Cronaca delle cose occorrenti nei tempi giusti

di Belarus
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #01. Needed: France&Nursery rhyme ***
Capitolo 2: *** #02. Needed: Meeting&Gravy ***
Capitolo 3: *** #03. Needed: Telephone line & Turtle ***
Capitolo 4: *** #04. Catch phrase, solution and loneliness - Frase a effetto, soluzione e solitudine ***



Capitolo 1
*** #01. Needed: France&Nursery rhyme ***






Note dell’autrice:
Si le metto prima perché sono più importanti e il mondo deve sapere ù_ù Questa storiella è dedicata alla mia adorabile ballerina sculettante, Hope *-* che ha preso 30 all’esame e per cui la mia demenza senile ha partorito questo – con l’adorabile aiuto di Francis ancora turbato dalla sconvolgente notizia dell’amore di Gil per Feli -. Quindi spero che ti piaccia cara * lancia bacio *!


#01. Occorrenti: Francia e filastrocca – Needed: France and Nursery rhyme


Era rimasto con il viso appiccicato alla finestra della cucina per più di un quarto d’ora, dopo che loro erano spariti sull’auto nuova che avevano dato in dotazione al suo fratellino per buona condotta. Quando finalmente era riuscito a staccarsi dal vetro, aveva il viso deformato come se avesse dormito in chissà quale posizione equivoca. Durante il suo incontro ravvicinato con l’infisso della cucina, aveva avuto il tempo di escogitare un piano, uno di quelli intelligenti che usava solo per le occasioni importanti, uno di quelli che al piccolo Ludwig facevano venire i crampi allo stomaco come se avesse mangiato crauti andati a male. Lasciò cadere con delicatezza la tazza di cereali nel lavabo – che andò in frantumi e che per chissà quale droga di seconda scelta aveva deciso di mangiare – e si lanciò con entusiasmo verso il telefono che giaceva tristemente abbandonato sul tavolo. Compose il primo numero che gli veniva in mente sghignazzando in preda al compiacimento personale, già pregustava la propria schiacciante vittoria.
« Allô? » domandò garbatamente la cornetta.
« Francis! Disturbo? » gongolò mentre Gilbird svolazzava sopra la sua testa.
« Oui! » cinguettò lezioso.
« Maledetto depravato levati da sopra di me! »
« Era un modo di dire! Il magnifico me non disturba mai, dovrebbe essere un onore per te! » abbaiò sconvolto.
« Agli amici si dice sempre la verità… come posso essere utile al magnifico toi? »
« Riabbottonati quegli schifosi pantaloni! »
« Voglio il numero dell’italiano e che mio fratello sia occupato fuori di casa per un paio di giorni! »
La sua stupenda e soave risata venne fuori come un fiume in piena che rianima, riecheggiando l’intera Nazione. Gilbird zampettò piano tra la sua zazzera, mentre lui strappava dal frigo un rapporto di un generale e lo girava per prendere nota del numero. Sarebbe stato un delizioso passatempo per almeno un intero week-end. Francis dalla parte opposta tossicchiò dubbioso.
« Ad Antonio non piacerà per niente questa cosa, verrà a picchiarti di certo! »
« Oh my God! »
« Non voglio il numero di Romano! Voglio quello di Feliciano! »

*-*-*-*-*


Tecnicamente, ma i tecnicismi non erano affare suo, lui non avrebbe dovuto essere lì a consolarlo. Tecnicamente aveva anche detto di non volersi immischiare in quella faccenda, ma con Romano che piangeva a chilometri da casa sua, non poteva di certo restarsene a strigliare tori nel giardino e mangiare churros in piazza. Quando aveva sentito la sua voce urlare imprecazioni udibili sino a Madrid, gli erano tornate in mente le meravigliose nottate d’inferno passate a cercare di farlo dormire con la formula magica che si tramandava di generazione in generazione lì in Spagna. Era stato ben felice di raggiungerlo e trovarlo esattamente dove lo immaginava, a inveire contro il mondo intero come se fosse l’unica cosa che gli avessero insegnato a fare – cosa di cui Antonio pareva non curarsi più di tanto -.
« Romano! Stai bene? » domandò apprensivo posandogli una mano sulla spalla.
Mano che non gli fu miracolosamente tranciata via, forse per la gravità della situazione.
« E’ finita la pasta! Ti sembra che io stia bene brutto idiota?! » lo afferrò malamente dal bavero.
In effetti, quella domanda era assurda, ma tecnicamente era una domanda di circostanza. Era palese che ci fosse qualcosa che non andava, ma non poteva certo presentarsi da lui minacciando il vuoto, sarebbe stata una scena da idioti o da eroi – dipendeva dai punti di vista come tutto -. Aprì bocca con l’intenzione di scusarsi, ma fu consapevole nell’istante stesso in cui parlò che Romano lo avrebbe affettuosamente insultato comunque.
« No, ma… puedo aiutarti?! » sorrise aspettandosi l’ennesimo strattone.
« Davvero puoi? » domandò speranzoso Romano.
E fu allora che lo vide, il suo piccolo Romano mentre strillava e distruggeva metà Spagna che per grazia de Dios s’incantava come ipnotizzato mangiucchiando l’ennesimo pomodoro, in braccio a lui ancora sporco di terra. Sorrise attirandolo a sé, l’ennesimo pugno gli fece emettere un commovente verso incomprensibile.
« Non provare a rifilarmi quella tua stupida formula magica che rallegra la gente! Voglio la mia pasta io! »
« S-sei cresciuto Romano! » lo strinse ancora.
« Fortunatamente sì, quindi vedi di piantarla di dondolarmi! »




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Capitolo 2
*** #02. Needed: Meeting&Gravy ***





#02. Occorrenti: Meeting&Sugo – Needed: Meeting&Gravy



Era lì, seduto con quei suoi occhialini dalla dubbia utilità cercando di mantenere quella sua aria da bravo ragazzo, di cui tutti avevano scoperto il doppio fine. Era opinione comune fra tutte le Nazioni ormai, che la sua collezione di giornaletti porno – nascosti idiotamente sotto il letto – fosse seconda solo a quella di yaoi di Elizabeta. Eppure lui incrollabile, continuava a recitare la sua parte incurante della meravigliosa collezione di photo hot che di lì a poche ore, Gilbert avrebbe messo su grazie a Feliciano e alla sua pasta. Sghignazzò bramoso gettando il capo indietro, Ludwig smise per un istante di lavorare lo fissò sospettoso. Gilbert dalla sua magnifica poltroncina rialzata in salone, gli gettò un’occhiataccia.
« Che hai da guardare?! » domandò.
Suo fratello non rispose, abbassò il capo senza il minimo mugugno e riprese a scarabocchiare baggianate. Strofinò subdolo le mani, oh sì, già se lo vedeva l’italiano nudo sdraiato sullo stesso tavolo su cui il suo presunto salvatore stava lavorando, con due spaghetti a coprirgli le regioni vitali e un po’ di sugo a imbrattargli il petto. Benedetto Antonio e i suoi pomodori!
Un certo languorino gli scosse le magnifiche membra, rise eccitato mentre Gilbird svolazzava cinguettando. Ludwig staccò la penna dal foglio, gli gettò l’ennesima occhiata insistente. Gilbert si fermò con la bocca spalancata.
« Allora? » chiese indispettito da quell’interruzione.
Suo fratello non rispose, mugugnò un versetto ringhioso e tornò a concentrare la sua attenzione sul flaccido foglio che continuava a rigirarsi tra le mani da ore. Noioso, assolutamente noioso! C’era da chiedersi come facesse Feliciano a scodinzolargli dietro, lui che era un esserino così adorabile. Si leccò le labbra lussurioso, oh sì, insieme si sarebbero divertiti molto di più e lui finalmente, avrebbe assaporato l’inebriante godimento di sentire urlare il proprio nome dalla bocca di Feliciano Vargas. Esplose smanioso rischiando di ribaltare persino la poltrona, Ludwig scattò in piedi.
« Che intenzioni hai?! Rispondi! » tonò, smorzando la risata del fratello.
Gilbert schiacciò il suo magnifico posteriore sulla poltroncina, sarebbe stato divertente vedere la faccia di suo fratello mentre scopriva lui e Feliciano intenti ad amoreggiare sul divano del salone, ma non era il caso. Ludwig non doveva sapere di quel suo magnifico, meraviglioso, stupefacente piano. Il telefono squillò, bloccando l’ennesima incipiente richiesta del suo fratellino.
« Si?! » domandò mentre continuava a fissarlo irato.
« Mi stupisco di te, credevo fossi una Nazione seria! » borbottò la cornetta.
« Tu che parli di serietà, questa è bella… »
« Francis, cosa vuoi?! » annoiato, tamburellò le dita sul tavolo.
« Hai anche il coraggio di rivolgerti a moi con questo tono, dopo avermi mancato di rispetto! »
« Rispetto a te?! Quanto vino hai bevuto questa volta? »
« Non sono io quello che si ubriaca nei pub e balla nudo sui tavoli Angleterre… »
« What?! Tu sei sempre nudo! E non darmi dell’ubriacone stupid frog! »
Gilbert ghignò, suo fratello aveva assunto la sua tipica colorazione bluastra da ramanzina mondiale.
« Posso sapere perché sono stato coinvolto in tutto questo? » domandò a denti stretti, trattenendo le urla.
« La conferenza! L’hai dimenticata ovviamente… »
« La conferenza… » ed ecco che spariva il blu e diventava paonazzo « sono desolato Francis, arrivo immediatamente. »
« Conferenza?! Quale confer- ah! What are you doing?! »
« Il fratellone Francis ti perdona, Angleterre smettila di agitarti dieu! »
« A dopo. »
Lo vide poggiare il telefono sul tavolo con aria smorta, oh la conferenza, l’aveva dimenticata proprio la conferenza, il suo fratellino. Quella che non si sarebbe mai tenuta, che non era nei programmi di nessuno e che avevano ben pensato di inventare per tenerlo lontano dall’italiano per qualche giorno. Oh sì, la conferenza! Quella conferenza, cui si sarebbe unita la sua magnifica riunione privata con Feliciano.
Sghignazzò compiaciuto insieme a Gilbird, mentre Ludwig afferrava ogni genere d’inutile scartoffia con cui di lì a qualche tempo, sarebbe stato costretto a sopravvivere e si avvia alla porta.
« Io vado, vedi di non fare casini mentre sono via, gentilmente. »
Dio quanto amava i suoi piani! Erano così magnificamente magnifici!

*-*-*-*-*

Quella era una ricetta antichissima che richiedeva amore, pazienza e tanta passione. Certo lavorare con gli occhi di Romano piantati addosso era alquanto difficoltoso, ma Antonio lo aveva cresciuto e con il tempo aveva imparato a sorridere agli insulti, alle lamentele e persino ai pugni. Fischiettò contento mentre l’aura impaziente dell’italiano lo perforava da parte a parte, ripetutamente, tanto per essere sicuri che soffrisse.
« Mescola, mescola! Che cosa bolle nel pentolone? » canticchiò rigirando il mestolo.
« La tua testa bastardo, se tra poco non mangio! »
Si voltò indignato. No, il cannibalismo assolutamente no, era vietato! Nei suoi lunghi anni da Nazione, nelle sue svariate avventure da pirata aveva assistito a episodi di cannibalismo e anche adesso, che aveva nostalgia di quei giorni, quegli episodi gli mettevano ancora il voltastomaco. Anche se al tempo aveva pensato di sfruttarli per far fuori Kirkland, cosa che comunque non aveva fatto. Aveva un gran cuore lui…
Assaggiò per l’ultima volta il miscuglio rossastro e profumatissimo che sobbolliva in quella vecchia pentola ormai da secoli, entusiasta ne versò abbondantemente in un piatto e con un passo da ballerino di flamenco lo piantò sul tavolo innanzi a Romano. Non c’erano dubbi che gli sarebbe piaciuto, da bambino ci si faceva persino il bagno! A pensarci Antonio ancora perdeva sangue dal naso quando se ne ricordava. Il suo piccolo tomatino che con il sederino al vento si tuffava dentro il sugo, tenero!
« Sugo? » Romano lo fissò sconcertato.
« Sugo! » Antonio annuì entusiasta del proprio lavoro.
L’italiano sgranò gli occhi mentre il cucchiaio volteggiava innanzi al suo viso come fosse un aeroplano, con un sottofondo di rumori che assomigliavano più alla sua caffettiera la mattina piuttosto che a un aereo. Seguì accigliato la traiettoria di quel presunto velivolo, prima che un dito dello spagnolo lo costringesse ad aprire la bocca e il sugo gli finisse in gola.
« Atterrato! Com’è?! » domandò brandendone un altro cucchiaio.
Romano ingoiò tossicchiando, la lingua gli bruciò come se avesse mangiato un’intera piantagione di peperoncini, non si rese neanche conto nell’ennesimo “ aereo che atterrava “ nuovamente dentro la sua bocca.
« Ti è sempre piaciuto! » affermò entusiasta l’altro, rigirando il sugo nel piatto.
Non gli era mai piaciuta quella roba, la mangiava solo perché c’erano dentro tanti pomodori e quello stupido bastardo era contento di cucinare per lui. Il sugo che cucinavano a casa sua era tutta un’altra storia, era buono, quello invece era utile solo per farci il bagno cosa per cui aveva ancora gli incubi ogni notte.
Avvistò l’ennesimo aereo quando ormai era in dirittura d’atterraggio, si premurò di abbatterlo contro la faccia dello stupido spagnolo.
« Smettila con questi aerei! Non ho più cinque anni! » afferrò il cucchiaio da se, mentre Antonio s’intristiva.
Sapeva mangiare anche da solo lui, sapeva fare tutto da solo! Era stato quell’inutile bellimbusto a insegnargli come fare d’altronde.
« Stai… migliorando… » borbottò mandandone giù un altro cucchiaio.
« Gracias! »



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Capitolo 3
*** #03. Needed: Telephone line & Turtle ***





#03. Needed: Telephone line & turtle – Linea telefonica & tartaruga


Si guardò allo specchio con attenzione, il suo magnifico sorriso si allargò inevitabilmente nel vedere i raggi dorati dello specchio del bagno riflettersi sulla sua stupefacente corona. Se non fosse stato impegnato nella caccia a Feliciano, avrebbe felicemente copulato con il magnifico se stesso. Madre natura si era concentrata solo su di lui quando aveva creato il mondo, non c’era altra spiegazione per cotanta magnificenza in un unico essere sublime com’era lui! Povere Nazioni, adesso capiva perché si erano disperatamente ribellate alla cruda realtà cancellandolo dalla cartina, un abietto tentativo per aumentare la loro inutile autostima. Poveri esseri insignificanti, così smarriti, deboli, così scarsamente abbaglianti nella loro pochezza di spirito!
Uscì dal bagno annuendo, poteva provare solo pietà per tutti quei poveri sfortunati, specie per Roderich, lui era il più sfortunato di tutti. Si accomodò sulla propria poltrona, mentre Gilbird chiudeva la porta di casa da cui il Magnifico Prussia era rientrato dopo un’attesa di due ore. Afferrò il cellulare, attivando la chiamata rapida, era così intelligente da aver scoperto di poter evitare di comporre lo stesso numero quando serviva, povero piccolo West, lui sicuramente ignorava una tale tecnologia.
« Allô?! » soffiò spazientita la cornetta.
« Hai l’onore di parlare di nuovo con il Magnifico Me e prima che tu possa dire qualcosa di poco rispettoso, so che ritieni io ti stia disturbando e ti perdono per questo! » con lui poteva dimostrarsi magnanimo, sì.
« … merci, ma non perdonarmi sempre, qualche volta fa il sostenuto e non chiamarmi! »
« Sono troppo Magnifico per non perdonare le tue occasionali mancanze di rispetto! » così magnanimo.
« Spegni q-quel cellulare frog! »
« Ho interrotto?! Kesesese il Magnifico me è giunto nel magnifico momento! » era così fiero di lui.
« Oui, ma comincio a farci l’abitudine… è Angleterre che si vergogna… »
« V-vergognarmi di cosa?! »
« Di faire l’amour avec moi, mentre parlo con Gilbert e non capisco pourquoi! Non ti vede neanche, Dieu merci! »
« T-that’s not true idiot! Io non faccio un bel niente con te! »
« Oui, oui... alors? » smise improvvisamente di strimpellare il mattarello con cui aveva deciso di dilettarsi.
« Fai sesso, mentre parli con me? »
« Ho detto Amour, non essere volgare! E oui, faccio tante cose quando parlo con te, mon ami. »
« Tante cose… non stai facendo proprio niente al mo… mo… nhm! »
« Non dirmele, ne riparliamo la prossima volta! Ludwig è lì? » una magnifica risatina mefistofelica fuggì via.
« Ludwig, qui? » ripeteva persino le sue parole pur di apparire magnifico, ma poteva perdonargli anche quello considerando il momento in cui si trovava e la sua magnifica magnificenza.
« nh-nhm… What?! » il telefono gli sfuggì di mano per le urla, ruzzolò tra i drappi del mantello di velluto.
« A casa tua Francis! E dì al mono-ciglio di non strillare! » lo sgridò quando l’ebbe ripreso.
Un ringhio e il mugolio addolorato di Francia anticiparono la risposta.
« Mono-ciglio?! Non puoi permetterti d’insultarmi, non sei neanche sulla cart-! »
L’ennesimo ringhio o forse non era proprio quello, ma che importava?! Lui aveva di meglio da fare che ascoltare le capacità venatorie – comunque inferiori alle sue – dell’amico.
« Angleterre non distrarti! E Gil… non ho idea se Ludwig sia a casa mia, pardon. »
« Apri le tue tendine e controlla. » scandì bene, Francis era così poco astuto rispetto a lui. Ovviamente.
Un lungo silenzio seguì la sua saggia affermazione. Aveva colpito nel segno - come sempre - e il suo francesissimo amico doveva essere rosso per la vergogna, in ogni caso era già orgoglioso di lui per non essere scoppiato in lacrime. Stava imparando dal migliore in fondo, lentamente, ma imparava.
« … lo avrei già fatto se fossi a Paris, mon ami, ma momentaneamente non ci sono. »
« Tornaci allora! Se usi quel tunnel per fare entra ed esci da Inghilterra, usalo anche per tornare a casa e controllare! Altrimenti adopera quella tua imitazione di Gilbird per farti trasportare! »
« A-ah… p-per fare cosa?! »
Un altro lungo silenzio seguì la sua saggissima affermazione. A volte, quando sporadicamente gli capitava di osservare la miriade di cartine che affollavano la casa di West, si domandava come facessero ancora a sopravvivere quei due senza la sua magnifica presenza lì sopra a proteggerli. Francis soprattutto, aveva la lingua troppo lunga per non cacciarsi perennemente nei guai e conservarsi intatto senza i suoi sapienti consigli. Per tutte quelle ragioni lo chiamava sempre, doveva controllarlo, aiutarlo con il suo magnifico conforto, tacitamente però, affinché il suo orgoglio non ne soffrisse troppo. Aveva un gran cuore lui, una grande mente, un grande carisma, un grande…
« Alors! Primo, Pierre non è un’imitazione di Gilbird ed è un uccellino da compagnia, sporadicamente anche da salvataggio quando mi capita qualche incidente, non un aereo privato! » strillò infervorato.
« Incidente! » una risata così poco magnifica.
« Secondo! Angleterre torna giù e smettila di ridere! E terzo… Gil ti sono affezionato, ma… »
Gli faceva quasi tenerezza, così desideroso di attenzioni dalla sua magnifica persona! La prossima volta che si sarebbero visti lo avrebbe abbracciato, facendogli tenere le mani in alto e i pantaloni addosso.
« … chiama Antonio per una volta! Au revoir e divertiti. »
Smise di annuire entusiasta della dimostrazione d’affetto. Il telefono aveva cominciato a emettere un suono quanto mai strano e non era del tutto certo che dipendesse da quello che l’amico stava facendo all’inglese. Assomigliava vagamente a un “tu-tu-tu” ripetitivo, come quello delle linee che saltavano sui fronti durante la guerra di alcuni anni prima.
« … Francis?! » chiese dopo qualche minuto, mentre Gilbird si accomodava sulla corona.
Compose nuovamente il numero, ma a rispondere fu una meccanica e per nulla attraente signorina che lo informava della scarsa qualità della ricezione del francese. La prossima volta che si sarebbero visti gli avrebbe consigliato di cambiare gestore o di smetterla di andare in Inghilterra quando il suo Magnifico amico doveva telefonargli per questioni tanto urgenti.
Sospirò facendo ricorso alla sua magnifica pazienza e compose un altro numero.

*-*-*-*-*

Gli porse l’ennesima ciotola di tortillas con un sorriso smagliante. Era entusiasta che il suo piccolo Romano stesse mangiando, considerando la pessima condizione psicologica in cui l’aveva soccorso, si aspettava di dover mettersi subito a impastare pasta per l’intera settimana – cosa che avrebbe dovuto fare lo stesso, nonostante la lasagna in forno -, invece era riuscito a fargli ripulire due tazze di sugo e una di paella. Non era parso particolarmente felice, ma Romano non sembrava mai particolarmente felice, tranne quando la mattina lo svegliava con il suo adorabile strusciarsi sullo stomaco. Si tastò istintivamente l’addome, lì ove molti anni prima, il piccolo italiano si scaraventava con il suo ciuffo ribelle e la sua mente elaborò un metodo infallibile per intrattenerlo. Aveva sempre funzionato in fondo, da bambino lo adorava!
« Romano vuoi vedere la mia nuova tartaruga?! » chiese spostandosi appena sul divano.
Il ragazzo lo fissò con mezza tortillas ancora fuori dalla bocca, l’espressione dapprima apatica si trasformò in pura vergogna quando si fu posata sulle mani dello spagnolo. Il viso ormai sfilato si gonfiò come se fosse improvvisamente tornato bambino, le guance si arrossarono come pomodori maturi. Antonio ebbe il malsano istinto di posargli una mano tra i capelli e scompigliarli amorevole.
« Puoi accarezzarla se vuoi! Ti è sempre piaciuto farlo da bambino, ci passavi ore intere! »
La tortillas che giaceva abbandonata sulle labbra di Romano tra la vita e la morte, cadde esanime sui pantaloni beige della divisa, frantumandosi in mille briciole. Antonio lo fissò comprensivo ignorando la sporcizia che ormai regnava in casa sua, aveva fatto l’abitudine a molte cose da quando conosceva il suo piccolo italiano, sporcizia compresa. L’unica che ancora non gli andava giù, erano le lenzuola bagnate del letto e quella mania di Romano di incolpare gli scoiattoli. In Spagna non c’erano neanche così tanti scoiattoli poi, specie nelle sue piantagioni di pomodori! Fortuna voleva che con il tempo il problema non si fosse più verificato, almeno, lui non era più venuto a conoscenza.
« C-che hai detto bastardo? » lo sentì sputacchiare con un filo di voce.
« Se vuoi vederla! Così fai qualcosa mentre aspettiamo che la pasta sia cotta! » sorrise ancora.
« … » Romano gli scoccò un’occhiataccia agitandosi sul divano.
Non capiva proprio cosa ci fosse di così terrificante o irritante nella sua tartaruga, sino a qualche anno prima l’italiano ci giocava più che volentieri e Antonio ne era sempre stato felice. Gli piaceva che passasse il tempo con cose tanto semplici piuttosto che con i passatempi che andavano così in voga nelle altre parti del mondo. Non che il piano o i teatri non fossero di suo gradimento, ma sporcarsi le mani erano uno dei grandi piaceri della vita ed era soddisfatto che Romano l’avesse capito, anche se ora temeva se ne fosse dimenticato con l'età e l’indipendenza dell’Italia dalle altre Nazioni.
« Non ti va più di farlo? » chiese con rammarico, stringendolo per le spalle.
Romano spostò lo sguardo sulle sue mani con fare meccanico, gli occhi nocciola si posarono sconvolti in quelli verdi di Spagna, deglutì un’ultima volta prima di assumere il suo tipico cipiglio e mollare una testata alla fronte di Antonio. L’altro cadde sul divano ribaltandosi sul pavimento come la tortillas di pochi istanti prima, si portò le mani al sedere ormai dolorante, mentre Romano con il viso completamente rosso balzava sul bracciolo come un gatto a cui hanno appena pestato la coda.
« Stammi lontano brutto bastardo pervertito! » strillò in preda al panico.
« Che ho fatto?! » chiese preoccupato.
Una tartaruga poggiata sul telefono si ribaltò con un tonfo, mentre l’apparecchio prendeva a suonare.

*-*-*-*

Il tedesco sferrò l’ennesimo pugno garbato alla porta della villa sul boulevard parigino dietro di cui attendevano ormai da un’ora, il volto blu per l’impazienza su cui tremolavano gli occhialini da lettura.
« Veeee Ludwig… sei sicuro che il fratellone ci stesse aspettando? »



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Capitolo 4
*** #04. Catch phrase, solution and loneliness - Frase a effetto, soluzione e solitudine ***





#04. Catch phrase, solution and loneliness -Frase ad effetto, soluzione e solitudine.


Adesso ne era magnificamente certo, avevano il perenne bisogno di passare del tempo con la sua magnifica persona altrimenti si ritrovavano come dei piccoli, poveri disorientati a riparare con quegli esseri così poco magnifici! Quello che stava peggio era senza dubbio Francia con quel mono-ciglio rissoso che continuava a perseguitare – quel verme che aveva sulla faccia era la cosa meno magnifica che avesse visto nella sua superba esistenza -, ma Antonio… adesso tentava persino di seguire le sue magnifiche orme con un’imitazione del suo tenero Feliciano! Eppure lui era così magnificamente magnanimo da concedergli anche quello, in fondo non era colpa loro se la Natura non era stata generosa nei loro confronti. Non era colpa loro se guardandosi allo specchio, non scorgevano quella scintilla di magnifica beltà che aleggiava ovunque lui mettesse piede, non era colpa loro se avevano dei gusti disgustosi e non erano mai riusciti a sfiorare il piedistallo su cui sedeva da quando il mondo si beava della sua magnifica presenza. In fondo li aveva scelti tra quella massa informe di presunte Nazioni proprio perché suscitavano in lui della magnifica tenerezza, li aveva adottati, guidati negli anni e sempre avrebbe continuato a farlo! Era il compito che gli era stato assegnato, che spettava a ogni essere superiore come lui!.
« Gilbert, potrebbero esserci dei problemi con quel tuo piano… » sospirò stancamente la cornetta.
« Kesesese quando arriverà non potrà fare a meno di ammirare il Magnifico Me! E cadrà finalmente tra le mie meravigliose braccia! Kesesese! » oh sì, il suo tenero Feliciano avrebbe capito l’insormontabile differenza che c’era tra il Magnifico e il piccolo West.
« Bastardo non ti avvicinare! » avrebbe detto proprio così a Ludwig quando si sarebbero rivisti sulla soglia della sua magnifica camera, senza quei toni così poco magnifici però.
« Romano escuchame... Gilbert non credo che quel genere di metodo si addica alla situazione… »
« Io ero venuto solo per la mia pasta! »
« Kesesese Gilbird immortalerà i nostri magnifici momenti insieme in un calendario che spopolerà in tutto il mon-… Ih! » i suoi magnifici occhi si posarono sulla figura immobile nel mezzo del salone.
« Gilbert? » una voce con accento spagnoleggiante provò a richiamare la sua meravigliosa attenzione.
Le sue magnifiche mani si strinsero sul drappo vermiglio del mantello, la corona dei Cavalieri Teutonici scivolò di sbieco sulla sua lucente chioma candida, Gilbird prese a svolazzare attorno all’adorabile ciuffo che si ergeva tra la zazzera castana del giovane accanto al tavolo. La sua magnifica figura parve brillare di una luce abbagliante capace di oscurare il sole stesso, socchiuse gli occhi quasi commosso da cotanta dolcezza.
Ogni suo desiderio si sarebbe realizzato, ogni sua sfrenata e lussuriosa bramosia sarebbe stata soddisfatta da quel corpo flessuoso, ogni perversione schiantata sul calendario che avrebbe cambiato le sorti di quel misero mondo: “Tempo di Pasta! Con la magnifica collaborazione del Magnifico Prussia!”.
Bastava solo che lo richiamasse a sé con una magnifica frase a effetto, una singola sillaba sussurrata dalle sue meravigliose labbra, un soffio capace di far fremere quel corpicino sorridente… Ah! Lui sì che aveva gusto!.
« F-F-F-F-eli-Fe-eliciano… » sì, mormorare il suo nome tra i drappi di velluto era la scelta adatta.
« … » intimidito da cotanta magnificenza, avrebbe dovuto immaginare di metterlo in soggezione con la sua sola presenza.
« Felicianoseicosìmagnificamentecarinooggi! » strillò esaltato con quel suo sublime tono suadente e per nulla isterico, mostrando il più magnifico e brillante dei sorrisi.
« Hai parlato con Francis per ore e questa è l’unica cosa che ti sei fatto suggerire?! »
Riaprì gli occhi per scrutare la tenerissima e amorevole espressione che doveva aver assunto il suo adorabile Feliciano, sicuramente sarebbe saltato tra le sue braccia e avrebbero fatto l’amore lì, tra il velluto del suo mantello con Gilbird che scattava delle magnifiche fotografie da mostrare al piccolo West quando sarebbe tornato dal suo meeting inesistente in Francia.
« Veeee Ludwig… c’è Prussia! » la corona scivolò dal suo magnifico capo quando il piccolo, gelatinoso West fece la propria comparsa in salone.
« Gilbert per caso ha richiamat… perché sei nudo?! » gli occhialini che ancora indossava caddero sul pavimento in un modo per nulla magnifico.
Gilbird si poggiò sulla sua spalla con espressione greve, Prussia abbassò il capo con rimprovero.
Non doveva andare così, i suoi piani erano magnificamente magnifici! Di certo era colpa di Francia e del suo scarsissimo ingegno se il Magnifico se stesso non avrebbe potuto assaggiare della pasta fatta in casa. I suoi piani erano magnificamente magnifici, non c’era altra spiegazione!
« Che c’è?! Il Magnifico Me non può riposare nudo sul suo magnifico trono?! »


*-*-*-*


Si lasciò cadere accanto alla porta con aria sconfitta, lo aveva detto a Gilbert che c’era qualcosa di profondamente sbagliato nei suoi piani, ma lui non ascoltava mai certi avvertimenti. Doveva aver combinato qualcosa di profondamente sbagliato anche lui se Romano si era barricato in bagno da più di tre ore, c’era solo da chiedersi cosa. Poggiò la testa alla parete, mentre Consuelo, la sua nuova tartaruga, girovagava per il salone finalmente in salvo. Rimase a osservarla per qualche secondo, prima che la porta si aprisse con un cigolio e il ciuffo di Romano facesse capolino dopo un’attesa snervante.
« Romano! Escuchame, escuchame! Romano! » supplicò scivolando sul pavimento.
« Non toccarmi bastardo! Dammi la mia pasta e me ne vado! » ringhiò scontroso scappando in salone.
Lo seguì sino al salone con la teglia di lasagne già pronta, quando l’ebbe raggiunto, lo trovò ad annusare l’aria con Consuelo che zampettava allegramente sulle ginocchia. Così carino il suo Romano! Gli veniva voglia di stringerlo tra le sue braccia come un pomodoro da usare per il sugo!
« Ne vuoi un po’ prima di andare? » chiese sorridente, sedendosi di fronte a lui.
L’altro lo squadrò con aria assorta, assomigliava tanto a quegli animaletti del sottobosco che mangiano le briciole vicino alle case dei turisti e scappano non appena sentono un rumore, uno di quegli animaletti che si terrebbe in casa tutta la vita fregandosene delle vaccinazioni e dei morsi. Tenero il suo Romano!.
Lo vide annuire guardingo, Consuelo scivolò sul tappeto ribaltandosi nuovamente, un sorriso entusiasta si allargò sul suo viso, mentre si sporgeva verso il suo piccolo italiano.
« Fusososo! Su, apri la bocca Romano! » lo incitò convinto, prima che l’altro si gonfiasse come un pomodoro.
« Brutto bastardo pervertito! Voglio solo la mia pasta! »
C’era qualcosa di profondamente sbagliato in quello che diceva a Romano, non c’era altra spiegazione. Se non ci fosse stato quell’errore di fondo, la filastrocca che si tramandava di generazione in generazione lì in Spagna avrebbe di certo funzionato.


*-*-*-*


« Sparisci adesso french frog! » l’ennesimo calcio che lo faceva rotolare tra le lenzuola.
« Abbiamo appena finito di fare l’Amour! Non puoi trattarmi così, è crudele! Sei un essere orribile e insensibile! » afferrò terrorizzato una delle gambe che cercavano di rovinare il suo bellissimo viso.
« Go out now, idiot! » tentò cercando di allontanarlo, era appiccicoso quanto una caramella già masticata.
« Non è giusto! Non è giusto! Mi tratti come uno di quei giochini erotici che vendono su internet! Mi sento abusato, sfruttato! Non è giusto Arthùr! » piagnucolò portandosi il lenzuolo alle labbra.
Arthur smise di prenderlo a calci per rivolgergli un’espressione disgustata. Quell’ammasso di peli che si ritrovava nel letto era ciò che di più orrido la Natura avesse creato: idiota, vinofilo, depravato, francese, viscido, peloso, rumoroso, peloso, depravato, francese, pervertito, maniaco, francese, peloso, idiota, stupido, impudico… francese, peloso e idiota l’aveva già detto?! Francese soprattutto!.
« Ti sbagli, come sempre d’altronde. » affermò lapidario, mentre il suo lenzuolo scivolava via da quella bocca disgustosa.
« D-Davvero? » sapeva che alla fine una dichiarazione sarebbe arrivata, era stata questione di secoli, ma alla fine quel piccolo bruco presuntuoso avrebbe ammesso quanto gli piacesse la lingua d’oltre Manica.
« Quei giochini non sono rumorosi e fastidiosi quanto te. » sorrise perfido aspettandosi l’ennesimo pianto.
Francis parve gonfiare il petto in un impeto di soddisfazione, alzò le sopracciglia – oui, le “sue” erano sopracciglia, quelle di Arthur avevano vita propria, supponeva persino avessero delle seggiole alla Camera dei Lord -, pregustando la propria vittoria. Quelle paroline velenose erano solo un modo inconsueto per sussurrargli: “ Francis ancora!”.
« Ed io che pensavo non ti piacessero i miei regali di Natale! » sibilò vicino al suo orecchio.
« Shut up idiot! » strillò inferocito saltandogli al collo.
Ne era sicuro, erano quei due enormi, improponibili, aberranti Lords che aveva in fronte ad odiarlo, Arthur senza di loro sarebbe stato come la Fata turchina made in UK.




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Note dell’autrice:
Finalmente è terminata! Dopo lungo peregrinare tra la demenza senile che mi affligge e i vani tentativi per far sorridere la mia Hope, giungo al termine di quella piccola “cantiuncula” in cui mi erano impelagata. Chiarisco che i personaggi sono volutamente stereotipati, le frasi stupidamente esagerate e le ripetizioni del tutto giustificate dal genere di questa piccola e ridicola long.
Spero che questi quattro ironici capitoli abbiano fatto sorridere qualcuno e abbiano snellito almeno un po’ le vostre giornate. Un grazie speciale a tutti quelli che hanno letto, leggeranno e non lo faranno, a chi ha dedicato due secondi a me lasciandomi un commentino, a coloro che l’hanno inspiegabilmente inserita nelle preferite e nelle ricordate, a chi ha voluto seguirmi nonostante tutto.
Un bacio, Belarus.

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