La piccola Rue

di Lys3
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Marvel ***
Capitolo 2: *** Ce la faremo ***
Capitolo 3: *** Addio, ragazza in fiamme ***
Capitolo 4: *** Sana e salva ***
Capitolo 5: *** La furia ***
Capitolo 6: *** I finalisti ***
Capitolo 7: *** La fine dei 74esimi Hunger Games ***
Capitolo 8: *** Thresh ***
Capitolo 9: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Marvel ***


Capitolo 1 – Marvel
 

Rue era impigliata nella rete. Stava andando tutto bene, il piano suo e di Katniss sembrava perfetto. Aveva sentito in lontananza un’esplosione e sperava con tutto il cuore che Katniss stesse bene. Stava correndo a più non posso per accendere l’ultimo gruppo di rami, ma era caduta e aveva rotolato più volte lungo la strada in pendenza fino ad impigliarsi nella rete.
Provò a liberarsi, ma più si muoveva e più le corde si avvolgevano intorno alle membra e la attanagliavano. Voleva urlare, ma forse Katniss non sarebbe arrivata in suo aiuto, forse l’avrebbe sentita uno dei Favoriti o qualche altro Tributo. Non poteva rischiare. E così rimase lì, a cercare di uscirne da sola, senza nessun successo.

Era intrappolata lì da molto quando udì il segnale di Katniss che l’avvisava che stava bene. A quel punto non ce la fece più a trattenersi e urlò con quanto fiato aveva nei polmoni: “Katniss! Katniss! Katniss, aiutami!”
La ragazza comparve nella radura e la raggiunse subito, tagliando con un coltello le corde e liberandola. Rue le si gettò al collo, grata per quello che aveva fatto. Ma non appena alzò lo sguardo vide che le sue urla avevano attirato un altro Tributo, il Ragazzo del Distretto 1.
Lui fu rapido e lanciò la sua lancia verso di loro. Katniss fu altrettanto rapida e incoccò una freccia che andò a finira dritta nel collo del ragazzo, facendolo cadere a terra senza vita. Ma Rue non era stata abbastanza veloce: aveva avuto i riflessi pronti e si era spostata, ma la lancia l’aveva colpita alla spalla che ora gli faceva molto male.
Si sentì terribilmente vulnerabile mentre Katniss la trasportava al sicuro, lontano dai Favoriti. La spalla le faceva terribilmente male e voleva solamente che tutto quel dolore svanisse.

Katniss si prese cura di lei per due giorni e grazie alle conoscenze erboristiche di entrambe, la ferita non prese infezione e iniziò a risanarsi.
Il pomeriggio del secondo giorno la voce di Claudius Templesmith risuonò nell’Arena. Il messaggio era ben chiaro: potevano esserci due vincitori, ma dovevano appartenere allo stesso Distretto.
Katniss e Rue si guardarono a lungo, alla fine fu la più piccola a parlare: “Credo che la nostra alleanza sia finita qui. Ora devi cercare il ragazzo del tuo Distretto ed io Thresh.”
Katniss la osservò per un lungo istante. “Sarà dura avere dei vincitori. Siamo tre coppie e poi c’è Faccia di Volpe. Sempre che io riesca a trovare Peeta.”
“Faccia di Volpe è astuta, se la caverà benissimo nonostante sia sola.”
“Allora è arrivato davvero il momento di salutarci, Rue.” Katniss guardò in alto, tra le fronde degli alberi, ripeté il loro segnale e si alzò mentre le Ghiandaie Imitatrici lo ripetevano. “Ti auguro di trovare Thresh il prima possibile.”
“Buona fortuna, Katniss.” Anche Rue si alzò, un po’ dolorante. Poi si voltarono, dandosi le spalle e si incamminarono in direzioni diverse.


Salve a tutti! Ultimamente sto avendo tante idee ma soprattutto tanta voglia di scrivere. Questa storia era partita all'inizio come un unico pensiero nella mia testa. Avevo iniziato a farmi tante domande e ho scritto questo testo per dare anche a me stesse delle risposte. Lasciate una recensione, per favore! Vorrei tanto sapere se vi piace e se vale la pena che io continui la storia. Grazie a tutti quelli che leggeranno, ma un grazie particolare a chi deciderà di lasciare una recensione! A presto :)

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Capitolo 2
*** Ce la faremo ***


Capitolo 2 – Ce la faremo

 

Era pomeriggio e il sole di lì a poco sarebbe tramontato. Rue si aggirava stanca nel bosco, attenta ad ogni minimo rumore. La spalla le faceva male. Nonostante le cure non era guarita del tutto. Le sembrava di camminare da ore, senza riuscire a concludere nulla. Tutt’intorno il rumore degli uccelli e il loro canto e il fruscio prodotto dagli animali. Non c’era nessun Tributo nelle vicinanze e la cosa le parve strana dato che era nei pressi della radura con al centro la Cornucopia.
Probabilmente erano tutti impegnati a formulare un piano dato il nuovo cambio delle regole. Cato e Clove sicuramente erano felicissimi a quell’idea, si consideravano i più forti. Peeta stava sicuramente cercando Katniss, e lei faceva lo stesso. E Faccia di Volpe? Rue era convinta che stesse spiando qualcuno di loro, cercando di capire come farcela da sola. Thresh doveva essere nel campo dove lo aveva visto nascondersi dall’inizio degli Hunger Games. Nessuno si era avventurato fin lì e sembrava praticamente scomparso. Rue si chiese se stesse bene e se la stesse cercando.
Per lei era come un fratello maggiore che si era preso cura di lei dal giorno della Mietitura. Ma i Giochi avevano cambiato tutto e loro due, dopo il segnale del via, non si erano più parlati. “Non venirmi a cercare, stammi lontana. Una volta iniziati gli Hunger Games sarà come se non ci conoscessimo” aveva detto il giorno prima dell’inizio.
A causa di quelle parole Rue si chiese se fosse il caso di andare da lui. Ma in fin dei conti ora potevano tornare a casa insieme, perché non collaborare?
Il sole era tramontato e lei era arrivato all’inizio del campo di grano. Aveva iniziato a vagare senza una meta precisa. Non sapeva dove potesse essere Thresh e non aveva mai visto quel luogo prima d’ora. Sapeva solo che alle sue spalle c’era la radura con la Cornucopia e che doveva stare lontana da lì.
Vagò per ore, al buio, graffiandosi tra il grano e inciampando varie volte. Era abituata a lavorare nei frutteti, non nei campi di grano, e si sentiva a disagio. La spalla le faceva ancora più male e di Thresh non c’era traccia.
Lo troverò, ne sono sicura. Ce la farò, lo troverò e ce la faremo insieme a uscire fuori da questa stupida Arena, pensò con rabbia. Avrebbe voluto piangere, ma non avrebbe risolto i problemi. Sua mamma non l’avrebbe stretta tra le braccia e niente di sarebbe sistemato, anche se avesse pianto per ore.
Sentì un leggero fruscio alle sue spalle. Si voltò giusto in tempo per vedere il grano muoversi, ma sembrava non esserci nessuno. La luna era semi-oscurata da qualche nube e non era facile scorgere le figure. Sentì ancora il fruscio, ma in un’altra direzione, e pensò fosse un ibrido e che la sua fine era vicina.
“Rue…” una voce roca alle sue spalle. Si voltò di scatto. “Thresh!” strillò con gioia correndo ad abbracciare il ragazzo. “Non sai quanto ti ho cercato!”
“Tranquilla, adesso è tutto okay. Hai sentito l’annuncio?”
“Sì, sono venuta apposta per questo motivo.”
Thresh sciolse l’abbraccio e la guardò negli occhi. Sorrise. “Ce la faremo a tornare a casa, Rue.”


Buon pomeriggio a tutti! Ecco il nuovo capitolo di questa storia, lo so è un po' monotono, ma nei prossimi si passerà all'azione. D'altro canto, i giochi stanno arrivando alla fine. A presto!

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Capitolo 3
*** Addio, ragazza in fiamme ***


Capitolo 3 – Addio, ragazza in fiamme
 

Nei giorni successivi Thresh si prese cura di Rue. La condusse nel suo nascondiglio che consisteva in un grande albero cavo nascosto dietro una roccia enorme. Se Rue fosse stata un po’ più grande non ci sarebbe stato abbastanza spazio per entrambi, ma date le sue piccole dimensioni, se si rannicchiavano, riuscivano a starci entrambi.
La ferita della ragazzina, a causa della lunga camminata, si era riaperta. Il sangue continuava a uscire e il taglio aveva assunto uno strano colorito giallognolo.
“Si starà infettando” disse Thresh esaminandola attentamente.
Rue sentiva che l’aria iniziava a mancarle. Eppure era passato appena un giorno dal suo arrivo. “Io e Katniss dall’altro lato del bosco abbiamo trovato molte piante utili per curare le ferite.”
“Ma qui non c’è niente del genere. Ti prendo un po’ d’acqua e qualcosa da mangiare, tu riposati.”

Rue apprese molte cose sugli Hunger Games di Thresh fino ad allora: era rimasto lì, da solo, nascosto per tutto il tempo. Si procurava acqua in un torrente minuscolo a cento metri di distanza dal rifugio e mangiava solo la frutta che trovava su qualche albero al limitare del campo di grano.

Per i due giorni successivi rimase la maggior parte del tempo all’interno del tronco da sola. Thresh usciva di mattina spostando un masso davanti l’entrata e tornava all’ora di pranzo con un misero bottino. Poi usciva di pomeriggio per tornare la sera, stanco e sudato, con altro cibo e informazioni su Faccia di Volpe e Cato e Clove.
La prima si aggirava attorno alla Cornucopia di tanto in tanto, gli altri due avevano spostato l’accampamento dal lago al margine del bosco: non potevano rischiare più come prima.

Rue intanto peggiorava.

Era la sera del secondo giorno e non riusciva quasi a muoversi per il dolore. Respirava a fatica e parlare richiedeva un grande sforzo.
“Tranquilla, Rue. Andrà tutto bene” diceva lui mentre le accarezzava i capelli. “Sei come una sorella per me. Mi prenderò cura di te. Non ti accadrà nulla di male finché ci sarò io.”
Rue sorrise appena, stanca ma abbastanza lucida da capire che di questo passo, a forza di frutta e acqua, non ce l’avrebbe fatta.
Possibile che avevano così pochi sponsor insieme? Gli innamorati fruttavano più di loro?
La voce di Claudius Templesmith risuonò in tutta l’Arena: “Attenzione, Tributi, attenzione. Domani a mezzogiorno ci sarà un festino alla Cornucopia. Ognuno di voi ha un disperato bisogno di qualcosa e noi possiamo darvela. L’annuncio non verrà ripetuto.”
Rue e Thresh si guardarono negli occhi e sorrisero: potevano davvero farcela ora. Per loro c’era sicuramente la medicina che avrebbe guarito Rue. C’era ancora una speranza.

Quella notte dormirono tranquilli come non mai e al mattino Thresh fece abboffare Rue di frutta.
“Perché tutto questo cibo?” domandò lei.
“Dici i di voler venire con me oggi, giusto? Devi essere in forze per camminare e arrampicarti almeno un po’ sugli alberi per essere al sicuro.”
Rue non oppose resistenza e a mezzogiorno erano entrambi al limitare del bosco.
Fissavano la Cornucopia e gli zaini contenenti la risoluzione dei loro problemi. Intorno non sembrava esserci nessuno. “Aspettiamo un po’, anzi se è possibile usciamo allo scoperto per ultimi” disse Thresh.
Rue annuì e in quell’istante Faccia di Volpe sbucò dall’interno della Cornucopia per portare via il suo zaino.
Era stata astuta, come sempre. Li aveva fregati tutti.

Pochi minuti dopo ecco Katniss uscire dal folto del bosco a grande velocità e afferrare al volo lo zaino.
Rue avvertì un tuffo al cuore nel rivederla. Stava bene e questo era l’importante. Era sola e si domandò se avesse  trovato Peeta e se stesse bene. La guardò correre indietro e la vide cadere a terra sotto un colpo di Clove.
La ragazza le aveva lanciato un coltello dritto in fronte. Iniziò la lotta corpo a corpo e a Rue scappò un gemito spaventato. Thresh al suo fianco era una statua di pietra.
Sembravano alla pari, ma Clove riuscì d’un tratto a bloccare Katniss a terra. La ragazzina dell’11 guardava la scena terrorizzata: Clove era delle stesse dimensioni di Katniss, ma ora che era sopra di lei, pareva così imponente. La minacciava con un coltello, disegnando il contorno delle labbra e puntandoglielo alla gola. Katniss si sforzava di non urlare ma era spaventata.
Prima che potesse accorgersene Rue stava correndo verso di lei. La spalla non le faceva quasi male grazie alla scarica di adrenalina e la voce di Thresh che le intimava di tornare indietro sembrava così lontana.
“Katniss! Katniss!” urlava correndo a più non posso.
Entrambe le ragazze, dapprima impegnate nella lotta, si voltarono nella sua direzione.
Ma nello sguardo di Katniss la ragazzina dell’11 non trovò sollievo, ma una paura folle. Lo sguardo di Clove si accese di odio e affondò con un solo colpo il coltello nel petto di Katniss.
La ragazza di fuoco sputò sangue dalla bocca, emise un gemito e poi l’ultimo respiro, per poi rimanere lì immobile a fissare il cielo con occhi spenti.
In quell’istante Rue capì di aver fatto una sciocchezza. Voleva aiutare Katniss, ma l’aveva solo avvicinata alla morte. Ora non correva più, era ferma, al centro della radura e guardava la sua alleata stesa a terra senza vita.
Era così turbata da non vedere la ragazza del 2 che le si avvicinava e il coltello che lanciò la colpì in pieno nella gamba.
Cadde a terra dolorante, con le lacrime agli occhi. Il dolore, finita l’adrenalina, era insopportabile.

Addio, ragazza in fiamme” disse con un fil di voce mentre Clove le si avvicinava, convinta che anche la sua fine fosse arrivata.


Buonasera a tutti :) ecco il nuovo capitolo. Mi scuso per il ritardo ma sono stata molto impegnata. Per il prossimo prababilmente dovrete attendere un po' perché domani parto e tornerò tra un mese. Vedrò se è possibile aggiornare la storia tramite cellulare, ma credo sia difficile. Ad ogni modo, spero vi piacccia il nuovo capitolo e fatemi sapere cosa ne pensate ^^ A presto e buona estate a tutti!

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Capitolo 4
*** Sana e salva ***


Capitolo 4 – Sana e salva

I singhiozzi e un flebile lamento erano tutto quello che uscivano dalla sua bocca. Riusciva a malapena a respirare ora che la spalla le faceva di nuovo male e che aveva un coltello infilato nella gamba.
Nella sua testa si malediceva per aver fatto a modo suo e pregava affinché tutto quel dolore finisse.

Non le importava di morire, ora. Tutto, perfino la morte, sarebbe stato meglio di quel dolore insopportabile e di quel senso di vuoto che avvertiva dentro di sé da quando Katniss aveva esalato l’ultimo respiro.

Clove, o almeno così credeva si chiamasse la ragazza del 2, le si avvicinava con fare minaccioso, un coltello stretto in mano puntato verso di lei.
“Finiscimi… Avanti fallo…” sussurò talmente piano che a stento riusciva a sentire lei quello che non sembrava nemmeno più il suono della sua voce.
La ragazza sorrise, come se avesse capito la sua imminente vittoria. D’altra parte tutti sapevano che lei non aveva una sola possibilità di uscire viva dall’Arena. Nei 74esimi Hunger Games solo lei e il ragazzino del 4 (morto precedentemente) avevano dodici anni, e come lui, anche Rue non aveva possibilità di salvarsi.

Era troppo piccola e questo gioco troppo crudele.

Ma quando Clove era solo a un passo da lei, quando ormai mancava un solo istante alla fine, si ricordò che là dentro c’era qualcuno, oltre a Katniss che aveva tentato di difenderla.

Thresh.

Arrivò di corsa, una grande pietra in una mano e un ramo grande nell’altra. Si fiondò addosso alla ragazza del 2, facendola cadere a terra e iniziò a colpirla con il ramo. Forte, sempre più forte, fin quando, in preda a una rabbia che Rue non aveva mai visto in lui, non la tramortì con il sasso sulla tempia, aprendole il cranio.

Sei come una sorella per me…

Thresh la prese in braccio con delicatezza e si avviò verso la fine della radura. Rue piangeva dal dolore, ma non avrebbe saputo dire se fosse fisico o no.
Era arrabbiata con sé stessa. Con un solo gesto aveva provocato fin troppi danni: Katniss era morta, la ragazza del 2 era morta, Thresh era diventato un mostro ed ora sentiva un dolore terribile pervaderle il corpo.

Sei come una sorella per me…

Quelle parole dette da Thresh non facevano altro che rimbombarle nella testa. Avrebbe dovuto capire che per lei lui avrebbe fatto questo ed altro, e non avrebbe dovuto permettere che lui compisse un atto osceno come l’omicidio per salvarla da una morte che lei aveva cercato.
Voleva chiedergli scusa, ma il respiro a stento le bastava per rimanere in vita. La vista gli si stava offuscando e sentì le forze che piano piano la abbandonavano.
Ma non ebbe paura, nemmeno per un istante.
Era con Thresh, era sana e salva. Accanto a lui niente e nessuno avrebbe potuto farle del male.

Un attimo prima di chiudere gli occhi vide ancora una volta la radura con i corpi di Katniss e Clove riversi a terra senza vita. E vide un ragazzo alto, biondo e muscoloso lanciarsi sul corpo di Clove in un pianto disperato. Cato.
Ormai gli alberi non le permettevano più di vedere e i suoi occhi non ce la facevano a stare più aperti, ma un secondo prima che perdesse definitivamente conoscenza sentì qualcuno urlare. Non era sicura di aver capito bene o che non fosse frutto del dolore o della sua immaginazione o solo un sogno, ma quello che sentì fu un urlo straziante.
"Thresh! Thresh! Me la pagherai!"

Buongiorno a tutti! Eccomi con un nuovo capitolo. Mi dispiace di avervi fatto aspettare così tanto ma le mie vacanze si sono prolungate. Spero vi piaccia e di ricevere tante recensioni per sapere il vostro parere. A presto :)

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Capitolo 5
*** La furia ***


Capitolo 5 – La furia
 
Thresh condusse Rue al loro nascondiglio.
La ragazzina non faceva altro che piangere e lamentarsi. Thresh cercò di curare al meglio le ferite e la supplicava di rimanere sveglia per paura che, addormentandosi, non si sarebbe svegliata mai più.
Rue cercava di rispondere alle continue domande di Thresh, domande stupide riguardanti i suoi gusti in fatto di cibo, il suo colore preferito e la sua famiglia, ma non poteva evitare di addormentarsi di tanto in tanto.

Si svegliò che il cielo ormai era buio e, da una fessura dell’albero, riuscì a intravedere lo stemma di Capitol City e i volti di Clove e Katniss risplendere in cielo.
Vederla lì la fece stare solo peggio. Si sentiva troppo male per quello che era successo e il dolore alla gamba e al braccio non aiutava per niente.
Il resto della notte trascorse tra incubi e dolori allucinanti. Thresh provava a starle vicino, ma niente sembrava fare la differenza.

Al mattino il temporale era diminuito leggermente e Rue, svegliandosi, vide il suo compagno di Distretto stringere forte tra le mani un piccolo paracadute argentato.
“E’ per te” disse raggiante. “E’ una medicina per le ferite.”
Rue lasciò che Thresh le curasse le ferite, pensando a quanto poteva essere costata quella piccola pomata.
Per il resto del giorno rimasero entrambi all’interno del tronco. Stavano un po’ stretti, ma fuori non si  poteva uscire per il forte temporale.
Quando sentirono un colpo di cannone, trasalirono.
“Chi sarà?” chiese Rue.
“Di certo non Cato” rispose Thresh con aria grave.
Tra di loro calò il silenzio, e in quell’istante Rue capì che forse le urla di vendetta che aveva sentito prima di perdere i sensi non erano solo un’immaginazione.
Quella sera smise di piovere. Il terreno era fangoso e scivoloso, e vedere era piuttosto difficile a causa delle nuvole che oscuravano la luna e le stelle.
Rue ebbe un tuffo al cuore quando, tra le immagini dei caduti, vide il volto del ragazzo del 12.
Non ce l’aveva fatta. Quella che Katniss doveva prendere era certamente una medicina per lui. Nel loro zaino, probabilmente, c’era anche una medicina, che avevano ottenuto lo stesso.
“Vado fuori a dare un’occhiata” disse Thresh.
Era strano. Sembrava stesse cercando di nascondere qualcosa a Rue, ma lei non riusciva a capire cosa.
Da sola in quell’albero riusciva a sentire strani rumori che la spaventavano. Quando Thresh tornò mezz’ora dopo era sollevata. “Dove sei stato?” gli domandò.
“Ce la fai a camminare?” fece lui senza darle una risposta. Era palesemente agitato.
“Tutto bene?” disse lei, ignorandolo a sua volta.
“Rue riesci a camminare si o no?!” Thresh aveva urlato talmente forte che la ragazzina era rimasta quasi terrorizzata da questo suo cambio di atteggiamento. Il ragazzo riprese fiato, poi continuò: “Devi andare via. Sta arrivando Cato.”
Rue sentì un brivido salirle lungo la schiena. Cato li stava cercando, voleva ucciderli, e li aveva quasi trovati. “Ma dove vado? E se mi trova qualcun altro?” Si stava lasciando prendere dal panico.
Thresh le posò le mani sulle spalle. “Tranquilla. Siete rimasti solo tu e la ragazza del 5. Io terrò impegnato Cato. Tu devi scappare, devi raggiungere la Cornucopia e metterti in salvo. Io ti raggiungerò il prima possibile.” Rue voleva replicare, ma il ragazzo la alzò e constatò in che condizioni fosse. “Stai bene. Adesso ascoltami: usciamo insieme da qui. Io vado avanti e tu mi segui a distanza nascondendoti dietro gli alberi. Quando incontrerò Cato, lo distrarrò e tu ci aggirerai e scapperai verso la Cornucopia.”
“Non voglio lasciarti solo” replicò Rue.
“Devi. Devi farlo per salvarti. Io tornerò, te lo prometto.”
“Promesso?”
“Promesso” concluse lui con un sorriso.
Così uscirono insieme nella notte. Non avevano idea di che ora fosse, ma non sembrava mancare molto all’alba. Vagarono a lungo, senza trovare il loro avversario. Sembrava scomparso.

Il sole sorse e Rue iniziava a sentirsi stanca, quando un rumore li fece trasalire. Un attimo dopo Cato sbucò dal nulla, saltando addosso a Rue. La ragazzina si dimenò con tutte le forze che aveva, ma Cato era più grosso. Stava per essere colpita dalla sua lancia quando Thresh gli si fiondò addosso, liberandola.
“Scappa, Rue! Scappa!” disse mentre tentava di tenere Cato  a bada. Ma la sua furia era incontrollabile. Gli occhi erano sbarrati, pronti a scorgere qualsiasi movimento, i muscoli tesi, pronti ad agire e la sua mente non troppo lucida a causa della perdita della compagna.
Rue avrebbe voluto rimanere, aiutare Thresh, ma sarebbe stata solo d’impaccio. Allora seguì i suoi ordini e iniziò a correre a perdifiato. La gamba e la spalla non le facevano quasi male e in poco tempo arrivò alla Cornucopia.
Si rifugiò alla sua base, sedendosi e pregando tra le lacrime che quell’incubo finisse. Le ore passavano tranquillamente e arrivò il pomeriggio.
Rue se ne stava rannicchiata alla base della Cornucopia, in attesa di Thresh. Quando divenne buio si chiese se lo avrebbe rivisto ancora una volta.

Buongiorno a tutti e buona domenica! Ecco un nuovo capitolo. Gli Hunger Games ormai si avvicinano alla fine. Spero vi piaccia. Fatemi sapere cosa ne pensate ^^

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Capitolo 6
*** I finalisti ***


Capitolo 6 – I finalisti
 
Un colpo di cannone la svegliò dal sonno.
Era ancora lì, vicino alla Cornucopia, sola.
Impiegò qualche istante per comprendere cosa significasse quel rumore: un altro Tributo morto.
Saltò in piedi guardandosi attorno, in attesa di vedere sbucare Thresh, ma non arrivò. I minuti passavano lenti, ma dal campo non emergeva né lui e nemmeno Cato.

Nell’Arena erano ufficialmente rimasti in tre.
Rue non riusciva a credere di essere arrivata così lontano. Era tutto merito di Thresh.
Adesso, senza lui al suo fianco, si sentiva terribilmente sola. Avrebbe voluto vederlo accanto a lei, pronto a difenderla dagli orrori che ancora l’aspettavano. Ma ora che lui non c’era (forse era andato via per sempre) come avrebbe fatto lei ad andare avanti? C’erano ancora Cato e Faccia di Volpe.
Il primo l’avrebbe uccisa in un secondo, non avrebbe nemmeno sofferto. La lotta con l’altra, invece, sarebbe stata straziante: nessuna delle due era abbastanza forte da uccidere l’altra in un colpo secco, avrebbero dovuto soffrire.

Un ululato, proveniente dal folto del bosco, squarciò il silenzio della notte.
Rue avvertì un brivido lungo la schiena. Ibridi.
Si guardò attorno, pensando a cosa fare, ma non aveva nessuna arma per difendersi. Decise di salire sulla Cornucopia, operazione che richiese diversi minuti. Quando fu in cima si appiattì controla base, sperando che chiunque arrivasse non la vedesse.
Gli ululati erano sempre di più e più vicini.
Involontariamente iniziò a tremare.
Ad un certo punto i cespugli sul confinare della radura iniziarono a muoversi e sbucò Faccia di Volpe. Correva a perdifiato, il viso rosso e i capelli arruffati. Circa una ventina di lupi geneticamente modificati erano subito dietro di lei. Anche lei correva verso la Cornucopia e Rue si ritrovò a sperare che ce la facesse, nonostante, una volta salita, avrebbero dovuto uccidersi a vicenda.
E fu così. Faccia di Volpe, con un unico salto, si aggrappò alla Cornucopia e la scalò velocemente.
Si ritrovarono faccia a faccia, pochi centimetri a dividere i loro nasi. Entrambe con una paura folle negli occhi.
Si allontanarono all’istante, timorose che l’altra avrebbe potuto attaccare. Sui bordi apposte della Cornucopia si fissavano intensamente, pronte a difendersi. Nessuna delle due avrebbe voluto attaccare, ma qualcosa si doveva pur fare.

Rue, in mente sua, continuò a pregare affinché Thresh tornasse. Ma di lui non c’era traccia. E nel frattempo gli ibridi sotto di loro continuavano a guaire e ringhiare, bramosi di sbranarle vive. Saltavano il più possibile, tentando di farcela, di salire anche loro e dare inizio alla carneficina, ma almeno per il momento, erano in salvo.

Quando Rue vide un ragazzo spuntare dal campo, si immaginava che potesse essere chiunque, ma non Thresh. Invece era lui. Corse il più veloce possibile e salì anche lui sulla Cornucopia.
Aveva il fiatone ed era ferito. “Thresh!” strillò Rue correndo ad abbracciarlo.
Lui ricambiò l’abbraccio, poi si voltò verso Faccia di Volpe. “Siamo alla fine” disse, ma senza cattiveria. D’altronde, era pur sempre una ragazzina.
Lei li guardò entrambi, le lacrime agli occhi. “Lo so” era la prima volta che Rue sentiva la sua voce, era così dolce e gentile. “Voi siete una squadra, voi potete tornare entrambi a casa. E’ il mio turno di morire.” Si alzò in piedi e si posizionò sul bordo della Cornucopia, fissò gli ibridi rabbiosi per qualche istante e poi tornò a parlare con Thresh. “Avanti, fallo. Buttami giù. Lo farei da sola ma non ho… Il coraggio.”
Adesso singhiozzava. Rue avrebbe voluto salvarla, in qualche modo. Ma non era stata capace di salvare nemmeno sé stessa in quei giochi. Prima ci aveva pensavo Katniss e poi Thresh. Era viva solo grazie a loro.
Thresh strinse forte la spada che aveva in mano (era quella di Cato, ma Rue fino a quel momento non l’aveva notata) e disse: “Se per te va bene, io saprei un modo più veloce. Non soffrirai.”
Il sangue nelle vene si raggelò alla piccola ragazzina. Possibile che lei, a soli dodici anni, dovesse ascoltare una conversazione del genere tra una ragazza di quindici e un ragazzo di diciotto anni? Sembrava un incubo.
Faccia di volpe annuì, pronta alla fine. Le lacrime continuavano a bagnarle il viso e Rue non potette più resistere. Le si fiondò addosso, abbracciandola, anche lei in lacrime: “Grazie, per averci dato un’opportunità.”
“Vivete la vita al meglio, vivetela fino in fondo, per tutti noi che siamo morti in quest’Arena.” Rue la stringeva ancora quando Thresh le tagliò il collo di netto. Pochi secondi e morì. Thresh e Rue la presero, impedendole di cadere tra le grinfie degli ibridi e la posizionarono sulla Cornucopia. Le sistemarono gli abiti, i capelli, cercarono di pulire il sangue e di unire il collo il più possibile in modo da non notare il profondo taglio e le piegarono la bocca in un leggero sorriso.

Il sole stava sorgendo. Gli ibridi si dileguarono nella foresta.
Rue diede a quella ragazza di cui nemmeno conosceva il nome un bacio sulla fronte, poi con Thresh scesero a terra. Videro arrivare un hovercraft e portarla via. Poi si guardarono e sorrisero. Si abbracciarono, felici.
Avevano vinto.

Buongiorno a tutti! Eccomi con il quinto capitolo. Credo che sia uscito abbastanza bene, ma naturalmente aspetto i vostri pareri ^^ la storia è quasi giunta al termine!

 

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Capitolo 7
*** La fine dei 74esimi Hunger Games ***


Capitolo 7 – La fine dei 74esimi Hunger Games
 
C’era qualcosa di strano in quell’Arena. Era tutto fin troppo calmo. Non un soffio di vento, né un uccello che cinguettava, a stento si sentiva lo scrosciare dell’acqua del lago lì vicino.
A quel punto dovevano esserci trombe, musica trionfale e la voce solenne di Claudius Templesmith che annunciava i vincitori degli Hunger Games. Ma invece tutto taceva.
Rue e Thresh si guardarono negli occhi: avevano capito che c’era qualcosa che non andava.
Un guasto tecnico? Improbabile.
Forse c’era ancora qualcosa che voleva Capitol City da loro prima di portarli fuori di lì. Entrambi sapevano cosa si aspettavano, ma faticavano ad ammetterlo. I patti erano quelli: ci potevano essere due vincitori, purché dello stesso Distretto.
Ma Rue e Thresh sapevano bene quanto fossero meschini i capitolini.
D’un tratto la voce di Claudius invase l’intera Arena. Con il cuore in gola, entrambi ascoltarono cosa aveva da dire: “Attenzione, Tributi. Il precedente cambio di regole, che permetteva a due Tributi dello stesso Distretto di vincere, è stato revocato. Ci sarà un solo vincitore. Felici Hunger Games, e possa la fortuna sempre essere in vostro favore.”

Silenzio.
Fu tutto quello che seguì l’annuncio.

Rue e Thresh erano rimasti fermi, immobili ai loro posti. Tutto ormai era chiaro: avevano cambiato le regole solo per permettere  a due Tributi dello stesso Distretto di arrivare insieme alla fine, in modo da rendere i giochi ancora più emozionanti. Che Rue ricordasse era accaduto raramente che due Tributi provenienti dallo stesso Distretto fossero costretti a uccidersi a vicenda, e come si poteva immaginare, era qualcosa di straziante, soprattutto per le famiglie, che dovevano assistere alla lotta del proprio figlio con quello che magari era un vicino di casa.

Rue pensò a sua madre e suo padre.
Sicuramente erano incollati davanti allo schermo, incapaci di dire una sola parola. Immaginava già la scena: il grande schermo in piazza, ma loro due era a casa da soli, barricati dentro. Avevano poi certamente convinto i suoi fratelli e sorelle a chiudersi in camera per non assistere a questi ultimi istanti.
E poi pensò alla nonna e alla sorella di Thresh. Non le conosceva bene, erano tipi molto riservati. Già le vedeva chiuse in casa, in silenzio tra quelle mura che non sentivano una sola parola da quando Thresh era andato via.

Rue comprese che per lei era arrivata la sua ora. Thresh era molto più forte, l’avrebbe annientata in un secondo. Immaginò sua madre in lacrime, i suoi fratellini e le sue sorelline incapaci di comprendere la sua prematura scomparsa. Cosa aveva detto loro quando erano venuti a salutarla nel Palazzo di Giustizia? Che stava partendo per cercare un tesoro, così sarebbero diventati ricchi e non avrebbero dovuto più lavorare nei campi dall’alba al tramonto.
Poi pensò alla famiglia di Thresh. Come avrebbero fatto quelle due povere donne senza lui? La nonna a stento si reggeva in piedi, ma continuava a lavorare per mantenere la casa; sua sorella anche lavorava, ma si sa che non è mai abbastanza nel Distretto 11. Thresh era tutto per loro, era quello che lavorava il triplo, che svolgeva tutte le mansioni più dure. Senza di lui non potevano andare avanti.
E invece? Senza di lei la sua famiglia sarebbe andata avanti? Sì, certo. Forse con dolore, con sforzi disumani, ma i suoi genitori erano giovani, ancora in grado di lavorare e senza di lei ci sarebbe stata una bocca in meno da sfamare.

Rue deglutì a fatica e si avvicinò a Thresh. Aveva gli occhi pieni di lacrime, pronta a fare quel sacrificio per permettere alla famiglia di Thresh di andare avanti. I suoi, dopo un periodo di immenso dolore, si sarebbero ripresi, dimenticandola negli anni e considerandola solo l’ennesima vittima degli Hunger Games.
“Rue” disse Thresh dolcemente. “Promettimi che non piangerai, che quando tornerai a casa sarai felice e vivrai la vita al meglio. Tu puoi ancora farlo.”
Rue aprì la bocca per rispondere ma non le uscivano le parole. Cosa diavolo stava farneticando Thresh?
Si inginocchiò davanti a lei. In quel modo riusciva a guardarla dritto negli occhi. “Il mio tempo è finito, ma non devi preoccuparti per me. Non ho paura di andare via, perché quello che dovevo fare era proteggerti e ci sono riuscito.”
Thresh aveva gli occhi colmi di lacrime. Rue non riusciva a credere che non avesse un briciolo di paura, e vedere un ragazzo grande e forte come lui in quelle condizioni la fece sentire molto male. Piangeva senza controllo, cercando di trovare qualcosa di sensato da dire. “No, noi torneremo a casa insieme. Noi siamo una squadra!”
“Si, Rue. Siamo una squadra. Lo saremo sempre. Ma io lo sapevo dal primo momento che Capitol City non avrebbe permesso a due persone di vincere, ma non ho detto niente perché questo era il modo più sicuro per permetterti di tornare a casa.”
“A casa senza di te non ci torno!”
“Invece sì.” Ora aveva l’aria infuriata. Si alzò e la sollevò da terra, buttandola lontano. Rue atterrò brutalmente, il polso le faceva malissimo. “Perdonami!” urlò Thresh, poi si infilò la spada di Cato al centro dello stomaco.
“No!” Rue si alzò e corse verso il ragazzo che ora giaceva a terra. Gli sfilò la spada dall’addome e iniziò a comprimere la ferita, cercando di fermare l’emorragia. “Resta con me! Thresh, resta con me!” urlava tra le lacrime.
Riusciva a vedere il dolore atroce dipinto sul suo volto, ma nonostante tutto cercava di sorridere per non spaventarla. “Salutami mia nonna e Andhra.” La sua voce ormai era un sussurro.
“Lo prometto, mi prenderò cura di loro, lo prometto. Ma tu resta qui con me, ti prego! Non lasciarmi da sola!”
Thresh respirava a singhiozzi e dalla sua bocca iniziava a colare del sangue. Era in preda a quelle che sembravano delle convulsioni, ma dopo nemmeno un minuto il suo corpo si fermò e un colpo di cannone rimbombò nell’Arena desolata.
Rue si aggrappò con tutte le sue forze al corpo del ragazzo, stringendolo a sé con l’intenzione di non lasciarlo mai più. “Thresh! Ti voglio bene, non lasciarmi!” Non sapeva perché continuava a ripeterlo, sapeva benissimo che il suo alleato non c’era più.
Avvertiva un ronzio in lontananza che diventava sempre più forte, fino a coprire il suo pianto isterico. Un hovercraft si avvicinò, strappandole dalle mani il corpo di Thresh. Poi ne arrivò un altro che la portò via.
Mentre era aggrappata alla scaletta diede un ultimo sguardo all’Arena, il posto peggiore che aveva mai visto, il luogo dei suoi incubi peggiori. Poi, una volta a bordo, svenne.
 
Si svegliò nella sua stanza all’undicesimo piano dell’edificio che li aveva ospitati prima degli Hunger Games. Accanto a lei, seduto su una sedia, c’era Chaff, il suo mentore. “ehi, piccola. Come ti senti?”
Ricordò subito con quelle parole il suo atteggiamento paterno e tutto l’amore che aveva trasmesso a lei e Thresh.
“Thresh…?” chiese lei, sperando di sentirsi dire che è nella stanza ffianco che dorme.
Ma Chaff scosse la testa.
Rue aveva voglia di piangere, ma era troppo stanca anche per quello. I medici di Capitol City l’avevano curata al suo arrivo e ora era in perfetta forma. Avrebbe voluto rimanere a letto, ma quella sera l’aspettava l’intervista e quindi doveva subito mettersi a lavoro con lo stilista, anche se non voleva.

Quando quella sera salì sul palco, le sembrava di essere in un incubo.
Ceasar l’accolse a braccia aperte. “Allora, Rue. Ti aspettavi che ci saremmo rivisti?”
“Be’ all’inizio no. Poi verso metà dei Giochi ho iniziato a sperarci, ma credevo ci sarebbe stato qualcun altro qui con me.”
“Stai parlando di Thresh, non è vero?” disse Ceasar con gentilezza.
Rue poté già vedere la gente commuoversi, ma nella sua mente riusciva solo a pensare che fossero degli infami. “Sì, parlo di lui.”
Per evitare di aprire un capitolo troppo scomodo, Ceasar diede il via a un filmato che riepilogava i suoi Hunger Games. E così lei poté vedere morire tutti, ancora una volta. Katniss, Clove, vide il duello tra Cato e Thresh, Faccia di Volpe, e infine il suo compagno.
Credeva che avrebbe pianto,nel rivederli. Ma sentì solo un profondo dolore al centro del petto. Gli Hunger Games l’avevano cambiata, non era più la ragazzina impaurita di dodici anni, ma una vincitrice.
“Sei la prima dodicenne a vincere, e anche la prima a non aver ucciso nessuno, non trovi sia qualcosa di singolare?” domandò Ceasar.
“Trovo che la fortuna sia stata dalla mia parte” disse impassibile. “Prima Katniss e poi Thresh mi hanno aiutato a sopravvivere. Soprattutto quest’ultimo mi ha dato una possibilità per vivere, ancora.”
“Eppure anche tu sei stata vicina alla morte. Come ti sei sentita in quei momenti?”
“Come nessuno di Capitol City si sente mai” sbottò con rabbia. “Ma come si sentono ogni giorno gli abitanti dei Distretti più remoti nel vedere le persone attorno a loro morire di fame, nel vedere di non avere nemmeno del pane da dare ai propri figli, come si sentono ogni estate ventitre madri che devono guardare i propri ragazzi mentre vengono massacrati in un gioco.”
Forse le sue parole sono state un po’ esagerate. Il pubblicò era in silenzio, sbalordito.
“Eppure tu sai” continuò Ceasar, cercando di aggiustare la situazione. “Che questo è indispensabile per fare in modo che i Giorni Bui non tornino mai più.”
Rue lo guardò, e dal suo sguardo capì che una parola sbagliata avrebbe potuto davvero far infuriare Snow e gli  Strateghi. Avrebbe potuto anche  far aprire gli occhi agli abitanti dei Distretti. Avrebbe voluto dire “No, non è indispensabile” ma questa era una frase che avrebbe pronunciato Katniss. Lei aveva promesso a Thresh che avrebbe vissuto la vita di cui lui era stato privato e che si sarebbe presa cura di sua sorella Andhra e di sua nonna. Così mentì: “Sì, sono indispensabili. Servono a farci capire dove i nostri antenati hanno sbagliato.”

Un applauso partì dal pubblico, ma lei si sentiva sporca per aver detto la bugia più grande di sempre.



Buongiorno a tutti! Eccoci dunque al gran finale. Che ne dite? Vi è piaciuto il gesto che Thresh ha compiuto nei confronti di Rue? Lasciate una recensione e fatemi sapere cosa ne pensate :) Che dire? Be' questa ff arriva ormai alla fine. Dopo di questo credo ci saranno al massimo due capitoli. E' stato un piacere scrivere ma soprattutto leggere le vostre recensioni e ringrazio particolarmente chi ha seguito fino a questo punto la storia. Aggiornerò il prima possibile! Grazie a tutti, un bacio :*

 

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Capitolo 8
*** Thresh ***


Capitolo 8 – Thresh
 
Rue guardava con immensa tristezza l’ingresso del villaggio dei vincitori. Era tornata da due giorni, in cui non c’erano state altro che feste e banchetti, abbracci da parte dei familiari e giochi con i suoi fratellini, ma lei si sentiva vuota dentro.
Guardava quelle case enormi disposte in fila e pensava alla sua, ora piena di gente. La sua famiglia si trovava bene, essendo numerosa, dato che nella vecchia c’era a stento lo spazio per muoversi.
Poi guardava le altre case, vuote, e pensava che una di quelle era stata privata ingiustamente dei suoi inquilini.
Tutti nel Distretto 11 la guardavano sorridendo, si complimentavano con lei e la salutavano con amore. I suoi fratelli erano contenti perché finalmente avevano il “tesoro” da lei promesso. Le lacrime di sua madre per i primi due giorni ogni volta che la vedeva e il sorriso radioso di suo padre erano qualcosa di inspiegabile.
Ma lei non si sentiva altrettanto contenta di essere a casa. Ormai si era rassegnata all’idea che i suoi amici non c’erano più, che lei aveva vinto solo grazie alla loro protezione e al suicidio di Thresh. Eppure sentiva come un vuoto dentro, che niente poteva colmare.
Non bastava sapere di avere una casa grande dove c’era spazio per tutti, non bastava sapere di avere denaro sufficiente per vivere a lungo di rendita, non bastava sapere che i suoi genitori avrebbero dovuto lavorare di meno e non bastava sapere che lei avrebbe potuto studiare e badare ai suoi fratelli senza lavorare nei campi perché il vuoto era sempre lì, incolmabile.

Dopo mangiato prese un sacchetto pieno di soldi. “Mamma io esco.”
“Dove vai?” chiese lei intimorita.
Era difficile farle credere che gli Hunger Games fossero finiti, che adesso sarebbe stata sempre a casa e nessuno l’avrebbe mai più portata via. “Faccio solo un giro.”
Sapeva esattamente dove andare con quelle monete. Se i suoi fratelli in futuro non avrebbero mai avuto bigliettini extra, c’era un’altra ragazza che non doveva averne per i prossimi anni di Hunger Games.
Camminava spedita nel decadente Distretto. Cercava di evitare le strade principali per non incrociare gente dallo sguardo compassionevole o triste. Ricordava perfettamente la sua meta quanto fosse lontana, ma anche che conosceva bene le persone da cui si stava recando.
Arrivò davanti alla piccola abitazione in legno, quelle più scadenti del Distretto 11. Aveva solo il piano terra e, come la sua vecchia casa, a stento stava in piedi. Bussò, ma nessuno rispose. Passeggiò qualche minuto lì vicino, ma dall’interno non proveniva il minimo suono.
“Mi scusi, dove sono?” domandò a un passante, indicando la casa.
“Non ne ho idea, credo nei campi. Oggi era il giorno del raccolto più importante. Dicono che i primi che arrivavano ai frutteti e andavano via per ultimi potevano avere qualche soldo in più.”
Rue aveva dimenticato di non conoscere i nuovi orari lavorativi, le nuove norme e le cavolate che di tanto in tanto inventavano per farti sgobbare il doppio, facendo leva sulla povertà e la necessità di soldi.
Si sedette sulla soglia, in attesa. Era il tramonto quando una ragazza muscolosa e dalla grossa stazza sbucò da una stradina. Vedendo la ragazzina davanti casa sua, rimase palesemente sorpresa.
Rue si alzò timidamente e le andò incontro. “Ciao, Andhra. Posso parlarti?”
La ragazza, con gli occhi lucidi, annuì, tremante. La guidò dentro casa sua. L’ambiente era sporco e malsano, non c’erano, come previsto, tubature, era un unico ambiente e in più punti il soffitto era bucato.
Non appena la porta fu chiusa, la vincitrice dei 74esimi Hunger Games parlò: “Dov’è tua nonna?”
“Non è in casa.”
“Avrei preferito parlare anche con lei. Tra quanto torna?”
“Non ne ho idea, se hai qualcosa da dirmi dimmela subito o vai via” rispose lei, sgarbata.
Ma Rue non esitò e non ebbe nemmeno ripensamenti su cosa fare. Le porse il sacchetto con i soldi. “Per te e tua nonna. Ve ne darò uno alla settimana. Non posso permettere che il tuo nome continui ad aumentare tra tutti gli altri foglietti per colpa del cibo.”
Andhra la guardò, gli occhi ancora più lucidi. “Tieniti i tuoi soldi, per favore e vai via di qui.”
“Non me ne andrò fin quando non li avrai presi.”
“Non li voglio. Vai via!” iniziò a urlare.
“Perché ti comporti così? Lascia che io ti dia una mano!”
La ragazza esitò. “Non sono io quella a cui dovevi dare una mano. Dovevi aiutare mio fratello.”
Rue sentì come un colpo al centro dello stomaco. Si era sentita fin dall’inizio inutile ed ora queste parole lo avevano solo confermato. La parte più brutta era che non poteva rispondere in nessun modo, aveva ragione.
“Thresh non è uno che si fa aiutare, e lo sai” disse una voce alle sue spalle. Era arrivata l’anziana signora. Aveva l’aria affaticata e, con la gobba che aveva, sembrava che non riuscisse a camminare. “Lui ha sempre preferito fare le cose da solo, e in via del tutto eccezionale aiutare gli altri.”
“Buonasera, signora” disse Rue.
“Ciao, piccola. Ti trovo bene” disse la donna con un sorriso.
“Vi prego, potreste accettare questa mia offerta?” continuò Rue, quasi in tono di supplica.
“Non la accetteremo. I tuoi soldi non sono infiniti e non puoi mantenere la tua famiglia e noi!” protestò Andhra.
“Allora accettate uno di questo una volta al mese. Ci sono altri due anni di Hunger Games per te, non puoi avere altri biglietti.”
Andhra esitò. “Solo una volta al mese.”
“Promesso” disse Rue con un sorriso. “Vi dispiace se qualche volta vengo a trovarvi?”
“Non troverai nessuno. Io lavoro e la nonna o lavora o è da Thresh”rispose Andhra.
“Oh…” fece la ragazzina. Non sapeva cosa dire. Voleva solo rendersi utile.
“Puoi venire quando vuoi” disse l’anziana. “La porta è aperta e anche se noi non ci siamo tu puoi entrare. Thresh è troppo lontano per le mie gambe stanche, non posso andare da lui ogni giorno.”
Rue sentiva un nodo in gola. Per lei fu una fatica enorme fare quella domanda: “Dov’è?”
“Nella parte nord del Distretto. Dopo il villaggio dei vincitori. E’ sulla prima fila a destra, insieme a tutti gli altri. Sarà felice di vederti.”

Qualche minuto dopo Rue era già fuori nell’aria tiepida del crepuscolo. Stava quasi correndo e si chiese se uscire così velocemente da casa delle due donne non sembrasse scortese come cosa. Il problema era che moriva dalla voglia di vedere Thresh. Voleva parlargli, anche se non credeva a tutte quelle storielle, ma doveva farlo.
Seguì le indicazioni e lo trovò subito. “Ciao, Thresh” disse guardandolo negli occhi. “Alla fine hai avuto il posto migliore, eh? La prima fila di tutti i partecipanti degli Hunger Games.” Rue si guardò attorno. Il cimitero a quell’ora era un luogo spettrale.
Si sedette di fianco alla lapide, continuando a guardare il ragazzo. Era la foto che avevano scattato loro per gli Hunger Games. “Mi dispiace di non averti portato un fiore” disse. Era difficile parlare con un pezzo di pietra, sapendo che la persona era proprio sotto di lei, morta. “Sai, io non credo nelle cose che dice tua nonna, la vita ultraterrena eccetera. Sono cose per antichi, no? Cosa dicevi tu di lei? Che era cattolica, giusto? Sinceramente non ricordo cosa vuol dire.” Ancora silenzio. Avrebbe voluto tanto ricevere una risposta. “Hanno accettato il mio aiuto. Ne sono felice.” Guardò ancora il ragazzo con gli occhi pieni di lacrime. “Mi manchi, Thresh. Mi manchi da morire” sussurrò tra i singhiozzi.
Cercava di asciugare le lacrime con le mani, ma erano troppe. “Ogni notte mi sveglio in preda agli incubi. E tu non ci sei. Non è come nell’Arena, dove sapevo di poter contare su di te. Qui non c’è nessuno, nessuno capisce cosa vuol dire. Non dovevi farlo, dovevi uccidermi.”
Quando non sentì una risposta le parve di percepire un vuoto dentro. “Anche se non rispondi, so cosa avresti detto: io dovevo continuare a vivere e tu no. Eppure fidati, un giorno ci sarà qualcuno che gliela farà pagare a Capitol City per tutto il male che ha fatto.” Fece una pausa come per riflettere. “Però ti devo dire grazie, e non solo per la possibilità che mi hai dato di vivere, ma perché nulla di tutto quello presente qua fuori, nel mondo reale, mi spaventa più. Dopo l’Arena nulla mi fa paura, tranne il vuoto che hai lasciato tu.”
Il sole era ormai calato e il buio la circondava. “Devo andare, ma tornerò domani. Te lo prometto. Ti voglio bene.”
Tornò a casa. Si chiuse nella sua stanza e si addormentò.

E dal quel giorno mantenne la sua promessa: tutti i mesi consegnava un sacchetto di denaro ai familiari di Thresh; si recava a casa loro per sistemare delle piccole faccende; ma soprattutto, cosa più importante, faceva visita alla tomba del suo amico ogni giorno, accompagnando sua nonna su una sedia a rotelle, dato che quasi non camminava più.
E così pian piano riuscì a lenire il dolore. Riuscì a credere che Thresh non fosse mai andato via. Ma le notti erano tremende, all’insegna di incubi. E quando si svegliava la realtà l’assaliva, facendola scoppiare a piangere tutte le mattine.
Quando poi la nonna del ragazzo decise di raggiungerlo, Rue ormai aveva diciotto anni e Andhra ventidue. Andarono a vivere insieme, formando una famiglia. Erano diventate come sorelle e nella grande casa da vincitrice di Rue c’era spazio per lei e il suo ragazzo.
La loro vita fu felice, nonostante le perdite subite e nonostante gli Hunger Games.
Rue riuscì a trovare finalmente l’amore quando arrivò a compiere venti anni. Era un giovanotto del suo Distretto, poco più grande di lei e molto intelligente. Il matrimonio e i tre figli non tardarono ad arrivare e la vita sembrava migliore.

Ma Rue, di notte quando solo suo marito poteva vederla, nonostante fossero passati trent’anni da quel giorno, continuava a vedere Thresh con la spada in mano mentre si tranciava in due la gola.



Buongiorno a tutti! Eccomi per l'ultimo "vero" capitolo di questa fan fiction! Mi scuso per il ritardo ma ho avuto troppi impegni. Cosa ne pensate? Vi piace? Fatemelo sapere tramite una recensione, grazie :) il prima possibile scriverò un piccolo epilogo  di questa storia, per dare una fine definitiva alla storia di Rue e di Thresh. A presto ^^

 

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Capitolo 9
*** Epilogo ***


Epilogo
 
Rue guardava fuori dalla finestra con aria assorta. Nel silenzio della sua grande casa la ribellione sembrava ancora lontana.
Eppure i suoi fratelli erano in piazza a combattere e le sue sorelle chiuse dentro casa a pregare come lei che tutto finisse.

Era cominciato tutto quando, nella 112esima edizione degli Hunger Games, due ragazzi avevano stretto una forte amicizia e, arrivati come finalisti, avevano minacciato di buttarsi giù da un dirupo insieme pur di non uccidersi.
“Non ucciderò il mio amico per seguire il vostro stupido gioco!” aveva urlato uno dei due.
Gli Streteghi come soluzione avevano provato a scatenare un branco di ibridi, ma loro in tutta risposta si erano uccisi infilzandosi con le lance al centro del petto. Dunque nessun vincitore.
Il patto era stato rotto: Capitol non aveva restituito a nessun genitore un figlio e la folla aveva iniziato ad agitardi. Gli stessi capitolini non avevano digerito questa cosa ed erano iniziate le proteste.
Rue sapeva che un giorno sarebbe successo: la spietata macchina di Capitol City era caduta.
Era solo questione di tempo. Se Snow e Seneca Crane erano abilissimi manipolatori, i loro discendenti, Gaius Snow e Narsh Sidda, erano troppo inesperti per mandare avanti un sistema non proprio perfetto.
A favorire la rivolta contribuiva il fatto che i tributi morti apparteneva ai Distretti 2 e 4. I Pacificatori così avevano smesso di invadere gli altri Distretti, le armi non circolavano più e Capitol City era ancora più inbufalita dalla mancanza di prodotti ittici.
Ad uno ad uno tutti i Distretti si erano ribellati. Per primo il dodici, dove un ormai vecchio Haymitch Abernathy e la sola altra vincitrice degli Hunger Games che attualmente aveva appena trent’anni, aveva alimentato la rivolta con fervore. A seguire c’erano stati il 3, il 5 e l’8. Ora anche il 6, il 9, il 10 e l’11 si erano ribellati. All’appello mancava solo il primo.
A Capitol City il sistema stava collassando. Le persone morivano come negli Hunger Games e la folla era difficile da gestire.

Rue in lontananza riusciva a vedere il cimitero. Guardò la direzione in cui era sicura si trovasse la lapide di Thresh: “Cosa ti avevo detto? Qualcuno ti avrebbe vendicato. Erano solo ragazzini, ma ora sono diventati due martiri. Sono i simboli della ribellione, che testimoniano la crudeltà della capitale. Stiamo vincendo, Thresh. Stai per essere vendicato.”
Sorrise.
Un urlo euforico invase l’atrio di casa sua. Erano i suoi fratelli con i suoi due figli maggiori. “Ce l’abbiamo fatta! Non ci sono più Pacificatori! Il Distretto 11 è libero!”
Tirò un sospiro di sollievo.

Ora in qualche modo poteva iniziare una vita migliore. Le notizie erano ottime da tutti i fronti, i Distretti erano quasi tutti liberi. Adesso poteva togliersi quel peso dallo stomaco: qualcuno aveva avuto il coraggio che a lei era mancato, e tutto era finito così come era destinato a essere.


Buonasera! Sono profondamente dispiaciuta di aver potuto aggiornare la storia dopo così tanto tempo ma ho troppi impegni ultimamente! Questo epilogo nasce dalla convinzione che, se non Katniss, qualcuno con altrettanto coraggio avrebbe un giorno sfidato Capitol City. Cosa ne pensate? Vorrei avere le vostre opinioni. E' l'ultimo capitolo quindi mi piacerebbe avere un giudizio complessivo su tutta la storia. Magari se vi piace come scrivo potete dare un'occhiata alle altre storie che ho scritto ^^
Vi ringrazio tutti: chi ha letto e non ha lasciato recensioni, chi ne ha lasciate, chi ha letto solo qualche capitolo, chi ha letto tutta la storia, chi l'ha inserita tra le seguite/ricordate/preferite. Insomma, siete grandiosi!
Un ringraziamento particolare a Bolide Everdeen la quale ha avuto una pazienza inaudita a leggere tutta la storia e lasciare quasi sermpre una recensione! Un ringraziamento va anche a MatitaGialla la quale mi ha seguita con altrettanta costanza e mi ha fornito consigli utili.
A presto ^^

 

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