~Natale all’ orientale~

di Osage_No_Onna
(/viewuser.php?uid=302862)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L' Arrivo ***
Capitolo 2: *** Di ricordi, proposte, conversazioni e mail ***



Capitolo 1
*** L' Arrivo ***


Natale all orientale

Capitolo 1
L' Arrivo

 
Il ragazzo si guardò intorno spaesato. Era appena arrivato all’ aeroporto di Capodichino a Napoli, in Italia, e la folla non era certo poca. Si ritrovò sballottato tra turisti curiosi, uomini in giacca e cravatta con tanto di ventiquattrore, bambini più o meno chiassosi dagli occhi ingenui e spalancati e donne bene o male eleganti. Desiderò ardentemente ritrovarsi in Tibet, a casa sua. Gli sembrò strano, inoltre, che tutti i presenti fossero imbacuccati, mentre lui non portava che una sciarpa rossa al collo. Per il resto, era vestito come se fosse primavera: maglietta a maniche corte, pantalone largo e sandali al piede. Quelli che passavano accanto a lui gli rivolgevano uno sguardo strano e poi si voltavano, troppo presi dai loro impegni. Lui fece spallucce e cercò di non pensarci, perché lui al freddo ci era abituato.
Gli parve di riconoscere un cinese tra gli abitanti del posto e gli chiese informazioni in mandarino. Quello gli spiegò tutto gesticolando un po’. Non si azzardò a chiedere conferma in inglese perché non lo conosceva abbastanza bene e, pur conoscendo un po’ di italiano, preferì non adoperarlo. Rimpianse il fatto di non avere accanto il suo amico americano, perché lo avrebbe di certo aiutato. Decise di farsi coraggio ed uscì dall’ aeroporto, cercando di imbroccare la fermata dell’ autobus o di prendere un taxi.
Si rassegnò all’ idea di dover parlare in inglese e chiese ad un tassista di portarlo fino a Piazza Cavour. Quello acconsentì e il ragazzo armeggiò nervosamente gli euro che aveva in tasca: ce l’ avrebbe fatta a pagare?
Il cambio da yuan a euro era stato un po’ difficoltoso e sperava di non perdere tutto strada facendo.
Cercando di non pensarci, giocherellò con le grandi perle azzurre dei bracciali che aveva ai polsi.
Erano le 16:40 del 24 dicembre 2012.
Nello stesso appartamento, in una bella casa spaziosa molto vicina a Piazza Bellini, la famiglia Santoro si apprestava a festeggiare al meglio le vacanze natalizie.
Il padre di famiglia, Dario, pur essendo sempre in completo gessato grigio, si era tolto la cravatta, mentre la moglie Urara Tsukai, proveniente dalla città giapponese di Fukuoka, nel Kyushu, non si faceva problemi a cucinare e sbrigare le faccende domestiche con le maniche larghe del suo kimono rosso con dorature e l’ obi giallo. Inoltre tra i capelli a caschetto portava una molletta con una stella di Natale di stoffa.
Le quattro figlie cantavano allegramente vicino al grande pianoforte a coda di famiglia. Letizia, la maggiore, stufa di studiare tedesco, aveva piantato i compiti in asso e aveva deciso di suonare il piano. Pur essendo vestita con un pullover rosso, dei jeans blu un po’ a zampa e delle scarpe da tennis nere, era sempre bellissima. I suoi ricci neri e vaporosi, la pelle abbronzata e gli occhi marrone scuro le conferivano una grazia esotica che attirava molti sguardi. Le sorelle minori, Yumiko e Sadako, gemelle tredicenni, e Valentina, la minore, di dodici anni, accompagnavano la sorella cantando.
Valentina era avvolta in una tuta bianca e rossa e cantava a squarciagola, ma non era molto brava: aveva una voce un po’ aspra e ogni tanto le uscivano stecche paurose dalla labbra, inoltre, con un po’ di faccia tosta,certe volte non teneva il tempo apposta per far indispettire le sorelle, ma in quel momento si sentiva ben disposta e quindi cercava di fare del suo meglio, riuscendoci solo in parte.
Le due gemelle, al contrario di Valentina, erano ottime cantanti e con le loro belle voci cantavano soavemente rispettando tempi e toni alla perfezione.
Sadako aveva dei capelli neri liscissimi che le arrivavano a mezza schiena, quasi sempre sciolti, mentre quel giorno aveva deciso di intrecciarli in tante treccioline, insolite a vedersi su di lei ma belle.  Portava un abito verde scuro, delle calze bianche e delle ballerine di vernice in tinta con l’abito, ma non era certo una novità: per lei le gonne e gli abiti eleganti erano un’ evergreen, diceva che “danno una grazia tutta femminile”. I suoi occhi grigioverdi risplendevano espressivi mentre cantava.
Yumiko, la seconda della famiglia, aveva invece i capelli castani un po’ mossi che con l’ umidità si increspavano tutti e gli occhi marroni con delle venature azzurre. Aveva una grazia particolare che si rifletteva in tutti i suoi gesti e i suoi movimenti, risultato di nove anni di pattinaggio artistico su rotelle, e che conservava pur avendo cominciato a praticare aikido.
Indossava un abito rosso con dei merletti bianchi e ai piedi aveva solo dei calzini color carne di lycra e delle ballerine di stoffa. Sull’ abito portava una vestaglia blu notte che sull’ abito così acceso faceva l’ effetto di una notte senza luna. Fatto insolito, aveva i capelli sciolti, che di solito mortificava rinchiudendoli in una treccia bassa.
“Pater!” tuonò ad un certo punto Valentina, cercando di imitare il latino orecchiato dalle sorelle maggiori. “Dona mihi sestertium!”
Dario, che conosceva perfettamente il latino –si era diplomato al classico- decise di stare al gioco e disse alla figlia: “Non ho sesterzi, tesoro, solo euro! O forse anche qualche dollaro…”
“Fa niente!” rispose allegramente Letizia. “Dacci i soldi!”
“Per far che?”

Urara rise sotto i baffi mentre si accingeva a preparare della cioccolata calda.
“Ieri non ci hai dato la paghetta!”urlò Sadako.
“Che sbadato!” disse il padre precipitandosi in salotto con il portafoglio in mano. “Ecco a voi, ragazze!”
Dario distribuì ventidue euro e cinquanta centesimi tra le ragazze: dieci euro a Letizia, cinque euro a testa alle gemelle e due euro e cinquanta centesimi a Valentina.
Le ragazze ringraziarono allegramente e andarono a posare i soldi.
“Eirene kai filia, ragazze!”esclamò Sadako che, da quando aveva cominciato a studiare greco essendosi iscritta al classico, amava rielaborare i motti più comuni con le parole del greco antico.
“Ah beh, pace e amore ci voleva!”disse Valentina scoppiando a ridere.
“Letizia, senti, puoi suonare Magia delle Kalafina?”chiese invece Yumiko alla bella sorella maggiore.
Letizia, che era un po’ stanca, acconsentì alquanto di malavoglia. “Sempre meglio della gettonatissima Jingle Bells delle feste natalizie.”
Non appena Letizia attaccò il motivo della canzone, Yumiko cominciò a cantare.
Giungerà il giorno in cui
La luce negli occhi tuoi
Più forte risplenderà (oltre ogni realtà)
Spezzerà le bugie di un mondo che cade già
Tra inganni ed oscurità (puoi sopravvivere?)
Brama ed esita la tua anima
Senza indugio dimmi cos’ è che cerchi
Nei sogni
Così debole, così labile è il futuro davanti a te
Non resta che correre!
Come l’ antica magia delle favole
Un incantesimo contro le tenebre
Con i poteri che ho ti rivedrò
Sorgere, brillare e poi sorridere
Nelle mie mani leggere che tremano
Metto il coraggio e so che mi alzerò
L’ unica verità è ciò che sento ma
Ho sogno che
Solo la luce salverà…”

“Complimenti, Yumiko! Un’ adattamento degno delle grandi Kalafina!”disse Sadako ammirata.
“A me non piace tanto, è troppo epica.”commentò Valentina, che preferiva il rock a tutto.
“Ed è proprio per questo che a me piace tanto. Sapete, l’ ho dedicata a due persone…”le rispose Yumiko arrossendo un po’.
Letizia ammiccò.
A quel punto suonò il citofono.
“Vado io!” urlò Yumiko correndo all’ ingresso per togliersi dall’ imbarazzo.
Alzò la cornetta e chiese: “Casa Santoro, chi è?”
“Sono io, Yumiko!” rispose il ragazzo dell’ aeroporto dall’ altro capo del citofono.
Lei, che aveva capito tutto e si era illuminata nel sentire una voce tanto cara,  decise di scherzare un po’ e, coprendo la cornetta, disse alla madre: “Mamma, al citofono c’è un certo Io dal Tibet. Strano che non sia morto assiderato per la strada dato il modo in cui è vestito. Che dici, gli apriamo?”
Urara non era certo stupida e capì dallo scintillio degli occhi della figlia che si doveva trattare di un ospite molto gradito, quindi diede il proprio assenso.
Yumiko si precipitò ad aprire il portone del palazzo e la porta di casa, poi si nascose.
Non appena Tomoya –il ragazzo- entrò nell’ enorme casa della famiglia Santoro, Yumiko corse verso di lui.
Il ragazzo capì immediatamente e aprì le braccia. I due si abbracciarono e rimasero così a lungo. Era un’ abbraccio caldo e rassicurante, sia per Tomoya che dopo tanto vagare aveva raggiunto la sua meta e la ragazza che amava, sia per Yumiko che, avendo ricominciato a sentirsi sola da quando aveva iniziato il liceo artistico, aveva bisogno di una mano amica e del suo ragazzo.  

Angolo dell' Autrice
Buonasera a tutti! Lo so che ci sarebbe stato meglio un saluto orientale, ma non sono molto pratica di giapponese e/o cinese mandarino/tibetano... Lasciamo perdere.
Cosa ve ne pare di questa storia? Consigli? Suggerimenti? Critiche?
Ricordate che le recensioni sono bene accette!
See you!
-Puff

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Di ricordi, proposte, conversazioni e mail ***


Capitolo 2
Di ricordi, proposte, conversazioni e mail



"Acc…”mormorò Tomoya guardando bene Yumiko. “Sei bellissima… non sapevo che ti mettessi in ghingheri per Natale.”
Yumiko rise: “Non era questa la mia idea, purtroppo mi hanno costretto a forza. Ossia mi hanno obbligato a vestirmi elegantemente altrimenti non mi avrebbero dato il taiyaki con la crema al cioccolato, ma si può?”
“Ma dai! Il taiyaki poi non era con la crema di fagioli azuki?”
“Quello tradizionale sì, ma si può fare anche con crema o al cioccolato. In Giappone li preparano, in occasione di feste o eventi particolari, in degli stand particolari. Riscuotono un grande successo.”
Urara, sporgendosi dalla cucina, salutò l’ ospite in cinese: “Ni hao!”
Tomoya ricambiò e fu letteralmente trascinato nel salotto dalle sorelle di Yumiko, tranne da Valentina che, prima di uscire, aveva in mente di fare “un paio” di scherzi telefonici.
Dario lo salutò calorosamente: si ricordava perfettamente del loro vicino di casa di quell’ estate, durante la quale, dopo la parentesi giapponese a luglio che si ripeteva ogni anno, erano andati a visitare il Tibet. Una bella villeggiatura, dopo tutto, salvo qualche problema, come le crisi di Sadako dovute al jet-lag, anche se lo sbalzo non era molto, e alcune crisi respiratorie dovute alla mancanza d’ aria. Durante una di queste, che era venuta a Yumiko, il ragazzo si era precipitato come un pazzo fuori da casa all’ una di notte per assistere la ragazza che era stata portata d’ urgenza nell’ ospedale più vicino. Le era stato accanto tutta la notte e non l’ aveva abbandonata nei giorni seguenti.
Anche Urara lo ricordava con affetto. Ricordava del ragazzo che era allegro e spiritoso, l’ esatto opposto di sua figlia, anche fin troppo seria e posata. Le sembrava di riconoscere in quella giovane coppia il principio del Tao.
Dopo una breve chiacchierata, la famiglia al completo si prodigò per aiutare l’ ospite a sistemarsi. Erano le 19.00 quando Yumiko e Tomoya si sedettero sul divano foderato di velluto rosso.
“Allora, quando sei partito? Devi essere stanchissimo!”chiese Yumiko passandogli una mano tra i capelli, lisci e castani.
“Quattro giorni fa, ossia il ventuno del mio calendario. È stato un’ incubo! Questo periodo dell’ anno in quanto ai trasporti è il peggiore.”
“Molte turbolenze?”
“No. Figuriamoci! Cancellazioni, ritardi imprevisti…”
“Come ti capiamo! Io e Valentina stiamo vivendo lo stesso incubo. E quasi tutti i giorni.”
“Eh?”
“Sai, io sto frequentando un liceo artistico a Caserta e Valentina un corso di judo a Frattamaggiore ed entrambe ci andiamo con i mezzi pubblici. Capita quasi tutti i giorni che i mezzi arrivino con cinque minuti di ritardo… ormai ci ho fatto l’ abitudine. Ma prova a pensare cosa succede quando il ritardo aumenta!”
“Ehilà, ragazzo!” Dario Santoro interruppe la chiacchierata tra i due giovani salutando il nuovo arrivato. “Come andiamo sul plateau?”
“Come al solito…”rispose evasivo il tibetano.
“Sei stato molto gentile a venire a farci visita. Mia figlia ne aveva bisogno.” Continuò l’ architetto di fama mondiale, mentre la prima delle due gemelle scuoteva la testa. “Da chi sei stato accompagnato?”
“Un parente… Mio zio, per la precisione. Aveva un affare importante da sbrigare qui a Napoli, così abbiamo viaggiato insieme. A proposito di Napoli… In questo periodo è davvero splendida!”rispose allegramente Tomoya sprofondando nella poltrona foderata di velluto rosso.
“Davvero?”intervenì Sadako dalla cucina senza che nessuno la interpellasse. “Allora domani ti portiamo a fare un giro per il centro! Letizia, ci accompagni tu?”
La giapponesina dagli occhi grigio-verdi alzò la voce di cinquantamila decibel  nel chiedere alla sorella maggiore se potesse accompagnarli il giorno seguente per le vie della loro “città adottiva”, come la chiamavano loro: le quattro ragazze Santoro avevano vissuto per molto tempo a Tokyo e, quando le gemelle avevano compiuto otto anni, la famiglia si era trasferita a Napoli, la città natale di Dario. Letizia e Valentina non si erano trovate molto bene in Giappone, anche se ci sarebbero tornate volentieri per un breve periodo; mentre Yumiko e Sadako, pur amando molto il Sud dell’ Italia, certe volte avevano nostalgia del loro paese natale.
“Mammmaaaaaaa!”irruppe Valentina, anche chiamata la “chibi” dalle sorelle, dal corridoio che portava nella stanza delle ragazze. “Quale sarà il tema per la cena di Natale di quest’ anno?”
“Hai rinunciato agli scherzi?”chiese ridendo Sadako, mentre Letizia per poco non si soffocava bevendo la sua cioccolata calda.
“Uffa, è Natale, no? E a Natale siamo tutti più buoni, compresa la sottoscritta.” Mugugnò la diretta interessata, sottolineando particolarmente la parola “sottoscritta”.
“Scegliete un tema per il cenone?”chiese Tomoya alla sua dolce Yumiko, che in quel momento stava girando il cucchiaino nella cioccolata contenuta in una tazza con su raffigurata una bambolina giapponese.
“Esattamente. L’ anno scorso, ad esempio, lo facemmo all’ antica romana: pesce azzurro, molluschi, farro ovunque, dolcetti al miele e vino caldo speziato. Molto originale e retrò ma gustosissimo… Da allora ho cominciato ad amare il miele.”rispose lei mentre assaggiava delicatamente la cioccolata con aria da buongustaia.
“Hmmm.”disse pensosa la signora Santoro versando del cacao amaro nel latte caldo. “Che ne dite quest’ anno di farlo all’ orientale, anche in onore del nostro ospite?” propose poi con un sorriso ed al contempo un’ aria furbetta sul volto.
“Geniale! Mammina, sei grande!”esclamò allegra Sadako abbracciando con slancio la madre.
“Niente grilli arrosto, però. A stento mangio il sushi!”disse invece Valentina con riluttanza: a lei non piaceva molto la cucina etnica, preferiva quella italiana, che reputava la migliore del mondo.
“Ti prepareremo una mega-scodella di ramen a parte.”si offrì Letizia volenterosa che, al contrario della sorellina minore, amava molto sperimentare cose nuove. “E poi non credo che faremo schifezze simili.”
All’ improvviso, dalla stanza delle gemelle, si udì un dlong-dlong proveniente da un computer. Le tre sorelle maggiori puntarono gli occhi su Valentina, che alzò le mani per difendersi, dicendo: “Io non ho fatto niente… Davvero!”
“Sicura?”chiese Sadako maliziosa. “E allora chi è che ha acceso il computer prima?”
“Uffa, ma dovete sempre incolpare me?”
“Sai com’è, di solito sei tu quella che fa pasticci con il PC.”
“Non credo sia stata colpa sua stavolta.”affermò il tibetano con decisione. “Sul mio computer ho un programma di posta elettronica che ha un avviso sonoro simile quando arriva una mail. Magari è accaduto proprio questo.” spiegò poi aggrottando le sopracciglia sottili e tamburellando con le dita sul lucidissimo tavolo in legno d’ ebano della cucina.
Infatti, tre secondi dopo, sbucò fuori Dario Santoro che annunciò ridendo l’ arrivo di una mail per la signorina Yumiko, la quale, seguita a ruota da Tomoya, andò subito a controllare.
From: BlueCrystal@hotmail.it
To: WhiteSwanKriyumi@hotmail.it
Subject: Rimpatriata
Hi,
come stai, cara Yumiko-chan?Spero tutto bene. Nel caso non sia così, lo sai che siamo con te! Chiamaci o contattaci quando vuoi, non ci disturberai mai… Lo capisci, vero, preciosa?
Ad ogni modo, abbiamo scritto questa mail per augurarti un buon Natale (lo festeggi, vero?) e dirti che ci manchi parecchio. A tutti. D’ accordo che ogni tanto ci sentiamo via chat e più raramente attraverso le mail, ma ci piacerebbe tanto averti tra noi materialmente, come quest’ estate al campus. Ne abbiamo visto delle belle insieme alla nostra cara Puella in Somnio! (Sì, purtroppo Stephan ha preso seriamente a studiare latino… si salvi chi può!)
E ne abbiamo fatte di cotte e di crude, spuntandola sempre grazie anche alla tua intelligenza, le tue conoscenze in ogni materia e il tuo buonsenso. Persino Cin ha nostalgia di te e del tuo modo di accarezzarlo delicatamente con un dito… Magari gli faccio battere qualcosa. (No, perché Isaia sta protestando energicamente).
Beh, i tuoi manga stanno facendo molto successo, sai? Li troviamo praticamente in ogni libreria/fumetteria in cui entriamo. Io (Matilde) sono al liceo classico e mi trovo bene… Diciamo che studiare latino con te mi ha avvantaggiata! E mi mancano i momenti nei quali “poetavamo” insieme, leggevamo libri (i “classici”, li chiamiamo) oppure discutevamo sullo stile dei tuoi personaggi.

Per Muhammad sei stata la chiave per tutta una serie incredibile di battute di spirito. Buffo no? Ci stiamo organizzando per una rimpatriata dopo Natale. Sarai dei nostri?Le scuse non sono accette! Penseremo noi a tutto e ti faremo stare a tuo agio!
I tuoi

Isaia, Paula, Chen, Matilde, Muhammad e Stephan

 
PS: Se hai notizie di Mister Proverbi a Sproposito (cit. Isaia) faccelo sapere, perché secondo un antico proverbio del mio paese non è carino piantare gli amici nel bel mezzo di un progetto! (Sì, qui parla la tua Haru no Kaze, ossia Paula!)
“No, dai! L’ hai fatto davvero?”chiese con un’ aria fintamente scandalizzata Yumiko al suo tibetano accarezzandogli la testa.
“Giuro che non sapevo niente. Secondo un altro antico proverbio del mio paese non puoi partecipare ad un progetto se non ne vieni neanche informato!” ribatté lui mettendo il broncio.
L’ italo-giapponese dai setosi capelli castani emise un lieve risolino, poi si mise un paio di occhiali blu con le lenti quadrate dagli angoli arrotondati, strizzò per un attimo gli occhi e cominciò a rispondere alla mail, interrotta ogni tanto da Tomoya che si sentiva in vena di aggiungere qualche nota scherzosa: quando lo faceva, scoppiavano entrambi a ridere così forte che i loro occhi lacrimavano.

Angolo dell' Autrice
Sì, per la vostra grande gioia(?) non sono deceduta. Rieccomi qui! Vorrei ringraziare
ryoku per aver recensito il primo capitolo e per credere a fondo nelle idee folli di questa scrittorucola sclerata e fuori dal mondo.
Grazie davvero!
Un altro capitolo, un altro momento felice per i nostri due beniamini... Aaaaah, quanto mi piace l' Asianshipping! Prima o poi questi due domineranno il mondo! *Mod. ScleroON* 
Cosa ne pensate? Suggerimenti? Errori da segnalare? Le vostre recensioni contano! Non siate cattivi, su...
See you!
-Puff

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1920706