Whispered Confessions.

di tabula rasa elettrificata
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Turn your Face. ***
Capitolo 2: *** Stand and Deliver. ***
Capitolo 3: *** Lewd Desire. ***
Capitolo 4: *** Few Small Bruises. ***
Capitolo 5: *** Encore et Encore. ***
Capitolo 6: *** La vita non è in rima. ***



Capitolo 1
*** Turn your Face. ***


Avere diciotto anni ed aspettare con ansia il toc toc alla porta del vero amore tentando di sfuggire all’assalto dei teenager-ranocchietti arrapati. Avere diciotto anni ed aspettare con ansia ed orecchio all’erta i passi dell’amore dietro la porta seduti sul divano rinchiusi nel proprio bunker personale. Avere diciotto anni ed aspettare qualsiasi toc toc alla porta pur di trovare qualcosa che si avvicini all’amore, anche un teenager-ranocchietto arrapato.
Scrivo lettere d'Amore senza averlo mai provato realmente.
Queste sono solo parole diabetiche e malate di una ragazza che non custodisce sentimenti genuini ma finge di farlo.

 

Turn your Face.




Mi piacevi straffontente ed odiato da tutti.
Piangevo ad ogni tuo insulto, ogni tua osservazione acida e mi piaceva.
Il mio masochismo mi ha sempre perseguitata.
Camminavi per i corridoi con passo calzante e deciso vestendoti abbinando i colori più disparati. Mi piacevano le tue felpe militari e le converse viola, la frangia lunga e rossa che ti copriva metà volto. Mi piacevano le considerazioni disdegnose che ti rivolgevano le persone e mi piaceva ancor di più il modo in cui ridacchiavi stupidamente ad ogni offesa ricevuta. E come riuscissi a rispondere in maniera ancor peggiore.
Il tuo ghigno, il tuo ghigno cinico l'ho sempre adorato.
E se per caso ti fossi sentito solo ti avrei offerto la mia spalla su cui piangere e ti avrei asciugato con delicatezza le lacrime. Avrei custodito i tuoi fazzoletti umidi e li avrei riposti sulla tasca della camicia, quella in corrispondenza del cuore. Sarebbero rimasti lì a sussultare ad ogni mio battito scrauso e malato.
Ad ogni mio battito accelerato per te. Per te.
Ma della mia spalla non te n'è mai fregato un cazzo.

 

 

Ed allora io continuo ad aspettare il giorno in cui mi sveglierò e troverò il coraggio di dirti quelle parole che per anni ho lasciato consumare in un angolo buio dentro me.
Continuo ad aspettare il momento in cui ti sveglierai da quell'intorpidimento cerebrale fatto di capelli giusti, musica house e bottiglie di vodka svuotate e ti volterai indietro.
E forse, tra le miriadi di teste, riuscirai a scorgere anche me.

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Capitolo 2
*** Stand and Deliver. ***



Stand and Deliver.




Leggere le tue mille cose sullo schermo bluastro di un computer e farlo sempre dopo le 3 di mattina che prima c'è troppa luce. Così tanta luce da abbagliarmi gli occhi. Talmente tanta che potresti scorgermi dalla tua stanza mentre leggo le tue mille cose.

Ti ho sognato ad occhi aperti con la testa a ciondoloni sulla sedia. E le mie borse infinite sotto gli occhi.
Sono ancora qui ad aspettare di svegliarmi da questo caduco stato di sonnolenza che mi fa immaginarti seduto qui accanto a me di fronte al computer a protendere la faccia verso il ventilatore.
A darti uno schiaffo sul viso perchè di aria ne bisogno più di te, a cadere a terra dalla sedia per un tuo spintone. Ad azzuffarci per prendere un po' d'aria, per respirare un poco.

Sognarti ad occhi aperti non è mai facile come dopo le 3 di mattina perché fuori fa abbastanza buio da far si che non mi si veda. Perché c'é abbastanza silenzio da permettere ai miei sensi di colpa di riposare in pace.
Perché nei miei trip allucinogeni il mio cuore esce dalla gola e si accorda col tuo. Si muovono in una danza ballando senza musica e noi li lasciamo fare con gli occhi sempre puntati allo schermo del computer e le braccia alla ricerca di un po' d'aria.
Perché quando stiamo assieme riesco a scorgere la peluria della tua pallida nuca. Perché posso guardarti negli occhi senza sentirmi sporca o inadeguata. Potremo cantare i Descendents a suarciagola anche se fuori fa buio, anche se la gente alle 5 di mattina dorme ancora.
Perché posso essere perfetta anche se non spingo troppo in giù le dita nella gola. Perché al massimo ci saresti tu a levarmele quelle dita, dandomi uno spintone.

Nel tuo ultimo post hai scritto 'Google maps+te= fine'.
Continua a dedicare parole a tutti tranne che a me e starò bene.
Non mi serve cercarti su Google Maps per sentirmi finita.
No.
Non con te.

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Capitolo 3
*** Lewd Desire. ***



Lewd Desire.

 

Se conoscessi la tua voce.

Se ti potessi parlare.

Se potessi fare un cenno con il capo ogni qualvolta ti incontro.

Se potessi levarmi di dosso questo senso di nutilità ogni volta che entro nel tuo profilo e scopro cose nuove.
Cose nuove su di te.
Cose nuove su di te, che sei la mia fonte di ispirazione.
Ciò che mi fa scrivere cazzate diabetiche su questi file dimenticati da Dio.
Che mi fa ingozzare di cioccolata e venire il mal di pancia.
La colpa è tua.
Te, che come tanti altri, due o tre tizi sconosciuti, sei la mia fonte di ispirazione per scrivere merdate diabetiche e malate. Altri tizi sconosciuti di cui non conosco la voce, che mi danno ispirazione.

I miei sentimenti non sono genuini.
I miei sentimenti sono malati, merdate diabetiche e malate.
Sono sentimenti che nascono e si annullano assieme.
Ciò che provo è un fuocherello al centro del mio muscolo involontario, che si accende ogni volta guardo un tuo video dove suoni e ti mangi le unghie.
E nonostante i miei sentimenti non siano veri mi viene da sorridere ogni volta che te le mangi quelle cazzo di unghie.
Non si mangiano le unghie, ma mi piace troppo quando lo fai.
Conosco la tua figura solo da lontano che da vicino probabilmente non ti riconoscerei.

Sai, sono monotema e non so parlar d'altro che di amori tristi e ragazze grasse ed innamorate.
Non sono nulla di speciale al contrario di ciò che tutti hanno sempre pensato.
Al contrario di ciò che tutti hanno cercato di mettermi in testa.

A nessuno piace leggere sempre le stesse cose.
A nessuno piace sentire una voce monotona che canta canzoni senza sentimento e con la faccia da impassibile.
I disegni banali e scopiazzati non piacciono a nessuno.

E tu, che faccia hai quando canti?
Quando scrivi?
Quando prendi in mano il tuo basso e lo accordi seduto sul letto di camera tua?
Vorrei vederla, cristo, lo vorrei tanto.
La tua faccia quando esprimi emozioni seduto in un angolo in camera tua.
La tua faccia dipinta di sentimenti quando canti, scrivi, disegni o respiri.
La tua voce.. potrei rievocarla nella mia mente se la conoscessi.
Non riesco a sentirla in quei video dove suoni e ti mangi le unghie perchè tutti gli altri suonano ed urlano e c'è troppo casino e frastuono.

Il mio è solo un amore non corrisposto che tento di far sembrare normale scrivendo questi testi che leggo solo io.
Per giustificare la bramosia di vederti sbattere i piedi a terra e suonare il basso, tra quella gente che non conosco.
Come non conosco te.
Per giustificare il fatto che guardo le tue foto per intero una volta al mese anche se ho una faccia da scrofa sovrappeso.
Per giustificare il senso di colpa che provo quando incrocio qualcuno di tua conoscenza.
Che non ti conosce come ti conosco, che non ti conosco per niente.

I miei sentimenti non sono per niente genuini.

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Capitolo 4
*** Few Small Bruises. ***



Few Small Bruises.



 

E non dovrei dirlo ma mi fa male il cuore quando sei sulla soglia della porta e non entri. Lo sento infiammarsi e rotolarmi dentro poggiandosi sullo stomaco in subbuglio, alla ricerca di un respiro che non arriva mai.
Il fatto di averti detto cose che volevo far marcire negli angoli più bui del mio essere e morire con me ed il ricordo di due mani che camminavano assieme mi fanno svegliare dai miei sogni ad occhi aperti.
Il lungo sogno in cui ho nuotato con l'odore di salsedine sulla pelle.
E non dovrei dirlo, ma sento il cuore catapultarsi con me quando mi rabalto a terra per un tuo spintone.
E non dovrei dirlo ma odio quando non riesco a risponderti ed odio quando lo faccio e tu ti rivolti per guardare da un altra parte.
Mi ritorna in mente la scena di quel mio sorriso che riuscivo vedere riflesso sul tuo e che sembrava avessi voluto dedicarti da sempre quando invece era partito tutto da una mezz'ora o poco più.
E cinque dita lunghe abbracciate alle mie come non le ho mai avvertite prima.
E dicevo che era la prima volta, ma probabilmente se non mi fossi ritrovata a nuotare tra le mie risate etiliche e le mie lacrime sul viso avresti sentito il mio cuore battere nitidamente dal palmo della tua mano. Ed avresti continuato a farmi da salvagente mentre io speravo invano che in quel sogno alcolico ti ci perdessi anche tu.
Ti ho guardato per tutta la notte con la coda dell'occhio ballare assieme alle note di quella pista da ballo agitando mani e muovendo i piedi. E mi sentivo stupida ed un po' felice ad avere la tua schiena contro la mia.
Ti guardavo con la coda dell'occhio e vedevo che mi guardavi, ed il cuore mi ha fatto male come non mai.
Ti ho guardato in faccia ed i tuoi occhi non erano più su di me ed io ti ho risposto per l'ennesima volta nel modo sbagliato, ma quando mi toccavi il baccio sorridendomi sembrava mi stessi dedicando le parole di quelle note con cui ballavi.
Le parole che mi hai cantato ad occhi socchiusi ballandomi di fronte, le parole che mi hai sospirato seduto a fianco a me e con l'occhio proteso verso il mio profilo, le parole che hai riso mentre camminavamo con la vodka ancora in bocca per le spiagge desolate.

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Capitolo 5
*** Encore et Encore. ***


Encore et encore.


 
Quando le delucidazioni notturne prendono vita.

Nei miei sogni ti ho toccato mille volte. Disegno il contorno del tuo viso sulla parete accanto al mio letto e ti tramuti in carne; mi sorridi nell'unico modo che so riconoscere e ti regalo uno dei miei sorrisi più belli. E, passando i pollici sulle mie labbra, li prendi e te li intaschi con un'aria beffarda che non ti ho mai visto addosso ma mi piace troppo dipingerti in volto.
Nei miei sogni parliamo di tutto e di niente, esaliamo respiri e sussurriamo risate, mi scrivi sul braccio piccole frasi sgrammaticate e ci ridacchi su.

Nei miei sogni porti sempre lo stesso sapore che al risveglio non ricordo più. Con gli occhi spalancati diretti al soffitto, tasto titubante le lenzuola e lo spazio vicino a me dove poco prima ti avevo guardato. Boccheggio leccandomi il palato, richiamando il gusto saggiato; quasi potessi ritrovarlo nascosto tra i denti.

La giornata si trascina con me che cerco pezzi di te negli angoli bui di questa casa che non sentirò mai mia. Sotto la doccia carezzo l'incavo tra la testa e il collo ed una scossa mi percuote, ti sento li ma non ci sei. Scompari sotto i vestiti, soffocato dagli odori della cucina, dal detersivo per il bagno, nascosto tra i rumori della vita quotidiana, il rubinetto che gocciola, i passi pesanti di qualcuno sulle scale, tra i suoni confusi fuori dalla finestra, fuori in quel mondo che ancora non mi appartiene. Quasi ti dimentico, presa dal turbinio ordinario delle cose solite, fino al scendere del sole. Mi getto pesantemente sul letto, oppressa da una stanchezza immotivata e mi basta chiudere gli occhi per ritrovarti vicino a me, vestito degli unici abiti che conosco.


E allora diamoci di nuovo appuntamento alla stessa ora, nello stesso posto, nella linea di mezzo tra la notte e il giorno.

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Capitolo 6
*** La vita non è in rima. ***


La vita non è in rima, per quello che ne so.


 
Sempre nelle mie caduche visioni notturne, mi sono ritrovata a conversare con lui.
Ricordo una panchina metallica arruginita a macchie ma non ho idea di dove ci trovassimo. Uno sfondo bianco lucente dietro di lui, poteva essere un muro bianco, il cielo d'autunno o potevamo trovarci all'interno di una nuvola. Magari fluttuavamo nell'aria, senza nemmeno rendercene conto. Non posso dirlo con certezza perché non ho mai guardato a terra, devo aver al massimo spostato lo sguardo dai suoi occhi alla sua bocca, dalle clavicole scoperte alle sue mani. Poteva esserci sabbia ai nostri piedi, l'erba fresca o un marciapiede sporco. Di questo, davvero, non sono sicura.

Sono sicura però di aver sentito il tempo correre sulla mia pelle e schivare i peli delle mie braccia assieme all'aria fresca. Quindi, probabilmente, non era inverno e nemmeno estate. Poteva essere primavera ma la luce bianca mi fa pensare fosse ottobre inoltrato. E quindi, il tempo scorreva ed con esso le nostre parole. Quasi avessimmo un filo conduttore, un trait d'union tra le nostre ugole. Per una parola lanciata dalla sua bocca ne usciva una in risposta dalla mia. A tratti qualche risata sonora.

Ha fatto cadere con un calcio la mia borsa che gli stava accanto. Non ho voltato lo sguardo per prenderla, sono rimasta a guardarlo mentre sporgeva la testa in giù dicendo Non mi piace che si siano confini tra noi. Ripensandoci adesso, probabilmente gallegiavamo tra le nuvole per davvero, non ho sentito il tonfo della mia borsa e lui è rimasto a guardare le profondità ai nostri piedi per un bel po'. L'ho visto riposare gli occhi socchiudendoli un poco e risvegliarsi sorridendomi.

- Sei tanto sensibile a certe cose.

- Vero, ma direi più che altro che sono un osservatore. Non è una cosa buona.

- Questo dipende dai punti di vista, per quello che ne so.

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