La distanza che c'è tra Amicizia, Odio e Amore non è poi così grande.

di Only_a_Dreamer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. I'm only... Ronny ***
Capitolo 2: *** Unusual...Day... ***
Capitolo 3: *** Only a dream; or maybe not... ***



Capitolo 1
*** Prologo. I'm only... Ronny ***


 

I'm only... Ronny



La musica l’unica mia ragione di vita? Si, ci siamo quasi.
Solo la musica e il mare.
Solo le voci dei miei cantanti preferiti, o le note di qualche canzone quando suonavo il piano, o la sabbia tra le dita, o il rumore delle onde del mare, o l’acqua che mi avvolgeva quando mi immergevo riuscivano a portarmi in un altro mondo.
Avete presente questa frase: seconda stella a destra e via fino al mattino. ?
Peter Pan, si.
Diciamo che è come se arrivassi in una specie di isola che non c’è e ritornassi bambina. Pensieri? Problemi? Gelosie? Pregiudizi? Che sono?...
Magari a volte ci pensavo anche ai problemi, alle mie preoccupazioni, ai miei dubbi, ma il mare mi aiutava a riflettere e la musica mi dava consigli.
Due amici, li consideravo così.
Due amici con cui poter tornare bambina, con cui poter essere davvero me stessa.

Forse adesso vi starete chiedendo “Ma questa non ne aveva amici veri?” Avevo un migliore amico, eravamo inseparabili da piccoli. Già, da piccoli...
Comunque quand'ero bambina facevo subito amicizia, bastava un “Hey, ciao vuoi essere mio/a amico/a?” senza vergogna -nonostante io fossi abbastanza timida- , ed ecco che ti trovavi un nuovo amico.
Dicevano che ero simpatica, timidona e sempre solare, e che avevo due guancciotte che erano impossibili da non pizzicare –ma dai? Guanciotte impossibili da non pizzicare. Ptf- .
Adesso avevo 17 anni –molti aggiungerebbero un 'quasi diciotto'.Ma io no, io non volevo crescere- e si, ero cambiata, ma non tutto quello che dicevano su di me era vero.
Il problema credo erano loro che semplicemente non mi volevano conoscere, e io che quando decidevo di farmi avanti beccavo sempre la persona sbagliata: o una ragazza più timida di me che parlava ancora meno e che, siccome io non sapevo per niente cominciare un discorso o continuarlo senza dire stupidaggini, andava a dire in giro che ero una ragazza che non parlava mai, una noiosa.
Ma se neanche mi conosci...
Che cavolo dici!
Oppure mi capitava quella che si dava arie, una delle ‘ochette’, con cui invece non facevo altro che litigare.

Fin qui abbiamo capito che non ero proprio una brava intenditrice di buone amiche, figuriamoci di ragazzi.
Non avevo mai avuto un ragazzo fino ad allora e non mi interessava av…Ok, magari durante la mia ‘lunga vita’ me ne è piaciuto qualcuno, ma niente di che, solo stupide cottarelle. Già facevo fatica a trovare un’amica; con i ragazzi era ancora peggio: potevo balbettare; come potevo essere solo timida ,ma cavarmela; come invece potevo essere scontrosa, o lasciarmi… prendere… in giro.
Brutta storia, ma è passata e adesso direi che rispondo a tono.

Diciamo che ho avuto tre…evoluzioni(?)
Sono passata da una vita normale -stupenda- fino a quando….cioè fino ai 12 anni; a venir presa in giro da quasi tutta la scuola rinchiudendomi sempre più in me stessa –chi me le diceva in faccia le cose, chi ne parlava con le ‘amiche’…non fa differenza quando ti succede ,o almeno non la vedi- fino ai 16, in cui invece ho trovato il modo per scappare da questo mondo, e in cui sono riuscita a farmi valere aumentando così il mio orgoglio.


Non so se siete riusciti a capirmi, a leggermi dentro, a capire chi sono davvero. Faccio e facevo schifo a descrivermi e parlare di me.
Credo di non poterci far niente.
Sono cresciuta e grazie a qualcuno di speciale anche cambiata. Vi racconterò la mia storia dal punto di vista della vecchia me.
Spero vi piaccia e vi faccia sognare.
Bè, questa sono io;
Veronica Elizabeth Williams…naa meglio,
decisamente meglio,
Ronny.







Angolo autrice*

Hey ciaooo.
Questa è la seconda storia che scrivo, cioè che...comincio.
Credo che la cancellerò quella vecchia e se sta leggendo qualcuno che aveva cominciato a leggere l'altra storia mi scuso tantissimo. Non ho proprio un compiuter mio e quello che uso non lo chiamerei fulmine. Scusate davvero.

Tornando a questa storia so che magari non è originalissima o che non è fantastica -specialmente il mio modo di scrivere-, ma spero di riuscire a strapparvi un sorriso o una lacrima. E' fantastico quando riesci a coinvolgere il lettore.

Se avete qualcosa da dirmi non fatevi problemi, specialmente per correzioni. Voi che ne pensate della grande Ronny che racconta la sua storia fino ad arrivare al punto in cui si trova adesso lei??
Vi piace il personaggio?

Ringrazio chiunque stia leggendo, sia chi scrive una recensione (rendendomi così taaaaaaantissimo felice), che i lettori silenziosi (sono una di voi!) :D

Un bacione,
da una delle tante scrittrici (sognatrici) :'*
ps. i prossimi capitoli se non vi annoio saranno più lunghi. 

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Capitolo 2
*** Unusual...Day... ***


 

 Unusual...Day... 

 

 

Lui era lì: sulla nostra piccola spiaggetta. Era tornato, ma stranamente sembrava non esser cresciuto.
Giocava insieme a una bambina, ma non ero io; altra cosa strana, perché quel posto non lo conosceva nessun altro, tranne nonno, io e lui, purché non… No, non poteva aver svelato il nostro segreto a qualcun altro.
Lui aveva promesso…

 
“Tenete i vostri due legnetti sopra il mio.”
Io e il mio migliore amico facemmo quello che ci disse il nonno. Ogni legnetto aveva incise le iniziali di ognuno di noi.
Sul mio c’era una R. Su quello del mio migliore amico un M. Su quello del nonno una W, di William: adoravo il suo nome. Naa, adoravo il mio nonnino e basta, lo consideravo uno dei miei due super eroi.
Era la prima volta che ci portava in quella piccola spiaggia circondata da alcuni scogli.
“Promettete di non parlare mai a nessuno di questo posto?” Iniziò.
“Promettiamo capitano.” Dicemmo insieme con aria seria.
“Come? Non ho sentito bene...” Fece il finto tonto.
Io e il mio migliore amico ci guardammo in faccia e sul nostro viso spuntò un sorrisino complice, prima di gridare:”PROMETTIAMO CAPITANO!!”
“Woo, ok. Adesso direi proprio di aver sentito.” Disse nonno mentre si toccava un orecchio e strizzava gli occhi.
 Io e lui ridemmo sotto i baffi.
 “Ridete ridete, vorrò vedere voi da gran...- scosse la testa. -Quindi, stavo dicendo: Promettete di portare qui solo persone cui terrete davvero tanto?”
Annuimmo.
  “Bene, al mio tre lanciamo i legnetti in acqua, ok? Poi questo posto sarà ufficialmente il nostro piccolo grande segreto.” Annuimmo ancora, sorridendo.
“Uno, due, treee!” 

 

Provai ad avvicinarmi, ma non riuscivo a muovermi; allora lo chiamai, gridai il suo nome, ma non mi sentiva. La bambina lo prese per mano e lo portò via con se. Continuai a chiamarlo supplicandolo di non andarsene e di non lasciarmi sola, ma lui continuava a camminare sorridendo alla bambina, come se io non ci fossi. Come se mi avesse dimenticata e non riconoscesse la mia voce. Come se non contassi più niente per lui. Avrei voluto urlargli che ero io la sua migliore amica e non lei, che non poteva andarsene così; le parole, però, rimasero bloccate in gola dal nodo che vi si era formato, e gli occhi mi si riempirono di lacrime mentre lo guardavo andar via, felice si, ma senza di me.
 
“Ica, Ica svegliati!” 
Cosa…?
 

Mi svegliai di colpo, alzandomi di scatto col busto e spalancando gli occhi; vedevo tutto sfocato e ogni cosa faceva su e giù, mi sembrava di star sott’acqua.
Provai a strofinarmi gli occhi. Mi accorsi che erano pieni di lacrime e che la faccia era tutta bagnata.
Il sogno.
L’avevo ancora fatto. Avevo pianto per lui, di nuovo.
No, no, no…
Dovevo dimenticarlo, non potevo continuare così, tanto…lui l’aveva già fatto.
 
Ritornai con i pensieri a un mese fa. Il 12 Agosto.
 
Era da non so quanto tempo che facevo avanti e indietro indecisa se schiacciare o no il tasto verde e avviare la chiamata.
Erano passati cinque anni. Cinque fottutissimi anni da quando se n’era andato lasciandomi sola, mentre il mondo mi crollava addosso.
 Avevo già provato a contattarlo, ma non mi aveva mai risposto né ai messaggi, né alle telefonate; non si era degnato a chiamarmi, neanche una volta per dirmi che non voleva più sentirmi.
Qualsiasi cosa facessi mi ricordava lui.
Lo odiai; provai a dimenticarlo, a cacciarlo definitivamente dalla mia vita, ma furono solo tentativi vani.
Quel giorno non sapevo cosa mi fosse preso. Mi sentivo sola, così uscì di casa per prendere un po’ d’aria.
Fu come se le gambe camminarono da sole. Ptf, vatti a fidare dell’instinto…
Mi ritrovai, per la prima volta dopo cinque anni, in quella piccola spiaggetta; tutti i ricordi di noi tre lì mi ripiombarono addosso come un macigno.
 Sentì il desiderio di ascoltare la sua voce, così, senza nessun motivo apparente.. Presi il telefono dalla tasca e cercai il suo numero, non l’avevo mai cancellato…
Solo una volta, un secondo e poi chiudo, che succederà mai? Continuavo a ripetermi.
Era tutto così insensato, anche il fatto di aver schiacciato il verde lo era.
Non avrei mai dovuto farlo.
“Si consiglia di chiudere la chiamata e riprovare domani, perché il proprietario del telefono è troppo occupato a…” Era la voce di una ragazza.
 Che ci faceva una ragazza col suo telefono?
Sentì la faccia bollire, ma non sapevo precisamente per cosa; forse gelosia, forse ero gelosa del mio vecchio fratellone…
No, impossibile, non ero in me quel giorno.
“Dai, smettila…e dammi qua! Pronto?” Era lui, stava ridendo; mi venne spontaneo sorridere di rimando.
Stavo pensando a quanto la sua voce era cambiata e a come fosse… bella, profonda, roca, se…
Ecco, ve l’avevo detto io che non ero io! Qualcuno doveva essersi impossessato del mio corpo, sisi sicuramente…
Ma che cavolo vado a pensare?
...
Quando... mi ricordai della ragazza che stava con lui, e capì che ero di troppo.
“Pronto?” Ripeté.
“…Io…” Sussurrai, incerta.
Non sapevo cosa dire, dovevo chiudere, ma volevo sentire ancora la sua voce.
“Ro…” Parlò così piano che faticai a sentirlo, pensai addirittura di averlo immaginato.
Sicuramente lo avevo immaginato.
“Io n-non la conosco, mi disp…” Sentire quelle parole pronunciate da lui, fu come un colpo al cuore.
Lanciai il telefono sulla sabbia e cominciai a piangere.             
“Ti odio…”  Mormorai.
La chiamata era ancora aperta.


 
“It’s time to get uup! It’s time to get up!!” Sola ora mi accorsi che i miei due amati fratellini stavano saltando sul letto continuando a canticchiare, o meglio gridare quella frase.
Alzai le mani e gli occhi verso l’alto prima di nascondere il viso sotto il cuscino.
 
“Roro, hey, ma tu stai piangendo?” Quella vocina così dolce non poteva che essere del più piccolo. Non era cattivo, solo che seguiva quello che faceva il grande.
Roro…
Ogni volta che lo sentivo chiamarmi così il mio povero cuore perdeva un battito.
Solo lui prima lo faceva.
 Avrei dovuto dirgli di smetterla, ma era così... piccolo, aveva 5 anni.
Alzai di poco il cuscino per poterlo vedere. Due occhioni azzurri, nascosti da qualche ricciolo biondo, mi scrutavano. 
Assomigliava tanto al nonno.
“No, Will, non preoccuparti.” Lo rassicurai.
Era l’unico della famiglia che si preoccupava così per me, o almeno da quando il nonno non c’era più. Lui mi voleva un sacco di bene, a volte, credevo, anche più di quanto ne volesse alla mamma: loro due non facevano che litigare. E’ morto un anno prima che Will nascesse, come se fosse rinato in lui, strano vero?
Will e il nonno erano praticamente uguali, sia nell’aspetto, che nel carattere; solari, simpatici, affettuosi e testardi.
“Su, andiamo a fare colazione, se no si fa tardi.” Gli sorrisi e lui sorrise a sua volta.
“It’s time to get up…?”  Mi invitò a dire, titubante.
Gli sorrisi divertita, alzandomi di nuovo con il busto, per poi gridare:
“It’s time to get uuup!!”
Zac, più grande di Will di tre anni, mi guardò stranito, fermandosi; anche perché non aveva fatto altro che saltare e gridare da quando mi ero alzata, senza curarsi della conversazione che avevo avuto con Will.
Mi alzai dal letto e mi diressi in cucina.
Quelle due pesti, infondo, erano riusciti a rallegrarmi di un po’ la giornata.

Non feci in tempo a fare neanche un passo dentro l’enorme cucina che faceva anche da soggiorno, che qualcuno mi stritolò in un abbraccio.
Un profumo troppo forte mi fece arricciare il naso; lo stritolatore non poteva che essere…
“ Ma buon giorno sorellina!”
…la mia dolce sorel-lona?.
Potrà avere un viso da angioletto – aggiungendoci a parer mio:…caduto in un secchio di vernice, ogni giorno di un colore diverso!!-, ma vi assicuro che era una vipera di prima categoria.
“Ma che…-mi trattenni per non esser giudicata ancora una “gran maleducata” e per poi non poter più uscire da casa (l’unica cosa che mi concedevano)- …succede?”
Feci uno dei miei sorrisi più finti, ormai c’ero abituata.
“Oh, se solo sapessi…” Fece la vaga, sorridendo malignamente.
Lo sapevo io che c’era qualcosa sotto.
Finalmente si allontanò e, sculettando, si diresse verso il divano buttandocisi sopra, per poi prendere il telefonino e messaggiare con chi sa chi.
 
La odiavo, e, un pò, la invidiavo anche; veniva considerata dai miei: dolce, simpatica, allegra e studiosa; addirittura! Lei che a stento prendeva una A o una B solo grazie all’aiuto di qualche secchione o qualche professore corrotto.
Mentre io ero la maleducata, la ribbelle, quella che non parlava mai, sempre arrabbiata e quella che doveva impegnarsi di più; quando Io non uscivo quasi mai e solo Io mi spaccavo il culo per studiare e prendere buoni voti.
A lei, la ragazza perfetta, era concesso tutto, a me, “ il maschiaccio” –solo perché mi piacevano lo sport e il calcio-, niente.
Perfetta.
Chi lo è poi? Insomma, la perfezione, in se per se, non esiste. Ognuno ha un proprio concetto di perfezione.
E secondo me la perfezione senza i difetti è noiosa,ecco; poiché spesso sono proprio quei particolari, dettagli, difetti, che ti fanno stare simpatico qualcuno, o ti ci fanno innamorare.

Mi riscossi dai miei pensieri, mi capita spesso di “stare sulle nuvole”, e andai a sedermi e a gustare la colazione già pronta…
Cosa, cosa, cosa? Colazione già pronta? Naa, è un miraggio, pensai.
Alzai la testa dal latte e i cornetti, e solo allora mi accorsi che mia madre era ai fornelli.
Altro miraggio, sisi.
Lei non la preparava da un secolo la colazione, cioè capitava solo in occasioni speciali e quel giorno non mi sembrava ci fosse qualcosa.
“Chiudi la bocca o ti ci entrano le mosche!!” Mi prese in giro la mia carissima sorellona.
Mi limitai a fulminarla con lo sguardo –Oh, se solo lo si potesse fare davvero!!- e mi rigirai verso mia madre, tanto per essere sicura; per poi dare un’occhiata anche a mio padre, non si sa mai che anche lui abbia qualcosa di insolito, pensai.
Leggeva il giornale. Ok, fin qui tutto normale ma… Come mai le sue labbra erano curvate all’insù? Devo essermi persa qualcosa , o, magari, mi trovo in un’altra casa! Cominciai a pensare, incredula.
Le due pesti che mi svegliano sorridenti, la vipera che mi abbraccia e allude a qualcosa, mamma che cucina e papà che sorride.
Questa non è casa mia.
Ma si dai, e magari ti trovi in un’altra dimensione, non ci hai pensato??

 La mia coscienza. Davvero carina, non trovate?
Mi decisi a chiedere spiegazioni.
“Mamma?...” Chiesi titubante, neanche mi avrebbe mangiato.
“Si tesoro?” Tesoro. Oddio.
“Mi vorresti spiegare che caspita succede?!” Sganciai la bomba.
Tutti si girarono verso di me, ammutolendo. Papà, smise di leggere il giornale, le due pesti smisero di rincorrersi e a mamma gli cadde la pentola che aveva appena preso; solo Jennifer non si curò di niente, continuando a mandare messaggini.
 “ Oh, ehm…niente, pe-perché?” Cosa? Ma che le prendeva??!!
Di solito, per prima cosa, mi avrebbe sgridato per il modo in cui mi sono rivolta a lei e, forse, dopo mi avrebbe risposto; ma mai sarebbe stata così... insicura. 

Vidi la vipera alzarsi dal divano e avvicinarsi al tavolo, sorridendo…Trionfante, forse?
Alzai un sopraciglio, invitandola a parlare.
 Ne ero sicura, lei sapeva tutto; sapeva che stava succedendo e anche che la cosa non mi sarebbe affatto piaciuta.
Cara sorellina calcò- torna il tuo fratellone. Torna Matt!! Non lo avrai dimenticato spero?”

Sbiancai.

 



Signori e Signorine ecco a voi…il primo capitolo!!
*Applausi? Naa, si sentono le cicale!!*
Ahah, almeno loro ci sono u.u
Comunque, se qualcuno -che non sia una cicala- sta leggendo, che ne pensate?
E’ una chicca,vero?
E’ un po’ triste, ma ho cercato di ravvivarlo come potevo.

Se non avete capito qualcosa, o avete consigli, o correzioni da dirmi scrivetemi pure (ci spero tanto...).
Non è lunghissimo ma non sapevo se vi sarebbe piaciuto, così mi sono fermata, anche per non confondervi; mi stavano uscendo più lunghi i ricordi, che quello che sarebbe dovuto succedere in realtà.
Quando parla dei legnetti, praticamente e un sogno dentro al sogno, o un ricordo dentro al sogno…booh
In questo capitolo non compare Matt di persona, ma nel prossimo incomincerete a conoscerlo. Non metto foto dei personaggi, come vado avanti con i cap. li descrivo un po’ e lascio a voi l'immaginazione.

Un ultima cosa(ma non ultima), poi non vi rompo più.  c;
Grazie a chiunque stia leggendo c’:

 

Un bacione,
da una delle tanti scrittrici (-sognatrici) :*

 

  


 

 
 
 
  

 

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Capitolo 3
*** Only a dream; or maybe not... ***


Only a dream; or maybe not...

 

Mi trovavo sulla nostra... cioè mia piccola spiaggetta, sola, coricata a pancia in su sulla sabbia, dove mi ero buttata appena arrivata. Avevo ancora il fiato corto per la corsa e le guance bagnate per il pianto; il primo luogo che mi venne in mente come rifugio, fu quello.
Non riuscivo ancora a credere a quello che avevo appena fatto; non riuscivo a credere che fosse successo veramente, ma potevo giurare che fu come togliermi un altro peso dalle spalle.

Provai a tornare in dietro con la mente, a ricordare…
* * * * *
 
“Torna il tuo ex-fratellone sorellina!” 
Ex.
Mi rabbuiai.
“Torna Matty, non lo avrai dimenticato spero?” Mi sfidò con lo sguardo sapendo, però, di aver già vinto.
Pronunciò quelle parole felice e ingenua, come se lei non fosse l’unica a sapere del nostro litigio, come se non sapesse che io ci soffrissi ancora…

Fu la prima da cui corsi quando lui partì.
Nonostante fosse cattiva con noi, anche perché gli davano fastidio i nostri piccoli scherzetti, l’ammiravo tantissimo; ai miei occhi da bambina sembrava perfetta, andavo orgogliosa di avere una sorellona così, per i suoi premi, per la sua bellezza…
Quando mi vide correre da lei con le lacrime agli occhi, rossa in viso e tremante, sembrò intenerirsi, non sembrava più lei: mi circondò con le braccia in un caloroso abbraccio e lasciò che mi sfogassi mentre mi accarezzava i capelli, consolandomi; quando, a un tratto, mi spinse lontano da sé, come schifata, e, arrabbiata, mi cacciò via dalla sua stanza. Uscendo sentii i suoi singhiozzi soffocati da qualcosa; stava piangendo, ma non ne capì il motivo, tutt’ora non lo capivo.
Da allora… fu guerra aperta.
 
Non riuscivo a credere a quello che disse; doveva essere qualche bugia delle sue, solo per ferirmi.
Ma allora perché gli altri non la fermarono? Perché??
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma da essa non ne uscì alcun suono.
Mi sentivo a pezzi; come se la corazza che cominciai a costruire dalla sua partenza fosse crollata in un sol colpo, lasciandomi ancora una volta indifesa.
Mi guardai intorno; tutti mi fissavano aspettando una mia reazione.
Avrei dovuto gioire? Forse, ma non lo feci. Cosa si aspettavano da me?
“Sorpresa!” Urlò all’improvviso e non molto convinta mia madre, dopo aver lanciato un’occhiata ammonitrice a Jessica, la vipera, un anno più grande di me.
“Bè… sarebbe dovuta essere una sorpresa. Non ti avremmo dovuto dire niente fino al loro arrivo, questo pomeriggio…” 
Qesto pomeriggio, quelle parole mi rimbombavano in testa, come a prendersi gioco di me.
“…Ma qualcuno ti ha già svelato quasi tutto, quindi…”
Jessica. Perché?
“…Pensavamo ne saresti stata contenta…”
Non sentì quasi più le gambe, il mio viso, come se fosse possibile, impallidì ancor più…
Lui non poteva tornare proprio ora! Non poteva...
Un turbine di emozioni contrastanti mi travolse: provai rabbia, delusione, forse un pizzico di gioia nascosta…
Passai dal sentirmi come crollare a pezzi, sconfitta, a una rabbia e una delusione troppo grande, tenuta a bada per troppo tempo; come un fuoco che divampava all’improvviso, diventando incontrollabile.
Strinsi i pugni cercando di trattenere le lacrime e non piangere proprio adesso, non davanti a loro.
“Allora? ...Tesoro?” Mi incitò, vedendo che continuavo rimanevo immobile, con lo sguardo basso.
A quella parola pronunciata di nuovo da lei, scoppiai.
“N-non mi chiamare più tesoro!!” Quasi gridai alzando gli occhi in alto, lucidi. “ Non lo hai mai più fatto, pe-perché ricominciare proprio adesso?…” Continuai, stavolta con la voce strozzata.
Sentì una lacrima rigarmi il viso mentre guardavo negli occhi quella donna che chiamavo madre.
Vidi guardarmi tutti increduli; non avevo mai gridato in faccia, o risposto in quel modo ai miei genitori, mai…
Scorsi delle lacrime sul volto di mia madre, su di lei che non era stata quasi più sensibile, e si era dimostrata sempre dura e pretenziosa dopo la loro partenza.
Dal trasferimento dei Walker non cambiai solo io.
 
I miei genitori erano i migliori amici dei signori Walker, anche per questo io e…lui ci siamo conosciuti sin da piccoli diventando subito migliori amici, eravamo come due fratelli, forse anche qualcosa in più; non ci separava nessuno allora, dov’era uno trovavi sempre l’altro, con la differenza, però, che i nostri genitori continuarono a sentirsi col tempo, mentre noi… Non c’era più un noi, pensavo fossimo inseparabili e invece lui mi aveva dimenticata facilmente…
 
Scossi la testa, sarà stata una mia impressione.
Guardai ognuno in faccia; persino i miei frat…le due pesti erano rimaste a bocca aperta, solo che loro, notai, tenessero le mani davanti alla bocca, come per non correre il rischio che gli entrasse qualcosa.

Che ci facevo ancora li? Mi chiesi.
Gli occhi mi si riempirono ancora una volta di lacrime.
Scappai.
Uscì di casa correndo, senza curarmi minimamente di indossare ancora il pigiama – maglietta e pantaloncini con gli orsacchiotti-, era l’ultimo dei miei pensieri in quel momento. Corsi senza meta, non guardavo neanche dove stessi andando, mentre le lacrime venivano asciugate dal vento.
M…Lui non poteva tornare, non ora; non così senza dirmi niente e facendo finta di non conoscermi solo un mese prima! Per quanto volessi bene ai signori Walker e li considerassi come due secondi genitori, non volevo tornassero, non con il loro figlio.
Quando mi lasciò fu come se si portò con se metà della mia anima, come se si porto via quasi tutto il mio coraggio, la mia forza; lui era la mia forza.
Mi fermai di colpo, rendendomi conto solo dopo un bel po’ di corsa di quello che stavo facendo.
In quel momento ero spaesata.
Mi trovavo nel centro del mio paesino; c’era chi mi guardava curioso, chi invece mi derideva.
Ma chi se ne frega! Pensai.
Al diavolo tutti e tutto!
 
Non sapevo dove andare…
 
“Sapete che questo è un posto magico? Basta chiudere gli occhi e qui potrete diventare chiunque vogliate essere: un pirata, un mago…” Raccontava il nonno, era il secondo giorno che ci portava lì.
“Anche una fata? Possiamo volare come Peter Pan?” Chiesi speranzosa, gli occhi mi brillavano.
“Certo che potete. Quando vi immergerete sott’acqua, lì sarà come volare, vi sentirete liberi, senza pensieri…” Continuò.
“Come la canzone che cantano Pumba e Timon (1) ??” Lo interruppe il mio migliore amico.
“Ahah certo.” Ci guardò felice, i suoi occhi azzurri brillavano come riflesso dei nostri.
“Se da grandi vi sentirete soli, come se tutto vi stesse crollando addosso senza freni, o magari per pensare, venite qui e guardate il mare, ci sarò anch’io affianco a voi per darvi consigli, anche se non potrete vedermi io sarò qui, ok? Con me funzionava; fu pure mio nonno a pormi qui, questo posto mi ha sempre aiutato a riflettere…” Il nonno si perse nei pensieri.
 Noi eravamo piccoli – il mio migliore maico aveva 8 anni, mentre io ne avevo 6-, non potevamo capire, non potevamo sapere che lui sarebbe morto fra qualche anno, non potevamo…
 
Ricordai le sue parole. Il mare. Non era lontano, potevo nascondermi lì.
Ricominciai a correre; arrivai nella spiaggia più grande e corsi dal lato sinistro, percorsi un sentiero per poi scendere in un’altra spiaggia più isolata e più piccola. Arrivai davanti ad enormi scogli; non avendo una barca, li scavalcai stando attenta a non cadere, per poi buttarmi sulla sabbia, sfinita.
* * * * *


Riprendendomi dai pensieri, quasi automaticamente mi alzai, mi tolsi il pigiama, rimanendo in mutande, reggiseno e canotta, e corsi in acqua tuffandomi a pesce.
Normalmente mi sarei vergognata anche in un posto isolato come quello, non si sa mai spunti qualcuno… Ero abbastanza paranoica a volte, lo so, ma mi vergognavo del mio fisico, delle mie forme che secondo me erano un po’ troppo… evidenti. Non che fossi così in carne, non mi lamentavo per quello; avevo un fisico slanciato, si, ma invece dei fianchi mi ritrovavo due bei cuscinetti e sul petto una quarta di seno che, sinceramente, odiavo e nascondevo dietro a maglie giganti e felpone di inverno.
 In quel momento, però, cercai di non pensare a nulla, e il mio fisico si sarebbe ritrovato comunque negli ultimi posti.
Senza pensieri.
Io sono qui con voi.
Ma lui non c’è nonno. Se ci fossi ancora, non ci crederesti neanche che sono qui per causa sua… Pensai, come se potesse sentirmi.
M’immersi sott’acqua, e lì, fu come volare.
 
Stavo tornando a riva quando, all’improvviso, ebbi un crampo alla gamba. Faceva male, ma riuscì a gestirlo e a uscire dall’acqua, ci ero abituata ormai. Mi sedetti appena arrivata a riva, riuscendo a calmare il dolore; allora provai ad alzarmi e ad avanzare, ma la testa cominciò a girarmi.
Caddi sulla sabbia.
Tutta la stanchezza che avevo accumulato mi ricadde addosso, violenta. Gli occhi si chiusero da soli e non vidi più niente.
 * * *
 
Lentamente aprii gli occhi; al posto delle palpebre mi sembrava di avere due macigni. Vedevo tutto sfocato, c’era poca luce e… silenzio.
Piano piano la vista migliorò, mi guardai intorno: le pareti blu, la grande finestra alla mia destra col davanzale, la scrivania davanti a me, i libri sparsi qua e là, gli altri due lettini accanto al mio…
Era la mia stanza.
Ma come avevo fatto a ritrovarmi lì? Non stavo a mare? E il litigio?
Era già notte? I Walker non erano ancora arrivati?
Forse ho solo fatto un brutto sogno, ma era tutto così reale…  Sospirai.
Stavo per rimettermi a dormire, quando mi accorsi di due presenze ai miei lati. Nella penombra notai qualche ricciolo biondo alla mia destra, Will; mentre alla mia sinistra c’era una cresta castana, Zac.
Che ci facevano loro due qui?
Li osservai per qualche minuto, erano così carini quando dormivano, sembravano due angioletti, peccato di giorno si trasformassero.
Decisi di alzarmi e andare a sciacquarmi la faccia con un bel po’ d’acqua fresca per riordinare le idee.
Cercai di muovermi più cautamente possibile per non svegliarli, per poi dirigermi in bagno mezza addormentata, barcollando qua e là peggio di un’ubriaca.
Non feci nemmeno in tempo a uscire dalla stanzetta che sentì una piccola voce, impastata dal sonno, reclamare la mia attenzione.
Missione fallita.
“Ronny? Stupida sorellona stai bene ora?” Era Zac, sembrava preoccupato… per me.
“Si, cioè…io credo di si. Perché? Che è successo?” Chiesi, confusa più che mai.
“Matt ci ha detto di controllarti, così ci siamo coricati insieme a te, e ci ha detto, che se ti saresti svegliata, di dirti di scendere giù.”
“C-cosa? Scherzi vero?... Come ti vengono certe pensate a quest’ora della notte!” In un primo momento mi presi d’ansia, pensai dicesse davvero sul serio.
Guardai la sveglia: erano le 2.
“No no, giuro! E’ la verità, tu scendi.” Non mi convinceva, o almeno era quello che (volevo credere) credevo.
“Si, come vuoi. Ora dormi, su. Notte piccolo moccioso.” Dissi scherzando.
Stavo per aprire la porta, quando sentii ancora la sua vocina mezza addormentata chiamarmi.
“Che c’è ancora?”
“Possiamo dormire nel tuo lettino?” Chiese, angelico.
Stavo cominciando a preoccuparmi seriamente io, ora.
“Ormai che ci siete…”
Scorsi un piccolo sorriso sul suo volto; quel giorno o ero completamente stramba io, o lo erano gli altri…
 
Finalmente raggiunsi la mia agognata meta, accesi la luce e chiusi la porta senza veder niente. Riuscì a raggiungere il lavello e mi sciacquai la faccia con dell’acqua gelida, rabbrividendo, ma svegliandomi del tutto. Dopo essermi asciugata il viso, aprì per bene gli occhi, ormai abituati alla luce della lampadina, e mi guardai allo specchio: i capelli castani, lunghi e ricci  erano arruffati, ognuno andava per conto suo; i banali occhi marroni erano un po’ rossi, e la pelle chiara era leggermente arrossata, come scottata. 
Abbassai lo sguardo su ciò che mi faceva da pigiama: una maglietta nera, a maniche corte, dei Green Day, solo quella con sotto la biancheria. Cosa..?
Non era mia, e in più mi stava gigante, arrivandomi giusto un po’ più sotto il sedere.
La pelle scottata, i capelli che sembravano esser appena usciti da una centrifuga, quella maglia…
La mia testa era piena di domande e incertezze.
Di chi era la maglia? Chi me l’aveva messa? Chi mi aveva riportata a casa??! E poi Lui che diceva alle pesti di controllarmi…? Che..?
Forse sto ancora sognando, forse è solo la continuazione di quel sogno…  Mi tranquillizzai pensando che tutto quello fosse irreale.
Ma era la verità o solo quello che volevo credere?

Scesi in cucina a bere un po’ d’acqua, quando, entrando, mi accorsi che qualcuno dormiva sul divano; era agitato, non stava fermo un attimo. Mi avvicinai impaurita.
Chi era? Mi chiesi, prima di ricordarmi che era solo un sogno; era tutto a posto, non dovevo preoccuparmi.
Feci qualche passo verso il divano, mi inginocchiai davanti a quell’essere che non stava buono un secondo e, quando girò la testa verso di me, rimasi impietrita.
Era lui.
Si, proprio lui… il mio lui, no, non il mio lui, lui…lui e basta!
Che dovevo fare?...
Era solo un sogno.
Istintivamente avvicinai una mano al suo viso, accarezzandogli una guancia; sembrò calmarsi sotto il mio tocco.
Solo un sogno.
Con le dita seguì i lineamenti del suo viso; cominciai dalla sua mascella un po’ squadrata, alle sue guance appena ruvide per la barba che stava per ricrescere; dai suoi zigomi alti arrivai al naso suo naso a patata, per poi scendere verso le labbra, giusto un po’ sottili, morbide e rosee labbra. Ero intenta a seguirne il contorno, incantata, quando queste si curvarono all’insù in un dolce sorriso, mentre io sorridevo come specchio del suo umore; notai che quelle dolci e piccole fossette, che comparivano ai lati della sua bocca quando era felice, non erano scomparse.
Era solo un sogno.
Passai una mano tra i suoi morbidi capelli mossi, castani e scuri; e pensare che da piccolo era biondo. Scossi la testa, sorridendo ancora a quel pensiero.
Adesso era più calmo e sorrideva leggermente, mentre io gli accarezzavo i capelli, quando, ll’improvviso, aprì lentamente gli occhi. L’azzurro tendente al grigio dei suoi occhi abbagliò i miei, scuri. Mi alzai di scatto, indietreggiando e smettendo di giocare coi riccioli dei suoi capelli.
 Appena alzò lo sguardo e mi vide s’irrigidì, facendo scomparire quell’espressione beata e calma che aveva assunto la sua faccia.
Ci guardammo negli occhi, entrambi increduli. Deglutii.
Era solo un sogno.
Mi riavvicinai a lui, vidi le sue labbra aprirsi, forse per dire qualcosa, ma si bloccò appena mi distesi accanto a lui sul divano.
Era solo un sogno, e volevo godermelo.
Nascosi il viso sul suo petto chiudendo gli occhi, e intrecciai le mie gambe alle le sue, mentre lui si irrigidiva sempre più.
Lo sentì sospirare e circondarmi con le braccia la vita.
Stavolta fui io a star tesa, ma era solo un sogno…Tra le sue braccia mi sentivo al sicuro, protetta.
Mi baciò la fronte, soffermandosi un po’ troppo sulla mia pelle con le sue labbra; alcuni brividi risalirono lungo la mia schiena, mentre la mia faccia avvampava e io incominciavo a sentire caldo, molto caldo. Non importava era solo un sogno…
Mi addormentai serena, non lo sentì più divincolarsi da quando mi misi accanto a lui, come se la mia presenza bastasse per calmarlo.
Era solo un sogno; ma quelle sensazioni, quel bacio, lui… sembrava tutto così vero…

 




Bibidi, bobidì, bù!
Rieccomi qui!! Con un altro capitolo e... forse peggio di quello precendente. -.-
Inanzi tutto mi scuso tantissimo per il ritardo.
In quest'ultima settimana ho potuto usare poco il computer, in più aggiungeteci la mia poca ispirazione che andava e veniva, e il documento Word che dopo averlo scritto se nè andato e non è più tornato -_-' 

Aaallora? Che ne pensate...? Ditemi pure che non è scritto bene, o che è brutto...non mi offendo, mi aiutano solo le critiche...sempre che non siano pesanti e non costruttive.

Sarà solo un sogno tutto quello che è successo a Ronny? Matt stava dormendo davvero sul divano? Perchè? Ah, bè...se solo la nostra protagonosta sarebbe stata più attenta alle parole della madre: dopo il "...quindi..." cos'avrà detto?
Che cucciolotti i fratellini *-* Sono furbi eh? Aahah Ma loro che si mettono le mani davanti alla bocca per non far entrare le mosche, dopo aver sentito quello che disse Jess a Ronny, e non solo per questo. Vi dico solo che Ica (Ronny) ed Matt secondo loro non starebbero affatto male inseme, come amici, ovvio. (i signorini sono gelosi u.u)
Vi piacciono i ricordi col Grande capo tribù? Forza gente, voglio un applauso per il saggio, il grandioso, il fantastico nonno!! Woooo....o. :P
Come vi sembra Matt? In questo cap. lo avete conosciuto solo esteriormente e neanche...avrà una bella, almeno secondo me, sorpresa Ronny quando si sveglierà. u.u muahahah la farò patire o...arrossire....
Vi siete imbrogliate leggendo? Perfavore, ditemi un pò che ne pensate....è troppo lungo, corto? Va bene come scrivo?
Spero lascierete qualche recensione con le risposte alle mie domande.

Ringrazio chiunque stia leggendo, chi ha messo la storia tra le seguite, chi recensisce... signfica tanto per me;

Un bacione,
spero continuerete a leggere,
alla prossima, ciaooo! :*

ps. vi è piaciuto il suo risveglio?
pps.  (1) avrete visto sicuramente, o quasi, non so, il Re Leone da piccoli...Ricordate...Hakuna Matataaa!!! (per chi vuole rinfrescarsi la memoria ;P :
http://www.airdave.it/t/tv/canzoni/testo_il_re_leone_hakuna_matata.htm
ppps. sisi è l'ultimo u.u volevo solo avvertirvi che per quanto un capitolo possa essere triste, con me non resterete mai seri. c;

 


 

 

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