Racconti della Luna pallida d’Agosto

di meiousetsuna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** È davvero un Mondo Fluttuante ***
Capitolo 2: *** La Rosa Tatuata ***
Capitolo 3: *** Piogge di prima Estate ***
Capitolo 4: *** Il Sangue, la Luna, la Neve ***
Capitolo 5: *** Un tipico piatto estivo ***
Capitolo 6: *** Mono no Aware ***
Capitolo 7: *** Mono no Aware: Parte 2 ***
Capitolo 8: *** Il Governo della Tenda ***
Capitolo 9: *** All’ombra delle foglie ***
Capitolo 10: *** Un essere nato uomo, un essere nato gatto ***



Capitolo 1
*** È davvero un Mondo Fluttuante ***


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Rating: Giallo
GENERE: commedia, romantico, drammatico, noir, fantasy
Avvertimenti: Violenza
CITAZIONE: “Tale è la forza dell’abitudine che ci si abitua persino a vivere”
PERIODO: Governo di Meiji Tennō (In carica: 3 febbraio 1867 – 30 luglio 1912)
10 flashfic di 510 parole esatte
N.d.A: Sia il nome Momotarō, che il nome Momoko, contengono la radice “momo” che significa “color di pesca”, l’unico nome per il rosa in giapponese; attualmente viene usato “pink” per i rosa decisi.

Racconti della Luna pallida d’Agosto (1)
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Capitolo 1)  È davvero un Mondo Fluttuante*
Genere: Drammatico, Fantasy

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La clientela del ‘Kibi Dango’,** nel distretto di Nerima,*** non apprezzava adeguatamente  l’aroma dei cibi e l’allegro tintinnare delle porcellane, essendo composta essenzialmente da mercanti e viaggiatori che avrebbero trangugiato qualsiasi cosa commestibile, badando soprattutto all’abbondanza delle porzioni, non disdegnando di attaccare briga fuori dal locale.
Non all’interno, dove l’arredo sobrio e le stoviglie costose erano chiaramente residui di un più felice passato del loro possessore; soprattutto non davanti alla bellissima Momoko, motivo della popolarità del posto.

Quando passava tra i tavolini, l’orlo del  kimono pareva quasi sollevarsi da terra; i suoi capelli neri, legati da un nastro di seta rosa, arrivavano alle ginocchia.
Il modo di sorridere quando serviva da bere, la bianchezza delle mani, la compostezza dei gesti, erano da vera dama.
Più volte era stata chiesta in moglie da uno degli avventori, ma scuotendo il capo delicatamente e inchinandosi in segno di scuse aveva ricusato; l’opinione degli spasimanti delusi verteva sul fatto di essere troppo rozzi o poveri e che nel suo passato misterioso dovesse celarsi un amore terminato tragicamente.
Una volta, un anziano funzionario, tra un sake e una prelibata costoletta di maiale marinato, aveva raccontato una storia terribile; ma le sue mani tremavano per le ingiurie dell’età, così forse la sua memoria.

Possibile che quella donna tanto calma avesse visto fare a pezzi i suoi genitori e fratelli, restando in vita, pericolosa testimone dell’accaduto?
Le loro supposizioni furono bruscamente interrotte nel momento in cui una palla di pelo arruffato, che emetteva un mugolio minacciosissimo, si precipitò all’interno della saletta, inseguita da Oni,**** il cane del legnaiolo: nessun nome poteva essere più indovinato visto che il muso dell’animale, come quello del padrone, era davvero grottesco.
D’improvviso il gatto, perché di questo si trattava, si girò e con destrezza degna di un ninja decorò il suo oppositore con due profondi graffi tra gli occhi, mettendolo in fuga con la coda tra le gambe.
Momoko accorse prendendo tra le braccia l’animaletto ancora terrorizzato, offrendogli pezzetti di carne dal palmo della mano, accarezzandolo per farlo rilassare.

Giunta l’ora di chiusura, la giovane fece scorrere la parete di bambù sul fondo, aprendola sul giardino, sedendo sulla soglia con una tazza di tè alla rosa tra le mani.
Poco dopo si accorse di non essere sola: il felino, dall’incredibile mantello arancio rosato, si era accomodato elegantemente accanto a lei.
‘Sarebbe bello dargli un nome’, pensò guardandolo.
“E io sarei fiero di portarlo, Signora”.
Il gatto ha parlato – Momoko era talmente stupefatta da scordarsi di aver paura – ma soprattutto mi ha sentita, anche se sono muta’.
“È la voce del tuo cuore gentile, quella che posso udire; non avere timore di me”.

La donna rivolse gli occhi alla targa dipinta del ristorante, dove l’eroe giovanetto trafiggeva un Orco con la sua lancia.
‘Momotarō sarebbe di tuo gradimento?’
“Immensamente”.
‘Questa notte la Luna è splendida, Momotarō-san; come il volto di una donna innamorata, non credi?’
“A me sembra un piatto di latte, con riccioli di panna”.
Momoko si alzò sorridendo, tornando con una scodella che porse con affetto al suo nuovo amico.

(1)Ugetsu monogatari, (雨月物語) è un film del 1953 diretto da Kenji Mizoguchi, tratto dalla raccolta di novelle di Akinari Ueda “Racconti di Pioggia e di Luna”. Ho usato solo “l’ispirazione” del titolo, la storia non ha nessun punto in comune con la mia raccolta.

* “Mondo Fluttuante” (Ukiyo) è l’espressione che indica l’incertezza degli avvenimenti umani, decisi dal Destino
** Particolare tipo di mochi, dolcetto di riso tradizionale, presente nella leggenda di Momotarō
*** Distretto estremamente popolare, ambientazione di “Maison Ikkoku” (Cara dolce Kyoko)
**** Orco giapponese
Sake è corretto, non si può scrivere sakè come è spesso fatto ‘italianizzandolo’; così invece, Signora è una scelta proponibile in italiano, perché l’unico modo di usare il titolo senza unirlo a un nome, sarebbe O-fujin, ‘Nobile signora’, quindi eccessivo.
Momotaro



Pacchetto utilizzato: colore rosa, citazione, obbligo di ambientazione in Giappone, co-protagonista una donna che gestisce un ristorante
Grammatica e Sintassi: 15/15
Stile e lessico: 10/10
Originalità: 10/10
uso del pacchetto: 10/10
Caratterizzazione: 15/15
Giudizio personale: 5/5
Tot: 65/65
Valutazione
Momotaro e Momoko. Personaggi di una raccolta magica, onirica, perfettamente caratterizzata con emozioni e piccole quotidianità. Sembra di leggere un manga, di osservare delle tele che ci presentano la storia. La storia rimane originale e ben strutturata per tutto il suo sviluppo. La scelta di farne una raccolta potrebbe sembrare azzardata, invece è più che azzeccata per la tipologia. Il tuo stile e il lessico settoriale e specifico giapponese non fanno che alzare il punteggio.

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Capitolo 2
*** La Rosa Tatuata ***


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   Capitolo 2) La Rosa Tatuata*
Genere:  Drammatico, Fantasy, Romantico  

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Il profumo del tenpura di fior di loto rosa e del salmone grigliato con semi di sesamo si alzava invitante dalla tavola apparecchiata a puntino, intorno alla quale tre commensali sedevano nella postura più corretta.
Momoko aveva curato personalmente quegli ospiti di rango, fermatisi in cerca di un rinfresco prima di entrare nella capitale per la presentazione della figlia alla famiglia del futuro marito.
La ragazza era davvero attraente, coi tratti fini, la bocca come un petalo di rosa, i capelli che terminavano in piccoli boccoli sciolti;** solo l’espressione di profonda infelicità, ben visibile alla ristoratrice e al suo gatto, adombrava quella perfezione da bambola.
Momotarō si avvicinò, la coda ondeggiante morbidamente in un atteggiamento amichevole; la fanciulla sorrise sentendo la testa dell’animaletto solleticarle le caviglie appena scoperte, porgendogli un boccone di salmone con la punta delle dita.

“Nobara***non toccare quella bestia, potrebbe avere delle malattie, o peggio, graffiarti: che impressione faresti ai tuoi suoceri?”
Ostentando tutta la sua felina regalità offesa, il gatto si fece da parte, rivolgendo uno sguardo poco rassicurante in direzione della signora che aveva parlato, ma non era lei il suo obiettivo.
Non meritava neanche attenzione, mentre la reazione di uno dei servitori, che avevano preso posto al tavolo vicino all’ingresso, era decisamente più interessante.
Quando la voce tagliente della madre della promessa sposa aveva paventato la possibilità che lei facesse brutta figura, aveva scorto, senza dubbio, un lampo di aspettativa sul suo volto: si avvicinò cautamente, studiando la reazione del ragazzo; lui allungò una mano, dandogli una grattatina sulle orecchie.
‘Non è cattivo – pensò – allora resta l’altra possibilità’.
Troppo veloce per poter essere intercettato, Momotarō sollevò una zampa, artigliando l’orlo dell’haori**** un po’ liso ma dignitoso, allacciato stranamente alto intorno al collo; per un secondo la visione di una bellissima rosa tatuata si offerse alle pupille indagatrici dell’animale.
Il colore del disegno era senz’altro la replica di quello delle labbra della padroncina e si dipinse per un istante anche sulle sue gote.
La cena terminò senza altri inconvenienti e quando Momoko presentò il conto, scritto su una tavoletta di cera, i genitori pagarono salutando poco garbatamente, uscendo senza aver capito nulla dell’accaduto.

Una volta che il cuoco e il lavapiatti furono andati via, la donna si sedette con un sospiro silenzioso, poggiando le braccia in grembo, guardando fuori dallo spiraglio di porta socchiusa; il tramonto le sembrò pallido quella sera, senza fuoco, come offuscato da un velo di cipria.
“Sei triste per quei giovani, Signora? Non potranno mai stare insieme, vero?”
‘No, Momotarō-san: è la legge. Forse, il giorno prima dello sposalizio troveranno il coraggio di fuggire, ma non lo credo. Penso che si daranno un solo bacio, che ricorderanno per tutta la vita; poi lei apparterrà ad un uomo che non avrà mai il primo posto nel suo cuore’.
“Noi gatti amiamo fieri e liberi: ci scegliamo, per conquistare le nostre compagne cantiamo alla Luna; lottiamo per loro, ogni ferita è un vanto, ogni cicatrice una medaglia”.
‘È più semplice – replicò lei senza suoni – voi siete onesti’.
Delle fusa di compiacimento furono la risposta.

* Ovviamente il dramma di Tennessee Williams, di cui ho usato solo il titolo
** Questo ‘ideale di bellezza’ dei capelli delle Giapponesi, è una descrizione del “Genji Monogatari”
*** Rosa Selvatica, nome molto tradizionale
**** Kimono corto maschile, praticamente la ‘camicia a kimono’
Tenpura si trova scritto anche tempura, ma è scorretto

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Capitolo 3
*** Piogge di prima Estate ***


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             Capitolo 3) Piogge di prima Estate*
Genere: Drammatico, Fantasy


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Era il giorno di chiusura del ‘Kibi Dango’; una sottile pioggia insistente che aveva sussurrato il suo arrivo dall’apparire delle dita rosate dell’alba, aveva rovinato la possibilità di trascorrere la mattinata nel parco di Ueno.**
Momoko uscì dall’ala privata in fondo all’edificio, preparando la colazione per due: riso, filetti di sgombro allo zenzero rosa, tofu fritto, mochi ripieni di confettura di ciliege.
‘Non ho mai incontrato un gatto tanto beneducato’, pensò, vedendo il suo ospite fare l’inchino davanti al  piatto, tenendo le zampine unite.
“Sono grato del cibo che ricevo, Signora: sono un animale anche io, ma più fortunato”.

In quel momento il rumore scrosciante sul selciato si fece più intenso, come se il temporale estivo si stesse spostando rapidamente, concentrandosi nel cortile.
Momotarō gonfiò il pelo della schiena e della coda, soffiando verso l’ingresso, sprizzando scintille dagli occhi; un lieve bussare rispose al suo ringhio.
Senza alcuna esitazione Momoko si avviò verso l’uscio, facendo scorrere il chiavistello.
Di fronte a lei c’era una ragazza, abbigliata con uno yukata*** di seta bianca, i capelli incredibilmente lunghi coperti da un velo da cerimonia; un sottile rivolo d’acqua scorreva dal bordo della veste come uno strascico liquido, dalle dita scendevano minuscole stille, gli occhi piangevano gocce di rugiada.
“Ame-onna - *** il gatto non si curò di nascondere il suo potere magico ad uno spirito inquieto – cosa vuoi qui?”
“Ho sentito la tua presenza … e forse altro; lasciatemi entrare, non ho cattive intenzioni, quello che desidero è ricevere un po’ di gentilezza dagli esseri umani; noi Yōkai***** siamo spesso temuti e allontanati con amuleti, ma sappiamo ricompensare chi ci tratta con rispetto”.
Momotarō si girò verso la sua amica, riportando il suo pensiero.
“La Signora vorrebbe sapere, se è lecito domandarlo, cosa ti impedisce di riposare nel Paese del Cielo”.******

“Il mio bambino morto durante un’epidemia è sepolto in una fossa comune, senza cerimonia funebre, né preghiere né incenso a salutare la sua anima; vagherò piangendo finché le sue ossa non saranno consumate”.
Un profondo dolore si dipinse sul viso di Momoko, che istintivamente prese tra le sue mani quelle fresche e umide dello spettro; non servivano messaggeri per interpretare quella comprensione che solo chi ha vissuto una perdita irreparabile può provare.
Poi, imbarazzata dalla sua impotenza, andò a preparare il suo migliore tè bianco; porse la prima tazza con un dolce sorriso alla Ame-onna e un piattino al suo gatto; bevve un sorso, mentre Momotarō intingeva graziosamente un cuscinetto nella bevanda,******* leccandolo per manifestare la propria partecipazione.

Lo spirito posò una mano sull’orlo del recipiente, in segno di gradimento, anche se la sua natura gli impediva di assumere cibi dei viventi: per un solo momento il calore del vapore vinse il freddo della pelle.
Ringraziando con un cenno, si alzò uscendo dal locale, trasportando via l’acquazzone.
Momoko prese le tazze per lavarle; quella della sua invitata, con grande stupore, la trovò piena di ryō. ********
“Potremo far riparare le tegole rotte, Signora; qualche volta il soffitto dell’ingresso gocciola”.
‘Oppure potranno servire ad altro, Momotarō-san; la pioggia può essere buona, a volte’.

* piogge di prima estate /si accorciano le zampe / delle gru  (Matsuo Bashō)  (L’iniziale minuscola è corretta)
** Nel 1873, il governo Meiji decretò che la collina di Ueno fosse trasformata in parco pubblico, il primo di Tokyo
*** Kimono leggero, estivo, o in altri casi informale
**** Ame-onna 雨女( la donna della pioggia), è lo spirito di una donna sfortunata, ritenuto positivo dagli agricoltori
***** Gli Yōkai (spiriti) appaiono soprattutto in estate, stagione nella quale il loro mondo è vicino a quello umano
****** Paradiso dello Shintō
******* Il tè bianco si prepara a circa 70° di temperatura
******** Moneta da 15 grammi d’oro

Vorrei ringraziare di cuore la dolce Iansom, e le 9 persone, evidentemente amanti dei gatti che hanno letto anche il secondo capitolo... spero che andrete avanti fino alla fine! Baci! =*-*=

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Capitolo 4
*** Il Sangue, la Luna, la Neve ***


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Capitolo 4)

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Genere:  Drammatico, Fantasy, Noir
CITAZIONE: “Tale è la forza dell’abitudine che ci si abitua persino a vivere”
Avvertimenti: Violenza


I gatti fatati sognano di topi incantati?* Sono capaci di emozioni definite ‘prettamente umane’?
Momotarō avrebbe potuto confermare quelle teorie, ma perché elargire certezze agli sciocchi che preferiscono dubitare di ogni cosa che non distinguono coi loro occhi?
Una visione spaventosa stava tormentando il suo sonno: c’era sangue dappertutto, un orribile odore di morte pervadeva completamente la scena; quattro corpi giacevano a terra come bambole spezzate, il collo in posizione innaturale, braccia e gambe fermi per sempre in un’oscena parodia di balletto.
Un uomo ed una donna, due bambini inutilmente protetti coi loro corpi.
Il suo punto di vista era esterno e proveniva da un posto buio, soffocante, sporco: lo spazio sotto le travi del pavimento.**

Aveva freddo, fin nel profondo delle ossa – paura, paura –  forse avrebbero sentito i crampi del suo stomaco attorcigliato – così tanta paura – i battiti del cuore che stava per scoppiare – una terribile paura -  il rumore crepitante del suo respiro  - sto impazzendo di paura – e sarebbe stata la fine.
I baffi del felino tremavano allo stesso ritmo del guizzare dei muscoli della bocca, le zampe scalciavano nervosamente nell’aria, finché, con uno sforzo di volontà, riuscì a svegliarsi.
Corse dalla sua cesta di bambù fino alla parete in fondo al salone, aprendola adoperando tutta la sua forza, introducendosi con discrezione nella camera da letto di Momoko.

Lei stava continuando ad avere l’incubo che aveva trasmesso alla sua psiche sensibile; malgrado la temperatura delle notti d’Agosto era raggomitolata, le mani premute sulla bocca per impedirsi di gridare.
Il gatto si avvicinò morbidamente nel perfetto silenzio dei suoi passi felpati, salendo sul tatami, acciambellandosi sul cuscino all’occidentale*** posando la fronte contro quella della donna, riprendendo così il contatto: ****ora c’era lei, che si allontanava dalla casa, il vestito sporco di sangue, sola e con l’anima spezzata.
Momotarō si rammaricò di aver mancato parte del sogno, ma questo placò il suo senso di colpa per stare spiando nei segreti della sua benefattrice; d’altronde non poteva abbandonarla così.
La ragazzina avanzava meccanicamente nella neve, illuminata dalla Luna piena, quando qualcosa di rosato spiccò sulla distesa candida.
‘Sto sognando, vero?’
“Sì: perdona la mia intromissione; sono venuto a prenderti. Stai soffrendo e io vorrei aiutarti; pensa a casa tua, a Nerima, visualizza te stessa, torna indietro con me”.

Lei si abbassò, allungando una mano fino a toccarlo, poi fu come se un vortice la trascinasse indietro.
Aprì gli occhi di colpo, sentendo la lingua rosea dell’animaletto lambire una lacrima che era scivolata sul suo viso.
‘Hai visto tutto, Momotaro-san?’
“Troppo, Signora. Sei stata incredibilmente coraggiosa a superare quella tragedia da sola”.
‘All’inizio ho pensato di voler porre fine alla mia esistenza, ogni giorno; ho smesso di parlare, non mangiavo, non volevo addormentarmi per paura che mi uccidessero nel sonno. Ma non l’ho fatto, ho ricominciato ad alimentarmi, vestirmi, come in una rappresentazione teatrale infinita; alla fine, tale è la forza dell’abitudine, che ci si abitua persino a vivere, di nuovo’.
“Ora torna a riposare; io veglierò sui tuoi sogni”.
Momoko abbracciò il gatto, sapendo che  quella promessa era vera.

* “Do Androids Dream of Electric Sheep?” (Romanzo di P. K. Dick da cui è tratto il film  ‘Blade Runner’ )
** E vai con Kill Bill e Inglorious Bastards! Ma non plagiati, solo impossibili da dimenticare…*Love 4 Quentin!*
*** Il cuscino giapponese tradizionale era un ‘rotolo’; il tatami è la base in paglia sulla quale va il futon(materasso)
**** Ho immaginato una ‘connessione da contatto’ della ghiandola pineale

Grazie Iansom e margheritanikolaevna e ai lettori silenziosi aumentati a 12! restate, Momotaro è felice!

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Capitolo 5
*** Un tipico piatto estivo ***


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            Capitolo 5) Un tipico piatto estivo
Genere: Commedia, Fantasy


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Momotarō  sbadigliava annoiato, osservando la combriccola di personaggi  peculiari che sedevano banchettando allegramente, scherzando e alzando parecchio il gomito.
Il capogruppo* aveva degli occhi tondi che parevano scoppiare fuori dalle orbite; la pancia, decisamente abbondante, formava un rotolo che tentava di fuoriuscire dalla giacca della divisa nera,** mentre le gambette sproporzionate si agitavano fuori dal tavolo. Il Polipo.
Alla sua sinistra c’era un ragazzino allampanato, magrissimo, col viso triangolare che ospitava due occhietti sfuggenti. Il Calamaro.
Per finire, il trio era completato dal possessore di una bocca assolutamente tonda e rossa, il collo inesistente, le guance gonfiate dalle risate. Il Pesce Palla.

Vista l’ora e considerando che Momoko era in ritardo a causa del caldo che l’aveva spinta a fare un bagno, il gatto non poté che trovarli appetitosi.
Si avvicinò, sfoderando il suo repertorio di moine.
“Mrrfrrr?”****
“Via, non do da mangiare ad un animale!”
‘Si vede’, pensò il gatto indignato.
Senza perdere tempo raggiunse la stanza dove la donna si stava rivestendo, parlando da dietro la porta.
“Signora, vorrei che mi facessi un favore, è per una buona causa; scriveresti un biglietto che ti detterò?”
Poco dopo, il lavapiatti si accostò al gruppetto di studenti, consegnando loro un foglietto di carta di riso piegato in tre.
Il Calamaro, da fedele scudiero del Polipo, lo sollevò dall’incombenza di leggere a voce alta.
“Per la cifra di 20 yen**** ciascuno, vi farò entrare nel bagno della padrona, ho bisogno di denaro. Un amico”.

Un inglorioso spettacolo di voci strozzate, bocche aperte e sbavanti, mani che capovolgevano borsellini, tasche e cartelle si offrì agli occhi degli altri clienti del ristorante; poi il Pesce Palla, con fare viscido, passò banconote e monete al ragazzo che, dopo averle contate, fece cenno di seguirlo.
La porta venne fatta scorrere con estrema lentezza, per prolungare quel momento; il vapore riempiva l’aria con la sua trasparenza densa, il profumo di sapone alla pesca era inebriante; peccato che di Momoko non ci fosse traccia…
“Ci hanno presi in giro, come hanno osato?” Il Calamaro fremeva per la rabbia.
“Però in effetti, siamo nel bagno di Momoko-san! Siamo stati stupidi!” Il Pesce Palla era rassegnato.

“Si è appena immersa in quest’acqua – il Polipo era sicuramente il più maniacale – è ancora tiepida come il suo bellissimo corpo, bianca come la sua pelle… il telo che ha usato per strofinarsi è rosa!
Un attimo dopo, la vasca straripava a causa dei ragazzi che si erano buttati al suo interno, strappandosi dalla mani l’asciugamano che si passavano sul viso, intorno al collo e di cui aspiravano l’aroma.
‘Mancano solo le verdure e le alghe Nori’, pensò Momotarō, spiandoli divertito da un angolino.
La ristoratrice stava aspettando il gatto in cucina, mentre annodava un fazzoletto contenente la cifra  consegnata dal suo aiutante.

‘Momotarō-san, cosa hai combinato?’ Il tono era di finto rimprovero.
“Per favore, Signora, porteresti quella sommetta al Tempio di Gotoku-ji?***** Lì i monaci sfamano i gatti randagi che entrano nel loro giardino”.
‘Lo farò stasera; adesso devo prepararti il pranzo’.
“Non preoccuparti, Signora  - rispose malizioso – ho provveduto io al brodo di pesce!”

* I personaggi da qui descritti sono ispirati a “L’Estate di Kikujiro” di Kitano, non agli uomini-pesce di One Piece ^_^
** La prima divisa della scuola pubblica, nera, col collo alla coreana e bottoni gialli.
*** Dizionario Felino - Italiano: “Mi offriresti qualcosa di buono?”
**** Lo yen fu introdotto dal governo Meiji nel 1872 (col cambio dell’inizio del 1900, parliamo di circa 40 euro)
***** Famoso per il culto del Maneki Neko (gatto portafortuna)

Come sempre grazie a Iansom e margheritanikolaevna per aver recensito con bontà, a Lyra Belacqua (che suona deliziosamente "Pullmaniana") per seguire, e grazie ai lettori silenziosi, 12 nel quarto capitolo, sono contenta di non avervi fatti scappare!
Piccolo avviso: causa pc da portare in riparazione, domenica; Momotaro vi aspetta! =*-*=

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Capitolo 6
*** Mono no Aware ***


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Capitolo 6) Mono no Aware*
Genere: Fantasy, Noir, Romantico


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Erano passati sei giorni da quando Momotarō l’aveva notato, provando un senso di allarme.
Un uomo, piuttosto giovane e abbastanza piacevole, che ogni pomeriggio faceva una passeggiata nel rione, soffermandosi con noncuranza a lanciare un’occhiata all’interno del ristorante.
Non era malaccorto, anzi sembrava abituato a rendersi anonimo tra la folla, con l’abito all’occidentale grigio dei funzionari statali, il passo tranquillo di chi non ha particolari preoccupazioni; anche l’aspetto fisico era alquanto comune: altezza media, folti capelli castano scuro, sopracciglia incurvate all’ingiù.**

Probabilmente un ispettore di polizia, aveva dedotto il gatto; ma cosa voleva dalla sua Signora?
Quella era l’unica parte che gli era chiara: era lei il motivo della sua assidua presenza.
Non conosceva il suo passato, tranne quel terribile incubo di cui era stato testimone, ma non riusciva a credere che quella persona soave potesse essersi macchiata di un qualsivoglia crimine.
Ne era certo, deducendo che al contrario, l’investigatore fosse lì per sorvegliare Momoko contro la possibile presenza di individui pericolosi; certamente l’assassinio della sua famiglia doveva essere stato un evento che aveva gettato nel panico gli abitanti di Nerima, anzi di Tokyo, vista la sua brutalità ed efferatezza.
Giunta l’ora di apertura del ‘Kibi Dango', il felino uscì nel cortile, posizionandosi su una colonna del cancelletto come una statua vivente, col Sole vespertino che giocava coi riflessi del mantello rosato conferendogli caldi bagliori.
‘Eccolo – pensò – verso la solita ora, ma non tanto preciso da incontrare sempre gli stessi abitanti del quartiere’.

Con sua grande sorpresa questa volta l’uomo non proseguì, ma con fare deciso si avvicinò entrando e individuato un posto libero si accomodò, senza richiamare l’attenzione di nessuno per essere servito.
Momoko passò tra i tavolini salutando i clienti, fin quando indirizzando lo sguardo nella sua direzione, lo vide; il suo turbamento fu palese soltanto per un istante, sufficiente però a essere colto dal sesto senso del gatto. Lo conosceva, non c’erano dubbi.
Coi soliti gesti misurati, la donna si chinò a versargli del sake, tornando verso la cucina dimenticando di indicargli il menù appeso vicino al bancone; questo non le impedì di riapparire poco dopo, apparecchiando un pasto composto di makizushi, futomachi al salmone e gelato di rose.***
Posata la ciotolina del dolce Momoko fece per ritirare la mano, quando con un gesto velocissimo l’uomo la bloccò dal polso senza stringere, lasciandola scorrere via lentamente, passando il pollice sulle vene azzurrine appena visibili attraverso la pelle sottile, il centro del palmo, la punta delle dita.

Solo Momotarō  notò quella manifestazione d’affetto, provando un fastidio e un’ansia che se non fosse stato un animaletto si sarebbero detti i moti di un cuore geloso.
Lei fece un cenno che significava inequivocabilmente ‘torna più tardi’, indicando con gli occhi gli altri clienti; senza trattenersi oltre riprese la sua attività, fermandosi solo quando a tarda sera l’ultimo ubriaco uscì cantando un motivetto con voce impastata.
Nell’attimo in cui il suo amico varcò nuovamente la soglia del locale, il tramonto precipitò nell’ombra e il colore piovve giù dal volto di Momoko come un fiore di ciliegio che cede al vento.

* Intraducibile letteralmente con un preciso termine in italiano: ‘La caducità delle cose del mondo’, espressa particolarmente dalla breve fioritura del ciliegio, con la caduta dei fiori in boccio
** Noi le strappiamo, ma in Giappone sono considerate belle
***Makizushi: rotolo di tonno -  Futomaki: frittata con salmone, anche tagliata in forma di sushi. Il gelato fu importato dagli americani all’inizio del 1900. Per la consuetudine giapponese, se una donna cucina per un uomo dei piatti “rosa” è innamorata o gli vuole bene come al migliore amico (Specie il futomaki; in Italia l’abbiamo visto spesso in Gokinjio Monogatari, alias “I cortili del cuore”, dove era chiamato ‘la frittatuccia’ -.-) 

Grazie di cuore, Iansom, margheritanikolaevna, Juunanasai, Lyra_Belacqua per le vostre dolci recensioni; e grazie ancora alle 11 lettrici sopravvissute... a presto, vostra, Setsuna

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Capitolo 7
*** Mono no Aware: Parte 2 ***


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Capitolo 7)

Genere: Fantasy, Noir, Romantico


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Momoko si sedette, raccogliendo in quel gesto tutte le forze residue, prima di crollare.
Lui si protese per parlarle con riservatezza, malgrado non distinguesse nessun potenziale ascoltatore.
“Ti ho cercata ovunque: non avrei pensato ad un posto così umile; vieni via, siamo ancora in tempo, non posso prometterti una vita agiata ma sarai al sicuro, potremmo nasconderci in America. Farei qualunque cosa per te”.
La donna abbassò gli occhi, girando una mano del ragazzo col dorso in giù, tracciando degli ideogrammi  sul palmo con l’indice: Momotarō non riuscì a resistere alla tentazione di restare, ascoltando i suoi pensieri.

‘Ti sarò grata per tutta la vita, ma ti ingannerei, Kojiro-sama:* ti voglio bene come ad un fratello maggiore, non provo quel genere di amore. Dimenticami, sposa una ragazza che potrà farti felice; se ti chiederanno se mi hai rintracciata, rispondi di no, aiutami un’ultima volta’.
“So di essere troppo poco per te, Fumi no Miya”.**
Una rapidissima visione attraversò la mente del gatto; doveva essere così che nel momento della morte si vedevano passare gli avvenimenti più importanti della propria vita.
Percepì il ricordo di un giorno lontano, quando Tsukiko, la bellissima cortigiana di Mutsuhito, accecata dalla gelosia aveva tentato di avvelenare la piccola Fumi, figlia della sua principale rivale; ma la tazza era stata scambiata erroneamente con quella di una dama, provocandone la morte e spingendo sua madre ad affidarla in segreto al fratello, un samurai che si era rifiutato di mettere a dormire la spada.***

Fumi era stata portata via quella sera stessa e affidata alla famiglia di un ricco mercante di porcellane, che giurò di proteggerla a ogni costo; finché una notte di dieci anni dopo, alcuni uomini dal volto mascherato circondarono la casa.
Suo padre adottivo riuscì a scorgere una sagoma e invece di salvare i suoi veri figli, nascose lei sotto un’asse sconnessa, preparata dal momento in cui aveva accettato quel compito.
I samurai di guardia sopraggiunsero, compreso il giovane Kojirō, riuscendo a eliminare i ninja assoldati per far scomparire quell’imbarazzante testimone, ma troppo tardi per impedire una terribile strage.
In quel momento, Momotarō senti giungere un’assoluta disperazione.

Fumi… no, Momoko, era uscita dal nascondiglio col viso coperto di sangue, la voce soffocata per sempre: né preghiere né minacce le avevano fatto cambiare idea; una volta ricevuta l’eredità era sparita nel nulla, finché Kojiro l’aveva vista, del tutto casualmente.
Il tormento dei loro cuori aleggiava così palpabile nella stanza, da prendere quasi la consistenza agli occhi chiaroveggenti di Momotarō, di un fuoco fatuo;**** poi la donna scrisse qualche altra parola sulla mano dell’amico, rivolgendogli un sorriso stanco.
‘Sono io che porto sfortuna alle persone che mi amano; non potrei chiedere di meglio di te’.
Prima di udire proteste lei fece cenno di tacere, con un dito sulle labbra.
La porta venne richiusa lentamente, la figura dell’uomo, curva sotto un peso immane, che si allontanava nel buio.
“È davvero una persona onorevole, Signora”. Il gatto non riuscì ad aggiungere altro.
‘Conosci il detto, Momotarō-san: tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il samurai’.****

* Sasaki Kojirō = vero famoso samurai… anche se non dell’epoca! (sama = onorifico ‘maggiore’ di san)
** Fumi no miya (Principessa Fumi: una delle vere figlie di Mutsuhito (nome da vivente dell’Imperatore Meiji)
Non c’è nulla di vero nel racconto, ma da regolamento i personaggi storici non possono essere utilizzati in storie erotiche o diffamatorie; per questo il nome della concubina ‘cattiva’ , Tsukiko (figlia della Luna) è l’unico di fantasia
*** Le spade dei samurai che si ritiravano, non erano solo ‘accantonate’. Venivano riposte in foderi interamente di legno; questo rituale si chiamava “mettere a dormire la spada”.
*** Diversamente da noi, in Giappone credono si formi a causa del dolore di qualcuno
**** I samurai si sentirono strettamente legati al fiore di ciliegio per via di una frase contenuta in una famosa opera teatrale: "Hana wa sakuragi, hito wa bushi”, ovvero "Tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il samurai"

Grazie ancora una volta, Iansom, margheritanikolaevna, Juunanasai, Lyra_Belacqua, Baldr, per le vostre preziose recensioni; e grazie alle lettrici sopravvissute, tornate in 12!

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Capitolo 8
*** Il Governo della Tenda ***


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Capitolo 8) Il Governo della Tenda*
Genere: Commedia, Fantasy


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L’afa disegnava onde di calore bianco nell’aria: ma la temperatura altissima poteva essere ritenuta responsabile soltanto in parte, se la clientela abituale del ‘Kibi Dango’ sembrava essersi volatilizzata, come le nuvole che si sfaldavano in volute di vapore.
A pochi passi un nuovo ristorante faceva bella mostra di sé; l’esterno era in stile moderno, con le tegole verdi, ma tutto il resto, dalla vernice alle tovaglie che coprivano i tavoli all’occidentale, al colore delle stoviglie e dei decori floreali, era un’esplosione di rosa.
‘Cosa pensi che preparino in quel locale, Momotarō-san?’ Momoko era incuriosita.
Se il pelo sulle guance del felino avesse potuto arrossire quello sarebbe stato il momento.
“Cucinano soprattutto hamburger, Signora, con salsa brown…** l’odore è piuttosto invitante”.

La donna sorrise, vezzeggiando  il gatto.
‘Vuol dire che anche noi faremo del nostro meglio’.
Quella sera la piccola folla di uomini e coppie che passeggiavano ammirando le lucciole,*** fu investita da una doppia ondata di effluvi deliziosi che si contrapponevano dai due lati della strada.
Da sinistra, un odorino di carne grigliata e ben condita stuzzicava col suo esotico richiamo i più audaci tra i consumatori, mentre da destra un profumo estremamente più delicato solleticava le narici col suo familiare bouquet.
“Ramen freddo!**** È tantissimo che non ne mangio una scodella!”
“Mia madre lo preparava sempre, per me e la mia sorellina, il primo giorno di vacanza…”

La porta spalancata sulla sala offriva agli occhi dei passanti il quadretto di Momoko e Momotarō, che gustavano una porzione del famoso piatto; lei era splendida con lo yukata ricamato a fiori di pesco, perfettamente intonato col magnifico mantello lucido e ben spazzolato del gatto.
In breve tempo si formarono due ordinate file di lunghezza simile, una verso l’ingresso del ristorante di cibo americano, l’altra verso il ‘Kibi Dango’.
Mentre il cuoco borbottava qualcosa sullo sfruttamento della categoria, la donna, aiutata per l’occasione anche dal lavapiatti, serviva ciotole su ciotole della deliziosa zuppa.
Una delle ultime era stata ordinata da una graziosissima ragazza, vestita con un kimono di seta rosa antico; un visetto simpatico completava l’insieme.
Sollevò con le bacchette una matassina di spaghetti che furono evidentemente di suo gusto, assaggiando poi il brodo, assaporandolo con gli occhi socchiusi.

“È davvero squisito, Momoko-san! La sua fama è meritata. Spero che non sia offesa con me per essere entrata senza spiegarle chi sono”.
La risposta fu vergata rapidamente sulla tavoletta di cera.
‘Avevo capito chi è lei signorina; sarà la benvenuta ogni volta che vorrà essere mia ospite’.
La giovane posò sul tavolo un pacchetto di cartone bianco, chiuso da un vistoso fiocco.
“Questi sono per lei e il suo bel gatto, spero siano di vostro gradimento”.
‘Ne sono sicura, grazie del pensiero gentile’.
La ragazza lesse, annuendo con compiacimento, prima di salutare per tornare alle sue faccende.
Quando finalmente la calma tornò a regnare in quello spazio che ormai chiamava ‘casa’, Momotarō si avvicinò al pacchetto, leccandosi con anticipazione i baffi disposti a ventaglio.
‘Sei impaziente di provarlo, vero?’
“Non tanto, Signora – disse con voce furba – ne ho mangiato uno anche stamattina…”

*Nel 12° secolo, l'imperatore Go Daigo prese il potere grazie ai clan militari fedeli; ma uno dei sostenitori, si ribellò con una lotta civile che portò allo scisma dinastico; risultarono così due imperatori: uno legittimo, esule a Yoshino e uno illegittimo e contrapposto, a Kyōto, dove istituì il cosiddetto “Governo della tenda” per la sua locazione provvisoria.
** La salsa brown, diffusissima negli U.S.A. nel 19° secolo, era composta di farina, melassa, burro brunito e panna; si usava sul manzo, come antenata della salsa barbecue.
*** Che avete capito? Gli insetti luminosi, non le signorine!
**** Hiyashi chuka; serviti in estate dai ristoranti giapponesi
Il “ristorante americano” non ha volutamente un nome, visto che dovrebbe evocarne uno noto e molto ‘colonialista’

OMAKE!
Hiyashi chuka, (Ramen freddo) per  2
200 gr. Noodles giapponesi (o cinesi)
150 gr. petto di pollo  (o maiale) affettato fine
erba cipollina
zenzero rosso marinato (q. a piacere)
Brodo
600 ml. d’acqua
1 cucc.no zucchero di canna
qualche striscia di alga nori
semi di sesamo tostati
mostarda cinese (a piacere)
salsa di soia (q. a piacere)
un pizzico di sale
Decorazioni
Una frittatina fatta con 1 uovo, 1 cucc. brodo dashi, 1 cucc.no zucchero, sale, ½ cucc. mirin, affettata fine
1/2 zucchina al vapore, affettata fine
Salsina
4 cucc. acqua, 3 cucc. aceto di riso, 2 cucc. soia, 2 ccu.ni zucchero di canna, 1 cucc. olio di semi
Preparazione:
fate la frittatina, cuocete la mezza zucchina
Rosolate in una padella la carne, l’erba cipollina e lo zenzero  a fiamma bassa, con olio di semi, e mettete da parte
Frullate la salsina
Preparate normalmente il brodo a fuoco basso, facendo ridurre di circa 1/4
A  parte, in acqua non salata cuocete gli spaghetti, per il numero di minuti riportato sulla confezione
Quando tutto sarà a temperatura ambiente, mettete prima gli spaghetti nella ciotola, poi il brodo; la carne, la zucchina e la frittata, vanno disposte separatamente per “mostrarsi” bene. Infine aggiungete la salsina senza mescolare
Itadakimasu!
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(Non è proprio la versione della mia ricetta, ma mostra la disposizione  estetica degli ingredienti)

Grazie di nuovo per la pazienza e le vostre recensioni Iansom, margheritanikolaevna, Juunanasai, Lyra_Belacqua, Baldr, e grazie alle lettrici anonime diventate 20! sono felice! =*-*=



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Capitolo 9
*** All’ombra delle foglie ***


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Capitolo 9) All’ombra delle foglie*
Genere: Commedia, Fantasy

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Una femmina dovrebbe curare la sua bellezza, pensò Momotarō, con una considerazione poco cavalleresca; comunque nessuno del gruppo avrebbe osato tenere un atteggiamento meno che rispettoso con la loro Damiyo.**
Mentre gli stolti umani insistevano a tramandare il potere - generazione dopo generazione - solo in mani maschili, loro avevano eletto con totalità dei voti Suzuko, la decima del suo nome.***
La gatta effettivamente era più larga che lunga e quando si sedeva con solennità sul muretto del giardino dove tenevano le assemblee, coi suoi strati tondeggianti di pancetta e pelliccia candida, sembrava una gigantesca polpetta di riso; però parlandone ad alta voce, la sua stazza veniva definita ‘la maestà di un buddha’.

Momotarō si inchinò depositando ai suoi piedi un’aringa rosa, quale segno di devozione; altri doni mangerecci erano accumulati su alcuni sassi lisci, un vero attentato alla linea già inesistente della micia.
Alla sua destra e alla sinistra, le sagome snelle dei suoi due consiglieri formavano un contrasto interessante: il più anziano, Haisuke,**** si muoveva con lentezza facendo poco affidamento sul senso dell’equilibrio che non era più quello di una volta; in compenso le sue pupille conservavano tutta la brillantezza dell’intelligenza.
L’altro si chiamava Kurosuke: era un esemplare giovane, dal mantello setoso che lo rendeva una perfetta miniatura di pantera nera; le iridi giallo cupo spiccavano come topazi vicino all’onice.
Le sue movenze erano pura seduzione e i più maligni giungevano a vociferare che l’ultima cucciolata di Suzuko – quattro meravigliosi micini grassottelli, bianchi chiazzati di nero – avesse chiaramente il suo corredo genetico.

Alcune dame di compagnia, nonché cat-sitter dei piccoli, completavano la ristretta cerchia della corte dei felini di Nerima; una aveva il pelo color crema, l’ossatura sottile e i più incredibili occhi celesti mai visti nel quartiere.
La seconda era fulva, di razza persiana, come amava specificare parlando con orgoglio del pedigree della sua famiglia; Momotarō non era appassionato dei tipici tratti mediorientali, col nasino quasi inesistente e gli occhi perennemente spalancati, ma si sa cosa si dice delle rosse…
L’ultima era tigrata a strisce marroni e ruggine, una combattente nata: era la guardia del corpo di Suzuko e si raccontava che avesse messo in fuga addirittura due ragazzi malintenzionati facendoli scappare con le gambe segnate dal suo contrattacco.
Un pezzetto di orecchio mancante - perduto sul campo – era il suo attestato di valore in battaglia.

Gli altri gatti erano allineati formando un corridoio, lungo il quale colui che aveva domandato udienza avanzava per esporre la sua istanza.
“Quello che chiedi è un affare molto delicato; è passato così tanto tempo dall’ultima volta che è stato fatto da averne perso la memoria; tra noi non c’è alcuno che abbia assistito a qualcosa del genere, ho bisogno di rifletterci molto tempo”.
“Capisco, Damiyo”.
“Suzuko-sama”. Il vecchio gatto grigio si era fatto avanti, posizionandosi tra i due.
“Parla Haisuke-san: la tua saggezza è sempre stata preziosa nelle situazioni spinose”.
Il consigliere fissò le pupille verticali in quelle sincere di Momotarō.
“Per quale motivo vuoi farlo?”
Il motivo”.
Quello che si disegnò sul musetto del felino era senz’altro un sorriso.

* Hakagure: raccolta dei principi dell’etica dei samurai, scritta nel 1906
** ‘Generale’ di un gruppo di samurai
*** ‘Conto’ dei personaggi di famiglie nobili di Game of Thrones che ereditano il nome dei loro antenati
**** Grigino e Nerino. Il suffisso – suke è tipico dei nomi (fantasiosi ...) di animali
‘Un buddha’, non Il Buddha


Grazie per le vostre preziose recensioni Iansom, margheritanikolaevna, Juunanasai, Sayuri Narajima, Baldr, a Lelahel per aver seguito, grazie alle lettrici anonime che mi hanno tollerata fin qui...=*-*= Questo è il "capitolo dei Gatti", quindi il mio preferito! Baci, Setsuna e Momotaro!!!

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Capitolo 10
*** Un essere nato uomo, un essere nato gatto ***


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                       Capitolo 10) Un essere nato uomo, un essere nato gatto*
Genere: Fantasy, Romantico

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Il primo quarto** brillava nel cielo apparentemente così nero da poter affermare che non c’era differenza tra ammirarlo e osservare, proverbialmente, la stessa Luna in un pozzo.
Questo valeva per la limitata vista umana, perché Momotarō distingueva ogni sfumatura di blu cobalto, viola, l’argento tenue e prezioso della luce dell’astro misterioso.
L’aria era calda e un lieve profumo di gelsomino aleggiava nel vento; ma il fine odorato del gatto era inebriato da un vortice di fragranze, da quello dell’erba calpestata, ai metalli presenti nella terra fertile, all’odore muschiato degli animali che popolavano quel regno fatto di piccole cose.
Momoko sedeva nel prato, un po’ spaventata ma decisa a seguire l’istinto che gridava prepotentemente che non aveva mai preso una decisione più buona in tutta la sua vita.

I felini erano disposti in cerchio intorno alla donna, la Damiyo accovacciata di fronte di lei.
“Noi ti diamo gli occhi della Notte, per vedere oltre le apparenze, distinguere il bene dal male, per scrutare i segreti della Natura; da oggi guarderai senza pregiudizio”.
La litania dei gatti era in perfetto unisono.
“Ricevi nove vite, perché ognuna sia vissuta con dignità giorno dopo giorno: quando la sabbia della tua clessidra sarà discesa fino all’ultimo granello, ti unirai alla Grande Anima del Gatto Celeste; rendici fieri di te, brilla sulla sua fronte come la più fulgida delle stelle”.
Qualcosa nella persona di Momoko cominciò a vibrare, come se fosse attraversata da ondate di elettricità che le facevano percepire ogni atomo del suo corpo slegarsi da quelli vicini, eseguendo una danza primitiva, cercando di riorganizzarsi secondo uno schema differente.
“Ti doniamo l’agilità per fuggire dai nemici, la bellezza per ispirare i poeti, la grazia per camminare come se volassi, l’eleganza per suscitare stupore in chi non credeva più a nulla”.

Momotarō  si espresse per ultimo, col mantra dei suoi compagni che formava un sottofondo per le sue parole.
“Ti offro il mio cuore fedele, la mia forza per proteggerti, le mie fusa per cullare i tuoi sogni”.
Avvicinatosi, attese che lei si abbassasse fino a permettergli di posarle una zampina proprio sul cuore; mentre gli occhi della giovane si assottigliavano brillando nell’oscurità e la sua bocca diveniva un piccolo triangolo rosa, Suzuko le pose una domanda.
“Come vuoi essere conosciuta, quando si narrerà la tua storia?”
Il mio nome è Fumi’*** fu l’ultimo pensiero cosciente prima di precipitare in un sonno fatato.

“Ma cosa succede?” Un passante si avvicinò alla folla assiepata davanti al ‘Kibi Dango’.
“C’è la polizia nel ristorante… ieri mattina il cuoco e l’aiutante sono arrivati, ma di Momoko-san non c’era traccia! Non è partita, non manca nulla da casa, sospettano un rapimento. Sai – l’uomo sussurrò malignamente all’ altro – pare che avesse a che fare con dei tipi loschi, non hanno ritrovato il timbro**** col suo nome”.
Nel giardino, un gatto rosato con vicino una gattina dal manto bruno e una macchia rosea a forma di impronta sul petto, si scambiarono un’occhiata divertita.
“Frrrrrr!” Disse lei, con la nuova voce che l’Amore le aveva donato.

* un essere nato uomo/ un essere nato gatto/camminano insieme/ sulla via rugiadosa (antico haiku)
** Sono quindi passate tre settimane dall’inizio, è ancora Agosto, il mese magico
*** Fumi, vuol dire appunto ‘Storia’
**** In Giappone tutti hanno un timbro (anche 100 anni fa) con tutti i dati, come se fosse insieme la nostra carta di identità, codice fiscale, partita IVA, etc…

FINE

Iansom, margheritanikolaevna, Juunanasai, Sayuri Narajima, Baldr, Lelahel ; grazie infinite per la vostra presenza qui! Momotaro e Momoko/Fumi vi ringraziano con me, sperando di ritrovarvi presto! Grazie naturalmente alle buone lettrici silenziose che hanno seguito i 10 capitoli! E mi raccomando...

 

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