La lista dei desideri

di ChiaraLilianWinter
(/viewuser.php?uid=284742)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Epilogo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Primo - Lettere, Foto e Incidenti ***
Capitolo 3: *** Capitolo Secondo - Un invito, un litigio e una scommessa. Lui non è come credo. ***
Capitolo 4: *** Capitolo Terzo - Telefonate serali. Cosa succede, Lilian? ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quarto - Passato. Ricordando cose che vorremmo dimenticare. ***
Capitolo 6: *** Capitolo Quinto - Preparazione. Sentimenti contrastanti. ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sesto - Primo Desiderio: Operazione Vista Clandestina. ***
Capitolo 8: *** Capitolo Settimo - L'interno 23. Segreti che non vanno svelati. ***
Capitolo 9: *** Capitolo Ottavo - Secondo Desiderio: Missione Cioccolato ***
Capitolo 10: *** Capitolo Nono - POV William ***
Capitolo 11: *** Capitolo Decimo - Delusioni e Sorprese ***
Capitolo 12: *** Capitolo Undicesimo - Passare oltre e rimpiangere ***
Capitolo 13: *** Capitolo Dodicesimo - Momento di rabbia ***
Capitolo 14: *** Capitolo Tredicesimo - Terzo Desiderio: Solo per Lei. ***
Capitolo 15: *** Capitolo Quattordicesimo - Quarto Desiderio: Ha un Sapore Dolceamaro. ***
Capitolo 16: *** Capitolo Quindicesimo - La ladra e il fratello. ***
Capitolo 17: *** Capitolo Sedicesimo - Qualcosa più grande di noi ***
Capitolo 18: *** Capitolo Diciassettesimo - La Signora Chocolate ***
Capitolo 19: *** Capitolo Diciottesimo - Mai fare arrabbiare le amiche. ***
Capitolo 20: *** Capitolo Diciannovesimo - Veronique Black ***
Capitolo 21: *** Capitolo Ventesimo - Confronto e Rivelazione ***



Capitolo 1
*** Epilogo ***


A mezzogiorno, quando il sole fa bella mostra di sè al centro del cielo, via della Rondine è sempre deserta. Come se qualcuno avesse imposto un coprifuoco, tutti svaniscono dalla strada, inghiottiti nelle loro case. Anche io, un tempo, facevo così. Appena uscivo da scuola, cercavo di stare sotto il sole il minor tempo possibile, anche a costo di correre e arrivare a casa tutta sudata. Se ci penso adesso, mi sembra una cosa talmente strana. C'è stato un tempo in cui alle due e dieci, massimo e un quarto, stavo davanti alla porta del mio appartamento, ad attendere impaziente che mia madre mi aprisse per potermi fiondare al fresco del ventilatore? Mah. Non riesco proprio a ricordarlo. Non nettamente, almeno. Negli ultimi tempi, al minimo, ritornavo a casa alle tre. Certo, questo causava qualche incomprensione tra me e la signora di casa, ma niente di tragico e irrisolvibile. Si doveva solo abituare al fatto che io ero cambiata.
Ma forse questa era la cosa più difficile.
Soprattutto perchè a cambiare ero stata io. Io, proprio io.
Vedete, se c'è una cosa che non sopporto al mondo, sono le persone superficiali. Davvero, le detesto. Fanno sempre mille progetti, uno più enorme dell'altro, ne parlano a tutti, ne vanno fiere e poi.... Puff! Il progetto numero uno scompare sostituito dal progetto numero due, più bello, più grande. E poi anche il secondo sparisce e ne compare un terzo. E un quarto, e un quinto. E va avanti così, all'infinito.
Ma la cosa che più odio, che più mi fa rabbia, è che anche io sono una persona superficiale. Oh, no, aspettate. Riformulo la frase. ERO una persona superficiale. Ora sono cambiata, appunto. Beh, diciamo che un pochino lo sono ancora, ma solo un pochino. Insomma, non lo sono nelle cose importanti, ed è questo che conta. Ne sono certa. So di essere superficiale al punto giusto, perché altrimenti non sarei qui. Non mi troverei a camminare nella mia via, nel mio quartiere, ad osservare tutto in modo così attento, giusto per divertirmi cercando di notare le cose che sono cambiate e quelle che invece sono sempre le stesse. Il muretto della villetta della signora Chocolate è uguale a prima. Grigio, con qualche striscia rossa e blu sbiadita, con un sacco di crepe. Cerco di guardare verso l'interno e vedo la cara signora mentre prepara le sue famose crêpe. Dopo ci farò un salto, giusto per stamparle un bel bacio sulla guancia e assaggiare le sue squisitezze. Ma prima devo fare una cosa più importante, con tutto rispetto per Mrs. Chocolate e per le crêpe.
Sorrido mentre mi avvio verso la baia, imboccando il vialetto della Mezzanotte: quanti segreti nasconde questa piccola stradina, infossata tra due edifici. Segreti che appartengono solo a due persone - una delle quali sono io, ovviamente. Cammino lentamente, gustando l'atmosfera di tranquillità che c'è qui. E sospiro forte, quando vedo la baia.
Chissà, mi dico, forse un giorno racconterò a qualcuno quei segreti. Gli dirò tutto, di come sono cambiata, di come sono iniziata a cambiare. Mi ricordo...
C'era una ragazza.
E un ragazzo.
E una lista. Tipo quelle della spesa, avete presente? Ecco, più o meno... Solo che su quella lista non c'era scritto nulla riguardante pomodori, formaggio o mozzarelle...
No no, affatto.
Era la lista dei miei desideri.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo Primo - Lettere, Foto e Incidenti ***


É da più di mezz'ora che la professoressa di storia parla ininterrottamente, e ormai le parole mi sono incomprensibili. Sembra che stia usando una lingua aliena, come quelle dei film di fantascienza.
Tzhhgra, aurjgfi mhhiang....
Farebbe ridere, se solo non fosse estremamente noioso e irritante cercare di dormire con un ronzio simile in sottofondo.
La professoressa si alza e va alla lavagna, mentre alza il tono di voce. Bingo. Ormai abbandonata l'idea di schiacciare un pisolino, mi volto lentamente alla mia destra dove, stravaccata sul banchetto, Lilian sta scrivendo una lettera. Lilian Baker è la mia migliore amica e io la adoro. Ci sono solo due cose che detesto di lei: non si fa mai i fatti suoi ed è ESTREMAMENTE superficiale. Vi basti pensare che siamo al liceo da nove mesi e ha cambiato ragazzo quindici volte. Io nemmeno una. Non ho mai avuto un ragazzo, se è per questo. Scaccio questi sgradevoli pensieri dalla mia mente e mi sporgo per vedere a chi è indirizzato il poema che sta stilando su un foglio accuratamente strappato dal quaderno di storia. Ecco... Appena un pò....
Kyle Kiston.
Quando leggo quel nome rischio di cadere dalla sedia: Kyle è il ragazzo più popolare - e bello - del primo anno, e a quanto pare esce solo con le ragazze più grandi. Ma Lilian non è più grande. Sorrido, pensando a quando, il primo giorno di scuola, mi aveva stritolato il braccio cercando di attirare la mia attenzione proprio verso di lui, mentre mi sussurrava all'orecchio quanto era figo secondo lei. Peccato che tutta la mia mente non era concentrata su Kyle, ma su un altro ragazzo: Alex Harmong, che é il ragazzo più bello della scuola PER ME. È una fortuna che io sia innamorata di lui, perché, pur essendo uno schianto pazzesco, non ha molte ammiratrici, e questo per colpa del suo migliore amico. Kyle, appunto. E questo é un punto a mio favore. Kyle e Lilian brillano di luce propria, e così facendo oscurano me e Alex, rendendoci praticamente invisibili al mondo intero, tranne che a noi stessi. O almeno, per me é così, ma sono sicura che anche lui ne é certo. Mi scappa un sospirone e Lilian non se lo lascia sfuggire. Posa immediatamente la penna, smettendo di scrivere - povero Kyle,dopo gli toccherà leggere quel papiro - e mi osserva attenta.
<< Che hai? >>
<< Nulla. >>
<< Scherzi? Quello sbuffo era degno di una locomotiva. >>
Mi ha offeso o sbaglio?
<< Ho il divieto di sbuffare, adesso? >>
Ho fatto uscire le parole con un tono troppo brusco, non volevo. Lilian fa una smorfia e abbassa lo sguardo, e per un attimo temo di averla offesa. Paura inutile: niente può scalfirla. Infatti dopo un attimo pianta nuovamente i suoi occhi nei miei e mi fa un sorrisetto malizioso.
<< Signorina Herstood, sta per caso pensando al suo bel principe? >>
<< Dovrebbe farsi i fatti suoi... Mrs. Kiston. >>
Ricalco bene le ultime parole e Lilian, accorgendosi che ho sbirciato la sua lettera, arrossisce.
<< Senti chi parla. >>
<< Ho letto solo il destinatario. Quando avevi intenzione di dirmelo? >>
Sono un pò offesa, in realtà: io le dico sempre tutto, indifferentemente se io lo voglia o no, e il fatto che non mi abbia detto nulla di Kyle mi infastidisce. Ma tutta la mia irritazione svanisce quando la guardo. È rossa in viso, sul viso un'espressione imbarazzata e triste, la voce le trema leggermente quando parla.
<< Non te l'ho detto... Perchè ancora non è nulla di ufficiale. Insomma... Siamo usciti una volta, e lui mi ha detto che è stato divertente e che vuole ancora uscire con me... >>
Mentre fa questo discorso confuso, si arrotola una ciocca di capelli attorno al dito, come fa ogni volta che è a disagio, e io lascio perdere. Ora capisco. Non stanno insieme, e se lei mi avesse detto qualcosa e poi Kyle avesse smentito Lilian si sarebbe sentita umiliata. La lettera che sta scrivendo non verrà letta da nessuno, almeno per ora. Mi sforzo di sorridere e le tiro una gomitata.
<< Ehi, non fa niente. In fondo non mi interessa la tua vita sentimentale: la mia è più interessante. >>
Lei ride e sbuffa scherzosamente.
<< Certo che è più interessante. Come va con Mister Silenzio? >>
Lilian chiama Alex "Mister Silenzio" perchè è molto timido e non parla spesso. Cioè, con gli altri non parla spesso: con me SÌ. Decido di fare la vaga e alzo le spalle.
<< Non facciamo progressi. >>
<< Anche oggi torni a casa con lui? >>
Annuisco, facendo un gran sorriso. Non dovrei sentirsi eccitata, in realtà: è da due settimane che Alex mi chiede di accompagnarmi, ma ogni volta mi sento ugualmente al settimo cielo.
<< Appena arriverò a casa ti chiamerò subito per raccontarti come è andata. >>
Osservo Lilian, immaginando che da un momento all'altro sfoderi uno dei suoi sorrisoni, ma mi sbaglio. La mia amica ha assunto un'aria triste, lievemente spaesata, che però mantiene solo per pochi secondi, ritornando sorridente e allegra come sempre.
<< Spiacente. Oggi non posso. Sarò fuori casa tutto il pomeriggio. >>
Vorrei chiederle il perchè, ma qualcosa mi dice di stare zitta, e io seguo il mio istinto. Mi limito ad annuire fingendomi dispiaciuta. Lei ricambia il sorriso, grata del mil silenzio, ed entrambe facciamo finta di concentrarci sulla lezione, senza parlarci fino alla fine dell'ora.

Apro la porta di casa, stanca e delusa. Alla fine delle lezioni ho aspettato davanti al cancello per mezz'ora, prima che Alex arrivasse. Mi ha raggiunta correndo, con una smorfia dispiaciuta sul volto, imprecando su chissà quale professore che lo aveva trattenuto. Non me la sono sentita di essere arrabbiata, soprattutto perchè era davvero adorabile, con i capelli castani che gli incorniciavano disordinatamente il viso e gli occhi verdi che imploravano. Abbiamo camminato verso casa parlando del più e del meno, come sempre, e lui mi ha salutato normalmente. Niente bacio o cose del genere. Siamo davvero lenti a procedere. In più, fa un caldo asfissiante e l'unica cosa che voglio adesso è tornare a casa e ficcarmi sotto il condizionatore. Quindi salgo le scale velocemente, a due a due, diretta all'ultimo piano. I capelli sono scivolati dall'elastico e mi cadono davanti gli occhi, impedendomi di vedere. Poco male. A quest'ora tutti gli inquilini sono a casa, non c'è nessuno per le scale. Sono quasi arrivata. Mancano solo due piani. Faccio un ultimo salto, con l'intenzione di atterrare elegantemente sul pianerottolo.... Ma i miei piani vengono bruscamente interrotti. Mi schianto contro qualcosa, no, qualcuno, ed entrambi cadiamo sul pavimento, soffocando gemiti di dolore e sorpresa. Per un attimo rimango immobile, il dolore che mi sovrasta, poi mi decido a muovermi e mi accorgo che la mia testa è schiacciata contro qualcosa di morbido e caldo. Il petto di qualcuno. Il petto di un ragazzo. Arrossisco violentemente, rendendomi conto della situazione: il mio petto contro il suo, le mie gambe intrecciate alle sue, il mugolio di dolore che proviene da sopra il mio viso. Mi alzo in modo improvviso, arranco, ricado all'indietro, sbattendo contro la ringhiera. E finalmente posso guardare la persona contro cui sono andata a sbattere. È proprio un ragazzo. Deve avere sedici, diciassette anni. Mi pare alto, non molto muscoloso, magro. Poi il mio sguardo si sposta verso il suo viso e quasi mi sfugge un gemito di sorpresa. È bellissimo. Ha la pelle estremamente chiara, le guancie rosee, le ciglia lunghe e i capelli neri... Neri come la notte. Poi scuote un pò la testa e spalanca gli occhi. E io mi sento persa, inghiottita da quel blu, no, da quel celeste profondo quanto il cielo. So di essere arrossita, ma sinceramente non mi importa granchè. Lui muove il braccio, le gambe, controlla che sia tutto a posto, poi si mette seduto e si massaggia dolorante la testa. Solo in quel momento mi accorgo dei pezzi di vetro cosparsi sul pavimento. Mi assalgono i sensi di colpa mentre guardo, poco lontano da me, una cornice spaccata a metà, e accanto una foto... Mi sembra vecchia e stropicciata, ma non riesco a vederla bene. Il ragazzo sembra essersi ripreso, mi guarda in modo strano, e quando si accorge che sto fissando qualcosa anche lui sposta lo sguardo sulla foto e sulla cornice rotta. E allora sul suo viso passano tante emozioni. Rabbia, sorpresa, preoccupazione. Si alza e si china sulla foto, predendola con due dita tremanti, la solleva e la guarda. Sospira. La foto è intatta.
<< S...scusa....non guardavo dove andavo... È che... Di solito sono tutti a casa a quest'ora e... >>
Lui mi interrompe.
<< Non importa. È stata anche colpa mia. Tu ti sei fatta male? >>
La sua voce è stupenda. È gentile, malinconica, in un certo senso profonda, ma anche chiara, cristallina. Può una voce essere così tante cose allo stesso tempo? Mi rendo conto che non ha sedici anni. È più grande, sicuramente.
<< No. Tu? >>
Scuote la testa e mi porge la mano, per aiutarmi a rialzarmi. Appena sono in piedi mi accorgo che è più alto di quanto mi immaginavo. Mi supera di almeno dieci centimetri. Lui mi sorride e io ricambio, poi si gira e inizia a risalire le scale. E rimango attonita. Lui se ne raccorge e si volta.
<< Che c'è? >>
<< Stai salendo. >>
<< Sì? >>
<< Perchè? >>
<< Abito al piano di sopra. Mi sono trasferito oggi. Locale 23. >>
<< Oh. Io abito al locale 24. >>
Lui mi guarda per un attimo e poi sorride, continuando a salire. Io gli cammino dietro, fino a quando non arriviamo davanti ai due locali. Sono uno davanti all'altro. Il ragazzo si gira e mi sorride.
<< Sarò il tuo nuovo vicino d'ora in poi. >>
Mi porge la mano e io gliela stringo, timida.
<< Piacere. Mi chiamo William. William Harstrong. >>
Io rimango a bocca aperta. Il suo cognome... Ricorda quello di Alex.
<< Piacere.. Io sono Camilla Herstood. >>
<< Felice di conoscerti, Camilla. Adesso, se non ti dispiace, devo andare a ripulire quel casino. >>
Non lo dice con un tono d'accusa, non sembra infastidito. Anzi, pare proprio divertito. Come può piacergli il fatto di pulire il pianerottolo?
<< No... È colpa mia. Lo farò io, più tardi. >>
Lui mi sorride di nuovo.
<< Non preoccuparti. Non ho nulla da fare. >>
Poi sparisce nel suo nuovo appartamento e ne esce poco dopo, con una scopa in mano, e lanciandomi uno sguardo fugace scende al piano di sotto. Io rimango ferma un paio di secondi, poi prendo le chiavi ed entro in casa. Mi ero quasi dimenticata di quel caldo insopportabile.


Nell'antro della strega
Ciao a tutti e grazie per aver letto fino a qui! Scusate per questo papirone di capitolo, ma vi devo avvertire che saranno tutti un pò così. Non c'è molto da dire, oltre al fatto che dovete prestare attenzione alla scena dell'incidente sulle scale, perchè in futuro, nella storia, se ne parlerà molto.
Avevo in mente questa storia da molto tempo, e a grandi linee so come dovrà essere sviluppata. Ma moooolto a grandi linee.
Credo che la aggiornerò spesso, perchè oggi ho l'ultimo esame e quindi da stasera sarò libera come un fringuello <3 Ti amo estate!
Inoltre volevo avvertire i lettori della mia raccolta "I nostri segni nel tempo" che si concluderà entro quattro capitoli, il cui primo lo pubblicherò oggi stesso.
Recensioni sempre ben accette!
Baciiiiii!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo Secondo - Un invito, un litigio e una scommessa. Lui non è come credo. ***


Nonostante il ventilatore al massimo, il caldo è talmente forte che, anche stando in canottiera e pantaloncini, mi sento svenire. La finestra è spalancata - nonostante mia madre mi avesse detto più volte di non aprirla quando il ventilatore era acceso - e questo collabora leggermente a farmi sentire meglio. Sto piegata sulla scrivania da chissà quanto tempo. Davanti a me un foglio scritto a metà: una storia che sto scrivendo, o meglio, sto cercando di scrivere. Così come Lilian cambia fidanzato, io cambio trama, personaggi, ambientazione. Sono una persona così superficiale... Sbuffo e allungo il collo, raccolgo i capelli ormai bagnati e li lego in una crocchia disordinata e gocciolante.
Mia madre è uscita da un paio di ore, per andare al lavoro, e non ritornerà fino alle dieci. Un'altra giornata da sola. Mi alzo dalla sedia e osservo la mia stanza. È abbastanza ordinata, nonostante la mia indole caotica. Le pareti sono bianche, la scrivania anche, la sedia color carta da zucchero, così come le mensole e l'armadio. Semplice, essenziale, ma terribilmente carina. Amo la mia camera, ci passo la maggior parte del tempo.
Sono ancora persa nei miei pensieri quando il campanello suona. Una volta. Silenzio. Passano un paio di minuti, poi di nuovo il trillo.
Sbuffo e, scocciata, mi stacco dalla scrivania e vado alla porta. A differenza di tutte le porte normali, la nostra non ha lo spioncino. La apro lentamente, sporgendomi per vedere chi è che mi cerca di venerdì pomeriggio. E non riesco a trattenere un gridolino di sorpresa.
William sta in piedi sul pianerottolo, sorridente, attende. Io lo guardo confusa e apro di più la porta.
<< Sì? >>
<< Volevo scusarmi per stamattina. Pensavo... Se ti andrebbe un caffè. >>
Sono sicura che il mio viso è una maschera di stupore, ma non importa. Annuisco timidamente e, dopo aver preso le chiavi, esco e lo seguo per le scale.

La cameriera ci sorride, più che altro sorride a William, lo guarda come se fosse un diamante inestimabile. Lui risponde normalmente, non sembra accorgersene, e la cosa mi diverte parecchio. Chissà se è fidanzato...? Ma no, che pensieri faccio. Non mi deve interessare.
<< Allora... Camilla. Vai alle superiori, giusto? >>
<< Primo anno. Liceo McStilly. >>
<< Lo conosco. È quello in fondo alla strada, giusto? >>
Annuisco, mentre sorseggio il caffè. Non voglio parlare di me.
<< Tu invece? >>
<< Ho quasi diciotto anni. Sono appassionato di fotografia. Ho vinto anche molti premi. Ah, frequento una scuola privata.>>
Tante informazioni. Sapevo che era più grande. Fotografia...? Mi viene in mente la foto e la cornice rotta sul pianerottolo, ieri. Scuola privata? Un figlio di papà... Ma allora perchè abita in un piccolo appartamento? Si potrebbe permettere di più, o sbaglio?
<< Cosa fanno i tuoi genitori? >>
<< Mia madre è attrice. Mio padre fa lo scrittore. >>
Sentendo che lavoro fa suo padre, mi illumino. Lui se ne accorge e sorride, vagamente deluso.
<< In molte vorrebbero conoscere mia madre. >>
<< Io vorrei conoscere tuo padre, invece. >>
Lui mi guarda, lievemente sorpreso, e mi sorride.
<< Vuoi fare la scrittrice. >>
Annuisco, anche se non è una domanda.
<< Hai già scritto qualcosa? >>
<< Ci ho provato, ma non ci sono riuscita. >>
<< Oh, e perchè? >>
<< ...Questi non sono fatti tuoi. >>
Mi mordo la lingua. Lui è stato così gentile, e io così maleducata e invadente.
<< Capisco. >>
Non mi sforzo di rimediare. Sono certa che è inutile. Io ho un caratteraccio, meglio se se ne accorge subito. William non mi guarda, osserva la cameriera adesso, lei gli sorride ancora.
<< Te la porterai a letto alla prima occasione? >>
<< Una ragazzina come te non dovrebbe parlare di queste cose. >>
<< Pensi che non sia abbastanza matura? Non mi conosci. >>
<< Nemmeno tu. Quindi non giudicarmi. >>
Non lo stavo giudicando. Come ho potuto dire che era stato gentile? È antipatico. Sbuffo e mi alzo, ma lui mi trattiene.
<< Non sarà che non riesci a scrivere perchè non hai alcuna capacità? >>
Lo fulmino con lo sguardo.
<< Ti sbagli. Semplicemente... Ho troppe idee. >>
Lui mi guarda, ghigna, mi trafigge con i suoi occhi azzurri. Sento un brivido lungo la schiena e mi libero dalla sua presa.
<< Sei superficiale, quindi. >>
<< Stà zitto. >>
Mi dà fastidio, decisamente. Lui non mi conosce, come può avermi identificato? Inizio a camminare verso casa, sento che lui è dietro di me, allungo il passo. Lui fa lo stesso. Stizzita, mi giro e lo affronto.
<< Che c'è? >>
<< Vuoi davvero diventare una scrittrice? >>
<< È il mio più grande sogno. >>
<< Sogno, eh? >>
È pensieroso, sposta lo sguardo sul cielo, su di me.
<< Facciamo una scommessa, ti va? >>
<< Scommessa? >>
Che gli passa per la testa?
<< Ti aiuterà a sconfiggere la tua superficialità... E potrebbe cambiare la tua vita. >>
<< Spiegati. >>
Lui ghigna di nuovo e si piega su di me. Poi mi mostra un foglio stropicciato, e io impallidisco. Quel foglio, fino a poco fa, era nella mia tasca.
<< Come... >>
Cerco di prenderlo, ma lui, veloce, se lo infila nella tasca posteriore dei pantaloni. No, non posso frugare lì dentro.
<< La lista dei tuoi desideri. >>
<< No... Era solo... Una cosa che ho abbozzato in un momento... Particolare. >>
Mento. È davvero la lista dei miei desideri. L'ho stilata questa mattina, dopo aver parlato con Lilian, in classe. Non avevo altro da fare... Non capisco cosa voglia...
<< Hai una settimana di tempo per realizzare questi... Dieci desideri. >>
<< Eeeeh? Stai scherzando? E io che ci guadagno? >>
Lui mi sorride, furbo.
<< Riesci in quest'impresa, e io ti faccio conoscere mio padre e ti inserisco nel mondo della letteratura. >>
Mi blocco. Sarebbe un bel premio. Quasi quasi...
<< Dici sul serio? >>
<< Dico sul serio. >>
Annuisco e sbuffo, allontanandomi. Cerco di guadagnare un pò della mia dignità perduta. Sento la sua voce alle mie spalle.
<< Allora è deciso? >>
<< È deciso. >>
Mi avvio a testa alta verso casa.

Nell'antro della strega
Salve a tutti! Grazie per aver letto anche il secondo capitolo! Come il primo, non è proprio cortissimo, ma nemmeno tanto lungo, su. Sono consapevole che questo è un pò... Piatto, dal punto di vista della narrazione, ma non sapevo come arrivare alla scommessa se non in questo modo, quindi vi prego di scusarmi. Spero comunque che i prossimi capitoli siano più gradevoli. Non ho la più pallida idea di quanto sarà lunga la storia, ma prevedo più di dieci capitoli, sicuramente.
Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo Terzo - Telefonate serali. Cosa succede, Lilian? ***


Che.Diamine.Ho.Fatto.
Dannazione, ho davvero accettato?! Non è possibile! Mi sono fregata da sola! Realizzare tutti i desideri scritti in quella dannatissima lista in UNA SETTIMANA?! Ma stiamo scherzando?! È una missione impossibile! Poi, per una persona come me... È assurdo! Non si è mai vista una cosa del genere, e io non sarò certo la prima!
Oh Signore, che ho fatto?!
Mi metto le mani nei capelli per la millesima volta. Mi sono davvero cacciata nei guai. Quando William mi ha fatto quella proposta io... Non ero in me. Volevo solo averla vinta. Quindi ho accettato. Siamo tornati a casa e lui si è ricopiato la lista su un fogliettino, poi mi ha dato l'originale e mi ha salutato, lasciandomi sola sul pianerottolo a riflettere sull'assurdità che avevo appena commesso. Ritornare da lui e rinunciare? Impossibile. La mia dignità ha già raggiunto il livello del pavimento.
Sospiro e guardo l'orologio. Le sette. Altre tre ore da sola. Allungo la mano oltre il comodino e afferro la lista. Ho solo sette giorni, meglio sbrigarsi. La osservo attentamente. Dieci desideri. Meglio partire da quello più facile. Mh.. Trovato. Questo è abbastanza facile, considerando gli altri. Vado verso il basso, verso il decimo. Il famigerato decimo. Non so ancora come lo realizzerò. Non è una cosa facile... Non è una cosa in cui basta la mia forza di volontà, o il mio ingegno. È una cosa... Che non ho mai ottenuto, e che temo non otterrò mai.

Rifletto su come realizzare il desiderio numero uno, il più facile, quando il telefono suona. Di solito, se chiamano a casa, è qualche collega di mamma, quindi è inutile che risponda. Ma stavolta una strana inquietudine mi riempe il petto, e alzo il busto per controllare il numero sul display.
Lilian.
Mi sfugge un gridolino di sorpresa. Di solito, Lilian mi chiama al cellulare. Ah, giusto, il mio telefonino è scarico. Sbuffo, mentre mi allungo per prendere l'aggeggio trillante, e schiaccio il tasto di risposta.
<< Lilian? >>
<< Ehi... Ciao, Cami. >>
La sua voce è strana. È completamente diversa dal solito. Trema, trema in modo terribile. Sento un rumore di grida, di cose che vanno in mille pezzi.
<< Lilian? Che c'è? >>
<< Potrei... Potrei venire da te? Potresti ospitarmi.. Solo per stanotte, ti prego. >>
Sembra stia per scoppiare a piangere. Mi mette paura.
<< Certo. Va bene. >>
<< Grazie mille! Allora... Allora adesso vengo, ok? >>
<< Ok. >>
Chiude la comunicazione. Io sto immobile per un pò di tempo, guardo preoccupata la cornetta. Cosa sta succedendo?

Quando sento trillare il campanello mi tuffo praticamente sulla porta e la spalanco. Lilian è lì, sul pianerottolo, mi guarda sorridente. Ma non è il suo solito sorriso. Ha gli occhi rossi, deve aver pianto.
<< Prego. Accomodati. >>
<< Grazie. >>
Entra timidamente. Stringe a sè un piccolo borsone, che sembra stia per scoppiare. Camminiamo in silenzio fino in camera mia. Lilian non viene spesso da me. Lei è ricca, vive in una villa, di solito sono io quella che viene ospitata. Amo andare da lei. Spesso, in casa, c'è anche suo fratello. Ha venti anni, è molto simpatico e anche molto bello. Mi piace andarci anche perchè la madre di Lilian è gentilissima e, soprattutto, è un'ottima cuoca. L'unico problema è suo padre. Non è una novità, che quando beve diventa violento. Tuttavia, negli ultimi tempi, non mi hanno più invitata. Quando si parla di incontrarci da qualche parte, Lilian svia sempre il discorso. È come se quella casa fosse diventata tabù. E la tristezza che leggo negli occhi di Lilian, in questi giorni... Sapevo che c'era qualcosa che non andava, ma ho avuto troppa paura per chiederlo. Quando entriamo in camera, Lilian si tuffa sul letto e soffoca il viso tra i cuscini. Poi si gira e mi sorride.
<< Grazie per avermi ospitato. Sai, i miei avevano degli impegni... >>
Mi sta mentendo.
<< Questi impegni comprendevano urlare come ossessi e tirare piatti per casa? >>
Appena mi escono queste parole di bocca, me la tappo con entrambe le mani. Cosa ho detto? Come ho potuto? Dio, sono un mostro.
Lilian mi guarda ad occhi sbarrati, è confusa, smarrita.
<< Li hai... Li hai sentiti? >>
<< Era difficile non sentirli. >>
Mi tappo nuovamente la bocca. Mi sto accorgendo di essere fin troppo diretta. Temo che adesso Lilian si alzi e cominci a sbraitarmi contro, uscendo e sbattendosi la porta dietro - e sarebbe anche giusto - ma non fa nulla di tutto ciò. Semplicemente singhiozza e scoppia a piangere. Mentre io la guardo attonita lei si mette la testa tra le mani, geme e urla, cade all'indietro sul letto.
<< Lilian? Lilian, cos'hai? >>
Lei scuote la testa e continua a piangere, ma io non posso semplicemente lasciar correre, non stavolta. Questo sarà il mio primo passo per essere una persona non superficiale.
La afferro per le spalle e la scuoto.
<< Lilian! Lilian Baker, calmati! >>
Raramente alzo la voce con lei, quindi Lilian smette finalmente di piangere e urlare e mi osserva immobile. Io sospiro e mi metto dritta, e lei mi imita. Le mie mani sono ancora attorno alle sue spalle.
<< Ok. Adesso ti calmi e mi dici tutto, d'accordo? >>
Per un attimo non dice niente, poi annuisce lentamente col capo. Si asciuga le guancie e mi guarda, respirando lentamente. E finalmente inizia a parlare.

Nell'antro della strega
Ciao a tutti e grazie per aver letto! Questo capitolo è un pò... Un capitolo cuscinetto, messo solo per separare gli eventi più importanti e di maggior rilievo. Avrei voluto inserire subito la storia di Lilian, ma poi sarebbe uscito troppo lungo, quindi farò un capitolo apposta. Come avrete notato, Camilla è molto diretta, e sarà sempre così. Mi piace il modo in cui dice le cose, senza pensare alle conseguenze. Credo che sarà l'unico personaggio capace di farlo nel corso della storia, e credo anche che ne usciranno fuori situazioni molto divertenti.
Allora, alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo Quarto - Passato. Ricordando cose che vorremmo dimenticare. ***


<< Come tu ben sai, io provengo da una famiglia benestante. Mio padre, Richard Baker, è a capo di una famosa industria, mentre mia madre lavora nel campo della moda. I loro lavori sono belli e importanti, ma li tengono sempre occupati, quindi a prendersi cura di me c'è sempre stata solo mia sorella maggiore, Alexia. Lei.. È sempre stata la persona più importante per me! Ma... >>
Lilian si ferma per un attimo, singhiozza e torna a parlare.
<< Forse è meglio parlare al passato. Vedi... Io inizialmente abitavo a New York. La mia vita lì era perfetta, assolutamente fantastica. L'assenza dei miei genitori non mi toccava più di tanto, perchè Alexia si faceva in quattro per rendermi felice. E io ripagavo i suoi sforzi comportandomi sempre bene. Ero la prima della classe, avevo vinto numerosi premi per il pianoforte, trattavo in modo educato le cameriere. Tutti mi adoravano. Quello fu il periodo più felice della mia vita. Ma.. Un giorno, tutto crollò. Ricordo perfettamente quella sera. Nostra madre era fuori, per partecipare ad una sfilata, e in casa c'eravamo solo io e mia sorella. Era domenica, il giorno libero delle cameriere. Stavamo cenando, quando suonò il campanello. Alexia, stranita, andò a vedere chi fosse, ma senza aprire la porta. Tornò poco dopo con un'espressione terrorizzata sul volto, mi prese in braccio e mi portò in soffitta. Mi disse che, qualunque cosa fosse successa, non dovevo assolutamente uscire, glielo dovevo promettere. E io lo feci. Mi salutò con un bacio sulla fronte e mi chiuse dentro. Non so cosa successe nelle ore seguenti, perchè la soffitta era separata dal resto della casa e anche perchè, ad un certo punto, mi addormentai. Al mio risveglio trovai mia madre e mio padre in lacrime. Mia sorella era stata violentata ed uccisa. Il suo assassino non venne mai trovato. Dopo quello che era successo, i miei genitori decisero di trasferirsi e venimmo qui. Purtoppo, questo ovviamente non bastava a cancellare quello che accadde ad Alexia, e me ne accorsi presto. I miei genitori erano di più a casa, si occupavano di me, ma questo succedeva solo nei primi tempi. Poi l'industria di mio padre cominciò ad andare in crisi, e lui tornava sempre più spesso a casa ubriaco fradicio. Lui e mia madre iniziarono a litigare in modo sempre più violento, oggi sono arrivati addirittura a picchiarsi, per questo sono venuta qui.>>
Quando finisce di parlare, le guancie di Lilian sono rigate di lacrime, così come le mie. Restiamo in silenzio per un pò, riflettendo su quelle parole, e su come sopravvivere a tutto quello che sta accadendo. Osservo attonita il pavimento: quello che Lilian ha detto... Sua sorella... Il motivo per cui lei se n'era andata... Non potevo immaginare che ci fosse una cosa del genere nel suo passato. Chi avrebbe mai pensato ad una cosa simile? E adesso che lo so non posso fare nulla, perchè sono solo una stupida ragazzina senza alcun potere, queste sono situazioni da adulti, ma Lilian ne è dentro fino al collo. Come poteva sopportarlo? Io non ci sarei mai riuscita.
<< ...Dì qualcosa. >>
<< Non so cosa dire... È una storia.. Assurda. Non me lo sarei mai aspettato... Mi dispiace. >>
Ecco, so dire solo quello. Mi dispiace? Non avrei potuto uscirmene con cosa peggiore. Lei sorride lievemente e mi guarda, poi, dopo un secondo, allunga le mani e mi abbraccia. Io la stringo forte e affondo il viso nella sua spalla, inizia a singhiozzare, e stavolta mi unisco a lei. Siamo qui, sul letto, strette l'una all'altra, e non possiamo fare altro che sostenerci a vicenda, piangendo e sperando che tutto il nostro passato e il nostro presente siano soltanto un sogno.

Sono a terra, stringo le ginocchia al petto e piango, piango senza riuscire a fermarmi, il mio corpo è scosso dai singhiozzi. Mi tappo le orecchie con le mani, cerco di soffocare i rumori provenienti dalla cucina. Mi alzo traballando e osservo la porta dell'ingresso. L'idea mi passa per la mente, come un fulmine, e io non riesco ad ignorarla. Attraverso l'entrata e la apro, esco fuori nell'aria fredda dell'autunno americano. La gente che passa mi guarda stranita, una bambina di otto anni con un vestitino leggero addosso, ma sono tutti troppo occupati per fermarmi. Cammino per le strade della periferia di New York traballando, mentre il freddo mi entra nelle ossa. All'improvviso sono in un vicolo, non ricordo come sono arrivata qui, ma qualcuno mi afferra per le spalle e mi fa girare. È un uomo, abbastanza vecchio, mi guarda con occhi scintillanti.
<< Stai male? >>
Io lo guardo in silenzio, non so cosa dire, non lo conosco.
<< Adesso ti do la medicina. >>
Poi non ricordo più nulla. Il freddo, il dolore, tutto si confonde e mi assale.

Mi sveglio con il fiato corto. Sono sudata, e accanto a me c'è Lilian, ancora profondamente addormentata. Per un attimo non ricordo dove sono, cos'è successo, nella mia mente c'è solo quel sogno. Lilian non è la sola ad aver sofferto, ma il nostro è un dolore differente. Il suo riguarda quello che è successo a sua sorella, il mio... Riguarda qualcosa che ho provato sulla mia pelle e che nessuno, in questo mondo, sa. Nemmeno Lilian, nemmeno mia madre. E tenere tutto dentro fa male, ma non posso fare altrimenti.
Dopo un pò ritorno alla realtà e mi accorgo che il campanello sta suonando. Barcollando, mi dirigo verso la porta e mi accorgo che mia madre non è tornata. Non mi preoccupo più di tanto. Da quando lei e mio padre si sono separati lei resta spesso a casa dei suoi... amici. Quando arrivo alla porta ho il riflesso di guardare attraverso lo spioncino, come sempre, ma come sempre mi ritrovo davanti solo il legno chiaro. Sospiro e apro la porta.
Davanti a me c'è William, sorridente e allegro, ma appena mi vede il suo sorriso scompare e mi si avvicina pericolosamente.
<< Cosa è successo? >>
Io lo guardo confusa, e cerco di indietreggiare quando lui allunga una mano verso di me. Le sue dita mi sfiorano la guancia e io arrossisco. Fino a quel momento non mi ero accorta di stare piangendo. Con il pollice mi asciuga una lacrima che mi è appena sgorgata dall'occhio sinistro. Risale il suo percorso lentamente, i suoi occhi fissi nei miei, fino a che non sento il polpastrello sfiorarmi le ciglia, leggero, come in un sogno.
Non so come, ma riesco a trovare il coraggio di parlare.
<< Non è niente. >>
Mi allontano bruscamente e mi piazzo davanti a lui, impedendogli di entrare.
<< Cosa vuoi? Non posso farti entrare, c'è una mia amica. >>
<< Capisco. Allora ripasserò domani. Volevo solo... >>
Fa per parlare, poi ci ripensa e sta zitto. So che voleva chiedermi del primo desiderio da realizzare. Sono solo sette giorni, a partire da oggi.
Lui mi sorride, chiaramente imbarazzato, poi si gira e inizia ad andarsene.
<< Will. >>
Si ferma.
<< Alle quattro, oggi pomeriggio. Ti aspetto. >>
Senza aspettare la sua riposta, chiudo la porta.
Un attimo prima che svanisca al mio sguardo, lo vedo sorridere.

Nell'antro della strega
Ciao a tutti e scusatemi per questo assurdo ritardo! Purtroppo negli ultimi giorni ho avuto delle cosuccie da fare e domani partirò e tornerò il 10, quindi fino ad allora... Portate pazienza! Allora, riguardo questo capitolo... Credo che sia fatto molto bene, ne sono orgogliosa, in un certo senso. Qui buttiamo un primo sguardo sul passato di Lilian e, sebbene solo in una piccolissima parte, anche su quello di Camilla. Ma, credetemi, non è tutto qui! Spero di svelare tutto in dei colpi di scena, nei prossimi capitoli, ma soprattutto in quelli finali. Riguardo il capitolo seguente, avremo finalmente l'inizio della sfida dei desideri! Quale sarà il primo desiderio di Camilla? E quale sarà quel famoso desiderio "irrealizzabile"? Lo scopriremo nelle prossime puntate! (Mi sono fatta prendere la mano)
Grazie a tutti!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo Quinto - Preparazione. Sentimenti contrastanti. ***


Quando suona il campanello, sono le quattro precise. Dannazione, come fa ad essere così... Puntuale? Io non ci sono mai riuscita.
Apro la porta e William è lì, mi sorride. Non posso fare a meno di notare la sua bellezza. I suoi occhi, sì, ma non solo. È alto, i muscoli sulle braccia ci sono, ma non sono troppo evidenti, i capelli neri gli incorniciano perfettamente il viso. Più bello del sole. Un pensiero mi attraversa, mi entra nella testa e minaccia di rimanere lì. Se Lilian lo vedesse... Vorrebbe subito farlo suo. Ma non sono sicura che lo otterrebbe. Non sembra il tipo da cedersi facilmente, soprattutto a qualcuno come lei.
<< Mi dispiace di averti cacciato, prima. >>
<< Scherzi? È stata colpa mia, mi sono presentato senza dire nulla... >>
<< Come avresti potuto? >>
Non ci siamo scambiati i numeri di cellullare, quindi non avrebbe potuto avvertirmi in ogni caso. Si sta dando una colpa che non esiste.
Mi concedo qualche attimo per osservarlo, sorvolando la sua magnificenza. Indossa una t-shirt e dei pantaloncini in jeans. Attaccata ad una tracolla, una macchinetta fotografica dall'aria costosa si appoggia al suo fianco.
Che ci vuole fare, con quella?
Lui nota dove guardo e mi sorride, malizioso.
<< Me la porto sempre dietro. >>
<< All'appuntamento al caffè non la avevi. >>
Mi blocco di colpo. Come al solito, non ho riflettuto su quello che ho detto. Appuntamento? Che diamine ho fatto? Lui spalanca gli occhi, il suo sguardo sembra trafiggermi, poi fa qualcosa che non credevo possibile, da parte sua. Arrossisce. Così, semplicemente. Le sue guancie si fanno sempre più rosse e lui si volta di scatto, portandosi la mano chiusa a pugno davanti alla bocca. Di fronte a quella scena, arrossisco anche io. Stiamo l'uno davanti all'altra, ma non osiamo nè parlare nè tantomeno guardarci, chiusi in un imbarazzo creatisi solo con una stupida, insignificante parola.
Non mi piace questa situazione, voglio uscirne. Voglio esaudire al più presto il mio primo desiderio, per dedicarmi al secondo.
<< Scusami.. Non volevo. Cioè, non intendevo... >>
<< Non importa. >>
Sospira e finalmente mi guarda. Il rossore è sparito, e una fitta di dispiacere mi attraversa. Avrei voluto vederlo ancora imbarazzato. Mi sorprendo a sperare che accada un'altra volta.
<< Hai ragione, quel giorno non la avevo, ma solo perchè era ancora nello scatolone. >>
Ah già, lui si era trasferito. Continuiamo a parlare mentre scendiamo le scale, diretti non so dove.
<< Avrei voluto portarla, in verità. Raramente esco senza, e quando questo accade mi sento strano, come se una parte di me mancasse. Per me... È importante. >>
Mentre stringe nella mano la macchinetta, giuro che un lampo gli è passato negli occhi. Non so cosa sia, è troppo veloce e non riesco a decifrarlo bene. Sembra... Tristezza. No, è qualcosa di più profondo... Poi me ne rendo conto. Nostalgia. Ma verso chi? Verso cosa?
<< Non posso capirti. Non ho mai provato nulla del genere. Io... Non sono mai stata particolarmente legata a qualcosa o a qualcuno. >>
Abbasso il viso. Cosa ho detto? Non avrei dovuto.
<< Ti invidio, a dire la verità. Anche io vorrei essere così... Impermeabile, in un certo senso. Tutto ti scivola addosso, ma niente penetra. Così si evita di soffrire. >>
Ti sbagli, vorrei dirgli. Fa male, vorrei dirgli. Ma non dico nulla di tutto questo.
<< Il giorno in cui ci siamo incontrati... Avevi in mano una fotografia. >>
Mi giro verso di lui.
<< Perchè ce l'avevi? Dove la stavi portando, intendo. Il tuo appartamento era al piano superiore, tu stavi andando giù. E poi, dopo che ci siamo scontrati. La cornice si è rotta, e tu sei salito con la foto. >>
Lui non mi guarda, fissa dritto davanti a sè, astio a rispondere. Temo di essermi impicciata troppo, ma ecco che lui apre la bocca per parlare.
In quel momento, qualcuno chiama il mio nome.
Mi giro, frustata. E lo vedo.
Alex mi corre incontro, mi sorride.
Poi vede William, e cambia espressione.

<< Ehi. >>
<< Ehi. >>
Alex è davanti a noi, sposta lo sguardo da me a William. Non sorride.
William sta zitto, è confuso, certo. Non sa di Alex.
La situazione è parecchio imbarazzante, e io non sono completamente io. La bellezza di Alex mi ha tolto il fiato. Decido quindi di rendere l'incontro più... Caloroso.
<< Alex, lui è William. È un fotografo. Si è trasferito da poco vicino a me. Siamo solo conoscenti. >>
Calco bene le ultime parole, non voglio che Alex si faccia un'idea sbagliata. Ma appena lo dico, mi pento, stranamente. Mi pento, appena vedo l'espressione sul viso di William. Non è sorpresa, non è arrabbiata. È molto altro. È confusa... Rassegnata. E questo mi fa saltare un battito, mi fa salire il calore alle guancie. No, no, no, io amo Alex. E Alex è qui davanti a me.
<< William... Lui è Alex. È un mio compagno di scuola... >>
<< E usciamo insieme. >>
Emetto un gemito di sorpresa quando lo dice. Guardo stupita Alex, il calore aumenta. Non lo aveva mai detto, prima. Perchè non è vero. Sta mentendo. Non siamo mai usciti. Ritornavamo solo insieme a casa.
Apro la bocca per smentire, ma William mi precede.
<< Piacere, Alex. Camilla mi ha parlato di te. >>
Rimango senza fiato. Che sta dicendo?
Alex crede alle sue parole.
<< Davvero? >>
<< Certo. Sai, non siamo stati molto tempo insieme, ma quando l'ho invitata a prendere un caffè per presentarmi ha parlato quasi esclusivamente di te. Oggi le ho chiesto di accompagnarmi perchè devo comprare un regalo a mia sorella, e non me la cavo in queste cose. >>
Sta mentendo. Con estrema facilità. Tutto ciò che esce dalla sua bocca è puramente falso, ogni singola parola. Non ho mai parlato di Alex con lui. Oggi non siamo usciti per fare il regalo a qualcuno. Oggi dobbiamo esaudire il mio primo desiderio. È strano, ma voglio che dica la verità. Mi rendo conto di volerlo, anche se non ci fosse Alex. Voglio che la vera ragione per cui ci siamo incontrati oggi esca dalle sue labbra, non perchè deve convincere qualcuno, ma perchè devo essere certa che sia la stessa. Voglio che sia la stessa.
<< Che stai dicendo...! >>
Voglio fare qualcosa, ma Alex mi blocca. O meglio, è la sua espressione a bloccarmi. È arrossito, vagamente, ma è raggiante. Sembra emanare luce propria. Sorride, e illumina tutto intorno.
Mi osserva, e il suo sorriso si allarga. Si china su di me e mi bacia sulla guancia. Sento una sorta di tensione provenire accanto a me, dove c'è William, ma non riesco a guardarlo, mi perdo nella sensazione delle labbra di Alex sulla mia pelle. Quando si stacca, sorride ancora, saluta me e William e corre via, quasi saltellando.
Io sto ferma, immobile. Non guardo il ragazzo accanto a me.
<< Perchè hai mentito? >>
<< Non sapevo avessi un ragazzo. >>
Sbuffa, sembra infastidito.
<< Non volevo causare problemi nella vostra relazione. >>
A questo punto mi giro, mi avvicino a lui. Vicino, ancora più vicino, deve sentire la mia frustazione.
<< Non stiamo insieme. >>
<< Oh. >>
William è sorpreso, distoglie lo sguardo, imbarazzato, ma non arrossisce.
<< Scusa. >>
<< Non importa. >>
Guardo le sue spalle. Non importa, voglio solo sentirlo.
<< Perchè sei uscito con me, oggi? >>
Non risponde, ma sussulta leggermente. Poi si gira, mi guarda per un attimo e poi comincia a camminare.
<< Dobbiamo esaudire il tuo primo desiderio, non essere sciocca, lo sai benissimo. >>
Annuisco, lo so benissimo. Ma in fondo speravo in una riposta diversa. Perchè io non sono uscita con lui solo per questo. L'idea del desiderio mi eccita, è vero, ma lui lo fa di più.
Sono uscita perchè voglio stare con lui. Perchè se anche ci conosciamo da pochissimi giorni, è stato quasi capace di farmi dimenticare Alex. Non sopravvalutatemi, io sono un stupida ragazzina superficiale, non so ancora cosa sia ciò che provo, ma so che posso permettermi di provarlo. Guardo William che cammina, si allontana, e allora inizio a corrergli dietro. La risposta non è stata la stessa, ma non importa, abbiamo tempo. Una settimana di desideri. Può accadere di tutto.
Inizio a credere che questa missione impossibile potrebbe risolversi. Potrebbe.
Ci sono poche sicurezze nella mia vita, ed è sempre un piacere per me aggiungerne una. Sono sicura che ce la metterò tutta, esaudirò i dieci desideri. Non importa se uno è impossibile. Anche se non ci riuscirò, ad esaudirlo, ci proverò. Questo basta, per adesso.
Alzo il viso. L'ho raggiunto.

Nell'antro della strega :P
Salve salve salve!
Sono tornata qualche ora fa dal mio viaggio ma davvero non potevo non scrivere un altro capitolo. Era una mia necessità. Non ricordo se ho detto che questo capitolo sarebbe stato l'inizio dell'arco dei desideri, ma come vedete non lo è. È un capitolo cuscinetto, un pò come l'altro, breve, può sembrare inutile, ma è fondamentale nella storia. Spero che lo abbiate letto bene. Come avrete notato, Camilla inizia a provare qualcosa verso William. Dice che non sa cos'è, ma sa che può permettersi di provarla. Su questo, bisognerà vedere. Ho intenzione di approfondire bene sia il passato di William che quello di Camilla, ma devo trovare il momento giusto. Per ora, posso assicurarvi che il prossimo capitolo sarà l'inizio dei desideri, non ci sono più scuse. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Grazie a tutti!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo Sesto - Primo Desiderio: Operazione Vista Clandestina. ***


Ok, è un quarto d'ora che camminiamo e ancora non so dove voglia andare. Non dobbiamo esaudire il mio primo desiderio? Dobbiamo spicciarci, accidenti! Ma lui è calmo, continua a camminare. Poi, grazie al cielo, si ferma. Non conosco questo quartiere. Noto un cartello con scritto il nome della via: Via della Rondine. Tutto sembra piccolo e grazioso, qui. Non ci sono palazzi nè grattacieli, solo villette minuscole con minuscoli giardini e minuscole finestre, sulle quali sono appoggiati minuscoli vasi con dentro minuscole piantine. Mi sento fin troppo grande. Lui mi sorride e indica una stradina, poi la imbocca e io lo seguo. È davvero molto piccola, si conclude a poche centinaia di metri di distanza, con un arco in pietra. Ma è meravigliosa. Sopra di noi cè un soffitto ad arco formato da piante rampicanti, che qualcuno ha sistemato in questo modo, dall'inizio fino alla fine della stradina. È una via pedonale, sicuramente. In alto, ad intervalli regolari, ci sono delle lanterne che, di notte, devono illuminare tutto di una luce rosata. Sono rimasta a bocca aperta, e William sembra essere soddisfatto.
<< Questo posto... >>
<< Si chiama Via della Mezzanotte, perchè a quell'ora le lanterne vengono accese al massimo, e illuminano tutto di una luce rosata. Ti piace? >>
<< È meravigliosa, ma.. Perchè mi hai portato qui? >>
Tace, e per un attimo temo che non risponderà, ma poi parla.
<< Volevo scusarmi per prima. Sai, non molti sono a conoscenza di questo luogo, visto che è nascosto tra due edifici, ma volevo che tu lo vedessi. >>
Voglio chiedergli come fa lui a conoscerlo, voglio chiedergli perchè voleva che fossi io a vederlo, ma decido di non fare domande. Non voglio rovinare questo momento. Cammino in avanti, sotto l'arco di rampicanti, quando all'improvviso sento uno strano rumore. Un tic. Mi giro e vedo che William ha in mano la macchina fotografica, e mi sorride malizioso. Mi ha fatto una foto. Arrossisco subito, furiosa e imbarazzata, e corro verso di lui, che indietreggia mentre scoppia a ridere.
<< Cancellala subito! >>
<< Non ci penso neanche, sei uscita benissimo. >>
Lui mi fa vedere lo scatto, tenendo sempre la macchinetta a distanza di sicurezza da me. Non mi si vede il viso, in realtà. Sono girata di spalle e guardo in su. È davvero una bella foto.
Sbuffo e mi volto, non dando a vedere la soddisfazione per essere uscita così bene.
<< Allora, la devo cancellare? >>
<< Và al diavolo. >>
Ride e ripone la macchinetta nella custodia. Poi finalmente mi fa la domanda che stavo aspettando.
<< Quale desiderio hai scelto? >>
Mi giro verso di lui, cercando di tenere un pò il broncio, ma non credo di riuscirci bene. L'eccitazione sta iniziando a pervadermi, insieme ad uno strano tremore.
<< Il primo. >>
Lui non fa nulla, poi alza un sopracciglio.
<< E quindi? >>
<< Non hai letto la lista? >>
<< No. >>
Una terribile consapevolezza inizia a farsi strada dentro di me.
<< Ma allora come facevi a sapere che era la lista dei miei desideri? >>
<< Non lo sapevo, non per certo. Te l'ho accennato facendo finta che l'avessi letta e la tua reazione me ne ha dato la conferma. Allora... Desiderio numero uno... >>
Estrae dalla tasca la lista e legge il primo desiderio. Solo quello. Io, intanto, sono immobile, attonita. Non l'aveva letta. Sono stata io. Sono stata io a cacciarmi in questo guaio. Questo tizio... Non sapeva minimamente che quella lista fosse vera. Arrossisco ancora di più, ho voglia di urlare, di seppellirmi, ma mi limito a mettermi le mani tra i capelli e sbattere la testa al muro, tutto questo sotto gli occhi di un William esageratamente divertito.
<< Allora, andiamo? >>
Lo osservo. Andiamo?
<< Il GE Building si trova a Manhattan. Noi siamo a Brooklyn... Se prendiamo la metropolitana, dovremo arrivarci in mezz'ora, giusto?>>
Annuisco e lui sorride, poi si volta e inizia a camminare, diretto verso la stazione più vicina. Quando esco dalla Via della Mezzanotte, una fitta di dispiacere mi pervade, ma riesco a reprimerla. So che ci tornerò, e poi adesso devo concentrarmi solo sul desiderio. Tiro fuori la lista, leggermente stropicciata, e controllo il Numero Uno:
Salire sul GE Building senza fare la fila.

Siamo davanti ad uno dei grattacieli più grandi di New York, devo salire fino all'ultimo piano senza fare la fila e non ho la più pallida idea di come fare. William è accanto a me, osserva impassibile l'edificio,ma sembra divertito.
<< Come mai un desiderio simile? >>
<< Non sono mai salita sul GE Building. >>
<< E già questo è abbastanza curioso, considerando che hai avuto quasi sedici anni a disposizione. Ma intendevo, perchè senza fare la fila? >>
Sospiro.
<< Un giorno mia madre mi ha portato all'Empire State Building. Ero felice, non vedevo l'ora di affacciarmi e abbracciare tutta New York con lo sguardo, ma c'era una fila enorme, chilometrica. Mi ha fatto passare la voglia. Alla fine, ero talmente stanca che nemmeno ho guardato più di tanto. >>
<< Quindi adesso vuoi goderti la vista? >>
Annuisco.
<< Non so come, però. >>
William osserva attentamente l'ingresso. C'è una sola entrata, con parecchio personale. Impossibile passare da lì.
<< Ci deve essere per forza un'altra entrata... >>
Ovvio che deve esserci. Non possono entrare tutti da lì. Sicuramente c'è una porta secondaria, ma bisogna cercarla e trovarla senza dare nell'occhio. Ci avviciniamo lentamente, confondendoci con i turisti in fila, e sento che mi manca l'aria: non amo i luoghi molto affollati. Scivoliamo lungo il muro, iniziando a percorrere il perimetro del palazzo. Andiamo prima sul lato destro, ma non c'è nulla. Quindi, ci spostiamo verso il lato sinistro. Siamo lenti, ma veloci quando la situazione lo richiede, e riusciamo a non attirare l'attenzione. William è bravo a muoversi, e io lo seguo. Alla fine del vicolo sul fianco sinistro del palazzo, troviamo la porta. È piccola, nascosta, ma è ugualmente controllata da una guardia. Anche lì, dannazione. William si volta verso di me e mi guarda, in attesa.
<< E adesso? >>
Un'idea ce l'avrei, ma devo essere sicura.
<< Senti... Nel GE Building ci sono anche appartamenti? >>
<< ...Mi pare di sì. Pochi, per clienti ricchi, ma ci sono. >>
La voce di William ha assunto uno strano tono. Perchè?
<< Capisco. >>
Posso farlo, anche se mi occorrerà un bel pò di sfacciataggine. William si accorge del luccichio nei miei occhi e assume un'espressione leggermente preoccupata quando capisce quello che sto per fare.
<< Ehi, non vorrai mica.. >>
Troppo tardi, sono uscita dall'oscurità e mi dirigo a grandi passi verso la porticina. La guardia mi osserva, impassibile.
<< Buongiorno. >>
<< Buongiorno. L'entrata per i turisti è dall'altra parte. >>
Scoppio a ridere. Signore, fa che sia convincente.
<< Turista? Cosa vi fa pensare che siamo turisti? >>
<< Tutti sono turisti, qui. >>
Lo osservo. Cavolo, credo di essere stata molto fortunata. Vogliamo scommettere che...
<< Tu, sei nuovo, piuttosto. Mi sbaglio? >>
Mi guarda stupito, ma non risponde.
Bingo! Sarà più facile del previsto.
<< Beh, se sei nuovo, allora posso perdonarti il tempo che mi stai facendo sprecare. >>
Lo guardo maliziosa.
<< Anche se pensavo che tutti potessero riconoscermi. >>
Deglutisce. Ah, ah. Continuiamo così.
<< Riconoscervi? >>
<< Certo. Lei ovviamente sa chi sono io, giusto? >>
Lentamente e in modo incerto scuote la testa. Faccio finta di adirarmi, mentre dentro di me sto scoppiando per la soddisfazione.
<< Non sai chi sono io?! E ti stai pure permettendo di parlare con me e di farmi perdere tempo prezioso?! >>
<< Mi dispiace.. Ma ho ricevuto l'ordine di non fare entrare nessuno... >>
<< Nessuno tranne ME, tranne ME, dannazione, devono avertelo detto! >>
Nega di nuovo.
<< Non capisco... Se lei alloggia qui... Perchè non entra dall'ingresso principale? >>
<< Non ho mai detto di abitare qui. Qui ci vive la mia cara.. Zia. La vengo a trovare spesso. Tuttavia, non sono mai potuta passare dall'ingresso principale, e sai perchè? >>
Scuote il capo.
<< Soffro.. D'asma. Non riesco a stare nei luoghi affolati, nemmeno per poco tempo. Quindi ogni volta vengo qui. Prima di lei, c'era un controllore molto gentile e disponibile, ma adesso... >>
Mi mostro indignata.
<< Non pensavo che qui ci lavorassero anche i cafoni. Mia zia lo verrà a sapere! >>
Lui spalanca gli occhi, è terrorizzato.
<< Non... Non ce n'è alcun motivo... Aspetti un attimo... >>
Armeggia un attimo con le chiavi e apre la porticina, scansandosi per farci passare. Oh, ma che persona gentile. Entro con passo sostenuto e a mento alto, senza dire una parola. Una volta dentro, appena la porta è chiusa e io e William siamo da soli, sospiro. Non pensavo sarebbe stato così facile, e trattengo a stento un gridolino di gioia. Mi giro verso Will e gli sorrido. Lui è a bocca spalancata, stupefatto. Poi sembra riprendersi e scoppia a ridere.
<< Oh Signore, è stato incredibile! >>
Io gli intimo di stare zitto, la guardia potrebbe sentirci. Lui sorrie e si china su di me, facendomi arrossire mentre sussurra.
<< È stato incredibile. Mai visto qualcuno sparare così tante balle in una volta sola. >>
"Io sì", vorrei dirgli, "ho visto te.",ma sto zitta. Non voglio rovinare quel momento.
E adesso c'è qualcosa di più importante da fare. Senza nemmeno pensarci troppo, lo prendo per il polso e salgo fino al primo piano dove, correndo, ci fiondiamo nel primo ascensore. Fortunatamente, ci sono poche persone. William schiaccia il pulsante dell'ultimo piano e poi mi guarda, sorridente.
<< È strano che tu non ci sia mai salita. >>
Alzo le spalle.
<< Mia madre... Non ha avuto tempo per portarmici. >>
William non è a conoscenza della mia situazione familiare, ne di quello che mi è successo... Beh, quest'ultima cosa non la sa nessuno. Nemmeno Lilian. E non posso dirla a nessuno. Mentre ripenso a quel giorno di quasi otto anni fa, un brivido mi sale per la schiena e le lacrime minacciano di sgorgare fuori dai miei occhi, ma le reprimo come sempre. Sorrido a William, ma lui ha cambiato espressione. Ha notato gli occhi lucidi? In ogni caso, non ha importanza. So che non mi farà domande.
<< Tu invece? Ci sei già salito, giusto? >>
<< Più volte di quanto tu creda. >>
Lo guardo con un'espressione interrogativa, ma lui ha assunto un tono cupo, e non continua. Quando arriviamo all'ultimo piano, corro fuori dall'ascensore forse con troppa euforia, trascinandomelo dietro. La terrazza è quasi piena, ma riesco a trovare un'angoletto vuoto e mi ci infilo, accanto a William. La vista è stupenda. Si vede tutta Manhattan, e anche altri quartieri di New York. Io e William siamo vicini, quasi spiaccicati l'uno contro l'altra, e mi accorgo di non volermi muovere, di non volermi scostare. Anzi, se fosse per me resterei così per sempre. Rimaniamo affacciati sulla terrazza per un buon quarto d'ora, William si sposta con me, paziente e divertito. Intanto, ha tirato fuori la macchinetta fotografica e scatta incessantemente da cinque minuti.
Poi, sento un rumore.
È strano, si avvicina. Ora riesco a riconoscerlo. Passi. La gente sulla terrazza si gira verso la porta, aspettandosi chissà cosa, quando ecco uscire un paio di guardie, accompagnate dal ragazzo che ci aveva fatto entrare. Sento William che mi stringe improvvisamente la mano e mi trascina, muovendosi lentamente, verso la seconda porta. Non capisco cosa succede, vedo solo le tre guardie gesticolare e discutere e scrutare tra la folla. La presa di William si fa più forte. E capisco. Cercano noi.
Ecco, ci siamo quasi. La porta è sempre più vicina e la folla ci nasconde, ma all'improvviso sento un urlo e tutte e tre la guardie si voltano verso la nostra direzione. Ci hanno visto.
A quel punto iniziamo a correre e ci fiondiamo all'interno, chiudendo la porta dietro di noi. Cosa inutile, visto che le guardie entrano dall'altra e ci ritroviamo insieme a loro sul pianerottolo. William impreca, poi vede un'ascensore quasi vuoto e mi trascina al suo interno. Fortunatamente, le porte si chiudono subito, lasciando i tre fuori. L'ascensore si dirige al piano terra, ovviamente, ma William schiaccia un altro pulsante. Piano 9. Io lo guardo confusa, ma lui è concentrato sui numeri che si rincorrono velocemente sul monitor. Che vuole fare?
Appena arriviamo al nono, lui mi trascina sul pianerottolo e si ferma davanti ad una porta. Interno 23.
Spalanco gli occhi, mentre lui estrae dalla tasca un mazzo di chiavi e, tremante, ne infila una nella serratura. La gira. La serratura scatta, e la porta si apre. Ci capisco sempre meno, so solo che William stringe la presa sulla mia mano ed entra nell'appartamento, trascinandomi con sè.

Nell'antro della strega <3
Ciao a tutti!
Allora, sono le 23:51 e non ho nessunissima voglia di scrivere, anche perchè non c'è molto da dire su questo capitolo, quindi quest'angoletto sarà molto breve. Come avrete notato, è iniziata la Missione Desideri! Uhuhuhuh non vedevo l'ora! Spero vi divertirete a leggere tutti i desideri di Camilla! Tra parentesi, non tutti i suoi desideri li ho inventati, alcuni sono i miei. Questo, ovviamente, no. Io posso permettermi al massimo di VEDERE il GE Building, figuriamoci salirci senza farci la fila. Comunque, nel prossimo capitolo vedremo uno scorcio del passato di William... E... Lui e Camilla sono da soli in un appartamento! Che succederà? Muahahahahahah...
Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo Settimo - L'interno 23. Segreti che non vanno svelati. ***


<< Quando torna mamma? >>
William stava iniziando a preoccuparsi. Suo padre aveva ricevuto una chiamata poche ore prima e subito dopo era uscito, correndo, con la disperazione in volto. Suo fratello maggiore era riuscito a parlargli prima che se ne andasse, e da quel momento si era rinchiuso in camera. Una delle domestiche, quella che si occupava di loro due, si era seduta sul divano con la testa nelle mani e aveva iniziato a singhiozzare. William aveva provato più volte a chiedere cosa stesse succedendo, ma nessuno in quella casa sembrava non avere tempo per stare a sentire un bambino di dieci anni. Eppure, nonostante la giovane etá, William era intelligente e perspicace, forse anche fin troppo. Per questo motivo, era riuscito a nascondersi e a sentire un discorso tra due domestiche. Non era riuscito a capire molto, solo due parole: Signorina Anne. Anne era sua madre. Erano due parole, tredici lettere, ma erano bastate. La mamma c'entrava qualcosa in quello che stava succedendo quella sera. E non doveva essere una bella cosa.
Verso le undici di notte William sentì la porta di casa aprirsi. Suo padre era sulla soglia, con il suo solito portamento severo, rigido. Solo un paio di cose erano diverse: il signor Harstrong sembrava stanco e, inoltre, aveva gli occhi rossi e gonfi. O qualcuno lo aveva picchiato o, più probabilmente, aveva pianto. William sapeva quale era la risposta giusta, ma si ritrovò a sperare che fosse l'altra opzione. Suo padre gli si avvicinò lentamente, gli mise le mani sulle spalle e si chinò su di lui.
<< Dov'è tuo fratello? >>
William indicò il piano di sopra, dove c'erano le camere da letto.
Suo padre annuì e si avviò in quella direzione.
<< Aspetta! >>
La sua voce da bambino si diffuse lungo la sala. L'uomo non si girò.
<< Dov'è mamma? >>
Aveva paura di chiederlo, ma doveva sapere. Suo padre si girò un attimo e lo guardò, ma senza vederlo.
<< È inutile saperlo, ormai. >>
Detto questo, scomparve al piano superiore.

Non capisco. Non credo di essere mai stata così confusa. L'appartamento è buio, le tende sono tirate. William stringe ancora la mia mano, come se avesse paura che mi allontanassi. Cosa impossibile. La porta è chiusa a chiave, adesso.
<< Credo che dovremo rimanere qui per un bel pò, finchè le acque non si saranno calmate. >>
Non riesco a rispondergli, sto ancora riprendendo fiato. Mi giro a guardarlo. È sudato, come me, e ansima, ma sul suo viso non c'è confusione, solo preoccupazione. Anche io dovrei essere preoccupata, e in colpa, visto che ci siamo cacciati in questo pasticcio per colpa mia, ma voglio capire, prima. Mi stacco dalla sua presa e mi guardo intorno. Non c'è polvere, nè odore di chiuso. Ci deve abitare qualcuno, qui. Ma perchè William ha le chiavi?
Mi giro a guardarlo, non serve nemmeno che gli ponga la domanda.
<< È l'appartamento di mio fratello. Mi ha dato le chiavi in caso... Di emergenza. >>
So che mente, glielo sento nella voce. Ma lui distoglie lo sguardo e inizia ad aprire le finestre. Non siamo molto in alto, ma è pur sempre il GE Building. E l'appartamento, è semplicemente stupendo, adesso che me ne accorgo. Ci troviamo nel salotto, che è grande e spazioso. La parete a nord è una vetrata che dà sulla città, mentre quella opposta è piena di quadri. Un corridoio si apre sulla destra, e noto numerose porte. Quante stanze ci sono? I mobili sono moderni, devono essere costosi. Nell'insieme, questo è sicuramente un posto da ricconi. Insomma, la famiglia di William deve essere veramente molto benestante, se uno dei figli può permettersi una casa del genere.
Ma c'è qualcosa che non va. Un dubbio mi si insinua nella testa.
Se sono così ricchi, perchè William vive in un appartamento minuscolo? Insomma, non ha senso.
Vorrei chiedergli un sacco di cose, su di lui e sulla sua famiglia, ma so che non vuole parlare di sè e cerco di rispettare questa sua decisione, per quanto difficile sia.
<< Allora... Il primo desiderio è andato. Te ne restano altri nove. >>
Lo guardo, leggermente sperduta. Adesso è seduto su un divano rosso, mi osserva e cerca di abbozzare un sorriso. Mi rendo conto che sta parlando della lista e gli rispondo subito, sperando che non si accorga del rossore sulle mie guancie, appena comparso.
<< Sì... Sì, hai ragione. >>
<< E mancano sei giorni... Beh, sei giorni e mezzo. Ce la farai? >>
<< Certo che ce la farò. >>
Lo dico in tono sicuro, determinato, in modo che mi creda. Sono assolutamente intenzionata a farcela. E poi, il primo desiderio è andato a buon fine - a parte la scenetta finale - , no? Sono davvero riuscita a salire sul GE Building senza fare la fila. E mi sono divertita tantissimo. Chissà, magari la missione impossibile si rivelerà migliore di quanto pensassi.
William sembra accorgersi di quello che sto pensando e scoppia a ridere.
<< Non ti esaltare, ne hai esaudito solo uno. >>
<< Già. Quindi è meglio iniziare subito a pensare al secondo. >>
Tiro fuori la lista e la osservo lentamente.
Improvvisamente una strana sensazione mi assale, come di inquietudine, e capisco che muoio dalla voglia di fare una cosa. Frugo nella borsa a tracolla nera e tiro fuori un pennarello. Poi ritorno alla mia lista e, con tono solenne, traccio una perfetta linea retta sopra il Numero Uno. Fatto. Me ne restano nove, adesso.
Sorrido, soddisfatta di me stessa, e mi rendo conto di essere felice. Sono felice, sono orgogliosa. Non mi sono mai sentita così, e mi piace.
William evidentemente ha capito cosa penso, perchè mi sorride e si appoggia al divano, in attesa, lasciandomi godere questo momento di gioia.
Ma non dura a lungo. Rimangono nove desideri e solo sei giorni, quindi non ho tempo da perdere per queste stupidaggini. Ci penserò dopo.
Il mio sguardo vaga sul secondo della lista.
È un desiderio banale, forse il più banale tra i dieci. È facile da realizzare, rispetto agli altri, ma considerando.. Me stessa, è anche molto difficile.
<< Il Numero Due. >>
<< Di già? >>
William sembra stanco, ma io non ho intenzione di aspettare, perciò mi volto e lo fisso.
<< L'idea dei desideri è stata tua. Sei stato tu a decidere il limite di tempo. Adesso non ti lamentare. >>
Forse sono stata troppo brusca. Ho paura che adesso lui se ne uscirà con qualcosa di scortese e ricominceremo a litigare, come al bar. Ma mi sbaglio. Nemmeno mi risponde. Semplicemente, tira la testa all' indietro e scoppia a ridere.
Sento le guancie andarmi in fiamme, e mi volto bruscamente. È strano come ogni cosa che faccia provochi in me strane emozioni. Fin troppo strano. Devo ricompormi, assolutamente.
<< Bene... Vediamo questo numero due... >>
Cerca di calmarsi e di frenare le risate, mentre estrae dalla tasca dei pantaloni la fotocopia della lista, perfettamente piegata in quattro parti. La stende sul tavolino di vetro al centro della stanza. Quando la vedo, trattengo a stento un gridolino di stupore. Ha appiccicato con lo skoch un quadratino di cartone nero, che copre i desideri. Tutti, tranne il primo. Delicatamente, lo stacca e lo riapiccica sempre sul foglio, solo una riga più in basso. In questo modo, adesso è visibile anche il secondo desiderio:
Cucinare una torta al cioccolato senza l'aiuto di Lilian.

<< Una torta al cioccolato? >>
Annuisco, imbarazzata. Quando l'avevo scritto mi sembrava un bel desiderio, ma adesso me ne vergogno profondamente. Non solo perchè è banale, ma anche perchè dovrò realizzarlo di fronte a William, e, credetemi, non sarà un bello spettacolo, per due motivi.
Motivo Uno: Sono un disastro in cucina.
Motivo Due: Per quante volte ci abbia provato, non sono mai riuscita a fare nemmeno l'impasto della torta al cioccolato. Nemmeno quello. Mi perdevo o sbagliavo sempre all'inizio. Quindi, sarà sicuramente una strage. Spero che William sia preparato.
<< Possiamo prepararla qui. È meglio aspettare ancora un pò prima di uscire. >>
<< Qui? Sicuro? Non vorrei... Disturbare... >>
Ok, adesso ho ancora più paura di combinare un casino.
William scuote la testa e si alza, dirigendosi verso la stanza più vicina alla sala.
<< Non disturbi. >>
Si comporta come il padrone di casa. Mi guida fino alla cucina e quando apro la porta, rimango di stucco. La stanza è enorme, forse quanto la sala, e modernissima. I fornelli si estendono sulla parete di destra, mentre il centro della cucina è occupato da un'isola rettangolare. Tutto è in perfetto ordine ed estremamente pulito. È come se quella cucina mi stesse aspettando. Mi sta spronando a realizzare anche il secondo.
William fa scorrere lo sguardo sulla stanza, fino ad arrivare a me.
<< Ti basta? >>
Eccome se mi basta. È pure troppo, per quanto riguarda gli utensili. Il problema è ben altro.
Annuisco.
<< Se ti servono, nella libreria ci sono dei ricettari... >>
<< No, grazie. So la ricetta a memoria. >>
Sorrido, mentre con la mente ritorno al passato.
<< Ogni volta che andavo a casa sua Lilian si metteva a cucinare dolci. La torta al cioccolato era la nostra preferita. Ho perso il conto di quante volte l'abbia preparata... >>
Lui mi squadra. So di aver assunto un'espressione malinconica, sebbene non ne avessi avuto l'intenzione. William mi sorride.
<< Quindi sei golosa. Chi l'avrebbe mai detto. >>
Riesce a strapparmi un sorriso.
<< Tu, mio caro, sei di fronte ad una delle ragazze più golose degli Stati Uniti d'America. >>
Entrambi scoppiamo a ridere.
Per questa volta, l'allegria ha soffocato la tristezza che, in un modo o nell'altro, ci riempe entrambi.

Nell'antro della strega
Scusate quest'assurdo ritardo ma ho avuto da fare... L'estate non è vero riposo per me! Rispetto al precedente, questo capitolo è molto corto, ma avevo bisogno di un altro capitolo cuscinetto. Se avessi messo tutto insieme, sarebbe uscito un poema! Comunque non ho molto da dire su questo, spero solo che vi sia piaciuto!
Come vi avevo detto, all'inizio si intravede una parte del passato di William... Chissà che sarà successo a sua madre.
Alla prossima, tesori!

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo Ottavo - Secondo Desiderio: Missione Cioccolato ***


Sono parecchio a disagio. Fino a poco fa sprizzavo adrenalina da tutti i pori, ma adesso, infilata in un grembiule rosso, con davanti utensili e ingredienti, vorrei soltanto rinchiudermi nella mia stanza a fare qualsiasi cosa non riguardi o includa torte al cioccolato. Per un attimo prendo in seria considerazione l'idea di fuggire, ma so che non ne sarei capace, e non solo perchè la porta è chiusa a chiave. William è accanto a me, sorridente e curioso, e so che non ho il coraggio di deluderlo. Quindi mi rimane solo una cosa da fare: rimboccarmi le maniche e mettermi al lavoro. << Allora... Per prima cosa le uova. >>
Tentennando leggermente, afferro un recipiente e me lo metto davanti. Poi allungo una mano e prendo qualche uova. Almeno questo dovrei essere capace di farlo. Tremante, rompo una delle uova sullo spigolo metallico dell'isola e subito lo porto sopra la ciotola. Il tuorlo scivola perfettamente all'interno. Bene, uno è fatto. Ripeto lo stesso procedimento con le altre, più sicura man mano che vado avanti. Anche se muoio dalla voglia di farlo, non posso osservare il volto di William: sono certa che, se mi distraggo anche solo un momento, succederà un casino.
. Quattro uova più tardi, nel recipiente ci sono tutti i tuorli. Fase uno, riuscita. La seguente è piuttosto facile, credo. Mi giro intorno alla ricerca dello zucchero, e quando finalmente lo trovo, in un barattolo di vetro, mi rendo conto di essere ad un punto fermo. Quanto zucchero ci voleva? Non me lo ricordo, ho un vuoto di memoria, accidenti.
<< Tutto ok? >>
Annuisco. Per un attimo penso ai ricettari nella libreria, ma li scaccio via dalla mia mente. Ce la devo fare da sola. In fondo, non c'è il pericolo che diventi troppo dolce.
O no?
Deglutisco e inizio a versare lo zucchero. Ancora... Ancora un pochino... Solo un ultimo pizzico... Fatto. Credo che basti. Cerco di sbirciare nella direzione di William, per vedere se sul suo volto c'è una smorfia di disgusto o di disappunto, ma non è così. I suoi occhi sono illuminati e leggermente spalancati.
<< Che-che c'è? Ho messo troppo zucchero? >>
<< Eh? >>
Mi guarda, confuso. Poi sembra riprendersi e arrossisce leggermente. Ecco! Ce l'ho fatta! L'ho fatto arrossire! Purtroppo, adesso non credo che riuscirò più a concentrarmi, diamine.
<< Ah, no... Non credo... Cioè... >>
Sembra decisamente imbarazzato.
<< Non ho mai fatto una torta e non ho mai visto farne una, quindi... >>
Il suo tono ha assunto un velo malinconico, quindi cambio discorso.
<< ..capisco. Comunque sta uscendo bene, almeno credo. Ricordati che alla fine dovrai assaggiarla. >>
Ride, tirando la testa all'indietro. I capelli neri gli scoprono la fronte, rivelando quelle ciglia lunghissime.
<< Certo che dovrò assaggiarla. Non sei l'unica golosa, qui dentro! >>

Mezz'ora dopo, la cucina è un disastro. Per sbaglio ho rovesciato l'impasto a terra e, mentre William ripuliva, l'ho dovuto rifare daccapo. Fortunatamente, gli ingredienti non mancavano. Il cibo nel frigo e negli sportelli avrebbe potuto sfamare un battaglione di soldati per una settimana. La testa mi gira un pò, quando finalmente riesco a versare la pappetta giallognola nel contenitore e ad infilarla nel forno. Strano, a Lilian veniva diversa. La consistenza è la stessa, penso, ma il colore è differente. Spero non sia importante.
William è stravaccato sul divano, con la testa all'indietro, appoggiata allo schienale. Per un attimo penso che stia dormendo, ma appena mi avvicino apre di scatto gli occhi e mi squadra.
<< Hai fatto? >>
Annuisco.
<< È stato più facile del previsto. Mi sono divertita. >>
Lui mi sorride, e la stanza intera si illumina. Sento le mie guancie diventare calde.
<< Anche io mi sono divertito. A guardarti lavorare disperatamente. >>
Ride sonoramente, mentre si prende gioco di me. Sbuffo e mi volto, offesa.
<< Nessuno ti voleva lì. >>
<< Tu non mi volevi lì. Ma mi è piaciuto. >>
Senza che me ne accorgessi, si è avvicinato e adesso è alle mie spalle. Mi posa timidamente una mano sul fianco e mi sussurra all'orecchio.
<< Sei un'ottima cuoca. >>
Per un secondo non esiste altro che lui, il suo palmo sulla mia pelle e il suono della sua voce. Ma poi mi rendo conto della situazione. Siamo in un appartamento, da soli. Lui ha diciotto anni, io quindici. E ci sono pochi strati di tessuto a dividerci. Mi giro e lo spingo via talmente forte che casca sul divano, con un gemito di sorpresa. Mi osserva, allibito.
<< Scusami.. Scusa, io... >>
Cosa sta succedendo? Non capisco.
La sensazione della sua mano su di me...
La sensazione della sua mano su di me.
Un brivido violento mi attraversa, mentre la mente si riempe di immagini e ricordi che ho cercato con tutta me stessa di seppellire, ma che saranno sempre lì, ad aspettare di poter ricomparire alla prima occasione. Non sarò mai davvero libera, ecco quello che mi stanno dicendo.
Cado a terra, in ginocchio, stringendomi la testa tra le mani. Nemmeno mi accorgo di stare urlando, non fino a quando William mi seppellisce il viso nella sua maglietta. Mi stringe a sè talmente forte da farmi male, ma finalmente le grida cessano. Spero che nessuno ci abbia sentito.
<< Se ci scoprono... >>
<< Non ti preoccupare. Le pareti sono insonorizzate. >>
<< Ah. >>
Allenta la presa su di me, ma ancora non mi lascia andare, forse perchè tremo.
<< Tutto ok...? >>
<< Sì. >>
<< Io.. Non volevo spaventarti... Non ti avrei fatto nulla. Non potrei farti nulla. >>
La sua voce è insicura, cerca di tranquilizzarmi.
<< Non è colpa tua, non preoccuparti. >>
Mi allontano da lui lentamente, alzandomi in piedi.
<< Solo... >>
Mi si bloccano le parole in gola, e tra noi cala un silenzio teso. Mi volto e entro in cucina.
<< Devo controllare la torta. >>

Io e William siamo seduti uno di fronte all'altra. In mezzo a noi c'è.. Una cosa, che ha vagamente la forma di una torta. Ma molto vagamente. Ho tagliato un pezzo e l'ho messo in un piatto, per poi darlo a William, e adesso aspetto che lo assaggi. Guarda la fetta con un'aria indecisa, ma alla fine allunga la mano e se ne porta un pezzo in bocca. Lo osservo, tesa, mentre mastica e inghiotte. Il silenzio è così fitto che mi viene voglia di ridere, ma riesco a trattenermi. Lui attende per qualche secondo, poi mi guarda e mi fa un sorriso gigantesco.
<< Buonissima. >>
Sento qualcosa di strano. Il mio cuore fa un salto di gioia, poi un altro, diventa sempre più leggero. Sento le mie guancie imporporarsi e gli angoli della mia bocca sollevarsi verso l'alto. Non riesco a trattenermi e gli getto le braccia al collo. Letteralmente. Mi sporgo e lo attiro a me, ridendo e urlando di felicità.
<< Ce l'ho fatta! Ce l'ho fatta! >>
Anche lui ride e, quando mi stacco, mi guarda con quei suoi pozzi blu.
<< Sei stata brava. Due in un giorno solo. Ti restano solo otto desideri. >>
<< E sei giorni. >>
Gli ricordo. Sei giorni... Qualcosa mi colpisce il petto. Prendo la lista dalla tasca e la osservo lentamente, scendendo al numero tre.
<< Che giorno è oggi? >>
<< Il 19 maggio, perchè? >>
Un sospiro di sollievo mi sfugge dalle labbra, ma la preoccupazione torna a farsi sentire quando guardo l'orologio.
<< Diamine, è tardissimo! >>
William segue il mio sguardo e annuisce. Con tranquillità, si alza, mette la torta in una busta e si infila la giacca. Con estrema attenzione, riusciamo a scendere e ad uscire senza farci notare, mescolandoci agli altri turisti.
Una volta fuori, alzo lo sguardo. Il GE Building troneggia su di noi, illuminato.
<< C'è davvero una bella vista da lassù, vero? >>
Annuisco, ma adesso non sono concentrata sul ricordo della terrazza. Penso ad un Interno 23 e all'aroma di cioccolato che è rimasto lì dentro.

Nell'antro della strega!
Ciao a tutti e grazie per aver letto anche quest'ottavo capitolo! Volevo informarvi che il prossimo sarà molto corto - sarà una semplice parentesi dal punto di vista di William - ma uscirà molto presto, anche oggi stesso, se ce la faccio.
Grazie ancora!

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo Nono - POV William ***


Il mio Interno 23 è così diverso dall'altro. Non ci sono mobili costosi, pareti a vetro, una cucina enorme e attrezzata. È un appartamento piccolo, con un salotto, una cucinetta, un bagno e due stanze. Una per me, l'altra... Sempre per me, o meglio, una parte. La parte migliore di me. Dopo aver salutato Camilla, mi chiudo in quella camera. Non c'è un letto, o un armadio. L'unico mobilio della stanza è una piccola scrivania e una sedia girevole. Ma non è questo che conta. La cosa importante sono le pareti. Cioè, quello che c'è sulle pareti.
Foto.
Foto di ogni genere, scattate a caso, alcune artistiche, altre no. La maggior parte sono uscite bene, ma ce ne sono certe che sono sfocate. Non si vede nulla in quelle immagini, solo nuvole di colori che si mischiano tra loro. Eppure, sono quelle che preferisco. Sono foto di qualcosa di bello e unico, solo... Difettose. Uscite male.
Come me.
Mi siedo al centro della stanza, sul pavimento, e mi fermo a pensare. Cerco di concentrarmi sulle cose normali: le spese da fare, il lavoro al giornale, i concorsi a cui potrei partecipare e che vincerei. Ad un certo punto, sono talmente disperato che cerco addirittura di visualizzare l'immagine dell'appartamento di mio fratello. Ma non ci riesco. La mia mente è sempre piena di quella persona. C'è solo lei. Lei che ride, che si arrabbia, che urla, che arrossisce.
Camilla.
Quella ragazzina mi ha preso davvero tanto. Più di quanto avrebbe dovuto.
Oggi, al GE Building... Non so cosa mi era preso. L'avevo vista di spalle, vagamente offesa, e avevo sentito qualcosa di strano e caldo invadermi il petto. Così mi ero alzato e...
Sospiro, osservando la grande foto che occupa il centro della parete di fronte a me. È quella che ho scattato in Via della Mezzanotte. C'è lei, di spalle, con il viso alzato verso il soffitto di rampicanti. Non si vede il suo viso, ed è l'unica cosa che non mi piace di quella foto.
Mi alzo, cercando di avvicinarmi per vederla meglio... E mi piego su me stesso.
Ah, accidenti! Che male allo stomaco! Dannazione, proprio adesso?!
Sostenendomi alla parete, aspetto che i crampi passino.
Poi abbasso lo sguardo. Eccolo, il motivo del mio mal di pancia. In una busta di plastica, una torta al cioccolato.
Cioè... Sono sicuro che sarebbe buona, se non fosse per una cosa.
La prossima volta, devo dire a Camilla di stare più attenta a non scambiare lo zucchero con il sale.

Nell'antro della strega
Scusatemi scusatemi scusatemi per questo orribile ritardo!
Avevo detto che sarebbe uscito subito, essendo estremamente corto - ed essendo solo una parentesi inutile con la storia - ma non ci sono riuscita. Sono stata terribilmente impegnata, e mi dispiace moltissimo.
Comunque, eccoci qui. Ho voluto scrivere questo capitoletto per farvi conoscere un pochino il personaggio di William, spero di essere riuscita nel mio intento.
Al prossimo capitolo!
Grazie a tutti per aver letto.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo Decimo - Delusioni e Sorprese ***


La suoneria della sveglia mi fa saltare. Sudata, mi giro verso l'aggeggio infernale sul comodino, maledicendolo. Le otto. Devo sbrigarmi. Oggi è domenica, in teoria giorno di riposo, ma non per me. Devo fare un sacco di cose.
Alzo lo sguardo e osservo il calendario. 20 Maggio.
Oggi esaudirò il mio terzo desiderio. E farò anche una buona azione. Forse.

Il vento caldo di maggio entra nella stanza dalla finestra aperta. Osservo l'orologio sulla parete, mentre sorseggio il succo ghiacciato che compone la mia colazione.
Sono nervosissima. Non riesco a credere che sto davvero per farlo. Devo farmene una ragione. Tanto per cominciare, devo dirlo a William. Chissà se è stanco? Accetterà di accompagnarmi, di cominciare così presto? Sospiro e afferro il bicchiere, sbattendolo forte sul ripiano accanto al lavandino. Non posso continuare a struggermi così, meglio togliersi subito la spina.
Attraverso a grandi passi il corridoio, afferro borsa e chiavi e esco. Mi giro, e lo vedo.
William è davanti a me, e mi guarda sorpreso.
Stiamo circa dieci minuti ad osservarci, senza dire una parola. Alla fine, è lui il primo a parlare.
<< Ehm... Come mai già sveglia? Pensavo fossi una di quelle persone che la domenica passano tutta la mattinata a dormire. >>
<< Lo sono. >>
Lo guardo bene. Indossa un jeans e una camicia bianca, e a tracolla porta una delle sue macchine fotografiche dall'aria costosa e professionale.
<< Hai da fare. >>
Non è una domanda.
Lui mi guarda e annuisce lentamente, quasi timoroso.
<< Ho un concorso. Mi spiace, volevi.. >>
<< Non importa. >>
Gli sorrido, anche se dentro di me sento un vuoto grande quanto il mondo intero.
<< Ci andrò da sola. Però poi tu dovrai basarti su quello che ti dirò, e dovrai credermi. >>
<< Oh. Il terzo desiderio? >>
Annuisco.
Lui assume un'aria dispiaciuta e inizia a cercare nelle tasche dei jeans, ma rimane a mani vuote. Non ha la lista con sè.
Mi guarda, vagamente perso e imbarazzato, ma io mi limito ad alzare le spalle, trattenendo il sorriso più finto che abbia mai fatto.
Non dice niente e così faccio anche io, mentre scendiamo le scale. Arrivati fuori dal portone, ci guardiamo.
<< Non è che... Mi vada, di lasciarti andare in giro da sola. >>
<< Ma figurati! Ho quindici anni, so badare a me stessa. >>
Lui mi guarda dubbioso e sta per ribattere, quand'ecco che sento qualcuno chiamarmi. Mi volto e lo vedo. Identico, come pochi giorni fa.
Alex cammina verso di noi con la mano alzata, per farsi vedere. Subito, sento che William si irrigidisce, dietro di me.
<< Ehi, Camilla! >>
<< Ciao, Alex. Che piacere vederti qui! >>
E lo è veramente. Nonostante tutto, mi piace ancora e stare con lui mi fa sentire bene. Alex si volta verso William, sorridendogli.
<< Salve, di nuovo. >>
William risponde al saluto con un cenno della testa. Poi Alex torna a rivolgere la sua attenzione verso di me.
<< Stavi uscendo? >>
<< Già. >>
Vedo che lancia un'occhiata a William, e mi affretto a chiarire.
<< Da sola. Devo comprare una cosa. >>
Alex rilassa i muscoli e mi sorride.
<< Vuoi che ti accompagni? >>
Sto per dirgli di no, ma William mi interrompe.
<< Sarebbe fantastico, grazie. Mi preoccupava lasciarla andare da sola. >>
Maledettissimo cretino.

Io e Alex camminiamo per le strade commerciali di Brooklyn. Mi sento bene accanto a lui, ma non posso fare a meno di immaginarmi William al suo posto. Starei meglio o peggio? In fondo conosco Alex da più tempo e sono da sempre innamorata di lui...
<< Allora, cos'è che devi comprare? >>
Mi volto verso il ragazzo che cammina al mio fianco e gli sorrido.
<< Un regalo. Per una persona speciale. >>
Di mattina, durante la settimana, il quartiere commerciale è quasi deserto. Questo non vale per un giorno festivo come la domenica. I negozi sono aperti ugualmente, qui, e in più la gente non ha nulla da fare. Per questo motivo c'è una calca soffocante, e sono costretta a stare fin troppo appiccicata ad Alex. Spero che non pensi che lo stia facendo apposta.
<< Sai, Camilla.. Stavo pensando... Ecco... >>
Lui arrossisce improvvisamente e si scompiglia i capelli con una mano. È adorabile, assolutamente adorabile.
<< Sì? >>
<< Ecco... Mi chiedevo.. >>
Fa un gran respiro.
<< Mi chiedevo se fossi libera dopodomani. Sera. >>
Lo dice tutto d'un botto. Dopodichè, arrossisce ancora di più. Io rimango immobile per un attimo, analizzando ciò che mi ha appena detto. Un appuntamento? Mi sta chiedendo di andare ad un appuntamento con lui?
Sento anche le mie guancie imporporarsi.
<< Ah, beh... Sì, certo. Sono liberissima. >>
In verità non ne sono certa al cento per cento, ma per lui cancellerei anche una cena dal Presidente in persona.
I suoi occhi si illuminano e mi guarda. Ci fermiamo, osservandoci a vicenda. Lui si china su di me lentamente, e io chiudo gli occhi. Sento che è sempre più vicino, mi appoggia una mano sul braccio.
<< Camilla... >>
Ma non succede niente. Il bacio non arriva, o almeno, non fa in tempo ad arrivare. Un gruppo di persone ci spinge e ci troviamo separati in mezzo alla folla. Non riesco più a vederlo, tanta è la gente che mi sta intorno.
<< Alex? Alex! >>
È inutile. Non riuscirò mai a ritrovarlo.
Sbuffo, al pensiero del bacio mancato, e cerco di dirigermi verso un vicolo deserto, al sicuro dalla folla. Ci entro dentro camminando lentamente, mentre i ricordi fin troppo chiari mi assalgono.
Il dolore...
Un brivido mi percorre la schiena e le lacrime mi bagnano gli occhi. Me le asciugo con forza, mentre cerco il cellulare nella borsa incasinata. Sento che i miei muscoli si fanno tesi, sempre di più. Le immagini si susseguono nella mia testa, una dopo l'altra, nonostante i miei sforzi per mandarle via.
Il freddo della sera, i passi strascicati, il vestito troppo leggero...
Una mano sulla mia spalla.
Sussulto e sto per urlare, ma una mano mi tappa la bocca.
In preda al terrore, cerco di scappare, tempestando la persona dietro di me di pugni.
<< Ahi! Fermati, Camilla! Ouch! >>
Mi blocco, appena sento quella voce. Mi giro e me lo trovo davanti.
Non ci posso credere, è impossibile.
Riesco a parlare a stento.
<< William, che diamine ci fai qui? >>

Nell'antro della strega!
TA-DAAAAAAAN!
Eh già, il capitolo finisce qui!
Mi scuso per il terribile ritardo - di nuovo - ma in questo periodo proprio non mi va di scrivere...
Detto questo, vi saluto, vi ringrazio e vi do l'appuntamento al prossimo capitolo!
Baaaaaci!

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo Undicesimo - Passare oltre e rimpiangere ***


Ah, ma certo.
Adesso inizia a comparirmi davanti così? Dopo solo... Tre giorni? Stiamo scherzando?
William è davanti a me. Come stamattina, come ieri, come la prima volta che ci siamo incontrati. È davanti a me, comparso senza nessun preavviso.
Ma si può sapere chi ti ha dato il permesso? Io no, non ti ho acconsentito di entrare nella mia vita e di scombussolarla completamente!
Ha sul viso un'espressione parecchio imbarazzata, e le sue guancie si sono dipinte di quel rosso che mi piace tanto. Ma in questo momento, proprio non riesco a concentrarmi sul fatto che è arrossito, tante sono la rabbia e la confusione che sento e che stanno lentamente crescendo dentro di me.
<< Avevi detto di avere un concorso. >>
<< Infatti è così. Ma è finito presto e il posto era qui dietro... Non ti stavo seguendo! >>
Lo osservo attentamente, per capire se sta mentendo, ma alla fine ci rinuncio: mi è ancora impossibile capirlo, e non ci riesco tramite i suoi occhi. Mi confondono con la loro bellezza.
Mi limito ad alzare le spalle e a ricominciare a rovistare nella borsa. Lui si ferma dietro di me e si sporge per vedere.
<< Che fai? >>
<< Cerco il cellulare. Io e Alex ci siamo separati nella folla e devo sentire dov'è. >>
Lui non dice nulla, ma sento che il suo viso si gira. Mi posa una mano sul braccio e mi strattona leggermente.
<< Che c'è? >>
Il mio tono di voce è parecchio infastidito, ma spero che non si sia offeso. Lui deglutisce e mi strattona di nuovo. Allora, con un sospiro, mi volto e rimango basita: il mio cellulare è a terra e lo schermo è attraversato da una lunga crepa. Tombola.
<< Credo... Ti sia caduto prima... >>
Quando tu mi hai spaventata.
Non lo dice, ma lo sappiamo entrambi. Se in questo momento i sensi di colpa lo stanno divorando, ne sono crudelmente felice.
Mi chino per prendere il telefonino. Lo schermo è scuro, e provo ad accenderlo o a schiacciare qualsiasi tasto, ma non succede nulla.
Si è rotto.
Oh, ma andiamo! C'è qualcuno, lassù, che ce l'ha con me! Che ho fatto di male per meritarmi questo?!
Ovviamente non sono preoccupata per il cellulare di per sè - era vecchissimo - ma per il fatto che adesso non potrò chiamare nè Alex nè Lilian. Beh, Lilian forse, perchè il suo numero lo ricordo, ma Alex?
Furiosa, butto il cellulare nella borsa e mi volto verso William. Lui indietreggia velocemente, alzando le mani in segno di resa.
Lo fulmino con lo sguardo, e d'istinto stringo i pugni. Mi andrebbe proprio di fargli un occhio nero. Se solo non fosse così alto...
<< Mi dispiace... >>
<< La prossima volta, evita di poggiarmi una mano sul braccio e tapparmi la bocca in un vicolo deserto. Così magari non mi spavento e non ci rimetto un telefonino. >>
Sul suo volto passa un'espressione ferita, e io ne sono felice.
Che ci devo fare? Essenzialmente, io sono una persona crudele ed egoista, così come tutte le persone di questo mondo.
Sbuffo e mi volto, uscendo dal vicolo e immergendomi nella folla. William mi segue quasi correndo - non che ne abbia bisogno, visto che un passo dei suoi è tre dei miei - e mi si avvicina. La gente intorno a noi spinge e ci separa, per poi farci ritornare vicini. E ancora, ci separa e ci unisce, ci separa e ci unisce. Ad un certo punto William sbuffa irritato, e capisco che si è stancato di stare in balia delle altre persone. E fa una cosa che non pensavo sarebbe mai stato in grado di fare. O perlomeno, che io non avrei mai e poi mai fatto.
Mi prende per mano.
Sento il suo palmo morbido contro il mio, le sue dita lunghe che si intrecciano, il calore che parte da quel punto e mi invade completamente, facendomi arrossire come mai prima d'ora.
Per un attimo sono talmente sbigottita che mi fermo, mi inchiodo a terra, incapace di fare anche un solo passo, e lo sento irrigidirsi. Siamo in mezzo al marciapiede, immobili, la gente che continua a camminare intorno a noi, inconscia di cosa quel gesto abbia provocato nel mio petto. Mi sembra che il cuore sia per balzare via, squarciandomi il petto e uscendone fuori, tanto è forte il suo battito.
Sento che William deglutisce e capisco che si è pentito di quello che ha fatto. Alzo lo sguardo verso di lui, ma a quanto pare ha scoperto di essere particolarmente interessato al marciapiede. Beh, almeno ha un minimo di decenza ad essere imbarazzato.
Non so bene che fare, a questo punto. La cosa migliore - o meglio, la più giusta - sarebbe scivolare via dalla sua stretta, ma mi rendo conto che non ne ho la minima voglia. La sua presa è così salda, i suoi polpastrelli ruvidi mi solleticano la mano... Arrossisco terribilmente al pensiero di quello che sto per fare, ma lo faccio lo stesso.
Faccio un passo. E poi un altro. Tenendo i nostri palmi uno contro l'altro.
William sussulta, alza il viso, i nostri sguardi si sfiorano per un attimo...
E mi immobilizzo. Non guardo più William, adesso, ma qualcuno dietro di lui.
Alex è alle nostre spalle, distante solo pochi metri. Mi osserva e sorride, non sembra aver notato le nostre mani intrecciate. D'istinto faccio scivolare via la mia e mi dirigo verso di lui, lasciando William dietro di me. E un attimo dopo mi sento orribile. Ma ormai è fatta.
<< Alex. >>
<< Camilla! Menomale, ti ho cercato, ma non ti trovavo... >>
<< La folla mi aveva spinta dall'altro lato della strada. Volevo chiamarti, ma il mio cellulare... >>
<< Non preoccuparti. Adesso sono qui. E... Per evitare di perderci di nuovo... >>
Manco a farlo apposta, mi prende per mano. Oh, bene. Mi viene da ridere e da piangere allo stesso tempo, mentre mi giro, aspettandomi di vedere William dietro di me.
Ma lui non c'è.
Scruto tra la folla, ma non riesco a individuarlo. È impossibile, fino a un attimo fa...
<< Cerchi qualcuno? >>
Alex si è chinato verso di me, con un'aria confusa. Io gli sorrido di sbieco.
<< No.. È solo... >>
Evidentemente non ha notato William, anche se non capisco come. Beh, in fondo è meglio così. Mentre un dolore incredibile mi invade il petto, mi volto verso Alex e gli sorrido.
<< Andiamo? >>
Lui mi osserva e per un attimo non dice nulla, poi sorride, e il suo viso si illumina.
<< Certo. >>

Sono stanchissima, quando varco il portone del mio condominio. Sono riuscita a comprare quello che volevo, ma a caro prezzo: non avevo mai visto una calca simile, accidenti! Mi sento le gambe a pezzi e ho un mal di testa incredibile, mentre mi trascino su per le scale, diretta all'interno 24. Un ascensore no, eh?
Alex è stato gentilissimo. Si è offerto di accompagnarmi dove volevo, nonostante l'abbia trascinato in diecimila negozi differenti. È un ragazzo molto paziente e disponibile, un punto a suo favore.
Ho trovato quello che cercavo dopo tre ore, sembrava che tutta la gente di New York si fosse riversata nel quartiere commerciale, c'era un caldo bestiale, e Alex non ha detto nulla. Nulla.
Mi ha accompagnata fino a casa e mi ha salutata con un bacio sulla guancia - uffa - e ricordandomi il nostro appuntamento. A quel punto credo di essere arrossita cento volte di più di quando William mi ha preso per mano.
Sono talmente persa tra i miei pensieri che nemmeno mi accorgo di aver raggiunto il mio piano, e che davanti a me c'è qualcuno.
Alzo lo sguardo pensando che sia il mio bel vicino, ma mi sbaglio.
È una donna sulla quarantina, non molto alta, con boccoli biondi e occhi azzurri. È bella, ma eccessivamente truccata, e i vestiti che indossa sono decisamente troppo corti.
Ecco a voi Paulette, mia madre.
Appena mi vede fa un sorriso a trentadue denti e mi abbraccia, stampandomi un bacio umido sulla guancia.
<< Camilla! Oh cara, sei uscita a fare shopping? >>
Si stacca da me e mi fa l'occhiolino.
<< Ti ha accompagnata un ragazzo? Magari fosse il vicino... È un così bel giovanotto... >>
Sento il cuore balzarmi in petto. William ha visto mia madre? Le ha parlato?
Oh, no. Nonononono.
Intanto lei è ferma davanti a me e mi osserva con un'espressione interrogativa.
Io le sorrido e le passo accanto per raggiungere la porta di casa, trattenendo a stento una smorfia disgustata quando sento quanto profumo ha addosso.
<< Stasera... >>
<< Non torno a casa. Robert mi ha invitato a cena. Non è dolcissimo? >>
No, non lo è. È solo un lurido bastardo che mira ad una notte di piacere per poi lasciarti malamente dandoti della puttana, mamma. Come tutti gli altri.
Lo penso, ma non lo dico. Lo sappiamo entrambe. Solo che mia madre fa finta che non sia vero. Non è cattiva, è solo una donna che vuole giocare a fare l'adolescente romantica.
In realtà prima non era così. Paulette Reece, giovane e rispettabile avvocatessa.
Dopo che mio padre ci ha abbandonate, lei non si è più ripresa. Ha passato due mesi terribili, ha avuto guai con la legge ed è stata costretta a lasciare il suo ruolo. Adesso lavora in un bar. O almeno così mi dice.
<< E tu che fai stasera? >>
Stavo per entrare in casa, ma mi blocco e spalanco gli occhi per la sorpresa, girandomi verso mia madre. Lei è ferma sul pianerottolo e mi sorride, ma non c'è allegria sul suo volto. Curiosità e... Malinconia. Rimpianto. Che si stia finalmente riprendendo, dopo sette anni?
Le devo rispondere, non posso ignorarla anche stavolta.
<< Volevo... Andare a trovare Melìne. >>
Lei spalanca leggermente gli occhi, poi distoglie lo sguardo da me, ma non prima che io riesca a notare che la tristezza si è impossessata di lei.
<< ...Capisco. Falle... Falle gli auguri anche da parte mia. >>
Io annuisco e riesco anche a sorriderle. Ci scambiamo due parole di saluto e ci separiamo. Quando finalmente metto piede in casa, crollo sul pavimento. Io e mia madre abbiamo parlato. Lei mi ha sorriso. Ma allora... Allora c'è speranza. Forse possiamo ritornare a essere come prima. Come sette anni fa. Forse...
Mi viene in mente una cosa. Mamma ha accennato a William. Sarà stato lui a farla cambiare...?
Anche lui ha problemi familiari, per quanto ho capito.
E io, che l'ho trattato in modo orribile... Devo assolutamente chiedergli scusa.
Animata di buona volontà e, inaspettatamente, di speranza, spalanco la porta di casa e faccio per dirigermi verso l'Interno 23... Quando proprio la porta dell'appartamento di William si apre, e ne esce fuori una giovane donna. La riconosco subito, anche se non dovrei. La cameriera del bar. Quella per cui avevo pensato male di William. Indossa una minigonna e una camicetta bianca. Questa ha i primi bottoni slacciati, si intravede il reggiseno di pizzo. La ragazza ha le guancie e le labbra arrossate, i capelli arruffati.
E dietro di lei c'è William, a petto nudo. In una situazione normale mi perderei a venerare il suo petto perfetto, muscoloso, ma questa non è situazione normale.
Perchè quando entrambi mi vedono, si bloccano. La donna mi osserva confusa, alzando un sopracciglio. Forse è la mia espressione rabbiosa e allo stesso tempo delusa che la intimidisce. William mi guarda con gli occhi e la bocca spalancati, indietreggia, e sul suo viso si legge una frase decisamente adatta:
Adesso sono nei guai.

Nell'antro della strega <3
Ciao a tutti!
Muahahaahah.... Nell'ultima parte di questo capitolo avete avuto un assaggio della mia indole essenzialmente crudele. Un assaggino, ma piccolo piccolo.
Più andiamo avanti, più mi divertirò.
A vostro discapito u.u
Comunque, passando alle cose serie (?), chiedo scusa per questo terribile ritardo. È che... Non ho molta voglia di scrivere, e devo dire che voi, cari lettori, non mi aiutate granchè. Cioè, grazie mille per chi mi ha lasciato le dieci recensioni (vi voglio taaaanto bene), ma un pò mi deprimo quando vedo fanfiction con 20,30,40 recensioni. Boh, forse devo aspettare che la storia si sviluppi?
Vedremo.
Per adesso, vi ringrazio tutti e vi do appuntamento al prossimo capitolo! ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo Dodicesimo - Momento di rabbia ***


<< Camilla, apri... Posso spiegare! >>
<< Non devi spiegarmi nulla, assolutamente nulla! >>
<< No invece... Ti prego... >>
<< Non sei contento? Alla fine sei riuscita a fartela, la cameriera. Bravissimo! Aggiungi questo alla "lista delle cose che ho fatto e che mi hanno fatto sembrare un puttaniere"! >>
<< Non me la sono portata a letto! Cioè... >>
Lo sento mugugnare, dall'altro lato della porta, e capisco che per lui è imbarazzante parlare di queste cose con me, che sono più piccola di tre anni.
<< Non importa, non fa niente! Te l'ho già detto, puoi fare quello che diamine ti pare! Solo magari evitate di uscire sul pianerottolo come se foste ancora a letto, qualcuno si potrebbe scandalizzare! >>
<< Camilla, andiamo... >>
<< E io che ti pensavo come qualcuno di serio! >>
<< E tu allora?! >>
Oh, è scattato anche lui. Ho l'impressione che da qui a poco succederà un macello.
<< Io?! >>
<< Ma sì, a te non fa differenza, no?! O io o Alex, è uguale! Basta avere qualcuno! >>
<< Che coooooosa?! >>
Mi ha dato della puttana? Mi ha dato della puttana.
Ah-ah, mossa sbagliata, caro. Io sono facilmente infiammabile.
Apro la porta con uno strattone e lo afferro per il colletto della camicia. Almeno si è messo qualcosa addosso.
<< Prova a ripeterlo, se hai il coraggio! >>
<< Lo ripeto, lo ripeto eccome! Stavi guardando me, ero io quello che stavi tenendo per mano, e ecco che un attimo dopo sei tutta sorridente con quel tizio! >>
Colgo una sfumatura nella sua voce, tra la rabbia e l'imbarazzo, ma non mi illudo pensando che sia gelosia.
<< E che dovrei dire io?! Lo so, sono stata una stronza! Stavo venendo a bussarti per chiederti scusa, ed ecco che mi ritrovo davanti una donna sulla ventina praticamente nuda! >>
<< Non era nuda! >>
<< Sì che lo era, e lo eri anche tu! >>
Credo si renda conto che le nostre grida stanno scuotendo tutto il palazzo, perchè lo vedo farsi rosso all'improvviso. Con una mano mi tappa la bocca e mi spinge nel mio appartamento, chiudendosi la porta dietro di sè. Io scivolo subito via, con il viso in fiamme per la rabbia e l'indignazione.
<< Che c'è? La cameriera non era soddisfacente? Vuoi farti anche me adesso? >>
<< Non scherzare. >>
Il suo tono è pacato, ma sotto di esso c'è ancora la rabbia.
Mi si avvicina e mi poggia le mani sulle spalle, stringendole.
Poi, si china alla mia altezza.
<< Camilla... >>
Sospira.
<< Io... Ero arrabbiato... E ho visto quella ragazza... Le ho chiesto se le andava un caffè, non so cosa volevo fare... Ma non l'ho fatto. >>
<< William, eri senza maglietta. >>
<< Lei... Ad un certo punto mi si è avvicinata sempre di più e mi ha baciato... Ho provato a lasciarmi andare, ma non ci sono riuscito. Ho inventato una scusa e l'ho mandata via. Mi dispiace che tu... >>
<< Non importa, te lo ripeto. Non sono la tua ragazza, non devi dirmi tutto questo. Mi sono arrabbiata soltanto perchè eravate praticamente nudi. E se ci fosse stato un bambino?! >>
Bugiarda. Che bugiarda che sono.
Lui non risponde. Mi osserva attentamente, cercando di cogliere qualcosa nei miei occhi. Sembra rinunciarci, perchè sospira di nuovo e distoglie lo sguardo. Mi lascia andare e si appoggia alla porta, passandosi una mano tra i capelli. Sembra davvero stanco.
<< È... È vero, scusami. Sono stato incosciente. >>
<< Ecco, bravo. >>
Provo a sorridere, ma mi esce solo una smorfia strana che cancello subito, riprendendo un'aria indifferente.
<< E... E comunque... >>
Adesso che è arrivato il mio momento per farmi perdonare, sono terribilmente impacciata.
<< Mi...Mi dispiace per prima. Sono stata terribile. >>
Lui alza lo sguardo, sembra volere dire qualcosa, poi sospira e ci rinuncia. Quando parla, so che non è quello che avrebbe voluto dirmi. << Allora... Come è andata con Alex? >>
Non credo gli interessi la mia vita sentimentale, credo mi stia piuttosto chiedendo riguardo il terzo desiderio.
Sposto lo sguardo dalla massa di capelli neri disordinati all'orologio a muro. Sono le sette.
<< È andata benissimo. Ho quello che mi serve. Adesso, devo esaudire il mio desiderio. >>
Annuisce e fruga nella tasca dei jeans - ma porta sempre i jeans? Stavolta trova la lista e la tira fuori. È un pò spiegazzata, perciò la apre lentamente, attento a non strappare la carta.
<< Terzo Desiderio: Fare gli auguri di compleanno a Melìne. >>
Cala il silenzio. Lui sembra rileggere la frase più volte, poi mi osserva confuso.
<< Chi è Melìne? >>
<< Mia cugina. Oggi compie dodici anni. >>
<< E tu non le hai mai fatto gli auguri di compleanno? >>
<< Non... Non è quello il punto... >>
Lui alza un sopracciglio ma sta in silenzio. Deve aver capito che sono a disagio.
<< Ti accompagno? Ho la moto... >>
Ha una moto? Questa mi è nuova.
Lo osservo e alla fine annuisco. Anche dopo tutto quello che è successo, stare con lui mi fa comunque piacere. Se sentirsi le farfalle nella pancia e la testa girare può definirsi piacere.
Prima di uscire afferro la busta che intanto avevo lasciato accanto al divano. Vedo William che la osserva.
<< È il regalo. >>
<< Certo. Ovvio. >>
Mi sfugge un sorriso davanti alla sua espressione imbarazzata, ma mi affretto a nasconderlo mentre iniziamo a scendere le scale.
Lui sta zitto, ma io ho qualcosa di cui voglio parlare. Di cui devo parlare adesso, prima che la nostra relazione si sfaldi ulteriolmente.
<< Hai... Hai incontrato mia madre, per caso? >>
William si gira verso di me, scrutandomi il viso per capire la risposta giusta da dare.
<< L'ho incrociata sul pianerottolo. È una donna... Allegra. >>
<< Molto. >>
Distolgo lo sguardo, per paura che la vergogna che provo per mia madre mi si legga negli occhi.
<< E le hai detto qualcosa di particolare? >>
Lui alza il viso, pensieroso.
<< Di particolare? No, in verità no. Non abbiamo parlato molto, sinceramente. Due parole di saluto. Sai... >>
Mi osserva sottecchi.
<< Sei molto diversa da lei. >>
Per fortuna. Non lo dico ad alta voce, ma il sollievo mi si legge in faccia, e non mi preoccupo molto di nasconderlo. Sono pochi gli adolescenti che desiderano essere come i genitori.
Comunque... Se davvero lui non le ha detto granchè, come mai prima... Insomma, è da sette anni che non si interessa minimamente di me. È sempre stata presa da altro, raramente mi guardava negli occhi. Dovevo ricordarle papà. Eppure, solo poco fa...
Prima che qualcuno di noi due possa dire qualcosa, arriviamo al garage.
La sua moto è molto bella. E moderna. È tutta nera, lucida, sembra nuova da quanto è tenuta bene.
<< Ha due anni. >>
<< Non si direbbe. >>
<< Due anni sono pochi. >>
<< Due anni sono anche troppi. >>
Mi guarda confuso, ma stavolta non mi preoccupo di chiarirgli le idee. Ci sono cose che nessuno dovrebbe mai sapere, segreti che non possono e non saranno mai svelati.
Mi offre il casco - anch'esso nero - e mi aiuta a salire. Sento le mani sui miei fianchi, calde, e involontariamente arrossisco. Sale davanti a me e si gira, guardandomi negli occhi.
<< Cingimi la vita con le mani, non lasciarmi mai andare. >>
Annuisco e, impacciata, gli passo le mani attorno al bacino. Il mio petto e il mio viso aderiscono alla sua schiena, mentre tremo leggermente.
<< Hai freddo? >>
<< No... È che.. È la prima volta che salgo su una moto. >>
<< Wow. Sono la tua prima volta. Che onore. >>
La tua prima volta.
Ma no, che pensieri faccio?! Abbiamo appena litigato! Non posso pensare... A quello. Insomma, ho quindici anni!
<< Vedi di renderla piacevole. >>
<< Ai suoi ordini. Dove la porto, signorina? >>
<< Al Childrens' Hospital. >>
Sento che si irrigidisce. Per un attimo temo di doverlo ripetere, ma dopo un paio di secondi la moto si accende rombando e parte.

Nell'antro della strega
Ciao a tutti! Ho notato che alcune persone hanno saltato dei capitoli, andando direttamente a leggere quelli con i desideri. A loro dico: i desideri sono solo una parte della storia! Anche se quest'ultima è basata su di loro, ci sono altre storie alla base, scoperte che danno un senso alla storia, e che raramente inserisco nei capitoli con i desideri! Quindi, per il vostro bene, vi prego di leggerli tutti.
Comunque, due parole sul capitolo. Come avete letto, il litigio tra William e Camilla si risolve abbastanza facilmente. Questo perchè William è comunque maturo, e Camilla non sente di avere il diritto di essere gelosa di lui. Mi spiace per chiunque voleva vedere un bello scazzottamento! Potrei anche metterlo, prima o poi... Mhmhmhmhhhh..... Beh.
Grazie e alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo Tredicesimo - Terzo Desiderio: Solo per Lei. ***


Il Childrens' Hospital è, come si capisce dal nome, un ospedale infantile. È composto da un grande edificio grigio e triste, dove vi sono centinaia di finestrelle decorate con forme colorate fatte col cartoncino. Quando io e William arriviamo davanti all'ospedale, gran parte delle luci sono già spente.
I bambini più piccoli.
Sento una fitta al cuore, e mi accorgo che anche William ha sul viso la tristezza.
<< Tua cugina... >>
Annuisco senza dire nulla e smonto dalla moto. Aspetto che William faccia lo stesso, ma lui non si muove.
<< Io ti aspetto qui, se preferisci. Pensavo che... Magari volevi stare un pò da sola con lei. >>
Il suo tono è strano, quasi timoroso. Sembra mi stia pregando di lasciarlo ad aspettare lì fuori. Mi volto verso di lui: è estremamente teso, e capisco che non è solo la tristezza che gli fa quest'effetto. C'è qualcos'altro che non riesco a decifrare.
Non posso fare a meno di sorridergli. Prendo il pacchetto e faccio per andare, quando sento la sua mano che scivola nella mia e la stringe brevemente. Un attimo dopo, si ritrae. Non so come, ma riesco a capire cosa significa.
Io sono con te.
Sorrido, confortata, e faccio un gran sospiro, prima di entrare a grandi passi nell'ospedale.

Non mi sono mai piaciuto gli ospedali. Non mi piace l'odore di gomma e dentifricio e alcool che ti invade appena entri, gli infermieri in camice bianco, le persone con le borse sotto gli occhi sedute sulle sedie lungo i corridoi. In tutta la mia vita sono stata in ospedale solo una volta, quando avevo sette anni. Ero caduta dall'altalena e non so come mi ero rotta il braccio. Da allora ho fatto di tutto per non rientrarci mai più.
Mi avvicino al banco nella sala d'ingresso e mi rivolgo alla segretaria.
<< Melìne Herstood...? >>
<< Chi la cerca? >>
La donna dietro il bancone sembra molto giovane. Ha i capelli neri raccolti in una crocchia e un paio di spessi occhiali a coprirle gli occhi.
<< Sua cugina, Camilla Herstood. >>
Lei digita un paio di numeri sullo schermo.
<< Stanza 234. >>
<< La ringrazio. >>
Stanza 234. Interno 23. Interno 24.
Strano il modo in cui ricorrono questi numeri.
Mi dirigo verso l'ascensore, vicino a cui c'è un uomo. Non è in camice, ma sulla camicia leggera porta un cartellino con il nome.
Quando lo leggo, sento una fitta allo stomaco e spalanco la bocca, come se qualcuno mi avesse appena tirato un pugno.
Il nome dell'uomo è Harstrong. Julio Harstrong.
Il fratello maggiore di William.
Mentre premo il pulsante per chiamare l'ascensore, non riesco a non osservarlo.
Non assomiglia molto a William, in realtà. Ha i capelli biondo cenere, la pelle chiara. Potrebbe anche non essere suo fratello, se non fosse per un piccolo particolare. I suoi occhi, i suoi meravigliosi occhi. Sono blu, il blu del mare, e luccicano mentre si volta verso di me e abbozza un sorriso.
<< Desidera qualcosa? >>
<< Ah! No, non... In verità... >>
Abbasso lo sguardo, mentre le mie guancie assumono una tinta rosea piuttosto scura. L'uomo si lascia sfuggire una risata.
<< Ecco... Mi chiedevo... Sa dirmi dove si trova la stanza 234? >>
Lui attende un attimo prima di rispondere.
<< Sì che lo so. Quella bambina è una mia paziente. >>
Mi manca il respiro e stringo le mani sul pacchetto, fino a fare scricchiolare la carta.
Quindi è un dottore. E Melìne è una sua paziente.
<< Ragazzina dolcissima, la piccola Mel. Peccato per la sua malattia... La costringe a stare in ospedale proprio nel periodo del suo compleanno. >>
Proprio così. È da cinque anni che Melìne, dal 15 al 22 Maggio, è costretta a stare in ospedale per una serie di controlli. Non so cos'abbia di preciso, ma so che è incurabile. I controlli e le terapie servono solo ad allontanare il giorno in cui...
Mi strofino insistentemente gli occhi, cercando di scacciare via quei pensieri e le lacrime.
<< E tu chi saresti? >>
Alzo lo sguardo e vedo il dottore che mi osserva.
<< Sono Camilla, sua cugina. >>
<< Oh, Camilla! Melìne mi parla sempre di te! Finalmente.. >>
Si blocca e fa una smorfia, decisamente a disagio. Ha parlato troppo, se ne rende conto. A salvarlo è l'ascensore, che arriva con un trillo e una voce metallica ad annunciarlo. Io mi ci fiondo dentro.
<< Allora arrivederci. >>
<< Ah! Aspetta! >>
Si mette davanti all'entrata dell'ascensore e mi sorride. Solo allora mi rendo conto di quanto sia giovane. Non deve avere nemmeno trent'anni.
<< La camera è al piano 9. >>
Ricambio il sorriso e schiaccio il pulsante con sopra scritto il numero 9.
<< Grazie mille, dottor Harstrong. >>
Le porte si chiudono cigolando.

È da una decina di minuti che sto davanti alla porta della stanza 234, e non riesco a decidermi ad entrare. Ho paura che, una volta varcata quella soglia, Melìne mi veda e mi cacci via. Ne avrebbe tutte le ragioni.
Io amo molto mia cugina. Quando eravamo più piccole stavamo sempre insieme, eravamo come due sorelle. Ma lei è sempre stata di salute cagionevole. Ricordo quel giorno come se fosse ieri.
Era il suo compleanno. Stavamo giocando, ci rincorrevamo per il giardino della sua casa, io davanti e lei dietro. Ad un certo punto, non ho più sentito il rumore dei suoi passi. E quando mi sono voltata, Melìne era stesa a terra, non si muoveva più. Le mie urla hanno scosso tutto il quartiere.
Mia cugina ha dovuto passare settimane in ospedale, e da allora, ogni anno, deve ritornare e stare all'ospedale per una settimana.
Io non sono riuscita più a vederla. Non so perchè, ma mi sentivo responsabile di quello che era successo. Non la sono andata a trovare in ospedale, e non le ho fatto più gli auguri di compleanno. Per cinque anni.
E adesso sono qui, così, ferma come uno stoccafisso davanti alla porta della sua stanza d'ospedale e con un pacchetto regalo in mano. Dopo tutto questo tempo.
Chi mi credo di essere? Perchè diamine lo sto facendo?
Solo per avere quello stupido premio, quel dannatissimo incontro. Se non fosse per quello non avrei mai avuto il coraggio di farlo, di venire qui.
La verità mi colpisce come un pugno allo stomaco e mi sento orribile, mi vergogno di me stessa. Vorrei soltanto sparire da qui, non dover entrare in questa maledetta stanza e non dover vedere Melìne, la mia Melìne, distesa sul letto inerme. Non voglio non voglio non voglio.
E poi sento una mano sulla mia spalla.
Mi giro e osservo Julio Harstrong che mi sorride, rassicurante.
<< È tutto ok. >>
<< Perchè è qui? Melìne, intendo. Lei non dovrebbe essere qui. Oggi è il suo compleanno, ci dovrebbe essere una grande festa e lei dovrebbe essere felice. >>
<< Non sempre le cose vanno come dovrebbero. >>
<< Perchè? >>
<< A questa domanda nessuno può dare una risposta. >>
Il suo sorriso si addolcisce e si china su di me.
<< Ma tu potresti renderla felice, almeno un pò. >>
<< Non ce la faccio.. >>
<< Ma certo che ce la fai. Devi solo attraversare quella porta. >>
<< È questa la cosa difficile. >>
Lui mi gira, mettendomi davanti alla porta. Poi, mi sussurra all'orecchio.
<< Solo tu puoi farlo. >>
E mi spinge dentro la stanza.

Appena entro, mi sento invadere da un profumo buonissimo, dolce, che mi rallegra. Ma questa sensazione dura solo finchè non capisco dove mi trovo.
La stanza è in penombra, illuminata solamente da una lampada accesa sul comodino. La finestra è spalancata e da essa entra una piacevole brezza estiva che aiuta a diffondere quel profumo, proveniente da alcuni mazzi di fiori appoggiati su un tavolino. Stesa sul letto, c'è Melìne.
È come me la ricordavo: lunghi capelli biondi e lisci, occhi verdi vispi, naso all'insù e una spruzzata di lentiggini sulla sua pelle chiara.
Lei alza lo sguardo dal libro che sta leggendo e mi fissa. Io fisso lei. Rimaniamo così più o meno per un minuto, fino a quando sul suo volto si allarga un sorriso sorpreso e i suoi occhi si illuminano.
<< Camilla. >>
<< Ciao.... Ciao, Melìne. >>
Lei sorride ancora di più, e si mette a sedere sul letto, in attesa che mi avvicini. Con le gambe tremanti, la accontento e mi siedo sulla poltroncina accanto al letto.
So di essere terribilmente impacciata.
<< Pensavo... Che zia fosse qui. >>
Lei annuisce.
<< È scesa un attimo a prendere il caffè. >>
<< Beh... Certo... Ehm. >>
Le mie guancie si imporporano mentre le porgo il pacchetto.
<< Il tuo regalo. Buon.. Buon compleanno, Mel. >>
Lei mi guarda, poi lentamente prende il pacchetto e lo poggia davanti a sè. Ma non lo apre.
<< Mel. Mi chiamavi sempre così, da piccola. >>
Assume un'espressione nostalgica.
<< Già. Tu mi chiamavi Milla, invece. >>
Volevo farla ridere, ma non ci sono riuscita. Nella frase c'era solo tanta tristezza. Lei sospira e alza lo sguardo su di me, decisa.
<< Non sei mai venuta a trovarmi. >>
Eccola, la frase che temevo. Inizio a tremare ancora di più e il cuore mi batte sempre più forte nel petto.
<< Mi... Mi dispiace.. >>
<< Perchè? >>
La sua voce è fiebile, sembra voler dire altro, ma scrolla le spalle e sta zitta.
<< Io... Pensavo non ti facesse piacere... >>
<< Come avrebbe potuto non farmi piacere?! >>
Quando alza il viso, vedo che è rigato di lacrime.
<< Tu sei sempre stata come una sorella, per me! Come diamine ti è saltato in mente che non volessi vederti?! Eri l'unica... L'unica persona che sarebbe stata in grado di farmi sentire meglio ma mai, mai in cinque anni sei venuta a trovarmi! Mai! >>
Sussulto sentendo il suo tono di voce alto e duro. Melìne riprende fiato per dire qualcos'altro ma un eccesso di tosse la interrompe, facendola piegare su sè stessa. Io mi chino verso di lei sfiorandole la schiena con una mano, aspettando che lo sfogo si fermi. Approffitto di questo momento per osservarla meglio.
Da una parte è sempre mia cugina, ma dall'altra è cambiata completamente. È pallidissima e ancora più magra di quanto lo fosse anni fa, sembra poter crollare da un momento all'altro. Ha profonde occhiaie sotto gli occhi e le sue labbra sono secche. Mi fa male, malissimo vederla in quello stato, ed era anche per questo che non volevo venire a visitarla.
Quando la tosse si ferma, Melìne fa un paio di respiri profondi e si rimette dritta.
<< Tutto ok...? >>
<< Sì. Ci sono abituata. >>
Io faccio un sospiro di sollievo e poi cerco di sorriderle. Lei non ricambia, si limita ad osservarmi e a prendere il regalo tra le sue fragili mani, soppesandolo.
<< Che cos'è? >>
Senza aspettare la mia risposta, inizia a stracciare la carta e da una scatola di cartone tira fuori il regalo. È un vestito violetto, piuttosto leggero, senza maniche. Ha una fascia viola che lo regge, sul seno, e da lì si allarga assumendo man mano un colore più chiaro. È davvero bello, ma non è quella la cosa importante.
<< Te lo ricordi, Mel? Quando eravamo piccole, tu notasti un vestito violetto sulla vetrina di un negozio. Stetti lì ad osservarlo per un'ora buona, e quando alla fine tua madre riuscì a portarti via tu scoppiasti a piangere perchè lo volevi. Ma era un vestito da donna. Questo non è lo stesso, ma... >>
<< È molto più bello. >>
Emetto un singhiozzo sorpreso e alzo di scatto la testa per guardarla negli occhi. Ma la sua attenzione è concentrata sul vestito. I suoi occhi sono lucidi e sul suo viso si estende un sorriso quando finalmente mi guarda.
<< È decisamente più bello dell'altro. È stupendo. Grazie... Grazie. >>
A quel punto non riesco più a trattenermi. Soffoco a stento un'altro singhiozzo e mi tuffo tra le sue braccia, mentre nessuna di noi due riesce più a ricacciare via le lacrime.

Vedere Camilla in questo modo, così... Vulnerabile, mi ha stretto il cuore in maniera indescrivibile. Vorrei stare al posto di sua cugina adesso, lì, stretta a lei, a consorarla e a consolare sè stessa. Ma non è questo il momento di pensare a certe cose, purtroppo.
<< Sapevi che lavoravo qui, Will? >>
Sposto lo sguardo sul giovane uomo davanti a me, appoggiato al muro opposto. Non ci assomigliamo molto, se non per gli occhi.
<< Mi sono giunte certe voci... All'inizio non volevo crederci. >>
<< Immagino. Sapere che ti sto così vicino, dopo che hai impiegato anni per allontanarti da me... Da noi... >>
<< Non parlare come se ti dispiacesse. Sono sempre stato un peso. >>
<< Per me e per papà, certo che sì. Tuttavia.. >>
Julio affila lo sguardo.
<< Lei ha bisogno di te, Will. >>
<< È una bugia. Ha voi, sta molto meglio. >>
<< Sai che non è così... Ma... Immagino che adesso ci sia qualcosa che ti trattiene... >>
Oh no. Non avrà mica...
<< Ti sbagli. Non... >>
Ma lui non sta più guardando me. La sua attenzione adesso è rivolta alle due ragazze nella stanza 234.
<< Dimmi, ti piace davvero tanto, questa Camilla? >>
<< Ti sbagli! >>
Lui riporta lo sguardo su di me e mi sorride. Un sorriso crudele.
<< Sai che è impossibile. >>
<< Io non... >>
<< Pensavo che l'avessi capito. Le donne sono crudeli, Will. Ti spaccherà il cuore. >>
<< Lei non è come le altre.. >>
<< Come puoi dirlo? Da quanto ne so, vi conoscete da pochi giorni... >>
<< Come fai a saperlo? >>
Lui passa sopra alla mia domanda.
<< È crudele da parte tua inserirla in tutto questo. Ho fatto ricerche su di lei, decisamente non è il tipo di ragazza che dovresti frequentare, nè tantomeno il tipo di ragazza che può entrare nella tua storia. In quello che è successo. Non reggerà, William. La farai a pezzi. E sarai costretto ad abbandonarla. >>
<< Tu...! >>
Ma lui mi zittisce, e mi si avvicina.
<< Will, ti prego di riflettere. Sai dove trovarci. Se non ti farai vivo, beh... >>
Il suo sguardo vaga nuovamente sulla stanza, raggelandomi il sangue nelle vene.
Poi Julio si volta, dandomi le spalle, e inizia ad allontanarsi per il corridoio.
<< Goodbye, fratellino. >>

Nell'antro della strega!
Scusate per questo papiro, inizialmente volevo separarlo in due parti, ma poi non sarebbe stato dello stesso spessore, insomma, preferivo mettere tutto insieme. Il terzo desiderio è stato uno dei più impegnativi da ideare e da scrivere, anche perchè vediamo l'entrata in scena di Julio, il fratello maggiore del nostro caro William.
Cosa succederà, adesso?
Muahahaahahahahah.
Grazie per aver letto il capitolo e se avete voglia recensite, ovviamente!
Al prossimo capitolo!
Baci

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo Quattordicesimo - Quarto Desiderio: Ha un Sapore Dolceamaro. ***


Quando sono uscita dall'ospedale con gli occhi e le guancie arrossate per le lacrime, ho trovato William ad aspettarmi fuori il cancello, ancora sulla moto. Quando mi ha visto mi ha sorriso e, senza dire nulla, mi ha scostato una ciocca di capelli dal viso. Il suo gesto mi ha fatto arrossire ancora di più, ma lui mi sembrava strano, quasi assente. Non mi ha chiesto come era andata - anche se credo mi si leggesse in faccia - e non ha aperto bocca se non per salutarmi sulla porta di casa. Non so cosa gli sia successo, ma da quel momento sento dentro di me una sensazione di pericolo imminente.
Anche adesso, seduta dietro un piccolo banco di scuola, mi pare ci sia qualcosa che non va.
Lilian, accanto a me, non sta scrivendo nessuna lettera, ma è piegata in avanti e scarabocchia sul quaderno, ha pesanti occhiaie sotto gli occhi. Ieri non l'ho sentita, e adesso mi sento terribilmente in colpa: sarà successo qualcosa con i suoi genitori?
Appena suona la campanella dell'ultima ora e gli studenti si riversano fuori dall'aula, acciuffo Lilian prendendola per un braccio e la trascino verso l'Hamburger King, un fast food poco lontano dalla scuola dove pranzavano molti del primo anno.
Non ci andavamo molto spesso, perchè il cibo faceva schifo e, a dirla tutta, anche il locale stesso, ma lo usavamo come piano B quando a una delle due non andava di tornare a casa.
Lilian sospira mentre si tuffa su una delle sedioline arancioni e traballanti di fronte a me e afferra il menù, facendo finta di leggerlo con attenzione.
<< Piantala con questa farsa. >>
Le strappo il cartoncino di mano e la scruto attentamente.
<< Cosa è successo? >>
<< Il solito, Camilla. Non serve nemmeno sprecare tempo a raccontartelo, lo sai benissimo da te. >>
<< I tuoi? >>
Annuisce.
<< I litigi continuano a peggiorare. Sto aspettando con ansia che uno dei due si decida ad avanzare la proposta del divorzio. In caso contrario, lo farò io. >>
<< È davvero quello che vuoi? >>
Lei mi guarda per la prima volta da quando siamo entrati nel locale e mi sorride.
<< Certe volte è la cosa migliore da fare, separarsi. Per il bene di tutti. >>
<< Ma tu... >>
<< Non potrei stare peggio di come sto adesso. >>
Sto per ribattere, ma una giovane cameriera ci interrompe. Da quel momento, Lilian cambia completamente discorso, raccontandomi di come fosse vestita male Sarah Snow, di quanto fosse figo un tizio dell'ultimo anno che le aveva chiesto di uscire, dei prezzi dell' Hamburger King che si erano alzati dall'ultima volta che eravamo state lì. Non pronuncia una sola volta il nome di Kyle.

Nonostante sia Maggio, il tempo fuori sembra quello invernale. Il sole è completamente oscurato dalle nuvole e la pioggia, inziata un paio d'ore fa, non accenna a smettere. Io mi rigiro tra le mani la lista dei desideri, incerta su cosa fare. Il prossimo desiderio, il quarto, è facile da realizzare. Ma è l'unico semplice. Faccio scorrere lo sguardo sulla lista. Mi soffermo per un attimo su un desiderio, arrossendo lievemente, e poi arrivo all'ultimo, dove mi concedo un sospiro. Ma come mi sono venute in mente tutte quelle idee? Sto sinceramente iniziando a credere che mentre scrivevo la lista fossi ubriaca o qualcosa di simile.
Il telefono squilla cinque volte, prima che mi decida ad allungare una mano ed afferrarlo.
<< Pronto? >>
<< Camilla? Sono William. >>
È la prima volta che mi chiama - ieri siamo almeno riusciti a scambiarci i numeri, ma io ho dovuto dargli quello di casa, con suo grande imbarazzo - e sento che il mio povero cuore inizia a martellarmi incessantemente nel petto, sempre più forte e veloce.
<< Ciao... Ciao William, che c'è? >>
<< Volevo chiederti a proposito del quarto desiderio, visto che adesso mancano solo cinque giorni... Se avevi tempo oggi pomeriggio. >>
<< Insomma, non hai nulla da fare. >>
<< Beh... No, effettivamente no. >>
<< E mi usi come passatempo. >>
<< Un' idea geniale, devi ammetterlo. >>
<< Solo perchè non sei tu quello ad essere usato. Comunque... Come mai queste cose non me le dici di persona? Abitiamo a due metri di distanza. O il fondoschiena ti pesa troppo? >>
Anche se so di essere acida, non riesco a smettere. Mi piace troppo prenderlo in giro, adesso che me ne rendo conto.
<< Divertente. In realtà, volevo solo vedere se il numero che mi avevi dato era giusto. >>
<< Così quando chiamerai per farmi una dichiarazione d'amore eviterai di farla ad un vecchietto, o peggio, a un pugile? >>
<< Certe cose preferisco farle di persona, mia cara. >>
Detto questo, riattacca.

Alle quattro sono davanti a casa sua. O davanti a casa mia, non fa molta differenza. Non è puntuale stavolta, e me ne compiaccio. Quando esce, sono le quattro e tre minuti. Beh... Meglio di niente.
<< Ciao. >>
<< Ciao. >>
Scendiamo le scale in silenzio, fino al garage, dove lui mi infila il casco con poca grazia e fa lo stesso con sè. Poi, mi aiuta a salire sulla moto.
<< Nervosetti oggi? >>
Scherzo io, mentre William sale davanti a me e io gli cingo la vita con le braccia. La naturalezza con cui lo faccio ci fa arrossire entrambi, ma cerchiamo di non notarlo. Lui abbozza un sorriso, prima di partire.
<< Mi andava di uscire. A te sta bene? >>
<< Avresti dovuto chiederlo prima, tra parentesi. Comunque sì. >>
Il suo sorriso si allarga e accende la moto, che sfreccia via rombando.
Le strade di Brooklyn sono trafficate, come sempre, ma la moto scivola tra le auto e evita i semafori, facendoci risparmiare tempo. Quanto sto bene, così! Il vento che mi sfreccia ai lati, le luci e le forme confuse per la velocità, il corpo di William contro il mio...
Ma dura poco, troppo poco. La moto rallenta sempre di più e infine si ferma borbottando. Io mi stacco dal ragazzo di fronte a me e scendo, sfilandomi il casco. Come pensavo, i capelli sono un disastro.
Vedendo quella massa disordinata di spaghetti castano chiaro, William trattiene a stento una risata, e io gli lancio un'occhiataccia.
<< Non ridere mai della capigliatura di una donna, William Harstrong. >>
<< Ci sarà mai qualcosa di cui potrò ridere? >>
<< Mhhh... Certo. Assolutamente sì. Ridi delle sue battute, anche le più dementi, e la conquisterai in un attimo. Ovviamente questo vale solo per un certo tipo di donne. >>
Lui sorride e si china su di me.
<< E tu sei quel tipo di donna? >>
<< Anche se lo fossi, non avresti comunque speranze con me. >>
<< Sicura? >>
Non arrossire, non arrossire, non arrossire.
<< Sicurissima. Al cento per cento. >>
Lui mette su un finto broncio, ma solo per un attimo, perchè appena ci guardiamo negli occhi e ci rendiamo conto delle cose che abbiamo appena detto, scoppiamo entrambi a ridere.
Dopo questo sfogo, mi concedo di guardarmi intorno.
Ci troviamo all'entrata di un piccolo parco, che non ricordo di aver mai visto. Osservo prima tutto quel verde, poi mi giro verso William con un'espressione confusa.
<< Ti piacciono i parchi? >>
<< A te no? >>
<< No no, affatto. Mi piacciono molto. >>
<< Meglio così, allora. >>
Sorride più del solito, e la cosa non mi dispiace per niente. Aspetto che lui sistemi la moto e poi entriamo nel parco. È davvero grazioso, sembra la miniatura del Central Park. Solo, più tranquillo, un punto decisamente a suo favore.
<< È bello. Davvero. Ma come mai proprio qui? >>
Come mai ieri sera sembrava che il mondo ti fosse crollato addosso e oggi ti comporti così? Cos'è che mi nascondi? Ho il diritto di chiedertelo?
So da me la risposta dell'ultima domanda, ma anche solo formurarla nella mia mente è doloroso.
<< Ieri ero nervoso, te ne sarai accorto. Lo sono stato anche stamattina, ma visto che tu hai una missione da compiere non volevo influenzarti. I parchi mi piacciono e mi rilassano, quindi... >>
Era nervoso per cosa? Cosa è successo in quella mezz'ora che l'ho lasciato solo? C'entra forse...
<< Allora, Camilla! >>
Mi distraggo dai miei pensieri e mi accorgo che lui si è seduto su una panchina e mi fa cenno di imitarlo. Cercando di sorridere, mi metto accanto a lui.
<< Hai optato per il quarto desiderio,immagino. Ormai stiamo procedendo in ordine. >>
<< Già. >>
Lui fruga nella tasca dei jeans - li porta anche oggi, sì - e tira fuori la solita lista stropicciata. Ripete per la quarta volta il Sacro Rituale del Controllo Desiderio (che nome figo, potrei ribattezzarlo così), e osservo con attenzione i suoi occhi blu leggere la lista e fermarsi circa a metà.
<< Allora... >>
Legge con attenzione, sembra un pò stranito, poi trattiene una risata e rilegge a voce alta, con la voce che trema.
<< Assaggiare tutte le quindici torte della Boutique del Cioccolato. >>
Appena sento quelle parole venire fuori dalla sua bocca, divento rossa come un peperone, o un'aragosta. Lui prova a trattenersi, ma alla fine non ci riesce e scoppia in una sonora risata.
<< Sei seria? Pensavo ci tenessi, alla linea! >>
<< Oh, non preoccuparti per il mio fisico, mi terrò in forma prendendoti a pugni! >>
Mi slancio verso di lui, pronta a colpirlo, ma in un attimo William si scansa, mi prende i polsi e mi intrappola tra la panchina e il suo corpo. Vicino, troppo vicino.
<< Sono sicuro che esistano medoti più semplici e meno violenti per dimagrire. >>
<< Ma non altrettanto divertenti. >>
Alza le spalle.
<< Può essere. Certe volte anche io mi divertirei a prendere a pugni me stesso. Se solo non fosse per il dolore... >>
<< Non ti preoccupare. Te ne darò talmente tanti che non sentirai più nulla, alla fine. >>
<< Con "alla fine" intendi quando sarò sottoterra? >>
Non posso fare a meno che lasciarmi andare e ridere anche io, mentre lui fa lo stesso e mi libera dalla sua presa. Poi, dopo esserci ripresi, allunga una mano verso di me e mi sorride.
<< Forza. Le torte ti aspettano. >>

La Boutique del Cioccolato, a differenza di quello che si possa credere dal nome altisonante, è una modesta pasticceria situata sulla 401 di Bleecker Street. È provvista, al suo interno, di una zona bar in cui vi sono parecchi tavolini di color verde acqua e rosa, intonati alle pareti. Il menu è su ognuno di essi, anch'esso degli stessi colori. Io e William ne occupiamo uno; non ci sono molti clienti, fortunatamente. Lui mi guarda, insicuro.
<< Tu vuoi mangiare tutte e quindici le torte... Ma il costo? >>
<< Non preoccuparti. Qui c'è un'ordinazione apposita. Non costa nemmeno molto. >>
Lui alza un sopracciglio e sbuffa.
<< Uffa. Questo desiderio è troppo facile da realizzare. >>
<< Scherzi? Tu non sai i tipi di torte che ci sono qui. Spero che il mio stomaco regga. >>
<< Buona fortuna. >>
<< Tsk. Pappamolle. >>
Lui affila lo sguardo, cercando di guardarmi dentro.
<< E con questo che vorresti dire? >>
<< Intendo solo che almeno io sono coraggiosa abbastanza da provare. Tu sei talmente fifone che stai lì senza muovere un dito... O un dente, in questo caso. >>
<< Continuo a non capire. >>
Allora vuole proprio farmelo dire, eh?
<< Secondo me dovresti farlo anche tu, ecco. >>
<< Cheeeeee?! Scherzi? >>
<< Affatto. Dimostra che sei un uomo. >>
<< Dovrei dimostrare di essere un uomo in questo modo? E poi è il tuo desiderio. Non mi devo impicciare. >>
<< Essere in competizione con te mi stimolerebbe. >>
<< Niente da fare. >>
<< Pappamolle. Femminuccia dallo stomaco decadente. >>
<< Che razza di insulti sono? >>
Alzo le spalle e apro la bocca per parlare, ma una graziosa cameriera ci interrompe. È una ragazza, probabilmente che lavora part-time per guadagnare soldi per l'università. Mi viene in mente la giovane bionda che ha tentato di farsi William - o che William ha tentato di farsi - e sento qualcosa che mi ribolle nel petto.
<< Volete ordinare? >>
<< Sì... Un taste menù, grazie. >>
<< Bene. >>
La cameriera mi sorride e fa per andarsene, vedendo che William non dice nulla, quando lui la ferma.
<< Due taste menù, grazie. >>
Lei annuisce, sempre con il sorriso sulle labbra, appunta qualcosa sul taccuino e se ne va. Io guardo William con un misto di incredulità e trionfo.
Lui è rosso in viso, ma si vede che è eccitato per la sfida ormai prossima.
<< E così la principessa dalla digestione deboluccia ha accettato, eh? >>
<< Il sottoscritto ti farà nera, mia cara. >>
<< Ne dubito. >>
Un lampo di competizione passa tra noi, e continuiamo a fissarci così finchè la stessa cameriera non torna con due grandi vassoi, contenenti entrambi quindici piattini, sui cui sono adagiati quinidici piccoli pezzi di torta. Sono tutti di colore differenti, ma tutti estremamente invitanti. Accanto a ciascun piattino c'è un biglietto, su cui sono scritti il nome del dolce e le sue caratteristiche.
<< Devil's Food: Vaniglia, Cioccolato e Caramello; White-Out: Torta al cioccolato con meringhe e briciole di biscotto; Coconut: Cocco e Vaniglia; Lemon: Torta al limone con meringhe; Hummingbird: Banana, Ananas e Nocciola; Fourless Chocolate: Cioccolato, cioccolato e cioccolato.... >>
<< Ok, ok. So leggere anche da sola, William. Non serve che fai il resoconto. >>
Lui mi ignora, mentre osserva i pezzi di torta che ha davanti. Poi alza lo sguardo su di me e ci scambiamo un'occhiata complice e divertita.
<< Che il più goloso abbia la meglio. >>
Ridendo, ci avventiamo sui dolci.

<< Aaaaaaahiaaaaaa... La panciaaaaaa.... >>
<< Piantala, Camilla. Fa male anche a me. >>
Io e William siamo seduti sui gradini dell'entrata del nostro palazzo, uno appoggiato all'altra. Le torte erano buonissime, ma abbiamo mangiato talmente in fretta che ci sono rimaste sullo stomaco, e adesso stiamo scontando la nostra cretinaggine.
William sospira e alza lo sguardo verso il cielo. È sera ormai, il celeste sta lasciando lentamente posto al blu. Io sono talmente dolorante che nemmeno mi importa il fatto di essere praticamente addosso a lui, con la testa sulla sua spalla.
<< Beh. Almeno adesso hai un desiderio in meno. >>
Annuisco lentamente. Stranamente, sento freddo.
Mi rannicchio su me stessa e socchiudo gli occhi.
<< Già... >>
<< Ti restano quattro giorni, e sei desideri. Ce la puoi fare. >>
Quattro giorni. Solo adesso mi rendo conto di una cosa. Quando la settimana finirà, e così anche la mia missione dei desideri, che ne sarà di me e William? Continueremo a vederci così, tutti i giorni? A comportarci come imbecilli, solo perchè ci divertiamo? O lentamente ci separeremo, saremo l'uno per l'altra soltanto vicini di casa? Possiamo veramente essere solo questo? Sento un peso sul petto che diventa sempre più grande, e il freddo aumenta. In un attimo di coraggio, mi aggrappo al braccio di William e mi ci stringo contro. Lo sento irrigidirsi, e il suo viso si volta lentamente verso di me.
<< Camilla...? >>
<< Restiamo così. Solo per un pochino, perfavore. >>
Lui non dice nulla ma nemmeno si muove, quindi la prendo per un'affermazione. Il suo corpo è caldo contro il mio. Sento sulla mia pelle il suo respiro, il suo petto che si alza e si abbassa a ritmo, ed è cone se mi stesse cullando. Vorrei stare per sempre così. Il freddo se n'è andato. Dopo circa dieci minuti, lo sento sospirare.
<< È bello il cielo, stasera. >>
Con non poca difficoltà apro gli occhi e guardo verso l'alto. Ma lui non sta guardando il cielo. Sta guardando me.
Mi viene in mente quanto sarebbe facile allungarmi un pò e sfiorare il mio viso con il suo, rintanarmi in un abbraccio caldo e dolce, ma non oso muovermi. Ho troppa paura di essere rifiutata, ancora.
<< Will. >>
È la prima volta che lo chiamo così, in tutti i sensi.
Come se fosse la parola più bella del mondo, e forse lo è.
<< Mh? >>
<< Anche tra quattro giorni, tra un mese, tra un anno... Tu sarai sempre qui, vero? Cioè, saremo sempre... Amici, no? >>
Lo sento irrigidirsi ancora di più, e un attimo prima di rilassarsi qualcosa passa nei suoi occhi, qualcosa troppo veloce per essere decifrato, ma che ha un sapore amaro.
Lui sorride.
<< Certo. >>
Poi si china su di me e mi abbraccia, lasciandomi senza fiato. Il suo corpo e caldo, e anche il suo viso. Odora di dolci e di notte, e non vorrei staccarmi mai da lui. Mi sussurra qualcosa all'orecchio, e io sorrido contro la sua spalla.
<< Anche io voglio tornare in quella pasticceria. Ma la prossima volta ordiniamone solo uno, di menù. Così magari ci evitiamo il mal di pancia. >>
Non lo sento ridere, ma vedo le sue spalle e la sua schiena tremare, e decido di unirmi a quel breve momento di dolcezza e felicità.

Nell'antro della strega!
Bene! Ciao a tutti!
Ho scritto un desiderio dopo l'altro, perchè mi sono resa conto che devo avvelocizzare, altrimenti rischio di scrivere una storia da 50 capitoli, mentre invece intendo mantenermi entro i 30.
A differenza del precedente, questo capitolo è stato facile ed estremamente divertente da scrivere. La Boutique del Cioccolato nella 401 di Bleecker Street, NY, esiste veramente, ma si chiama Magnolia Bakery ed è sicuramente meno economica e più conosciuta di quanto ho scritto. La stessa cosa vale per le torte.
L' "Hamburger King" è una trasformazione del nome "Burger King", per chi non l'avesse capito. Sì, non avevo molta fantasia in quel momento, e ho dato al Fast Food il primo nome che mi è passato per la mente. Siate felici, almeno non l'ho chiamato Fast Food Messo A Caso Nella Storia Solo Per Far Parlare Lilian E Camilla. "Hamburger King" è molto meglio, vero?
Il momento di dolcezza alla fine del capitolo è stato un mio capriccio, mentre invece non lo sono state le riflessioni di Camilla. La ragazza ha paura... Ha ragione ad averne, oppure si sbaglia?
Vedremo!
Baci

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo Quindicesimo - La ladra e il fratello. ***


La mattina seguente mi sveglio con un mal di pancia tremendo.
Evidentemente, ho lo stomaco più debole di quanto pensassi. Mi metto a sedere sul letto e mi irrigidisco quando sento dei passi in salotto. Mi alzo senza far rumore e allungo una mano per prendere l'asta rotta delle tende, posata sul davanzale della finestra. Meglio avere sempre uno strumento di difesa. Cammino lentamente per il corridoio, poi mi fermo sul limite del muro e mi sporgo, per buttare uno sguardo alla sala. E rimango senza fiato. I cassetti sono spalancati, così come le ante della cristalleria, e una figura è chinata sulla libreria, che fruga con agitazione. È di spalle e non riesco a vederle il viso, ma noto le forme da donna e i capelli neri a caschetto. Indossa una tuta nera aderente che le lascia poca pelle scoperta, ma riesco a vedere che ha un colore olivastro. Stringo la presa sul bastone e sto per saltare fuori e colpirla, ma improvvisamente lei si blocca e si raddrizza. Si porta una mano all'orecchio e noto che ha un auricolare.
<< No, niente di che. Tutto assolutamente normale, sì. >>
La sua voce è dolce, melodiosa, ha una musicalità tutta sua che non ho mai sentito. Mi ricorda qualcuno, ma non capisco chi. La donna borbotta qualche parola e infine sbuffa, premendo un pulsante sull'auricolare e abbassando infine la mano. Si volta e si dirige verso l'ingresso, sempre di spalle rispetto a me, ma un attimo prima di aprire la porta si blocca. Il suo viso si gira a sinistra, verso il mobile accanto all'entrata su cui sono posizionate molte fotografie: io, mia madre, Melìne, i miei zii.. E poi una foto in cui ci sono io e i miei genitori, felici e sorridenti, con alle spalle un lago vasto e cristallino. Non ricordo dove è stata scattata, ma sicuramente è molto bella. La donna allunga una mano verso di essa, poi sembra ripensarci e si ritrae, aprendo la porta e uscendo a grandi passi dall'appartamento. Io rimango immobile, aspettando di sentire il portone chiudersi, in fondo alle scale. A quel punto mi fiondo in camera, mi vesto e corro sul pianerottolo, dirigendomi verso l'appartamento di William. Quando lui finalmente viene ad aprire, mi osserva confuso: ho i capelli scompigliati, sono pallida e sconvolta.
<< Camilla... >>
<< Scusami... Scusami William, ma mi è successa una cosa... >>
<< Entra. Ti offro un caffè. >>
Io annuisco e lui mi fa strada. È un bell'appartamento, anche se non è nulla in confronto a quello sul GE Building. Mi fa accomodare su un piccolo divano, mentre lui sparisce in cucina. Sento il rumore della macchina del caffè - quella con le cialde - e dopo poco rientra nella sala con due tazzine fumanti, porgendomene una.
<< Allora, >> comincia, sedendosi accanto a me - troppo vicino << Che è successo? >>
<< Mi è entrato un ladro in casa. >>
Lui mi osserva allibito.
<< Cosa?! >>
<< Mi è entrato un ladro in casa. O meglio, una ladra. Cioè, non so se era una ladra... Era piuttosto strana... >>
<< Strana in che senso? >>
<< Inanzitutto, non mi pare abbia rubato nulla. E poi, aveva un auricolare. Sembrava stesse controllando il mio appartamento. >>
<< Me.. Me la potresti descrivere? >>
Gli rivolgo un'occhiata: è piuttosto pallido, ed emozioni contrastanti lottano sul suo viso. Stringe talmente forte la piccola tazzina che tempo possa farla in mille pezzi.
<< Era una donna, non so quanti anni avesse, ma di certo non era vecchia. Aveva una pelle olivastra e capelli neri a caschetto, ed era piuttosto snella e alta. Non l'ho vista in viso, ma... >>
<< Capisco. >>
Quando lo guardo sembra arrabbiato. Arrabbiato e preoccupato. Lentamente si alza e mi sorride. Ma non è un sorriso felice.
<< Senti... Senti, Camilla. Temo che l'incursione di stamattina sia colpa mia. >>
<< Cosa? >>
<< È colpa mia. È una situazione delicata e difficile da spiegare, nonchè molto lunga, ma devi solo sapere che... Forse, è meglio se non ci vediamo troppo, in questi giorni. >>
Cosa diamine sta dicendo?
<< Stai scherzando, non è vero? >>
<< No. >>
Sento qualcosa attraversarmi, come una scossa elettrica, e gli afferro il braccio, avvicinandolo a me, che nel frattempo mi sono alzata.
<< Non puoi! La lista... I miei desideri... Mi restano ancora quattro giorni, ricordi? >>
<< Camilla, io... >>
<< Allora quello che ci siamo detti ieri non significava nulla?! Mi hai detto che saresti restato, che saremmo stati sempre così! Era tutta una bugia? >>
<< Non era una bugia. >>
Mi prende per le spalle e io mi avvicina a lui, di più, sempre di più, finchè tra noi non rimangono che una manciata di millimetri. Se mi allungassi un pochino, potrei baciarlo. Lui mi osserva, e sento un fremito nel suo corpo.
<< Io vorrei davvero restare qui per sempre. Ma ci sono... Delle situazioni... >>
<< È per la tua famiglia? >>
William sussulta.
<< Come... >>
<< Ho incontrato tuo fratello, quando siamo andati all'ospedale. Lui c'entra in tutto questo? >>
Lui mi osserva sperduto, poi scuote la testa e si allontana.
<< Mi dispiace, Camilla. Adesso devi andare. >>
<< I desideri... >>
<< Non... Non credo che potremo continuare. >>
Io sento qualcosa che si spezza, dentro di me. Perchè sta succedendo questo? Ieri stavamo così bene...
<< Uscirò con Alex, questa sera. Mi verrà a prendere alle otto. >>
Non so nemmeno perchè lo dico. Lui si volta verso di me, ma io sono già fuori, sto chiudendo la porta alle mie spalle.

<< Che cooooosa? Te ne sei andata così? >>
Lilian alza talmente tanto la voce che tutti i clienti nel locale si voltano verso di noi. Vorrei scomparire. Ci ho messo tanto a raccontare alla mia amica tutta la storia dei desideri - nei nostri precedenti incontri non ne ho avuto l'occasione - e finalmente sono arrivata agli eventi di stamattina.
<< Beh, sì. Che altro potevo fare? >>
<< Non so! Qualcosa! Costringerlo a spiegare, farlo sentire mortificato, baciarlo! >>
Sì, a lei piacciono tutte queste cose "istintive". Si è letta talmente tanti libri d'amore che ormai temo scambi la realtà con la fantasia. La realtà è molto più difficile.
<< Sì, certo. >>
<< Oh, ma andiamo, Camilla! Te lo fai scappare così? >>
<< Inanzittutto, non è che me lo faccio scappare. Io sono innamorata di Alex, e stasera ci esco insieme. >>
<< Infatti stai sprizzando gioia da tutti i pori. >>
Le rivolgo un'occhiataccia, ma non posso darle torto. In effetti non ho molta voglia di stare con Alex in questo momento, ma non posso certo disdire...
<< Piuttosto. Come va, Lil? >>
Lei beve un lungo sorso dalla lattina di Pepsi.
<< Tutto ok. Stamattina, non hanno litigato, prima di andare al lavoro. Certo, non si sono salutati, però... >>
Io credo che il fatto che non si considerino sia ancora peggio, ma sto zitta. Ad un certo punto vedo Lilian che alza un sopracciglio, e si stacca dalla cannuccia.
<< Quella tipa che è appena entrata... Guarda quanto è bella! Secondo me è una modella, o qualcosa del genere. >>
Per lei tutte le ragazze belle sono modelle. Sospirando mi volto e... Rimango paralizzata. Seduta ad un tavolino poco distante dal nostro c'è la ladra di stamattina. Adesso riesco a vederle il viso: è scura di pelle, ha degli zigomi alti e appuntiti e gli occhi... Color del mare. Non ci posso credere. L'abbinamento capelli neri - occhi blu mi sta perseguitando. La donna non deve avere più di trent'anni.
<< Lilian... Quella... È la ladra! >>
<< Davvero?! >>
Lilian strizza gli occhi per vedere meglio, poi alza il viso e mi guarda stupefatta.
<< Hai ragione! È proprio lei! >>
<< E adesso che faccio? >>
<< Che vuoi fare? Vai da lei! >>
<< Sì, certo. E le chiedo cortesemente di dirmi che ci faceva stamattina nel mio appartamento e perchè lo ha messo sottosopra. >>
La mia amica alza le spalle, spostando lo sguardo da me alla sconosciuta. Io ho ormai ripreso a bere il mio drink quando Lilian sussulta. Io mi volto velocemente e vedo che un uomo si è seduto accanto alla donna. Quando lo riconosco, mi giro subito, per paura che mi veda in viso. È Julio, il fratello di William. Lentamente spingo la sedia all'indietro, verso il loro tavolo, per carpire qualche parola.
"...Non ho trovato nulla..."
"...Situazione inconcepibile..."
"...La sua memoria..."
Frasi sconnesse che non significano nulla, non per me. Lilian mi osserva confusa, e io mi sbrigo a rassicurarla con un sorriso.
<< Andiamo, devo prepararmi per stasera. >>
Lei serra le labbra, si mordicchia il labro inferiore, indecisa, ma infine si alza e io faccio lo stesso. Mentre usciamo dal locale sto attenta a non farmi vedere in viso da Julio e dalla donna, ma il loro tavolo è vicino all'entrata, e ci devo per forza passare accanto. Cerco di essere il più veloce possibile, ma una volta che mi ritrovo vicino a loro il mio passo rallenta d'istinto, e riesco a carprire un'altra frase.
"...Lei non si ricorda nulla di lui..."
Di cosa stanno parlando?
Tutte queste "lei" e questi "lui" di cui io non conosco i nomi e le faccie ma che ho sentito fin troppe volte. Quando finalmente sono all'aria aperta faccio un gran respiro. Lilian mi osserva.
<< Conoscevi quell'uomo? >>
Io alzo il viso e la guardo. Non so se dirglierlo o meno, in fondo sono affari di William... Ma tenere nascosto qualcosa a Lilian, la mia migliore amica, mi fa sentire male.
<< Sì. È il fratello di William. >>
Lei si illumina.
<< Il dottore dell'ospedale! >>
Annuisco, e lei sfoggia il più malizioso dei sorrisi.
<< Niente male, davvero niente male. Il fratello è così? >>
Anche meglio.
Ma non oso rispondergli così, mi limito ad alzare le spalle. Abbasso lo sguardo sull'orologio da polso. Le sei. Tra due ore Alex verrà a prendermi. Non so bene cosa aspettarmi stasera, l'unica cosa che ho in mente è il viso triste e arrabbiato di William, e le sue parole: Forse... È meglio se non ci vediamo per un pò.Cosa voleva dire? Se ne andrà? Perché? È inutile convincermi del contrario, a questo punto. Tengo a William, e non voglio essere lontana da lui. Per nessuna ragione. Ma non so che fare. Alla fine, posso davvero fare qualcosa?
<< Camilla! Su, dai! Non dovevi prepararti? >>
Già, devo prepararmi. Per Alex. Forse è meglio lasciar perdere il mio vicino e tutti i suoi problemi, e concentrarmi sul ragazzo che amo. Alex, appunto. Alex Alex Alex. William.
<< Camillaaaa!!! >>
<< Eccomi! >>
Me lo devo togliere dalla testa, altrimenti sono certa che soffrirò. E io ho già sofferto abbastanza.

Nell'antro della strega!
Ciao a tutti!
Da oggi scriverò questo angoletto così, per evidenziarlo e separarlo meglio dalla storia in sé.
Questo capitolo è molto breve, ma solo perché il prossimo sarà molto lungo e pieno di avvenimenti mooooolto importanti. Credo proprio che vi piacerà.
Anzi, per farvi crogiolare ancora di più nell'attesa, ecco a voi un piccolissimo estratto:

" [...] Ho esaudito il mio desiderio. >> sussurro, perdendomi nei suoi occhi. << In questo preciso momento.>>"

Uhuhuhuhuh.
Beh, questo è quanto. Alla prossima!
Baci,
Chiara.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo Sedicesimo - Qualcosa più grande di noi ***


È da mezz'ora che sto davanti allo specchio, immobile, ad osservare il mio riflesso. È strano, ma l'unica cosa che mi viene in mente è: Questa non sono io. Lilian mi ha truccata, rendendomi gli occhi grandi e seducenti e le labbra rosee e più carnose di quanto non siano, "da baciare", come promette la scritta sulla confezione del rossetto. I miei capelli, che solitamente lascio sciolti, visto che mi sfiorano a malapena le spalle, sono stati chissà come raccolti in un'elegante chignon, sorretto da delle mollettine con sopra applicate delle perle, davvero graziose. Indosso un abito azzurro, uno dei più belli che abbia mai visto. Lascia la schiena scoperta, si allaccia dietro il collo con un fiocco e modella i fianchi, fasciandomi dolcemente le gambe fino a poco più su del ginocchio. È meraviglioso. Peccato che sia di Lilian e che me l'abbia solo prestato.
Per un'occasione speciale occorre un outfit speciale!
Il problema è questo. Io non ci trovo niente di speciale. Anzi, a dirla tutta, non sono minimamente eccitata, solo fin troppo nervosa, ma per un altro motivo. Ancora non capisco perchè ho informato William di stasera. Devo sperare che un attimo prima che possa salire in taxi con Alex fermi tutto e mi venga a prendere, con un'entrata stile principe? Mi immagino la scena: William Harstrong in calzamaglia blu, con un cappello piumato in testa, alle rendini di un meraviglioso stallone bianco; scoppio a ridere. Per carità, lo stallone mi sta pure bene, ma non potrei sopportare la visione del mio vicino - se ancora lo è - in calzamaglia e cappello piumato. Mi sfugge un'altra risatina, ma poi capisco che i miei pensieri sono del tutto assurdi: appena stamattina William ha detto che non possiamo più vederci, no? Che salta tutto.
<< Camilla, tutto a posto lì dentro? >>
La voce di Lilian mi giunge soffocata, dall'altra stanza. Io mi allontano velocemente dal lavandino, lancio un'ultima occhiata al mio riflesso e in un attimo sono fuori dal bagno. Quando la mia amica mi vede mi fa l'occhiolino, tremendamente maliziosa.
<< Non c'è che dire. Stasera Alex dovrà usufruire di tutto l'autocontrollo possibile. >>
<< Lilian! Abbiamo 15 anni! >>
<< Quasi 16. >>
<< Quasi. E comunque, lui non è quel tipo di persona. >>
<< Se lo dici tu... >>
Sto per ribattere, ma il suono del citofono mi blocca. Lilian mi guarda eccitata, e corre a rispondere.
<< Sì? Alex? Sì, Camilla scende. >>
Mentre io prendo la borsetta - anch'essa gentile prestito della mia amica - Lilian non mi stacca gli occhi di dosso. Quando finalmente sono sulle scale le mi dà una pacca sulla schiena, incitandomi ad andare avanti.
<< Ti divertirai! E non essere così rigida! >>
<< O..ok. >>
<< Buona fortuna! >>
<< Grazie. >> Sussurro, e in un attimo sono già fuori dal portone.
Alex è lì, alla fine dei gradini, davanti ad un taxi, e mi sorride. È tremendamente bello. Indossa una camicia bianca e un paio di pantaloni blu. Ha i capelli ordinati, non come quelli di William, che sono sempre sparati in mille direzioni. William? Non devo pensare a William, adesso! Accidenti! Cerco di concentrarmi su Alex e sui suoi occhi che si spalancano e le sue guancie che si arrossano quando mi vede.
<< Camilla... Sei... >>
Arrossisce ancora di più e si schiarisce la voce, tremendamente roca.
<< Stupenda. Davvero stupenda. >>
Io gli sorrido.
<< Grazie. Anche tu stai bene. >>
Mi ero preoccupata che l'abito fosse troppo elegante, ma quando Alex mi ha detto che dovevamo andare ad un ristorante Lilian l'ha ritenuto opportuno. Ancora mi ricordo la faccia della mia amica quando le ho detto dove mi portava: Un ristorante? Già al primo appuntamento? Oh mio Dio, Camilla! Io me lo terrei stretto! Eppure, non riesco ad essere felice. La mia mente corre continuamente a lui, anche se non voglio.
<< Prego. >>
Alex mi apre la portiera del taxi e io salgo. Lui entra dall'altro lato e si sporge in avanti per dire qualcosa all'autista, che mette subito in moto e parte. Fai conversazione, fai conversazione!
<< A... Allora, Alex! >>
Lo dico troppo a voce alta e lui si volta a guardarmi con un'espressione perplessa. Mi affretto ad abbassarla.
<< Allora... Dove mi porti, stasera? >>
Sul suo viso si allarga un sorriso luminoso. Dio mio, è bellissimo. Ma non è William.
<< È un posto speciale. Si trova vicino al mare, sai. Spero ti piacerà. >>
<< Sono certa di sì. >>
Il suo sorriso si allarga e mi si avvicina quasi impercettibilmente.
<< Non sei stata tu a rispondermi. Chi era? >>
<< Lilian Baker, la mia migliore amica. Credo che tu la conosca... È la fidanzata di Kyle. >>
Il viso di Alex si rabbuia, confuso.
<< Kyle non ha nessuna fidanzata. >>
Io ricambio la sua occhiata con una ancora più sperduta.
<< Dici sul serio? >>
<< Ne sono certo. È già da un mese, ormai. Si è messo in testa che vuole innamorarsi sul serio, e non uscire con la prima che capita. >>
Quelle parole mi colpiscono come uno schiaffo.
<< Non è possibile! Lilian... Lilian mi ha detto che erano usciti... >>
Lui mi guarda, dispiaciuto e confuso. Non capisco. Quella lettera..
Mi volto verso Alex e lo trapasso con lo sguardo.
<< Sei sicuro al cento per cento che non è uscito con qualcuna? Nemmeno una volta? >>
Lui annuisce di nuovo. Ecco, adesso sono ancora più confusa di quanto lo fossi qualche ora fa. Perchè diamine Lilian stava scrivendo quella lettera? Beh, forse lo stava facendo perchè è innamorata di lui ma... Mi ha detto che erano usciti insieme... Mi ha mentito. Non ha voluto ammettere che si era presa una bella cotta e si è inventata l'uscita. Un pochino mi sento irritata e tradita, ma poi mi ricordo che anche io ho segreti e bugie con lei, e non posso biasimarla. Tutti hanno segreti. Anche le migliori amiche. È così e basta.
<< Siamo arrivati. >>
Io scendo velocemente dal taxi, impaziente di vedere dove Alex mi ha portata. E rimango a bocca aperta. Come mi aveva detto, è un locale sul mare. Ci sono dei tavoli all'aperto, sopra una lastra di legno adagiata sulla sabbia. Non entriamo all'interno, ma scorgo delle tende e delle tovaglie bianche e azzurre. Sopra di noi c'è un soffitto di paglia, dal quale pendono lanterne che diffondono luce rosata. Tutto questo mi ricorda inevitabilmente il Vialetto della Mezzanotte e, senza neanche accorgermene, i miei occhi si fanno sempre più umidi di lacrime. Mi affretto a voltarmi, per impedire che Alex mi veda.
Perchè diamine mi hai detto quelle cose, dannatissimo e stupidissimo e misteriosissimo William? Perchè? Lo sapevi, che mi avresti fatto soffrire.
Ma anche tu hai voluto che soffrisse.

Fa male ammetterlo, ma è così. Adesso me ne rendo conto. Ho informato William dell'appuntamento non perchè speravo che venisse a prendermi, ma perchè volevo che soffrisse. Perchè in fondo spero di non essere solo un'amica per lui. E ho voluto che si arrabbiasse, che si pentisse. Ho voluto fargli male, come lui aveva fatto a me.
<< Camilla, tutto ok? >>
La voce di Alex giunge alle mie orecchie lontana, ma visibilmente preoccupata. Velocemente mi asciugo gli occhi - fando attenzione al trucco - e mi volto verso di lui, sorridente.
<< Certo. >>
Lui si rilassa. E mi conduce ad un tavolo più appartato, proprio davanti al mare. È bellissimo.
<< Ti piace qui? >>
<< Sì... È... È meraviglioso. Ti ringrazio. Ma non dovevi disturbarti così tanto... >>
Lui allontana le mie preoccupazioni con un gesto della mano.
<< Figurati. E poi, questo ristorante lo gestiscono i miei parenti. >>
Mi fa l'occhiolino, mentre mi mostra un sorriso furbo. Non assomiglia per niente all'Alex che sono abituata a vedere. Qui, è completamente diverso.
Assomiglia a...
<< Signori. >>
Un cameriere ci si avvicina e ci porge due menù. Io faccio per aprire il mio, ma il mio accompagnatore mi ferma.
<< È già tutto prenotato. Non preoccuparti, sono certo che ti piacerà. >>
Io annuisco e sorrido, cercando di nascondere il mio fastidio: detesto quando qualcuno decide per me. Insomma, sono una ragazza indipendente!
Il cameriere se ne va, lasciandoci soli, e io mi rendo conto di non avere nessuno argomento di cui parlare. Niente di niente. Perchè io non so praticamente nulla di Alex. Le informazioni che ho su di lui sono pari a quelle che ho su William. Ovvero, quasi inesistenti. Lui sembra accorgersi del mio disagio e si affretta a parlare.
<< Allora, Camilla... Perchè non ci conosciamo un pò? >>
Non riesco a immaginare questa situazione con William. Noi due non potremmo semplicemente sederci e iniziare a raccontarci le nostre vite così. Tra di noi è sempre stato, almeno fino ad adesso, una continua sopresa. Ci siamo svelati poco a poco, e poi ci siamo fermati. E io avrei voluto continuare.
<< Va bene. >> Mi sforzo di sorridere. << Tu abiti lontano dalla scuola, non è vero? >>
Lui mi guarda sopreso.
<< Pensavo non lo sapessi. >>
E invece lo so. Un giorno, dopo che mi aveva accompagnato a casa, l'ho seguito per curiosità e ho visto che saliva a bordo di un taxi.
Mi lusinga sapere che faceva solo finta di abitare vicino per accompagnarmi.
Ma non mi va di dirgli che l'ho seguito. Farei la figura della stalker psicopatica.
<< Ho degli informatori... >>
Gli sorrido maliziosa e lui ricambia. Il nostro si trasforma in un gioco di sguardi, e mi domando se tra noi non sia sempre stato così. Poi, i suoi occhi si fanno affilati.
<< Camilla. >>
Il modo in cui pronuncia il mio nome mi fa rabbrividire, non sembra lui. È differente dal ragazzo di un minuto fa.
<< Tu.. Frequenti quel ragazzo, per caso? >>
<< Quale... Quale ragazzo? >>
Faccio la vaga, ma so benissimo a chi si riferisce. E non capisco perchè voglia inserirlo in questo discorso.
<< William Harstrong. Lo conosci, non è così? >>
Cosa dovrei rispondere? È una domanda a trabocchetto?
<< Sì, siamo vicini di casa. >>
Alex scoppia in una risata amara.
<< Su Camilla, non facciamo i bambini. Si vede benissimo che non siete solo vicini di casa. O se ne sono accorti tutti tranne voi? >>
Ti sbagli. Noi siamo stati i primi ad accorgercene. Ma come in tutte le storie d'amore che si rispettino, siamo stati troppo stupidi per rivelarcelo.
Gli lancio un'occhiataccia, che lui ignora con nochalanche.
<< Sarò sincero con te, Camilla. Devi togliertelo dalla testa. Dimenticalo. Sarà meglio per te, e sarà meglio per tutti. >>
<< Tutti chi?! >>
Mi sono alzata in piedi di colpo, quasi rovesciando la sedia, e la mia voce ha coperto tutti gli altri rumori. Ma non mi interessa. Non mi interessano gli sguardi biasimevoli e curiosi degli altri clienti. Mi sono decisamente, definitivamente scocciata.
<< Dovete piantarla! Questi lui, queste lei, questi tutti! Di chi diamine state parlando?! >>
Prendo fiato e fisso Alex davanti a me, che nel frattempo non si è mosso minimamente.
<< E tu, che c'entri in tutto questo? >>
Lui mi osserva, sospira profondamente e mi fa cenno di sedermi. Io obbedisco, sebbene a malavoglia.
<< Credo che tu non ti sia lasciata sfuggire la somiglianza dei cognomi miei e di William. >>
Annuisco. Ricordo cosa mi è passato per la mente quando William si è presentato: "Il suo cognome... Ricorda quello di Alex."
<< "Harstrong", "Harmong"... Davvero molto simili. Perchè, in effetti, uno è la modifica dell'altro. >>
Io lo osservo senza capire.
<< Cosa...? >>
<< Io e William apparteniamo alla stessa famiglia, Camilla, anche se siamo in rami diversi. La mia, molto tempo fa, si trasferì in Inghilterra, e con il tempo il cognome "Harstrong" è mutato in 'Harmong". Quando siamo tornati in America, abbiamo deciso di continuare ugualmente ad usarlo. Io e lui siamo cugini, Camilla, anche se alla lontana. >>
Quella notizia mi fa restare a bocca aperta. Ma... Cosa significa? Perchè mi sta dicendo tutto questo? Vedendo che non apro bocca, Alex continua.
<< Qualche tempo fa, io e mia sorella abbiamo ricevuto una chiamata dal capo famiglia. Come credo tu abbia immaginato, visto il nostro allontanamento, io e i miei parenti più stretti siamo stati distanziati dal centro della famiglia e quindi, dall'enorme eredità. E loro sanno che avremmo fatto di tutto per riavvicinarci. E in effetti è così. >>
Comincio a capire. Alex non è mai stato veramente interessato a me. In quei giorni mi si è avvicinato solo per arrivare a William.
<< Alex... >>
<< Allontanati da lui, Camilla. Non parlarci, non toccarlo, non devi nemmeno vederlo. Non preoccuparti, non sarà così difficile: sarà costretto a trasferirsi, da un momento all'altro. >>
Quelle parole sono come veleno. William se ne andrà? Se ne andrà sul serio? Sento le lacrime pungermi in fondo agli occhi.
<< Su, non essere così agitata. In fondo, l'amore è soltanto un'emerita cazzata. Puoi benissimo farne a meno. >>
Riconosco quella voce. Mi volto, e ciò che vedo è un altro schiaffo, altro veleno, altre lacrime. La donna con i capelli a caschetto, la ladra di stamattina. Non mi serve nemmeno un secondo per capire. Mi rivolgo ad Alex, ma i miei occhi non la abbandonano.
<< Tua sorella... È lei. >>
<< Centro. Mi chiamo Victoria. Mi conosci? >>
Lei mi rivolge uno sguardo perplesso.
<< Stamattina. Sei entrata in casa mia. >>
Per un attimo sembra sinceramente sorpresa, ma poi riprende un'aria strafottente.
<< Non mi ero accorta che mi stessi osservando. Beh, meglio per te. Hai colto l'occasione unica di vedermi in tutina aderente! >>
Le lancio un'occhiata disgustata e perplessa e mi volto verso Alex, cercando di parlare nel modo più sicuro possibile.
Non posso credere a quello che sto per dire.
<< Non farò come dite. Non mi interessa quello che mi accadrà, non potete tenermi lontana da William. Alzate muri, e io li scavalcherò sempre, per quanto alti possano essere. Arriverò anche al cielo, se necessario. Ma non potrete mai e poi mai fermarmi. >>
Alex assume un'espressione infuriata e si alza in piedi, come una furia.
<< Saresti un'irresponsabile...! >>
<< Non mi interessa! >>
Alex si lancia verso di me, ma io mi sono già scansata e corro verso l'uscita del ristorante. Ho quasi raggiunto l'uscita, ma qualcuno mi afferra e mi contorce il braccio, facendomi urlare di dolore. Mi volto, e vedo Victoria davanti a me, gli occhi fiammeggianti.
<< Non sarà una mocciosa come te a distruggere la mia famiglia. >>
Alza la mano per colpirmi, ma succede qualcosa, tutto talmente in fretta che non ci capisco niente. Sento che vengo liberata dalla presa della donna, e un attimo dopo lei è davanti a me, piegata su sè stessa e dolorante, e qualcuno mi sta spingendo fuori dal locale. Mi giro, e lo vedo.
<< William. >>
<< Non c'è tempo! Dobbiamo sbrigarci! >>
Lui mi prende per mano e insieme corriamo fuori dal ristorante, poi non so come mi ritrovo sulla sua moto nera e stiamo sfrecciando via, nelle strade di New York.

Non mi ricordo bene cosa successe. È come se la mia memoria si fosse resettata per qualche minuto, riattivandosi solo quando io scendo dalla moto. Ci troviamo sul lungomare, davanti a noi si estende una baia, e c'è William in mezzo a questo paesaggio. È davanti a me e mi dà le spalle; è appoggiato alla ringhiera e la stringe forte. Sta tremando.
<< Will... >>
<< Sei stata una stupida! >>
Non mi sorprendo tanto per le parole, quanto per il tono con cui le pronuncia. Sembra stia per scoppiare a piangere. Io mi avvicino a lui, e allungo una mano per porgergliela sulla schiena, ma proprio in quel momento si volta e il palmo va a finire sul suo petto, ma non lo sposto. Va bene così. Riesco a sentire il battito del suo cuore.
<< Sei stata davvero... Rispondere in quel modo... >>
Ha sentito tutto. Adesso sa.
Ma non importa. Anzi è meglio così.
<< Avrei dovuto rispondere diversamente? >>
Stringo il tessuto della sua camicia.
<< Dire che avrei fatto come volevano? Che per me tu non avevi alcuna importanza e che ti avrei dimenticato così? Per te.. Per te sarebbe stato meglio? >>
Lui mi si avvicina, una mano mi si appoggia sulla schiena, l'altra va ad accarezzarmi la guancia.
<< No. Sarebbe stato orribile. >>
Un brivido mi percorre la schiena, e sento che mi sto per sciogliere quando lui si avvicina ancora di più. Cerca di mantenersi tranquillo, ma i suoi occhi lo tradiscono: desiderio, amore, tristezza, rabbia, paura. Quando parla, la sua voce è un sussurro.
<< Sarà difficile, e doloroso. Potremo non farcela, alla fine. Potrei... Potrei farti male. >>
<< Non mi interessa. >>
Gli cingo il collo con le braccia.
<< Può essere dolorosa quanto gli pare. Ma resterà sempre la cosa migliore che abbia mai fatto in vita mia. >>
E a quel punto non c'è più bisogno di parole. William si china su di me e mi bacia. All'inizio le nostre labbra si sfiorano soltanto, poi premono l'una contro l'altra con più forza e passione, e io schiudo la mia. Il bacio si trasforma in un gioco di lingua e di denti, le sue mani corrono sulla mia schiena scoperta e sulla mia guancia e il mio collo, e io lo attiro sempre più vicino a me, gli passo le mani tra i capelli arruffati, tra tutti quei ricci neri. È il sapore più buono che abbia mai assaggiato: più dolce delle torte della Boutique del Cioccolato. Sa di lui, questa è l'unica cosa che posso dire per descriverlo seriamente.
Lo amo. Lo amo, lo amo, lo amo. Dannazione, ci sono proprio cascata in pieno.
Dopo un pò le nostre labbra si separano, ma restiamo abbracciati. Lui ha le guancie arrossate e gli occhi luccicanti, e so di avere lo stesso aspetto. Con dolcezza, mi bacia le guancie e il naso.
<< Mi dispiace... Abbiamo sprecato un giorno di desideri. >>
Quando pronuncia quella frase non riesco a trattenere la felicità e lo bacio di nuovo.
<< Non preoccuparti, non è affatto vero. >>
Lui mi guarda confuso.
<< Vedi... Il mio quinto desiderio era quello di vedere il tramonto sul mare. Fortunatamente, in estate il sole tramonta tardi. >> Faccio un segno verso la baia, e entrambi ci giriamo in quella direzione: il sole sta tramontando, e tutto è tinto di rosa. << Ho esaudito il mio desiderio >> Sussurro, perdendomi nei suoi occhi. << In questo preciso momento. >>
William mi guarda attentamente, poi mi sorride e si china su di me, le nostre fronti si sfiorano.
<< Sono un cretino. È definitivo. >>
<< Ma come? Ancora non lo avevi capito?! >>
Lui assume un finto broncio che mi fa scoppiare a ridere.
<< Siete sempre così gentile, signorina Camilla. >>
<< Grazie mille, ne sono consapevole, signor William. >>
A quel punto anche lui si lascia sfuggire una risatina, ma la gioia dura poco: il suo cellulare squilla, e William lo prende e schiaccia qualche tasto. Io mi metto accanto a lui per vedere, e il sangue mi si gela nelle vene.
Gli è arrivato un messaggio da un numero sconosciuto: "Non riuscirete a vincere. Vi siete messi contro chi è molto più forte di voi."

Nell'antro della strega!
Ciao a tutti!
Beh ok, forse questo capitolo non è stato proprio pienissimo di avvenimenti importanti, però: si è scoperto che ruolo ha Alex in tutto questo; si è scoperto chi è la ladra e che intenzioni hanno lei e il fratello; Camilla e William si sono finalmente svegliati e si sono pure baciati; e ci sta pure il quinto desiderio che è stato realizzato.
Ma vi avverto: questo non è per niente il "e vissero per sempre felici e contenti"! Succederanno tante cose nei prossimi capitoli, in cui verranno coinvolti molti personaggi, vecchi e nuovi.
Baci a tutti e grazie per aver letto, se mi lasciate una recensione ne sarei felicissima.
Chiara

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo Diciassettesimo - La Signora Chocolate ***


Io e William abbiamo passato la notte fuori. Non potevamo semplicemente tornare a casa così, Alex sarebbe stato sicuramente lì ad aspettarci, quindi ci siamo seduti sulla spiaggia a guardare il mare e a baciarci. Alla fine io non sono riuscita a restare sveglia e mi sono addormentata stretta a lui. Pensavo che i miei sogni sarebbero stati tranquilli, ma non è stato così: c'erano confusione, rabbia e dolore nella mia mente, c'era William che si protendeva verso di me, cercando di afferrarmi, ma alla fine scivolavo via, troppo lontana perchè lui potesse prendermi. O era William quello che se ne andava? Fatto sta che sono stata svegliata alle sei di mattina dal mio bel vicino, pallida e sudata. Mi ha chiesto più volte cosa avessi visto, ma non gliel'ho detto: già è nervoso così, non serve che io infierisca. << Ti va un caffè? >>
La voce di William mi distoglie dai miei pensieri. Appena mi sono svegliata ci siamo dati una sistemata e abbiamo raggiunto il centro di New York, per fare colazione e riflettere sul da farsi. Annuisco, mentre sul mio volto si dipinge un sorriso: ci stiamo tenendo per mano, e la sua è morbida e calda, stretta alla mia. Ci infiliamo nel primo bar che vediamo e ci sediamo al tavolo davanti la vetrina. Un cameriere viene a prendere le nostre ordinazioni e appena se ne va William si china verso di me: siamo seduti l'uno di fronte all'altra.
<< Sei sicura che è tutto a posto? Tua madre... >>
<< Per la millesima volta, Will, sì, sono sicura. Mia madre dorme raramente a casa, e anche se ieri fosse ritornata, non vedendomi avrà pensato che ero da Lilian. >>
Gli rispondo, sicura. William era preoccupato di avermi messo nei guai, ma non è così; e poi, da una parte, anche io gli ho incasinato un pò le cose. Appena arrivano i nostri caffè li trangugiamo velocemente, e ci svegliamo un pò. Io abbasso lo sguardo su di me: indosso il vestito elegante di ieri, ormai spiegazzato e anche un pò insabbiato. William mi ha chiesto un sacco di volte scusa, gli ho spiegato che non è colpa sua, ma non ha voluto sentire ragioni. "Io sono entrato nella tua vita e te l'ho incasinata!" "Ma io ho voluto che tu me la incasinassi."
Quando gli ho detto così si è calmato un pò. Adesso ci osserviamo in silenzio, analizzando l'uno i particolari dell'altra. È così bello: i capelli neri gli si arricciano alle punte, ha le gote arrossate, gli occhi blu leggermenti cupi. Nel silenzio si sente il mio stomaco brontolare: accidenti!, alla fine ieri non ho cenato! William subito mi guarda un pò preoccupato, poi sembra capire e arrossisce abbassando lo sguardo.
<< Beh, William, questa non è colpa tua... >>
<< Seguimi. >>
<< Cosa? >>
Si alza e mi porge la mano, aiutandomi ad alzarmi. Usciamo dal locale e saliamo sulla moto - ormai è diventato un movimento automatico, quello di infilarmi il casco e stringermi a William. Il viaggio non è molto lungo, dura qualche minuto, e alla fine ci fermiamo davanti ad una casa che non ho mai visto prima. È una villetta, piccola e graziosa, di quelle con il giardinetto fiorito intorno, con le pareti di legno, con le tendine ricamate e i fiori alle finestre. È semplicemente deliziosa. William si avvicina al cancello e suona il campanello. Io mi avvicino a lui, guardando curiosa il nome sulla targhetta: Chocolate
<< Che nome buffo! >>
<< Nome buffo a chi, signorina? >>
Io sussulto e mi volto, verso la porta aperta della villetta. C'è una donna sulla soglia. È alta più o meno quanto me, ha capelli neri raccolti in uno chignon sulla cima della testa e vispi occhi verdi che mi analizzano. Deve avere cinquant'anni, più o meno. Ha un'espressione acida, che si addolcisce enormemente quando il suo sguardo si posa su William, che nel frattempo sta sorridendo.
<< Will! >>
<< Ciao, zia! >>
Zia?
La donna corre ad aprire il cancello e abbraccia forte William, con una risata soffocata.
<< Da quanto tempo! >>
<< Sì... Scusami... Sono stato impegnato, in questi giorni. >>
Sciolgono l'abbraccio e la donna rivolge a William un sorriso triste. Dopodichè, il suo sguardo vaga su di me.
<< E lei....? >>
William si schiarisce la gola, improvvisamente imbarazzato.
<< Lei è Camilla. È...ehm... >>
Oh. Giusto. Non abbiamo chiarito la nostra situazione. Cosa... Cosa siamo, adesso? Dopo ieri sera... Non possiamo definirci amici, certo. Siamo fidanzati? Oppure no...?
<< Ehm... Vedi zia... Lei è... >>
Io e William ci guardiamo imbarazzati, e la donna sposta confusa lo sguardo da me a lui. E poi sembra capire, perchè cambia improvvisamente espressione. Si volta verso di William, a metà tra lo scioccato e lo spaventato. Lui ricambia lo sguardo e rimangono in silenzio per un pò, come se stessero comunicando senza aver bisogno di parole. Poi, la donna parla.
<< Will... >>
<< Zia, non.. >>
Lei sospira e mi osserva, poi sposta lo sguardo sul nipote.
<< Spero che tu sappia cosa stai facendo, Will. >>
<< Lo so. Lo so benissimo. >>
La donna inarca un sorpacciglio e non dice nulla. Si limita a voltarsi e a dirigersi verso la porta, per poi bloccarsi sull'uscio girarsi verso di noi, perplessa.
<< Beh? Non entrate? >>
Sul volto di William si distende un grande sorriso, che mantiene quando si volta verso di me. Timidamente, allunga una mano e prende la mia, intrecciandole, e a quel punto sorrido anche io, e lo seguo sul vialetto di ingresso. L'interno della casa della donna è davvero grazioso: il pavimento e le pareti sono di legno, il salotto è spazioso, con delle poltrone disposte attorno ad un tavolino che sembra... Antico. Non vecchio, antico. La donna fa cenno di sederci e io e William ci mettiamo su due poltrone vicine, in silenzio. Lei rientra poco dopo, con in mano un vassoio su cui sono disposte tre tazze di tè.
<< Allora >> Mormora, mentre affonda in una delle altre poltrone, dopo aver appoggiato il vassoio sul tavolo << Cosa vi ha portati qui? Spero che non sia perchè vi state per sposare e quindi dovete fare il giro dei parenti. In questo caso, non aspettatevi la mia benedizione. >>
Io assumo il colore dei peperoni e quando guardo William di nascosto, scopro che anche lui è così.
<< Zia! Non essere sciocca! Noi.. Ecco... Noi.. >>
Decido di intervenire in suo aiuto, in fondo sono stata zitta tutto il tempo.
<< Vede, ehm... Ecco.. >>
<< Chiamami Signora. >>
Io mi volto verso William, confusa, e lui alza le spalle.
<< Nessuno sa il suo nome. La chiamiamo tutti Signora. >>
Annuisco e torno a concentrami sulla donna.
<< Vede, Signora, sono capitate molte cose, davvero troppe per poterle raccontare tutte... >>
<< Tu provaci, non ho fretta, intanto. >>
Guardo William per capire se devo dire tutto o no, e lui annuisce. Bene, allora. Racconto alla Signora tutto quello che è accaduto, la ladra, la scoperta su Alex, la fuga dal ristorante... Lei ascolta in silenzio, ad ogni parola si rabbuia sempre di più, e quando nomino i nomi di Alex e Victoria stringe i pugni. A fine racconto non dice nulla, si alza dalla poltrona e si volta, per dirigersi in cucina.
<< Vi vedo affamati. >>
È il suo unico commento.
<< Tua zia è davvero bizzarra, sai? >>
William mi guarda e mi sorride, poi si china su di me, sfiorandomi la fronte con la sua.
<< È l'unica persona della mia famiglia su cui posso contare. Le voglio un gran bene. >>
<< Questo l'ho notato. >>
Sono felice che William abbia almeno una persona della sua famiglia da cui è amato. Pensavo fosse completamente solo, ma fortunatamente mi sbagliavo. Lui mi guarda attentamente, poi mi stringe la mano e mi bacia delicatamente. La sua bocca è dolce come la sera precedente, anche se il bacio è meno famelico, meno disperato.
<< Mh.. Will... >>
<< Sì...? >>
Mi stacco con difficoltà da lui e appoggio il viso sulla sua spalla.
<< Riguardo a prima... Noi cosa siamo, adesso? >>
Lo sento irrigidirsi un pochino e so che è arrossito.
<< Non so... Non possiamo definirci amici, no? >>
<< E possiamo definirci fidanzati? >>
Lui mi bacia la guancia e mi scansa, facendomi aderire allo schienale della poltrona.
<< Se tu lo vuoi. >>
<< Io lo voglio. >>
<< Allora va bene. >>
Mi bacia di nuovo, ma in quel momento la Signora rientra nel salotto con due piatti su cui ci sono delle crêpe fumanti, che sbatte con forza sul tavolino.
<< Niente oscenità in questa casa! >>
William si stacca velocemente da me, ma fa in tempo a mostrarmi un sorrisetto malzioso e divertito. Io e lui ci concentriamo sui dolci, che divoriamo subito. Cavolo, quanto sono buone! La Signora ci osserva in silenzio, sorseggiando il tè.
<< Sa cucinare davvero bene, Signora. >>
<< Grazie cara, lo so. Altrimenti non avrei vinto tutti quei premi. >>
Indica una cristalleria in cui sono contenute decine di trofei di concorsi culinari, e io arrossisco un pò: non l'avevo notato.
<< Allora... Camilla. Camilla Herstood... Mai sentito. >>
La Signora sembra pensierosa.
<< Dimmi... Cosa fanno i tuoi genitori? >>
Io sento un brivido attraversarmi, e William mi lancia un'occhiata strana.
<< Beh... Mia madre.. Fa la cameriera. Mio padre lavora in una multinazionale. >>
<< Oh.. Occupa un posto importante? >>
<< È il vicepresidente. >>
Lei alza un sopracciglio.
<< E non ha trovato un lavoro migliore per tua madre? >>
<< Sono separati. Da sette anni, ormai. >>
Non avrei dovuto dirlo. La Signora mi guarda, a metà tra il sopreso e il dispiaciuto, mentre William non stacca gli occhi dalla tazza di te, decisamente imbarazzato.
<< Oh... Mi spiace. >>
<< Non importa. >>
Restiamo un pò in silenzio, poi William si alza e rivolge un sorriso alla zia.
<< Adesso andiamo. Credo sia ora. Grazie di tutto, zia. >>
Lei ricambia il sorriso e si alza per dargli un bacio sulla guancia, con affetto. La scena mi fa stringere il cuore.
<< Arrivederci, Signora. Grazie per le crêpe, erano molto buone. >>
Anche io mi alzo, mentre William già è sulla porta e sta uscendo. Faccio per seguirlo, ma sento una mano sul braccio che mi trattiene. Mi volto e mi ritrovo il volto della Signora poco distante dal mio.
<< Sei sicura di essere pronta? >>
Un brivido mi sale su per la schiena.
<< Pronta a cosa? >>
<< Ad amare mio nipote. William è un ragazzo adorabile, ma la sua vita, il suo passato... La sua famiglia, sono cose difficili e pericolose da affrontare. Soffrirai molto. >>
Io alzo il mento, con il petto in fuori.
<< Non mi interessa, con tutto rispetto. >>
Lei mi guarda per un attimo, poi fa un sorriso sbilenco.
<< Sarà come saltare da un precipizio: potrai volare o cadere. Se volerai sarà bello, ma ci sono poche possibilità, tutto tende alla caduta. Tu salterai dal precipizio, correrai il rischio? >>
Io ricambio il suo sorriso, scostandomi.
<< Sono già saltata, Signora. >>

Quando Camilla e William oltrepassarono il cancello, rivolgendo alla Signora un ultimo saluto, questa gli sorrise e rientrò velocemente in casa, chiudendosi la porta alle spalle. Si diresse in cucina, per preparare altro tè, mentre sul suo volto, come succedeva ben raramente, si distendeva un'espressione di tranquillità: quella Camilla le piaceva non poco.
<< Millicent? Chi era? >>
La Signora alzò lo sguardo e incontrò quello di una donna, che la osservava sull'uscio della cucina. Doveva avere quarantacinque anni, ma le rughe profonde che le solcavano il viso e le occhiaie la facevano apparire ben più vecchia. Aveva lunghi capelli neri e occhi di un blu violetto.
<< Anne. Pensavo stessi dormendo. >>
La donna scosse la testa.
<< Ho sentito delle voci.. Chi erano quei ragazzi? >>
Millicent, la Signora Chocolate, che mai e poi mai si era fatta trascinare troppo dai sentimenti, rischiò di scoppiare a piangere davanti alla sorella.
<< Nessuno, Anne. >>
Sentì una lacrima, una soltanto, solcarle il volto.
<< Non erano nessuno. >>

Nell'antro della strega
Sì, sono crudele. Il capitolo finisce qui.
Abbiamo fatto la conoscenza della Signora Chocolate (che, come dovreste aver capito, di nome fa Millicent) e nell'ultima parte è entrata in scena una certa Anne. Chi ha letto tutti i capitoli precedenti, dovrebbe sapere chi è. In caso contrario, andate subito a rileggerli, altrimenti non ci capirete un'acca dei prossimi!
Beh, detto questo, vi ringrazio tutti per le vostre recensioni, mi fanno andare avanti, e mi scuso per la momentanea pausa che mi sono presa prima di pubblicare questo capitolo.
A presto!
Chiara.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo Diciottesimo - Mai fare arrabbiare le amiche. ***


Piccola precisazione: Visto che ho notato che molte persone non lo sanno, mi permetto di annotarlo qui sopra: Anne, la donna che compare nel capitolo precedente, è la madre di William.

<< Che ti va di fare? Vuoi tornare a casa? >>
<< Tutto tranne questo, perfavore. >>
È per queste due frasi che adesso io e William ci troviamo in Via della Mezzanotte. È bella e suggestiva come la prima volta che l'ho vista. Le lanterne rosa sono spente, e l'intreccio di foglie sopra di noi gioca con la luce del sole. La Via è rimasta uguale, eppure è tutto cambiato.
<< Sto cominciando a capire perchè questo posto ti piace così tanto. >>
<< Davvero? >>
Io sorrido al ragazzo al mio fianco.
<< È tutto così... Non so. È come se, stando qui, il tempo si fermasse per un pò. >>
William mi sorride e mi stuzzica la guancia con un bacio, facendomi il solletico. Mi scappa una risata.
<< Ecco. Esattamente così! >>
Lui mi guarda stranito.
<< Così come? >>
<< Anche dopo... Tutto quello che è successo, qui ci stiamo comportando... Come dire, diversamente da quello che dovremmo. >>
William mi guarda un attimo, poi fa un sorriso sbilenco - così simile a quello della zia - e alza le spalle.
<< Forse, mi sto godendo i primi e gli ultimi momenti con te. >>
Gli tiro un pugno sulla spalla, e lui in tutta risposta mi rivolge uno sguardo serio.
<< Non dobbiamo perdere tempo in queste cose, o sbaglio? >>
<< Se alludi al fatto che la tua famiglia... >>
<< Alludo alla tua lista. >>
Io sussulto: l'avevo quasi dimenticato. Ma c'è qualcosa che mi sfugge.
<< Tu hai detto che mi avresti fatto incontrare tuo padre... Ma hai problemi familiari... Questa cosa non mi convince. >>
Lui abbozza un altro sorriso.
<< Su questo non devi preoccuparti. >>
<< Lo spero. Ma sappi, caro Signor Harstrong, che se stai finendo nei pasticci per colpa mia - ancora di più di quanto tu non lo stia facendo ora - ti darò un bel pugno. >>
William ride, e quel suono è il più bello, il mio preferito.
<< Ho afferrato, Signorina Herstood. >>

Oggi fa caldo, davvero, davvero caldo. Me ne rendo conto soltanto ora, in camera mia, mentre mi cambio velocemente. Alla fine io e William ci siamo decisi a tornare a casa, e non abbiamo visto o trovato nulla di sospetto, fortunatamente. Ci siamo fiondati nei rispettivi appartamenti per cambiarci, e ci siamo dati appuntamento tra una decina di minuti. Ho ancora un pò di tempo. Mi infilo i primi jeans e la prima t-shirt che trovo e corro in bagno, per darmi una sciacquata al viso. Ero davvero in condizioni terribili, chissà la gente cosa aveva pensato, vedendo una ragazza vestita elegante e un ragazzo più grande di lei in jeans e maglietta, con un'aria stanca e con le occhiaie aggirarsi per le strade di New York come se niente fosse. Ah, non posso nemmeno pensarci! Che figura terribile! Mi sto sistemando i capelli quando il campanello suona. Stavolta William è in anticipo, questo glielo rinfaccio. Sorridendente mi avvio verso l'ingresso, apro la porta... E mi blocco.
<< Ciao, Camilla. >>
Non è William, è Lilian. E non ha una bella cera, per niente. Si vede che sta trattenendo una furia dentro di sè. Ahi.
<< Posso entrare, carissima? >>
<< Certo... >>
Mi sposto per farla entrare e lentamente chiudo la porta dietro di me. La mia migliore amica sembra stare per scoppiare. Stringe i pugni sui fianchi, tremando, e quando si volta vedo che ha il volto rossissimo e gli occhi lucidi.
<< Nemmeno una chiamata! >>
Urla così forte che mi soprende, traballo e indietreggio, andando a sbattere contro la porta. Lilian non si ferma, è una furia.
<< Io.. Non sapevo dove eri! Ho aspettato qui a casa tua tre, quattro, cinque ore... Fino alle due, Camilla! Volevo essere qui quando saresti tornata, e mi avresti raccontato come era stato il tuo appuntamento... Ti ho chiamato un sacco di volte, ma non eri raggiungibile! Non mi hai richiamata, nè mi hai mandato un messaggio! Ti.. Ti rendi conto di cosa.. >>
Davanti ad una me sbigottita, Lilian crolla in ginocchio, riprendendo fiato. Lentamente alza il viso e mi fulmina. Sta per dire qualcos'altro, ma il campanello suona di nuovo. Lancio un'occhiata all'orologio; sono passati esattamente dieci minuti. C'e solo una persona in grado di essere così puntuale. Sotto lo sguardo di fuoco di Lilian, apro la porta, dietro la quale compare la figura allegra di William. Solo che, quando vede la mia amica in ginocchio, il suo sorriso scompare.
<< Cosa... >>
<< Tu! >>
Lilian si alza in piedi e punta William, furente. Lui mi guarda spaventato - come dargli torto, quando è così arrabbiata Lilian fa davvero paura - e io gli mimo con le labbra il suo nome. William comprende: le ho raccontato molte cose sulla mia migliore amica. Adesso lei lo sta squadrando, trattenendo a stento la rabbia.
<< Tu... Sei William, giusto? >>
Lui annuisce. E, sotto due paia di occhi attoniti, Lilian lo afferra per il colletto e lo tira verso di lei, fulminandolo con lo sguardo.
<< Non ho la più pallida idea di cosa tu voglia fare con Camilla, ma ti giuro sul mio onore che se la fai soffrire te la vedrai con me, capellone. E non sarà piacevole. >>
Con un movimento del polso, Lilian spinge William lontano, sul pianerottolo. Poi prende un gran respiro... E torna sè stessa. Si volta verso di me con un sorriso luminosissimo, come se quello che ha appena fatto non fosse mai esistito.
<< Allora, tesoro! Raccontami tutto! >>

Perdono, perdono, perdono!
Angolo Autrice (pronta ad essere linciata)
Ok, lo so che questo capitolo è arrivato leggermente in ritardo, e che è anche leggermente corto, ma in questo periodo mi sono successe un pochino di cose, più o meno felici. Inanzitutto, sto lavorando a due grandi progetti, riguardo il campo della scrittura, e in questi giorni ci ho dedicato anima e corpo, quindi per La Lista dei Desideri mi è rimasto poco tempo. Comunque! Non ho intenzione di abbandonare questa ff, anche perchè mi piace scriverla, visto che la protagonista - e soprattutto l'amica della protagonista - è una matta senza freni, sfogo qui tutti i miei desideri più perversi.
Vero, cari lettori, che un pensierino me lo lasciate? Anche piccino piccino? Accolgo tutto! Complimenti, domande, offese (le più probabili).
Quindi... Al prossimo capitolo, speriamo il più presto possibile!
Baci.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo Diciannovesimo - Veronique Black ***


<< Diamine. Troppo romanticismo. Credo che vomiterò. >>
<< Potresti anche commentare in modo più carino... >>
<< Più carino? Ma dai! Già rischio di beccarmi il diabete così. >>
Sospiro. Quando Lilian tira fuori la sua parte pungente, è la fine: niente e nessuno riesce a bloccarla. Sento il sapore dolce del tè inondarmi, e mi concentro su quella sensazione, cercando invano di cancellare le frecciatine che Lilian e William si stanno scambiando da più di un'ora. Nonostante la cosa più carina che si siano detti è: "Sei un gran figo." - da Lilian - e "Picchi forte." - da William -, si vede che si stanno simpatici. Non ho mai visto la mia amica così a suo agio con una persona che non fossi io, e negli occhi di William è presente un luccichio di simpatia... E comprensione. Mentre raccontavamo tutto a Lilian, tra una cosa e l'altra è uscita fuori anche la storia della famiglia di William e Alex, anche se solo ciò di cui io ero già a conoscenza. Quando lui ha parlato dei suoi problemi familiari, Lilian gli ha lanciato uno sguardo carico di comprensione e di qualcos'altro, qualcosa che mi ha fatto stringere il cuore. Affondo ancora di più nella poltroncina, continuando a sorseggiare il tè. Sono pensierosa: cosa faremo, adesso? Credo che Alex e Victoria vogliano concederci un giorno di pace, o almeno lo spero. Non credo che, se si presentassero adesso alla mia porta, riuscirei a fuggire ancora o a combatterli. Mi lascerei soltanto andare.
<< A cosa pensi? >>
Alzo lo sguardo su William. Adesso Lilian è in cucina, a trafficare con chissà cosa. Scrollo le spalle.
<< A nulla. >>
Lui mi sorride e si sporge verso di me, stringendo le mie mani.
<< Ce la faremo, te lo prometto. >>
Io gli sorrido e lui continua a tenere le sue mani appoggiate alle mie, ma solo fino a quando Lilian non rientra nella sala.

<< Allora... Credo che ci siamo presi una bella pausa, no? >>
Guardo William con un'espressione accigliata.
<< Che vuoi dire? >>
Lui mi fa l'occhiolino. Siamo seduti sul divano di casa mia, dopo che Lilian se ne è andata - lo ha fatto solamente quando William le ha promesso, quasi morendo per l'imbarazzo, di usare le precauzioni. Avrei voluto seppellirmi, ma sapere che stava provando la stessa cosa mi ha divertita, e mi ha fatto sentire un po' meglio.
<< I desideri. A che punto siamo? >>
<< Al sesto, mi pare. >>
Lui annuisce e tira fuori la lista, guardando il sesto desiderio un po' confuso.
<< Veronique? >>
Lui alza il cartoncino verso di me, e faccio una smorfia imbarazzata quando il mio sguardo si posa sulla sesta voce della lista: Dire finalmente a Veronique quello che penso di lei.
Sospiro e affondo nel divano.
<< Era una mia compagna di classe, alle medie. L'ho sempre detestata, ma sai, in quel periodo le donne sono terribili. Era una ragazza ricchissima, stupida e molto antipatica, ma se le diventavi nemico era in grado di distruggerti. Sono stata costretta a fare la "migliore amica" con lei per tre anni. Una tortura. >>
William fa una risatina molto breve, poi appoggia il mento alla mano, pensieroso. Io lo guardo sottecchi.
<< Che c'è? >>
<< Mi chiedevo come fosse la scuola. >>
<< Non ci sei mai andato? >>
Lui fa cenno di no. Non sono sorpresa, lo immaginavo: un ragazzo talmente ricco avrà frequentato dei corsi privati.
<< Studiavo in casa. Ogni mattina veniva gente diversa... Dopo una settimana se ne andavano tutti. >>
<< E perchè? >>
<< C'era chi diceva di avermi insegnato tutto quello che sapeva, chi insultava i miei genitori perchè ero un "piccolo genietto" e meritavo di meglio in quel campo, chi era impressionato da un bambino simile e fuggiva, chissà perchè. >>
Lo guardo, perplessa.
<< Mi stai dicendo che sei un genio? >>
<< Diciamo soltanto che comprendo con molta facilità. >>
<< Molta. >>
Lui mi rivolge un sorrisetto e mi fa l'occhiolino.
<< Molta. >>
Mi prende per mano e mi tira su dal divano, conducendomi alla porta, mentre estrae dalla tasca dei jeans la chiave del motorino.
<< Andiamo, ci aspetta un'oca da spennare! >>
Io scoppio a ridere e lo seguo verso il pian terreno.

È strano, ma oggi fa abbastanza freddo - ovviamente, il freddo che potrebbe fare a fine primavera. Sono stretta a William, mentre scorro con lo sguardo i nomi delle vie che si rincorrono ai lati del motorino. So dove abita Veronique, un attico enorme in pieno centro, mi ha invitata lì un sacco di volte a "fare i compiti"; il che consisteva in me che li facevo per entrambe mentre lei guardava chissà quale programma su Disney Channel. Molto da amiche.
Ci fermiamo davanti al palazzo, ma dopo un attimo William sussulta e riparte, fermandosi molto più avanti. Senza darmi il tempo di reagire, mi tira per un braccio giù dal motorino, verso l'angolo della strada, e ci nascondiamo lì.
<< Si può sapere che ti è preso? >>
Lui mi fa segno di tacere e si sporge dall'angolo. Io, ovviamente, mi metto accanto a lui e faccio lo stesso: quello che vedo mi fa raggelare il sangue nelle vene. Davanti alla porta a vetri, dove un attimo prima non c'era nessuno, adesso stanno parlando tranquillamente due persone, che riconosco in meno di un attimo. Una è Julio - perchè me lo ritrovo ovunque? -, l'altra è una ragazza della mia stessa età, con i capelli rossi e ricci, un detestabile naso all'insù e una pelle diafana spruzzata di lentiggini all'altezza delle guancie: Veronique Black, la vittima del mio sesto desiderio. Lei sorride, è vicinissima al giovane uomo, ride candida, si sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio, in un ovvio tentativo di flirtare. Mi viene da vomitare.
<< È lei? >>
Il tono di William è cupo, e so che sta pensando ciò che sto pensando io. Annuisco.
<< Veronique Black. >>
Lui lentamente fa qualche passo indietro, voltandosi verso di me. Ha sul volto un'espressione arrabbiata e oscurata.
<< Forse si conoscevano già.. >>
Provo a distogliere le nostre menti da quello che abbiamo indovinato, ma non ci riesco granchè. William scuote la testa.
<< Non è possibile. Ho tenuto d'occhio mio fratello, so la sua rete di conoscenze >> Fa un respiro profondo. << E poi... No, è troppo strano per essere solo una coincidenza. >>
Stringo le mani a pugno, sporgendomi di nuovo. Adesso Julio è su una limousine nera - sì, una limousine - e Veronique lo saluta agitando la mano, illuminata in volto. Poi l'auto parte, e lei rientra nel palazzo.
<< Credo che il sesto desiderio sia saltato. >>
Prima che riesca a completare la frase, William mi prende per mano e si fionda dentro il palazzo. Veronique è già salita in ascensore, l'atrio è vuoto e silenzioso. La tensione che proviene dal ragazzo al mio fianco è tale che riesco a percepirla, come se potessi toccarla.
<< Will. Non credo sia una buona idea. >>
<< Io invece penso di sì. >>
Mi stringe forte la mano e preme il pulsante di chiamata dell'ascensore. Io mi mordo le labbra.
<< Pensi davvero che non sia un caso? >>
<< Sì. È già tanto che ci abbiano lasciato un giorno di pausa. >>
Entriamo in ascensore e io schiaccio il tasto del 23esimo piano. Abita lì, Veronique. Non parliamo durante la salita, stiamo entrambi muti, riflettendo su ciò che abbiamo visto. Cosa ha intenzione di fare Julio? E Alex e sua sorella? Anche loro c'entrano, sicuramente. Le parole di Alex risuonano ancora nella mia testa. Eppure, non capisco. Perchè vogliono così disperatamente tenere William lontano da me? Le porte si aprono, e sono costretta a cancellare i miei pensieri per concentrarmi sulla voce squillante di Veronique che riempie il corridoio.
<< Ci ho appena parlato, se ne è andato poco fa. Sì, mi ha detto tutto. È davvero un uomo meraviglioso, sai? Mi ha raccontato... Anche del suo, problema... La malattia. Non lo sapevi? Davvero? Vedi... >>
Non faccio in tempo a frenarmi, sono già fuori, allo scoperto, prima che possa sentirla. È appoggiata al muro, poco lontana, e sta parlando al cellulare. Le sue parole mi rimbombano in testa, forti, chiare, terribili.
<< ...Non gli resta nemmeno un anno di vita. >>


Angolo Autrice
È probabile che qualcuno sia arrabbiato perchè questo capitolo ci ha messo tantissimo ad uscire, quasi sicuramente c'è anche chi ha smesso di seguire la storia, ma beh, ricordatevi che io sono sempre qui e, appena posso, mi metto a scrivere. È questo il problema, appena posso. E in questi tempi non posso molto. Fortunatamente le vacanze di Natale si avvicinano - vedo la luce - e quindi magari sarò più svelta, anche perchè ho terminato compiti, interrogazioni eccetera.
Parliamo del capitolo. Non si ha molto, ma credo di più del capitolo precedente. Conosciamo un nuovo personaggio, Veronique Black. È un personaggio che amo molto, nonostante il modo in cui la presenti non sia certo positivo, e credo proprio che in futuro ci (mi) farà dannare abbastanza.
Spero però che almeno qualcuno impari ad amarla così come faccio io. Ho trascurato Alex e Victoria per un paio di capitoli, giusto per dar loro una piccola pausa, ma li farò ricomparire presto. Mooolto presto. Poi, poi, poi. I desideri, come vedete e vedrete, stanno passando in sottofondo, perchè questo è il ruolo che avevo per loro fin dall'inizio; spero che a nessuno dispiaccia troppo. Infine, spero che abbiate bene in mente tutti i personaggi che sono apparsi fino adesso, anche quelli che ci sono stati magari per un capitolo solo o in flashback/racconti, perchè saranno molto importanti. Non dico nulla sulla frase finale del capitolo, vi lascio a libera interpretazione, anche perchè ci sono delle cose che dovranno essere svelate solo più tardi. Beh, vi lascio con un piccolo spoiler del prossimo capitolo, visto che mi sento buona.

Spoiler dal prossimo capitolo:
"Tu non sai nulla di me. Pensi davvero di potermi giudicare? C'è chi mi definirebbe una persona eccezionale, per quello che sto facendo. Sto solo cercando di salvare tutti, di bloccare questo "Romeo e Giulietta" prima che si arrivi alla scena finale. Se davvero lo ami, non ostacolarmi, perché anche tra un solo giorno potrebbe essere troppo tardi."

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo Ventesimo - Confronto e Rivelazione ***


Non sono sicura di aver capito bene. Assolutamente, non credo di aver capito bene. Inanzitutto, dove mi trovo ora? L'ultima cosa che mi ricordo è il volto stupefatto di Veronique, poi un dolore alla testa e niente più. Adesso sono su un divanetto bianco, in un enorme salotto che mi appare familiare: ma certo, sono a casa di Veronique. Sopra di me c'è William, preoccupato e dispiaciuto.
<< Non capisco.. Cosa.. >>
<< Hai preso una bella botta in testa, Camilla. Come stai? >>
<< Male. >>
Mi metto seduta accanto a lui, e in un attimo metto a fuoco la figura di Veronique, il suo volto divertito e scocciato al tempo stesso. È seduta elegantemente davanti a noi, le gambe accavallate, e ci fissa, senza preoccuparsi di essere fastidiosa o invadente.
<< Sei spuntata dall'ascensore puntandomi, e la mia guardia del corpo ci ha messo meno di un attimo a stenderti. >>
<< La tua guardia del corpo? >>
Non ricordavo che Veronique avesse una guardia del corpo. Lei alza le spalle.
<< Sono tempi duri. >>
Il modo in cui lo dice mi dà l'irritante sensazione che mi stia prendendo in giro, ma non approfondisco. Adesso mi sono ricordata quello che è successo, le parole che ha detto al cellulare.
Mi volto verso William, che non ha aperto bocca e sembra non avere intenzione di farlo. Guarda fisso davanti a sè adesso, ed è stranamente pallido, il che mi fa pensare che non sapesse nulla sulla condizione del fratello. Oppure lo sapeva, ma non voleva che io ne venissi a conoscenza?
<< Allora, Camilla. Da quanto non ci si vede. Come mai qui? >>
Mi concentro nuovamente su Veronique, aggrottando le sopracciglia e rivolgendole uno sguardo infuocato.
<< Tu, piuttosto! Perchè stavi parlando con quell'uomo? >>
Lei alza le spalle, guardandomi con un'espressione da finta innocente.
<< Uomo? Quale uomo? >>
<< Jul.. Cioè, il fratello maggiore di William. >>
Il suo sguardo si posa su William, percorrendolo da capo a piedi.
<< E così sei tu William. >>
Sul suo volto si distende un sorrisetto, che non fa altro che aumentare il mio fastidio, già di per sè alto per il fatto che abbia ignorato la mia domanda.
<< Stai scatenando un bel putiferio, lo sai.. >>
William drighigna i denti, ma sta zitto. Io decido di intervenire, chiedendole nuovamente la stessa cosa.
<< Perchè stavi parlando con Julio? Che c'entri tu in tutto questo? >>
<< Che c'entro io? Oh, beh, fino a un'oretta fa non c'entravo assolutamente nulla. Ma poi... Si sono create delle.. Situazioni... >>
<< Che genere di situazioni? >>
Lei alza lo sguardo su di me, rivelandomi un'espressione gelida.
<< Non vedo perchè dovrei dirtelo. >>
Restiamo per un po' in silenzio, fino a quando Veronique non si alza in piedi.
<< Questo ragazzo mi ha causato già abbastanza fastidi. Non voglio averlo qui. >>
La guardo allibita e faccio per dire qualcosa, ma la mano di William su la mia spalla mi ferma. Lui è accanto a me, poi mi passa davanti fino ad arrivare alla porta. La apre e esce in corridoio, tranquillamente. Vorrei raggiungerlo subito, ma prima di seguirlo mi rivolgo a Veronique.
<< Ero solo venuta a dirti che sei una persona orribile, e a quanto pare non sei cambiata per niente. >>
Mi sorride.
<< A volte occorre essere orribili. Se si è gentili con tutti, se si aiuta tutti, senza scegliere da che parte stare, alla fine ci si ritrova da soli. E nessuno vuole rimanere da solo, nemmeno io. >>

Non so che ore siano. Potrebbe essere mezzanotte, forse è più tardi, non mi interessa. Il silenzio della notte ha qualcosa di affascinante. Mi tranquillizza. Mia madre non è tornata stanotte. E nemmeno ieri notte. Non dorme a casa da tanti giorni, non la vedo da quella volta sul pianerottolo. Non è che mi manchi o chissà che. Mi chiedo solo che significhi avere una madre che fa la madre. Che stia a casa quando torni da scuola. Che ti prepari la cena. Che guardi la televisione con te, ridendo con te per le battute sciocche di qualche film di seconda categoria. Ma quando sento il rumore della porta che cigola e che si apre, capisco che è meglio non averla qui: perchè nonostante tutto, voglio bene a mia madre, e non voglio coinvolgerla in quello che sta succedendo. Mi alzo e mi dirigo in sala, già sapendo cosa troverò. Victoria è seduta su una poltroncina, si rigira tra le mani una fotografia. La riconosco subito: siamo io, mia madre e mio padre, uno dei nostri pochi momenti felici; ricordo che Victoria si era soffermata proprio su quella foto, la prima volta che era "venuta a farmi visita".
<< Chi sono? >>
<< Io e i miei genitori. È stata scattata tanti anni fa. >>
<< Sembrate felici. >>
<< È stata scattata tanti anni fa. Te l'ho detto. >>
Lei la rimette a posto e finalmente mi guarda. Stavolta non indossa nessuna tutina nera; solo un vestito leggero, e ha le spalle coperte da una giacca di pelle. Mi siedo davanti a lei, sbadigliando.
<< Mi stavi aspettando. Cosa hai da dirmi di così importante? Domani ho scuola. >>
Lei ignora la mia domanda. Non sono più di tanto irritata da questo, sembra essere il passatempo preferito di tutte le persone che mi stanno intorno, in questi giorni.
<< Dove sono adesso i tuoi genitori? >>
Mi mordo il labbro, consapevole che ci stiamo addentrando in una zona proibita per me. Spero cambi discorso, ma sembra davvero interessata alla mia risposta.
<< Mio padre non lo so. Mia madre... Beh, in realtà non so nemmeno questo. >>
<< I miei sono lontano, ma anche da laggiù riescono a rendere la vita complicata a me e mio fratello. Incredibile. >>
<< Perchè sei qui, Victoria? >>
Lei sorride. I suoi occhi azzurri scivolano lungo il mio corpo, e quando incontrano i miei, socchiude le palpebre.
<< Non sei stufa di giocare, Camilla? Io sì. >>
<< Il gioco è appena iniziato. Vi stancate facilmente. >>
<< Ti sbagli. Stiamo continuando questa sceneggiata da ben prima che tu ne estrassi a far parte. >>
<< Se continuate a parlare in questo modo, io non capirò mai nulla. Se non sbaglio, volete che mi metta da parte, giusto? Che mi levi dalle scatole. Datemene un motivo. Voglio dire, se non so in cosa mi sto addentrando, come posso darvi una mano? >>
Victoria affila lo sguardo, si morde il labbro. Per la prima volta mi sembra in difficoltà. Dopo qualche minuto, si alza dalla poltrona e inizia a vagare per la stanza.
<< Tu sai già tutta la storia della parentela tra noi e William, giusto? >>
Non posso crederci. Vuole veramente parlare. Mi iniziano a tremare le mani.
<< Sì. Molto in generale, ma la so. >>
<< Capisco. Opera di mio fratello, immagino. Bene... Non credo ci sia altra scelta che parlarti di Julio, allora. >>
Si risiede, sospirando e torturandosi le mani e le labbra.
<< Una decina di anni fa successe qualcosa alla famiglia Harstrong. Al tempo William aveva 8 anni, Julio 14. Noi eravamo ancora in Inghilterra, la notizia ci giunse solo più tardi.. >>
<< Cosa successe? >>
Victoria sospira, si passa la mano sul viso.
<< Riguardava Anne, la madre di Julio e William. Lei era sempre stata cagionevole di salute. Una sera si sentì male, la vennero a prendere con un'ambulanza per portarla in ospedale. Ma durante il tragitto, un'auto andò a schiantarsi contro quell'ambulanza. Anne morì sul colpo. Successe un disastro. Anne non era solo un'attrice, era una donna nobile, erede di un'enorme patrimonio. In molti iniziarono a pensare che quell'incidente non fosse stato così causale. Questo provocò molti problemi, che andarono a pesare su William e Julio: loro padre impazzì e si rinchiuse in casa. Quei due fratelli... Erano troppo giovani per affrontare tutto. Si erano sempre voluti bene, ma dopo quell'avvenimento si separarono. Compiuti i 14 anni, William fuggì. >>
Victoria si ferma, recupera fiato, e così devo fare io. E così, è questo quello che è successo? Ma ancora non capisco...
<< Perchè.. Non mi pare poi qualcosa di così grave.. Voglio dire, è orribile quello che è successo, ma.. >>
Victoria mi guarda.
<< Julio... Assomiglia davvero molto alla madre. Ha preso tutto da lei. Anche la salute, purtroppo. >>
Si appoggia alla poltrona, come se ogni parola fosse stancante da pronunciare.
<< Non gli resta molto. Potrebbe morire da un momento all'altro. Se succedesse, l'eredità andrebbe a William, così come tutti i problemi e le pressioni della sua famiglia. E William non ha mai voluto una cosa del genere. Per questo è sempre scappato, di città in città, di casa in casa. È incredibile quanto sia furbo quel ragazzo. Stavolta pensavamo davvero di averlo perso, ma ecco che salti fuori tu e... >>
<< Se lo avete trovato, perchè non lo riportate a casa? >>
Victoria sussulta, e capisce di essersi scoperta troppo. Quella domanda mi assilla la mente. E se... << È vero quello che ti ha detto Alex, Camilla. Il capofamiglia ci ha telefonati, e ci ha chiesto un favore. In cambio, avremmo avuto quella dannatissima parte di eredità. Stiamo solo cercando di adempiere al nostro compito. >>
<< Che compito... >>
Lei scatta in piedi, verso di me, mi inchioda alla poltrona. Il suo sguardo è ghiaccio e fuoco allo stesso tempo, scava nei miei occhi, in preda ad una furia feroce.
<< Adesso basta, sono stanca di rispondere alle tue domande. Perchè non capisci? Sto cercando di salvarti! >>
<< Volete tenermi lontana da William! Io lo amo! Non permetterò ad una persona orribile come te di prendersi l'unica cosa che mi rende felice! >>
Victoria affila lo sguardo ancora di più, le sue unghie graffiano i braccioli della poltrona. << Tu non sai nulla di me! Pensi davvero di potermi giudicare? C'è chi mi definirebbe una persona eccezionale, per quello che sto facendo. Sto solo cercando di salvare tutti, di bloccare questo "Romeo e Giulietta" prima che si arrivi alla scena finale. Se davvero lo ami, non ostacolarmi, perché anche tra un solo giorno potrebbe essere troppo tardi! >> Tutta d'un tratto sembra calmarsi, si sgonfia. Ma i suoi occhi sono ancora fissi nei miei.
<< Ti dirò tutto ciò che c'è da sapere. Ma in cambio, dovrai dimenticarti di William. >>
Il gelo mi invade. Non la voglio più qui. Non voglio che mi dica niente. Non voglio sapere nulla su Anne, Alex o Julio. Voglio solo andarmene. Voglio che se ne vada. Voglio, voglio, voglio.
Ma so che lei non mi lascerà andare senza che io le abbia dato una risposta. Allungo lo sguardo oltre la sua spalla. La porta è solo socchiusa. Ma riuscirò a raggiungerla? Improbabile, lei è molto più veloce di me. Mi accascio sulla poltrona. Sento le labbra tremare, mentre le apro per risponderle.
<< Io... >>

Angolo Autrice
Ma ciao! <3
Scrivere questo capitolo è stato un pò più difficile che scrivere gli altri, stranamente. Io ho già tutta la storia in mente, esattamente, dall'inizio alla fine, ma riportarla su carta (o su pc, in questo caso) è straordinariamente complicato. Beh, in ogni caso, dopo un pò - tanto - tempo, sono qui, e ci sono riuscita. Vediamo che le domande iniziano ad avere delle risposte, che la storia di William e Julio sta iniziando a saltare fuori, anche se non completamente. Forse i lettori più attenti avranno notato che qualcosa non corrisponde, ma non preoccupatevi, anche se questo non è successo se ne parlerà più avanti. Mi sono messa un pò a riflettere sulla lunghezza della storia, e ho notato che siamo già al capitolo 20, e nemmeno a metà storia. Ahi ahi, credo di dover avvelocizzare il tutto.
Beh, questo è quanto. Spero che il capitolo vi sia piaciuto (nonostante tutto, mi è piaciuto molto scriverlo) e spero anche che qualcuno mi lasci una recensione, anche piccina piccina. Amo leggere e sapere le vostre opinioni, o anche rispondere alle vostre domande. Io sono qui che aspetto :)
Stavolta niente citazioni dal prossimo capitolo, solo un piccolo spoiler: ci sarà una scena abbastanza... Intima (?). Non so se poterla definire così. So solo che, probabilmente, i piccoli pervertiti (:3) ne saranno felici B)
Adesso chiudo davvero.
Alla prossima <3

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1933852