Stuck in a prison of lies.

di drewingsx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** One. ***
Capitolo 2: *** Two. ***



Capitolo 1
*** One. ***


Stuck in a prison of lies. 



Puntai la pistola alle tempie del ragazzino davanti a me. 
«Dov'è la droga?» sussurrai al suo orecchio. Non rispose. Quello stronzo voleva farmi indiavolare, e beh, ci stava riuscendo benissimo. «Allora?! Vuoi che prema il grilletto e ponga fine alla tua inutile esistenza?!» alzai il tono di voce e contemporaneamente strinsi la pistola più forte. 
«È in un cassetto in camera mia» sussurrò il marmocchio con la voce tremante e le lacrime agli occhi. Quasi quasi mi sentii in colpa per averlo fatto spaventare così tanto, ma dovevo farlo se volevo sopravvivere.
«Jason, tienilo fermo mentre vado in quella stanza». Con questo salii le scale ed aprii la porta di quella che presumevo fosse la camera del ragazzino. Rovistai fra tutti i cassetti e, dopo qualche minuto di ricerca, riuscii a trovare una bustina che conteneva quella sostanza bianca tanto desiderata. Scesi di nuovo giù e trovai Jason che mi aspettava. Gli porsi il sacchetto e ripresi la mia pistola puntandola sul torace del ragazzino. Un colpo e sarebbe morto. 
«Evelyn, cosa stai facendo?» mi chiese Jason confuso. Nel suo tono di voce c'era anche un po' di paura.
Mi girai ed abbassai la pistola. 
«Non ti sembra ovvio?» risposi in modo sarcastico. 
«Non puoi ucciderlo, il capo andrà su tutte le furie! Conosci le regole della gang». Mi guardò negli occhi cercando di farmi cambiare idea, ma non ce l'avrebbe fatta.
«Beh, non me ne importa nulla. E se il marmocchio spifferasse tutto alla polizia? Metterebbe a rischio tutta la gang. Vi sto solo facendo un favore, dovresti ringraziarmi».
«N-n-non dirò niente alla polizia, abbi pietà di me». Mi girai verso il ragazzo che  aveva parlato. La sua voce era rotta dal pianto, il suo viso era coperto di lacrime. Voleva farmi pena, voleva che mostrassi il mio cuore e che lo salvassi. Nessuno ci era mai riuscito e nemmeno lui lo aveva fatto. 
«Zitto». Il mio sguardo divenne cupo. Impugnai la pistola e gliela puntai al cuore. «Dì una preghiera per me, perché ne avrò bisogno» e con questo sparai un colpo secco. Sarebbe morto dissanguato in poco tempo. Il sangue mi disgustava, quindi mi voltai per non assistere alla scena. 
«Andiamocene prima che qualcuno si accorga di noi» dissi a Jason, che non esitò ad uscire dalla casa e a salire in auto, come feci anch'io. Infilò le chiavi nel nottolino e partimmo. 
 
Mi rilassai sul sedile ed accesi una sigaretta. Pensando all'azione che avevo compiuto poco fa, mi venne un brivido alla schiena, nonostante ci fossero ventitré gradi. 
Era solo un ragazzino di quindici anni che era rimasto orfano. Nella mia mente cominciarono a prevalere i sensi di colpa.
No, no Evelyn. Tu sei crudele, non provi pietà per nessuno. Hai fatto bene ad ucciderlo, avevi le tue buone ragioni. Cosa sarebbe successo se ci avesse messo nei guai? 
Una parte di me cercava di convincermi di aver fatto bene. Ma io ero davvero sicura che fosse così? Insomma, aveva promesso che non avrebbe detto niente.
Basta, Evelyn. Non hai tempo per i tuoi sensi di colpa. Lo sai. 
Anche il capo ti darà ragione. 
Era vero. Il 'capo' era spietato, freddo ed intelligente. In una situazione come questa avrebbe agito allo stesso modo. 
Eppure, perché mi sentivo così colpevole? 
 
«Siamo arrivati». La voce di Jason interruppe i miei pensieri. 
Scesi dall'auto e mi diressi verso la casa del 'capo', dove ci riunivamo per discutere dei nostri piani d'attacco. 
«Hey» dissi varcando la soglia di casa. 
«Hey Evelyn» risposero in coro David, Alex, Kevin e Michael, ovvero gli altri componenti principali della gang che stavano comodamente seduti in salotto.
Mi sedetti sul divano ed accesi una sigaretta, l'unica cosa avrebbe potuto farmi rilassare dopo aver commesso un omicidio. In quel momento vidi che Jason si stava dirigendo verso l'ufficio del 'capo'. Ero sicura che gli avrebbe spifferato tutto, quel bastardo. Avrei dovuto uccidere anche lui un giorno.
«Allora, avete preso la cocaina?» chiese Michael distraendomi dai miei pensieri. 
«Ovvio, mantengo sempre la mia parola, lo sai». Sorrisi. 
«L'hai ucciso, vero?» 
Sbarrai gli occhi: come faceva a saperlo? 
Era come se Michael mi avesse letto nel pensiero, perché subito dopo aggiunse:«Hai delle macchie di sangue qua e là, e non hai ferite». 
Diamine, il suo intuito era eccezionale. 
«Sì, gli ho sparato, ma se non l'avessi fatto quello stronzo ci avrebbe cacciati in grossi guai, quindi ho fatto la cosa giusta». Più che convincere Michael, cercai di convincere me stessa. Mi sentivo ancora tremendamente in colpa.
Michael annuì ed accese una canna, seguito poi anche da Kevin. 
Calò su di noi il silenzio finché Jason non irruppe nel salotto. 
«Il 'capo' vuole vederti» disse rivolgendosi a me. Sapevo già cosa voleva dirmi. Se Jason avesse tenuto la bocca chiusa avrei potuto risparmiarmi un altro casino, ma no, tutta la mia vita era un casino. Quel bastardo mi aveva fatto imbestialire. 
Mi alzai e mi diressi verso il suo ufficio. 
Aprii la porta ed entrai bruscamente.
 
«Cosa cazzo vuoi?» andai subito al sodo. Non ero il tipo di persona che si perdeva in chiacchiere. 
«Senti ragazzina, non rivolgerti a me così» disse alzandosi dalla sedia e piombando davanti a me, così vicino da poter sentire il suo respiro. 
«E come dovrei farlo, Josh?» sottolineai con la voce la parola 'Josh'. Odiava essere chiamato per nome. 
Prese dalle sue tasche un coltellino, e me lo puntò alla gola. «Stai attenta a quel che dici, non ho paura di usarlo».
«Non lo faresti» ammisi con un tono di sfida. Lo guardai negli occhi, quegli occhi azzurri, freddi ed impenetrabili.  
«Hai ragione, non lo farò perché mi servi per un piano.» In quel momento si allontò e si sedette alla sua scrivania. Fece un cenno con il capo come per dire di sedermi davanti a lui, e così feci. 
«Ma io... Io pensavo che mi avessi chiamata qui per l'omicidio del figlio dei Ross» il mio tono di voce era confuso. 
«No, fossi stato in te avrei fatto la stessa cosa. È solo un moccioso con la lingua lunga.» disse sorridendo. 
Feci un sospiro di sollievo. 
«Allora, quale piano?» chiesi. 
Fece un mezzo sorriso e prese fiato per cominciare il suo discorso.
«Ormai ti conosco da molto tempo e ho capito che sai fingere benissimo»
Annuii facendogli capire che doveva continuare.
«Questa dote ti sarà molto utile per il piano. Come ben sai, i Blue Kings hanno un magazzino pieno zeppo di droga. Sai quanti soldi faremmo se riuscissimmo a derubarli?» 
Sorrisi all'idea. L'unica cosa che mi piaceva dello stare in una gang era che si guadagnava bene. 
«L'unico problema è che non riusciamo a trovare questo magazzino. Sono ormai due anni che lo stiamo cercando, senza risultati. Ho pensato, quindi, ti farti infiltrare nella scuola del capo, Justin Bieber. Lui controlla tutto e tutti. Fallo innamorare, fa in modo che si fidi di te. E una volta che ti avrà svelato dove si trova il luogo, lo rapineremo e torneremo alla vita di prima.». Concluse il discorso sorridendo, fiero della sua idea. 
Sgranai gli occhi sentendo quelle parole. Farlo 'innamorare'? Cosa ne sapevo io, dell'amore? Nei miei miseri diciotto anni non avevo mai provato quella sensazione per nessun ragazzo. Come potevo fingere un sentimento che non avevo mai vissuto sulla mia pelle? Sapevo fingere l'odio, la rabbia, la tristezza. In fondo, io provavo solo quelle emozioni, quindi non mi era molto difficile farlo. Ero solo una persona fredda che aveva chiuso il suo cuore molto, anzi moltissimo, tempo fa. 
Era tutto così strano, così confuso. Nella mia mente c'era il caos totale. Come potevo fare in modo che si fidasse di me? Justin, il capo di una delle gang più pericolose di Stratford, che si fida di una come me? Da tempo giravano molti pettegolezzi sul suo conto, fra cui anche presunti omicidi. Era un ragazzo spietato, se avesse scoperto la verità, mi avrebbe uccisa.
 Non potevo farlo, mi sarei messa soltanto in grandi casini, e nella mia vita ce n'erano già abbastanza. 
«Non farò una stronzata del genere» dissi a voce bassa.
Abbassai la testa per non guardarlo negli occhi, conoscendo già la sua reazione.
«Cosa?!» Quasi quasi non cadde dalla sedia per lo shock.
«Ho detto che non farò questa stronzata. Rimboccatevi le maniche e trovate il magazzino. Io non voglio giocare con un moccioso di diciotto anni». Detto questo mi alzai dalla sedia e feci per uscire, quando Josh mi chiese di aspettare.
«Io non farei mai del male a te, ma posso farlo ad una persona molto importante nella tua vita». Il suo tono di voce era cupo e basso.
Sgranai gli occhi. Il mio cuore perse un battito, sapevo a chi si riferiva. 
«Non toccare mia sorella!» quasi urlai. 
Non doveva farle del male, lei era tutta la mia famiglia. Dopo la morte dei nostri genitori, l'avevo cresciuta io. Avevamo un legame speciale, e lei era l'unica persona che volessi bene. Non poteva e non doveva toccarla. 
«Sai che potrei benissimo farlo. A meno che tu non accetti il mio piano.»
Sapeva come ricattarmi, conosceva il mio punto debole. 
Restammo in silenzio per qualche minuto, e ne approfittai per pensare. Conoscevo bene il mio capo, era un ragazzo di parola, se avesse detto che avrebbe ucciso qualcuno, beh, l'avrebbe fatto. Solo al pensiero di Josh che puntava una pistola al cuore di mia sorella, rabbrividii. 
«Allora?» interruppe i miei pensieri. 
Feci un sospiro. Non potevo rifiutare. 
«A-a-a-accetto il tuo piano» balbettai. 
Quanto mi pentii di quelle parole, ma non avevo scelta. Non potevo mettere a rischio la vita di mia sorella.
Sorrise compiaciuto. 
Ero incastrata ora.
Uscii dalla stanza e mi recai in giardino, dove mi sedetti sul prato accendendo una sigaretta.
In che guaio mi ero cacciata? 






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My space
Salve people! 
Mhm.. Non so da dove iniziare (?)
Beh, comincio col dire che questa è la mia prima fanfiction, mi era venuta un'idea e la mia amica mi ha convinto a pubblicare questa storia. Il capitolo è un po'  (un po', azz) chilometrico, ma d'altro canto mi rispecchia, perché amo leggere i capitoli chilometrici. 
Spero che siate clementi con me lol
Mi auguro che piaccia anche a qualcuno e che ci sia qualche anima pia (uhuh la rima) che mi lasci una recensione. 
A presto bitchez. 


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Capitolo 2
*** Two. ***


Stuck in a prison of lies. 

Mi svegliai in preda ad un attacco di panico. Il mio respiro era affannato, sentivo il cuore che stava per scoppiare. 
Calma Evelyn, calma. 
Sussurai a me a stessa. 
Il mio cuore sembrava essersi tranquillizzato un po', aveva ripreso un ritmo abbastanza regolare. Tutto ciò era dovuto ad un incubo orribile, il terzo di quella notte così tempestosa. Come se non bastasse, fuori c'era un temporale fortissimo. Riuscivo a sentire le gocce di pioggia che battevano sul tetto, i tuoni e vedevo i lampi. I temporali non mi erano mai piaciuti, anzi, mi terrorizzavano. Il rumore assordante della piogga che scrosciava si fuse con quello del mio cuore, che aveva perso il suo ritmo ed ora batteva fortissimo. Il tutto mi dava una sensazione di inquietudine e di paura, a cui si aggiunse anche il terrore dei tuoni. Ecco perché odiavo i temporali.
Cercai di calmarmi, rimettendomi a dormire. Un gesto inutile: quella notte non era fatta per riposare. Mi alzai dal letto, andando in bagno. Mi sciacquai la faccia e osservai il mio riflesso nello specchio: il mio viso sembrava così sciupato in confronto alla mia età. I capelli lunghi erano spenti e disordinati. Le labbra erano secche e c'era qualche spaccatura. Due occhiaie orribili contornavano i miei occhi castani a causa del poco sonno. Li avevo sempre odiati: quel colore così cupo che non trasmetteva nulla, avrei volentieri fatto a cambio con degli occhi azzurri o verdi. Purtroppo era impossibile: ero nata così e dovevo accettarlo. 
Uscii dal bagno e tornai a letto, sedendomi sul bordo e prendendo il telecomando. Mi soffermai ad osservare il panorama dalla mia finestra: la pioggia non aveva intenzione di cessare, e mi avrebbe tenuta sveglia tutta la notte. Non potevo riposare, ma almeno avrei potuto guardare qualcosa in TV. 
Dopo aver fatto un po' di zapping, mi soffermai su un canale che sembrava trasmettere un bel film. 
«Sposami, e ti prometto che ti amerò per sempre. Sarò al tuo fianco, in ogni momento. Ci sosterremo a vicenda». 
Queste erano le parole che recitava il protagonista. Cambiai canale dopo aver sentito questa battuta. 
Odiavo i film sdolcinati, erano così distanti dalla realtà. Non riuscivo proprio a capire perché tutte le ragazze della mia età li amassero così tanto. Credevano che un giorno avrebbero trovato il tanto amato 'principe azzurro'? Cazzate. Pensavano che avrebbe trovato quel ragazzo che le avrebbe trattate bene, 'amate', ma la realtà era un'altra. Le persone ti usano e quando si stancano di te, ti gettano via, come un giocattolo. Era questa la dura verità e ormai ci avevo fatto l'abitudine. Facevo anche io lo stesso gioco, era una sorta di difesa per il mondo esterno. 
'Per sempre'? Un'altra stronzata. Niente dura per sempre. Quando ti affezioni ad una persona, se ne va. Ti lascia lì, con il cuore a pezzi, e non puoi fare più niente se non affogare nelle tue lacrime. Perché quando una cosa si rompe, è impossibile che ritorni la stessa. Ad una prima occhiata potrà avere lo stesso aspetto, ma osservandola meglio potrai notare tutte le crepe, che non andranno mai via, lasciando un segno indelebile. Questi erano i principali motivi per cui non volevo 'innamorarmi'. Tutte le persone ti avrebbero fatto del male prima o poi, e nella mia vita avevo già sofferto abbastanza. 
La verità è che hai paura dell'amore
Non è vero. Non ho paura di niente.
Invece sì. 
Ti sbagli di grosso. Non ho paura, è solo che mi tengo alla larga da queste cose.
E che mi dici di Chris?
Chris era solo una cotta, non c'entrava nulla con l'amore.
Non la pensavi così due anni fa. 
Stai zitta. 
Mi ritrovavo anche a parlare con la mia coscienza, stavo diventando pazza. 
Ripresi il telecomando e cambiai di nuovo il canale. Finalmente riuscii a trovare un film decente, almeno al primo impatto sembrava così. 
«Sei solo uno stronzo», la ragazza si voltò per andarsene. 
«Non sei una conquista facile. Mi piaci» rispose l'altro protagonista. 
Chissà che tipo di ragazze piacevano a Justin. Magari se l'avessi scoperto il mio compito sarebbe stato molto più facile e me lo sarei tolta dalle calcagne in un battibaleno. Avrei potuto fingere di essere quel tipo di persona e sarebbe caduto subito ai miei piedi. Poi l'avrei usato e l'avrei abbandonato. Lui, il capo di una delle gang più pericolose di Stratford, avrebbe mai potuto innamorarsi di una ragazza smidollata, dolce, fuori dal mondo? Quelle che nel cervello hanno solo immagini di unicorni rosa? Che pensavano che tutto fosse facile? O gli piacevano le tipe toste e senza cuore come me? 
Certo, le apparenze ingannano, ma in quel momento optai di più per la seconda scelta. 
Non avrei dovuto fingere molto, in quel caso. 
Pensando a Justin, sorse in me la preoccupazione che potesse riconoscermi, dato che ci eravamo visti una volta. I ricordi di quel giorno non erano molto chiari, visto che era passato molto tempo, ma sapevo per certo che ci incontrammo quando avevamo entrambi quindici anni. I Blue Kings e la mia gang, i Lions, si scontrarono in una campagna. Ci fu anche una sparatoria, ma per fortuna nessuno rimase ferito. Ricordavo bene il viso di Justin: i suoi lineamenti erano ancora un po' infantili, aveva degli occhi castani con dei riflessi dorati e le sue labbra erano carnose. Il suo corpo, invece, era abbastanza magro. Era una persona astuta, intelligente. Mi chiedevo se ora fosse cambiato, se fosse diventato più figo. Almeno ci avrei ricavato qualcosa. 
Scacciai dalla mia mente quei pensieri e ritornai a guardare il film, mentre in me cresceva la consapevolezza che fra pochi giorni mi sarei immersa in una situazione più grande di me. 
 
Tre giorni dopo 
Erano le otto del mattino quando uscii di casa. Josh mi aveva chiesto di passare da lui prima di andare a scuola, e di certo non potevo rifiutare. Andai a piedi, tanto non distava molto. La strada era deserta e la cosa non mi dispiaceva più di tanto. Eravamo solo io e i miei pensieri, che non erano affatto positivi. Non riuscivo ancora a credere a quello che stavo per fare: mi stavo mettendo in grossi guai, e nel peggiore dei casi ci avrei rimesso la pelle. Dovetti smettere di pensare, perché giunsi davanti alla casa di Josh. 
Appena entrai fui accolta da un silenzio tombale. I ragazzi non erano ancora arrivati, quindi in quella casa c'eravamo solo io e lui. Mi diressi verso la stanza in cui ero più che certa che l'avrei trovato: era lì, seduto nel suo ufficio. 
«Permesso» sussurai aprendo la porta. 
«Vieni pure» fece un mezzo sorriso. 
«Oggi è il grande giorno», nel mio tono di voce c'era un po' di tristezza.
«Evelyn, stai calma. L'hai fatto mille volte, ricordi? Supererai anche questa. Lo stai facendo per la gang» cercò di rassicurarmi guardandomi negli occhi. 
«Il problema è che Justin è pericoloso, se scoprisse la verità non si farebbe scrupoli ad uccidermi» sputai la verità che mi tormentava da giorni. 
«Hey, se mai provasse a toccarti, gli spaccherò la faccia, okay?» mi sorrise e si avvicinò a me, aspettando una risposta.
«Okay», non lasciai trasparire la mia preoccupazione.
«Ti accompagno io a scuola, ti vengo anche a prendere. Se riesci a scoprire qualcosa, non esitare a mandarmi un sms. Qualsiasi cosa.» 
Annuii in silenzio. L'ansia mi stava divorando. Avevo sempre avuto un grande controllo delle mie emozioni, ma in quel caso non riuscii proprio a calmarmi.
«Sono le otto e un quarto, muoviamoci!» 
La voce di Josh mi riportò alla realtà. Raccolsi il mio zaino da terra e insieme ci incamminammo verso la sua auto. Appena partimmo non potei fare a meno di immergermi nei miei pensieri, come al solito. Stavo per fare una grande cazzata, e lo sapevo. Ma dovevo farlo per mia sorella: lei non doveva essere tirata in ballo in questa situazione. Doveva continuare la sua vita tranquilla a Toronto, nessuno l'avrebbe dovuta sfiorarare. 
Guardai fuori dal finestrino e mi accorsi che ormai eravammo quasi giunti a destinazione. 
La macchina si fermò, e così fece il mio cuore per qualche secondo. 
Sembrava che Josh l'avesse capito, perché disse: «Non farti prendere dall'ansia, andrà tutto bene». Feci un respiro profondo ed uscii dalla vettura, seguita poi dal ragazzo al mio fianco. 
«Ricordati: decisa, fredda, finta.» Annuii in risposta, avrei dovuto essere così: la freddezza mi aveva sempre aiutato a controllare le emozioni, sarebbe stata utile anche in quel caso. 
Feci un cenno con la mano in segno di saluto e m'incamminai verso la scuola. 
Nel giardino c'erano un sacco di ragazzi nonostante la campanella fosse già suonata. Sembravano un po' confusi nel vedermi, forse non si aspettavano una nuova ragazza. Appena varcai la soglia dell'edificio, rimasi stupita di quel che vidi: era una scuola grandissima, curata, sembrava appena ristrutturata. La scuola in cui mi ero diplomata io era un tugurio, non poteva reggere il confronto. Mi diressi verso l'armadietto che mi era stato assegnato, il numero 157. Lo aprii e presi i libri di biologia, la materia che dovevo 'affrontare' alla prima ora. Josh era riuscito a scoprire l'orario di Justin e per questo il mio era uguale, anche se odiavo la metà di quelle materie. Attraversai il lungo corridoio ancora pieno di gente e mi fermai appena vidi la scritta:"Aula di Biologia". Feci un respiro profondo ed abbassai la maniglia. La classe era al completo e c'era il prof in piedi. 
«Buongiorno» dissi sottovoce. 
«Buongiorno» fu la risposta che ricevetti dall'insegnante. Si avvicinò a me e si presentò:«Sono il professore Charles Smith» e mi porse la mano, che io strinsi. «Ragazzi, lei è una nuova arrivata. Si chiama Evelyn Jones. Trattatela bene». Feci un mezzo sorriso e mi avviai verso l'ultimo banco. 
Non mi piaceva essere al centro dell'attenzione, mi faceva sentire in imbarazzo. Durante il tragitto, sentii qualcosa alla mia destra che mi ostacolava i piedi. Persi l'equilibrio ma non caddi, suscitando così la risata di tutti i miei compagni. Mi girai verso i banchi a destra e vidi una ragazza che rideva sotto i baffi, aveva un piede teso in avanti. Quella cagna mi aveva fatto lo sgambetto. Mi controllai dal sputarle in faccia ed andai verso l'ultimo banco. Se prima ero ansiosa, ora ero incazzata nera. Osservai meglio la stanza: alla mia destra c'era un banco vuoto, alla mia sinistra c'era un ragazzo con la testa abbassata. Morivo dalla voglia di vedere il suo viso, magari era Justin. Mi lesse nel pensiero, perché alzò il capo e si presentò: «Sono Justin Bieber, piacere». Sgranai gli occhi dallo stupore. I lineamenti del suo viso erano perfetti, i suoi occhi erano rimasti gli stessi: freddi, ma anche curiosi. Era cambiato tantissimo in questi anni. Mi porse la mano e la strinsi, dopo pochi secondi aggiunsi: «Piacere, Evelyn». Passai i seguenti dieci minuti in silenzio, finché il ragazzo davanti a me si girò. 
«Non far caso a Jessy, non è molto gentile». Mi sorrise. 
«L'ho capito. È una puttana». Il mio sguardo divenne cupo. 
Forse non controllai il mio tono di voce, perché dopo pochi secondi la ragazza che presumevo si chiamasse Jessy si girò e aggiunse: « Come mi hai chiamata, scusa?» 
La sua voce era così irritante che mi fece incazzare ancora di più. 
«Puttana. Vuoi lo spelling? P U T T A N A». Sentii il sangue ribollire dalla rabbia. 
«Signorina Jones, le sue capacità nello spelling sono eccellenti, ma è comunque in punizione» Rabbrividii al pensiero di passare altre due ore in detenzione. 
«Punizione per cosa? Per aver detto la verità? Guardate come è vestita. È una puttana.». Tutta la classe scoppiò in una sonora risata.
«Signorina, non mi costringa a farla sospendere!». Si voltò e ritornò alla sua cattedra. 
Mi zittii ed abbassai la testa. Era il primo giorno e già mi ero fatta punire. Perfetto. 
«Ehi, pss» 
Mi girai in direzione della voce. Era Justin.
«Sei una tipa tosta. Mi piaci.» Sorrise. 
E quel sorriso illuminò tutta la stanza. 

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My space
Ed eccoci qui con il secondo capitolo. Yeee.
Non mi piace molto, ma capitemi: fa caldo e il mio cervello si sta fondendo lentamente. 
Parlando del capitolo, finalmente Justin ed Evelyn si incontrano. *salta*
Cosa succederà dopo? MISTERO. Sinceramente non lo so nemmeno io, come dice Alessandro D'Avenia:"Scrivo per vedere come va a finire" ed è la stessa cosa per me. 
Boh, che altro dire. (?)
Spero che a qualcuno piaccia e che lasci qualche recensione. 
Di nuovo, siate clementi con me. lol
Vabbè, mi dileguo. Ciao bitchez. 
A presto. :) 
-e. 

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