Memorie di André Grandier

di I Fiori del Male
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I - Prima lettura. ***
Capitolo 2: *** Capitolo II - La terza pagina ***
Capitolo 3: *** Capitolo III - Il prezzo dell'amore ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV - Sulla tomba ***



Capitolo 1
*** Capitolo I - Prima lettura. ***


MEMORIE DI ANDRE GRANDIER
Capitolo I - prima lettura


Era già l’alba. Marie sospirò, constatando che aveva passato un’altra notte insonne. Era inutile chiedersi perché. Da quando André ed Oscar non c’erano più, per lei non aveva più senso nemmeno dormire. Si alzò faticosamente dal letto, reggendosi un fianco mentre i dolori dell’età la assalivano da tutte le parti, e si diresse in punta di piedi verso la camera di André. Non le fu facile attraversare la soglia di quella stanza, le diede l’impressione di disturbare il sonno di suo nipote, come se niente fosse accaduto e sia lui che Oscar si trovassero ancora li. L’unica cosa che la teneva ancorata al mondo della ragione era la vista del letto vuoto e privo di pieghe e della polvere che aveva ormai cominciato a ricoprire ciò che André in vita aveva posseduto e che, andandosene, aveva lasciato in quella stanza. Da un lato c’era un tavolo di legno, usato da André a mo’ di scrivania, anch’esso ingrigito dalla polvere, e su di esso era rimasta poggiata una pila di fogli, con accanto una piuma e una boccetta d’inchiostro. Accanto ai fogli una goccia d’inchiostro  era caduta dalla piuma e riluceva ancora un po’ nell’alba, dove non si era del tutto asciugata.  Era l’unica cosa viva nella stanza.

Come spesso accade quando qualcuno se ne va, Marie cominciò a farsi delle domande e si rese conto che per quanto fosse la sua unica parente rimasta c’erano cose che proprio non sapeva di suo nipote, segreti che crescendo si era tenuto dentro. Per esempio cosa mai aveva da scrivere tanto André, e dove aveva trovato il tempo, quando la sua intera vita era stata in compagnia di Oscar? Tese una mano verso i fogli, titubante mentre cominciava a pensare che non fosse giusto violare i segreti di André. E se poi avesse scoperto qualcosa che non voleva sapere e che gli avrebbe rovinato il ricordo che aveva del suo caro nipote? Faceva già abbastanza fatica a dormire ...

Li leggo o non li leggo?

Suo nipote tuttavia era un bravo ragazzo. Aveva dimostrato il suo valore in più di un’occasione, non aveva mai tradito i suoi amici e la sua famiglia e anche in battaglia, come le avevano detto poi, si era comportato con onore. Alla fine la curiosità prese il sopravvento e lei afferrò in fretta i fogli crepitanti per poi tornarsene nella sua stanza, sempre in punta di piedi.

Il sole era sorto nel frattempo, così dal suo letto Marie aveva la luce necessaria per leggere le parole di suo nipote. Le tremarono violentemente le mani mentre separava il primo foglio dagli altri, al pensiero che quando avrebbe letto le ultime pagine, avrebbe conosciuto quelle che per lei potevano essere le sole, ultime parole di André.

La prima pagina, Marie se ne rese conto subito, era scritta con una calligrafia meno matura, come se fosse risalisse a molto tempo prima, ed in effetti era così.

“Oscar oggi non ha voluto fare il bagno con me, non so perché. Mi ha detto che non voleva e si è chiusa in camera sua. È la prima volta che succede e così ho chiesto alla nonna. Lei mi ha detto che siamo troppo grandi per fare il bagno insieme, che da oggi ognuno avrà la sua stanza e mi è vietato entrare in quella di Oscar senza permesso. Ha detto anche che devo smettere di chiamarla solo Oscar perché io e lei non siamo uguali, quindi devo chiamarla madamigella Oscar. Solo che è strano ....”

Marie si ricordava bene di quel giorno. Oscar e André avevano all’incirca dodici anni. Fino ad allora avevano sempre fatto il bagno insieme nel lago, e questo perché non avevano la malizia necessaria per pensare che fosse sbagliato, ma la piccola Oscar cominciava a mostrarsi per quel che era veramente, a dispetto di ciò che suo padre voleva far credere: una ragazza, una bella ragazza che sarebbe senza dubbio diventata una splendida donna. In più era nobile, mentre André altri non era che il nipote della governante di palazzo Jarjayes. Anche il divieto di entrare in camera sua senza permesso rappresentava una delle prime barriere che era necessario lui imparasse a porre tra se e Oscar. Ricordava bene come entrambi avessero il vizio di fare incursione l’uno nella camera dell’altro quando si sentivano soli, di come non fosse possibile dar loro una pulita in santa pace perché se uno si stava lavando l’altro arrivava subito a distrarlo dal suo compito ... in quella casa, finché erano stati piccoli, erano regnate le risate e l’allegria.

“ la nonna mi ha detto anche un’altra cosa, e anche se è un po’ rompiscatole questa volta voglio farla contenta. Mi ha detto che da oggi in poi tutto quello che devo fare io è proteggere Oscar. Io voglio bene a Oscar, quindi devo obbedire se voglio continuare a giocare con lei, quindi da oggi proteggerò Oscar.”

Nel leggere quelle parole risolute a Marie venne da piangere. André era cresciuto con Oscar, erano stati sempre insieme, e quando quel giorno lei gli aveva detto che il suo compito era impedire che le fosse fatto del male, sapeva che molto probabilmente non ci sarebbe stato bisogno di fargli capire la necessità di quell’ordine, perché André, che sua nonna glielo dicesse o meno, aveva sempre fatto di tutto per rendere felice la sua amica e per proteggerla. A farla piangere era l’idea che André potesse essere morto proprio per svolgere quel compito, ed in effetti così era stato. La potenza delle parole, la loro capacità di influire sul destino erano impressionanti.

“ Oggi il papà di Oscar mi ha sgridato perché ho portato Oscar in giro quando avrebbe dovuto allenarsi alla spada con lui. Mi ha detto di stare al mio posto da oggi in poi. Che significa, al mio posto? Devo chiederlo alla nonna. Ha detto anche che devo imparare anche io a usare la spada e la pistola. Sono contento! Lo volevo da tanto tempo e poi mi servirà, se voglio proteggere Oscar dai cattivi. Quando l’ho detto a Oscar lei si è messa a ridere e mi ha detto che nessuno deve proteggerla perché lei non è una femminuccia. Ma non è vero, lei è una femmina. Forse non ancora lo sa, ma io si.”

Marie non ricordava che il generale Jarjayes avesse mai rivolto parole tanto aspre ad André quando lui era bambino. E nemmeno ricordava che suo nipote le avesse chiesto di quello “stare al suo posto”. Era una domanda importante che avrebbe dovuto ricordare, quindi probabilmente non era mai stata fatta. Perché? Forse che André alla fine, in qualche modo, avesse capito da solo?

“oggi, dopo quello che mi ha detto il papà di Oscar, sono andato in biblioteca a leggere per non disturbare Oscar che si stava allenando,  e ho capito. C’era un libro che parlava di Versailles, la reggia della famiglia reale di Francia. Diceva che a palazzo vivono i nobili, quelle famiglie che hanno tanti soldi, e ci sono i servitori, che fanno tutto quello che dicono i nobili e che devono stare al loro posto, non possono fare quello che vogliono loro,  proprio come me. Quindi io sono un servitore, e Oscar e il suo papà sono nobili, perché hanno tanti soldi e vivono in una bella casa, giusto? Perché io non ho tanti soldi come loro?”
 
Ecco perché non aveva mai fatto quella domanda. Aveva scoperto, in un modo freddo e brutale, di essere diverso da Oscar, di avere delle regole da rispettare, insomma, di dover stare al suo posto. Quanto le dispiaceva, di non avergli potuto dire subito, anche al costo di illuderlo, che avendo solo dodici anni poteva ancora permettersi di sgarrare ogni tanto, di continuare ad essere un po’ bambino,  di vivere sereno, perché solo verso i quindici o sedici anni avrebbe dovuto cominciare a preoccuparsi... e forse sarebbe cresciuto meno in fretta, ma lei aveva presto imparato che crescere presto era il destino di chi restava a casa Jarjayes. Lo aveva visto in Oscar che, alla stessa età di André, era più uomo e più capace di lui e aveva già imparato tante lezioni di vita dal padre, sempre molto severo con lei.

Un’altra pagina, qualche anno dopo.

“ Oscar è entrata a far parte delle guardie reali. Sono preoccupato per lei, sta prendendo troppo sul serio il suo compito e poi a che diavolo pensa il generale Jarjayes? Oscar è una ragazza, a quell’età non dovrebbe far altro che girare per le case di nobili e frequentare i balli organizzati dalle famiglie più in vista, indossando magnifici vestiti e gioielli meravigliosi ... e invece stamattina scende dalle scale e me la ritrovo davanti in divisa! Che assurdità. Dovrei andare io al suo posto ... ah, già, non sono altro che il suo attendente adesso. In più cosa la aspetta, proprio oggi? Dovrà scortare la principessa Maria Antonietta d’Austria, futura regina di Francia, a Versailles. Potrebbero cercare di attaccarla e chissà come se la caverà! Non voglio pensarci ....”

Ah, il suo amato nipote, sempre preoccupato per Oscar, mai per se stesso.

 
“ alla fine è tornata a casa sana e salva. Non so che mi stia succedendo. Quando l’ho vista tornare a cavallo era diversa da quando era uscita stamattina .... non so. Negli occhi ha una forza nuova, e non ricordo che i suoi capelli abbiano mai brillato tanto alla luce del sole. Ci ho pensato, ho pensato molto a quello che ho visto, e ne ho tratto una conclusione che mi spaventa: credo di essermi innamorato di lei.”
 
                                                                                                                                                                * * * * * * * * *
 
Marie non sapeva per quanto sarebbe riuscita ad andare avanti a leggere, dopo quell’ultima frase. Come aveva potuto non capire nulla e comprendere solo all’ultimo,  come aveva potuto essere così cieca? Forse perché André, passati i quindici anni, era diventato più riservato, come sempre accade ai ragazzi. Non le rivelava più molto di se.

Sussultò quando udì i passi del generale in corridoio, si era completamente dimenticata di lui quella mattina e a quell’ora se ne stava ancora in camicia da notte sul letto, senza nemmeno avergli preparato la colazione! Lasciò i fogli sul letto sfatto e si vestì in fretta, per poi raggiungere il generale nel salone.

“cosa vuole per colazione questa mattina, generale?”

“oh, Marie ... non ti avevo sentita arrivare ... ti ringrazio ma non mi occorre nulla. Anzi, se vuoi per oggi puoi proprio riposare. Io me ne starò qui.” Le rispose, la voce quasi meccanica, svuotata di ogni emozione ormai da diversi giorni. Non si era nemmeno voltato a guardarla, se ne stava seduto al posto che un tempo Oscar usava occupare tutte le mattine, come se replicando quel gesto potesse farla rivivere, ma ovviamente si trattava solo di una suggestione che lo aiutava ad andare avanti. Mentre se ne tornava verso la sua stanza, lo udì parlare da solo, anche se in realtà era con sua figlia, che parlava.

“sai, Oscar, forse potresti sposare André, alla fine ... è un bravo ragazzo, non mi interessa più se non è nobile. Mi interessa solo che tu sia felice. Sposalo, davvero, ma rimanete qui con me, per favore. La casa è grande e io sto invecchiando, Oscar, non voglio restare solo... che ne dici?”

Marie si bloccò lì in mezzo al corridoio, mentre la voce del generale si faceva sempre più lamentosa man mano che egli cedeva alle lacrime. Anche lei piangeva adesso.

“sono felice, Oscar. Adesso chiamami André, ovviamente devo parlare con lui ... mentre vai di a Marie di portare una bottiglia di vino e due calici, d’accordo?”

Il generale stava vivendo ciò che credeva più giusto, ciò che non aveva concesso a sua figlia di vivere. Si sentiva in colpa perché sapeva che non concedendole di sposare André li aveva lui stesso gettati entrambi su quelle strade dove poi erano morti, perché se Oscar si fosse sposata, di certo avrebbe interrotto il servizio militare. Marie, per quanto fosse una donna di buona fede, proprio non riusciva a pensarla diversamente. Per lei il generale non aveva fatto altro che compiere un errore dopo l’altro, nella vita di sua figlia, e ne era ancor più convinta adesso che aveva cominciato a leggere le memorie del suo nipote innamorato. Decise di tornare nella sua stanza e continuare a leggere. Era l’unica cosa che poteva fare per rimarcare il fatto che quei due bellissimi giovani erano esistiti nella loro casa e in quella vita. Non era giusto che la loro storia finisse nel dimenticatoio. Era giunto il momento di esplorare quel capitolo della vita di André che per lei era sempre stato un buco nero, e lo avrebbe fatto in suo nome, utilizzando i mezzi che lui stesso le aveva lasciato. 


*spazio autore* Ciao! Questa è la mia prima Long fic su Lady Oscar, spero di essere riuscita a rendere bene, in questo primo capitolo, tutti i sentimenti che accompagnano la vita di Marie Grandier e del generale Jarjayes dopo la morte di Oscar e André. ... c'è solo un modo per farmi sapere la vostra opinione perciò ... recensitee ;) sarò contenta di ricevere i vostri consigli :)

Un bacio

Taiga chan <3 

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Capitolo 2
*** Capitolo II - La terza pagina ***


MEMORIE DI ANDRE GRANDIER
Capitolo II – La terza pagina

 
Prima di ricominciare a leggere, per un attimo Marie si abbandonò sul letto, i fogli accanto a se, ascoltando i lamenti del generale che riusciva ad udire con chiarezza malgrado egli si trovasse dall’altra parte della grande casa. Quando sentì di non essere più in grado di ascoltarlo, scostò i primi due fogli, già letti, passando alla terza pagina.

“ultimamente l’attenzione di Oscar è tutta concentrata su Maria Antonietta. Credo non si sia ancora accorta di quanto spesso ne parla. È una cosa cui non sono abituato, vedere i suoi occhi accendersi d’affetto quando parla di qualcuno, ma è quello che le succede quando parla della futura regina. Devo ammettere che questo mi da sollievo perché la rende un po’ più umana. È difficile credere che Oscar provi delle emozioni, perché è perfettamente in grado di nasconderle, ma c’è qualcos’altro che mi disturba, in questi giorni. È arrivato in Francia un uomo di nome Hans Axel di Fersen, un conte. Non dovrebbe avere niente a che fare con me, se non fosse che parla amichevolmente con Oscar tutti i giorni facendomi torcere le viscere ogni volta che li vedo insieme. È una cosa che proprio non sopporto.. Finora io sono stato l’unico cui Oscar rivolgesse più di un semplice saluto e uno scambio di opinioni e invece adesso ...”

Marie ricordava bene il conte di Fersen, un giovane senza dubbio affascinante. André si era sempre mostrato amichevole con lui ed ecco che viene fuori che non lo sopportava. Anzi, era addirittura geloso di lui. Marie tuttavia, pur non essendo riuscita a comprendere suo nipote, qualcosa l’aveva capita: il conte di Fersen non aveva alcun interesse al di fuori dell’amicizia per far visita ad Oscar, e questo perché non aveva imparato a conoscerla come una donna, avendo da poco scoperto che lo era. Certe cose, se si prestava la dovuta attenzione, si percepivano chiaramente. Fersen si comportava con Oscar proprio come fosse in presenza del generale, senza alcuna finzione.

Perdendosi in quei pensieri Marie finì per chiedersi di nuovo perché non avesse prestato la stessa attenzione con André, cui voleva bene più che a se stessa, e alla fine capì: nel suo mondo, che si era costruito nello spazio di anni nella grande casa Jarjayes, Oscar e André erano amici d’infanzia, lei nobile, lui figlio del popolo e suo futuro attendente, una semplice compagnia maschile posta al fianco della bambina perché imparasse a vivere da uomo con più naturalezza. Questo, nella sua testa, era ben chiaro e nulla poteva cambiarlo, perciò che senso aveva pensarci troppo? Nessuno, così come non avrebbe dovuto averne per suo nipote, ma per lui era stato diverso, perché l’aveva saputa e vista donna fin da subito, e in fondo, si disse Marie, chi avrebbe potuto resistere a Oscar, che era così bella e intelligente e coraggiosa e mille altre meravigliose cose? Solo il conte di Fersen aveva potuto, e solo perché amava la regina di Francia, anch’essa bella e intelligente e coraggiosa e mille altre meravigliose cose, l’unica che, a suo parere, potesse eguagliare Oscar.

“ ... adesso è arrivato lui. In una settimana, è già passato diverse volte a casa, e lei sembra ogni volta più contenta di vederlo. Non vorrei che ... no, non  voglio nemmeno pensarci! Non puoi, Oscar ... che poi, che vorrebbe dire che non puoi? Ogni volta mi dimentico che non posso darti ordini ne pretenderti. So che se ci provassi ti perderei del tutto, perché tu sei così, vuoi essere libera, non sei abituata alle costrizioni cui sono tipicamente soggette le donne e questa è una delle tante cose che amo di te ... proprio tu che, nel tuo vivere da uomo, vivi in realtà una costrizione eterna ... che ironia! Lo so, non posso dirtelo, ma qui posso scrivere mille volte che ti amo, tanto non leggerai mai queste parole. E posso scriverti anche che non voglio vederti correre dietro al conte di Fersen, anche se ho il brutto presentimento che la tua corsa sia appena cominciata. Io conosco quello sguardo, Oscar. L’ho visto oggi e lo vedo da quando il conte ha cominciato a farti visita. Conosco quel modo in cui lo guardi, lo percepisco proprio perché non è mai accaduto prima, e giuro che vederlo ogni volta è come morire, mentre desidero che mi guardi così, perché sicuramente rinascerei.”

“oh, mio piccolo André ....” si lasciò sfuggire Marie con un gemito a quelle parole. Che destino infame gli era toccato allora! Vedere Oscar innamorarsi di Fersen, senza poter fare nulla per fermarla. Era sicura che avesse ragione, non perché se ne fosse resa conto lei stessa stavolta, ma perché André, quando si trattava di Oscar, non sbagliava mai. Un’altra prova di quanto lui ci tenesse, sfuggita a quei suoi occhi disattenti.

Poco più sotto André continuava, lasciando un po’ di spazio, come se avesse proseguito nei giorni successivi.

“ oggi Fersen è partito e io ho avuto la conferma che cercavo vedendo Oscar seduta alla finestra, intenta a scrutare distrattamente l’orizzonte, persa in pensieri che non mi sono più oscuri. Ha detto lei stessa al conte di partire, per il bene della regina che lui tanto ama, e io non mi spiego da dove abbia tirato fuori la forza necessaria. Le ho detto che di li a poco sarebbe partito, che forse avrebbe potuto fare in tempo a salutarlo, ma lei non ha battuto ciglio, cocciuta come sempre. Ho visto le sue lacrime, anche se come al solito non le ha tirate fuori, e mi sono sentito male al suo posto, perché ancora una volta non ho potuto fare niente per lei. Sono peggio che inutile, Oscar, mi dispiace. Se anche ti dicessi tutto non mi aspetterei nulla più di un rifiuto da te, e niente di più mi meriterei.”

Proprio quando ebbe finito di leggere quella pagina, udì di nuovo la voce del generale Jarjayes. Pareva quasi rispondere a ciò che André aveva scritto.

“sai André, mi dispiace di averti trattato male. Tu sei stato sempre vicino ad Oscar, sei con lei da quando era bambina, forse sei davvero l’unico meritevole di starle accanto ... sono davvero dispiaciuto di averti chiamato servo e non amico, di non averti mai ringraziato, di avere anche tentato di ucciderti pur di non vederti con mia figlia. Le mie sono parole sincere di un vecchio che per troppi anni ha visto sua figlia soffrire rinchiusa nella serietà di un’uniforme militare, invece di mostrare la sua bellezza e vivere una vita felice. André, ti prego, tu che puoi, falle vivere quella vita che le ho negato, fammi vedere la mia bambina in abito bianco prima che io lasci questo mondo ....”

Ancora una volta fece una pausa, come se stesse ascoltando una risposta, poi non disse più nulla, si limitò a piangere e bisbigliare mille volte grazie ad un André che, venuto da chissà quale mondo dell’ immaginazione, aveva accettato con gioia di sposare la sua amata Oscar.

Probabilmente il generale aveva conservato abbastanza senno da comprendere che Oscar a André non c’erano più, ma parlava loro come fossero ancora vivi, sperando che lo sentissero e lo perdonassero. Marie era convinta che, se in qualche modo fosse riuscito ad ottenere quel perdono, avrebbe poi chiuso gli occhi per sempre e li avrebbe raggiunti in quel mondo felice, dove sparivano le cose brutte della vita.


 

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Capitolo 3
*** Capitolo III - Il prezzo dell'amore ***


MEMORIE DI ANDRE GRANDIER
Capitolo III – il prezzo dell’amore.
 

“la piccola Rosalie rallegra questa casa con la sua sbadataggine ... proprio non sa cosa voglia dire maneggiare una spada, ne sa suonare il piano, nemmeno è in grado di leggere, ma è piacevole osservarne i progressi sotto la guida di Oscar. In questi momenti vedo come per certi versi somigli al padre. È anche lei autoritaria, e pretende molto da Rosalie. Quella ragazza però è molto più sveglia di quanto si possa immaginare, e l’ho capito solo oggi.
Oscar stava suonando il piano e io e Rosalie la ascoltavamo, rapiti entrambi, io certamente più di lei poiché avevo finito per andare oltre il suono di quei tasti. Non credevo si notasse tanto finché Rosalie si è voltata verso di me e mi ha detto: “la ami, non è vero?” a voce bassa, in modo che Oscar non potesse sentire. Ammetto di esserci rimasto di stucco. Cosa avrei potuto risponderle? Non le ho risposto e questo non ha fatto altro che confermare il suo presentimento. “resterà un segreto”, mi ha detto, poi ha ripreso ad ascoltare il piano.  Mi sono sentito un bambino colto a fare qualcosa di sbagliato, ma chissà perché sono felice in fondo che qualcuno l’abbia capito. E poi so per certo che Rosalie manterrà la parola e non dirà nulla a Oscar.”

“battuta da Rosalie ...” si disse Marie, sorridendo un po’ al ricordo di quella fanciulla. Era molto gentile e si offriva sempre di dare una mano in casa, cosa che lei non le aveva mai permesso. In fondo il suo obiettivo era entrare a Versailles e non ci sarebbe di certo riuscita se avesse continuato a fare le pulizie e cucinare e tutto quello che fino ad allora aveva fatto in casa sua. Questo le ripeteva ogni volta che si accorciava le maniche ed insisteva perché lei non facesse tutto da sola, ma spesso aveva vinto comunque e l’aveva aiutata, avendo cura che Oscar non lo venisse a sapere.

Ancora una volta, André aveva lasciato un po’ di spazio, ma la scrittura risultava più disordinata e spigolosa, come se avesse avuto fretta di riportare quelle parole su carta. Qua e la si vedeva addirittura qualche sbavatura, qualche piccola goccia ormai asciutta.

“Fersen è tornato ... è passato molto tempo, ma è di nuovo qui e negli occhi di Oscar è come se nulla fosse cambiato, anzi ... è arrivato da noi all’improvviso, mentre io e Oscar ci allenavamo alla pistola, e dio com’è cambiato il volto di lei alla sua vista! Gli è corso incontro, come ad un miraggio, con un sorriso smagliante e gli occhi brillanti come non li vedevo ormai da troppo tempo ... Oscar, perché mi fai questo? Guardami, comincio a desiderare che tu capisca, sto troppo male non so cosa potrei fare, andando avanti così. Ti prego leggi il mio volto, sono certo che non sa più nascondere quello che provo tanto è immenso. Smetti di farmi del male!”

Un altro spazio e la scrittura tornava ad essere ordinata.

oggi credo di aver visto un angelo scendere da quelle scale. È stata la prima volta in assoluto in cui ho visto Oscar vestita come una donna, una splendida, meravigliosa donna ... diretta ad un ballo. Mi fa male sapere il perché, cosa l’ha spinta a tentare di scoprire quel lato meraviglioso di se. È sempre lui, Fersen ... credo che andrò a bere qualcosa, tanto per togliermi di dosso un po’ di tristezza ...”

Già ... quella notte André era svanito nel nulla, non appena Oscar era uscita. Così, mentre lei pensava avesse accompagnato la ragazza al ballo lui era tornato in quella stanza, aveva scritto quelle parole e poi se n’era andato a bere in qualche squallido locale. Per la seconda volta, Marie abbandonò la sua camera, per compiere un altro viaggio.

Scostò appena la porta oltre la quale si trovava la stanza di Oscar, con cautela, poiché il mostro dei ricordi si celava li dietro. Entrò lentamente, guardandosi intorno in quell’ampio spazio inondato di sole, dove non v’era traccia apparente di Oscar. Era una camera molto meno personale di quella di André, ma si capiva che era di una donna perché, anche dopo tutto quel tempo, aveva un odore diverso.

Quello che lei cercava, si trovava dentro l’armadio. Lo aprì e lo trovò subito, in mezzo alle tante divise di ricambio e ai vestiti da uomo: l’abito bianco lungo che lei stessa aveva cucito e che Oscar aveva indossato al ballo di cui parlava André. Conservava intatto il suo splendore come non fosse stato toccato dal tempo, le rifiniture blu scintillavano al sole e il bianco era accecante. Sembrava l’attimo di luce in mezzo alla vita buia e dura di Oscar, rappresentava in effetti il momento in cui aveva smesso di credere di essere uomo, il momento in cui era rinata donna nel profondo e soprattutto quello in cui per un attimo non aveva combattuto la sua vera natura.

In quell’intreccio di trame, nelle cuciture e nei disegni, si celava un’intera storia d’amore e di femminilità. Marie si disse di aver fatto una cosa buona, cucendo quell’abito, non solo perché alla fine le era servito per andare ad un ballo, ma perché, anche se lei in quel momento non l’aveva percepito, nello stesso istante in cui si era guardata allo specchio Oscar aveva compreso ogni cosa.

Accarezzò per un po’ quel tessuto morbido con affetto, tentando di trasmettere in quel gesto tutta la tenerezza che era mancata a quella ragazza, morta prima ancora di poter esplorare la sua vera vita, e poi tornò nella sua stanza, dove le memorie di André attendevano di esser lette fino in fondo.

 
“Ieri notte sono stato ferito ad un occhio. È un dolore continuo quello che mi trafigge la testa sul lato sinistro, e devo tenere l’occhio bendato fin quando il medico non lo riterrà più necessario, o rischio di perdere la vista. Sono stato fortunato, se starò attento tornerà tutto come prima, e sono contento che non sia stata Oscar a correre un simile rischio. Questo mio sacrificio tuttavia non è servito a nulla, perché non abbiamo ancora preso il cavaliere nero. Temo che Oscar tenterà di trovarlo e catturarlo da sola .... ma non deve!  Non ce la farebbe, potrebbe morire e io la seguirei di certo. Un mondo, una vita senza lei non avrebbe valore, per me.”

Ancora un altro piccolo spazio ed ecco che André raccontava di come il suo presentimento fosse stato giusto e di come Oscar fosse mancata tre giorni, catturata dal cavaliere nero e rinchiusa in una cella. Come ben ricordava anche Marie, André si era tolto la benda all’occhio, si era travestito da cavaliere nero ed era andato a liberare Oscar. Insieme avevano poi catturato il cavaliere nero e lo avevano portato in casa, ma tutto questo ad André era costato caro ....

“ purtroppo ho perso la vista all’occhio sinistro, alla fine, perché mi sono tolto la benda ieri sera. Oscar e la nonna mi hanno rimproverato per tutto il giorno. Quando il medico ci ha dato la notizia la nonna ha pianto e Oscar è scappata fuori dalla stanza, non so perché .... dopo, quando è tornata, non ha fatto altro che fissarmi, senza dire una parola. A volte vorrei proprio sapere cosa le passa per la testa. Sarebbe l’unico modo per conoscerla . . . . .

Un altro giorno ancora, ed è quel giorno, quello in cui André, preso da un’indescrivibile furia per l’ostinazione di Oscar, di nuovo ostinata nel suo voler vivere da uomo, letteralmente la aggredisce, per poi fermarsi appena prima dell’irreparabile, in preda al panico, come risvegliatosi da una trance. Davanti a lui c’è Oscar donna, in tutto e per tutto donna, che trema dallo spavento e non può fare altro che chiedergli “cosa vuoi provare, André?” perché sa che qualunque cosa volesse fare potrebbe portarla fino in fondo, sa di essere una rosa e non un lillà, nemmeno André stavolta le ha impedito di soffrire, e adesso lei sa perché: anche lui sta soffrendo, soffre perché la ama e lei, fino a quella sera, non lo ha mai saputo.

“che Dio mi perdoni .....” sono le parole che chiudono quella triste pagina, messaggera del prezzo dell’amore.


Si, lo so, lo so, pubblico un capitolo dietro l'altro rovinando la suspance, ma non posso farci niente, è come se la storia stessa mi chiamasse e mi dicesse: vai avanti. Spero come sempre che vi piaccia :)

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Capitolo 4
*** Capitolo IV - Sulla tomba ***


MEMORIE DI ANDRE GRANDIER
Capitolo IV – Sulla tomba

 
Ringrazio tantissimo voi Miriade, Sb83, Tetide, Dalmata, Teschietta e 38kili, che avete letto e recensito la mia storia, e vi dedico questo, che è l’ultimo capitolo e, si spera, il migliore.

Un tempo il generale Jarjayes non l’avrebbe perdonata per aver preso la carrozza senza il suo permesso, ma oggi Marie non è affatto spaventata da questa probabilità. Pur avendo approfittato delle ore di riposo del generale per fare ciò che stava facendo, sapeva che se anche gli avesse chiesto di usare la carrozza lui, nelle condizioni in cui si trovava, non avrebbe battuto ciglio. D’altronde, gli acciacchi dell’età non le avrebbero permesso di arrivare ad Arrès in alcun altro modo.

Perché stava andando lì? Semplice, riteneva fosse giusto continuare a leggere quelle memorie presso il luogo dove si trovavano i protagonisti di quella storia eterna: Oscar e André, sepolti insieme nell’ennesimo dei luoghi della loro infanzia.

Le colline di Arrès, in quella giornata di primavera, erano in fiore. Gli alberi erano folti, tutto attorno a Marie parlava di vita anche lì dove si conservava la memoria di due giovani morti, come se in realtà il loro sacrificio stesse servendo a nutrire la terra che li aveva visti crescere. Un pensiero romantico che aiutava Marie a non soccombere di fronte alla vista di quell’unica lapide, posta sotto l’albero dove si arrampicavano da bambini, un albero di ciliegie che amavano saccheggiare tutte le primavere. Sulla fredda pietra era scritto ciò che erano stati, amici, compagni di battaglia e amanti di un amore breve ed intenso strappato loro via dalla rivoluzione, ma era scritto anche ciò che non erano stati, perché accanto al nome di Oscar era scritto il cognome Grandier.

Lì Marie lesse le pagine scritte da André quando era ormai diventato soldato della guardia, pagine che forse, anzi quasi sicuramente era stato Alain a riportare in casa Jarjayes.

“sono un soldato della guardia, ora. Lo sono perché Oscar è diventata comandante di questo reggimento e, anche se ha detto di non aver bisogno di me, so di essere l’unico in grado di proteggerla perché le sono stato posto affianco da bambino a questo scopo. Qui nessuno vuole che la mia Oscar prenda il comando, perché nessuno la conosce. Credono tutti che si tratti di una donnicciola, ignari del fatto che se decidesse di misurarsi con loro alla spada non ce ne sarebbe uno in grado di batterla. Fa quasi ridere, come situazione.

Fa un po’ meno ridere che qui tutti mi fissino. Devono aver capito fin da subito che conosco Oscar già da un bel po’, inoltre sono l’unico per ora a non oppormi ai suoi ordini, fatto che parla da se. Ma in fondo non sono venuto qui per fare amicizia, solo per starle accanto. . . . .

. . . . . oggi mi hanno preso a botte tutti insieme, hanno scoperto che sono l’attendente di Oscar e pensano che io sia un nobile venuto a giocare ai soldati, quando non sono affatto nobile e non ho alcuna intenzione di giocare. Quando si sono fermati è arrivato Alain, credo di aver detto qualcosa a proposito di Oscar e del tenente Girodelle, visto che poco prima era passata mia nonna a dirmi che aveva chiesto la mano di Oscar al generale, e io di certo non l’avevo presa bene. Credo di averlo fatto perché Alain si è messo a ridere e mi ha detto di aver capito tutto. Poi ho perso i sensi, non so cosa sia accaduto dopo . . . . .

Marie continuò a leggere imperterrita, ripercorrendo memorie di fatti a lei conosciuti e sconosciuti, accaduti presso le camerate della guardia o a casa o durante le pattuglie, pezzi della vita di André che ruotava costantemente attorno a quella di Oscar e di tutti i personaggi che negli anni si erano affacciati alla loro vita, cose che voi lettori già sapete, sentimenti che voi stessi avete vissuto con loro facendoli vostri pur provenendo da un’epoca lontana e in parte dimenticata. Man mano che le poche date scritte da André si avvicinavano inesorabilmente agli ultimi giorni, Marie sentiva il suo volto inondarsi sempre più di lacrime e la sua voce spezzarsi e affievolirsi, fin quando giunse alle ultime righe delle memorie di André, che si sforzò di leggere a voce alta e ferma, come a volerle fare arrivare a Oscar, come a volerle ricordare a suo nipote:

“ Oggi, e domani, e il giorno dopo ancora combattiamo insieme, Oscar. Combattiamo con tutte le nostre forze, così vinceremo e potremo vivere i giorni che restano chiamandoci marito e moglie, come sarebbe dovuto essere da sempre, come sarà per sempre.”

 
                                                                                                                                                                         * * * * * * * * * * *
 
                                                                                                                                                                                  EPILOGO

Marie rientrò in casa quando si stava ormai facendo buio, avendo cura che il generale, di nuovo seduto nel salone e intento a fissare il fuoco crepitante nel camino, non si accorgesse di nulla. Ripose i fogli in camera di suo nipote, proprio dove li aveva trovati, e prima di andare a coricarsi fece il giro della casa per controllare che in sua assenza tutto fosse rimasto al proprio posto. Fu così che si ritrovò in camera di Oscar, poiché si era resa conto di aver compiuto un’indelicatezza, lasciando la porta semiaperta. Vi entrò nuovamente e si perse nei suoi pensieri guardandosi attorno, proprio come aveva fatto quella stessa mattina, ma i suoi occhi notarono , stavolta, qualcosa di nuovo che le fece avere un tuffo al cuore:

C’era un foglio sulla scrivania di Oscar.

I polsi di Marie presero a tremare. Dentro di lei si fece strada per un attimo l’assurda idea che Oscar, sentendo le parole che lei aveva letto sulla sua tomba, fosse tornata e avesse lasciato un messaggio. Comunque fosse, Marie sentiva di dover leggere anche quel foglio, qualunque cosa vi fosse scritta.

La scrittura di Oscar era molto più elegante e disciplinata di quella di André, anche i termini utilizzati erano diversi e denotavano una cultura che suo nipote, pur leggendo spesso e niente affatto costretto, non possedeva perché non ne aveva bisogno.

La data risaliva a qualche giorno prima della rivoluzione, l’ultimo giorno in cui Oscar si era concessa di tornare a casa, l’ultimo giorno che lei e suo padre l’avevano vista viva.

“ Padre,

oggi che vi scrivo per la prima volta so che potrebbe essere l’ultima, poiché la rivoluzione avanza e poiché sono malata di tisi, cosa che voi non saprete fin quando non leggerete ciò che vi scrivo. Vi ringrazio per aver tentato di regalarmi la vita che mi spettava, così facendo mi avete aperto del tutto gli occhi, ma rendetevi conto che semmai riuscirò a sposarmi non sarà con altri che con André. Egli è l’unico che desidero al mio fianco, nulla importa che non sia nobile di casta, voi sapete che senza dubbio lo è d’animo e in un uomo non cerco altro. Sappiate che io non vi ho mai odiato per come avete scelto di educarmi, per la vita che mi avete imposto, poiché mi avete concesso privilegi che nessun’altra donna di Francia, nemmeno la regina, ha mai potuto vantare. Sappiate quindi anche che se cercate un perdono esso vi è già stato concesso, o meglio non è mai servito.

Marron,

Siete stata sempre gentile con me, non sarò mai in grado di ringraziarvi abbastanza per gli sforzi che fate nel mantenere ogni giorno la casa nel suo splendore e nel sopportarci, me mio padre ed André. Mi avete vista crescere e rimarrete nella mia mente sempre come una seconda madre.

Mio André,

Senti anche tu la rivoluzione avanzare? Se mi conosci abbastanza saprai che non ho alcuna intenzione di combattere contro il popolo francese. So che i miei soldati appoggeranno questa causa, poiché sono figli del popolo. Tu resterai al mio fianco? Se accetti allora . . . . .

Marie arrivò alle ultime parole, e quando le lesse sorrise, mentre il filo rosso legato a Oscar e André, in esse, si faceva più tangibile che mai.

 
. . . . allora oggi, e domani, e il giorno dopo ancora combattiamo insieme, André. Combattiamo con tutte le nostre forze, così vinceremo e potremo vivere i giorni che restano chiamandoci marito e moglie, come sarebbe dovuto essere da sempre, come sarà per sempre.”
 
                                                                                                                                                                                            FINE.
 

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