Our American History X

di benzodiazepunk
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come Derek ***
Capitolo 2: *** Ora e sempre ***



Capitolo 1
*** Come Derek ***


Come Derek

 

Un urlo acuto mi sveglia dal mio torpore; no, non stavo dormendo davvero, di nuovo sonnecchiavo e basta. Cerco ingenuamente di riprendere il mio sogno da dove l'avevo lasciato ma un altro strillo rompe il silenzio della casa addormentata; chi non abita qui potrebbe pensare di trovarsi in mezzo a una tragedia. In realtà è solo mio fratello che si è svegliato di nuovo nel cuore della notte.
Sbuffo nel buio e cupi pensieri mi affollano la mente; un tempo non mi sarei dovuto preoccupare perché non dormo abbastanza, né tantomeno perché la mia famiglia sta crollando. I soldi scarseggiano, questa è la verità, già da parecchio tempo e da quando Derek se n'è andato le cose vanno sempre peggio.
Non posso fare a meno di pensare che ora sono io l'uomo di casa, dovrei almeno lavorare invece che andare a scuola a spendere soldi che potrebbero senza dubbio servire per altro, anche se mia madre ci tiene che io continui ad andarci; dovrei guadagnare, dovrei provvedere alla mia famiglia, dovrei prendermi cura di loro e saperli difendere, dovrei saper fare un sacco di cose…
Davvero non so cosa tutti si aspettano da me. Forse niente, ma io me ne accorgo degli sguardi severi e preoccupati che mi lancia mia sorella quando io non guardo.
Vorrei veramente riuscire a diventare come Derek, anche se la prospettiva sembra angosciare, quasi spaventare mamma. Però se fossi come lui non ci dovremmo più preoccupare di niente; saremmo di nuovo una famiglia rispettata e io sarei forte, non dovremmo avere più paura di nulla.
Ma non è così.
Io non sono Derek, e se lui non torna presto…
Il marmocchio continua a urlare perciò, dato che nessuno ha la benché minima intenzione di andare a vedere che succede, mi alzo io. Sono stanco morto, è da almeno tre o quattro giorni che non mi faccio una bella dormita come si deve per un motivo o per l'altro; un giorno un compito da finire, poi mia madre sta male, oggi il bambino piange, ce n'è sempre una. Non è possibile cazzo.
Senza neanche accendere la luce attraverso il salotto e mi avvicino al lettino, prendo in braccio il mio fratello più piccolo che inizia finalmente a calmarsi e lancio un'occhiata fuori dalla finestra. È buio, a occhio e croce non saranno neanche le cinque; una moto rompe il silenzio della notte sfrecciando lontano sotto la luce debole dei lampioni. Dovrebbero davvero decidersi ad aggiustarli, ‘sti lampioni. Da almeno un anno la maggior parte è bruciata e quelli rimasti illuminano la strada a singhiozzo, accendendosi e spegnendosi di continuo ronzando in modo sospetto.
Finirà che resteremo al buio, altroché.
E restare senza illuminazione di notte nel nostro quartiere non è una grande idea.
Oltretutto ora che Derek non c'è se una banda di negri decide di spararci in casa noi che facciamo? Quel cretino di Murray non può mica venire ad abitare qui per proteggere la mia famiglia al posto suo. Anzi, al posto mio.
Dopotutto sono l' unico uomo adulto in casa ora. Bell' affare davvero.
Ma tanto Murray non verrà; lo so che si continuavano a vedere, lui e mamma, ma da quando Derek l’ha cacciato e lei si è ammalata la cosa si sta raffreddando, e lui non verrà.
David dorme di nuovo finalmente. Chissà mai che riesca a dormire un paio d'ore prima di scuola, altrimenti amen, vorrà dire che faccio sega di nuovo e vado a dormire al parco, ora che al mattino non fa più così tanto freddo come prima.
Mi avvio in silenzio verso la mia camera e mi butto sul letto. È aprile ormai ma durante la notte fa ancora un freddo maledetto a casa mia, e i miei vecchi pantaloni di tuta, il mio pigiama direi più o meno da sempre, non mi tengono al caldo quanto vorrei.
Come posso prendere sonno ora?
Dio santo, odio quel bambino, qualche volta.
Mi giro e mi rigiro scombinando tutte le coperte. Non mi addormenterò mai, lo so.
L'attimo dopo è mattina. Il sole primaverile filtra dalle tende e in soggiorno c'è già un gran tumulto.
Vorrei tanto ignorare la sveglia e continuare a dormire. Fanculo la scuola, fanculo quel rompipalle di Sweeney, fanculo tutto. Ma ovviamente non posso; mi concentro su quel po' di senso del dovere che mi rimane e mi alzo sbadigliando.
In cucina Davina tenta disperatamente di scaldare il latte per David e di tenere a bada Ellie, senza peraltro ottenere risultati tangibili.
-Che diavolo sta succedendo qui?- sbotto ancora mezzo addormentato.
-Niente- risponde burbera Davina. -Tutto sotto controllo-
-Non so perchè ma non mi pare…- borbotto avvicinandomi al divano dove dorme mia madre e lasciandole un leggero bacio sulla guancia.
-Ellie, vieni qua- sbadiglio buttandomi su una sedia.
La bambina mi si avvicina saltellando e appena cerco di prenderla fugge via ridendo. 
-Ma cosa le avete dato stamattina?- chiedo perplesso, alzandomi e andandole dietro per non rovinarle il gioco. -E’ iperattiva. Non è normale! Vieni qui, piccolo mostro!- ridacchio poi nella sua direzione rincorrendola per la casa e facendole il solletico.
-Noooo!- strilla lei ridendo e lanciandosi sul divano tra le braccia di mia madre.
-Ora basta bimba. Devo andare a scuola io! Ha fatto colazione?- chiedo rivolto a Davina.
-Sì- risponde lei. -La accompagni tu all'asilo?-
-Cosa?! No!-
-Hey, tocca a te Danny. Non ci provare-
-E allora che me lo chiedi a fare se poi devo per forza?- borbotto addentando l'ultimo biscotto.
-Vai tu. Punto- conclude lei.
Mi alzo da tavola il più rumorosamente possibile e torno nella mia stanza; mi guardo intorno alla ricerca dei libri di scuola, impresa piuttosto ardua considerato il casino che c'è in giro, e li infilo nello zaino logoro. Rassegnato agguanto Ellie e le faccio indossare la giacca, saluto mia madre ed esco tenendo la bimba per mano piuttosto violentemente.
-Danny- pigola lei. -Danny Danny senti!- insiste. -Oggi a scuola dipingiamo la pasta di sale! Danny senti, io ho fatto un fiore! Lo posso regalare alla mamma, eh Danny?-
-Direi che è un' ottima idea…- borbotto senza entusiasmo.
-Oppure a Davina! Oppure posso regalarlo a Mike!-
-Chi diavolo è Mike?- chiedo, tutt'a un tratto interessato.
Ellie sbuffa. -Mike è il mio fidanzato- afferma con aria saputa.
-Chi scusa? Non puoi avere un fidanzato. Sei troppo piccola- borbotto. -E’ il tuo migliore amico, è così?-
-No no, è il mio fidanzato. C'è proprio tanta differenza tra un migliore amico e un fidanzato, lo sai? Con un amico si può chiacchierare e dire i segreti, e anche giocare, qualche volta, con un fidanzato invece non si gioca, si sta per mano e ci si…-
-Sì sì va bene, lo so cosa si fa con un fidanzato!- mi affretto a interromperla con tono funereo.
Mia sorella di cinque anni ha un fidanzato e io che ne ho diciassette neanche uno straccio di frequentazione. Patetico.
Intanto siamo arrivati alla scuola materna del quartiere e per fortuna possiamo accantonare l'argomento. Presto e bene mollo mia sorella alle maestre (Danny! di nuovo il tuo turno eh? Come va la scuola? E la mamma?) e posso dirigermi verso la mia, di scuola. All’entrata non mi aspetta nessuno. Non è che io abbia molti amici, ultimamente, me ne sto quasi tutto il tempo per i cavoli miei anche perché non ho tempo per uscire e girare senza meta come gli altri.
Mi dirigo svogliatamente verso il mio corridoio lanciando qualche occhiata in giro: tutto come al solito.
Odio la scuola. E odio questa scuola in particolare. Piena zeppa di negri, neanche il consigliere scolastico è bianco. È una vergogna, questa è la verità, ci fosse mio padre non permetterebbe mai a quello sporco figlio di puttana di darmi punizioni. Come se avesse davvero qualcosa da insegnarmi.
Mi infilo in bagno e mi accendo una sigaretta in santa pace; che meraviglia, il silenzio.
I muri pieni di scritte di generazioni di alunni mi sono ormai familiari come le pareti della mia stanza, mi rifugio sempre qui, quando voglio pensare in santa pace, stare da solo o semplicemente saltare una lezione.
Anche se a volte ci sono dei rompicoglioni che si credono i re della scuola.
Quando entro in classe il prof sta già spiegando da un pezzo, mi lancia un' occhiata di disapprovazione e continua a parlare mentre io prendo posto in fondo all'aula. Nessuno fa caso a me, ma in fondo è meglio così.
La verità è che l’unica cosa buona della mia vita era mio fratello Derek, e ora che anche lui non c’è più è tutto una stramaledettissima merda.

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Capitolo 2
*** Ora e sempre ***


Ora e sempre

 
Ho capito.
Ho capito tutto, mio fratello mi ha spiegato e mi ha convinto che ha ragione e che io sbaglio così come lui stava sbagliando.
Ha ragione, ha ragione lui, alla fine è sempre stato così.
Che importa se sono neri, se non sono come noi? Uno di loro ha salvato la vita di Derek, l'ha aiutato quando nessuno l'avrebbe fatto e gli ha permesso di tornare a casa da me. Da noi. La differenza tra le persone, il razzismo per la pelle... tutte stronzate, anche se io ci credevo davvero e mio fratello anche. Ci credevamo, è vero, ma tutti possono cambiare.
E tutte quelle persone che mi stavano intorno, che fingevano di essere miei amici quando invece lo facevano solo perché sono il fratello di Derek, e che fingevano di essere suoi amici quando invece stavano con lui solo perché era il più forte, il più coraggioso; erano tutte balle. Loro sì che sono degli stronzi, non quei negri che a me non mi hanno mai fatto niente, e che sì, se la sono presi con i bianchi, a parolacce e in risse, e certo, anche cercando di rapinare mio fratello della sua auto, ma vogliamo chiederci perché l'hanno fatto? Come se noi non avessimo mai fatto niente contro di loro.
Ovviamente questo non giustifica gli atti vandalici, e i furti, e tutto il resto, ma mi ha solo aiutato a capire che in fondo, e forse neanche così tanto in fondo, siamo proprio uguali, noi e loro. Tutti presi dalle nostre idee e dal nostro odio, fino ad arrivare a fare cose insensate e orribili.
E nessuno vuole avere torto. Manco a dirlo.
Ma ora non sono più così. Mio fratello è cambiato e io mi fido di lui.
Consegnerò la tesina al prof Sweeney, come vuole lui, e stavolta non farò storie perché è nero.
Mi avvio verso scuola con Derek e mi sembra un sogno. È da una vita che non mi accompagna a scuola, da anni; mi è mancato tantissimo. Prima di andare a scuola mio fratello mi compra la colazione, la migliore colazione da un bel po' devo dire, poi ci avviamo insieme. Chiacchieriamo, i problemi non sono finiti, ora tutti ce l’hanno con lui, i neri perché ha ammazzato due di loro e per tutto il suo passato, i bianchi perché li ha mollati; ci controllano anche casa tanto che Derek mi raccomanda di lanciare un’occhiata alla strada quando torno.
-Ce l’hanno a morte con te- dico, fermandomi vicino al cortile della scuola.
Derek ride. -Si calmeranno, vedrai. Sono sopravvissuto al carcere, questo sarà più facile-
-Andrà tutto bene?- chiedo.
-Sì- dice solo, non aggiunge nient'altro ma io mi fido.
-E che cosa farai?-
-Non lo so, qualcosa inventerò ma hey! Tutto andrà a posto, si sistemerà. Consegna quella tesina- aggiunge poi prima di salutarmi, e anche se un qualunque altro ragazzo della mia età sarebbe stato insofferente a me non da fastidio, anzi. Mi sento bene, bene davvero, ad avere mio fratello di fronte che mi dice di comportarmi bene e che mi da un abbraccio prima di andare via.
Quando entro a scuola Liz mi si affianca. Usciamo insieme stasera? Ok, allora a dopo. Fai la brava!
Tutto come al solito, a parte il fatto che ora sono di nuovo un ragazzino di diciassette anni e nulla di più. Niente più responsabilità assurde, niente più aspettative orribili, basta. Solo io, solo Danny Vinyard.
Entro in bagno, il mio solito bagno, prima di andare a lezione. Ho la tesina in mano, è prontissima da consegnare, come mi ha detto Derek, e ci vado subito, da Sweeney, così sarà contento una buona volta. Sono contento anche io. Mi è venuta davvero bene questa relazione, voglio sapere che ne pensa; sarà soddisfatto, lo so.
Mi giro, ancora perso nei miei pensieri, e di fronte a me si para un nero. Anzi no, un tipo.
Non lo ricordo bene ma mi pare di averlo già visto qualche volta… non faccio in tempo a ricordare in ogni caso perché quello alza il braccio e mi punta una pistola contro.
Il tempo di un mezzo pensiero, oh no, e spara.
Una, due, tre volte, e al terzo colpo cado all’indietro, contro il muro. Stringo gli occhi, non sento neanche male, ma quando guardo di nuovo il mio assassino vedo il suo volto schizzato di rosso. Sembra tutto al rallentatore, la tesina mi sfugge di mano, la vedo cadere poco lontano sporca di sangue, il mio sangue, la mia tesina, a cui avevo così tanto lavorato… ora non la potrò consegnare e nessuno si darà la pena di farla leggere a Sweeney.
E’ buffo, sto morendo e l’unica cosa a cui penso è una stupida relazione.
Quel negro mi ha sparato. E’ un assassinoma ora lo so, non perché è nero. E’ un assassino, punto, come lo è stato Derek in fondo… Derek. Vieni da me Derek ti prego, non voglio morire da solo sul pavimento di un bagno. Mi avevi detto che sarebbe andato tutto bene, “testa alta”, e che tutto si sarebbe sistemato, ma non era vero. Mentivi Derek! Sto morendo, mi vedi? Mi senti?
Ora inizio a sentirlo, il dolore, e sento il sangue che mi inzuppa i vestiti e che cola sul pavimento.
Intorno a me si raduna gente, deve essere passato del tempo, è la polizia, cazzo. Sono ancora vivo io, ehi voi!
Uno mi si avvicina mentre un altro ammanetta il ragazzo che, sporco di sangue e con la pistola ancora in mano, mi fissa sconvolto.
-Niente polso. E’ morto…- sento dire il poliziotto.
Aspetta un attimo, come morto?! Io non sono morto!
Però mi sento strano, anzi, a essere sincero non mi sento affatto. Credo di avere gli occhi chiusi ma ci vedo lo stesso, anche se sempre più faticosamente, non provo più dolore, neanche fastidio per essere seduto in modo piuttosto scomodo su un pavimento duro.
Derek, ti prego, vieni da me.
Sono morto, ora lo so, ma voglio vederti ancora una volta.
E infatti arrivi. Ti sento urlare nel corridoio, ti immagino mentre spingi via quei bastardi che ti vogliono tenere lontano da me, e poi ti vedo girare di corsa l’angolo del bagno e gettarti per terra di fianco a me. E piangi, piangi stringendomi a te, Derek. No, ti prego, non fare così. Non è colpa tua, ti prego. Sono io, sono io che sono stato un idiota a insultare quel ragazzo per niente, è colpa mia Derek, non tua.
Vorrei poterti dire che va tutto bene, che non è colpa tua, vorrei poterti dire di non disperarti, che ti voglio bene, tanto.
Ma non posso.
E pian piano l’immagine di te che stringi il mio corpo senza vita sfuma, per poi svanire per sempre.

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