Liscio come l'olio di ZKaoru69 (/viewuser.php?uid=226265)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Domenica ***
Capitolo 2: *** Prima gionata - Lunedì ***
Capitolo 3: *** Seconda giornata - Martedì ***
Capitolo 4: *** Terza giornata - Mercoledì ***
Capitolo 5: *** Quinta giornata - Venerdì ***
Capitolo 6: *** Epilogo - Domenica ***
Capitolo 1 *** Prologo - Domenica ***
Liscio
come l'olio
“Fare
del proprio meglio.
Rifare.
Ritoccare
impercettibilmente ancora questo ritocco.”
(Marguerite
Yourcenar)
Prologo
– Domenica
«Sono
un disastro, Vanna.»
La
donna gli riempì di nuovo il boccale di vino scuro e
restò in
silenzio, attendendo che l'uomo seduto di fronte a lei continuasse,
anche se immaginava bene il motivo della sua afflizione. Le faceva
piacere che suo fratello venisse a sfogare la sua frustrazione da lei
piuttosto che in luoghi pericolosi come le osterie, ma negli ultimi
giorni queste serate di autocommiserazione erano divenute
più
frequenti. Troppo, per i gusti di suo marito, che non appena lo
vedeva arrivare si affrettava in bottega, anche se era ancora presto
per impastare. Guido le voleva troppo bene per non permetterle di
aiutare suo fratello quando si trovava in difficoltà, ma
anche la
sua pazienza aveva un limite. E Leo stava tirando troppo la corda.
«Anche
la seconda versione del ritratto di Madonna Caterina non va bene.
Devo inventarmi qualcosa prima di venerdì o sono
spacciato.»
«Almeno
le hai fatto tanti schizzi da bastarti per altri dieci
quadri»,
sospirò Vanna. «Ubaldo Brozzi potrebbe avere
qualche riserva
nell'acconsentire a far posare sua moglie a pochi giorni dalla
consegna. Magari pensa già che siate amanti»,
lasciò cadere con
intenzione. Leo si affrettò a smentire qualsiasi malizia la
sorella
potesse pensare.
«Quella
donna mi ossessiona, ma solo perché non riesco a
ritrarla», si
giustificò. «Ho fatto male ad accettare quella
commissione; non
riuscirò a portarla a termine», gemette.
«Quando dipingo mi sembra
che vada tutto bene, ma appena distolgo un attimo lo sguardo...
puff!, la magia è finita. Ed è troppo tardi per
cambiare qualcosa;
la tempera è già asciutta e il quadro
diventerebbe più orribile di
quanto già non sia.» Bevve un sorso di vino, poi
si perse a
guardare il liquido nero come se potesse leggerci dentro la risposta
al suo problema. «Credevo di aver capito cosa avevo sbagliato
la
prima volta, ma non è ancora abbastanza. Rifarlo non
è servito a
nulla. Non è Madonna Caterina quella che ho
dipinto.»
«E
credi che Messer Brozzi se ne accorga?»
Leo
alzò lo sguardo adirato verso la sorella.
«Non
è quello il problema!» urlò, sbattendo
un pugno sul tavolo. «In
un ritratto deve emergere la personalità di chi rappresento;
se non
sono in grado di farlo, allora non sono un pittore!»
Vanna
lo guardò per un istante più sorpresa che
spaventata, come se non
si aspettasse che suo fratello avrebbe mai osato alzare la voce
contro di lei. Dall'altra stanza di levò il pianto di una
bambina, e
la donna si affrettò ad andare dalla figlia, non prima di
aver
scoccato un'occhiata di rimprovero a Leo. Lui osservò la sua
figura
mentre si muoveva. Aveva sposato un panettiere e aveva avuto cinque
gravidanze in otto anni di matrimonio, ma nonostante si fosse
leggermente appesantita avrebbe ancora potuto fargli da modella.
Certo, non era più quella ragazza sbarazzina che aveva
ritratto nei
panni di Diana cacciatrice, né la giovane madre che aveva
posato
come Madonna col Bambino, ma avrebbe potuto interpretare una perfetta
Giunone. Se gli fosse capitato di dover dipingere la scelta di
Paride, le avrebbe chiesto ancora una volta il permesso di
immortalarla. Del resto, aveva un pregio che la rendeva molto
più
brava di altre professioniste: taceva. Per contro, il fatto che non
potessero andare a letto un po' gli dispiaceva. Soprattutto
perchè
lui sentiva l'impulso, eccome.
Vanna
tornò nella stanza con Tinuccia in braccio.
«Guarda,
è solo lo zio Leo che ha bevuto un po' troppo, non
è nulla», le
stava dicendo per calmarla. La bimba si strinse ancora di
più al
petto della madre.
«Non
saluti lo zio Leo? Ti ho fatto arrabbiare così
tanto?» Lui le si
avvicinò facendo il broncio, nel tentativo di farla
sorridere, ma
Tinuccia si ritrasse al tocco della sua mano sulla guancia.
«Siamo
permalosette, stasera», commentò Leo acido,
sedendosi di nuovo.
«Sei
tu che l'hai svegliata, è perfettamente comprensibile che
non ti
voglia intorno», disse Vanna, slacciandosi il corpetto.
«A-allatti
ancora?» Le parole gli uscirono di bocca senza che ci
pensasse.
«Normalmente
no, è già abbastanza grandina. Però
quando è turbata le serve per
calmarsi.» Leo non si accorse nemmeno del tono piccato della
risposta, concentrato com'era sulle mani della sorella.
Non
era cambiato nulla dai tempi della Madonna col Bambino o della Diana
cacciatrice. Se ne vergognava, ma davanti a se stesso non poteva
mentire: sua sorella non lo lasciava indifferente. Sua sorella, Dio
del Cielo!
«E
l'affresco per il Conventone?»
Leo
cercò di concentrarsi sulle parole della sorella piuttosto
che sui
suoi seni.
«L'arriccio
è steso e il cartone è finito. Fortunatamente mi
ero portato
avanti, nonostante fossi certo che oggi il ritratto sarebbe stato
pronto. Per domenica la Sacra Conversazione sarà finita,
cascasse il
mondo.» Bevve un altro sorso, sconsolato. «Se anche
l'affresco non
va, non terrò mai più un pennello in
mano.»
Osservò
sua sorella, più attenta ad allattare Tinuccia che alla sua
risposta. La sua presa era più salda e i suoi movimenti
più sicuri,
eppure vi era qualcosa in lei che gli ricordava quando posava per lui
ai tempi della Madonna. Doveva essere la dolcezza dello sguardo, o il
lieve sorriso che le increspava le labbra.
Vedendo
che l'imbarazzo nel cavallo dei suoi pantaloni aumentava,
mormorò un
ringraziamento a mo' di saluto e uscì, lasciando Vanna
completamente
ignara della vera causa del suo turbamento attuale. Alla taverna
avrebbe trovato qualcuna che per pochi danari l'avrebbe rimesso a
posto.
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Capitolo 2 *** Prima gionata - Lunedì ***
Prima
giornata – Lunedì
La
mattina Leo si diresse con i cartoni sottobraccio al Conventone,
amareggiato ma risoluto: almeno un lavoro lo doveva pur portare a
termine.
Fra'
Bartolomeo lo aspettava davanti all'ingresso laterale della piccola
chiesa, a cui si accedeva dal convento. Il portone principale che
dava sulla piazza era chiuso, e nessuno poteva entrare nella cappella
se non l'abate, Leo e fra' Bartolomeo.
«Buongiorno,
messer Leo!», lo salutò calorosamente il frate
porgendogli un
boccale colmo di birra fresca. «Avete già messo
qualcosa sotto i
denti?»
Il
pittore accettò volentieri la bevanda che il frate gli
porgeva,
gustando il sapore fresco che gli lavava via la polvere della strada
dalla gola. «Mio cognato è fornaio, fratello. Se
c'è una cosa che
non mi manca è il pane, Deo gratias.»
«E
il pane è tutto ciò che occorre al corpo
dell'uomo», replicò
saggiamente l'altro. «Eppure», soggiunse notando le
occhiaie sul
viso del giovane, «il vostro spirito mi sembra fiaccato.
C'è
qualcosa che vi turba, messere?»
Leo
sospirò, abbassando gli occhi dal volto rubicondo del suo
interlocutore.
«Una
donna...» Il frate lo guardò in modo penetrante,
immaginandosi il
peggio. «... che non riesco a ritrarre»,
terminò con un sorriso.
«Oh
beh, la bellezza è effimera, giovanotto. Sbrigatevi a
dipingere la
sua prima che sfiorisca», commentò acido
l'ecclesiastico,
arrabbiato per essersi fatto prendere in giro, mentre gli apriva la
porta della chiesetta.
Leo
era stato incaricato di dipingere una nicchia laterale con un
affresco raffigurante una Sacra Conversazione, a cui dovevano
partecipare, oltre alla Madonna col Bambino, San Giovanni Battista,
San Gerolamo, San Tommaso e Santa Scolastica. Gli inginocchiatoi e
l'altare della cappella erano stati spostati per consentire al
pittore la massima libertà di movimento. Leo
appoggiò la sua borsa
e il boccale vuoto su un tavolino predisposto appositamente per lui,
poi stese sul freddo pavimento in pietra il cartone, dove era
disegnata l'immagine.
«Messer
Leo, complimenti! È un disegno meraviglioso!»
«Accetterò
commenti solo a lavoro ultimato», rispose il pittore, ma era
chiaro
che l'apprezzamento del frate gli aveva fatto piacere.
«Come
farete a trasferirlo sul muro?»
Leo
sorrise al frate che si era già seduto su una panca a
guardarlo
lavorare, come aveva fatto fin dal primo giorno. L'abate del convento
aveva reputato necessario, per ispirare al meglio il pittore,
affiancargli un frate che mentre lavorava lo istruisse sui
più
grandi misteri della fede. Fortunatamente, si era fatto avanti fra'
Bartolomeo, uomo istruito e colto, ma anche curioso e intelligente.
Le loro conversazioni avevano trattato poco e niente la teologia e
più l'arte di dipingere. Leo, che non aveva mai voluto
allievi,
aveva compreso la bellezza dell'insegnare, e l'attenzione di fra'
Bartolomeo, che ammirava il suo lavoro, gratificava il suo ego.
«L'arriccio
tra gli strati di un affresco è il primo e il più
grezzo. Si
applica direttamente sui mattoni e serve a lisciare la
parete.» Leo
passò una mano sul muro, come per controllare la sua stessa
affermazione. «Una volta asciutto, si prende il cartone, sul
quale è
disegnato il dipinto», disse come a fornire una didascalia
alle sue
azioni, «e si appoggia sulla parete. Se osservate bene, fra'
Bartolomeo, le linee sono percorse da piccoli forellini.» Il
frate
si era alzato e gli era andato vicino, per osservare meglio le
operazioni. Leo con lo sguardo lo invitò a sorreggere il
cartone.
L'altro accettò con piacere, come se in quel modo potesse
ritenere
di aver contribuito in prima persona alla realizzazione di un'opera
così bella. Il pittore si diresse verso il tavolino e
tornò con una
piccola spugna sporca di quella che sembrava terra rossa. «E,
stando
ben attenti a non spostare il cartone, si passa lo spolvero su tutta
la figura.» Leo eseguì l'azione velocemente ma con
cura. Il frate
guardò con dispiacere non molto celato il disegno ora
rovinato.
«Adesso, si toglie il cartone con attenzione, e...»
«Incredibile!»,
esclamò il frate. La parete era effettivamente disegnata. Al
centro,
la Madonna col Bambino inclinava dolcemente la testa verso San
Giovanni Battista e Santa Scolastica, sul lato sinistro. A destra,
San Tommaso d'Aquino e San Gerolamo, con leone al seguito, sembravano
intervenire nel dialogo della Vergine, il cui trono era sorretto da
sei angeli, tre da ogni lato. Sullo sfondo, si intravvedevano
un'abside e un colonnato.
«Ora
bisogna solo dipingere.» Leo osservò attentamente
il dipinto,
titubante. Cercava di attribuire la sua indecisione al fatto che non
sapeva da quale parte cominciare; in realtà aveva paura di
sbagliare
tutto.
«Messere,
non preparate i colori?» chiese il frate, indicandogli i
mortai sul
tavolo. Leo non dette segno di avere sentito.
«Chi
è più amato tra San Giovanni Battista e San
Gerolamo?»
«San
Giovanni Battista, presumo», ripose fra' Bartolomeo,
perplesso.
«Perchè me lo chiedete?»
Il
pittore non rispose ancora, e si diresse verso il tavolo. Ora sapeva
da dove cominciare. Prese il boccale e lo porse al frate.
«Andreste
a riempirmelo nuovamente, fratello? Sento la gola secca.»
Fra'
Bartolomeo si limitò a un breve cenno della testa.
Comprendeva che
il pittore non volesse svelare la composizione dei colori, ma tanta
premura lo infastidiva. Ciò nonostante, prese il boccale e
uscì
dalla cappella.
*
* *
«Prima
del colore, bisogna passare il tonachino, che è molto
più fine
dell'arriccio. La tempera si stende quando il tonachino è
ancora
bagnato, così quando si asciuga conserva dentro di
sé il colore.»
Fra'
Bartolomeo non sembrava aver gradito molto di essere stato mandato
via, ma per Leo era stato necessario. Oltre al segreto delle ricette,
il pittore aveva bisogno di concentrazione. Doveva decidere
esattamente cosa dipingere e preparare le dosi di tonachino e colore
il più esatte possibile, per evitare sprechi.
«Passate
un intonaco sopra? Ma in questo modo coprirà la
traccia!» Il frate
non riuscì a trattenere il commento e Leo, fortunatamente
non visto,
non riuscì a trattenere un sorriso al pensiero che il suo
compagno
stava facendo solo il finto offeso.
«È
sufficiente la trasparenza» gli spiegò, mettendosi
a stendere il
tonachino con attenzione. Fra' Bartolomeo capì che il lavoro
a cui
era intento richiedeva tutta la sua concentrazione, e si
accontentò
di quella risposta laconica. Passò il resto della giornata
in
silenzio, sorseggiando la birra originariamente destinata all'ospite.
Quando
ebbe finito, Leo guardò con sorpresa il frate, ancora seduto
sulla
sua panca.
«Siete
ancora qua? Eravate così silenzioso che immaginavo ve ne
foste
andato. Mi dispiace che siate rimasto ad annoiarvi.»
«È
stato molto istruttivo, invece. Non avevo mai visto dipingere, e non
avevo idea della fatica che comportasse. Se non vi disturbo, messer
Leo, desidererei osservarvi anche i prossimi giorni.»
«Nessun
disturbo, fra' Bartolomeo. È un onore per me» gli
rispose,
raccattando pennelli e ciotole. «Per oggi ho terminato, a
domani.»
Dopo averlo salutato se ne andò via quasi di corsa.
Fra'
Bartolomeo rimase solo con San Gerolamo dipinto sulla parete.
Rimirò
il manto rosso che, asciugandosi, prendeva una sfumatura leggermente
diversa e molto più adatta al Santo. Sorrise, pensando al
talento
straordinario del giovane, e pregò il Signore che gli
levasse ogni
turbamento dal cuore.
*
* *
Leo
tornò in fretta nella sua bottega e rimise velocemente in
ordine i
suoi strumenti, poi prese davanti a sé il ritratto di
Madonna
Caterina. Posò la tavola in legno davanti a lui,
analizzandola
criticamente per acorgervi ogni difetto. Tuttavia la tempera era
asciutta, e non poteva rimediare. Si accasciò disperato su
una
sedia, la testa tra le mani. Si sforzò di riconoscere gli
aspetti
buoni della situazione. Innanzitutto, aveva dipinto bene San
Gerolamo: ciò significava che non avrebbe deposto il
pennello, a
costo di rinunciare all'incarico affidatogli da Messer Ubaldo. La
tavola davanti a lui poteva anche essere apprezzata da Madonna
Caterina, nonostante tutto; quindi decise che l'avrebbe conservata,
anziché gettarla nel fuoco come era stato il suo primo
proposito.
Infine, sua sorella aveva ragione: durante le ultime sedute di posa
le aveva fatto abbastanza schizzi per farle un nuovo ritratto. Si
alzò, rasserenato. Non tutto era perduto. Tirò
fuori i bozzetti di
Madonna Caterina e si mise al lavoro su un nuovo ritratto.
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Capitolo 3 *** Seconda giornata - Martedì ***
Seconda
giornata – Martedì
La
mattina seguente, fra' Bartolomeo, dopo aver fatto entrare Leo nella
cappella, restò fuori per lasciarlo preparare i colori,
prevenendo i
desideri del giovane. Alcuni frati di passaggio si meravigliarono di
vederlo fuori dalla porta, come fosse un guardiano, e gli domandarono
cosa stesse facendo.
«Messer
Leo il pittore ha chiesto di rimanere a pregare da solo; dopo che la
Santa Madre ha ispirato il suo disegno, ora dovrà guidare il
suo
pennello.»
Tutti
furono molto soddisfatti della prova di cotanta devozione alla
Madonna, e si allontanarono senza chiedere altro, entusiasti che
fosse lui il pittore incaricato di rappresentare la loro Sacra
Conversazione.
Fra'
Bartolomeo si sentiva un po' in colpa per quella bugia, lui che non
mentiva mai, ma si giustificò davanti a se stesso e davanti
a Dio
pensando che era stata detta a fin di bene. Se Messer Leo aveva
bisogno di qualche momento da solo per la buona riuscita
dell'affresco, era pronto a dire cento menzogne pur di non lasciarlo
incompiuto. Non riuscì però a tenere a freno la
curiosità e
socchiuse il portone laterale della cappella. Vide Leo che camminava
avanti e indietro, evidentemente agitato. Passava continuamente una
mano tra i capelli, mentre con l'altra ora spaziava sull'arriccio,
ora faceva di conto con le dita. Poi bevve un lungo sorso di birra e
parve calmarsi. Fra' Bartolomeo attese qualche momento ed
entrò,
tossicchiando leggermente.
«Venite,
venite, fra' Bartolomeo» esclamò lui con voce
allegra. «Penso
abbiate già notato che un affresco si dipinge per campiture.
Noi le
chiamiamo giornate, perchè ogni capitura si termina in una
giornata.
Logico, nevvero?» Diede ancora una mescolata al tonachino,
dopodichè
lo stese sulla figura di fianco a San Gerolamo. «Oggi
è il turno di
San Tommaso!»
Il
frate guardò le ciotole sul tavolo. Oltre al nero erano
pronti
all'utilizzo anche il marrone e il blu.
«Farete
anche il velo della Vergine e il mantello di San Giovanni?»
gli
chiese perplesso. Leo lo guardò senza capire la sua domanda
finchè
non seguì il suo sguardo fino ai colori.
«Oh,
no! È sempre per il saio nero di San Tommaso. In effetti, un
saio
nero non è mai proprio nero, giusto? Vicino ad altri colori
assume
sfumature particolari. Vicino a quello che sarà il manto blu
della
Madonna sarà più caldo»
spiegò indicando il marrone, «e vicino
al rosso della veste di San Gerolamo sarà più
freddo», concluse
spostando la mano verso il blu.
Poi
sprofondò di nuovo nel suo abituale silenzio, e fra'
Bartolomeo si
sedette sulla sua solita panca ad osservarlo.
*
* *
Il
lavoro sulla Sacra Conversazione procedeva. Lentamente, ma procedeva.
Leo stava tenendo volutamente le campiture poco più ampie
del
necessario per finire al pelo, cosicchè ogni giorno avrebbe
guadagnato qualche ora di tempo da dedicare al ritratto di Madonna
Caterina. Potendo dipingere con più calma – per
quanto si potesse
dipingere con calma un affresco – riusciva a curare meglio il
suo
lavoro, e questo gli metteva il buonumore. Buonumore che puntualmente
si guastava non appena vedeva il ritratto nella sua bottega.
«Maledetto
il giorno in cui ho accettato questa dannata commissione!»
«Cosa
tocca sentire alle mie povere orecchie! Tua madre sarebbe morta se ti
avesse sentito parlare così!»
Dalla
stanza sul retro della bottega di Leo fece capolino sua sorella. Il
sorriso sulle sue labbra smorzava il rimprovero delle sue parole.
«Ti
ho rigovernato la bottega e la tua stanza. E ti ho portato un po' di
pane appena sfornato da Guido.»
«Oh
Vannuccia mia! Come farei mai senza di te?» Le diede un
sonoro bacio
sulla fronte, poi si avventò sul pane fragrante.
«Comunque
questo dipinto non è male», commentò
Vanna osservando l'oggetto
dei tormenti del fratello. «È solo che
è un po'...» Si
interruppe, cercando l'espressione adeguata.
«Non
mi dire! Ho dipinto qualcosa che lascia senza parole mia
sorella!»
rise lui, avvicinandosi a Vanna.
«È
un po' spento, ecco. Sembra che le manchi la vita dentro.»
Leo
annuì. Sua sorella aveva centrato in pieno. Aveva l'occhio
buono in
pittura, e se fosse stata un uomo, non dubitava che sarebbe stata la
migliore tra i due. Quando Leo era ancora apprendista in bottega, le
insegnava di nascosto l'arte di dipingere. Aveva smesso bruscamente
–
e un po' se ne vergognava, ora – quando aveva capito che il
talento
di lei era maggiore del proprio. Non sapeva se Vanna si fosse bevuta
la scusa che le rifilò a suo tempo. Nonostante
ciò, fino al suo
matrimonio Leo le aveva chiesto più volte di aiutarlo a
terminare
dei dipinti quando non era sicuro di farcela in tempo per il mecenate
di turno, e lei lo aveva sempre aiutato. Di sorelle così ce
ne
dovevano essere davvero poche al mondo, ed una era capitata proprio a
lui. Fu quindi senza ironia che le chiese:
«Hai
qualche consiglio da darmi?»
Vanna
scrollò le spalle.
«Vorrei
tanto aiutarti, ma non credo di poter esserti d'aiuto questa volta.
Ascolta però», aggiunse notando l'aria afflitta
del fratello, «sono
venuta qui per dirti che domani al mercato ci saranno dei
commercianti che vengono dalle Fiandre. Si dice che portino
novità
in pittura. Magari possono aiutarti loro meglio di quanto non possa
farlo io.»
«Domani...»
mormorò Leo pensieroso. «Miseria, domani devo
dipingere l'affresco!
Mica posso andarmene in giro per il mercato, noterebbero la mia
assenza...!» Si fermò un attimo, squadrando la
sorella, con occhi
diversi da quelli di due sere prima. In definitiva, si vedeva che
erano fratelli. Gli stessi capelli, la stessa altezza, la corporatura
molto simile. Gli occhi di lei erano più chiari, ma per
quello che
aveva in mente non importava. «A meno che,
Vanna...», disse
lanciandole un'occhiata penetrante.
Lei
lo guardò per un momento senza capire. Poi d'improvviso
intese
benissimo dove voleva andare a parare.
«No,
Leo», disse con il tono più fermo di cui era
capace.
«Vannina
mia bella, non aiuteresti il tuo caro fratello in qualsiasi
modo?»,
chiese adulandola senza ritegno.
«C'è
un limite a tutto, Leo. Quello che mi chiedi non posso farlo.
Andrò
al mercato, parlerò con quegli stranieri e li
convincerò a venire
qui domani sera.»
«Non
potrei mai mandare la mia unica sorella, la luce dei miei occhi, la
sola parente che mi rimane, a mercanteggiare con dei farabutti! Se ti
capitasse qualcosa, non potrei mai perdonarmelo.»
«E
tu credi che quello che mi stai proponendo sia più
sicuro?» gli
urlò sottovoce, scandalizzata dalle possibili conseguenze
del suo
atto.
«E
tu credi che domani potrei riuscire a dipingere con quest'ansia
rovente che mi sento addosso?»
«No,
Leo» disse ancora lei. «È sbagliato, non
possiamo farlo. Va contro
le leggi umane e divine e...»
«Quale
legge impedirebbe mai a una sorella misericordiosa di aiutare un
fratello sventurato?»
Più
che “sventurato”, Vanna avrebbe definito Leo in un
altro modo, ma
a malincuore chinò il capo davanti alla richiesta del
fratello.
«Vedi
dunque che sei ragionevole! Sbrighiamoci, dobbiamo prepararci per la
gran riuscita del piano!»
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Capitolo 4 *** Terza giornata - Mercoledì ***
Terza
giornata – Mercoledì
Leo
camminava allegro per il mercato. Sua sorella era davvero una santa
donna; aveva addirittura mentito a Guido circa il motivo per cui si
sarebbe assentata tutto il giorno. Del resto, la vera motivazione non
avrebbe sicuramente potuto dirla ad anima viva.
Dopo
qualche minuto passato a gironzolare avvistò un carro
corrispondente
alla descrizione che gli era stata fatta, e si avvicinò. Non
c'era
molta gente nei paraggi, e a dire il vero non c'era nessuno nemmeno
sul carro. Di fianco ad alcune stoffe, c'erano anche un paio di
quadri. Leo li analizzò con cura; non aveva mai visto nulla
del
genere. Le donne non avevano un bell'incarnato, ma il loro pallore
assomigliava piuttosto a quello dei cadaveri. Le loro forme erano
completamente prive di qualsivoglia grazia, gli occhi piccoli e
inespressivi, le acconciature fuori moda. Non potè che
giudicarli
brutti. Si abbandonò a un momento di sconforto: neanche loro
avrebbero potuto aiutarlo, se quello era lo standard fiammingo. Ad un
tratto, però, un particolare attirò la sua
attenzione. Anzi, più
di un particolare, a dire il vero. Osservando meglio i quadri,
infatti, poteva distinguere dettagli riprodotti in maniera
così
puntigliosa quali non ne aveva mai visti. Com'era possibile? Nessuno
poteva essere dotato di una tale maestria.
«Il
sighnore piake quadri, ja?
Io posso fendere
se fuole!»
Leo
trasalì al suono aspro della voce, che apparteneva a un
tizio
sbucato dal nulla dietro di lui. Era vestito in modo strano, parlava
in modo strano, si comportava in modo strano. Tutto era strano in
lui. Scosse la testa, disgustato al solo pensiero di sborsare danari
sudati duramente per acquistare un obbrobrio simile.
«Non
mi interessano i quadri. Mi interessa la tecnica. Come si fanno
questi particolari così dettagliati?»
«Ah,
la teknika, ja? Anch'io pintore;
io so come
facete voi italiani, tutto in fretta! Ma noi
tanta
calma e più felici e belli!»
Lo
straniero sembrava orgoglioso della superiorità che
ostentava, e Leo
lo lasciò fare. Dipingere con calma? Il suo sogno di sempre!
Avrebbe
dato una gamba per possedere la capacità di quel pittore.
Una
tecnica del genere combinata con il gusto italiano... Oh sì,
con
quella tecnica sarebbe stato in grado non solo di terminare il
ritratto di Madonna Caterina in modo eccellente, ma anche di superare
qualsiasi pittore in città e fuori!
Addio,
affreschi! Addio, fretta! Benvenuti, calma e riposo!
*
* *
Vanna
si strinse nel mantello e calò ancora di più il
cappuccio sugli
occhi verdi. Non vedeva nulla e rischiava di inciampare ad ogni passo
nei suoi stessi piedi, ma preferiva correre il rischio di cadere che
di essere scoperta. Leo le aveva almeno spiegato tutto per filo e per
segno: solo il pittore, fra' Bartolomeo e l'abate potevano accedere
alla cappella a causa dei lavori, e in ogni caso il pittore non aveva
la chiave, quindi necessitava di uno dei due ecclesiastici per
entrare. La donna non riusciva ancora a credere quello che si
apprestava a fare: sarebbe entrata in un convento di frati, si
sarebbe spacciata per suo fratello e – questa era l'unica
ragione
per cui aveva accettato – avrebbe dipinto ancora una volta.
Non
aveva più preso in mano un pennello da quando si era
sposata, nel
timore che Guido la scoprisse; ma del resto con tutti i figli di cui
doveva prendersi cura non ne avrebbe nemmeno avuto il tempo. Se fosse
stata un uomo, allora sì che sarebbe divenuta un pittore,
probabilmente migliore di suo fratello. Si era sentita morire dentro
quando Leo, di punto in bianco, aveva smesso di insegnarle di
nascosto. Aveva cercato di non fargli capire il suo turbamento, ed
era abbastanza sicura di esserci riuscita. Quella notte aveva
soffocato le lacrime nella coperta; quindi il giorno dopo si era
alzata, si era lavata la faccia, si era vestita con cura ed aveva
continuato la sua vita come se nulla fosse mai accaduto. Poco tempo
dopo decise che era ora di prendere marito e andarsene di casa, dato
che non sopportava più la vista di suo fratello indaffarato
tutto il
giorno con i pennelli. In tanti le avevano già chiesto di
sposarla,
e per lei uno valeva l'altro. Aveva scelto Guido, il fornaio, un uomo
giusto e buono che aveva dieci anni in più di lei e che
poteva
garantirle ogni giorno pane e una certa intimità. Nei primi
tempi
non accadeva mai – o meglio, Guido si premurava che non
accadesse
mai – ma da un po' di mesi le capitava di passare dei giorni
interi
senza vedere il marito se non di sfuggita. La loro era una vita
pacifica e, se non ci fossero stati Leo e i figli a movimentare le
giornate, anche un po' noiosa.
Vanna
imboccò la via che portava alla piazzetta davanti al
Conventone.
Ringraziò il Signore che ci fossero solo un paio di
viandanti nella
luce incerta del mattino. Quando bussò al portone, le
tremavano le
gambe. Tossì forte, dando inizio alla prima parte del piano
di suo
fratello.
«Chi
siete, pellegrino?»
«Sono
il pittore Leo», rispose lei con la voce più roca
possibile. «Come
vedete, non sto molto bene e rischio di rovinare l'affresco lavorando
in queste condizioni. Prego l'abate di concedermi un giorno o due di
riposo.»
«Attendete.»
Il frate si alontanò dall'ingresso e andò a
conferire con le alte
sfere del convento. Vanna rimase ad aspettare sulla porta, tossendo
ogni tanto a beneficio dei frati che passavano di là.
«Mi
dispiace, Messere Leo, ma l'abate ha declinato la vostra
richiesta»,
disse l'uomo, ritornando al suo posto. «L'affresco deve
essere
terminato per la festa del Patrono, e lui non vuole correre
rischi.»
«Comprendo,
fratello. Grazie per la disponibilità.»
Vanna
pregò in silenzio il Signore perchè perdonasse il
suo sacrilegio,
inspirò profondamente ed entrò nell'edificio. Leo
le aveva spiegato
la strada, e arrivò alla cappella senza intoppi. Davanti
alla porta
c'era un frate grasso e barbuto con un boccale in mano: doveva essere
fra' Bartolomeo.
«Come
siamo incappucciati, oggi!»
«Veramente
non mi sento molto bene, fratello», rispose abbassando la
voce di
qualche tono. «Forse sarebbe meglio che oggi non mi
assisteste nel
mio lavoro; non vorrei mai cagionarvi alcun danno.»
«Oh,
un po' di birra e vedrete che passerà tutto!»,
esclamò gioviale
l'altro. Le mise il boccale nelle mani e aprì la porta della
cappella. «Entrate, entrate: sono ansioso di scoprire cosa
avete in
serbo per me.»
Vanna
entrò e rimase ferma nella navata centrale della cappella,
dando le
spalle al frate. La seconda parte del piano era andata completamente
in fumo. Sarebbe dovuta rimanere sola a dipingere, e invece non era
riuscita a convincere fra' Bartolomeo ad andarsene. Ma
perchè aveva
accettato di prestarsi a una cosa tanto orribile? Sentì le
lacrime
che le pizzicavano gli occhi. Questa era la punizione per la sua
insolenza: sarebbe stata svergognata pubblicamente. Non osava nemmeno
pensare alle conseguenze che ne sarebbero derivate.
«Ora
che siamo soli», cominciò l'altro, con un tono
completamente
diverso, «direi che dovremmo cominciare con le presentazioni.
Io
sono fra' Bartolomeo. E voi, impostore, chi siete?»
Vanna
non si aspettava di essere già stata scoperta. Per la
sorpresa, girò
di scatto la testa e il cappuccio ricadde all'indietro. Ella emise un
gridolino tutt'altro che virile e si affrettò a rimetterlo a
posto,
ma l'uomo aveva avuto modo di vedere i suoi lunghi capelli biondi.
«Una
donna?», boccheggiò. Non ci si raccapezzava
più nemmeno lui, che
pure credeva di avere la situazione in pugno.
Vanna
si gettò ai suoi piedi, supplicandolo, con le lacrime agli
occhi.
«Vi
prego, frate buono, non adiratevi. Mio fratello sta... male, e io
sono venuta per sostituirlo. Sapeva bene che l'abate non gli avrebbe
concesso un giorno di riposo, e io so dipingere bene quanto lui...
Non svergognatemi, vi prego!», gemette infine.
Una
bella donna che piange non può lasciare indifferente nessun
uomo di
buon cuore, nemmeno se frate. Fra' Bartolomeo si chinò e la
fece
alzare in piedi.
«Un
amore così grande per il proprio fratello è degno
di lode, sorella.
Questo sarà il nostro piccolo segreto», le disse
con aria complice.
Vanna
non credeva alle sue orecchie.
«Grazie,
fratello, grazie! Iddio ve ne renderà merito!»
esclamò baciandogli
la mano.
Fra'
Bartolomeo le indicò il tavolino dove i colori aspettavano
di essere
preparati.
«Siamo
già abbondantemente in ritardo, sorella, è tempo
che dimostriate la
vostra bravura.»
*
* *
La
giornata era trascorsa in fretta. Leo l'aveva passata tutta col
mercante fiammingo, a imparare a dipingere come lui. Gli aveva
lasciato quasi tutti i suoi risparmi, ma ora tornava in bottega
trionfante con le ricette per i colori “ad oleum”,
come li aveva
chiamati lo straniero. Colori ad olio. Suonava bene.
Uscì
di nuovo poco dopo per acquistare gli ingredienti che gli mancavano.
Tornò con le tasche vuote e il cuore leggero, pronto per
padroneggiare quella nuova tecnica.
*
* *
La
giornata era trascorsa in fretta. Vanna era una donna molto abile col
pennello e con la lingua. Al contrario di Leo, che mentre dipingeva
sembrava perdere la facoltà della parola, sua sorella
chiacchierava
senza problemi. Gli aveva raccontato la verità, quando aveva
capito
che di lui ci si poteva fidare, e fra' Bartolomeo si ripromise di
rimproverare duramente quello scapestrato, non appena lo avesse
visto, per aver esposto una giovane donna a un rischio così
serio.
Eppure sapeva benissimo che Leo se ne sarebbe infischiato e, d'altra
parte, Vanna era in grado di cavarsela da sola. Sospirò,
inginocchiandosi nella sua cella per la preghiera.
*
* *
La
giornata era trascorsa in fretta. Fra' Bartolomeo era un
interlocutore arguto e intelligente, e Vanna era fermamente convinta
che meritasse la sua fiducia. Si era confidata apertamente con lui
come fosse stato il suo confessore, e ora si sentiva molto meglio.
Aveva dipinto di nuovo, finalmente. A differenza di Leo, lei amava
l'affresco come tipo di pittura proprio perchè non
consentiva
sbagli. Ogni pennellata era definitiva e non poteva essere cambiata.
I pochi ritocchi che si potevano fare ad intonaco asciutto si
riconoscevano bene e non avrebbero mai potuto ingannare un occhio,
per poco esperto che fosse. L'affresco era una prova dura che non
ammetteva distrazioni.
Quando
l'aveva detto a fra' Bartolomeo, lui aveva commentato: “Un
po'
come la vita”. Già, la vita. Era vero,
anche se non ci aveva
mai riflettuto sopra. Ogni avvenimento si limitava semplicemente ad
accadere e non poteva essere rifatto, ritoccato o cancellato. Una
persona abile poteva coprirlo, ma rimaneva lì, sotto uno
strato che
si poteva grattare via facilmente con un'unghia.
Ancora
presa dai pensieri sulla giornata appena trascorsa, bussò
alla porta
della bottega del fratello per consegnargli i suoi strumenti. Leo
l'accolse con gioia.
«Vannuccia,
sorella carissima! Com'è andata?»
«Piantala
di adularmi, Leo. Fra' Bartolomeo mi ha scoperta, ma mi ha assicurato
che con lui il segreto è al sicuro», aggiunse
facendo un gesto
spazientito con la mano vedendo che Leo stava per replicare.
«Ho
dipinto Santa Scolastica e non ti ho fatto sfigurare. Tu, invece?
Dalla tua faccia raggiante credo tu abbia trovato quello che
cercavi.»
Leo
le mostrò euforico un piccolo quadro su tavola che aveva
dipinto per
studiare la tecnica.
«Si
chiamano “colori ad olio”. Vedi? Non si asciugano
subito. Possono
essere ritoccati pressochè all'infinito! E poi, guarda i
colori come
sono brillanti. Ed i particolari che si riescono a fare, oh! Grazie,
sorella, è tutto merito tuo! Mi hai salvato da morte
certa!»
Appoggiò la tavola e le prese le mani, cominciando a ballare
una
strana danza. Vanna lo lasciò fare, ancora colpita da quella
nuova
tenica. Se era vero ciò che Leo le aveva appena detto, si
trattava
sul serio di una vera e propria rivoluzione nella pittura!
«Vanna»,
la richiamò lui all'attenzione, fermandosi di botto,
«mi faresti un
altro favore?», le chiese serio, guardandola dritto negli
occhi. «Ti
prego, devi tornare anche i prossimi due giorni al Conventone al mio
posto.»
«Cosa?»
La donna non riusciva a credere alle sue orecchie. «Ma ti
rendi
conto di ciò che mi stai chiedendo? Se tutta la
città non l'ha già
saputo è per pura fortuna! Non lo rifarò
ancora!»
«Mi
serve più tempo per padroneggiare la tecnica, ti prego! Due
giorni
soli. Venerdì verso sera arriverà un messo di
Ubaldo Brozzi a
reclamare il dipinto, e deve assolutamente essere pronto. Domani
dipingerai il Battista, e dopodomani lo sfondo e gli angeli attorno
al trono. Sabato farò la Vergine e il Bambino, e per
domenica sarà
completo. Ho bisogno di te, Vanna. Non puoi abbandonarmi a un passo
dalla fine, proprio nel momento più difficile.»
«Non
l'ho mai fatto e non comincierò ora, di certo»,
sospirò Vanna,
acconsentendo.
«Sorella
mia adorata!», disse lui stampandole un bacio in fronte; poi
tornò
febbrilmente al lavoro. «Perdonami, ma ho le ore
contate.»
Vanna
fece spallucce e si recò a casa sua. In realtà
era contenta di
continuare. Andare in un luogo a lei inaccessibile, fare qualcosa a
lei precluso... Tutto questo le sembrava più una breve
vacanza
rigenerante, ora che i rischi di essere scoperta erano piuttosto
diminuiti, grazie all'appoggio di fra' Bartolomeo. Quella notte
dormì
un sonno senza sogni, tranquilla come non lo era stata da tempo.
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Capitolo 5 *** Quinta giornata - Venerdì ***
Quinta
giornata – Venerdì
Tutto
era andato secondo i piani. Vanna aveva affrescato bene e senza che
nessun altro frate la scoprisse. Ora era nella sua bottega, intenta a
sciacquare le ciotole. Canticchiava, malinconica. Leo
immaginò che,
nonostante avesse fatto la ritrosa, fosse stata contenta di aver
avuto la possibilità di dipingere una volta ancora. E lui
era
riuscito a terminare il ritratto di Madonna Caterina. Ne era
finalmente soddisfatto: il giorno prima l'aveva dipinto, mentre aveva
passato tutta quella giornata a ritoccarlo. Era stato bellissimo, una
delizia celestiale. Aveva dipinto, e il giorno dopo aveva potuto
ritoccare, cambiare impercettibilmente dei dettagli. Anche sua
sorella aveva annuito con approvazione, guardando la nuova versione
del ritratto: ora sì che era riuscito a catturare l'essenza
di
Madonna Caterina.
Qualcuno
bussò perentoriamente alla porta. Vanna andò a
nascondersi
nell'altra stanza – una donna che non fosse una modella nella
bottega di un artista avrebbe suscitato clamore – e Leo si
affrettò
ad aprire.
Vanna
tese le orecchie da dietro la porta chiusa, ma non riuscì a
distinguere essattamente le parole che si scambiavano i due uomini.
Il dialogo durò un paio di minuti, poi sentì la
porta dell'ingresso
di nuovo aprirsi e chiudersi. La donna fece capolino nella stanza,
curiosa. Vide Leo praticamente accasciato contro il muro che
stringeva un sacchetto pieno di monete.
«Allora,
com'è andata?», gli chiese.
«Liscio
come l'olio», rispose lui con un sorriso.
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Capitolo 6 *** Epilogo - Domenica ***
Epilogo
– Domenica
La
festa del Patrono del Conventone fu un successo. La piccola cappella
era gremita e tutti ammirarono l'affresco di Leo, senza sospettare
che fosse in buona parte da attribuire anche a Vanna. I due fratelli
stavano in disparte, a chiacchierare con fra' Bartolomeo.
«Davvero
meraviglioso», stava commentando il frate. «Tutti i
confratelli
hanno apprezzato l'affresco, anche se molti sono perplessi dal fatto
che Santa Scolastica sia molto più bella della
Madonna», rivelò
guardando Vanna con aria complice.
La
donna ridacchiò, imbarazzata e compiaciuta per il
complimento.
«Gli
angeli, a detta di tutti, hanno qualcosa di celestiale. E San
Giovanni è talmente realistico, con quelle guance scavate,
che fa
quasi impressione. In senso buono naturalmente»,
continuò il frate.
«Suvvia,
smettetela!» lo interruppe Vanna. «Se continuate
ancora, mio
fratello rischia di insuperbirsi», disse sorridendo.
Fra'
Bartolomeo scoppiò in una risata fragorosa che fece girare
qualche
testa verso il terzetto.
«Beh,
direi che voi due vi siete divertiti già a sufficienza alle
mie
spalle, per oggi.»
«Sì,
Leo, torniamo a casa. Io ho i miei bambini a cui badare e tu devi
dipingere.»
«Avete
un'altra commissione, Messere?», chiese fra' Bartolomeo,
curioso.
«Messer
Ubaldo Brozzi e sua moglie Madonna Caterina sono rimasti talmente
soddisfatti del ritratto che mi hanno incaricato di dipingere anche
quello della loro primogenita, Margherita»,
raccontò Leo con
orgoglio.
«Sono
davvero contento per voi», si complimentò il frate
con una vigorosa
pacca sulla spalla.
Dopo
averlo salutato, i due fratelli si allontanarono dal Conventone.
Qualche
ora dopo, Leo guardò la luce del tramonto dalla finestra
della sua
bottega. Pochi giorni prima era sprofondato nella disperazione
più
nera, mentre adesso tutto gli sembrava roseo. Una volta terminato il
ritratto di Madonna Margherita, forse Messer Ubaldo gli avrebbe
commissionato un sacco di altri dipinti, garantendogli sicurezza
economica. Ormai, con quella tecnica ad olio, non aveva più
paura di
nessun soggetto.
Fine
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