world equestrian

di dalmata91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo giorno di scuola e il licenziamento di suo padre ***
Capitolo 2: *** Red Barone Rosso ***
Capitolo 3: *** La prima lezione ***
Capitolo 4: *** La discussione con suo padre ***
Capitolo 5: *** Che cosa farai a Natale? ***
Capitolo 6: *** Il primo giorno di vacanza ***
Capitolo 7: *** I capricci di Red Barone Rosso ***
Capitolo 8: *** I consigli per Gaia e la parte nascosta di Stefano ***
Capitolo 9: *** Il cenone di Natale ***
Capitolo 10: *** La rabbia furiosa che mi trasformò di gioia in un istante ***
Capitolo 11: *** Shopping e la prima gara ***
Capitolo 12: *** Uno strano mondo ***
Capitolo 13: *** La nebbia della delusione ***
Capitolo 14: *** Il tragico incidente ***
Capitolo 15: *** Sogno o realtà? ***
Capitolo 16: *** Addio e Ribellione ***
Capitolo 17: *** Il compleanno di Alex ***
Capitolo 18: *** Sola con Red-Barone Rosso ***
Capitolo 19: *** Il nuovo amore ***
Capitolo 20: *** Notte fonda ***
Capitolo 21: *** Distanza inseparabile ***
Capitolo 22: *** Il ritorno inaspettato ***
Capitolo 23: *** Dall'adolescenza all'età adulta ***
Capitolo 24: *** Le olimpiadi a Londra ***
Capitolo 25: *** Il figlio di Manuela ***
Capitolo 26: *** Durante il lavoro al maneggio ***
Capitolo 27: *** Il mondo silenzioso ***
Capitolo 28: *** Grazie di cuore! ***



Capitolo 1
*** Primo giorno di scuola e il licenziamento di suo padre ***


1°CAPITOLO

IL PRIMO GIORNO DI SCUOLA E IL LICENZIAMENTO DI SUO PADRE


Iniziò il primo giorno di scuola. Era il 20 Settembre.
Feci il primo superiore al liceo artistico dove studiò arte: la passione che coltivai fin da piccola. Dovetti prendere l'autobus, la fermata si trovava a 20 km e per arrivarci ci volle mezz'ora. 
La città era molto grande come fosse Los Angeles: tram, metropolitane e autobus urbani ed extraurbani. Il viaggio durò molto perchè c'era molta confusione e traffico di prima mattina. 
Mi svegliai alle 6, non mi alzai subito dal letto, mi strofinai gli occhi, andai in bagno a lavarsi e infine preparai la colazione per tutta la famiglia. 
"Come ti senti al primo giorno di scuola?" chiese la madre dagli occhi verdi, capelli castani con meches bionde, corpo esile e statura bassa. 
"Non lo so....Sono imbarazzata e mi vergogno!" rispose Noemi. 
"Ma va...E' una cavolata il primo giorno di scuola! gridò Dany prendendomi in giro. Aveva gli occhi grandi castano chiaro, le mie stesse labra, carnagione bianca, corpo robusto e statura media.
"Non intrometterti! Noemi, dai ce la farai e stai attenta in giro! Mi raccomando!"
"Si, mamma" –sorrisi alzandosi dal tavolo, presi lo zaino e partii.
Arrivai a scuola, mi soffermai un minuto ad osservarla, sentii l'appello della sezione in cui fui iscritta e ci andai subito.
Mi sedetti all'ultimo banco, una ragazza mi presentò: "Piacere, Manuela".
"Piacere, Noemi."
All'una, arrivai a casa, sentendosi strana ma finalmente contenta di tornare a casa. Entrando in cucina, sospettai qualcosa dato le facce sconvolte della famiglia e chiesi cosa fosse successo. 
"Vieni, piccola. Mi sono licenziato da questa campagna perchè c'è crisi. L'ho venduta, ho guadagnato qualcosa….se trovo lavoro al centro, dovremmo cambiare casa. Non è sicuro, ora cercherò un lavoro buono"- disse mio padre robusto e muscoloso.
"Ok, mi dispiace. Vado in camera..."- gli dissi sconvolta. 
Rimasi sola in camera, mi connettei su Facebook e iniziai a fare amicizie con i nuovi compagni.
Prima di cena, sotto camera mia, sentii un urlo e delle voci confuse...


 

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Capitolo 2
*** Red Barone Rosso ***


2 CAPITOLO

RED BARONE ROSSO

Prima di cena, sentii un urlo che provenne da sotto camera sua.
Mi alzai dalla scrivania, scesi per le scale e vidi l’intera famiglia abbracciarsi felici e contenti di gioia.
M’insospettì e dissi: “Ehi, che sta succedendo?”.
Rimasero pietrificati e, ad un tratto, mio padre mi avvicinò dicendo di aver trovato un lavoro al maneggio come direttore nella stessa città.
Rimasi  a bocca aperta e dissi: “Non me l’aspettavo! Sembrasse che si fosse avverato il nostro sogno dopo tanto tempo…”-presi fiato, rimasi senza parole, piena di gioia e con gli occhi lucidi.
Andai subito in camera mia, mi sdraiai sul letto fissando il tetto con il sorriso e mi addormentai.
L’indomani, sentii suonare la sveglia e domandai schioccata come mai mi ero addormentata saltando la cena di ieri sera.
Mi strofinai gli occhi, mi alzai, preparai la colazione da sola e partii prendendo lo zaino che si trovò per terra.
Finita la lezione, uscii dalla scuola e ritornai a casa con l’autobus. Appena arrivata a casa, chiesi a mio padre su com’èra andato il primo giorno di lavoro. Mi sembrava strano che lui occupasse subito il ruolo da direttore visto che non aveva fondato il maneggio ma scoprii che prima di lui, il direttore si era dimesso per via della pensione.  Suo padre raccontò tutti i dettagli del maneggio, delle attrezzature, dei cavalli e dei dipendenti e non andava per niente male, anzi, era meraviglioso quel posto.
Chiesi  a mio padre: “Puoi portarmi oggi pomeriggio al maneggio, per favore? Dai!”
Mio padre mi rispose: “Sicura che oggi non hai niente da studiare?”
Io:  “E’ il secondo giorno di scuola e perché ci dovrebbero dare i compiti?”
Il padre: “Ok, ci andiamo adesso”.
Saltai di gioia, salii su per le scale e andai subito a mettersi i vestiti adatti per la campagna.
Appena arrivati al maneggio con la macchina, mi meravigliai a bocca aperta e mi sentii un paradiso vedendo i cavalli che giocavano tra loro e alcuni rimanevano nel box.
Io: “ Posso scegliere qualche cavallo cosi inizio a far lezione ogni pomeriggio? Mi piacerebbe tanto, ti prego!”
Il padre: “Prego”- distendendo il braccio come se fosse un gentiluomo che mi dava il benvenuto.
 
Mi misi a correre, vidi subito il cavallo dal manto morello, bello e dolce, di razza anglo-arabo e capii subito come se nascesse un legame tra loro.
“ Papà, voglio quello.” –gli dissi.
“ Ah, è bellino e si chiama Red Barone Rosso”- sorrise mio padre.
“ Red Barone Rosso?! Wow! “. Mi voltai verso il cavallo e lo accarezzai dolcemente.
“ Puoi iniziare oggi a fare un giro con la corda cosi si sentirà a suo agio.” – raccomandò mio padre.
Accettai, gli misi la testiera e la lunghina dolcemente, aprii il portone del box e lo accompagnai al centro della lezione.
Verso sera mio padre finì di lavorare e io gli rimisi subito il cavallo nel box rimuovendo la testiera e la lunghina e lo salutai dolcemente.
Salimmo di nuovo in macchina, dissi a mio padre che mi ero divertita tanto, ero diventata amica con Red Barone Rosso e non vedevo l’ora di iniziare la lezione l’indomani.
Ci guardammo negli occhi sorridendo e si voltammo a sé verso di fronte. Mio padre si sentì orgoglioso di me, accese il motore della macchina e ritornammo a casa. 

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Capitolo 3
*** La prima lezione ***


3 CAPITOLO

LA PRIMA LEZIONE DI SALTO

 
Come ogni mattina, mi preparai per andare a scuola.
Era volata la prima settimana di scuola piena d'impegni, sorprese, nuove amicizie di scuola e del maneggio, nuovi professori, nuovo lavoro di suo padre, nuovi compiti ecc.
Durante la lezione, la seguii e mi sedetti sempre con Manuela, la nuova compagna e rappresentante dell’istituto.
Infatti, anche nelle ore di pausa, si assentava sempre per sbrigare le faccende dell’istituto e non mi aveva mai cercato di farmi compagnia, ma c’incontravamo qualche pomeriggio insieme a far shopping o a far compiti.
Manuela era una bella ragazza vanitosa, chiacchierona, pettegola ed era maniaca dello shopping. Ogni giorno, si vestiva in modo snobbato truccandosi troppo e adornata di gioielli come se andasse di sabato in discoteca.
Ad un certo punto, nasceva una nuova amicizia: chiacchieravamo per ore e ore anche durante le lezioni, ci aiutavamo l’una all’altra per i compiti e varie.
Durante l’ora della ricreazione, come il solito, alcuni rimanevano in classe a mangiare e chiacchierare, altri facevano macello tra i banchi o una passeggiata nel corridoio.
Mi sentii sola, vidi una compagna di classe silenziosa di nome Samantha e iniziai una piccola confidenza che non andò male. Uscimmo insieme, passeggiammo nel corridoio e vidi subito un ragazzo che lavorava con me al maneggio.
“Stefano!”- corsi a fargli incontro e Sam mi seguì.
“Ciao, che ci fai qui?”
“ Non sapevo che frequenti nella mia stessa scuola”
“Già, come va?”
“Tutto bene, te?”
“Bene. In questo periodo è molto pesante perché è l’ultimo anno e ci sono gli esami ma posso ugualmente lavorare al maneggio. Vieni oggi pomeriggio?”
“Si, non vedo l’ora di saltare con Red Barone Rosso!!!”- ci sorridemmo guardandosi negli occhi.
“ Scusa, è suonata la campanella e devo rientrare”.
“Ok, allora ci sentiamo nel pomeriggio.”
Io e Sam rientrammo in classe dicendosi che Stefano era un ragazzo fico, ridemmo come pazze e ci sedemmo al proprio banco.
Raccontai tutto a Manuela dell’incontro con Stefano poco fa e scoprii che era il suo miglior amico d’infanzia. Manuela mi raccontò che aveva una famiglia benestante in cui il padre era capo dell’ingegneria e pochi mesi gli arrivavano i debiti all’improvviso. Non avendo soldi sufficienti per coprirli, Stefano era costretto a lavorare per aiutarlo.
 
Suonata la campanella, uscii dalla scuola, presi l’autobus e ritornai a casa in sovrappensiero del maneggio.
Raccontai tutto a mio padre di Stefano, il suo dipendente e gli dispiacque della sua situazione.
Preparai i vestiti del maneggio e uscii con mio padre in macchina.
Andai subito al box di Red Barone Rosso, gli accarezzai, gli strigliai e gli sellai. Emozionata, salii e presi respiro profondo. Con l’aiuto dell’istruttore, seguii tutto e feci il primo salto come livello da principiante. Cominciai il piccolo galoppo, Red Barone Rosso alzò le zampe e saltò senza problemi.
Io, essendo sorridente, abbracciai tutto il suo collo tra le braccia e Red Barone Rosso era contento e volle saltare. Cominciai a fare gli allenamenti per un’ora e, senza accorgersene, dietro a quello steccato bianco, c’era mio padre che mi fissò sentendosi orgoglioso di me.
Finita la lezione, gli disellai, lo portai al box e incontrai Stefano che lavorò come stalliere. Cominciammo a conversare per ore e ore.
“E’ un bravo ragazzo. Forse inizierò la prima mossa quando ci sarà il momento giusto.” –pensai fra me e me arrossendo.
Ad un tratto, arrivò un altro stalliere di nome Alex, un ragazzo di carnagione scura e muscoloso come Stefano ma aveva gli occhi verdi smeraldo come il mare e, invece, Stefano, aveva degli occhi neri.
Parlammo su come stavano i cavalli e i box, e dopo 5 minuti, Alex se ne andò comportandosi da gentiluomo.
“ Va bene, fra poco dobbiamo chiudere il maneggio e sicuramente mio padre vuole vedermi pronta per tornare a casa.”
“Ok, ora sistemo un po’ di cose e ti accompagno all’ufficio di tuo padre.”
“Non dovevi…va bene, accetto.”
Stefano sistemò le sue cose, mi accompagnò all’ufficio, mi lasciò, prese il motorino, mise il casco guardandomi fissa sorridendo, girò il manubrio e partì.
“E’impazzito. Non ha lo sguardo sexy ma dal colore nero degli occhi e la sua forma allungata sembrano aggressivi..boh.”
Davanti a me, dall’ufficio uscirono mio padre e i suoi collaboratori. Uno dei collaboratori mi disse: “Ah, la figlia! Ho saputo che ti piacciono i cavalli, l’equitazione nel sangue e hai cominciato a saltare con Red Barone Rosso. Non è andata male la prima lezione e Red Barone Rosso è un bravo campione, anche se vinceva poche gare.
Quando migliorerai, nel periodo scolastico se è possibile, iscriverti alle nuove gare con lui. Per ora devi pensare a migliorare come livello e poi vedremo.
“ Davvero?! Spero di riuscirci.”- gli dissi meravigliata.
“Buon proseguimento”.
Se ne andammo tutti a casa. 

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Capitolo 4
*** La discussione con suo padre ***


4 CAPITOLO

LA DISCUSSIONE CON SUO PADRE

 
Il tempo passava veloce: arrivarono i mesi, settimane, giorni e quasi si avvicinarono le vacanze di Natale. Il primo trimestre stava per finire e dovrebbe arrivare la pagella prima di Natale.
Ero molto stressata: mancavano poche settimane dalla scadenza e doveva fare delle interrogazioni, verifiche e consegni grafici.
Pensai: “Odio l’inverno perché piove ogni giorno e non posso far lezioni uffa devo finire tutte le cose della scuola e non posso stare tutto il pomeriggio al maneggio con mio padre ma se rimanessi un’ora, va bene… ho un’idea: per essere autonoma, prenderei il motorino cosi posso andare quando e dove voglio!”
Nel pomeriggio, arrivai a casa e chiesi subito a mio padre il permesso del patentino e gli spiegai il motivo.
Il padre: “Vedremo, stasera parleremo per le spese delle lezioni e dell’assicurazione.”
La madre: “Davvero prenderesti il motorino?! Ho un po’ paura ma ti accontento lo stesso…. Sarà meglio cosi avrai più esperienza in strada quando prenderai la patente anche se guidare in macchina è un’altra cosa.
La sorella: “Bene, cosi mi accompagni al corso di danza!”
Io : “Non cominciare, per favore!” rispose stressata.
Fortunatamente, non avevo disegni da consegnare ma solo studiare tra i libri e li portai al maneggio.
Arrivai al maneggio, presi la sella del suo cavallo, la misi per terra e cominciai a strigliare. Mentre strigliavo, sentii delle voci dietro di mio padre ed Alex.
Il padre disse ad Alex: “Vedo che fino ad ora hai lavorato bene e ora ti affido l’incarico di diventare sellaio. Quando arrivano gli allievi, prendi le loro selle e falli sellare anche al cavallo di mia figlia, ok?”
“Ok”. Rispose Alex.
“Cosa?! Come ti permetti di assegnargli incarico al posto mio?! Red Barone Rosso è mio e nessuno lo deve toccare!- sbattei la spazzola al suo collo, gli fece male e Red s’indietreggiò nitrendo.
“Scusami, non l’ho fatto apposta.” –l’abbracciai dispiaciuta.
Mio padre si allontanò in modo distaccato e freddo.
“Hahaha, mi fai ridere. Ora parli con i cavalli…è una cosa pazzesca!”- ridacchiava a crepapelle.
“Che cosa vuoi?! I cavalli non possono parlarci ma ci comprendono e hanno sentimenti verso di noi. Fatti gli affari tuoi!”- mi arrabbiai di più, lanciai la spazzola alla finestra e non m’interessò il rumore dei vetri infranti.
Alex smise di ridere, rimase pietrificato guardandomi con gli occhi spalancati e gli feci una smorfia antipatica trascinando via il mio cavallo con la sua briglia.
 
Alex se ne andò, gli sellai e sentivo ancora voci di due ragazze dicendo che ero una raccomandata e figlia che non pagava le lezioni.
Sbuffai con la faccia seccata, salii e comandai al cavallo di partire. Finalmente ci fu una calma interiore e mi concentrai sul salto.
Passata un’ora, scesi dal cavallo, lo portai al box, gli diedi le carote e poi aprii i libri per studiare sedendosi per terra.
Alex passò di nuovo e mi disse: “ Se vuoi, ci parlo io con tuo padre…ho notato il tuo atteggiamento aggressivo e l’affetto verso Barone Rosso. Lo sai che sei unica fantina che ama veramente i cavalli e l’equitazione nel sangue come fosse il tuo nuovo “amore”. - Sorrise infine. “Quindi, posso sellare gli altri cavalli tranne il tuo se tuo padre mi permette e non è un problema.
Lo guardai profondamente il suo sorriso perfetto che si vedevano subito i canini appuntiti e il suo sguardo dolce.
Gli dissi: “ Come sei saggio … Grazie mille. Se te la senti, falla. Tanto poi parlo con mio padre stasera per le altre cose cosi posso convincerlo del mio affetto verso di lui.”
Passò Stefano all’improvviso e ci salutò in modo amichevole.
Stefano gli suggerì all’orecchio delle parole incomprensibili e Alex fece cenno si con la testa. Feci l’espressione dubbiosa ma gli lasciai stare.
Terminato il lavoro, io e mio padre tornammo a casa stanchi e stressati. Gli feci subito domande e chiarimenti, e infine lo convinsi per il permesso del patentino e della cura del cavallo.
Saltai di gioia, mangiai velocemente, mi connettei su Facebook e mi meravigliai…20 notifiche in una settimana senza accesso..Oh my God!
Stanca morta, non ce la feci a vederle tutte, staccai il pc, guardai il diario della scuola, mi misi il pigiama e mi coricai a letto addormentandosi subito. 

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Capitolo 5
*** Che cosa farai a Natale? ***


 

5 CAPITOLO

“CHE COSA FARAI A NATALE?”

Non volli svegliarmi perché era pieno inverno e alzarsi dal letto sentendosi freddo era cosi traumatizzante. Non mi alzai subito.
Mia madre aprì la porta, mi svegliò con tanta premura che si fece tardi.
Sbuffai, mi alzai dal letto, sentii terribilmente freddo e guardai il tempo dalla finestra e la temperatura appesa al muro.
3°gradi! Uffa!” Stavolta misi il completo molto pesante: indossai 3 magliette contemporaneamente, stivali anti-pioggia di marca Blauer e la sua felpa preferita di colore turchese in cui il cappuccio è coperto di bianca pelle d’oca in modo che riscaldasse il volto dal freddo. Mangiò velocemente, prese lo zaino e partì.
Finalmente ha saputo il giorno della pagella e delle vacanze natalizie.
Ci furono un brusio e voci incomprensibili pieni di gioia e di entusiasmo.
Manuela le chiese: “Che cosa farai a Natale?”                              
“Io rimarrò e dormirò al maneggio con il mio cavallo.”
“E basta?” sbuffò.
“No… festeggerò il Natale con la mia famiglia e se ci sono eventi, verrò.”
" Certo … Ho degli eventi da partecipare, sono tanti e ti invito direttamente su Facebook cosi sceglierai uno di questi”
“Ok. Se ho tempo di vederli..”
 
Si fece un pomeriggio cupo e piovoso.
Il padre: “ Vieni con me oggi?”
Noemi: “Si!”
“ Fa freddissimo e piove. Dobbiamo controllare l’atmosfera del box e i cavalli … dobbiamo procurarci molto cibo, acqua, coperte e non c’è più erba!”
“ Ci avevo pensato anch’io e mi preoccupo di Red Barone Rosso.”
Salimmo in macchina, avemmo difficoltà e panico nell’attraversare strada quasi allargata e per fortuna non era una macchina ma un fuoristrada Suzuki di colore verde e dietro c’è una ruota coperta da una stoffa stampata dalla foto di un cavallo nero impennato in mezzo al deserto.
Arrivati al maneggio, era un disastro. La campagna era troppo bagnata.
Facemmo fatica a camminare lasciando le orme di fango. All’interno del maneggio c’erano tutti: i collaboratori, Alex, Stefano, tutti i cavalli tranne gli allievi che non erano potuti venire a causa della pioggia. L’atmosfera era calda e vidi tutti i cavalli muniti di cibo, acqua e indossati dalle coperte per ripararsi dal freddo.
Ebbi una strana sensazione: era come se fosse un coreano che ballava Gnagnam Style in mezzo ai cavalli, ma mancava la musica e c’era solo il rumore di pioggia battente.
Controllai Red-Barone Rosso: era tranquillo e riscaldato dalla coperta. Red- Barone Rosso muoveva il muso in modo da voler essere accarezzato da lei come se non la vedesse da tanto tempo. Lo accarezzò, gli raccontò tutto quelle che successe e gli dava carote. Ad un tratto, passò il padre e vide la finestra rotta di Red- Barone Rosso.
“La finestra?!”
Mi voltai in un secondo e mi rigirai verso il padre raccontando i dettagli dell’altro giorno. 
“E’ stata colpa mia. Ero molto arrabbiata con te e con Alex del fatto di nuovo incarico e non sono riuscita a trattenermi. Scusa, papà.”-  Abbassai lo sguardo triste fissando gli zoccoli.
“Ok, ci penserò e lo farò a spese mie. La prossima volta stai più attenta.”
Se ne andò mettendo la mano sulla fronte in sovrappensiero delle spese del danno.
Piovve molto e ci fu il rumore di gocciolio sbattendo fortemente il tetto. Mi sedetti sulla paglia, presi il libro di Biologia e cominciai a studiare.
Dopo pochi minuti, passò Stefano a controllare e, senza accorgersene, aprì il portone del box e mi vide seduta in un angolo.
“ Non ti ho vista proprio! Sei cosi piccola da rifugiarti bene in caso di pericolo!- mi sorrise scuotendo il capo.
Risi, chiusi subito il libro e lo lasciai per terra.
“Come stai?”- mi chiese Stefano.
“Bene, e tu?”
“Bene. Piove e non possiamo far nulla … senti, Che cosa farai a Natale?”
Ripetei la stessa risposta come avevo fatto a Manuela stamane.
“Ah, bene. Non frequenti le discoteche?”
“No, non sono il tipo … Parteciperò se c’è occasione.”
“Mmm , sai … t’invito di venire alla discoteca Disco Genesi a distanza di 15 km e suonerà … Indovina!” gli alzarono le sopracciglia.
Dubbiosa, dissi: “E che ne so? Non conosco nessun dj in questa città.”
Sbuffò, disse: “Alex!”
“Alex? … Lui?? Impossibile! Un sellaio tranquillo che ha volontà di lavorare suona come dj?? Non mi ha detto nulla!” – mi meravigliai.
Stefano chiamò Alex per togliere i miei dubbi.
“Si, stasera su Facebook ti mando le mie canzoni” rispose facendomi un occhiolino.
Saltai di gioia, gli confessai che amavo la musica House e il suo cantante preferito era Dj Matrix.
Alex e Stefano si meravigliarono di più e mi chiesero quali fossero le sue canzoni preferite. Ci fu una conversazione lunga per ore e ore dedicando alla musica, dei cantanti e delle canzoni. Mentre conversammo tra di loro, Stefano distrasse e mi fissò scoprendo che ero una tipa vivace, allegra, un po’ lunatica e sveglia.
Guardò profondamente i miei occhi rivolti ad Alex e si mise a fantasticare su di me.  
Interrotta la fantasia, Alex ci scusò per continuare il lavoro e Stefano gli rispose di sì imbarazzato.
Ci furono silenzio e un vuoto anche fuori dal box come se fosse un deserto.
Stefano guardò nei miei occhi avvicinandosi di più e scoprì che i miei occhi non erano castani ma cangianti verdi illuminati dalla finestra. Nello stesso momento, lo guardai con lo sguardo sexy e provocante e sorrisi dolcemente.
Stefano aveva una voce dolce dicendomi: “Sei cosi bella…” e gli occhi si voltarono guardando le mie labbra a forma di cuore, gli attirai, mi diede un bacio passionale chiudendo gli occhi dolcemente. 
Dopo pochi minuti, Red Barone Rosso vide noi due baciarsi e nitrì geloso. Aprimmo gli occhi voltando lo sguardo verso Barone e ridemmo divertiti. Ci movemmo agitati in sovrappensiero dell’ora e ci eravamo accorti che si stava terminando il lavoro.
“Allora ci vediamo presto. Se vuoi, possiamo sentirci per telefono”
“Ok, se non sarò stanca morta”- e ridemmo.
Stefano uscì dal box.
Sistemai la paglia, misi il libro nello zaino, salutai Red Barone Rosso ed uscii. Vidi mio padre in fondo e corsi a fargli incontro. Mentre scendeva per la scale, notai che Stefano mi fissò e mi voltai verso di lui in modo dolce.
Arrivata a casa, salii in camera mia, mi connettei su Facebook e presi decisione degli eventi e scaricai le canzoni di Alex. Mi squillò il telefono, vidi il nome Stefano, schiacciai il tasto e mi buttai a letto sorridendo. Parlammo e si chiarimmo di quel bacio fatto nel pomeriggio e ci scoprimmo che ci piacemmo quando eravamo conosciuti da poco.
 

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Capitolo 6
*** Il primo giorno di vacanza ***


CAPITOLO 6

Il primo giorno di vacanza: “Romanticismo” e patentino?!

 
Finalmente era il giorno di vacanza e della pagella.
I genitori parlavano a sottovoce.
Il padre disse a sua moglie: “ Vai a prendere tu la pagella, per favore?”
La madre: “Si, certo.”
“ Se Noemi prenderà buoni voti, le facciamo una sorpresa: l’iscrizione del patentino. Shh!”
Facevano cenno di si con il capo e l’occhiolino tra di loro. Passai a dirgli: “Chi di voi prende la pagella?”
La madre le rispose: “ La prendo io”.
“Ok. non voglio venire con te, ti dispiace?”- gli domandai digrignando i denti.
“No, stai tranquilla. Puoi andare al maneggio”.
I genitori si guardavano, facevano di nuovo cenno di si con il capo come fossero poliziotti pronti ad evacuare la zona e ad arrestare il criminale.
M’insospettì perché, come ogni anno, la madre mi costrinse ad andare con lei per prendere la pagella. Invece, era molto cambiata. Anche soprattutto dello sguardo incrociato tra i genitori.
E’molto strano. Mia madre è cambiata e mi rispetta sempre il mio desiderio di andare al maneggio e poi stanno nascondendo qualcosa…boh”- pensai.     
Si fece ancora mattina. Preparai la valigia per rimanere due settimane al maneggio. La valigia era molto piena di varie cose e sembrava che rimanessi per un mese! Dopo aver preparato la valigia, salii già pronta in macchina con mio padre.
Mio padre mi avvisò che Alex era in ferie fino all’Epifania e, visto che avevo più tempo, mi chiese di aiutare Stefano, di conoscere di più i cavalli e prenderne cura di loro.
Andai subito al box di Red-Barone Rosso, gli presi cura e cominciai a saltare. Stavolta la lezione non durò solo un’ora ma più di due ore per raggiungere il mio obiettivo di superare il livello da fantina più elevato e ancora feci nel pomeriggio, ogni giorno, fino all'Epifania.
Conobbi guardando profondamente ogni cavallo che era nel box e non andò male: erano tutti sani e robusti.
Aiutai Stefano a sistemare i box e chiacchierammo per ore e ore. Uscimmo dal maneggio per riempire l’acqua nell’abbeveratoio dei cavalli. Mentre riempimmo, ci prendemmo in giro divertenti e c’inzuppammo d’acqua dai tubi.
Era già inverno: giocarsi con l’acqua gli era facile ammalarsi ma a loro non importavano. Ci scambiammo parole romantiche e ci baciammo in modo passionale. Alla fine, per la prima volta, ci dicemmo contemporaneamente tra di loro “Ti amo”.
Stefano mi volle far una domanda imbarazzante ma non riuscì ad aprire bocca.
Lo capii subito e gli dissi: “ Ti vedo che vuoi dirmi qualcosa.”- incrociai le braccia al petto usando lo sguardo curioso verso di lui.
“ Ecco… volevo chiederti se, dopo la notte in discoteca, posso dormire con te sopra l’ufficio di tuo padre?”. arrossì abbassando lo sguardo.
Sorrisi a bocca chiusa e gli riferì: “ Ho capito cosa vuol dire! Va bene. Per le altre notti preferirei dormire con Red nel box.”
“Si, ti seguo volentieri”- sorrisi impazzito.
Risi e, allo stesso tempo, fui preoccupata dicendolo: “ Non facciamoci scoprire da mio padre e dagli altri.”
“Certo, organizzeremo qualche piano di astuzia.”
Ridemmo e ci baciammo di nuovo in mezzo al campo vuoto e silenzioso.
“Ah, ti devo dire un’altra cosa segreta.”
“ Cosa?”- mi mossero gli occhi preoccupati.
“ Mentre allenavi, ero affacciato sullo steccato e ho sentito le conversazioni tra collaboratore e tuo padre che, all’inizio di gennaio, ti fanno iscrivere ad una nuova gara di salto.
Coprii la bocca aperta con la mano e saltai di gioia e Stefano mi fece un gesto di silenzio.
Si fece un pomeriggio tardi: sedetti sulla panchina accanto al box di Red-Barone Rosso riflettendosi.
All’improvviso passò mia madre.
“Mamma, che ci fai qui?”
“Per farti vedere la pagella..”
“ Non c’è bisogno! Vabbè!”
Osservai la pagella e mi sentii soddisfatta di avere ottenuto degli ottimi voti e nessun debito.
“Ti ho iscritta al patentino e puoi iniziare la lezione domani!”- sorrisi.
“ Davvero?! Finalmente! Grazie, mamma!” l’abbracciai.
“ E’ merito dei tuoi ottimi voti”
La madre si allontanò ed entrò nell’ufficio di suo marito.
 

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Capitolo 7
*** I capricci di Red Barone Rosso ***


CAPITOLO 7

I CAPRICCI DI RED- BARONE ROSSO

 
Dormii profondamente nel box di Red-Barone Rosso appoggiandosi sulla sua pancia come fosse un cuscino, il mio corpo disteso sulla paglia pulita e coprii con la coperta invernale.
Come ogni mattina, il lavoro del maneggio iniziò alle 7.
Alle 6:30 arrivò Stefano con il motorino, entrò in un maneggio facendo i passi silenziosi in modo da non far svegliare i cavalli e me.
Arrivò qua, aprì la porticina con lentezza e mi vide addormentata mostrando dolcezza verso di me.  Mi accarezzò, mi diede un bacio a stampo e io aprii gli occhi con lentezza.
“Buongiorno, amore”.
“ Amore…buongiorno!.- aprii gli occhi che stavolta non erano normali, anzi, avevo le pupille piccole, la forma a mandorla e gli occhi verdi scuri illuminati dalla luce della finestra.
“Mi piacciono i tuoi occhi che cambiano ogni momento.”
“Grazie, amore. Ma che ore sono?!” gli dissi dolcemente e, allo stesso tempo, esclamai preoccupata.
“Calmati, sono le 6:30. Ti porto la colazione dal bar. Come la vuoi?”
“Guarda che a momenti viene mio padre..” gli chiesi con gli occhi spaventati.
“Non ti preoccupare. Vado al bar lontano e posso arrivarci puntuale alle 7 in modo che non ci sospette di noi.”
Sentii la suoneria breve, guardai il cellulare e ricevetti un SMS. Era mio padre.
“Noemi, oggi non vengo perché ho tante cose da fare e ci pensa Marco. Gli ho già avvisato, tranquilla. Un bacio”
“Era mio padre! Oggi è assente..!” gli feci un sorriso felice.
Stefano sospirò e mi disse: “Allora vado al bar qui vicino e cosa ordino per te?”
“Cornetto alla crema e un caffè”.
“Ai comandi.” –ridemmo, mi diede un bacio a stampo e Stefano se ne andò.
Guardai la finestra rotta per vedere com’era fuori il tempo e fu poco nuvoloso. Mi alzai, guardai Red-Barone Rosso ancora addormentato e l’accarezzai.
Dopo pochi minuti, arrivò Stefano entrando al maneggio mostrando la posizione vanitosa come stesse sfilando sul palco e il braccio occupato della nostra colazione.
Rimasi colpita dalla sua posizione vanitosa e mi batté il cuore all’impazzata.
Quanto mi piacciono i vanitosi!”.- pensai.
“Eccola qua, amore.”
“Grazie.” –sorrisi.
Facemmo colazione mentre chiacchieravamo ancora a bassa voce.
Quando fummo finito, ci baciavamo ma fummo spaventati all’aria perché Red-Barone Rosso si svegliò alzandosi piano le zampe. Ridemmo divertenti accarezzando il suo muso.
Cominciammo a lavorare e a sistemare i box come ogni mattina.
Erano le 9. All’improvviso ci fu un brusio dei ragazzi ansiosi di iniziare le lezioni.
Mamma mia..è ovvio che ci sono le vacanze di Natale e sono tutti presenti.” Sbatté la manata sulla fronte e sbuffò. “ Non c’è Alex e ci penso tutto io.”
Ad un tratto, alle mie spalle, vennero i ragazzi incrociati dalle braccia al petto. Mi spaventai e chiusi gli occhi sforzati, infastidita, mentre mi dicevano assieme: “Ci serve la sella”. Mi girai e vidi tutti che erano tutte femmine e un maschio.
“Ragazzi, calmatevi. Non vi conosco, scusatemi. Facciamo una cosa: le vostre selle sono diverse e le riconoscerete sicuramente. Prendetele e ritornate ai vostri cavalli cosi vi raggiungo.”
I ragazzi corsero in fretta, agitati, lasciando in fumo la polvere e ritornarono al loro box. Andai subito da una bellissima bambina di 11 anni che si chiamava Gaia. Aveva gli occhi azzurri a mandorla, i capelli biondi e aveva il viso paffutello. Montò un cavallo argentino dal manto grigio di 3 anni che si chiamava Free Spirit.
“E’ un bellissimo cavallo. Gli ho insegnato il passo e il trotto ma è troppo lento…come mai?.- mi chiese preoccupata.
“Ah, si? Magari è giovane e avrà 3 anni. – le dissi guardando il corpo del cavallo e sellando contemporaneamente.
“E’ normale. I cavalli da 3 fino a 6/7 anni devono svilupparsi anche delle capacità durante gli allenamenti. Stai tranquilla.”
Gaia sospirò e si sentì più tranquilla di prima.
Passai al secondo cavallo irlandese di nome Poseidon dal manto grigio pieno di macchie nere piccole che lo montava Lucry soprannominata Svampy.
Si chiamava cosi perché alle medie era troppo svampita: faceva figuracce ogni volta che incontrava ogni ragazzo che gli piaceva. Frequentava al liceo classico e aveva 16 anni.
Passai al terzo cavallo incrociato tra Welsh- Arabo di nome King che lo montava Marghe, una studentessa universitaria veterinaria e aveva 23 anni.
Al quarto cavallo, cioè femmina, murgese di 4 anni che si chiamava Silver. Lo montava una ragazza di 13 anni che si chiamava Nicky. Aveva i capelli castani chiari, lunghi e lisci, e gli occhi azzurri.
Al quinto cavallo abbandonato, incrociato, non si sapeva di quali razze siano. Si chiamava Cris. Lo montava un’adulta studentessa universitaria di Biologia di nome Ambra. Aveva gli occhi castani, i capelli corti e il corpo snello.
Al sesto cavallo di una bambina 12enne che si chiamava Valentie che era un trottatore americano dal manto castano.
Al settimo cavallo di Walter soprannominato Tudux: un ragazzo disoccupato, muscoloso, robusto, pieno di tatuaggi e piercing. Aveva l’aria sgarbata e superba. Quasi assomigliava al cantante Fabri Fibra.  “Quanto l'odio!”
 Lo montava un cavallo purosangue inglese di nome Zodiac dal manto cremello e gli occhi azzurri.
All’ottavo e al nono cavallo, gemelli di razza Hannover dal manto castano, che si chiamavano Mellow e Ben. Quei gemelli che li montavano erano di Sheila e Sophie, le migliore amiche. Erano quelle che spettegolavano e prendevano in giro di me.
Come sono antipatiche.. uffa!”
Finalmente all’ultimo cavallo! Era una bellissima cavalla di razza che si chiamava Nora. La montava una ragazza di 16 anni, sempre disorientata ma era gentile e simpatica, di nome Amanda.
Sedetti sulla panchina e mi riposai per cinque minuti.
Mi alzai per iniziare la lezione e, all’improvviso, passò un uomo che doveva riparare la finestra. Cercai di trascinarlo tante volte ma rimase immobile. Sbuffai e capii che l’uomo aveva gli attrezzi e, per questo motivo, il mio cavallo lo avrebbe guardato male. Gli suggerì a sottovoce di andare in un’altra stanza cosi mi dava tempo per trascinarlo. Quel signore se ne andò.
Misi la mano a forma di pugno sulla sua briglia, sforzai ma rimase ancora immobile. Sbuffai, mettendo le mani impugnati sui fianchi, arrabbiata.
“ Non vuoi fare proprio niente!”- e poi ebbi un’idea.
Chiamai l’istruttore e raccomandai a sottovoce di controllare se i cancelli erano chiusi. Fece cenno di si con il capo, se ne andò, e poi passò di nuovo, in lontananza, mostrandomi il segno OK.
Rivoltai lo sguardo verso Barone e gli dissi: “ Vediamo se vuoi venire con me da solo. Dobbiamo far lezione se vogliamo partecipare alla gara. Intanto vado al percorso. Ciao!” 
Me ne andai convinta.
Il cavallo fu agitato e iniziò a seguirmi dietro alle mie spalle.
Mi voltai dicendolo: “ Sei un testardo e peggiore di un bambino viziato di 3 anni.” E poi risi dolcemente.- “Andiamo”.
L’uomo entrò di nuovo nel box e cominciò a ripararla.
Salii in sella, feci un respiro profondo. Cominciai a battere i miei piedi sulle staffe alla sua pancia al comando di partire. Galoppai e saltammo su un ostacolo che stavolta era un po’ più alto. Galoppavamo tranquillamente e, all’improvviso, spuntò un puledro mai visto da quelle parti. Red- Barone Rosso fu spaventato, nervoso e fece una brusca frenata dei suoi zoccoli lasciando in fumo la polvere. Spalancai gli occhi e la bocca, misi a volare involontariamente gridando e mi buttai fortunatamente sul fieno imbottito e fui distesa in croce.
“ Sei veramente un monellaccio!”.- gli esclamai scuotendo il capo.
Guardai, già alzata in piedi, fissa al puledro dal muso dolce e, ad un tratto, Red-Barone Rosso scappò nitrendo.
“Dove vai? Noooo!” corsi inseguendolo e vidi Red-Barone Rosso saltarsi sullo steccato chiuso.
“Madonna, troppo furbo e geniale!” parlai da sola alzando gli occhi al cielo.
Lo inseguì allontanandosi dal maneggio e mi trovai in un posto perduto e meraviglioso. Eravamo quasi vicini al ruscello. Red-Barone Rosso si fermò spaventato perché non aveva mai attraversato sull’acqua.
Mi stancarono le gambe, caddi involontariamente per terra, coprii le mie braccia in faccia in modo da non farmi male e mi trovai a pochi km dal ruscello.
Alzai camminando a gattoni e, dopo pochi minuti, in piedi.
“Ehi, vedo che hai paura dell’acqua. Dovresti imparare perché se per caso parteciperemo  ad una gara di cross country, devi attraversare sull’acqua.
Il cavallo mi vide terrorizzato.
“T’insegno io. Per fortuna l’acqua è bassissima.”
Attraversai sull’acqua camminando prudentemente per evitare scivolamenti e, alla fine, raggiunsi dall’altra parte del ruscello.
“Visto? E’ facile. Prova!”
Il cavallo alzò lo zoccolo, si bloccò indietreggiando moltissime volte. Alla fine, vinto dalla paura, attraversò sull’acqua con coraggio, orgoglio e con convinzione.
Lo mostrai come si attraversava sull’acqua correndo e avevo già studiato i passi sicuri. E cosi Red-Barone Rosso lo fece.
“Vediamo se riesci ad attraversare sull’acqua stando in groppa con me.”
Salii, comandai e si mise a galoppare attraversando sull’acqua schizzandomi bagnata.
Ero strafelice e fiera di lui. “Il mio cavallo migliore del mondo”.- pensai emozionata.
Sdraiai sul prato prendendomi sole e pensai che fosse il posto migliore per fare una galoppata o una passeggiata a cavallo con Stefano. Chiusi gli occhi finta e, dopo pochi minuti, sentii avvicinarsi i rumori degli zoccoli e aprii subito gli occhi immobili fissando il cielo sereno. Cosa c’era? Vidi all’improvviso la pancia e gli zoccoli di Red-Barone Rosso volare e fui spaventata a morte. Stava saltando sopra di me e gli dissi: “ Oddio, sei una peste.” - Sbattei una manata sulla fronte con lo sguardo rivolto ad un prato e il cavallo s’impennò.
“Dai, ritorniamo al maneggio… Saranno preoccupati di noi due, siccome il cellulare non prende campo.”- gli dissi guardando il cellulare in mancanza di rete.
Salii, galoppai a tutta velocità sentendomi scorrere il vento tra i capelli lunghi e ricci. Ritornai al maneggio scendendo da cavallo. Erano tutti circondati attorno a me e li raccontai tutti i dettagli della sua fuga.
 


Ciao a tutti! Grazie a voi che mi state seguendo la mia storia a capitoli e sono contenta che vi piaccia!
Stavolta questo capitolo è più lungo del precedente e ci ho messo 2 giorni a momenti ad inventare e scrivere sul quaderno e su word perchè avevo imprevisti che m'impedivano uff! 
Spero che mi scriverete recensioni se volete e mi fa molto piacere! 
Buona lettura!
dalmata91 :D

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Capitolo 8
*** I consigli per Gaia e la parte nascosta di Stefano ***


Fu una mattinata pesante. I lavori del maneggio e la ribellione di Red-Barone Rosso mi avevano dato stress e stomaco vuoto che arrivò l’ora di mezzogiorno.
Stefano mi avvicinò preoccupato accarezzandomi con la sua mano nervosa e tremante.
“Amore, mi hai fatto preoccupare e per fortuna non ti è successo niente…”
“Sì, per fortuna.” –sorrisi.
Guardai perplessa nei suoi occhi neri, nel suo volto preoccupato che trasformò, in un secondo, all' aggressivo.
“Amore, che hai? Ti vedo strano..” m’afferrò violentemente la mia spalla.- “Ahia, mi fai male! Dimmi che hai!”
“Oh, scusami. Non mi sono accorto… scusa amore”.- mi stampò un bacio sulla guancia. Eravamo in mezzo alla gente del maneggio, nessuno seppe di noi e, per questo motivo, mi diede un bacio sulla guancia come segno d’affetto.
“Mi stai nascondendo qualcosa?”- domandai a sottovoce con lo sguardo curioso.
“Perché dovrei nascondere? Ho la coscienza pulita…”.- mi disse con poca convinzione ed io lo lasciai perdere.
“Ok, sarai stanco. Andiamo a prenotare il panino anche per quelli che rimangono nel pomeriggio.”

“Ci penso io.” –mi disse con premura. Io vidi Stefano alzarsi il braccio, la mano occupata dal foglio e i ragazzi, circondati da lui, saltarono gridando con l’indice alzato in alto. Io non sentii le loro voci sordi e fu troppo pensierosa e sommersa dai
dubbi del mio ragazzo.
 
Che aveva fatto Stefano? Ecco la sua parte nascosta: la droga. La droga?!
Certo: quando Noemi fu assente, ad esempio la mattinata della fuga, Stefano si rifugiò in bagno a drogarsi sfogando la sua mente dai problemi che aveva intorno. Stefano usava la droga da un anno per se stesso ma non drogava ai cavalli del maneggio. Mai, mai, mai. Sapeva che la vita animale è valorosa e sono degli esseri intelligenti. Sapeva dell’importanza della propria vita ma essendosi oppresso dalle cattive compagnie, dai problemi scolastici, se ne fregava come se non l’avesse mai capito che la droga la facesse male e potesse condurre alla morte. Voleva essere approvato dai suoi compagni e dai suoi amici.
 
L’abuso della droga non è una malattia, ma una decisione, come quella di andare incontro ad una macchina che si muove. Questo non si chiama malattia,ma un errore di valutazione. Quando un certo errore comincia a essere commesso da un bel po’ di persone, allora diviene un errore sociale, uno stile di vita. Philip K.Dick
 
Era un suo vizio. Un addio mondo.

 
 
 
Finalmente era l’ora di pranzo: tutti i cavalli mangiavano il fieno tranquillamente nel box. Tutti tra cui il collaboratore Marco, Stefano, io, gli allievi del maneggio e l’istruttore mangiavamo e chiacchieravamo in generale.
Cominciò la lezione che stavolta Red-Barone Rosso era tranquillo ma troppo energico. Scesi da cavallo, l’istruttore mi complimentò per il mio talento e mi avvisò la data della gara dopo 2 giorni dalla prenotazione. Era il 3 Gennaio.
Essendo eccitata, io saltai di gioia e lo abbracciai l’istruttore.
Dopo 2 ore di lezione, andai subito a scuola guida per un’ora e poi ritornai di nuovo al maneggio. Ad un tratto, mentre strigliavo, passò all’improvviso Manuela per salutarmi.
“Ciao, Noemi.”
“Ciao, Manuela. Come stai?”
“Bene. Volevo chiederti se vuoi venire con me a fare shopping? Ci sono gli sconti natalizi. Dai!”.
“A quest’ora? Non vedi che cosa sto facendo e poi sono stanca. Perché mi chiedi di uscire con te negli orari inopportuni? Non esiste!.”
“Ah, si? E tu sei troppo fissata del maneggio e dei cavalli che sono uno spreco di tempo e non hanno nulla di speciale.”
“E’ una mia passione. Ed io comprerei i miei vestiti e le cose del cavallo se abbiamo bisogno e non comprerei mai solo per piacermi.”
Sbuffò. “Tu mi hai chiesto mille volte ma non ti porterei mai perché i cavalli sono degli esseri stupidi quindi è meglio che abbandoni la tua carriera. E’ da una vita che odio il maneggio!”
La fulminai con lo sguardo alla velocità della luce.
“Vuoi vedere che ti mando all’ospedale?” feci un sorriso maligno cambiando lo sguardo verso il frustino appeso al muro.
“No, no, no…non voglio rovinare i miei vestiti nuovi, né avere i lividi o botte che domani è Natale. Non vorrei essere sfigata, anzi, lo siete voi.”
Mi arrabbiai molto, presi il frustino la minacciai riempiendola d’insulti.
Manuela, terrorizzata, scappò.
“Ci vedremo domani al cenone.” –risi ironica.
Mentre camminai, mi accorsi della presenza di Gaia terrorizzata dalla scena.
La guardai con gli occhi spalancati, presi dallo spavento. Quasi morivo d’infarto.
Chiusi gli occhi pensando: ” Spero che Gaia non mi abbia visto nulla.”. Riaprii gli occhi rivolti al cielo e l’avvicinai.
“Tutto bene, Gaia?”
“No, stavi per picchiarla. L’hai fatta apposta?”
“No, stavo facendo finta per spaventarla.”- mentii.
Sentii una voce dentro la mia testa: “Noemi, che fai? I bambini sono più intelligenti di te. Si lo so ma sono troppo sensibili.”- sospirai guardando i suoi occhi azzurri.
“Ok. Ho un dubbio.”
“Dimmi.”
“Come fai a resistere gli insulti sui cavalli dagli altri?”
Ci sedemmo sulla panchina.
“Ad esempio?”
“Ogni giorno, i miei compagni mi prendono in giro che i cavalli sono stupidi e non hanno sentimenti. E’inutile che faccio lezioni ed è una perdita di tempo.”
“ E tu come hai reagito?”
“Mi vergognavo a morte, ero arrossita e scappavo. Non riuscivo a rispondere né difendere con le mani. Ho troppa paura.”
“Guardami. Quello che ho fatto con Manuela è tutto finto. Non bisogna difendersi con le mani ma con le parole cosi avranno paura di te. Stando zitta scappando da quel gruppetto non aiuta a risolvere i problemi scontrosi.”
“E allora perché mi prendono in giro?”
“Perché la gente passa la vita a criticare; il loro scopo è farti smettere di praticare la tua passione.”
“E cosa devo fare?”
“Devi aver coraggio e forza. Chiunque di noi ha una passione, non deve permettere alle tentazioni di impedirci di continuare a praticarla. La miglior cosa da fare è NON CEDERE MAI!”
“Ci provo. Grazie, Noemi.” - M’abbracciò sorridendo e la ricambiai. Quasi mi alzai ma Gaia mi bloccò chiedendomi: “ Aspetta … Da dove viene il tuo nome?”
Sorrisi. “ Sono italo-americana e il mio nome è italiano.”
Fece un pomeriggio tardi.
Stefano e io discutevamo per il programma di domani che era il giorno di Natale e poi di stasera.
“Senti, vuoi venire con me a casa di Alex a guardare una partita di calcio?”
“Se è Milan, no!”
“Certo, juventina. Lo sapevo. Allora ci vado da solo, ti dispiace?”
“No, affatto.”
“E’ la prima volta che ci stacchiamo un po’….” – mi disse con poca convinzione.
“Basta aver fiducia, no?”
“Hai ragione. Ti amo.”- e ci baciammo.
“Ah, ti porto la pizza per stasera?”
Risi. “Ok, grazie.”
Mi portò la pizza, mi diede un bacio a stampo e se ne andò. Dissi a Red-Barone Rosso: “ Adesso siamo soli. Ora mi connetto su Facebook tanto non ci entro mai.”
Accesi il computer, digitai la password e mi connettei su Facebook.
Rimasi imbambolata: 10 richieste d’amicizia e più di 20 notifiche che erano gli auguri di Natale. Cliccai al tasto blu con su scritto: Accetta.
Ascoltai le canzoni di Alex: erano bellissime e mi rilassarono molto per tutta la serata da sola al maneggio con Red-Barone Rosso.
 Guardai, per prima cosa, il profilo di Stefano.
“Link: accidenti, non condivideva da un anno  ed erano parole un po’ sporche del dialetto romano. Anche lui è italo-americano come me.
Strano: sarà sicuramente cambiato e non sarà più il tipo da dire cose senza senso.”
Guardai le sue foto: si fotografava da solo in posa con la macchina fotografica dall’alto in mezzo alla campagna, ecc.
Come mi piacciono i suoi vestiti, i suoi occhiali da sole di marca Cherrera di colore grigio.
Persi la testa e, dopo pochi minuti, ripresi a navigare su Facebook.
Guardai il profilo di Alex.
Link: oddio, com’era un filosofo saggio! Peccato, non condivideva da un anno! Avrei rubato le sue parole.
Foto: aveva le cuffie in testa rivoltando lo sguardo verso il basso impegnato a suonare gli strumenti da deejay in discoteca.

Alla fine, guardai i profili velocemente degli allievi, spensi il PC e mi addormentai.
 
Mi addormentai profondamente essendo “sorda” dai rumori piccoli o grandi. In una notte fonda, c’era stato uno strano presentimento. Il cavallo si svegliò agitando dirittamente le orecchie sentendo i rumori sordi dei passi. Vide la luce accesa ma, avendo troppo sonno, si addormentò di nuovo.
 

Perché era accesa la luce? Ecco: le corse clandestine orgnizzate da Stefano (il capo), Alex( il complice) e gli altri. Alex, all’inizio, non voleva far parte ma essendo troppo oppresso da Stefano, era diventato suo complice innocente. Scommettevano questo grave reato da un anno e in ogni notte fonda.
 
Un’altra parte nascosta di Stefano: per lui, l’unico obiettivo è vincere i soldi scommettendo quelle corse clandestine. Non maltrattava né drogava mai i cavalli perché li amava veramente. Il suo amore per i cavalli era uguale a quello di Noemi? No. Molto meno, anzi al 50%.

Questo era un suo vizio e un addio mondo per sfogarsi quello che aveva interiormente.
 
 
Finita la corsa, tutti se ne erano andati via tranne Stefano, fisso a guardare Noemi già addormentata. Si coricò sulla paglia pulita lentamente facendo compagnia con lei fino all’indomani mattina che era stato scoperto davanti agli occhi del padre di Noemi.
 

 
 

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Capitolo 9
*** Il cenone di Natale ***


CAPITOLO 9

IL CENONE DI NATALE

All’insorgere del mattino, Stefano ed io coricavamo sulla paglia nel box del mio cavallo e, senza accorgersene, ci fummo visti davanti agli occhi di mio padre. Se ne andò turbato in sovrappensiero, ma fu subito ripreso a lavorare. Stefano s’alzò e m’accarezzò dolcemente la mia guancia perché avevamo poco ed era il giorno di Natale. Io mi svegliai, mi girai domandarmi di chi fosse e scoprii che era il mio ragazzo.
“Buongiorno.”
“Buongiorno…pensavo che dormissi a casa tua”
“No, volevo dormire con te.”- fece un’espressione di tenerezza.
Sorrisi. “Che ore sono?!
“Le 7.”
Spalancai gli occhi e mi venne il pensiero se era arrivato mio padre o no. “Oddio, mio padre! Spero che non ci abbia visto!”
“Ah, vero. Mi ero addormentato e non ci avevo pensato”
Lo guardai ansiosa alzandomi, raggiunsi all’ufficio di mio padre tranquillamente mentre Stefano cercò qualche luogo di partenza per non avere sospetti da lui. Red-Barone Rosso dormiva ancora.
Vidi mio padre. “Ciao, papà!”
“Ciao, Noemi. Auguri.”
“Ah, già. Anche a te”- sorrisi
“Com’è andato ieri al maneggio?”
Gli raccontai tutti i dettagli del maneggio e della ribellione di Red-Barone Rosso. Ad un tratto, mio padre cambiò subito discorso.
Mi chiese: " Vedo che tu e Stefano state frequentando, vero?”
Rimasi imbambolata a guardarlo nei suoi occhi castani e mi venne il pensiero di stamane.
“Sì, da un po’…E’ un bravo ragazzo e lo amo per questo.”
“Sì, mi fido di voi. Non c’è nulla da nascondersi ed è bello innamorarsi. Non mi arrabbio se dormite insieme qui..vi ho visto e non ho nulla da rimproverarvi.”
“Papà, ci hai visti stamattina?”- rimasi pietrificata.
“Si.”- mi rispose serio.
“Ti spiego, ieri sera, Stefano era a casa di Alex e pensavo che questa notte dormiva…”-mi bloccò dicendomi: “ Non ho bisogno di spiegazioni. Fate come volete ma se lui ti tratta male o ti mena, ci penso io a difenderti.”
“Grazie, papà. Sei un padre migliore del mondo.” –sorrisi abbracciandolo e mi ricambiò.
“ Oggi torniamo a casa verso le 5 a scartare i regali, ok?”
“Ok e poi stasera Stefano passa a prendermi per il cenone, tornerò tardissimo e dormirò qui.”
“Ok, no problem.”
Ci fummo separati. Io cercai Stefano e, infine lo trovai accanto allo steccato. Gli raccontai tutti i dettagli di mio padre su noi due. Sospiravamo: era ora.
Eravamo più tranquilli di prima e non ci nascondevamo più del nostro rapporto. Ci abbracciammo e ci baciammo in modo passionale in mezzo al posto, dove si faceva lezioni. Era un posto vuoto e silenzioso perché mancavano gli allievi del maneggio.
Fecero le 5 di pomeriggio.
Arrivai a casa con mio padre, subito abbracciai mia madre e mia sorella e li raccontai quei giorni in cui ero stata al maneggio.
Subito, io e la mia famiglia ci arrivammo all’albero di Natale e prendemmo i nostri regali. Scartai i miei regali e rimasi sorpresa a bocca aperta.
Era un i-phone 4S bianco. Ancora scartai il secondo regalo: la macchina fotografica reflex di marca Canon.
Dissi alla mia famiglia emozionata: “ Grazie! Mi servivano proprio quelli cosi posso navigare tranquillamente su Facebook, Whatsapp e altre cose! Con il reflex, potrei fotografare tante cose per la scuola e anche con il mio cavallo.”- sorrisi con gli occhi lucidi.
“Non solo il tuo cavallo ma anche con il tuo ragazzo.”- mi disse mio padre facendomi l’occhiolino.
“Papà!”- io gridai pietrificata.
“Si, lo sappiamo già.- mi disse mia madre e mi abbracciò.-“Sono contenta per te.”
“Già, il nuovo cognato.” –mi disse mia sorella incrociando le braccia al petto facendo il broncio.
Infine, scartavamo tutti, ci abbracciammo e parlammo della nostra unità.
Guardando l’ora, corsi in fretta a prepararmi per la sera. Feci una doccia rilassante e bollente, spensierata. Appena finito di lavarmi, presi l’accappatoio e riflettei allo specchio pensando a quale acconciatura dovrei mettere.
Capelli lisci? Mmm no perché con la pioggia mi rovinano subito i capelli; ricci stirando il ciuffo davanti? No, è la mia solita abitudine. Almeno un po’ di cambiamento: un’idea! Faccio delle onde con il ferro. Missione da fare!”- e fui soddisfatta.
Aprii l’armadio e lo guardai indecisa con lo sguardo verso destra e sinistra di quale abito dovrei mettere. Veramente non amavo i vestiti eleganti. No, non ero come Manuela che si vestiva in modo esagerato. Come abitudine, indossavo felpa, jeans e scarpe da ginnastica Nike.
Guardai ancora un po’ e rimassi fissa finalmente presa dalla decisione. Io scelsi un vestito completo di lana col collare dall’alto al basso al petto, in bianco e in nero disegnato da fiori che arrivò alle cosce e la cintura nera della farfalla.
M'indossai delle calze nere trasparenti disegnate da rose, un vestito, allacciai la cintura e misi degli stivali lunghi che mi arrivavano alle ginocchia,che facesse freddo la sera, con il tacco abbastanza alto dal più grosso al più piccolo. Accesi la musica dallo stereo e andai in bagno. Preparai delle onde con il ferro per un’ora e, infine, il trucco. Non mi ero appassionata del trucco ma lo usavo occasionalmente.
Misi delle fondotinta, degli ombretti bianchi come base attorno agli occhi, sfumai un po’ di grigio e di nero, matita, mascara nera e le lucidalabbra fucsia con i brillantini che si vedevano subito la mia forma di cuore delle mie labbra. Indossai anche degli orecchini d’argento a forma di fiori abbinati al disegno del vestito. Infine, spruzzai addosso il mio profumo preferito: Dior Poseidon. Spensi la musica e, all’improvviso, suonò il campanello: era Stefano. Presi la borsetta nera e scesi per le scale. Aprii la porta e lo vidi meravigliata, elegante e ordinato dal viso e dai capelli. Alzò la mano come se fosse un gentiluomo ed io la misi nella sua. Camminavamo incrociando lo sguardo e ci fermammo in ingresso. Mentre mi avvicinai per un bacio, mi accorsi del profumo delizioso e provocante che mi faceva impazzire: era un Million. Salimmo nella sua macchina BMW e, mentre guidava, mi guardò incantato dalla mia bellezza e mi disse: “Come ogni giorno, a scuola e al maneggio, sei cosi bella indossando i vestiti sportivi senza trucco ma oggi lo sei di più. Sei meravigliosa e incantevole.”- sorrise con gli occhi lucidi. Io lo guardai colpita dalle sue parole e fui arrossita.
“Sei la mia vita. Ti amo.”
“Anch'io.”  
In macchina, parlavamo dei vecchi tempi trascorsi a Natale in Italia e in America. Dopo pochi minuti, arrivammo al posto in cui eravamo invitati.
“Aspetta…Non scendere”- spense il motore, prese la chiave aprì la portiera del guidatore e fece un giro per arrivare da me. Aprì la portiera del passeggero, distese da gentiluomo ed io nella sua scendendo sorridente. Entravamo in una stanza di lusso adornata dalla decorazione e dall’albero di Natale e un tavolo lungo già preparato per tutti insieme. Incontrai tutti i miei amici della città e i miei compagni di scuola. Gli altri ci guardavano sospettosi che ci avevano visto entrare insieme. Sicuramente pensavano male ma gli ignoravamo. Rimasi sorpresa: non me l’aspettavo! Era presente un mio amico d’infanzia dal carattere socievole. Anzi, era un ex migliore amico d’infanzia perché non c'eravamo mai messi insieme e lo odiavo per il suo atteggiamento verso di me: passivo, disinteressato, fannullone e indifeso come un bambino. Si chiamava Joseph: era snello, i capelli biondi, occhi cangianti tra verde e azzurro. Parlavamo dei vecchi tempi siccome non c'eravamo più incontrati da anni. Dopo pochi minuti, mi accorsi dello sguardo geloso di Stefano. Mi scusai per prendere l’aperitivo, lo incontrai, gli spiegai che era un mio amico d’infanzia e si tranquillizzò.
“Ciao, Noemi.”- mi chiamò Manuela.
“Ah, ciao!”
“Volevo chiederti scusa per ieri…”
“E’ acqua passata”- e ci abbracciammo.
“Come sei elegante stasera! Ecco, questo è un tuo regalo.-lo guardai sbalordita e lo scartai. Cos’era? Un libro sui cavalli intitolato “Il re del vento”.
“Grazie, Manuela.”- la ricambiai con i baci.
Si, la lettura è un altro hobby preferito da piccola fin ad ora. La lettura fa bene e mi aiuta a liberare la mia mente dai problemi, pensieri negativi e anche soprattutto i cavalli e l’equitazione sono nel mio sangue.
“Scusa, visto che ci confidiamo, non è che tu e Stefano state frequentando?”
Abbassai lo sguardo e lo rialzai dicendola: “Top secret: Si, sto frequentando con lui.”
“Wow…siete una bella coppia. Conosco benissimo Stefy: sembra un tipo strano ma è affettuoso e leale. Lo sai che ha tanti problemi, anni fa è andato a letto con le altre…”
“Davvero? Io non…”.- Manuela mi bloccò dicendomi: “Non ti preoccupare. Se ti ama davvero, ti rispetta qualsiasi cosa.”
“Ok”.- sospirai tranquillamente.
“E’ diventato un gentiluomo grazie a te.”- mi fece l’occhiolino.
“A me?”
“Si, grazie a te. Sei davvero fortunata”- scossi il capo sorpresa e felice.
“Continua cosi. Ti voglio bene. Se ci sono problemi o dubbi, ci sono.”
“Ci conto. Grazie”- ci staccammo.
Stefano ed io ci sedemmo insieme a tavola. Gli altri mi chiedevano se fossimo fidanzati, ma li rispondevamo che siamo colleghi del maneggio. Chiacchieravamo e mangiavamo e, alla fine, fui piena che non ebbi più fame. Ero un verme solitario: mangiavo tanto ma non ingrassavo mai e la mia pancia era sempre piatta. La serata passò in fretta. Prima di andare via, Alex mi bloccò e mi mostrò un regalo gigante e rotondo. Che cos’era?. Lo scartai e scoprii che era un bellissimo casco da moto di colore rosa chiaro realizzato dalle linee nere che arrivavano alla visiera e un cavallo in galoppo con il contorno nero. Ero senza parole. “Non so che dirti…Grazie.”
“Di niente. E’ per il tuo futuro quando avrai il patentino.”- l’abbracciai emozionata.
Ritornammo in macchina, ci guardammo e Stefano, all’improvviso mi vide strano aprendo la portiera del guidatore dicendomi di aspettare. Andò ad aprire il cofano, prese un regalo e ritornò. Lo guardai pietrificata mostrandomi il mio regalo gigante e rotondo.
“Dai, sarà mica un altro casco?- chiesi sbuffando.
“No, è un’altra cosa. Aprilo.”- lo scartai e scoprii che era un cap nero da equitazione di marca Fixdesign.
“Wow…è meraviglioso. Grazie amore”.- lo baciai improvvisamente.
“Lo indosserò alla prima gara.”
“Di niente.”- sorrise felicemente.
Presi la borsetta nera e trovai il regalo quadrato per il mio ragazzo.
“Nooo”- sorrise ironico.
“Dai, apri.”- scartò e si meravigliò del bellissimo orologio gigante di marca Guess.
“E’ bellissimo. Grazie.”- sorrise e mi baciò in modo passionale.
Riprese a guidare e arrivammo in discoteca dopo pochi minuti. Ci entrammo, ci fu la musica ad altissimo volume e luci lampeggianti lasciando in fumo da vari colori. Mentre cercavamo posto, salutai Alex con un cenno della mano, in lontananza, indossato dalle cuffie.  Ci sedemmo su un tavolo, ci sforzammo ad ascoltare nell’orecchio quello che dicevamo in quel chiasso.
“Vuoi venire a ballare?”.- mi chiese e l’accettai.
Ci mettemmo a ballare fregandosene dei nostri pensieri e ci bevemmo tanta vodka durante la pausa andando al piccolo bar. Lui bevve abbastanza ed io bevvi tanto e tanto da finirmi ubriaca. Dissi cose senza senso come fossi in fumo nel mio cervello. Io non ressi in piedi, Stefano mi prese in braccio e mi mise dentro la macchina. Appena arrivati, Stefano mi prese di nuovo in braccio fino alla camera sopra l’ufficio di mio padre. Mi buttò al letto, mi tolse gli stivali e mi avvicinò accarezzandomi mentre gli dichiarai la verità su di lui. Non mi accorgessi nulla che gli dicevo, nulla e proprio nulla. Sotto l’effetto dell’alcool, non capii nulla cosa stesse facendo con me e non ebbi il coraggio di fargli domande o di dirlo di no.  E cosi ci fu la prima notte di Natale. Io avevo ancora 14 anni, non avevo mai fatto l’amore e non ero mai pronta a farlo, neanche con i miei ex. Ecco. Si, avevamo fatto l’amore. L’indomani, il 26 dicembre, mi svegliai stranamente, vidi Stefano dormire accanto a me e non ricordai nulla della notte scorsa.


Ragazzi e ragazze, grazie a voi che mi state seguendo la mia storia a capitoli. Vi piace? Siate sinceri :D 
Voglio che commentate qualche recensione cosi vi posso rispondere  <3
Buona lettura a tutti :D 

 

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Capitolo 10
*** La rabbia furiosa che mi trasformò di gioia in un istante ***


CAPITOLO 10

LA RABBIA FURIOSA CHE MI TRASFORMò DI GIOIA IN UN ISTANTE

 
Io non ricordai nulla della notte scorsa. Io mi svegliai stranamente, fissa alla finestra, cercando di ricordare qualcosa ma non mi venne in mente. Meno male che mio padre non era salito in camera per motivi di privacy. Più tardi si svegliò anche Stefano.
“Buongiorno”- ci baciammo.
Sorrisi. “Ti porto la colazione”- mi disse lui con l’espressione di tenerezza.
“Grazie”.
Risi ancora seduta sul letto. Appena arrivato, mi avvicinò, posò il vassoio sul letto e iniziammo a parlare.
“Com’è finita stanotte? Non ne ho idea su come sono arrivata fin qui.”
Stefano sbatté la manata sulla fronte dicendomi: “L’alcool ti ha fatto veramente male. Allora eri svenuta e ti ho portata qua.”- mi guardò serio.
Guardai nei suoi occhi come se stesse nascondendo la verità. La lingua parla ma gli occhi non mentono mai. Si, sono lo specchio dell’anima.
“Ah e basta?”- gli dissi mentre Stefano abbassò lo sguardo e rialzò attento alla mia domanda- “Dai, abbiamo fatto…”- m’interruppe rispondendomi  il cenno di si con il capo.
Rimasi imbambolata per pochi secondi e poi ripresi a mangiare.
“Ti ricordi della mia domanda quando eravamo soli per riempire l’acqua dall’abbeveratoio?”- mi guardò Stefano alzando una sopracciglia.
“Ah si…ma non intendo far sesso. Intendo dormire insieme sotto le mie coperte nel mio letto, con le mani sul tuo petto e le tue braccia attorno a me. Senza parlare, solo sonnecchiare felici e silenziosi. Vabbè, fa niente.”- sorrisi guardando nei suoi occhi neri. “Come sei dolce!”- mi disse Stefano con voce tenera.
Lo so, è colpa mia e dovevo evitare la mia ebbrezza ma non ebbi nessun rancore o turbamento come se mi avesse cancellato improvvisamente la mia memoria e la mia emotività. Iniziammo a scendere per le scale, mettemmo a lavorare allenandomi con Red-Barone Rosso e lui a pulire i box. Il posto, dove facevo lezioni, era vuoto e silenzioso cosi mi concentrai molto sugli allenamenti in presenza dell’istruttore. Finita la lezione, scesi da cavallo, sobbalzai dallo spavento improvviso dall’urlo di chiamata di Manuela.
“Mi hai fatto venire un infarto!”- mi misi la mano sul petto.
“Scusa..”- mi disse con la mano alzata dal saluto militare.- “Allora com’è andata la serata in discoteca?”
“Ti giuro che ricordo solo del ballo e della mia ebbrezza.- rimase imbambolata fissandomi con gli occhi castani scuri spalancati- “Mi stai prendendo in giro”.
“No e poi mi ha portata a letto di sopra e…” .-aprì la bocca e mi fece un gesto come mi stesse dicendo che stavamo insieme.
“Esatto. Non ero pronta ma, sotto l’effetto dell’alcool, non riuscivo a respingerlo.”
“Capisco”.- mi consolò e cambiò subito discorso.
Dopo l’ora di pranzo, avevo bisogno di riposo cosi chiesi a Stefano di svolgere una passeggiata a cavallo dove Red-Barone era scappato e l’accettò subito. Stefano prese il cavallo di Svampy dal box e salì in sella. Momentaneamente anch'io salii sul mio  e cominciammo a camminare. Arrivati al ruscello, ebbi un’idea: la sfida di galoppo.
Galoppammo fino al raggiungimento dell’albero ed io vinsi. Gli feci una linguaccia e Stefano si sbuffò con un’espressione volenterosa di vincere. Riprendemmo a camminare a cavallo, facemmo alcuni auto-scatti dell’iphone e parlammo sulle nostre passioni e i momenti d’infanzia.  Mentre parlammo, sentii dei bip dei numerosi messaggi. Chi erano? Tutta la mia classe!
Erano scritti ugualmente: “Auguri per te e per Stefano.”
Quel pomeriggio rilassato era soltanto una sfortuna tra noi due per colpa di Manuela.
Scossi il capo rivoltando lo sguardo verso di lui e lo mostrai di scatto, in vicinanza al suo volto. “Cosi, non vedo niente!”- mi allontanò il mio i-phone, mi prese scorrendo il dito, i miei messaggi- “Com’è possibile? Hanno scritto tutti tranne Alex e Manuela visto che sono i nostri migliori amici.”
“Non è che hai raccontato ad Alex?”
“Si ma non è il tipo, eh.”
Sbuffai rivoltando lo sguardo frontale del maneggio e mi venne un flash-back: Oh no, Manuela!
“Cosa?”. – mi sgridò Stefano serio. “Perché le hai raccontato?”
“Credevo che mantenesse i miei segreti e invece no… Porca miseria! L’avrebbe detto a tutti della nostra notte.”- mi salii rabbia fulminea che mi venne la voglia d’insultarla.
“Manuela ha avuto un’infanzia difficile: è stata abbandonata dal padre e ha questo terribile carattere fino ad ora che è impossibile farle cambiare, anche se è educata e socievole.”
“Ora difendi Manuela?”- lo fulminai dalla gelosia alla velocità della luce.
“Ti sto solo spiegando com’è fatta e mi confidavo con lei prima che io mi mettessi a te. E’ la verità, te lo giuro.”- mi guardò convinto e mise la mano sul petto.
Le sue parole mi trasformarono dal mio stato di rabbia alla tranquillità sospirando e lo baciai in modo passionale. Durante quel bacio, di scatto, mi salii di nuovo la rabbia ricordando di Manuela e mi allontanai spingendolo dolcemente. Galoppai senza avvertirlo, lasciai il cavallo al box e andai a piedi fino a casa sua. Prima di uscire dal maneggio, mi accorsi dell’inseguimento di Stefano bloccandomi la mia spalla e mi chiese di dove andavo. Ero furibonda. Incazzata nera. Trascinai la sua mano dicendolo di non toccarmi, infastidita, e ripresi a camminare. Arrivata a casa sua, suonai il campanello, dissi il mio nome ed entrai di scatto sbattendo violentemente la porta alle mie spalle. Bloccai le sue spalle contro il muro: “Come ti permetti di diffondere questa cosa personale tra noi due?”- la guardai con lo sguardo fulmineo  pieno di rabbia molto elevata. Ebbe paura di me e mi rispose balbettando: “Non..riesco..a …man”- “Sei una stronza!”- la spinsi al muro riproducendo un tonfo sordo-“ Fingi di essere una buona amica e, invece,  dentro di te sei una maschera terribile. Ho perso la fiducia in te e mi hai delusa. Perdere la fiducia di un’amica è il modo più veloce di perderla per sempre. Hai rovinato la nostra vita: la mia e quella di Stefano. Quando ricomincerà la scuola, saremo compagne di banco e niente di più.”
“Ma…”- mi disse mentre la voltai di spalle ignorandola e ritornai al maneggio.
Incontrai Stefano, gli raccontai dei dettagli e mi abbracciò sorridendo di essere fiero di me.
 
27 DICEMBRE
Ci fu la solita giornata al maneggio. Trasmisi rabbia, gelosia, delusione, stress e stanchezza totale interiormente e mentalmente. Grazie all’annuncio improvviso del collaboratore Marco, mi trasformò di gioia. Nel pomeriggio, arrivò il collaboratore che ci avvisò che, dopo il 3 gennaio, ci sarà un turismo equestre nel week-end.
“Evvai”- gridammo saltando di gioia io, Stefano e gli allievi del maneggio.
“Ultima cosa: entro il 3 gennaio, dovete lavorare: creare la pubblicità sui manifesti e il sito ufficiale. V'incarico voi due: tu e Stefano visto che siete grafici.
Rivolgo a tutti voi di scegliere un nome del maneggio che sia fantastico. Vi auguro un buon lavoro. A dopo”. 
Ci guardammo tutti con un lungo sguardo.
Dissi a loro guardando loro: “Sono molto impegnata in questi giorni con gli allenamenti…”- rivoltando lo sguardo verso Stefano: “ ma ti posso dare una mano se hai bisogno”.
“Ok, non c’è problema.”- mi disse tranquillamente.
“Ora dobbiamo scegliere un nome…”- dissi guardando gli altri.
Ci furono voci contemporaneamente.
RanchMoon, Los Arcos, Saddlepeak Ranch, RedMoon, HealthRanch, Wild Horses. Stefano disse allungando il braccio sulle mie spalle: “Io sceglierei RanchMoon perché per lei è una dimora notturna in compagnia del suo cavallo.”- ed io sorrisi arrossita.

Avemmo approvato: RanchMoon.

 

Non solo per Noemi ma lo era anche per Stefano che commise le corse clandestine in piena notte, anche se lei non seppe nulla. Noemi scoprirà molto presto o no? Vedremo.

 
Fece sera. Erano le 22.
Ci sdraiammo affiancati l’uno sull’altro sulla paglia: noi ascoltavamo musica con le cuffiette dell’ipod nelle orecchie mentre lui fu molto impegnato a creare la pubblicità equestre. Ascoltammo tantissime canzoni tra cui alcune che ci rimasero colpiti:
Spirit;
Only the horses di Scissor Sister;
L'inno Fieracavalli originario da Verona cantato dal coro di bambini allo zecchino d’Oro;
Io con te tu con me, balla con me di dj Matrix;
Mi rubi l’amore di BTwins;
L’amore, Baby di Sonorha;
Io mi addormentai profondamente. Stefano spense il pc e assunse una posizione corretta per dormire bene e non per disturbarmi il mio sonno profondo ancora occupato dalla cuffietta che poi non sentii niente fino all’indomani. 

 

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Capitolo 11
*** Shopping e la prima gara ***


CAPITOLO 11

SHOPPING E LA PRIMA GARA

Ogni giorno, ci furono sempre le solite lezioni che divennero sempre più pesanti fino a quando arrivò il momento emozionante della prima gara.
Era il 31 dicembre. Si avvicinò la notte di Capodanno. Odiavo il capodanno da piccola fin ad ora perché non sopportavo l’idea che le botti le facevano spaventare tutti gli animali. Se lo festeggiavo lasciando gli animali soli e terrorizzati dalle botti nel cuore della notte, era una forma di abbandono e crudeltà. Ebbi deciso di rimanere quella notte di Capodanno controllando i cavalli e facendo compagnia con Red-Barone Rosso. Stefano mi chiese: “Vieni con me fuori alla notte di Capodanno?”. Io gli risposi amaramente di no e non sopportai quella terribile idea dell’abbandono. Stefano ebbe d’accordo con me, mi seguì facendomi in compagnia al maneggio.
Si fece notte. Guardammo l’orologio: 23:55, 23:56, 23:57,23:58,23:59 e 00:00.
Scoppiò la prima botte. Di scatto, i cavalli furono molto agitati, nervosi, spaventati e si mossero cercando inutilmente il riparo nei box. Io e Stefano faticammo a calmarli, ad accarezzarli in modo che poterono rilassarsi e durò per mezz’ora. Alla fine, ce l’avemmo fatta.
 
1 Gennaio.
Mentre trascinai il mio cavallo fino al posto delle lezioni, passò all’improvviso un ragazzo di statura media e dal corpo esile.
“Mi scusi, cerco Stefano e sapresti dirmi dov’è?”
“Certo, è in fondo al box.”-sorrisi.
“Grazie. Scusa che non mi sono presentato…Mi chiamo Ian e sono il suo migliore amico.”- mi guardò sorridente e io lo guardai negli suoi occhi castani a forma di mandorla.
“Ah, piacere Noemi.”
“Piacere di conoscerti.”- se ne andò di spalle, lo guardai ancora pensierosa e mi domandai come mai Stefano non mi raccontò mai di lui.
Dopo che se ne andò, Stefano mi avvicinò abbracciandomi dietro. Io lo capii che fu Stefano. Lo riconobbi subito dal suo tatto dolce e dalla sua pelle scura. Mi girai abbracciandolo attorno al collo sorridente. Guardai nei suoi occhi neri e ci scambiammo un lungo sguardo amoroso. Rotto il silenzio, gli chiesi: “Ehi, amore. Ti va di venire con me a fare shopping in una selleria?”- gli mostrai un’espressione supplichevole. “Oggi? Ci sarà molto traffico stradale e coda di gente!”. Sbuffai. “Hai il motorino e poi chi compra le cose per il cavallo nel periodo di Natale?”
“Ah, vero. Faranno shopping sfrenato di abbigliamento e ci saranno rare persone appassionate di cavalli come te.”
Risi.- “Hai visto?”-
“Va bene, mi hai convinto. Andiamo.”
Salimmo su un bel motorino nero Yamaha di Stefano e partimmo.
Uscimmo dal cancello, dirigemmo a destra alla strada a senso unico a due corsie. Percorremmo a lungo sorpassando le macchine in coda e ci trovammo al semaforo verde per fortuna. Percorrendo dirittamente, ci trovammo a numerosi incroci e demmo precedenza a destra. Phoenix era una città molto grande, piena di grattacieli e centri commerciali. La zona dove c’era il maneggio era piena di edifici bassi che sembrava di vivere in un isola. Non era come Los Angeles. Era una città del paradiso che di vista c’erano palme anche se non c’era mare nelle vicinanze. Si chiamava Arizona. Ancora viaggiando, eravamo in mezzo ai campi vuoti e stupendi. Misti tra erba bassa e alberi. Era una pianura bellissima. Lì accanto, c’era un fiume non molto famoso sotto la strada South Central Avenue. Sempre sulla stessa strada, cambiammo corsia sinistra per svoltarla e ci trovammo al semaforo rosso. Passato il verde, Stefano accelerò di più fregandosi delle macchine che gli vennero incontro. Al West Maricopa Freeway, facemmo lo stop, precedenza a sinistra e andammo in una corsia dritta seguendo il segnale d’indicazione. Di fronte al bivio di strade che andarono alla stessa direzione del centro commerciale, prendemmo quella sinistra salita che arrivò all’autostrada urbana di 3 corsie. Dopo l’entrata dell’autostrada, iniziò la confluenza di varie zone partendo dal numero 197. La zona del centro commerciale si trovò all’uscita del numero 209 di Cactus Red che ci volle mezz’ora di viaggio. Stefano fu un professionale motociclista e percorse 15 minuti di tempo che sembrò non finire mai. Io, tra la spensieratezza e l’ansietà, guardai il panorama attorno e fui soddisfatta di sentire il vento scorrere tra i miei capelli sotto il casco. Prendemmo l’uscita 209, dirigemmo ancora la corsia sinistra, ci trovammo all’incrocio e, di fronte al semaforo verde, ci svoltammo. Proseguendo diritto, ancora all’ultimo incrocio, svolta a destra e, infine, trovammo un parcheggio libero. Finalmente!
Scendemmo dal motorino, avvicinammo alla porta scorrevole che aprì automaticamente. C’erano tutti i negozi di marca diversa a destra e a sinistra. Infine, trovammo un negozio di selleria di marca Fix design che si trovò in fondo al centro. Persi la testa guardando lo splendore e lusso all’interno della selleria. Guardando con attenzione, scelsi 1) giacca da competizione blu realizzato dal colletto blu e dal contorno bianco e due tasche.
2) camicia bianca che dall'interno era formato a quadretti beige e blu 
3) pantaloni bianchi stretti, a vita bassa e all'interno del bordo del cintura, era appesa il logo in acciaio di marca fix design 
4) sottosella blu che all’interno ci sono forme a rombo dal contorno bianco e in basso a sinistra c'èra la marca originale.
5) cuffia equina di colore blu che al’interno c’erano forme a rombo bianche e sotto c'èra la marca fix design ed era stata realizzata dal contorno bianco e dalle forme ondulate. Ebbi già il cap regalato dal mio ragazzo e la sella inglese nera e la staffa grigia. Pagammo il conto dividendo la spesa, ritornammo sul motorino dirigendo all’autostrada di ritorno.
 
 
 
 
 
Il 3 gennaio.
Fu un giorno più importante della mia vita: la mia prima gara.
Mi svegliai all’alba e feci la doccia a Red: lo strigliai, spazzolai il suo manto, coda e la criniera rossa-morella e sistemai i suoi zoccoli con cura. Feci una doccia anch’io r mi vestii con cura. Dopo un’ora di pulizia, Red-Barone Rosso diventò lucido ed elegante che sembrò un re equino di tutta Phoenix. Mi guardò in modo dolce e lo ricambiai incrociando lo sguardo. Lo misi la briglia, la gualdrappa e la protezione degli arti per evitare la sporcizia e i graffi durante il viaggio in van. Io, agitata ed emozionata, aiutai Red-Barone Rosso a salire dolcemente in van. In macchina eravamo io, Stefano, mio padre, Alex e l’istruttore. Per calmarmi l’agitazione, guardai il panorama dal finestrino della macchina. Stefano mi capì subito. Mi accarezzò dicendomi: “Stai tranquilla, ce la farai.”.- io mi voltai verso di lui di scatto nei suoi occhi avvicinandosi a quel bacio passionale. Dopo un’ora di viaggio, scesi dalla macchina, aprii la porta del van e lo aiutai a scendere. Tutti mi chiesero se ebbi bisogno e li risposi di no. Mi augurarono un bocca al lupo e li ricambiai.
Tutti se ne andarono ad occuparsi i posti allo stadio chiuso. Era inverno. Sistemai un po’ il cavallo e lo lasciai al box già sellato. Studiai il percorso con l’istruttore e ricevetti il numero di classifica: il 4. Dopo mezz’ora iniziò la gara riproducendo le varie colonne sonore del film sui cavalli e dei western. Quando arrivò il mio turno, il cuore mi batté all’impazzata presa dall’emozione. Fui emozionata ma non ebbi paura. Durante il mio percorso, riprodusse la colonna sonora un po’ tranquilla e movimentata del famoso film de l’ “Hidalgo”.
Cominciai il trotto, feci un salto sulle 3 barriere oblique. Feci un’inversione a U, galoppai al centro, saltai sull’oxer e sulla prima barriera in alto. Andando diritto, saltai di nuovo sulle 3 barriere oblique. Feci l’inversione girando a destra e saltai sulle 3 barriere dritte. Quando finì la lista della classifica, io fui presa dall’agitazione, dall’ansia e dall’emozione che sembrò non finire mai. Sentii una voce dalla giuria già in groppa dire: “Il primo vincitore…è…il numero 4 di Noemi Knorr!”.
Tutti applaudirono e tifarono di scatto. Io spalancai gli occhi, coprii la mano sulla bocca incredula. Io gridai eccitata. Mi diedero la coppa gialla e la coccarda che lo appesi all’orecchio di Red-Barone Rosso. Mi fecero scendere da cavallo volontariamente e fui abbracciata dai compagni della gara. Quelli del maneggio mi raggiunsero augurandomi e abbracciandomi allo stesso momento. Ebbi gli occhi rossi e le lacrime d’emozione che mi scesero lungo le guance. Io vidi, per prima cosa, Stefano. “Ti amo”- mi bisbigliò a bassa voce. Circondata dai fotografi e infastidita da molti flash, lo baciai improvvisamente in modo passionale davanti al pubblico. Fu un lungo bacio fregandosi dei nostri segreti e arrivò il momento più bello della mia vita in cui molta gente, i miei amici, i miei parenti ci scoprirono sbalorditi dalla foto pubblicata sul giornale locale dell’America.
 

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Capitolo 12
*** Uno strano mondo ***


CAPITOLO 12

UNO STRANO MONDO

Fu un primo giorno del turismo equestre al maneggio RanchMoon di Phoenix. Ci fu una mattinata pesante che fummo alzati presto a pulire brillantemente il maneggio per i nuovi ospiti. Io aiutai Stefano a pulire box, a sistemare le selle, i cavalli ecc.
Io trascinai due cavalli alla volta con la lunghina fino al paddock per brucare l’erba, a giocare, a impennare tra di loro con libertà. Lo lasciai anche Red-Barone Rosso che dovette essere meritato un riposo assoluto dopo gli allenamenti e la gara. Ad un tratto, il collaboratore Marco ebbe portato i 3 pony shetland che composero una famiglia: i genitori e un figlio. Erano carini: avevano il manto bianco con macchie marrone in ciascuna posizione diversa e dalla bassa statura. Mi facevano tenerezza e li accarezzavo con tanto amore. Questi pony venivano cavalcati apposta dai bambini in modo che non gli rompevano la schiena. I cavalli venivano cavalcati per ragazzi ed adulti.
Fecero le 10 di mattina. Io sentii un brusio strano che venne fuori dal maneggio. Veramente strano perché erano già presenti gli allievi del maneggio. Chi dovevano venire? Forse gli ospiti. Andai a controllare e fui sorpresa dalla presenza dei miei parenti e gli amici della città. Subito mi circondarono augurandomi della mia vittoria e lo ricambiai emozionata e contenta. Fui sollevata da terra come un padre gioca con suo figlio spingendomi su e giù facilmente visto che ebbi il corpo leggero. Infine mi ritornarono di nuovo a terra in piedi e mi chiesero del presentimento del mio ragazzo. Dissi a tutta la folla: “Va bene, datemi un secondo!”. Li lasciai, incontrai Stefano che fu accanto al box,  lo afferrai per un braccio trascinandolo fino all’ingresso del maneggio. “Eccolo!”- indicai allungando le braccia verso di lui. Ci fu un loro strano presentimento visto che il mio ragazzo era di carnagione scura. Molto scura della mia. Era di origine italo-americano e, dal loro punto di vista, li sembravano che ebbe i lineamenti marocchini del viso che non fu cosi. Stefano fu molto imbarazzato e arrossito davanti alla gente. Quel strano presentimento sparì in un secondo e si trasformò a quello affettivo e caloroso. Mentre abbracciai il mio ragazzo attorno ai suoi fianchi visto che era più alto di me, spuntò Alex al centro dell’attenzione. Alex, allungando le braccia al cielo, urlò sorridente riferendo alla mia vittoria. Con gli occhi di colore verde smeraldo e con il sorriso perfetto dai canini appuntiti in primo piano, ci domandò: “Cosa dobbiamo aggiungere per celebrare la vittoria di Noemi?”
Io riflettei un secondo e gli risposi spalancando gli occhi: “La musica!”.
“Bravissima!”- approvò indicando l’indice verso di me. Se ne andò a prendere gli strumenti, indossò le cuffie e riprodusse battendo le mani per prima cosa la canzone di Only the horses. Riprodusse altre canzoni country, western e anche quelle dedicate ai cavalli: Inno Fieracavalli, Sharam feat Kidi Cudi- She came long ecc..
Mentre le ascoltai, fui emozionata che la lacrima di gioia mi scese lungo la guancia ancora abbracciata da Stefano. Tutti tifarono ed applaudirono. Ci staccarono a ballare ed a dare un’occhiata al maneggio. Più tardi, un mio cuginetto dagli occhi grandi e dolci, mi chiese del giretto a cavallo. L’accettai, condussi il mio cuginetto con la mano fino al box dello shetland. Appena arrivati, lui saltò di gioia non vedendo l’ora di iniziare. L’aiutai a salire, presi la lunghina, cominciai a fare dei giri al cerchio delle lezioni e lui gridò eccitato con parole incomprensibili. Vidi ancora Stefano impalato all’ingresso e scossi il capo. Lo raggiunsi conducendolo il pony e lo affidai un attimo di tenere la lunghina. Corsi a prendere la reflex, lo raggiunsi dicendolo: “Invece di rimanere qui impalato, fotografa quello che vedi attorno”. – risi incrociando il suo sguardo dagli occhi neri. Mi guardò sorridente, mi diede un veloce bacio a stampo senza dirmi niente e prese la reflex. Fu una giornata serena illuminata dal sole e fredda di gennaio. Ancora continuai a condurre il mio cuginetto. Mentre condussi, mi fermai accanto allo steccato sinistro rivoltando lo sguardo frontale dello steccato d’entrata. Arrivò una nuova gente. Mi apparve molto strano ai miei occhi. Vidi una famiglia che non parlarono a voce ma comunicarono con le mani. La guardai perplessa e dubbiosa di nuova comunicazione mai vista fino ad ora perché Phoenix era molto grande e piena di tanti abitanti. Fu uno strano mondo per me come se vissero su una pianeta Marte. Ancora non capii cosa dissero tra di loro. E chi erano? Scoprii da sola che i genitori erano sordi e i 4 figli udenti in cui 1 femmina e 3 maschi. Mi nacque la curiosità di quel strano mondo. Allora lo affidai al mio istruttore per continuare a far dei giri con il mio cuginetto e la raggiunsi aprendo il cancelletto dello steccato. La diedi un caloroso benvenuto. Con l’inesperienza della nuova comunicazione, parlai velocemente ai signori sordi che ebbi l’impressione che non mi capirono nulla il mio labiale. La loro figlia primogenita s’interruppe dicendomi di usare il labiale chiaro e leggibile, né troppo lento né troppo veloce perché con la mancanza d’udito, erano abituati a leggere il labiale. Mi sforzai di parlare normalmente in modo che mi poterono capire. E cosi fu un ottimo risultato. Ci presentammo sia con il mio labiale sia con la traduzione della loro figlia in caso d’incomprensione. Vidi meravigliata i loro figli bellissimi: la prima di nome Karola 14 enne, Steven di 13 anni, Kevin di 11 anni e l’ultimo di 2 anni di nome Samuel.
Si fece pomeriggio dopo le cavalcate. Entrammo in un stanza vuota che c’erano solo tavolo,sedie pieghevoli e una stufa.
Essendo appassionata di bambini, presi in braccio già seduta il piccolo Samuel, un bambino dai capelli ricci biondi e dagli occhi verdi scuri a mandorla come sua madre. Parlammo a voce mentre vidi curiosa Karola tradurre con la lingua dei segni americana. Si, non era un linguaggio ma una vera e propria lingua. Per questo non capii nulla mentre parlavano tra di loro. Se parlavano tramite i gesti, non avevo nessuna difficoltà di comunicazione. Visto che ero bilinguista italiana-americana, non ebbi nessun pregiudizio o razzismo sulla scoperta della sordità e dell’origine dell’Ecuador. Grazie alla mia sensibilità, pensai che erano persone normali che vivevano dei problemi ma non gli dessi per le cosiddette parole “Handicappati” o “Poverini”. No, assolutamente no! Era un’assurdità per me visto che ritenevo valorosamente l’amicizia con le persone straniere e degli animali.
Incuriosita, chiesi a quella signora di insegnarmi l’alfabeto ASL e imparai subito ad usare il mio nome.
“Poco vi ho insegnato come montare un cavallo ed, in cambio, m’insegnate questa lingua, va bene?”.- noi sorridemmo.
“Si, va bene!”- risposero entusiasti.
Ancora gli feci domande su come nacque la sordità, come erano cresciuti imparando il labio-lettura, la lingua dei segni e vari modi di comunicazione. Karola fu pronta a tradurre le mie domande e le risposte segnate dai signori e viceversa. Scoprii molte cose su di loro: la vita dei sordi è autonoma e ha tante possibilità di fare qualsiasi cosa semplice tranne sentire. Ad esempio, hanno talento nell’arte, decoupage, pesca, artigianato e tanti hobby manuali. Non solo questa, hanno affrontato tanti problemi nel mondo della scuola e nel lavoro che molti udenti li hanno ignorato o dimenticato del loro rispetto. Gli hanno sgridato con maleducazione, gli hanno parlato velocemente e gli hanno approfittato di far pettegolezzi visto che non ci sentono. Gli hanno lasciato isolati come se vivessero su un pianeta solitaria di Marte. Nella zona dove abitavano, c’era il circolo ricreativo dei sordi organizzato per incontri occasionali, divertimenti, feste e seminari culturali perché loro avevano bisogno d’informazioni che gli succedevano intorno a noi. Non erano sufficienti le letture su Internet o giornali che la maggioranza di loro non capivano facilmente l’inglese e a volte, si fraintendevano per le altre cose. Sempre collegato alla mancanza dell’udito. Tante, tante, tante difficoltà che hanno affrontato ogni giorno che era impossibile elencarle.
Avendo l’empatia verso di loro, gli chiesi se c’era il locale ricreativo qui a Phoenix e ricevetti una risposta negativa. Si, negativa perché siccome abitavano ad Ecuador, non conoscevano bene l’America del Nord e, per questo, non mi davano informazioni precise.
Chiacchierammo per ore e ore. I genitori di Karola rimasero dalla mia premura, dell’affetto verso di loro e mi dissero che ero l’unica 14enne che non facevo mai parte di quel mondo, cosi incuriosita a fargli domande profonde perché molte dell’America erano molto ribelli: si dedicavano sempre ai shopping, non gli interessavano gli animali, le persone che vivevano dei problemi e dei stranieri. Erano solo fissate solo del sesso e del casinò. Gli confessai che ero di origine italo-americana: ero nata in Italia, mi ero trasferita in America a 8 anni fino ad ora. Da quando mi ero trasferita qui, avevo subito tante forme di bullismo verbale e di razzismo visto che ancora non ci capivo l’inglese. Era stato un periodo tremendo. Tutti mi odiavano e mi prendevano in giro ma per fortuna conobbi alcune persone brave e comprensive da farmi compagnia, da far conoscenza su di me anche se non ero molto brava in inglese. Man mano, nel corso del tempo, ebbi imparato tutto l’inglese e anche della cultura americana. Grazie alla cultura americana, strinsi varie amicizie senza problemi scontrosi. Con tutta l’esperienza avuta in questi anni nella crescita, capivo il loro mondo per questo mi piacque di farne parte. Mentre gli raccontai la verità, mi guardarono con attenzione e sospirarono tranquillamente che ero una ragazza empatica che potei capire i loro sentimenti, le emozioni, la rabbia e la delusione che ogni giorno affrontarono.
Incrociai lo sguardo verso Stefano seduto accanto a me e mi domandai su come mai non parlò della sua origine e lo interruppi. “Sapete che Stefano è il mio ragazzo e anche lui è italo-americano”. -Tutti lo guardarono sbalorditi. Il padre di Karola chiese a Stefano: “Visto che sei italo-americano, scommetto che hai affrontato la stessa situazione di Noemi.”
“No, mai. Io sono nato in America e non mi sono trasferito in nessuna nazione. Mio padre è italiano. Mi aveva insegnato sempre in anticipo la sua lingua prima che partivamo per le vacanze in Italia. Quindi, ero molto piccolo, apprendevo subito l’italiano e per questo non avevo problemi fino ad ora.”
“Ahhhh”.- tutti risposero.
I genitori segnavano in modo stretto come se fossero pettegolezzi e dissero: “Questo tipo è molto strano”. E fecero un cenno di si col capo. Gli vidi sospettosa e chiesi a Karola su cosa dissero tra di loro ma lei non seppe rispondermi perché desse un’occhiata al cellulare. Stefano fu muto. Lo guardai ancora, gli feci un pizzicotto alla gamba e fu sobbalzato ma non si lamentò del dolore. Tutti lo fissarono e Stefano rimase imbarazzato abbracciandomi dietro e accarezzando la spalla di Samuel allo stesso momento all’improvviso. Li disse che giocammo cosi per passatempo e lo fulminai in modo sospettoso. Sbuffai, gli dissi nell’orecchio di Stefano di iniziare qualche conversazione con loro ma m’ignorò capendolo dello suo sguardo distolto dal mio. Alex fu già riunito con noi. Seduto accavallando la gamba destra sull’altra fumando in modo snob, capì dell’espressione di Stefano verso di loro e lo ignorò. S’interruppe facendogli domande.
“Allora sono deejay: ho studiato molto sull’apparato uditivo, di Beethoven diventato sordo e tutto sulla musica. Una volta, ho tolto volume della tv e sono rimasto immobile per provare come funziona il mondo del silenzio…-noi lo fissammo ancora di più.- beh, capisco molto di voi ma sentite la musica?”
La signora: “Sono sordastra con le protesi: io sento i diversi tipi di ritmo ma non le parole”
Il signore: “Io non ho protesi e sento solo la vibrazione che viene dallo stereo della radio o del pc.”
Si fece un pomeriggio tardi.
“Dobbiamo andare visto che i miei figli tranne Samuel hanno la scuola domani e il viaggio sarà molto lungo. Siamo molto stanchi. Possiamo tornarci nel prossimo weekend”.- disse la madre di Karola premurosa.
“Ok, mi fa piacere vederci di nuovo cosi m’insegnate ancora la lingua e in più faremo trekking in montagna gratis. È un regalo!”
“Nooo.”- mi dissero tutti. Non vollero approfittare della mia offerta gratuita.
“Dai, cosi mi offendete.”- feci un broncio incrociando le braccia al petto come una bambina rimbecillita.
“Va bene”.- tutti ci alzammo e ci salutammo.
Si fece la sera.
Stefano mi chiese: “Vuoi restare con me qui stanotte?”
“Qui? Oggi è l’ultimo giorno di vacanza e abbiamo la scuola.”
“No, non sarà la solita notte. Montiamo le tende, accendiamo il fuoco e guardiamo le stelle visto che c’è stato sole oggi. Poi ti accompagno in macchina.”
“Ok, va beme. Amore”- sorrisi con lo sguardo dolce. Mi avvicinò, lo guardai il suo viso sfumato e diviso dalla luce dell’azzurro tramonto e dall’ombra in due parti. Io ancora illuminata bianca dal tramonto azzurro d’inverno anche se ero di carnagione scura, mi toccò le mie braccia e mi baciò con amore.
Dopo aver montato le tende, ci sedemmo affiancati e abbracciati lui su di me davanti al fuoco.
“Mi spieghi perché non parlavi nulla con i sordi?”
“Non lo so… Ho avuto problemi d’odio verso il mio carattere introverso ma mi adorano lo stesso.”- sorrise ironico.
“E chi? Le ragazze?”- gli mostrai un’espressione di gelosia.
“Uh, in passato si. Ora ci sei solo tu…-mi sorrise- mamma mia, come sei perspicace fantina!”
“E tu un fannullone stalliere!”- e facemmo solletico.
Il fuoco si abbassò.
“Ho freddo.”
“Oh, amore. Ci corichiamo dentro e ti riscaldo.”
Ci coricammo, ci incrociammo lo sguardo e mi tentò di togliermi la giacca. Infastidita, gli dissi:” Ma perché? Non ti ricordi quello che ti avevo detto l’altra volta?”
“Ah, è vero…scusami.”- abbassò sguardo fissando le lenzuola stese per terra.
“Senti, io non sono pronta…non ho bisogno oggi…scusami”.- mi alzai di scatto nervosa e Stefano mi afferrò per un braccio.
“Scusami, amore. Ti rispetto per quello che senti”- mi accarezzò dolcemente.
Di scatto era follemente pazzo. Mi diede un bacio a succhiotto sul collo come facevano i vampiri. Lo accontentai felicemente di aver questa prima sensazione.
 
Durante la settimana, fui promossa al patentino e ricevetti il motorino rosa Scarabeo da mio padre. Stefano mi diede un adesivo da attaccare creato da lui. Era un iniziale N con carattere Cowboy, durante la linea curva che partiva da N c’era un disegno di un fantino che saltava il cavallo riempito di nero e di brillantini. Lo ringraziai e lo abbracciai strettamente.
 
Si fece ancora un altro weekend: ritornò la famiglia.
Essendo ansiosa e contenta, la salutai e chiesi delle info della lingua dei segni. Non vidi l’ora di iniziare lo trekking in montagna e si riunì con me Karola, suo padre e suo fratello Steven. Karola m’intervenne dicendomi che se tenemmo tutti e due le mani le redini, è un problema per suo padre. Come fece per comunicare?
Spalancai gli occhi ed ebbi un’altra idea: la monta western che si potè condurre con una e comunicare con l’altra libera senza problemi. Cominciai a sellare Red-Barone Rosso e altri 3 cavalli del maneggio. Mi fermai un secondo a riflettere e affidai Red-Barone Rosso a suo padre convinta.
“Perché?”- mi chiese Karola.
“So che Red-Barone Rosso è ribelle con tutti. Tutte le razze anglo-arabe ed arabe sono di carattere ribelle e voglio come se la cava con tuo padre visto che è sordo. Se gli succede qualcosa, posso intervenire. Non preoccupatevi.  Andiamo.”- e cominciammo lo trekking in montagna e parlammo in generale e della vita in Ecuador.
Finito lo trekking, scoprii meravigliata che Red-Barone Rosso fu calmo con lui. Capii una cosa nuova: quando i cavalli vedono i bambini, i down, le persone con dei problemi diventano dolci e affettuosi.
La famiglia mi chiese su come mai fu nata la mia passione equina che era nel mio sangue. Nel DNA. Senza convinzione di qualcun altro. Naturale. E aggiunsi rispondendo a loro che i cavalli ci insegnano tante cose: il valore dell’amicizia, della lealtà e dell’empatia verso tutti e verso le persone che vivono con dei problemi. Improvvisamente mi avvisarono una brutta notizia: non poterono venire più al maneggio ogni weekend per problemi economici.
“Nooo…ma perché? Mi trovo bene con voi!- risposi delusa.
“Lo so, gioia. Ho una famiglia numerosa e 4 figli da badare. Non ho molto tempo e poi il viaggio costa molto che devo pagare solo le cose bisognose”. – mi disse premurosa e triste la madre di Karola. Tutti mi abbracciarono calorosamente e strinsi, per l’ultima volta, il piccolo Samuel con le lacrime che mi scesero lungo le guance. Triste, delusa. Si allontanarono salutandomi con un cenno della mano nell’aria e man mano non si videro più. Come se salgono su un treno e non vederli più. Stefano mi abbracciò dietro e io, ancora triste e delusa, io lo guardai su chiedendolo di tornare a casa. Salimmo su un proprio motorino, accendemmo il motore e ci andammo affiancati uscendo dal cancelletto. Erano le 10 di sera. La strada era deserta e illuminata da moltissimi lampioni arancioni. Stefano, per alzarmi su di morale, sorpassò apposta davanti a me. Io risi e lo sorpassai. Sorpassammo continuamente. Lo guardai in modo dolce e divertito allo stesso tempo e gli diedi un segno imparato dalla famiglia: TI AMO. Si spalancò gli occhi, mi ricambiò con lo stesso segno e ci dividemmo all’incrocio tornando a casa propria. 

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Capitolo 13
*** La nebbia della delusione ***


CAPITOLO 13

LA NEBBIA DELLA DELUSIONE

Ci fu un pomeriggio nuvoloso di gennaio. Non ebbi compiti o disegni da consegnare e quindi approfittai di trascorrere tutto il pomeriggio al maneggio. Il cielo fu molto cupo di nuvole nere e fece molto freddo. Ebbi dubbi se potei andare in motorino o no ma, alla fine, ebbi coraggio e partii ugualmente. Mi piacque la compagnia con Red-Barone Rosso invece di rimanere a casa annoiata e attaccata al computer.
Appena arrivata al maneggio, incontrai Red-Barone Rosso cosi sereno e tranquillo dopo un giorno di riposo. Mentre lo strigliai, mi squillò il cellulare. Lo infilai dalla tasca e vidi il nome: Karola. Premetti il tasto verde, pizzicai il cellulare tra la spalla e l’orecchio mentre lo strigliai.
“Pronto?”
“Ciao Noemi! Come stai?”
Bene, grazie e tu?”
Bene, bene. Sto badando Samuel perché i miei genitori sono andati a sbrigare le cose”
Sorrisi. “Che carino Samuel! Salutamelo! Io sto per iniziare la lezione e sto strigliando Red-Barone Rosso. Mi dispiace tanto di non vedervi più ..uff, lo sai quanto mi piace il mondo dei sordi…”- feci un muso triste fissando il manto morello.
“Lo so..anche a me dispiace non far trekking con te in montagna
“Già… sei sicura di non saper niente dell’indirizzo del circolo?”
“No, mi dispiace. Cerca qualcosa su Internet o su Facebook.”
Sbuffai. “Karola, non ho tempo a navigarli e odio i cellulari”- ridacchiai.
“Che monellina che sei!”
“Preferisco la realtà invece della comunicazione di massa!
Ahahahah”. – e poi parlammo in generale della scuola e dei problemi comuni.
Appena finita la conversazione, lo staccai e trascinai Red-Barone Rosso proprio che mi venne incontro Stefano.
“Amore”- mi sorrise e mi diede un bacio a stampo. Gli sorrisi e lo guardai in modo dolce ma dentro di me, ebbi delusione, tristezza a causa del maltempo e alla “scomparsa” della famiglia.
“Tutto bene?”- mi chiese fissando i mie occhi spenti della tristezza.
“Si, sono giù di morale..”
“Oh, gioia!” – mi abbracciò con tenerezza. Lo spinsi a malapena.
“Stefy, vado a far lezione. Ci vediamo dopo, ok?”
“Ok”.- e ci staccammo con freddezza e seccatura.
Mi sforzai di schiacciare i pensieri negativi concentrando sul salto con Red-Barone Rosso. Finita un’ora, lo lasciai al paddock per riposarsi un po’. Fece molto freddo ma Red Barone Rosso non ebbe problemi visto che fu coperto dal qualdrappa. Camminai lentamente e mi venne il pensiero di Stefano.
Il cielo diventò molto cupo riempiendo con lentezza il fumo della nebbia. La prima volta che ci fu una nebbia qui a Phoenix. Non ebbi paura in piedi. Con la nebbia sembrò non vedere niente ma non fu cosi: ancora riconobbi il panorama del maneggio. Sembrò che mi sforzai di vederlo ma lo vidi bianco che assomigliò al velo della tenda. Ebbi voglia di vedere e abbracciare Stefano. Cominciai a cercalo con calma. Cercando ancora, vidi ancora la sua Vespa nera ma non trovai Stefano. Allora presi il mio i-phone, cercai il suo nome nella rubrica, premetti il tasto rosso per telefonarlo. Durante l’attesa, mi avvisò la segreteria che la persona fu irraggiungibile. Lo staccai, mi salii l’ansia, la paura e la preoccupazione verso di lui. Riflettei un secondo guardando il panorama e mi venne idea: forse andava in un giardino perduto dove Red-Barone Rosso era scappato. Allora cominciai a camminare dirittamente fino a raggiungerlo fissando il prato verde che non potei vedere la direzione frontale cosi cupa di nebbia. Camminai, camminai e vidi un’ombra del braccio appoggiato dietro a quel grosso albero. Lo avvicinai, lo vidi e lo riconobbi dalla sua pelle scura.
“Stefy…”- lo chiamai avvicinandolo. Lui mi vide spaventato a morte dalla mia chiamata e cercò di nascondere in tasca ma non ebbe tempo visto che mi gli fui affiancata. Con questa poca nebbia, vidi il suo viso strano e per terra ci furono la siringa sottile e la polvere bianca. Non credei ai miei occhi spalancando occhi e bocca: davvero Stefano si drogava?!
“Che stai facendo?”
“Ehm..lo hai scoperto da sola..”
Lo fissai ancora. “Da quanto ti droghi?”
“Da un anno.”- mi rispose imbarazzato.
“Non ci posso credere..ecco perché sei cosi aggressivo ogni tanto…li droghi pure ai cavalli?”- lo fulminai con lo sguardo minaccioso.
“No, non li drogo ma solo a me stesso per sfogarmi dei problemi personali e scolastici.”
“Davvero la droga ti aiuterebbe a risolvere i tuoi problemi?”
Si.”
“Ah, si? Ti fa male e basta… Allora il tuo stipendio non era per debiti familiari, vero?”
“No, per pagare la droga. Mm, lo dirai a tuo padre, vero?
“A mio padre? Non me la sentomi hai solo ferita e delusa. Sento una pugnalata del coltello al cuore…- cominciai a piangere.-“Pensavo che sei di carattere timido e introverso con me e con tutti e, invece, sei un egoista e un idiota!Ti dico una cosa: voglio una pausa di riflessione tra noi due..”- gli dissi convinta con gli occhi bagnati dalle lacrime.
“No, ti prego. Non mi lasciare. Sei la mia vita!- mi avvicinò,mi tentò di toccarmi la spalla ma mi allontanai dicendolo che non era vero e mi misi a correre lasciando le lacrime in volo.  Vidi un altro grosso albero da sedermi sola in mezzo al giardino vuoto. Ancora piansi infinitamente come una bambina desiderosa della bambola.
Pensai: “L’ho sempre voluto bene ed amato dopo pochi giorni dal presentimento. Conoscendolo, avevo scoperto del suo carattere diverso dal mio: era troppo introverso e misterioso ma lo accettai mettendomi alla mia prova del suo amore per me. Invece no! Era solo un solo egoista! Ma perché siamo cosi diversi?!”
Di scatto, sentii il rumore dei zoccoli avvicinandosi. Lo voltai e vidi un po’ in lontananza il corpo del cavallo nero. Avvicinandomi ancora di più, riconobbi che era Red-Barone Rosso. Si, proprio lui. O avrà capito della mia lontananza per troppo tempo e sarà preoccupato o avrà tentato di fuggire saltando sullo steccato o dall’istruttore che lo voleva trascinare fino al box ma lo aveva lasciato perdere dando fiducia e comprensione della disperata ricerca della sua padrona.
“Red, vieni!- sorrisi scendendo involontariamente le mie lacrime. Sentii il suo respiro dal suo muso, mi toccò la spalla come mi stesse domandando del mio pianto. Lo accarezzai la sua fronte fissando lo suo sguardo triste emettendo sul mio e gli dissi che piansi per problemi di cuore con Stefano. Di scatto, s’indietreggiò e fece impennata e sgroppata libera attorno al ruscello nel cuore della nebbia.
“Stai attento!”- coprii la mano sugli occhi per paura di perderlo che non ebbi tempo e coraggio di fermarlo alzandomi. Dopo il suo sfogo, mi avvicinò, si sdraiò per terra tranquillamente e scosse continuamente il capo come mi stesse dicendo di appoggiarlo sulla pancia. Gli feci un sorriso e lo appoggiai sdraiata. Fissai la nebbia vuota e spaziosa che nella mia testa mi vennero ricordi dei momenti trascorsi con lui.
Il primo bacio nel box sotto la pioggia, gioco dell’inzuppamento d’acqua dai tubi, il giorno di Natale, lo shopping, il bacio passionale dopo la gara davanti alla folla e…i suoi modi strani ed aggressivi.
Piansi ancora di più e non riuscii a trattenermi. Misi le cuffiette dell’ipod nelle orecchie ed ascoltai una canzone a caso. Ci fu una canzone adatta in quel momento: Ora mi chiedo perché di Matteo Branciamore.
Ascoltai le sue parole, le sue frasi, la sua voce…
Io e te due universi a parte 
Anche con le istruzioni non ti capirei 
Chissà forse vieni proprio da Marte 
Flashback: il primo sguardo di Stefano quando fummo conosciuti, lo sguardo aggressivo dopo la fuga di Red-Barone Rosso, quando Stefano sussurrava nell’orecchio di Alex, il suo silenzio durante la conversazione con i sordi.
E se potessi lì io ti rispedirei 
Pensa pure quel che vuoi 
Sai non ti sopporto 
Anche se ridi col naso all’insù 
Mi chiedo perché 
Sei qui con me 

Flashback: la scoperta degli oggetti della droga per terra..
Così diversi io e te 
Flashback: “Pensavo che sei di carattere timido e introverso con me e con tutti e, invece, sei un egoista e un idiota!” (conversazione tra me e Stefano)
Quanto mi fece schifo il suo sguardo misterioso verso di me! Mi venne solo la nausea a guardare e a ricordare il suo viso marocchino, cosi scuro dagli occhi cattivi di colore nero come la notte.
Un popersa in questo mondo 
Dove vai
Ti volti e non lo sai 
Rimani o riparti? 
No di te proprio non mi piace niente 
Non lo salvi il mondo con la fantasia 
Dici “viaggio tra Occidente e Oriente” 
Ecco un’altra storia o è un’altra bugia? 
Non m’importa cosa fai 
Se non mi sopporti 
Anche se ridi col naso all’insù 
Mi chiedo perché 
Sei qui con me 
Così diversi io e te 

Flashback: il bacio durante il tramonto del primo giorno di turismo equestre.
Un popersa in questo mondo 
Dove vai
Ti volti e non lo sai 

Flashback: lo sguardo distolto dal mio dopo avergli suggerito sulla conversazione con i sordi.
Rimani o riparti? 
Di noi due forse non rimarrà niente 
Solo uno scontro poco importante 
Ma se un giorno persa in mezzo alla gente 
Cadrai cercherai la mia mano 
Mi chiedo perché 
Sei qui con me 
Così diversi io e te 
Un popersa in questo mondo 
Dove vai
Ti volti e non lo sai 
Rimani o riparti? 
Adesso non sei 
più qui con me 

Mi guardai attorno il panorama fitto dalla nebbia con gli occhi dubbiosi come se avessi visto un fantasma. Ripresi ad ascoltarla.
forse uguali io e te 
ancora non dormo penso: “Dove sei?” 
se t’incontrerò mai 
Rimani o riparti? 
Mi alzo mi guardo penso: “Dove vai?” 
Sorrido ora lo so 
Domani riparto

Magari! Lontana da tutto e da tutti!
Guardai l’ora sull’i-phone ed erano le 19:00. Mi asciugai le lacrime ancora triste e tolsi le cuffiette. Ricevetti un breve messaggio dalla segreteria di mio padre che in quel giardino non prese campo. Mi fermai un secondo: conviene tornare a casa in questo stato? Uff…mi secco dell’interrogatorio dei miei genitori e della prepotenza di mia sorella in quel mio stato triste e depresso. Allora decisi di andare a casa di Samantha che io ebbi bisogno di sfogo-time. Mandai un sms a mio padre: “Stasera vado a casa di Sam”. Dopo pochi minuti, mi rispose: “Ok, stai attenta in motorino con questa nebbia”. Ancora gli risposi: “ Stai tranquillo, papà. Un abbraccio.”
Mi alzai, pulii dietro i miei pantaloni che mi erano rimasti appiccicati pezzi di terra e trascinai Red-Barone Rosso fino al box. Fu una nebbia molto fitta. Io e Red-Barone Rosso camminammo con lentezza fissando il sentiero riconoscibile. Appena messo Red-Barone Rosso nel box, andai subito al motorino dove ebbi parcheggiato quel pomeriggio. Non feci caso se ci furono le cose e il motorino di Stefano lasciati al maneggio. Dentro di me, mi nacque un nuovo odio profondo verso di lui. Salii sul motorino, girai il manubrio e partii con prudenza fino a casa di Samantha. Ormai mi mancarono 2 anni per diventare maggiorenne che la legge americana si stabilì a partire da 16 anni d’età in poi. I miei genitori mi dettero molta fiducia perché ero una delle poche ragazze mature che andarono in giro prudentemente e senza combinare guai. Appena arrivata, lo parcheggiai e suonai il campanello.
Mi chiese: “Chi è?”
“Noemi”- risposi con voce normale e seccata di ripetere il mio nome. Sentii il rumore  della porta aperta da lei e mi trovai di fronte a lei. Samantha, fissa nel mio sguardo, scosse il capo come se si stesse domandando su come mai fui piombata a casa sua a quell’ora. Mi capì un secondo il mio sguardo spento, gli occhi tristi dell’amore e si commosse offrendomi di entrare.
Ci sedemmo sul divano e ci fu un silenzio triste tra di noi.
“Tutto bene, Noemi?”
“No!- ricominciai a piangere abbassando lo sguardo.
“Raccontami cosa è successo”- cercando il mio contatto visivo.
“ Ho scoperto che Stefy si..droga!
Si spalancò gli occhi.
“Dici veramente?”
“Si. Ti racconto cosa è successo: allora avevo finito le lezioni, cercai Stefano dalla voglia di compagnia e dell’abbraccio amoroso. Cercavo, cercavo ma non lo trovavo. Andavo in un giardino perduto, fitto dalla nebbia, dietro all’albero c’era un’ombra di un misterioso braccio. Mi ero avvicinata…Stefy non aveva tempo di nascondere la sua roba e l’ho visto con i miei occhi la siringa e la polvere bianca per terra…- mi accarezzò la mano come mezzo di conforto.
“Mi dispiace…ora come ti senti adesso?”
“Male, molto male. Mi piace dai suoi lineamenti del viso, dei suoi abbracci, dei baci passionali, del suo carattere…e ora mi sento ferita e delusa perché mi ha mentito dal primo giorno ..per questo è venuto a lavorare per pagare la droga.”
“Dai, prima o poi si risolverà. È solo una droga, mica ti ha tradito!”
“Cosa? La droga fa male e sono in disaccordo per questo. Meno male che non drogava mai ai cavalli sennò divento una belva veramente!”
“Ah, vero. Per fortuna…dovrà praticare la sua disintossicazione.- riprese fiato e breve riflessione- Dunque, capisco i tuoi sentimenti feriti, delusi, tristi e non è molto facile per te. Non abbatterti ma cerca di essere ottimista ed andare avanti. Ora che fine hai fatto con Stefy?”
“Gli ho dato una pausa di riflessione.”
“Ah, allora non vi siete lasciati. Quindi, d’ora in poi avrai tutto il tempo a meditarti su di voi due, vero?”
“Si…”- asciugai la mia lacrima.
“Dai, su!- mi abbracciò- Allora che farai stasera?”
“Non lo so!”- sbuffai.
“Allora, per tirarti su di morale, guardiamo il film Seabiscuit e dormirai con me stanotte, ok?”
“No, non voglio disturbarti.”
“Non ti preoccupare. I miei genitori sono fuori città e poi non voglio lasciarti sola in questo stato.”
“Ok, grazie”- presi il mio i-phone, telefonai a mia madre che rimasi a casa sua e mi assicurò di si mentre Samantha preparò i pop corn.
Ancora seduta sul divano, Samantha mi guardò interrogativa e mi fece domande.
“Perché non sei andata da Manuela invece di piombare qua all’improvviso? C’è qualcosa che non va?”
“Si. Quando ho raccontato a Manuela della prima notte con Stefano che non ricordo niente, si è messa a spettegolare con tutti”.- mi sfogai ad alta voce arrabbiata.
“Addirittura? L’avevo notata dal primo giorno di scuola per il suo comportamento e per il suo stile snob e non mi piace affatto.”
“Già, io sono stupida e ci sono cascata nella cattiva amicizia.”
“Macchè dici! Le esperienze già vissute ti aiutano a capire ed a diventare più esperta nel corso della vita.”- mi fece un occhiolino e la mostrai un sorriso sincero. “Mannaggia, quella stronza!” – imitò il comportamento, l’espressione, la voce di Manuela che mi fece ridere e mi tirò un po’ più su di morale.
Cominciammo a guardare assieme il film Seabiscuit sedute sul divano beige comodo e morbido mentre mangiammo pop-corn fino a quando finì come se fossimo state al cinema. 

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Capitolo 14
*** Il tragico incidente ***


CAPITOLO 14

IL TRAGICO INCIDENTE

Ci furono le 7 di mattina. Io dormii sul letto ospite di Samantha. Con la depressione e con gli occhi gonfi dal pianto, non ebbi voglia di andare a scuola ma Samantha insistette a svegliarmi continuamente che quel giorno ebbi interrogazione di Storia che non avevo studiato. Mi svegliai strofinando gli occhi e andai subito in bagno a lavarmi ed a cambiarmi. Andai in cucina, vidi i genitori di Samantha e, con gentilezza, mi presentai.
Samantha preparò la colazione per noi due.
“Sam, vieni con me in motorino tanto c’è un altro casco per te.”
“Ok, grazie.”
Finita la colazione, prendemmo lo zaino e raggiungemmo al parcheggio del motorino. Mettemmo il proprio casco, ci salimmo e cominciammo a partire fino alla destinazione della scuola. Durante l’intervallo, andai verso l’armadietto rosso per cambiare libri. Quasi arrivavo lì, vedevo Stefano che stava raggiungendo da me. Con questo odio profondo, diventavo aggressiva per scopo vendicativo: quasi mi avvicinava a pochi metri, aprivo lo sportello dell’armadietto di scatto sbattendo fortemente contro il suo naso debole sniffato che gli sanguinava. Già accorto del sanguinamento, scappò subito in bagno. Ignorai con indifferenza degli sguardi interrogativi dei miei alcuni compagni. Che dovevo dire alla gente quando ancora chiedeva di noi? Sussurravo un piccolo e nostalgico “bene”, pensando che di noi non c’era più niente da dire, non c’era più niente da fare. Mentivo, non volevo ammetterlo neppure a me stessa che tra me e lui era tutto cessato. Come potevo ammetterlo alle orecchie indiscrete degli altri? Come potevo superare le domande su di noi? Non c’era niente da dire. Giuro che il mio cuore ancora non gli aveva perso, il mio cuore ogni tanto torna a battere per lui quando la mia mente tornava nel passato più oscuro e più maligno. Allora tornavo a pensare su quella bugia e mi dicevo che in fondo non lo era, che non avevo mentito, il noi non è finito, nel mio cuore ancora esiste. Ancora esisteva per me ma la delusione è un dolore che deriva sempre da una speranza svanita, una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita cioè dal voltafaccia di qualcuno.
 
Si fece pomeriggio.
Dopo aver accompagnato Samantha a casa sua, andai al maneggio. Appena arrivata, vidi Stefano affacciato sulla porta del box provando ad accarezzando Red-Barone Rosso. Il cavallo non volle essere accarezzato da lui perché capì il nervosismo di Stefano dopo la sua droga, del sanguinamento del naso e i problemi di cuore con me.
“Stefano, lascialo stare! Ha capito che sei nervoso ed è inutile!- gli dissi irritata mentre accarezzai il mio cavallo con orgoglio.
“Ah, si?”- mi toccò la giacca e mi trascinò via dall’altra parte della stanza appoggiandomi al muro.
“Ma che fai?!”
“Shh, sai che ti amo e non voglio perderti…” mi accarezzò la guancia tentando di baciarmi. Io, dalla seccatura, lo graffiai il suo braccio scuro e magro con le mie unghie forte. Si digrignò i denti dal dolore e mi disse: “Ahia, le unghie! Le unghie! Lascia!- lo ignorai con freddezza ancora aggrappata al suo braccio.
“Guarda che a momenti viene mio padre a vederci cosi: è la tua fine!”- gli sorrisi maliziosa ritirando il mio graffio dal suo braccio.
Stefano si accarezzò il braccio guardandomi negli occhi: “ La fine?”.
Oltrepassando dal suo corpo e quasi entrando in un’altra stanza, gli dissi: “ La tua fine del mondo!”
Stefano, appena sentito della mia frase, si spalancò gli occhi nervoso e diede una leggera pugnalata della mano contro il muro.
Dopo che ebbi finito le lezioni, Alex mi corse incontro.
“Ciao, Noemi!”
“Ciao, Alex! Tutto ok?”
“Si, ho bisogno del tuo aiuto.”
“Dimmi”
“So che quando ascolti una canzone, sai esprimere bene quello che senti interiormente e sai scegliere bene le canzone adatte. Mi aiuteresti?”
“Certo!”- gli sorrisi e seguii Alex.
Andammo in una stanza dove Alex ebbe lasciato i suoi strumenti musicali. Mi mise le cuffie enormi da dj alle orecchie e rimase fermo dietro di me.
Quale canzone ascoltavo? “Ora basta ti prego resta” di Matteo Branciamore.
Mentre l’ascoltai, rimasi colpita dal bellissimo ritornello.
“e se ti troverò 
cancellerò 
ogni sbaglio per orgoglio 
stare sveglio su quel foglio 
io che imbroglio 
stare senza te 
ora basta 
qualche taglio sullo scoglio 
cosa e’ meglio? 
io ti voglio 
io che imbroglio quando non ci sei 
ti prego resta “
Quando arrivò all’ultimo ritornello “io ti voglio”, Alex, dietro di me, fece un gesto strano e di fronte a me spuntò Stefano. Rimasi imbambolata per pochi secondi, capii subito che quel piano astuto fu organizzato da Stefano, desideroso di ritornare con me interpretando quella canzone. Io, di carattere testardo, tolsi le cuffie dalle orecchie e me ne andai freddamente spingendo il corpo di Stefano emettendo il mio piccolo venticello nell’aria.
 
 
Si fece sera.
Mi squillò il cellulare. Lo infilai dalla tasca, ricevetti una chiamata del numero sconosciuto mai aggiunto nella rubrica e premetti il tasto.
“Pronto?”
“Ciao. Sono Ian, il migliore amico di Stefano. Ti ricordi?”
“Ah, si.”
“Scusa se ti disturbo. Ho cercato nella rubrica di Stefano per contattarti e ti devo avvisare una brutta notizia.”
“Cosa è successo?”
“Stefy…ha avuto un grave incidente ed è in coma.”
“Cosa?! Oddio, ora vengo all’ospedale”. –lo staccai preoccupata e scappai frettolosamente in motorino fino all’ospedale. Uscii dal cancello, percorsi una lunga curva da destra a sinistra e arrivai in una strada a senso unico illuminata da lampioni con numerosi incroci. Andando dirittamente, accelerai sentendo il vento freddo scorrere tra i miei capelli e a destra, ci furono macchine abbaglianti che frenarono bruscamente vedendomi anche se c’era lo stop. Io, sobbalzata dallo spavento, mi innervosirono e le evitai tenendo in equilibrio il motorino e dissi tra me e me: “ Deficienti!”. Ancora ad un altro incrocio, feci la stessa cosa. Mi dissi irritata: “Perché non fate lo stop almeno una volta?!.” Sbuffai. Guidando, arrivai al ponte dove io e Stefano fummo attraversati per andare al centro commerciale e mi venne un flashback scendendo nuovamente la lacrima. Sempre alla svolta a destra, andai in una discesa curva verso sinistra buia ma illuminata dalla luce del motorino sotto i due ponti. Impiegai 15 minuti di strada. Mi svoltai a destra e raggiunsi all’ospedale.
Raggiunta all’ospedale, spinsi la folla affollata chiedendola scusa e arrivai all’ascensore. Indaffarata e preoccupata, premetti più volte il 4 piano del bottone. Impaziente, sentii l’ascensore portarmi su e stop. Si aprì la porta automatica, spinsi involontariamente il dottore che mi venne incontro chiedendolo scusa correndo. Spinsi il portone pesante del reparto in avanti, corsi e chiesi all’infermiera che tenne in mano le medicine. “Mi scusi, Stefano De Santis?”- le chiesi riprendendo a fatica il fiato.
“In fondo all’ultima stanza.”
“Grazie.”
Mentre corsi, spuntò Alex davanti a me. Mi fermai bruscamente toccando le mie mani sulle sue spalle riprendendo fiato. Incrociai il suo sguardo: ebbe gli occhi verdissimi spenti della tristezza e dell’angoscia. A fianco, c’era Ian con un braccio ingessato.
“Come sta Stefano?”- gli chiesi preoccupata.
“Ascoltami. Io e Stefano eravamo in macchina, dovevamo andare in un posto. Mi ero addormentato per la stanchezza ed eravamo finiti contro un palo. Ancora non sappiamo se si sveglierà o no: dobbiamo aspettare e sperare.”
Coprii la mano sulla bocca piangendo.
“Il dottore e la polizia hanno scoperto che era la causa della droga: la BMW è completamente distrutta e gli hanno tolto la patente.”
Mi scesero le lacrime disperate lungo le guance mentre mi diedero grembiule, cuffia e mascherina da dottore.
Mi misi il grembiule, girai la maniglia e vidi Stefano attaccato ai macchinari. Fu uno shock per me. Mi avvicinai al suo letto, in silenzio guardai il suo viso pallido e pieno di piccole ferite. Guardai attorno a lui per un secondo e mi sedetti fissando verso di lui addormentato.
“Stefy.. perché hai fatto tutto questo? È colpa mia se ti ho fregato, ti ho lasciato in pausa, risposto male, scappata via da te e sei finito cosi. Per colpa mia, ti sei sfogato te stesso usando la roba.- singhiozzai-. È colpa mia! Non voglio vederti soffrire cosi. Sappi che nel mio cuore ci sei tu. Ti prego, svegliati. Fallo per me.”
Piansi a dirotto toccando la sua mano e mi rinchiusi me stessa le braccia attorno alla mia testa.
Dopo un’ora, mi alzai ancora con gli occhi bagnati dalle lacrime. Aprii la porta e vidi la gente seduta ad aspettare il suo risveglio. Vidi Manuela. A vederla, mi salii la rabbia.
“Manuela, lo sapevi che si droga?”
“Si, ma non volevo darti dispiacere.”
“Cosa? Mi hai mentito dal primo giorno dicendomi di aver debiti familiari. Sei una bugiarda!- alzai la voce puntando il dito indice in faccia guardando nei suoi occhi scuri.
“Non te l’ho detto perché so che non sei d’accordo con la droga e volevo coprire Stefano visto che ha tanti problemi.”
“Coprire Stefano?! Che tipo di persona sei?! Difendi Stefano e spettegoli contro di noi. Fai solo schifo! Vergognati!”.- la spinsi a malapena trascinandola fino al muro. Ancora litigammo.
Alex mi bloccò indietreggiandomi e Samantha fece la stessa cosa con Manuela.
Alex ci disse: “ Non è il momento di litigare mentre Stefano soffre. Basta litigare. Calmatevi adesso!”
Sospirai con freddezza vedendola Manuela e Samantha assieme allontanate da me.
Alex mi disse: “ Ti porto a casa mia”
“Ho il motorino qua..”
“Domani lo riprenderai e vieni con me in macchina. Non dire niente e fai la brava con me.”
Ci fu un lungo sguardo incrociati dai suoi occhi verdi negli miei occhi lucidi del pianto.  Uscimmo dall’ospedale, salimmo nella macchina nera Mercedes e arrivammo a casa sua.
In un salone di soggiorno, mi sedetti sul divano mentre Alex mi chiese qualcosa da mangiare e gli risposi che ebbi lo stomaco chiuso. 
Gli chiesi con voce tremolante: “ Lo sapevi che si droga?”
“L’ho conosciuto quando è venuto a lavorare con me e, dopo una settimana, l’ho scoperto nel bagno maschile. L’ho detto mille volte di smetterla ma era testardo.”
“Ho capito. Per questo a volte è cosi strano ed aggressivo.”
“Purtroppo cosi.”
“Si, pensavo che si trattasse del suo carattere introverso ma lo amo per quello che è.”
“Si vede…anche lui ti ama veramente.”
“Lo so. Ero ancora ferita e delusa. Non bastava una canzone per convincermela di tornare con lui. Sono troppo sensibile e mi ci vuole tempo ma non dimenticherò della canzone.
“Già. Sei molto testarda come Red-Barone Rosso”
“Ahahaha. È vero!”- gli sorrisi.
“Tale cavallo, tale padrona.”- mi sorrise scherzoso mostrandosi la sua dentatura perfetta.
Ancora risi a crepapelle.
“Senti, vuoi ascoltare di nuovo quella canzone?”
“Ok ma sono stonata quindi non voglio cantare.”
“Tranquilla, canto io.”- si alzò, prese un CD e lo mise nello stereo.
Ascoltai la canzone e la voce di Alex che mi fecero rilassare e meravigliare contemporaneamente. Aveva una voce bellissima.
Finita la canzone, Alex mi chiese su cosa dovevo fare visto che erano le 10 di sera.
“Vuoi dormire qua?”
“No, grazie. Vado a casa di Samantha perché non aver problemi con la tua fidanzata”. Mi sorrise. – “Oh no, non ho il motorino qua! Porca miseria!”. Sbuffai.
“Ti accompagno io”. – quasi prese le chiavi.
“Nooo”
“Dai, per me non c’è problema.”
Salii in macchina, allacciai la cintura di sicurezza e spiai oltre al finestrino. Mi squillò il cellulare: era mio padre.
“Papà.”
“Dove sei?”
“Oh, scusami.”-sbattei la manata sulla fronte mentre Alex si voltò verso di me in un secondo tenendo le mani al volante.- “Ora vado a casa di Sam perché prima ero all’ospedale…Stefano ha avuto un incidente ed è in coma.”
“Non lo sapevo, mi dispiace. Poi mi racconti i dettagli quando ci vediamo di persona.”
“Ok, meglio.”
“Posso stare tranquillo?”
“Si, certo. Salutami mamma e Dany.- lo staccai abbassando lo sguardo verso il tappetino della macchina.
“Era Pierre, tuo padre?”
“Si.”- e arrivammo a casa di Samantha.
“Grazie per il passaggio, Alex.”- gli sorrisi preoccupata e triste allo stesso tempo.
“Di niente.”- ci salutammo stampandosi due baci sulle guance e scesi aprendo la portiera del passeggero.  

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Capitolo 15
*** Sogno o realtà? ***


CAPITOLO 15

SOGNO O REALTA’?

A casa di Samantha.
Mi svegliai spaventata nel cuore della notte. Avevo dei brutti sogni: sognavo Stefano attaccato ai macchinari in bianco e in nero lampeggiante. Gridai fortemente e Samantha fu spaventata a morte accendendo la lampadina sul comodino.
“Tutto bene, Noemi?”- mi guardò negli occhi preoccupata.
“No, ho avuto un brutto sogno.”- le dissi con voce tremolante.
“Mi dispiace.”
“Non ho più sonno. Senti, domani non vado a scuola perché non mi va di andarci in questo stato e poi voglio stare con Stefano.”
“Ok, va bene. Per ora non ci pensare. Vuoi un the o camomilla?”
“No,grazie.”
“Noemi, ho sonno e voglio dormire…- mi disse con gli occhi assonnati- “Vuoi leggere un libro o guardare film?”
“Si, un film”- e ci dirigemmo in un salotto.
“Vuoi guardare Edward mani di forbice?”- mi chiese Samantha guardando i titoli del DVD.
“Si.”- urlai innervosita
“E non gridare! I miei genitori dormono!”. Sbuffai. – “Ho fame. Posso?”
“Fai come se fossi a casa tua!”- e scesi dal divano e presi i pop-corn dalla mensola.
Ci sedemmo sul divano e guardammo film. Durante la visione del film, Samantha si addormentò appoggiando la testa sulla mia spalla mentre mangiavo porcherie. Pop-corn, patatine, merende, Pan Goccioli, cioccolato bianco Galak ecc. Avevo saltato la cena, e nonostante la depressione, avevo una fame da lupo per questo. Finito il film, ancora non ebbi sonno e chiamai Samantha di mettere un altro film. Samantha si sbuffò alzandosi dal divano e guardò di nuovo i titoli.
“Fast and Furious?”- le risposi di si col cenno del capo. E si addormentò di nuovo sul divano. Io mi addormentai durante il film e mi svegliai accorgendosi della luce del giorno. Erano le 6:00 di mattina guardando l’ora sull’i-phone.
“Svegliati, Sam!”- la chiamai ansiosa.
Si aprì un occhio dicendomi: “Sei una rompiscatole davvero!”.
Erano le 8:00.
Fummo vestite, fatto colazione e salimmo sul motorino di Samantha. Mi accompagnò subito all’ospedale e poi se ne andò a scuola. Camminai nel corridoio, presi un ascensore e diressi in una stanza dove fu ricoverato Stefano con lentezza e preoccupazione allo stesso tempo. Fu ancora attaccato ai macchinari. Più tardi, uscii dalla stanza per prendere aria e incontrai improvvisamente i miei genitori.
“Piccola..”- mi abbracciò mia madre con tenerezza.
“Come stai?”
“Male. Vi spiego: Stefano guidava la macchina BMW M6 grigia contro un palo con un amico che poi si è rotto al braccio.” Mi misi in pausa di riflessione se fu necessario dire la verità o no a mio padre ma chiusi e aprii gli occhi in un secondo prendendo coraggio e sentii stringere il mio stomaco dalla paura. Ripresi a parlare.
“Stefano…si..droga..”
Mia madre coprì la mano sulla bocca spalancata dalla notizia.
Mio padre mi fissò serio: “ Dici veramente?”
“Si, l’ho scoperto ieri pomeriggio mentre l’ho trovato cosi in un giardino perduto.”
“È impossibile! Non me l’aspettavo! Ecco perché ha uno strano carattere ma ti ha trattato male?”- lo vidi salire la rabbia in sovrappensiero della difesa contro di lui per me.
“No, mai!”
“Perché non me l’hai detto?!”- mi rimproverò afferrando per il mio braccio
“Lasciala stare! Non t’immagini che nostra figlia si senta ferita quando vede il suo amore praticando la roba?!”- s’interruppe mia madre pronta a difendermi.
“Ok, va bene. Appena si sveglierà e sarà guarito, lo licenzierò.”
Mi avvicinai a lui. “Ti prego, non far nulla di male a lui. È debole, quindi lascialo stare. Guarda che non mi ha trattato male, stai tranquillo.”
“Ok, mi ritiro.” – sospirò e mi accarezzò la guancia asciugando la mia lacrima.
 
Passarono due settimane: io saltai alcuni giorni di scuola e del maneggio, non mangiai quasi niente perché gli infermieri mi portarono le stesse cose. Che schifezza! E poi ero vegetariana. Non mi fregava nulla della scuola e dei compiti ma mi mancava Red-Barone Rosso. Non volevo lasciar soffrire Stefano in quel modo. Io rimasi tutte le notti all’ospedale e mi coricai sullo sdraio che mi diedero in prestito aspettando il suo risveglio. Attraversai una profonda depressione e angoscia: io fui dimagrita, occhiaie rosse e gonfie a causa del pianto e dell’insonnia e, infine, ebbi la febbre alta per 3 giorni.
“Accidenti! Com’è possibile che ti viene la febbre visto che non c’è virus in giro?”- mi disse Samantha toccandomi la fronte calda.
“Non lo so..”
“Ho capito: è la febbre d’amore- mi disse commossa dalla mia situazione- E poi si vede che non mangi, non dormi e non sei molto protetta dalle difese immunitarie”- scosse il capo come cenno di disaccordo.
“Mi raccomando, prendi le medicine!”- mi disse mia madre preoccupata.
“Per favore, non fate saper niente ai dottori perché voglio rimanere con lui.”
“Stai tranquilla.”- mi dissero contemporaneamente Samantha e mia madre.
 
Mi fecero male le ossa, caldo e debolezza ma volli rimanere con lui e basta. E nessun altro. 
Passati 3 giorni di febbre, io mi addormentai stancamente appoggiando la testa sul mio braccio sinistro mentre tenevo l’altra mano destra nella sua immobile. Nel corso del sonno, io sentii muovere la sua mano. Mi svegliai lentamente. Sogno o realtà?
Io vidi Stefano aprirsi gli occhi con fatica. Non ci credei ai miei occhi!
Stefano fissava il muro in alto.
“Stefano..mi senti?”- e si girò a fatica per vedermi.
Non mi disse nulla. Io, dal pianto di gioia, strinsi fortemente la sua mano e incrociai il suo sguardo debole.
“Finalmente ti sei svegliato! Ti ho aspettato tanto e mi sei mancato! Ti amo!.”
Aprì bocca: “Anche io.”- emozionata di sentire la sua voce, lo baciai sulla bocca.
Mi alzai eccitata avvisando alla gente del suo risveglio. In mezzo al corridoio, tutti si alzarono di scatto e cominciarono a correre. Io capii subito che volevano dividere la direzione in mezzo a me come fossero arrivati due tornadi.
“Piano, ragazzi! No,no…” – gli dissi allungando le braccia in mia difesa e mi spinsero involontariamente che caddi seduta per terra emettendo il vento forte attorno a me. “Bene. Ecco come sono finita qua!” –pensai incrociando le braccia al petto mentre mi venne incontro l’infermiera.
“Hai bisogno d’aiuto, signorina?”- mi chiese premurosa l’infermiera.
“No,grazie. Sto bene.”- e mi alzai.
 
Passò una settimana dopo che Stefano riprese in forma com’era prima dell’incidente e fu licenziato da mio padre allo stesso tempo. Io trascorsi tutti i pomeriggi al maneggio facendo lezioni con Red-Barone Rosso. Non fu la stessa cosa. Mi venne tanta nostalgia che non fui più abituata a vedere Stefano nei dintorni del maneggio. Uno di questi pomeriggi, Stefano venne al maneggio a trovarmi. Io, eccitata, gli corsi incontro e lo abbracciai attorno al suo collo baciando passionalmente.
Ebbi un improvviso sbalzo d’umore. Mentre staccai dal bacio, capii della sua solita espressione perplessa ed aggressiva. Si era messo di nuovo a drogare. Stefano mi tentò di nuovo a baciarmi. Ad un tratto, mi vennero certi brutti flashback e lo spinsi a malapena.
“Ma che ti prende?” – mi chiese Stefano preoccupato.
“È che io..non riesco..ad avvicinarti…non so spiegarti…Dopo l’incidente, è cambiato qualcosa in noi.”
“Cioè?”
“Forse non ti amo più…”
“Perché?”- fece un espressione triste.
“Non lo so…”- abbassai lo sguardo fissando i suoi Nike neri
“Dai, ci vorrà tempo..”- mi toccò la spalla.
“No!”- e scappai fredda da lui.
 
Dopo i suoi incontri, i suoi tentativi dei suoi baci e degli suoi abbracci, lo ignorai e lo trascurai completamente per molti giorni. Ancora non fui pronta a ritornare con lui e concentrai principalmente sull’equitazione.  
 
Stefano, trascurato da me, ritornò a confidarsi con Manuela ed ebbe relazioni stretti fino a baciarsi.
 
Ci fu una settimana d’occupazione per protesta dei termosifoni rotti e soffrimmo per il freddo. Non ci furono lezioni, chiacchierammo, discutemmo e dormimmo a scuola sulle lenzuola e cuscino per terra.
Una di queste notti, con gli occhi assonnati, per sbaglio andai nel bagno dei professori. Girai la maniglia aprendo la porta e vidi Stefano e Manuela focosi a far l’amore.
Sogno o realtà? Aprii gli occhi sveglia e non sognai ma li vidi veramente. Fu una realtà inaspettata che, appena mi videro, si vestirono. Non era un sogno.
Rimasi scioccata per pochi secondi.
“No, Noemi. Ti posso spiegare…- mi smentì Stefano.
“Ma che cosa ci facevi con lei?”
“È…- lo bloccai dandogli uno schiaffo. “Sei un bastardo! Ti odio!”
Rivoltando lo sguardo verso Manuela e le dissi: “ Tu..una guastafeste, ti approfitti di rubare quando qualcosa..”-Stefano mi bloccò dietro afferrandomi le mie spalle e io, infastidita, gli scalciai dietro dirittamente in mezzo alle gambe. Stefano mi allontanò coprendo le mani dal dolore e uscì dal bagno. Fulminai con tanta ira verso Manuela. Iniziammo a prendere botte e a tirarci i capelli. Mi insanguinò il naso. Stanca di sentire dolore dal tirare i miei capelli, la spinsi trascinandola fino al muro sbattendo fortemente contro l’asciugamano elettronico a pulsante e svenne. Venne Samantha e, premurosa, soccorse Manuela anche se non la sopportò veramente mentre asciugai il sangue del naso con l’acqua. Quando Samantha scappò per chiamare l’ambulanza, io riflettei allo specchio vedendo il mio viso aggressivo e pensando che l’amore fece schifo. Non ebbi più freno dell’ira e diedi una forte pugnalata della mano rompendo il vetro dello specchio lasciando il segno a forma di ragnatela. Gridando dal dolore, mi insanguinò molto la mano. Arrivati Samantha e i vigili dell’ambulanza, fui costretta ad andare con loro per disinfettarmi la ferita.  

  

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Capitolo 16
*** Addio e Ribellione ***


CAPITOLO 16

ADDIO E RIBELLIONE

Fui disinfettata e messa dei punti di sutura alla mano. Samantha corse incontro mentre uscii dal reparto e mi disse: “ Come va la mano?”
“Mi fa male.”
“Lo so, gioia. Manuela ha avuto un leggero svenimento e domani potrà uscire.”
L’ho spinta, è colpa mia.”
“È normale venirti rabbia e gelosia quella scena di tradimento…”- la interruppi sospirando seccata- “Possiamo cambiar argomento?”
“Ok, va bene.”
Vidi qualcosa dietro di Samantha. Io distolsi lo sguardo da lei e vidi Stefano appoggiato al muro incrociando le braccia al petto che mi fissò con lo sguardo disperato. Gli corsi incontro incrociando i suoi sguardi tristi e pentiti di aver fatto tutto questo. Uscimmo dall’ospedale e rimanemmo fuori al parco. Insorse la luce dell’alba. Ci sedemmo sulla panchina e ci scambiammo un lungo sguardo.
“Scusa. È che mi sento trascurato da te e sono ritornato ai vecchi tempi cioè ero ritornato a confidarsi con Manuela anche se sapevo che la nostra storia non è ancora finita….”
Lo interruppi: “Si, è solo una pausa di riflessione per decidere se possiamo continuare o no.”
“Esatto. Mi sentivo solo e mi ero confidato con lei. Più confidavo, più mi piaceva. Non ce l’ho fatta per questo.”
“Lo so, è colpa mia se ti ho trascurato..”
“Non incolparti nulla. È stato il destino a decidere per noi due.”
Rimasi imbambolata e confusa allo stesso tempo. “Il destino…non ci ho pensato nemmeno..”
“Non credo al destino, è solo una scelta personale comunque ho riflettuto molto: la nostra storia è finita. Mi dispiace.”
Stefano abbassò lo sguardo: “Va bene, ho sbagliato tutto. Non ho smesso e non riesco a staccarmela …poi Manuela mi piace. Si, sono veramente innamorato di lei.”
Appena sentita la frase, mi scesero le lacrime lungo le guancie.
“Addio..”- gli dissi mentre asciugai la lacrima alzandomi dalla panchina.
 
Arrivò la seconda pagella che scoprii di aver due debiti di Storia e Chimica e condotto di voto 5 a causa del danno dello specchio e dell’occupazione.
 
Il dottore mi avvisò che non potei andare a cavallo con la mano fasciata ma lo ignorai e andai ugualmente al maneggio. Un pomeriggio, andai al maneggio desiderosa di vedere Red-Barone Rosso anche se fui distrutta interiormente dalla rottura con il mio ragazzo. Un periodo duro. Ebbi continui sbalzi d’umore ogni giorno e ogni ora senza motivo.
Appena arrivata al maneggio, mio padre mi domandò: “Che ci fai qui? Non puoi far niente con la mano!”
“Volevo solo vedere Red-Barone Rosso.”
“Va bene. Guai se cominci a montare..”- non gli risposi dirigendo verso la porta del box. Vidi Red-Barone Rosso un po’ dimagrito e sporco.
“Oddio, che ti è successo?- gli dissi mentre aprii la porta del box- non ti hanno dato da mangiare né pulire?”- scossi il capo puntando le mani sui fianchi. Presi la spazzola e mi sforzai di pulirlo con la mano sinistra ma mi stancai facilmente. Ebbi idea di chiedere aiuto ad Alex. Mentre uscii dal box, all’ingresso dalla luce arancione del tramonto riconobbi Alex immobile venire incontro vedendo l’ombra un po’ scura e i suoi occhi verdi lucidi.
“Ciao, Noemi. Come stai?”- mi disse avvicinandomi.
“Benino. La mano sta passando ma non posso farci nulla.”
“Ho saputo tutto e mi dispiace che ti sei lasciata da Stefano. Se hai bisogno di compagnia o d’aiuto, puoi contare su di me.
“Grazie. Proprio ti stavo chiamando.”
“Ah, si?”
“Si, mi aiuteresti a strigliare Red-Barone Rosso?”
“Certo.” – e fu subito pronto a collaborare con me e mi spiegò del suo doppio lavoro sia da stalliere sia da sellaio visto che Stefano fu licenziato. Dopo che se ne andò, accarezzai Red-Barone Rosso e mi sentii morire dalla voglia di montarlo. Non riuscii a trattenermi, presi la sellai e lo misi a fatica con la mano sinistra. Lo trascinai fino all’ingresso, salii e sbattei i piedi sulle staffe contro la pancia di Red-Barone Rosso. L’istruttore cercò di fermami ma lo ignorai. Dopo mezz’ora prima di finir lezione, mio padre mi vide furibondo. Io lo fermai accorgendosi della sua presenza ed ebbi paura e il cuore in gola. 
Mio padre disse all’istruttore: “Ma lo sai che Noemi non può montare?”
“Si, lo so. Ho cercato di fermarla ma è inutile.”
Mio padre rivoltò lo sguardo verso di me.
“Noemi, sei una testadura. Ti ho detto mille volte di non montare. Quante volte te lo devo dire?- non gli risposi- stasera ne parleremo a casa.”. Spalancai gli occhi vedendo mio padre andare nel suo ufficio.
Si fece sera prima di cena.
“Noemi, sei troppo ribelle. Ora ti metto in punizione:
1)    Ti tolgo le chiavi del motorino;
2)    Non uscire di pomeriggio che devi recuperare i debiti;
3)    Non puoi andare al maneggio;
Ti metto in punizione perché devi imparare sull’importanza della salute, dello studio che sono in priorità. L’equitazione è solo tempo libero. Prima il dovere e poi il piacere. Guarda che la preside mi chiamato per farmi sapere dei tuoi debiti e per pagare il danno del vetro. Costa tanto! –abbassai lo sguardo triste- capisco della tua gelosia e della tua rabbia ma devi pensare alle conseguenze prima di reagire. Scoppiai a piangere- “Non posso vedere Red-Barone Rosso?”
“No, per nessun motivo. Ti sei comportata in modo ribelle e testardo. Adesso fila!”
“Pierre!”- s’interruppe mia madre.
Io corsi su per le scale.
 
Mia sorella, soddisfatta della mia punizione, disse: “Meno male che non sono mai punita!”
“Vale anche per te se concentri sulla danza per priorità”. Si sbuffò, mise le cuffiette dell’Ipod nelle orecchie e diresse in un salotto.
 
Io mi buttai sul letto appoggiando la testa sul cuscino piangendo fissa alla finestra buia ormai che fu sera.
 
Un pomeriggio, seduta a studiare, bussò la porta. Entrò mia sorella a prendere il telecomando della wii che si trovò nel cassetto.
“Sei finita proprio male”Sei sfortunata in amore e meno male che non ho mai conosciuto quel pazzo di nuovo cognato”. Sbuffai. Le risposi gridando: “Dany, non capisci un tubo delle storie d’amore. Non ti sei mai fidanzata e non puoi capirmi niente! Adesso vattene!
“Mamma mia! Come sei antipatica!”- mi diede una smorfia, se ne andò e chiuse la porta.
 
Dany stava giocando con la wii copiando i passi di just dance mentre all’improvviso suonò il campanello. Lanciò il telecomando sul divano, aprì la porta e vide Alex.
“Ciao, ragazzina. Sono Alex e cerco Noemi.”
“Piacere, Dany. Noemi è sopra.- entrò Alex spazzando le scarpe sul tappeto come educazione e salì per le scale. Dany chiuse la porta fissando Alex e pensò: “Chi è questo Alex? Noemi cambia sempre ragazzi…mi sa che deve andare al manicomio per gli aggressivi mentali visto che è una mangia uomini e fa certi modi aggressivi. Grazie a Dio che non sono come lei.”
 
Bussò la porta. Sbuffai pensando che fu mia sorella invece sentii che fu Alex. Spalancai gli occhi facendo un giro del mio sgabello.
“Ciao,Alex”- gli sorrisi e lo salutai stampandosi con due baci.
“Come stai?”
“Bene, è solo che sono costretta a studiare e non posso uscire.”
“Eh, lo so. Sono venuto apposta per farti compagnia.”- mi disse guardando i libri sulla scrivania.
“Grazie. Hai visto Red-Barone Rosso?”
“Si, sta bene. Gli ho strigliato ma non l’ho fatto montare da qualcun altro perché so che sei gelosa.”- e ridemmo.
“Grazie! Uff, voglio vederlo e già mi manca!”
“Lo so. Che palle tuo padre!”
Risi a crepapelle. “Cosa studi?”
“Medioevo, Storia.”- gli dissi con gli occhi seccati.
“Ti aiuto?”- mi domandò indicando il libro con l’indice.
“Volentieri”- gli sorrisi. Iniziai a ripetere questo argomento ad Alex che mi ascoltò attentamente.
“Che scuola frequentavi?”- gli chiesi interrompendo la ripetizione
“Musicale”- mi sorrise.
“Ah, ecco perché sei dj e ti piace la musica”
Ci fu un lungo sguardo. Vidi i suoi occhi verdissimi e il suo sorriso perfetto che mi fecero impazzire. Quasi mi avvicinò e mi tentò di baciarmi. Lo fermai allungando le mie braccia sul suo petto e gli dissi: “No, sei fidanzato!”
“Ah, già!”- si allontanò da me.
“Non ho mai visto la tua fidanzata…Com’è?”
“È bella: capelli biondi e occhi castani”
“Come si chiama?”
“Si chiama Mary”
“Ha profilo di Facebook?”
“Si.”
“E me lo fai vedere?”
“Adesso no! Prima studia e poi ti faccio vedere!”
“Uffa! Serio come mio padre!”
Misi a studiare Chimica guardando gli odiosi simboli mentre Alex diede un’occhiata alla mia camera. Mi girai dicendolo di aver finito di studiare mentre scoprii Alex frugare curioso il mio diario segreto.
“Il diario no!”- lo esclamai cercando di prenderlo.
Per gioco, si mise a gironzolare alzando il braccio in alto in modo che non potei prenderlo.
“Dammelo!”- lo gridai speranzosa di non aver letto e continuai a seguirlo. All’improvviso, aprì la porta e ci fu mia madre appena tornata a sbrigare le faccende. Alex rimase pietrificato con un finto sorriso dandomi subito il diario all’angolo della stanza.
“Scusatemi se vi disturbo. Noemi, vuoi mangiare qualcosa?
“No, non ho fame..” –e chiuse la porta.
Alex mi chiese premuroso come un fratellino: “Come..non mangi? Sei proprio un acciuga e non voglio che finisci di nuovo all’ospedale. Dai, andiamo giù e devi mangiare qualcosa.”
Feci un broncio e rimasi immobile mentre Alex cercò di spingermi dietro fino alla destinazione della cucina. Arrivammo in cucina, chiacchierammo e mangiammo il pane con la nutella. Mentre chiacchierammo, ascoltai delle battute simpatiche di Alex con voce alta.
Dany guardò una delle puntate del mondo di Patty. Essendo disturbata dalla voce alta di Alex, ci disse: “Non mi lasciate mai in pace!”- se ne andò spegnendo la TV e dirigesse in un’altra stanza silenziosa. Ci guardammo in un attimo e riprendemmo a parlare. Mentre quasi se ne andò, Alex mi chiamò per parlarmi in privato.
“Dimenticavo: ti invito al mio compleanno il 13 febbraio.”
Sorrisi. “Quanti anni farai?”
“22”- mi sorrise ansioso.
“Wow! Allora il 13 è febbraio …prossima settimana! Perfetto! Sarà scaduta la mia punizione!”
“Bene, sono contento!”
“Aspetta, il 13 febbraio è il tuo compleanno e poi il 14 è San Valentino!” –coprii la mano sulla bocca.
“Esatto, come ogni anno sempre più bello! E poi ci sarà anche la mia fidanzata”
“Me lo fai vedere? Ho finito di studiare!”
“Va bene”- prese l’i-phone, entrò su Facebook. Vidi la sua foto: era carina. “È la mia amica d’infanzia…- distolsi lo sguardo interrogativo dall’i-phone e incrociai lo sguardo di Alex. “Addirittura? Non credo che la migliore amicizia d’infanzia diventi amore..”
“Come non ci credi?”
“No. Ti ricordi di Joseph?”
“Ah, quello snello dai capelli biondi.”
“Avevo una cotta per lui. Conoscendolo, lo avevo capito che era inaffidabile e indifeso come un bambino. Una volta mi ha lasciato sola a piedi nel cuore della notte e avevo tanta paura e ansia.”
“Davvero? Come si permette di lasciarti sola?”
Io lo fissai in un attimo pensando che Alex era esattamente uguale a mio padre. Protettivo e pronto nelle difese. “Ormai è acqua passata. Ormai siamo solo amici.”
Mi sorrise premuroso. Mi diede un bacio sulla guancia e se ne andò.
Mi girai e vidi mia madre avvicinandomi e mi disse: “Non è bello? Lo trovo carino e simpatico: perché non inizi?”
“Mamma, è già fidanzato!
“Oh, che sfortuna!”- e si allontanò.
Ci fu una serata noiosa. Volli scrivere su un diario ma con la mano fasciata non potei e allora mi misi a digitare su Word con la mano sinistra. Non potei far altro. Morivo dalla noia.
“Caro diario,
scusa se non ti ho più scritto quando Stefano ha avuto un incidente. Ho avuto tanti problemi che alla fine mi sono ribellata e punita da mio padre. Ti confido che ho imparato tante cose sull’amicizia.
Manuela: una mia nemica, ex migliore amica.
Stefano: ex ragazzo.
Due persone che non fanno più parte della mia vita.
Ho lasciato Stefano perché di lui ho solo capito che mi ha dimostrato poco amore. Era solo un ruffiano e voleva solo soldi, sesso e droga. Mi dava tanti finti baci, abbracci: sembrava un ragazzo sensibile e disponibile ad amarmi ma dentro di lui era solo una maschera. Una maschera nera. Che schifo! Mi viene la nausea se mi vengono tutti i flashback dei momenti persi con lui. Il suo viso marocchino attorno alle nuvole che sembrava un angelo ma aveva solo degli occhi neri cattivi. Mi ha anche tradito facendo l’amore con Manuela. Manuela era solo una stronza: si era messa a spettegolare e guastafeste rubando i ragazzi già fidanzati. E l’ha fatto davvero. Ti avviso che dai pettegolezzi di Manuela, la dipendenza di Stefano e il tradimento sono cose che mi hanno dato cicatrici e spezzato il cuore in due. Ho delle cicatrici guariti che non se ne vanno mai e il cuore spezzato in mille pezzi ma sono mentalmente sopravvissuta. Grazie ai dolori, sofferenze vissute nel passato, ho intrapreso esperienze sagge nella vita d’adolescenza. Sono fiera e orgogliosa di me stessa perché non sono come loro. Quanto odio i pettegolezzi, le bugie e i tradimenti. Le persone pettegole sono stupide e non hanno un minimo di saggezza. Non hanno una vita sociale. E meno male che ho una vita sociale sennò a che cosa servirà? Se non avevo la vita sociale, non diventerò mai perspicace, emotiva, empatica con le persone che affrontano mille problemi nella vita. Nelle situazioni, nel bene e nel male, bisogna sempre confortarli e stargli vicini perché il mondo è crudele. Meglio ora stargli vicini perché il mondo sta per diventare pieno di gente falsa. Molti escono dalla mia vita ma le persone sincere rimangono per sempre. Persone che fanno parte della mia vita: Samantha, Alex, Karola e la sua famiglia, Amanda, Ambra, Margherita, Svampy e Gaia. La prima persona fra di tutti è Red-Barone Rosso. Si, i cavalli sono migliori amici dell’uomo perché non mi feriscono, non mi tradiscono e non mi lasciano mai sola. Non possono parlarci ma mi leggono dentro e capiscono i miei sentimenti. Red-Barone Rosso è cosi bello dal suo aspetto rosso- morello e ha sempre gli occhi dolci. Quando sono triste o piango, Red-Barone è sempre con me. Com’è dolce! Ormai mi conosce, sempre desideroso di starmi compagnia, di far passeggiata, di far lezione ecc. Sempre a fianco a me. Ti voglio beme Red-Barone Rosso. Queste sono persone che fanno parte della mia vita d’adolescenza e poi chi mi aggiungeranno nella mia lista della vera amicizia? Vedremo. Ho ancora la vita tutta davanti.
Adesso ti saluto. Caro diario.
Accesi la TV con il decoder un canale a caso. Scoprii una nuova novità: un telefilm Switched at Birth- Scambio alla nascita ambientato dai sordi in America. Fui attratta guardando incuriosita la lingua dei segni americana e quella a voce dagli udenti.
Pensai: “Quanto mi manca la famiglia! Quanto vorrei imparare questa lingua! Chissà se potrò ricontattare i sordi!”
E lo guardai ancora.  
  

 

 
 
 

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Capitolo 17
*** Il compleanno di Alex ***


CAPITOLO 17

IL COMPLEANNO DI ALEX

Finalmente era scaduta la mia punizione!
Arrivò il 13 febbraio, il giorno lunedì. Dopo una settimana di punizione, ebbi tanta noia e per questo caddi di nuovo in depressione e giù di morale.
Quel giorno non andai al maneggio per prepararmi che fui invitata al compleanno di Alex, il dipendente sellaio di mio padre. Appena tornata da scuola, andai subito in camera per riposarmi. Accesi lo stereo e mi infilai nel letto caldo sotto le coperte che fu ancora inverno. La canzone che uscì a caso dallo stereo non mi aiutò molto. Ascoltai “Penso a te” di dj Matrix.
Strano come tutto 
pian piano può finire 
la storia in cui credevi è senza lieto fine 
come posso fare non posso non amarti 
è come dire al sole di non illuminarti 
arriva mezzanotte arriva un nuovo giorno 
passano le ore 
ma resta il tuo ricordo così passeranno gli anni 
ti baceranno in molti e tutti i tuoi ricordi verranno poi sepolti 
ma quello che ti ho dato io 
era un bacio senza età 

Flashback: tutti i baci trascorsi insieme…
e volando capirai che non finirà 
io non so perchè quando piove penso sempre a te 
io non so perchè l'amore non c'è.. 
e vorrei che lei mille giorni dentro i sogni miei 
è una stella che brillando mi da forza e libertà.. 
io non so...io non so..ma vorrei..ma non so..io non so..io non so e vorrei... 
partirai più triste ma x tutti sei felice 
macchierai il tuo orgoglio con un secchio di vernice 
tradirai te stessa il tuo modo di pensare 
e ciò che vuoi realmente soltanto non star male 
ma quello che ti ho dato io era un bacio senza età 
e volando capirai che non finirà 
io non so perchè quando piove penso sempre a te 
io non so perchè l'amore non c'è.. 
e vorrei che lei mille giorni dentro i sogni miei 
è una stella che brillando mi da forza e libertà.. 
io non so perchè quando piove penso sempre a te 
io non so perchè l'amore non c'è 
e vorrei che lei mille giorni dentro i sogni miei è una stella che brillando mi da forza e libertà..

E piansi a dirotto. Quella canzone la conoscevo da anni, mi piaceva molto e l’ascoltavo mille volte ma quando mi ero lasciata da lui, per me era una canzone strappalacrime e il cuore spezzato in mille pezzi. Mi fece solo male e incubi terribili. L’amore faceva schifo. Sentii nel vuoto di tristezza e in depressione come se fosse una pugnalata inflitta terribilmente al cuore. Mi aveva solo ferita. Ancora il cuore era terribilmente ferito com’era prima quando scoprivo il tradimento e mi domandavo se potevo guarire o no. Allora non volli andare al compleanno di Alex e mandai un messaggio su Whatsapp a Samantha.
“Sam, non voglio venire al compleanno…”- misi lo smile triste.
“Come no? Ma sei scema?”
“No, è che ascoltavo una canzone strappalacrime che mi ricordava di Stefano uscita dallo stereo e sono di nuovo in depressione.”
“Accidenti! Ora ti raggiungo!”
“No no”- misi lo smile nervoso.
“Si, devi venire! Non insistere!”- le risposi solo col smile seccato.
Più tardi arrivò Samantha già elegante e io ebbi ancora nel letto. Eccitata, mi disse: “Su, cammina! Ti aiuto io!”
“Non ne ho voglia!”
“Ehi, fidati di me! Che ci devi fare a casa da sola per tutta la sera? Almeno al compleanno ti divertirai un sacco, vedrai!”. Ancora ferma nel letto. Samantha, spazientita, mi tolse la coperta, mi afferrò il braccio per alzarmi e mi spinse fino al bagno. Mi lasciò e andò di nuovo in camera. Io cominciai a far la doccia con lentezza come un bradipo. Non mi andò per niente. Feci lo shampoo mentre sentii la voce alta di Samantha dire: “Vediamo: ora guardo il tuo armadio e ne sceglierò uno più bello.” Sbuffai. “Dunque, quello completo a fiori l’hai già messo a Natale. Lasciamolo stare. Questo no… questo no…questo no…questo no..oh mio Dio!”
Sentii l’ultima parola quando uscii dalla doccia. Mi misi l’accappatoio bianco con il cappuccio e infilai le ciabatte calde. Andai in cameretta e vidi Samantha ancora fissa a guardare il mio splendido vestito tenendo in mano l’appendiabito.
“È incredibilmente bello! Tutte le ragazze saranno invidiose di te e colpirai qualche ragazzo figo!”
Era un abito completo scollato zebrato e leopardato nero di colori rosa, fuxia e giallo quasi fluo come i colori dell’arcobaleno che arrivò alla fascia nera.
“Questo? Ah si!”- le feci un finto sorriso.
“È perfetto per questa sera!”- mi fece l’occhiolino.
“Ok, ora preparo delle onde, il ciuffo davanti e infine il trucco”
“No, ti trucco io. Diventerai uno splendore!”
Dirigessi in bagno alzando gli occhi in alto e asciugai i capelli. Andai di nuovo in camera. Chiacchierammo in generale i tipi dei ragazzi mentre m’indossai quell’abito completo. Andai di nuovo in bagno, preparai le onde e stirai con cura e con attenzione il ciuffo rosso davanti. Ero sempre fissata della tintura delle merci rosso amarena ogni anno in pieno inverno. Appena finito di preparare le onde, misi degli stivali neri lunghi fino alle ginocchia con i tacchi. Samantha mi truccò: era brava ad usare bene le sfumature di colori chiari abbinati al vestito e i lineamenti della matita e della mascara. Quando ebbe finito di truccarmi, riflessi allo specchio e mi trovai benissimo con questo magico trucco. Soddisfatta e rimborsata. Mi truccai da sola mettendo il lucidalabbra fuxia e, appena finito, mi girai verso di lei con lo sgabello e mi fece il gesto di due pollici OK sorridente.
“Aspetta….orecchini..vado a cercare.” – le dissi alzandomi dallo sgabello. Cercai tutti gli orecchini e infine trovai quelli rotondi di colore arancione chiaro.
“Perfetto, sei bellissima!”- mi disse guardandomi dal basso all’alto. “La borsa!”
“Ah, giusto!”- mi rivoltai andando verso l’attaccapanni e presi la borsa gigante nera e oro vero. “Ma mi vedranno cosi depressa?”
“Ma che dici? Il trucco copre sempre ogni umore negativo!”- mi disse convinta. E, infine, spruzzai addosso il profumo di marca Aquolina di cioccolato bianco.
“Bene, ora chiamo il taxi e pago io il passaggio.”
“Ok, ora prendo il regalo di Alex!”
“Cosa? Non me l’hai detto! Se non ci venivi, hai solo sprecato i soldi per il regalo! Che cos’era?”
“Un ipod…lui è deejay, gli piace la musica, ha tutto tranne l’ipod”- le risposi imbarazzata.
“Wow, non è male come regalo! Sicuramente sarà contento. Scusa, ora chiamo il taxi”
Prendemmo il taxi, arrivammo a casa di Alex e Samantha pagò il passaggio. 
Erano le 6 di sera.
Abitò in una villa enorme dove ci fu un giardino con la piscina.
Appena fummo entrate, salutammo Alex e ci ricambiò. Per prima cosa, guardò me sbalordito e gli ricambiai il mio sguardo imbarazzato. Alex, in quel giorno del compleanno, fu incredibilmente bello. Aveva tolto la barba notando di più il suo viso magro e perfetto con i capelli neri un po’ lunghi lasciando una perfetta cresta ma non troppo volgare. Era una sua acconciatura normale di tutti i giorni ma senza barba e con gli occhi verdi smeraldo, diventò più bello. Ordinato ed elegante con un bellissimo profumo.
Appena mi vide, mi sorrise a 32 denti dai canini in primo piano cosi contento della mia presenza. “Benvenuta, Noemi! Veramente ti dico che stasera sei un incanto!”
“Grazie”- gli risposi con voce e con le guance arrossate dall’imbarazzo allo stesso tempo.
“Prego, sei libera di fare quello che vuoi!”
“Ok, voglio darti prima un regalo”
“Wow”- mi rispose ansioso.
Presi il regalo dalla borsa e glielo diedi. Scartò e si meravigliò con gli occhi lucidi. “Un ipod verde fluo! È il mio colore preferito!” Grazie mille, Noemi”- mi stampò con due baci sulle guance.
“Di niente. Comunque auguri”- mi sorrise ancora con gli occhi lucidi pieni d’emozione.
C’era tantissima gente. Alex fu un deejay popolare di tutta Phoenix che tutti lo chiamarono a suonare nelle feste e nelle discoteche.
Dopo aver cantato per lui e preso amicizia con alcune persone , mi sedetti, presi l’aperitivo e cominciai a fotografare con la reflex. Concentrata sullo schermo digitale della fotografia, sentivo come se fosse qualcuno mi aveva sparato dietro dirittamente al cuore. Rimasi immobile e pietrificata come una statua. Cosa vidi? Quella bestiola coppia di Manuela e Stefano. Divenni di nuovo triste ricordandomi di quel flashback traditore durante l’occupazione della scuola. Li salutai freddamente. Iniziò la musica house e luci lampeggianti di vari colori. Mi sentii sola e abbandonata. Mi misi a ballare spensierata e bevvi tanta vodka che non ebbi più padronanza e totale ferimento interiore fino ad ubriacarmi. Alex mi guardò preoccupato e mi chiese: “Stai bene, Noemi?”
“Si, tutto…bene”- feci un sorriso malizioso.
“Sei ubriaca e smettila di bere!”- mi tolse il bicchiere dalla mia mano.
“Non sono ubriaca…sono rovinata..Stefano e Manuela.” – ormai ubriaca, non gli risposi correttamente in inglese che il mio cervello fu fuso completamente.
Alex si spalancò gli occhi sbattendo la manata sulla fronte e mi disse: “ Oh scusami, non ci avevo pensato! Speravo che questa festa ti tirasse su di morale. Mi dispiace tanto. Davvero.”- mi guardò con gli occhi tristi: “ come sei venuta con Samantha?”
“Taxi..”
“Ok, stai ferma. Ora vengo. “ incontrò Samantha a parlarle e venne di nuovo.
“Io non ti posso accompagnare sennò la mia fidanzata pensa male. Ora la festa sta per finire. Sono le 1 di notte. Ora ti accompagna Samantha.” – mi diede un bacio sulla guancia.
“Ok, va bene! Ciao!”
“Buonanotte, Noemi.”
Venne Samantha e mi prese il braccio destro con il mio sinistro che non ressi in piedi e mi accompagnò al maneggio. 

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Capitolo 18
*** Sola con Red-Barone Rosso ***


CAPITOLO 18

SOLA CON RED-BARONE ROSSO

 
Era il giorno di San Valentino, la festa degli innamorati. Purtroppo fui ritornata single e rimasi tutto il giorno al maneggio con Red-Barone Rosso.
Erano le 10 di mattina.
Mi svegliai dal letto del maneggio sopra all’ufficio di mio padre. Ebbi un terribile mal di testa e mal risvegli. Guardai attorno e mi domandai su come fui arrivata fin qui. Ricordai che dopo la festa, Samantha mi ebbe accompagnato in taxi perché già sapeva che trascorrevo le giornate festive al maneggio. Scesi giù per le scale e guardai attorno il panorama: ci fu uno splendido e freddo giorno di sole. Vidi qualcosa appesa al muro: era un foglio di blocco note.
“Da tutti del maneggio: oggi non ci siamo per tutto il giorno e lo sappiamo che rimani qui. Ormai conosciamo la tua abitudine e quindi pensaci tu ai cavalli e al maneggio.”
Riflettei sul lavoro da fare al maneggio:
1)    Strigliare i cavalli;
2)    Riempire fieno e acqua;
3)    Pulire stalle;
4)    Sistemare selleria;
5)    Spolverare l’ufficio di mio padre: uffa! ;
6)    Pulire il paddock;
7)    Pulire il cerchio delle lezioni;
e per mangiare? Devo andare a comprare qualcosa per il pranzo, merenda e cena. Non si sa mai. È ovvio comprarli perché i miei genitori vogliono trascorrere una giornata fuori da soli e mia sorella è uscita con i miei amici. E poi sono qua, tutta sola. Una ragazza single depressa in mezzo al deserto. Oh, no! Il motorino! Odio il taxi…ora lo chiamo, arrivo a casa e lo prendo.
Dopo aver preso il motorino e comprato il panino dal supermercato, lo parcheggiai e cominciai a dedicare la pulizia profonda del maneggio.
Andai all’ingresso direttamente al box di Red-Barone Rosso. Finalmente! Era da una settimana che non lo vidi e fui stracontenta e felice. Aprii la porta del box, lui mi avvicinò e lo accarezzai la fronte. Morbido e dolce! Gli dissi: “Red, quanto mi sei mancato! Adesso sto bene se sto con te.” – e lo abbracciai appoggiando la schiena al suo petto, con le braccia attorno al collo e diventò dolce, calmo appoggiandomi sulla mia spalla. Quell’abbraccio durò a lungo. Lo lasciai, lo strigliai e controllai la criniera e coda: troppo ruvida e crespa. Mi venne idea come sistemarla e la farò nel pomeriggio. Lo misi la capezza, la lunghina sulla testa e feci il nodo legandolo ad una colonna. Presi la forca e tolsi la paglia sporca e gli escrementi. Andai al magazzino per prendere il sacco del fieno e lo riempii. Presi due secchi per riempire l’acqua dall’abbeveratoio dai tubi e tornai di nuovo al maneggio. Red-Barone Rosso mi fissò mentre pulii il box e mi fece sorridere. Slegai il nodo e lo misi dentro il box. Red-Barone Rosso scosse la testa e gli dissi: “Aspetta, appena finisco di pulire tutto, andiamo insieme. Stai tranquillo.” Andai al box del cavallo di Gaia e rimasi meravigliata: quasi diventava adulto e più bello. Incredibile, crebbe in fretta. Feci la stessa cosa ai tutti i box. Mentre pulii, mi venne voglia di ascoltare musica: allora presi l’ipod, l’accesi e spostai le canzoni che mi avevano distrutto il mio stato emotivo in un’altra cartella. Finalmente ascoltai le canzoni che mi sparirono quella nebbia di pensieri confusi fino a riempirmi il mio stato di tranquillità. Ascoltai le canzoni western, di cavalli, di alcune di One Direction, Studio 3, Matteo Branciamore, DJ Matrix e l’ultima canzone di Modà “ Se mi potesse non morire”. Ricominciai a pulire le stalle e spostai i cavalli contemporaneamente. Alcuni cavalli, per pigrizia, batterono a terra gli zoccoli. Io li costrinsi ugualmente usando la voce e tirando la lunghina ma non diedi botte con le mani o con il frustino.
PULIRE STALLE: OK
Ora dovetti sistemare la selleria. Entrai e ci fu tanta polvere che mi venne la tosse. Era una stanza bella fatta dai pezzi di legno attorno e sulla ringhiera erano tutte appese le selle inglesi e western. Presi lo straccio, le spolverai e, infine, spazzolai con la scopa per terra.
SISTEMARE SELLERIA: OK
Spazzai per terra anche il corridoio fino all’ingresso della scuderia. Andai nell’ufficio di mio padre. Mamma mia, disordine e fogli dappertutto. Aprii tutte le finestre, sbirciai tra i fogli: contratti dei dipendenti, nomi dei cavalli, registro delle lezioni e dei prezzi e della disponibilità delle attrezzature. Vidi il foglio della registrazione di Red-Barone Rosso. Lo lessi: Red-Barone Rosso, figlio di due anglo-arabi purosangue francese in cui il padre aveva il manto morello e la madre aveva il manto sauro. È nato a Londra, è stato venduto dalla famiglia ed è stato trasferito a Phoenix a 3 anni per motivi di tempo. È in buone condizioni ed è ottimo saltatore ma ha paura dell’acqua. Nessun trauma infantile.
Pensai: “Ecco perché non riusciva ad attraversare sull’acqua e meno male che non ha nessun trauma sennò sarebbe un doppio lavoro”
Lo posi di nuovo sulla scrivania e misi in ordine gli oggetti spolverando e spazzando per terra.
SPOLVERARE L’UFFICIO DI MIO PADRE: OK
La camera dove dormivo io stanotte l’avevo sistemato stamattina e il bagno era pulito.
Andai nel cerchio interno delle lezioni: nell’interno si svolgeva in inverno e nell’esterno si svolgeva in estate. Niente da fare: era tutto ordinato. Feci un giro lasciando le mie orme sulla sabbia e vidi qualcosa a terra. Era un ferro di zoccolo malfatto da qualche cavallo ed era stato arrugginito. Lo presi e lo appesi su un grosso chiodo come ricordo e come in molti lo considerano una portafortuna.
Andai al paddock: era andato male. Ci furono un sacco di erbe cattive che fecero male ai cavalli e gli escrementi. Misi i guanti, li tolsi e le buttai tutte in un sacco di spazzatura. Finalmente fu tutto pulito e sempreverde. Ritornai all’ingresso, trascinai con la lunghina due alla volta fino al paddock e brucarono l’erba sotto il sole. Chiusi il cancelletto del paddock. Feci delle foto con l’i-phone. Fui molto stanca, fui sollevata dai pensieri negativi e mi sentii meglio interiormente. Ebbi una fame da lupo. Guardai l’ora sull’i-phone ed erano le 12 in punto. Staccai le cuffiette dalle orecchie, mangiai un panino. Fui sazia e pensai di cominciare lezione senza l’aiuto dell’istruttore soltanto per mezz’oretta. Dopo mezz’oretta, in groppa gli comandai di camminare normale uscendo dal cerchio delle lezioni. Attraversai l’ingresso e oltrepassai il cancelletto del maneggio. Fummo arrivati al giardino e facemmo dei giro partendo dal trotto al galoppo. Galoppando, sentii i rumori degli zoccoli e il vento scorrere tra i miei capelli tenendo le mani alle redini. Ero stracontenta e felice! Ci mancava solo questo. Stanco della corsa, lo frenai allungando le redini all’indietro e sentii il suo respiro. Scesi da cavallo, lo disellai e accarezzai il suo collo: era caldo e pieno di vene di fuori come la vecchiaia. Niente di grave: era un solo allenamento che gli faceva bene alla salute, ossa e muscoli. Lo lasciai brucare all’erba mentre sedetti su una pietra in lontananza. Red-Barone Rosso mi vide cosi lontana e avvicinò brucandosi l’erba attorno a me. Finito di brucare, alzò la testa e mi guardò negli occhi. Lo ricambiai e mi venne idea su come dovevo fare per la criniera e coda. Spazzolai con cura la criniera e coda lasciando alcuni peli deboli a terra. Era troppo crespa anche se aveva il pelo liscio. Spazzolai anche il ciuffo. Lanciai a terra la spazzola e cominciai a far la treccia. Siccome era troppo alto: mi stancarono le braccia e gli dissi di sdraiarsi. Mi ubbidì. Mi misi in ginocchio, lo ricominciai e lo allacciai con l’elastico liscio bianco. Oh com’era stupendo! Mi brillarono gli occhi. Feci delle trecce piccole sulla criniera e coda. Appena finii, gli dissi di alzarsi. E cosi fece. Mamma mia, era troppo meraviglioso! “Cuccioooolo mioooooo!”- feci un espressione di tenerezza stringendo i pugni delle mani sul mento.
Insorse il tramonto.
Volli giocare con lui: cominciai a correre con le braccia alzate e Red-Barone Rosso mi seguì facendo il trotto veloce. Sorrisi a 32 denti e lui nitrì entrambi felici. Arrivammo quasi vicino al dirupo e ci fermammo in un secondo. Attirai il panorama di tutta Phoenix di grattacieli e di edifici alti e in lontananza, vidi a malapena il mare che si trovò dopo Los Angeles. Mi sedetti a terra appoggiando la pancia di Red-Barone Rosso già sdraiato. Fui immensa dai ricordi felici dall’infanzia fino ad ora dopo il trasferimento a Phoenix fissando il tramonto.
“Red-Barone Rosso, grazie di avermi stata vicina nel periodo difficile.”- mi guardò con tenerezza. Ad un tratto, vidi uno strano tramonto: era di colore rosso come San Valentino. Aprii bocca meravigliata e non ci credei ai miei occhi.
“Red, lo so che sono single ma non è bellissimo questo tramonto?”- gli feci una foto- “Ehi, Red. Quando ti metti con la tua giumenta?”
Red-Barone Rosso scosse alzando il capo di scatto e spalancò gli occhi. Mi fece ridere a crepapelle della sua espressione simpatica. Quando fummo tornati al maneggio, ebbi un’altra idea: appesi la lunghina al chiodo grosso e misi del fieno davanti a lui. Attaccai la presa della tosatrice e l’accesi. Volli farlo un segno come firma e come ricordo d’affetto. Era una semplice tosatura ma poté crescere di nuovo il pelo del manto. Come ai ragazzi che hanno i segni dai contorni bianchi sui capelli rasati. Odio quelli ferri roventi di fuoco lasciando forme e firme sul manto come un tatuaggio vero. Che cosa assurda! Accetto solamente tosatura semplice per creare una forma che poi se ne va come un tatuaggio fatto con l’acqua per bambini. Red era un po’ nervoso ma poi si era calmato mangiando il fieno. Disegnai un iniziale N del mio nome e poi il cuore attorno. “Ecco fatto: ho lasciato la mia firma attorno al cuore come segno della nostra amicizia.”- staccai la presa e lo slegai la lunghina. “Ti voglio bene, Red-Barone Rosso.”

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Capitolo 19
*** Il nuovo amore ***


CAPITOLO 19

IL NUOVO AMORE

Era il 15 febbraio.
Io ero a casa per studiare ma stavo per andare al maneggio sul tardi.
In mia assenza, mio padre controllò i cavalli. Rimase scioccato dalla bellezza di Red-Barone Rosso con le trecce e con il disegno da tosatura. Chiamò Alex. Venne subito e vide anche lui scioccato con la bocca spalancata e gli disse: “Ma è bellissimo! Sicuramente le ha fatte Noemi!”
“Lo penso pure io.” – rispose mio padre.
 
Io, appena arrivata al maneggio e sentito il mio nome, entrai in ingresso e chiesi a loro: “Che cosa parlate di me?”
Mio padre: “Complimenti, sei un ottima parrucchiera per i cavalli.”
Alex: “Già- e sorrise.
Io: Grazie.
Mio padre: “Anche sei stata brava ieri che hai pulito tutto il maneggio. Lo vedo molto ordinato. Ti do l’incarico di far pulizia profonda ogni settimana.” Io annuii e gli risposi: “Va bene, papà.”
Mio padre se ne tornò al suo ufficio.
Eravamo soli io e Alex. Vidi il suo volto e lo sguardo triste e mi preoccupai.
“Alex, tutto ok?”
“No…-abbassò lo sguardo sul pavimento.
“Che è successo? Lo sai che sono troppo riservata e mantengo sempre i segreti. Dimmi, che è successo?”
“Ho litigato con la mia fidanzata e mi sono lasciato…”
Confusa. “Aspetta, chi ha lasciato? Tu o lei?”
“Io..”
“Tu? Perché?”
“Perché le ho detto la verità che mi sono innamorato di un’altra.
“Ah, non sono affari miei. Ma conosco quell’altra?”
“Si, una ragazza amante dei cavalli di questo maneggio.”
Scossi la testa. “E chi sarebbe? Fammi indovinare: Svampy, Marghe..”
M’interruppe. “No, no, no…nessuna di quelle anzi è quella davanti a me.”
Spalancai gli occhi sommersa dai punti interrogativi nella testa. Sentii imbambolata come se vedessi una persona che non me l’aspettavo da anni. Sentita quella frase, mi scivolò automaticamente il cap dalla mano.
“Cioè io? Stai scherzando?”- feci un sorriso malizioso stringendo gli occhi.
“No, non sto scherzando.”- mi disse convinto.
“Ma come..hai sopportato tutto questo tempo?”
“Già..mi piacevi proprio quel giorno in cui lanciavi la spazzola contro la finestra che morivi di gelosia ma Mary mi aveva rubato il cuore e a te da Stefano. Mi aveva fatto dimenticare di te, del mio innamoramento ma quando ho saputo che ti sei lasciata, mi ritornava tutto come prima. Ero contento e mi piacevi di nuovo quando venivi a casa mia dopo il litigio con Manuela e anche quel pomeriggio a casa tua... – tentò di avvicinarmi.
“Alex, non me l’aspettavo. Io già ti voglio tanto bene come se fossi mio fratello.”- gli sorrisi, sincera.
Alex toccò le mie labbra sulle sue e chiuse gli occhi dolcemente. Ancora imbambolata, ebbi ancora gli occhi aperti ma quando quel bacio diventò passionale, chiusi anch’io gli occhi. Dopo pochi minuti, lo staccai di scatto preoccupata dicendolo: “Alex, non voglio soffrire di nuovo. Non me la sento.”
“Stai tranquilla. Con me non ne pentirai e vedrai.”
Mi baciò ancora dolcemente sulle mie labbra. L’accontentai dimenticando della lezione e della cura di Red-Barone Rosso. Mi trascinò in un’altra stanza baciandomi e mi staccò dolcemente: “Va meglio?”
“Si…è come se mi stai disinfettando il mio cuore ferito e spezzato e guarendo da questa malattia d’amore…”. Fece un’espressione dolce e tenero e, per la prima volta, mi disse: “Ti amo”. Mi batté all’impazzata e sentii un’emozione profonda dalla sua voce e il suo sguardo dolce.
“Ti amo anch’io”- gli ricambiai sorridendo.
 
E cosi ci fu inizio del nuovo amore. Mi sentivo bene, mi faceva rilassare dopo la lezione abbracciandomi e baciandomi. Ci guardavamo sempre negli occhi e sorridevamo entrambi che ci incontravamo. Ormai ci vedevamo tutti i giorni al maneggio perché lavorava come sellaio. Avevo raccontato tutto a mio padre del nostro amore perché di lui mi fidavo completamente . Cosi era più tranquillo e si fidava di Alex, un ragazzo simpatico e socievole ma si dimostrava affidabile, maturo e intelligente. Io e Alex non ci nascondevamo nulla perché il nostro è un vero amore. Mi aiutava sempre per la pulizia profonda al maneggio, mi dava consigli e mi fece ridere delle sue battute simpatiche. Conoscendolo, avevo capito cosi com’era ma sempre protettivo e pronto nelle difese come mio padre. Non solo era un galantuomo, anche era un gentiluomo. Aveva solo 22 anni e io 14: 8 anni di differenza. Non gli importava, l’amore non ha età. Anche lui mi accettava cosi com’ero e mi diceva sempre che ero una ragazza dolce, premurosa amante dei cavalli. Veramente mi ero comportata da ribelle e aggressiva emi equivocavo che Alex pensava male di me. Invece no, era solo comprensivo e mi assicurò che era un normale periodo d’adolescenza. Per lui, essere aggressivi nelle difese, nella rabbia, e nel dolore, anche se nel momento necessario, era sempre una cosa positiva. Lui lo era esattamente come me. Non era mai stato egoista perché non m’insisteva mai di far l’amore con lui che non ero pronta. Per lui, ero una ragazza più amata della vita: era malato d’amore e non del sesso. Un amore più meraviglioso della mia vita.
 
Nel mese di febbraio, partecipai ad un’altra gara: ero arrivata al 3° posto. Ero un po’ triste ma Alex m’incoraggiò che non ha importanza del 1° posto ma solo del successo e un ottimo svolgimento della gara. Un successo equino e l’amore del cavallo. Lo sapeva che mi allenavo poco a causa dei problemi personali ma non mi criticò mai.
Mi diede una bella notizia: aveva smesso di suonare nelle discoteche.
“Perché hai smesso? Sei bravo e hai un bel talento di musica.”
“No, non mi piacciono più le discoteche. Sono posti brutti che fanno solo droga, sesso e alcool. “
“E quindi non suoni più?”
“No ma continuo. Tanto i miei amici mi chiamano per le feste generali o per i compleanni. Senti, ho smesso di fumare.”
Rimasi scioccata per pochi secondi.
“Come mai?”
“Non voglio morire fumando.”
Sorrisi. “Si vede che stai diventando più maturo e mi piaci ancora di più. Pure io ho capito che l’alcool non mi aiuta a risolvere i problemi, ci fa male e basta.”- mi sorrise e mi diede un bacio a stampo.
“Knorra!”- sentii offesa che mi venne per forza di dargli uno schiaffo.
“Non chiamarmi più! È la prima parola presa in giro da quando mi sono trasferita qui.”
“Oh, scusami. Non lo sapevo. Allora ti chiamo RedQueenHorse.”
 
Significa regina rossa dei cavalli perché avevo le merci rossi che le fecero impazzire ad Alex e poi sono un extra appassionata di cavalli. Red fa parte del nome del mio cavallo.
 
“Hahaha. Ti chiamo Smalex.”
“Perché Smalex?”
“Perché mi piacciono i tuoi occhi verde smeraldo. SMERALDO è italiano.
“Ah, ho capito. Mmm, mi piace.”- aggiungendo questi nostri soprannomi su Whatsapp.
“Non sei mai stato in Italia?”
“No.”
“Ogni anno quando in America è estate, lì in Italia è verso ottobre-novembre. Come sempre ogni anno, in autunno, ci sono due Fieracavalli a Verona e a Roma. Vuoi venire?”
“Si”
“Allora ci penso di prenotare i due biglietti aerei. Lo so per esperienza e ci vado sempre ogni anno.”
“Che bello. Mi piacerebbe toccare l’Italia ma scusa dove abitavi prima?”
“A Roma. In estate restavo 3 mesi in Sicilia.”
“Ah, la terra calda.”
“Esatto, come l’Africa. “- e sorridemmo.
 
Un pomeriggio di marzo, dopo la lezione, Alex mi disse: “Senti, hai pochi vestiti e poche cose per il maneggio e per il cavallo. Ha solo questa di FixDesign e poi si avvicina la primavera.”
“Ah, vero. Come sono sbadata! Ho troppi pensieri per la scuola, l’equitazione e la famiglia.”
“Non ti preoccupare. Ti va di andare ora?”
“Va bene.”
Salimmo su una macchina di Alex. Lui guardò attentamente all’autostrada e io diedi un’occhiata su Facebook. Sbirciai il profilo di Alex, vidi tutti i post commentati dalle ragazze e mi salii la gelosia feroce.
“Alex!”- lo fulminai.
“Che c’è?”
“Quando finisce la fila delle stronze?”
Ridacchiò battendo le mani al volante. “Cara Noemi, le ragazze mi cercano disperatamente perché ho smesso di suonare nelle discoteche.”
“Ah, andavi a letto con le altre?” – mi porsi in avanti sul sedile cercando il contatto visivo di Alex.
“Quando avevo 14 anni. Ora non m’interessa del sesso, voglio solo lavorare e suonare. Cercavo solo relazione seria e la sto costruendo con te. “
La sua frase mi tranquillizzò porgendomi indietro appoggiata sullo schienale del sedile. Mi diede una calma e dolcezza.
“Ti amo”- mi disse con voce delicata e lo ricambiai.
Appena arrivati al centro commerciale Decatlhon, comprai il sottosella azzurra, gialla e rossa perfetto ed abbinato con la sella nera. Ce l’avevo il cap. Compravo giacca, magliette, camicia a polo e pantaloni di vari adatti per la primavera. Finito lo shopping, volli pagare ma Alex insistette a pagare tutto per me. All’inizio lo rifiutai ma poi lo lasciai perdere dando soddisfazione per la generosità verso di me.
Ritornati al maneggio, Alex mi diede un’occhiata alla reflex, colpì delle foto belle su di me e su di Red-Barone Rosso e andò dal fotografo a stamparle e poi metterle sul muro della sua camera con la sua motocross verde chiaro Kawasaki. Io, mentre sistemai la selleria, Manuela mi venne incontro. Ci salutammo normalmente da conoscenti.
“Mi devi dire qualcosa?”- le chiesi di spalle.
“Si…sono incinta.”
Fissai il muro imbambolata e mi girai rivoltando lo sguardo verso di lei.
“Uhm, chi ti ha dato? Stefano, vero?”
“Si, è stato un sbaglio…”
“Ahia, e cosa farai?”
“Lo tengo.”
“Fai bene ma accetti la responsabilità?”
“Si, quando Stefano sarà diplomato e, se troverà un lavoro e la casa, ci trasferiremo senza sposarci.”
Alzai un sopracciglio. “È una scelta vostra”
“Comunque voglio farti gli auguri di te e di Alex. Siete una bella coppia.”
“Grazie.”
 
Iniziò marzo.
Avevo la gara il giorno 20 marzo. Ebbi tanti allenamenti duri che mi portarono stanchezza e stress. Senza accorgersene, i giorni passarono in fretta. Partecipai ad una gara un po’ difficile e, dopo la giuria, scoprii di essere al primo posto. Scesi da cavallo e sentii le tifa per me. Io, troppo presa dall’emozione, non capii niente che Alex mi corse incontro, mi abbracciò tirandomi su il mio corpo stringendolo attorno al collo e accavallando le gambe al suo corpo.  Mi girò pian piano che poi diventò più veloce gridando troppo emozionata e sentendo l’uragano di gioia guardandoci negli occhi strafelici. Mi lasciò giù e mi disse di appoggiarlo sulla sua schiena come se fossi in groppa a cavallo. E cosi lo feci. Sentii solo la schiena robusta e muscolosa e movimenti e passi scossi dalla gioia. Io risi continuamente guardando il pubblico allo stadio interno.
 
Ancora nel mese di aprile, arrivai al 1° posto di un’altra gara che si trovò in una città per due ore di viaggio.
Arrivarono le vacanze di Pasqua e, come abitudine, dormii al maneggio. Alex fu sempre con me.
Ormai ci fidammo ciecamente l’una all’altro e non fummo sempre affiancati perché odiai la gelosia esagerata. Infatti, dal primo bacio, ci vedemmo spesso al maneggio e ci aiutammo a vicenda: io a lui per sellare i cavalli e lui a me per pulire la scuderia ogni settimana. Il suo programma fu cosi uguale: lavorò per 8 ore al giorno e la sera venne a casa mia o io a casa sua e viceversa. Ci rispettammo a vicenda se volle andare a far spasso o guardare una partita di calcio con i suoi amici (lui è milanista e io sono juventina), o se dovette suonare ad una certa festa. Anche lui mi rispettò se volli andare a trovare Samantha o qualche evento organizzato a mio interesse da Phoenix o se dovetti studiare per il giorno successivo.
Arrivò il 25 aprile.
Dopo di aver finito di sistemare i cavalli, il maneggio e la lezione, ci dirigemmo in un giardino da soli con Red-Barone Rosso. Tutto nostro.
Siccome Alex non era mai salito a cavallo anche se li amava veramente. Forse non aveva tempo o non trovava qualcuno che lo poteva aiutarlo a cavalcare.
Io ero già in groppa e lo guardai dall'alto ad Alex.
“Alex, vuoi sedere dietro con me?”
“E come si fa?”
“Ti aiuto io”. Lasciai il mio piede sinistro dalla staffa, presi la sua mano sinistra e ci mise il piede su una staffa libera. Saltò su tenendo la sella con la mano destra, sollevò la gamba destra e si sedette sulla schiena di Red.
“Pronto?”
“Fai piano!”- mi strinse attorno ai mie fianchi.
“Fifone! Lui capisce le paure degli umani e non vogliono partire per rispetto di noi. Adesso stai tranquillo e faccio piano.”
“Ok.”
Misi il piede nella staffa e gli comandai di partire. Feci il trotto e poi, infine, il galoppo. Galoppando, sorrisi sentendo il rumore degli zoccoli lasciando i capelli lunghi all’aria. Mi accorsi che mi strinse di più e dell’urlo emozionato dietro di Alex.
“Alex…perché mi stringi di più? Hai paura?”
“No, è che sono troppo emozionato e poi amo i tuoi fianchi perfetti.”
“Spiritoso.”- ridemmo divertiti.
Dopo il cavallo, scesi da cavallo e gli dissi di sedersi sulla sella per insegnarlo. Cosi fece. Gli indicai le istruzioni su come cavalcare e vidi Alex tutto tranquillo ma finalmente contento di far la prima passeggiata a cavallo. Smise di star a cavallo, mi chiese su come scendere da cavallo e gli dissi di far come se scendessi dal motorino ma dal dietro. Annuì e scese tranquillamente. Lasciai Red-Barone Rosso a brucarsi l’erba. Io e Alex ci sedemmo sul prato e chiacchierammo sul futuro.
“Cosa vorresti fare dopo il diploma?”
“Beh, vorrei diventare istruttrice, studiare all’università come veterinaria e se possibile, partecipare alle Olimpiadi.”
“Wow..come farai ad insegnare se devi curare gli animali?”
“Non faccio veterinaria nello studio ma solo dedicato ai cavalli spostando nei vari maneggi in caso di bisogno e di emergenza.”
“Ah, non è male questo lavoro. È un bel obiettivo.”- mi sorrise.
“E tu?”
“Ormai ho 22 anni e lavoro come sellaio e suono se mi chiamano”
“Non vuoi diventare dj popolare di tutta l’America?”
“Noo..l’equitazione è molto meglio della musica e poi come posso seguirti se inizio la carriera viaggiando e tu rimani qua? No, voglio stare con te e almeno ho un lavoro. Questo è sufficiente.”
“Grazie, amore.”- ci baciammo.
Durante quel bacio, mi stese dolcemente a terra appoggiandomi al grosso albero. Tentò di togliermi la felpa ma lo bloccai.
“Ma che fai? Sei pazzo?...qui in un giardino e poi non sono pronta.”
“Ah, vero. Non ci avevo pensato.- si aggrottò la fronte con fare interrogativo- come non sei pronta? L’avevi già fatta..”
“Si, ero solo ubriaca ma non ricordo niente”
“Ah, ho capito. Stai tranquilla. Lo sai che ti amo e ti rispetto al 100%”
Ci sorridemmo guardandoci negli occhi e mi spinse il braccio per rotolarmi sul prato assieme a lui. Ci rotolammo sul prato, corremmo cercando di prenderci e ridemmo divertiti.
 
Dall’altra parte del maneggio, i miei genitori ci guardò in lontananza e sospirarono felicemente di noi due. La madre: “Si amano davvero”
“Già. È un vero gentiluomo e poi è una bella coppia”. Si guardarono negli occhi e si baciarono. Come se fosse ritornato il periodo da quando erano fidanzati. Il ritorno della macchina dei tempi.
 
 
Si fece sera.
Ci annoiammo. “Che facciamo stasera?”- rimase un breve silenzio.”Ah, sai che ho scoperto un telefilm ambientato dai sordi”
“Davvero? Lo voglio vedere pure io.”
Presi il computer, navigai su un sito e ci guardammo affiancati l’una all’altro per tutta la sera nel box di Red- Barone Rosso.
 
Arrivò il mese di maggio. Quel mese non avevo la gara e stava finendo la scuola cosi mi concentrai a tempo pieno: i compiti che mi avevano dato. Io trascorsi meno tempo con Red-Barone Rosso e con Alex.
All’ultima settimana di maggio, con l’insaputa di Alex, ebbi finito le interrogazioni ma solo ebbi dei disegni da consegnare. Fu una settimana leggera. Avevo cambiato idea: dormire al maneggio.
Arrivai al maneggio con il motorino, lo parcheggia dietro la scuderia e dirigessi nel box di Red-Barone Rosso. Mi addormentai e mi risvegliai nel cuore della notte per andare in bagno. Uscendo dal bagno di sopra, sentii il brusio di voci maschili che provenne da sotto camera.

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Capitolo 20
*** Notte fonda ***


CAPITOLO 20

NOTTE FONDA

Uscii dal bagno, scesi giù per le scale sentendo di più le voci maschili. Camminai a passi lenti e silenziosi quasi vicina alla porta dell’ingresso.
 
All’interno della scuderia, c’erano Stefano, Alex e gli altri ragazzi che stavano preparando i cavalli per la corsa clandestina. Ci fu la conversazione tra Stefano e Alex. Quando Stefano sentiva i rumori dei passi, preparava a prendere la pistola e Alex gli raccomandò di stare attento.
In lontananza, Stefano vide una strana sagoma scuri di una persona magrolina e di bassa statura.
 
Quasi oltrepassai dalla porta d’ingresso, non ebbi tempo di vedere chi erano quelli sconosciuti visto che uno dei due mi sparò dirittamente alla torace destra. Coprendo quel bersaglio colpito con le mani sporche di sangue, rimasi pietrificata sentendo il dolore ed a malapena due ragazzi. Caddi a terra riconoscendo solo la voce disperata di Alex che mi corse incontro ancora in stato di coscienza durato a breve. Poi vidi tutto bianco che chiusi gli occhi attraversando in uno stato incosciente.
 
“Noemi! Noemi! Mi senti?- Alex mi diede numerosi colpetti sulla guancia che non sentii niente ed essendo disperato, chiamò l’ambulanza.
“Stefano, la devi smettere di usare la pistola!”
Stefano lo ignorò tornando a casa ma Alex fu insieme fino all’ospedale. Durante l’operazione, Alex camminò ansioso avanti e indietro nel corridoio. Ad un tratto, arrivarono anche i miei genitori. Dopo l’intervento, il dottore avvisò ad Alex che fui fuori pericolo di vita. Sospirò levando i pensieri dall’ansia e dall’angoscia.
 
Fui svegliata faticosamente, fui infastidita dalla luce della finestra che poi mi abituai. Vidi Alex guardandomi negli occhi preoccupato.
“Dove sono?”
“All’ospedale..”- rimanemmo in silenzio cercandomi di ricordare cosa fu accaduto quella notte fonda. Era già l’alba.
Continuai: “Ah si…lo sparo…”- e mi accorsi della ferita sentendo il dolore.
“Si, ormai sei fuori pericolo.”
Lo fissai seria. “Si, ricordo che qualcuno mi ha sparato e ho solo riconosciuto solo la tua voce…ma che ci facevi lì?”
“Noemi… per ora non ci pensare. Devi solo pensare alla guarigione. Si vede che sei molto pallida e stanca. Amore mio..”- mi accarezzò la guancia fino al mio ciuffo che lo adorò molto.
“Ok!”- io mi mossi per stare comoda con sforzo in modo da non farmi male e mi accorsi che alla mia sinistra c’era una vecchietta sdraiata sul letto. Io mi addormentai molto e mi svegliai nel tardo pomeriggio. Alex era sempre lì. Io mi sentii un po’ meglio e mi alzai appoggiandomi la schiena sui due cuscini imbottiti.
“Come stai, amore?”
“Un po’ meglio.”
“Ti fa male?”
“No, solo quando mi muovo.”- mi diede un bacio a stampo.
Però, essendo imbottita da molti farmaci e molte ore di sonno, non mi venne voglia di parlare con lui. Come se fosse il cervello addormentato. Alex mi comprese e mi baciò sulle labbra toccandomi il collo. Durante il bacio, notai qualcosa di fastidioso anche se avevo gli occhi chiusi. Lo staccai di scatto e, non appena mi girai completamente verso sinistra, mi accorsi dello sguardo fisso e maligno della vecchia. Si, una vipera vecchietta rompiscatole.
“Noemi, andiamo fuori?”- mi chiese a sottovoce.
“Si.”- mi aiutò a scendere dal letto, mi prese mano e appoggiai il muro con la mano sinistra nonostante la mancanza di equilibrio. Ci dirigemmo all’angolo dove c’era la statua della Madonna e ci baciammo in pace. Finito quel bacio, incrociai lo sguardo angoscioso di Alex come se volesse dirmi qualcosa. Io guardai nei suoi occhi verdi scurissimi a causa della poca luce. Finalmente il mio cervello fu risvegliato.
“Alex, che ci facevi lì al maneggio?”
“Niente..stavo controllando i cavalli..”
Sentii un secondo di rumori striduli nelle orecchie come se buttassi nel vuoto accidentalmente. Ritornai a guardalo nei suoi occhi che non mentirono. “Non è che mi stai nascondendo qualcosa?”
“No.”- mi baciò di nuovo che non riuscii più a chiederlo se quel ragazzo che mi fu sparato era Stefano.
Erano le 20.
Alex mi accompagnò di nuovo nella stanza, fui sdraiata sul letto e mi salutò con un bacio a stampo. Annoiata e infastidita dallo sguardo maligno della vecchietta, misi le cuffiette dell’iPod nelle orecchie ignorando il mondo e fui stesa a fianco verso destra fissando la finestra. La vecchietta guardò la TV. Trasmise il telegiornale e ci fu la notizia della mia sparatoria al maneggio e cercò disperatamente di chiamarmi. Una chiamata inutile che mi fui addormentata occupata dalle cuffiette. Alla mia insaputa, la notizia dichiarò tutta la verità i nomi dei colpevoli che io solo scoprii dall’interrogatorio dei carabinieri svolto all’ospedale l’indomani mattina.
“Corsa clandestina?!”- spalancai occhi e bocca fissando le due sagome immobili travestite da divisa.
“Esatto.. Commettono questo reato da 1 anno e suo padre ha scoperto ora che alcuni cavalli camminano a V a causa delle piccole carrozze.”
“Ma…”- dissi rivoltando lo sguardo dai carabinieri a mio padre a fianco e ad Alex dietro ai carabinieri.
“Allora ricapitoliamo: durante la sparatoria, cosa hai visto?”
“Quando mi hanno sparata, ho solo riconosciuto la voce di Alex e vedevo a malapena un ragazzo di carnagione scura, dai capelli neri, vestito di nero con il braccio alzato occupando la pistola…mi sa che è il mio ex: Stefano De Santis.”
Alex sbatté una manata sulla fronte e lo fissai incredula.
“Bene, questo processo non è ancora finito. Dobbiamo indagare e fissare il giorno dell’udienza al tribunale. Arrivederci, signorina Knorr.”
I carabinieri e mio padre se ne andarono dalla mia stanza. Alex mi avvicinò con gli occhi smascherati dalla menzogna. Per fortuna, la vecchietta fu dimessa.
“Alex, fino ad ora hai smesso di frequentare le discoteche, hai smesso di fumare e ma non mi hai detto nulla della corsa clandestina ormai diffusa in tutta l’America dai giornali e dalla TV.”
“Lo so, amore. Ti spiego meglio: come mi conosci bene, non sono un tipo di coscienza sporca.”
“Invece lo sei!”- risposi ad alta voce innervosita.
“Ascoltami: l’anno scorso, quando Stefano..”
Lo interruppi. “Ah, è lui Stefano?”
“Si..”
“Ah, bene.” Scossi la testa freddamente incrociando le braccia al petto.
“Quando Stefano è venuto a lavorare con noi, era prepotente e quasi bullo. Organizzava quella corsa e cercava impazientemente di trovare nuovi complici. Mi faceva proposta di riunire con lui ma lo rifiutai. Mi obbligava tante volte, ero tanto oppresso che alla fine non ce l’avevo fatta. Sono solo un complice innocente.”
Studiai il suo sguardo: era sincero.
“Ah ma scusa se commetti quella corsa, sapevi già su come cavalcare e invece no. Strano..”
“Appunto!- agitò le mani all’aria- “ Li aiutavo e basta… visto che mi hai insegnato solo tu un mese fa, questa è la prova che sono veramente un complice innocente.”
Abbassai lo sguardo pentita di averlo dato colpa e gli dissi: “Ma se è cosi, rischi la galera…”- mi scesero nuovamente le lacrime e Alex mi asciugò senza dirmi niente e mi baciò.
 
Finalmente fui dimessa dall’ospedale.
In tutta l’America seppe che il colpevole della sparatoria fu Stefano De Santis. Passò una settimana e ci fu un udienza al tribunale. A quel giorno dell’udienza, mi vestii civilmente per rispetto delle autorità. Io mi sedetti vicino all’avvocato in prima fila. Davanti a me, ci furono il giudice al centro, Alex a destra e Stefano a sinistra. Le persone, i parenti cercarono di prendere posto libero creando un brusio di voci incomprensibili. Io, già seduta, diedi un’occhiata alla gente. Vidi la famiglia di Stefano: un padre di carnagione chiara e la madre di carnagione scura come lui. Vidi ancora la famiglia di Alex: conoscevo già i suoi genitori e suo fratello ma sua sorella no. Rimasi scioccata dalla somiglianza della sorella: carnagione un po’ scura con gli occhi rotondi verde smeraldo, le labbra rosse naturali e i capelli lunghi lisci di colore nero come la notte.
Iniziò l’udienza: interrogatori, testimonianze, litigi e vari.
Alla fine, il giudice lesse il foglio. Io, dal cuore in gola, l’ascoltai.
“Noemi Knorr, nata a Roma ma abitante a Phoenix dal padre americano e la madre italiana. È stata subita vittima di sparatoria colpita da Stefano”
“Stefano De Santis, nato a Phoenix dal padre italiano e la madre americana. Questo ragazzo di 18 anni, neodiplomato, commetteva droga e corsa clandestina. È dichiarato colpevole di aver commesso quella corsa per 5 o 10 anni di galera. E non solo questo; la legge dice che una persona sarà punita solo per spaccio di droga e non per chi usa. Questa indagine non è finita perché dobbiamo cercare i suoi spacciatori.”
(Ah bene!)
Passò ad Alex. Mi brillarono gli occhi dall’ansia.
“Alexander Davis…(Alexander?!Non lo sapevo! È un bel nome però) nato e abitante a Phoenix dai genitori americani. Questo ragazzo di 22 anni, lavorante come sellaio, è dichiarato colpevole di complicità della corsa clandestina per 1 anno di galera.”
Ci fu un brusio confuso: persone che si alzarono di scatto, guardia che misero in manette Stefano e Alex trascinandoli via. Io, dagli occhi bagnati dalle lacrime, gli corsi incontro cercando di avvicinarlo. Affacciata sulla ringhiera bassa gridando, Alex in manette fu scosso sforzando di avvicinarmi e di baciarmi ma le guardie lo impedirono. Afferrato dalle guardie, mi guardò disperato scuotendo la testa dicendomi: “Ti amo!!”. Io continuai ad inseguirlo fino a sparire che poi fui bloccata dalla ringhiera dividendoci la distanza scendendo le lacrime disperate lungo il viso e mi sedetti lentamente con le gambe incrociate a terra. 

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Capitolo 21
*** Distanza inseparabile ***


CAPITOLO 20

DISTANZA INSEPARABILE

Ancora seduta a terra con le gambe incrociate abbassando lo sguardo del pianto, mi avvicinò la sorella di Alex. Mi riconobbe al compleanno di suo fratello ma non ricordai nulla.
“Tutto bene, cognatina?”- mi toccò la spalla cercando il mio contatto visivo. Io alzai il mio sguardo immobile verso di lei. –“Scusa, mi chiamo Xenia. Sono la sorella di Alex.”
“Si, l’avevo capito..”
“Beh, non ci conosciamo veramente ma Alex mi ha raccontato tutto di te.”- mi sorrise.
“Davvero?”
“Si, ti ama…visto la situazione di mio fratello, non è facile allontanarsi da lui. Anche io mi sento male…è un ragazzo in gamba e sei davvero fortunata di averlo.”
Sorrisi asciugando le lacrime.”Grazie.”
“Poi un giorno ti invito a casa mia per conoscerci un po’, ok?”
“Ok, grazie.”
 
Era giugno. Iniziarono le vacanze estive e si moriva di caldo.
Andai a visitare Alex. Appena entrata nella sala incontro, l’aspettai. Lo vidi uscire dalla porta triste e sconvolto. Gli corsi incontro appoggiando le mani sul vetro rivoltando il suo sguardo. Volli baciarlo ma il vetro m’impedì. Ad un tratto, ci sedemmo e cominciammo a parlare.
“Mi sei mancata..”
“Anche io.”
“Mi dispiace di aver coinvolto questa situazione ma prometto che quando uscirò dal carcere, non ti farò soffrire più.”
“Va bene.”- sorrisi.
“Io ti penso sempre e sei la mia vita. Senti, puoi farmi un favore?”
“Si, dimmi.”
“Vai a casa mia, entra nella mia cameretta e prendi due foto per appenderle sul muro come ricordo e come pensiero.”
“E quale?”
“Una di te dietro a Red-Barone Rosso e l’altra che ti ho messo in groppa sulla mia schiena alla gara precedente, ok?”
“Ok, lo farò.- sorrisi. – ah, ho conosciuto tua sorella..”
“Ah, si..io e mia sorella siamo uniti l’uno all’altra anche se era più grande di me. Lo so che ci assomigliamo molto e abbiamo lo stesso carattere. Invece mio fratello sembra un estraneo dalla famiglia.”
“Ah, ho capito. Tua sorella mi ha detto che un giorno mi chiama per una chiacchierata.”
“Buono. Cosi vi conoscete almeno e anche puoi approfittare di prendere le foto.”
“Ok, non ho niente da scontroso con lei. È simpatica e gentile.”
“È una cosa positiva. Grazie, amore. Non vedo l’ora di uscire”
“Quando uscirai?”
“Partendo da questo mese dell’anno prossimo.”-mi disse con voce triste.
“Uff.. allora non ci sarai al mio compleanno a novembre.”
“Lo so, gioia. Vorrei esserci..uff però”
“Poi recupereremo tutto. Ogni settimana vengo a visitarti e ora devo parlare con Stefano.”
“Mm, mi devo preoccupare?”
“No, sarà una discussione una volta per tutte.”
“Ok, allora ci vedremo presto. Ti amo.”
Alex si alzò dalla sedia e tornò nella sua cella.
Arrivò Stefano.
Lo salutai freddamente: “Come stai?”
“Bene”
“Bene?! Che bella notizia!”
“Si..- parlammo in generale.
“Comunque sei un disastro davvero. Ecco come sei finito qua ma come ti permetti di usare contro di me?”
“Sono affari miei e basta.”
“Grazie- risposi con voce secca- Sei senza cuore e fai schifo.”
“Lo so.”
“E alloraaa fatti un esame di coscienza. Pensa al bambino.”
“Già, mio figlio. È stato uno sbaglio…ma se succedeva accidentalmente a te, sarei più tranquillo.”
“Che cosa?!”
“Si, Manuela non sarà una brava madre e non ho nemmeno idea se riuscirà a curarlo con tanto amore ma tu sei diversa..sei adatta come madre.”
M’innervosì, mi alzai di scatto e lo ascoltai di spalle.
“Ma che dici? Sono ancora piccola e non ho esperienza…”
“Invece si. Con il tuo cuginetto, Samuel, Gaia ecc.”
M’immaginai in una stanza da bagno a sopportare il pianto del bambino mentre lo cercai di mettere il pannolino, dare la pappa ecc. ritornai.
“È vero. Hai ragione.” –abbassai lo sguardo sul pavimento.- non ti immagini non vedere un bambino nascere e crescere mentre sei ancora li? Povero bambino..sarà cresciuto senza un padre.”
“Esattamente come Manuela.”- dopo aver sentito quella frase, spalancai gli occhi.
Uscii dal carcere, dirigessi verso il motorino parcheggiato accanto alla rete metallica.
Passeggiando, vidi i ragazzi giocare a calcio o scherzarsi e in mezzo c’era Alex. Appoggiai le mani sulla rete e lo chiamai. Sentì subito, mi corse incontro e mi guardò negli occhi e ci baciammo in mezzo alla rete. Finalmente era proprio quello che volevo!
Si fece sera. Io rimasi sola nella stanza silenziosa a fissare le foto indimenticabili appese sul muro: in groppa sulla schiena di Alex indossata con un vestito da gara e il cap lasciando il ciuffo rosso davanti e gli stringevo attorno al collo con i nostri sorrisi stampati in faccia, il bacio passionale dietro a Red-Barone Rosso, Alex a cavallo per la prima volta il 25 aprile, il suo profilo perfetto con il sorriso stampato in faccia davanti alla torta di compleanno, quello che suonava in discoteca e al maneggio per festeggiare la mia vittoria. I suoi soliti movimenti buffi, tanti profili personalizzati con i suoi occhi meravigliosi illuminati dalla luce e alcuni dal sole che divennero azzurri turchese con le pupille piccole con un’espressione seria e vanitosa. Tante, tante foto che mi lasciarono ricordi che trasmessi emozioni, affetto ed unico e vero amore per lui.
 
Si fece pomeriggio.
Mi squillò il cellulare: era la sorella di Alex.
“Pronto?”
“Ciao, Noemi. Come stai?”
“Bene, grazie. Tu?”
“”Bene. Senti, oggi pomeriggio verso le 16 puoi venire a casa mia? Poi ti porto al bar, ok?”
“Ok, va bene. A dopo.”
Raggiunsi a casa di Alex e lo parcheggiai. Suonai il campanello e risposi con il mio nome. Xenia aprì la porta facendomi il benvenuto e ci salutammo con due baci sulle guance.
“Accomodati”- io annuii sedendosi sul divano.
“Che mi racconti?”
“Niente di che. Ho saputo che sono stata promossa, faccio lezioni che la prossima settimana ho la gara.”
“Wow! Allora in bocca al lupo.”
“Crepi.”
“E auguri per la promozione…-mi disse sedendosi sul divano.
“Grazie.”
“Eh, Alex mi ha raccontato del tuo cavallo e delle tue giornate e si vede che lo ami davvero.”
“Si, è la mia passione nel sangue.”
“Non critico mai sui cavalli ma sono d’accordo che sono delle creature intelligenti. Un giorno me lo fai vedere?”
“Certo. Ah, posso andare in camera di Alex?”
“Prego.”
“Grazie. Sei molto gentile.”
“Di niente.”
Entrai in camera sua e fu tutto semplice. Presi i poster delle due foto, lo arrotolai e scesi giù per le scale. Xenia mi guardò incuriosita senza farmi domande e mi capì del mio gesto. Mi condusse nel garage di Alex.
“Noemi, questo garage è tutto suo. Di Alex.”
Cominciai a camminare dando un’occhiata e vidi la macchina Mercedes e la motocross Kawasaki e le accarezzai.
“Alex li tiene sempre qui per sicurezza perché qui è una zona pericolosa ed è facile rubare.”-l’ascoltai ma non risposi ancora con un’occhiata in giro. C’erano strumenti da dj, blocco notes, cd di musica, ferro di cavallo arrugginito appeso al muro ecc.
Rimasi colpita dalla foto e dal disegno quando Alex era piccolo. Nella foto, c’era lui che giocava con il triciclo sorridendo felicemente con gli occhi enormi verde smeraldo,le labbra carnose scure fino ad ora e i capelli alla spina. Nel disegno c’era scritto “AlexEnia” con la scrittura particolare come i ragazzi spruzzavano questi graffiti con lo spray.
“Alex era troppo vivace e monello. Ha cominciato a disegnare dopo una settimana che gli ho insegnato a scrivere. Era un genio.”
“Come è tenero da piccolo! E poi non è male questo disegno. Posso fare la scansione cosi le stampo una copia per me?”
“Prego.”- li presi e li misi nella borsa. “Dai, ora andiamo al bar e ci prendiamo un gelato che si muore di caldo.”
“Ok, guido io.”
“Ok, ti indico un bar dove lavoro io.”
“Ah, sei un barista?”
“Si, lavoro di notte.”
“Non lo sapevo.”
Ci dirigemmo su un motorino dove ebbi parcheggiato e ci salimmo. Durante la guida, Xenia m’indicò la direzione e finalmente fummo arrivate. Ci sedemmo, ci ordinammo due gelati, parlammo in generale e, alla fine, mi offrì di pagare per me. Mentre andò a pagare, riflettei un attimo: Xenia era esattamente come Alex sia l’aspetto sia il carattere. Come inizio della conversazione, non andò male. Capivo di lei che fu una persona leale, riservata e affidabile. A questo a mio agio, la confidenza normale diventò più intima come fossimo migliori amiche. Finito di pagare, ci dirigemmo al maneggio per farla vedere Red-Barone Rosso e fu molto colpita dall’organizzazione e dal benessere dei cavalli. Cosi ci fu un inizio di incontri reali, su Whatsapp, al mare, in giro a Phoenix ecc.
 
Arrivò il mese di luglio.
Avevo due gare in quel mese. Era molto afoso.
Dopo gli allenamenti, facemmo ogni giorno assieme la doccia vestita levando il sudore e la freschezza dell’acqua dai tubi. Ci divertimmo molto.
In due gare, arrivai sempre al 1° posto ma ci fu una nostalgia: non c’era Alex accanto a me ma seppi che mi guardò sempre in TV.
L’indomani, dopo la seconda gara, cominciai a pensare per le vacanze. Avevo due biglietti aerei ma Alex non poteva venire e allora chiesi a Svampy di farmi compagnia. Accettò subito. I giorni passarono in fretta. Preparammo le valigie e mettemmo i vestiti invernali per un mese.
Era 1° agosto ma in Italia era Novembre.
Partimmo su un aeroporto e ci sedemmo insieme aspettando il viaggio.
Durante il viaggio,io e Svampy chiacchierammo.
“Noemi, mi dispiace per tutto quello che è successo per te e per Alex.”
“Ormai non ci soffro più. È acqua passata ma lo amo e mi manca tanto.”
“Spero che uscirà presto.”
“Eh, speriamo!”.
Ci atterrammo a Verona che domani avevamo la FieraCavalli. Era già sera. Prendemmo pulman per l’albergo e pagammo dividendoci le spese per le 4 notti. Era il 300 al 3° piano. Prendemmo l’ascensore già stanche morte per il viaggio trascinando le valigie con le ruote. L’albergo si trovava a pochi km per arrivare alla Fiera e fu molto pieno di gente: fantini, istruttori, presidenti ecc. Aprimmo la porta con la chiave e sentimmo un’improvvisa aria troppo calda dal condizionatore. Rimanemmo stupite dal lusso della stanza illuminata dai lampadari, muro dipinto di giallo e due letti singoli. Il bagno era molto bello: tutto bianco e pulito. C’era la doccia idromassaggio. Quanto lo adoravo! Disfacemmo le valigie, piegammo i vestiti per domani nell’armadio e ci coricammo a letto stanche morte. Dal primo all’ultimo giorno della gara fu basato dalle discipline di penning e Polo. Tutto sulla monta western. Passata una settimana, preparammo di nuovo le valigie e prendemmo il treno Freccia d’Argento per Roma. Due giorni prima della gara, io portai Svampy ai monumenti famosi visto che fui nata e cresciuta lì. Incontrai stracontenta i miei vecchi amici, parenti e recuperammo a parlare. Io e Svampy dormimmo fortunatamente a casa di mia zia. Ogni giorno, di mattina e di sera, ci accompagnò alla Fiera fino all’ultimo giorno.
Alla FieraCavalli di Roma le gare furono basate dalle discipline di monta inglese: Dressage, Salto ostacoli, endurance, cross Country. Veramente la mia disciplina preferità è il Salto Ostacoli. Sapemmo che l’Italia fu arrivato al 1° posto; 2 Stati Uniti; 3 Francia. Finita la gara, partimmo su una Freccia Rossa fino a Salerno e poi prendemmo il treno per Reggio Calabria e infine il traghetto per la Sicilia. Lì, in Sicilia, ad Agrigento, conobbi un’amica della mia età e dormii con Svampy a casa sua. Finita una settimana, prendemmo l’aereo per l’America e tornai a casa ansiosa di abbracciare la famiglia e recuperai a dormire per due giorni.
Era già settembre.
Era una stanza bellissima abbastanza grande dipinta di rosso e di nero. Ci fu unma musica valzer romantico. Era una pubblicità breve. Alex abbassò lo sguardo notando dalle palpebre chiuse e poi, quando la mezza luce che provenne da destra, alzò lo sguardo illuminato dall’iride verde smeraldo sorridendo dai canini in primo piano. Era vestito elegante di nero come fosse al matrimonio di qualche coppia. Io, di lato, lo guardai di traverso illuminandomi a metà il mio volto e occhio destro che diventò verde cangiante a causa della luce sorridendo.
Alex cominciò a camminare con passi sicuri e vanitosi illuminandosi dalla luce in tutto il corpo. Non appena mi avvicinò, io scesi giù per le scale con i tacchi delle scarpe di marrone rame e indossata dall’abito completo nero con il petto di colore marrone rame e dalle forme ondulate sotto le gambe. Truccata e messa addosso il profumo Dior Poseidon e dalle onde dei miei capelli, io mi girai sui tacchi di fronte ad Alex che mi avvicinò occupando la mano nella mia in alto e l’altro braccio sulla schiena. Cominciammo a ballare intorno alla stanza guardandoci negli occhi innamorati e, quando finì la musica, m’incurvò la schiena baciandomi. Io mi svegliai aprendo gli occhi dolcemente provando l’emozione durante il ballo e speranzosa di vedere Alex e, invece no, era un sogno. Che delusione! 

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Capitolo 22
*** Il ritorno inaspettato ***


 CAPITOLO 21 

Il ritorno inaspettato

Ci fu un inizio della nuova settimana di settembre. 
Ancora non era iniziata la scuola così trascorsi tutta la giornata al maneggio. 
Quasi entrai all'ingresso, mio padre mi chiamò. 
"Noemi, ti dare delle novità"
"Dimmi. Sono curiosa." 
"Allora Stefano é stato licenziato, Alex é in carcere per un periodo temporaneo e avevo bisogno di assumere stalliere, maniscalco e sellaio temporaneo. Ieri ho fatto colloquio, hanno un ottimo curriculum e gli ho assunti." Mi condusse fino all'ingresso e mi fece conoscere mentre non gli risposi seguendolo. Camminai e vidi i 2 nuovi volti tranne lo stalliere che conobbi già. Era Ian, il migliore amico di Stefano. Il sellaio temporaneo si chiamò Joseph, un uomo dalla corporatura robusta, dalla statura alta e di carnagione chiara. Ebbe gli occhi neri a mandorla, le labbra piccole e i capelli all'indietro. 
Il maniscalco si chiamò Justin, un uomo dalla corporatura esile e muscolosa, dalla media statura e di carnagione chiara. Ebbe gli occhi azzurri e i capelli neri alla spina. 
Mi presentai il mio nome gentilmente con loro. 
Dopo poche ore. Mentre strigliai Red-Barone Rosso, Ian mi avvicinò sorridente appoggiando la mano a forma di pugno sul muro e l'altra sul fianco mantenendo una posizione sexy. 
"Come stai, Noemi?"
"Bene, grazie e tu?"
Bene. Mi dispiace per la vostra storia d'amore finita tra te e Stefano- mi disse con l'aria snobbata- peccato, sei una ragazza bella e brava."
Mi avvicinò per tentare di baciarmi. Io lo capii subito della sua provocazione verso di me e lo respinsi spingendolo con faccia tosta. Gli dissi: "No,nel mio cuore c'é solo Alex." Mi guardò fisso mentre lo oltrepassai convinta e diede una leggera pugnalata d'invidia contro il muro. 
Dopo aver finito la lezione, sentii una voce familiare che provenne da fuori mentre portavo Red-Barone Rosso nel box. 
"Noemi!" 
Pensai: " conosco quella voce... É di Alex ... No, impossibile! É ancora li e non é passato un anno di galera."
Mi vennero dubbi che fui costretta a controllare fuori. Quasi uscivo dall'ingresso, vidi in lontananza una sagoma nera dalla cresta e dagli occhi verdi incamminarsi sempre di più sotto il sole di settembre. In un attimo, sentii un voragine dell'improvviso silenzio riconoscendo che era il mio ragazzo. Mi crollò il mondo addosso immobile e poi gli corsi incontro. Correndo emozionata, mi saltai stringendo attorno al suo collo e accavallando attorno al suo corpo che subito mi aggrappò su con le sue braccia per non farmi cadere. Con le lacrime di gioia, accarezzai le sue guance guardando nei suoi occhi lucidi e lo baciai durato più a lungo del solito. 
"Amore..non ci posso credere. Sembra un sogno."
"Non é un sogno. Sono il vero Alex. "- mi sorrise e mi riportò giù per terra. "Finalmente il giudice mi ha capito che sono innocente e mi ha fatto uscire prima" 
"Che bello...allora ci sarai al mio compleanno"
"Esatto, gioia." 
"Come sei profumato e io puzzo di fieno..."
"Non é puzza di fieno anzi é l'odore più bello che ci sia. Amo l'odore del fieno per questo ti amo."
Ci baciammo. 

Passarono due mesi e un giorno prima del mio compleanno. Ci fu un pomeriggio del 27 Novembre. Andai al maneggio e lo raggiunsi con il motorino. Avvicinando alla porta del box, vidi una cosa impressionante che mi lasciò un vuoto di tristezza. Lo trovai vuoto. Non c'era Red-Barone Rosso. Preoccupata, corsi incontro a mio padre nel suo ufficio.
"Papà, dov'é Red-Barone Rosso?" 
"Cara mia...- si alzò dallo sgabello e mi avvicinò- una persona l'ha voluto e l'ho venduto. "
"Cosa?! Perché l'hai venduto senza dirmi niente?"- mi scesero le lacrime. "Come ti permetti?"
"Mi dispiace. Prometto che cercherò un altro cavallo per te- mi accarezzò la guancia. Lo tolsi e gli dissi:" No, sei un idiota e voglio quel cavallo!!" - lo gridai ad alta voce e tolsi nervosamente il cap che lo lanciai a terra. 
"Come ti permetti di dire queste cose a tuo padre?" 
"Non m'interessa. Non vengo più. Mi ritiro!" - e misi a correre ignorando Alex mentre cercò di bloccarmi. 
Salii su un motorino e andai in un posto vuoto e silenzioso sotto la pioggia cominciata da poco. Mi sedetti su una panchina con le gambe piegate, misi il cappuccio per ripararsi dalla pioggia e dal freddo e piansi dirottamente fino alla sera che poi tornai a casa solo per cena. Essendo tutta bagnata, non parlai nulla e mi dirigessi subito in camera dopo aver finito di mangiare. Coricata al letto, mi cambiai e fissai il muro in alto trasmettendo ricordi trascorsi con lui dagli occhi bagnati dalle lacrime. 

Arrivò il giorno del mio compleanno. 
In quel giorno saltai la scuola e dormii tanto a causa della depressione. Mi svegliai alle 15. La casa fu vuota. Ovviamente i miei avevano organizzato il mio compleanno al maneggio ma non ci andai nemmeno. Ancora coricata al letto sotto le coperte calde, bussò la porta: era Alex. 
"Uff.. Ti ho detto di lasciarmi in pace!"-sbuffai. 
"Ma che fai?! Tutti ti aspettano al maneggio e sei ancora lì?! Forza! Su!"
"Non ne ho voglia." 
"Ti dico io di alzarti. Ti capisco benissimo ma almeno lì ti divertirai e ci saranno nuove sorprese." 
"Uff...- mi tolse le coperte e mi prese per un braccio con forza e mi lasciò in bagno. 
Alex ritornò subito in camera e io feci la doccia. Mentre ritornai in camera, trovai subito pronto il vestito da gara steso sul letto. 
"Perché dovrei indossare questo?" 
"Se devi andare al maneggio per un'occasione speciale.. -mi rispose alzando le sopracciglia. Mi vestii, mi truccai leggermente e sistemai perfettamente i miei capelli ricci. Sembrai una leonessa. 
Salii in macchina di Alex senza parlarne e guardai attentamente la strada. Appena arrivata, di scatto le luci si accesero e sentii la canzone di auguri in coro cantato dai miei amici. La mia depressione cambiò in un emozione di gioia. Compii 15 anni. Sul tavolo c'era una torta con la scritta "Auguri Noemi" con il contorno disegnato dai cavalli e al centro c'era una candela del numero 15. Emozionata, lo soffiai. Ricevetti tanti regali tutti dedicati all'equitazione. All'improvviso, sentii un piccolo rumore di motore avvicinarsi e diedi un'occhiata attorno incuriosita. Arrivò una jeep con un van che si girò a sinistra per mettersi in mostra di fronte a me. Dal van, vidi un'ombra del volto nero e qualche bianco sul corpo dell'occhio. Ancora immobile, i due uomini aprirono la porta del van e lo fecero uscire con la lunghina. Una meravigliosa creatura ai miei occhi. Era una femmina araba purosangue dal manto marrone con la criniera e coda bionda e una macchia bianca sulla fronte. Mi avvicinai verso di lei guardando nei suoi occhi enormi marroni. Partendo da quel sguardo, nacque un binomio perfetto tra di noi. Esattamente uguale a quello di Red-Barone Rosso per la prima volta. Mi avvicinò senza problemi e accarezzai dolcemente partendo dalla fronte alla schiena. Di scatto, mi applaudirono e mi tifarono confusamente e lanciarono coriandoli. Sorrisi dalla troppa emozione, guardai attorno per sapere per chi mi regalò. Scoprii che era di mio padre e di Alex. Dimenticando del giorno precedente, abbracciai mio padre e poi, infine, baciai Alex sulle labbra. 
"Uuuuhh"-ci applaudirono vedendoci del bacio.
"Noemi, ti amo."
"Lo sapevi tutto, vero?"
"Si. Allora ti piace?"
"Si, é bellissima. Adoro gli arabi."
"Lo sapevo. È femmina e come la vuoi chiamare?"
La guardai un attimo. "Stella"

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Capitolo 23
*** Dall'adolescenza all'età adulta ***


CAPITOLO 23 
Dall'adolescenza all'età adulta 

Ebbi cominciato a domare Stella che tra di noi nacque un rapporto speciale come quello di Red-Barone Rosso. Non ebbi mai dimenticato di lui. Sempre nel mio cuore che nessuno poté strapparmi via. 
Col passar del tempo, crebbi e divenni più matura ed esperta nell'affrontare problemi, decisioni e amicizie ma non fui ribellata. Anzi, li affrontai con coraggio e con convinzione anche se mi diedero tristezza e stress. Anche nel fidanzamento con Alex, avemmo problemi e piccoli litigi ma ci rimettemmo sempre in pace. Quando ebbi 16 anni, fui promossa con la patente e comprai una macchina bellissima Mini Cooper e diedi il motorino a mia sorella. Ero diventata maggiorenne e indipendente. A 18 anni, fui diplomata come grafica pubblicitaria con voto 90/100. Preso una pausa di studio per un anno così lavorai come stalliere e mi dedicai completamente all'equitazione. In questi anni, arrivai sempre al 1* posto vincendo coppe, medaglie, soldi e coccarde di vari colori per Stella. Divenni campionessa di salto ostacoli al livello nazionale. Nel mese di settembre, dopo gli esami di maturità, ricevetti una bellissima assegnazione: partecipare alle Olimpiadi a Londra. Rimasi scioccata e mi sembró un sogno avverato dopo 5 anni d'equitazione. Alex, emozionato, mi sollevò su e mi baciò sulle labbra. 
L'indomani, di sera, ci sedemmo sulla panchina accanto al box di Stella e chiacchierammo per le Olimpiadi. Ci guardammo negli occhi in silenzio. Vidi Alex diventarsi sempre più bello e da vero uomo ormai a 27 anni. Io ebbi solo 19 anni. 
"Come sei cambiata tanto! Sei diventata più bella e più matura! E poi sono fiero di te che stai diventando più brava con i cavalli." 
Gli sorrisi e arrossii.
"Grazie Alex. Anche a te! Ah, voglio parlarti di Londra"
"Dimmi pure."
Presi il computer portatile e navigai il sito. "Ecco. Questo maneggio che mi ha chiamato per le Olimpiadi si chiama London Equestria Centre N12 7BP e l'appartamento unico e meno costoso per 2 persone: 675 sterline a Southampton Kensigton per 30 minuti di viaggio. Secondo te va bene?"
Alex mi spostó il pc per vedere meglio. "Non male. Si paga 95 sterline al mese... Noi due abbiamo lavoro: tu 60 sterline al giorno come stalliere e io 240 al giorno come sellaio. I nostri colloqui sono stati approvati. Se fai la brava con le gare, non ci saranno più problemi. Io vado in aereo per trasportare la Mini e tu nell'altro per Stella, ok?"- "ok"- mi diede un veloce bacio a stampo.
Sorrisi e poi divenni triste in un secondo. "Che hai, gioia?"
"Mi mancherà tutto: Phoemix, la famiglia, Red-Barone Rosso.. Chissà come sarà finito e spero che lo trattano bene. Peró non mi piace l'idea sulla convivenza."
"Neanche io. Mi vuoi sposare?"- mi chiese Alex guardandomi negli occhi.
"Si." -sorrisi a 32 denti tutti bianchi e perfetti grazie all'apparecchio che mi tolsero e ci baciammo in modo passionale.
"Aspetta, dove vuoi sposare? In chiesa o al comune?"
"Allora ... Preferisco in comune perché é più veloce e fra una settimana dobbiamo partire ma non c'entrano i problemi economici."
"Lo so, gioia. Ti seguo volentieri. Amore mio..."- mi sorrise dolcemente.
Dopo gli annunci di matrimonio alla mia famiglia e ai miei parenti in America e in Italia nella realtà e nelle telefonate, sapemmo del giorno di matrimonio proprio al giorno della partenza.
I giorni passarono in fretta. Si avvicinò al giorno del matrimonio. Dopo che il sindaco ci dichiarò marito e moglie, ci infilammo l'una all'altro le fedi nuziale e ci dichiarammo con sincerità. Ci firmammo e ci baciammo a lungo. Ad un tratto, ci accorgemmo che mancó poco alla partenza. Corremmo già separati: io salii sulla jeep pulita e lucente trasportando il van di Stella e Alex guidó la mia Mini fino all'aeroporto di Phoenix. Appena arrivati, mi accorsi che la mia famiglia m'inseguì fino all'aeroporto e ci salutammo con due baci sulle guance. Con premura, già vestita elegante, trascinai Stella mentre Alex mi richiamó l'attenzione lasciandomi un bacio a fior di labbra in lontananza. Gli ricambiai. Trasportai Stella con la lunghina salendo sul quel mezzo liscio d'entrata in aereo. Partimmo e arrivammo alla stessa ora. Stanchi morti dopo 8 ore di viaggio. Dopo aver trasportato la macchina e Stella  nel garage di casa nostra, ci dirigemmo subito nella camera da letto. Stanchi morti, fummo addormentati subito già vestiti fino all'indomani mattina. Alex era il primo a svegliarsi al primo giorno di Londra. L'aria fu tutto diversa. Seduto sul letto, mi accarezzò la guancia e mi diede un veloce bacio a stampo. Mi svegliai dolcemente.
"Buongiorno, amore. Ti ho portato la colazione."
Mi alzai scioccata pensando alla dormita profonda già vestita."Oddio, mi sono addormentata così."
Alex: "Anche io."- e ridemmo a crepapelle.
"Comunque grazie per la colazione."- e mangiammo. "Non sono abituata all'idea del trasferimento provvisorio ma sono felice di aver sposato un uomo più bello e migliore del mondo."
"Anche io, amore. Che ne dici di prendere una settimana di visita per tutta Londra?"
"Va bene. Prima di tutto, controllo Stella e non voglio portare adesso al maneggio.. Non conosco nessuno perché non mi fido."
"Certo."
Dopo aver finito la colazione, controllai tutta la casa e misi a posto le cose quotidiane sui mobili e sugli armadi e poi andai da Stella. Uscii di casa, passai in un giardino e tirai su la serranda del garage. Vidi Stella desiderosa di vedermi ma era stata brava a non avere guai con la macchina visto che era troppo lontana. Il garage era enorme e l'avevo lasciata aperta la finestra per aver aria il giorno precedente. L'avvicinai.
"Stella..amore. Ora ti do fieno e acqua e poi ti lasciò fuori in giardino per avere massima libertà per una settimana. Non ti abbandono, stai tranquilla. " le diedi fieno e acqua e slegai la corda. Vidi Stella uscire e le dissi: "mi raccomando, fai la brava." Cominciai a far visita di tutta Londra da quel pomeriggio fino a domenica come vacanza di nozze. Era molto bella e grande. Ci divertimmo molto.
Ci fu la prima sera.
Preparai la cena per noi due: solo pasta con il pesto.
Dopo che fummo cenato, Alex si alzò dalla sedia eccitato e mi avvicinó accarezzandomi la guancia. Io mi alzai accarezzando il suo petto robusto e muscoloso. Mi baciò e m'interruppe: "Voglio far l'amore con te"
"Ok, sono pronta."- gli sorrisi. "Però non voglio aver figli per ora."
"Nemmeno io."- e continuammo a baciarsi in piedi fino alla camera spogliandoci e ci fummo distesi sul letto morbido matrimoniale.

 
 
 
 
 

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Capitolo 24
*** Le olimpiadi a Londra ***


CAPITOLO 24

Le olimpiadi a Londra

 
Dopo aver fatto l'amore, mi svegliai dalla carezza di Alex già nuda sotto le coperte. 
"Buongiorno amore."
"Buongiorno- sorrisi- che ore sono?"
"Le 10:00"
Spalancai gli occhi. "Oddio, perché non mi hai chiamato?! A quest'ora eravamo là al maneggio!!"
Mi alzai dal letto e mi vestii quello adatto per il maneggio in tutta fretta. Alex si vestì pure. 
Arrivammo al maneggio con la macchina e vidi così incantevole e più bello del mio. Lussuoso ed elegante. Visitai la scuderia e mi presentai gentilmente all'istruttore e agli allievi nuovi e gli spiegai il motivo del ritardo. La scuderia era munita di box eleganti con le colonnine di metallo ancora nuove e non furono arrugginite. Il pavimento era munito di mattonelle grigie e lucenti. All'interno della selleria, c'erano selle appoggiate sui pilastri rettangolari e bassi di colore marrone scuro e il muro era dipinto di bianco. 
L'istruttore mi chiese: "Ti piace questa scuderia?" 
"Si, é bellissima."
"Ma non hai il cavallo?"
Si, é in giardino di casa mia. Non conosco nessuno e mi serve qualcuno che la trasporti fin qui con il van."
"Certo, ora chiamo mio figlio." Lo chiamò ad alta voce. 
Arrivò suo figlio dal viso carino ed era sulla trentina. 
"Piacere, Steven."
"Piacere, Noemi."
"Dammi del tu."
"Ok, mi serve un van per portare qui il mio cavallo... Ti posso pagare."
"Com'é il cavallo? Alto,basso..?"
"É alta 1,95 e ha il corpo giusto né troppo magro né troppo grosso."
"Mamma mia...é araba, vero?"
"Si"- gli sorrisi. 
"Bene. Vieni con me così mi indichi la via di casa tua."
"Veramente non ricordo... Chiedi ad Alex, mio marito, che si trova là un fondo."
"Va bene." 
Durante la loro assenza, lo visitai e accarezzai tutti i cavalli all'interno della scuderia. 
Passò l'istruttore. 
"Hai parlato con mio figlio?"
"Si."
"Quanti anni ha il tuo cavallo?"
"10 anni."
"É già adulta allora.. Hai tutte le patenti?"
"Si, il direttore lo sa. Salto fino al 140."
"Bene. Quindi devi allenare su potenza, elevazione, estensione e 6 barriere. Dovrai svolgere 17 gare per un anno e poi in estate cominceranno le Olimpiadi."
"Si, non vedo l'ora."
Ad un tratto, arrivarono Steven e Alex con Stella. 
"Mamma mia... Quant'é bella!- mi esclamò l'istruttore.
Accarezzai la fronte di Stella e cominciai a far lezione. 
Con l'istruttore mi trovai bene: non era troppo serio m'insegnò per bene come se fossi sua figlia ad insegnarmi a guidare la macchina.
Per un anno, nonostante il freddo secco, vinsi tutte le gare di salto ostacoli senza problemi. Si avvicinarono le Olimpiadi. Dal 28 luglio al 12 agosto. Ci furono le discipline diverse: dressage, salto ostacoli e cross country. Ci fu una settimana movimentata ed emozionante. 
Non tutti i giorni c'erano salto ostacoli ma partecipai lo stesso e, dopo la gara, presi conoscenza i cavalli con riders stranieri anche se non era facile comprendere la loro lingua. 
Il giorno 31 luglio avevo la gara dalle 10:30 alle 15 e presi un'ora di pranzo. Il primo giorno della gara fu andata bene e arrivai al secondo posto. 
Il 4 agosto: dalle 10:30 alle 14:15.
Il 5 agosto: dalle 11:00 alle 14:30.
Il giorno 8 agosto fu molto pesante perché iniziò dalle 12 alle 16 e presi 2 volte la pausa di mezz'ora. Avendo l'energia esaurita, mi addormentai presto alle 20:30. 
L'11 agosto: dalle 15:10 alle 17:30 e poi la finale del 12 agosto dalle 14:00 alle 16:15. Dopo un'ora, al centro del campo, ognuno di noi ci mettemmo in fila in groppa per ciascuna nazione. La mia era di Stati Uniti. Dopo la giuria, sentii che fui arrivata al 1* posto. Emozionata, avanzai il passo a Stella in avanti e sentii l'applauso e tifo dalle persone americane inclusa la mia famiglia. Il 2 era Francia e il 3 era Ungheria. 
Ancora emozionata dall'applauso, sorrisi a 32 denti e continuai a galoppare intorno al campo lasciando le braccia libere all'aria come se volessi con tanta leggerezza e diedi pacche al collo di Stella alla fine. Continuai a galoppare occupando la redine sinistra e il braccio destro libero in alto per orgoglio della vittoria. Le comandai di partire dal trotto fino a fermarsi per scendere. Alex mi corse incontro e mi baciò in modo strano ancora scosso dall'emozione. Salii sul podio numero 1 e feci la posa perfetta tenendo la coppia scattata dai fotografi. 
Ricevetti l'intervista dal giornalista. 
"Come ti sentì ora?"- mi porse la domanda tenendo in mano il microfono. 
"Beh, sono contentissima...finalmente il mio sogno é stato avverato... Non ci posso credere"- gli sorrisi. 
"Lo sappiamo già dalla tua storia da quando eri adolescente fino ad ora. Eri campionessa al livello nazionale americano e ora sei di livello internazionale."
"Si."
"E poi che farai?"
"Non lo so..poco fa ho preso l'attestato da istruttrice qui a Londra, mi devo iscrivere all'università come veterinaria e poi sono sposata l'anno scorso prima di trasferirmi qui."
"Bene. Quindi farai la veterinaria in uno studio privato?"
"No, prenderò la laurea, insegnerò lezione e spostò nei vari maneggi in caso di emergenza e di bisogno."
"Ok. Rimarrai qui?"
"No,é stato il trasferimento provvisorio e fra una settimana sistemo il trasloco e ritorno in America."
"Ti sei trovata bene qui a a Londra?"
"Si. Anche se la lingua inglese era un pò diversa dall'americana ma non avevo grandi difficoltà e poi ho conosciute persone fantastiche. Mi mancherà tanto."
"Allora buon proseguimento e in bocca al lupo per l'università."
"Crepi al lupo." - sorrisi sistemando il ciuffo dall'imbarazzo. 
Ormai questa notizia si diffuse in tutta Londra. 
Dopo una settimana di trasloco, ricevetti una notizia scioccante che mi crollò addosso dalla telefonata mentre aspettai l'aereo di partenza. 

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Capitolo 25
*** Il figlio di Manuela ***


CAPITOLO 25

Il figlio di Manuela

Telefonata tra me e Joseph.
"Pronto?!"
"Si, sono Noemi."
"Come va? Volevo congratularti per la memorabile vittoria."
"Grazie. Mi devi dire qualcosa?"
"Senti, ascoltami. Allora eri troppo trascurata dai noi e sono successe tante cose: prima di tutte, Manuela ha mandato via suo figlio all'orfanotrofio poco dopo della tua partenza e adesso ha 6 anni e nessuno l'ha adottato ancora. "
"Non ci posso credere.."
"Ti ho avvisato perché so che sei brava con i bambini e hai gestito bene al maneggio l'estate scorsa come ludoteca e poi deciderai tu."
"Ok, grazie per l'avviso."
"Ora devo uscire. Stammi bene. Ciao"
Alex mi avvicinò dietro toccandomi la spalla mentre fissai la finestra dell' aeroporto riflettendosi. Mi girai guardandolo negli occhi e gli dissi:"Manuela ha abbandonato suo figlio..."
Si spalancò gli occhi incredulo. "Davvero?"
Abbassai lo sguardo triste: "Si, l'ha mandato nell'orfanotrofio l'anno scorso poco dopo della nostra partenza ed é ancora lì."
"Ma chi era al telefono?"
"Joseph...ormai io e Manuela siamo un muro"
"Ok...che vuoi fare?"
"Vorrei adottarlo..non voglio lasciarlo solo visto che Manuela é una stronza e Stefano é in carcere...povero figlio! Non ha mai conosciuto il vero padre"
Arrivò una voce improvvisa dall'alto parlante che quasi fu l'ora della partenza. Con tanta premura, prendemmo le valigie e ci mettemmo in fila per salire in aereo.
Dopo aver trovato posto in aereo, continuammo a chiacchierare sul figlio di Manuela.
Dissi ad Alex: "Stefano ha ragione. Al secondo giorno del carcere, mi ha detto che Manuela non sarà una brava madre.."
"Già, si vede che non ama i bambini ma solo del shopping e poi con Joseph... É uno stupido!"
"Si, una coppia stupida"
Rise e poi riprese a parlare: "Allora sei sicura di prenderlo?"
"Si... Ormai ... Si chiama Christian, veniva sempre al maneggio in estate. É molto vivace e sveglio. Ama i cavalli e i giochi di animazione. Gli piace imparare tutto. Ormai mi conosce, mi vuole bene..-mi scese una nuova lacrima- Scusami, é intelligente. Ha capito che Joseph non é il vero padre e, infatti, mi ha chiesto chi sarebbe quello vero."
"E tu cosa gli hai risposto?"
"Gli ho detto che ha preso le valigie e se ne andato ma non so dov'é- e piansi singhiozzando- Mi fa tenerezza ma non posso dire la verità ... É troppo piccolo per capire."
"Gioia.."-mi strinse le braccia alla mia testa e accarezzò i miei capelli.
Appena arrivati a Phoenix,salutai con tanta gioia la famiglia che non la vidi per un anno, la raccontai tutto e rimasi una notte a casa con Alex. L'indomani, arrivai a casa mia ormai nostra due mesi prima di tornare qui e ci pensò tutto Alex. Lui dovette prendere l'aereo 2 volte per trasportare la macchina e Stella e lo vidi poco. Durante la sua assenza, mi sedetti su un divano e guardai attorno alla casa. Cornici di foto sui mobili e sul caminetto: dall'adolescenza fino ad ora, Red-Barone Rosso, Stella, gli allievi del maneggio, pose sulla vittoria, i bambini. Tra di questi, c'era Christian. Un bambino gemello di Stefano. Fui immersa dai ricordi e pensieri. Mi accorsi di tanta polvere sui mobili e cominciai a spolverare per tutto il giorno. Dopo una settimana, io è Alex fummo approvati sull'affidamento di Christian dall'assistente sociale. Dopo 3 giorni, andammo all'orfanotrofio e la suora mi chiese: "Cerca qualcuno?"
"Si, un bambino Christian De Santis."
"Ok, dammi 2 minuti."- e l'aspettammo.
Dopo 2 minuti, vidi Christian più magro dagli occhi tristi neri e dall'aria sconvolta e malinconica ma quando mi vide, corse di gioia e mi abbracciò attorno ai miei fianchi. Mi abbassai tenendo le gambe piegate per rispetto di guardarlo negli occhi e chiacchierammo. Alla fine gli diedi notizie. "Lo sai che devi venire con noi a casa?"
"Ad abitare?"
"Si."
"Wow! Sono contento ma mi mancheranno i miei amici.- abbassò lo sguardo sul pavimento.
"Lo so, piccolo. Poi ti ambienterai presto."
Era il mese di settembre. Dopo aver pagato e firmato i fogli, portai Christian a casa. Quando fummo arrivati, lo feci conoscere la casa e lo condussi la stanza pronta 3 giorni prima. Cristian s'incamminò dando un'occhiata attorno alla stanza e vide il giocattolo che gli piacque molto e addio mondo. Lo lasciai solo, andai in cucina per preparare il pranzo e parlai con Alex su Christian. Christian si ambientó presto dopo una settimana. Ci fu un inizio di programma movimentata e poi fui iscritta all'università ma non fu molto facile. Meno male che Samantha e mia cognata Xenia mi aiutarono ad occupare di Christian come babysitter nel pomeriggio mentre ero al lavoro. La mattina, io e Alex portammo Christian alla scuola elementare e ci dirigemmo subito al maneggio. Ritornammo di nuovo da scuola a casa per preparare il pranzo. Dopo il pranzo, ci andammo di nuovo al maneggio quando una delle babysitter arrivò a casa per Christian. Dopo la cena, studiai per un'ora ma molto di più nel fine settimana per tutto il giorno ma il sabato sera uscii con mio marito e Christian per una passeggiata o al parco giochi. Non ci furono problemi economici delle tasse di casa e dell'università.
Passò un anno. Christian crebbe e divenne più bello ed ebbe imparato a leggere e a scrivere. Una sera d'estate, io e Alex ci coricammo sul letto ma non avemmo sonno a causa del caldo e chiacchierammo.
Alex mi chiese dolcemente: "Noemi, voglio farti i complimenti perché sei una brava madre, istruttrice ed educatrice per i down e per i bambini. Lo so che studi molto ma hai superato benissimo gli esami. Sei una moglie migliore del mondo. Nessuna é come te."
"Grazie."- gli sorrisi guardandolo negli occhi.
"Voglio avere un figlio tutto nostro.."
"Ma stai scherzando?"
"No, stavolta sono serio."
Iniziammo a far l'amore e, dopo 3 giorni, sentii male che ebbi nausea, vomito e svenimento e scoprii che fui incinta. Alex fu molto contento della splendida notizia e mi baciò. Presi pausa di lavoro per 9 mesi ma andai ugualmente al maneggio per vedere Stella. Durante la gravidanza, scoprii che era femmina. Nel mese di marzo, ebbi la pancia enorme e, ad un tratto, mi caddero le acque ed ebbi dolori che fui costretta ad andare all'ospedale. Dopo il parto, ancora coricata sul letto nella sala operatoria, vidi l'infermiera che tenne in braccio mia figlia. Alex mi diede in bacio veloce. L'infermiera mi avvicinò e porse in avanti per prenderla in braccio. La presi e rimasi meravigliata dalla sua bellezza. Aveva il viso tondo di carnagione scura, i capelli neri lisci, gli occhi grandi di colore verde smeraldo e le labbra carnose a forma di cuore di colore scuro.
Dissi ad Alex: "Ma é bellissima! Ti assomiglia tanto e anche a Xenia!!!"
"É vero, amore." - e ci baciammo. "Come la vuoi chiamare?"
Riflettei un secondo. "Vorrei chiamarla Esmeralda per il suo colore degli occhi." - gli dissi distogliendo dallo sguardo dalla neonata verso Alex.
"Mmm, é un bel nome, mi piace." - mi sorrise. Il nome fu approvato finalmente.

 
 

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Capitolo 26
*** Durante il lavoro al maneggio ***


CAPITOLO 26

Durante il lavoro al maneggio

Gli anni passarono in fretta. Orma Christian ed Esmeralda erano cresciuti: lui 8 e lei aveva 1 anno. Erano di carattere diverso: Christian era calmo e dolce ed Esmeralda era troppo vivace e sveglia. Sempre movimentata. Non stava mai ferma. Io ebbi stress e in soprappensiero di controllarla mille volte a casa e al maneggio. Quando dovetti insegnare, per Esmeralda ci pensò mio padre ed una mia allieva del maneggio sulla trentina che ebbe un figlio di 10 anni. 
Christian ed Esmeralda avevano le diverse passioni. Christian amava i cavalli ma specialmente di karaté e lo portai tutti i pomeriggi in palestra. Esmeralda amava solamente e principalmente l'equitazione nel sangue. Tutta nel mio DNA. 
La vita di tutti i giorni furono sempre uguali: la mattina portai a Christian a scuola e noi 3 andammo direttamente al maneggio perché ad Esmeralda gli piacque questo posto. Per accontentarla, l'accompagnai a fare dei giri con il pony shetland, il figlio e poi giocó con il triciclo inseguendo me perché il maneggio era troppo grande ed ebbi paura di allontanarla e di perderla. Era molto contenta e felice. Tutti quelli che vennero al maneggio, la salutarono per prima cosa e giocarono per un po' con lei perché ogni volta che vide qualcuno in cui era affezionata sorrideva e alla fine mi fecero complimenti per la sua bellezza. Aveva gli occhi verde smeraldo e, ogni tanto, illuminati dal sole, divennero azzurri come quelli di Alex. 
In qualche mattina, Esmeralda si alzò dal triciclo e mi chiese su dov'era Alex e le risposi che era in selleria. Gli corse incontro e sentii parlare tra loro due in breve che ripresi a far lezione. 
"Papà!!"
"Gioia!"- la prese in alto come un aeroplano, la baciò e la rimise giù. 
"Che cosa sono?"
"Le selle servono per sedere in groppa al cavallo, lo sapevi?"
"Si ma non sapevo come si chiamano ma posso prendere una?"
"No, gioia...magari puoi accompagnare qualche cavallo con la lunghina là in fondo."
"Mamma vuole?"
"Stai tranquilla, ci sono io con te." - mise a saltellare. 
Dopo aver sellato qualche cavallo, Alex prese Esmeralda in braccia per fargli carezze ed era molto contenta. 
Io attraversai in ingresso e vidi loro due che stavano costruendo un rapporto speciale con i cavalli e fui emozionata da questa scena memorabile e la scattai con la reflex. 
"Ok, aspetta. Ora ti do la lunghina."
Il cavallo fu dolce.
Alex l'affidò la lunghina e le insegnò su come condurlo e mise a fianco sinistro accanto ad Esmeralda. Lei lo condusse con dolcezza e s'incamminò strafelice con il cavallo. Com'era tenera! Una bambina piccola con il cavallo enorme che mostrò dolcezza verso di lei. 
Passarono le ore e arrivò l'ora di pranzo. Io, Alex, i colleghi, gli allievi e anche due down femmine ci mettemmo a mangiare il panino ordinato da un bar qui vicino. Eravamo i primi a finire il pranzo mentre quelle down mangiavano lentamente. Non le costrinsi a sbrigare. Anzi, le lasciai libere. Per me é ingiusto sfruttare i down su qualcosa che non possono o non riescono a farlo altrimenti soffriranno molto. Andai un attimo in un ufficio di mio padre a controllare la lista delle lezioni. Ad un tratto, passò Joseph per vedere Christian ma non seppe che lui frequentò in palestra e andò in una stanza dove quelle down mangiarono. Non mi accorsi di nulla. Dopo pochi secondi, sentii una voce maligna che provenne da dietro dire: "Mamma mia.. Quanto siete lente!! Lumache!!"
Non riconobbi la voce ma mi venne rabbia che andai a controllare e vidi che fu Joseph. Mi salì ancora la rabbia e puntai le mani a forma di pugno sui fianchi. 
"Joseph!!"
Fu sobbalzato a morte dalla mia chiamata e s'indietreggiò spalancando gli occhi azzurri. 
"Come ti permetti di sfruttare?! Figlio di merda!!"
Le down si spaventarono e le coprii davanti ad lui per difesa. Alex ci aveva sentiti e veniva da noi  alla velocità della luce. 
"Che sta succedendo?" 
Rivolgemmo lo sguardo verso di lui e gli spiegai già del motivo. 
Alex s'arrabbiò di più, lo trascinò con la giacca di pelle nera al di fuori dell'ingresso per evitare quella scena di difesa davanti a quelle down. Lo diede botte e calci e lo mandò fuori con voce secca dicendolo per nessun motivo. 
Dopo che Joseph se ne andó con la macchina, Alex venne da noi  e ci assicuró che fu andato bene. 
Mio padre ci aveva sentiti e ci domandava che cos'era successo. Gli spiegó tutto. Mio padre sorrise sentendosi fiero di mio marito sempre pronto a difendersi in qualsiasi circostanza. 
Passò il mese d'estate. Durante l'estate, avemmo l'opportunità di partire per vedere la Fiera a Verona, Roma e poi 3 mesi in Sicilia con la mia famiglia. Quando Alex fu scarcerato, non fui più partita per l'Italia per motivi di tempo: le gare e i bambini. Ora si poteva. Dopo 3 mesi trascorsi in Italia, scoprimmo una cosa meravigliosa: Stella era incinta.  Mio padre mi avvisò che il stallone che l'ebbe accoppiata fu Red-Barone Rosso. Non seppe dirmi dov'era ma il proprietario l'ebbe lasciato e ripreso. Rimasi un po' triste e nostalgica per Red ma fui contenta che nascerà un puledro bellissimo ed incrociato tra arabo- anglo arabo. Era di Alex per far una passeggiata ma non gli interessò della carriera.
Alex mi disse poi: "Poi faremo un altro puledro da Stella per Esmeralda."
Sorrisi e annuii e ci baciammo.
Due giorni ebbi gli esami all'università. Quando la raggiunsi e la entrai, vidi per la prima volta una donna sulla trentina dai capelli corti ricci biondi, di carnagione un pò scura e dagli occhi castani che aspettò l'appello degli esami di facoltà diversa. Scoprii meravigliata che quella persona mi aiutò ad aver contatto del mondo silenzioso che desiderai da quando ebbi 14 anni fino ad ora in soprappensiero.
 
 
 

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Capitolo 27
*** Il mondo silenzioso ***


CAPITOLO 27

Il mondo silenzioso

 
Due giorni ebbi gli esami all'università. Quando la raggiunsi e la entrai, vidi per la prima volta una donna sulla trentina dai capelli corti ricci biondi, di carnagione un pò scura e dagli occhi castani che aspettò l'appello degli esami di facoltà diversa.
"Non ti vedo da queste parti ma sei nuova?"
Sorrise."No, sono qui da 3 anni e sto per laurearmi."
"Scusa... É che io non sono molto presente qui. Piacere, Noemi."
"Piacere, Antoniette"
"Di che facoltà sei?"
"Scienze della comunicazione in ASL."
"Cosa? Il mondo dei sordi?!"- mi brillarono gli occhi.
"Si...e tu?"
"Veterinaria. Comunque non ci posso credereeee!"- coprii le mani sulla bocca meravigliata.
"Che bello ma scusa ti interessa ASL?"
"Si... Ti spiego: sono la figlia del direttore Knorr e istruttrice di 1* livello. Quando avevo 14 anni, c'era il turismo equestre nel weekend. Uno di questi, era venuta la famiglia dai genitori sordi e i figli udenti dall'Equador e, grazie a loro, ho imparato un po' di ASL ma ora l'ho dimenticata perché non la uso più e ogni settimana guardo quel telefilm dei sordi."
"Wow! Ma aspetta... Mi ricorda di questo nome Noemi Knorr... Non é che quando eri giovane sei stata sparata dal tuo ex? E poi hai partecipato alle Olimpiadi a Londra come al 1* posto, giusto?"
"Esatto! Che memoria che hai!"
Sorrise ancora e mi disse: "Io sono nata a Londra e mi sono trasferita qui 10 anni fa perché mio padre aveva trovato lavoro e poi ho saputo che questa università é ottima e per questo mi sono iscritta. E poi ho il fidanzato sordo."
"Wow! Non ho mai visto una coppia simile tra udente e sorda! Io sono sposata da 2 anni, ho due figli maschio e femmina. Il primo adottivo di 7 anni (é una lunga storia) e l'altra di un anno e mezzo. Comunque ti piacciono i cavalli?"
"Wow! Sei cosi giovane!Si, anche il mio fidanzato ma é appassionato principalmente di calcio."
"Ok. Allora venite qualche weekend al mio maneggio- presi il biglietto da visita e la diedi.- eccolo!"
"Grazie mille. Davvero! Sono contenta di conoscerti!"
Ad un tratto, quasi ci salutammo e arrivò il mio appello e mi presentai.
"In bocca al lupo" -m'esclamò Antoniette.
"Crepi".
Dopo gli esami, misi a correre in tutta fretta dal sollievo e dal sovrappensiero di preparare il pranzo per mio marito e i miei figli prendendo l'autobus urbano. Ormai io e Alex avemmo una sola macchina perché avemmo lavoro allo stesso posto e non serviva un'altra. La Mercedes era stata venduta, la Mini l'avevo data mia sorella e avevamo comprato la Lamborghini nera. Bellissima ed enorme. Passò una settimana e arrivò finalmente il weekend. Non ebbi da studiare per l'università. Al maneggio, mentre sistemai il paddock, vidi da dietro qualche gente arrivata. La riconobbi: erano Antoniette e il suo fidanzato.
Misi a correre per aprire il cancello.
"Ciao, Antoniette!"
"Ciao, Noemi!"
Mi presentai al suo fidanzato in lingua dei segni. "Piacere, Noemi."
"Piacere, Andrew."
Ci sorridemmo tutti e tre scambiando qualche sguardo.
"Siete i benvenuti."- ed entrarono dal cancello.
Antoniette parló con voce e segni assieme per rispetto di me e di Andrew visto che non conobbi bene questa lingua.
"Ma é bellissimo questo maneggio!" - spalancò la bocca.
"Grazie!"
Passó Esmeralda con il triciclo dai due codini di capelli neri e lisci.
"Che bella bimba! É tua?"- mi chiese.
"Si, é lei Esmeralda."
Esmeralda s'intimidò un po'.
"Ha gli occhi bellissimi!"
"Grazie!"
Disse ad Esmeralda: "Ciao, mi chiamo Antoniette e lui Andrew."- le fece un affettuoso pizzicotto sulla guancia e poi la prese in braccio. -"Oh mio Dio! Quant'é leggera!" - e si guardarono sorridendo.
"Si, come me."- dissi sorridendo. "Seguitemi! Vi faccio conoscere i cavalli e altre cose." - Gli dissi di spalle ma mi 
era venuto in mente ora che Antoniette non poté segnare visto che era occupata con Esmeralda e ripetei di nuovo in faccia con labiale chiaro ad Andrew.
Passó Christian che quel pomeriggio non ebbe gli allenamenti di karatè.
"Ecco, mio figlio adottivo! Quell'uomo é sordo e parlagli con labiale chiaro in faccia."
Si presentò davanti a quei due. -"Piacere, Christian!"- e sorrise.
Si ricambiarono. Continuammo a camminare e ci trovammo in una selleria dove volli conoscere mio marito e poi all'ufficio per mio padre. Ora dirigemmo verso i box e mostrai per prima cosa la mia cavalla Stella. Purtroppo non potei montarla visto che era incinta.
"Che bella!"- mi dissero contemporaneamente.
Antoniette mi disse con la fronte interrogativa:"Ricordo che montavi un cavallo nero o sbaglio?"
Abbassai lo sguardo triste."É stato venduto e non so dove sia.."
"Mi dispiace."
"É un bravo saltatore... Poi dopo pranzo, vi racconto la mia storia."
"Ok" - e poi infine gli feci conoscere tutti i cavalli.
"Andrew, in passato hai montato qualche cavallo?"
"No, mai."
"La vuoi provare?"
"Si"
"E tu Antoniette?"
"Si"
"Ah, va bene. Quando Andrew finisce, tocca a te."
"Ok."
Scelsi un cavallo, lo sellai, lo aiutai a salire e lo insegnai su come far cavalcare sforzando di usare il labiale chiaro e con i segni. Per un po', lo lasciai libero vedendolo girare attorno al cerchio della lezione senza salto.
"Allora sei brava a parlare con i sordi!"- stanca di tenere in braccio Esmeralda, passó a me che la presi subito. Esmeralda fu tranquilla con il ciuccio. Era un pó stanca ed ebbe un po' di sonno che si addornentò sulla mia spalla.
Continuai a parlare. "Grazie, lo faccio con il cuore e non d'obbligo."
"Giusto. Ai sordi piacciono gli interpreti che hanno molta volontà, bravura e chiarezza e non per malattia di soldi. Ma quanti anni hai?"
"Ho quasi 22 anni."
"Sei giovanissima! Sposata con due figli!"
"Si, una naturale e l'altro non è del mio sangue."
"Bene. Io ho invece ho 33 anni."
Sorrisi. "Scusa, a cosa serve scienze di comunicazione?"
"Serve per aiutare i sordi ad interpretare in caso di bisogno o al circolo se viene qualche udente. Non hai mai sentito il circolo dei sordi?"
"Si, vorrei partecipare ma non ho trovato indirizzo qui a Phoenix, uff."
"Non ti preoccupare.- mi diede un biglietto da visita.
 "Oh, grazie!"- le risposi dando un'occhiata e controllai a tratti ad Andrew. "Lo sai che cosa vorrei fare?"
"No."- mi ascoltò attentamente guardandomi negli occhi.
"Ora sono 3-4 anni che insegno ai bambini, ragazzi e adulti e specialmente i down- mi sorrise- ma vorrei insegnare anche ai sordi e iniziare carriera in più dovrei conoscere bene questa lingua perché sono molto d'accordo che possono fare tutto tranne sentire.... Posso cominciare con Andrew e potrei diffondere questa pubblicità speciale per loro ma non so dove cominciare.."
"Che bello sentire quelle parole... Si vede che sei una persona dolce e premurosa verso i sordi. Dunque il mio fidanzato ha iniziato ad allenarsi karatè ..."
"Come Christian!"
"Ah, non lo sapevo comunque non può fare 2 sport insieme. Potrei parlare con la presidente sorda del circolo della diffusione della pubblicità così organizzerà un giorno della gita e magari verrà qualcuno da te."
"Wow! Sono meravigliata che vi organizzate bene! Sono d'accordo! Grazie!- l'abbracciai di cuore ancora occupata di Esmeralda in braccio.
Dopo la cavalcata di Antoniette ed Andrew e messo a letto Esmeralda in una stanza, mangiammo e chiacchierammo. Dopo il pranzo, prendemmo il caffè e cominciai a raccontare la mia storia.
"Per favore, Antoniette... Puoi tradurre quella storia .. Io non sono molto brava"- sorrisi imbarazzata.
Antoniette fu subito pronta e gli raccontai per ore e ore.
Dopo 2 giorni, Antoniette mi telefonó.
"Antoniette!"
"Ciao! Volevo dirti che ho parlato con la presidente ed é molto d'accordo. Potresti venire oggi pomeriggio al circolo? Ti vuole conoscere."
"Ah ok. Sono libera ma il problema é la macchina, c'è l'abbiamo solo una."
"Non ti preoccupare! Vengo a prenderti! Alle 16:30, va bene?"
"Ok, grazie mille!"
"Di niente!"
Passati due giorni, aspettai l'appuntamento con Antoniette al maneggio. Dopo 15 minuti di ritardo, la vidi sorpresa guidare con la vespa grigia.
"Scusa in ritardo!"- mi esclamò Antoniette.
"Non ti preoccupare!Wow! Che bella vespa!"
"Ah si! La mia amata Vespa in questa città sempre piena di traffico!"
"Hai ragione!"
Si fermò un secondo per darmi il tempo di mettere il casco e di salire sul motorino come passeggera.
Accelerò in un secondo e arrivammo al circolo. Lo visitai e parlai con la presidente: era così giovane sulla trentina.
Fu approvato il giorno della gita nel prossimo weekend per 2 giorni a scelta a seconda degli impegni della gente.
Passó un weekend. Rimasi meravigliata dal numeroso gruppo di sordi che parló in silenzio con le mani. Antoniette svolse da interprete per me. Ci fu una lunga spiegazione e visita per 2 giorni e alla fine i 10 sordi s'iscrissero qui al maneggio. Ci fu un inizio che insegnai e imparai contemporaneamente sulla lezione e sulla lingua dei segni. Dopo 3 mesi, capii e comunicai sufficientemente con loro. Nell'imparare questa lingua non finì mai e ci furono cose nuove.
Dopo 3 giorni dal quel mese, sentii nitriti di dolore che vennero da Stella. Da quando Stella era incinta, io e la mia famiglia dormimmo al maneggio perché non si seppe mai su di lei. Era una notte fonda. Chiamai Alex. Per fortuna ebbi studiato sul parto del cavallo e decisi di aiutarla. Con fatica, sudore e paura di sbagliare, ebbi successo. Stella ebbe dato la luce: era un puledrino bellissimo dal volto arabo, dal manto nero e qualche pelo biondo. A vederlo, rimasi stupita dallo splendore e svenni. Lo chiamammo Tornado.

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Capitolo 28
*** Grazie di cuore! ***


CAPITOLO 28
Grazie di cuore!
 
Dopo la ripresa dello svenimento, vidi emozionata Tornando sforzandosi di alzar con le gambe e Stella lo leccó per pulizia. Com'erano teneri! Tutti noi: Alex, Christian ci fummo affiancati insieme appoggiando le mani sulle spalle e io presi in braccio Esmeralda a vedere la scena tra madre e puledro.
Dissi ad Alex sottovoce: "Ti ricordi quel momento speciale quando é nata Esmeralda?"
"Si, é stato un momento speciale." -ci baciammo velocemente ed Alex accarezzò la spalla di Esmeralda.
 
Da quando ebbi cominciato a praticare l'equitazione all'età di 14 anni fino ad ora, non mi ero mai pentita e sentivo bene quell'atmosfera piena di amore e pace tra i cavalli. Mi avevano dato tranquillità e premura nonostante lo stress che affrontavo ogni giorno fuori dal maneggio. Ormai il maneggio era un paradiso. Mio padre aveva svolto bene il suo duro lavoro da direttore e aveva gestito bene il maneggio. Con i down e con i sordi, la gestivo da sola ed era andata tutto bene. 2 sordi su 10 avevano iniziato carriera partecipando alle gare. Mi sentivo una madre che aveva raggiunto i suoi obiettivi per i suoi figli. E con la mia famiglia fui soddisfatta e felice.
Improvvisamente, mio padre mi diede particolari informazioni riguardo al maneggio: l'ingrandimento del maneggio per avere più box ospitati dai nuovi cavalli. Quando iniziarono i lavori, fummo un po' di difficoltà ma riuscii lo stesso ad insegnare, a strigliare ecc. Ero al 4* anno d'università. I lavori del maneggio durarono circa un anno, proprio due giorni prima della laurea da veterinaria. Era passato un anno intero tra i lavori e lo studio contemporaneamente.
Dopo essermi laureata e preso voto 90/100, fui sollevata completata e presi due giorni. Alla mia insaputa, Alex aveva organizzato la festa di laurea al maneggio per me. Un giorno, feci un riposino su un divano. Ad un tratto, Alex mi svegliò chiamandomi e mi bendó. Non vidi niente: era tutto nero. Presa dall'ansia, fui accompagnata e condotta da Alex da casa, per le scale e, infine, in macchina direttamente al maneggio. Alex mi aiutò a scendere dalla macchina, mi tolse la benda e voilà. L'elegante festa di laurea e d'inaugurazione. Sorpresa, misi a correre ad abbracciare mio padre e tutti gli allievi del maneggio. C'erano tutti: le down, Antoniette e il suo fidanzato, Samantha, la famiglia di Alex ecc. Finalmente incontrai la famiglia dall'Equador! Con gli occhi bagnati dalle lacrime d'emozione, non ebbi più parole. Dopo aver mangiato la torta tutti insieme, io scartai tanti regali! Dopo pochi minuti, arrivò tanta gente: erano gli amici di Alex conosciuti in discoteca quando era giovane. Alex, eccitato, cominciò a suonare gli strumenti da dj con Christian ed era tutto contento! Gli mancava davvero suonare per motivi di tempo. Vidi la fila di gente arrivare, rimasi sorpresa: venne Stefano accompagnata dalla polizia vestita normalmente in modo da non far spaventare ai bambini. Gli corsi incontro e ci guardammo negli occhi: era cambiato tanto e diventava quiete dopo la disintossicazione.
"Ciao, Stefano... Quanto tempo... Come stai?"
"Bene, purtroppo sono agli arresti domiciliari ma posso uscire con il permesso. Auguri per la laurea. - mi sorrise.
"Grazie!"
"Di niente. Scusa, vorrei vedere mio figlio. Posso?"
"Ah, si. Dammi 2 minuti."
"Ok." - incrociò le braccia al petto in attesa.
Incontrai Christian che fu a fianco ad Alex e gli dissi di venire un attimo con me.
L'accompagnai da Stefano.
"Christian ... É tuo padre."
Christian si rigirò verso di lui e disse: "Sei veramente mio padre?"
Stefano si abbassò piegando le gambe guardandolo negli occhi -"Si, sono io. Scusa se ti ho abbandonato..." - Christian non interessò delle sue parole, lo perdonò abbracciandolo.
Gli disse: "Non importa... Lo sai quanto tempo desideravo conoscere il mio vero padre."
Stefano ricambiò il suo abbraccio e camminó con lui verso la gente per mano. Io vidi tutto e fui sommersa dai ricordi del passato. Ancora vicina allo steccato, sentii un rombo del motore. Era un furgone del van. Pensai:"Che sta succedendo?! Uff!"
Dal furgone scese un tipo sulla ventina e mi corse incontro. Mi ebbe riconosciuto dal mio volto che mi chiamó Noemi Knorr.
"Ciao... Vorrei mostrarle una cosa...aspetta."
Lo guardai con fare interrogativa. Il giovane aprì la porta del van, trascinò fuori un cavallo nero che camminò un po' male e qualche pelo bianco.
"Red-Barone rosso?!" - spalancai gli occhi incredula.
"Esatto. É lui- mi avvicinarono- ormai ha 17 anni, é quasi in pensione. L'abbiamo trattato bene: ha partecipato molte gare..  Le gambe sono sempre forti ma all'improvviso gli é spuntata la laminite da un anno. Non si può guarire ed é quasi il segno della vecchiaia. Gli abbiamo messo al paddock, al box ma ha smesso di allenarsi."
Mi scesero le lacrime, abbracciai fortemente Red- Barone Rosso e gli dissi: "Quanto mi sei mancato.."-continuai ad accarezzare la fronte. Dissi a quel giovane:"Non ti preoccupare, lo metterò in pensione e sarà contento di stare con Stella e Tornando, il puledro. Comunque, lo so che non é colpa sua se ha laminite ma é importante che stia bene. Grazie mille!"
"Di niente." - il giovane quasi se ne andò- ehi, può restare qua. É aperta per tutti."
"Grazie." Mentre condussi a Red-Barone rosso, mi accorsi che il pubblico ci guardò quando fu arrivato il furgone. Tutti mi applaudirono di scatto e mi dissero contemporaneamente:"Discorso! Discorso! Discorso!"
"No, mi vergogno!"- coprii le mani in faccia. Alex mi spinse fino al tavolo e mi costrinse di stare in piedi sulla sedie in modo da vedermi in pubblico visto che fui non molto alta.
Prima di cominciare, chiesi ad Antoniette di tradurre per i sordi, fu subito disponibile e la ringraziai. Ero imbarazzata ma riprendevo a parlare.
"Gente di Phoenix, amici, parenti, i miei allievi specialmente i sordi e le down e tante altre! Come devo dirvi..? Sono tanto felice di aver finito l'università e presa la laurea. Ora, finalmente, il maneggio é diventato più bello e spazioso così possiamo ospitare i cavalli da domare o abbandonati o in pensione. Sono ormai passati 10 anni che pratico l'equitazione...non mi sono pentita e non voglio guardare indietro. Vado avanti felice e soddisfatta. Ho imparato tante cose sull'equitazione, sui cavalli e anche fuori dal maneggio. Io ho avuto sempre problemi dall'adolescenza fino ad ora ma ho imparato e vissuto con le esperienze del passato. Grazie a queste esperienze, ci può comprensivi e saggi. Sono contenta di aver trovato un vero amore e famiglia: Alex, Christian anche se non è del mio sangue ma gli voglio bene ed Esmeralda. Non é ancora finito perché ho dei figli da crescere e cavalli da allevare. In più specialmente ai sordi che li desideravo quando ero adolescente: ora comprendo e comunico senza difficoltà questa lingua dei segni. Per me i sordi sono persone speciali. Anche i miei cavalli che fanno parte della mia vita: Red-Barone Rosso, Stella e Tornado. Nient'altro. Devo ringraziare principalmente alla famiglia dall'Equador e Antoniette per aver scoperto e ricontattato il mondo dei sordi! Grazie di cuore!". Scesi dalla sedia mentre il pubblico mi applaudì.
Ad un tratto, mio padre intervenne. "Scusatemi! Sono il padre di Noemi! Sono contento che siete venuti numerosi ma vi voglio dare una bella notizia: ormai sono quasi in pensione ma continuo a lavorare ma il ruolo da direttore lo affido ad Alex. Il pubblico incitò più fortemente e applaudì.
Gridai:"Grande, Alex!" - lo abbracciai attorno al collo. Alex ebbe gli occhi lucidi dell'emozione.
Infine, facemmo foto tutti insieme. Eravamo tanti! Noi, tutti proprietari del maneggio e i miei figli ci mettemmo in fila in piedi e io presi in braccio Esmeralda. Dietro di noi, i cavalli ci appoggiarono sulle spalle da mostrare posa perfetta. Dietro di me, c'erano Red e Stella a destra e sinistra e spostai in avanti il puledro Tornado perché era piccolo e basso di statura. In piedi era la gente di Phoenix. Rimanemmo fermi in pochi secondi con i nostri sorrisi stampati in faccia. Uscì una foto bellissima e memorabile che stampai quella da mettere in cornice trasparente e moderna appesa in camera da letto.
 

 

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