Don't let me go

di fallintooblivion
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter one: Accidents ***
Capitolo 2: *** Chapter two: Meetings ***
Capitolo 3: *** Chapter three: Coincidences ***
Capitolo 4: *** Chapter four: Truths ***
Capitolo 5: *** Chapter five: Lies ***



Capitolo 1
*** Chapter one: Accidents ***





 

Chapter one: Accidents
 

Ecco, di nuovo. Stava succedendo ancora. Come quasi ogni giorno, Louis, il mio migliore amico, aveva suonato al mio campanello, mi si era buttato addosso in un abbraccio e aveva iniziato a piangere.
«Non ce la faccio più, Ellie.» Eravamo distesi sul mio letto, con un sacchetto di patatine e un barattolo di Nutella a tenerci compagnia. «Mi manca, mi manca da morire» continuava a ripetermi, alternando un mastichiccio ad un singhiozzo. «Devi capirmi, lo vedevo tutti i giorni. Non lo posso sopportare, io… io lo amo, Ellie, lo amo dai tempi delle medie.» Mi guardò con quei suoi occhioni azzurri gonfi di lacrime, ed io non potei fare altro che abbracciarlo.
«Lo so, Lou, lo so.»
Louis era gay. Gay e profondamente innamorato di un ragazzo che conosceva da cinque anni, ma che lo vedeva come un fratello maggiore. Lui soffriva un sacco, ma nonostante tutto approfittava della forte amicizia che li legava per stargli accanto. Adesso quel ragazzo era partito, si era spostato a nord per studiare canto con uno degli insegnanti migliori del Regno Unito. Non avevo mai sentito la sua voce, ma Louis diceva che tutte le volte riusciva ad entrargli nel cuore con prepotenza. E lui l’adorava.
«Sono sicura che gli manchi anche tu.» Gli sorrisi dolcemente, cercando di tranquillizzarlo. 
«Lo spero.» Mi sorrise anche lui, ma tristemente.
«Quando torna? Alla fine delle vacanze estive, hai detto?»
«Non lo so, io… lo spero, in quel caso mancherebbe davvero poco. Però mi aveva detto che forse si sarebbe fermato di più.» Ritornò ad ingozzarsi come prima.
«Ma dai, pensaci: deve tornare, c’è la scuola!» esclamai dopo averci pensato un po’ su.
«Ma Ellie, ha un futuro come cantante, chi se ne frega della scuola!» Mi guardò sbuffando, e poi si rivolse verso il soffitto. «Sono davvero un egoista se spero che torni in fretta. Cazzo, stiamo parlando del canto, il canto è la sua strafottutissima passione.»
«Non sei egoista, Lou, sei soltanto innamorato» gli dissi, nonostante non sapessi a pieno cosa significasse. Non ero mai stata innamorata di qualcuno, non in quel modo almeno. Le mie erano state soltanto cotte di poca importanza. Sì, ero stata con un ragazzo, Jake, per quattro mesi, ma quando lui mi piantò perché non ero minimamente intenzionata a farmi sverginare nel bagno piccolo e sudicio del suo migliore amico - nel giorno del suo compleanno, inoltre - non ci rimasi nemmeno troppo male.
Mi sorrise, stavolta in modo sincero. «Grazie, Ellie. Solo tu mi fai tornare il buonumore.» Mi abbracciò con dolcezza, e rimanemmo così per tutta la sera.
 

__________

 

Mi svegliai di soprassalto, probabilmente dopo aver fatto un incubo. Mi misi a sedere sul letto, con la testa rivolta verso il pavimento e gli occhi chiusi, e presi a sbadigliare, iniziando a stiracchiarmi. Aprii un occhio, e afferrai il cellulare da sopra il comodino.

Da: Louis
Dove ti sei cacciata? Sei in ritardo di più di mezz’ora!

«Oh, merda» imprecai alzandomi di scatto. L’avevo completamente sc
ordato, dovevo uscire con Louis e Min, e invece, come al solito, non avevo sentito la sveglia.
Scesi di corsa le scale dopo essermi lavata e vestita, e mi legai capelli in una coda.
Sul tavolo della cucina trovai un biglietto: “La colazione, è nel microonde. Xx, mamma ”.
Come sempre, anche quella mattina era uscita presto. Presi i toast ancora tiepidi e li imburrai rapidamente, per poi afferrare la borsa e uscire di casa.
Iniziai a correre, con un toast in bocca e il cellulare in mano, mentre tentavo di scrivere un messaggio.

A: Louis
Perdonatemi, sto arrivando!

Sapevo che non appena arrivata Min mi avrebbe uccisa, dato che lei aspettava quel giorno da un sacco, visto che con noi ci sarebbe stato anche Wren, il ragazzo che le piaceva.
D’altronde, era anche un modo per far distrare Lou, che, ne ero sicura, non smetteva di pensare al ragazzo che amava.
Finalmente arrivai al luogo dell’appuntamento. «Oddio, ragazzi, vi chiedo umilmente perdono!»
«Non so se sono disposta a concedertelo» disse Min, rivolgendomi uno sguardo duro.
Louis sospirò. «Dai, Min, sappiamo com’è fatta. Sarebbe stato strano se fosse arrivata puntuale.» Mi guardò ridacchiando piano.
«Davvero, mi dispiace.» Guardai la mia amica, e lei sbuffò rassegnata.
«Lo so, lo so. Che palle, non ti resisto proprio.» Mi abbracciò ridendo appena.
«E adesso? Dove sono gli altri?»
«Ho parlato con Wren, loro sono già in centro, dobbiamo raggiungerli» disse Louis controllando l’ora sul cellulare. «E sono già le dieci.»
«Muoviamoci allora!» Min iniziò a camminare, e Louis ed io la seguimmo.
Arrivati in centro, trovammo Wren e altri due amici seduti al tavolo di un bar. Lui iniziò ad agitare le braccia per farsi vedere, e noi li raggiungemmo subito.
«Ellie!» Wren mi venne ad abbracciare stringendomi forte.
«Mollami, sei appiccicoso» sputai in tono secco.
Lui ed io eravamo stati compagni di classe alle elementari, e alle medie si era preso una cotta per me: me l’aveva ripetuto più e più volte, ma io non l’avevo mai preso seriamente.
Ovviamente, Min non ne sapeva niente, ma ero sicura del fatto che fosse stata solo una cotta passeggera: lui era sempre stato un Don Giovanni.
«Allora, cosa posso offrirti, dolcezza?» mi chiese Wren sedendosi accanto a me.
«Un bel niente, ho già mangiato» sospirai. «Perché non offri qualcosa a lei invece? Guardala, sta morend
o di fame» gli dissi parlando della mia migliore amica.
Lui si girò verso di Min. «Ma certo» sorrise, e sapevo che lei si stava sciogliendo solo a guardarlo.
«Okay, Mindy. Ti va se ci dividiamo un frappè?»
«Intendi… intendi tu ed io?» Le sue guance erano in fiamme.
Wren annuì e le sorrise ancora una volta: che idiota, aveva capito che Min pendeva dalle sue labbra e aveva iniziato a fare il cretino.
«Va bene… va bene allora!» gli rispose lei, cercando di non dare a vedere il suo entusiasmo.
Si alzarono entrambi dirigendosi verso l’entrata del bar. Wren mise un braccio attorno alle sue spalle, poi si girò verso di me e mi fece l’occhiolino.
Confermo, che idiota.
Il resto della mattinata trascorse abbastanza tranquillo: Wren non la smetteva di fare battute stupide e senza senso, alle quali solo Min rideva. Louis non la finiva di messaggiare, e sapevo perfettamente con chi. Quando giunse l’ora di andare, Lou e Wren si alzarono per andare a pagare. Ovviamente, quel distratto del mio amico lasciò il cellulare sopra il tavolo.
Questo, ad un certo punto, vibrò. Sapevo che non avrei dovuto farlo, ma la curiosità era troppa: lo presi e lessi il messaggio, che diceva: “Lo so, amico. Mi manchi anche tu. Ma, fidati, qua è… wow. Indescrivibile. Mi sento a casa”.
«Che stai facendo?» mi chiese Louis spuntando da dietro con uno sguardo che uccideva.
Sapevo quanto odiasse che leggessi le discussioni con il suo lui, le riteneva qualcosa… di suo.
Come se mi stessi mettendo in mezzo in qualcosa che non mi riguardava.
«Io… mi dispiace.» Non avevo scuse.
«Ridammelo» sussurrò a denti stretti, strappandomelo praticamente dalle mani.
Non dissi niente, e abbassai la testa sospirando.
Wren guardò prima me e poi Louis, scuotendo appena il capo.
«Mindy, posso accompagnarti a casa?» disse rivolgendosi a Min, che subito annuì.
«Mi dispiace Ellie, ci vediamo domani.» Mi lasciò un bacio sulla guancia, salutò tutti con un cenno della mano, e poi salì sul motorino insieme a Wren.
«Andate piano!» urlai: su quel motorino ci ero salita, e lui non sapeva regolarsi.
Wren rise appena, e sfrecciò sulla strada, con Min che si teneva stretta a lui.
Dopo aver salutato gli amici di Wren, anche io e Lou ci incamminammo verso casa.
Lui non disse una parola per tutto il tragitto, e neanch’io: sapevo che se avessi parlato avrei finito per dire qualcosa di sbagliato peggiorando la situazione.

 
__________


Ero stesa sul letto, con le cuffie nelle orecchie e il cellulare in mano, aspettando la risposta di Min al mio ventesimo messaggio. Sbuffai e chiusi gli occhi. Dove diavolo si era cacciata? Ero pronta a scommettere che si era fermata a mangiare con Wren in qualche ristorante italiano.
Sentii la porta di casa sbattere, e qualcuno salire rapidamente le scale. Mia madre entrò in camera mia, col fiatone.
Mi tolsi una cuffietta. «Sembra che tu abbia appena scalato il K2» dissi ridendo.
«Ellie, devo dirti una cosa… non ti piacerà.» Sospirò con aria corrucciata.
«Spara.»
«Ho appena parlato con la madre di Mindy…» si schiarì la voce. «Ha avuto un incidente.»

 





                                                                       





larrysfeels

Salve a tutti, e benvenuti nella mia nuova fanfic.
Non è la prima che scrivo, nè la prima che pubblico su EFP, ma non ricordo più la password del vecchio account, e ho deciso di aprirne un altro.
Che dire, spero che vi piaccia, insomma, il primo capitolo forse è un po
 banale, ma la storia dovrebbe migliorare col tempo... forse. 
Detto questo, buona lettura e grazie. 

 

Baci, Lauren.

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Capitolo 2
*** Chapter two: Meetings ***




 

Chapter two: Meetings
 

«Dio, mi spieghi che combini?» Mi sedetti accanto al suo lettino d’ospedale: fortunatamente aveva solo qualche ematoma qua e là.
«Wren guidava troppo veloce, e quando gli ho chiesto di rallentare, lui si è messo a ridere e ha accelerato.» Sospirò piano. «Si è girato verso di me per qualche secondo, per vedere la mia faccia credo, e siamo finiti contro un’auto.»
«Scherzi? Io lo ammazzo quel bastardo!» gridai furiosa.
«No» mi interruppe lei. «No, Ellie, lui… voleva frenare, ma si è accorto troppo tardi dell’auto che arrivava… ha cercato di proteggermi ed è messo male. Molto peggio di me.»
Già, tipico suo, prima sbaglia e poi cerca di rimediare.
Louis giunse davanti alla porta col fiatone. «Min! Sono arrivato il prima possibile.» Si avvicinò al lettino anche lui, senza nemmeno guardarmi.
«Grazie, LouLou.» Lei lo abbracciò e gli regalò un sorriso.
«Ehm… Min, sai in quale camera hanno messo Wren?» le chiesi.
«È nella stanza accanto» mi rispose lei indicando la parete di fronte a sè.
«Va bene, allora vado a fargli visita… cerca di riposare, ci vediamo domani.» Le lasciai un bacio sulla fronte e mi diressi verso la porta, ma Louis mi fermò per un braccio.
«Di’ al tuo amico che la prossima volta è morto» sussurrò a denti stretti.
Con uno strattone mi svincolai dalla sua presa, e ressi il suo sguardo provocatorio per qualche secondo, dopodiché uscii dalla camera senza degnarlo di alcuna risposta.
La stanza di Wren era chiusa, non sapevo se bussare oppure andarmene via, anche se la seconda opzione mi sembrava molto più allentante. Ma ormai ero in ballo,balliamo, dissi tra me e me.
Quando avvicinai la mano alla porta per bussare, uscì un’infermiera con un carrello sul quale vi era un vassoio pieno di cibo.
«Oh, sei qui per lui? Temo che stia dormendo, tesoro» sospirò lei. «Non ha mangiato niente, sono preoccupata.» Scosse appena la testa, e continuò a camminare.
Dopo aver fissato il numero della stanza per qualche secondo, decisi di entrare lo stesso, cercando di non fare rumore, e mi richiusi la porta alle spalle.
Mi avvicinai per guardarlo meglio: era ridotto malissimo. Una frattura al braccio destro, grandi ematomi ovunque, la parte sinistra del viso un po’ sfregiata e il labbro e l’occhio destro davvero gonfi.
«Smettila di fissarmi, sei inquietante» cominciò lui, con gli occhi ancora chiusi.
«Pensavo stessi dormendo» gli dissi in tono freddo.
«Oh, quella è solo una scusa.»
«Per non mangiare?»
Aprì un occhio, e poi si girò dall’altra parte. «Non ho fame.»
Sospirai. «Sei un grandissimo coglione… ma non torturarti, non risolvi niente.»
Si voltò di nuovo verso di me e mi fissò per qualche secondo. «Avrei potuto evitarlo.»
«Lo so.»
«Lei… lei come sta?» mi chiese guardandomi negli occhi.
«Si riprenderà» dissi in un sussurro.
Nella stanza calò un assordante silenzio, che mi irritava terribilmente.
«Forse è meglio che vada» mormorai guardando la porta.
Mi trattenne afferrando il bordo della mia maglietta. «No.»
Mi fermai a guardarlo. «Che c’è?»
Mi guardò anche lui, per poi mollare la presa di scatto. «No… niente.»
«Allora… riposati, e ricordati di mangiare qualcosa.» Uscii dalla camera senza aspettare la sua risposta.
Trovai Louis seduto accanto alle macchinette, col cellulare in mano. Alzò la testa, accorgendosi di me. Ci fissammo per qualche secondo.
«Torna domani» biascicò.
«Dici… dici sul serio?» gli chiesi di scatto.
Lui annuì, e si girò dalla parte opposta. Poi si morse il labbro, e si volse di nuovo verso di me.
«Oh… al diavolo.» Si alzò e mi venne incontro abbracciandomi forte. «Ti rendi conto? Torna domani… domani, Dio!»
Ricambiai il suo abbraccio. «Oddio Lou, sono così felice per te!»

 

__________

 

«Devo assolutamente fartelo conoscere» mi disse tutto eccitato sulla strada del ritorno.

«Mh, non lo so…» mormorai vaga.
«Perché?»
«Potrebbe innamorarsi di me.» Lo guardai facendogli la linguaccia.
«Non scherzare, scema!»
«Ma dai, lo sanno tutti che effetto faccio ai ragazzi.» Cercai di fare una faccia risoluta senza scoppiare a ridere.
«Non sei il suo tipo, comunque…» farfugliò a voce bassa.
«Ehi, sto scherzando!» esclamai ridendo rumorosamente.
«Lo so.» Mi regalò un grande sorriso. «Ma parlando seriamente, domani pensi di venire?»
Sospirai e ci pensai un po’ su. «Vengo. In fondo è l’ultima occasione di divertirmi prima che inizi la scuola.»
«Meno male, pensavo che avrei dovuto costringerti» rise appena. «Che costume indosserai?»
«Non lo so» risposi mantenendomi sul vago.
«Eddai, è pur sempre una festa in maschera!»
«Lo so… ma non ho niente per l’occasione» sospirai uscendo le chiavi di casa dalla tasca. «Ci vediamo domani, Lou.»
Lui sospirò. «E va bene. A domani. Preparati a conoscere l’uomo della mia vita.» Sorrise.
«Aspetta, verrà alla festa?»
«Ha detto che non se la perderebbe per niente al mondo» disse con aria sognante.
Risi appena. «Va bene. Buonanotte allora.» Gli diedi un bacio sulla guancia e aprii la porta.
«Buonanotte» mi salutò un’ultima volta con un cenno della mano e si incamminò verso casa sua, che distava sì e no cento metri dalla mia.
Entrai e mi chiusi la porta alle spalle. «Mamma?» la chiamai, ma non rispose nessuno.
Starà già dormendo Pensai. Sul divano però trovai un vestito nero, e sul tavolino una maschera dello stesso colore. Mia madre aveva studiato recitazione, e quello era un suo vecchio costume di scena, un cigno nero. Sorrisi, ringraziandola tra me e me.

 

__________

 

Il giorno dopo andai a far visita a Min e a Wren, e verso le 18 tornai a casa. Mi chiusi in bagno insieme all’abito piumato, e dopo essermi concessa una doccia, me lo provai: Dio, era bellissimo. Il corpetto, pieno di strass, mi aderiva perfettamente, e la gonna a campana ornata di piume mi scendeva morbida fino alle ginocchia. Decisi di raccogliere i capelli in uno chignon, lasciando che due riccioli mi ricadessero sulle spalle.

Indossai i miei fidati tacchi neri, mi truccai, e per finire mi provai la maschera: non sembravo nemmeno io, e l’effetto mi piaceva da morire.
Dopo poco sentii un colpo di clacson, dev’essere Louis. Mi diedi un’ultima sistemata e scostai la tenda della finestra della mia stanza, affacciandomi sulla strada. Mimai un “Sto scendendo” e lui mi sorrise.
Corsi giù le scale e uscii di casa, avvicinandomi all’auto del mio amico. Aprii la portiera e salii. Lui indossava un vecchio smoking strappato qua e là, e qualche traccia di sangue sul collo e sul viso.
«È in momenti come questi che non mi dispiacerebbe essere etero» rise piano. «Sul serio, sei bellissima.»
Gli regalai un enorme sorriso. «Ti ringrazio, anche tu sei bellissima» gli dissi scherzando, e lui mi diede un piccolo colpetto sulla spalla.
Mise in moto l’auto, e dopo una ventina di minuti arrivammo. La festa era in un locale del centro, affittato da Madison e Ashley Carter, le figlie del sindaco, ergo le due “riccone” della scuola.
Entrammo, e la pista era piena di gente. Riconobbi solo due o tre persone: la maggior parte dei costumi coprivano anche il volto.
«Non ce la faccio più, io vado a cercarlo» sbottò Louis allontanadosi.
«Ehi, Lou! Non lasciarmi qui!» gli urlai, ma non si fermò. «Bastardo» sussurrai sbuffando.
Mi appoggiai al muro in attesa del suo ritorno, sospirando piano.
«Ti hanno scaricata?» mi chiese una voce roca all’improvviso. Sussultai e mi girai, ritrovandomi faccia a faccia con due occhi verdi che mi scrutavano senza battere ciglio.
«Pessimo modo per rimorchiare una ragazza» sbadigliai, e sul suo viso si formò un ghigno compiaciuto.
Si avvicinò a me. «Come ti chiami?» mi sussurrò all’orecchio.
Rimasi come ipnotizzata dal suo sguardo, e la sua vicinanza mi mise in soggezione. «Mi chiamo Ellie.»
«Io sono Harry.»
Indossava solo uno smoking e una semplice maschera nera, sulla quale gli ricadeva morbido qualche ricciolo.
«Mh, Harry… ti sta squillando il cellulare» gli dissi rompendo l’atmosfera.
Si mise una mano nella tasca posteriore dei pantaloni, senza smettere di tenere gli occhi incollati ai miei, e spense il telefono.
«Uhm, Ellie…» Mi accarezzò piano la spalla nuda con la mano sinistra, ed io rabbrividì al suo tocco. «Non balli?»
«Potrei farti la stessa domanda.»
«Stavo solo cercando la ragazza giusta» sussurrò.
«Beh, ti auguro di trovarla» risposi indifferente.
D’un tratto mi si parò davanti, cingendomi i fianchi e portandomi più vicino a lui.
«Su, balla con me.» Più che una richiesta sembrava un ordine.
Lo guardai dritto negli occhi. «Non ci penso nemmeno.»
Lui rise appena, e si allontanò lentamente da me. «Sei una tosta, eh.» Quel ghigno di prima ricomparve sul suo volto.
Alzò le braccia in segno di resa, e fece per allontanarsi.
Lo guardai andar via. Non so perché, ma la prima cosa che pensai di lui fu “ quant’è sexy ”.
Pensandoci, che avevo da perdere? Louis mi aveva abbandonata, ero single e non c’era niente di male nel divertirsi. Fanculo a tutto.
«Aspetta» sibilai appena, e lui si voltò. «Aspetta.»
Non so come, finimmo in una specie di sgabuzzino, dove non c’era nessuno, e lui mi spinse contro il muro, baciandomi con forza. Le sue labbra morbide e carnose si impossessarono delle mie, così come la sua lingua veloce ed esperta. I suoi occhi verdi mi penetravano a fondo, mentre i ricci mi solleticavano il collo.
Io, dal canto mio, avvolsi le gambe intorno alla sua vita e ricambiai i suoi baci con la sua stessa foga. La verità era che quel ragazzo mi attraeva da morire.
Ad un certo punto gli cadde la maschera, ed io rimasi a fissarlo per qualche secondo, mordendomi il labbro inferiore involontariamente. Lui mi mostrò il suo solito sorrisino e mi tolse la mia delicatamente.
«Sei più bella di quanto credessi» mormorò.
«È un complimento?» gli domandai riprendendo a baciarlo.
«Harry?» chiese all’improvviso una voce alle sue spalle. «Ellie?»

 



 






larrysfeels

Uh, eccoci giunti al secondo capitolo! Allora, che ne pensate? Mi piacerebbe molto ricevere qualche recensione, qualche commento costruttivo, vorrei migliorare sempre di più nella scrittura, perché, davvero, è una delle cose che amo fare di più.
Anyway, tornando alla fanfic, grazie a chi recensisce, la mette nei preferiti o nelle seguite, o a chi legge soltanto.
Spero di aggiornare presto. 

 

Baci, Lauren.

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Capitolo 3
*** Chapter three: Coincidences ***




 

Chapter three: Coincidences

 

Sobbalzai nel sentire quella voce, ed Harry si allontanò di scatto da me.
Guardai il mio amico in piedi che mi fissava disgustato.
Sul momento non capii: Harry e Louis si conoscevano?
«Allora eri qui… ti ho cercato per tutto il tempo.» In quel momento temetti di aver capito.
«Beh, mi hai trovato» rispose il riccio, mettendosi le mani in tasca.
Il mio amico mi guardò di sbieco, poi fece per andarsene. «Ci vediamo.»
«Aspetta, Louis, non…» Il suo sguardo duro mi fece capire che non voleva sentire una sola parola, e aveva ragione. Dio se aveva ragione.
Se ne andò quasi correndo, ed Harry si girò verso di me e mi sorrise.
«Sei tu quello che è andato a studiare canto al nord, non è vero? Sei quell’ Harry?» gli chiesi d’impulso senza riflettere.
«Oh, non credevo di essere già così famoso!»
«Come immaginavo.» Raccolsi la maschera da terra e feci per andarmene.
«Ehi, che ti prende? Ci stavamo divertendo!» mi disse corrucciando la fronte.
«Trovati qualcun’altra» risposi irritata, per poi uscire dalla stanza.
Mi aspettavo che Harry mi seguisse, ma non lo fece: forse aveva già trovato un’altra compagnia.
Riuscii a raggiungere Louis prima che lasciasse il locale.
«Lou, io non lo sapevo… non sapevo chi fosse.» Gli rivolsi uno sguardo sincero. «Te lo giuro.»
Lui mi ignorò, si accese una sigaretta ed entrò in macchina.

Mi avvicinai allo sportello opposto e feci per aprirlo, quando l’auto sfrecciò proprio davanti ai miei occhi.
«Ehi!» urlai d’impulso. Sbattei il piede per terra e, inevitabilmente, lo immersi in una pozzanghera.
«Merda» imprecai guardandomi le scarpe: mi si era rotto un tacco.
Mandai Louis a fanculo mentalmente, e mi misi a sedere proprio all’entrata del locale.
Digitai rapitamente un messaggio sul mio cellulare e lo inviai.

A: Mamma
È successo un casino. Mi vieni a prendere?

«Ti serve una mano?» quella voce calda tornò a solleticarmi l’orecchio.
«Non c’è bisogno di starmi così vicino.» sbottai poco dolcemente, senza voltarmi a guardarlo.
Lui rise. «Guarda come sei conciata.»
«Non serve che me lo dica tu, lo so benissimo da sola» risposi infastidita.
«Come tornerai a casa?» mi chiese divertito.
«Mia madre sta venendo a prendermi.»
«Okay» disse soltanto, per poi sedersi accanto a me, con lo sguardo fisso su un punto davanti a sé.
Aspettai qualche secondo, ma vidi che non si muoveva da lì.
«Che stai facendo?» gli domandai irritata.
«Aspetto tua madre insieme a te» mi disse con nonchalance.
«E lo fai perché…?»
«Non posso lasciarti da sola.»
«Non sono una bambina» sussurrai talmente piano che non sono sicura che lui mi sentì, ma non feci né dissi niente per farlo andar via.
Trascorse un buon quarto d’ora senza dirci assolutamente nulla, neanche una parola.
A rompere il silenzio fu la suoneria del mio cellulare.
«Pronto?»
«Tesoro, mi hanno chiamata a lavoro, è un caso urgente » mi spiegò mia madre preoccupata.
«Stai scherzando, vero?» le chiesi, cercando di non agitarmi.
«No, purtroppo. Mi dispiace, ma per stasera dovrai prendere un taxi. Ti voglio bene.»
«Un taxi? Ehi, ci sei ancora? Pronto?! Dannazione!» urlai, per poi lanciare letteralmente il cellulare dentro la borsa.
«Qualche problema?» mi domandò Harry con un sorriso sfrontato.
Sospirai e mi alzai cercando di rimanere in equilibrio. «Uno è proprio qui di fronte» dissi guardandolo negli occhi.
«È un complimento?» fece imitandomi, per poi tornare a sorridere.
«Vaffanculo» gli sussurrai senza guardarlo.
Lui si alzò. «Ti sei appena giocata la possibilità di tornare a casa insieme a me.» Indicò la sua Audi nera proprio davanti a noi.
«Non ci sarei venuta comunque» sbottai fredda.
«Ehi.» Mi fermò prendendomi per un braccio, senza però stringerlo. «Perché fai così, piccola?» Mi guardò dritto negli occhi, e me li incatenò ai suoi, impedendomi di distogliere lo sguardo.
Rimasi a fissarlo in silenzio, fino a quando lui non scoppiò a ridere.
«Già» sbuffai io, maledicendomi mentalmente per aver pensato anche solo per un secondo che fosse serio.
«Scusami» disse tra le risate. «Ma avevi una faccia così buffa.»
Gli rivolsi un’occhiataccia, e feci per avvicinarmi alla sua auto. Lui mi guardò compiaciuto. «Forse potrei ripensarci per il passaggio, se proprio ci tieni» mi disse spavaldo.
Io guardai lui, poi l’auto, e iniziai a dare calci allo sportello.
«Ehi, fermati, sei impazzita?!» corse verso di me e mi fermò bloccandomi le braccia dietro la schiena.
«È colpa tua! È solo per colpa tua se io e Louis abbiamo litigato!» urlai in lacrime, accasciandomi per terra.
Harry rimase lì, fermo. Non cominciò a gridare anche lui come mi aspettavo, ma restò in silenzio. Aspettò che mi calmassi per porgermi la mano. «Lascia che ti accompagni a casa, per favore» mi sussurrò.

 

__________

 

Arrivammo abbastanza in fretta nel mio quartiere, dato che Harry guidava in modo spericolato, nonostante i miei continui “rallenta, o giuro che ti ammazzo!”.
«Eccoci.» Si fermò proprio davanti casa mia sotto mia indicazione.
Lo guardai e lo ringraziai con un cenno del capo, poi uscii frettolosamente dall’auto.
«Non mi fai entrare?» Quel ghigno ricomparve sul suo volto più marcato che mai.
«Smettila» sbuffai io, cercando le chiavi nella borsa.
«Come vuoi» rise lui. «Buonanotte.»
Aprii la porta ed entrai in casa, e prima di richiuderla sussurrai impercettibilmente un “buonanotte”.
Sentii il rumore dell’auto rimettersi in moto e partire.

Il giorno seguente la prima cosa che feci fu andare a trovare Min. Non ero al massimo della forma: avevo due occhiaie enormi e dei capelli che quella mattina non volevano sentirne di mettersi a posto. Per questo motivo la mia amica mi salutò con un “Che diavolo è successo?!”, e aveva ragione.
«Ciao Min, anch’io sono contenta di vederti.» Mi sedetti accanto a lei con un sorriso sarcastico stampato in faccia.
«Sul serio, sembri mia madre quando torna dal lavoro… e fidati, non è un bello spettacolo» fece lei sistemandosi meglio sul lettino.
«Beh, ci sono due o tre cosette che forse dovresti sapere…» esitai mordendomi il labbro inferiore.
«Racconta» mi disse con uno sguardo che quasi mi imbarazzava.
Ero andata da lei anche per sfogarmi, quindi non me lo feci ripetere due volte, che le spiattellai tutte cose, dal bacio alla litigata.
«Mi sento uno schifo.» Conclusi il mio racconto e sospirai frustrata. «E la cosa peggiore è che non riesco a pensare ad altro. Penso che… mi è piaciuto. Dio se mi è piaciuto. E mi sento una merda ancora di più.» Mi portai una mano ai capelli in preda all’esasperazione.
«Sei una stronza» esordì lei, come sempre totalmente priva di tatto. «Ma è vero, non potevi saperlo. Non è colpa tua… cerca soltanto di non pensarci. Provaci» mi suggerì come se fosse facile. Peccato che non lo sia per niente.
Sospirai di nuovo e la guardai seria. «Quando ti dimettono?»
«Presto» mi sorrise lei. «Domani o dopodomani.»
«E Louis è venuto a trovarti oggi?»
«Non ancora» mi disse in un sussurro.
«Allora, forse… forse è meglio che vada. Non vorrei incontrarlo qui. Non adesso.» Mi alzai e le lasciai un bacio sulla fronte. «Ci vediamo domani.» Le sorrisi e uscii da quel luogo deprimente senza nemmeno andare a salutare Wren. Ma non avevo voglia di parlarne con lui, sapevo che mi avrebbe preso in giro e basta.
E adesso dove potevo andare? A casa non c’era nessuno, Louis non mi voleva parlare e Min era in ospedale. Ero rimasta sola.
Decisi di andare in un bar, e cercare in qualche modo di dare un senso a quella giornata. Magari avrei conosciuto qualcuno. O forse avrei passato tutto il giorno a rimuginare, come sempre.
Vidi un posto carino, non lontano dall’ospedale. C’erano dei tavolini fuori, con un design moderno, riparati dal sole da un tendone azzurro pastello. Non l’avevo mai visto, forse perché quella non era una zona che frequentavo spesso.
Mi sedetti ad un tavolo, e presi il cellulare dalla tasca, cercando di distrarmi mentre aspettavo il cameriere.
Finalmente qualcuno mi si avvicinò. «Vuole ordinare?»
Alzai la testa e impallidii.

 



 





 

larrysfeels

Finalmente aggiorno!
Lo so, è passato un mese, ma non odiatemi! Non sono stata a casa e, quando ci stavo, facevo altro, lo ammetto.
Comunque sia, sono riuscita a postare anche questo capitolo, anche se non ne sono pienamente soddisfatta.
Ditemi che ne pensate, sono curiosa. 

 

Baci, Lauren.

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Capitolo 4
*** Chapter four: Truths ***




 

Chapter four: Truths
 

Quel sorriso sfacciato e quegli occhi grigioverdi che mi fissavano mi fecero venire voglia di alzarmi e andare via, senza spiccicare parola.
Ma qualcosa mi bloccò.
«Dio, no, non è possibile!» sbottai d’un fiato mettendomi le mani tra i capelli.
«Anch’io sono felice di vederti» disse con una risatina. «Allora, cosa posso portarti?» mi chiese poggiando una mano sul tavolo, mentre continuava a fissarmi insistentemente.
«Un caffè. Zuccherato. Molto zuccherato.» Muovevo la gamba destra senza sosta per la rabbia e l’agitazione, mentre evitavo di guardarlo in faccia.
Lui chinò leggermente il capo e sparì dentro il bar.
Avevo deciso che non l’avrei mai più rivisto, eppure sbucava fuori da ogni angolo come i funghi!
A questo punto era meglio rimanere sola a casa ad ascoltare musica.
Tornò fuori dopo pochi minuti, con un caffè lungo fumante, un bicchiere d’acqua, e il suo solito sorriso stampato in faccia.
«Prego» disse quasi dandosi delle arie mentre poggiava la tazza sul tavolo.
Feci per prenderla in mano, ma era bollente.
«Non avere fretta» rise lui. Alzai gli occhi, per vedere che era seduto proprio davanti a me, e mi stava guardando con la testa sorretta dalla mano destra.
«Non devi lavorare?» borbottai soffiando sul caffè caldo.
Lui scrollò le spalle. «Do solo una mano a mio zio, non è un vero lavoro.»
Sorseggiai piano il caffè, evitando accuratamente di guardarlo. «Okay, ma ci sono un sacco di clienti che aspettano di essere serviti.»
«Anch’io sto aspettando.» Sorrise e io lo guardai confusa. «Aspetto te.» sussurrò poi, e non potei far altro che rivolgergli un’occhiataccia.
«Dico davvero… sai, quel bacio… ricordi?» E come facevo a dimenticarlo? «Non sarebbe male, tipo… rifarlo.»
Stavo per strozzarmi con il caffè, e per poco non glielo sputavo in faccia.
Guardai la sua espressione, e non era compiaciuta come al solito, ma piuttosto perplessa e stranita.
«Forse tu non hai capito» esordii io. «Non lo rifarei mai.» Bugia. «Non mi è piaciuto neanche un po’.» Altra bugia. «Anzi, direi che mi ha fatto schifo!» Combo.
Iniziai a torturarmi le mani sotto il tavolo, e il mio sguardo era concentrato a fissare le variazioni di marrone della bevanda scura.
Seguirono degli interminabili attimi di silenzio, e non sapevo cosa aspettarmi.
«Stasera hai da fare?» Ma allora era stupido?
«Ma mi hai ascoltato?!» sbottai in preda all’isterismo.
«Non ti sto chiedendo un appuntamento» sospirò. « È un giorno importante per me.»
«Oh…» Tornai a guardare la mia tazza di caffè. «È il tuo compleanno?» chiesi ingenuamente.
Lui sorrise amaramente. «Una cosa simile.»
Che diavolo significa?!
«Dai una festa?»
«Più o meno» rispose vago, guardando il cielo. «Allora, ci sarai?»
Annuii appena. «Ci proverò. Dove andremo?» gli domandai.
Lui mi rivolse un enorme sorriso, e sembrava sinceramente felice.
«Ti vengo a prendere io alle 19.» Si alzò prendendo il vassoio in mano.
«Che storia è questa? Posso venirci anche da sola!»
Continuò a sorridermi. «A stasera» sussurrò appena, per poi allontanarsi e sparire del tutto dentro l’edificio.

 

__________


 

Erano ancora le 18, ma io ero pronta già da un pezzo. Ero sola in casa - come sempre, o quasi - e stavo seduta sul divano del grande soggiorno, a guardarmi all’enorme specchio di fronte a me.

Avevo pensato di lisciarmi i boccoli ribelli, farmi un bel trucco e indossare un vestito elegante.
Ma alla fine optai per qualcosa di più semplice: tenni i capelli ricci, lasciai il viso fresco e senza trucco, e indossai un paio di leggins e una maglietta larga, senza separarmi dalle mie amate converse.
Tanto mica devo fare colpo su di lui Pensai aggiustandomi una ciocca di capelli che non voleva saperne di starsene dietro l’orecchio.
18:14
18:15
18:16

Il tempo trascorreva lentamente e decisi di sdraiarmi un po’ e chiudere gli occhi.
Quando li riaprii, non fui contenta di cosa vidi guardando l’orologio.
19:26
Scattai all’impiedi trattenendomi dall’urlare, e mi diressi verso la porta.
«Oh Dio.» Ciò che trovai fu un Harry Styles seduto con la schiena poggiata ad uno stipite della porta, con una gamba distesa fino a toccare l’altro, e l’altra piegata con il ginocchio sotto il mento.
Si girò verso di me, salutandomi con un cenno della mano.
«Come… come diavolo hai fatto a…?» Guardavo la porta aperta, e lui seduto per terra come se niente fosse.
«La chiave sotto lo zerbino, un classico.» Sembrava assente, come se stesse parlando da solo.
«E perché sei…?»
«Ho suonato, ma non rispondevi. Mi sono preoccupato. Ma quando ho realizzato che stavi dormendo, mi sono rilassato. Tranquilla, non sono entrato.»
«Ah no?» gli chiesi con diffidenza. «E dimmi un po’, come hai fatto a capire che stavo dormendo allora?»
«Russavi» si limitò a dire, senza spostare gli occhi dal pavimento.
All’inizio non realizzai la cosa, ma dopo alcuni istanti sentii le guance andare in fiamme.
«Cosa? No, io… io non russo!» urlai più imbarazzata che mai.
«Oh, eccome se russi. E parli anche nel sonno.»
«Che ho detto?» gli domandai pareoccupata con un filo di voce.
«Oddio, Harry è proprio un figo, quanto me lo farei, mmh…» disse cercando di imitare la mia voce, dopodichè mi guardò e finalmente mi sorrise. Il suo solito sorriso.
Mi infuriai tantissimo, e non so cosa mi trattenne dal prenderlo a calci.
«Che cazzo dici, coglione!» Sentivo ancora le guance in fiamme, ma per la rabbia.
Almeno credevo.
Presi la borsa e lo guardai con insistenza, fino a quando lui non si alzò, dirigendosi verso l’Audi nera proprio di fronte alla staccionata bianca di casa mia.
Durante il tragitto gli chiesi molte volte dove mi stava portando, se la festa si svolgesse a casa sua o in un locale, se non mi stesse soltanto prendendo in giro, ma lui rispondeva sempre con un “vedrai”. Così chiusi gli occhi e misi le cuffie, senza però addormentarmi.
Quando lui fermò l’auto e accostò mi resi conto che eravamo arrivati. Aprii gli occhi e mi guardai attorno, e quel paesaggio meraviglioso mi avvolse. Eravamo nel bel mezzo di un bosco, e su, nel cielo, stava morendo il sole in un tramonto incantevole.
Senza accorgermene strinsi appena il braccio di Harry. «È bellissimo» dissi in un sussurro.
«Non hai visto niente» mormorò lui proprio accanto al mio orecchio, dopo essersi avvicinato a me.
Avrei voluto rimanere a guardare quello spettacolo per sempre, ma soprattutto avrei voluto farlo insieme a lui. E ammetterlo a me stessa era straziante. Ma era così, e non potevo farci niente.
Dopo poco lui scese dalla macchina e mi aprì lo sportello. Scesi anch’io guardandolo perplessa.
«Dove stiamo andando? E la festa?» chiesi seguendolo in quel sentiero fitto, «Lasci l’auto lì?»
«Una domanda alla volta.» Lo sentii ridere appena. «Conosco questo posto, so di poter stare tranquillo.»
«Non hai risposto alla prima domanda» gli feci notare, cercando di non inciampare.
Lui si girò verso di me. «Lo vedrai.» Mi sorrise e continuò a camminare.
Quando il sentiero finì e, non riuscivo a crederci, ma sbucammo in una bellissima spiaggia. Il mare incorniciava perfettamente quello splendido tramonto.
Rimasi sbalordita. Ci incamminammo verso la riva, e lui si buttò sulla sabbia, lasciandovi l’impronta del suo corpo.
Inaspettatamente anche per me, feci lo stesso senza pensarci.
Sapevo che non stava smettendo di guardarmi, ma sapevo anche che non sarei riuscita a reggere il suo sguardo, quindi evitai anche di provarci.
«Sei mai stata… innamorata?» cominciò ad un tratto, rivolgendo il suo sguardo verso il mare calmo.
Aprii la bocca per rispondere, ma la richiusi subito dopo, non sapendo bene cosa dire.
«Due anni fa, in questo giorno, venni qui con la mia ragazza» disse dopo qualche minuto di silenzio.
Evitai anche quella volta di guardarlo, quindi non so che espressione avesse di preciso, ma parlava con una certa amarezza nella voce. O forse era dolcezza. O entrambe.
«Ci divertimmo un sacco. Poi io mi buttai in acqua e la trascinai con me.» Si prese una pausa. «Fu l’ultima volta che la vidi.»
A quel punto non potei evitare di girarmi di scatto verso di lui, cercando di incontrare il suo sguardo; cosa che non accadde, visto che era ancora diretto verso l’oceano.
«Non sapeva nuotare… ma io insistetti.» Continuò. «Le dissi di fidarsi di me e lei lo fece. Ma all’improvviso un’onda particolarmente violenta ci investì entrambi. Ricordo di essere svenuto. Al mio risveglio, lei era accanto a me, priva di sensi. Aveva sbattuto la testa. Era morta.» Mi raccontò tutto fermandosi tra una frase e l’altra. La sua voce aveva assunto un tono piatto, e sembrava quasi impassibile.
Io non sapevo cosa dire. Ero spiazzata. Mi uscii dalla bocca solo un flebile “mi dispiace” di nessun valore.
«Dovevi amarla molto» mi azzardai a dire in un sussurro colmo di tristezza.
«Vedi, forse è proprio questo il problema. Io non l’amavo» disse a denti stretti. «Lei mi amava da morire, ma anche se era così dolce e gentile, non sono mai riuscito ad innamorarmi di lei. Non sono mai stato innamorato di nessuno. E lei non si meritava di stare con uno come me. Non si meritava quello che le è successo. Ed io non mi meritavo di… non me la meritavo.» Quando finii di parlare, vidi i suoi occhi riempirsi di lacrime. Un oceano molto più bello di quello che avevamo di fronte. Tanto bello quanto straziante.
«Puoi… puoi insegnarmelo tu? Puoi insegnarmi ad amare?» Mi guardò con gli occhi pieni di dolore, dolore vivo.
Lo abbracciai senza pensarci, e lo feci talmente forte che mi mancò il fiato, ma non mi importava.
Non ci conoscevamo quasi affatto, ma si era appena confidato con me. Mi aveva aperto il suo cuore. Stava piangendo davanti a me.
E quello che gli era successo era terribile. Sentivo gli occhi pesanti, e temevo che se li avessi chiusi avrei iniziato a piangere anch’io.
E così fu.
Subito mi strinse tra le sue braccia, e mi sentii così al sicuro.
«Ehi, non piangere.» Mi baciò piano sulla testa, accarezzandomi la schiena dolcemente.
La situazione si era ribaltata: adesso era lui che consolava me, e non era giusto.
Mi allontanai piano da lui. «Scusami, sono davvero ridicola.»
Mi sorrise, asciugandomi le lacrime con il pollice. «È colpa mia. Non so perché te l’ho detto. Mi dispiace. Non volevo rattristarti.»
Mi rannicchiai sulle ginocchia, guardando in basso. «Invece sono contenta che tu me l’abbia detto» mormorai. Mi girai a guardarlo: fino a qualche minuto prima mi era sembrato così indifeso, e adesso era lì, davanti a me, che mi sorrideva con sicurezza.
I nostri occhi si posarono sulle labbra dell’altro e, senza pensarci, ci avvicinammo di nuovo. Lui poggiò la sua mano grande e calda sul mio viso, e poi le sue labbra morbide sulle mie. Fu un bacio così diverso da quello dell’altra sera alla festa: quello era stato fugace, dettato dal desiderio e dall’attrazione fisica. Questo era… dolce, appena accennato, uno di quelli che ti fa venire la pelle d’oca, che ti fa emozionare. Uno sincero. Uno di quelli che non avevo mai ricevuto.

 



 






larrysfeels
 
Oddio, questo è in assoluto il mio capitolo preferito fino ad ora.
Mi auguro che piaccia anche a voi, e che in qualche modo riusciate ad immedesimarvi.
Lo spero davvero.
Non so perché sto aggiornando così presto a dire il vero, non ve lo meritate, lol.
Spero di ricevere qualche recensione in più, inviatemi anche soltanto un vostro parere, ve ne prego! 

 
Baci, Lauren.
 

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Capitolo 5
*** Chapter five: Lies ***




 

Chapter five: Lies

 
Mi svegliai all’improvviso, con la testa che mi doleva e gli occhi che mi bruciavano. Mi portai le mani alle tempie e massaggiai piano, sperando di calmare il dolore. 
Dove sono? Pensai sul momento, facendo fatica a ricordare cosa fosse successo.
«Ti sei svegliata» sussurrò una voce familiare, facendomi sussultare. Mi girai appena, trovandomi di fronte ad un bellissimo sorriso. Era per me? 
«Non mi ricordo niente» borbottai con la voce ancora impastata dal sonno.
«Beh, abbiamo parlato un po’.» Rise piano, ma con una certa malinconia.
«Questo lo so» mi limitai a dire, senza trattenere uno sbadiglio.
Harry mi si avvicinò, mi passò una mano tra i capelli, dolcemente, e poi la posò sulla mia guancia. «Grazie, Ellie» mormorò con tristezza, e mi lasciò un piccolo bacio sulla fronte.
Io gli presi la mano con un gesto spontaneo: non volevo che si allontanasse da me.
Lui, per tutta risposta, mi si avvicinò ancora di più.

 

__________

 

«E poi che è successo?» mi chiese la mia migliore amica impaziente di saperne di più.

Il timer del microonde suonò, io lo aprii e presi la tazza di cioccolata fumante facendo attenzione a non scottarmi.
«I popcorn?» le domandai disinteressata.
«Li ho portati in soggiorno» sbuffò lei roteando gli occhi. «Vuoi finire il tuo racconto, per favore?»
Sospirai, e mi girai a guardarla. «Harry si è aperto con me come nessuno aveva mai fatto. È stato davvero dolce. Ed io totalmente inutile.» Tornai a sospirare.
Lei aprì bocca per parlare, ma io la fermai. «Non dire che non è vero. Non ho saputo cosa dire o cosa fare. Sono una frana.»
«Che mi dici di Lou?» mi chiese lei all’improvviso.
Ci pensai su per qualche istante. «Probabilmente non mi parlerà per un po’. Stamattina non è venuto in ospedale, anche se sapeva che ti avrebbero dimessa: non voleva incontrarmi, ne sono certa.»
«Ellie… lo sai che stai tradendo la sua amicizia, non è vero?»
Quelle parole mi ferirono come un pugnale nel petto: non l’avevo mai considerata in quei termini.
«Io gli voglio bene. È il mio migliore amico.»
Lei sospirò. «La prima volta che tu e Harry vi siete baciati non sapevi ancora chi fosse, ma la seconda? Ellie, potevi evitarlo. Sul serio.»
«Lo so. Ma probabilmente non volevo.»
Calò il silenzio più totale, poi io ripresi a parlare, dopo aver riflettuto su quello che avevo appena detto. «Wow, non credevo di essere così stronza.»
«Lasciamo perdere. Andiamo a guardarci il film?»
Annuii e ci dirigemmo in soggiorno. Non ebbi il tempo di prendere posto accanto a Min sul divano, che suonò il campanello.
«Dev’essere mia madre, avrà dimenticato le chiavi.» Mi diressi all’ingresso senza trattenere qualche sbuffo. «Verrà mai il giorno in cui non dimenticherai a casa le chia…?» Inaspettatamente, quando aprii la porta, dall’altra parte non trovai mia madre col fiatone, ma un Louis che mi gettò le braccia al collo.
«Cazzo, non ce la faccio a stare senza di te. Cazzo, cazzo, cazzo!»
Lo allontanai di scatto senza pensarci, e lui mi guardò confuso.
«Tu sei molto arrabbiato con me. Ricordi? Ho baciato il ragazzo che ami.»
Pronunciai quelle parole senza un minimo di tatto. Forse volevo solo che lui continuasse ad avercela con me, magari mi sarei sentita in pace con me stessa, dopo tutto quello che avevo fatto.
«Già, io… volevo scusarmi. Non è stata colpa tua, mi dispiace.»
Non sapevo cosa dire, continuavo a fissarlo perplessa e incredula. E continuavo a sentirmi terribilmente in colpa.
Lui stava chiedendo scusa a me, che avevo torto.
Me, che avevo ferito i suoi sentimenti.
Me, che avevo baciato il ragazzo di cui era innamorato. Due volte.
Mi sentivo così sporca.
«Entra» sibilai appena, indicandogli il soggiorno. «C’è anche Min. Avevamo pensato di guardare un film.»
Lui annuii e si precipitò dalla nostra amica, che lo abbracciò forte, mentre mi rivolgeva uno sguardo confuso.
Le feci cenno di lasciar stare. Nonostante mi sentissi in colpa tenevo troppo all’amicizia con Lou, non volevo perderlo.
«Rimani con noi?» gli chiese Min con un sorriso.
Lui annuii di nuovo e non perse tempo a spaparanzarsi sul divano, facendomi cenno di raggiungerli con una mano.
Io non potei trattenere un sorriso spontaneo e mi sedetti al centro.
La mia amica aveva scelto un film horror: li adorava, per lei erano una vera e propria droga.
A me non facevano né caldo e né freddo, anche se talvolta riuscivano a spaventarmi sul serio.
Louis invece li odiava: tutte le volte finiva per nascondersi sotto le coperte o urlare come una femminuccia, o entrambe le cose.
A metà film il volto di LouLou era ormai completamente nascosto dal plaid, mentre Min se la rideva di gusto.
Io avevo finito quasi tutti i popcorn, e non riuscivo a staccare gli occhi dallo schermo.
Ad un certo punto, una scena abbastanza violenta fece sobbalzare anche me, e mi coprii gli occhi con le mani.
«Oddio, oddio! Oddio, cos’è successo? Oddio!» Louis urlava terrorizzato, nonostante non vedesse nulla. Era proprio da filmare e mandare a qualche programma comico della tv.
Come se non bastasse, in quell’istante, si sentì un rumore abbastanza forte provenire dalla camera accanto, la mia.
«Aaah!» urlò il mio amico, seppellendosi letteralmente sotto le coperte.
Mi girai di scatto verso la mia stanza, alzandomi in piedi. «Vado a vedere cos’è stato.»
Mindy ne approfittò per rubarmi i popcorn rimasti. «Va bene, ma sbrigati, sta arrivando la parte migliore.»
Mi avvicinai con cautela alla porta della mia camera. La verità era che mi stavo cagando sotto, ma non avevo il coraggio di ammetterlo a me stessa.
Avanti Ellie, non fare la cogliona, probabilmente quel rumore te lo sei soltanto immaginato! Cercai di autoconvincermi, e decisi di aprire la porta con un colpo secco. Nell’istante in cui poggiai la mano sulla maniglia, qualcuno fece pressione su di essa dall’altra parte della porta, e questa si aprì velocemente. Mi ritrovai faccia a faccia con quegli occhi verdi ai quali non avevo smesso di pensare neanche per un secondo.
Lui mi guardò perplesso, ma in un istante la sua bocca si curvò in un bellissimo sorriso.
Senza dire niente, mi prese per un polso e mi trascinò dentro, richiudendo la porta subito.
«Ciao» disse poi, continuando a sorridermi.
Io ero ancora sconvolta, e non dissi una parola. Lo fissai imbambolata, e poi il mio sguardo si diresse verso la finestra spalancata.
«Cosa diavolo…?» riuscii a dire soltanto, per poi tornare a guardarlo incredula. «Cosa ci fai qui a quest’ora? E perché non hai suonato al campanello come le persone normali?» Cercai di trattenermi dall’urlare, perché i miei migliori amici erano proprio nella stanza accanto.
«Io…» cominciò lui, ma si fermò subito. Si sedette sul letto, scuotendo la testa per aggiustarsi i ricci. «Volevo parlarti.»
A quella frase lo guardai interrogativa. Parlarmi? Voleva forse continuare a raccontarmi le sue (dis)avventure amorose? Non riuscivo a capire.
«Di cosa volevi parlarmi?» gli chiesi incrociando le braccia e aspettando che mi rispondesse.
«No… non in quel senso.»
Lo guardai ancora più perplessa, e lui sospirò.
«Non dovevo dirti qualcosa in particolare… volevo solo parlare con te. Mi sei… ecco…» borbottò insicuro e con gli occhi bassi, atteggiamento che non gli si addiceva per niente.
«Stai cercando di dirmi che sentivi la mia mancanza?» lo canzonai ridendo appena, e lui alzò lo sguardo senza scomporsi minimamente, guardandomi con serietà.
«Oh» boccheggiai, e sentivo le guance in fiamme. «Potevi mandarmi un messaggio.»
«Non ho il tuo numero ancora
Ne avevamo passate un po’, ma mi ricordai che in fin dei conti ci conoscevamo solo da qualche giorno. Feci finta di non capire l’allusione quando enfatizzò l’ ”ancora”.
«E poi pensavo di farti una sorpresa. Ho sbagliato, mi dispiace.» Si alzò dal letto. «Posso andarmene dalla porta?» mi chiese, ed era davvero a disagio. Non l’avevo mai visto così.
Avrei voluto con tutta me stessa che rimanesse. Non riuscivo a spiegarmi il motivo, a volte era così irritante che l’avrei preso a sprangate in faccia, ma quando non c’era riuscivo a pensare praticamente solo a lui. Cosa c’era in lui di tanto speciale? Era arrogante, fastidioso, egocentrico, megalomane… ma sapeva essere così dolce, umile e sincero. A cosa dovevo credere? Quale aspetto di lui era vero? Chi era realmente Harry?
«Certo» mormorai appena, ma poi mi ricordai di una cosa: per arrivare alla porta d’ingresso bisognava passare per il soggiorno. «No!» Lo bloccai con una mano. «Ripensandoci, non puoi.»
Mi guardò stranito, poi un ghigno si fece spazio sul suo volto. E ciao ciao all’Harry dolce e carino.
«Non vuoi che me ne vada?» mi domandò.
Sospirai, il sospiro più lungo di tutta la mia vita.
«Ammettilo. Lo sai anche tu che è così.»
«Hai qualche segreto per essere così irritante?» sputai senza guardarlo.
«A dire il vero mi viene naturale» ridacchiò lui.
«Esilarante» sbuffai, andando alla finestra. «Buon viaggio e addio» feci scostando le tende.
«Fai sul serio?» mi chiese, a metà tra il divertito e lo sbigottito.
Annuii e lo fissai negli occhi. Mio Dio, rischiavo di sciogliermi, quegli occhi mi mandavano in pappa il cervello.
Lui, per tutta risposta, iniziò a ridere, e si voltò verso la porta della mia stanza. Fece per aprirla, ma qualcun altro al di là di questa abbassò la maniglia.
«Tutto okay Ellie?» La voce della mia migliore amica mi riecheggiò nelle orecchie.

 




 






larrysfeels

Se ve lo stavate chiedendo, no, non sono morta, aspettavo soltanto che l'ispirazione s'impossessasse di me. 
Ringrazio particolarmente la mia amica
Stripedshirts per avermi trovato quella gif, mi si è accesa una lampadina!
Cosa ne pensate di questo capitolo? Vi ringrazio infinitamente per le visite e le recensioni, ringrazio chi ha messo questa storia tra le seguite, le ricordate o le preferite. 
Al prossimo capitolo! 

 
Baci, Lauren.

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