The guardians - I guardiani delle nove gemme

di sfiorisci
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio del viaggio ***
Capitolo 2: *** La profezia ***
Capitolo 3: *** Una strana ragazza ***
Capitolo 4: *** Destini intrecciati ***
Capitolo 5: *** Il cavaliere bianco ***
Capitolo 6: *** Nuovi nemici ***
Capitolo 7: *** In città ***
Capitolo 8: *** Poteri nascosti ***
Capitolo 9: *** Rifugio per la pioggia ***
Capitolo 10: *** La casa stregata ***
Capitolo 11: *** Scontri ***
Capitolo 12: *** Le giuste decisioni ***
Capitolo 13: *** Cosa successe realmente ***
Capitolo 14: *** Spiacevoli sorprese ***



Capitolo 1
*** L'inizio del viaggio ***


Capitolo 1 – L’inizio del viaggio

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« Sakura! Sakura! » si sentì chiamare. La ragazza aprì gli occhi e si alzò dal letto. Non stava dormendo, si stava semplicemente godendo il tepore del mattino, consapevole del fatto che si sarebbe dovuta alzare all’alba.
« Arrivo Red, un attimo! » disse.
Andò in bagno, si lavò il viso, i denti e si legò i lunghi capelli castani con un nastro rosa, poi tornò in camera sua.
Lungo il corridoio si fermò davanti ad una stanza dalla porta spalancata: il letto era  rifatto con lenzuola bianche, il pavimento lucido e un fiore fresco si trovava dentro in un vaso sopra al comodino.
“È come l’avevi lasciata tu, mamma”  pensò Sakura.
Ogni giorno, dopo la morte della madre, si era presa cura di quella che una volta era la sua camera da letto, anche se da quel momento in poi non avrebbe più potuto farlo. Sospirò malinconicamente e arrivò nella sua stanza, aprì l’armadio e rifletté su cosa avrebbe potuto mettersi: non aveva mai avuto tanti vestiti perché la sua non era una famiglia ricca, ma a lei non dispiaceva molto.
Alla fine scelse un paio di pantaloncini rosa e una canottiera bianca; il resto lo ripose con cura all’interno di una borsone che stava sopra ad una vecchia sedia.
« Allora Sakura, quanto ci metti? Il sole si sta alzando… » disse Red con tono impaziente.
« Red, se vuoi puoi entrare » gli rispose lei. Sentì la porta aprirsi, dei passi che correvano verso la sua stanza ed infine vide comparire il suo migliore amico. Era vestito con dei pantaloni marroni che gli arrivavano al ginocchio, maglietta rossa e una giacca con le maniche tirate su dello stesso colore. I capelli erano come al solito: marroni con quelle sfumature rossicce e poco pettinati.
Era per quei pochi ciuffi rossi che la gente, al villaggio, lo chiamava Red.
Ormai quasi nessuno, tranne forse Sakura qualche volta, lo chiamava con il suo vero nome, che era Hisaki.
A lui Red piaceva, perché il rosso era anche il suo colore preferito e diceva che lo rispecchiava, combattivo com’era.
« Ti manca ancora molto? Vorrei partire ora, ho visto che anche Shin è già pronto, ci aspetta di sotto, manchi solo tu » parlava picchiettando il piede per terra e chi lo conosceva bene poteva cogliere nella sua voce l’impazienza, ma anche la voglia di avventura.
« Non mi manca molto… ma deve per forza venire anche Shin con noi? » chiese Sakura mentre prendeva i medicinali dal bagno.
Fin da piccola sognava di poter fare la dottoressa, era una lavoro che amava, stare a contatto con la gente, poter salvare gli altri… lei non avrebbe fatto soffrire dei ragazzi dicendogli quello che le era stato detto alla morte di sua madre. Si rifiutava di credere che ci fossero malattie incurabili.
« Ne abbiamo già parlato, lui non è così male come sembra, solo che tu non lo conosci. » le rispose lui.
« Se lo dici tu, allora mi fido. Sono pronta, possiamo andare » annunciò mentre chiudeva la borsa.
Per un attimo lui non si mosse: Sakura gli stava davanti, riusciva anche a specchiarsi in quei suoi occhi marrone scuro.
Non ricordava un tempo in cui loro due non fossero amici o che non si conoscessero: erano praticamente nati insieme, infatti tutti li consideravano un po’ come fratello e sorella, lui così solare, pieno di vita, avventuriero e giusto; lei timida, pacata, silenziosa e altruista.
Molti pensarono che fu il destino a farli diventare migliori amici, si completavano a vicenda.
« Partiamo per questa avventura, allora » Sakura si mise la borsa a tracolla e uscì seguendo Red.
Non si voltò a vedere la sua vecchia casa, sapeva che avrebbe pianto. Come aprì la porta un’ondata gelida la invase: era davvero freddo, così decise di mettersi una giacca. Scese in fretta le scalette di pietra all’esterno della casa.
Ad aspettarli c’era Shin, vestito come al solito: pantaloni giallo chiaro, maglietta dello stesso colore e giacca di pelle marrone. Lui era il classico Don Giovanni, tutte le ragazze si innamoravano di lui. Shin era alto, ben piantato, capelli color oro, pelle caramello e occhi marroni miele. Il suo sorriso poi era meraviglioso: i suoi denti bianchi sembravano resi più lucenti dalla pelle scura.
« Ciao Sakura » la salutò quando la vide scendere. Lei gli fece un cenno col capo: non gli andava a genio Shin, gli piaceva giocare col cuore delle ragazze, le prendeva e le lasciava come se fossero burattini nelle sue mani, non esseri umani.
« Forza, che è già tardi, andiamo, voglio arrivare a questo villaggio entro mezzogiorno. » disse Red indicando un punto su una vecchia mappa e mostrandola ai suoi due amici.
Sakura si girò per vedere il villaggio che si allontanava: la sua casa, il torrente in cui faceva il bucato, le colline che si vedevano dalla sua finestra, il piccolo parco giochi in cui stava sempre con Red… le dispiaceva lasciare tutto questo, ma sapeva che prima o poi sarebbe successo, sarebbe stato inevitabile. Era giunto il suo momento di crescere, il suo momento di partire, il suo momento di diventare un persona nuova, una persona migliore
Continuò a guardare il suo villaggio fino a quando la strada curvò e gli alberi lo coprirono, come un sipario che viene calato dopo la fine di uno spettacolo.
 
« Uffa, fermiamoci, non ce la faccio più! » era almeno la millesima volta che Shin lo ripeteva e ormai sia Sakura che Red si erano scocciati di ascoltarlo; anche se Sakura (non lo avrebbe mai ammesso pubblicamente) era d’accordo con lui: avevano camminato per tutto il giorno e alle prime striature rossastre del cielo non si erano ancora fermati.
« Non è colpa mia se ti sei voluto fermare troppo tempo a pranzo… ora ne paghi le conseguenze. » gli disse Red mentre scrutava la mappa.
« Dovremmo essere nei pressi di un villaggio… » continuò guardando la mappa «Dovrebbe essere da queste parti…» tutti quei condizionali mettevano paura a Sakura: nonostante si fidasse ciecamente del suo migliore amico, era molto stanca anche lei e non sapere con precisione dove stava andando non la rincuorava di certo. Fortunatamente poco dopo scorsero una porta, l’ingresso del villaggio.
« Eccolo! Cosa vi dicevo? » esclamò Red pieno di entusiasmo. I tre ragazzi entrarono nel villaggio e si misero in cerca di una locanda in cui passare la notte.
« Mi scusi, signore, saprebbe indicarci una locanda in questo villaggio? » chiese Sakura molto educatamente.
« Certo, ragazzi, vi ci porto subito » rispose l’anziano signore alzandosi dalla panchina su cui stava seduto. Fecero un po’ di strada in silenzio, senza parlare, dopotutto erano molto stanchi e non vedevano l’ora di riposarsi.
Arrivarono davanti ad un edificio piuttosto malconcio, con delle crepe che percorrevano i muri e con dell’edera che si arrampicava fino al soffitto.
« Questa è l’osteria della signora Yasashii » disse il vecchietto indicando l’edificio ai ragazzi.
« Ora la vedete così perché c’è stato da poco un terremoto, ma prima era splendida e rigogliosa… inoltre la padrona di casa e suo marito sono sempre molto gentili con gli ospiti, specialmente con chi viene da lontano ».
« Grazie molte, signore, ci è stato utilissimo » lo ringraziò di nuovo Sakura.
Lei era la più gentile fra i tre, ed era quella che ringraziava e che parlava con la gente, perché aveva un modo di fare delicato e molto dolce, che faceva sentire il suo interlocutore sempre in pace.
Entrarono da una piccola porticina e subito notarono che si trovavano nell’ingresso: una piccola stanza piena di tavolini bassi e cuscini con sopra ogni sorta di oggetto: piantine della città, ritratti dei paesaggi, bastoncini profumati, candele e qualche dedica di qualche vecchio viaggiatore. Dalla parte opposta alla porta c’era un piccolo tavolo pieno di scartoffie dietro al quale era seduta una signora magra dagli occhi vispi. Sorrideva ai visitatori e li invitava a venire verso di lei.
« Benvenuti viandanti, spero che questo posto sia di vostro gradimento. Se cercate un luogo per rifocillarvi e passare la notte al caldo, vi offriremo tutto ciò che ci è possibile offrirvi » parlava in modo formale, ma i ragazzi si sentirono un po’ a disagio, perché non erano molto abituati.
« Grazie mille, signora, volevamo tre camere per passare la notte e una cena per questa sera » le rispose Sakura sperando di non sembrare troppo informale. La signora si rabbuiò di colpo.
« Come avrete potuto notare un terremoto ha recato dei gravi danni alla nostra osteria, per cui sono rimaste poche camere agibili e solo una di queste è libera » disse la signora con aria di profonda scusa.
« Non si preoccupi, per me e per i miei amici andrà benissimo » disse Sakura per non deluderla. La signora li accompagnò nella camera e gli diede le chiavi, poi disse loro:
« La cena verrà servita fra poco, dirò a mio marito di cucinare per voi qualcosa di speciale… e fate pure come se foste a casa vostra! » disse chiudendosi la porta alle spalle e lasciando i ragazzi da soli.
« Allora, qui abbiamo un letto un divano e una poltrona… come facciamo? » chiese Hisaki.
« Io dormo sul letto » sentenziò Shin.
« Io non ho problemi, posso dormire dove volete » disse tranquilla Sakura, che però avrebbe avuto tanta voglia di dormire sul letto.
« Allora faremo così: io starò sulla poltrona, Sakura sul divano e Shin sul letto, va bene? » tutti annuirono e, silenziosamente, aprirono le loro borse e sistemarono le loro cose. Sakura si fece un bagno caldo per rilassarsi, mentre Shin e Hisaki si cambiarono solamente d’abito.
Scesero tutti insieme per la cena e mangiarono tutto con gusto: il cibo era davvero ottimo. Dopo cena fecero i complimenti al cuoco, il marito della signora Yasashii. Ad un certo punto sentirono qualcosa, come dei gridi e delle porte che sbattevano e, allarmati, chiesero cosa stesse succedendo.
« È lei » disse il signor Yasashii stringendo i pugni.
« Lei chi? » chiese curioso Red.
« La Strega Bianca, sta vendendo a controllare il villaggio… deve essere per la profezia, effettivamente oggi c’è la luna piena » disse guardando un piccolo calendario lunare appeso alla parete.
« Quale profezia? » chiese di nuovo Red, avido di conoscere.
Il buon uomo sgranò gli occhi e allargò le mani, quasi come non potesse credere a ciò che aveva sentito.
« Davvero voi non conoscete la profezia? ».
 
Intanto, in una casa antica…
 
“Una, due, tre” silenzio “Una, due, tre” di nuovo il silenzio. “Una, due…”
« Milady, cosa sta facendo? » chiese un ragazzo dai capelli biondi.
La ragazza seduta sulle scale gli lanciò un’occhiata truce, evidentemente non gradiva molto le domande. Dopo poco che lo fissava tornò a guardare il soffitto.
Il ragazzo sospirò: era davvero difficile lavorare in quelle condizioni.
La sua padrona era una ragazza bellissima, ma guardandola qualsiasi persona le avrebbe dato l’età di una dodicenne: i capelli biondi lunghi, quasi argentei,  erano racchiusi in due trecce tenute da un piccolo elastico, il viso chiaramente da bambina era segnato da un dolore enorme, ma gli occhi erano la cosa che più di tutte inquietava in lei; erano neri e spenti, sembravano senza vita.
Se era vero che gli occhi erano lo specchio dell’anima allora forse lei non aveva un’anima.
Per tutto il tempo che era stato a servizio della sua padrona si chiedeva se lei avesse un’anima, quando morirono i genitori lei non pianse, quando fu costretta a vivere in quella casa con la maledizione a cui era legata, non disse niente, inoltre si comportava come se nulla potesse distruggerla o ferirla anche lontanamente.
Non mostrava pietà per niente e per nessuno, gli unici sentimenti che trasparivano da lei erano la noia, l’apatia e, di tanto in tanto, il dolore fisico.
Un grido lacerò l’aria: la ragazza era caduta a terra e si teneva con le mani la testa, come se qualcuno le stesse parlando dentro.
« Milady, cosa vi succede? State bene? » per tutta risposta lei continuò ad urlare.
Si ricordò della prima volta che le era successo.
Lui era stato preso dal panico e non si ricordava più cosa gli era stato detto di fare, aveva gridato con lei, non riusciva a mantenere la calma… aveva quasi rischiato di ucciderla, quel giorno.
Ma ora era accaduto tante di quelle volte che passato lo spavento iniziale, faceva tutto meccanicamente, così la prese in braccio: il suo piccolo corpo si adagiava perfettamente fra le braccia muscolose di lui.
Mentre salivano le scale e lei urlava di dolore lui si chiese ancora una volta perché non riusciva a provare emozioni, era sempre stato così o solo dopo aver lavorato in quella casa?
Forse il fatto di pensare che lei non aveva un’anima aveva fatto diventare senza anima anche lui?
Arrivarono nella camera della ragazza e la mise sul letto, poi prese una siringa con uno strano liquido dentro.
Sospirò e si preparò a quello che ogni volta faceva controvoglia.
« Spero che un giorno potrai guarire » disse lui con voce bassa, poi le iniettò il contenuto della siringa in un braccio, lei smise di urlare e scivolò in un sonno privo di sogni. Lui buttò via la siringa e si accasciò piangendo ai piedi del suo letto. Ora si ricordò che lui l’anima l’aveva e questo gli procurò un dolore ancora più grande.
  

  

 

Salve a tutti, sono tornata con una nuova storia, sempre di genere fantasy.
Questo è solo il primo capitolo, per cui è normale che abbiate ancora le idee confuse sulla storia.
Spero di non aver commesso errori, l'ho ricontrollato molte volte, ma sono ancora in cerca di una beta, casomai li avessi fatti, avvertitemi.


_WhiteRose_

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Capitolo 2
*** La profezia ***


Capitolo 2 – La profezia

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« La profezia » spiegò il signor Yasashii mentre si accendeva un pipa « risale a tantissimo tempo fa, quando i primi uomini iniziarono ad abitare la Terra» la sua voce era calma e lenta, il suo sguardo perso, come se stesse cercando di ricordarsi qualcosa a tutti i costi.
« Si dice che gli Dei camminassero fianco a fianco agli uomini, in quel periodo, ma che non potevano parlarsi. Gli dei erano esseri superiori, non potevano immischiarsi in faccende umane e ritenevano tutti gli uomini disgustosi. Un giorno, uno di loro si innamorò di una bellissima donna. In segreto, ebbero una storia e lei rimase incinta. Quando gli altri dei lo scoprirono, bandirono l’innamorato rendendolo un mortale e ritirandosi tutti dalla terra per far sì che non si ripetesse più ciò che era successo. Dopo nove mesi nacque la bambina e dato che la famiglia era felice, gli dei pensarono di scagliare un’altra maledizione, che avrebbe colpito la bambina: destinata a vivere in eterno senza mai provare felicità, la confinarono in un antico castello da cui non sarebbe mai potuta evadere, con delle guardie di pietra per sorvegliarla.
La giovane bambina dimostrò di essere diversa dagli altri esseri umani: poteva fare magie.
Crescendo aumentò anche il suo potere, piegando tutti i popoli al suo volere. Si racconta che scagliava i suoi attacchi nei giorni di luna piena.
Tutti i popoli della terra erano suoi sudditi fino a quando nove coraggiosi guerrieri, forti come le virtù che impersonavano, la sconfissero e tutti festeggiarono felici.
I guerrieri, però, non distrussero la casa, che si diceva vivesse con lei; per questo la Strega non morì del tutto, ma si reincarnò in una nuova persona
Ora questa persona è tornata, ancora più carica di odio, pronta ad infliggere sofferenze e a vendicarsi. Ma c’è ancora una speranza, cioè quella di trovare gli eredi dei nove guerrieri, riunirli e sconfiggere definitivamente la strega bianca, facendola crollare insieme alla sua fortezza » quando finì il suo racconto, i ragazzi erano completamente scioccati dalle parole dell’uomo.
« Da quanto va avanti questa storia? » chiese Red.
« Da qualche anno, forse otto o nove » rispose il signor Yasashii dopo averci pensato un po’ su.
I ragazzi si guardarono allibiti; se era vero che durava da qualche anno, come mai il loro villaggio non era stato minimamente toccato dagli attacchi?
« Ma non ne sapevamo nulla! » protestò Shin confuso.
« È per questo che mi sono stupito quando me l’avete detto, tutti quanti conoscono la profezia…» disse il signor Yasashii.
« Caro…» mormorò sua moglie.
« Cosa c’è? » le chiese lui.
« Ho sentito un bambino che piangeva, veniva dal retro » gli rispose preoccupata.
La sua espressione cambiò in un secondo e si preoccupò pure lui.
« Deve essere un bambino che non è riuscito ad entrare in casa… ora cosa facciamo? » era seriamente preoccupato.
« Andrò io a prenderlo » annunciò spavaldo Red.
« No! » protestò Sakura. « Red, ascoltami, so che hai un animo gentile e che vuoi salvare sempre tutti, ma non può funzionare, capisci? Non sai chi o cosa ti aspetta lì fuori » tentò di farlo ragionare Sakura.
« Per questo Shin verrà con me » disse Red.
« Cosa? » esclamò Shin esterrefatto.
« Ho bisogno di qualcuno che mi aiuti, non posso andare da solo, sarebbe un suicidio » spiegò Red.
Lui era fatto così, era impulsivo, era vero, nonostante questo, quando si trovavano in situazioni di pericolo riusciva a ragionare in fretta, perché non si faceva prendere dal panico.
Shin capì la situazione e acconsentì di andare insieme a lui.
« Vengo anche io, allora! » gli disse Sakura.
« No, tu rimani qui » le rispose Red.
« Ma perché? » chiese lei.
« Non voglio metterti in pericolo, ok? » le disse lui.
« Posso aiutarti, dico davvero, se ti ferisci posso medicarti e…» lui sorrise e le posò un dito sulla bocca.
« Resta qui e se entro dieci minuti non sono tornato mi vieni a cercare, va bene? » le disse lui per tranquillizzarla.
« Cinque » ribadì Sakura.
« Va bene, cinque, ora però vado » lanciò un’occhiata a Shin, che nel frattempo aveva preso sei coltelli dalla cucina e uscirono del buio della notte.
Sakura si piazzò su una sedia davanti al grande orologio e pendolo, pregando per loro ogni secondo che passava.
Mancavano due minuti alla scadenza e ancora non era successo nulla, non si era sentito nessun rumore e non erano tornati.
I coniugi Yasashii erano andati a dormire, sicuri che i ragazzi non avrebbero fallito, lasciando Sakura tutta da sola. Nella stanza c’era solo lei e il lento, inesorabile, scorrere del tempo. Aveva cercato di tendere al massimo le orecchie, voleva essere pronta a percepire il minimo segnale, la minima richiesta d’aiuto dei suoi compagni.
Sakura, sempre più impaziente quanto più si avvicinava lo scadere del tempo, andò in cucina e prese due coltelli, vide che i cinque minuti erano passati e corse fuori.
Fuori dall’osteria, l’aria della notte era pungente, il vento soffiava delicato e si sentivano i rumori dei grilli e delle cicale.
Sakura iniziò a tremare, perché sentiva davvero freddo, ma non era tanto dovuto alla notte, quanto a un freddo interno, dell’anima, che sentiva in quel momento. Cercò di non fare rumore, mentre andava nel retro dell’osteria a piccoli passi e brandendo i coltelli verso il vuoto.
Non aveva nemmeno mai usato dei coltelli in quel modo, se si fosse trovata davanti una qualsiasi persona non avrebbe di certo saputo difendersi.
Stava per raggiungere il punto in cui si sarebbero dovuti trovare i suoi amici, quando si accorse che qualcosa si stava formando intorno a lei, impendendole di vedere. All’inizio si spavento, ma si tranquillizzò un poco quando si accorse che ciò che la spaventava tanto era solo nebbia.
« Red » provò a chiamare, non con voce troppo alta.
Per tutta risposta udì un rumore sommesso e lontano; così cercò di avvicinarsi il più possibile.
Vide, vicino alla legnaia, una piccola figura che tentava di nascondersi.
« Red? » ripeté lei.
Scostò gli stracci che lo coprivano e vide che era una bambino, con la faccia rossa e gli occhi gonfi dal pianto. Sakura tirò un sospiro di sollievo perché lo aveva ritrovato, ma allo stesso tempo si preoccupò per i suoi amici. “ Se non sono qui dove possono essere andati?” si chiese.
Prese per mano il bambino, che era così spaventato che non parlava minimamente e si diresse di nuovo verso l’entrata dell’osteria, poi lo accompagnò nella stanza dei signori Yasashii, che fortunatamente non dormivano, e gli disse di occuparsi di lui, mentre lei sarebbe andata a cercare Red e Shin.
Uscì di nuovo e vide che la nebbia era aumentata ancora di più, già dopo qualche passo, voltandosi indietro non riusciva più a vedere l’ingresso dell’osteria e si preoccupò. Corse in giro, senza mai allontanarsi troppo, mettendo sempre le mani avanti per paura di sbattere contro qualcosa e continuando a chiamare i nomi dei suoi due amici.
Non si trovavano da nessuna parte, sembravano essere svaniti nel nulla, eppure Sakura sapeva che non si poteva semplicemente sparire così, senza lasciare tracce, ma di certo la nebbia fitta non aiutava le ricerche.
« Sakura! » la chiamarono nell’oscurità. Lei era sicura che quella fosse la voce di Red, lo conosceva troppo bene ormai, per cui corse nella direzione da cui proveniva incurante del fatto che si stava allontanando troppo dall’osteria.
« Red! Red sono qui! » urlò lei per farsi sentire.
Il ‘qui’ in questione era un punto indefinito in mezzo alla nebbia, ma Sakura sperava che le sue urla conducessero Red nel punto esatto.
« Sakura, non ti muovere, è un trappola! » le urlò lui.
« Red, dimmi dove sei, vengo da te! » lo pregò.
« No, Sakura, torna all’osteria, io e Shin ce la caviamo, ma devi fare quello che ti dico io, va bene? » disse.
Intanto, lei si muoveva a piccoli passi verso la voce del suo migliore amico.
Finalmente iniziava a sentire qualcosa, come delle voci che parlavano una lingua a lei sconosciuta e i rumori di uno scontro.
Si avvicinò sempre di più, correndo con le lacrime agli occhi verso il suo migliore amico.
« Red! » urlò.
In quel momento lui si girò verso di lei e le voci misteriose cessarono all’istante. Era ferito sul viso e anche Shin non era ridotto molto bene.
« Ti avevo detto di non venire » la rimproverò lui, però con dolcezza.
« Red, sei ferito » si preoccupò lei.
Appoggiò i coltelli che aveva per terra e estrasse dei medicinali dal suo marsupio. Fece voltare Red verso di lei e gli medicò le ferite.
« Non siamo ancora riusciti a trovare il bambino » si scusò Red.
« Non preoccuparti, l’ho trovato io » gli disse Sakura.
« Bene, allora torniamo all’osteria » intervenne Shin, che era davvero conciato male.
« Aspetta, curo anche te » gli disse Sakura andando verso di lui.
Appena ebbero finito, decisero di tornare da dov’erano venuti.
« Da quale parte è l’osteria? » chiese Shin. Sakura gli stava per indicare la strada, quando constatò con amarezza che non si ricordava come avesse fatto ad arrivare fin lì.
« Con questa nebbia è impossibile dirlo, basta che troviamo una casa. Ci faremo ospitare per una notte, l’importante è stare al chiuso » spiegò Red pratico.
I ragazzi annuirono e cercarono di trovare un edificio in cui passare la notte. Eppure, nonostante camminassero per molto tempo, intorno a loro non trovavano nulla, né case, né alberi né ostacoli di nessun genere.
« Dici che ci siamo allontanati dal villaggio? » chiese Sakura sussurrando.
« Impossibile, la strada che abbiamo fatto per arrivare qui era uno stretto sentiero, avremmo dovuto trovare almeno qualche pianta, invece mi sembra di camminare nel nulla » le rispose Shin.
« È un’illusione » disse un’altra voce, una voce che proveniva dall’alto.
« Chi sei? Cosa è un’illusione? » chiese Red guardando il cielo.
« La nebbia, è solo un’illusione, più voi cercate di uscirne, più ne rimarrete intrappolati dentro, è così che noi catturiamo le nostre prede » disse la voce enfatizzando l’ultima parola.
Le voci che avevano sentito prima si ripresentarono di nuovo intorno a loro.
« Shin, sono quelli di prima! » urlò Red mettendosi sulla difensiva.
« Lo so, cosa facciamo? » gli chiese lui.
« Combattiamo, è l’unica possibilità che ci rimane » gli rispose.
« Che cosa sono? » chiese Sakura spaventata, ma i due ragazzi non parvero sentirli, tanto erano preoccupati. In quel momento, le voci calarono su di loro e, silenziosi come le ombre, li attraversarono. Sakura provò quel freddo interno che aveva sentito anche quando era uscita dall’osteria.
Iniziò a dimenare i coltelli in aria, sperando di prendere quelle ombre, ma queste sembravano ridere dei suoi tentativi.
« Chi sei? » urlò Sakura.
« Chi sono? » ripeté la voce in alto, divertita.
« Io sono la morte » disse scandendo bene ogni singola sillaba.
Sakura non avrebbe voluto credergli, eppure in quel momento le sembrò che fosse l’unica spiegazione ragionevole. Loro sarebbero morti, non avevano scampo, erano bloccati in una trappola di nebbia e c’erano delle ombre misteriose che li facevano soffrire, sarebbero morti senza poter rivedere la luce del sole. Sakura si accasciò a terra, dato che ormai aveva perso le speranze e Red fece lo stesso poco dopo. Solo Shin continuava a lottare, incurante di tutto e di tutti.
« I tuoi amici si sono arresi, ma tu sei testardo, anche se prima o poi ti arrenderai come loro » gli disse la voce.
« Ti sbagli » replicò Shin. « Io non mi arrenderò mai » in quel momento apparve una luce, una luce così forte che perfino lui dovette chiudere gli occhi. Quando li riaprì, vide che era tutto finito, la nebbia, le ombre i combattimenti… erano di nuovo davanti all’entrata dell’osteria e stava iniziando a fare giorno.
Shin vide che i suoi due amici erano a terra svenuti, ma si ripresero poco dopo.
« Cosa è successo? » chiese Red.
« Deve essere spuntato il sole e se ne sono andati via » spiegò Shin. In realtà aveva l’impressione che la luce che aveva visto poco fa l’avesse generata lui, ma quella del sole era un’ipotesi più facile a cui credere.
« Mia nonna mi diceva sempre che la morte ha paura del sole » si ricordò lui.
Aiutò i due amici a rimettersi in piedi e poi entrarono tutti e tre dentro l’osteria, affidandosi alle cure dei coniugi Yasashii.

 
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Salve a tutti, sono tornata con un nuovo capitolo!
Allora, siamo solo all'inizio, ma spero che la storia vi stia già un po' incuriosendo.
Fatemi sapere se questo capitolo vi piace, mi raccomando! :D

_WhiteRose_

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Capitolo 3
*** Una strana ragazza ***


Capitolo 3 − Una strana ragazza

 

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Il giorno successivo i tre ragazzi si svegliarono molto tardi, quando il sole era ormai già alto nel cielo. Red, che aveva dormito male sulla sua poltrona, si svegliò di pessimo umore.
« Fantastico, è troppo tardi, dovremmo correre per arrivare al prossimo villaggio prima che cali la notte » borbottò.
« Ieri siamo stati attaccati, ci meritiamo un po’ di riposo, Red » gli rispose prontamente Sakura, che invece era di ottimo umore. Non vedeva l’ora di andarsene da lì e andare in un altro villaggio, magari più sicuro.
« Io starei ancora dormendo » intervenne Shin mettendosi il cuscino sopra alla testa.
Red lo fulminò con lo sguardo, ma senza dire nulla; dopotutto sapeva che era stato lui a salvargli la vita, la sera precedente.
« Noi scendiamo a fare colazione di sotto, se ti muovi mangi, altrimenti partiamo appena finito » gli disse.
Shin sbuffò e si alzò lamentandosi, mentre Red e Sakura scesero al piano inferiore e furono subito allietati dal profumo che proveniva dalla cucina: sembrava che il signor Yasashii volesse ricompensarli per ciò che avevano fatto la notte precedente.
« Ben svegliati ragazzi » li accolse lui sorridente.
Sakura e Red si sedettero e iniziarono a mangiare quei cibi deliziosi. Poco dopo scese pure Shin e fecero colazione tutti e tre insieme.
« Cosa farete ora? » gli chiese il signora Yasashii quando ebbero finito.
« Continueremo il nostro giro per i villaggi, siamo partiti per questo » gli spiegò Red.
« E non combatterete contro le forze oscure? » gli chiese quasi incredulo l’uomo.
« Cosa intende dire? » chiese Sakura, che non aveva capito a cosa alludesse.
« Sto parlando di ciò che avete fatto ieri sera » si fermò per vedere l’espressione dei ragazzi « Nessuno era mai riuscito a sconfiggere a quelle ombre, tutte le persone che uscivano di notte sparivano, mentre voi siete ancora qui » i suoi occhi brillavano di speranza, come se credeva veramente che loro tre potessero fermare la strega bianca.
« È stata solo la fortuna a farci sopravvivere, siamo riusciti a difenderci fino all’alba e i raggi del sole li hanno cacciati ».
Red sembrava come volersi scusare di deludere le sue speranze.
« Secondo me state sbagliando e forse ve ne accorgerete anche voi fra poco » disse il signor Yasashii amareggiato.
I tre ragazzi si guardarono senza sapere cosa fare, poi ringraziarono tutti, fecero i bagagli e partirono alla volta di un nuovo villaggio.
« Dovevamo fermarci in un villaggio più distante, ma abbiamo poco tempo, per cui ho cambiato leggermente il nostro percorso, ci fermeremo qui » spiegò Red, mostrano la strada da fare con il dito puntato sulla cartina.
Camminarono silenziosamente per tutto il giorno fino a quando non intravidero, poco prima del tramonto, la porta del villaggio in cui erano diretti. Felici e affamati accelerarono il passo.
« Ehi! Ehi forestieri! » li chiamò qualcuno alle loro spalle.
I tre si voltarono e videro che c’era una bellissima ragazza dietro di loro, con un cestino in mano e un sorriso stampato in faccia.
« Avete intenzione di fermarvi in questo villaggio? » chiese loro quando li raggiunse.
« Sì, era proprio questa la nostra intenzione » le rispose Red.
La ragazza doveva avere la loro età e nel suo cestino c’erano alcune erbe.
« Allora se volete potrei ospitarvi a casa mia, dopotutto non c’è una locanda, il nostro è un piccolo villaggio » propose loro la sconosciuta.
« Come mai ci inviti nella tua casa, se nemmeno ci conosciamo? » le chiese Sakura, che iniziava ad insospettirsi. Anche Shin non sembrava molto convinto, l’unico che non sembrava dubitare delle intenzioni della ragazza era Red, forse perché lui tendeva a fidarsi sempre delle persone.
« Nel villaggio non ci sono molti ragazzi della nostra età, per cui non ho nessuno con cui confrontarmi, inoltre vico da sola su una casa abbastanza grande, per cui potrei ospitarvi » nonostante Sakura e Shin non si fidassero ancora di lei, dovettero ammettere che non c’era malizia nei suoi occhi o nel suo tono di voce, inoltre sembrava una ragazza sincera.
« Perfetto, allora passeremo la notte a casa tua » decise Red per tutti.
« Io mi chiamo Rika » si presentò a loro la ragazza.
« Io sono Hisaki, ma tutti mi chiamano Red, lei è Sakura e lui è Shin » Rika fu molto gentile con tutti loro e gli strinse la mano, accompagnandoli dentro al villaggio fino alla sua casa.
Sakura notò che gli abitanti di quel villaggio li guardavano con facce sorprese quando passavano e pensò che fosse normale dato che erano stranieri, ma non capiva perché guardassero male anche Rika: da quello che aveva capito, lei era sempre vissuta lì.
« Allora, questa è la mia casetta. Io la trovo davvero accogliente, mettevi pure dove volete » disse Rika ai ragazzi quando entrarono in casa.
Effettivamente era accogliente, c’erano moltissimi tappeti in terra, le pareti erano tempestate da dipinti di vario genere e un sacco di oggetti rari che nessuno dei tre ragazzi aveva mai visto prima di allora.
« Come mai vivi da sola? » le chiese Sakura soffermandosi a guardare un dipinto che pensava ritraesse la famiglia di Rika molti anni prima: lei aveva sempre lo stesso sorriso innocente sulle labbra mentre stringeva le mani di quelli che probabilmente erano i suoi genitori.
« I miei sono morti quando ero piccola, quasi non me li ricordo » Sakura la capiva molto bene: il padre se n’era andato appena dopo la sua nascita e sua madre era morta quando aveva cinque anni.
Adesso che ci rifletteva meglio, notò che in quella stanza erano tutti orfani, anzi, erano tutti cresciuti senza genitori; quelli di Rika erano morti, quelli di Red anche e quelli di Shin erano partiti senza far più ritorno, per questo era cresciuto con la nonna.
Possibile che fosse solo una banale coincidenza?
« Non ti preoccupare, ormai ci ho fatto l’abitudine, nemmeno sento più la loro mancanza » Rika cercava di essere il più allegra possibile, ma si notava che qualcosa nel suo sguardo era spento.
« Cosa c’è per cena? » chiese Red per cambiare discorso.
« Oh, prima ero andata a raccogliere qualche erba. So cucinare molto bene, se volete posso farvi un ottimo minestrone » rispose Rika sorridente, poi sparì in cucina e i ragazzi si accasciarono su un divano giallo che stava in salotto.
« Che strana ragazza » commentò Shin.
« Perché? È stata molto gentile ad ospitarci » disse Red, che credeva che Rika li avessi invitati nella loro casa solo mossa dalla voglia di aiutare il prossimo.
« Certo, ma potremmo essere ladri, assassini… è un po’ ingenua, proprio come te » gli disse Shin. Red non sembrò tanto offeso dal commento dell’amico, probabilmente quando si trattava di ingenuità Shin non era la persona giusta per parlare, dato che lui era sempre troppo scaltro.
Quando Rika terminò di cucinare apparecchiò la tavola per loro e gli servì la sua zuppa di verdure. Tutti quanti dovettero ammettere che era davvero buona, mangiarono con gusto e parlarono un po’; i ragazzi le spiegarono del loro viaggio per scoprire il mondo e le raccontarono l’avventura della notte precedente, mentre Rika diede loro qualche informazione sul suo villaggio.
« Davvero non conoscevate la profezia? » chiese loro Rika, sbalordita.
« No, non ne avevamo mai sentito parlare… in questo villaggio ci sono stati mai degli attacchi? » Red era piuttosto curioso sul punto, dato che non voleva ritrovarsi di nuovo a combattere.
« Sì, ma pochissime volte. So che dovrebbero capitare ogni volta che c’è la luna piena, ma questo è un piccolo villaggio, forse è per questo che viene attaccato una o due volte l’anno, al massimo » spiegò loro Rika.
I tre ragazzi tirarono un sospiro di sollievo: almeno per quella notte potevano stare al sicuro. Continuarono a parlare e a raccontarsi le loro avventure fino a notte fonda, quando finirono andarono a dormire.
 
Sakura si svegliò a notte fonda, con il bisogno imminente di bere un bicchiere d’acqua, dato che per lei la zuppa di quella sera era stata troppo salata. Si alzò dal letto che le aveva gentilmente offerto Rika, si diresse verso la cucina, prese un bicchiere e aprì l’acqua, per constatare che non veniva giù.
Assetata decise di uscire dalla casa e trovare qualcosa, magari una fonte, in cui si sarebbe potuta abbeverare.
Le sembrava di aver visto una fontanella vicino all’ingresso del villaggio ed era sicura che funzionasse, perciò si diresse lì.
Era piuttosto freddo e Sakura aveva la pelle d’oca, ma almeno non avvertiva quella sensazione della notte precedente di trovarsi in costante pericolo. Vide con gioia che la fontanella che aveva adocchiato era ancora funzionante e bevve parecchia acqua, fino a quando si dissetò del tutto e tornò verso casa di Rika.
« Sei ospite di quella ragazza? » le chiese una giovane donna comparendole alle spalle.
Sakura dapprima si spaventò, non aveva visto da dove proveniva la donna, ma quando la guardò in faccia si rasserenò: era solo una donna, non la morte cattiva che voleva ucciderla.
« Intende di Rika? Sì, è stata molto carina, ha ospitato me ed i miei amici » le rispose Sakura cortesemente.
« Non fidarti di quella ragazza, nasconde un segreto! » la mise in guardia la donna.
« Cosa? » le chiese Sakura confusa.
« Ha dei poteri magici! Lo giuro, qui al villaggio la temiamo tutti, per questo le permettiamo di vivere ancora qui, ma non abbiamo rapporti con lei » la donna sembrava seriamente spaventata « È una strega! » aggiunse sussurrando, poi lasciò andare Sakura e corse a rifugiarsi dentro una casa.
Cosa volevano dire le sue parole? Sakura e gli altri si erano davvero sbagliati a fidarsi di lei? Possibile che fosse la strega bianca della maledizione?
All’inizio Sakura ci aveva pensato, poi però aveva riflettuto su ciò che le aveva detto il signor Yasashii la notte precedente, cioè che la strega fosse destinata all’infelicità eterna e che vivesse in un castello, per cui era arrivata alla conclusione che non fosse lei quella di cui parlava la profezia.
Sakura rientrò in casa di Rika cercando di non fare rumore, ma vide che lei la stava aspettando con aria preoccupata davanti alla porta.
« Dove sei andata? » le chiese appena rientrò.
« Io… non c’era l’acqua in casa e avevo sete, per cui sono andata alla fontanella qui vicino » Sakura questa volta era intimorita dalla sua presenza, Rika non aveva il suo solito sorriso amichevole stampato in faccia e la guardava con la faccia seria.
« Hai incontrato nessuno? » le chiese di nuovo.
Sakura fu tentata di mentirle e dirle semplicemente che non aveva incontrato nessuno, ma non era brava a mentire, inoltre voleva capire cosa stesse succedendo.
« Ho incontrato una signora: mi ha detto che sei una strega. È la verità? » le chiese Sakura.
Rika sospirò e parve abbattersi.
« Lo sospettavo, qui al villaggio mi odiano tutti » disse Rika mordendosi un’unghia.
« Ma è vero? » insisté Sakura.
Rika sospirò di nuovo, poi chiuse gli occhi si concentrò e… si alzò di qualche centimetro da terra. Stava volando, quella non era di certo una cosa normale. Sakura si lasciò scappare un piccolo urlo di sorpresa.
« Sì, lo so, adesso penserai che sia indemoniata o qualcosa di simile, vero? Lo pensano tutti qui…» le disse Rika.
« Come fai? » le chiese invece Sakura.
« In realtà non lo so, è una cosa che so fare da sempre, è come camminare per me » Sakura continuava a guardarla sbalordita, con una sorta di ammirazione e spavento.
« Lo si, stai pensando che sono un mostro, non è così? » le chiese Rika cercando di indovinare i suoi pensieri.
Sakura la guardò negli occhi e le sorrise.
« A Red piacerà un sacco »
 
« Non ci credo! » esclamò Red con il sorriso sulle labbra.
Era la quinta volta che Rika spiccava il volo per lui, andava su nel cielo, faceva alcune capriole e poi planava dolcemente per terra.
Red sembrava felice come un bambino che aveva trovato un nuovo giocattolo: quelle cose lo entusiasmavano da morire e voleva sapere come facesse a volare, ma non avendone alcuna idea Rika continuava a ripetergli che le veniva naturale.
« Red, dovremmo andare » gli disse ad un certo punto Shin.
Red annuì e andò a salutare Rika. « Grazie per la tua ospitalità, un giorno mi darai lezioni di volo, va bene? » le disse abbracciandola.
« Certamente! » gli rispose lei. « Ciao Shin, ciao Sakura, grazie di tutto! » aggiunse.
« Ciao Rika » la salutarono i due.
« Ah, Sakura, sai il significato del tuo nome? » le chiese Rika.
« No, cosa significa? »
« Fiore di ciliegio »
In quel momento Sakura capì qual era la cosa più giusta da fare « Vuoi venire con noi? ».
Rika fu felicissima di quella domanda, non aspettava nient’altro.
 
« Dannazione! ».
Il ragazzo la guardò confusa: non erano di certo da lei quelle esclamazioni, di solito si limita ad urlare o fare del sarcasmo.
« Milady? » le chiese confuso.
« Lo sapevo, c’entra sicuramente il destino, si stanno riunendo » il suo volto tradiva la sua preoccupazione e il ragazzo si allarmò leggermente vedendola così, dato che di solito lei non era mai preoccupata. Al massimo era annoiata o seccata.
« Si stanno, riunendo, questo non è un bene »
Per un attimo lui sembrò notare anche un po’ di paura nel suo sguardo, ma subito dopo capì che si era sbagliato.
« Vuole che intervenga? » le chiese piuttosto confuso.
Sapeva che sarebbe potuto accadere da un giorno all’altro, doveva sempre tenersi pronto; dopotutto lui non era solo un semplice maggiordomo e lo sapeva benissimo anche lui.
Lei lo guardò riflettendo molto bene sulle sue parole.
« No » disse infine. « Non sanno cosa sono e cosa rappresentano per me, un attacco diretto a loro in questi giorni potrebbe solo aumentare i loro sospetti e non dobbiamo permetterlo ».
Lui annuì, cercando di capire qualcosa di quella situazione ingarbugliata.
« Per adesso non ho nulla da temere, almeno fino a quando tu sarai al mio fianco ».
A quelle parole lui la guardò negli occhi, in modo tale che non avrebbe potuto mentire.
Avrebbe dato la sua stessa vita per lei e in parte lo stava già facendo. L’avrebbe salvata e l’avrebbe resa felice, lo sentiva.
« Io sarò sempre dalla vostra parte ».



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Eccomi qui, ho aggiornato.
In questo capitolo non c'è nessuna lotta, ma comunque spero che vi sia piaciuto lo stesso.
Di solito, anche con le altre mie storie, ci metto un po' prima di entrare nel "fantasy" vero e proprio,
mentre qui mi è riusciuto più che naturale entrarci fin da subito.
Premetto che del capitolo quattro ho solo scritto il titolo (mancanza d'ispirazione), 
per cui non so quando l'aggiornerò, ma spero di farlo presto, non mi piace lasciare troppo tempo fra un capitolo e un altro.
Detto questo correi anche ringraziare Herondale che fa un ottimo lavoro di betaggio e corregge i miei scritti in pochissimo tempo ♥
Se volete potete trovarmi anche sulla mia pagina facebook.

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Capitolo 4
*** Destini intrecciati ***


Capitolo 4 −Destini intrecciati

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Il villaggio in cui erano diretti dopo aver preso con loro Rika era molto distante, per cui ci misero tre giorni e due notti per arrivare. Avevano dormito in alcune tende che la ragazza aveva in casa sua e si erano trovati abbastanza bene, dato che senza la luna piena non temevano un nuovo attacco della strega bianca.

« Qui c’è un’indovina molto famosa: molte persone si fanno predire il futuro da lei » spiegò Rika ai tre ragazzi mentre entravano nel villaggio.
Era molto grande, con palazzi di due piani dalla vivace pittura scolorita e le persiane penzolanti, sembrava che un tempo avesse molta fama, mentre ora era in rovina.
Un grande cartello di legno annunciava la “Miglior indovina del mondo, il vostro futuro solo per due monete d’oro”; ma ormai sembrava andato in rovina anche quello, dato che la maggior parte del disegno della donna era sbiadito e qualcuno, probabilmente con un bastoncino, aveva scritto frasi poco carine sul suo conto.
« Sei sicura che l’indovina sia ancora viva? » chiese Shin, che credeva che la rovina del villaggio fosse stata causata dal fatto che lei non ci fosse più.
« Viva è viva, anche se non è più quella di un tempo » spiegò con rammarico Rika.
« Cosa intendi? » le chiese Red, curioso come al solito.
« Oh, beh, qualche tempo fa ebbe un terribile incidente, per cui ora non può più parlare, comunica con gli altri soltanto facendo cenni con la testa, inoltre prima viaggiava un sacco, mentre ora non può muoversi e sta sempre ferma in casa sua » gli rispose.
I ragazzi camminarono un altro po’, fino a quando non raggiunsero quella che sicuramente era la casa dell’indovina. Lo si capiva innanzitutto dal fatto che c’era scritto su un cartello fuori, ma poi era anche la più sfarzosa ed elegante di tutti, anche se questa, come le altre, era totalmente in rovina.
« Entriamo? » chiese Rika al resto del gruppo, animata dalla sete di sapere che la contraddistingueva.
« Non credo che sia una buona idea » disse un po’ timoroso Shin.
Anche Red, che di solito era sempre voglioso di scoprire cose nuove, questa volta era insolitamente cauto e titubante. « Non saprei…».
Sakura non poteva che essere d’accordo con i suoi amici, tutte le cose riguardanti la magia, le premonizioni e altre diavolerie simili la spaventavano un sacco, per cui fu ben felice di non entrare.
« Oh, andiamo, anche se ormai non è più quella di un tempo è un’indovina di fama mondiale, voglio sapere qual cosina sul mio futuro… vi prego, non è che possiamo fare una prova? Giusto per tentare? » li pregò Rika.
« Non crederai sul serio queste cose, vero? » la prese in giro Red, piuttosto divertito.
Rika sembrò offendersi e non parlò più, ma incrociò le braccia sul suo petto e guardò male gli altri, come a volte fanno i bambini piccoli.
« Oh, e va bene, ma dobbiamo fare in fretta, altrimenti non rientreremo nella nostra tabella di marcia » la accontentò Red quando capì che altrimenti lei non si sarebbe spostata di lì.
Titubanti, i quattro ragazzi entrarono nell’edificio. La prima cosa che li colpì fu la quasi assenza di luce, infatti dovettero abituarsi un po’ a vedere al buio e, quando ci riuscirono, poterono notare una stanza piuttosto in disordine. Carte, cuscini, strani strumenti, tappeti: tutti questi oggetti erano sparsi alla rinfusa sul pavimento.
L’indovina sedeva in fondo alla stanza, dietro ad un tavolo, stranamente in ordine rispetto al resto della stanza, su cui c’era una palla di vetro bianca.
I ragazzi si avvicinarono cautamente a lei e l’indovina fece sego loro di sedersi. Non potevano capire come fosse il suo corpo, dato che indossava un sacco di vestiti, magari anche uno sopra l’altro, aveva mani e piedi bendati, chissà, forse a causa della sua malattia, e in faccia aveva così tanti veli che era possibile vedere solo i suoi due occhi, di un blu accesso.
« È lei la famosa indovina? » le chiese Rika e la donna annuì lentamente, dopotutto non poteva parlare.
« Potrebbe predirmi il futuro? » l’indovina si abbassò per un secondo e raccolse da terra un foglio, in cui c’era scritto il listino dei prezzi e come di doveva fare per parlare con lei. Praticamente non le si potevano rivolgere domande a cui doveva dare una risposta complicata, ma solo domande dirette la cui unica risposta sarebbe stata sì o no; in modo tale che lei avrebbe annuito o dissentito.
Rika versò il denaro richiesto sul tavolo, l’indovina lo contò lentamente, poi lo depose dentro una scatolina, che teneva sempre sotto il tavolo.
« Allora… ehm… potrò fidarmi dei miei amici? » Rika fece la sua prima domanda.
L’indovina prese la mano, la esaminò per bene, poi la lasciò e mise le mani sopra la sua sfera, chiudendo gli occhi. I quattro ragazzi la guardavano rapiti: non avevano mai visto un’indovina al lavoro.
Quando ebbe finito, l’indovina aprì gli occhi, sembravano un’esplosione di blu, e annuì debolmente.
« Correrò qualche pericolo, diciamo, nei prossimi due anni? » la donna fece la stessa operazione precedente, poi scosse la testa.
Rika pensò bene sull’ultima domanda che avrebbe posto all’indovina (aveva pagato infatti solo per tre domande), consigliandosi anche con i suoi amici.
« Mi sposerò con il mio vero amore? » chiese infine. La donna stava per riprenderle la mano, quando udirono un rumore dal piano superiore e lei si allarmò, stava per andare a controllare, quando una donna scese giù dalle scale. Aveva il viso piuttosto giovane, ma era sicuramente malata, i lunghi capelli neri era rovinati e in tratti anche bianchi, gli occhi, blu come quelli dell’indovina, spenti e a malapena si reggeva in piedi.
« Mamma! » esclamò l’indovina preoccupata.
I ragazzi capirono subito che ci fosse qualcosa che non andava, innanzitutto perché lei non avrebbe dovuto saper parlare, poi perché aveva una voce da maschio.
« Cosa sta succedendo qui? » chiese Rika, piuttosto contrariata, dato che voleva la risposta alla sua ultima domanda.
« Reijiro, basta nascondersi, è arrivata l’ora che tu compia il tuo destino » disse la donna malata all’indovina.
« Mamma, torna subito a letto, hai preso la tua medicina? » le chiese.
« Vieni, qui, aiutami a mettermi seduta, poi vestiti normale e torna giù, devo spiegare a tutti voi un paio di cose » poi sorrise, sembrando accorgersene per la prima volta, ai nuovi arrivati.
L’indovina/Reijiro, ubbidì a quella strana donna malaticcia aiutandola a sedersi e poi sparendo su per le scale. Mentre gli altri, curiosi e un po’ scioccati, non capivano bene cosa stesse succedendo, la donna aveva gli occhi chiusi e sorrideva.
« Eccomi mamma » annunciò un ragazzo, comparendo poco dopo.
« Ma tu sei l’indovina! » esclamò Sakura, avendolo riconosciuto dalla voce.
« Non vedi che sono un ragazzo? » ribatté brusco lui. Poi andò vicino alla madre e si appoggiò al muro, con le mani in tasca. Era un bel giovanotto, alto, magro, con i capelli neri come l’inchiostro e gli occhi blu come il mare.
« Perdonate mio figlio, a volte è maleducato con gli sconosciuti, ma lo fa per via della mia cagionevole salute » spiegò la donna. Per tutta risposta lui alzò gli occhi al cielo con uno sbuffo impaziente.
« Io mi chiamo Reijiro e questa è mia madre Hanae, colei che chiamate l’indovina » pronunciò l’ultima parola con tutto il disprezzo che aveva.
« L’indovina ha un figlio? » chiese sbalordita Rika.
« Due, a dire la verità. Mio fratello Takuma è di sopra che gioca » Reijiro sorrise leggermente, come se fosse divertito da tanta incredulità.
« Lasciamo perdere, l’importante non sono io qui dentro, ma siete voi » disse Hanae indicandoli tutti, anche suo figlio.
« Cosa vorrebbe significare tutto ciò? » chiese Red, che trovava l’indovina una pazza stravagante, piuttosto che una persona con la dote di saper leggere il futuro.
« Voi non sapete nulla, non è così? » chiese loro, guardandoli dolcemente.
« Nulla su che cosa, per favore, si spieghi meglio » Red iniziava ad alterarsi, anche Sakura se ne accorse, infatti gli mise una mano sopra il braccio, per fargli capire che non si sarebbe dovuto comportare in quel modo.
« Lasciate che vi spieghi tutta la storia dall’inizio » disse Hanae prendendo fiato.
« Un tempo era una famosa indovina, giovane ed in piena salute, per cui moltissime persone venivano a farsi predire il futuro da me, riuscivo a leggere chiaramente cosa sarebbe successo, perciò so delle cose che nessuno sa » l’indovina parlava con voce tremante, probabilmente dovuta alla sua cagionevole salute.
« Un giorno, durante uno dei miei viaggi mi imbattei in una strana costruzione, mi avvicinai per capire di chi fosse, ma in quel momento mi arrivò una visione: vidi la strega bianca che sarebbe tornata a perseguitarci, che avrebbe combattuto ancora più ferocemente di prima e che gli unici che avrebbero potuto sconfiggerla erano gli eredi dei nove guardiani delle gemme che erano vissuti moltissimo tempo fa » Hanae aveva gli occhi lucidi dall’emozione, come se avesse da sempre voluto spiegare ai discendenti la sua storia.
« Dopo quella visione iniziai a stare male, non riuscivo a reggermi in piedi, tossivo sangue… insomma, avevo capito che la forza della rivelazione era stata tale da togliermi le energie e costringermi a non fare più ciò che prima mi riusciva a meraviglia. Ora non posso più predire il futuro, altrimenti rischierei anche di morire, tanto forte è stato l’impatto di ciò che successe anni fa. Mi sistemai in questo villaggio, dove ero nata e cresciuta, sposai un uomo e ebbi due figli con lui, ma morì appena dopo la nascita di Takuma. Dopo la sua morte terminarono le entrate monetarie della famiglia e non sapevo più come avrei fatto ad acquistare le mie costosissime medicine. Reijiro si offrì di lavorare, ma nessuno era disposto a prenderlo perché era mio figlio, per cui ebbe la brillante idea di travestirsi e spacciarsi per me » fece una pausa e guardò tutti i ragazzi che le stavano davanti, certa di avere la loro totale attenzione.
« Vi sto raccontando queste cose perché i ragazzi che quel giorno vidi nella visione eravate voi, che ora siete davanti a me. C’eri tu » disse indicando Red « Con le tue sfumature rossicce e l’aria del leader, che impersonavi la gemma rossa, il coraggio ».
Spostò il suo dito su Shin « Il ragazzo dal bell’aspetto, la gemma gialla, la lealtà »
« L’allegra e buffa ragazza della gemma arancione, che rappresenta la purezza » continuò indicando Rika.
Proseguì con Sakura « La timida ragazza dagli occhi castani che impersoni fica la gemma rosa, l’amore ».
Infine si voltò verso suo figlio, il ragazzo stava ancora appoggiato con le spalle al muro e non parve troppo sorpreso che la madre includesse anche lui, « Mio figlio Reijiro. La gemma blu, la fiducia »
I ragazzi, scioccati da quella rivelazione, ci misero un po’ di tempo ad assimilare la notizia: non tutti i giorni un’indovina diceva loro che erano destinati a sconfiggere la strega bianca.
« Ma noi siamo solo dei semplici ragazzi, come possiamo sconfiggere la strega? » chiese Sakura, che si sentiva una normalissima adolescente, non la predestinata per qualcosa.
« Tutti voi avete dei poteri segreti, che dovrete scoprire e imparare ad usare » spiegò loro Hanae.
« Non ci posso credere, io sono un ragazzo normale, non posso essere un discendente dei guardiani o robe simili » protestò Shin, piuttosto scettico.
Red e Rika, invece, erano entusiasti della scoperta, infatti stavano già pensando alla gloria e alla fama che avrebbero avuto una volta sconfitta la strega, non ricordandosi nemmeno che non sapevano chi fosse, questa strega di cui si parlava tanto.
« Io l’ho sempre saputo che ero destinato a qualcosa di grande » disse Red, quasi orgoglioso di se stesso.
« Certo, adesso si spiega tutto. Io posso volare perché è questo il mio potere, perché sono l’erede di una guardiana » era così felice di averlo scoperto, che fece un voletto in aria per la contentezza.
Shin iniziava ad abituarsi alla cosa, mentre Sakura era ancora totalmente sconvolta: non credeva affatto che lei fosse chi Hanae diceva.
« Cosa dovremmo fare, ora? » chiese Red all’indovina.
« Dovrete andare negli altri villaggi a cercare i quattro guardiani che mancano: la gemma bianca, verde, viola e nera » spiegò pazientemente Hanae.
« Come facciamo a riconoscere gli altri guardiani, quando li vediamo? » chiese Rika.
« A questo ci penso io, i miei poteri dovrebbero essere quelli di riconoscere i comuni mortali da chi ha almeno una traccia di magia dentro di sé » era la prima volta che Reijiro parlava, dopo il racconto della madre.
Sakura, che era l’unica che ancora non voleva accettare ciò che Hanae aveva narrato loro, prese Red per il braccio e lo portò in disparte, lontano dagli altri che discutevano sul prossimo villaggio da visitare.
« Red » sussurrò piano « I guardiani, la storia dell’indovina, il dover combattere contro la strega bianca… non credo che tutto ciò sia una buona idea ».
« Sakura, io capisco che tu abbia paura, ma questo è il nostro destino, non possiamo tirarci indietro, non trovi? » Red era calmo, sapeva che ogni volta che accadeva qualcosa di imprevisto Sakura reagiva sempre in quel modo.
« Andiamo, ripensa all’ultima luna piena, ci stavamo per arrendere tutti davanti a quelle strane creature, c’è mancato pochissimo che non hanno portato via noi, non siamo pronti per combattere » Sakura era agitata. Non era preoccupata tanto per lei, ma per il suo migliore amico, voleva fare sempre l’eroe, ma questa volta sarebbe stato pericoloso.
« Sì, ma prima non sapevamo chi fossimo, ora sappiamo che abbiamo dei poteri che possiamo usare, c’è la reale possibilità di sconfiggerla » Red cercò di essere il più convincente possibile. Sognava da quand’era piccolo di vivere un’avventura simile, ora ne aveva la possibilità, non si sarebbe tirato indietro.
« Certo, adesso che lo sappiamo siamo molto più forti, no? Cos’è cambiato in te Red, rispetto ad un munito fa? » sbuffò Sakura, evidentemente adirata con l’amico.
« La luna piena è stata qualche giorno fa, abbiamo ancora qualche settimana di tempo per prepararci e potremmo aver trovato anche altri guardiani, saremo più forti ».
Sakura si morse un labbro, incrociò le braccia sul petto e parve pensare al discorso che le aveva fatto Red: era vero, avevano ancora tempo per prepararsi, ora che lo sapevano potevano essere più pronti, inoltre non sarebbero dovuti uscire a tutti i costi, la notte.
« Oh, e va bene, mi hai convinto » disse infine Sakura sospirando.
Red l’abbracciò forte e lei ricambiò, sperando che quella non sarebbe stata l’ultima volta che si sarebbero abbracciati.
 
Il ragazzo era certo che doveva tutta la sua riconoscenza a lei. L’aveva salvato, trascinandolo fuori dalle braccia insanguinate di sua madre e l’aveva messo come cameriere per la sua casa. Se non fosse stato per lei, probabilmente lui si sarebbe trovato tra gli orfanelli che sgraffignavano il cibo fra le vie della città.
No, forse ormai era troppo grande, magari si sarebbe unito al gruppo dei briganti che vivevano sulle montagne. Sempre che quella leggenda fosse stata vera.
Odiava andare al villaggio per comprare il cibo, ma lei lo obbligava ad andarci almeno una volta al mese. Il fatto era questo: lui odiava la gente, odiava la felicità, odiava vedere le persone che ridevano incuranti del fatto che ci fosse gente che soffriva e non facevano nulla per aiutarla.
Lo trovava crudele e disumano, come crudeli e disumani trovava tutti gli uomini. Tranne lei, ovviamente, lei era sempre ricoperta dallo strato di indifferenza e apatia, ma era sicuro che sotto battesse un cuore.
Era un po’ come una spessa lastra di ghiaccio, ci voleva molto a scalfirla, ma poteva essere rotta.
« Milady, sono tornato con il cibo, come mi avevate chiesto » annunciò quando fu di nuovo a casa. Lei, che era solita fare commenti sarcastici, quella volta era rimasta in silenzio, per cui lui si preoccupò.
« Milady? » la chiamò. Silenzio anche questa volta.
« Milady! » ripeté lui, a voce più alta. Come risposta ci fu un lamento che veniva dal piano superiore.
Lui corse subito a vedere cos’era successo e la trovò in camera sua, in terra, con il respiro irregolare e il sangue che le usciva dal naso e dalla bocca.
« Cosa vi è successo? » chiese lui, spaesato, gettandosi per terra accanto al corpo di lei. Di solito le capitava di gridare e perdere i sensi, ma il sangue, non le era mai uscito… forse aveva sbattuto il viso cadendo.
Lui la prese in braccio, molto delicatamente, le tolse l’abito bianco macchiato di sangue, in modo da lasciarla solo con un’altra bianca sottoveste, prese la siringa e la medicina, poi gliela iniettò nelle vene.
Lei si calmò subito, così la mise e si sedette accanto a lei. Le ripulì la faccia sporca di sangue con un fazzoletto, sporcandosi anche i guanti bianchi che portava.
Andò al piano inferiore e mise a bagno con il sapone il vestito, poi tornò a controllare come stava la ragazza. Dormiva ancora, perciò decise di andarsene.
« Suzaku… Suzaku… » appena sentì pronunciare il suo nome, lui si voltò subito e andò da lei.
« Milady, cosa c’è? » chiedere ‘va tutto bene’ gli sembrava scontato, dopotutto l’aveva ritrovata a terra con la faccia sporca di sangue.
« Lo sanno, l’hanno scoperto » Suzaku capì immediatamente di cosa stesse parlando.
« È per questo che prima siete svenuta? » le domandò.
Lei annuì debolmente.
« Suzaku devi farlo, avrei voluto evitarlo, ma non posso rischiare ancora… ogni momento che loro diventano più forti io mi indebolisco »
« Sa che per lei, farei qualsiasi cosa, Milady » lei guardò i guanti di Suzaku dov’erano sporchi di sangue, poi lo fissò intensamente negli occhi.
Lui si alzò e andò nella propria camera. A testa bassa, aprì la teca di vetro che conteneva la sua armatura. La guardò per un secondo, senza però vederla veramente, le uniche immagini che passavano davanti ai suoi occhi erano quelli dei suoi ricordi.
Non credeva che l’avrebbe indossata di nuovo così presto.


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Salve a tutti, eccomi qui con un nuovo capitolo.
Mi dispiace moltissimo avervi fatto aspettare così tanto tempo per l'aggiornamento, vi giuro avevo intenzione di farlo prima, ma un po' con il caldo, un po' sono andata al mare, un po' la mattina non ci sono è stato tutto un casino e non ho mai avuto un momento per mettermi al pc e scrivere.
Comunque, come potete vedere, ho aggiunto il banner alla storia.
So che non è il massimo, ma l'ho fatto io e ci tengo a dire che è una mia creazione, così la storia sembra ancora più personale.
Che dire?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che la parte finale vi abbia incuriosito :)
Ci sentiamo presto (stavolta per davvero).

Se volete potete seguire il capitolo anche sulla mia pagina facebook.

_WhiteRose_

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Capitolo 5
*** Il cavaliere bianco ***


Capitolo 5 ─ Il cavaliere bianco
 

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Da quando avevano scoperto di essere i guardiani delle gemme, tutti i ragazzi erano un po’ spaesati. Inizialmente erano felici della loro missione e già fantasticavano su come avrebbero potuto salvare il mondo ma, andando avanti, si resero conto che era più complicato del previsto.
L’unico che sembrava meno confuso degli altri era Reijiro, ma forse perché era stato abituato fin da piccolo al suo destino e non lo trovava strano.
Il villaggio a cui erano arrivati, dopo vari giorni di cammino, si chiamava “Shensi”. Non era molto grande, non come quello dove avevano incontrato l’indovina, inoltre le case erano ammassate l’una sull’altra e fra i diversi palazzi non c’era spazio.
I ragazzi notarono che ai piani inferiori c’era sempre qualche negozio spesso di fabbri, mentre ai piani superiori c’erano gli appartamenti in cui vivevano le famiglie.
Anche Red, Sakura e Shin, che venivano da un microscopico villaggio sperduto in cima alle montagne, avevano sentito parlare di quel posto: era lì, infatti, che risiedevano i migliori fabbri del mondo, che producevano armi di ottima qualità. C’erano varie leggende sulle loro creazioni, alcune dicevano che avessero prodotto armi e armature anche per i nove guardiani originari.
Per la bravura dei loro artigiani, nel villaggio, oltre al fabbro, non c’erano altre professioni disponibili, per cui molti giovani se ne andavano, affievolendo sempre di più il numero di abitanti.
La loro unica ricchezza erano appunto le armi e, ora che era tornata la strega bianca, le esportazioni stavo tornando a crescere, mentre erano calate drasticamente subito dopo che i guardiani l’avevano sconfitta, dato che ormai la gente si riteneva al sicuro e non pensava fosse più necessario difendersi.
Producendo solo armi, però, non avevano molto da mangiare, infatti dovevano importare quasi tutti i prodotti ma questo per loro non era un problema, anche perché si trovavano nei pressi della città di Tokai, una delle aree sviluppate più grandi lì vicino, che commerciava davvero di tutto, anche con le terre oltreoceano.
Arrivati lì i ragazzi non vennero accolti da nessuno: erano tutti molto impegnati a lavorare, per cui speravano di trovare una locanda, o almeno un posto chiuso in cui passare la notte. Avevano sempre le tende e avrebbero potuto di nuovo accamparsi nel bosco e inoltre mancava ancora una settimana alla luna piena, ma non sarebbe dispiaciuto a nessuno di loro dormire, per una volta, in un soffice letto accogliente al chiuso, al riparo da tutto ciò che accadeva all’esterno.
Purtroppo, però, di locande non ne trovarono, per cui, dopo aver fatto un giro del villaggio, decisero di accamparsi nel bosco come facevano di solito in quelle occasioni.
Proprio mentre stavano per uscire dal villaggio, dall’ultima casa prima delle mura, uscì urlando una giovane ragazza, più piccola di tutti loro, che avrà avuto all’incirca quattordici anni.
La ragazza in questione stava gridando e inveendo contro uno dei suoi familiari, suo padre, probabilmente, in modi che non erano proprio adatti a lei, con parole che nemmeno Red si sarebbe mai sognato di dire ad uno qualsiasi dei suoi parenti.
Quando ebbe finito si incammino verso il centro del villaggio e solo allora si rese conto dei ragazzi che la fissavano a bocca aperta.
Ancora rossa in faccia, si rivolse a loro.
« Che avete da guardare? ».
Era una ragazza strana, vestita con un paio di pantaloni verdi e una maglietta a maniche corte bianca; i capelli erano così corti che, se non avesse avuto i tratti del viso dolci tipicamente femminili, l’avrebbero scambiata per un ragazzo.
« Scusa, no volevamo intrometterci in niente, ma ti abbiamo sentita gridare e…» Red stava cercando le parole adatte per scusarsi, quando si resa conto che non c’era nulla su cui poteva farlo: erano semplicemente rimasti basiti da quella scena e, se c’era proprio qualcuno che doveva chiedere scusa, era la ragazza che strillava tanto.
« Non importa, ora devo andare » fulminò i ragazzi con i suoi occhi color verde smeraldo e si avviò, a braccia conserte, parlottando fra di lei, verso la piazza principale.
Poco dopo che fu sparita dalla vista dei ragazzi da quella casa uscì una signora robusta dai capelli neri e gli occhi marroni.
« Avete per caso visto mia figlia? » domandò loro « Ha i capelli neri corti e gli occhi verdi ».
« Sì, ha fatto una scenata e poi è andata verso la piazza » le rispose Sakura, indicandole la direzione.
La donna sospirò sull’uscio di casa, poi guardò i ragazzi, come se si fosse improvvisamente ricordata di qualcosa.
« Siete dei viaggiatori? » chiese.
« Sì, volevamo accamparci nel bosco per la nottata » le rispose Red, mostrandole le tende e i sacchi a pelo.
« Oh, ma che nei boschi! A casa mia ho due stanze libere, potete tranquillamente stare da noi » sorrise e accompagnò dentro i ragazzi.
La loro casa era molto accogliente, arredata sui toni del bianco e del beige, l’ingresso era composto semplicemente da un salottino, mentre tutte le altre stanze, cucina compresa, erano al primo piano.
« Sapete, per noi è una tradizione vivere ai piani alti della casa, al primo piano abbiamo solo le botteghe » spiegò loro la donna mentre salivano le scale.
Gli fece veder le due camere, una cui avrebbero dormito i ragazzi e nell’altra le ragazze; poi andarono in cucina e la donna preparò loro un the per farli rinfrescare dal viaggio che avevano compiuto.
« Mi spiace per il comportamento di mia figlia » si scusò mentre versava il the nelle tazze « È solo che la viziamo troppo. Ha altri tre fratelli maschi, inoltre non è veramente nostra figlia, l’abbiamo trovata davanti a casa nostra quando era ancora in fasce ».
I ragazzi bevvero un sorso del loro the e ascoltarono la storia in silenzio.
« Abbiamo sempre creduto che per farla sentire a suo agio avremmo dovuto viziarla, in modo che non le pesasse il fatto che i genitori l’abbiano abbandonata » continuò.
« Non credo che viziando i propri figli si ottengano risultati » commentò Sakura addentando un biscotto che la donna aveva preparato per loro.
Lei sorrise debolmente.
« Lo so, ma è difficile dire di no a qualcuno quando ti inizia a parlare dicendo che non sarebbe mai stata felice perché i genitori l’hanno abbandonata, inoltre questo non è un periodo facile per lei, specialmente se si considera il fatto che…».
« Donna! » ruggì una voce dal piano inferiore. La donna smise di raccontare e si precipitò immediatamente di sotto.
Si sentirono un po’ di urla maschili, poi, circa cinque minuti dopo, lei ricomparve con un uomo muscoloso e dalla pelle scura alle sue spalle.
« Scusate, non sapevo che avessimo ospiti » disse lui.
« Questo è Gichi, mio marito, io sono Tara. Nostra figlia, quella che avete avuto già il piacere di conoscere è Emi e poi abbiamo anche altri tre figli: Basho, Yuji e Shoin » Tara era sorridente mentre presentava tutta la sua famiglia.
« Molto piacere » disse Red « Io sono Red, mentre loro sono Shin, Sakura, Rika e Reijiro. Siamo dei ragazzi che vogliono esplorare il mondo » gli sembrava un’ipotesi più plausibile questa, piuttosto che quella di dire che erano i discendenti dei guardiani delle gemme e che cercavano gli altri, per poter sconfiggere la strega bianca.
Gichi tornò al piano inferiore dopo aver detto qualcosa alla moglie e lei si mise subito a preparare la cena per i ragazzi. Loro le dissero che non era necessario, ma Tara non voleva ascoltare nulla.
Quando tutto fu pronto si sedettero a tavola e conobbero per la prima volta anche gli altri tre fratelli.
Tornò anche Emi, che appena li vide fu abbastanza stupita.
« Cosa ci fanno qui? » chiese alla madre.
« Sono nostri ospiti per la serata, spero non ti dispiaccia » le rispose sorridendole e invitandola a mangiare.
Emi non fece troppe storie, si sedette e mangiò la sua cena in silenzio. Parlò solo suo padre, intento a spigare ai ragazzi varie tecniche per forgiare le armi anche se loro capivano poco o niente di ciò che diceva Gichi, ma ci metteva così tanto entusiasmo che si finsero sempre interessati.
Finita la cena Tara si alzò per sparecchiare e lavare i piatti, non volle accettare l’aiuto di nessuno dei ragazzi che si erano offerti di farlo al posto suo.
Gichi tirò fuori da un armadietto una bottiglia di liquore ma, dato che loro erano stanchi e non avevano mai bevuto alcolici, declinarono gentilmente l’offerta e si ritirarono nelle proprie camere.
Si spogliarono e, appena ebbero toccato il letto, spronfondarono in un sonno profondo.
 
Sakura sentì che qualcuno le stava scuotendo una spalla, così si svegliò e vide Rika.
« Che c’è? » le chiese con la bocca ancora impastata dal sonno.
« Emi è in camera nostra e mi ha raccontato una storia piuttosto inquietante » Rika indico la ragazza, che Sakura non aveva minimamente notato.
« Mi dispiace avervi svegliato nel cuore della notte » si scusò Emi.
Sakura notò che quando era tranquilla, almeno quando non urlava e inveiva contro suo padre.
« Come ho già detto a Rika, io non voglio restare in questo villaggio. So che ho solo quattordici anni e che ai vostri occhi sembro una ragazzina, ma non posso stare qui un giorno di più » gli occhi di Emi divennero tristi all’improvviso.
« Come mai? » le chiese Sakura.
« Perché in questo villaggio le donne non hanno futuro. Fateci caso: tutti i fabbri sono maschi, le femmine vengono trattate come creature inutili, costrette a sposare un uomo, a ubbidirgli e a fare tutti i figli che lui vorrà ».
Sakura era scandalizzata « È terribile! ».
« Lo so, ma non c’è modo di farli ragionare, non sapete quante volte ci abbia provato con i miei. Sì, anche mia madre crede che sia giusto così, che le femmine siano inferiori e che i maschi siano più intelligenti. La cosa poteva pure andarmi bene fino ad un mese fa, il giorno del mio compleanno, quando mio padre mi annunciò che mi aveva trovato un marito, che avrei avuto due anni per conoscerlo e che poi ci saremmo sposati » Emi fece un pausa, Sakura era a bocca aperta dallo stupore, mentre Rika non era molto stupita, probabilmente perché aveva già ascoltato questa storia.
« Quello fu il momento in cui decisi che le cose dovevano cambiare, mi misi ad implorarlo, a supplicarlo, a gridargli contro… ma nulla gli ha ancora fatto cambiare idea; per questo voglio andarmene e non tornare mai più » concluse il suo discorso con amarezza, come se in fondo soffrisse per la sua decisione, ma era la cosa migliore da fare.
« Io non so se puoi venire con noi oppure no, dovremmo chiedere a Red e agli altri, spiegargli la situazione… » Sakura era incerta e cercava una soluzione anche da parte di Rika, ma lei si limitò ad alzare le spalle e scuotere la testa.
« Se mi vorrete con voi sarò più che felice di esserci, altrimenti partirò da sola, ormai ho deciso » Emi sorrise debolmente.
« Ma di cosa vivrai? ».
« Beh, non avete sentito come mio padre parla delle tecniche di forgiatura delle armi? Lo fa a tutte le sue cene con gli amici, per cui molto spesso. Io ho assimilato tutte le tecniche, sono capace di fare armi molto buone, alcune ne ho in camera, potrei venderle per acquistare un a casa, o del cibo…» Emi era piuttosto sicura del suo piano, ma sia Sakura che Rika sapevano che il mondo fuori era qualcosa di più che trovarsi il cibo e una casa, per cui erano seriamente preoccupate.
« Domani mattina parlo con Red, ti assicurò che lui sarà felice di farti venire con noi » la confortò una sorridente Sakura.
 
« La risposta è no » confermò Red.
« Andiamo, ma perché? » Sakura non si aspettava una simile testardaggine nell’amico « Devo raccontarti di nuovo la sua storia? ».
« No, ho capito. Ti ricordi cosa ci ha detto Tara ieri? Emi è viziata, potrebbe averti tratto in inganno » Red stava rimettendo il suo sacco a pelo dentro lo zaino e non sembrava si sarebbe lasciato convincere tanto facilmente.
« Io l’ho guardata negli occhi mentre mi parlava, sarei riuscita a capire se mentiva, non trovi? » di solito lei e Red non discutevano mai, inoltre era lui quello che solitamente aveva idee strane.
Lui stava per replicare, ma in quel momento uscì una persona dal bosco. Non lo avevano mai visto, non sapevano chi fosse né perché fosse vestito in quel modo.
« Tu sei? » gli chiese Reijiro in quel momento.
L’uomo misterioso non era vestito con abiti comuni, ma aveva una scintillante armatura bianca, aveva la testa coperta da un elmo, portava anche una spada e uno scudo.
In risposta alla domanda di Reijiro gli puntò contro la spada.
« Ehi, sta’ calmo, ho solo chiesto! » Reijiro alzò le mani e indietreggiò, tornando dai suoi compagni.
Lo strano cavaliere dall’armatura bianca si avvicinò sempre di più a loro, e avrebbe affondato la sua spada nel petto di Red, se non fosse arrivata Emi a spingerlo via.
Gli si era lanciata sopra incurante del pericolo, lui era stato piuttosto sorpreso, ma poi l’aveva gettata lontano, tornando a Red. Forse era lui il suo vero obiettivo.
Emi, però, non gli aveva solo salvato la vita, gli aveva anche lanciato una pesante spada in metallo.
« Usala! » gli urlò.
Red all’inizio non capiva come avrebbe fatto, non aveva mai combattuto con un altro essere umano, non aveva mai retto una spada in mano, per questo non capì cosa gli accadde in quel momento: si sentì a suo agio come mai si era sentito in vita sua, con una nuova forza che gli scorreva dentro.
La spada sembrava leggera nelle sue mani e riuscì a parare diversi attacchi del cavaliere bianco, per poi ingaggiare con lui un duello che non si sarebbe sognato di poter fare, nemmeno nelle sue più vivide fantasie.
Non aveva mai usato una spada, nonostante questo stava combattendo come se non facesse altro da anni. Alla fine riuscì a disarmare il cavaliere, che, abbandonata la sua spada, si rifugiò di corsa nel bosco.
« Red, non sapevo che tu fossi capace di combattere in questo modo! » commentò Shin alla fine.
« Credimi, nemmeno io lo sapevo » guardò la sua spada, come se potesse dargli le risposte che cercava.
Nel frattempo Sakura e Reijiro erano andati a controllare Emi, che fortunatamente stava bene, aveva solo qualche graffio.
« Sono felice che tu non ti sia fatta male » le disse Sakura medicandola con il kit che portava sempre con sé.
« Devo dirti una cosa » Reijiro aveva la faccia cupa « Hai presente la profezia della strega bianca e dei guardiani delle nove gemme? »
Emi annuì.
« Beh, noi siamo i loro discendenti. So che ti sarà difficile crederlo, ma è la verità e…» fece una pausa, prese fiato e continuò « prima, quando ti sei lanciata su quel cavaliere… beh, ho capito che anche tu sei una di noi ».
Emi lo guardava stupita, lei aveva solo quattordici anni, non aveva mai vissuto una cosa del genere e probabilmente sapeva di non essere pronta.
« Va bene, questo vuol dire che dovrò venire con voi » disse infine.
« Va bene? » ripeté stupito Reijiro, che di certo non si aspettava una risposta simile.
« Sì, so che è una cosa difficile da comprendere o roba simile, ma l’unica cosa che mi importa è andarmene da qui, ora non so se questa è la verità o se voi siate un po’ sciroccati, ma non resterò su questo villaggio un minuto di più » con quelle parole si alzò e prese uno zaino anche lei.
Reijiro spiegò tutta la storia a Red, che non poté fare a meno di accettare Emi come componente del gruppo.
« La tua spada » le disse lui porgendogliela.
« Ora è la tua, considera come una specie di ringraziamento » Emi ridacchiò.
« Non posso accettarla, dico davvero, sarebbe troppo…».
« Andiamo, di sicuro qui sei il migliore a combattere con la spada: oggi ce ne hai dato la dimostrazione, sarebbe inutile se la tenessi io oppure un altro membro del gruppo ».
Red sgranò gli occhi.
« Vuoi dire che questa non è una spada magica e chi la prende impara a combattere? ».
« Certo che no, non essere sciocco, cose del genere non si sentono nemmeno nelle leggende » Emi gli lanciò una strana occhiata e poi si allontanò da lui.
« Quando arriviamo alla prossima città ti costruisco anche un fodero » gli urlò.
Red si rigirò la spada fra le mani, convinto che fosse quella la fonte della sua bravura, altrimenti non sapeva come spiegarsi ciò che era accaduto.
Alzò la testa e vide che gli altri si erano già addentrati nella foresta, corse e li raggiunse, riflettendo sugli ultimi avvenimenti.
Aveva scoperto di essere bravo in combattimento, c’era questo cavaliere bianco che li aveva attaccati, avevano scoperto una nuova discendente dei guardiani e si stavano dirigendo nell’ultimo villaggio prima della grande città.
Eppure Red sentiva che la strada sarebbe stata tutta in salita.


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Allora, scusate molto per il mio ritardo ma finalmente sono qui con questo nuovo capitolo.
Non so, probabilmente già intuite chi sia questo cavaliere bianco, ma comunque non lo dirò fino a quando non sarà nescessario, perché potrebbe sempre essere qualcun altro.
Non so ancora quanto durerà la storia, ma non mi piace tirare le cose troppo a lungo, per cui non credo che ci saranno più di una quindicina di capitoli.
Se volete trovate le mie storie anche sulla mia pagina facebook.

_WhiteRose_

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Capitolo 6
*** Nuovi nemici ***


Capitolo 6 − Nuovi nemici

 
Finalmente erano arrivati: quello sarebbe stato l’ultimo villaggio prima della grande città, in cui contavano di sistemarsi per un po’ di tempo, riorganizzare le idee e decidere la strategia da usare. Si sarebbero fermati per una notte, come facevano di solito in questi casi, solo che questa volta sarebbe stato più pericoloso, perché c’era la luna piena.
L’ultima volta avevano incontrato il cavaliere dall’armatura bianca, quando lui si era presentato per sfidarli era ancora mattina presto e Red temeva che ormai la strega bianca potesse attaccarli sempre, non solo con la luna piena. Era piuttosto sicuro che il cavaliere rispondesse agli ordini della strega bianca, perché nessun altro sapeva che loro fossero i discendenti dei guardiani originali e, anche se lo avessero saputo, non avrebbe avuto senso attaccarli.
Reijiro era l’unico del gruppo che sembrava aver un po’ viaggiato e conosceva il villaggio, per cui portò tutto il gruppo in un ostello gestito da alcuni ragazzi orfani in cui, da ciò che diceva, era stato molto bene.
L’edificio dove avrebbero passato la notte non si distingueva particolarmente dagli altri, era di cemento grigio e aveva le persiane delle finestre marroni. L’unica cosa che facesse capire che era più abitato degli altri era il rumore che proveniva dall’interno: risate, urla, e altri di vario genere.
I ragazzi entrarono timorosi nell’edificio e subito videro una bella ragazza molto bella venire verso di loro sorridendo.
« Reijiro, quanto tempo è passato dall’ultima volta che sei stato qui? » gli chiese abbracciandolo.
Lui sorrise e l’abbraccio a sua volta. « Troppo ».
Sembrava davvero felice di vederla e, per un attimo, il resto del gruppo pensò che fra i due non ci fosse soltanto una semplice amicizia, ma un qualcosa di più.
« Ragazzi, lei è Minoko, è la mia più cara amica ».
Più Sakura la osservava, più si sentiva a disagio, dato che Minoko era davvero bella: aveva dei lunghi capelli biondi che teneva legati in una treccia, aveva gli occhi grigi e sembrava essere molto fine e aggraziata.
« Loro sono Red, Sakura, Shin e Emi » proseguì Reijiro con le presentazioni.
Si salutarono tutti molto cortesemente e poi le spiegarono il motivo per cui erano lì.
« Vorremmo passare la notte qui, possibilmente al chiuso, dato che ci sarà la luna piena ».
A quell’affermazione la faccia di Minoko divenne più scura, come se lo avesse dimenticato e le avessero fatto ritornare alla mente questo brutto particolare.
« Ah, già, la strega bianca… comunque Koin si è preparato come aveva suggerito tua madre ».
Minoko non sembrava entusiasta di parlare dell’argomento e, tutti tranne Reijiro, non avevano idea di cosa stesse parlando la ragazza.
« Perfetto, quando possiamo incontrarlo? » le chiese.
« Ora non è qui, ma dovrebbe tornare prima che cali la sera, sa i pericoli a cui va incontro ».
Minoko tornò sorridente e accompagnò i ragazzi in una grande camera in cui si trovano molti letti: avrebbero dormito tutti nella stessa stanza.
Posarono le loro borse sul letto che avevano scelto e poi si divisero: alcuni andarono a farsi una doccia, altri a mangiare e altri ancora a conoscere gli altri ragazzi che stavano facendo baccano. Il sole calò velocemente dietro le montagne e arrivò la notte, con la tanto temuta luna piena.
Si prepararono tutti per cenare. Minoko aveva detto loro che di solito mangiavano tutti insieme in una grande sala al piano terra, per cui si ritrovarono tutti lì.
Conobbero anche Koin, il ragazzo di cui stavano discutendo appena erano arrivati Reijiro e Minoko, ma non ci parlarono molto, perché era impegnato a giocare con sua sorella minore.
Koin e la piccola non sembravano affatto fratello e sorella: lui aveva la pelle pallida e i capelli nera, la mascella molto pronunciata e quando sorrideva piegava leggermente gli angoli della bocca, lei era castana, con un sacco di riccioli, aveva i tratti del viso dolci e sembrava scoppiare a ridere per ogni minima cosa.
« Non sono davvero fratello e sorella » disse Reijiro come indovinando i loro pensieri. « Sono entrambi orfani e si prendono cura l’uno dell’altro, tenendo attivo questo posto ».
« È molto dolce l’idea della famiglia che non sia solo quella di sangue » commentò Sakura, che aveva sempre detto che dalla morte di sua madre Red era la sua famiglia.
« Koin e Saki, la piccola, sono anche i miei di fratellini. Siamo gli unici tre che restiamo sempre fissi qui, che gestiamo il posto e che ci diamo da fare perché tutto funzioni » intervenne Minoko, orgogliosa del suo lavoro.
« Come mai avete deciso di aprire questo ostello? » le chiese Shin.
« Io ero partita dal mio villaggio, lo stesso da cui viene Reijiro, in cerca di avventura e per esplorare il mondo. Sono venuta in questo villaggio e ho trovato Koin, che era ancora piccolo e orfano, proprio come me, per cui ho deciso che avrei creato un luogo in cui tutti gli orfani potessero fermarsi quanto tempo volevano e sentirsi accolti come in una vera famiglia ».
Quando parlava così Minoko sembrava avere molti più anni di ciò che dimostrava.
Dopo cena ci sarebbero state varie attività, ma i ragazzi, che erano in cammino da giorni, decisero di lasciar perdere e di andare direttamente a dormire. Erano in camera, quando qualcuno bussò alla loro porta; Red andò ad aprire e vide che era Koin.
« Avete per caso visto Saki? Era la bambina con cui stavo a cena…» disse piuttosto preoccupato.
« No, mi dispiace, non ho idea di dove possa essere » gli rispose Red.
Koin era davvero in ansia, si mise a mangiare un’unghia riflettendo.
« Le ho detto di non andare fuori, spero solo che sia dentro al sicuro…» diceva fra sé s sé.
« Vorresti dirmi che potrebbe essere da qualche parte là fuori stasera che c’è la luna piena? ».
« Lei non è così stupida, gliel’ho ripetuto varie volte che non deve uscire, ma dentro non riesco davvero a trovarla…»
Red si stava per offrire ad andarla a cercare, quando sentì dei sassi battere contro la finestra della loro camera e tutti, Koin compreso, andarono a vedere chi fosse.
La bella notizia era che avevano trovato Saki, la brutta era che si trovava svenuta fra le braccia del cavaliere bianco.
Koin si era precipitato immediatamente al piano di sotto, poi era uscito per assicurarsi che sua sorella stesse bene e che il cavaliere non le stesse facendo del male. Gli altri rimasero sbigottiti dalla sua reazione e non sapevano come comportarsi: da una parte avrebbero voluto seguirlo, ma c’era la luna piena, per cui sapevano che potevano correre dei rischi non indifferenti.
Inaspettatamente fu Reijiro a incoraggiare gli altri per aiutarlo, perché Koin non doveva assolutamente ferirsi; i ragazzi l’aveva guardato senza capire, per questo lui aveva promesso che gli avrebbe spiegato tutta la storia una volta che lo avrebbero salvato.
Arrivati fuori provarono freddo, come quella volta che erano stati attaccati alla locanda, solo che questa volta non c’era la nebbia. Era solo una sensazione, un qualcosa che si provava mettendo piede fuori e non importava se fosse estate, anche avendo il più caldo dei fuochi accanto a loro avrebbero sentito freddo.
« Lascia andare mia sorella! »urlò dalla disperazione Koin.
Voleva prendere a pugni il Cavaliere Bianco, voleva chiedergli il perché avesse preso proprio lei fra tutte le persone che c’erano, si sentiva in collera con se stesso per non averla protetta a dovere… ma poi capì. Quel cavaliere in realtà non era interessato a sua sorella, era interessato a lui, esattamente come gli aveva spiegato Reijiro e come gli aveva ripetuto sua sorella maggiore.
« Attento, sa combattere » lo avvertì Red, che aveva capito che lui avrebbe fatto qualsiasi cosa per la sorella.
« Se è me che vuoi vienimi a prendere » disse Koin staccandosi dagli altri ragazzi e andando sempre di più verso di lui. Tutti tranne lui e Reijiro erano confusi sul perché il cavaliere bianco fosse così interessato a lui, per cui cercavano di proteggerlo sperando che tutto finisse presto e che potessero avere finalmente delle spiegazioni.
In quel momento sentirono come se la terra stesse tremando e tutti, cavaliere bianco compreso, si guardarono introno per vedere cosa fosse successo: una quantità impressionante di statue di pietra si stavano dirigendo verso di loro. Le statue erano grandi e pesanti, si muovevano lentamente e avevano in mano un’ascia. Non sembravano molto pericolose a vederle da lontano.
Con grande sorpresa di tutti il cavaliere bianco sussultò e andò via, trascinando con sé Saki. Koin voleva raggiungerlo, ma una statua di pietra gli si parò davanti. Si muovevano più velocemente di quanto ognuno di loro pensasse. In poco tempo circondarono tutti i ragazzi.
« Non toccatele! » urlò improvvisamente Reijiro.
« Perché? » gli chiese Shin, che si stava preparando ad attaccare.
« Non so… ma non ho una bella sensazione. Sono pericolose, non toccatele, datemi retta ».
I ragazzi si disposero a cerchio, in modo tale che avessero tutti le spalle coperte, ma questo non bastò a fermare le statue: inesorabili avanzavano verso di loro. Erano vicinissime, una questione di passi e li avrebbero raggiunti quando, come per magia svanirono esattamente com’erano arrivati. Non sparirono solo loro, ma anche la sensazione di freddo che provavano e tutti capirono che, per qualche ragione, per quella notte sarebbero stati al sicuro.
Si precipitarono immediatamente a cercare Saki, la trovarono poco dopo, seduta con la schiena contro un albero; era ancora addormentata, ma non semrbava essere ferita.
« Saki… Saki… » la chiamò dolcemente Koin. Ora che la sua sorellina era al sicuro non aveva più quello sguardo spaventato negli occhi, anzi si sentiva così sollevato che si sarebbe potuto mettere a piangere. Abbracciò la sua sorellina e si fece raccontare come aveva fatto a finire fra le mani del cavaliere bianco.
« Ti stavo cercando, sono entrata in camera tua, poi non so cosa è successo, non ricordo più niente » disse lei. Aveva un buffo modo di raccontare, come tutti i bambini del resto, iniziò anche a singhiozzare, ma Koin la rassicurò, dicendole che sarebbe andato tutto bene e che mai nessuno le avrebbe fatto del male. Lei sembrò credere alle parole del fratello, tornò dentro e si affidò alle cure amorevoli di Minoko.
« Non era mai successa una cosa del genere » stava dicendo Koin a Reijiro « Non avevano mai attaccato mia sorella ».
« Non capisci? Vogliono ferirci, se possibile anche ucciderci, perché siamo una minaccia per la loro padrona » gli aveva spiegato pazientemente Reijiro.
« Sì, lo so, me l’avevi già detto, ma non credevo veramente che…» Koin fece una pausa e sospirò profondamente « Verrò con voi, devo proteggere le mie sorelle e tutti gli altri abitanti del villaggio ».
« Perché mai dovrebbe venire con noi? » chiese Red, che ancora non aveva capito il senso del loro discorso.
« Perché lui è uno di noi. Un discendente dei Guardiani delle nove Gemme ».
 
Suzaku era appena entrato dentro l’imponente salone e, sapendo di essere al sicuro, si tolse l’elmo e inspirò una boccata d’aria. Era tutto sudato, i capelli bagnati gli si incollavano alle tempie e l’unica cosa che voleva, oltre a farsi un bagno, era vedere se lei stesse bene.
« Cosa è successo? » gli chiese vendendolo in quello stato.
« C’è stato un problema » disse lui ansimante.
« Questo lo so » sibilò « Quello che volevo sapere è perché si è verificato ».
Suzaku, purtroppo, non aveva una risposta a questa domanda, per cui si limitò a scuotere la testa.
« Non è un bene, lo capisci? Ho corso dei rischi per ciò che è successo questa notte ».
Era preoccupata, spaventata e arrabbiata, la cosa sorprese molto Suzaku… che stesse diventando umana? Ci sperava da così tanto tempo, ma non avrebbe mai pensato che un giorno sarebbe successo davvero. Un sorriso spuntò sulle sua labbra.
« Perché ridi? » gli chiese sempre più in collera.
« Nulla » si affrettò a rispondere, tornando serio. « Mi fa piacere vedere che state bene, Milady, temevo che vi fosse accaduto qualcosa dopo quello che avete dovuto fare per…»
« Smettila, sto bene, ora vatti a lavare » lo interruppe.
Odiava quando Suzaku faceva così. Sapeva benissimo perché prima aveva sorriso, lei si malediceva ogni volta che si lasciava andare, perché le emozioni le facevano male. Era questa la sua condanna. A volte sperava che lui smettesse in tutti i modi di trovare quel briciolo di bontà e di umanità che aveva dentro, ma sapeva che era impossibile: lui era un essere umano, non avrebbe mai perso la speranza, com’era stata costretta a fare lei.
Ripensò alla maledizione che le era stata scagliata, a quanto fosse stata ingiusta la sua vita, al fatto che fosse destinata ad essere infelice per qualcosa di cui non aveva assolutamente colpa, solo quella di essere venuta al mondo nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Sapeva che Suzaku stava sorridendo anche in quel momento, mentre si faceva il bagno, ma lei, egoisticamente, avrebbe voluto che almeno lui non sorridesse mai, perché vedere persone felici intorno a lei le faceva male. Per un attimo la sua collera aumentò così tanto che le uscì il sangue dal naso, ma almeno fu sicura di una cosa: lei l’aveva sentito e avrebbe fatto meglio a capire che la doveva temere.


 


 
Ehilà, perdonatemi per il ritardo, ma alla fine sono riuscita ad aggoirnare. Purtroppo è iniziata di nuovo la scuola, per cui credo che andrò decisamente molto più lentamente con gli aggiornamenti e tutto il resto, per cui vorrei scusarmi in anticipo.
Tornando al capitolo, spero vi piaccia. Nell'idea iniziale ci sarebbe dovuto essere un comabttimento e alla fine Reijiro che diceva chi era in realtà Koin, ma dato che Suzaku e "Milady" non li rivedremo per qualche capitolo ho deciso di togliere la lotta e farlo finire, per una volta, con i pensieri di lei.
Vorrei sempre ringraziare tutte le persone che leggono la storia, che la recensiscono, che la mettono fra le seguite e la mia beta.
Ci vediamo al prossimo capitolo ;)

_WhiteRose_


 

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Capitolo 7
*** In città ***


Capitolo 7 − In città


Non era la prima volta che Red aveva l'impressione di essere seguito. Si stavano dirigendo verso la città, la meta del loro viaggio, eppure Red era inquieto: più volte si era voltato convinto di essere osservato, ma non aveva trovato nessuno.
« Qualcuno ci segue » annunciò senza tanti giri di parole. Gli amici lo guardarono senza capire e gli chiesero di spiegarsi meglio.
« È una sensazione che ho da quando abbiamo lasciato l'ultimo villaggio, non vorrei che fosse il Cavaliere Bianco ».
Sakura percepiva l'ansia e la preoccupazione del suo migliore amico, infatti gli strinse la mano in segno di conforto. Se invece di stare attenta solo a Red, avesse notato anche i comportamenti delle altre persone che la circondavano, si sarebbe resa conto che Rika le aveva lanciato uno sguardo carico d'odio mentre guardava in maniera rassicurante l’amico.
« Credi che potrebbe essere davvero lui? Le altre volte che lo abbiamo incontrato ci ha sempre sfidato apertamente » notò Reijiro, che aveva studiato attentamente le mosse e i comportamenti del nemico.
« Chi altri può essere altrimenti? » chiese Shin, che concordava con Red.
Il gruppo iniziò a discutere, spaccandosi in due: Red, Shin e Rika erano convinti che il Cavaliere Bianco li stesse seguendo; Reijiro, Rika e Koin credevano fosse qualcuno altro e Sakura cercava di non far scoppiare una lite, dando ragione un po' a tutti e cercando di farli ragionare.
« Non c'è bisogno litighiate » disse una  ragazza comprendono da dietro un cespuglio « Sono io che vi seguo ».
Aveva le mani unite in grembo, sembrava poco più grande di loro e teneva lo sguardo basso, come se si vergognasse per qualcosa.
« Fusae? » chiese Koin incredulo. Pareva essere l'unico a conoscerla.
« Io... Non volevo che tu partissi senza di me » gli confessò la ragazza a bassa voce.
Koin aprì e chiuse gli occhi più volte, come se ancora non credesse che lei era lì, ma che fosse soltanto frutto della sua immaginazione. Quando aveva deciso di partire con gli altri ragazzi aveva messo in conto di non rivederla più, anche se la cosa lo faceva soffrire.
Quando realizzò che non era un sogno, corse ad abbracciarla e la baciò delicatamente sulle labbra. Gli altri ragazzi, che fino a quel momento avevano osservato la scena senza commentare, si sentirono in imbarazzo e si allontanarono dai due innamorati, concedendogli la possibilità di parlare tranquillamente.
« Che ci fai qui? Ti avevo detto di rimanere al villaggio senza muoverti » voleva rimproverala, ma non riusciva ad essere arrabbiato con lei, per cui il suo rimprovero suonò dolce.
« E a fare cosa? Ad aspettare, sempre in ansia, per avere tue notizie? Che senso avrebbe avuto? » le parole uscirono fuori come un fiume impetuoso dalla bocca di Fusae.
Non era arrabbiata con lui perché aveva capito che se ne era andato per il bene di tutti, ma era molto preoccupata.
Da quando lui glielo aveva detto, aveva ripensato a com’era vivere prima che si conoscessero e questo l’aveva spaventata a morte. Quando cercava di ricordare la parte precedente alla loro vita insieme vedeva solo nero, e non era certo un modo di dire: Fusae aveva perso la memoria. Nessuno conosceva bene l’accaduto, né come fosse successo, ma ci fu un incidente e rimasero coinvolti lei e i suoi genitori. Loro morirono entrambi, mentre lei non ricordava più nulla. Dovette imparare tutto di nuovo, e forse questa fu una delle cose più brutte per lei. Odiava vedere la gente che la trattava come se fosse stupida, che parlasse male di lei alle sue spalle, che avesse dei sospetti su di lei per quello che era successo.
I bambini smettevano di giocare quando la vedevano, le donne anziane iniziavano a parlottare fitto fra di loro e persino gli adulti in generale non le sorridevano e, se potevano, cambiavano strada. Erano tutti convinti che lei portasse sfortuna, inoltre non ricordava più cosa volesse dire essere amati dalla propria famiglia, per ciò decise di fuggire dalla città e di andare a vivere nei boschi.
Era lì che aveva incontrato Koin e, rapita dal fascino del giovane, si era convinta ad andare al suo villaggio, per poi essere accolta in quella che era la famiglia più bella che avesse mai conosciuto. Finalmente sentiva come se non avesse più la necessità di recuperare la memoria, perché aveva ciò che tanto le mancava. Lì nessuno conosceva la sua storia, nessuno la giudicava o la guardava male e per Fusae fu un cambiamento così grosso che dovette farci l’abitudine.
Qualche mese dopo scoprì, con sua grande gioia, che Koin ricambiava l’interesse nei suoi confronti e da quel giorno loro due furono come inseparabili.
Doveva tutto a Koin: lui gli aveva fatto ricordare cosa fosse la famiglia ed era l’amore della sua vita.
Per cui, quando lui finalmente l’abbracciò promettendole di portarla con loro, lei si sentì così felice che quasi le venne da piangere: avrebbe finalmente potuto smettere di preoccuparsi.
 
« Non capisco perché debba venire con noi » stava borbottando Shin. A lui Fusae non era simpatica, non le piaceva l’aria da persona innocente che aveva e tanto meno il fatto che fosse venuta con loro solo perché era la fidanzata di Koin.
« Saremmo molto indietro senza di loro, lo sai? » le ricordò Sakura con un sorriso sulle labbra.
Se le sue intuizioni erano giuste Shin non trovava antipatica Fusae, ma era geloso.
« Sì, beh, e allora? Non abbiamo portato con noi le altre persone che ci hanno aiutato, no? ».
« Oh, andiamo, sai che intendo. Fusae ci è d’aiuto, smettila di essere geloso ».
« Geloso? » ripeté lui con una certa sorpresa.
« Sì, geloso del bellissimo rapporto che hanno quei due. Non tutte le ragazze cadono ai tuoi piedi ».
Shin, sentendo che Sakura aveva capito ciò che provava, incrociò le braccia al petto e accelerò il passo per non sentirla più.
Era geloso del loro rapporto, non lo metteva in dubbio, ma c’erano anche altre cose che gli davano fastidio. Lui era bello, era un dato di fatto, ma allora com’era possibile che tutte le ragazze che c’erano (esclusa Fusae) sembravano avere interesse solo per Red?
Sakura sembrava essere innamorata di lui da praticamente sempre, Rika voleva a tutti i costi stargli accanto e rideva alla sue battute, e Emi lo prendeva come modello di riferimento, gli aveva anche regalato la spada!
La cosa più eclatante era il fatto che, mentre Shin ribolliva d’invidia, Red sembrava cieco davanti a tutti i segnali e questo faceva arrabbiare Shin ancora di più. Non capiva come fosse possibile essere tanto fortunati e non riuscire ad accorgersene.
 
Finalmente, dopo ore di cammino, erano riusciti ad arrivare alla città. Erano arrivati con molti giorni di anticipo grazie ad una scorciatoia che Fusae conosceva nei boschi. Tokai era l’unica città di cui tutti avevano sentito parlare, ma tutte le leggende e le storie parvero cancellarsi dalla loro memoria quando la videro per la prima volta.
Era così grande, così diversa dai villaggi che di solito frequentavano che non poterono fare altro che esplorarla a bocca aperta. Le strade erano piene di rumori, di colori, di odori, di frenesia… persero un solo giorno solo a visitarla. Per non parlare della loro meraviglia quando arrivarono al porto: molti di loro non avevano nemmeno mai visto il mare, furono stupiti dall’odore che aveva, dal movimento delle onde, dagli strani uccelli che volavano nel cielo, dalle navi ormeggiate al porto.
Tokai, indubbiamente, esercitava un grande fascino su di loro; soltanto Fusae sembrava non essere davvero felice, forse per via dei ricordi tristi che tutti quei luoghi le riportavano alla mente.
Alla fine della giornata scelsero una piccola locanda in periferia in cui passare la notte e, dopo un abbondante banchetto con cibi esotici, presero due camere; una in cui avrebbero dormito i ragazzi e l’altra per le ragazze.
Il loro umore quella sera era alle stelle, anche perché la luna piena era passata da poco e avrebbero avuto ancora del tempo per prepararsi e cercare gli ultimi due Guardiani che mancavano. Ora che erano in tanti si sarebbero anche potuti dividere in due gruppi e continuare in questo modo le ricerche, in maniera tale da avere più probabilità di successo.
Eppure, fu proprio quando tutto sembrava tranquillo che accadde qualcosa di strano: i ragazzi stavano salendo al piano superiore per poter andare nelle proprie camere, quando videro che il Cavaliere Bianco li attendeva.
Non vedevano il suo viso, ma percepivano il suo sguardo su di loro.
« Cosa vuoi da noi? » gli chiese Red maledicendosi per non aver portato con sé la sua spada.
Il Cavaliere non parlò, in compenso scosse leggermente la testa e fece segno loro di stare in silenzio e di seguirlo.
Red gli avrebbe risposto, se non fosse stato tanto scioccato: non era da lui un comportamento simile, di solito li attaccava oppure rapiva i loro cari.
Dato che Red non parlava, era Shin che stava per dire al Cavaliere che non sarebbero caduti nel suo inganno, ma in quel momento si sentì un rumore, come se la case fosse esplosa: il pavimento tremò e i vetri delle finestre andarono in frantumi, cadendo sul pavimento.
Il Cavaliere Bianco corse via, sempre facendogli segno di seguirlo, al piano superiore, ma i ragazzi andarono nella direzione opposta e scesero le scale.
Si trovarono davanti il disastro più grande a cui avessero mai assistito: tutta la gente che si trovava lì sembrava essere svenuta, al centro del pavimento c’era un grosso buco, i tavoli erano rotti e tutto ciò che era appeso alle pareti era finito a terra.
Al centro del buco c’erano due statue di pietra, come quelle che li avevano attaccati qualche notte prima. Sapevano bene che erano pericolose, ma non credevano fosse possibile che lo fossero così tanto.
Istintivamente presero a correre verso l’uscita e poi nel bosco. Ognuno aveva preso una direzione diversa ed erano quasi tutti sole; le statue avrebbero dovuto scegliere chi catturare.
 
Fusae era sempre in compagnia di Koin, non si erano inoltrati molto nel bosco e avevano preferito arrampicarsi su un albero perché, come aveva fatto intelligentemente notare lei, era difficile che quelle statue, potenti ma piccole, potessero arrivare là in alto.
 
Rika aveva spiccato il volo, aveva volato più in alto di tutti gli alberi e ora cercava i suoi amici per portarli in salvo. Il suo era un buon piano, se non fosse stato per il fatto che era impossibile vedere qualcosa se non si stava più bassi degli alberi, per cui spesso doveva tornare nel bosco, non sapendo se ad attenderla ci fossero stati i suoi amici o le statue.
 
Emi si trovava con Shin: lei non era mai stata molto agile nella corsa, infatti spesso inciampava e lui era costretto a fermarsi, a tornare indietro e aiutarla, per poi scappare di nuovo.
Quando anche lui non ebbe più fiato, si fermarono con le spalle contro un albero
« Secondo te perché sono qui? Oggi non c’è la luna piena… » chiese lei respirando affannosamente.
Non si aspettava una vera e propria risposta da Shin, ma capì dalla sua faccia che non aveva nemmeno una minima teoria.
 
Reijiro non era nel bosco come tutti gli altri. Aveva smesso di nascondersi nel bosco quando aveva visto che le statue non li stavano inseguendo; curioso si era chiesto il perché ed era tornato indietro. Aveva così visto che, alla locanda, una statua era stata messa fuori combattimento e che la spada di
Red non c’era più. In un primo momento pensò che fosse stato lui a sconfiggerla, ma poi si ricordò di averlo visto fuggire nel bosco davanti a lui e capì che le sue supposizioni erano errate.
Eppure la statua, o meglio ciò che ne rimaneva, giaceva a terra immobile. Spinto dalla voglia di scoprire cosa fosse la toccò, ma ritrasse in fretta la mano perché era come se la statua lo avesse scottato: era morta, ma conservava ancora il suo potere.
 
Red era scappato nel bosco e, ora che aveva trovato un riparo che considerava sicuro, si chiese dove fosse. Per confondere la statua che lo ricorreva aveva percorso un sacco di strada facendo molte deviazioni e ora non sapeva come tornare indietro. Cercò di arrampicarsi, ma ovunque andasse non faceva altro che vedere gli alberi vicino a sé: si era perso.
 
Sakura aveva tentato di correre dietro a qualcuno, ma per lei erano tutti troppo veloci e li aveva persi di vista. Ora si trovava in una piccola radura in cui si era fermata per riprendere fiato. Aveva visto la statua che ricorreva Red, aveva anche cercato i fermarla, ma non era capace di competere con la sua velocità per cui ora non poté fare altro che sperare che stesse bene.
In quel momento sentì qualcosa provenire dall’interno del bosco e la sua paura tornò nuovamente: la statua era davanti a lei.
Sakura cercò di scappare, ma questa fu più veloce e le prese un polso. Sakura sentì come se sulla pelle le avessero appoggiato un pezzo di metallo bollente e urlò senza riuscire a contenersi.  Fortunatamente in quel momento arrivò il Cavaliere Bianco, e, come lo vide, la statua la lasciò andare e corse lontano. Sakura si accasciò a terra, con il polso che le faceva così male che il dolore le si ripercuoteva per tutto il braccio. Il Cavaliere Bianco corse verso di lei, prese un sacchetto di erbe che teneva nella sua cintura e gliele mise sul braccio.
Sakura si sentì molto meglio, come se il braccio non le facesse più male, come se nemmeno lei esistesse; aveva cominciato a sentire le sue palpebre pesanti, doveva chiudere gli occhi.
Sentì vagamente che lui la sollevò fra le sue braccia e la appoggiò con la schiena contro un masso freddo, ormai vedeva tutto sfocato ed era in uno stato di semi-incoscienza.
Lui si tolse l’elmo, lo appoggiò a terra e poi continuò a concentrarsi su di lei. Vide che aveva ancora con lei un kit di pronto soccorso, per cui prese una benda e gliela avvolse intorno al polso. Sakura ormai aveva gli occhi chiusi, ma il sogno che stava facendo la agitava così tanto che non riusciva a stare ferma e a non urlare, di tanto in tanto.
Ad un certo punto, non era sicura se stesse sognando oppure no, aprì gli occhi e vide un ragazzo che la stava medicando. Aveva gli occhi grigi, i capelli biondi e lo sguardo concentrato. Sakura mise a fuoco il prato dove lui era seduto: vide che c’era la spada di Red e che il ragazzo indossava un’armatura bianca. Voleva chiedergli se fosse davvero il Cavaliere Bianco, ma non riuscì a parlare e sprofondò di nuovo nei suoi incubi.
Quando si svegliò, era ancora buio, si sentiva stanca e come se avesse corso tutta la notte. Non sapeva quanti dei suoi ricordi fossero veri e quanti fossero un sogno, ma aveva una fasciatura ordinata sul polso, anche se le faceva ancora male. Vide che accanto a lei c’era anche la spada di Red. La raccolse e, camminando lentamente, si avviò verso la città. L’unica cosa che desiderava una volta arrivata era quella di affidarsi alle cure di un bravo medico e poter riposare, ma quello che vide le tolse il fiato e la speranza: la città era in fiamme.

 
Ehilà, so che è un sacco di tempo che non mi faccio più viva, ma questo è stato un periodo in cui sono stata super-impegnata con la scuola e in cui la mia ispirazione era molto scarsa, per cui non ho avuto molto tempo per scrivere.
Per fortuna ora, a piccoli passi, ho ritrovato un po' del mio tempo, infatti come potete vedere sono tornata con questo nuovo capitolo.  Non sono molto brava a descrivere le storie e i rapporti fra la gente, infatti ci ho messo tanto tempo per scrivere la prima parte del capitolo, mentre la seconda è stata più facile per me.
Comunque, siamo arrivati a metà storia, dato anche che i capitoli dovrebbero essere 14 (e questo è il settimo). Nel prossimo, come avrete intuito si parlerà dell'incendio e tenete a mente le cose più importanti, perché la verità sta per essere svelata.
Al prossimo capitolo,

_WhiteRose_


 

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Capitolo 8
*** Poteri nascosti ***


Capitolo 8 ─ Poteri nascosti

 
La gente per le strade si agitava freneticamente, ma era una frenesia diversa da quella che c’era stata la mattina. Ora non erano tutti presi dal proprio lavoro, ma la maggior parte di loro era spaventata o si aggirava per le strade con secchi d’acqua.
Sakura, che era troppo scioccata anche solo per parlare, rimase ferma per un paio di minuti osservando a bocca aperta le fiamme che si propagavano dalle varie costruzioni. Purtroppo l’incendio aveva colpito un’area in cui tutti gli edifici erano di legno e si espandeva molto velocemente. Passata l’incredulità iniziale, Sakura fece un giro intorno all’incendio per poi trovare i suoi amici che, come sospettava, stavano aiutando la gente del posto a spegnere le fiamme.
Furono tutti molto felici di vederla: le fecero un breve cenno con la testa e poi ripresero a passarsi i secchi d’acqua fra loro; Red, invece, smise di aiutare e corse ad abbracciarla.
« Avevo così tanta paura per te! » le disse stringendola.
Sakura fu leggermente colpita dal comportamento dell’amico, ma non ne fu dispiaciuta.
« Dove sei stata? Credevamo fossi morta! » le chiese preoccupato.
« Sono fuggita in una radura, una statua mi ha raggiunta e poi…» Sakura si fermò, perché non era certa di cosa fosse accaduto dopo. Il Cavaliere Bianco l’aveva davvero salvata?
« Poi? » la esortò Red a continuare.
Sakura stava per rispondere che non lo ricordava, ma proprio in quel momento cadde un pezzo di legno ancora in fiamme, così anche lei si unì alla catena umana per spegnere le fiamme. La cosa peggiore, però, non era tanto l’incendio in sé per sé, ma il fatto che dentro quei luoghi che avevano preso fuoco ci vivessero delle persone.
Ogni tanto degli uomini robusti entravano nelle case e salvavano quanta più gente potevano. C’erano anche un sacco di medici, pronti ad intervenire al più presto su coloro che erano feriti.
Proprio un quel momento due uomini stavano trascinando una donna lontana da una casa che aveva appena iniziato a bruciare; lei si dimenava e cercava di tornare all’interno.
« I miei figli, lì ci sono i miei figli! » .
Un uomo, che sembrava essere un suo parente, le si avvicinò.
« Kita, ormai non possiamo fare nulla… la loro stanza si trova al piano superiore, sta già bruciando » tentò di spiegarle con un tono triste.
« Pensi che mi importi, Aritomo? Quelli sono i miei figli, voglio che qualcuno li salvi! » continuava a gridare lei.
Appena Red aveva sentito quelle parole, senza pensarci troppo, aveva versato a terra il secchio d’acqua ed era entrato nella casa in fiamme, con i suoi compagni troppo scioccati dal comportamento improvviso dell’amico per salvarlo. Nessuno, degli uomini del posto, voleva andare ad aiutarlo, davano quella casa come persa: il piano superiore era in fiamme e i pavimenti avrebbero potuto cedere facilmente; sarebbe già stato difficile uscire da soli, con dei bambini era impossibile.
Forse fu per questa ragione che Sakura, che di solito era un persona pacata e per niente impulsiva, si lanciò tra le fiamme, gridando il nome dell’amico.
Appena dopo essere entrata un pezzo di legno, proveniente dal piano superiore, si staccò e inizio a bruciare l’area circostante alla porta: non potevano più uscire da lì. Sakura vide che Red non si trovava al piano terra per cui salì, molto lentamente, le scale che portavano al primo piano.
Lì era ancora più difficile respirare, Sakura sentiva che i polmoni le sarebbero esplosi per il fumo che stava respirando. Stava per scendere, quando vide Red che, indossando un fazzoletto a coprirgli naso e bocca, tantava di buttare giù una porta.
Sakura provò a chiamarlo, ma il fumo la fece solo tossire rumorosamente. Cercò di ricordarsi cosa le dicevano gli abitanti del suo villaggio in caso di incendio, per cui si accucciò e imitò Red, sollevando la maglietta sopra al suo naso.
Finalmente riuscì a raggiungerlo.
« Red, sono qui! » gli disse, facendolo spaventare a morte.
Red si girò di scatto e Sakura poté leggere chiaramente la paura che era impressa nei suoi occhi: non si aspettava che lei fosse lì.
« Perché sei qui? » la aggredì.
« Per la stessa ragione per cui ci sei tu ».
Erano anni che conosceva Red, ormai sapeva che quando lui trattava male le persone a cui teneva non lo faceva per cattiveria o per ferirle, ma spesso perché si preoccupava troppo per loro.
« Dove sono i bambini? » aggiunse.
« Credo dentro questa stanza » le disse indicando una porta chiusa.
Tentarono di aprirla, ma la maniglia, fatta di metallo, era troppo calda. Red optò per una soluzione più faticosa e buttò giù la porta a spallate, sfondandola.
I tre bambini si trovavano rannicchiati in un angolo della stanza: il più piccolo era in braccio alla sorella e sembrava essersi addormentato; gli altri due piangevano e tossivano, scossi dall’arrivo dei due che non conoscevano.
Sakura andò subito verso di loro e tentò di capire come stavano. Aveva seguito moltissimi corsi per le situazioni di emergenza del genere, ma sarebbe riuscita a capire che il bambino più piccolo aveva la febbre anche se non li avesse fatti. Il suo corpo era caldo e tremava dal freddo nonostante avesse gli occhi chiusi come se dormisse.
« È da questa mattina che è così, ha sempre avuto la febbre e ora…» provò a dire la bambina, prima che le lacrime le impedissero di continuare la frase.
« Non preoccuparti, posso curarlo, dobbiamo solo trovare un modo per uscire da qui » la rassicurò Sakura.
Red, intanto, stava perlustrando la stanza per cercare di capire come fosse messa la struttura.
« Io sono Red, lei è la mia amica Sakura. Dobbiamo uscire di qui e sono sicuro che ce la faremo, ma dobbiamo collaborare, va bene? ».
Il bambino più grande, che fino a quel momento era rimasto a piangere senza parlare, si asciugò le lacrime dagli occhi e annuì deciso: probabilmente si rendeva conto della gravità della situazione.
« Io sono Eizan, poi c’è mia sorella minore Chie e il più piccolo è Konjuro » si presentò.
« Io propongo di tornare al piano inferiore e provare ad uscire dalla porta principale; le scale sono un po’ pericolanti, ma dovremmo farcela »
Sakura si morse un labbro.
« Red, la porta principale è stata distrutta. È successo appena dopo che sono passata io ».
Lui imprecò sotto voce e tornò a perlustrare la stanza in cerca di un’altra via di fuga. L’unica plausibile fino a quel momento era un’enorme finestra situata su un lato della stanza. Anche se sembrava l’ipotesi più attuabile, sotto la finestra c’era direttamente il terreno; inoltre le fiamme che avevano quasi distrutto il piano sottostante.
« Qualcosa potrebbe esserci, ma è pericoloso…» iniziò Red.
« Cosa? » gli chiese Sakura.
« Potrei provare a saltare, magari con uno dei bambini » propose.
« Assolutamente no » intervenne tempestivamente lei. « Faresti solo danni e non miglioreremmo affatto la situazione in cui ci troviamo, non puoi…»
« Ma almeno sarebbe una possibilità! » ribatté Red.
« Una possibilità per cosa, per morire tutti qui? No, la risposta è no ».
Sakura era decisa, non avrebbe lasciato che lui facesse una cosa tanto stupida. L’unico problema era che Red la trovava un’idea eccezionale e a cui non voleva rinunciare facilmente. Prese un profondo respiro e poi andò verso l’amica, mettendole le mani sulle spalle e guardandola negli occhi.
« Ti fidi di me? » le chiese.
E Sakura in quel momento capì. Capì che Red avrebbe fatto lo stesso ciò che voleva, non le stava chiedendo il permesso, ma solo la sua collaborazione.
« Se usciamo vivi con il tuo piano prometto che non metterò più in discussione le tue stupide idee » gli disse sorridendo e lasciandosi sfuggire una lacrima.
Red rise a sua volta e le asciugò il viso.
« Va bene » le disse dandole un piccolo bacio sulla guancia, dopodiché fece salire Eizan sulla sua schiena e si lanciò giù dalla finestra.
Sakura voleva vedere cosa fosse successo, se Red e il bambino stessero ancora bene, ma proprio in quel momento il fuoco avvolse la parete, rendendo impossibile affacciarsi.
« Dobbiamo tornare al piano inferiore » gridò ai due bambini rimasti. Pregò anche che Red stesse bene, se gli fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonata.
Chie prese in braccio Konjuro e seguì Sakura fuori dalla porta, fino ad arrivare alle scale. Anche quelle stavano andando a fuoco, ma fortunatamente solo una piccola parte al centro. Sakura disse ai due bambini di restarmi fermi e a terra, per respirare meno fumo, poi andò nella stanza in cui si trovavano prima e prese una coperta pesante.
« Spero funzioni » sussurrò mentre avvolgeva se stessa e i piccoli. Ordinò a Chie di correre veloce lungo le scale, poi si precipitarono fra le fiamme.
La bambina inciampò, ma Sakura si gettò a terra cadendo di schiena, in modo tale che la bambina caddesse sopra di lei. Il primo pensiero della ragazza fu che erano arrivati al piano inferiore, ma come si mosse sentì di avere dei dolori lungo tutto il corpo e di aver respirato troppo fumo: non era sicura che ce l’avrebbero fatta.
La casa ormai stava cadendo a pezzi, in ogni muro c’era del fuoco e uscire dalla porta o dalle finestre sarebbe stato impossibile per loro. In un attimo Sakura senti il suo cuore che batteva a mille rilassarsi: sarebbe morta per una nobile causa e questo non le dispiaceva.
« Venite qui » disse dolcemente ai bambini allargando le braccia.
Chie e Konjuro le si avvicinarono e la strinsero forte, probabilmente anche loro capivano che sarebbero morti.
« Mi mancherà la mamma » disse Chie piangendo.
Rimasero tutti e tre stretti a piangere, quello dei loro singhiozzi era l’unico rumore che sentivano oltre quello del fuoco che bruciava.
« Sakura! » sentì chiamarsi ad un certo punto. La ragazza alzò la tesa e riconobbe la voce che l’aveva chiamata: per lei era inconfondibile, era Red.
« Bambini, avete sentito? » chiese con speranza. I due fecero segno di no con la testa.
« Sakura! » sentì di nuovo.
Questa volta era sicura che non fosse frutto della sua immaginazione: era Red, stava bene e la stava cercando.
« Red, sono qui! » urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
« Sakura lasciati guidare dalla mia voce, ho trovato un’uscita » le rispose.
Tremando per la gioia, prese le mani dei due bambini e cercò di condurli nel punto in cui Red continuava a chiamarla: forse c’era ancora speranza.
 
Fusae si sentiva strana e non era sicura che si trattasse dell’ansia o della stanchezza. Si sentiva come se stesse vivendo in un mondo ovattato, in cui tutti i suoni le giungevano come lontani e i contorni delle case e delle persone danzavano come ombre. Non riusciva a percepire nient’altro che il suo respiro e aveva la gola secca.
Le passarono un secchio d’acqua, ma lei lo fece cadere. Si ordinò di riprenderlo, ma era come se il suo corpo non rispondesse agli impulsi che gli inviava il cervello. Vide Koin domandarle qualcosa, probabilmente se andava tutto bene, e lei sentì la sua testa che si alzava e abbassava per annuire. Lui, non sicuro di quella risposta, le toccò il braccio e fu allora che accadde: era come se vedesse uno schermo in cui venivano proiettate delle immagini.
Prima un bambino dai capelli neri che giocava in un prato, poi quello stesso bambino circondato da morte e distruzione, Minoko che salutava quel bambino diventato ormai adolescente, vide lui che giocava con dei bambini piccoli… Istintivamente si ritrasse da Koin come se l’avesse ferita.
« Fusae, che ti succede? » l’ansia nel tono di Koin era palpabile.
Finalmente il mondo per lei aveva riacquistato colori, velocità e suono.
« Non lo so » balbettò lei guardandosi le mani: stava tremando.
« Sei stanca, non ti senti bene? » continuò a chiederle.
« No, no, non è quello è solo… » si fermò, perché nemmeno lei sapeva quello che le era successo. Aveva davvero visto i ricordi di Koin?
In quel preciso istante un altro uomo, un abitante del villaggio, le toccò una spalla e accadde la stessa cosa. Vide una bella donna che lo chiamava, i giochi fatti fra le strade della città, un matrimonio, la nascita di un bambino… Si staccò di nuovo, ma questa volta sentì una fitta allo stomaco, come se qualcuno le avesse dato un pugno e prosciugato le energie: non riuscì a dire nulla che cadde svenuta fra le braccia di Koin.
 
Sakura era finalmente giunta davanti al punto in cui Red la stava chiamando. Notò che era una parete della casa in cui il muro era quasi tutto bruciato e aveva lasciato un piccolo buco per l’esterno.
« Dovremmo passare per qui, ma dovrete essere molto svelti, va bene? » spiegò ai bambini. Quelli annuirono e Konjuro iniziò a prendere la rincorsa. Era strano come quel bambino che poco prima aveva la febbre ora sembrava così lucido e reattivo, ma anche Sakura doveva ammettere che si sentiva meglio, come se non stesse respirando da tanto tempo il fumo e non le facesse più male il corpo.
Konjuro passò attraverso il buco e poi fu il turno di Chie. Quando ebbero fatto toccò a Sakura, che non era sicura di riuscirci a passare: non aveva il corpo di una bambina di nove anni. Quando lo attraversò, infatti, il fuoco era sulla sua pelle, ma lei non sentiva bruciarsi e non stava male. In un secondo fu fuori anche lei.
Sorrise e vide la madre dei bambini che piangeva e li abbracciava, vide i suoi amici che felici avanzavano verso di lei e si stupì quando non vide Red, dato che era stato proprio lui a chiamarla. Improvvisamente, si sentì molto stanca e si accasciò lentamente a terra.
« Tutto bene? » le chiese Reijiro arrivando in qual momento.
« Sì, credo solo di essere stanca » mormorò lei.
« Solo stanca? Sarai sfinita, ora ti portiamo da un buon dottore » le disse prendendola in braccio.
Lei sorrise e sussurrò un grazie. Sentiva il sonno che la chiamava e le palpebre farsi sempre più pesanti, ma ancora non aveva avuto la risposta alla domanda più importante per lei.
« Come sta Red? Dov’è? ».
« Red sta bene: è saltato dalla finestra, ma devi sapere che non ha nemmeno un osso rotto, è un tipo tosto, lui. Ha salvato un bambino e lo hanno subito portato da un dottore per fargli degli accertamenti » le rispose.
« Vuoi dire che non era qui? »
« No, ma se può farti stare meglio si sta preoccupando moltissimo per te » le disse con un sorriso. Sakura tentò di pensare che fosse strano, ma il sonno la prese improvvisamente, senza nemmeno darle il tempo di formulare quell’ultimo pensiero.
Si addormentò fra le braccia di Reijiro, mentre lui la guardava con sospetto: aveva una teoria, e lei era l’unica in grado di rispondere alle sue domande.

 

Ehilà, come va? Avete passato bene le vacanze natalizie? Io sono stata male inizialmente, ma poi per fortuna ho trovato il tempo per scrivere e questo è il risultato. Dato che li ultimi capitoli che ho messo non li ha recensiti nessuno non riesco a capire se la storia vi piace o meno e se devo continuare a scrivere oppure no... Non sono una persona molto fissata con le recensioni, ma pesno che se una storia non ne abbia più (come in questo caso) forse è perché è scritta male, o non è più interessante o per altri motivi. Per cui vi chiedo davvero, solo per una volta, oltre a leggere (ammesso che ci sia qualcuno che legge) di recensire, perché sono davvero indecisa sul fatto di continuarla o meno, grazie.

_WhiteRose_

 

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Capitolo 9
*** Rifugio per la pioggia ***


Capitolo 9 ─ Rifugio per la pioggia


Reijiro aveva passato le ultime ore a camminare lungo un corridoio. Molti passanti si erano soffermarti ad osservarlo, ma lui, troppo assorto nei suoi pensieri, nemmeno li notava. Tutta la storia del Cavaliere Bianco, del loro destino, di come si era sentito la notte dell’incendio… Teorie, idee, dubbi che lo tormentavano da giorni. L’unica cosa di cui aveva bisogno erano certezze, ma più andava avanti nel suo viaggio e meno ne aveva. Mai come in quel momento aveva desiderato avere accanto a sé sua madre, che sembrava sempre sapere quale fosse la risposta ad ogni quesito.
Lui era solo un semplice ragazzo che, in teoria, avrebbe dovuto avere una capacità come la sua, ma  in pratica non si sentiva capace di fare nulla. Eppure c’erano stati dei momenti in cui gli era parsa di percepirla, come una scintilla di un fuoco appena accesso, la magia. Erano sempre sensazioni che duravano qualche secondo, ma servivano a ricordargli che era di qualche utilità e non era semplicemente “Il figlio dell’Indovina”.
« Questa sera c’è una festa, lo sai? » gli chiese una ragazza. L’aveva vista altre volte che passeggiava da quelle parti, lo salutava spesso e ogni tanto gli portava anche qualcosa da mangiare.
« Sì, ma non credo che parteciperò, almeno non fino a quando Sakura non starà meglio » rispose.
La ragazza sembrò intristirsi per un attimo, i suoi occhi grigi si incupirono e quando tornò a parlare il tono della sua voce non era allegro come prima.
« La tua ragazza deve essere molto fortunata » mormorò prima di incamminarsi da dov’era venuta, con i capelli castani che ondeggiavano, senza nemmeno dare il tempo a Reijiro di spiegarle che lui non ne aveva una.
« Voi maschi, sempre tutti uguali » commentò una voce femminile in quel momento. Era Fusae.
« Perché, che ho fatto di male? » le chiese senza riuscire a capire.
« È chiaro che quella povera ragazza, Jun, sia innamorata di te ».
Reijiro storse il naso e rifletté sulle parole della ragazza.
« Non mi sembra, avremmo parlato sì e no due volte » disse grattandosi la testa.
« Possibile che voi ragazzi non riusciate a capire i segnali? Cosa dovremmo fare noi, scrivere dei cartelli? »
« Non lo so. E comunque la ragazza è carina, ma ora non mi importa dell’amore. Ho altro a cui pensare »
« E se non è per amore, come mai stai davanti alla porta di Sakura dalla fine dell’incendio? » chiese Fusae maliziosamente.
Reijiro non sentì nemmeno il bisogno di arrossire, la spiegazione alla sua domanda era semplice, anche se era seccato dal fatto che una come lei, che era solo la fidanzata di Koin, facesse quelle insinuazioni.
« Devo chiederle delle cose a proposito della battaglia, ma non capisco come questo possa interessarti » rispose freddamente.
« Come prego? »
« Insomma, noi ti abbiamo accolto nel nostro gruppo solo perché tieni a Koin e conosci la strada per arrivare fin qui ma… ora che ci siamo… » Reijiro fece una pausa, per cercare di non essere troppo indelicato, ma non riuscì a trovare nulla di gentile da dirle « Non abbiamo più bisogno del tuo aiuto ».
Il colore defluì dal viso di Fusae, che fissava il ragazzo con aria offesa.
« So quello che voi tutti pensate di me… credete che io sia inutile, ma non è così! So fare molte cose, posso aiutarvi in molti modi, ho molte abilità…» la ragazza parlava guardandosi le mani che continuava a muovere freneticamente.
« Per esempio quali? » le chiese inarcando un sopracciglio.
« Questo » alzò finalmente lo sguardo su di lui e gli toccò un braccio. Di nuovo, com’era successo la notte dell’incendio, venne trasportata in un luogo in cui poté vedere il passato di Reijiro. Quello che non seppe fu che, nel momento in cui scavava nei suoi ricordi, anche lui stava vivendo qualcosa di strano. Lo sentì chiaramente, come la prima scintilla di un incendio, quel fuoco dentro di lui.
Quando Fusae si staccò da lui per descrivergli ciò che era successo vide che aveva ancora gli occhi sbarrati e un’espressione indecifrabile sul volto.
« Tutto bene? » gli chiese.
Reijiro non rispose, si limitò a guardarla e a rivolgerle un sorriso.
« Credo proprio di aver trovato un altro discendente dei guardiani ».
 
Sakura si svegliò, dopo un lungo sonno senza sogni, in una piccola stanza. Della luce tenue proveniva dalle finestre e le pareti erano bianche e spoglie, ma la cosa che la colpì di più fu Reijiro che dormiva sulle sue ginocchia. Si mise con le spalle contro il muro e tentò di svegliarlo.
« Ehi » gli disse dandogli dei piccoli colpi su una spalla. Quando finalmente si svegliò, sorrise guardandola.
« Sakura, finalmente! » la salutò.
« Anche a me fa piacere vederti Reijiro, solo che… cosa stavi facendo? » gli chiese.
« Stavo aspettando che ti svegliassi » rispose « E devo essermi addormentato, in questo ultimo periodo non ho potuto dormire molto ».
« Già, l’incendio dell’altra sera ha scosso un po’ tutti »
« L’incendio è stato quattro sere fa » la corresse Reijiro.
« Quattro sere fa? » ripeté incredula Sakura « Avrei dormito per tutto il tempo? ».
Lui annuì.
« E Red? Come sta Red? ».
« Sta bene, ma anche lui aveva bisogno di riposo. Ci sono gli altri a prendersi cura di lui, mentre io sono qui perché avevo bisogno di parlare con te » le disse serio.
« Beh, dimmi pure ».
« Ho bisogno che tu mi racconti cosa è successo quella volta che ci hanno inseguito le statue ».
Istintivamente Sakura si guardò il polso e vide la medicazione che il Cavaliere Bianco le aveva applicato. L’aveva aiutata e non capiva quale fosse il senso. Aveva sempre pensato che lui lavorasse per la Strega Bianca e che li volesse eliminare.
« Non ricordo bene » disse infine stringendosi il polso. Le faceva ancora male.
« Ho bisogno di capire che sta succedendo e qualsiasi dettaglio potrebbe essere essenziale » la pregò.
« Va bene. Allora, stavo cercando di seguire Red, quando mi sono fermata in una radura e una statua mi si è messa davanti. Ho cercato di fuggire, ma era troppo veloce e mi ha preso il polso » a quel puntò gli mostrò la fasciatura.
« Ti ha fatto male? »
« Era come se avessi appoggiato il polso su un ferro rovente ».
« E come hai fatto a liberarti di lei? » le chiese curioso.
« Io… non l’ho fatto. Ci ha pensato qualcun altro. Mi ha anche medicato ».
« Chi? » Reijiro non era affatto sorpreso di quello che l’amica gli stava dicendo e questo fece stupire Sakura.
« Mi dispiace, ma ero quasi svenuta e non ricordo bene cosa sia successo dopo ».
« Ho una teoria, secondo me è stato il Cavaliere Bianco » le confessò, stupendola ancora di più.
« Cosa? »
« Non so perché lo faccia, ma… Pensa al suo comportamento. Quando siamo arrivati qui ha tentato di aiutarci, nonostante tutte le cose terribili che ci aveva fatto prima »
« Forse si è pentito » ipotizzò Sakura, ma non era affatto convinta della sua idea.
« Forse » ripeté Reijiro, ma si vedeva che non prestava più molta attenzione; ora la sua mente vagava di nuovo alla ricerca di nuove idee. « Ti ringrazio del tuo aiuto, comunque, e anche per il tuo coraggio. Sei stata fenomenale a portare in salvo quei due bambini dall’incendio ».
« Grazie » rispose Sakura arrossendo. Lui parve non sentirla nemmeno e, tornato ad immergersi nei suoi pensieri, uscì dalla porta della stanza lasciandola sola.
 
La seconda visita che Sakura ricevette fu qualche minuto dopo che Reijiro se n’era andato, ed era da parte di Fusae.
« La nostra bella addormentata si è svegliata finalmente! » esclamò non appena la vide. Sakura non poté fare a meno di sentirsi imbarazzata, perché non aveva tutto questo profondo rapporto con la ragazza, anzi, poteva dire di non conoscerla quasi per niente anche se sembrava un tipo socievole.
« Ciao Fusae, grazie di essere passata » la ringraziò cortesemente.
« Hai sentito la bella notizia? » le chiese ignorando le sue parole. Sakura scosse la testa in segno di dissenso.
« Questa sera c’è una festa e posso assicurarti che le feste qui sono meravigliose » aggiunse con un grande sorriso.
« Beh, non mi sento in condizione di andare ad una festa questa sera » le disse Sakura.
« Devi andarci per forza: ci sarà anche Red »
« Red? » ripeté Sakura mentre il suo cuore accelerava il battito. Cominciò a pensare che, se quello che diceva Fusae era vero, Red stava davvero meglio e che prima o poi sarebbe sicuramente passato a trovarla. Sperò che il fatto che non si lavasse e non avesse mangiato dalla sera dell’incendio non si notasse molto.
« Sei innamorata di lui, non è così? » le chiese dolcemente Fusae.
« Io…» tentò di dire Sakura, ma poi arrossì violentemente. Era decisamente un sì.
« Allora vieni alla festa questa sera e diglielo, sono sicura che anche lui ricambi »
« Non sono mai stata ad una festa, poi non ho nulla da mettermi…»
« Ehi, secondo te che ci sono a fare io? » le chiese con un gran sorriso. Poi uscì dalla stanza dicendole che sarebbe tornata presto con il suo vestito.
 
Era sera e Sakura si aggirava freneticamente fra i saloni in cui si teneva la festa in cerca di Red. Si sentiva ancora un po’ debole, ma doveva ammettere che Fusae aveva fatto un ottimo lavoro con lei. Dopo essersi fatta un bagno e aver scoperto che il suo aspetto non era tanto  pessimo quanto credeva, l’amica era tornata con un vestito color pesca molto carino, con la vita alta e le spalline sottili. Sakura non si era voluta far truccare, perché non l’aveva mai fatto in vita sua e pensava che fosse solo una perdita di tempo, anche se la sua pelle poteva ancora definirsi pallida.
In quel momento un uomo le si avvicinò.
« Sakura, grazie, grazie! » le disse correndo ad abbracciarla.
Lei arrossì e si sentì confusa: chi era quell’uomo?
« Ehm » disse staccandosi da lui « Chi è lei? »
« Oh, che sciocco, non mi sono presentato! » esclamò battendosi una mano sulla fronte « Sono Naohiro, il padre dei bambini che hai salvato nell’incendio ».
« Piacere di conoscerla, allora. Le direi chi sono, ma lei sembra già conoscermi bene » gli rispose lei con un sorriso.
« Sì, mia moglie mi ha raccontato tutto e… Ti sono davvero grato, senza di te i miei figli sarebbero morti » fece una pausa fissando il bicchiere che aveva in mano « Grazie anche per aver curato Konjuro dalla febbre ».
« Io non ho curato nessuno » disse Sakura confusa.
Anche Naohiro sembrava confuso.
« Come no? Lui… Quando è uscito dall’incendio stava benissimo…»
« Non so cosa dirle, davvero… sono felice per lui, ma non l’ho curato » ripeté Sakura con decisione.
Lui sembrò pensare un attimo, ma poi la sua fronte si distese e un sorriso tornò ad illuminargli il volto.
« Non pensiamoci, non importa, per un volta che capita qualcosa di bello » le disse facendole l’occhiolino.
« Certo. Mi scusi signor Naohiro, io devo andare, ci sentiremo un’altra volta » lo liquidò velocemente perché con la coda dell’occhio aveva visto Red che andava su una terrazza.
Quasi di corsa si avvicinò a lui e, quando vide che stava con i gomiti appoggiati a guardare la città lo abbracciò da dietro, sorprendendolo.
« Sakura! » esclamò voltandosi e ricambiando l’abbraccio.
« Non puoi immaginarti quanta paura ho avuto per te! » disse lei quasi sull’orlo delle lacrime.
« Lo so invece, ma è tutto finito ora » la rassicurò accarezzandole i capelli.
Sakura era molto alta, quasi più di tutte le ragazze della sua età che conosceva e anche di alcuni ragazzi, ma Red era molto più alto di lei. E questo le piaceva, perché le dava un senso di protezione: fra le sue braccia sarebbe sempre stata al sicuro da qualsiasi cosa.
« Red, devo dirti una cosa » le parole uscirono fuori dalla sua bocca prima che potesse fermarle: avrebbe detto a Red che lo amava.
« Anche io » le sussurrò ridendo « Ma vai prima tu »
« Red, io sono innamorata di te » gli confessò mordendosi un labbro. Si era aspettata molte reazione dall’amico, ma ciò che fece la lasciò senza parole. Red impallidì, la spinse lontano e il sorriso sparì dal suo volto.
« Cosa? » chiese incredulo.
Sakura non riuscì a ripetere ciò che aveva pronunciato in precedenza, si sentiva solo lo stomaco chiuso e un’incredibile voglia di piangere e di scomparire.
« Red, ecco il drink che mi avevi chiesto » disse in quel momento Rika dirigendosi verso Red. Sakura inizialmente pensò che il suo tempismo era pessimo, ma si sentì quasi sul punto di vomitare quando lei lo baciò sulle labbra dicendo: « Io e Red ci amiamo ».
Sussurrò un “Congratulazioni” e poi sparì tra la folla, poi fuori dall’edificio, intenta a piangere tutta la sua disperazione.
 
Il mattino seguente il cielo non prometteva nulla di buono. Era coperto da grandi nuvole nere l’umidità presente nell’aria era tale da far quasi alzare la temperatura, ma fino a quel momento non era caduta nemmeno una goccia d’acqua.
« Ti prego, ripensaci » stava dicendo Shin a Red. Non sopportava quando l’amico si intestardiva su cose stupide, come stava facendo in quel momento.
« Bisogna trovare l’ultimo, e sai quanto me che non si trova in questa città » rispose l’amico.
« Io non dico di non partire, ma di non farlo oggi, il cielo minaccia una tempesta! »
« E allora? Abbiamo affrontato cose peggiori che un po’ d’acqua » disse Red facendo spallucce.
« Tutto questo è per Sakura, vero? » chiese Shin.
« Non te l’ho raccontato perché tu me lo ricordi ogni due secondi » sussurrò Red a denti stretti.
« Smettila di pensarci, se tu non la ami qual è il problema? Le passerà! » esclamò furioso.
« Sai » disse Red in tono piatto « Forse aveva ragione Sakura quando diceva che non hai un cuore ».
Shin, a queste parole, non tentò nemmeno di ribattere perché mai e poi mai si sarebbe aspettato da Red un comportamento del genere. Forse non era molto sensibile, ma sentir dire dal proprio migliore amico quelle cose… Non ce la faceva. Sapeva come si sentiva lui e sapeva che stava facendo solo stupidaggini, ma non l’avrebbe fermato: era la sua punizione per Red, quella di farlo distruggere.
 
Si incamminarono insieme a tutti gli altri, silenziosamente, nella foresta da cui erano venuti, in cerca di altri villaggi e altre città. Era l’ora di pranzo quando iniziò a piovere. Tutti cercavano un riparo, ma fra la folta vegetazione non sembrava esserci nulla adatto a tutti loro. Fu verso sera che scorsero un edificio che sembrava in rovina: era situato nel mezzo della foresta, aveva un cancello nero aperto e sembrava abbandonato.
« Questa notte la passeremo qui » stabilì Red, senza sapere che in quella casa una ragazza con i capelli quasi bianchi e gli occhi totalmente neri sorrise alla sua esclamazione.




 

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Capitolo 10
*** La casa stregata ***


Capitolo 10 − La casa stregata

 
La casa sembrava abbandonata, eppure erano tutti un po’ inquieti nelle sue vicinanze, senza capire bene il perché. Il cancello era aperto, la poca erba del prato incolta e alcune finestre al piano superiore erano rotte. Nonostante questo, il grosso portone di legno era chiuso e accanto ad esso c’era un campanello. Red provò a suonarlo, ma non funzionava.
« C’è nessuno? » chiese bussando alla porta. Questa si aprì producendo un orribile scricchiolio e i ragazzi entrarono. Non erano mai stati in una casa così lussuosa, ma sembrava abitata: i pavimenti erano puliti e non c’era molta polvere in giro.
« C’è nessuno? » ripeté Red a voce un po’ più alta. Non avendo ricevuto, di nuovo, nessuna risposta, si avviò verso le scale di marmo che si trovavano alla fine dell’ingresso, ma, messo piede sul secondo scalino, si dovette girare insieme a tutti gli altri: qualcuno aveva chiuso la porta.
Questo qualcuno, per la precisione, era un ragazzo che dimostrava l’età di Reijiro dai capelli biondi e gli occhi chiari, la pelle pallida e i lineamenti del viso duri e spigolosi.
« Chi siete? » chiese aggrottando la fronte. Era vestito con una divisa da maggiordomo.
« Salve, io mi chiamo Red e questi sono i miei amici, stavamo cercando un posto per passare la notte e ci chiedevamo se potevamo restare qui » si presentò.
« Credete che per caso questo sia un ostello? Una locanda? » sbuffò lui.
Red tentò di spiegare: « No, certo che no, è solo che…» ma venne interrotto.
« Allora non c’è motivo di restare qui » aprì il portone « Prego ».
« Ma fuori c’è un temporale tremendo! » protestò Emi.
« Questo è un problema vostro, non mio » ribatté il ragazzo.
« Ehi, non ti abbiamo fatto nulla di male, non hai motivo di comportarti così con noi! » era la più piccola del gruppo, ma quando doveva litigare con qualcuno Emi ci sapeva fare. Forse era a causa di ciò che aveva passato con la sua famiglia.
« Fuori di qui! » ripeté infuriato dal fatto che lei gli avesse risposto.
« Sei proprio maleducato! » gli urlò. Il ragazzo stava per ribattere, ma qualcun altro parlò.
« Ha ragione, sei proprio maleducato » commentò una voce divertita. Di nuovo tutti si girarono verso le scale e videro una bambina con i capelli di un biondo molto chiaro racchiusi in due trecce, e gli occhi di un colore così scuro da non poter distinguere l’iride dalla pupilla. Indossava una veste bianca che le arrivava fino alle piccole ginocchia ed era scalza.
« Milady…» sussurrò il maggiordomo.
« Io sono Mae, e questo è Suzaku, colui che si occupa della casa e di tutto il resto » si presentò. I ragazzi non capirono bene cosa intendesse per “tutto il resto”, ma dal tono in cui lo disse sembrava non gradire domande.
« Noi… Ehm… Vorremmo fermarci qui per questa notte, ovviamente se è possibile » Red non sapeva come rivolgersi a lei; sembrava una bambina, ma c’era sicuramente qualcosa in lei che incuteva rispetto, inoltre era piuttosto sicuro che il maggiordomo l’avesse chiamata “Milady”.
« Certo, potete rimanere, ma a due condizioni: la prima è quella che domani mattina, appena avrà smesso di piovere, ve ne andrete. La seconda è che non salirete mai queste scale ».
« Come mai, se posso chiedere? » domandò Red cauto.
« Al primo piano c’è una parte di edificio pericolante e non vorrei mai che i miei ospiti si facessero del male » rispose con un sorriso. Era un sorriso terribile, uno di quelli che voleva sembrare rassicurante ma che era solo raccapricciante.
« Milady, non può dire sul serio, loro sono…» tentò di protestare Suzaku, ma venne interrotto da Mae.
« Sono dei viandanti che cercano un rifugio. E questo è quello che vi daremo » sorrise di nuovo « Suzaku, mostra loro le camere ».
Detto questo si avviò verso destra dopo aver superato le scale e sparì inghiottita nel buio di quella casa.
Nel frattempo, Suzaku aveva preso un candelabro e aveva acceso qualche candela, in modo tale che ci fosse più luce.
« Non abbiamo l’energia elettrica, per cui usiamo solo candele » spiegò loro.
« E ora seguitemi, vi condurrò ai vostri alloggi per questa sera, e attenti a dove mettete i piedi, il pavimento è pieno di crepe » li avvisò. Suzaku non parlò più, si diresse alla destra delle scale, aprendo una porta che conduceva ad un lungo corridoio, probabilmente poco usato, perché non molto pulito e piuttosto tetro.
« Un tempo, quando i genitori di Milady erano ancora vivi, questo posto era molto popolato. In quest’ala dormiva la servitù che avevano al tempo, per cui dovrebbe essere confortevole per voi » disse percorrendolo.
« La servitù? » ripeté bisbigliando Sakura.
« Si vede che è gente ricca con la puzza sotto il naso » rispose Emi sempre in un sussurro, che era ancora arrabbiata per come era stata accolta precedentemente.
« Sì ma… Che fine hanno fatto ora tutti quanti? » chiese di nuovo.
Emi, che non ne aveva la più pallida idea, si strinse nelle spalle e fece una faccia pensierosa. Sakura aveva ragione, non c’era più nessuno. Anche la casa sembrava abbandonata da fuori, ma come avevano avuto modo di scoprire non era così. Emi rabbrividì, perché si ricordò di una storia che suo padre le raccontava sempre da piccola: c’era una casa in rovina nel mezzo della foresta e i proprietari di questa casa erano morti ma, essendo delle persone molto attaccate alla loro proprietà non vollero morire del tutto e rimanere sulla terra sottoforma di fantasmi. Avevano la pelle pallida e si riuscivano a muovere con grazia e senza far rumore, non potevano uscire dalla loro casa e si divertivano a spaventare chiunque ci entrasse.
Mae e Suzaku erano entrambi pallidi e avevano quei capelli così biondi che sembravano davvero fantasmi… Forse erano seriamente quelli di cui raccontava suo padre.
« Ci sono molte camere in questo corridoio, ognuno scelga quella che vuole » disse in quel momento Suzaku.
« C’è un bagno? » chiese Rika.
« Sì, uno per ogni camera » rispose lui.
Si girò e fece per andarsene verso dov’era venuto, ma Sakura lo fermò.
« Grazie per la vostra ospitalità » gli disse cordialmente.
« Non ringraziatemi. Anzi, fate in modo di starvene nelle vostre camere e di non dare fastidio a Milady » rispose freddamente. Continuò a camminare fino a quando non fu sparito dalla loro vista.
« Che tipo arrogante » commentò Red quando se ne fu andato.
« Già » concordò Reijiro. « Allora, quali stanze prendiamo? »
« Vuoi davvero dormire qui? » chiese Red stupito.
« Perché, dov’è il problema? »
« Beh, non hai visto come quei due non vogliono che andiamo in giro? È ovvio che ci stanno nascondendo qualcosa e io voglio scoprire di che si tratta » spiegò Red deciso.
« Non mi sembra una buona idea » intervenne Shin.
« Nemmeno a me, quei due mi danno i brividi » disse Emi.
« Secondo me invece ha ragione Red. Insomma, chi sono questi tizi? » intervenne Rika.
« Ci hanno dato la loro disponibilità, non possiamo fare quello che vogliamo » protestò Sakura.
« Sentite, se voi avete voglia di rimanere qui fatelo. Ma io e Rika andremo in cerca di spiegazioni ».
« Allora veniamo con voi » disse Reijiro sospirando. « Ma ci sono delle condizioni: ci separeremo in tre gruppi, ognuno esplorerà un’area, non andremmo al piano superiore e fra un’ora ci ritroveremo tutti all’ingresso, davanti le scale, dove si trova l’orologio. Chiaro? ».
« Cristallino » rispose Red, felice di aver coinvolto tutti con la sua proposta.
« Allora, io, Sakura e Emi andremo a controllare il giardino; Red, Rika e Shin controlleranno l’area alla sinistra delle scale e Koin e Fusae quella dove ci troviamo ora. Ricordatevi che fra un'ora dovremmo essere tutti all’ingresso, indipendentemente dal fatto che abbiamo trovato qualcosa oppure no ».
 
« Milady, avete avuto una pessima idea. Sono la cosa peggiore che potesse capitarci » ripeté per l’ennesima volta Suzaku scocciato.
« Non credo proprio di capire le tue paure, sai che fino a quando sarai con me non corro alcun rischio » rispose Mae con semplicità.
« Certo che sarò con voi, ma cosa faremo per questa notte? E se scoprissero più del necessario? »
« Non accadrà, posso controllare dove vanno e che fanno, lo sai. In questa casa sono come in trappola »
« Non siete abbastanza in forma per usare i vostri poteri » le fece notare Suzaku, sperando che almeno questo la convincesse a desistere dal suo pessimo piano.
« Hai ragione » concordò stranamente lei. « Per questo ho bisogno che tu mi faccia un’iniezione » aggiunse.
« No, assolutamente no e ancora no » rispose prontamente Suzaku scuotendo il capo.
« Andiamo, hai detto che potrebbero essere un pericolo. E se poi non fossi abbastanza forte? Mi lasceresti morire? »
Suzaku odiava quando Mae sfruttava ciò che le era contro a suo favore. Era una cosa che faceva da sempre, era anche quello in parte il motivo che l’aveva spinto a lavorare per lei. Sapeva che, per quanto lui odiasse fare qualcosa, lei sarebbe sempre riuscita a convincerlo, perché lui le doveva la sua stessa vita e non l’avrebbe mai messa in pericolo.
« Vado a prenderla » disse con tono piatto mentre si dirigeva in un’altra stanza.
Mae sedette pazientemente sul suo letto ed aspettò che Suzaku tornasse. Di solito il liquido che si iniettava, uno strano composto di sostanze che avevano inventato i suoi antenati, lo prendeva quando sveniva e, tranne il dolore atroce, non sapeva cosa avrebbe provato.
Suzaku tornò poco dopo e, con il viso incolore, le iniettò il liquido nel braccio, com’era abituato a fare. Mae gettò la testa all’indietro e chiuse gli occhi, quando l’ago della siringa uscì dalla sua pelle li riaprì: erano sempre neri, ma sembravano più scintillanti, più vitali di quanto non fossero mai stati. Anche il suo viso era diverso; non riusciva a smettere di sorridere mentre si guardava, per vedere cos’altro fosse cambiato.
« Come vi sentite? » chiese Suzaku visibilmente agitato.
« Meravigliosamente bene, sento il potere scorrermi nelle vene » sussurrò estasiata.
« Allora credo che…» ma Mae non seppe mai cosa Suzaku credeva, perché era scomparsa, probabilmente aveva approfittato del ritrovamento dei suoi poteri e si era teletrasportata da qualche parte.
« Spero solo che sappia quello che fa » sussurrò piano Suzaku andando nella sua stanza.
 
« Ci hanno lasciato l’area meno interessante da controllare » protestò Fusae che, seduta sopra ad un vecchio baule, faceva penzolare le gambe a pochi centimetri da terra.
« Ah, perché, la stai controllando? » le chiese Koin divertito, mentre rovistava fra i cassetti di un vecchio mobile.
Fusae gli fece la linguaccia, anche lei divertita.
« Comunque hai ragione, non sembra esserci niente. Questa era l’ultima stanza da controllare » disse sospirando e andando verso di lei.
La baciò delicatamente sulle labbra e lei mise le braccia intorno al suo collo.
« Beh, credo che un'ora non sia ancora passata, potremmo fare qualcosa per far passare il tempo, no? » gli chiese maliziosamente.
« Davvero? In una casa così tenebrosa? Forse è meglio che rimaniamo qui e parliamo. Per esempio, non mi hai ancora detto come ti senti ad aver scoperto di essere una dei nove Discendenti ».
« Beh… Non posso dire che sia strano, dopo quello che è successo in città; quelle statue erano tremende » ripensandoci, venne scossa da un brivido.
« E come mai ora riesci a toccarmi senza vedere il mio passato? »
« Non lo so, credo che sia un qualcosa che funzioni solo una volta. La prima volta che tocco una persona riesco a vedere il suo passato e poi non ci riesco più »
« Ma non era la prima volta che toccavi me » le fece notare Koin.
« Lo so, infatti non ho una spiegazione per questo. Credo che però c’entrino qualcosa le statue, prima di vederle non mi era mai successa una cosa simile » rispose alzando le spalle.
In quel momento sentirono un rintocco di un vecchio orologio: l’ora che avevano per perlustrare la casa era terminata.
« Sarà meglio raggiungere gli altri » propose Koin tendendo la mano verso Fusae. Lei annuì silenziosamente, intrecciò le dita della mano con quelle del suo ragazzo e insieme andarono verso il punto prestabilito per l’incontro.
 
« Un cimitero? » chiese Sakura guardando l’insieme delle lapidi.
« A quanto pare. Devo ammettere che è molto macabro seppellire le lapidi nel proprio giardino » notò Reijiro.
« Era un’usanza delle famiglie ricche, molto tempo fa » spiegò loro Emi.
« Come fai ad essere la più piccola di tutti e sapere queste cose? » le chiese Reijiro stupito.
« Beh, mio padre non voleva facessi un lavoro da uomo, e l’unica cosa che mi concedeva di fare senza che si arrabbiasse era leggere. Conosco molte cose di questa zona » rispose lei con semplicità, gratificata dal complimento che lui le aveva fatto.
« Guardate » disse Sakura che, nel frattempo, si era avvicinata ad una lapide « Non c’è scritto nulla, se non l’anno di nascita e di morte ».
« Come? » chiese confuso Reijiro.
« Anche qui! » disse Emi controllandone un’altra. Controllarono tutte quelle presenti nel cimitero, per scoprire che nessuna aveva il nome o altro che non fosse l’anno di nascita e di morte inciso sopra.
« Secondo voi a cosa serve? Insomma, non dovrebbe essere più utile il nome? » chiese Sakura.
« Nei libri che ho letto non si fa parola di questo » disse Emi.
« Beh, potrebbero non essere sicuri… Vi ricordate che prima Suzaku ci ha parlato della servitù? Forse sono morti tutti in qualcosa di tragico, magari un incendio e non sapendo bene di chi fossero i corpi non si sono sentiti in grado di dire a quale lapide appartenessero » ipotizzò Reijiro.
« Sì, è probabile. Sono una famiglia molto strana… Chi sono la bambina e il suo servitore? Niente genitori, tutori o parenti? » si domandò Sakura.
« Secondo voi potrebbe essere… Sì, insomma, potrebbe aver a che fare con la Strega Bianca? » chiese Emi.
Gli altri non risposero; era ovvio che fosse quello che pensavano da quando avevano messo piede in quella casa. Sakura, inoltre, aveva la sensazione di aver già visto quel ragazzo: somigliava molto a quello che l’aveva medicata dopo il loro incontro con le statue, somigliava al Cavaliere Bianco.
Non aveva fatto parola con nessuno della cosa, perché temeva che se si fosse sbagliata avrebbe dovuto fornire molte spiegazioni e non aveva intenzione di farlo. Ora che Red stava con Rika e sapeva quello che lei provava nei suoi confronti, non aveva nemmeno più il coraggio di avvicinarlo o di guardarlo negli occhi, non gli avrebbe mai confessato le sue ipotesi.
« Sarà meglio andare, l'ora sarò quasi scaduta » disse Reijiro.
Si incamminarono verso la porta da cui erano venuti, quando Emi ebbe la sensazione che qualcuno li stesse osservando: si voltò verso il cimitero e vide una schiera di fantasmi che sorridevano amabilmente nella loro direzione. C’erano uomini, donne e bambini. Emi cacciò un urlo e svenne.
 
« Non abbiamo trovato nulla, ma cosa ci aspettavamo di trovare nelle cucine? » chiese Red affranto.
« Cibo? » ipotizzò Rika, anche lei delusa.
« Non c’era nemmeno quello » rispose Red.
« Riflettete, non deve per forza esserci qualcosa per trovarlo. Spesso è l’assenza di qualcosa di essenziale che costituisce un indizio » disse Shin.
« È notte fonda, ho sonno e non ho voglia di spremere le meningi, perciò se hai qualcosa da dire dilla e basta » disse Red brusco, che ancora non aveva dimenticato la lite con l’amico risalente a quella mattina.
« È una cucina, serve per cucinare e tenere il cibo. Solo che gli strumenti non sembrano essere mai stati utilizzati e di cibo non c’è n’è. Questo vuol dire che Suzaku e Mae non sono spesso in casa, oppure che… Non abbiano bisogno di mangiare per sopravvivere ».
« Intendi dire che sono tipo… Dei fantasmi? » chiese Rika spaventata.
« Oppure un essere che può alimentarsi con la propria magia: la Strega Bianca ».
« Cosa? La Strega Bianca? Ma quella è un bambina… » disse Red.
« E allora? Anche noi siamo dei ragazzini, eppure siamo i discendenti dei Guardiani delle nove Gemme » rispose Shin acido. Nemmeno lui era molto propenso a perdonare Red per ciò che gli aveva detto.
« Ho bisogno di dormirci sopra » disse Red, dopo aver pensato a lungo. « Sarà passata un'ora, no? Andiamo all’ingresso » aggiunse.
Rika e Shin lo seguirono senza fiatare e quando arrivarono videro che l’orologio che stava all’ingresso segnava che mancavano cinque minuti all’una.
« Aspettiamo gli altri qui » propose Rika.
Red, però, parve non sentirla. Si sentiva inutile, quella sera non avevano trovato niente e le supposizioni di Shin non erano abbastanza per lui. Voleva qualcosa di concreto, qualcosa da poter mostrare anche agli altri; era stato lui a convincere tutti che ci fosse qualcosa in quella casa in mezzo al bosco, che figura avrebbe fatto se proprio lui non fosse tornato con nulla in mano?
Guardò di nuovo l’orologio, erano passati tre minuti.
« Io salgo » annunciò improvvisamente.
« Cosa? » esclamarono contemporaneamente Rika e Shin.
« Voglio trovare degli indizi, qualcosa di tangibile » spiegò loro.
« Red, non puoi! Non hai sentito cosa ha detto Mae? » gli disse Rika.
« Starò attento, sono bravo a sgattaiolare in giro senza farmi vedere »
« Non te lo permetterò » gli disse Shin.
I due ragazzi si guardarono intensamente negli occhi, mentre l’orologio scandiva l’una.
« Devo andare, Shin, anche solo cinque minuti »
« Non puoi » gli ripeté.
« Devo farlo, Shin, devo. Tornerò immediatamente ».
« Che succede qui? » disse Koin, che nel frattempo era arrivato insieme a Fusae. Shin si voltò per rispondergli e Red, veloce come una gazzella, ne approfittò per salire le scale. Era quasi arrivato in cima quando sentì come una folata di vento. Si girò e vide che Mae era apparsa dal nulla accanto a lui.
« Sei molto maleducato, dopo tutto quello che ho fatto per voi avevi anche intenzione di salire al piano superiore? » sembrava molto divertita, sorrideva e i suoi occhi erano scintillanti.
« Io… Non avevo intenzione di… Non… Davvero…» balbettò in preda all’ansia.
« A me sembra tu ne avessi proprio l’intenzione, nonostante i buoni consigli dei tuoi saggi amici » Mae continuava a sorridere mentre parlava.
D’altro canto gli altri, ancora al di sotto delle scale, erano troppo scioccati per poter parlare: come aveva fatto Mae a comparire dal nulla? E come poteva una bambina incutere tanto timore in tutti loro?
« Mi… Mi dispiace…» sussurrò Red.
« Anche a me dispiace » disse Mae.
Prima che lui potesse chiederle per cosa fosse dispiaciuta, lei schioccò le dita e tutti i presenti caddero in un sonno profondo. A quel punto Mae spinse il corpo di Red giù dalle scale.
« Mi dispiace tu stia combattendo una guerra che non puoi vincere, piccolo Guardiano ».


 
 

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Capitolo 11
*** Scontri ***


Capitolo 11 − Scontri

 
 
« Li vedi ancora? » chiese Reijiro a Emi.
Lei, ancora scioccata, annuì. Inizialmente pensava avesse avuto solo un’allucinazione, era perfino svenuta ma, quando si era ripresa, aveva continuato a vedere i fantasmi che la fissavano con aria curiosa.
« Andate via, sciò! » gridò loro, ma non sembrò sortire nessun effetto. Anzi, se possibile sembrava aver aumentato ancora di più la loro curiosità.
« Via ho detto! » ripeté a voce più alta battendo i piedi a terra.
« Emi, sono degli spettri, non credo che si possano mandare via in questo modo…» le fece notare gentilmente Sakura.
« Ti viene in mente un modo migliore? » l’aggredì, piuttosto seccata.
« Ragazze, non litighiamo » intervenne Reijiro « Innanzi tutto sarebbe carino sapere come mai solo tu li puoi vedere e perché non fanno nulla. Potresti provare a… Ehm… Parlarci? »
« No, fanno paura » rispose Emi rabbrividendo.
« Andiamo, se fossero stati malvagi ci avrebbero già attaccato, non credo che ci sia da aver paura »
« Dici così perché non li vedi. Hanno i corpi pallidi e… Galleggiano in aria » rabbrividì di nuovo descrivendoli.
« Però non ci hanno attaccato » le ripeté Reijiro.
« Ehm, signori spettri? » iniziò cautamente Emi « Cosa… Cosa volete da noi? E perché solo io riesco a vedervi? »
Gli spettri non risposero, ma una donna in prima fila che aveva la mano sulla spalla di un bambino, le sorrise in modo apprensivo e volò rasoterra verso di lei.
« Allora? » chiese Emi impaziente.
La donna si indicò il petto e poi indicò tutti loro.
« Non capisco » disse Emi.
Questa volta il fantasma indicò il petto della ragazza, guardandola con ammirazione e poi volò sopra tutti gli altri spettri e planò dolcemente davanti a lei.
« Continuo a non capire » sospirò scoraggiata.
« Cosa succede? » chiese Sakura che, come Reijiro, non aveva la più pallida idea di che cosa stava accadendo.
« Non so, c’è uno spettro che sembra voler dirmi qualcosa, ma non parla… Continua ad indicarmi e poi vola. Cosa potrebbe significare? »
« Non ne ho la più pallida idea » ammise Reijiro.
Rimasero fermi per un po’ di tempo, con i fantasmi che continuavano a mimare strane scene, con il risultato che Emi era più confusa che mai e che gli altri due ragazzi non vedevano nulla, se non la pioggia che cadeva sui vetri.
« Saranno passate le tre ore » disse Sakura.
« Probabilmente sì, ma abbiamo avuto delle buone motivazione per fare tardi e poi non sono ancora venuti a cercarci, non sarà tanto tardi » disse Reijiro con una scrollata di spalle.
« Non importa, possiamo andare? Mi mette i brividi questo posto e ne ho abbastanza dei fantasmi che svolazzano in giro » commentò seccata Emi.
« Va bene ».
I tre ragazzi, una volta che ebbero lasciato il giardino, camminarono in silenzio; l’unico rumore che continuavano a sentire era quello della pioggia che, incessante, cadeva. Arrivarono fino al punto in cui si erano dati appuntamento e rimasero a bocca aperta per la scena che videro: i loro amici erano a terra e sembravano essere privi di conoscenza.
« Red! » strillò Sakura appena lo vide, ai piedi delle scale. Corse da lui e, con le lacrime che le offuscavano la vista, si chinò sul suo petto per verificare se ci fosse il battito cardiaco. Fortunatamente, Red non era morto.
Recuperato un po’ del suo contegno e mascherato il suo enorme sollievo, si asciugò le lacrime e andò a controllare le condizioni degli altri. La cosa strana era che tutti stavano bene, il cuore batteva regolare nei loro petti, ma era come se tutti si fossero addormentati o fossero svenuti, nello stesso istante.
« Non riesco a svegliarli » disse in quel momento Reijiro.
Come a voler confermare le sue parole, prese a scuotere Shin per le spalle, a dargli dei leggeri colpi sul volto e a parlare a voce alta, ma sembrava non sortire nessun effetto.
« Potrebbero aver ingerito qualche sostanza velenosa, magari qualcosa che hanno trovato nelle cucine » rifletté Sakura.
« Come si fa a capirlo? » chiese Emi, piuttosto interessata. Sembrava le fosse passato lo spavento per gli spettri visti in precedenza, ora era solo preoccupata per i suoi amici.
« Ci sono dei test, alcuni anche piuttosto semplici, per capire se hanno ingerito dei veleni, anche non letali » spiegò, poi si voltò verso Reijiro « Comunque non possiamo lasciarli qui, Suzaku o Mae potrebbero arrivare da un momento all’altro e non vorrei dare loro delle spiegazioni, soprattutto perché non le abbiamo noi ».
Il ragazzo concordò con lei e, mentre Sakura mostrava a Emi cosa si doveva fare per preparare i test, trascinò i compagni nelle camere e li adagiò su un letto ciascuno. Mentre faceva il più in fretta possibile, la sua mente era in pieno sviluppo, pensando alle varie ipotesi per cui avevano trovato i loro amici svenuti all’ingresso: alcune idee erano molto stupide e altre, anche se sembravano buone, risultavano altamente improbabili, non conoscendo tutta la storia.
Quando Sakura ebbe finito di fare il test, annunciò i risultati.
« Non sembrano avere del veleno in circolo ».
« È una buona notizia, no? » chiese Reijiro speranzoso.
« Non proprio. I test che ho sono solo per i veleni minori e più comuni, posso dire con certezza che non hanno ingerito questi, ma potrebbero averne ingeriti di più pericolosi e rari o peggio, di quelli che non lasciano tracce » spiegò.
« E come possiamo saperlo? »
« Purtroppo un metodo non c’è. Per ora sembrano stare tutti bene e, per quanto sia strano, sembrano semplicemente addormentati ».
« Cosa facciamo, allora? »
« Propongo di lasciar passare la notte e verificare le loro condizioni domani mattina; nella peggiore delle ipotesi chiederemo aiuto a Mae ».
Sakura, mentre annunciava i risultati dei suoi test e dava consigli, non poteva fare a meno di ricordarsi della morte di sua madre. I medici parlavano con lo stesso tono che lei aveva usato qualche minuto prima e, anche se mostravano la sua stessa sicurezza, non erano riusciti a salvarla, facendola morire a causa di una “malattia incurabile”.
Sakura non sapeva di cosa si trattasse, nessuno sembrava saperlo in realtà, ma sperava davvero che i suoi amici non l’avessero. Era una malattia che nemmeno i medici potevano curare, cosa mai avrebbe potuto fare lei, che era una semplice apprendista?
 
La notte, o meglio le poche ore che li separavano dal mattino, passarono veloci. Reijiro si era addormentato poco aver sentito ciò che aveva detto Sakura, lei era stata in dormiveglia, senza mai assopirsi del tutto, mentre Emi era rimasta sveglia tutta la notte, troppo scioccata dagli avvenimenti per dormire. Al mattino, dopo aver fatto di nuovo i test su tutti, i ragazzi sembravano dare i primi segni di un lento risveglio.
A volte nel loro sonno balbettavano qualcosa, altre volte aprivano gli occhi e poi li richiudevano all’istante e se ad alcuni di loro facevano delle domande rispondevano con un grugnito. Emi, felice e stanca allo stesso tempo, si addormentò alle prime luci dell’alba, mentre Sakura e Reijiro, che bene o male avevano un po’ riposato, andarono in sala da pranzo e non furono molto sorpresi di trovare Suzaku, con la sua divisa da maggiordomo, che aveva apparecchiato la tavola e stava servendo la colazione.
« Buongiorno » lo salutò educatamente Sakura. In risposta ricevette un cenno sbrigativo del capo.
« Dove sono i vostri amici? » chiese impaziente. C’era qualcosa che lo tormentava, si capiva dal suo tono febbrile e dalle sue mani, che tremavano appena. Sembrava anche più pallido del solito.
« Non si sono ancora svegliati » rispose Reijiro con semplicità.
« Invece Mae dov’è? » chiese Sakura. La sua era una domanda innocente, fatta senza malizia, ma Suzaku non sembrò interpretarla così, dato che lanciò alla ragazza una delle sue peggiori occhiate.
« Milady è stanca e si sta riposando. Non è abituata a svegliarsi al mattino presto » rispose stizzito.
« Mi dispiace se sono stata inopportuna, stavo solo cercando di…» Sakura fu interrotta da un urlo spaventoso che proveniva dal piano superiore.
Vide il colore defluire dal viso di Suzaku, che nel frattempo aveva spalancato la bocca e fatto cadere sul pavimento una teiera dall’aspetto costoso, rovesciandone il contenuto sul pavimento.
« Milady » sussurrò in preda al panico, correndo al piano superiore senza dare spiegazione ai due ragazzi che erano lì con lui. In quel momento sentirono anche gli altri ragazzi che erano rimasti a dormire gridare.
« Reijiro, tu vai da loro, io andrò al piano superiore a vedere che succede » decise Sakura.
Il ragazzo annuì e corse immediatamente dove si trovavano gli amici. Sakura percorse velocemente il tratto di strada che la separava dal piano superiore, ma rallentò quando capì che non sapeva da che parte era andato Suzaku.
Cercò di concentrarsi al massimo, ma non riusciva a sentire più alcun rumore, così vagò un po’. Al primo piano c’era un lungo corridoio con molte porte chiuse e all’apparenza sembravano tutte uguali. Sakura fu tentata di aprirne una a caso e vedere se fosse quella giusta quando notò che alla fine del corridoio una era accostata.
Lentamente, la aprì e vi entrò. Era senza dubbio la stanza di Suzaku: appese fuori dall’armadio c’erano le sue divise, il letto era sfatto, ma nel complesso era ordinata. Non sembrava che ci fosse qualcuno, Sakura stava chiudendo la porta quando qualcosa attirò la sua attenzione.
Era un’armatura, un’armatura bianca, chiusa in una teca di vetro. Si avvicinò senza fiato e aprì la teca: era proprio quella del Cavaliere Bianco. A quel punto sarebbe stato inutile fingere, quello che lei aveva supposto era vero, lui era…
« Il Cavaliere Bianco » sussurrò concludendo i suoi pensieri.
« Esattamente » disse in quel momento Suzaku comparendole dietro. Sakura non poté fra altro che voltarsi e spalancare gli occhi, che lui l’aveva già colpita con un oggetto contundente alla testa, facendole perdere i sensi.
 
Reijiro, una volta tornato nelle stanze in cui un tempo alloggiava la servitù, vide che i suoi amici erano tutti svegli, anche se lamentavano un leggero mal di testa.
« Allora state bene! » esclamò sollevato.
« Dov’è Sakura? » gli chiese immediatamente Red, senza raccontargli cos’era successo.
« È andata di sopra a controllare come stesse Mae, a quanto pare anche lei ha avuto una nottataccia...»
« Ci credo, ha tentato di farci fuori! » commentò Rika.
« Cosa? » chiesero all’unisono Emi e Reijiro.
« Erano passate le tre ore, ho provato ad andare al piano superiore e lei… Ci ha fatto una specie di magia, ci ha fatti addormentare » spiegò velocemente Red.
« Deve essere lei la Strega Bianca » disse Koin.
« Sì, non ci sono altre soluzioni plausibili » concordò Shin. Anche Fusae ed Emi sembravano essere d’accordo, l’unico più duro da convincere era Reijiro.
« Il fatto che sappia fare magie non vuol dire che sia la Strega Bianca, può essere anche come noi » ipotizzò.
« Qualunque cosa sia non mi fido a lasciare Sakura da sola con lei e quel suo viscido tirapiedi » taglio corto Red, che era stanco di parlare e voleva passare all’azione.
Si precipitarono immediatamente all’ingresso, dove videro una scena che fece togliere tutti i dubbi sull’identità di Mae e Suzaku: lei sorrideva pallidamente, mentre lui aveva un coltello puntato alla gola di Sakura.
« Lasciala andare! » gridò Red con rabbia.
« Andatevene da questa casa, oppure la uccido » li minacciò.
« Non penserai che ce ne andremo senza Sakura, vero? » intervenne Rika che, anche se negli ultimi tempi non provava molta simpatia verso la ragazza, non si era scordata che era la prima amica che aveva avuto.
« Dovrete farlo, o la preferite morta? »
« Suzaku…» l’ammonì Mae, ma non sembrava abbastanza in forma per dare degli ordini. Aveva il respiro pesante, tremava ed era pallida, molto pallida.
« Milady, lasciate fare a me » rispose lui.
« Allora è vero? Cosa volete dimostrare con questo gesto, che tu sei il Cavaliere Bianco e lei la Strega Bianca? » chiese Reijiro.
La mascella di Suzaku si contrasse.
« Non immischiarti in cosa che non capisci » rispose secco.
« Non ti permetteremo di far del male alla nostra amica, se sarà necessario uccideremo te e lei » Red indicò con la testa Mae, che sembrava sul punto di svenire o vomitare.
Suzaku scoppiò in un fragorosa risata.
« Non sai nemmeno cosa vuol dire uccidere un uomo, vedere la vita che lentamente lascia i suoi occhi, il suo petto che si ferma… Sono solo minacce infondate le tue ».
« Suzaku…» sussurrò piano Mae. Aveva smesso di sorridere, si era presa la testa fra le mani ed era caduta sulle ginocchia. Continuava a ripetere il nome del suo maggiordomo.
« Milady! » gridò lui, incapace di muoversi per un attimo. Quando l’esitazione fu passata, lasciò cadere Sakura dalle scale che fu subito presa al volo da Red e prese Mae in braccio. Poche volte l’aveva vista in quello stato, ed era davvero preoccupato.
« Adesso non fai tanto il potente, eh? » lo schernì Shin. « Forza, se hai il coraggio battiti qui con noi, così chiuderemo una volta per tutte questa storia! »
Suzaku non sapeva cosa fare. Se avesse combattuto avrebbe lasciato Mae indifesa, ma se fosse andato a prendere la sua medicina avrebbero ucciso entrambi. Imprecò sottovoce prima di dichiarare « Combatto ».
Scese le scale, chiedendosi con chi e con quale arma avrebbe combattuto. Per un momento temette che tutti volessero attaccarlo, ma fu sollevato dal vedere che avrebbe sfidato Red. L’aveva già battuto in passato e contava di rifarlo. Non importava qual era il suo potere speciale, nessuno era stato addestrato a combattere come Suzaku.
« Io prendo la mia spada » dichiarò Red.
« Io userò il mio scudo » disse Suzaku e, grazie all’aiuto di qualche magia, uno scudo bianco con delle incisioni in lingua antica gli comparì in mano.
Il combattimento iniziò e, nonostante le continue grida di Mae gli facessero perdere la concentrazione, era al passo con Red. Lo colpiva con fendenti che, per un essere umano qualunque sarebbero stati micidiali, ma grazie alla sua formidabile abilità e al suo scudo riusciva a parare con un minimo sforzo.
Il combattimento andava avanti già da un po’ di tempo, Red stava iniziando a stancarsi, mentre lui non era nemmeno affannato: se avesse continuato così avrebbe vinto senza ombra di dubbio.
Per scherzo del destino fu proprio Mae a fargli perdere la concentrazione necessaria per poter sferrare il colpo di grazia. Aveva strillato il suo nome, questa volta più forte del solito, e stava vomitando sangue.
« Milady! » urlò Suzaku disperato, mentre correva da lei.
Red non provò pietà, in quel momento. Lui aveva rapito la sua migliore amica, l’aveva minacciata di morte e forse era questo, nonostante tutte le altre pessime azioni da lui compiute, a farlo infuriare. Affondò la spada nel petto di Suzaku, mentre lui era girato di spalle. Non sapeva bene cosa gli avesse colpito, ma la divisa, solitamente bianca, che portava si tinse di rosso scarlatto.
Gli occhi erano sgranati e con le mani tremanti si toccava il petto, per poi guardare le mani intrise del suo sangue. Cadde, sempre sorpreso, sulle sue ginocchia, mentre tentava di dire qualcosa. Provò a formulare una frase, ma il sangue gli usciva dalla bocca, tingendogli anche i denti di rosso. Poco elegantemente lo sputò, riuscendo finalmente a dire le sue ultime parole: « Mae non è la Strega Bianca. Non è lei ».
 


 
Ehilà, finalmente sono riuscita ad aggiornare. Allora, devo dire che scrivere questo capitolo mi è piaciuto particolarmente, perché finalmente si sono scontrati Mae e Suzaku contro gli altri Guardiani. La storia sarà conclusa fra tre capitoli e vi avviso che i prossimi due saranno piuttosto discorsivi, insomma, darò una spiegazione di tutto e spero di togliervi la maggior parte dei dubbi che avete prima di passare a quello decisivo, ovvero l'ultimo.

GingerHair_

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Capitolo 12
*** Le giuste decisioni ***


Capitolo 12 − Le giuste decisioni

 
 
Le fiamme che danzavano vivaci si riflettevano negli occhi di Red. Non poteva fare a meno di guardare il fuoco mentre, con movimenti lenti, puliva la sua spada. Da quando aveva trafitto la carne di un uomo come fosse un pezzo di stoffa era molto più schivo e meno socievole del solito.
Non avrebbe mai creduto possibile che uccidere qualcuno lo avrebbe turbato così tanto: si era anche confidato con Sakura e lei gli aveva ricordato, con una dolcezza di cui solo lei era capace, che non aveva realmente ucciso Suzaku, anche se c’era andato molto vicino.
Le cose fra loro due parevano essersi sistemate, per lo meno erano tornate quasi alla normalità. Avevano ripreso a parlarsi, nonostante Red avesse notato che lei evitava di guardarlo negli occhi e fra loro c’era una sorta di imbarazzo, qualcosa che non c’era mai stato. Questo lo faceva infuriare, perché sembrava che trattasse diversamente dagli altri solo lui, mentre in quel momento stava ridendo e scherzando con Reijiro, che conosceva da poco più di un mese.
Come preso da un impeto di rabbia che non sentiva appartenergli, Red scagliò la sua spada a terra, per poi notare che l’aveva fatto con troppa cattiveria e che ora tutti i suoi amici lo guardavano con curiosità, domandandosi cosa l’avesse fatto uscire di testa.
« Scusatemi, non credo di sentirmi molto bene » sussurrò a mo’ di scusa alzandosi e andando verso la sua tenda.
« Effettivamente sembri un po’ pallido, vuoi che ti prepari qualcosa? » gli chiese Sakura.
Red pensò che non sarebbe stato male bere qualcosa che gli avrebbe indotto il sonno facilmente, ma per farlo avrebbe dovuto confessare all’amica che non dormiva da giorni e la ragione per cui non lo faceva.
Alla fine sorrise, gli veniva spontaneo fingere i sorrisi, e si ritirò nella sua tenda. Si coricò nel caldo sacco a pelo, che trovò soffocante. Perfino la stessa aria sembrava soffocare Red, quella sera. Con uno scatto deciso si mise a sedere e sentì il cuore martellargli nel petto, nonostante non fosse agitato. Le sue mani tremavano ed aveva la nausea.
Poco dopo, la cena che Fusae aveva preparato con tanta cura, sembrò bruciargli nello stomaco con tale forza che dovette uscire e vomitare. Senza capirne bene il motivo iniziò anche a piangere. Con le lacrime agli occhi e tremante tornò nella sua tenda, aspettando con ansia che sorgesse il sole e che con esso le sue paure sparissero.
 
Purtroppo, il giorno seguente Red non migliorò. Era riuscito a dormire un paio d’ore quella notte, che però sembravano aver sortito l’effetto contrario su di lui: si sentiva ancora più stanco e gli faceva male anche la testa. Solo la vista del cibo sembrava nausearlo, per cui non mangiò niente.
« Ho una notizia che ti farà piacere » gli disse Sakura quella mattina. Forse era l’unica che aveva capito che qualcosa in lui non andava.
« Quale? » chiese, facendo finta di essere interessato. Anche fingere gli risultava pesante e difficile:l’unica cosa che avrebbe voluto in quel momento sarebbe stata dormire e dimenticarsi di tutto…
« Suzaku si è svegliato questa mattina ».
A Red sembrò quasi come se avessero tolto un peso dal petto: era ancora innocente, non aveva ucciso nessuno. Voleva dire fosse felice per lui, ma le parole non sembravano uscirgli dalla bocca. Si rese anche conto che aveva smesso di respirare a quella notizia e inspirò una boccata d’aria, che mai gli era sembrata così fresca.
« Se vuoi andarlo a trovare puoi farlo » gli disse l’amica sorridendo.
« Non credo sia il caso. Ha detto qualcosa? » chiese.
« Voleva parlare con Mae ma stava riposando, ho detto che appena si sarebbe svegliata l’avrei avvertito e da allora non ha più aperto bocca »
« E Mae come sta? »
« È molto debole, come al solito, anche se la cura che le sto somministrando sembra dare i suoi effetti » Sakura smise di parlare e tentò di decifrare l’espressione dell’amico: si conoscevano da una vita, eppure in quei giorni in cui era stato male non era riuscita a fare nulla per farlo stare meglio.
« Ti va di venire con me a vedere come stanno? » gli chiese con dolcezza.
Red annuì senza parlare e la seguì nella tenda in cui alloggiava Mae. A differenza delle altre, che erano piene di oggetti di ciascuno di loro, quella era vuota, se non per la branda su cui era stesa la ragazza e un piccolo tavolo in cui era poggiato un kit di medicinali.
Mae era sveglia e non appena li vide entrare contrasse appena la mascella, ma non disse nulla; Sakura le preparò delle pillole che mandò giù senza controbattere e poi si distese di nuovo.
« Suzaku voleva parlarti » le annunciò Sakura senza troppi giri di parole.
« Dov’è? » chiese Mae, improvvisamente interessata.
« Nella sua tenda, se sei sveglia gli dico di passare da te. Credo che voglia dirti qualcosa in privato »
« Non abbiamo nulla da dirci in privato » disse Mae, accentuando le ultime due parole della frase.
« Allora non ti dispiace se rimaniamo, vero? » chiese Red, che fino a quel momento si era limitato a stare in disparte.
« No, per niente » rispose Mae.
Sakura uscì per andare a chiamare Suzaku e lo lasciò entrare nella tenda, aspettandolo fuori. Aveva visto l’espressione del ragazzo al suo risveglio ed era sicura che, qualsiasi cosa avesse detto Mae, lui non avrebbe voluto che ci fossero state altre persone lì dentro, in quel momento.
« Milady, non sapete quanto piacere mi fa sapere che state bene! » esclamò con sollievo appena la vide. Lei non sorrise e non disse nulla, si limitava a fissare Red.
« Cosa ci fai tu qui? » aggiunse Suzaku con disprezzo quando lo notò.
« A quanto pare non sono il benvenuto, per cui me ne vado » disse alzando le mani e uscendo dalla tenda. Voleva però ascoltare a tutti i costi il discorso che sarebbe avvenuto tra i due e, nonostante Sakura avesse tentato più e più volte di farlo andare via, rimase con l’orecchio appoggiato sulla tenda, pronto ad ascoltare la conversazione.
« Milady… Io non so da dove iniziare… Sono così mortificato per quello che è successo…»
« Se sei qui per scusarti puoi risparmiarti la fatica, Suzaku » lo interruppe Mae « Ciò che è successo non è stata colpa di nessuno, solo una sfortunata coincidenza »
« Invece no. Mi sarei dovuto opporre alla vostra decisione, sapevo che non avrebbe portato nulla di buono farvi l’iniezione quando non stavate bene » si rimproverò aspro.
« Non fare lo sciocco, senza di quella non avrei passato la notte » gli ricordò.
« Lo so ma… Avremmo potuto cacciare quei Cavalieri, non eravamo obbligati a farli restare! »
« Di nuovo sai che non sarebbe stato possibile » stavolta nel dirlo sorrise leggermente. Suzaku parve decisamente sollevato: se Mae sorrideva voleva dire che non era in collera con lui.
« Resto sempre convinto che un’altra soluzione ci sarebbe stata » borbottò, ma nemmeno lui riuscì a nascondere il sorriso; era così contento di essere vivo, di essere vivo con lei.
« Sapete, quel giorno è stato l’unico che ho davvero temuto di perdervi » le confessò.
« Credevi così poco nelle nostre capacità? ».
Forse fu il fatto che Mae sembrasse così felice e contenta, o forse il fatto che avesse detto “nostre”, che convinse Suzaku a parlarle di qualcosa di cui non aveva mai parlato ad anima viva, che a volte aveva anche paura di ammettere.
« Non ho mai avuto paura di morire: ho visto tutta la mia famiglia lasciarmi quand’ero ancora un bambino e ho sempre creduto che morendo presto li avrei rivisti in fretta » esordì « Lo pensavo fino a quando non ho iniziato a lavorare per voi e, a quel punto, ho capito che avrei voluto vivere, che l’avrei fatto per voi. Volevo trovare la vera Strega Bianca, che vi aveva ridotta in questo modo e ucciderla, ucciderla con le mie mani, perché altrimenti non avreste avuto giustizia »
Mae lo guardava con interesse, allo stesso tempo curiosa e preoccupata, perché aveva intuito ciò che stava per dirle.
« Ed è stato allora, quando ho visto il vostro attaccamento alla vita, nonostante quello che vi era successo, che ho capito che se fossi morto l’avrei fatto per voi, perché dovevate riscattarvi e vivere la vita che non avevate potuto avere » continuò Suzaku, guardandola negli occhi senza paura « È stato allora che ho capito di essere innamorato di voi ».
Ci fu un imbarazzante momento, in cui lei non sembrò trovare le parole giuste da dire e rimase in silenzio, lui che continuava a guardarla senza vacillare e Red che solo ora si pentiva di non aver dato retta a Sakura; non avrebbe mai voluto ascoltare il suo discorso.
« Capisco » disse infine Mae. « Spero che questo non ti impedisca di continuare a lavorare per me, sei stato un ottimo maggiordomo e cavaliere finora ».
« Sarà un onore continuare a servirla » rispose sorridendo, con un elegante inchino. Suzaku sapeva di non avere alcuna possibilità, lo aveva sempre saputo, ma anche solo il fatto di averglielo detto lo faceva stare meglio.
Rimasero a parlare di cosa avrebbero fatto da quel momento e quando lui si sentì privo di forze tornò nella sua tenda a riposare. Nessuno, nemmeno Red che se n’era andato, seppe che nel momento esatto in cui Suzaku lasciò la tenda di Mae lei scoppiò in un pianto disperato: i suoi sentimenti, sopiti da tanto tempo, si stavano risvegliando tutti insieme ed anche per lei era difficile controllarli.
 
Sakura era abituata a fare un po’ da cameriera quando si fermavano per molti giorni con le tende. Proprio in quel momento stava entrando nella tenda di Red, per vedere se ci fosse qualcosa come vestiti da lavare o altro da mettere a posto. La trovò ordinata, ma ci si fermò lo stesso, perché il comportamento di Red era preoccupante: se ne stava rannicchiato in un angolo, senza parlare con lo sguardo perso nel vuoto.
« Tutto bene? » gli chiese preoccupata. Lui non rispose. Era solo in pantaloni, la maglietta era gettata a terra e a Sakura parve vedere delle gocce di sudore che gli colavano dalla schiena.
« Cos’hai? » tentò di nuovo, ma non ebbe risposta. Gli fece altre domande nella speranza che si confidasse con lei, ma quando le fu chiaro che nonostante i suoi sforzi non avrebbe ottenuto nessuna risposta, decise di andarsene. Proprio quando era quasi fuori dalla tenda Red si decise a parlare.
« Sei ancora innamorata di me? » le chiese senza preavviso.
Sakura si fermò e lentamente si girò verso l’amico. Era chiaro che lui non stava bene e, se mai avesse dovuto ripetergli quelle parole l’avrebbe fatto quando sarebbe stato abbastanza in forma da comprenderle.
« Non pensarci, mi sono sbagliata quella sera » rispose.
« Come si fa a sbagliarsi su una cosa del genere? » le domandò lui. Sakura, non avendo la risposta a quella domanda, si limitò ad abbassare lo sguardo imbarazzata. Red, allora, molto lentamente si alzò e andò verso di lei; quando fu abbastanza vicino l’abbracciò, avvolgendo le mani sulla sua schiena come aveva fatto tante volte.
Sakura, stupita dal gesto, rimase immobile a bocca aperta.
« Non è più come una volta vero? Non ci abbracciamo più come un tempo » notò lui con una nota di dolore nella voce. Avvicinò lentamente il suo viso a quello della ragazza, che era sempre troppo stupita per muoversi.
« Red, scotti, hai la febbre » gli fece notare quando era così vicino che non avrebbe dovuto muoversi per baciarlo.
« Io… Credevo che… » balbettò lui ritraendosi di colpo, ferito. Sakura pensò che non aveva nessun diritto di comportarsi da vittima, dopo quello che aveva tentato di fare.
« Ti farò portare qualcosa, mettiti a letto e dormi » rispose lei con le lacrime agli occhi, uscendo dalla sua tenda e rifugiandosi nella propria.
Non capiva quanto lei stesse male? Non capiva che lo amava ma lui aveva scelto un’altra? Perché mai avrebbe dovuto baciarlo, per farsi ancora più male? Aveva deciso che era già abbastanza distrutta senza che lui facesse altro e, prendendo l’iniziativa poco prima, aveva solo peggiorato il loro rapporto già incrinato. Ora non sarebbe davvero riuscita a guardarlo negli occhi o a rivolgergli la parola: l’aveva ferita e, cosa ancora peggiore, non sembrava esserne cosciente.
 
Red si svegliò a notte fonda e ripensò a cosa aveva fatto. Si era comportato da stupido con Sakura, ma l’aveva capito troppo tardi. Nel pomeriggio aveva agito sotto l’influsso della febbre, con la mente appannata e solo quando era tornato finalmente lucido aveva capito il suo errore. Aveva bevuto un infuso che gli aveva portato Rika, preparato senza ombra di dubbio dalla sua migliore amica, grazie al quale era riuscito a guarire e sprofondare in un sonno riposante, di quelli che non faceva da giorni. Si sentiva ancora un po’ debole, ma prima di fare altro, prima di combinare un altro guaio, voleva andare da Sakura, per scusarsi del pessimo comportamento di qualche ora prima.
Si stava recando alla sua tenda quando, inaspettatamente, trovò Mae ad attenderlo fuori.
« Mi stavo chiedendo quanto tempo ci avresti messo » gli disse con un sorriso « E non ti aspettavo prima dell’alba, mi hai sorpreso ».
« Cosa c’è? » le chiese brusco.
« Non ti pare di aver già rovinato abbastanza la vita di quella povera ragazza? »
« Come fai a saperlo? » domandò sgranando gli occhi.
« So osservare » rispose con semplicità.
« Comunque ti sbagli, mi sto andando a scusare »
« Non farlo, peggioreresti le cose » gli consigliò.
« Perché dovrei accettare un suggerimento da te? Senza offesa, ma non mi sembra che tu sia il massimo della sensibilità quando si tratta di amore » le fece notare, ripensando a come aveva trattato Suzaku nel pomeriggio.
« Ogni mia scelta è fatta per proteggere gli altri. Credi che, con una guerra inevitabile, ci sia bisogno di dare false speranze? » gli domandò.
« Preferisci che i rapporti vadano persi? »
« No, ma devono mantenersi stabili. Non ti sto dicendo di non parlare più con Sakura, di non dirle che ti sei reso conto di provare qualcosa per lei, ti chiedo solo di aspettare che tutto questo sia finito. Non c’è bisogno di qualcosa che la turbi maggiormente di quello che vi attende » gli rispose.
« Cosa ci attende? » le chiese.
« Questo non ti è dato saperlo. Ricordati solo che tutti stiamo facendo dei sacrifici per mostraci più forti, più sicuri e più ottimisti di quello che siamo. Non fallire, continua a fingere e ne uscirai più forte » Mae parlava con Red, ma mentre diceva quelle parole non faceva altro che ripeterle a se stessa.


Ehilà, eccomi qui con questo nuovo capitolo. Vi avevo avvisati anche dal precedente che sarebbe stato più discorsivo e con meno azione, esattamente come sarà il prossimo, prima del finale. Mi è piaciuto fare un'introspezione del personaggio di Red, perché tutti pensano che i grandi eroi non si facciano problemi ad uccidere oppure a fare ciò che è giusto senza esistazione, invce io vorrei rendere i protagonisti di questa storia il più umani possibile.
Spero che mi facciate sapere cosa ne pensate della storia :)

_WhiteRose_
 
 

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Capitolo 13
*** Cosa successe realmente ***


Capitolo 13 − Cosa successe realmente

 
« Ti abbiamo permesso di rimanere con noi, ma non durerà a lungo se non ci spiegherai chi siete tu e Suzaku e cosa sta accadendo » ricordò Red a Mae, mentre percorrevano la strada che secondo lei li avrebbe portati dritti nella residenza della Strega Bianca.
« Avrai lei tue spiegazioni a tempo debito » gli rispose tranquillamente. Mae non era di certo il tipo da farsi intimidire da qualche minaccia.
« Stiamo andando dove dici tu e ti crediamo solo sulla fiducia, se non vuoi che dica agli altri di fermarsi e di combattere contro di voi voglio delle risposte » ribatté Red, ostinato nella sua cocciutaggine.
« Non farete nulla contro me o Milady » intervenne in quel momento Suzaku sulla difensiva.
Red stava per ribattere, ma non ebbe il tempo di insultare il ragazzo perché Mae parlò prima di lui.
« Va bene, però fermiamoci qui, non è un discorso che si può affrontare in movimento ».
Red fece fermare gli altri ragazzi, dicendogli che Mae doveva parlare a tutti loro e che avrebbero fatto una pausa prima di riprendere la loro strada. Si disposero in cerchio per terra, la ragazza al centro e Suzaku in piedi, appoggiato al tronco di un albero con lo sguardo (e probabilmente anche il pensiero) altrove.
« Dunque, tutti voi conoscete la profezia, vero? » chiese Mae e ci fu un coro di assenso da parte degli altri « Come tutte le profezie risalenti a molto tempo fa, è errata. O meglio, parte da un giusto inizio e poi si evolve in modo sbagliato. Non è vero che la figlia del Dio e dell’Umana era immortale, né che fosse in collera con gli uomini, né che il castello era legato alla sua vita. Viveva, forse un po’ più a lungo degli altri, aveva figli e moriva: io sono una sua discendente ».
« Ma allora sei tu la Strega Bianca! » esclamò Rika, preoccupata da ciò che aveva ascoltato.
« No, e prego tutti voi di non interrompermi fino a quando non avrò finito » rispose Mae piuttosto bruscamente. Rika sembrò leggermente offesa, ma era davvero curiosa di sapere cosa accadeva, per cui incrociò le braccia al petto e continuò ad ascoltare leggermente imbronciata.
« La Strega Bianca, è un essere antipatico agli Dei e il Fato è contrario al suo destino. Per questa ragione si narra che eventi terribili le accadano e che sia destinata ad essere infelice, ma non è una condizione primaria, perché dopotutto è solo un essere umano e gli Dei non danno molto importanza agli umani.
Comunque, dato che tutte le credenze popolari la indicavano come un essere cattivo, vennero scelti nove uomini, famosi per le loro virtù. C’era ad esempio Makoto il Coraggioso, che divenne il Guardiano della Gemma Rossa, o Miya l’Orgogliosa, che divenne la Guardiana della Gemma Verde; perché il bene e il male dovevano essere sempre bilanciati.
I Guardiani originari non sapevano che in realtà la Strega Bianca non aveva alcun interesse a sottomettere gli uomini, per cui si riunirono, coltivarono i loro poteri e andarono a sconfiggerla. Ovviamente, quando lei li vide non capì bene come mai ce l’avessero con lei, spiegò loro tutta la storia e fecero un patto: non avrebbe fatto più magie, reprimendo la parte divina di se stessa, e in cambio loro avrebbero detto a tutti di averla sconfitta, in modo tale che le forze sembrassero riequilibrarsi. La gente non avrebbe più pensato che la Strega Bianca era cattiva e i Guardiani avrebbero smesso di essere tali, ormai che non c’era più nessun male da eguagliare.  
Se il patto fosse stato infranto, il potere opposto a quello che non lo aveva rispetto sarebbe ritornato, per controbilanciare vecchie regole non vere ».
« Questo significa che qualcuno ha rotto il patto » intervenne Reijiro « Ma quale delle due parti lo ha fatto? ».
« Purtroppo non posso darti una risposta senza partire da un anno molto lontano, quando ero ancora giovane e non mi trovavo in questa zona » rispose Mae « Vedete, io non sono nata qui. La mia terra natale si trova oltre questa grande isola, oltre l’oceano, in luoghi che hanno usanze e modi di fare talmente diversi dai nostri che nemmeno potreste immaginarvi. Purtroppo, però, gli uomini sono sempre gli stessi, e nel posto in cui nacqui scoppiò una guerra per il controllo del potere. I miei genitori morirono e, sola, pensai di scappare e rifugiarmi qui, dove sapevo che i miei antenati avevano le loro origini. Sapevo che parlando con le persone giuste potevo tornare ad ottenere ciò che era mio e costruirmi una vita lontana dai pericoli e dagli orrori della guerra. Ho dovuto attraversare molte città prima di arrivare a quella in cui sono salpata per arrivare qui e in queste città non ho fatto altro che trovare morte, distruzione e scene terrificanti. Ho visto soldati che violentavano donne solo per passare il tempo, bambini che piangevano sul ciglio della strada perché tutti i loro cari erano morti, ho visto uomini tentare di proteggere le loro famiglie e venire uccisi, ho visto vecchi costretti a mendicare coperti di stracci perché non avevano più nulla. Odiavo la guerra, non potevo vedere tutta quella sofferenza e sentirmi così impotente davanti ad essa, con la consapevolezza di non poter fare nulla per cambiare le cose. Volevo solo scappare, andarmene il più lontano possibile e dimenticare quegli orrori che ero stata costretta a vedere. Così, una volta arrivata nella città da cui sono partita, ho cercato subito la nave che mi avrebbe portato via da lì. Purtroppo in quel giorno c’era stata una pubblica esecuzione di alcune famiglie dei ribelli, per cui in piazza erano ammucchiati i corpi, uno sopra l’altro, di tutte le persone morte. Era caldo e non si potevano spostare da lì nonostante la puzza, perché dovevano servire come esempio per gli altri.
Passai accanto ai corpi coprendomi il naso con un fazzoletto per il tanfo, cercando anche di guardarli il meno possibile. In quel momento, però, sentii piangere qualcuno sotto i morti e mi domandai chi potesse essere; mi accertai non ci fossero guardie nei dintorni e spostai qualche cadavere: più ne spostavo più il pianto diventava udibile, al contempo cresceva anche la mia sensazione di poter far sfuggire qualcuno da una morte orrenda. Molti cadaveri dopo lo vidi: c’era un bambino, un bambino biondo che piangeva a dirotto con la faccia sporca di sangue secco mentre abbracciava il cadavere di sua madre » Mae non poté evitare di guardare Suzaku con dolcezza, e a quel punto tutti capirono.
« Quel bambino era Suzaku? » esclamarono sorpresi.
« Sì, ero proprio io » rispose il diretto interessato, cercando di trattenere le lacrime.
« Mi ci volle un po’ per convincerlo a staccarsi dalla madre » riprese Mae « Ma alla fine lo convinsi, promettendogli che l’avrei portato con me in una terra in cui non avrebbe visto mai più morte. L’unico problema è che quel giorno dei soldati mi videro portarlo via e, ovviamente, cercarono di ucciderci. Non volevo morire, avevo appena salvato un bambino e stavo per andarmene da lì… Mi sentivo viva e viva volevo restare. Così, infrangendo una promessa che durava da anni, feci una magia e i soldati morirono. Mi sono sentita così bene in quel momento; loro uccidevano tutti e nessuno poteva ribellarsi, ma io avevo un potere che nemmeno sognavano, li avrei potuti rendere schiavi e fargli subire tutte le cattiverie che avevano fatto.
Fu Suzaku a trattenermi, in realtà. Anche se era un bambino era piuttosto intelligente e aveva capito che ciò che avevo fatto non era normale: mi disse che se gli altri lo avessero saputo mi avrebbero catturata e uccisa, per evitare che gli facessi perdere la guerra. Così salimmo sulla nave e venimmo qui, trovai la casa dei miei antenati e mi ci insediai, con Suzaku da cameriere ».
« Non posso certo incolparti per la scelta che hai preso, forse l’avrei fatto anche io, ma sono comunque curioso di sapere una cosa » disse Red « Se fossi morta, chi sarebbe diventata la prossima Strega Bianca? ».
« La prima ragazza nata, in qualsiasi parte del mondo, dopo la mia morte » rispose Mae, prima di riprendere con la sua storia « Quello che non sapevo era che per aver infranto il patto c’era un effetto nascosto: mi sarei indebolita sempre di più, a volte sarei svenuta e avrei perso conoscenza, avrei provato un dolore inimmaginabile. Le prime volte che accadde non seppi come comportarmi e soffrii, ma poi Suzaku, ormai abbastanza cresciuto, trovò in un vecchio armadio della casa una strana sostanza che la mia antenata aveva preparato per questa evenienza. Fortunatamente aveva lasciato anche la ricetta, in modo tale che Suzaku me la somministrasse con una siringa ogni qualvolta ne avessi bisogno e che la preparasse quando finiva.
Inizialmente, quindi, ero diventata la Strega Bianca, ma non durò a lungo. Ci fu una persona, una donna per la precisione, che riuscì a capire chi ero e che voleva sfruttare i miei poteri per i suoi comodi. Io, ovviamente, le dissi che non doveva seccarmi, che era un’umana qualsiasi e che io non prendevo di certo ordini da lei, così si ribellò: non so grazie a quali magie oscure riuscì a prendere i miei poteri, senza però prendere la mia maledizione. Li usava quando voleva, e quando lo faceva quella che continuava a stare male ero io; aveva preso solo gli aspetti positivi dell’essere Strega Bianca. Però lei non sapeva che i poteri più forti che ho sono proprio quelli legati alla mia maledizione e che quindi posso fare ancora qualcosa per fermarla. Avendo troppa paura di uno scontro aperto con me, ha iniziato a spacciarsi per Strega Bianca, evocando varie specie di demoni e mandandoli ad attaccare i villaggi come si narrava in passato. Ovviamente la profezia ha ripreso a circolare ed è arrivata anche alle vostre orecchie, proprio come lei aveva pianificato. Aveva infatti progettato che, se lei non era in grado di uccidermi, lo avrebbe lasciato fare a qualcun altro che, sempre secondo la leggenda, lo aveva già fatto in passato: voi, i Guardiani delle Nove Gemme »
« E se ti avessimo uccisa lei si sarebbe presa tutti i tuoi restanti poteri? » domandò Emi.
« Se mi aveste uccisa, lei sarebbe diventata la Strega Bianca a tutti gli effetti. Però non potevate uccidermi, perché per farlo servono tutti e nove i Guardiani e voi siete solo in otto. Il nono è sempre stato dalla mia parte » e di nuovo nel dirlo si voltò verso Suzaku.
« Tu? Tu sei l’ultimo guardiano? » chiese meravigliato Reijiro.
« Non sono l’ultimo, io lo sono sempre stato, probabilmente da più tempo di voi » rispose, leggermente stizzito.
« È sempre stato dalla mia parte, per cui sapevo di non correre nessun pericolo in questo senso. Il peggio era che mi indebolivo sempre di più: inizialmente, cercavo di aiutarvi e di tenere a bada i demoni con i miei poteri, ma stavo sempre peggio, per cui ho dovuto mandare Suzaku, travestito da Cavaliere Bianco, ad aiutarvi »
« Non ci ha aiutato molto » commentò Koin, che si ricordava ancora di quando il ragazzo aveva rapito sua sorella minore.
« Siete voi che non capivate » rispose Suzaku « La prima volta che ci siamo incontrati ho combattuto contro Red per fargli scoprire la sua abilità; quella bambina l’ho trovata fuori mentre le statue stavano per attaccarla e l’ho salvata, siete stati voi che appena mi avete visto avete pensato che l’avessi rapita; in città vi avevo avvertito di scappare e non mi avete dato retta; ho ucciso io le statue che vi rincorrevano e ho guarito Sakura prima che la sua ferita si espandesse in tutto il corpo ».
Rimasero tutti allibiti, come se i fatti iniziassero ad avere un senso solo quando lui li aveva spiegati.
« Ho ancora una domanda da fare » disse Red « Cosa intendevi quando hai detto che hai combattuto contro di me per farmi scoprire la mia abilità? »
Suzaku tentò di rispondere, ma venne anticipato da Mae.
« Tutti voi avete un’abilità, anche se c’è chi la sa usare al meglio delle proprie capacità e chi ancora deve perfezionarsi. Direi che la migliore è Rika, è evidente che il suo potere speciale è quello di volare e ne è molto capace. Red, tu invece hai un’abilità innata nel combattimento; Shin sa evocare la luce del sole, com’era successo la prima volta che avete combattuto contro i demoni; Sakura ha il potere di curare qualsiasi malattia, ecco perché tutti quelli che hai salvato dall’incendio stavano bene; Emi ha il potere di vedere gli spettri del passato; Reijiro quello di prevedere il futuro proprio come sua madre; Fusae sa vedere nel passato delle persone e Koin sa diventare invisibile, anche se non ci è ancora mai riuscito ».
Sakura sembrò improvvisamente intristirsi.
« Se solo l’avessi saputo prima… Magari avrei potuto curare mia madre e lei non sarebbe morta di malattia » commentò, piuttosto in collera con se stessa.
« Non avresti potuto fare nulla, i tuoi poteri da bambina sarebbero stati troppo deboli. E poi il passato è passato, è inutile pensarci su. Piuttosto pensa a quanto bene potrai fare ora che l’hai scoperto » la consolò Mae.
« E Suzaku che potere ha? » chiese Reijiro, che, nonostante fosse contento di sapere che il suo potere era la preveggenza, era curioso di conoscere anche quelli degli altri.
« Se vorrà, ve lo dirà lui » rispose Mae con un’alzata di spalle.
« E si da il caso che io non voglia » intervenne Suzaku. « Milady lo sa, e a me questo basta ».
« Come sei permaloso, tu sai i nostri! » ribatté Reijiro.
« Li avresti dovuti conoscere già, ma siete stati troppo occupati ad indicarci come i cattivi di turno per tutto il viaggio per rendervene conto »
« Come potevamo saperlo? » replicò Reijiro.
« Non è affar mio. Vi parlo solo perché Sakura mi ha curato e Milady vuole che vi aiuti a sconfiggere la sua usurpatrice, ma non appena questo sarà finito non ci rivedremo mai più » dichiarò Suzaku.
« Quello che lui voleva dire » intervenne Mae prima che si scatenasse una rissa « È che non resteremo con voi dopo questa battaglia. Ci ritireremo nella mia tenuta e speriamo che nessuno di voi ci venga a disturbare, come ovviamente noi non disturberemo voi ».
« E se non accettiamo? » chiese Red.
« Beh, a quel punto sarò la Strega Bianca e come vi ho detto Suzaku è dalla mia parte: se non siete tutti e nove non potete sconfiggermi » rispose con semplicità Mae. Era in quei momenti che sembrava avere più dell’età dimostrata, quando diceva qualcosa di spietato con un tono mite e ti guardava con occhi che brillavano scintillanti nel viso dolce.
« Era giusto per chiedere, ma va bene, non abbiamo nessun motivo per disturbarvi. Rispetteremo il patto ».
« Rimettiamoci in marcia verso la sua residenza, allora. Non ho voglia di aspettare ancora » disse Mae, riprendendo la strada. Poco dopo tutti gli altri la seguirono, parlando di quanto fosse incredibile quello che avevano appreso e sforzandosi, aiutati da Suzaku, di mettere appunto i loro poteri, anche se c’era ancora molta strada da fare.
Rika e Red, che erano gli unici a saper controllare bene i loro, erano rimasti indietro, in disparte rispetto al resto del gruppo.
« Incredibile quello che abbiamo saputo oggi, non è vero? » disse Red per attaccare bottone. Non sapeva come mai, ma si sentiva straordinariamente imbarazzato.
« Già » disse Rika; anche lei sembrava non essere a suo agio.
« Rika, devo parlarti » esordì Red. « Non possiamo più stare insieme. Vedi, ci aspetta una battaglia, poi ognuno tornerà da dov’è venuto, gli altri impareranno a controllare i loro poteri… Ora ci sono troppe cose in mezzo perché io sia pronto per una relazione e non voglio assolutamente prenderti in giro ».
Red non sapeva quanto di ciò che avesse detto fosse vero, perché, nonostante erano ottime scuse per non voler più stare con lei, si sentiva ancora confuso per ciò che aveva provato a fare sotto l’influenza della febbre e il fatto che non fosse ancora riuscito a parlare con Sakura non aiutava.
« Sono d’accordo con te, Red » disse inaspettatamente Rika « Anche io credo che questo non sia il modo migliore di portare avanti una relazione importante e credo che separarci non può farci che bene ».
Così, fra storie d’amore che finivano, altre che nascevano e poteri che venivano scoperti, i dieci ragazzi di avvicinarono al castello dove l’usurpatrice della Strega Bianca regnava, ignari del fatto che ciò che vi avrebbero trovato sarebbe stata la sorpresa più spiacevole del loro intero viaggio.


 

 
Finalmente ecco il penultimo capitolo! Cosa ve ne pare? Spero che vi sia piaciuto il racconto di Mae e, ora che conoscete la storia, vi appaia tutto più chiaro. Ho tentato in molti modi di dare dei piccoli indizi durante gli scrosi capitoli ma, essendo la prima volta che lo faccio, non so quanto io possa esserci riuscita.
Vi ringrazo per avermi seguita fin qui e spero lo farete anche per l'ultimo, che spero di poter postare entro la fine di questa settimana, prima di dedicarmi ad una nuova storia.

_WhiteRose_

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Capitolo 14
*** Spiacevoli sorprese ***


Capitolo 14 − Spiacevoli sorprese

 
 
Ci avevano messo tre giorni per arrivare al suo castello. Tre giorni estenuanti, pieni di allenamenti per fortificare i loro poteri, allenamenti spesso andati male. Erano tutti un po’ spaesati, non sapevano a cosa sarebbero andati incontro. Avrebbero sconfitto demoni? Avrebbero combattuto da soli? In gruppo? Avrebbero semplicemente ucciso la donna? Domande su domande sembravano affollare la loro mente, ma nessuna risposta veniva data loro.
L’unica che sembrava avere tutte le risposte era Mae, che appariva calma e tranquilla anche se una domanda, che si portava dietro da anni, tormentava anche lei: come aveva fatto una semplice donna umana a scoprire la Strega Bianca e a fare una magia tanto potente da derubarla di tutti i suoi poteri?
Era passato molto tempo da quand’era successo, eppure non aveva ancora avuto una risposta. Sperò che prima di sconfiggerla potesse farselo dire, in modo tale da eliminare la minaccia e non permettere che una cosa del genere accadesse di nuovo, in futuro.
Il castello in cui viveva la donna era davvero grande. Anche questo era in mezzo ad un bosco ma, al contrario di quello di Mae, non sembrava cadere a pezzi, anzi, era splendente e ben tenuto. Sarebbero entrati la notte, sperando che le tenebre li nascondessero abbastanza da non farli scoprire immediatamente dalle guardie, la servitù o qualsiasi altra cosa vivesse in quel castello.
Koin, che ora sapeva diventare invisibile per alcuni minuti, fu il primo ad entrare. Rika lo portò in volo sul davanzale di una finestra, lui diventò invisibile, forzò la serratura ed entrò controllando che non ci fosse nessuno. Quando ne fu sicuro fece un cenno agli amici e Rika portò su ciascuno di loro, facendo attenzione a non fare rumore.
Si incamminarono lungo uno stretto corridoio guidati da Mae, che sentiva la fonte del suo potere e sapeva esattamente dove andare.
« Si trova qui dietro » sussurrò indicando agli altri un grosso portone di legno.
« Che facciamo, entriamo? » chiese Reijiro.
« Certo, così ci prendiamo un the con i pasticcini » rispose sarcastico Suzaku. Reijiro stava per ribattere quando le pesanti porte di legno si aprirono; tutti tacquero e si nascosero dietro di esse.
Un’orda di vari demoni, che comprendevano quelli che avevano affrontato all’inizio Sakura, Shin e Red, le statue e altri dalle forme e i colori più disparati bloccò loro la strada. Sembrava che potessero vederli, perché erano tutti lì, immobili, rivolti verso le porte.
« Entrate, vi stavo aspettando, Guardiani delle Nove Gemme » disse una voce femminile dall’interno della stanza. Mae imprecò sottovoce e, lentamente, lei e tutti gli altri vennero spinti dentro da tutti i demoni, che li osservavano famelici.
La donna che aveva parlato era molto bella, aveva in testa una ghirlanda di rose e un lungo abito bianco, in contrasto con i capelli marroni che le arrivavano fin sotto le spalle. Era seduta su un trono e guardava le sue prede con aria compiaciuta.
Dall’altra parte i ragazzi ebbero reazioni disparate: Emi si voltava in continuazione perché aveva più paura dei demoni che di lei, Koin e Fusae si tenevano stretti fra loro, Reijiro studiava curioso la sua avversaria, Suzaku era tremendamente in ansia per Mae e continuava a fissarla, quest’ultima guardando la donna carica di astio; ma le reazioni più strane furono quelle di Red, Shin e di Sakura, che fissavano la donna con gli occhi sgranati.
Sembrava impossibile, eppure la conoscevano, era straordinariamente identica a come l’avevano vista l’ultima volta e non riuscivano davvero a capire cosa ci facesse lì.
« Mamma? » chiese Sakura quasi senza fiato.
« Figlia mia, quanto tempo » rispose la donna, falsamente commossa. Non c’erano più dubbi era proprio lei: Sayuri, la madre di Sakura, deceduta anni prima.
« Ma cosa… Ma tu sei morta! » esclamò Red. Tutti sembravano essere piuttosto sorpresi dal venire a conoscenza che quella era sua madre, ma i tre che la conoscevano erano davvero sconvolti; mai si sarebbero aspettati che la madre di Sakura, dolce, solare e protettiva con sua figlia fosse in realtà colei che progettava di ucciderli tutti, sembrava troppo surreale.
« A quanto pare no » rispose lei divertita. La cosa che fece più male a Sakura fu vedere quanto era felice sua madre del loro stupore. La madre che aveva così pianto il giorno della sua morte, la madre a cui ogni giorno mandava un pensiero buono, la madre che l’aveva cresciuta, la madre per cui aveva intrapreso la carriera di medico, la madre che amava. Forse fu proprio la crudeltà di Sayuri che diede a Sakura la forza di reagire.
« Perché mi hai ingannato? Perché hai finto la tua morte? Perché mi hai lasciata sola? » chiese arrabbiata e l’ultima domanda risuonò come un grido. Aveva provato una sensazione di solitudine tremenda dopo che se n’era andata, però non l’aveva mai incolpata sapendo che contro la morte non poteva fare nulla. Ma ora che conosceva la verità, ora che sapeva l’aveva lasciata per acquisire il potere non si sentiva più sola, si sentiva abbandonata. Nessuno l’aveva mai vista in quello stato, nemmeno lei stessa si sarebbe mai immaginata di poter provare certe sensazioni.
« Sakura, bambina mia, credevi davvero di essere importante per me? L’unica cosa che conta è il potere » allargò le braccia e scese dal trono « Il potere di tenere tutti voi miei ostaggi! » gridò ridendo.
« Tu non sei mia madre! » le urlò contro Sakura, piangendo. Red, che capì che l’amica non era in grado di ragionare, la tenne stretta a sé, mentre lei cercava di liberarsi e colpire quella che per tutti quegli anni aveva creduto una buona persona.
« Mi fai pena, Sakura. Mi fate pena tutti voi, sciocchi dal cuore nobile che vi battete tanto in nome della pace. La pace non può esistere, perché gli uomini sono cattivi e c’è sempre bisogno di qualcuno che li governi per farli stare buoni » dichiarò Sayuri, guardando tutti i presenti che avevano facce schifate.
« E tu sapresti assumerti per bene questo compito, non è vero? » chiese Mae. Anche la sua di voce era carica di disprezzo.
« Ah, Mae, tu mi fai più pena di tutti » disse guardandola con odio.
« La cosa è reciproca » rispose Mae a tono, sostenendo il suo sguardo. C’era qualcosa fra di loro, qualcosa che andava oltre il semplice fatto che fossero in lotta per il titolo di Strega Bianca.
« Scommetto lei vi ha raccontato la sua storia » disse Sayuri « Di quanto fu magnanina e buona a voler scappare e adottare un povero orfanello, ma in realtà è un diavolo. Ora sentirete la mia di storia.
Lei pensava di essere così buona a prendere un bambino che sarebbe dovuto morire insieme alla feccia dei suoi genitori, tanto buona da proteggere chiunque cercasse di farlo fuori uccidendolo, senza pensare che anche quegli uomini potessero avere dei figli, e che magari una di loro li stava osservando anche in quel momento. Hai ucciso mio padre e io ho giurato vendetta. Non sapevo chi fossi o come facessi ad avere quei poteri, ti ho vista salire su una nave e ti ho seguita.
Venire qui è stato un po’ come tradirti, no? Da subito ho sentito le varie leggende sulla Strega Bianca e ho capito che eri tu. Ho studiato tutta la tradizione di questa sciocca isola e le sue stupide credenze, scoprendo che non erano tanto infondate: mi sono messa in contatto con i demoni, demoni che mi hanno dato poteri che non pensavo che un essere umano potesse avere e poi ho provato a sfidarti, ma tu hai riso di me, dicendomi che non avrei potuto batterti.
Così, umiliata e sconfitta, mi sono ritirata in un piccolo villaggio, in cui ho trovato uno sciocco uomo e ho accettato di avere una figlia da lui. Morì poco dopo che Sakura nacque, così ripresi i miei studi. Mi ci vollero anni per capire come fare per prendere i tuoi poteri e quando lo scoprii volevo disintegrarti. Una parte del rituale prevedeva la mia morte, per poi tornare nel mondo dei vivi con questi nuovi poteri, così misi in scena il mio decesso: presi il veleno di un demone raro e, dopo settimane di febbre finalmente me ne andai.
Quando tornai ero in mezzo a questa radura, completamente nuda, con i poteri che mi scorrevano nelle vene come se fossero fuoco. Evocai tutti i demoni che mi giurarono fedeltà, costruii questo posto e mi spacciai per te. Il resto della storia lo sai ».
Tutti, all’interno della stanza, erano troppo sconvolti per parlare: Sakura era ancora arrabbiata, e conoscere la storia di sua madre non cancellava ciò che provava, specialmente il fatto che l’avesse lasciata da sola.
« E adesso ci farai uccidere dai demoni perché sei troppo debole per batterti tu stessa? » la provocò Mae.
« No, adesso i miei demoni uccideranno i Guardiani; io invece ti sconfiggerò e ti getterò in una prigione, in modo da continuare a usare i poteri che voglio facendo soffrire te, come ho fatto per tutti questi anni, con la differenza che ora potrò godere delle tue urla e del tuo dolore » rispose Sayuri sorridendo crudelmente.
« Allora combatti! » gridò Mae scagliandosi contro di lei. Il suo gesto fece scoppiare il caos: i demoni si riversarono contro i Guardiani che, grazie ai nuovi poteri, riuscivano ad essere al pari con loro mentre combattevano; nel frattempo Mae e Sayuri portavano avanti la loro battaglia.
Era tutto nato per via dell’astio che c’era tra di loro e fra di loro sarebbe finito, mentre i Guardiani non avrebbero permesso che qualcuno si intromettesse nel loro scontro.
« Sono curiosa di vedere i tuoi poteri » disse Mae.
« Pensavo che fossi curiosa di sapere come li avessi avuti » le rispose Sayuri e, per darle una piccola dimostrazione di cosa sapeva fare gettò la testa all’indietro, mentre una luce accecante le si sprigionava dalle mani. Quando la luce sparì, Sayuri aveva in mano una spada di ottima fattura e affilata.
« Tutto qui? » le disse Mae in tono provocatorio. Una spada comparì anche nelle sue di mani, ma a velocità molto maggiore rispetto a Sayuri.
« Voglio ucciderti e questa volta sul serio. Hai già fatto soffrire troppe persone » disse Mae osservando attentamente la lama.
« Spero che tu non ti riferisca a mia figlia »
« Certo che parlo di lei. Sei stata stupida, l’hai cresciuta con amore e poi l’hai ingannata, ora ti odierà in misura maggiore di quanto ti abbia mai amato »
« Menti! » urlò Sayuri, carica di rabbia, scagliandosi contro di lei. Mae fu abbastanza veloce da intuire cosa avrebbe fatto e tirò in alto la spada, per proteggersi. Ora le due donne erano faccia a faccia e si guardavano negli occhi. Entrambe volevano vivere, entrambe volevano vendetta e i loro sguardi erano assetati di sangue in pari misura.
« Davvero? Guardala, ammira il capolavoro che hai creato. Vedi la foga con cui uccide i demoni? Tu le hai dato un pretesto per combattere e ora ti odia! »
Sayuri si voltò a guardare la figlia: che provasse del rimorso per come si era comportata con lei?Ma quell’azione, quell’attimo di distrazione, fu fatale poiché Mae non ci penso due volte, la sua avversaria aveva abbassato la guardia, aveva l’occasione per mettere fine a tutto e lo fece. Prese la sua spada e gliela conficcò nel petto, all’altezza del cuore.
« Ricordati che ti odia, mente muori. Ricordatelo mentre vai all’inferno » le sussurrò in un orecchio.
Non era pentita di quello che aveva fatto. Aveva sofferto, continuava a soffrire e probabilmente l’avrebbe fatto ancora, per questo era così importante che fosse proprio lei ad uccidere Sayuri: gli altri erano innocenti, per quanto avessero provato dolore, per quanto avessero vissuto situazioni tragiche, non conoscevano il rimorso e l’orrenda sensazione che si provava quando si uccideva qualcuno, e innocenti sarebbero dovuti rimanere, non c’era motivo per metterli in contatto con tali orrori.
Sayuri si accasciò per terra, mentre si formava una pozza col sangue che le usciva dal petto. Sembrò voler dire qualcosa, ma la morte fu più veloce di lei e la rapì prima che potesse parlare. Appena spirò, tutti i demoni scomparvero e i Guardiani, sudati e stanchi, si voltarono verso il trono, vedendo Sayuri a terra con gli occhi spalancati girati all’indietro e Mae con la spada con cui l’aveva colpita in mano, che continuava a guardarla con odio.
« È finita » annunciò alzando lo sguardo e puntandolo sui ragazzi. Aveva il viso macchiato e la veste solitamente immacolata macchiata da alcuni schizzi di sangue, ma c’era qualcosa di diverso nei suoi occhi. Ora sembrava ardere un fuoco che prima non c’era, che non la faceva sembrare per nulla una dodicenne, ma che anzi incuteva terrore. Era la potenza della Strega Bianca.
Sakura si avvicinò al corpo di sua madre, le chiuse gli occhi e pianse. Non era triste perché era morta, ma perché le aveva sempre fatto credere di essere un’altra persona e tutto l’amore che le aveva mostrato era falso. Era cresciuta senza un padre perché era morto quand’era piccola, ma si accorse di essere cresciuta anche senza una madre, perché aveva preferito la vendetta e il potere alla famiglia.
Red le posò una mano sulla spalla, ma non parlò, nessuno si azzardava a farlo. L’amico capì che questa per lei sarebbe stata una dura prova e che ci sarebbe voluto molto tempo prima che si potesse riprendere, sempre ammesso che sarebbe riuscita a farlo. Non che fosse debole, ma quello che era successo minava alle fondamenta della sua personalità e l’aveva cambiata, avrebbe sorriso di meno e sarebbe stata meno propense ad avere fiducia negli altri.
Red comunque doveva stare attento che il dolore per l’abbandono appena scoperto non si tramutasse in un mostro che avrebbe cambiato per sempre la sua migliore amica, o forse qualcosa di più. Non era sicuro di volerle bene e basta e c’erano stati dei momenti in precedenza, quando lei aveva mostrato tutta la sua rabbia e la sua voglia di reagire, che aveva sentito di amarla e di volerla proteggere, per farla restare per sempre felice.
Il castello, prima tanto minaccioso, ora sembrava vuoto, l’unica cosa che lo riempiva erano i singhiozzi di Sakura. Era impressionante quanto il suo pianto sembrava udibile, come tutto il resto si fosse ammutolito per dare alla ragazza che tanto aveva sofferto la possibilità di sfogare il suo dolore. Sakura odiava piangere, specialmente davanti agli altri, ma le veniva inevitabile farlo. Non riusciva a controllarsi e continuava ad essere scossa dai singhiozzi, che le facevano arrossare il naso e tremare il corpo.
Ci mise molto tempo a calmarsi, venne aiutata anche dai suoi amici e quando fu pronta, i ragazzi presero il corpo di Sayuri e lo bruciarono all’esterno, e Sakura pianse di nuovo. Era la seconda volta che dava l’addio a sua madre, ma questo era più duro, perché ora aveva molte domande da porle, molti interrogativi che erano rimasti in sospeso e che lo sarebbero rimasti per sempre perché non c’era più nessuno che potesse risponderle. Lentamente, quando quella della Strega Bianca non fu più una minaccia, sentirono i loro poteri scivolare via da loro come la polvere viene tolta dai mobili.
« E ora che faremo? » chiesero alla Strega Bianca.
« I vostri poteri non vi rendevano speciali, ognuno di voi dentro è speciale. Reijiro, non ti serve essere un Guardiano per prevedere il futuro, nemmeno a te Sakura servono i poteri per diventare una brava dottoressa: ognuno di voi è speciale per quello che ha vissuto e per le decisioni che ha preso, non per i propri poteri » rispose.
« Ma non potrò più volare » si lamentò Rika.
« Potrai tornare al tuo villaggio, nessuno dirà più che sei strana e potrai vivere la vita che hai sempre sognato» disse, poi aggiunse: « Non temete che questa sia la fine, non è che l’inizio. L’inizio delle vostre vite ».


 


Beh, eccomi qui, la storia è finita.  Mi sono molto impegnata per lavorarci, è stata la prima che, in un certo senso, ha fatto da passaggio dal mio stile precedente a questo nuovo che sto adottando. 
Era partita in maniera differente, doveva essere molto più lunga all'inzio e non era proprio questo il finale che avevo in mente (pensavo a qualcosa tipo Red scopriva che la madre di Sakura era anche la sua e si creava un mezzo incesto), ma ho preferito optare per la conclusione più semplice.
Come ho detto, questa storia per me ha significato un passaggio e, guardandola ora, non credo sarei riuscita a farla finire in maniera differente.
Spero che vi sia piaciuta e che io non vi abbia deluso troppo. 
Pubblicherò un'altra long, sempre fantasy, ma non prima della fine delle vacanze, comunque.

Questa storia è finita, ma non sarei riuscita a concluderla senza il contributo della mia Beta e di tutte le persone che mi hanno recensito (ben 41 finora, wow, tantissime!) e di tutti i lettori silenziosi. Grazie anche a coloro che hanno inserito la mia storia fra le seguite/ricordate/preferite, forse per voi non è stato uno sforzo cliccare un pulsantino, ma per me è stato davvero bellissimo.

Grazie di nuovo a tutti, ci vediamo alla mia prossima storia!

_WhiteRose_

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