo aver chiesto a Juliet se Harry fosse allergico a qualcosa (come se loro due parlassero delle loro allergie) Mary aveva minuziosamente scelto il menu che, a detta sua, era una sorpresa.
La cucina era stata off-limits per tutto il pomeriggio, Juliet si era quindi chiusa in camera sua e Robert, invece, nel suo ufficio.
In quel momento qualcuno suonò il campanello, Mary sussultò cominciando a lisciarsi il vestito sulle gambe mentre Juliet si avvicinò tranquillamente alla porta per aprire.
«Tesoro aspetta! Tuo padre dov’è?» domandò Mary, presa dall’agitazione.
«Sarà in ufficio, ha detto che doveva finire di fare qualcosa, non so bene cosa…» spiegò Juliet poco interessata. Senza ascoltare le istruzioni di sua madre la ragazza aprì la porta trovandosi di fronte il sorriso, per la prima volta nervoso, di Harry che sembrò rilassarsi leggermente quando vide che era stata la sua ragazza ad aprirgli.
«Ciao Juliet» salutò la ragazza con un rigido bacio sulla guancia. «Sei bellissima» le sussurrò in un orecchio.
La ragazza annuì sentendo le sue guance andare in fiamme. Tutta la tranquillità che era riuscita ad avere fino ad allora era andata letteralmente a farsi benedire con due semplici parole. Fece scorrere lo sguardo sul ragazzo che per l’occasione si era vestito elegantemente. Indossava una camicia bianca e piuttosto aderente e dei jeans stretti e neri. Ai piedi i soliti stivaletti piuttosto consumati. Juliet gli allacciò un bottone della camicia spiegandogli che sarebbe stato meglio se i suoi genitori non vedessero i suoi tatuaggi e lo prese per mano, facendogli strada in casa.
«Avrei dovuto portare qualcosa, me l’aveva detto Liam» borbottò Harry pentendosi di non aver dato retta alle parole del suo amico.
«No è meglio così. Se avessi portato del vino sicuramente a mio papà non sarebbe andato bene visti i suoi gusti da sommelier, e i fiori a mia madre… Beh, come puoi vedere ne abbiamo a bizzeffe» sorrise Juliet indicando con un cenno della testa il tavolo davanti a loro.
«Harry! Che bello rivederti!»
Mary si avvicinò velocemente al ragazzo travolgendolo in un abbraccio che sorprese Harry per primo ma anche Juliet.
«È un piacere anche per me, signora» borbottò Harry in imbarazzo.
«Ti ho già detto di chiamarmi Mary!» lo riprese la donna nonostante fosse lusingata dai modi di fare educati del ragazzo. «Lascia la giacca pure a me» continuò, aiutandolo a togliersela. «Juliet, la metteresti gentilmente nel guardaroba?» chiese poi, rivolgendosi alla figlia.
La ragazza annuì e fece come richiesto, intercettando lo sguardo disperato di Harry che la pregava di non lasciarlo solo con sua madre. Juliet si strinse nelle spalle e sparì dalla stanza.
«Robert dovrebbe arrivare a momenti, è ancora nel suo ufficio, sai com’è…» spiegò Mary sedendosi sul divano ed invitando Harry a fare altrettanto.
«Non si preoccupi, anche mio padre faceva sempre così.»
«Oh, tuo padre è…»
Harry notò la difficoltà da parte di Mary nel finire la frase, strabuzzò gli occhi quando capì il perché.
«Oh no!» si affrettò a chiarire. «Mio padre è ancora vivo e vegeto, è solo che non abbiamo un buon rapporto.»
La donna annuì. «Capisco… Allora non siamo solo noi ad avere problemi in famiglia…» azzardò con un sorriso tirato.
Harry scosse la testa con vigore. «Assolutamente! Credo che sia normale…»
«Eccomi qua! Di cosa stavate spettegolando?»
Juliet rientrò in salotto ed osservò Harry e Mary seduti l’uno di fronte all’altra.
«Cose tra me ed Harry» rispose la madre, facendo un occhiolino divertito ad Harry.
Juliet aggrottò le sopracciglia senza tuttavia aggiungere altro. In quel momento arrivò Robert che appoggiò le mani sulle spalle della figlia facendola sussultare.
«Ciao Harry!» esclamò quando notò il ragazzo.
Harry si alzò dal divano e strinse la mano a Robert salutandolo educatamente.
«È un piacere averti qua con noi!»
«La ringrazio.»
Mary si avvicinò al marito. «Ora che ci siamo tutti che ne dite se ci sedessimo a tavola?»
 
 
 
Nonostante il nervosismo iniziale, la cena era filata senza intoppi e dagli sguardi felici di Robert e Mary, Juliet capì che Harry aveva fatto bella figura. Si era dimostrato gentile ed educato, ma soprattutto un ragazzo sveglio e, a sorpresa di Juliet, anche ben informato su molti fatti di attualità. Non che Juliet credeva che Harry fosse stupido ma quando suo padre gli aveva chiesto cosa ne pensasse della situazione economica europea non si sarebbe aspettata una risposta ben articolata ma allo stesso tempo molto personale come quella che lui aveva invece dato. Mary non aveva occhi che per lui (anche se quello l’aveva notato già da un po’) e quando Harry ammise di tifare il Bayern Monaco nel campionato tedesco anche Robert si cedette leggermente al fascino del riccio.
«E invece all’università cosa studi?» domandò Robert, riempiendo il bicchiere di Harry di vino nonostante lui avesse ripetuto più volte di dover guidare la macchina.
Juliet s’irrigidì e notò con la coda dell’occhio Harry fare lo stesso.
«Ecco…»
«La situazione è sospesa al momento, papà» intervenne Juliet, lanciando uno sguardo di rimprovero a Robert ed esortandolo a cambiare argomento.
Harry scosse la testa prendendo la mano di Juliet sotto il tavolo con l’intento di farla tranquillizzare.
«Ero iscritto alla facoltà di Economia ma ho deciso di mollare perché non faceva per me. Mio padre non l’ha presa molto bene e nonostante io vorrei andare avanti con gli studi per il momento la situazione è ferma» spiegò con calma Harry, passando in rassegna gli sguardi di Robert e Mary nella speranza che da questi trapelasse ciò che le sue parole avevano fatto loro pensare.
«È questa la causa dei tuoi problemi in famiglia?» domandò Mary cauta, senza curarsi di nascondere la preoccupazione che provava per Harry.
Il ragazzo annuì. «In realtà la situazione è un po’ più complicata di così, ma non voglio annoiarvi con le mie storie.»
«C’è tutto il tempo…» tentò Mary, ma le sue parole furono interrotte da quelle di  Juliet che si era alzata di scatto dalla sedia.
«Qualcuno vuole il dolce? Ho intravisto in cucina dei deliziosi crème caramel!»
 
 
 
Harry si buttò sul letto di Juliet appoggiandosi una mano sulla pancia.
«Ho mangiato troppo» si lamentò socchiudendo gli occhi. «Tra poco mi verrà un abbiocco.»
La ragazza sorrise sedendosi accanto a lui. «Sarà colpa del vino che mio papà ha continuato a propinarti.»
«È probabile! Credo volesse farmi ubriacare…» osservò Harry pensieroso, lo sguardo rivolto al soffitto della stanza.
Rimasero entrambi in silenzio per alcuni secondi. Fu Juliet a parlare poi. «Grazie per esserti sottoposto a questa tortura.»
«È stato divertente alla fine dei conti, no?» Harry si lasciò scappare un sorriso e Juliet lo imitò. «Anche se qualcuno non mi ha salutato per bene stasera…» continuò il riccio cercando con la propria mano quella di Juliet, appoggiata sul materasso.
«Pensavi davvero che ti avrei baciato davanti ai miei?» ribatté lei prontamente.
«Strano, non vedo nessuno ora…»
Juliet alzò gli occhi al cielo. Si voltò verso Harry e si abbassò fino a fare incontrare le loro labbra. Il ragazzo le appoggiò le mani sui fianchi e l’avvicinò a sé fino a quando i loro corpi non arrivarono quasi a combaciare. Juliet sentì lo stomaco attorcigliarsi e dei brividi pervaderle il corpo.
Era passata poco più di una settimana dal loro primo vero bacio, da allora si erano visti tutti i giorni ma nonostante i continui baci di Harry, le sue carezze e i suoi sguardi colmi d’affetto, lei non si era ancora abituata a tutto ciò. Non si era abituata al suo profumo sui suoi vestiti, a come le sorrideva sulle labbra o le sussurrava cose imbarazzanti nell’orecchio. Non si era abituata alle sue mani grandi sulla schiena e a volte un po’ più in giù, alle sue labbra morbide a contatto con le proprie e nemmeno ai suoi baci languidi sul collo che le facevano venire la pelle d’oca.
«Mi fai impazzire» le sussurrò sulla sua bocca, facendo fondere i loro respiri.
«Harry» sussurrò lei sentendosi avvampare per quelle parole.
Gli occhi del ragazzo risplendevano della penombra ed erano carichi di desiderio che lui non si preoccupava più di nascondere. Fece scorrere le mani lungo il corpo di Juliet fino a quando non raggiunse il lembo inferiore del vestito e accarezzò con leggerezza le sue gambe coperte solo dai collant.
Juliet si sforzò di allontanarsi dalle labbra di Harry e si prese alcuni istanti per riflettere, nonostante le iridi verdi che la osservavano a pochi centimetri di distanza le rendessero tutto più difficile.
«Se non vuoi…» tentò Harry, ma lei scosse la testa.
Era palesemente attratta (e non solo) da lui, ogni singola parte del suo corpo le gridava di lasciarsi andare, di non pensarci troppo e di vivere il momento, eppure una piccola parte del suo cervello, la più razionale ed apprensiva, era riuscita a sovrastare tutto e farla arrestare.
«Sei… Sei vergine?» domandò quasi con timore Harry, cominciando a sentirsi a disagio.
Juliet sorrise guardando il viso turbato del ragazzo. «No. Non è quello, è che…»
Era troppo presto? Forse sì, tenendo conto che la loro relazione era iniziata (se era già iniziata) nemmeno quindici giorni prima. Eppure Juliet aveva capito che Harry era diverso sin da quando lui le aveva attaccato bottone a quella festa. Aveva sentito che il suo cuore batteva troppo forte quando era accanto a lui quella sera che avevano trascorso al pub. Si era resa conto che la sua mente pensava a lui più del dovuto troppo tardi.
Harry era l’antitesi della razionalità, le aveva fatto provare cose ed emozioni nuove, sensazioni che Juliet non sapeva nemmeno esistessero prima di lui e fino ad allora non si era pentita di nemmeno un istante trascorso insieme, nonostante i problemi e le incomprensioni.  Che dubbi le impedivano di andare avanti, allora?
«Nessuno» disse ad alta voce, ritrovando la calma.
Harry la guardò confuso. «Se mi dicessi qual è il problema, potremmo parlarne.»
Juliet gli sorrise più tranquilla. «Non c’è nessun problema Harry. Qui, ora, con te. Sono felice.»
La ragazza si sentì più leggera dopo aver liberato la mente con quelle parole. Avvicinò il suo viso a quello del ragazzo e in ben poco tempo un bacio innocente divenne colmo di passione e desiderio.
La camicia di Harry fu slacciata con impazienza e finì sul pavimento, i suoi jeans sul tappeto, i collant di Juliet infondo al letto ed il vestito sulla scrivania, insieme alla biancheria.
Le paranoie di Juliet furono sostituite dalle labbra fameliche di Harry e dal suo tocco delicato. Le paure di lui furono trasformate in parole coraggiose sussurrate nel buio di quella notte, uniti ai loro corpi nudi, ai respiri sempre meno regolari e alle gambe di Juliet sempre più strette attorno alla vita di Harry.



 

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Non mi aspettavate così presto, vero?
Neanch'io mi aspettavo di aggiornare così presto in realtà ma eri mi sono messa a fare mente locale e fortunatamente le idee sono arrivate! 
L'ultima parte del capitolo ha sorpreso pure me stessa, chi mi conosce sa che tipo sono e come mi sento nello scrivere di cose che riguardano il sesso. La cosa mi mette parecchio a disagio, questa è la cosa più spinta che abbia mai scritto e nonostante non sia nulla di eclatante ho un po' l'ansia per cosa possiate pensare perché non sono brava in queste cose ma l'atmosfera mi è sembrata quella giusta per far fare a Harry e Juliet certe cose ahahaha
Vabbè la chiudo qua che mi sto rendendo piuttosto ridicola.
Fatemi sapere!
Jas



 

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Capitolo 23
*** Epilogo ***





 



 

Epilogo

 
 
 
Dobbiamo festeggiare
Juliet si preparò con quelle due parole in testa e l’ultima canzone di Pharrel Williams nelle orecchie. L’estate era quasi giunta alla fine ma solo da quella mattina lei si era sentita completamente libera: libera da impegni, scadenze e libri di diritto il cui solo pensiero le faceva venire la nausea.
Ancora non ci credeva che nel giro di una settimana sarebbe stata a Roma, con Harry, ad ammirare il Colosseo e a gustare cibo italiano, ancora non ci credeva che Harry era al suo fianco da cinque mesi, che erano passati in un batter d’occhio.
Juliet si passò un po’ di cipria sul viso e prese in mano le scarpe nell’esatto istante in cui sentì il campanello al piano di sotto suonare. Non si affrettò ad indossarle sapendo che Harry se la sarebbe cavata da solo in balia dei suoi per alcuni minuti. Quando scese le scale, però, nessuna chioma riccia né tantomeno alcun paio di occhi verdi l’aspettavano. Gli occhi del ragazzo erano azzurri, i capelli sì scompigliati ma lisci e il suo sorriso non era né malizioso o maligno, era semplicemente gentile e, fu strano a Juliet stessa ammetterlo, sincero.
«Louis» disse la ragazza, senza preoccuparsi di nascondere la sua sorpresa nella voce.
«Ciao Juliet» la salutò lui, con le mani nelle tasche dei pantaloni arrotolati fino alle caviglie e il peso del suo corpo che passava da una gamba all’altra, forse per cercare di contenere l’agitazione e il nervosismo.
«Louis e la sua famiglia passeranno il weekend qui» intervenne Mary, Juliet si voltò di scatto verso di lei, sorpresa nel vederla lì. Era stata presa così tanto dalla presenza di Louis che nemmeno si era accorta di sua madre.
«Oh» mormorò la ragazza. «Okay.»
Juliet tornò a guardare Louis che non si preoccupò di distogliere lo sguardo da lei quando i loro occhi s’incrociarono. Sembrava così diverso da come lo ricordava, pensò Juliet, le faceva tenerezza e sebbene avrebbe dovuto odiarlo per tutto quello che le aveva fatto passare, non riusciva a farlo perché in fondo lui era Louis e lei lo conosceva da una vita. Provava una strana forma di affetto nei suoi confronti, un sentimento che nemmeno lei sapeva descrivere. Non avrebbe mai dimenticato i loro trascorsi ma la sua presenza lì sembrava dire “ehi, lo so che sono stato un coglione ma sto provando a cambiare” e Juliet dava sempre una seconda possibilità, anche a chi non se lo meritava.
«Harry dovrebbe essere qui tra poco» disse quindi. «Ti va di uscire con noi e gli altri?» propose, sotto lo sguardo scioccato di Mary e di suo padre che era appena entrato in casa con al suo seguito i coniugi Tomlinson.
 
 
 
«Zayn sei sempre il solito!»
Il moro scosse la testa e ignorò le parole di Niall che aveva perso la facoltà di intendere e di volere tre cocktail prima.
«Agathe tieni a bada il tuo fidanzatino» mormorò poi lanciando uno sguardo alla bionda che, dietro al bicchiere di birra che aveva in mano, sorrise.
«Ho ancora una dignità da difendere» ribatté questa, guardando impotente l’irlandese che si era alzato dalla sedia e aveva cominciato a ballare da solo dopo il rifiuto di Zayn di farlo con lui.
«Amore vieni!» esclamò proprio in quel momento Niall, avvicinandosi ad Agathe con le mani protese verso di lei, pronto ad afferrare le sue. La bionda si scostò bruscamente.
«Stammi lontano!» squittì, picchiandogli una mano proprio come si fa quando qualcuno vuole toccare qualcosa che non può nemmeno sfiorare.
«E dai…» la pregò lui assumendo un tono lamentoso reso ancora più biascicato dall’alcol che gli impediva di pronunciare bene le parole.
«Non se ne parla!» ribatté lei, bevendo un altro sorso della sua birra.
«Dai! Un solo ballo!» intervenne Harry scoppiando a ridere di fronte a quella scena.
Agathe lo fulminò con lo sguardo. «Ballaci tu insieme!»
«Ma sei tu la sua ragazza, non io!»
La bionda stava per rispondergli a tono ma Niall approfittò del suo attimo di distrazione per farla alzare contrò la sua volontà. Prima che Agathe potesse liberarsi di quella presa Niall le cinse i fianchi con forza e la guardò sornione, gli occhi socchiusi ed uno strano sorriso sul volto.
«Sei ancora più bella da vicino» le sussurrò lui, baciandola.
«Vaffanculo Niall, vaffanculo!» ribatté lei, distogliendo lo sguardo da quelle iridi azzurre ma senza riuscire a nascondere un sorriso divertito.
«Dici che staranno mai insieme per dieci minuti senza insultarsi?» domandò Juliet, rubando un sorso del gin-tonic di Harry.
«Credo che quando ci danno dentro non si prendano a parole» rispose lui.
«Non ne sarei così sicuro!» ribatté Zayn, scatenando l’ilarità di tutti. «Magari Niall si eccita quando Agathe gli da del deficiente.»
Louis rise di fronte alle parole del pakistano, si rigirò il suo bicchiere mezzo vuoto tra le mani prima di portarselo alle labbra e bere alcuni sorsi.
«Io esco un attimo a fumare» affermò poi, alzandosi dalla sedia.
Harry annuì. «Vengo anch’io» disse poi, seguendolo fuori dal locale.
Louis accese la propria sigaretta e porse l’accendino al riccio che l’aveva lasciato sul tavolo all’interno del pub. Aspirò una lunga boccata di fumo e si guardò intorno per alcuni secondi prima di parlare.
«Ti devo delle scuse» disse, mettendosi la mano libera in tasca.
Harry scosse impercettibilmente la testa. «È tutto a posto» lo rassicurò accennando un sorriso. «Ormai quello che è fatto è fatto, non mi piace portare rancore. Inoltre Juliet ha deciso di darti un’altra possibilità, mi sembra giusto assecondarla.»
Louis annuì. «Sono stato un vero e proprio stronzo» ammise.
Harry si strinse nelle spalle. «Chi non ha mai fatto qualche cazzata nella propria vita?»
 
 
 
«Ci credi che stiamo per andare in Italia?» domandò sorridente Juliet, alzando lo sguardo dal libro che stava leggendo per posarlo su Harry che, seduto accanto a lei, osservava in silenzio il via vai della sala imbarchi dell’aeroporto. «Vedremo il Colosseo, il Vaticano, magari pure il Papa! T’immagini?»
Harry sorrise. «Riesco ad immaginarmi meglio i piatti di pasta di cui mi rimpinzerò» ammise il riccio, mostrando due simpatiche fossette ai lati della bocca.
Juliet alzò gli occhi al cielo. «Sei sempre il solito» ammise rassegnata, tornando con lo sguardo sul libro che teneva in mano e con la testa sul braccio di Harry, allungato dietro di lei.
«Perché, non ti piace il cibo italiano?» domandò dopo alcuni attimi di silenzio il ricci, abbassando gli occhi sul viso concentrato di Juliet.
«Sì ma non c’è solo quello in Italia» continuò imperterrita lei. «Ho fatto una lista di tutti i posti che dobbiamo vedere prima di tornare qui.»
«Illuso io che pensavo avrei passato almeno una giornata di relax al mare…» bofonchiò Harry fingendosi rassegnato.
Juliet gli rifilò una leggera gomitata sulle costole. «Antipatico» borbottò.
Il riccio rise mentre le lasciava un leggero bacio tra i capelli che fece sorridere anche lei. Amava questo lato del suo carattere, era organizzata ed efficiente in tutto ciò che faceva. Aveva un ritmo che Harry aveva imparato a rispettare soltanto col tempo: quando si svegliava doveva sempre trascorrere cinque minuti sveglia nel letto a pensare, non le si doveva rivolgere la parola e nemmeno coccolarla. Doveva sempre fare colazione, Harry aveva imparato a tenere un pacchetto di biscotti nella sua dispensa per quando lei si fermava a dormire da lui la sera, ma soprattutto, odiava il disordine.
Da quando stavano insieme la casa di Harry e Liam era quasi sempre pulita e ordinata, non perché loro due si fossero cimentati nelle pulizie ma perché era lei che si preoccupava di rifare il letto alla mattina, prima di uscire, e di lavare i piatti ammucchiati nel lavandino. Harry a volte si sentiva in colpa, l’aiutava ad asciugare le stoviglie e passava l’aspirapolvere anche quando non era il suo turno, lei però gli sorrideva e scuoteva la testa e “mi piace fare le pulizie” ammetteva serena, nonostante in casa sua ci fosse la domestica.
Harry amava sentire il suo respiro rilassato alla mattina e il profumo di lei sul suo cuscino quando trascorrevano la notte insieme. Gli piaceva fare colazione alla domenica mattina con i suoi, soprattutto quando trovava il tavolo apparecchiato in veranda e il pane tostato ancora caldo sul piatto. Robert alla fine l’aveva accolto in casa quasi come un figlio, erano andati alcune volte allo stadio insieme e Mary gli aveva comperato più volte dei vestiti che “erano fatti apposta per lui”, così diceva.
Aveva trovato il suo equilibrio grazie a Juliet.
Il flusso di pensieri di Harry fu interrotto dal suono del suo cellulare. Il ragazzo lo prese dalla tasca dei suoi jeans ed osservò incredulo per alcuni istanti il nome sul display. Juliet si accorse della sua espressione, senza dire nulla allungò il collo per leggere il nome del mittente. «Ma non rispondi?» chiese poi, quasi con urgenza.
Harry rimase in silenzio, senza essere in grado di pensare lucidamente. Perché suo padre lo stava chiamando? Non si era fatto vivo per mesi, l’ultima volta che Harry gli aveva parlato gli aveva confessato i suoi peccati e lui se n’era andato senza proferire parola. Sua madre, seppur arrabbiata quanto lui, l’aveva chiamato per sapere come se la cavava ma Des no. Allora perché contattarlo proprio in quel momento? Fu proprio la curiosità a spingere Harry a rispondere e portarsi il cellulare all’orecchio.
«P-pronto?» domandò incerto, cercando con lo sguardo Juliet che lo guardava attentamente cercando di captare dal suo viso qualcosa di quella conversazione. Harry allungò istintivamente una mano verso la sua, la ragazza gliel’accarezzò prontamente cercando di infondergli coraggio.
«Harry.»
La voce di suo padre gli arrivò forte e chiara, il solito tono distaccato che aveva sempre usato con lui, tranne che in presenza di Juliet.
«Sì?»
«Ti ho iscritto all’università, ho pagato la retta a nome tuo e farò così fino a quando non finirai gli studi. Devi andare a scuola a completare l’iscrizione, ti ho chiamato per comunicartelo.»
Harry rimase in silenzio per alcuni istanti, troppo scioccato da quelle parole per rispondere subito.
«Ecco, io sto partendo adesso. Posso andarci tra una settimana» disse poi.
«Dove stai andando?» domandò Des, lasciando trasparire da quella domanda una curiosità che contrastava col tono formale e distaccato che aveva utilizzato fino ad allora.
Harry si ritrovò a sorridere ingenuamente. «A Roma. Con Juliet» aggiunse poi, sicuro che quell’ultimo particolare avrebbe fatto piacere a Des che non aveva mai nascosto la sua simpatia per la ragazza – che allora non era ancora tale – di suo figlio.
«Oh, bene. Salutamela, e ricordati di fare ciò che ti ho detto non appena torni.»
Harry annuì improvvisamente felice. «Lo farò» disse, senza riuscire a togliersi il sorriso dalla faccia. «E… Papà?»
«Dimmi Harry.»
«Grazie.»
Sentì un sospiro dall’altra parte del telefono. «Non deludermi di nuovo» disse Des, prima di riattaccare.
Harry si limitò a fissare lo schermo del cellulare oscurarsi fino a diventare completamente nero, solo quando Juliet lo strattonò per un braccio si ricordò di lei al suo fianco e delle loro mani ancora intrecciate. Era stato preso così di sorpresa dalle parole del padre che per un attimo aveva perso di vista tutto il resto.
«Ti saluta» disse, accennando un sorriso.
Juliet alzò gli occhi al cielo spazientita. «Cosa ti ha detto?» domandò curiosa, ignorando le precedenti parole di Harry.
Il ragazzo si grattò la nuca, gesto che faceva sempre quando voleva guadagnare tempo. «Beh…» cominciò indeciso, con un’aria confusa che in quel momento non gli si addiceva molto. Guardò Juliet che pendeva letteralmente dalle sue labbra e non riuscì a trattenere un sorriso di fronte al suo sguardo in attesa di risposte. «Credo che da quest’anno tornerò a frequentare l’università. Quella che voglio io, però.»
Juliet si lasciò scappare un gridolino di gioia che fu poi leggermente soffocato dall’abbraccio che regalò ad Harry. Strinse le sue esili braccia attorno al collo del ragazzo che barcollò leggermente sotto l’entusiasmo incontenibile di Juliet.
«Ma è bellissimo!» squittì lei estasiata. «Harry sono felicissima per te!» continuò con un tono di voce più alto del normale, che attirò l’attenzione di alcuni viaggiatori. «Lo sapevo che ce l’avresti fatta!»
Harry annuì, la mente ancora in disordine e una gioia che manifestava diversamente dalla sua ragazza che improvvisamente aveva perso tutto l’interesse per il suo libro.
Dagli altoparlanti chiamarono il volo per Roma, entrambi si alzarono dalle sedie e Juliet abbracciò nuovamente Harry.
«Sono così fiera di te» gli sussurrò in un orecchio.
Il ragazzo strinse le braccia attorno alla schiena di Juliet facendo aderire ulteriormente i loro corpi. «Senza di te non ce l’avrei fatta» ammise sincero, guardandola negli occhi e baciandole delicatamente le labbra.
«Harry, sei più in gamba di quanto tu voglia ammettere, devi smetterla di sottovalutarti così.»
«Io non mi sottovaluto, ma sei tu che riesci a tirare fuori il meglio di me.»
Juliet accarezzò lentamente una guancia di Harry, sfiorandogli la pelle con i polpastrelli. «Credo che ci siamo trovati. Ci compensiamo un po’ a vicenda» spiegò la ragazza sulle sue labbra. «Credo che… Credo che sia questo l’amore, infondo.»
Harry baciò nuovamente le labbra di Juliet che sapevano di burro cacao alla fragola e sorrise.
«Allora ecco spiegato perché ti amo.»


 

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Eccomi qua! (per l'ultima volta)
Mi è stato un po' difficile iniziare a scrivere questo Epilogo, non mi venivano in mente idee convincenti poi oggi mi sono auto costretta ad aprire Word e buttare giù qualcosa e questo è quello che ho scritto in poco più di un'ora.
Come alcune di voi mi hanno chiesto, ho fatto chiarire Louis e Juliet perché, infondo, lui mi faceva un po' pena e ho dovuto inserire una scena Agathe/Niall perché nonostante durante tutta la storia non li abbia citati molte volte, mi piacciono come coppia e non dimentichiamoci che è grazie a loro se Harry e Juliet si sono conosciuti!
Per quanto riguarda i protagonisti di questa storia che dire, mi sono soffermata di più sul punto di vista di Harry perché in generale non è che l'abbia fatto molto. Des ha chiarito col figlio a modo suo (lo trovavo un po' troppo sforzato farlo riapparire felice e contento come se niente fosse successo visto quanto l'ha combinata grossa Harry) e niente, questo è tutto! :)
Spero di non avervi delusi con questo finale, se volevate leggere qualcosa di diverso non abbiate paura di dirmelo!
Vi ringrazio di cuore per aver letto questa storia fino alla fine, giusto per non restare con le mani in mano ho già postato una nuova fan fiction, sempre su Harry, che s'intitola Spotlights, vi lascio il link col banner sotto!
Jas 


 






 

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