Conoscere se stessi

di Yoan Seiyryu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Complicità ***
Capitolo 2: *** Lady Vanessa ***
Capitolo 3: *** Fiori ***
Capitolo 4: *** Lacrime di pioggia ***
Capitolo 5: *** Corpi esanimi ***
Capitolo 6: *** Speranze ***
Capitolo 7: *** Il Principe della Gioventù ***



Capitolo 1
*** Complicità ***



Ispirata all'episodio 1x07 
 

 

Fanfiction dedicata a Eagleflea. 


 

Complicità




Le braccia tese verso l’alto, le gambe che ricordavano la stasi delle statue greche e il chiasmo che imprimeva la sua figura le costavano molta fatica.
Mantenere lo sguardo alto e assumere  un’espressione eterea non era del tutto facile, soprattutto nei momenti in cui Botticelli le raccontava qualcosa che la faceva ridere.
Come ogni volta, Verrocchio li riprendeva battendo tra loro le mani colme di polvere di marmo, non erano quelli i momenti per trarre divertimento.
Dovevano lavorare, lavorare e terminare le opere iniziate da tempo.
Eppure fare la modella per Botticelli e per tutti gli altri artisti della bottega non era stata la medesima cosa che esserlo per Leonardo.
No, i suoi schizzi veloci e particolareggiati erano riusciti a carpire la sua stessa anima, racchiudendo nei suoi occhi tutto ciò che era stata e tutto ciò che era in grado di diventare.
Tutti gli altri ritraevano semplicemente la sua bellezza, le sue forme morbide e i capelli lunghi intrecciati come quelli di una Ninfa.
Leonardo aveva fatto molto di più, le aveva rubato una parte di sé che nessuno era stato in grado di conoscere.
Vanessa era una giovane donna che aveva appena iniziato a conoscere il mondo, abbandonando una vita che sarebbe stata consacrata a Dio e a tutte le virtù più sacre ed immani.
Le era bastato conoscere un’altra parte del mondo per comprendere che la sua vita non poteva abbracciare soltanto preghiere e rosari, una vita fatta di monotonia e di giorni che si susseguivano l’uno più simile all’altro.
Aveva assaporato la libertà di scegliere ciò che era meglio per se stessa, compiendo alcuni errori irrimediabili, ma aveva tratto uno spunto per imparare di più sulla vita.
Le era bastato poco per maturare, in fretta si era costruita una carriera da modella e lavorare alla taverna le garantiva una vita tranquilla e senza affanni.
Ogni sera, tornando nella sua camera, era soddisfatta della propria giornata e riuscire a vivere accanto ad un artista come Leonardo le riempiva il cuore di gioia.
Eppure, nonostante quella forza che si riscontrava all’interno dei suoi occhi, sapeva di avere un vuoto incolmabile da portare dietro.
Era stata innamorata di Leonardo?
Ma certo, che sciocchezze.
Lui le aveva regalato dei sogni. Le aveva dato la possibilità di vivere davvero, di costruirsi una famiglia che andava al di là del sangue, di ottenere una libertà che altrimenti non avrebbe avuto.
Ma lui non l’amava, così come non amava nessun altro.
Il sodomita, lo chiamava Zoroastro. A quel pensiero scoppiò a ridere grandemente, coprendosi il viso con la mano bianca.

-Vanessa!- un’altra volta Verrocchio la rimproverò, portando le mani ai fianchi. Un gesto che faceva sempre quando era adirato con i suoi allievi e con le modelle che civettavano continuamente con loro.

-Perdonatemi Maestro, per oggi temo di dover andare. Tornerò qui domani pomeriggio- scese dal piedistallo prima di correre verso di lui a depositare un bacio sulla sua guancia, per poi afferrare l’abito a fiori e indossarlo in tutta fretta.

-Leonardo viene ancora a trovarti?- le domandò arricciando il naso, comportandosi come un padre benevolo verso tutti i suoi figli. Vanessa  ormai era diventata molto più di una semplice modella, tra tutte, era quella che riusciva ad essere più spontanea e naturale.

Vanessa si strinse nelle spalle, scuotendo leggermente il capo, facendo muovere appena le trecce che erano state sistemata in una acconciatura ben studiata.

-Se così fosse non sarei qui a farmi ritrarre tutto il giorno- scherzò prima di allontanarsi ed uscire dalla bottega del Maestro.

Era stato Leonardo a renderla una donna, facendola emergere da quella purezza che aveva preservato per così tanti anni. Grazie a lui aveva avuto la possibilità di conoscere la vera essenza femminile, preservandola immediatamente dopo il suo allontanamento.
Mentre camminava per i vicoli di Firenze si accorse che in lontananza si muoveva la figura di Giuliano De’ Medici, il fratello stolto, come lo chiamava Leonardo.
Le labbra si riempirono di un sorriso lieto, come un fiore appena sbocciato, come un frutto maturato dopo un lungo inverno.

-Giuliano!- lo richiamò alzando una mano in alto per potersi far riconoscere.

Quest’ultimo stava camminando al fianco di Bertino, uno dei suoi uomini, non appena la scorse ebbe la stessa reazione: quella di mostrare il medesimo sorriso primaverile.
-La Perla di Firenze- disse il giovane Medici mentre si avvicinava, spostando indietro la lunga cappa per poter scoprire il braccio e tenderlo verso di lei per afferrarle la mano e sfiorarla con le labbra.

-Nessuno mi tratta mai come una Signora, finirò per abituarmi a tutte queste attenzioni e quando non ne riceverò più ne sentirò la mancanza- lo lasciò fare, lusingata in ogni caso da quel gesto così nobile e rispettoso.
Leonardo non la trattava di certo come una dama, piuttosto era diventata come una sorella, una amica, una confidente di cui poteva fidarsi.
Tutta la complicità iniziale con lui era andata perduta, trasformandosi in simpatia e piccole confidenze rubate dietro ad un boccale di sidro insieme a Zoroastro e Nico.

-Sono solito perseverare nei miei intenti, non lascio mai niente di incompiuto- le lasciò delicatamente la mano, sfiorandone le dita fino all’ultimo istante, come se volesse conservarla ancora e tenerla stretta alla propria.

Vanessa sorrise di sottecchi, non era completamente convinta delle parole che le venivano rivolte.
Dopo quella sera in cui gli lasciò quel lieve bacio sulle labbra non vi era stato più nessun confronto tra loro.
Ne era irrimediabilmente attratta, non c’era dubbio, probabilmente però non ne era innamorata.
In fondo non poteva innamorarsi così facilmente di due uomini in poco tempo, aveva idea che dovesse trascorrere un arco temporale più lungo per dimenticare un amore che era ancora concentrato nel suo cuore.
Ma con tutta probabilità non era in grado di distinguere l’ammirazione dall’amore, conferendo ai suoi recenti sentimenti un valore più grande di quanto in realtà fossero.

-Giuliano De’ Medici, il fratello affascinante e bello, ricercato da tutte le Dame di Firenze si ferma a conversare con una locandiera. Dovrei ritenermi fortunata, non a tutte è concessa una sorte così amabile- continuava a sorridergli, mentre si riappropriava della propria mano.

Lui la guardò conservando gli occhi scuri e profondi in quelli di lei, come se volessero ricercare una verità che non riusciva a cogliere.
Quando gli confidò che non aveva alcun tipo di legame con Leonardo che andasse oltre il rispetto fraterno quasi non la prese in parola. Come poteva l’artista farsi sfuggire una donna simile? Gli era del tutto incomprensibile, eppure una parte di sé non riusciva a non esultare e a fremere dalla felicità per quella lieta notizia.
Bertino si intromisi nello scambio di battute, schiarendo la voce di modo che entrambi potessero ascoltarlo.
Giuliano alzò gli occhi al cielo, ma sembrava non avere scelta.

-La fortuna è un punto di vista, cara Vanessa- lanciò uno sguardo in tralice al compagno, prima di chinare appena il capo –temo sia arrivato il momento di lasciarvi alla vostra passeggiata, ho un impegno molto importante e non posso rimandarlo ancora. Ci sarete domani mattina alla messa domenicale?- domandò quasi con un filo di voce, come se pendesse dalle sue labbra, in attesa di una risposta che doveva essere positiva.

-Come ogni domenica, Giuliano. Vi lascio immediatamente ai vostri affari- appoggiò una mano sul suo braccio, sollevando di poco il mento per poterlo guardare negli occhi –sono certa che riuscirete a farvi strada per scoprire chi è stato ad incastrare Gentile Becchi- gli sorrise di nuovo, mostrando ancora la primavera sul suo viso, come una dea che era pronta ad annunciare l’arrivo della bella stagione.
-A domani- sussurrò infine prima di allontanarsi e rivolgergli un ultimo sguardo ammiccante.
Domani sarebbe arrivato molto in fretta, la notte non avrebbe lasciato spazio ad altri pensieri.

Giuliano era così diverso da Leonardo, l’uno aveva il fascino del conquistatore che tutte le donne amavano, l’altro di quello che lasciava un solco nel cuore di ogni amante.
Vanessa si morse le labbra rovinosamente, le avrebbe fatte sanguinare solo per il gusto di conoscere qualcosa di più forte, che andava oltre la passione stessa.





///////

 
 
 
Non riusciva a credere alle proprie orecchie. Giuliano, un Medici, avrebbe dovuto prendere in moglie Camilla Pazzi. Che cosa era saltato in mente a quel manipolatore di Lorenzo e alla sua moglie fredda e calcolatrice?
Era riuscito a mantenere la calma di fronte a Lorenzo, scambiando quelle poche battute che chiarirono la sua solita posizione di fratello minore: un dono offerto a Firenze, un sacrificio che avrebbe risolto la storica faida tra la famiglia Medici e i Pazzi.
Sciocchezze, un matrimonio non avrebbe mai potuto mettere fine ad una lotta intestina che si svolgeva da così tanto tempo.
Per una volta maledisse se stesso di essere un Medici, di essere il fratello minore, di non poter incarnare un uomo libero da ogni vincolo.
Eppure non poteva rinunciare a se stesso, a ciò che era diventato e a ciò che stava cercando di portare avanti.
Rinunciare a tutta la sua storia voleva dire rinnegare la fatica che continuava a portare avanti per dimostrare a Firenze che lui non era soltanto l’ombra del Magnifico, ma che valeva molto più di un dono offerto ad una famiglia nemica.
Vivere al fianco di Lorenzo non era mai stato facile, soprattutto scomparire tutte le volte che gli stava accanto.
Persino l’infatuazione giovanile che si era preso per Clarice Orsini era stata messa da parte, compiendo un grande sforzo di volontà.
Non aveva ascoltato nemmeno una parola di quello che era stato pronunciato durante la messa, di certo si trattava di un interminabile sermone sul comportamento ligio che i fiorentini avrebbero dovuto tenere in un periodo in cui la scelleratezza stava prendendo sempre più piede.
Quando finalmente il parroco prosciolse i fedeli, potette accorrere all’esterno della chiesa per andare incontro alla persona che aveva atteso di incontrare dal giorno prima.
Avrebbe voluto confidarle quel segreto che teneva segregato sulla punta della lingua, le labbra avrebbero voluto dar voce a tutto se stesso e per una volta confidare ciò che sentiva di dover dire.
Lasciò suo fratello e sua moglie alle false moine dei Pazzi, lusingando di tanto in tanto Camilla, prima di fuggire da tutte quelle ombre politiche da cui voleva allontanarsi.
Gli occhi di Vanessa lo richiamavano come una calamita, perché dunque astenersi dall’avvicinarsene?
Eccolo, eccolo di nuovo quel sorriso che spuntava con così tanta spontaneità, mentre copriva la loro distanza con i passi che si fecero più fitti, finchè non riuscì a raggiungerla attraversando la mischia dei fedeli che si riunivano dopo la messa.

-Mi concedete l'avventatezza di affermare che le ceneri vi rendono affascinante, Giuliano?- sorrise lei mentre usciva dalla folla che iniziava a disperdersi. Si riferiva a quella che il parroco aveva segnato sulla fronte.

Lui alzò gli occhi, come a volerla ricercare, ma ovviamente non poteva arrivare ad apprenderla come poteva farlo lei.
-Ho quasi idea che vi stiate prendendo gioco di me, non è forse così? Ma amo la sfrontatezza nelle donne- rispose quasi felice di essere schernito da una voce così angelica –Siete fortunata, non posso specchiarmi e non ho idea di quale possa essere il mio attuale aspetto-.

Vanessa parve fingere di essere stizzita mentre socchiudeva le palpebre e inclinava in basso le sopracciglia.
-Dalle mie labbra non udirete mai un complimento che non sia sincero, né una critica che non sia velenosa. Non ho timore di esprimere la mia opinione-.

Quasi Giuliano non scoppiò a ridere, di una risata leggera e piena di vita. Quella giovane donna riusciva sempre ad alleggerirgli l’animo, soprattutto quando si trovava in una situazione in cui doveva sopportare pesi sulle spalle che non desiderava possedere.

-Allora farò di voi il mio specchio, la mia immagine riflessa. Mi guiderete lì dove i miei occhi non potranno vedere, lì dove i miei passi saranno troppo corti per poter arrivare- sussurrò quelle parole accompagnate da un’enfasi improvvisa, come se volesse mostrarle tutto ciò che si smuoveva dentro di sé.

-Siete troppo fiducioso nelle abilità di una donna, solitamente le immagini che essa ripropone è più simile a ciò che conserva nel cuore. Non riceverete mai nulla che sia completamente distaccato da una donna, potete davvero fidarvi di qualcuno che parla soltanto con la voce del proprio cuore?- la domandava posta sembrava essere molto più seria di quanto non volesse sopraggiungere.

Giuliano si inumidì le labbra, arricciando appena il naso e appoggiando le mani sulla cinta di cuoio che percorreva tutta la vita.
-Una donna che non mente a se stessa non potrà mai dare consigli errati. Ed io ho bisogno del vostro, Vanessa-.

La sua voce si era spenta, come una stella che aveva raggiunto l’apice della propria vita.
Tutta la forza che aveva accumulato in quel periodo di ricerca della spia di Roma, che lo aveva reso molto più maturo di quanto non fosse mai stato, iniziava a perdersi nell’idea di dover sottostare al volere di Lorenzo e di Clarice.

Per un attimo avrebbe desiderato prendere in mano la situazione, provare a far emergere la sua vera essenza e dimostrare a Firenze a tutti coloro che gli stavano intorno che Giuliano De’ Medici non era un’ombra, ma un uomo vero, un uomo fatto di carne e sangue, non soltanto un ideale.

Vanessa rimase a lungo in silenzio, prima di volgere uno sguardo fugace alla famiglia Medici che intratteneva una fitta conversazione con i Pazzi, come se fossero stati loro amici da secoli.
Non riuscì a comprendere se le parole di Giuliano potessero riferirsi ad un avvenimento legato a loro, ma non poteva rifiutare di ascoltarlo.

-Ebbene, sono a vostra disposizione. Siamo amici, potete confidarmi qualunque cosa desideriate. Vi prometto che sarò discreta- sorrise nella speranza di metterlo a proprio agio.

-Preferirei altrove, a breve dovrò raggiungere Bertino e questo non è il luogo adatto per discuterne- avvertiva eccessivamente la presenza di Lorenzo e dei Pazzi, non si sentiva libero di fare confidenze di alcun tipo.

-Allora venite a trovarmi questa sera alla taverna, troveremo un momento adatto per le vostre confidenze-.

Non ebbe nemmeno il tempo di ringraziare la sua disponibilità che Lorenzo lo richiamò affinchè potesse avvicinarsi a lui e a Francesco Pazzi, con cui si stava concordando il luogo in cui sarebbe avvenuta l’unione delle due famiglie.
Con rammarico dovette lasciare Vanessa, dopo un inchino e pochi sguardi che volevano dire molto più di quanto non avrebbe desiderato far capire, tornò ad incarnare il Giuliano che avrebbe obbedito a qualunque ordine provenisse dalla propria famiglia.
Nemmeno una parola di Lorenzo o di Francesco Pazzi giunse alle sue orecchie, totalmente in balia degli eventi e di ciò che gli altri volessero che facesse. 









//Nda: 

Salve a tutti! 
Ho deciso di scrivere questa fanfiction dopo aver visto la puntata 1x07 in cui emerge come coppia la Giuliano/Vanessa per cui ho tifato sin dall'inizio. 
Si tratterà di una stesura di pochi capitoli in cui verrà riproposto il loro incontro. All'inizio avevo in mente una one-shot, ma volevo dare un'opportunità più lunga all'introspezione dei due personaggi. 
Spero possa piacervi, 

Yoan
 

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Capitolo 2
*** Lady Vanessa ***



Lady Vanessa








Clarice Orsini entrò all’interno dello studio di Giuliano, sulla cui scrivania erano depositati libri aperti o socchiusi, da segnalibro fungeva ogni tipo di oggetto: dai fermacarte agli stiletti, dai nastri di tessuto ai lunghi fogli infilati orizzontalmente tra le pagine.
Gli occhi azzurri e freddi si soffermarono con rinnovato stupore sulla figura del cognato, intento a trascrivere su un taccuino le informazioni di cui era alla ricerca.
Teneva tra le mani il bicchiere riempito di quella sostanza che avrebbe dovuto aiutarla a generare un figlio maschio, l’odore che emanava era così fastidioso e forte che Giuliano si accorse della sua presenza soltanto grazie ad esso.

-Il vostro incedere è sempre così discreto da non destare alcun rumore- sollevò lo sguardo Giuliano, continuando a sorreggere il taccuino.

-Una donna sa quando è meglio rimanere da parte, una buona moglie emerge dalla sua ombra solo quando le viene richiesto- rispose appoggiando il palmo della mano sulla scrivania, prima di sollevarlo quel tanto che bastava per farlo sfiorare in ultimo soltanto con l’indice.

-Siete la Signora di Firenze, non avete bisogno di nascondervi. Qui le donne hanno una libertà meno parziale, inoltre Lorenzo è troppo preso dai suoi affari per potersi accorgere del vostro potenziale politico- riabbassò immediatamente gli occhi, si leggeva perfettamente nelle sue parole come  non avesse affatto gradito il venire a conoscenza che l’idea del matrimonio appartenesse proprio a lei.

-Siete ancora adirato con me, Giuliano. Non riuscite a nascondere il rammarico che provate nei miei confronti- si inumidì le labbra, iniziando a trascinare con leggerezza l’indice della mano lungo tutta la scrivania, per poi fermarsi all’angolo estremo.

-Come potrebbe essere diversamente?-  ancora una volta fu costretto ad abbandonare la concentrazione verso le nuove informazioni. Chiuse il taccuino, sapendo che non avrebbe avuto altra scelta: quando Clarice imponeva la sua presenza non vi era modo di sfuggirne.

-Sapete bene che avevamo bisogno di raggiungere un accordo con la famiglia Pazzi, nessuno vale più di un matrimonio per mettere pace a questa faida- teneva il calice stretto tra le dita, con una delicatezza femminile e quasi sensuale.

Giuliano scoppiò a ridere quasi simultaneamente alla risposta della cognata, battendo i palmi delle mani sulla scrivania.
-Le stesse parole che ha usato Lorenzo, a volte mi chiedo chi sia dei due ad essere l’uomo della famiglia- sputò quelle parole con rabbia, stava permettendo ad entrambi di appropriarsi di scelte che dovevano essere soltanto sue.

-Siete un Medici, è vostro dovere andare incontro a delle nozze che non desiderate, ma che convengono alla famiglia. Io e Lorenzo non ci siamo sposati per volontà propria, abbiamo affrontato ciò che è stato scelto per noi- si strinse nelle spalle riprendendo a far scorrere l’indice sulla superficie lignea fino ad arrivargli accanto, appoggiando di nuovo tutto il palmo della mano.

-Sono sempre stato il secondo dei Medici, nulla di più che uno strumento da utilizzare al servizio di chiunque- ironizzò mentre si alzava in piedi, per prendere le distanze da lei. Troppo spesso la sua vicinanza gli era sembrata eccessiva e ancora troppo spesso desiderava allontanarsene.
Non avrebbe mai potuto tradire suo fratello, né compiere atti riprovevoli. Nonostante i suoi istinti a volte fossero incontrollabili, teneva alla sua famiglia e a ciò che essa rappresentava per Firenze.
Per questo aveva accettato il matrimonio senza scatenare disordini, era un compromesso che lui stesso sapeva che sarebbe servito se i Pazzi fossero stati sinceramente disposti ad un unione simile.

-Vi sentirete come un agnello sacrificale dato in pasto ai lupi, ma so perfettamente quel che faccio Giuliano. Sarete voi il lupo in un gregge di pecore- rispose Clarice compiendo un ultimo passo, fino ad arrivargli di fronte e alzando leggermente il mento per poter incontrare meglio il suo sguardo.

-Definire la famiglia Pazzi come un gregge di pecore equivale a peccare di leggerezza. Sono iene travestite da pecore, certe maschere non portano mai a nulla di buono- sussurrò stringendo il pugno della mano con vigore, continuare quella conversazione non gli permetteva di ragionare e le emozioni stavano prendendo il sopravvento.

Clarice sorrise all’angolo delle labbra, come a volerlo schernire. Era davvero soltanto il fratello affascinante che tutta Firenze amava, niente di più?
Scrollò le spalle prima di avvicinare una mano al suo viso, sfiorandolo con leggerezza ed esitando con le punte delle dita sulla guancia, come a volerla catturare ed imprigionare.
-Ci renderai fieri, non rimarrai all’ombra di Lorenzo per sempre-.

Giuliano sussultò per qualche istante, ma rimase immobile ad osservarla senza tradire nessuna emozione.
Era avventato, incosciente molte volte e non si soffermava a ragionare sulla conseguenza delle proprie azioni.
Clarice coprì ancora una volta la distanza sollevandosi sulle punte dei piedi per potergli sfiorare la fronte con un bacio, aiutandosi con la mano per sospingere il viso verso di lei.

-Siete riuscito a trovare qualche nuova informazione che possa scagionare l’anima di Gentile Becchi?- quel momento fu interrotto dalle sue ultime parole, nel momento in cui abbandonò la presa su di lui e lo aggirò per allontanarsi lentamente verso l’uscita dello studio. Si voltò soltanto alla fine, per ascoltare la sua risposta.

-Mi trovo molto vicino ad una soluzione, sono certo della sua innocenza e non mi fermerò finchè non sarò venuto a capo di tutto questo. Becchi è stato incastrato, non ho mai dubitato di lui- disse una volta ripreso da quell’attimo in cui si era perduto nelle sue fantasticherie.
Clarice era a conoscenza della passata debolezza che Giuliano aveva nei suoi confronti e molto spesso ne approfittava, altre volte sembrava che volesse prendersi gioco di lui.

-Temo che siate l’unico a crederlo ancora, ma confido in voi Giuliano- sorrise prima di sollevare appena il calice in alto, per poi salutarlo ed uscire dalla stanza così come vi era entrata, producendo il minimo rumore.

 


~*~*~


 

 
Vanessa lo vide entrare all’interno della taverna, consumato da occhiaie profonde e l’incarnato reso ancora più pallido dalle fioche luci delle candele.
Stava terminando di strofinare alcuni piatti asciutti prima di poterli riutilizzare per portarli ai tavoli degli astanti, un mezzo sorriso comparve sulle labbra, le aveva detto che doveva confidarle una questione di cui non poteva parlare davanti a tutti.
Aveva forse trovato delle informazioni per venire a capo della morte di Becchi? In tal caso, non avrebbe avuto molto senso confidarlo a lei.
In fondo non rientrava nelle sue competenze o nei suoi doveri ascoltare nulla di simile.
Lo vide sedersi ad un tavolo, poco lontano dal bancone, aveva l’aria affranta e per nulla incline alla conversazione o alla risata.
Si domandò quali pensieri potessero affliggerlo, ma la curiosità che possedeva non sconfinava così tanto da volerlo sapere a tutti i costi.
Non avrebbe mai avuto nulla da lui se non un tipo di compagnia piacevole, di tanto in tanto. Era una novizia deflorata, aspirare a qualcosa di più alto voleva dire illudersi di poter ascendere su una scala che non era all’altezza della sua misura.
Troppo bassa per potervi salire, troppo fragile per poterne far parte.
Preparò un boccale di sidro e glielo lasciò sul tavolo, sfiorandogli il braccio per poterlo risvegliare da quella veglia distratta.

-Pensieri poco piacevoli affollano la mente di Giuliano De’ Medici?- appoggiò una mano sullo schienale della sedie, coprendogli parte della visuale con tutta la sua figura.

-Ultimamente ho dimenticato quanto fosse divertente non averne- rispose prima di ringraziarla con un sorriso per il boccale che gli aveva portato.

-Non è un bene porvi al centro dell’attenzione così spesso, finirete per dimenticarvi che esiste un mondo fuori di voi e che non tutti sono nati per giudicarvi- gli lasciò un bacio sulla guancia, prima di allontanarsi per tornare al bancone dove altri clienti desideravano essere serviti.

La leggerezza del suo comportamento era determinata dal naturale modo di comportarsi che aveva acquistato rimanendo accanto a Leonardo.
Lui le aveva insegnato molto più di quanto non volesse ammettere, ma l’idea di esser stata solo un fiore di passaggio nella sua vita ancora non le entrava in testa.
Di tanto in tanto lanciava uno sguardo di sottecchi a Giuliano, che trangugiava il sidro con calma serafica, per poi aprire il taccuino che portava sempre con sé per annotare qualunque cosa gli passasse per la testa.
Sorrise nel vederlo così preso dai suoi impegni, quasi se ne sentiva soddisfatta.
Per tutta la sera non ebbero modo di parlare, i clienti erano molti e gli unici momenti in cui riuscivano a scambiare qualche battuta erano quelli in cui Vanessa gli portava altro sidro, altri boccali, mentre lui diventava sempre più inconsapevole di sé.
Ormai si era fatto tardi, la taverna era diventata meno affollata e gli ultimi rimasti si erano addormentati sui tavoli, quasi come ogni sera.
Vanessa andò a svegliarli uno ad uno, per poterli mandare via.

-Ci credete se vi dico che mio fratello ha deciso che dovrò sposarmi- sussurrò Giuliano mentre ingoiava ancora altro sidro, ormai nella testa non aveva che pensieri confusi e distorti, iniziava persino a vedere offuscato davanti a sé.
-Con Camilla Pazzi-.

Vanessa udì le sue parole, ma non rispose. Nemmeno lo guardò, quando riuscì a far alzare l’ultimo cliente che continuava a dormire imperterrito.
Una volta che riuscì a sistemare i piatti ed i boccali usati e a strofinarsi le mani su un panno usato, catalizzò tutta l’attenzione su di lui.

-E’ tardi ormai, dovete andare a dormire anche voi- sussurrò.
In fondo aveva compreso che cosa avesse voluto dirle, ma non era un segreto per nessuno, a Firenze non si parlava d’altro in quei giorni. Si aspettava che non sarebbe venuta a saperlo?


Giuliano sollevò gli occhi su di lei, cercando di metterne a fuoco l’immagine con un certo sforzo.
-E se per una notte io decidessi di fare del tuo letto, la mia casa?- si alzò in piedi a tentoni, fu costretto a farsi aiutare da Vanessa per non ricadere sulla sedia.

Lei si fece sfuggire un sorrisetto di ostentata soddisfazione nell’udire una richiesta simile, la stava attendendo da svariato tempo ma non poteva fare il primo passo senza delle conseguenze.
Era pur sempre Giuliano De’ Medici e doveva essere lui a condurre i suoi passi da lei.

-Risponderei che siete troppo ubriaco per esserne consapevole. Ma non potrei mai negarvi il mio letto- un altro sussurro andò ad accarezzargli l’orecchio, tanto da farlo riprendere quel poco dall’ubriachezza.

Le afferrò il collo bianco con una mano, stringendolo con forza calcolata, prima di spingerla via verso le scale che conducevano alla camera di lei.
Iniziò a divorarla di baci lungo la clavicola, scostandole appena la spalla dell’abito per scoprirne la pelle chiara e perlacea. Riusciva a sentire il suo odore, come lei poteva assaporare il suo con un grande impeto.
Lui la sollevò per i fianchi per poter coprire più in fretta la distanza che vi era dalla sala della taverna alla camera da letto, così lei in tutta risposta si avvinghiò con le gambe alla sua vita stringendola con forza per potersi sorreggere.
Giuliano continuava a sfiorarle il collo con le labbra, mentre lei inclinava indietro la testa per assaporare ogni bacio, dal primo all’ultimo.
Salirono le scale lentamente, anche se la frenesia improvvisa dovuta all’ubriachezza di uno e all’eccitazione controllata dell’altra, era in contrasto con i movimenti che prima si mostravano lenti, poi più veloci.
Una volta raggiunta la soglia di ingresso lasciò la presa su di lei, facendola tornare a terra e spingendola contro la porta della stanza, inchiodandola ad essa come se non volesse darle via di fuga.
I baci eccedevano ancora nel calore di entrambi i loro corpi che sembravano richiamarsi come il canto di una sirena, ciò che fece scatenare in lui la tremenda voglia di farla sua fu il contatto delle labbra di Vanessa attorno al lobo dell’orecchio che iniziò a mordere lentamente, provocandogli un brivido lungo tutto la schiena.
Giunti in quelle circostanze non vi era altro da fare se non spingere con forza la porta per poter raggiungere il letto che sembrava accogliere perfettamente le loro forme unite dall’improvvisa passione.
Prima di sedersi Giuliano la fece voltare di schiena, continuando ad invadere il suo collo bianco con altri baci che rincorrevano la voglia di andare sempre più oltre. Iniziò a slegarle i lacci dell’abito con furia impaziente e quando trovò un ostacolo quasi glieli strappò a morsi per liberarla da quella gabbia.
Una volta che l’abito a fiori scivolò via dal suo corpo, come fosse stato seta, potette ammirarne le forme perfette e morbide che ad ogni angolo formavano un’isola che avrebbe desidero esplorare.
La fece voltare affinchè si sdraiasse sul materasso, per poi chinarsi ed afferrarle una gamba che iniziò a sfiorare con le dita, prima di percorrerla con intensi baci volti a divorare un corpo che considerava perfetto. Perfetto per il proprio.
Una volta raggiunta la coscia ed infine il bacino, fece per scivolare di nuovo nell’angolo più segreto di lei, ma Vanessa lo fermò e lo attirò a sé per farlo sdraiare di schiena sul letto.
Gli sfilò la camicia percorrendo il torace con la lingua dall’ombelico fino all’incavo del collo, per poi sedersi sulla sua vita ed incastrarlo con il suo corpo.
Quel momento fu spezzato da un giro di testa di Giuliano che lo costrinse a socchiudere gli occhi, annebbiati per la bevuta e per l’improvviso piacere provocato dalla vicinanza di lei.
 
-Credo di aver bevuto troppo sidro, il mio uccello non sa più cosa sia meglio per lui [1]- le parole uscirono in un sussurro smorzato, accompagnate dalla leggera risata di Vanessa.

-Per fortuna lo so io- disse prima di scivolare in basso verso il bacino.

Presto l’effetto del sidro scomparve per lasciare il posto ad una rinnovata eccitazione che gli rinvigorì l’animo ed il corpo.
Per tutto il resto della notte Giuliano non ebbe altro pensiero che quello di rendere sua una donna che somigliava così tanto ad una Ninfa da avergli catturato il cuore, o forse molto peggio.
Sentirla così vicina, così perfettamente incastonata a sé come un diamante nell’incavo di un anello gli fece ricordare che cosa davvero desiderasse per sé.
Vanessa non era Camilla Pazzi, non era nemmeno Clarice Orsini.
Vanessa era molto di più e lo capì nel momento in cui aveva raggiunto l’estasi dei movimenti intersecati tra loro. Lei stessa sapeva di essersi legata a lui più di quanto avrebbe desiderato fare. Un’altra volta aveva lasciato che qualcuno entrasse nella profondità della sua natura, ma non come aveva permesso di fare a Leonardo.
Questa volta lo era molto di più, poiché desiderava davvero la compagnia di Giuliano accanto a sé.
Non era un capriccio, o una giravolta divertente. Era seriamente desiderosa di averlo accanto.
Per tutta la notte Giuliano continuò a dirle che doveva sposare un’altra donna, che doveva confidargli un segreto che gli impediva di realizzare ciò che voleva.
Lei tutte le volte non rispose, piuttosto lo ascoltava in silenzio, senza dire nemmeno una parola in proposito.
Infine si addormentarono l’uno accanto all’altra. Vanessa consapevole di tutto ciò che era accaduto, Giuliano con gli effetti del sidro ancora confusi nella sua testa.




~*~*~


 



Vanessa aprì gli occhi lentamente, accorgendosi della luce del sole che penetrava dalle persiane e si depositava ai piedi del letto, illuminandolo appena.
Si accorse di avere una gamba avvinghiata alla vita di Giuliano, mentre una sua mano gliela sfiorava dolcemente.
Sorrise appena, depositando un bacio sulla fronte di lui, prima di divincolarsi da quella posizione e scivolare giù dal letto.
Giuliano iniziò a svegliarsi lentamente, ancora preso dalla sbornia della sera prima, aveva le idee confuse ma qualcosa riusciva a ricordare.
Quando le palpebre si sollevarono scoprendo le iridi arrossate riuscì ad intravedere le forme di Vanessa che si muovevano verso le finestre per poter far entrare più luce nella stanza.
Si sollevò con la schiena per potersi mettere a sedere.

-Buongiorno- disse lei, sembrava esser sbocciata tutto ad un tratto assieme a quel delicato sorriso.

-Vanessa…- rispose lui mentre si massaggiava lentamente le tempie –temo vi sia stato un errore. Devo confessarti una cosa- doveva assolutamente dirlo, non poteva continuare a tenerglielo nascosto.
-sono promesso a Camilla Pazzi-.

Vanessa non si voltò a guardarlo, si limitò semplicemente a scrollare le spalle.
-Lo so, me lo avete ripetuto stanotte un centinaio di volte-.

Lui rimase a guardarla per diversi e muti istanti, nella speranza di riuscire ad afferrare quei ricordi sfuggitigli dalla testa, ma non vi fu verso di riappropriarsene.
Perciò scosse il capo ed aggiunse: -Non credo di volerla in moglie, so per certo che non l’amerei. C’è qualcuno che mi interessa molto di più-.

Lei questa volta gli concesse uno sguardo interrogativo, mentre si avvicinava di nuovo al letto.
-Il matrimonio non è stato concepito per gli innamorati, Giuliano. Inoltre sappiamo tutti che essendo un Medici siete destinato ad una donna di buona famiglia e che abbia dei titoli alle spalle- come a voler coprire le sue eventuali parole aggiunse –io sono solo Vanessa-.

-Lady Vanessa- sorrise lui, portando le mani ad incrociarsi dietro la testa –mi piace-.

-Smettetela- rise lei divertita da quel gioco –voi sposerete Camilla Pazzi e compirete il vostro dovere. In fondo non siamo innamorati, giusto? Potrete tornare a trovarmi quando vorrete, non scapperò di certo da Firenze-.

Sembravano piuttosto serie le sue parole, tanto da non destare alcun dubbio in Giuliano.
Aggrottò la fronte pensieroso prima di incanalare quel discorso nella sua testa. Non erano innamorati? Certo che no! Non potevano esserlo, non vi era una strada che potessero percorrere insieme.
Quindi perché provare tanta avversità nei confronti della sua futura sposa?
Vanessa aveva ragione, il matrimonio non comprendeva in sé l’amore degli sposi, avrebbe potuto ricercarlo altrove.
Per ora si sarebbe accontentato di tornare a trovarla, quando possibile.
Si alzò dal letto, rivestendosi degli abiti che erano stati accantonati a terra, prima di avvicinarsi a lei e guardarla così come aveva fatto la notte stessa.
Vederla completamente nuda, con i capelli rossi che le circondavano i seni e finivano per appoggiarsi al bacino gli ricordarono tutto di quello che era accaduto.
Persino dei suoi vaneggiamenti sulla questione matrimoniale, ma finse di non avere idea di che cosa avesse detto quella notte.
In quel momento bussò alla porta Bertino che era in attesa del suo Signore per comunicargli le novità che era riuscito a trovare su tutti coloro che avevano lasciato Firenze in quel periodo.
Vanessa li lasciò da soli, dicendo che aveva delle altre cose da sbrigare e che non voleva intromettersi in questioni da uomini.
Prima di uscire dalla camera lanciò un ultimo sguardo di sottecchi a Giuliano. I suoi occhi dicevano tutto e al tempo stesso nulla.
 
 





Note: 
 
[1] Questa frase è stata ripresa dall’episodio 1x07 







/// Nda: 
Ed ecco qua anche questo capitolo, il centro dell'ispirazione dell'episodio che proseguirà poi nei prossimi con scene del tutto diverse da quelle che ci sono nella serie. 
Spero possa piacervi! 

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Capitolo 3
*** Fiori ***


Fiori





Poteva ancora sentire il suo profumo, mentre camminava per le vie di Firenze. Riusciva a portarlo con sé nonostante si fosse allontanato da lei quella mattina stessa.
Aveva ottenuto informazioni importanti da Bertino, ma avrebbe dovuto continuare nella sua ricerca impellente per scagionare l’anima di Gentile Becchi e dimostrare a suo fratello Lorenzo che aveva compiuto un errore, un errore da cui non si poteva tornare indietro.
Mentre ogni tanto si soffermava a conversare con i gentiluomini che gli rivolgevano la parola, a cui concedeva il minimo del suo tempo, si ritrovò davanti a Santa Margherita de’ Cerchi.
Sollevando lo sguardo ne studiò l’architettura, non attraversava mai quei vicoli e difficilmente vi si era ritrovato davanti.
Per un attimo si immaginò nei panni di Dante, che non aveva avuto l’occasione di sposare la donna che amava.
Si umettò le labbra, perdendosi in quella riflessione assai banale ma che al momento aveva tutta l’intenzione di sollevare.
Sposarsi, diventare padre di famiglia. Era davvero pronto ad una tale responsabilità? E soprattutto, come avrebbe reagito alla gabbia che avrebbero creato attorno a lui i De’ Pazzi?
Corrugò la fronte improvvisamente indispettito, avrebbe potuto scagliare un pugno vigoroso alla parete circostante la chiesa, ma non poteva comportarsi a quel modo davanti a tutti.
I pensieri furono offuscati nel momento in cui vide uscire dalla Chiesa la pallida figura di Camilla Pazzi, accompagnata da un’anziana dama e altre due donne al suo seguito.
Un lungo abito verde broccato le circondava le forme nascoste dal drappeggio elegante e ricercato, l’acconciatura era ben sistemata sul capo, mentre il viso era curato di ombre e luci perfette.
Lorenzo aveva ragione, Camilla Pazzi era la più attraente tra le donne di quella famiglia, suo fratello l’avrebbe di buon grado scelta come amante.
Ma a lui non bastava un viso attraente per scegliere un’amante, voleva molto di più.
Per un attimo i loro sguardi si incrociarono, poteva constare la fierezza nel portamento di Camilla, la quale si fermò immediatamente come era uso fare.
La dama più anziana le bisbigliò qualcosa all’orecchio, ricevendo per tutta risposta un’occhiata eloquente, che giunse perfettamente a Giuliano.
Subito dopo Camilla si avvicinò, distaccandosi dal piccolo gruppetto, per inchinarsi immediatamente.

-E’ un piacere incontrarvi, non avevo idea che frequentaste Santa Margherita- disse guardandolo negli occhi, affatto entusiasta di trovarsi lì.

Giuliano si prodigò in un inchino rispettoso, prima di risalire sulla figura di lei per poterla guardare meglio. Era una donna affascinante, ma aveva la sfortuna di essere una De’ Pazzi.
-Nemmeno io, a dire il vero è stato un caso trovarmi qui-.

Camilla si voltò appena verso la dama anziana, che subito le fece cenno con lo sguardo, per attuare il suo suggerimento.
Si schiarì la voce, prima di chiedere: -In virtù di questo fortunato incontro, vogliate farmi l’onore della vostra compagnia per un breve tratto di strada-.

La falsità che emergeva dalle sue parole era penetrante, non era davvero in grado di mentire ed una donna che fa trapelare le sue emozioni non poteva esser davvero una buona moglie.
Giuliano amava la sfrontatezza ma le dinamiche femminili dovevano essere tali da attirare in lui un certo interesse.

-Non potrei mai tirarmi indietro, madonna Camilla- le porse il braccio affinché vi si potesse appoggiarsi.
Non appena avvertì il tocco della sua mano intrecciarsi all’avambraccio ebbe un leggero fremito, come se quella vicinanza avesse prodotto l’istantaneo veleno che correva tra le due famiglie.

-Certamente no- sorrise, di un sorriso affettato. –Immagino che siate restio alla nostra unione, ve lo leggo negli occhi-.

Diretta, arrivare al punto sembrava proprio non esser un problema.

-Non avevo idea che sapeste leggere negli occhi altrui, madonna Camilla, altrimenti avrei nascosto lo sguardo prima di incontrare il vostro- cercò di non comportarsi come al suo solito e mantenere un filo di educazione nei suoi confronti, Lorenzo lo avrebbe rimproverato gravemente se ne fosse venuto a conoscenza e non aveva intenzione di alterare ancora una volta i legami delle famiglie.

-Perché mai? I vostri occhi sono molto belli, mi sarebbe dispiaciuto non poterli apprezzare- sorrise ancora una volta in quel modo, sembrava stesse giocando su due linee differenti.

Prima sembrava volerlo incalzare con le dinamiche delle famiglie avverse, poi aveva cambiato rotta iniziando a riempirlo di complimenti.
Sembrava quasi di rivedere Clarice qualche anno prima del matrimonio, quando la vide per la prima volta.
Erano molto simili, più di quanto non avrebbe potuto immaginare.

-Ho ricevuto molti complimenti da parte delle donne, tutte si sono sempre soffermate a ricordarmi che ho dei begli occhi, inizio quasi a credere che sia un modo per conquistarmi comunemente usato da tutte- rispose scrollando le spalle, accomunandola ad un mondo femminile piuttosto simile a cui non era interessato.

Lei non gradì affatto quella risposta, se ne accorse nel momento in cui avvertì la presa al braccio stringersi maggiormente.
-Per questo siete considerato il fratello affascinante dei Medici- azzardò un altro sorriso, ma si poteva leggere perfettamente quanto non fosse sincero.

Tra i due correvano sguardi carichi di rancore reciproco, non l’uno verso l’altro, non tra Giuliano e Camilla ma tra un Medici ed una Pazzi.
Il silenzio cadde improvvisamente, non ebbero più altre parole da scambiarsi e la tensione cresceva ad ogni passo.
Camilla sapeva che l’accordo stretto da Francesco Pazzi era soltanto una formalità, ma non doveva trapelare nulla di tutto questo di fronte a Giuliano. Tant’è che si sarebbe dovuta comportare in maniera più gentile, più educata e non cercare di far cozzare immediatamente il dialogo.
Ma come poteva sottostare ad un’idea simile? Non sapeva mentire né tessere intrighi, piuttosto preferiva mostrarsi così com’era, quando le era concesso spazio.





 
 
~*~*~
 





 
-Quanto ancora dovremo rimanere in questa posizione?- intervenne spazientita una delle modelle che aveva le braccia intrecciate tra loro e il mento sollevato verso l’alto.

-Tutto il tempo necessario, possibilmente in silenzio- rispose Verrocchio che stava attraversando la sala principale in cui i giovani artisti imparavano a disegnare.

La modella roteò gli occhi al cielo, seguita da una risatina leggera di Vanessa che le stava accanto, divertita dalla situazione.

-Trovare delle modelle che si pongano come statue oggigiorno è davvero impossibile- bofonchiò Verrocchio immergendo le mani nella polvere di marmo.

-Vanessa, oggi i tuoi occhi sono ridenti e sei più allegra del solito. Sembri una bambina che ha ottenuto un nuovo giocattolo- disse Botticelli che era intento a ritrarre il suo viso con minuziosa attenzione.

Lei si voltò a guardarlo, cercando in ogni modo di trattenere un sorriso infantile che emergeva  poco a poco sulle labbra.
-Da cosa lo deduci, Sandro?-

Si strinse nelle spalle, mentre Botticelli si avvicinava a lei per poterle riposizionare il viso lì dove era prima, alzandole leggermente il mento.

-So quando una donna acquisisce qualcosa di  nuovo. Tu sembri esserti appropriata di occhi diversi, sono un artista, faccio attenzione a certi particolari- sorrise di sottecchi, come a volerle far intendere che aveva compreso che tipo di sguardo la caratterizzasse al momento.

-Io so tutto- disse la modella che le stava accanto, accompagnata da una risata eloquente –sono piuttosto certa che sia tornata a frequentare il letto di Leonardo-.

Sandro strinse leggermente un pugno della mano, nell’udire quelle parole. I suoi rapporti con Leonardo non erano mai stati dei migliori e sapere che la migliore modella della bottega fosse entrata nel suo letto gli aveva lasciato l’amaro in bocca.
Non che avesse mire particolari su Vanessa, desiderava preservare ciò che dipingeva dalle mani contaminate di altri, soprattutto se si trattava del suo antagonista.

-Leonardo non è a Firenze, lo sappiamo tutti- rispose Vanessa ingoiando il rospo.
Ricordare di non esser stata altro che un fiore di campo per Leonardo, anziché una rosa di giardino a volte le faceva girar la testa.
Lui le aveva promesso dei sogni, le aveva giurato che sarebbe riuscita a volare. Ma l’aveva fatta avvicinare troppo al sole, tanto che aveva quasi rischiato di bruciare.

-Allora di chi si tratta?- domandò la modella scuotendo appena i capelli biondi di lato, per poterla guardare negli occhi e ricevere una risposta.

-Di qualcuno che è di gran lunga più in alto, non è un artista, non è un mercante- Vanessa si morse appena il labbro inferiore assolutamente divertita dalla situazione –è qualcuno che tutti voi conoscete ma che non sospettereste mai-. Si limitò a scrollare le spalle, fingendo assoluta naturalezza nel discorrere con loro di quello che le era accaduto.

Non avrebbe fatto mai spontaneamente il nome di Giuliano, voleva preservare quello che era accaduto tra di loro sigillando il segreto tra le labbra. In un modo o nell’altro desiderava che quel loro incontro rimanesse una loro esclusiva, senza che potesse essere contaminato dai pensieri degli altri, facendole credere che fosse possibile recludere una parte della sua vita.
Ma tutti immaginavano di chi potesse trattarsi, avevano visto come Giuliano De’ Medici guardava Vanessa ogni volta che entrava nella bottega del Verrocchio per incontrare Leonardo.

-Non si tratterà di un Principe?- scherzò l’ultima delle tre modelle, dando adito ai pensieri di tutti i presenti.

Ma non ricevette alcuna risposta, se non qualche risata leggera che interruppe ancora una volta il lavoro.
Verrocchio fu costretto a ricreare il silenzio, per evitare le distrazioni che si susseguivano e che impedivano di continuare a creare nuove opere.
Una volta che il silenzio tornò su di loro, Vanessa pote' sprofondare nei ricordi della sera prima, facendoli emergere nuovamente come se profumassero ancora intensamente.
Certo, non amava Giuliano, non poteva amarlo, ma sapere di averlo avuto accanto era quanto di più avesse potuto sperare o aspirare.
Quei pensieri furono traditi immediatamente quando si domandò se avesse avuto modo di rincontrarlo presto, o se fossero rimasti divisi ancora per molto tempo.
Non era trascorsa nemmeno un’intera giornata dal loro ultimo incontro che già al centro dei suoi pensieri si posizionavano piccole domande che la facevano fremere di agitazione.
Ma non era amore, no, si ripeteva. Era solo una lieve infatuazione.




 
 
~*~*~
 
 
 


 
-Dunque è stato deciso, la festa che ci vedrà come protagonisti avverrà a Fiesole, alla Villa Medici?- domandò Camilla mentre continuava a camminare accanto a Giuliano, con le dame al seguito che non perdevano né una parola, né un singolo passo.

-Così è stato deciso da mio fratello Lorenzo. Desidera che tutto vada per il meglio- le rivolse uno sguardo indagatore, non ne era stata messa a parte?

-Posso immaginare quale sia all’interno di Palazzo Medici la frenesia per l’organizzazione di una tale festa- rispose mostrando ancora lo stesso sorriso che aveva tenuto durante tutta la camminata, tirato appositamente per sembrare spontaneo.

Giuliano si era stancato di ascoltare le parole provenienti dalla sua futura sposa, non erano altro che una serie di proposizioni studiate e poste le une accanto alle altre per conferire un’aria di serietà che non si addiceva affatto a Camilla.
Piuttosto sembrava cozzare con il suo carattere semplice e poco incline alle macchinazioni imposte dalla sua famiglia.
Senza rendersene conto si ritrovarono entrambi davanti alla bottega del Verrocchio, proprio in quel momento uscirono tre donne cariche di sorrisi entusiasti ma anche di stanchezza per le lunghe posizioni statiche susseguitesi durante la giornata.

-Le tre Grazie che prendono vita- sussurrò Camilla, decisa a fermarsi per osservare le giovani modelle che scorrevano di fronte a loro, una delle quali sembrò puntare gli occhi su Giuliano e rivolgergli un sorriso colmo di comprensione.

-Non potevate scegliere vocabolo migliore per descriverle- aggiunse Giuliano, volgendo uno sguardo eloquente verso una di loro, proprio quella che aveva i capelli rossi come il fuoco intrecciati con un nastro di fiori.

Non avevano bisogno di parole per dire l’un l’altra cosa stessero pensando, non avevano bisogno di altro se non sguardi che catturavano l’attenzione di tutti. Vi era un fuoco leggero che ombreggiava al di sotto delle ceneri, timidamente il vento avrebbe potuto scegliere di alzarlo o semplicemente di spegnerlo.
Camilla non notò l’intesa che si era appena creata, ma rimase stupita quando Vanessa si avvicinò ad entrambi, stringendo tra le mani un cesto di vimini colmo di fiori.

-Un fiore per ogni donna che incontrerò- disse mentre frugava nel cestino per poter tirare fuori una margherita bianca, che porse gentilmente a Camilla.

Quest’ultima sollevò un sopracciglio, piuttosto stupita da un gesto simile.
-Temo di non poter accettare, sono Camilla De’ Pazzi, non la figlia di un panettiere- rispose con una certa enfasi, mescolarsi al popolo non le faceva affatto piacere.

Vanessa non aveva alcuna intenzione di offenderla, né di rimarcare alcuna posizione nei suoi confronti. Lei era soltanto una modella, una locandiera, l’amante di una notte di Giuliano e nient’altro. Non aveva interesse nell’ottenere un posto più in alto, le andava bene quello che era.

Giuliano non ebbe rimorsi a scusare i modi della promessa sposa, afferrando con delicatezza la margherita che Vanessa teneva ancora tra le dita.
Una volta preso, lo porse a Camilla.

-Accettatelo almeno da un gentiluomo, Camilla. Non potete rifiutare-.

Camilla non era affatto lieta di quel che era appena accaduto, piuttosto ne era infastidita. Come aveva potuto Giuliano comportarsi in quel modo, prendendo ampiamente le difese di una ragazzina qualunque?
Suo malgrado, dovette accettare la margherita bianca e compiere una appena accennata riverenza.

-La vostra gentilezza non mi stupisce mai- disse in un sussurro carico di rancore.
-Se non vi dispiace, dovrei porre termine alla mia passeggiata- lo incitò quindi a rifuggire da quella ragazza così impetuosa e dal viso ridente.

-Non ho intenzione di farvi aspettare, proseguiamo pure- così facendo Giuliano lanciò un ultimo sguardo a Vanessa, la quale ricambiò con la medesima risposta, non avevano davvero bisogno di usare le parole per comprendersi.

Giuliano e Camilla si allontanarono, mentre Vanessa rimaneva ad osservarli allontanarsi dalla bottega del Verrocchio.
Sorrideva, non avrebbe mai potuto vivere ufficialmente al fianco di Giuliano, non era quella la vita che desiderava.
La libertà che tanto aveva sognato l’aveva raggiunta e tutto ciò per cui viveva, le bastava. 





// Nda: 
Salve a tutti! Questo capitolo non è particolarmente interessante, volevo incentrarmi su un possibile incontro tra Camilla e Giuliano, che non credo di riprendere in futuro. 
Nel prossimo capitolo ci saranno meno parti noiose e Giuliano incontrerà di nuovo Vanessa. 
Grazie a tutti quelli che continuano a seguirmi. 
Al prossimo capitolo! ^_^ 

Yoan 

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Capitolo 4
*** Lacrime di pioggia ***




Lacrime di pioggia







Il cielo plumbeo aveva adombrato Firenze, come la campagna che la circondava con i suoi boschi verdi e le pianure rigogliose della primavera che era da poco inoltrata.
Non si smentiva mai, la stagione che portava con sé il colore ed il profumo dei fiori, accompagnata dalle poco timide piogge che duravano abbastanza da inumidire le calzature di fango, ma non perché diventasse un’abitudine.
Vanessa aveva appena alzato gli occhi verso il cielo, assaporando le prime gocce di pioggia che iniziarono a scivolarle sulle guance bianche.
Socchiuse gli occhi, lasciando che le palpebre ne fossero invase con gentilezza, come se stesse ricevendo una carezza.
Si stava dirigendo verso un piccolo laghetto ai margini del bosco dove spesso lei, Leonardo e Nico si rifugiavano per sperimentare le invenzioni del Maestro, quali le ali di Icaro, come amava chiamarle lei.
Si sentiva quasi come lui, così vicina a raggiungere il cielo e così pericolosamente vicina al sole da rischiare di rimanerne scottata per precipitare vorticosamente in una caduta senza fine.
Iniziò a correre verso il laghetto nel momento in cui la pioggia iniziò a farsi più fitta, i capelli che ondeggiavano al vento si intersecavano di gocce d’acqua che li inumidivano fino alla radice.
L’abito bianco e leggero che indossava si fece più vicino alla pelle, tanto da far risaltare parte delle forme morbide che custodiva con cura.
Sulla sponda del laghetto sostava una prima pietra quadrata accompagnata da diverse altre che andavano a creare una via per giungere alla costruzione di un tempietto rotondo posizionato al centro dello specchio d’acqua.
Proprio lì scorse la figura di Giuliano, appoggiato con la schiena ad una delle colonne, intento sfogliare il suo solito taccuino pieno di appunti.
Sorrise, mentre continuava a correre fino ad arrivare alla sponda del lago, iniziando a saltare sulle pietre che conducevano fino al tempietto.
La pioggia continuava a scivolare velocemente, picchiettando l’acqua come se fosse stato un dipinto che avrebbe rappresentato quel momento.
Giuliano udì i movimenti che la ragazza impiegava nel raggiungerlo, quindi si voltò per poter incontrare i suoi occhi tersi come il cielo d’estate.

-Vanessa! Per l’amor di Dio, la pioggia non vi ha risparmiata- disse con tono premuroso mentre l’accoglieva tra le braccia, non appena le afferrò la mano per aiutarla a superare l’ultima pietra e farla salire lì accanto a lui. Le accarezzò dolcemente il viso infreddolito, scostandole una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio.

-Risparmiata?- si strinse nelle spalle, abbassando appena il mento per poi guardarlo dal basso, assumendo un’espressione da bambina –Io credo tutto il contrario, è così bello camminare sotto la pioggia. E’ in grado di pulire qualunque macchia ci si ritrovi sulla pelle-.

Giuliano scosse il capo, il poeta era suo fratello, quello che scriveva versi ad una donna che non era nemmeno sua moglie. Lasciò la presa su di lei, per sciogliere il mantello dalla spalla e passarlo a lei perché si riscaldasse.
Vanessa lo sistemò meglio, grata per quel gesto così premuroso.

-Vi chiedo scusa per la mancanza di educazione della mia futura moglie, l’altro giorno- cambiò discorso, mentre la conduceva a sedersi ai lati tondi del tempietto.

Ascoltare quelle parole provocò un lieve sussulto in Vanessa, per un attimo aveva dimenticato che Giuliano avrebbe a breve sposato un’altra donna.
Eppure qualcosa in lei tentò di non ribellarsi, piuttosto preferiva rimanere l’oggetto di incontri occasionali.
Amava più se stessa. O, forse no?

-Non dovete chiedermi scusa, ho compiuto un gesto avventato, non avrei dovuto comportarmi in quel modo con una nobildonna- fece sprofondare il collo nel mantello, i capelli nascosti all’interno le inumidivano dolcemente la schiena che era voltata di tre quarti verso di lui.
Si sedettero entrambi l’uno accanto all’altra, in modo più discreto rispetto alla notte che avevano trascorso insieme.

-Ho già detto una volta che amo le donne sfrontate- sorrise a mezza bocca, prima di sollevarle il mento con l’indice per poterla guardare meglio negli occhi chiari.

-Questo non fa di me nulla più di quello che sono, Giuliano- rispose prima di chinare appena il capo di lato, per mostrargli un sorriso sghembo.

-Se solo lo voleste…- sussurrò Giuliano, guardandola quasi in un moto di speranza.
Ma Vanessa non era così sciocca, sapeva che lui non era spinto da alcuna passione che potesse mettere fine all’importanza della sua famiglia.
I Medici rappresentavano molto più di un nome, erano un esempio e come tali non potevano andare oltre e mostrarsi devoti alla cupidigia.
-Credevo ci fosse un motivo più profondo, vi siete concessa a me, non è così?- domandò chinando appena il viso in attesa di qualcosa che confermasse la sua ipotesi.

Lei, invece di offendersi e girare il capo dall’altra parte, sorrise come al suo solito mostrando la sua aria innocente che aveva dimostrato di poter abbandonare nel momento più opportuno.

-Se ho scelto di giacere con voi è perché siete promesso, Giuliano. Se foste stato un uomo libero non avrei ceduto alle vostre lusinghe- così facendo sciolse il mantello dalle spalle, i capelli rossi si erano intrecciati morbidamente e la fronte bianca era celata da alcune ciocche ribelli.

-Cosa intendete dire?- corrugò la fronte Giuliano, insospettito da quell’affermazione.

-Cosa sarebbe successo se ci fossimo innamorati? Un Medici con una plebea!- roteò gli occhi al cielo –Voi sareste diventato lo zimbello di Firenze ed io la suora deflorata che vi ha lanciato un maleficio-.

Non era forse abbastanza logico da poter comprendere quello che diceva?
Un Medici con una plebea.
Non una plebea qualunque, una che era stata una suora, su cui era passato Leonardo Da Vinci e solo secondariamente Giuliano. Una locandiera, una modella che si denudava per poter essere ritratta. Non era certo ciò che un nobile poteva ricercare in una moglie.
Camilla Pazzi invece era nata per essere tale, istruita ed educata perché diventasse la donna di un uomo importante.

-E non volete nemmeno provare a conquistarmi, Vanessa?- si strinse nelle spalle, prima di alzarsi in piedi e voltarle di poco le spalle, per poi arrivare davanti ad una delle colonne e appoggiarvisi con la schiena.

-Non avrei nessun buon motivo per farlo. Palazzo Medici è una prigione con morbide lenzuola, non fa al caso mio. Non potrei comportarmi nemmeno come Lucrezia Donati, che si intrufola in quella gabbia per sollazzare vostro fratello. Io sto bene qui, sono libera, nessuno mi dice cosa devo fare o non fare. Ho tutto ciò che desidero e poi…- sorrise piegando la schiena in avanti e appoggiando i gomiti sulle ginocchia –posso sempre accontentarmi dei nostri incontri occasionali-.

Giuliano storse leggermente il naso, osservando la pioggia che cadeva intorno al piccolo tempietto e che batteva leggera sull’acqua del lago, creando lievi increspature che si confondevano tra loro.
L’erba umida iniziava a profumare come ogni volta che veniva colpita dalle gocce d’acqua, creando un profumo delicato.

-Mi piacerebbe abbandonare tutto e vedere le cose come voi. Non avere sulle spalle il nome dei Medici e decidere cosa sia meglio per me- mugugnò con un certo fastidio.

-Questa è una bugia, Giuliano. Voi amate essere ciò che siete, amate portare il nome dei Medici, non rifugiatevi dietro una maschera che non vi appartiene. Io ero una bugia rinchiusa in un convento, la mia verità era racchiusa in coloro che mi hanno salvata- tornò a raddrizzarsi con la schiena, prima di alzarsi anche lei in piedi.

-Se sposerò Camilla Pazzi sarà anche questa una bugia- sussurrò evitando di guardarla e perdendo nuovamente lo sguardo sul laghetto che rifletteva il grigiore del cielo.
Come riusciva ad entrare così bene nei suoi pensieri? Vanessa sapeva molto più sul suo conto che non lui stesso.
-Io devo neutralizzare quella famiglia- aggiunse stringendo forte il pugno della mano.

-Cos’altro vi frena?- lei si avvicinò per poterlo guardare negli occhi.

-La morte di Becchi. Sono quasi certo che loro rientrino in questa storia, devo trovare il modo per venire fuori da tutta questa situazione- aggiunse incrociando le braccia al petto ed appoggiandosi ora con la spalla alla colonna.

-Allora riabilitate il suo nome per sapere che grande uomo vive tra loro- rispose Vanessa, prima di rivolgergli un sorriso terso e chinarsi a raccogliere qualche sassolino sopraggiunto ai piedi del tempietto.


Vanessa aveva compreso fino in fondo che Giuliano non era restio a prendere in moglie Camilla per amor suo, ma perché credeva coinvolta la sua famiglia nel possibile omicidio di Becchi.
Certo, Giuliano non era ciò che voleva dare a credere. Lui non era il tipo d’uomo che si lasciava conquistare facilmente dall’amore di una donna e lei, al tempo stesso, non desiderava nessuno che potesse portarle via la libertà.
Teneva a Giuliano, questo era certo, ma non ambiva ad una vicinanza assidua come quella che sussiste in una vita matrimoniale.
Le sarebbe bastato poco, incontrarlo di tanto in tanto, quando i suoi impegni di marito gli permettevano di lasciare la sua casa.
Così, Giuliano sembrava sempre più colpito da quella figura cristallina che era Vanessa. Lei era come un temporale primaverile, il suo sorriso da bambina poteva trasformarsi in uno sguardo adulto e ragionevole.
Non era come tutte le altre amanti che aveva avuto, così desiderose di lui, così decise a tenerlo legato al loro cuore e alle loro gambe.
No, Vanessa era una donna compiuta, amava liberamente chi era in grado di darle il proprio amore senza creare alcun compromesso.


-Se è stata causa loro, la pagheranno per ciò che hanno fatto- digrignò i denti, come se avesse voluto tirar fuori le zanne.

Vanessa sorrise, iniziando a lanciare sullo specchio d’acqua i sassolini che aveva racimolato uno ad uno, che andarono a confondersi con il rumore della pioggia.

-Piuttosto, siete riuscito a trovare qualche informazione utile sugli appunti di Dragonetti?- domandò continuando ad intrattenersi in quel nuovo gioco.

Giuliano scosse il capo, tirando fuori il taccuino dove aveva segnato le cose più importanti.
-No, non ancora. C’è qualcosa che mi sfugge, è come se avessi la risposta davanti agli occhi ma non riuscissi a leggerla-.
Iniziò a sfogliare le pagine fino a fermarsi davanti ad una in particolare.
-Sono stati usati i segni zodiacali per indicare le persone di un certo rango, ma nessuno si è mosso in maniera sospetta. Gentile Becchi è la bilancia, rappresentala giustizia, eppure qui non è segnato alcuno spostamento. Tranne…- corrugò appena la fronte –gemelli. Dovrebbe corrispondere a Lucrezia Donati, se non ricordo male Bertino aveva stilato una lista della corrispondenza tra i simboli e coloro che ne erano rappresentati-.

-Non credo che Lucrezia Donati sia da leggere tra i possibili sospettati, sappiamo tutti che le sue uscite notturne derivano dall’incontrare vostro fratello- Vanessa scrollò le spalle, lanciando un’occhiata rapida al taccuino di Giuliano.

-Eppure qualcosa non torna- scorse velocemente gli spostamenti dei Gemelli –in questi giorni Lucrezia Donati è andata a Siena, a trovare sua zia. Gli stessi giorni in cui, poco dopo, Roma è venuta a conoscenza dei nostri piani- sussurrò Giuliano, riflettendo attentamente.

Vanessa gettò gli ultimi sassolini in acqua, pulendosi le mani sull’abito ancora inumidito che continuava ad aderirle al corpo.
-Credete davvero che abbiano potuto usare una donna come spia? Sarebbe irreligioso!- esclamò irritata e quasi spazientita.

-Lo sarebbe in ogni caso, ma preferisco andare fino in fondo in questa storia- chiuse il taccuino velocemente, riponendolo in una tasca.
-Devo partire per Siena ed accertarmi che Lucrezia Donati si trovi lì-.

Vanessa sgranò gli occhi, incerta di quello che sarebbe potuto accadere da lì a poco.

-Giuliano, sabato i Pazzi saranno ospitati a Villa Medici a Fiesole, lo ricordate?- gli disse, come se avesse voluto proteggerlo da chissà quale pericolo. Lucrezia Donati era una donna, non poteva fargli del male, inoltre non credeva davvero che potesse essere lei la spia che stava cercando.

-Tornerò in tempo, se Camilla Pazzi attenderà qualche istante in più non sarà un problema- disse mentre andava a recuperare il suo mantello per poterlo riposizionare sulla spalla.

-Allora io verrò con voi- affermò risoluta Vanessa, portando le mani ai fianchi per accentuare ancora di più quella decisione.

-Non se ne parla!- si affrettò a rispondere lui –E’ un viaggio insicuro e se la mia intuizione è giusta, potremmo finire nei guai. Gli occhi di Roma sono ovunque e sono pronti a non risparmiare nessuno-.

-Non mi importa, ho deciso che vi accompagnerò. Ne approfitterò per vedere Siena, sono certa che riuscirò ad affrontare il viaggio senza alcun problema. Non accetto un no come risposta!- lo avvertì puntandogli il dito contro.

Poi gli afferrò la mano e lo sospinse all’esterno del tempietto, iniziando ad intraprendere la via delle pietre segnate sull’acqua del lago, tornando ad essere impietosamente sfiorati dalle lacrime di pioggia.
Giuliano non desiderava in alcun modo metterla in pericolo, ma lei voleva accompagnarlo in quella breve missione, non aveva mai potuto affrontare nulla di così entusiasmante.
Leonardo l’aveva fatta volare grazie all’ausilio di ali create appositamente per quello scopo, con Giuliano invece bastava la sua semplice compagnia. 







/// Nda: 

Eccomiii con un altro capitolo. Come avrete notato, una parte delle sequenze di dialogo si rifanno spudoratamente alla puntata 1x07, ma ho preferite inserirle in questo contensto. 
Mi son presa la libertà di far partire Vanessa (anche se va fuori IC, non credo che lo farebbe mai) con Giuliano, diciamo che mi piacerebbe vederli più insieme, viste le poche scene della serie. Perchè quindi non concedere loro questo breve spazio di libertà?
Manca poco alla fine della fanfiction, ho deciso di renderla corta e prendere pochi estratti tra loro, mi piaceva vederli interagire leggermente di più. 

Vorrei ringraziare Eagleflea, senza di lei probabilmente non l'avrei nemmeno scritta questa ff;
Chemichal Lady, che continua a seguirmi assiduamente; 
Lilyhachi, che anche in questa storia mi ha lasciato la sua recensione che apprezzo sempre tantissimo;  
e tutti coloro che mi seguono, insieme alle lettrici che hanno inserito la storia nelle seguite: Dance, Poska, Varda e VickyD.

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Capitolo 5
*** Corpi esanimi ***


Corpi esanimi 








Giuliano tentò di dissuadere Vanessa dal partire insieme a lui e Bertino alla volta di Siena un numero smisurato di volte.
Aveva provato a metterla in guardia sui pericoli che avrebbero potuto incontrare come prima cosa, poi cercò di convincerla che quel tipo di viaggio non fosse adatto ad una donna e che si sarebbe inutilmente affaticata.
Ma non ci fu nessuna argomentazione che la convinse, ormai si era messa in testa di accompagnarlo e nulla le avrebbe fatto cambiare idea.
A Giuliano in fondo faceva piacere poterla avere ancora accanto, non era una compagnia come quella fredda e distaccata di Camilla Pazzi, piuttosto si sentiva sereno e leggero.
Vanessa, con quel viso da bambina, esprimeva tutto un candore che sapeva esattamente come e quando mettere da parte.
D’altronde una donna che fu suora e poi modella di aspiranti artisti, non poteva che essere l’esatto connubio tra le due cose: innocenza e sensualità.
Forse era questo che imprimeva tanto interesse in Giuliano, oltre alla sua spigliatezza, vi era tutto un mondo da poter affrontare insieme a lei.
Così alla fine decise di accontentarla e di portarla con sé, partendo per Siena il giorno dopo del loro incontro.
Presero soltanto due cavalli, uno per Bertino ed uno per loro. Le scuderie dei Medici non possedevano destrieri adatti ad una fanciulla poco abituata a quel tipo di cavalcatura, Giuliano preferì tenerla accanto a sé, per ogni evenienza.
Vanessa stringeva le mani attorno alla sua vita, mentre l’andatura del cavallo passava dal trotto al piccolo galoppo per affrettarsi ad arrivare a destinazione.

-Credete ancora che Lucrezia Donati sia la responsabile di quel che è accaduto a Becchi?- gli domandò appoggiando la guancia bianca alla sua schiena.

-Non posso esserne certo, ma tutti gli indizi riportano a lei- rispose mentre fermava meglio le redini del cavallo, indicando con il viso a Bertino di cambiare direzione per prendere una strada più sicura.
Sarebbero giunti a Siena attraversando il Chianti, era più probabile che l’amante di suo fratello percorresse una strada più sicura.

-Sarebbe incredibile, una donna fiorentina al servizio di Roma. In fondo avrebbero fatto una scelta infallibile, chi è a conoscenza dei segreti di vostro fratello, oltre voi, sua moglie e Lucrezia Donati?- domandò innocentemente socchiudendo gli occhi, come per poter godere di quel breve viaggio insieme a colui per cui iniziava a provare un’attrazione sempre più profonda.

Giuliano sembrò percepire quella domanda come un’affermazione. E se Roma avesse davvero pensato a tutto, conducendo la Donati nel letto del fratello, per poter carpire ogni informazione segreta che avrebbe messo a rischio Firenze?
Le donne spesso potevano essere pericolose, agivano nell’ombra, catturando i cuori degli sventurati che cadevano ai loro piedi.
Non che Lorenzo fosse innamorato di lei a tal punto, piuttosto ambiva a quell’ideale di bellezza che aveva sempre ammirato.
Firenze in fiamme, a causa di una donna! No, non avrebbe permesso ad una visione simile di prendere vita.

-Un ragionamento che calza perfettamente, non c’è che dire. Inoltre si spiegherebbe il motivo per cui sia andata via da Firenze così tanto spesso. Questo è il motivo per cui si dovrebbero scegliere dei mariti affidabili, anziché degli inutili cialtroni- rispose con tono burbero, rimuginando su quello che sarebbe potuto diventare lui, una volta maritato ad una donna per cui non aveva il minimo interesse.

-Vorreste dire che le donne dovrebbero essere controllate dai propri mariti?- la domanda giunse con tono stizzito, di certo Vanessa non aveva apprezzato quell’affermazione. –Posso assicurarvi che sappiamo badare perfettamente a noi stesse, per quel che riguarda coloro che si comportano come delle vere donne-.

Giuliano scoppiò a ridere, rallentando appena l’andatura del cavallo, come fece di rimando Bertino chiuso nel suo silenzio riflessivo.
-E quale differenza ci sarebbe tra le vere donne e quelle che non lo sono?- domandò con curiosità.

-E’ abbastanza ovvio: una vera donna, mettiamo il caso sia sposata, sa adempiere ai suoi doveri coniugali in tutto e per tutto. Non approfitta delle uscite notturne per crearsi degli amanti e far aumentare il valore del proprio nome a seconda di chi sceglie di ospitare nel proprio letto- rispose Vanessa, stringendosi leggermente di più alla sua vita.

-Vi riferite sempre al soggetto della nostra ricerca, senza dubbio. O alle donne di alto rango in genere. Siete invidiosa di quel che loro hanno?- chiese con voce affatto ironica, era anzi interessato con serietà.

-Invidiosa delle gabbie che loro stesse si costruiscono? Giammai caro Giuliano! Sapete bene che amo la condizione che mi sono creata e non lascerei la mia libertà per nulla nel mondo- appoggiò appena le labbra alla sua schiena, come a volerla accarezzare, andando alla ricerca della camicia nascosta sotto il soprabito.
-Non so se spiegarvi quale motivo mi spinga a non amare il comportamento di queste donne, semplicemente non condivido la loro falsità dirompente. Di giorno sono l’emblema dell’impeccabilità, di notte della lussuria-.

La verità era che Vanessa, per pochi giorni soltanto, non si era rassegnata alla possibilità di rimanere accanto a Leonardo Da Vinci.
Avrebbe desiderato con tutta se stessa diventare la sua Musa, il motore della sua ispirazione. Ma così non era stato.
Lucrezia Donati era di gran lunga più bella, più affascinante, più intelligente di lei.
Vanessa era soltanto Vanessa. Non vi erano modi per definirla in altro modo, non vi erano parole che potessero rappresentarla.
Quel briciolo di gelosia era perdurato fino ad allora, nonostante non provasse più nulla per il Maestro, se non la devozione che tutti avevano.
Verso Lucrezia Donati non avvertiva più gelosia, né invidia, piuttosto rassegnazione ed evidenza di fronte alla realtà.
Giuliano non ebbe cuore di rispondere, ne aveva incontrate sin troppe e molto spesso si era divertito proprio per quella loro duplicità intrigante.
Ma nessuna di loro aveva ciò che possedeva Vanessa, ancora non era certo di ciò su cui stava rimuginando, di certo però c’era qualcosa che lo legava a lei.
Durante tutto il resto del viaggio vi fu un lungo silenzio, di tanto in tanto Giuliano e Bertino si scambiarono informazioni riguardo alla strada migliore da prendere, ma nessun argomento fu rinnovato.
Ognuno di loro si era rinchiuso nei propri pensieri, estraniandosi da coloro che avevano accanto.
Vanessa, per un momento, ebbe uno strano malessere che l’avvolse fino alla testa. Una sensazione di nausea che la costrinse a chiudere gli occhi e a cercare aria per respirare meglio, un lieve mal di testa sopraggiunse per quasi tutto il viaggio.
Forse Giuliano aveva ragione, affrontare tutta quella strada a cavallo non era stata una grande idea.
Ebbe poco di cui lamentarsi, in ogni caso, poiché giunsero a Siena all’orario prestabilito e non si diedero nemmeno il tempo di riposare che andarono immediatamente a cercare la dimora di Anna Donati, la zia di Lucrezia.
Discesero dal cavallo non appena giunsero in città, cercando informazioni che arrivarono più in fretta di quanto non si fossero aspettati.
Siena era una città molto più raccolta, più calda di Firenze e l’atmosfera così racchiusa la rendeva quasi magica agli occhi di Vanessa che non aveva girato il mondo più di quanto non avesse studiato sui libri.
Vedere quella parte di vita così diversa eppure così simile le regalarono piccoli momenti di gioia, fu felice di esser partita con Giuliano e la nausea per un momento passò.

-Signore!- Bertino sopraggiunse da una delle vie in cui ci eravamo dati segno d’incontro dopo aver perlustrato la zona centrale e aver domandato informazioni –ho trovato la casa di Anna Donati, si trova al di fuori della mura cittadine, poco distante da qui-.

-Ottimo lavoro- si congratulò Giuliano prima di uscire dal centro cittadino per seguire le indicazioni che avevano ottenuto.

Un altro brevissimo viaggio a cavallo, Vanessa avvertiva ancora un leggero fastidio che la fece impallidire, ma non volle fermarsi né arrecare alcun tipo di disturbo.
Quando arrivarono alla casa di Anna Donati, lasciò che Giuliano e Bertino verificassero che la nipote si trovasse proprio lì o che al contrario non vi era mai stata in quei giorni.
Scesa da cavallo, si appoggiò alle redini, lasciando dondolare la testa accanto al muso del cavallo. Possibile che un viaggio così breve potesse darle una sensazione così sgradevole? Una stanchezza innaturale?
Non appena Giuliano e Bertino tornarono ai cavalli, rimontarono immediatamente.

-Non era qui?- domandò Vanessa sistemata dosi di nuovo dietro Giuliano.

-Sembra che sia partita, in casa non abbiamo trovato nessun altro- rispose con leggero fastidio, non si era nemmeno accorto che Vanessa sembrava non essere in ottima forma.

-Quindi è stata qui- ribadì, come per affermare la sua ipotesi che Lucrezia Donati non poteva essere la spia di Roma –dove andiamo ora?-

-Prendiamo la strada di Poggibonsi, Madonna Donati ha detto che Lucrezia avrebbe preso quella del Chianti, poiché più sicura. Ma io voglio verificare che non sia uno stratagemma per metterci i bastoni tra le ruote-.

Così facendo spronarono i destrieri a lungo, fino a prendere la strada prestabilita.
Vanessa sapeva che quel percorso non era affatto adatto ad una passeggiata tranquilla, si diceva che quei sentieri brulicassero di briganti da quando Roma era entrata in conflitto con Firenze.
Che fossero stati mandati appositamente per creare ulteriori disturbi nelle terre del Magnifico?
Questo Vanessa non poteva saperlo.
Mentre  attraversavano le pianure verdi e rigogliose di una primavera che andava sbocciando, si udirono delle grida di donna che ferirono le orecchie, poco distanti dal luogo in cui si trovavano.

-Avete sentito anche voi?- domandò Bertino voltandosi verso i due compagni di viaggio.

-Sì, non credo che si tratterà di nulla di buono. Andiamo!- Giuliano spronò il cavallo, accorciando le redini per tenere la stretta più mantenuta e solida, mentre attraversarono la piccola collinetta che li divideva dallo sfoderare di lame e le continue grida che si innalzavano fino a loro.

Percorrendo la discesa della piccola collina, si resero conto che un gruppo di uomini aveva afferrato una donna dal lungo abito scuro e dall’acconciatura disciolta sulla schiena, che ricordava l’ordine che doveva avere poco prima.
Giuliano si rese conto immediatamente che si trattava di Lucrezia Donati, dunque non aveva preso la strada del Chianti come sua zia gli aveva riferito!
Quando vide che uno degli uomini la colpì con un pugno in pieno viso e la fece accasciare debolmente su un altro che la sorreggeva, sfoderò immediatamente la spada.

-Fermi! Voi non avete potere in queste terre che appartengono a Lorenzo il Magnifico!- urlò prima di lanciarsi verso di loro spronando con forza il cavallo.

-Non abbiamo alcun interesse verso di voi, dobbiamo portare a termine un ordine ben più importante- lo schernì uno di quelli che poco prima aveva tirato un pugno a Lucrezia.

-Di che si tratta?- Giuliano scese da cavallo, lasciando le redini a Vanessa, cercando di farle intendere che se fosse finita male sarebbe dovuta fuggire via senza di lui.
-Lei è Lucrezia Donati, protetta di mio fratello Lorenzo De’ Medici: lasciatela immediatamente- sputò quelle parole con forza, puntando la lama verso quello che la teneva stretta.

Bertino si fece subito al suo fianco, sfoderando anche lui la spada. Lucrezia sembrava quasi innocente tra le grinfie di quegli assalitori, un uccellino caduto dal nido che aveva bisogno di esser raccolto per ricercare la salvezza.
-Quello che stiamo per fare sarà utile anche a vostro fratello- sghignazzò quello che la teneva stretta –è una spia di Roma, lei ci ha portato tutte le informazioni segrete di cui andavamo a caccia. Mentre scaldava il letto di Lorenzo De’ Medici, non perdeva tempo ad accorrere da noi a riferirci tutto quello che aveva scoperto. Solo che ora non ci serve più e abbiamo ricevuto l’ordine di ucciderla-.

Una volta che terminò di spiegare la situazione, Giuliano chinò appena la punta della spada verso il basso, quasi incredibilmente stupito di aver realizzato che fosse vera la sua supposizione.
Per un istante volle quasi lasciarla nelle mani dei suoi aguzzini, perché approfittassero di lei tutti insieme per poi massacrarla come avrebbero fatto dei briganti.
Certo, sarebbe stata la più giusta tra le punizioni.
Ma tutto questo non poteva passare davanti ai suoi occhi senza fare qualcosa. Giuliano non era crudele e soprattutto quella giustizia toccava alle mani dei Medici.
Loro avrebbero dovuto infangare la sua reputazione, punirla ed ucciderla per quello che aveva fatto.
Rialzò immediatamente la lama della spada e senza aggiungere altro diede inizio alla lotta, colpendo con furore verso i primi avversari che gli diedero addosso, in compagnia di Bertino che gli guardava le spalle.
Le lame cozzarono con ferocia, il sangue saltava agli occhi come una pozza d’acqua riempita con la pioggia.
Vanessa osservava quella scena con occhi spalancati, era abituata a vedere scene di violenza, ma non di quel tipo, non di quel calibro.
Il cavallo su cui continuava a rimanere seduta iniziava a scalpitare e lei sembrava totalmente avvolta nel terrore per poter fare qualcosa.
Era solo una donna, come poteva aiutare Giuliano?
Lui, riuscì a ferire gravemente due degli uomini mentre Bertino si destreggiava con uno dei più forti, cercando una via di fuga.
In quel momento, quasi senza rendersene conto, uno di loro che era riuscito ad evadere dalla mischia sanguinaria, arrivò fin sotto al cavallo di Vanessa e senza perdere alcun tempo la afferrò per un braccio e la fece scivolare a terra rovinosamente.

-Lasciatemi andare!- iniziò a gridare mentre veniva afferrata per i lunghi capelli rossi e condotta fino a colui che continuava a tenere stretta Lucrezia Donati, minacciandola con un coltello alla gola.

-Giuliano De’ Medici, a voi la scelta!- gridarono all’unisono i compagni romani, richiamando l’attenzione del principe che terminava di sferrare un colpo mortale ad un nemico che gli si era parato davanti.

Giuliano si voltò e si rese conto che lo avevano incastrato, ponendolo di fronte ad una scelta.
Da una parte vedeva Lucrezia Donati, l’amante traditrice di suo fratello, con il viso tumefatto che cercava di mantenere un determinato controllo.
Dall’altra Vanessa, colei per quale il suo cuore aveva iniziato a provare qualcosa, con il collo circondato dalla lama di un coltello insanguinato.
Entrambe sarebbero potute morire.

-Lasciateci  fare il nostro lavoro: uccideremo Lucrezia Donati e lasceremo andare la vostra graziosa compagna. Quale di queste due puttane vi è più utile?- colui che stringeva Vanessa a sé aveva iniziato a sfiorarle il collo con le dita, per provocare Giuliano, affinché affrettasse la scelta.

O una di loro, o nessuna.
La rabbia di Giuliano era inconfutabile, sapeva che scegliere Vanessa avrebbe comportato un prezzo alto. Ma non sceglierla avrebbe comportato un prezzo altrettanto alto.
Il respiro affannato disegnava un’espressione colma di sdegno, l’irritazione per quella situazione lo metteva a disagio e per la prima volta non avrebbe dovuto agire d’impulso.
Per la prima volta si sarebbero dovuto comportare con raziocinio, come era abituato a fare Lorenzo.
Quasi per un caso fortuito, non fu costretto ad abbandonare il suo istinto.
Lucrezia Donati, intimorita dalla possibilità di morire in ogni caso, ebbe il tempo di sfoderare uno stiletto e di piantarlo nel collo dell’assalitore, che crollò a terra nella sua stessa pozza di sangue.
Fuggì con foga verso il fiume, libera di tentare di trovare una via di fuga.
 
-Lucrezia!- gridò a gran voce Giuliano, non poteva lasciarla fuggire in quel modo.

L’uomo che teneva stretta Vanessa decise di lasciarla andare, scaraventandola a terra. Giuliano corse in suo soccorso, mozzando la testa del nemico con un colpo di spada che gli tranciò di netto il collo.
La testa priva di corpo rotolò accanto a Vanessa, che in un moto di terrore lanciò un gridolino acuto che la condusse ad allontanarsi da lì, strisciando lontano dall’erba rossa di sangue.

-Perdonatemi Vanessa, non vi ho saputo proteggere a dovere- sussurrò Giuliano lanciandole un’occhiata colma di rammarico verso se stesso.

Proprio in quel momento Bertino cadde a terra, insieme all’ultimo avversario, si erano trafitti a vicenda.
Il moto di rabbia che provava Giuliano in quel momento era folle, da uscire fuori di testa.
Non avrebbe perdonato a Lucrezia Donati tutta quella sventura che aveva condotto con sé.
In fretta corse verso la direzione che aveva preso, rincorrendola fino alle rive del fiume che scorreva lento davanti a loro.

-Fermatevi!- la incitava mentre entrava nelle acque fredde e gelide, afferrandola per un polso e strattonandola verso di lui per poter guardare negli occhi la traditrice –Bertino è morto a causa vostra, era un brav’uomo!- le tirò uno schiaffo furioso che la colpì al labbro inferiore. La tenne stretta perché non precipitasse nell’acqua, non doveva morire, non in quel momento.
-Tutti quelli che sono morti a causa vostra erano dei brav’uomini, come Gentile Becchi. Siete voi che gli avete dato la cicuta, non è così?- continuò a strattonarla con forza.

-Non avevo altra scelta!- rispose con voce rauca e colma di pianto Lucrezia, che pure di rimpianto non aveva nulla.

-Non ne avevate? Non siete una donna, siete l’incarnazione del male! Voi non conoscente cosa sia la bontà, la gentilezza, la compassione. Avete lasciato morire uomini innocenti solo per i vostri tornaconti. Sorridevate mentre mio fratello vi prendeva da dietro, perché voi stavate facendo lo stesso con lui!- un altro schiaffo le fece rigirare il volto.
-Tornerete con me a Firenze e quando Lorenzo saprà che cosa avete fatto, vi tormenterà e vi torturerà nella pubblica piazza finché non morirete sotto agli occhi della città che avete tradito-.

Quelle parole scatenarono in Lucrezia le prime lacrime che sgorgarono sul viso, illuminando gli occhi azzurri di una pietà che non poteva possedere.
Si avvicinò a lui soltanto per conficcargli lo stiletto, complice delle sue subdole azioni, nel fianco e penetrarlo con forza perché la ferita fosse profonda.

-Mi dispiace- sussurrò prima di estrarre la lama e lasciare che il corpo di Giuliano cadesse, abbracciato dalle acque del fiume che iniziarono a dipingersi del sangue del principe.

Vanessa, che da lontano aveva visto tutto e che aveva urlato il nome di Giuliano, rimase ammutolita nel momento in cui si accorse che Lucrezia l’aveva pugnalato.
Un pianto leggero emerse sulla punta delle labbra, un pianto rauco e profondo, quasi incredulo. Non poteva finire in quel modo, non doveva.
Raccolse i lembi dell’abito insanguinato e accorse verso il fiume per tentare di salvare Giuliano, o di uccidere Lucrezia per quello che aveva fatto.
Ma poteva lei macchiarsi di un peccato così grave? Poteva davvero arrivare a tanto e diventare un’assassina?

-Giuliano!- gridò nel momento in cui tentò di immergersi nel fiume per poter recuperare il corpo di lui che sembrava ormai esanime.

Lucrezia non poteva permettersi di rischiare così tanto, quando vide che la giovane modella si stava avvicinando per soccorrere il principe, si scaraventò su di lei per impedirle di diventare un rischio ai suoi occhi.
Vanessa non riuscì a fermarla e cadde sulla sponda del fiume, battendo la testa su una pietra e svenendo immediatamente dopo.

Il corpo di Giuliano scorreva insieme al flusso del fiume, trasportandolo lontano. Vanessa era adagiata sulle sponde, dormiente, come una Ninfa che si era concessa un lieve riposo.






/// Nda: 
 
E' stato faticoso scrivere questo capitolo, principalmente perchè è stato difficile metterlo giù e la stanchezza pre-esame si fa sentire. 
Mi scuso per gli eventuali errori e ringrazio ancora tutti coloro che continuano a seguirmi. 
Ormai manca poco alla fine della storia, due capitoli al massimo. 

Breve anticipazione: penso proprio che quando sarà terminata questa fanfiction ne inizierò un'altra incentrata su Clarice, Lorenzo e Lucrezia.   Anche se non sono molto amati come personaggio, proverò a cimentarmi lo stesso in questa avventura xD. 

Yoan

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Capitolo 6
*** Speranze ***


Speranze






Le acque del fiume si adagiavano sulle vesti bianche di Vanessa, intrappolandola in un reticolo umido che si sospingeva sulle forme del corpo, appropriandosi anche del viso su cui scorreva un rivolo di sangue ormai asciutto.
Il sole del pomeriggio bruciava come se fosse scoppiato l’inferno della primavera, nonostante il giorno prima il cielo avesse portato con sé nient’altro che pioggia e temporale.

Tre cavalli volgevano poco lontano, accanto all’altra riva del fiume, facevano ritorno da Roma con un certo successo, nonostante tutti avessero deciso di rispettare un silenzio inconsueto.

Una delle voci risuonò alta non appena si accorse che il corpo della giovane donna giaceva sulla sponda contraria, come morta.

Alle orecchie di Vanessa, che poco a poco andava risvegliandosi, giunse soltanto lo scalpitio dei cavalli e il vociare contrastato di grida colme di preoccupazione che sfociarono in un cozzare di acqua rumoroso.
Una mano arrivò a sollevarle la nuca, scostandole i capelli rossi dal viso e controllando che non avesse ferite aperte, eccetto quella che riportava in alto sulla fronte.

-Vanessa!- gridava Leonardo con preoccupazione, mentre le sfiorava le guance, le controllava il battito del cuore, andava alla ricerca di ogni suo respiro.
-E’ ancora viva, aiutatemi a sollevarla- ordinò a Nico e Zoroastro, il primo che mostrava una visibile preoccupazione, il secondo che si domandava per quale motivo si trovasse lì.

-Se non avessi consigliato di prendere la strada di Poggibonsi non l’avremmo trovata- sussurrò Zoroastro, per rimarcare che per una volta la sua idea si era rivelata esatta.

Leonardo non badò alle sue parole, non era quello il momento di preoccuparsi di simile sciocchezze.
Una volta che trascinarono Vanessa sul manto erboso poco distante dal fiume, lei iniziò ad aprire gli occhi, battendo leggermente le palpebre.

-Cosa mi è accaduto?- sussurrò prima di incontrare lo sguardo di Leonardo, passare su quello di Nico e di Zoroastro, apprendendo lo sfondo paesaggistico che non le era affatto nuovo.

-Questo non possiamo dirtelo noi- disse Leonardo, mentre tirava fuori un coltello e tagliò un lembo della camicia, prima di strapparla completamente con le mani. Così facendo ripulì la ferita che aveva riportato e le bendò la testa in modo stretto, perché non rischiasse una qualche emorragia.

-Cosa ci facevi qui?- domandò Nico, una volta che tornò dall’aver inumidito le bende della ferita.

-Io, non ricordo, datemi un momento- la aiutarono a sollevarsi, per mettersi a sedere nei suoi panni inumiditi che le fecero provare un brivido di freddo.

Leonardo sciolse il soprabito dalle spalle per poterlo adagiare su quelle di lei e stringerla vigorosamente per toglierle la sensazione di umido.
Una volta che si accorse della presenza dei tre cavalli e si sfiorò la benda sulla testa, socchiuse gli occhi e tutto tornò alla mente.

-Ero con Giuliano, stavamo facendo ritorno da Siena, eravamo alla ricerca di notizie su Lucrezia Donati- sussurrò, lanciando uno sguardo significativo verso Leonardo.

Lui, come al suo solito, mostrò quell’espressione assorta e assente che era solito avere quando si rifugiava nelle sue riflessioni.
Lanciò lo sguardo altrove, verso il fiume, come per immaginare che cosa potesse essere accaduto.

Improvvisamente Vanessa scoppiò a piangere, portando le mani sugli occhi per asciugarli dalle lacrime che stavano sgorgando.
Con le labbra increspate per il dolore mugugnò qualcosa che si riuscì a comprendere soltanto a fatica.

-Giuliano, temo sia morto. E’ stato accoltellato- altri singhiozzi arrivarono accompagnati da parole che più nessuno comprese.

Nico le prese una mano per stringerla con forza, sapeva molto bene che Vanessa aveva un certo interesse verso Giuliano e che di rimando era ricambiata.
Le sussurrò qualcosa per farla calmare, di modo che potesse spiegare meglio il racconto.

-Vanessa, se non ti tranquillizzi non sapremo cosa è accaduto, per favore- aggiunse Leonardo con una certa veemenza, l’accoltellamento di Giuliano non era una notizia sciocca, era il fratello di Lorenzo.

-Sono stati i romani, vero?- sputò Zoroastro, inginocchiato sull’erba e appoggiato con il braccio sul ginocchio.
Poco più in la si intravedevano dei corpi distesi sull’erba verde e macchiata di sangue rappreso, li indicò a Leonardo e Nico che cercavano di farsi strada in un racconto che ancora non veniva fuori.

Vanessa scosse il capo, trattenendo il respiro per non singhiozzare ancora una volta ed asciugandosi le lacrime che scorrevano sulle guance umide.
Deglutì a fatica, finché non rivelò tutto.

-No, non sono stati loro- i suoi occhi indugiarono per un momento su quelli di Leonardo, perché fosse più eloquente lo sguardo che le parole –gli scagnozzi del Conte Riario stavano cercando Lucrezia Donati, volevano ucciderla. Lei ha dirottato le indagini sulla spia di Roma verso Gentile Becchi, è morto a causa sua. Non ha fatto altro che riportare tutte le informazioni di cui è entrata a conoscenza. Quando siamo arrivati, Giuliano ha tentato di salvarla per portarla a Firenze e farla giustiziare, quei corpi parlano da soli- indicò coloro che erano distesi a distanza da loro –ma quando ha tentato di non farla fuggire, lei lo ha accoltellato-.

Il silenzio che provocò quelle parole fu quasi assordante, Leonardo non osò guardare Vanessa negli occhi.
Lei lo stava rimproverando per esser stato così cieco, per non averla scelta come amante, per non essersi fidato di un’amica e aver preferito la bellezza ideale.

-Quella…puttana!- esordì  Zoroastro alzandosi in piedi, scuotendo il capo con vigore –Ci ha venduti tutti a Roma, come un branco di pecore-.

-Sei certa che Giuliano sia morto?- intervenne Leonardo, inumidendosi le labbra, tenendola ancora sollevata per la schiena.

-Io, non lo so…- sussurrò lei prima di stringere le spalle nel soprabito, ammorbidendo il brivido di freddo che le percorse la schiena.

-Dov’è?- domandò Nico, alzandosi in piedi alla ricerca del corpo.

-E’ stato trascinato via dal fiume- indicò Vanessa, trattenendo un singhiozzo.

Leonardo la aiutò ad alzarsi, tenendola per la vita perché si sorreggesse.
-Dobbiamo trovarlo, potrebbe ancora essere vivo. Qualcosa mi dice che non è ancora troppo tardi. Nico, Zo, portate Vanessa a Firenze, io andrò a cercare Giuliano. Non dite nulla a Lorenzo, finché non ne siamo certi, non è bene che girino queste voci-.

Lo stava facendo per Lucrezia? Cercava di proteggerla? Vanessa non poteva saperlo, ma per un momento avrebbe desiderato ribellarsi a lui, correre da Lorenzo e dire tutto ciò che aveva visto.
Non dovevano prendersi una meritata giustizia, in fondo?
Non vi fu il tempo di risolvere la questione che Nico aiutò Vanessa a salire a cavallo insieme a lui, per poter tornare a Firenze insieme a Zoroastro che cadde in un rinnovato silenzio.
Leonardo al contrario si riappropriava del suo cavallo per poter volgere l’attenzione sul corso del fiume in cui doveva vagare ancora il corpo di Giuliano, senza conoscere l’esito finale della pugnalata che era stata inflitta.
 
 


 

~*~*~

 




Leonardo aveva attraversato gran parte della strada contraria rispetto a Firenze, gettando lo sguardo ovunque per poter ritrovare il corpo del Principe.
Il sangue gli ribolliva furente nelle vene, per ciò che Lucrezia Donati aveva compiuto.
Quale donna poteva arrivare a tanto? Quale passione così forte poteva condurla in un baratro senza ritorno?
Ciò che aveva scoperto a Castel Sant’Angelo, chi aveva incontrato dietro quelle celle, aveva dato una risposta.
Ma poteva davvero essere quello il motivo reale per cui Lucrezia si era spinta così oltre? Tutte quelle anime innocenti per un padre che non voleva uscire dalla sua prigione.
Stringeva i pugni che tenevano le  redini, studiando il corso d’acqua e le tracce di sangue che iniziarono ad affiorare poco a poco, mentre avanzava nel suo cammino.
Affrettò l’andatura del cavallo, non doveva trovarsi ormai molto lontano dal suo scopo.
Infatti, poco dopo, iniziò ad udire le urla di una donna che chiedeva aiuto, mentre emergevano i passi di qualche altro.
Leonardo incontrò la figura di pochi uomini, contadini delle campagne di Siena, che erano immersi nell’acqua del fiume fino alla cintola, intenti a trasportare un corpo appesantito e dall’aria dormiente.
Lo tirarono fuori e non passò molto da quando fu riconosciuto.

-E’ Giuliano De’ Medici!- esclamò la donna che lo aveva riconosciuto.

Leonardo accorse immediatamente, saltando giù da cavallo e correndo nella loro direzione.

-Presto, fatemi vedere se si può ancora fare qualcosa!- inveì contro di loro perché gli lasciassero spazio, una volta che vi giunse accanto si inginocchiò davanti al corpo di Giuliano che teneva gli occhi serrati e l’espressione del viso contratta.

Appoggiò le dita sotto la gola per cercare di sentire i battiti del cuore, un lungo sospiro ne seguì quando si rese conto che era ancora vivo, ma la ferita che riportava al fianco sembrava abbastanza profonda e continuava a perdere sangue.

-Portatemi delle bende pulite, riempitemi una bacinella d’acqua, forse posso salvarlo- ordinò immediatamente Leonardo dispensando agli osservatori ciò che avrebbero dovuto fare.
Ovviamente eseguirono tutto prontamente e in poco tempo  ebbe ciò che aveva richiesto.
Tirò fuori dalla tasca una boccetta di unguento che portava sempre con sé, serviva per cicatrizzare le ferite. L’aveva preparata poco prima di partire per Roma, aveva avuto timore di incorrere in grossi guai e di certo, prevenire era meglio che curare.
Pulire la ferita, fasciarla con le bende prima di passarvi sopra l’unguento, richiese più tempo del previsto ma alla fine sembrava esser riuscito nell’impresa.
Lo trasportarono nell’abitazione della donna che aveva riconosciuto il Principe, per lasciarlo riposare e dargli il tempo di riprendere conoscenza.
Non ebbe bisogno di molto per risvegliarsi, a causa del dolore lancinante che avvertiva al fianco.
Leonardo gli sedeva di fronte, su una sedia di legno, intento a studiare gli interni della casa e modificando nella sua mente tutto ciò che avrebbe avuto bisogno di un miglioramento.

-Dove diamine mi trovo?- uscì quel mugugno dalle labbra di Giuliano con un’enfasi che gli procurò una forte tosse, tanto da costringerlo a richiudere gli occhi e rimanere fermo il più possibile.

-Sembra che oggi tutti abbiano problemi di memoria- Leonardo cercò di lenire l’atmosfera, prima di incrociare le braccia.

Giuliano parve iniziare a ricordare ogni cosa e con furore cercò di alzarsi con la schiena per mettersi a sedere.
-Quella puttana di Lucrezia Donati! E’ una spia di Roma, ha tentato di uccidermi e…- guardò fisso Leonardo con un rinnovato stupore –dov’è Vanessa? Che ci fate voi qui, artista?- cercò di sporgersi verso di lui e afferrarlo per il collo della camicia ma il dolore lancinante lo fece tornare a letto, chiuso in un silenzio di spasmi.

Leonardo decise di sorvolare riguardo Lucrezia, preferendo rassicurarlo da un altro punto di vista.
-Vanessa sta bene, l’abbiamo trovata sulla strada di Poggibonsi. Zoroastro e Nico la stanno riportando a Firenze- si schiarì la voce –preferisco non indagare sulle motivazioni che vi hanno spinto a portarla con voi-.

-Allora perché fate questa allusione?- gli sputò contro agganciando lo sguardo al soffitto, nel tentativo di provare a calmarsi e concentrarsi su qualcosa di diverso dal dolore.
-Devo ritornare a casa, Lorenzo deve sapere cosa è accaduto- sussurrò, nella speranza che Leonardo non gli avesse impedito di fare ciò che voleva.
-Immaginavo che me lo avreste detto, per questo ho preparato qualcosa da farvi prendere per affrontare il viaggio- gli passò un bicchiere colmo di una sostanza verde chiaro –non provoca sonnolenza, ma vi inibirà i sensi, in questo modo non avvertirete il dolore della ferita-.

-State cercando di drogarmi…- rispose in modo disgustato Giuliano, ma in fondo non vi era una soluzione diversa, doveva raggiungere Firenze il prima possibile e a qualunque costo –va bene, fatemi bere quella robaccia- disse tendendo la mano verso il bicchiere, non appena lo afferrò, lo ingurgitò tutto d’un fiato mandandolo giù con un leggero senso di nausea.

Dopo che Giuliano riuscì ad alzarsi dal letto, seppure con grande fatica, si fece aiutare da Leonardo per uscire dalla casa in cui era stato ospitato per poco tempo e salire a cavallo.
Si procurarono un altro destriero, per essere più veloci.
Nessuna parola fu scambiata tra di loro durante tutto il tragitto, Giuliano a volte aveva la sensazione che la testa vorticasse e non riusciva a concentrare l’attenzione su qualcosa di particolare.
Leonardo al contrario gli faceva strada, diventando la sua guida, come qualcuno che è in grado di guidare un cieco soltanto rimanendogli accanto.
L’artista rifletteva su tutto ciò che era accaduto, Lucrezia Donati aveva messo a rischio non solo i suoi amici, ma anche i potenti di Firenze, arrivando a tentare di uccidere Giuliano.
Lo sguardo che Vanessa gli aveva rivolto era stato sin troppo eloquente, sembrava averlo ridestato di una realtà difficile da poter apprendere, ma come poteva discostarsene?
Ormai era entrato in un mondo da cui non gli era possibile sfuggire.






~*~*~





 
 
Vanessa sedeva sullo scalino di fronte alla bottega del Verrocchio, con la fronte fasciata e le mani appoggiate alle orecchie, come per evitare di ascoltare il resto del mondo ed immergersi completamente nel suo.
Il giorno dopo avrebbe incontrato una cerusica, quella nausea e quel tipo di sudorazione le sembravano eccessivamente strani e le rivoltavano lo stomaco.
Inoltre il pensiero che Giuliano non ce l’avesse fatta le martellava continuamente in testa.
Ormai era sera, non aveva cenato, Nico le aveva portato una mela da mangiare intanto che attendeva il ritorno di Leonardo, ma lei non voleva accontentare il suo stomaco.
Lo ringraziò, dicendogli che preferiva rimanere da sola.
Non mancò molto dal momento in cui Leonardo fece ritorno, sembrava stanco e stremato, ma lo sguardo era sempre luminoso.
Appena lo vide si alzò in piedi, correndogli incontro ed abbracciandolo.

-Dimmi che è ancora vivo- gli sussurrò in un filo di voce.

Leonardo annuì e questo a Vanessa bastò per trarre un sospiro di sollievo.
-L’ho condotto a Palazzo Medici, Lorenzo oggi era alla Villa di Fiesole per i festeggiamenti del prossimo matrimonio con Camilla Pazzi, non sa ancora che Giuliano si trova qui. Voleva raggiungere Fiesole per avvertire il fratello, ma gliel’ho impedito, era troppo debilitato e non potevo lasciarlo andare, avrebbe rischiato di far aprire di nuovo la ferita-.

Vanessa lo guardava dal basso in alto, ascoltandolo con una certa trepidazione. Avvertiva il cuore battere più lentamente fino ad accelerare all’improvviso, ormai sicura che Giuliano stesse bene.
Leonardo le avvolse la vita con il braccio, lasciandole un bacio sulla fronte.

-Lo vedrai domani, ora vai a riposare, hai affrontato una giornata lunga e pericolosa- le disse prima di accarezzarle i capelli ed accompagnarla all’interno della bottega, perché trovasse un posto dove addormentarsi e riposare.
La speranza alla fine è  l’ultima a morire.
  





//Nda: 

Tadaaan! Ed eccoci qui al penultimo capitolo. 
Allora, premetto che in questo periodo con gli esami sono molto stanca e ho poco tempo sia per scrivere che per rileggere i capitoli. 
Se ci sono degli errori chiedo scusa, li correggerò. 
Un grazie a coloro che mi seguono e che arriveranno fino alla fine! 

Yoan 

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Capitolo 7
*** Il Principe della Gioventù ***


Il Principe della Gioventù









Incubi. Incubi per tutta la notte.
Freddo, freddo intenso ed insistente.
Lunghe e ripetute nausee, nausee fastidiose ed inspiegabili.
Rigirarsi più volte tra le lenzuola pulite, improvvisi risvegli e rumori fastidiosi delle porte cigolanti.
“Non andare, non andare Giuliano”.
Continuava a sussurrare mordendosi i polsi, come a volerne strappare la pelle.
Non aveva mai dormito in quel modo, nessuno si era posto così concentrato nei suoi pensieri. C’era qualcosa che sentiva Vanessa scorrere nelle vene, come un avvertimento che giaceva nella sua mente e da cui non poteva liberarsi.
Con i capelli rossi intarsiati di sudore, la fronte altrettanto imperlata, si alzò con la schiena per sedersi sul letto.
Ormai era l’alba e a breve sarebbe arrivata la curatrice che le avrebbe risolto il dilemma di quel malessere che andava avanti da giorni.
Non era riuscita a riposare e quello che era accaduto solo il giorno prima le sembrava quasi un sogno, era davvero accaduto quello a cui i suoi occhi avevano assistito?
Giuliano che aveva quasi sfiorato la morte, Leonardo che era riuscito a salvarlo. Era mancato così poco, così poco che aveva temuto di non sentire più i battiti del suo cuore.
Mentre rifletteva su tutto ciò entrò nella camera la donna che aveva mandato a chiamare la sera prima, un’anziana esperta di erbe medicinali che arrancava verso di lei, guardandosi attorno con curiosità.

-Dormite fino a tarda mattinata, bambina? Non si vede nulla, aprite le finestre- gracchiò con la sua voce affatto suadente, mentre appoggiava una sacca a terra.

Vanessa si alzò immediatamente, spesso si era servita di lei per migliorare la sua salute, ormai era divenuta una cliente affidabile che la vecchia non dimenticava mai di tenersi stretta.
Andò ad aprire le finestre, perché entrasse la luce richiesta. Il primo sole dell’alba penetrò lentamente all’interno della stanza, illuminando la figura di lei con generosità.

-Se non sapessi che siete viva, vi scambierei per un fantasma. Una pessima cera, davvero pessima- le comunicò mentre tirava fuori dei sacchetti colmi di erbe e prendeva la bacinella che era accanto al letto, tirandola su per porgergliela.
-Pisciate qui dentro, speriamo che non siano vermi. La scorsa settimana ho dovuto aprire a metà una povera ragazza, ne era piena-.

Vanessa sembrò non migliorare di fronte a quella possibilità, un conato di vomito fu trattenuto portandosi la mano alle labbra per avere la finzione di rimandare tutto giù.
Afferrò la bacinella e fece ciò che le era stato chiesto. Poi si rialzò e le passò la bacinella, perché le desse una risposta.
Si costrinse a rimanere in piedi, tenendo le mani sui fianchi. Mentre l’anziana studiava ed analizzava il contenuto della bacinella, Vanessa sembrava preoccuparsi sempre di più.

-Ho i vermi, dunque?- domandò cercando di affrettare la risposta.

L’anziana scosse leggermente il capo, con aria compiaciuta e soddisfatta.
-No, mia cara. Siete entrambi in ottima salute- confessò prima di lasciare sul pavimento la bacinella e tirare fuori dalla sacca un fascio di un’erba particolare che non si sprecò di spiegare.
-Entrambi?- balbettò, quasi cadendo dalle nuvole.

-Aspettate un bambino, ragazza mia- le lanciò un sorriso ammiccante, prima di abbandonare tra le sue mani il fascio di erbe, riprendere i suoi effetti personali e dileguarsi proprio come era arrivata.

Vanessa ricadde sul letto, portandosi una mano tra i capelli e tenendo lo sguardo rivolto verso il basso. Improvvisamente sentì il sorriso dipingersi sulle labbra, fino a farne seguitare una risata sommessa.
Lei e Giuliano stavano aspettando un bambino!
D’improvviso tutto fu più chiaro, tutto ciò che le era sembrato così folle, così impossibile, si era realizzato.
Era innamorata di Giuliano, lo era davvero, con così tanta passione che quasi non riusciva a crederci.
E l’aveva compreso soltanto nel momento in cui aveva saputo di aspettare un bambino da lui, quello che sarebbe stato il frutto di un’unione insolita se fosse perdurata nel tempo.
Si alzò immediatamente dal letto, doveva vederlo, doveva vestirsi e andare alla Santa Messa della Domenica per dargli la notizia.
Leonardo le aveva detto che Giuliano vi sarebbe andato solo nel caso in cui si fosse ripreso, doveva parlare con Lorenzo e si sarebbero incontrati in quel frangente.


 

~*~*~





26 Aprile 1478




Giuliano era stato sedato con del latte di papavero. Per quasi tutta la notte non aveva fatto altro che rimanersene addormentato, avvolto in quelle lenzuola morbide che Vanessa aveva tanto deprecato, in favore di una vita libera.
I dolori al fianco erano passati, ma si sentiva indolenzito e non ancora pronto per affrontare una giornata degna di tal nome.
Quando si svegliò a Palazzo Medici, per un attimo ebbe la sensazione di aver sognato tutto e di aver vissuto altrove. Doveva essere lo stordimento a causa del papavero, dannato artista, prendersi gioco di lui e fargli inibire i sensi.
Si fece aiutare ad alzarsi, domandò se Lorenzo fosse ritornato dalla Villa di Fiesole, ma sembrò che il fratello avesse intenzione di recarsi direttamente alla funzione di Santa Maria del Fiore di quella domenica.
Giuliano non aveva intenzione di assistere alla messa, si sentiva troppo stanco e debilitato, ma al tempo stesso non poteva perdere tempo.
Ciò che lo convinse, fu l’inaspettato arrivo di Bernardo Bandini Baroncelli [1] che si presentò a Palazzo Medici per assicurarsi che Giuliano stesse bene.
Fu fatto accomodare all’ingresso, nell’attesa che il principe potesse presentarsi.
 
-Baroncelli, siete qui per castigarmi, poiché sono mancato alla festa in onore del mio futuro matrimonio?- disse Giuliano non appena raggiunse l’ospite, vestito in poco tempo, senza bardature di alcun tipo.

Baroncelli notò come prima cosa la fasciatura che Giuliano riportava al fianco, quasi senza volerlo si fece spuntare un lieve sorriso sulle labbra.
-Vostro fratello sembrava a dir poco contrariato della vostra assenza ieri a Fiesole, ma da quel che posso constatare, temo che la motivazione sia alquanto giustificabile. Cosa vi è accaduto?-.

Giuliano si avvicinò, appoggiandogli una mano sulla spalla, per porgergli il proprio benvenuto. Sapeva che Baroncelli era un sottoposto di Francesco Pazzi e trattarlo con il minimo riguardo sarebbe stato d’obbligo.
Mancare alla festa era già stato un affronto, non desiderava compromettere maggiormente la situazione.

-Questioni poco rilevanti a dire il vero. Ho avuto un piccolo scontro al di fuori di Firenze, ma come potete vedere sono in forma. Piuttosto, se cercate Lorenzo, lo troverete a Santa Maria del Fiore- reagì con un mezzo sorriso.

In realtà la ferita iniziava a procurargli un rinnovato fastidio e presto l’effetto del papavero sarebbe stato annullato.
Baroncelli iniziò ad annuire, mantenendo un’aria di solarità e di amicizia a lui poco consona.

-In realtà mio Signore, sono qui per ordine di Francesco Pazzi. Mi ha pregato di condurvi alla funziona domenicale, desidera parlarvi di una questione importante- disse lasciando trasparire dal tono della voce che non avrebbe dovuto dare una risposta negativa.

Giuliano si morse appena il labbro, uscire da Palazzo Medici non gli sembrava una buona idea, soprattutto aveva timore che la ferita potesse riaprirsi.
Ma aveva già dato abbastanza noie a Lorenzo, crearne un’altra avrebbe portato ad una guerra ancora più aperta.
Dunque si decise, annuì e si fece portare semplicemente il soprabito.

-Questo è il valore della parola dei Medici, molto bene!- in una spinta velata da solenne amicizia, Baroncelli abbracciò Giuliano più volte per dimostrargli la contentezza di quella decisione. In realtà i suoi scopi erano ben altri.

Uscendo da Palazzo Medici, Baroncelli rimase al fianco di Giuliano durante tutto il tragitto e ancora altre volte andò ad abbracciarlo o cercò di studiarne la figura.
Il principe non riusciva a comprendere quell’improvviso moto di amicizia scosso da chissà quale strana idea.
Non aveva intenzione però di porsi altri dubbi in proposito, aveva cose più importanti a cui pensare, tra cui rivelare al fratello ciò che era accaduto.
Quando sopraggiunsero davanti a Santa Maria del Fiore, vi incontrarono Francesco Pazzi che attendeva con un’incontrollabile frenesia l’arrivo dei fratelli Medici.
Discese immediatamente le scale, mostrando un mezzo sorriso che Giuliano non riuscì ad interpretare.

-Mi auguro di non avervi arrecato disturbo, Giuliano- esclamò immediatamente, soddisfatto della sua presenza.

-Affatto, Francesco. Devo anzi porgervi le mie scuse per la mia assenza ieri- quelle parole uscirono con una forzatura così ampia che sembrarono stonare.

-Di questo ne riparleremo più tardi, Baroncelli ha fatto un ottimo lavoro nel convincervi a venire qui. Potremo espiare i nostri peccati con la parola del Signore- chinò leggermente il capo, prima di lasciarlo passare affinché potesse entrare in chiesa.

Non appena Giuliano scomparse alla loro vista, Francesco si affiancò al suo sottoposto per chiedergli ciò che desiderava ascoltare.

-Non indossa nessuna cotta di maglia, non è armato, né di spada né di pugnali. Sarà un gioco da ragazzi, mio Signore- sussurrò Baroncelli all’orecchio del futuro assassino, che racchiuse quelle parole in un sorriso mimetico e colmo di frenetica soddisfazione.


 
 

 
~*~*~




 
Vanessa si trovava all’interno di Santa Maria del Fiore, in piedi, in attesa della persona che desiderava incontrare. Nico continuava a tirarle leggermente la manica del vestito, per rassicurarla e dirle che sarebbe andato tutto bene.
Ma lei continuava a provare strane sensazioni, il sogno che aveva avuto le aveva procurato una fantasia così deleteria al suo futuro che detestava credere di poter vedere realizzato.
In fondo si stava comportando proprio come una ragazzina sciocca e piena di paure, Giuliano ormai era fuori pericolo e non poteva esservi nulla al momento che potesse distruggerlo.
Verrocchio in quel momento le passò accanto, non appena la vide si voltò verso di lei, con aria decisamente soddisfatta.

-La vostra bellezza Vanessa  è un dono del cielo- sorrise prima di posizionarsi davanti a lei, nella fila antecedente.

Lei sorrise, quel complimento le aveva fatto piacere. Non le capitava mai di sentirsene fare uno, soprattutto da quando lavorava alla locanda, in cui di certo l’uso delle parole non poteva essere così aggraziato.
In quel momento, avvolta nei suoi pensieri, fu costretta a tornare alla realtà quando vide entrare Giuliano, claudicante per la ferita al fianco.
Il viso si illuminò, regalandole un’espressione colma di fascino e di naturale bellezza.
Quando lui si accorse della sua  presenza, le ricambiò uno sguardo significativo, volgendole un mezzo inchino con il capo.
Vanessa tentò di fermarlo, per potergli rivelare ciò che avrebbero affrontato, ma Nico la costrinse a rimanere al proprio posto. Non sarebbe stato un buon momento e l’avventatezza poteva procurare danni.
Poco dopo, quando tutta la Chiesa si empì di credenti e fedeli, iniziò la sfilata di Lorenzo de’ Medici, di sua moglie Clarice e delle bambine al loro seguito.
Lorenzo non era affatto di buon umore, era stato appena avvisato che Giuliano si trovava lì, avrebbe desiderato prenderlo a pugni e al momento invece doveva conservare la pazienza, fintanto che sarebbe durata la funzione.
Una volta che i Medici si affiancarono, ricostruendo la grande famiglia che rappresentava Firenze stessa, la funzione ebbe inizio.

-Mi auguro che tu abbia una spiegazione per l’assenza di ieri, Giuliano. Sei inaffidabile, non posso trarti sempre fuori dai guai- gli sussurrò con un certo rancore, sporgendosi appena verso di lui perché lo ascoltasse.

Giuliano si schiarì appena la voce prima di rispondergli in un sussurro.
-Se non fossi così dannatamente egocentrico, Lorenzo, ti accorgeresti che sono ferito. E non ho quasi rischiato di morire per andare a caccia- gli rivolse uno sguardo significativo.

Lorenzo curvò le sopracciglia, stupito da quell’affermazione.
Avrebbe desiderato porre domande, investigare, chiedere di più. Se solo una lama d’argento non andò a conficcarsi al centro del petto di Giuliano.
Improvvise urla sconvolsero i fedeli, Francesco Pazzi e Baroncelli avevano sfoderato i pugnali e le spade per mettere in atto la Congiura.

-Giuliano!- urlò Lorenzo mentre sfoderava la spada, cacciò via Clarice e le bambine –Fuggite, mettevi in salvo!- ordinò loro prima di tentare di difendere il fratello che aveva ancora il pugnale conficcato nel petto.
Tirò un colpo netto alla gamba di Francesco che stava tentando di avere la meglio su di lui.  

Giuliano non ebbe modo di reagire, poiché dopo il primo colpo sferrato da Baroncelli, infierirono gli altri sedici colpi di Francesco Pazzi che gli trapuntarono il corpo di ferite mortali.
Gli occhi del Principe della Gioventù, colmi di sangue e lacrime, furono investiti dalla fioca luce che si rifletteva sull’altare della Chiesa.
Non ebbe modo di contrattaccare, di difendersi, disarmato com’era.
Un rivolo di sangue uscì dall’angolo delle labbra e cadde riverso sul manto freddo della Chiesa.

Il duello che ne conseguì non durò che pochi istanti, Lorenzo era stato ferito, ma riuscirono a trarlo in salvo.
Baroncelli in un modo o nell’altro fuggì dal popolo inferocito che si era rivoltato di fronte a quell’incredibile congiura.
Francesco Pazzi su fermato ed imprigionato.

Vanessa, che aveva assistito a tutto quello che era accaduto, non era riuscita a dire nemmeno una parola. Vide il corpo di Giuliano cadere a terra, sommerso dal sangue delle diciassette coltellate. Nonostante Verrocchio e Nico tentassero di fermarla e portarla in salvo, fuori dalla Chiesa, lei riuscì a liberarsi dalla presa con una furia cieca e trascinarsi verso Giuliano.
Cadde in ginocchio, accanto a lui, gli sollevò la testa perché potesse aprire gli occhi e vederla. Gli sfiorò le guance con le lacrime che iniziavano a scivolarle dal viso.

-No, Giuliano, non potete andare via. Vi prego- sussurrò con il tono di voce strozzato ed addolorato –aspetto un figlio da voi. Avremo un bambino- riuscì a dirgli, con gli occhi che ormai arrossati non trattenevano il pianto.

Giuliano tentò di dire qualcosa, mentre con le ultime forze rimaste in corpo andò a cercare il viso di lei, accarezzandole con dolcezza la guancia.
L’ultima riserva di vita era stata portata a termine, mentre gli occhi andavano chiudendosi, le regalò un ultimo sorriso. Uno di quelli che lei aveva potuto vedere altre volte.
Vanessa non riuscì quasi a credere a quello che era accaduto, nessuno si era accorto di nulla, nessuno era riuscito a fermare quella follia.
Il suo Giuliano era morto, non c’era più, gravitava sul manto freddo come una statua immobile e colma di sangue.
Si accasciò fino a sfiorargli la fronte con la propria, desiderava addormentarsi anche lei, con lui.


 
 

 
~*~*~

 



Fu il popolo di Firenze a fare giustizia. Lorenzo era stato portato via immediatamente, perché fossero curate le ferite riportate. Clarice e le bambine riuscirono a salvarsi, una parte della famiglia Medici era ancora salva.
Se le truppe di Roma non avessero incontrati ostacoli intorno alla mura, Firenze sarebbe caduta.
Ma era destino che i Medici ancora non cadessero, pronunciando la loro fine.
Francesco Pazzi fu trascinato dalla folla inferocita nella piazza antistante per torturarlo ed impiccarlo.
Il popolo si era racchiuso attorno a quella scena, per poter reclamare il Principe che aveva perduto.
Nico era riuscito a trascinare via Vanessa dalla Chiesa, con l’intenzione di condurla a casa.
Ma lei desiderava guardare l’imminente morte del traditore, desiderava vederlo soffocare sotto la stretta del cappio.
Lui, che le aveva portato via l’uomo che amava, senza che nemmeno potesse proclamarlo al mondo intero.

-Non dovremmo rimanere qui, andiamo, è pericoloso- insistette Nico, cercando di trascinarla via.

-Ho perso tutto Nico, non c’è nulla che possa farmi più male di questo- sussurrò lei, prima di stringersi nelle spalle, cacciando via le lacrime dagli occhi.

Il collo di Francesco Pazzi fu legato al cappio, bastò un solo colpo per farlo scivolare giù perché si spezzasse.
Era stato tutto allestito in brevissimo tempo, tanto era la follia omicida che si era instaurata nel popolo.
Vanessa ingurgitò un singhiozzo, trattenendo gli spasmi che stavano per darle uno svenimento.
Poco dopo dalla Chiesa uscì un corteo di persone che sollevarono in alto il corpo esanime di Giuliano, sfregiato dalle mille ferite riportate al petto e al cranio.
Il Principe della Gioventù ormai non era più.
Nico andò a stringere con forza la mano di Vanessa, guardandola per un istante.

-Mi prenderò cura di te Vanessa, te lo prometto-.


 
 
 
Note:


[1] Baroncelli fu il sicario di Giuliano, andò personalmente a prenderlo a Palazzo Medici per controllare che fosse disarmato e fu il primo a pugnalarlo.






/// Nda: 
Salve a tutti! Ed ecco che siamo arrivati al termine del capitolo. Premetto che essendo dannatamente sotto esame, sto scrivendo nei momenti liberi (che non ci sono mai) e purtroppo mi ritrovo ad affrettare molto le cose, con un gran dispiacere. 
Non sono soddisfatta di questo capitolo, è molto veloce e scorre eccessivamente verso la fine, senza creare una giusta pausa. 
Volevo dare di più a Vanessa e Giuliano, ma questa scena è così complicata che non sono riuscita a fare diversamente. 
In ogni caso ringrazio Chemical Lady ed Eagleflea che mi hanno seguito fino alla fine e a tutti gli altri che lo faranno ^^. 

Yoan

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