In the Darkness

di LullabyPotter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Note dell'autrice: questa fanfiction è nata da un sogno che ho fatto due notti fa. Non sarà particolarmente lunga, mi limiterò a seguire ciò che ho sognato. Non seguo nessun momento particolare del telefilm: di conseguenza, Firenze non è ancora in guerra con Roma e Leonardo non ha ancora ricevuto la visita del Turco. Spero che vi piaccia.

Eagle


 

Prologo

Alessia aveva sempre trovato Firenze magica. Aveva qualcosa che le altre città non avevano; era quasi più mistica persino di Roma.
Si lasciò scappare una risata. Se avesse detto ciò che aveva appena pensato ad alta voce e Girolamo l'avesse sentita, si sarebbe beccata sicuramente una ramanzina che sarebbe durata ore.
I suoi occhi scuri si posarono sull'ingresso di una bottega. Sorridendo per aver trovato la sua meta, vi entrò.
Diversi artisti erano al lavoro sui diversi tavoli divisi ordinatamente in due file verticali.
Alessia cercò con gli occhi qualche figura famigliare. Verrocchio parlava con un ragazzetto basso, dai capelli biondi, vicino alla statua del volto umano diviso in diverse sezioni rettangolari.
Tenendo appena alzato il vestito si diresse in quella direzione.
Il ragazzo biondo sembrava attento ad ascoltare quella che sembrava una lezione sulle diverse tecniche di pittura.
«Vedo che non avete perso il vostro entusiasmo.» disse, con la sua voce cristallina.
Nico la notò in quel momento e il suo viso si illuminò nel vederla; Verrocchio, invece, non la riconobbe subito. Quando però si voltò e la vide sul suo volto si disegnò un sorriso felice. «Alessia!» esclamò, abbracciandola. Ella ricambiò con calore, per poi salutare Nico allo stesso modo.
«Cosa ci fai qui?» chiese il ragazzo non appena lei si fu scostata.
«Cercavo Leonardo.» rispose, guardandosi attorno. «È immerso nelle sue carte come sempre?»
Verrocchio annuì. «Credo che se lo disturbi tu, però, non dovrebbe fare lo schizzinoso.» si scostò indicandole la porta oltre la quale Leonardo stava lavorando.
«Attenta ai carboncini volanti!» esclamò Nico, mentre si dirigeva verso la porta. Alessia gli rivolse un sorriso allegro.
L'uscio era semi aperto, così ella appoggiò una mano sul legno e spinse delicatamente. «Leonardo, sei qui?» domandò. Nella stanza, ricolma di appunti appesi alle pareti e sparsi per diversi tavoli, c'era uno strano odore, di... decomposizione.
Un giovane uomo che doveva avere poco più di trent'anni, dai capelli scuri dall'acconciatura improponibile e la barba mediamente lunga era chino sul cadavere di un uomo, intento a studiarne gli organi interni.
Fortunatamente, Alessia era troppo abituata agli strani esperimenti di Leonardo per badare a ciò che egli aveva raccolto attorno al corpo morto. Si avvicinò al tavolo e piegò leggermente il busto, guardando un Leonardo che non si era nemmeno accorto del suo arrivo.
«Quando la smetterai di essere così macabro?» l'inventore alzò finalmente il capo e un sorriso allegro affiorò alle sue labbra.
«E tu che cosa ci fai qui?» domandò, tenendo in una mano un indefinito strumento per autopsie e parte di un polmone nell'altra.
«Sono venuta a trovarti, Maestro smemorato.» rispose lei, ridendo. «O non hai ricevuto la mia ultima lettera?»
«Certo che l'ho ricevuta.» si difese lui, annuendo col capo. Appoggiò ciò che aveva in mano sul tavolo, si pulì le mani con una salvietta che un tempo era stata bianca e abbracciò la ragazza. «Sono contento di averti qui, sorellina.» disse. Poi, si scostò e la tenne per le spalle. «Fatti guardare: non sei cambiata affatto dall'ultima volta.»
Alessia aveva un corpo esile ed elegante. Nonostante fosse nata in una umile famiglia, aveva un portamento degno di una nobildonna. I capelli ramati, lunghi fino alle reni, erano mossi e lasciati sempre liberi. Sotto alle sopracciglia chiare spiccavano due occhi color della terra. Il naso era piccolo e dritto, mentre la bocca non troppo grande e carnosa, tinta di rosa.
Indossava un lungo abito color panna, che copriva i piedi fasciati da alti stivali di cuoio scuro. Si era sempre concessa due soli gioielli: il primo era un ciondolo raffigurante un passero ad ali spiegate, dono di Leonardo; il secondo era un bracciale d'argento con disegnato un giglio, dono di Girolamo. Entrambi, avevano colto con quei doni l'essenza di Alessia: la sua libertà e la sua purezza. Ella era una ragazza dolce e sincera, che riusciva a farsi amare da chiunque la conoscesse.
«Com'è andato il viaggio?» chiese Leonardo, dopo averla osservata per qualche secondo.
«Lentamente. Sono felice di essere arrivata.» rispose ella, spostandosi una ciocca ramata dietro l'orecchio.
«E... l'entrata in città?»
«Non mi ha notata nessuno.»
Tempo addietro, Alessia non era stata benvista, a Firenze. Qualcuno aveva cominciato a spargere la voce che fosse una strega, alleata col Diavolo, e sebbene Lorenzo de' Medici in persona avesse sistemato la faccenda in città c'era ancora qualcuno che credeva a quella storia.
Nessuno di coloro che conoscevano Alessia lo credeva possibile: non c'era anima più buona in tutta Firenze. Eppure le voci giravano e lei era ormai stata marchiata.
Nonostante questo, però, ella non rinunciava a tornare nella città dell'arte. Vi erano molte persone che amava, e Firenze era per lei una seconda casa.
Leonardo annuì e ricoprì il cadavere.
«Lo sai che molti potrebbero non apprezzare di avere un cadavere a poche braccia di distanza.» commentò lei, osservando i movimenti dell'inventore.
«Non lo sa nessuno. Me lo ha portato Zoroastro questa mattina. Solo Nico è a conoscenza della presenza del nostro amico.» replicò Leonardo. «Hai già salutato Verrocchio?»
Alessia annuì mentre uscivano e Leonardo richiudeva la porta. «Credo di dovermi recare a Palazzo Medici, adesso.» disse invece. «Avevo scritto anche a Lorenzo che sarei venuta e immagino si aspetti un saluto.»
Leonardo allargò le braccia. «Vengo con te allora.»
«Mi ricordo ancora dove si trova il palazzo.» replicò la ragazza, con fare scherzoso. «Ma non disdegno la tua compagnia.»
Leonardo le offrì il braccio e Alessia, ridendo, accettò.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***




Capitolo 1


Girolamo osservò le porte di Firenze con un leggero sorriso. Per una volta non era lì in via ufficiale; Alessia lo aveva informato della sua visita alla città e, dato che per una volta sembrava che Sisto non avesse alcun incarico per lui, aveva deciso di raggiungerla.
Conosceva Alessia da sempre: praticamente erano cresciuti insieme. Lui, aristocratico nipote del futuro Papa Sisto IV e destinato a divenire Conte di Imola; lei, umile figlia di uno scultore romano e di una panettiera fiorentina. Sembrava impossibile che potessero divenire amici. Eppure un pomeriggio si erano incontrati e, nonostante la differenza d'età considerevole (lei aveva solo cinque anni, lui già undici) avevano scoperto di possedere due spiriti affini. Nemmeno le proteste dei genitori di Girolamo, contrari all'amicizia di un nobile con una popolana, riuscirono a tenerli lontani.
A causa degli impegni per il Papa suo zio e della gestione delle sue terre, Girolamo aveva trascurato la ragazza; era anche per quel motivo che l'aveva raggiunta nella città dei Medici. Una volta tanto voleva prendersi del tempo. E Alessia era un buon motivo per farlo a Firenze.
Scese dal suo andaluso nero e diede un fiorino al ragazzetto che era accorso a prenderne le redini, sorridendo appena al pensiero di ciò che avrebbe detto Alessia se non lo avesse pagato. Era fin troppo buona con tutti.
Non aveva compagnia: dato che era perfettamente in grado di occuparsi della propria sicurezza, aveva rifiutato qualsiasi tipo di scorta. Era in città non per impegni papali, ma per una semplice visita. Cosa mai sarebbe potuto accadere?
Cominciò a cercare Alessia, arrivata un paio di giorni prima di lui, che sapeva poteva trovarsi in due soli posti: alla bottega del Verrocchio con Leonardo da Vinci o a palazzo Medici ospite di Lorenzo. La ragazza non gli aveva mai riferito come li avesse conosciuti; Girolamo conosceva solo la grande considerazione che ella aveva per entrambi.
Constatò presto che non era in nessuno dei luoghi che aveva immaginato: Alessia era con l'artista, sì, ma non nella bottega.
I due si erano accomodati su una scalinata nella piazza del mercato, non troppo distante da un vecchio cieco. Talmente in vista che non li notava nessuno. In realtà solo Leonardo era seduto, mentre Alessia era rimasta in piedi davanti a lui. La sua risata cristallina giunse alle orecchie di Girolamo sovrastando ogni altro rumore.
«Te ne sei andata in tutta fretta da Roma. Stavi cercando di seminarmi?» domandò, fermandosi alle spalle della ragazza con le mani giunte dietro la schiena.
Leonardo vide il volto d'ella illuminarsi all'udire la voce del Conte. Quando si voltò, però, aveva assunto un'espressione quasi maliziosa. «Certo che si.» replicò, appoggiando le mani sui fianchi. «Scappavo tra le braccia di Leonardo.»
«Ho un fascino irresistibile.» commentò quest'ultimo, con fare compiaciuto e con finta noncuranza.
Alessia si voltò guardandolo con un sopracciglio alzato e un mezzo sorriso che cercava di trattenere. «Il solito modesto.» commentò.
Anche Girolamo cercò di non sorridere, e decise di inumidirsi appena le labbra. «Potrei ritenermi geloso.» disse, avvicinandosi di un passo e osservando alternativamente Leonardo e Alessia.
«Timore che possa farvi concorrenza?» domandò Leonardo, lanciando dapprima uno sguardo complice alla ragazza e subito dopo tornando a osservare Riario sollevando il sopracciglio.
Sul viso del Conte si disegnò un sorriso sottile. «Non credete di sopravvalutarvi?» replicò, mentre Alessia spostava lo sguardo da uno all'altro con aria divertita. Aveva portato le mani giunte alla bocca, sfiorandola con gli indici. Rise e appoggiò delicatamente la sinistra sul braccio di Girolamo anticipando qualunque risposta dell'artista prima ancora che aprisse bocca.
«Non avevi degli obblighi da sbrigare?» chiese al Conte. Il suo tocco era talmente leggero che egli non sembrava percepirlo.
«Li ho già sistemati.» rispose.
Leonardo si alzò come se si fosse ricordato in quel momento di qualcosa di urgente. In realtà, aveva solo osservato gli sguardi dei due e aveva capito che era meglio lasciarli soli. «Credo che andrò a finire alcuni di quei lavori che ho lasciato incompleti, prima che Lorenzo mandi qualcuno dei suoi scagnozzi a minacciarmi.»
Alessia lo guardò con un sorriso grato. Leonardo non si era mai preoccupato particolarmente dei lavori lasciati indietro, men che meno degli uomini di Lorenzo che lo rincorrevano per incitarlo a terminare ciò che aveva indietro.
L'inventore baciò la ragazza sul capo e salutò il Conte con una specie di inchino, dopodiché si incamminò verso la bottega. Girolamo e Alessia lo osservarono per pochi istanti, prima di dedicarsi l'uno all'altra.
«Allora... come mai hai lasciato Roma?» chiese Riario. La decisione di partire per Firenze era stata abbastanza improvvisa ed ella non era riuscita a salutarlo prima di partire, dato che Girolamo si trovava a rapporto dal papa.
Alessia scrollò le spalle. «Avevo voglia di aria nuova.» rispose, come se non fosse stato importante.
Il Conte la osservò senza replicare. La conosceva da sempre, riusciva a comprendere con un solo sguardo se la ragazza si comportava in modo anomalo. E in quel momento si stava comportando decisamente in modo anomalo. Nonostante questo, Girolamo decise di non indagare oltre: se lo avesse fatto, Alessia si sarebbe chiusa e non avrebbe detto una parola, cambiando discorso. Era certo che gliene avrebbe parlato, un giorno o l'altro.
Prima che potesse replicare, qualcosa cadde ai loro piedi: era un foglio arrotolato attorno a un sasso.
Alessia lo raccolse con aria seria e lo dispiegò, lasciando cadere la pietra in terra. Dentro vi era solo una scritta: sei venuta per morire, bastarda strega.
Girolamo, che si era guardato intorno cercando di identificare colui che aveva scagliato il sasso, sporse appena la testa e lesse il biglietto, aggrottando la fronte. «Che cosa significa?» chiese, alzando poi gli occhi su Alessia.
«Nulla.» rispose ella, accartocciando di nuovo il foglio e stringendolo nella mano.
Girolamo non era convinto. La ragazza gli aveva sempre raccontato ogni cosa, non riusciva a pensare che potesse avere un qualche tipo di segreto. Non con lui. Ed era già il secondo in poco tempo. Poi, quella frase: non poteva essere riferita a lei. Non sul serio.
«Portami a casa.» disse la ragazza, sospirando. Girolamo annuì cominciando a camminare con lei.
La mano sinistra di Alessia cercò la destra di Girolamo e le loro dita si intrecciarono.

 




Note dell'autrice: eh si, sta volta le note stanno sotto. Un paio di appunti prima di lasciarvi in pace.

  1. So che Girolamo Riario è Conte di Imola e Forlì, ma ho inserito solo Imola perchè a questo punto della storia Forlì non è ancora sotto il suo dominio; inoltre, non è ancora sposato con Caterina Sforza.
  2. Voglio ringraziare sassa, Yoan Siyryu, radioactive e Alesherly per le loro recensioni e anche tutti coloro che seguono la storia ma restano in silenzio. Grazie!

E adesso, vi lascio recensire in pace.

»Eagle«

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***




Capitolo 2


«Quando è successo?» chiese Leonardo, dopo aver letto il messaggio stropicciato.
«Poco dopo che te ne sei andato.»
Alessia era seduta sul proprio letto, nella camera che Verrocchio le riservava vicino a quella di Leonardo. L'artista, invece, camminava avanti e indietro per la stanza, incapace di stare fermo un solo istante.
«Riario cosa ha detto?» domandò di nuovo Leonardo, interrompendo la sua passeggiata per guardare la ragazza.
«Non ha capito a cosa si riferisse.» Alessia evitò lo sguardo dell'inventore, mentre le gote pallide diventavano dello stesso colore dei capelli.
Leonardo la guardò con espressione incredula. «Cosa?»
«Non gli ho detto nulla. Dei disordini di due anni fa, della mia... reputazione. Nulla.» Alessia si vergognava a fare quella confessione, perché non avrebbe mai pensato di nascondere qualcosa a Girolamo. Ma quello era un segreto che non era facile confessare, e se non fosse stato che abitava a Firenze probabilmente nemmeno Leonardo lo avrebbe saputo. C'era anche il motivo della sua venuta a Firenze, ma... beh, non ne aveva ancora parlato con il diretto interessato. E questa era una cosa che nemmeno Leonardo conosceva.
L'artista sbatté le palpebre un paio di volte. Quella che sentiva non era la voce di Alessia, perché Alessia non avrebbe mai nascosto nulla, nulla, a Girolamo Riario. Nulla.
Le guance della ragazza divennero, se possibile, ancora più rosse.
«Alessia?» Leonardo sporse il busto verso di lei, le braccia leggermente aperte verso l'esterno. «Perché non gliel'hai detto?»
«Non è una cosa che si sbandiera ai quattro venti, sai?» la ragazza alzò finalmente lo sguardo, le gote incendiate che spiccavano sulla pelle bianco latte.
«Ma è Girolamo Riario!» replicò Leonardo, drizzandosi e indicando qualcuno di invisibile con la mano che ancora stringeva il biglietto. «Ho perso il conto delle volte che mi hai parlato di lui! Gli dici tutto! Possibile che tu non gli abbia parlato proprio di questo
Alessia non rispose. L'inventore aveva ragione: lei parlava di tutto con il Conte. Ma quello che era successo due anni prima faticava persino ad accettarlo, figuriamoci parlarne con qualcuno.
I suoi occhi si posarono sul comodino dove sostava una piccola statuetta ornamentale. Rappresentava un angelo e l'aveva fatta suo padre, regalandogliela poco prima di morire. Era stato per riprendersi dal lutto che Alessia si era recata a Firenze, lontana dalla città che le ricordava troppo il genitore appena scomparso e vicina a Leonardo, l'unico amico oltre Girolamo capace di aiutarla in quel momento. Ed era stato allora che erano cominciate le dicerie che l'avevano bollata come strega. Solo l'intervento di Lorenzo de' Medici l'aveva salvata dal rogo.
Nessuno, né Alessia né Leonardo avevano mai saputo il perché di quell'interessamento. Il padrone di Firenze era stato molto vago, quando la diretta interessata aveva posto la domanda. Di certo, però, entrambi gli erano molto grati.
«Alessia» la voce di Leonardo aveva cambiato tono. Sfumava nel dolce; era strana, perché l'artista raramente si rivolgeva in quel modo a qualcuno. Lo aveva già fatto, certo, e Alessia conservava un vivido ricordo di quel momento. «non dico che ho ragione, ma... ho ragione. Devi parlare con lui. Escludendo il fatto che forse dopo la smetteresti di preoccuparti così tanto, credo che sia giusto dirglielo. Questa» alzò di nuovo il biglietto, mostrandolo alla ragazza. «è una cosa che vorrebbe sapere.»
«Si metterebbe in pericolo.» commentò Alessia, le cui guance stavano lentamente riprendendo il loro colore naturale.
«Da quello che mi dici, mi sembra di capire che ci è abituato.» Leonardo si lasciò scappare un sorriso sghembo, e anche il viso della ragazza si distese appena. L'inventore si avvicinò e si sedette sul letto, abbandonando il foglio sulle coperte. Appoggiò la fronte contro quella di Alessia, guardandola negli occhi e posando le mani sulle di lei guance. «Segui un mio consiglio, una volta tanto. Scoprirai che non è così terribile.»
Gli angoli della bocca di Alessia si alzarono e la ragazza si lasciò andare a una breve e sommessa risata.

```

Lorenzo de' Medici camminava a passo spedito verso la bottega del Verrocchio.
Aveva appena saputo dell'arrivo a Firenze di Girolamo Riario e quando il Conte arrivava a Firenze non era mai una buona cosa.
Ricordava che in molte lettere Alessia lo aveva nominato, e gli aveva confidato di essere sua amica: la logica diceva quindi di cercare Girolamo nel luogo ove pernottava la ragazza. E questo luogo coincideva con quello in cui viveva Leonardo da Vinci.
Dato che l'inventore non sembrava nei paraggi, Lorenzo si diresse verso il proprietario della bottega, intento a riprendere uno dei suoi artisti per aver sbagliato un dettaglio.
«Dovete essere precisi, se volete riprodurre il mondo sulla tela.» stava dicendo. Botticelli si schiarì la voce e fece un cenno al Maestro, che subito si voltò e notò la figura del de' Medici avvicinarglisi.
«Lorenzo! A cosa devo la vostra visita?» chiese Verrocchio.
«Sono venuto a cercare Leonardo da Vinci, sapete dove posso trovarlo?»
«Ve lo faccio chiamare.» disse il Maestro, inviando uno dei modelli che in quel momento non lavorava nelle stanze di Leonardo. «Posso chiedere perché lo cercate? Spero non abbia dei lavori in sospeso...»
Lorenzo sorrise. Sì, Leonardo aveva dei lavori in sospeso, ma fortunatamente per l'artista non era per quello che chiedeva di lui. «No, è una faccenda più... personale.» rispose.
Verrocchio annuì, sperando solamente che il suo allievo più capace non si fosse messo nei guai.
Lorenzo non dovette aspettare molto. Quando Leonardo lo vide rallentò per un momento il passo, prima di avvicinarsi con la sua solita camminata che trasudava spavalderia. «Mi avete fatto chiamare?» osservò prima Verrocchio e poi Lorenzo con un sopracciglio lievemente alzato.
«Sto cercando una persona, e speravo voi sapeste dove si trova.» rispose Lorenzo, concentrando la sua attenzione sull'artista. «Si tratta di Girolamo Riario.»
Il sopracciglio dell'artista si sollevò maggiormente, mentre egli chinava appena la testa. «E perché lo cercate qui?» chiese, stupito.
«So che si trova a Firenze» cominciò il de' Medici. «e che è amico di una conoscenza comune che so essere ospitata qui, Alessia Augusti.» Lorenzo aprì le mani a indicare il luogo. «Ho immaginato potesse trovarsi con lei.»
«La vostra idea era quasi giusta, Lorenzo.» i due interlocutori si voltarono per scoprire il nuovo arrivato. Girolamo avanzò con la sua solita calma. «Come mai mi cercavate?»
Lorenzo posò lo sguardo sul Conte, mentre Leonardo li osservava senza avere la minima intenzione di spostarsi. «Mi chiedevo che cosa ci faceste voi a Firenze.»
Riario piegò leggermente il capo di lato. «Sono venuto a trovare Alessia.»
La fronte di Lorenzo si aggrottò. «Che cosa volete voi da mia sorella?» chiese, stizzito.
Il silenzio calò nella bottega. Le espressioni che si disegnarono sul viso di Leonardo e di Girolamo erano praticamente identiche.
Sorella? «Un momento.» si intromise Leonardo, alzando un dito. «Non è un segreto che io chiami Alessia sorella, ma... voi?»
«Non ero a conoscenza del fatto che una vostra sorella vivesse a Roma chiamando genitori altre persone.» disse invece Girolamo.
Lorenzo si massaggiò la fronte. Girolamo Riario gli provocava un moto di rabbia che solitamente sapeva controllare, ma in quel caso si era lasciato sfuggire qualcosa che non avrebbe dovuto dire. «C'è un posto dove possiamo parlare... in privato?» domandò, oppresso da tutti gli sguardi che erano puntati su di loro, nonostante Verrocchio avesse rimesso allievi e modelli al lavoro. Curioso, solitamente gli occhi della folla non lo mettevano tanto in ansia.
Leonardo, impaziente di sapere che tipo di lapsus avesse avuto Lorenzo per chiamare Alessia sorella, indicò il suo studio. I tre uomini vi si recarono e chiusero la porta alle loro spalle.

 



Ed eccoci qui!
Di nuovo, voglio ringraziare tutti i miei recensori (
sassaYoan Siyryuradioactive, Alesherly e _coco) per le loro recensioni e Flea che mi ha aiutato a scrivere questo capitolo.

»Eagle«

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***





 

Questo capitolo è dedicato a Yoan Seiyryu 
perchè qui c'è tanto Lorenzo e a lei piace tanto Lorenzo.

 



Capitolo 3


Erano tutti e tre in piedi davanti alla porta dello studio di Leonardo.
L'artista e il Conte di Imola aspettavano pazienti che Lorenzo de' Medici cominciasse a parlare, spiegando loro il motivo per cui aveva chiamato “sorella” la loro comune amica, Alessia.
«Ventisei anni fa» cominciò il padrone di Firenze, posando finalmente gli occhi sui due davanti a sé, che lo osservavano attenti a non perdere una sola parola di quello che avrebbe detto. «mio padre decise di sedurre una giovane panettiera che viveva qui a Firenze. Quella panettiera si chiamava Alessandra e aveva sedici anni. Mia madre li scoprì, ma ormai il ventre di Alessandra era stato fecondato. Mio padre la spedì, quindi, a Roma, dove lei sposò uno scultore e crebbe la bambina.» Lorenzo sospirò. «Mia madre mi raccontò tutto questo tempo dopo.»
Leonardo, che aveva ascoltato con il pollice e l'indice a L sulle labbra e il braccio sostenuto dal suo gemello, indicò un punto indefinito e chiuse un occhio per metà. «Alessia sa ciò che ci avete raccontato?»
Lorenzo annuì. «Mi spedì una lettera alcuni giorni fa in cui diceva che desiderava parlarmi perché sua madre le aveva riferito qualcosa di molto importante. Nella lettera non specificò cosa, ma intuii che fosse questo l'argomento.» il de' Medici aggrottò per un momento la fronte, come se stesse pensando a qualcosa che non era sicuro di esternare. Alla fine, dovette decidere di rivelarlo, perché disse: «Temo sia per questo che hanno cominciato a girare quelle voci su di lei.»
«Un momento» l'interruppe Girolamo, che in fino a quel momento era rimasto in silenzio. «quali voci?»
Leonardo puntò l'indice sul Conte. «Lui non lo sa.»
Riario osservò alternativamente l'artista e il padrone di Firenze, sul viso un'espressione confusa appena accennata, ma comunque ben nitida. Senza contare che il fatto di non essere a conoscenza di qualcosa che l'artista sembrava conoscere bene lo indispettiva e non poco.
Dato che Lorenzo non cominciava a spiegare, fu Leonardo a esporre i fatti per il Conte. «Alessia è venuta a Firenze due anni fa, subito dopo la morte del padre. In quel periodo cominciarono a girare voci su di lei. Voci che dicevano praticasse la stregoneria.» si era voltato verso Riario, gesticolando con la stessa mano il cui gomito era ancora appoggiato sull'altro palmo. «Stavano per condannarla quando Lorenzo entrò in tribunale e dichiarò nullo l'intero processo.» alzò gli occhi sul de' Medici, con un'espressione eloquente.
«Quindi era riferito a questo il biglietto che le è stato lanciato ieri mattina.» commentò Girolamo.
Fu la volta di Lorenzo di non sapere di cosa stessero parlando. «Quale biglietto?»
Leonardo gli fece segno di attendere con l'indice e si recò al suo scrittoio. Frugò tra i fogli per diversi istanti e infine recuperò un biglietto tutto stropicciato. «Le è stato gentilmente recapitato con una pietra.» spiegò, mentre lo porgeva al de' Medici.
Lorenzo lesse le parole vergate sulla carta e alzò nuovamente gli occhi sui suoi interlocutori. «Dove è successo?»
«Alla piazza del mercato.» rispose Girolamo, che aveva la mente a un incontro che avrebbe fatto sicuramente entro poco. «Io ero lì con lei in quel momento. Sembra che le voci non si siano placate nonostante il vostro intervento.»
Lorenzo gli lanciò un'occhiata incollerita. «Avete una minima idea della gravità di tutto questo?»
Le sopracciglia di Riario si alzarono. «Certo che si. E ho anche intenzione di parlarne con la diretta interessata.»
«È nelle sue stanze.» si affrettò a informarlo Leonardo.
Girolamo lo ringraziò con un cenno del capo. «Se volete scusarmi.» disse, prima di uscire dallo studio.
Lorenzo lo osservò uscire e poi posò lo sguardo su Leonardo. «Avete un'idea su chi potrebbe aver messo in giro queste voci e voluto mantenerle vive?»
La mente di Leonardo aveva già elaborato un cognome. Perché non pensava a un individuo solo, ma a una famiglia. Una famiglia che poteva aver scoperto in qualche modo il segreto dei Medici e voleva sfruttarlo.
Una famiglia rivale dei Medici da secoli. Ve ne era solo una plausibile, ed era la stessa che era venuta in mente sia all'artista che al signore di Firenze.


```


Le nocche della mano di Girolamo batterono sul legno della stanza di Alessia. Fu la voce della ragazza, pochi secondi dopo, a invitarlo ad entrare.
Girolamo era già stato in quella camera, in una precedente visita all'amica. Era piccola e semplice, con un letto e un comodino, un piccolo armadio e un tavolo che aveva la funzione di scrivania. Ad Alessia non serviva altro, e anche aprendo l'armadio si sarebbe visto che giacevano appesi solo un paio di vestiti.
La giovane era seduta al tavolo, intenta a scrivere qualcosa. Non sembrava una lettera: probabilmente era il quaderno di cui lei parlava tanto e che non gli aveva mai fatto leggere. Aveva l'abitudine di scriverci sopra ogni qualvolta ne sentisse il bisogno, e non necessariamente annotava i fatti della giornata. Semplicemente, trascriveva su carta ciò che le diceva la sua mente.
Girolamo chiuse la porta e aspettò che avesse finito appoggiandosi ad essa. L'aveva già vista in uno di quegli attacchi di creatività, ed era già tanto che si fosse accorta dell'ospite che aveva bussato alla porta.
Finalmente Alessia alzò gli occhi e il suo volto si illuminò quando notò chi era il suo visitatore. «Buongiorno. Pensavo mi avresti aspettata giù in bottega.»
«Ho incontrato una persona che mi ha raccontato qualcosa di insolito.» spiegò il Conte, sulle labbra il suo usuale sorriso sottile.
Alessia gli lanciò uno sguardo curioso. «Chi?»
Riario si inumidì le labbra, spostando per un momento lo sguardo. «Lorenzo de' Medici.»
Il viso di Alessia si rabbuiò. «E cosa ti ha detto?» chiese ancora la ragazza, già immaginando la risposta.
«Mi ha parlato di te.» spiegò il Conte, avvicinandosi di un passo. Il sorriso sottile era ormai scomparso. «Della tua reputazione e del tuo cognome.» Girolamo appoggiò una mano sul legno ruvido. «È per questo che sei scapata via da Roma in tutta fretta?»
La ragazza annuì. «Stavo litigando con mia madre quando me lo ha detto.» Girolamo aggrottò appena la fronte: Alessia non litigava mai con sua madre. «Volevo parlarne con Lorenzo prima che con chiunque altro.»
Riario si sporse appena verso di lei. «E riguardo la tua reputazione in questa città?» domandò ancora.
Alessia si alzò e fece qualche passo, stringendosi nelle braccia. «Quando sono tornata a Roma dopo la mia visita, due anni fa... volevo raccontarti tutto.» cominciò, senza voltarsi. I suoi occhi si soffermarono su un punto non precisato fuori dalla finestra aperta. «Ma poi, quando ci siamo incontrati, mi è mancato il coraggio. Mi ripetevo continuamente che “la prossima volta te lo avrei detto”, ma ogni volta non ci riuscivo. E rimandavo.» Girolamo aspettò qualche secondo. Poi attraversò la stanza, prese per le spalle Alessia e la fece voltare, sfiorandole successivamente il mento con le punte della destra. «Credevi che non avrei capito?»
Alessia sospirò. «Non lo so.» aveva gli occhi lucidi di lacrime che non scesero. «Avevo paura potesse minare il nostro rapporto...»
Riario le posò un dito sulle labbra. «Nulla di ciò che dicono gli altri potrà modificare i miei sentimenti nei tuoi confronti, Alessia. Ricordalo.»
Alessia sorrise. Si sentiva leggera, perché finalmente non aveva più segreti. Girolamo era ancora accanto a lei: si diede della stupida per aver esitato tanto. Lui non l'avrebbe mai lasciata sola.


```


Lo studio di Lorenzo de' Medici aveva sempre messo Alessia in soggezione. Non era abituata allo sfarzo.
Certo, il Vaticano trasudava maestosità, ma era una sensazione differente: la magnificenza di San Pietro serviva a glorificare la grandezza di Dio. Palazzo de' Medici, invece, voleva dimostrare la potenza di una famiglia. Era una cosa ben diversa.
Nonostante lo stato d'animo in cui la metteva quella stanza, Alessia era seduta compostamente davanti a Lorenzo: la schiena dritta e le mani posate sulle ginocchia. Aspettava che il de' Medici iniziasse a raccontare come fosse venuto a conoscenza della loro parentela.
Quest'ultimo si permise di osservarla, prima di cominciare a parlare. Nonostante avesse vissuto tra povera gente, riconosceva in lei il portamento degno della sua famiglia. Nelle sue vene scorreva il sangue dei Medici, e Alessia lo dimostrava nei suoi gesti.
Unì le punte delle dita sul ripiano e finalmente diede voce al racconto. «Avevo quindici anni il giorno che io e mia madre vi notammo al mercato. Ricordo molto bene gli sguardi che le nostre genitrici si lanciarono a vicenda quel giorno. All'inizio non capii: io vedevo solo una donna attraente e la sua figliola al seguito.» entrambi si concessero un sorriso. Effettivamente, Alessandra era una donna di bell'aspetto che attirava ancora adesso gli sguardi di molti uomini. Alessia non trovava strano che il padre di Lorenzo avesse voluto sedurla, se non si considerava che era già sposato e aveva una famiglia, oltre ad essere uno degli uomini più importanti di Firenze.
Dopo essersi ricomposto, Lorenzo continuò. «Quando tornammo a casa, chiesi a mia madre cosa fosse successo con quella donna per farle avere quella reazione. E lei mi raccontò di come l'aveva trovata insieme a mio padre in un atteggiamento... intimo. Quando scoprì che Alessandra era rimasta incinta, mio padre la spedì a Roma da uno scultore disposto a sposarla, ovvero l'uomo che ti ha cresciuta.» si fermò per qualche istante, mentre Alessia assorbiva quanto aveva detto.
Quindi lei era cresciuta a Roma perché Piero de' Medici aveva costretto sua madre a sposare l'uomo che poi l'aveva cresciuta. Lontana dalla sua città natale.
Alessia capiva la situazione in cui si trovava Lorenzo in quel momento. Suo padre aveva una figlia illegittima, che non aveva mai riconosciuto ma che, se fosse venuta allo scoperto, avrebbe gettato ombra sulla più potente famiglia di Firenze.
«Perché non mi avete fatta condannare?» chiese Alessia. «Sono un segreto scomodo, immagino.»
«Voi siete la conseguenza dell'infedeltà di mio padre.» puntualizzò Lorenzo, avanzando leggermente col busto. «Non meritate di essere punita per questo. E inoltre...» sospirò appena, mentre sul viso di Alessia si disegnava un'espressione che lo incitava a continuare. «mio padre mi chiese di assicurarmi che voi stesse bene. Ho fatto una promessa che intendo mantenere.»
Alessia annuì. Salvandola dal processo due anni prima aveva dimostrato di essere un uomo di parola. «Grazie per avermi raccontato la verità, Lorenzo.» disse, chinando il capo per sottolineare la sua riconoscenza.
«Ormai sapevate, era inutile nasconderlo oltre.» replicò il de' Medici, appoggiandosi allo schienale della sedia. «Ora cosa farete?»
«Rimarrò in città ancora per qualche tempo, se voi me lo concedete.» rispose la ragazza.
Lorenzo fece cenno di sì col capo. «Non vedo perché dovrei negarvelo. Oltre al fatto che credo che Leonardo da Vinci non ne sarebbe per nulla contento.»
Entrambi risero in modo sommesso. «Si, credo potrebbe dimostrarvi il suo disappunto. A modo suo, ovviamente.» commentò lei, con il sorriso sempre sulle labbra. Infine si alzò. «Ora è meglio che torni a casa.»
«Vi faccio accompagnare.» Lorenzo si alzò e chiamò una delle guardie, impartendogli l'ordine di scortare la ragazza fino alla bottega del Verrocchio.
Alessia recuperò il mantello che aveva abbandonato sulla sedia al suo arrivo e s'inchinò al de' Medici. «Grazie di tutto, Lorenzo.» disse, prima di mettersi il mantello sulle spalle e uscire.


```


La guardia che Lorenzo le aveva affidato era silenziosa, cosa che Alessia apprezzò moltissimo.
Dopo il colloquio con il de' Medici, aveva bisogno di pensare. Non capiva: se Piero de Medici si preoccupava della sua salute, perché non l'aveva tenuta con se a Firenze? Non che a lei importasse di essere riconosciuta: non ambiva allo sfarzo della casata. Solo non comprendeva il ragionamento dietro alla decisione di spedire Alessandra a Roma. Inoltre, perché Lucrezia, la moglie di Piero, provava un così forte astio nei confronti di Alessandra? Dopotutto, Piero aveva un'altra figlia illegittima, che aveva riconosciuto ed era stata cresciuta da sua moglie. Forse era proprio il fatto di averlo sorpreso lei stessa a provocarle un così forte risentimento verso la giovane panettiera.
Mentre pensava a tutto questo camminava verso la bottega del Verrocchio, senza praticamente prestare attenzione alla strada. I passi della guardia dietro di lei la facevano sentire tranquilla, ma nonostante questo aveva alzato il cappuccio cercando di coprire il più possibile il viso.
Improvvisamente, i passi del suo accompagnatore si fermarono. Alessia si arrestò a propria volta e si voltò, solo per vedere uno stiletto fuoriuscire dal petto della guardia.
La ragazza si portò le mani alla bocca, indietreggiando, mentre il corpo senza vita si accasciava a terra e dietro di lui si stagliava una figura ammantata.
Non disse una parola. Ignorando la guardia colta da spasmi post mortem, la scavalcò e si avvicinò a grandi passi ad Alessia, che continuava a indietreggiare. In preda al panico, cercò di scappare via, ma l'uomo fu più svelto e la prese per un braccio, scaraventandola successivamente contro un muro lì vicino. Alessia cominciò a divincolarsi, cercando di allontanare l'uomo con le mani. Lo stiletto che egli aveva in mano le graffiò una spalla.
L'uomo alzò una mano e la colpì in volto; il viso di lei si spostò verso destra per l'impatto. La punta dell'arma premette sulla sua guancia ancora dolorante, e Alessia sentì qualcosa di caldo colare mentre la lama apriva una ferita sempre più lunga.
La ragazza credeva di non avere scampo. Poi, dal nulla comparve una lama che trafisse la spalla del suo aggressore.
Egli la lasciò andare e Alessia si accasciò a terra; la lama si ritrasse e l'uomo ammantato si voltò per affrontare il nuovo avversario.
Questi gli diede appena il tempo di rendersi conto di chi avesse di fronte, prima di conficcargli la spada nel petto.
L'aggressore lasciò cadere lo stiletto e abbassò lo sguardo sul torace trafitto. Un rivolo di sangue gli scendeva dall'angolo della bocca. Dopo gli ultimi spasmi, il suo corpo cadde all'indietro.
Il salvatore estrasse la spada dal corpo dell'ammantato e la rimise nel fodero, prima di avvicinarsi ad una terrorizzata Alessia che non riusciva a staccare gli occhi dal corpo senza vita del suo aggressore. «È finita, adesso.» disse, posandole delicatamente la mano affusolata sulla guancia sana.
Lei sobbalzò a quel contatto. «Girolamo...» disse solo, quando i suoi occhi incontrarono quelli nocciola del Conte. Poi la paura ebbe la meglio e Alessia scoppiò in un pianto incontrollabile.
Riario la prese per le spalle e l'avvicinò a sé, stringendola al petto. «È finita, adesso.» ripeté solo, mentre il corpo della ragazza veniva scosso dai singulti.



 


Ed eccoci al terzo capitolo. Per scriverlo ho avuto un dubbio esistenziale, che fortunatamente un'amica ha provveduto ad aiutarmi a risolvere. E' molto più lungo degli altri, ma le cose da dire erano molte.
Come sempre, non posso non ringraziare le ragazze che così gentilmente mi recensiscono ogni capitolo: sassa, Yoan Siyryu, radioactive, Alesherly e _coco: grazie, grazie grazie! E poi, non posso non citare Flea che mi sopporta e tutti i lettori silenziosi che spero mi daranno presto un loro giudizio.
Sarà ben apprezzato ogni suggerimento per migliorare il capitolo! (soprattutto per l'ultimo pezzo che mi sa è un po' confusionario)
In ultimo: odio profondo per la 1X07 e Lucrezia in particolare.
Vi lascio recensire in pace.

»Eagle«

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***




Questa è per forza per radioactive
che pazientemente ha aspettato Giuliano.



Capitolo 4

 

Giuliano piegò le ginocchia e osservò il volto che avevano appena scoperto. Era giovane, non doveva avere più di vent'anni; i capelli erano ricci e scuri, i lineamenti fini. Nonostante i bei tratti, però, le mani e le braccia rovinate da tagli recenti e cicatrici tradivano una vita di stenti.
«Un senzatetto.» ipotizzò il de' Medici, alzando gli occhi su Bertino.
«O un servitore.» replicò quest'ultimo.
Giuliano annuì.
Quando Lorenzo gli aveva mostrato i biglietto di Girolamo Riario, quella mattina nel suo studio, il minore dei Medici si era dapprima stupito per il mittente del messaggio e in seguito allarmato per il contenuto. Quel foglio di carta stropicciato riferiva di un'aggressione ai danni di Alessia, che la ragazza stava bene ma la guardia che l'accompagnava era stata uccisa dall'aggressore, successivamente perito per mano di Riario stesso.

«Voglio che ti rechi nel vicolo indicato dal Conte Riario e scopri quanto più possibile sull'aggressore. Chiedi l'aiuto di da Vinci, se necessario.» aveva detto Lorenzo, non appena il fratello aveva terminato la lettura.
«Hai già qualche idea?» Giuliano aveva restituito il biglietto, riposto dal più grande dei Medici in un cassetto della scrivania.
«Forse.» aveva risposto Lorenzo. «Ma nessuna prova certa.»
Giuliano si era quindi recato sul luogo con Bertino e alcune guardie cittadine per esaminare i due cadaveri.
Ispezionò gli abiti dell'aggressore e trovò, oltre al fodero per lo stiletto, un sacchetto di tela tintinnante. «Lo hanno pagato per ucciderla.» ragionò Giuliano, dopo aver dato una rapida occhiata al denaro. «Ci saranno cinquecento fiorini qui dentro.» ispezionarono ancora i suoi abiti, ma non trovarono altro.
«Cosa facciamo con i cadaveri?» chiese Bertino.
Giuliano li osservò per qualche istante, prima di alzarsi in piedi. «Seguiamo il consiglio di mio fratello. Portiamoli da Leonardo da Vinci. Chissà se può dirci qualcosa in più.»

```


Giuliano appoggiò sul tavolo sgombro il cadavere del ragazzetto e alzò gli occhi su Leonardo, che aveva già assunto l'espressione da bambino con un giocattolo nuovo.
«Questo è l'aggressore di Alessia.» annunciò il de' Medici. «Chissà che il suo corpo non può esserci utile.»
In quel momento, dalle scale comparve la ragazza, seguita da Girolamo Riario. La guancia sinistra era deturpata da una lunga ferita che non sembrava profonda, ma era comunque ben visibile sulla pelle pallida. Aveva gli occhi gonfi: probabilmente aveva pianto per buona parte della notte.
Il suo sguardo si posò prima su Giuliano e poi su Leonardo, regalando a entrambi un piccolo sorriso che non riusciva a estendersi agli occhi. Poi essi si posarono sul corpo sdraiato sul tavolo e il suo viso si incupì.
«Così questo è l'uomo che ha cercato di uccidermi.» disse, riconoscendo gli abiti che indossava la notte precedente.
Riario si appoggiò al muro incrociando le braccia, senza perdersi un solo movimento d'ella.
Alessia lo osservò per qualche istante, soffermandosi sui giovani tratti e sui ricci neri. «Ma è un ragazzino. Probabilmente è più giovane di me.» commentò.
Leonardo scambiò un'occhiata con Giuliano. Quando Alessia si voltò verso il de' Medici, prese finalmente in mano uno dei suoi strumenti e cominciò, lanciando un ultimo sguardo alla ragazza.
Per quanto Alessia fosse abituata agli strani esperimenti di Leonardo sui cadaveri, per quel giorno ne aveva avuto abbastanza di tagli di ogni tipo. Diede quindi le spalle al tavolo e concentrò la sua attenzione su Giuliano. «Avete scoperto qualcosa?»
Giuliano esitò. Cosa doveva rispondere? È stato pagato profumatamente per ucciderti? Non gli sembrava esattamente il caso.
Mentre la guardava, si ritrovò a pensare a quanto fosse diversa da quella che gli aveva presentato Lorenzo due anni prima. Il processo era appena terminato e il signore di Firenze l'aveva presentata al fratello e alla moglie. Solo dopo, nel suo studio, Lorenzo aveva spiegato loro chi fosse davvero e perché si era battuto per lei.
Giuliano ricordava bene quel volto spaventato e innocente: l'aveva fatta sembrare fragile e insicura al punto che si era chiesto chi avrebbe mai potuto credere alle accuse. In quel momento, invece, Alessia aveva perso quell'innocenza per indossare una maschera che non le apparteneva. Aveva più paura di quanta non volesse far credere persino a sé stessa.
«Si» rispose infine Giuliano, decidendo che non fosse giusto nascondere qualcosa. «Un sacchetto contenente cinquecento fiorini.»
Alessia respirò a fondo, chiudendo per un momento gli occhi. Quasi faticava a crederci. Perché qualcuno la voleva morta? Cosa aveva mai fatto da far desiderare a qualcuno la sua dipartita?
Lanciò un'ultima occhiata al cadavere del ragazzino, che Leonardo aveva già aperto. Il suo sguardo si soffermò sull'artista, troppo concentrato per accorgersi degli occhi di Alessia su di lui.
La ragazza sospirò. «Lo lascio lavorare.» disse solo, prima di uscire dal laboratorio di Leonardo, subito seguita da Girolamo. Giuliano si concesse di lanciare un ultimo sguardo al Da Vinci, prima di uscire insieme alla sorellastra.
Fuori dalla porta, Alessia per poco non si scontrò con un carico Nico, che tra le braccia portava tutto ciò che Leonardo gli aveva chiesto di recuperare. «Buongiorno, Nico.» disse lei, rivolgendogli un sorriso.
«Buongiorno, Alessia.» rispose, infilando faticosamente la mancina in una delle tasche delle braghe scure. «Ieri il Maestro mi ha detto di darti questo, anche se non capisco perché non abbia potuto dartelo di persona.» le porse un foglio ruvido arrotolato.
Alessia corrugò la fronte, sciogliendo il nodo del laccetto e srotolando quello che era uno schizzo di Girolamo Riario.
Alessia sorrise appena. «Non preoccuparti. Lo so io.»

```


Mentre Leonardo si divertiva con il cadavere del ragazzetto, Giuliano decise di tornare nel vicolo.
C'era qualcosa che gli sfuggiva. Un dettaglio che non aveva visto – o che aveva visto, ma non aveva notato.
Sul terreno spiccavano ancora e chiazze di sangue. Era un vicolo poco frequentato: nessuno si sarebbe accorto di quello che era successo quella notte per diverso tempo. Giuliano pensò che fosse meglio così.
Si guardò intorno. Che cosa stava cercando? Non sapeva darsi una risposta. Sapeva solo che era lì. Doveva riuscire a guardare con più attenzione.
Dopo un tempo che gli sembrò interminabile, in cui ispezionò ogni angolo del luogo, notò uno scintillio nella pozza di sangue dell'aggressore di Alessia. Quello che raccolse fu un anello. Di ottima fattura, il che significava che non era di proprietà del ragazzetto. Probabilmente lo aveva rubato in casa di coloro che lo avevano contattato. Perché non sarebbero mai stati tanto stupidi da lasciare qualcosa di loro.
Non c'erano stemmi, ma la qualità del gioiello faceva pensare che il suo valore fosse molto alto. E non erano molte le famiglie che potevano permettersi simili lussi, a Firenze.




 


Note dell'autrice: capitolo decisamente corto, in cui non succede molto in effetti. I miei soliti capitoli di transizione. Ma, per la gioia di Coco, il prossimo sarà tutto Girolamo/Alessia. Agnè, the next chapter is all yours.
Pooooi una nota sulla serie: non riuscirò a vedere il finale di stagione prima di Martedì sera
(T.T), di conseguenza, ve ne prego, non mettetemi spoiler sulla puntata. Abbiate pazienza che la vedo pure io.
Come sempre, ringrazio le mie lettrici, a cui si aggiungono nuovi nomi: 
sassaYoan SiyryuradioactiveAlesherly, _coco, GenFlea e Chemical Lady. Non so cosa farei senza di voi.

»Eagle«

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Per  Coco,
gliel'avevo promesso.

Capitolo 5

 

Alessia stringeva ancora il piccolo ritratto arrotolato tra le dita. Dopo quello che era successo, era come un raggio di sole tra le nubi nere. Leonardo era sempre riuscito a farla sorridere.
«Sei pensierosa.» Girolamo la osservava, tenendo la sua solita posizione composta.
Erano tornati al mercato, sulla scalinata vicino al vecchio cieco. Nel punto in cui aveva ricevuto il messaggio solo qualche giorno prima.
Alessia sapeva che dopo il sasso avrebbe dovuto evitare quel luogo, ma non ci riusciva: le piaceva perché era tranquillo e caotico al tempo stesso. E poi, nessun luogo era sicuro, per lei, a Firenze. Quindi uno valeva l'altro.
Fece una specie di smorfia, senza però alzare lo sguardo sull'amico. «Cerco di capire.»
«Dovresti provare a non pensarci, invece.» replicò il Conte. «Almeno per oggi.»
L'angolo della bocca di Alessia si sollevò. Girolamo aveva ragione: dopo ciò che era successo la sera prima aveva il diritto di pensare ad altro.
Sapeva bene che il Conte, al contrario, non avrebbe smesso per un solo istante di rivolgere la sua mente all'argomento. Sapeva anche che non era tornato in quel vicolo solo perché non si fidava a lasciarla sola, men che meno in compagnia di Leonardo da Vinci o dei Medici nonostante fosse sicuro che tutti avrebbero fatto qualsiasi cosa pur di proteggerla. Alessia non riusciva a trovare il coraggio di dirgli di andare e indagare: lo voleva accanto a sé.
«Non è così facile come sembra.» finalmente alzò il viso e i loro occhi si incrociarono. Alessia realizzò che era dalla sera prima che non guardava davvero Girolamo. Entrambi scoprirono che l'aggressione aveva cambiato qualcosa. C'era un'intesa diversa. Non più da “amici cresciuti insieme”, quanto qualcosa di più profondo. Alessia sapeva di provare qualcosa per Girolamo da molto tempo, ma non si era mai ritrovata a desiderarlo. Voleva conoscere il sapore di quelle labbra carnose, sentirle sulle proprie e sentire che anche lui la voleva. Non l'aveva mai sentito vicino come un fratello: quello era l'affetto che le dava Leonardo. Girolamo era qualcosa di diverso. Qualcosa di più... Intimo.
I loro volti si avvicinarono lentamente. Il mormorio della folla del mercato di Firenze si affievolì. A nessuno dei due interessava più di essere in mezzo alla folla, su quella scalinata dove lui l'aveva trovata a parlare con Leonardo.
Quando i loro visi erano così vicini che i reciproci respiri si confondevano, entrambi esitarono per un momento. Avevano gli occhi socchiusi e le pupille nocciola di Riario si soffermarono sulle labbra rosse di Alessia. Fu proprio lui a posare la bocca su quella di lei, lasciando che le palpebre calassero del tutto.
Intrecciò le dita della mancina tra i capelli ramati di Alessia, con delicatezza; le labbra di lei erano dolci, con qualcosa di salino che ricordava il sapore del mare.
Poi lei scostò il viso; i loro nasi si sfioravano ancora. Posò un dito sulle labbra di lui, scuotendo appena la testa. «Non qui. Nelle mie stanze.» disse. Si alzò e lo prese per mano, conducendolo verso la bottega di Verrocchio.
Non sarebbero passati davanti agli artisti e per lo studio di Leonardo. Alessia conosceva un'entrata che non era utilizzata nemmeno da Verrocchio stesso. Passava dietro la bottega, una rampa di scale aggirava lo studio di da Vinci e terminava in un pianerottolo di legno che si attraversava con un passo conducendo nel corridoio delle stanze degli artisti. Quella di Alessia era subito lì, l'ultima del corridoio... O la prima, a seconda dei punti di vista.
Si richiusero la porta alle spalle e Girolamo fece scattare la serratura. La risata di Alessia riempì la camera un attimo prima che le loro labbra si incontrassero di nuovo. Il ritratto finì sul tavolo della ragazza.
E poi, tutto divenne un insieme di baci, vesti che cadevano a terra e i due corpi uniti che cadevano sul letto nello stesso istante. I capelli di lei si sparpagliarono sul materasso come tante lingue infuocate. Mani, braccia, gambe: non si poteva più dire di chi fosse cosa, tanto erano intrecciati.
Alessia sapeva cosa stava concedendo, così come Girolamo era conscio di ciò che stava per prendere. Ma era successo così naturalmente che nessuno dei due se ne preoccupò: si stavano definitivamente aprendo uno all'altra in modo completo. Avevano abbattuto qualsiasi barriera, qualsiasi convenzione li tenesse nelle rispettive posizioni sociali. Non erano più il Conte di Imola e la figlia illegittima di un Medici. Erano solo Alessia e Girolamo, lontani da quella stessa società che cercava ogni giorno di dividerli.

```

C'era un groviglio di coperte che si attorcigliavano attorno alle gambe, fasciando dal petto al ventre di Alessia e il bassoventre del Conte. Il cuscino del letto era caduto a terra e nessuno dei due l'aveva raccolto; per poter stare nel letto insieme dovevano stringersi uno all'altro perché era troppo stretto, adatto a contenere una sola persona.
Le dita intrecciate una all'altra; la mano di Alessia che pettinava continuamente i capelli di Girolamo. «È strano.» disse lei, come se fosse sovrappensiero.
Lui aggrottò appena la fronte. «Cosa?»
«Questo.» arrotolò una ciocca nera attorno al dito. «Noi.» scosse appena la testa, socchiudendo un occhio. «Non potremo mai mostrarlo. Dovremo stare attenti a ogni cosa diremo, d'ora in poi.»
«Non l'abbiamo sempre fatto?»
«No. Tutti sapevano che siamo amici.» replicò Alessia. «Ora nessuno potrà sapere cosa c'è stato tra noi.»
«Nemmeno...» Girolamo cominciò a giocare con le loro mani intrecciate. «...l'artista?»
Alessia fece un sorriso sghembo. «Non ci sarà bisogno che glielo dica. Mi conosce bene, lo capirà da sé.» alla ragazza scappò una risatina.
Riario la guardò di sottecchi. «Cosa c'è?»
Lei scosse la testa, sempre sorridendo. «Nulla, solo... In una lettera Leonardo mi disse che eri troppo oscuro per essere mio amico.»
Sul viso del Conte si disegnò il sorriso sottile. «Sei troppo pura per uno come me.»
«Esattamente.»
Riario slacciò le dita da quelle di Alessia e fece scorrere l'indice sul profilo della ragazza. «L'oscurità non è poi così male, quando ti ci abitui.» disse, con un leggero sorriso.
Alessia lo guardò di sbieco. «Io non sono mai entrata nell'oscurità.»
«Fin'ora.» replicò Girolamo.
«Fin'ora.» confermò ella, annuendo.
Il dito risalì lungo la gamba, fino ad arrivare alla coscia ed accarezzarle il fianco; continuò il suo lento scivolare sulla pelle d'ella fino al volto, dove seguì la linea della ferita lasciatele dall'aggressore la notte precedente.
Lei avvicinò il viso a quello di lui, fermandosi a pochi millimetri dalla bocca del Conte. «Ma non mi dispiace aver fatto questo passo.» sussurrò, prima che le loro labbra si unissero di nuovo.


 


Note dell'autrice: e dopo una lunga attesa, eccolo! Il fatidico capitolo!
Scriverlo è stata una vera sofferenza, perchè volevo che fosse perfetto. Però alla fine è venuto fuori.
Posso dire con certezza che siamo quasi alla fine: tre o quattro capitoli ancora. Ma non disperate! Ci sarà un seguito :3
I ringraziamenti: come sempre le mie lettrici, perchè senza di voi questa storia non ci sarebbe: 
sassaYoan SiyryuradioactiveAlesherly, _cocoGenFlea e Chemical Lady.
E poi i ringraziamenti speciali: radioactive perchè si è entusiasmata a tal punto da volerci fare una one-shot e per l'aiuto colossale con il forum;
 _coco perchè è la più sfegata fan di Riario che abbia mai incontrato;
Yoan Siyryu perchè la sto attirando al lato oscuro;
GenFlea perchè mi sopporta ogni volta che pubblico un capitolo;
Chemical Lady perchè mi ha betizzato il capitolo e perchè, evidentemente, era destino che ci trovassimo.

»Eagle«

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***



 

Per Jess, la mia beta
a cui piacciono le risse.


Capitolo 6


Lorenzo rigirò tra le dita l'anello che Giuliano aveva recuperato dal vicolo. Era di ottima fattura, sottile, con una pietra blu incisa. Era piccolo, fatto per essere indossato da mani fini, femminili. «Non hai trovato altro?» chiese, alzando finalmente gli occhi sul fratello. Il sacchetto con le monete giaceva sulla sua scrivania.
Giuliano scosse la testa. «Da Vinci si sta occupando del corpo del ragazzo.»
Lorenzo annuì distrattamente, riportando lo sguardo sull'oggetto che teneva in mano. Quindi lo alzò, mostrandolo al fratello. «Dobbiamo scoprire a chi apparteneva.» lo appoggiò accanto al sacchetto. «Se troviamo a chi il ragazzo l'ha rubato, troviamo anche il mandante.»
«E se non fosse così?» chiese Giuliano, avanzando di mezzo passo. Aveva fatto lo stesso ragionamento, ma pensandoci meglio quella logica aveva cominciato a incrinarsi pericolosamente. «È molto probabile che non avesse casa o che fosse il servo di una famiglia. Potrebbe averlo rubato nella casa dei suoi padroni o da qualunque altra parte prima o dopo aver ricevuto il pagamento. Se così fosse, il proprietario dell'anello non avrebbe nulla a che fare con l'aggressione ad Alessia.»
Lorenzo annuì, concordando con suo fratello. «Cominciamo a scoprire a chi appartiene.» replicò. È vero, concordava, ma non avevano altro in mano. Dovevano cominciare da lì, se speravano di capire.
Giuliano annuì e riprese l'anello, prima di congedarsi e uscire dallo studio, pensando di chiedere consiglio a Gentile Becchi.
Lorenzo si sedette portando una mano alle tempie. Quella era solo una delle tante preoccupazioni che gli affollavano la mente. Riguardo a tutta quella storia, si chiedeva perché il mandante del tentato omicidio di Alessia non avesse anche sparso la voce che lei era la figlia bastarda di Piero de' Medici. Se davvero era un tentativo di colpire lui e la sua famiglia come pensava, perché non rendere pubblica una notizia del genere? Era la cosa più logica da fare. Eppure non era stato così. Si erano limitati a infamare lei, non i Medici. Perché? Chi la odiava così profondamente? La risposta gli sfuggiva e Lorenzo non sapeva darsi pace.

```


«Sei sicura di voler conoscere il tuo futuro, Alessia?» Zoroastro la fissava con quegli occhi d'ossidiana che Alessia aveva sempre trovato bellissimi, ma con inquietanti. C'era una luce negli occhi di Zoroastro che l'aveva sempre messa a disagio. Annuì senza esitazione. «Molto bene.» l'amico di Leonardo finì di mescolare le carte e ne mise tre sul tavolo una in fila all'altra, coperte. Appoggiò da parte il mazzo e si concentrò sulla ragazza, scoprendo la prima carta che rappresentava il Passato. «La Giustizia.» disse, osservando il disegno. «Le tue azioni hanno portato delle conseguenze. Conseguenze gravi, con cui hai dovuto fare i conti. Hai affrontato la legge ma hai trovato conforto nella bilancia dei giusti.» Osservò per un momento Alessia, prima di passare alla carta successiva, rappresentante il Presente. «L'Angelo.» Zoroastro osservò prima la carta e poi la ragazza. «Simboleggia una novità. Non è al rovescio, ciò significa che è qualcosa di bello, oltre che importante.» detto questo, spostò la sua attenzione sulla terza carta ancora coperta, simboleggiante il Futuro. Zoroastro la scoprì. «La Morte.» Alessia si accorse di trattenere il respiro. Non era sicura le sarebbe piaciuto quello che Zoroastro stava per dirle. «Rovesciata com'è adesso simboleggia la fine e la distruzione. Avverrà un altro cambiamento importante, distruttivo e inevitabile. E tu ne sarai la protagonista e, forse, persino l'artefice.»
«Qualcuno morirà?» chiese Alessia, osservando Zoroastro con apprensione.
«È probabile.» rispose l'altro, annuendo. «Ma è impossibile sapere chi.»
Il cuore di Alessia perse qualche battito.

```

Due settimane dopo.

«Lo so.» Leonardo aveva detto queste parole, prima che Girolamo salisse le scale verso la camera di Alessia.
Il Conte si voltò verso di lui con un'espressione vagamente perplessa. «Voi sapete che cosa, esattamente, artista?»
«Sono due settimane che entrate dalla scala esterna.» replicò il da Vinci, e Girolamo si chiese come facesse a saperlo, prima di ricordarsi ciò che aveva detto Alessia: mi conosce bene, lo capirà da sé. «Questo significa che non volete essere visti, e può esserci un solo motivo per cui non volete essere visti.» Leonardo parlava con semplicità.
Le labbra di Riario disegnarono il sorriso sottile che comunemente solcava il suo viso. «Cosa state cercando di dirmi?»
Leonardo scrollò le spalle. «Nulla, in realtà.» replicò. «Spero solo che lei non ne rimanga scottata.»
Girolamo si inumidì le labbra, prima di rispondere. «Sapete bene che non è mia intenzione recare alcun danno ad Alessia.» ribatté.
L'inventore annuì. «Ma voi siete promesso.»
Per la seconda volta, Girolamo si chiese come diavolo facesse Leonardo da Vinci a sapere del suo prossimo matrimonio con Caterina Sforza, ma forse avrebbe dovuto imparare a non porsi certe domande. «Non capisco come il mio matrimonio possa collegarsi ad Alessia, artista.»
Leonardo allargò e braccia. «Mi sembra ovvio.» rispose. «Non c'è un futuro per voi e lei insieme. E Alessia è fragile. Molto fragile.»
Il Conte aveva capito dove voleva arrivare l'artista, e non poté fare a meno di pensare che avesse ragione.

```


Quando Girolamo entrò nella camera di Alessia, la trovò inginocchiata a terra, piegata sul vaso da notte, preda di un forte conato di vomito. Sembrava stesse rigettando l'anima.
Corse verso di lei, che stava in quel momento cercando di riprendere fiato. «Che cos'hai?» le chiese, posandole una mano sulla schiena.
«Non preoccuparti, non è nulla di grave.» rispose la ragazza, mentre tratteneva un nuovo conato. «È solo una conferma ulteriore.» si sedette a terra, ansimando.
Riario la osservò con aria vagamente perplessa, mentre la ragazza si spostava i capelli dagli occhi. «Ulteriore conferma a cosa?»
Gli occhi scuri di Alessia si accesero d'eccitazione mentre intercettavano quelli nocciola di Girolamo. «Questa mattina Leonardo mi ha detto che ero strana. Più pallida del solito, per citare le sue parole. E dopo aver mangiato un pezzo di focaccia sono dovuta correre qui.» si fermò, inumidendosi le labbra e deglutendo, cercando di scacciare il sapore acre che le aveva invaso il palato e la lingua. «Era da qualche giorno che ci pensavo.» prese un ultimo respiro profondo. «Credo di aspettare un bambino.»
Sul viso del Conte si disegnò, per la prima volta da quando lo conosceva, un'espressione stupita. Un'espressione davvero stupita. Dischiuse appena le labbra, come se avesse voluto iniziare a parlare, ma nessun suono ne fuoriuscì. «Cosa?» riuscì finalmente a dire, dopo diversi istanti che gli parvero lunghissimi minuti.
«Aspetto un bambino.» ripeté Alessia, spostando lo sguardo sul proprio ventre e appoggiandovi una mano.
Riario era senza parole. Un bambino. Alessia era rimasta incinta. Stava per diventare padre. Di un figlio che cresceva nel ventre di Alessia. E lui entro poco avrebbe dovuto sposarsi con Caterina Sforza.
Eppure, nonostante tutte le complicazioni che quella gravidanza portava con se, sul viso del conte si disegnò ciò che per lui era di più vicino a un sorriso sincero. Perché, per quanto sarebbe stato difficile spiegare a Sisto che Alessia era tornata da Firenze incinta di suo figlio, Riario non poteva fare a meno di essere felice della notizia.

```


Riario era stato richiamato a Roma da Sisto e, dopo la notizia della gravidanza di Alessia, aveva insistito per riportarla con sé nella Città Eterna, perché lì nessuno avrebbe cercato di ucciderla.
Aveva preparato i suoi bagagli; avrebbe salutato Leonardo, Nico, Zoroastro e Verrocchio poco prima di partire. Solo che c'era un'altra cosa che doveva fare: salutare Giuliano e Lorenzo. E mentre stava lì davanti a loro, subito dopo avergli detto che era incinta, capì perché per tutto il tempo aveva avuto quel nodo allo stomaco che le chiudeva anche la gola e rischiava di non farle uscire le parole.
A renderli tanto ostili non era proprio la notizia della sua gravidanza. Entrambi le avevano sorriso felici quando l'aveva riferita. Ma poi era arrivata la domanda fatidica: chi era il padre? E lei cosa avrebbe dovuto rispondere? Girolamo Riario era l'ultimo nome che avrebbero voluto sentire.
Alessia si era vista passare davanti la figura di Giuliano che si lanciava addosso al Conte e il pugno del de' Medici che colpiva il naso di Riario.
Lorenzo e Alessia urlarono il nome di Giuliano all'unisono, ma fu il Magnifico a correre verso il fratello per cercare di separarlo dall'avversario. Solo che Girolamo era stato più veloce e, dopo essersi ripreso dal colpo ricevuto, aveva risposto allo stesso modo. Nonostante fosse più piccolo e più basso del giovane de' Medici, fu proprio quest'ultimo ad andare a terra. Prima che potesse succedere altro, Alessia si era messa in mezzo a loro, alternando lo sguardo dal fratellastro all'amico. «Adesso basta!» esclamò.
Girolamo, nonostante il sottile rivolo di sangue che gli colava dal naso, aveva mantenuto la sua solita calma, senza scomporsi; gli occhi di Giuliano, al contrario, sprizzavano odio, mentre asciugava anche lui il liquido rosso.
«Non è il momento di lasciarsi andare ad inutili manifestazioni di ostilità.» disse Lorenzo, mentre il fratello si alzava, posando lo sguardo prima sul Conte e poi soffermandosi su Giuliano. Infine, riportò gli occhi su Alessia. «Sarai al sicuro, a Roma?» domandò.
«Sicuramente più di quanto lo è stata qui, visto quello che è successo.» rispose Girolamo, spostando lo sguardo sul Magnifico.
Lorenzo gli lanciò un'occhiata di traverso, evitando di replicare.
«Non preoccupatevi, Lorenzo.» disse invece Alessia.
Il Magnifico si avvicinò a lei, posandole entrambe le mani sulle spalle. «Allora fa buon viaggio, sorella. E che Dio protegga te e il tuo bambino.»



Note dell'autrice«

Eh, si, ho cambiato grafica delle note. Ma ci voleva.
Alur. Questo capitolo è... boh. Non so nemmeno come descriverlo.
Fare Girolamo sconvolto da un bambino in arrivo non è stato facile, ma alla fine penso di avercela fatta a scrivere qualcosa di più o meno decente.
Poooi, per la lettura delle carte ringrazio 
Yoan Siyryu che mi ha dato un sito da cui iniziare a documentarmi e Chemical Lady per la correzione delle cavolate che avevo scritto.
Un altro grazie va a radioactive per la one-shot su Riario e Alessia (Una volta all'anno): vedere quanto è apprezzata la mia piccola piggia mi rende tanto tanto orgogliosa.
Infine, un enorme GRAZIE a tutte quante, e di alcune ripeterò i nomi, perchè mi sopportate e supportate di continuo: sassaYoan SiyryuradioactiveAlesherly, _cocoGenFlea e Chemical Lady.

»Eagle«

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***





Capitolo 7


«Dimmi che non li hai veramente addosso.» Alessia lo fissava trattenendo una risata, mentre richiudeva la porta sul retro. Da quando erano tornati da Firenze non usavano più la porta d'ingresso. Inoltre, il vicoletto sul retro non era trafficato, e quello era un altro motivo per cui Girolamo preferiva passare di lì.
«Non è mia intenzione deluderti, Alessia.» rispose Girolamo, che l'aspettava appoggiato al muro con le braccia incrociate. «Pensavo piacessero anche a te.»
«Li custodisco gelosamente.»* replicò la ragazza, appoggiando una mano sul pancione. «Ma non ti risparmierò, se è quello che speri.»
Il Conte scosse la testa, posando lo sguardo sul ventre tondo di Alessia. In realtà, avrebbero dovuto passeggiare, ma nessuno dei due aveva intenzione di spostarsi. «Ho sempre più l'impressione che sia più grande del normale.»
Anche la ragazza spostò lo sguardo verso il basso, mentre il sorriso si allargava. «Dovremmo decidere il nome.» disse. «Ormai mancano solo due mesi.»
«Come vorresti chiamarlo?» chiese Girolamo. Quando ci pensava aveva una strana sensazione, a metà tra l'impazienza e la paura. Ovviamente, sapeva come nascondere i suoi sentimenti, almeno agli altri, ma di certo non poteva nasconderli a se stesso.
Alessia ci pensò per diversi istanti. «Se fosse femmina, mi piacerebbe Maddalena.»
Girolamo storse appena il naso. «Non credo sia il nome più adatto.»
«Maddalena era una donna forte.» replicò la ragazza, alzando lo sguardo sull'amico.
«Maddalena era una prostituta.» ribatté il Conte.
«E questo chi lo dice?»
«Il Vangelo.»
Alessia storse il naso, piegando il capo da un lato. «Se fosse maschio come lo chiameresti?»
Anche Girolamo dovette pensarci. «Matteo.» rispose infine.
«È il nome dell'Evangelista.»
«Esatto.»
Fu in quel momento che la madre di Alessia fece capolino dalla porta.
Era una donna dal viso bambinesco e i capelli ramati, leggermente più scuri di quelli della figlia. Nonostante fosse vicina ai cinquant'anni, dimostrava almeno una decina d'anni di meno. Osservò Riario, per cui aveva sempre avuto una sorta di timore reverenziale, salutandolo con un lieve inchino, per poi rivolgersi alla figlia. «È arrivata questa per te.» disse, porgendole alcuni fogli piegati. Quando Alessia li strinse tra le dita, la donna scomparve di nuovo dentro casa.
Girolamo osservò l'amica aprire le lettere e il suo viso accendersi gioioso mentre leggeva. «È l'artista?» chiese, quando Alessia ebbe finito di leggere.
Lei annuì, alzando lo sguardo dai fogli. «E di Lorenzo.» piegò di nuovo il capo, assumendo un'espressione che Girolamo conosceva molto bene, e che le aveva visto fare spesso negli ultimi sette mesi. «Immagino che tornare a Firenze sia fuori discussione.»
«Pensavo di essere stato adeguatamente chiaro, al riguardo.» replicò il Conte. «Firenze non è sicura, né per te né per il bambino.»
«Vorrei solo che nascesse lì.» rispose Alessia, riportando lo sguardo sul proprio ventre. «Tra le persone che amo.»
Riario non replicò. Avevano già fatto quel discorso diverse volte. Lui sapeva che Alessia considerava Firenze come casa sua, nonostante fosse nata e cresciuta a Roma, ma non poteva permettere che tornasse nella città dove tutti – o quasi – la volevano morta. E sperava che non le venisse la brillante idea di andarci da sola. Doveva pur avere un minimo di amor proprio.
Era anche vero, però, che il giorno che l'avevano aggredita era anche stato l'ultimo. Nessuno si era azzardato nemmeno ad avvicinarla finché lui era con lei.
La osservò ancora qualche istante, prima di dischiudere le labbra. «D'accordo, Alessia. Partiremo domattina.»
Il viso della ragazza s'illuminò gioioso. «Grazie, Girolamo.»

 

```


Sebbene fossero passati solo sette mesi, ad Alessia era sembrato molto più tempo. Nonostante tutto ciò che era successo in quella città, non riusciva a starne lontana. A Roma c'erano sua madre e Riario, a Firenze c'era il resto della sua famiglia.
«Quello non è un bambino solo.» era così che Leonardo l'aveva salutata non appena entrata nel suo studio.
«Riuscirai mai a salutare come le persone comuni?» domandò Zoroastro, voltandosi verso l'amico con espressione esasperata.
Alessia rise. «Che cosa intendi dire?»
Leonardo si avvicinò, indicando il ventre tondo dell'amica. «È troppo grande. Un solo bambino non può essere così grande.»
«Da quando siete un esperto di gravidanze, artista?» domandò Girolamo, alzando appena le sopracciglia.
Leonardo evitò di replicare, continuando a osservare l'oggetto del suo discorso. «A parer mio, sono due.»
«Leonardo, si può sapere cosa stai farneticando?» Zoroastro posò una mano sul fianco e con l'altra si appoggiò al tavolo su cui l'artista faceva i suoi esperimenti e sezionava i cadaveri.
«Sono due.» ripeté Leonardo, alzando finalmente gli occhi e notando che tutti lo stavano guardando perplessi. «Due gemelli.»
«L'ultimo oppiaceo ti ha fatto male, te lo dico io.» replicò Zoroastro, scuotendo la testa.
Girolamo notò che Alessia si limitava a seguire il discorso con un enorme sorriso sulle labbra. Si rese conto che a Roma non era mai così allegra. Nonostante tutte le preoccupazioni, era lì che doveva stare. Tra l'artista pazzo e i Medici. Fu solo in quel momento che capì perché voleva che il bambino – o i bambini, perché anche il Conte era convinto fossero due – nascesse lì. Era la sua città. Il sangue dei Medici le scorreva nelle vene e così anche l'amore per Firenze.

 

```


Quella notte Girolamo non dormì affatto.
Leonardo era riuscito, non si sapeva come, a inserire nella camera di Alessia un letto matrimoniale, cosicché i due potessero dormire insieme.
Girolamo si voltò verso la ragazza, che invece era sprofondata nel mondo dei sogni da diverso tempo. Quando era addormentata sembrava persino più fragile del solito. Era incredibile come si fosse evoluto il loro rapporto in così poco tempo.
A Roma si era sparsa la voce che lei era rimasta incinta, voce che era giunta anche a Sisto. Lo aveva convocato per parlare della cosa e gli aveva detto chiaramente che non avrebbe mai dovuto riconoscere il bambino. Doveva comportarsi come se non fosse stato suo.
Per la prima volta, Girolamo era tentato di fare tutto il contrario. Quello era il suo bambino, l'erede dei Riario. Non poteva lasciare che scomparisse nel nulla.
Ma non era solo quel pensiero a tenerlo sveglio. C'era qualcos'altro, una specie di tarlo. Una sensazione. Che stesse per accadere qualcosa. Che l'indomani non sarebbe stato un buon giorno. Era quasi simile alla paura, ma Riario non lo associava a quel sentimento. Era un... presentimento.
Sperò che fosse dovuto solo al fatto di trovarsi a Firenze con la donna che la città non vedeva l'ora di bruciare.


 


Note dell'autrice«

E' la prima volta che posto ad un orario decente, ma lo ammetto, l'ho fatto per Hev che così non si sente in colpa.
Allora, qui ho decisamente abbassato il livello del ritmo, ma l'ho fatto apposta. Perchè il prossimo, vi avviso, sarà da brividi. E sarà anche l'ultimo prima dell'epilogo e del sequel (di cui devo decidere il nome).
*riferimento alla ff di Hev "Una volta all'anno" <3
Dunque, prima di lasciarvi recensire degnamente, i miei ringraziamenti:
a Hev, Giulia e Agnè perchè sono fantastiche;
a Jess, perchè mi betizza i capitoli ed è fantastica anche lei;
e a 
sassa AlesherlyGenFlea e Juliet96 per le recensioni. GRAZIE.

»Eagle«

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***





Capitolo 8


La giornata era appena cominciata. Il sole saliva nel cielo ancora buio, ma nessuno poteva vederlo a causa delle grosse nuvole che lo ricoprivano; i proprietari delle bancarelle uscivano di casa per preparare le merci prima del mercato.
Ad Alessia piaceva girovagare per la piazza quando ancora il mercato non era aperto, o starsene sulla solita scalinata vicino all'amico cieco di Leonardo.
Sia Riario che l'artista erano all'erta. Il Conte si mostrava impassibile come sempre, ma la preoccupazione di quella notte non lo aveva ancora abbandonato. La sua destra era posata sull'elsa dello stiletto, pronta ad ogni evenienza.
Se mai gli avessero chiesto come fosse accaduto, Girolamo non sarebbe stato in grado di rispondere. Mancava un pezzo, un pezzo fondamentale. Aveva sbagliato, un errore che sarebbe stato fatale.
Lo schizzo di sangue arrivò nello stesso istante in cui una donna urlava. Sul petto di Alessia, si allargava una macchia rosso scuro, dello stesso colore del rivolo che le usciva dall'angolo della bocca.
Mentre Leonardo la prendeva per le spalle, accompagnandola delicatamente verso terra, la mancina di Girolamo estraeva lo stiletto e il Conte si lanciava verso l'uomo che aveva pugnalato la ragazza. Lo prese per la maglia e lo fece sbattere contro il muro più vicino; il coltello che quello teneva in mano cadde con un tintinnio e un tonfo. Riario gli puntò la lama al collo. «Dimmi chi sei e fallo velocemente.» Nonostante fosse più basso, era ben chiaro che il Conte di Imola fosse più forte.
L'assassino rise, una risata fredda e cupa. Per tutta risposta, Girolamo gli colpì il ginocchio, e un crack risuonò nei dintorni.
«Ti ho chiesto chi sei.» ripeté il Conte.
«Il mio nome non ha importanza.» replicò l'altro.
«Riario!» c'era urgenza nella voce dell'artista.
La mascella di Girolamo si indurì. Colpì l'altro ginocchio dell'assassino, e mentre quello cadeva a terra per il dolore, il Conte avvicinò ulteriormente il volto a quello dell'altro. «Non ho finito con te.» dopodiché si avvicinò ad Alessia, che Leonardo teneva tra le braccia.
La ragazza riuscì a sorridere quando lo vide. La sua mano tremante salì fino alla guancia ruvida del Conte. «Non potevi proteggermi per sempre.»
«Pagheranno per questo.» replicò il Conte. «È una promessa.»
Gli angoli della bocca di Alessia si alzarono appena. «Prenditi cura di lei.» e, infine, il suo sguardo si perse ed ella spirò.
Riario si alzò di nuovo e si avvicinò all'assassino, accarezzandogli la gola con il filo della lama. «Tu adesso parlerai. Mi dirai chi sei e chi ti manda.»
«Oh, non c'è molto da dire.» replicò l'altro, sul viso un'espressione spavalda, come se lo stesse prendendo in giro.
Girolamo gli prese una mano e tagliò di netto l'indice con lo stiletto. «Parla chiaro, o perderai anche le altre.»
L'espressione di sfida sul volto dell'uomo si incrinò, mentre premeva con l'altra per fermare l'emorragia. Aveva di nuovo lo stiletto puntato alla gola. «Sono stato avvicinato da una donna.» nella sua voce si sentiva il tentativo di reprimere il dolore. «Non ho visto il suo volto. Mi ha dato i soldi e se ne è andata.»
«Dimmi il tuo nome.» disse di nuovo Girolamo, premendo un poco più a fondo con lo stiletto.
«Mario.»
«Molto bene.» e senza ulteriore indugio, la lama tagliò il collo dell'assassino. Un fiotto di sangue fuoriuscì dal taglio, e Girolamo lasciò cadere il corpo.
Quando si voltò verso il da Vinci, l'artista aveva aperto il ventre di Alessia. «Cosa state facendo?»
«C'è una possibilità di salvare i bambini di Alessia.» spiegò Leonardo, estraendo il primo bambino. Era piccolo, fragile e ricoperto di sangue. Aspettarono qualche secondo, ma non piangeva.
Non ce l'aveva fatta.
Leonardo, delicatamente, lo posò accanto al viso bianco di Alessia, a cui aveva chiuso gli occhi. Poi si affaccendò di nuovo sul suo ventre, per estrarre il secondo bambino.
Riario, intanto, osservava il primo, Matteo, come avrebbe voluto chiamarlo. Il suo volto rimase una maschera impassibile, ma il desiderio di vendetta cresceva ogni secondo di più. Giurò che non avrebbe lasciato Firenze finché non avesse scoperto chi aveva commissionato l'omicidio di Alessia e perché.
Leonardo, intanto, era riuscito a far nascere il secondo bambino. Fu il suo pianto disperato a far voltare il Conte. Ce l'aveva fatta.
«È una femmina.» disse Leonardo, porgendogliela. Era anch'ella piccola e ricoperta di sangue: Girolamo non sapeva come prenderla in braccio. Aveva quasi paura di “romperla”, perché sembrava talmente fragile che solo un dito poteva farle del male. Era spelacchiata, pochi capelli rossi che rimanevano in piedi sulla testa, e quando aprì gli occhi si accorse che erano uguali ai suoi. Si sentì invaso da qualcosa, un sentimento nuovo, che non aveva mai provato. Quella era sua figlia, la sua erede.
«Maddalena» sussurrò solo, guardandola piangere.
Un piccolo raggio di sole bucò le nubi e le illuminò il viso.

 

```


Girolamo,
Ho saputo della morte della giovane Alessia: ti porgo le mie più sincere condoglianze.
Tuttavia, ho saputo anche che hai deciso di riconoscere la bambina da lei nata, oltre che affidarle un nome che non condivido. Per questo motivo, vorrei che tornassi a Roma al più presto: temo di dover parlare con te della tua discendenza.
Dio veglierà sull'anima di quella ragazza.

Papa Sisto IV

~
Girolamo accartocciò la lettera, dopo che l'ebbe letta diverse volte. Aveva scritto alla madre di Alessia, che si era precipitata ed era arrivata giusto in tempo quella mattina per il funerale della figlia. Non aveva pensato al fatto che la notizia sarebbe trapelata. In effetti, Alessandra non lasciava mai Roma, quindi vederla recarsi a Firenze in tutta fretta doveva aver contribuito alla diffusione della notizia.
Ripiegò nel migliore dei modi la lettera stropicciata e si sedette sul letto. Quello stesso letto dove pochi giorni prima lui e Alessia avevano dormito per l'ultima volta.
Maddalena riposava in una culla che Leonardo aveva costruito personalmente. Stava mangiando la coperta: Girolamo aveva tentato di toglierla dalla bocca della piccola, ma ogni volta ella si svegliava piangendo. Alla fine, il Conte aveva rinunciato.
Doveva schiarirsi le idee e pensare alla risposta che avrebbe dato a Sisto. Perché lui non sarebbe tornato a Roma, non ancora.
Uscì dalla stanza senza far rumore e scese nello studio dell'artista. Leonardo alzò lo sguardo dal suo lavoro quando lo vide.
«Dove state andando?» chiese egli. Girolamo notò che teneva nella mancina un carboncino: disegnava spesso, negli ultimi giorni - o meglio, più spesso del solito.
«Ho bisogno di chiedervi di occuparvi di Maddalena per qualche ora.» disse Girolamo, evitando la domanda. Nemmeno lui, in realtà, sapeva dove andare.
«Vi fidate di me a tal punto?» Leonardo alzò il sopracciglio.
«In questo caso, si.» replicò il Conte prima di uscire.
L'avrebbe chiesto ad Alessandra, ma la donna era ancora sulla tomba della figlia. Non era mai stata una donna forte e la perdita di Alessia era stata un duro colpo.
Al funerale avevano presenziato anche Lorenzo e Giuliano. Era stata una cerimonia intima, privata: solo Girolamo, i due de' Medici, Leonardo, Alessandra, Zoroastro, Verrocchio e Nico. Vanessa avrebbe voluto essere presente, dopotutto conosceva anche lei la giovane, ma poi si era offerta di badare a Maddalena. C'erano molti gigli, il fiore che Alessia preferiva e il simbolo della sua città. Persino Sisto, insieme alla lettera che era stata recapitata al Conte, aveva mandato quei fiori. Alessia sapeva farsi amare da chiunque.
Girolamo evitò la chiesa dove si era svolto il funerale. Alessia sapeva farsi amare. Era una cosa che aveva detto persino il prete che aveva celebrato la funzione. Eppure, era stata uccisa. Perché? Riario non sapeva spiegarselo. Chi poteva odiarla tanto da volerla uccidere?
Ad un tratto, Girolamo alzò lo sguardo. Davanti a lui c'erano le alte mura di Firenze. Come ci era arrivato, non sapeva dirlo, ma pensò che dopotutto forse dall'alto avrebbe pensato meglio.
Si appoggiò alla pietra e osservò la vita di Firenze scorrere sotto di lui. Era strano, perché di solito non vedeva l'ora di tornare a Roma e questa volta voleva restare infrangendo gli ordini del Papa.
Forse fu quella la causa: i pensieri su Alessia, Roma e Firenze. Ma quella fu la prima volta che lo presero di sorpresa.
…E quando colpì il terreno divenne tutto buio.


 


E siamo arrivati alla conclusione.
Non pensavo sarebbe finita, lo ammetto. Anche se in realtà è appena cominciata. C'è ancora da scoprire il motivo dell'assassinio di Alessia, ma non si poteva fare qui.
In the Darkness è solo per Girolamo e Alessia.
Ora, veniamo alle cose importanti. Ci sono alcune persone che devo ringraziare:

Jess: grazie per essere stata la mia beta, per esserci in tutte le notti e per il sostegno; si, era decisamente destino.
HevGiulia e Agnè: siete fantasticamente pazze, in tutti i sensi, ed è per questo che vi voglio bene.
GenFlea: e vabbè, tu non c'è nemmeno bisogno che te lo dica il perchè; parte del mio nick è opera tua.
sassa e Alesherly: grazie per aver recensito tutti i capitoli.
Juliet96: e a te, grazie per aver recensito non appena hai potuto.
Riario1: e poi, grazie anche a te, la nuova arrivata.

Ora, spero solo che non mi uccidiate per questo capitolo *si nasconde dietro Jess*.

»Eagle«

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