Sono solo io.

di Delilah Phoinix Blair
(/viewuser.php?uid=126439)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Detestava la pioggia. ***
Capitolo 2: *** Pride and... Stubbornness ***
Capitolo 3: *** Confronti. ***
Capitolo 4: *** Radicchio e Richard Gere ***
Capitolo 5: *** Per ora. ***
Capitolo 6: *** Fuochi d'artificio ***
Capitolo 7: *** Novità ***
Capitolo 8: *** Ricordi. ***



Capitolo 1
*** Detestava la pioggia. ***









“E alla fine non ha potuto fare a meno di arrivare. L’ultimo anno del liceo. La cosa strana è che si vive l’estate del quarto pensando che possa durare in eterno, invece tra divertimenti, risate e viaggi, inesorabilmente settembre inizia e ci si trova a dover affrontare il quinto anno. Quello che mi consola è che, frequentando un liceo scientifico, ho la scusa per proseguire gli studi ed immergermi nel mondo del lavoro un po’ più gradualmente di quanto debbano fare altri ragazzi che frequentano istituti tecnici. Certo c’è sempre il problema di doversi conquistare una borsa di studio, altrimenti l’università non la vedo nemmeno da lontano, ma sono fiduciosa. Un po’ me ne vergogno, ma sono molto più spaventata all’idea di rivederlo che a quella di affrontare di qui a nove mesi l’esame di stato. Durante le vacanze, nonostante abitiamo uno di fronte all’altra, ci siamo visti poco o niente per fortuna, ma in classe non ci saranno più impegni a tenerci lontani o a sviare l’attenzione e per quanto mi innervosisca credo che dovrò affrontarlo e non potrò nascondermi dietro gli amici. Comunque non voglio fasciarmi la testa prima di rompermela, può anche essere che sia troppo orgoglioso per curarsi di me e anche a costo di perdere la nostra amicizia, sarebbe davvero una benedizione.”
Era ancora immersa in queste riflessioni, ben sveglia ma ad occhi chiusi, quando il cellulare di sua sorella prese a squillare come un pazzo interrompendo il filo dei suoi problemi proprio nel momento cruciale: era giusto interrompere un’amicizia che durava ormai da anni solo per quello che era successo? Il verdetto era rimandato… ancora. Sperava solo di non diventare vecchia prima di arrivare ad una risposta degna di essere definita tale o addirittura di non dover lasciare “ai posteri l’ardua sentenza”.
«Dannazione Samanta! Quante volte devo dirti di spegnere quell’aggeggio la notte?!». D’accordo forse era un po’ dura con la sua sorellina di 15 anni visto che tre anni fa anche lei viveva praticamente in simbiosi con quell’apparecchio, ma, santo cielo, c’era un limite a tutto.
«Dai, Ronnie, lasciami in pace! Sono le sette comunque, hai dimenticato di impostare la sveglia, quindi tecnicamente è davvero una botta di culo che il mio telefono abbia suonato!» prima che Samanta avesse finito di parlare Veronica (anche detta Ronnie, soprannome che tra l’altro lei odiava e che tutti, proprio per questo, continuavano ad affibbiarle) si era già fiondata in bagno. Aveva venti minuti per farsi una doccia, vestirsi e truccarsi prima di perdere l’autobus che in quarantacinque minuti l’avrebbe portata a scuola. Fortuna aveva voluto che la sera prima, non riuscendo a prendere sonno, aveva già preparato i vestiti e la borsa per il giorno successivo, provocando il grande fastidio della sorella che non era riuscita a non esprimerlo a pieni polmoni.
Si stava appunto congratulando con se stessa, quando aveva notato il linguaggio di Sam e aveva deciso che cinque minuti di consigli da sorella maggiore non l’avrebbero uccisa, così rientrò in camera dal bagno, con ancora lo spazzolino in bocca e vestita solo per metà, ed iniziò la sua filippica.
«A proposcito di queshto…» ma la sorella non la fece finire.
«Io non l’ho toccato il tuo telefono, giuro! Non è colpa mia se la sveglia non ha suonato. Ti sarai dimenticata.» a questo punto Veronica decise di ignorare la pressante sensazione che l’altra avesse decisamente la coda di paglia e rimase per un momento a guardarla mentre se ne stava rossa in viso seduta sul letto, prima di tornare rapidamente in bagno per sciacquarsi la bocca e proseguire il suo discorso.
«Non ho idea di cosa tu stia parlando, ma lasciamo perdere.» pose fine al nervosismo dell’altra con queste poche parole e, con uno sguardo da “sei davvero una pessima bugiarda e forse tutto sommato meglio così”, riprese. «Alla tua età le dicevo anche io le parolacce ok? Ma vedi di evitare a casa perché la prima volta che ne ho detta una davanti alla mamma mi ha messo in punizione per una settimana, è molto esigente su questo, chiaro?» a Samanta quasi brillavano gli occhi dalla contentezza di essere stata messa in guardia da una simile possibilità e si gettò tra le braccia della sorella riempiendola di baci ed elogiando la sua bontà. 
Veronica si liberò a fatica dalla morsa dello scricciolo, poi tornò in bagno e finì di prepararsi.
Si prese un momento per guardarsi allo specchio prima di uscire. Non si sentiva molto diversa dall’anno precedente: stessi capelli biondi e mossi, stesse lentiggini, stessi occhi azzurri, stesso fisico magro ma piatto sul petto, insomma era sempre la stessa Veronica… solo che ora era una diplomanda.
Resasi conto del terribile ritardo, andò in sala e, dato un bacio a sua madre ed urlato un «mi raccomando Sam» alla sorella, uscì, per accorgersi che pioveva e che non aveva il tempo di tornare dentro a prendere l’ombrello se non voleva perdere l’autobus. Così, armatasi di coraggio e (fortunatamente) almeno del cappuccio, si diresse a passo svelto alla fermata per cercare rifugio sotto la pensilina.
Detestava la pioggia.
Vedendo che non c’era nessuna faccia assonnata ad attendere l’autobus capì di averlo perso e si rassegnò ad aspettare quello successivo.
Arrivare tardi proprio il primo giorno di scuola non era un ottimo bigliettino da visita nel caso si fosse ritrovata qualche professore nuovo ad attenderla, ma l’unica consolazione era quella di sapere chi incolpare per quel ritardo: Sam non l’avrebbe passata liscia. Non solo non doveva prendere l’auto la mattina perché la sua scuola era di strada per il lavoro della mamma, ma ora iniziava anche a boicottarla! Sicuramente era stata lei a disattivare per sbaglio la sveglia la sera precedente.
Cercando di regolarizzare il respiro si accorse che, a causa della fretta, aveva completamente dimenticato che, prima che succedesse tutto quello che era successo, tra quelle facce assonnate c’era anche lui, ma che quell’anno le sarebbe stata risparmiata la pena di fare la strada insieme dato che i suoi gli avevano regalato la macchina per la sua promozione a scuola senza debiti. Ovviamente però, come sempre succede, non c’è mai fine al peggio e, mentre sperava ardentemente con tutta se stessa che alla prima ora di quel primo giorno di scuola non avessero lezione con qualche professore nuovo con cui fare una pessima figura, una macchina uscita dalla stradina di casa sua accostò davanti alla fermata dell’autobus ed una voce la richiamò dal finestrino aperto dalla parte del passeggero.
«Com’è che Miss Precisina-so-tutto-io è in ritardo?» la canzonò lui prima ancora che lei, immersa com’era nei pensieri si accorgesse della sua presenza. Quella voce, la sua voce, la costrinse a portare lo sguardo su di lui e, con una smorfia che non era riuscita a trattenere molto bene, a rispondere quasi ringhiando.
«Buongiorno anche a te, Lorenzo.» iniziò allora, per poi aggiungere, quasi a giustificarsi, «Sam ha disattivato la sveglia usando il mio telefono ieri sera e mi sono svegliata tardi.» distogliendo lo sguardo da lui e puntandolo sulla strada come a voler controllare che non stesse arrivando l’autobus, pur sapendo che ne sarebbe passato parecchio di tempo prima che ciò accadesse.
Purtroppo però ne era più che consapevole anche lui, date tutte le volte che aveva fatto tardi per rimanere al letto a dormire e lei lo aveva aspettato per poi entrare alla seconda ora dopo un caffè insieme nel bar fuori scuola. Infatti mentre lei non gli prestava attenzione lui si era sporto sul sedile del passeggero per aprire la porta e, una volta tornato al suo posto, disse «Dai sali, ti accompagno io.»
«Ma non se ne parla proprio!» esclamò subito lei, forse con più enfasi di quanta ne sarebbe stata necessaria, incrociando le braccia al petto e guardandolo come se fosse un alieno su un disco volante e non Lorenzo sulla sua macchina.
Detestava la pioggia.
Appena si riprese divenne rosa in viso come le succedeva in qualunque occasione anche solo leggermente diversa dalla norma e, abbassati gli occhi al suolo, riprese a parlare con più calma. «Non ce n’è bisogno, posso aspettare l’auto, non c’è problema, grazie lo stesso.» alla fine di questa seconda, e più soddisfacente, risposta rialzò gli occhi e, vedendo che non dava l’impressione di volersene andare, lo salutò e tornò a scrutare la strada.
Detestava la pioggia.
«Ronnie dai sali…» provò di nuovo lui, con il solo risultato di spazientirla.
«Ho detto di no, te ne vai a scuola per favore?» lo interruppe lei di nuovo brusca ma questa volta senza dare cenni di cedimento.
Detestava la pioggia.
«Santo cielo Veronica sono io! Lorenzo, ricordi? Sali su questa fottuta macchina così possiamo andare a scuola, sta piovendo a dirotto. Di cosa hai paura, Cristo?! Non ti mangio mica!» era stata la sua risposta, data stringendo convulsamente le mani sul volante.
A quel punto, vedendo che lui iniziava ad arrabbiarsi e non sembrava affatto intenzionato ad andarsene e lasciarla in pace, entrò in quella “fottuta macchina” e si mise la cintura volgendo il viso ostinatamente verso il finestrino.
Detestava la pioggia.
«Visto non è stato difficile mi sembra, giusto qualche passo ma te la sei cavata bene.» la prese in giro di nuovo lui con quel suo solito modo di fare. Vedendo però che non otteneva risposta, si decise a mettere in moto  sospirando un «d’accordo, faremo a modo tuo.».
Il resto del viaggio si svolse in religioso silenzio e così a Veronica non rimase altro che riflettere. Nemmeno lui era molto cambiato nell’arco dell’estate: stessi capelli castano chiaro perennemente spettinati, stessi occhi di quello strano grigio, stessa altezza non indifferente… il tutto un po’ più abbronzato e, a quanto sembrava, leggermente più palestrato.
“Lorenzo che fa palestra? Questa poi!” si rirtrovò a pensare ben sapendo che il ragazzo preferiva di gran lunga una corsa all’allenamento in palestra anche se questa non gli permetteva di sviluppare molto la muscolatura nella parte alta del corpo. Parte che ora, anche attraverso la stoffa della maglietta, sembrava molto sviluppata. Si accorse che lo stava fissando quando, ad un semaforo, sentì che anche lo sguardo di lui si posava su di lei, forse stava controllando anche lui cosa fosse cambiato in lei. Si concentrò allora di nuovo su ciò che si poteva osservare dal finestrino e la sua mente andò automaticamente all’ultima volta che si erano visti, proprio in quella macchina.
 
Era la sera dell’uscita dei quadri ed avevano organizzato un’uscita di classe chi per festeggiare la buona riuscita dell’anno scolastico e chi per divertirsi un’ultima sera prima di dover mettere al corrente i genitori delle materie che avrebbe riportato a settembre e Lorenzo, che aveva appena ricevuto la macchina nuova, si era offerto di portarla e riportarla visto che abitavano uno di fronte all’altra. Era stata una serata davvero fantastica: non erano una classe particolarmente unita, anzi c’erano diverse inimicizie celate dietro sorrisi e complimenti (soprattutto tra le ragazze) ma a parte questi teatrini di squisita recitazione, quando erano tutti insieme alla fine si divertivano.
Il viaggio di ritorno si era svolto tra le risate e le canzoni alla radio cantate a tutto volume (ebbene si, lei era un po’ alticcia) e Lorenzo si era appena fermato davanti al portone di lei a destra e quello di lui a sinistra ed aveva spento la macchina. Veronica stava cercando la borsa sul sedile posteriore quando lui aveva parlato.
«Sali da me.» aveva detto. Niente di più e niente di meno. E lei pensava (sperava?) davvero che stesse scherzando.
«Lore ma cosa stai dicendo?» la sua domanda si era persa in una risata nervosa perché lui, dall’espressione che aveva, sembrava serio.
«I miei sono partiti per la settimana, lo sai.» aveva continuato lui, sempre serio e sempre senza guardarla. Poi però si era voltato verso di lei e lei aveva capito. Non stava scherzando. «Sarebbe solo per una notte.» le veniva da vomitare. «Poi tornerebbe tutto come prima.» non sapeva se per l’alcol o per quello che lui le stava proponendo. «E' molto tempo che volevo chiedertelo, Ronnie.» ma non aveva bevuto tanto da dover vomitare. «Passa la notte con me.» e al suono di quelle parole capì che a farle venire il vomito era l’idea che il suo migliore amico le stesse chiedendo di fare sesso con lui, che la stesse trattando come trattava tutte quelle puttanelle che si portava al letto nel finesettimana. Così si era girata e, dopo aver aperto la portiera, senza dire una parola e non troppo ferma sulle gambe, aveva percorso lo spazio che la separava dal portone del suo condominio più velocemente possibile, ignorando i richiami del ragazzo.
 
Da quel momento la sua amicizia con Lorenzo era rimasta sospesa sull’orlo del cesso e lei ancora non sapeva bene cosa farne, se darle una spintarella e farcela finire definitivamente o cercare di salvare il salvabile ed interpretare le parole dell’amico come il risultato dell’euforia di quel giorno. Era quello l’astruso dilemma che la attanagliava non solo da quella mattina, ma dalla sera stessa in cui era successo il fatto. I due si erano tacitamente accordati per ignorarsi per tutta l’estate ed il progetto era andato in porto, portandoli ad incontrarsi solo quella stessa mattina.
Mentre lei si dibatteva tra queste due opzioni arrivarono a scuola, così dovette rimandare i suoi dubbi all’inizio della lezione. Stava per ringraziarlo di averla accompagnata e poi scappare via quando si accorse che lui era già uscito dall’abitacolo e si stava dirigendo verso i suoi amici e lei era ancora li, con la bocca aperta in un «grazie».
In quel momento si rese conto che non aveva più il beneficio di poter scegliere che fine avrebbe fatto la loro amicizia, perché lui, prendendo atto del suo comportamento di quella mattina, aveva già deciso per entrambi e forse, ma se ne rese conto solo allora, quella soluzione non le andava troppo a genio. Ma ormai la scatoletta con dentro la loro amicizia non si vedeva più sull’orlo del cesso, e se lei l’aveva spinta dentro con la sua acidità, lui aveva tirato lo sciacquone con la sua freddezza.
Almeno aveva smesso di piovere.
Detestava la pioggia.
 
 

Eccomi qui!! Spero davvero che questo primo capitolo vi sia piaciuto! Sono una lettrice qui su EFP da anni ormai ma non avevo mai preso la decisione definitiva di scrivere qualcosa e beh... Alla fine ce l'ho fatta! Vi chiedo di commentare, positivamente o negativamente, questo primo capitolo perchè per me sarebbe una cosa davvero preziosa.
Pubblicherò il prossimo capitolo (che è già pronto per metà) al massimo tra dieci giorni ma, se questo capitolo dovesse essere letto (come spero) mi impegnerò per postare anche prima!
Un bacione!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Pride and... Stubbornness ***









Aprì la portiera ed uscì dall’auto ancora sconvolta per lo svolgersi degli eventi poi, vedendo Federica che si dirigeva verso l’ingresso dalla fermata dell’auto, Veronica arrancò verso di lei a passo di marcia.
«Buongiorno raggio di sole! Quest’anno siamo i padroni del mondo qui!! Pronta per iniziare questa nuova avvenura?» la salutò lei con un mega-sorrisone dei suoi, sistemandosi i suoi corti capelli neri e gettandole un braccio intorno alle spalle per poi continuare a camminare allegramente verso… il gruppo di compagni di classe a cui si era avvicinato anche Lorenzo poco prima! Veronica arrossì e, prendendo l’amica per la vita, la spinse dall’altra parte del cortile del loro liceo, pur di ritardare anche solo di qualche minuto il momento in cui avrebbe dovuto rivedere il suo vicino.
«Questo sembrerebbe proprio un no.» riprese allora l’amica, notando il suo colorito preoccupante. «Cosa è successo?» Veronica aspettò che si fossero allontanate ancora un po’ prima di sedersi su una panchina e decidersi a parlare.
«Ho fatto tardi questa mattina perché mia sorella è una stupida e…» si interruppe vedendo che Lorenzo la stava colpendo con lo sguardo più freddo che era riuscito a trovare nel suo repertorio e accorgendosi solo allora che lo stava fissando (per la seconda volta nell’arco di una mattina e questo non andava affatto bene) senza essersene accorta.
«Si infatti ho notato che non c’eri sull’auto ma ho pensato ti avesse accompagnata Stefania, no?» stava intanto dicendo Fede cercando di capire su cosa fosse concentrato lo sguardo dell’amica. «no??» insistette non riuscendo a capire cosa la distraesse. Poi vide Lorenzo. «Ah…» riuscì solo a dire.
«Mi ha vista alla fermata e mi ha dato un passaggio in macchina.» riuscì alla fine a confessare, concentrando di nuovo l’attenzione sull’amica come se nulla fosse, cercando di dare poca importanza alla cosa.
Federica non era dello stesso avviso visto il modo in cui la guardò, con i verdi occhi sbarrati, ed il «Cosa?!» che si lasciò sfuggire, e che venne provvidenzialmente quasi coperto dal suono della campanella, che annunciava l’inizio delle lezioni e le dava quel tempo prezioso che le era necessario per capire come stessero le cose tra lei e Lorenzo, prima di dover spiegare a lei ed a Serena, che le aveva raggiunte in quel momento (probabilmente dopo essersi imboscata da qualche parte con Luca), come stessero le cose tra lei e Lorenzo.
Veronica si alzò dalla panchina e fece cenno a Federica di fare lo stesso anche se quest’ultima non sembrava proprio in grado di farlo, tanto era sconvolta, ma alla fine ci riuscì e con Serena si avviarono verso l’ingresso della scuola.
«Ragazze ma che succede? Avete certe facce!» commentò subito lei  vedendo una delle sue migliori amiche completamente sotto shock e l’altra assolutamente su un altro pianeta. Ovviamente fu la prima a rispondere visto che la seconda non ne voleva sapere di tornare sulla terra, non se su quella terra continuavano ad esistere quei gelidi occhi grigi che sembravano continuare a seguirla con il loro carico di rabbia e delusione.
«Lore l’ha accompagnata in macchina a scuola questa mattina.» disse Federica con lo stesso tono con cui avrebbe comunicato che aveva sentito al telegiornale dello scoppio della terza guerra mondiale. Ovviamente Serena reagì allo stesso modo in cui avrebbe reagito alla suddetta notizia, nonché allo stesso modo in cui aveva reagito Federica a suo tempo, la quale si ritrovò a guardarla comprensiva battendole la mano sulla spalla come a volerle fare forza.
«Avanti ragazze! È solo un passaggio!» si intromise allora Veronica che aveva già più volte alzato lo sguardo al cielo per la loro reazione ad uno stupido passaggio su quella “fottuta macchina”.
Com’era prevedibile quattro occhi stralunati si posarono su di lei che non potè fare altro se non alzare di nuovo lo sguardo al cielo e precederle in classe mentre le sue migliori amiche spostavano i loro occhi sconvolti alternativamente tra di loro e su di lei e la seguivano.
Prese posto come al solito in seconda fila al centro e Federica venne a sedersi vicino a lei. Avevano sempre amato quel posto perché permetteva di seguire la lezione senza essere sedute praticamente in braccio al prof (come invece accadeva alla prima fila, incollata alla cattedra) e, trovandosi comunque tra le prime file, dava la possibilità di fingere di ascoltare come alunne diligenti, annuendo di tanto in tanto, senza destare i sospetti riservati agli alunni in fondo, che concentravano su di loro tutta l’attenzione dei professori.
Serena invece si sistemò dietro di loro in terza fila, come da precedente accordo (preso senza bisogno di parole), ed aspettò che qualcuno decidesse di sedersi vicino a lei. Luca dopo essere rimasto un po’ a parlare con alcuni ragazzi della classe la vide, con i suoi lunghi capelli castani e lisci ed i sorridenti occhi nocciola, e, com’era ovvio, non potè fare a meno di avvicinarsi e chiederle se il posto affianco a lei fosse libero. Lei sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi maliziosi e, nonostante l’aria strafottente di lui, gli concesse il grandissimo privilegio (e dal modo in cui parlava lo sembrava davvero) di poterlesi sedere accanto.
Federica e Veronica si guardarono e cercarono di nascondere le risate sotto sonori colpi di tosse che ebbero solo lo scopo di attirare l’attenzione su di loro e di aumentare quelle risate.
La storia tra Serena e Luca era nata per caso: non si erano mai frequentati in quel senso, poi una sera si erano messi a chiacchierare sul balcone di Federica e da quel giorno lei si vantava di aver rimediato a Serena “il sesso migliore della sua vita” (precise parole della diretta interessata). Da quel momento erano diventati… amici. Chiacchieravano e si comportavano normalmente con gli altri, poi appena si ritrovavano qualche minuto da soli li si poteva tranquillamente ritrovare avvinghiati l’uno all’altra.
Mentre Veronica e Federica erano ancora impegnate a ridere entrò il professore. Era uno di quelli che avevano fin dall’inizio del triennio, il che in realtà non cambiava molto: avrebbero potuto passare un’ora a chiacchierare con lui e tra di loro a proposito delle vacanze oppure avrebbe potuto decidere di passare l’ora ad illustrare loro il programma di filosofia di quell’anno. Si trattava infatti del professor Schiazza, un “simpatico vecchietto” (come amavano chiamarlo tra di loro) che insegnava loro filosofia e storia. Nessuno aveva mai da lamentarsi con lui, era sempre molto corretto, le spiegazioni erano chiare e dava sempre anche più di una settimana di preavviso prima di iniziare il giro di interrogazioni, cosa che, al fianco di professore che fissavano compiti in classe da un giorno all’altro, lo metteva davvero in ottima luce e che gli garantiva un certo rispetto perfino da parte di quella classe di scalmanati ragazzini.
Mentre il professore procedeva in ordine alfabetico a chiedere di descrivere le proprie vacanze Veronica, il cui cognome iniziava per T, si prese del tempo per guardarsi intorno. Aveva passato l’estate con Stefano, Giulio, Filippo, Luca, Serena e Federica. Il gruppo di sempre insomma, con la sola differenza di Lorenzo. Di solito infatti anche lui usciva con loro, ma per tutta l’estate non l’aveva visto e non aveva voluto chiedere informazioni ai ragazzi perché sarebbe stato complicato spiegare come mai lei, che era la sua migliore amica, non sapesse dove fosse. Ovviamente però, avendo a disposizione due investigatrici (dalla pessima discrezione) come Fede e Sere, si era rassegnata a mandarle ad indagare per lei, ma nessuno sapeva nulla, o almeno così avevano detto. La cosa era davvero poco probabile, ma se non avevano voluto dire nulla pazienza. Ad ogni modo presto avrebbe saputo che fine aveva fatto, infatti il suo cognome iniziava per B ed era il prossimo dell’appello.
«Bezzi. Cosa ci dici della tua estate?» chiese in quel momento il professore con un sorriso. Lorenzo non era male ne in storia e ne in filosofia, anche se il suo miglioramento nella seconda delle due era dovuto prevalentemente all’aiuto di Veronica.
«Sono stato in Australia due mesi e mezzo, professore. Sono tornato solo l’altro ieri.» rispose lui con un’alzata di spalle. Veronica era sorpresa, ma non tanto sconvolta quanto le due sue amiche, infatti ricordava di aver sentito Lorenzo parlare di un lavoro che avrebbe impegnato suo padre li tutta l’estate ed era plausibile che lui non si sarebbe perso la possibilità di andare in Australia.
«Caspita. E posso chiederti il motivo di un’assenza così lunga?» domandò allora il professore congiungendo le mani davanti al volto e posandovi sopra il mento come era solito fare ogni volta che ascoltava con interesse un’interrogazione particolarmente soddisfacente.
«Certo. Il fatto è che mio padre aveva un lavoro da fare per la sua azienda e, visto che mia madre voleva visitare l’Australia da anni ma non ce n’era mia capitata la possibilità, abbiamo deciso di cogliere l’occasione ed andare con lui. Questo mi ha dato anche la possibilità di assisterlo lavorando, tra l’altro. È stata davvero un’esperienza… soddisfacente.» concluse lui con un’espressione soddisfatta.
Filippo, che sedeva affianco a lui in quarta fila e Giulio e Stefano che avevano preso posto subito dietro di loro, iniziarono  sghignazzare come se leggessero dietro a quell’ultima parola significati che ritenevano assolutamente incomprensibili per il professore ma che a loro, nonché al resto della classe, risultarono immediatamente chiari.
Anche Federica e Serena si permisero un sorriso che contagiò perfino Veronica la quale cercò di nasconderlo scuotendo lievemente il capo con rassegnazione, mentre Lorenzo si stringeva nelle spalle con fare innocente.
«Molto bene.» li interruppe Schiazza nascondendo l’ilarità  stento. «Sono certo che saranno state tutte liete di averla li.» replicò il professore con un femminile che non sfuggì a nessuno e portò ad una fragorosa risata collettiva.
«Lo sembravano.» Fu l’unico commento del diretto interessato, dato con un sorriso che non aveva proprio nulla di ingenuo.
E così questo spiegava il motivo per cui lei e Lorenzo non si erano incontrati per nulla in quei mesi. Certo avrebbe anche potuto avvisarla che sarebbe partito, dopo tutto gli sarebbe bastato uscire di casa e citofonarle, non sembrava una fatica insormontabile, ma decise di accantonare quel pensiero. Rimase immersa in una animata conversazione con Federica e si stavano divertendo un mondo a sentire Luca e Serena che flirtavano dietro di loro, quando venne il turno di Veronica di raccontare la sua estate.
«Tinucci. Cosa ci dici tu?» il professore le si rivolse in tono abbastanza confidenziale, era una delle migliori nelle sue materie.
«Ho passato le vacanze con Luca Valente, Giulio Trini, Stefano Cotti, Filippo Lode, Federica Scarra e Serena di Renzo. Abbiamo girato un po’ tutte le migliori spiagge d’Italia viaggiando in treno, non ne potevamo più della stessa acqua di tutti gli anni.» rispose Veronica sorridendo.
«Anche io facevo così da ragazzo, sapete? Io ed i miei amici prendevamo qualche ombrellone e qualcosa da mangiare e ci spostavamo il più possibile. Siete ragazzi, è giusto che vediate tutto quello che riuscite a vedere nell’età più bella.» disse tutto questo con l’espressione più tenera che gli avevano mai visto in volto.
È molto facile distinguere i professori che hanno scelto questa professione perché con la loro laurea era l’unica cosa che erano riusciti a fare da quelli che amano i ragazzi e che sono profondamente colpiti dall’idea di poter partecipare ad un futuro, che probabilmente non conosceranno, aiutando i giovani, che lo costruiranno con le loro mani, a crescere. Beh, il professor Schiazza faceva decisamente parte di questa seconda categoria, e loro l’avevano capito dalla prima volta che l’avevano sentito parlare di istruzione, futuro, responsabilità e sogni. Aveva una profonda stima per i sogni dei ragazzi. Li vedeva come i traguardi che quei ragazzi, una volta diventati adulti, sarebbero riusciti a raggiungere per loro e per l’umanità. Per lui non esisteva un desiderio che fosse troppo ambizioso o difficile per qualcuno, sempre che questo qualcuno avesse intenzione di rimboccarsi le maniche per raggiungerlo e ci credesse davvero. Peccato che distrusse i sorrisi di tutti quei ragazzi con la sua frase successiva.
«Sono contento che vi siate divertiti quest’estate perché siete un quinto ed avete gli esami e una volta finiti quelli dovrete preoccuparvi dell’università.» lo disse con un sorriso che ovviamente voleva essere di incoraggiamento ma ebbe il potere di congelare gli animi di tutti i presenti. «Ma suvvia ragazzi, togliete quei musi lunghi! Manca ancora tanto tempo e poi avete noi ad aiutarvi a prepararvi per tutto questo, altrimenti che ci pagherebbero a fare?!» esclamò lui gioviale riportando un po’ di allegria nell’atmosfera pesante della classe. «Mmm, andiamo avanti…» e così proseguì con l’appello parlando di vacanze e divertimenti.
Quando suonò la campanella tutti si alzarono per salutarsi sperando che il professore dell’ora successiva non sarebbe arrivato troppo in fretta.
«Hei ragazze!» esclamò Stefano arrivando di soppiatto alle loro spalle e stritolando Veronica e Federica in un abbraccio da orso. «Tranquilla non mi sono dimenticato di te.» disse rivolgendosi a Serena e riservandole lo stesso trattamento dal quale aveva appena liberato le prime due. «Pronte per questo nuovo anno?» chiese loro guardandole in viso una alla volta come a volerle analizzare.
Giulio, Filippo e Luca erano rimasti a parlare con Lorenzo dall’altra parte della classe, visto che evidentemente qualcuno non aveva nessuna intenzione di avvicinarsi.
Stefano, con i suoi lunghi capelli castani e ricci sempre raccolti sulla nuca in una coda, era un po’ il papà della compagnia, non solo perché era praticamente un armadio con le gambe, ma era anche il più responsabile dei Disadattati. Così si facevano chiamare ormai Lorenzo, Filippo, Stefano e Luca, da quando Marco Chiota (un loro compagno di classe) aveva usato quell’aggettivo per definirli in secondo liceo perché loro erano stati un po’ precoci a suo parere nello scoprire la birra. Erano rimasti così divertiti da quella reazione in generale e dalla definizione di “Disadattati” in particolare che avevano formato, dandogli quel nome, una sorta di “club esclusivo”, cui si poteva accedere solo avendo delle particolari “caratteristiche”.
Giulio aveva sempre evitato di entrare a farne parte perché per lui la sbronza non costituiva chissà quale attrattiva, ma non per questo era meno loro amico, anzi! Uscivano sempre tutti insieme solo che lui preferiva non bere. Gli avevano anche chiesto se voleva entrare lo stesso dei Disadattati come “membro sobrio” perché per lui erano disposti ad infrangere il loro Fra-codice* (evidente tributo ah “How I met your mother”) ma lui aveva declinato l’offerta dicendo che non voleva far perdere loro la credibilità di cui godevano e tutto si era concluso con una fragorosa risata collettiva. Da quel momento era stato spesso oggetto di battute inerenti il fatto che, siccome durante le loro uscite la sera era l’unico a rimanere sobrio, poteva provarci indisturbato con Veronica, Federica e Serena, mentre loro non erano abbastanza lucidi e spesso, visto come si riducevano, non ne avevano la forza, e che quindi era stato più furbo di tutti loro rifiutando di essere un Disadattato. Avevano, insomma, scoperto il suo piano! In realtà l’unica con cui lui avrebbe voluto provarci era Federica, quindi ovviamente lei era anche l’unica a non saperlo. La storia di come tutti gli altri ne erano venuti a conoscenza era abbastanza buffa a dire il vero. Inizialmente le uniche a cui Giulio l’aveva detto erano state Veronica e Serena, perché voleva chiedere alle migliori amiche della ragazza in questione qualche consiglio su come comportarsi e loro lo avevano esortato a farsi avanti. Beh, dal lontano dicembre dell’anno precedente lui stava ancora cercando la forza per farlo, ma questa è un’altra storia. Fatto sta che qualche giorno dopo Veronica e Serena si erano trovate un pomeriggio da sole con Stefano e, sapendo che era il migliore amico di Giulio, gli avevano chiesto quale fosse stato il suo consiglio su Federica «perché sicuramente Giulio te ne ha parlato!». Giulio però non gliene aveva affatto parlato perché aveva avuto paura che lui l’avrebbe detto ai Disadattati (cosa che tra l’altro fece) e che la notizia sarebbe arrivata a Federica, ma Stefano non se l’era presa (già, solo le ragazze se la prendono a morte per queste cose), capendo i timori del’amico, e la sua unica vendetta era stata quella di non dargli, da quel momento i poi, un attimo di tregua dalle prese per il culo, assieme a tutti gli altri Disadattati ovviamente. Il tutto avveniva però con la massima discrezione, tant’è che, appunto, Federica non sospettava la cotta di Giulio (che poi solo cotta non era) nemmeno lontanamente. E così il piccolo moretto dagli occhi scuri, rimpiccioliti dalle lenti degli occhiali, era salvo e poteva continuare a dedicarsi a quell’impresa titanica, che durava ormai da mesi e mesi e che consisteva nella ricerca della forza perduta, necessaria per confessare lui stesso i suoi sentimenti alla ragazza.
Luca, Filippo e Lorenzo erano sicuramente molto meno seri di Giulio e Stefano. Loro erano quelli che abbordavano le ragazze nei pub e che bevevano fino a vomitare, erano, insomma, i veri Disadattati e se Serena stava riuscendo (forse) a far mettere la testa a posto al bel Luca dai corti e scuri capelli a spazzola ed i magnetici occhi verdi, gli altri due, migliori amici fin dall’infanzia, erano ben lontani dal calmarsi.
Proprio in quel momento, Filippo si stava avvicinando alle ragazze ed a Stefano con il suo passo da “re del mondo” che li faceva sempre ridere un sacco e, quando glielo facevano notare, nonostante cercasse di nasconderlo, faceva ridere anche lui.
«Hei ragazzi!» esclamò abbracciando le ragazze una alla volta per salutarle. «Stavamo pensando di andare a pranzo fuori tutti insieme per festeggiare la resurrezione di Lore che sembrava definitivamente scomparso dai radar.» fece una pausa fissando i suoi occhi chiarissimi in quelli di Veronica.
“Lui sa!” Fu l’unico pensiero della ragazza in quel momento.
Poi lui riprese, scostandosi con una mano il ciuffo biondo che gli ricadeva su un occhio e domandando «Voi ci siete?».
Proprio in quel momento entrò la professoressa di scienze costringendoli a tornare a sedersi ognuno al proprio posto e ponendo fine alla loro breve conversazione con un frettoloso «Ne parliamo dopo!» di Filippo.
La Rossi era odiata esattamente quanto Schiazza era amato. Era un’anonima donna di mezza età che insegnava svogliatamente quattro cose ai suoi alunni, di cui non ricordava nemmeno i nomi (e non le interessava farlo), giusto per portare a casa lo stipendio a fine mese. Trascorse l’ora illustrando sommariamente il programma di quell’anno.
Veronica invece la trascorse chiedendosi se fosse il caso di domandare a Filippo cosa aveva saputo da Lorenzo. Alla fine di quei lunghissimi 3600 secondi aveva deciso che doveva sapere. Avrebbe agito durante la ricreazione, che avrebbe avuto luogo tra la terza e la quarta ora.
Quando finalmente trillò la campanella che ne segnava l’inizio, dopo che ebbe aspettato altri lunghissimi 3600 secondo di inglese, si alzò di scatto dalla sedia e si diresse a passo di marcia verso i banchi di Lorenzo e Filippo, che si stavano alzando in quel momento con calma. Li guardò entrambi per un po’ prima di aprire bocca e loro le restituirono uno sguardo divertito ed uno indifferente. Si girò verso Filippo, decisa ad ignorare l’altro, ma poi parve ripensarci e, mentre Lorenzo voltava loro le spalle per allontanarsi, gli disse «Così te ne sei andato in Australia due mesi e mezzo?».
Era una domanda sciocca, se ne rendeva conto, sia perché lui non aveva nessun interesse a raccontare frottole al professore e tanto più dato che quel viaggio spiegava il motivo per cui non si era fatto vivo per tutto quel tempo, ma lei ancora non riusciva a capacitarsi di come fosse potuto partire senza salutarla.
“Che diamine dovrei essere io quella offesa, dopo l’ultima sera, e invece lui continua a darsi tutte queste arie da prima donna!”.
Lui si fermò e, senza nemmeno girarsi del tutto, ma guardandola solo distrattamente da sopra la spalla, soffiò un «Già.» continuando poi a camminare verso la porta della classe ed attraversandola come se nulla fosse con Stefano e Giulio.
Serena e Luca se ne stavano in un angolo a parlottare, mentre Federica guardava Veronica e Filippo, facendo loro capire che li aspettava per scendere in cortile.
«Fede tu vai, io devo parlare con Filippo di una cosa.» le disse Veronica con fare eloquente calcando in particolar modo sull’ultima parola. Il volto dell’amica si illuminò allora di comprensione e si voltò esclamando un «Ricevuto!» per poi raggiungere gli altri.
A quel punto Veronica si rivolse all’amico e prese un respiro profondo.
«Ti devo parlare» disse guardandolo, seria.
«Ma va?» fece lui con un sorriso cercando di alleggerire l’atmosfera. Lei sorrise alzando gli occhi al soffitto e poi riprese.
«Si tratta di Lorenzo.»
«Ancora ovvio.»
«Parla tu allora!» sbottò lei incrociando le braccia al petto e guardandolo spazientita.
«Senti Ronnie,» iniziò lui togliendosi finalmente il sorriso dalla faccia. «Io non so cosa vi sia successo, ok? Ma lascia che ti dia un consiglio: qualunque cosa sia, cerca di chiarirla, perché lui è un bambino orgoglioso e testardo e, cazzo, non sembrate nemmeno più voi!» la guardò serio per qualche momento poi abbassò il capo e, quando Veronica stava per parlare, lo rialzò tornando ad essere il solito allegro Filippo di sempre che, stringendosi nelle spalle e sistemandosi poi il ciuffo con la mano sinistra, le propose di raggiungere gli altri nel cortile indicando Serena e Luca che si facevano gli occhi dolci per farle capire che voleva lasciarli da soli.
Lei gli disse di precederla perché doveva fare un salto in bagno e, fuori dalla porta della classe, si separarono. Quando stava già per voltare l’angolo si sentì chiamare dall’amico e si voltò.
«Sei dei nostri a pranzo?» le chiese lui con un sorrisone.
Lei ci pensò un attimo, non aveva voglia di dover sopportare la freddezza di Lorenzo anche a pranzo, ma alla fine decise che non valeva la pena di saltare un pranzo con i suoi amici solo per evitare quell’idiota, quindi annuì forzandosi di ricambiare il sorriso di lui.
Giunta in bagno si avvicinò al lavandino ed osservò il suo riflesso nello specchio. Filippo aveva perfettamente ragione, lei ne era pienamente consapevole, ma fare il primo passo per una riconciliazione era molto più facile a dirsi che a farsi.
Ed in quel momento capì e le sembrò la cosa più ovvia del mondo: erano due i bambini orgogliosi e testardi.
“E adesso?”.
 

Capitolo… Descrittivo. Premetto che non amo utilizzare l’inglese perché amo la nostra lingua, ma il titolo del capitolo mira a citare Orgoglio e Pregiudizio della Austen e pensavo che in lingua originale sarebbe stato più chiaro. Passiamo alla storia… Morivo dalla voglia di parlarvi dei Disadattati e di Giulio e ho pensato che potesse essere un buon secondo capitolo. Lo so, lo so, Serena e Federica sono ancora un po’ fumose come personaggi, ma mi dedicherò presto anche a loro, promesso. Anche Lorenzo, posso immaginare, sembra strano. Il suo comportamento “da prima donna”, come l’ha definito Veronica, sembra non avere molto senso, ma nel prossimo capitolo sarà tutto un po’ più chiaro perché i due… dopo alcune hemm… circostanze… si confronteranno, ma non vi dico altro!
A proposito del prossimo capitolo, nella mia testa è già bello che pronto, spero di riuscire a trasformarlo in realtà entro martedì prossimo! Sarà un capitolo importante: conosceremo la famiglia di Lorenzo, ma anche… Gianluca. Su di lui non vi dico niente, solo non odiatelo troppo!
Un grazie speciale a cardie9980Nikky47 e canta_storie che hanno aggiunto la mia storia tra le preferite, anche a tutte coloro che l’hanno letta! Aspetto con BRAMA le vostre recensioni!
Un bacione
 
* Il Fra-codice, per chi non seguisse “How I met your mother”, è un insieme di regole di comportamento per i Fratelli (che nella serie sono Ted e Barney). I Disadattati lo riadattano per il loro “club esclusivo”.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Confronti. ***









Veronica guardava la strada scorrere davanti ai suoi occhi con la fronte appoggiata al vetro del finestrino. Si trovava sull’autobus che l’avrebbe portata a lavoro, dall’altra parte della città rispetto casa sua. Dopo la scuola alla fine erano andati a pranzo in una pizzeria in centro ed erano rimasti li a cazzeggiare fino quasi alle cinque, poi il gruppo si era disperso e Veronica, insieme a Federica, che abitava qualche fermata prima di lei, aveva preso l’auto per tornare a casa. Alla fine non era andata tanto male: Lorenzo l’aveva ignorata spudoratamente e lei si era comportata di conseguenza; dopotutto a pranzo erano in otto, non c’era motivo per cui si sarebbero dovuti ritrovare a parlare proprio loro due. A casa aveva trovato solo Samanta, dato che Stefania era ancora al lavoro, ma lei non le aveva prestato molta attenzione, impegnata com’era in qualche “importantissima” attività su facebook.
«Ma non hai da studiare?!» le aveva chiesto sbuffando e spegnendo lo schermo del  loro computer del paleozoico guardandola poi con le mani poggiate sui fianchi.
«Guarda che è stato il primo giorno anche per me!» le aveva risposto ridendo sua sorella voltandosi di nuovo verso il computer e riaccendendo lo schermo che prese vita con un ronzio sordo poco rassicurante.
“Tra poco questo catorcio inizierà a chiedere pietà e, quando non la otterrà, morirà definitivamente.” Aveva pensato non riuscendo a trattenere una smorfia di preoccupazione.
Sua sorella l’aveva notata e l’aveva guardata rassegnata riprendendo poi a parlare. «Tu lo sai vero che è praticamente impossibile che io sia già in dietro dopo appena un giorno, si?»
Veronica aveva alzato gli occhi al cielo dirigendosi in camera per cambiarsi ed andare al lavoro, visto che rischiava di perdere l’autobus ed arrivare in ritardo. «Si lo so, lo so.» aveva detto dall’altra stanza, senza il bisogno di urlare. “Ma cos’è oggi, la Giornata Nazionale Dei Ritardi Di Veronica Tinucci?” aveva pensato sospirando.
«E poi tu sei uscita oggi no? Eppure fai il quinto.» aveva continuato Samanta.
Veronica aveva riso prima di rispondere. «Si, cara la mia piccola Sam, ma ti ricordo che io sono io.»
«Davvero molto, molto divertente!» aveva sbuffato Samanta irritata.
In quel momento Veronica era entrata di nuovo nel loro salotto/cucina/studio/ingresso/sala-da-pranzo e lo aveva attraversato per raggiungere l’uscita. Poi aveva concluso «Non scherzavo mica, sorellina!» facendole la linguaccia e chiudendosi la porta alle spalle prima che Samanta potesse lanciarle qualcosa.
Era riuscita a prendere l’autobus appena in tempo ed ora eccola li che aspettava di raggiungere l’hotel presso il quale lavorava. Aveva iniziato a fare la cameriera li all’inizio dell’estate appena conclusa perché aveva incontrato per caso il figlio di un vecchissimo amico di famiglia, con il quale giocava quando era piccola, e chiacchierando era saltato fuori che suo padre aveva da poco acquistato un Hotel e stava cercando personale. Veronica, che invece stava disperatamente cercando lavoro, non aveva perso tempo e aveva chiesto al suo amico se poteva mandargli un curriculum con le sue precedenti esperienze lavorative da presentare a suo padre e lui aveva accettato. Qualche giorno dopo l’aveva chiamata la segretaria del signor Marchini per dirle che aveva ottenuto il posto.
Arrivata alla sua fermata scese e si avviò a piedi verso l’hotel. Lei lavorava al ristorante che era aperto anche per persone che non alloggiavano li ed, essendo quasi uno dei migliori della città, era sempre strapieno, cosa che rendeva il lavoro straestenuante. Era consapevole che molti ragazzi della scuola alberghiera avrebbero ucciso per il suo posto, mentre lei non aveva nessuna capacità particolare, ed un po’ si sentiva in colpa per averlo ottenuto solo grazie a delle conoscenze. Sicuramente se non avesse avuto un così disperato bisogno non avrebbe accettato ma, insomma, quale diciottenne lavora se non ne ha bisogno? Quindi tentava di mettersi l’anima in pace pensando che, dopo aver cercato lavoro per mesi e non averlo trovato, non aveva avuto altra scelta se non chiedere un favore al suo vecchio amico Giacomo.
Entrò non dall’ingresso principale, che portava alla hall dell’albergo, ma da quello riservato al ristorante.
Era piuttosto in anticipo. Le persone che si muovono sempre e solo in autobus sono di due tipi: o perennemente in ritardo o perennemente in anticipo; e Veronica faceva senz’altro parte di questa seconda categoria.
Ad ogni modo, visto che aveva indossato l’“uniforme” (un paio di pantaloni e di ballerine nere ed una camicia bianca) a casa e quindi non doveva cambiarsi, iniziò ad avvantaggiarsi il lavoro di pulire i tavoli. Mentre era ancora presa da questa occupazione un paio di braccia la cinsero giocosamente da dietro e prima ancora di accorgersene si trovò un bacio stampato sul capo. Si voltò ridendo.
«Ciao Vero!» Il ragazzo aveva un sorriso da un orecchio all’altro.
«Hei Gianni! Dillo che arrivi sempre il più tardi possibile per lasciare a me l’onore di pulire questa infinità di tavoli! Te ne sono davvero grata, per inciso.» esclamò lei per accoglierlo, alzando poi, con un sorriso, le iridi azzurre all’alto e scintillante soffitto della sala.
«Scusami, giuro che dopodomani arriverò prima.» replicò Gianluca voltandosi e dirigendosi verso il bagno del personale per cambiarsi.
«Ma che cavolo è quello? Dov’è il tuo casco?» lo richiamò Veronica notando che in mano non aveva il solito integrale* nero ma un semi-integrale*… rosa. Scoppiò a ridere guardandolo voltarsi e continuare a camminare all’indietro.
«Tanto per chiarire: questo… coso me l’ha prestato mia cugina. In secondo luogo non è per me, ma per te.» concluse con un’alzata di spalle come se fosse ovvio.
«Per me? Ma cosa…?» Iniziò a dire lei avanzando verso l’amico che però si voltò, riprendendo a camminare in avanti, lasciandola con un «oggi si esce! Festeggiamo l’inizio della scuola!» prima di chiudere la porta del bagno alle sue spalle.
Veronica cercò di rispondere «Ma se tu nemmeno ci vai più a scuola!» ma probabilmente lui nemmeno la sentì, poi scosse il capo sorridendo con rassegnazione e si rimise a pulire.
“È inutile,” si disse “quando vorrà dirmi cos’ha in mente lo farà, non prima”.
Gianluca aveva vent’anni e voleva fare il chirurgo.
Voleva fare il chirurgo e aveva ottenuto una borsa di studio per la facoltà di medicina di una delle migliori università della nazione.
Aveva ottenuto una borsa di studio per la facoltà di medicina di una delle migliori università della nazione e, dopo appena un trimestre, aveva dovuto rinunciarvi perché, con i due lavori che aveva, non aveva tempo ne per seguire le lezioni e ne per studiare.
Si era trovato davanti ad una scelta che in realtà fingeva di essere tale perché non c’era nessun dubbio: doveva lavorare. Sua padre era morto alla fine del suo quarto anno di liceo, poco più di un anno prima, in un banale incidente stradale tornando a casa dal lavoro, e la sua azienda era stata presa in gestione esclusivamente da suo zio, che non aveva voluto sapere niente ne di lui e ne di sua madre. Lei, nata da una famiglia facoltosa, la cui sola ambizione era di sposare un uomo ricco, non aveva imparato nessun mestiere e non era mai stata una donna portata per il lavoro, così lui doveva occuparsi di quello che restava della famiglia: loro due. Così si era trovato a passare da Figlio-di-papà-sborone-e-arrogante a Lavoratore-insancabile-e-uomo-di-famiglia. Aveva conosciuto Giacomo ad una delle poche lezioni che era riuscito a frequentare e lui era riuscito a farlo assumere nel ristorante dell’Hotel del signor Marchini. “Quel ragazzo ci ha salvati.” ricordava di aver pensato Veronica quando Gianluca le aveva raccontato la sua storia. Quella sera a fine turno, mentre ripulivano la sala, le aveva detto anche che l’incidente era avvenuto un paio di settimane prima del suo compleanno e che da quel momento sua madre non si era più ripresa.
In quel momento Gianluca uscì dal bagno. Era un ragazzo ben piazzato, alto e dalle spalle larghe, con un intreccio di ricci scuri che dovevano aver litigato con ogni pettine della città, due pozze nere al posto degli occhi ed un sorriso ampio e caldo in ogni circostanza.
Iniziarono ad apparecchiare con quella cura quasi maniacale che avevano loro insegnato in quel posto, operazione che richiese un’ora buona, durante la quale non parlarono molto perché nel frattempo era arrivata la boss che, sebbene fosse una donna molto cordiale in cucina, pretendeva che i suoi dipendenti fossero perfetti nelle zone riservate ai clienti.
Quando, verso le nove, arrivarono i primi clienti, esclusivamente su prenotazione, i camerieri si stamparono sul volto il loro miglior sorriso ed iniziarono a condurli ai loro tavoli. Le preoccupazioni personali rimanevano fuori da quella sala, li erano solo dei ragazzi entusiasti di servire pietanze costose a famosi uomini d’affari ed ai loro boriosi figlioli. Veronica stava appunto dando il benvenuto ad una tipica coppia imprenditore-segretaria, quando vide con la coda dell’occhio qualcosa che le piacque davvero poco: i Bezzi stavano facendo il loro ingresso nel ristorante. Si voltò per controllare ma non c’erano dubbi, erano proprio loro. Nessuno avrebbe potuto negare che fossero davvero bellissimi, tutti  tre. Il signor Bezzi era il tipico uomo-vino. Non perché fosse un ubriacone, ma perché più avanzava con l’età e più migliorava. Non somigliava molto al figlio ne come aspetto fisico e ne come atteggiamento: era un uomo che dava l’impressione di poter controllare il mondo e, si sa, questa è una cosa che sotto, sotto piace molto alle donne, soprattutto se coordinata ad un abito Brioni. Lorenzo invece, anche in giacca e cravatta, aveva la tipica aria da “Tutti farebbero quello che voglio non perché ho i soldi ma perché sono io.” E forse era anche vero. Insomma tutti gli esemplari di genere femminile gli avevano dato uno sguardo quando era entrato e ben poche non apparivano soddisfatte. La signora Bezzi era… incantevole. Non era solo bella, con gli stessi occhi del figlio ed i capelli castani che le ricadevano in onde morbide sulle spalle, ma emanava un’eleganza ed una leggiadria che spiazzavano.
Veronica desiderò ardentemente non essere li.
Si riscosse quando si accorse che l’imprenditore che stava accompagnando al tavolo stava cercando di attirare la sua attenzione.
«Si, certo, scusi! Mi era parso che mi stessere chiamando. Prego, da questa parte.» disse con un sorriso a trentadue denti, facendo strada alla coppia verso un tavolo vicino alla vetrata dalla quale si poteva osservare la spiaggia ed il mare. La vista la lasciava ogni volta senza fiato.
“E dire che dovrei essere abituata!” pensò.
«Posso portarvi qualcosa da bere mentre scegliete cosa ordinare?» chiese gentilmente dopo aver consegnato loro i menu.
«No, ti ringrazio, preferisco prima scegliere cosa mangiare.» rispose l’uomo (ovviamente) senza distogliere gli occhi dalla pagina che stava consultando e facendole capire che poteva andare con un distratto gesto della mano.
Lei sorrise di nuovo prima di allontanarsi. Sorriso che andò completamente sprecato visto che lui continuava a scorrere le pietanze massaggiandosi il mento e la sua accompagnatrice era troppo occupata a fargli gli occhi languidi.
“Se continuo così, a forza di sorridere, questo lavoro inizierà a farmi vomitare arcobaleni.” Si trovò a riflettere, sempre sorridendo a beneficio dei commensali che fortunatamente non potevano leggerle nel pensiero. Mentre si stava avviando verso un altro tavolo, che aveva fatto accomodare poco prima e che ormai doveva essere pronto per ordinare, intercettò uno sguardo grondante di sorpresa e… tristezza e vi si trovò immersa. Lorenzo la stava guardando e lei si ritrovò a ricambiare lo sguardo. Non gli aveva detto che stava cercando lavoro l’anno precedente perché non voleva farlo preoccupare riguardo alla situazione economica della sua famiglia e quando l’aveva trovato ormai lui era già “scomparso dai radar”, quindi non c’era stata occasione per metterlo a parte di niente ed ora lui doveva essere discretamente sconvolto.
Distolse lo sguardo dirigendosi a passo svelto verso il bagno del personale per ritrovare la concentrazione perduta. Si sbatté la porta alle spalle forse con troppa forza, ma questo non rappresentava un problema perché il bagno si trovava all’inizio del corridoio che portava al magazzino, quindi non proprio vicinissimo alla sala. Si poggiò con la braccia al lavandino e si guardò nello specchio.
“Ok Veronica, Lorenzo ti ignorerà proprio come ha fatto per tutto il giorno. Il turno finisce tra quattro ore, puoi farcela.” Cercò di convincersi, ma una parte di lei non poteva fare a meno di ricordare che Lorenzo non l’aveva ignorata proprio per tutto il giorno. Ripensò al passaggio in macchina ed alla loro freddezza reciproca e sentì montare la rabbia. La verità era che Lorenzo le era mancato e anche ora che era “resuscitato” continuava a mancarle. Era il suo migliore amico da sette anni, da quando alla fine della quinta elementare il padre di Veronica se n’era andato e lei si era trasferita con sua madre e Samanta nella casa dove abitavano ora, di fronte a quella di lui, e lei aveva dovuto separarsi da Federica e Serena, con le quali aveva legato moltissimo alle elementari, perché avrebbe frequentato la scuola media vicino casa sua e invece loro si erano iscritte in centro. Si era ritrovata da sola per la prima volta da quando aveva memoria, ma poi aveva conosciuto Lorenzo e tutto era diventato più semplice. Finita la scuola media, lei e le sue migliori amiche avevano deciso di riunirsi al liceo, perché ormai lei poteva tranquillamente muoversi con i mezzi pubblici e non aveva importanza che sua madre non avesse la macchina, e Lorenzo si era lasciato convincere ad iscriversi nella loro stessa classe. Non erano mai rimasti senza parlarsi per due mesi e mezzo, era un sacco di tempo, solitamente non resistevano nemmeno un paio di giorni. Certo magari dopo aver litigato ricucivano il loro rapporto urlandosi addosso, ma almeno era qualcosa, era un confronto. In questa nuova situazione lei non sapeva come comportarsi: era pronta a scontrarsi con la sua rabbia ed il suo sarcasmo (le era già successo), ma non con la sua freddezza.
Mentre era ancora immersa in questi pensieri la porta alla sua destra si aprì e lei si affretto ad avvisare l’intruso che il bagno era occupato, ma Gianluca entrò lo stesso.
«Oi Vero, ti ho visto praticamente scappare dalla sala.» le disse con un sorriso mesto. «È successo qualcosa?» aggiunse allora scrutandola.
«No, no, è tutto apposto.» rispose Veronica tirando fuori il miglior sorriso che riuscì a trovare. Lui la guardò dubbioso.
«Bugiarda.» disse con un’alzata di spalle, infatti.
«Ok, d’accordo, c’è un mio amico in sala e non sa che lavoro, tutto qui.» era una mezza verità. Non sapeva nemmeno lei perché non aveva detto a Gianluca che l’amico in questione era il suo migliore amico anche se non si parlavano da due mesi e mezzo e che era proprio per questo che la sua vista la turbava.
In quel momento Gianluca le venne più vicino e la abbracciò con affetto poggiandosi la sua testa sul petto.
«Non c’è niente di cui vergognarsi nel lavorare qui, lo sai si? Anzi! Dico ma l’hai vista la sala? È dieci volte il mio appartamento!» rise il ragazzo per sdrammatizzare e tentare di tirarle su il morale. Veronica si ritrovò a ridere e, sciogliendosi dall’abbraccio cercò di essere un po’ più convincente nel suo sorriso mentre rispondeva.
«Ma no! Non è una questione di vergogna!» mosse la mano davanti al viso che se quell’idea fosse come un insetto fastidioso da scacciare. «È solo che io… cioè lui… non siamo…» aveva iniziato bene, ma sul finale la sua voce si perse farfugliando qualcosa di incomprensibile e comunque di insensato.
«Lui ti piace?» la domanda aveva il sapore aspro della constatazione.
«No, no! Ma che dici?» rispose subito Veronica portando le mani avanti come a volersi proteggere da quelle parole.
Seguì una lunga pausa.
«Vero, tu sei una ragazza fantastica. Sei sempre così gentile e amichevole e…» Gianluca si interruppe facendo un passo in avanti e venendole davvero molto vicino. In quel momento Veronica si accorse di trovarsi tra lui ed il lavandino.
«Gianni…» iniziò lei ma venne interrotta da una carezza di lui sulla sua guancia che la lasciò pietrificata al suo posto. Lo sguardo di Gianluca andava dai suoi occhi alle sue labbra mentre lui si avvicinava lentamente, come se volesse darle tutto il tempo per allontanarsi se lo avesse voluto. Non era sicura di volerlo. In realtà era da tempo che sospettava che, per lui, lei fosse più di un’amica e ne aveva parlato anche con Federica e Serena, che da sempre approvavano Gianluca, così da qualche sera, in realtà, si aspettava un scena del genere (magari non in un bagno) ed era piuttosto preparata. Chiuse gli occhi, in attesa.
In quel momento entrò Sara nel bagno e Gianluca si allontanò di colpo.
«Farò finta di non aver visto.» esordì la rossa ridendo e scuotendo la testa. Veronica diventò di una simpatica tonalità cremisi in meno di un secondo. «E voi fareste meglio a tornare in sala prima che la boss si accorga che vi siete imboscati qui.» aggiunse poi aprendo la porta per far capire loro che aveva bisogno del bagno. Veronica cercò di spiegarle che non si erano affatto imboscati ma ogni suo tentativo si rivelò inutile così uscì dal bagno a testa bassa per poi scappare in sala, seguita dalla risata del’amica.
Il resto del turno trascorse abbastanza tranquillamente, tralasciando Lorenzo che la ignorava con fermezza parlando con i suoi parenti. I suoi genitori le avevano fatto un cenno di saluto, la conoscevano molto bene, ma lei si era guardata bene dall’andare a servirli, chiedendo a Sara una mano per evitarlo. Quando finalmente chiesero il conto e lasciarono il ristorante per lei fu un sollievo. Verso mezzanotte e mezza i clienti erano andati via tutti e i camerieri si ritrovarono soli a sparecchiare.
«Allora, cosa facevate tu e Gianni in bagno soli, soletti?» le chiese Sara avvicinandosi con un sorriso malizioso.
«Di certo non quello che pensi tu.» rispose Veronica ridendo e tornando dello stesso colore dei capelli dell’amica.
«Certo, vedo!» constatò allora lei notato il suo “lieve” rossore ed allontanandosi ridendo. Veronica le lanciò un tovagliolo, ma non riuscì a farla smettere.
Lei e Sara si erano conosciute all’inizio dell’estate, quando Veronica aveva iniziato a lavorare al ristorante. Aveva ventitré anni e si era da poco laureata in economia, ma ovviamente, in attesa di trovare un impiego, si accontentava di fare la cameriera. Era una ragazza dai capelli rossi, gli occhi di un marrone chiarissimo ed il viso pieno di lentiggini. Erano andate d’accordo da subito e Sara le diceva sempre che era una ventitreenne mancata, intrappolata nel corpo di una diciottenne.
Quando aveva finito e stava andando a prendere la sua borsa in magazzino, Gianluca le si parò davanti con un’aria combattuta.
«Senti Vero… mi dispiace per prima. Cioè no, non è vero che mi dispiace. Diciamo che mi dispiace se ho fatto qualcosa che ti ha dato fastidio, ecco. Il fatto è che mi piaci. Dio, detto così sembro un bambino delle elementari! Vorrei solo che iniziassimo a frequentarci come qualcosa di più che amici.» concluse con il sorriso più timido che Veronica gli avesse mai visto. Lei non sapeva cosa dire. Gianluca non le dispiaceva, ma… ma niente. Gianluca non le dispiaceva.
«Per me va bene.» rispose con un sorriso più convincente di quello di lui, che subito la imitò.
«Fantastico, allora per te va bene se sta sera usciamo con Sara ed il suo ragazzo?» Gianluca scoppiò a ridere. «Giuro che mi ha incastrato, sarei voluto uscire solo con te.» ammise con un’alzata di spalle.
“Ed ecco spiegato il mistero del casco rosa.” Pensò Veronica.
«Certo.» rispose in parte sollevata perché un’uscita a quattro come prima uscita era sicuramente meglio di un’uscita da soli. «Io vado a prendere la borsa, voi aspettatemi fuori.» aggiunse incamminandosi a passo svelto verso il magazzino.
 
Uscire all’aria aperta, dopo aver passato le ultime sette ore in un ristorante, fu come rinascere. Si stava già incamminando verso Gianluca, Sara ed il ragazzo di quest’ultima quando una sagoma familiare a pochi metri da lei attirò la sua attenzione. Se ne stava appoggiato al muro con le spalle ed un piede, con la cravatta allentata ed i primi due bottoni della camicia aperti, ed aveva una mano affondata nella tasca, mentre l’altra portava una sigaretta dal suo fianco al suo viso con un ritmo abbastanza serrato. Veronica fece cenno agli altri di aspettarla per qualche secondo. Poi gli si avvicinò senza riflettere.
«Da quando hai ricominciato a fumare?» gli chiese una volta giunta abbastanza vicino.
Lorenzo prese l’ultima, lunga boccata dalla sigaretta ormai finita, poi la gettò lontano.
«Fumo solo quando sono nervoso, lo sai.»
“Oh si che lo so.” Pensò Veronica. La fase da fumatore di Lorenzo era durata appena un anno, in secondo liceo, poi si era stancato di sentire le prediche infinite della sua migliore amica e aveva smesso, anche perché non gli piaceva avere vizi: detestava l’ide di dipendere da qualcuno, figurarsi da qualcosa. Da quel momento fumava solo quando era molto nervoso, come ad esempio quando suo nonno era stato ricoverato e poi era morto. In quel caso Veronica non gli aveva detto nulla sul fumo, perché lei sapeva.
«Che ci fai qui?» Cambiò domanda allora.
«Sono venuto a cena con la mia famiglia.» rispose lui facendo finta di non aver capito il vero significato della domanda.
«Che ci fai qui, ora?» precisò lei.
«E tu, che ci fai qui?» Lorenzo si staccò dal muro.
«Ci lavoro.» rispose lei facendo finta di non aver capito il vero significato della domanda.
“Da quando io e lui facciamo finta?” Si ritrovò a chiedersi lei.
«E perché?» la incalzò allora lui come se stesse chiedendo ad un bambino come si chiamava.
«Perché la gente lavora, Lorenzo?» chiese lei di rimando con sarcasmo.
«Veronica.» sembrava che la stesse pregando e nei suoi occhi passò un lampo di malinconia.
«Lo scorso ottobre mia madre ha perso il lavoro. Ha iniziato a lavorare in un call centre, ma aveva bisogno di una mano, così ho iniziato a cercare. Lavoro qui da giugno.» Veronica decise di essere sincera, rispondendo stringendosi nelle spalle e distogliendo lo sguardo da lui.
«Perché non mi hai detto niente?» esclamò lui con slancio.
«Perché va tutto bene.» Veronica disse ad alta voce la stessa frase che continuava a ripetersi da quasi un anno, tornando a guardarlo.
«Sono il tuo migliore amico.» iniziò lui con un tono più pacato. «Avrei potuto aiutarti.» si passò una mano tra i capelli. “Cavolo, è davvero nervoso.” «Cazzo, Ronnie, avrei voluto saperlo!»
«Perché non mi hai detto che saresti partito?» chiese allora lei di punto in bianco riprendendo il coltello dalla parte del manico.
«Perché…» Lorenzo si interruppe quasi subito. «Non stavamo parlando di me.» Cercò di troncare l’argomento ma poi lasciò perdere. «… ero talmente arrabbiato!» concluse.
«Tu?!» esclamò Veronica spalancando gli occhi.
«Dopo quello che è successo, avevo deciso di aspettare che fossi tu a farti viva.» la guardò, e nei suoi occhi, per appena un momento, a lei sembrò di intravedere qualche sfumatura di senso di colpa. «Ma dopo una settimana di te non avevo saputo niente e non potevo credere che tu avresti lasciato che tra noi le cose rimanessero così sospese per tanto tempo. Ero arrabbiato. Sembravi perfettamente intenzionata a permettere ad una stronzata del genere di distruggere… noi.» aveva iniziato con veemenza ma verso la fine la sua voce si era ridotta ad un sussurro carico di risentimento.
«Una stronzata? Una stronzata!» Veronica era senza parole e continuava a fissarlo ad occhi sbarrati. Si riprese solo con grande fatica. «Tu» iniziò puntandogli un dito contro. «Tu mi hai trattata coma una delle tue puttanelle pronte a venire al letto con te in qualunque momento.» si era autoimposta di non alzare la voce ma sul finale non ci riuscì.
 «È così che la pensi?» anche lui aveva alzato leggermente la voce e le aveva preso il polso del dito che poco prima era puntato contro il suo petto. «Tu non sei mai stata come le altre! Santo Dio, sei la mia migliore amica, pensi davvero che ti tratterei come loro.» i loro volti erano vicinissimi, mentre loro si guardavano in cagnesco.
«Lorenzo, tu mi hai chiesto di fare sesso con te.» il tono di veronica era rabbioso e recava ancora tracce della delusione di quella maledetta sera.
«Come potevo pensare che avresti creduto di essere solo una che volevo portarmi al letto? Pensavo sapessi che ci tengo a te, pensavo mi conoscessi!» le lasciò andare il braccio con rabbia e si passò una mano sul viso. «Poi ci siamo ritrovati nella nostra strada e non ho pensato più niente. Eri bella, ok?» concluse allargando le braccia quasi con disperazione.
«Tu non puoi nemmeno immaginare quanto mi hai ferita.» disse piano, scandendo bene le parole.
«E non potevi urlarmelo addosso?» chiese lui lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi.
Veronica abbassò il capo sentendo gli occhi pizzicare. La verità era che tutto quello che aveva cercato di fare da quella sera era stato dimenticare ciò che era successo.
«No,» rispose lui per lei. «hai preferito buttare via sette anni come se niente fosse per… nulla.» era tornato ad appoggiarsi con le spalle al muro incrociando le braccia al petto, con quell’aria indifferente che gli veniva così bene.
Veronica alzò gli occhi lucidi su di lui e poi sussurrò impercettibilmente (o quasi) «Per me non è stato nulla.» prima di voltarsi e dirigersi a passo svelto verso i ragazzi che la stavano aspettando vicino alla moto di Gianluca ed alla macchina del ragazzo di Sara.
Lui non riuscì a fare altro se non guardarla andare via.
 


È venuto davvero luuuuuungo hahaha :). Ok hemm, un momento di contemplazione per il Lorenzo che aspettava Veronica fuori dal ristorante? Cioè perché io lo adoro. Ma veniamo a noi. La dichiarazione di Gianluca stile bambino delle elementari non era prevista (ne da me e ne da lui) però lui è un po’ così: trasparente. A confronto con Lorenzo, lui è una specie di boccata d’aria fresca e continuerà ad esserlo, vi avviso, ma tra qualche capitolo avremo anche qualche scena in cui vi mostrerò cosa sono Veronica e Lorenzo quando sono insieme da soli. In più in questo capitolo abbiamo saputo anche qualcosa di più sulla storia di Veronica, ma c’è ancora molto da dire. Il prossimo capitolo sarà incentrato per lo più su Veronica, Federica e Serena: ci prendiamo una piccola pausa dai ragazzi. Avevo pensato (in realtà è già scritto, ma volendo potrei rifarlo ex novo) di fare il sesto capitolo dal punto di vista di Lorenzo, fatemi sapere cosa ne pensate ;). Credo di aver detto tutto.
Grazie mille a nuvolina90 e laika_89 che hanno aggiunto la storia tra le preferite ed a afrodite31 che l’ha aggiunta tra le seguite!
Bacioni :*
 
* per intenderci il casco integrale è quello con la copertura anche sul mento e la visiera, mentre quello semi-integrale non ha la visiera.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Radicchio e Richard Gere ***









Veronica allungò una mano fuori dalle coperte tastando alla cieca per spegnere la sveglia, che la sera precedente “si era ricordata” di impostare, e cercò di aprire gli occhi. Non ebbe successo.
Il secondo tentativo andò meglio: riuscì addirittura ad alzarsi.
Si diresse in bagno come uno zombie e iniziò a darsi una sistemata. La situazione era critica. La notte precedente era riuscita a prendere sonno solo alle quattro ed aveva dormito un sonno agitato e poco ristoratore. Dopo essersi lavata, cercò di coprire i segni della notte quasi in bianco con fondotinta e correttore. Quando fu discretamente soddisfatta del risultato si recò in cucina e mise sul fuoco la macchinetta del caffè, poi tornò in camera per prendere i vestiti dall’armadio ed indossarli. Fece tutto questo come un’automa e fu solo quando sentì l’aroma del caffè diffondersi nel loro piccolo appartamento che riuscì a svegliarsi veramente. Erano le sette e lei aveva un quarto d’ora per fare colazione prima di uscire. Solitamente non riusciva mai a farla perché preferiva avere qualche minuto in più per dormire, ma quel giorno sentiva di aver bisogno di zuccheri. Mentre ingurgitava l’ennesimo biscotto zuppo di caffelatte il suo telefono iniziò a vibrare sul tavolo. Con le sopracciglia aggrottate guardò lo schermo, ma c’era un’unica persona che poteva chiamarla alle sette di mattina.
«Vuoi davvero bigiare il secondo giorno di scuola?» chiese Veronica avvicinando il ricevitore all’orecchio con un sorriso dubbioso.
«Non dire fesserie! Teniamoci le assenze per quando saranno utili.» rispose Serena dall’altra parte. «Ti chiamavo per dirti che oggi devi portare un cambio di vestiti per domani.» continuò dopo una risata.
«E immagino che chiederti il motivo per cui dovrei farlo sarebbe davvero sciocco.» il sopracciglio di Veronica svettò ostinatamente verso l’alto.
«Ovviamente.» disse solo l’altra e lei riusciva quasi a vedere il sorriso angelico che doveva avere stampato in faccia in quel momento.
«Sere, mi fai paura. Cos’hai in mente?» Veronica rise ed il suo sopracciglio non voleva saperne di tornare nella sua posizione naturale.
«Ma niente!» esclamò Serena sbuffando. «Avevo pensato che potevamo andare a fare shopping oggi pomeriggio e poi a casa mia a vederci un film con una nuova maschera al radicchio, che ho trovato l’altro giorno su internet ed è davvero facile da fare.» Ebbene si, Serena adorava passare le serate in quel modo con Veronica e Federica fin da quando erano ragazzine e, infondo, non dispiaceva neanche a loro: si divertivano un mondo a  sperimentare impiastri sempre nuovi.
“A diciotto anni suonati stiamo ancora a fare i pigiama party.” Pensò Veronica sorridendo e scuotendo la testa. Amava i loro pigiama party.
«Apposto, sono dei vostri!» Disse allora per poi scostare il telefono dall’orecchio in modo da riuscire a vedere l’orario. «Dai allora ci vediamo tra poco a scuola!» la salutò quindi, vedendo che le rimaneva poco tempo.
“Non mi sembra proprio il caso di ripetere la scena di ieri, anche se probabilmente oggi non si fermerebbe…” si ritrovò  pensare per poi riscuotersi e tornare in camera a prendere il cambio proprio mentre Samanta si svegliava. I capelli biondi, che di solito erano lisci come l’olio, formavano una massa informe che le copriva buona parte del viso, lasciando comunque intravedere che, nonostante fosse seduta sulla sponda del letto, i suoi occhi marroni erano solo socchiusi.
«Che fai?» le chiese, la voce ancora impastata dal sonno.
«Buongiorno anche a te!» Veronica alzò gli occhi al soffitto.«Sta sera vado a dormire da Serena, mi serve un cambio» rispose comunque, chiudendo l’armadio. «e tu sei un’impicciona!» aggiunse.
Samanta la guardò stringendosi nelle spalle e poi finalmente si decise ad alzarsi dal letto per dirigersi nell’altra stanza a fare colazione, assieme alla sorella. Veronica uscì di casa con un «Buona giornata Sam, saluta la mamma.» come ogni mattina. Uscita dal palazzo si beò dell’aria fresca che si respirava sulla strada ed ebbe la sensazione che quella sarebbe stata davvero una buona giornata.
Alla fermata dell’autobus si ricordò che lei e Gianluca si erano accordati per vedersi quel pomeriggio, così tirò fuori il telefono e gli scrisse un messaggio.
Buongiorno Gianni! Scusami ma Fede e Sere mi hanno incastrata per un pomeriggio di shopping con annesso pigiama party oggi, non sono riuscita a dire di no ^^
Lui rispose quasi subito.
Non preoccuparti, ti passo a prendere domani per andare al lavoro, che ne pensi? ;)
Veronica si lasciò sfuggire un sorriso.
“È sempre così premuroso!” pensò.
Solo se la cosa non ti crea disturbo!
Casa di Veronica non era proprio di strada tra casa di Gianluca e l’hotel.
Nessun disturbo! Arrivo da te verso le 18.45
Veronica stava per avere una paresi facciale, ma non riusciva a smettere di sorridere.
A domani allora! :D
Stava per rimettere il telefono in tasca quando le arrivò la risposta.
Buona giornata, bellissima! Ti penso :*
Ok, Veronica non era mai stata una persona sdolcinata e stava senza dubbio per vomitare arcobaleni, ma lui era così adorabile! Si accorse a mala pena che l’autobus era arrivato e lei vi stava entrando, tanto si sentiva leggera.
Dal secondo liceo Federica aveva iniziato a prendere il suo stesso autobus per andare a scuola perché la sede dell’azienda dove lavorava suo padre era stata spostata e non poteva più accompagnarla in macchina, se non voleva fare ritardo. Vederla salire sull’auto e cercarla con lo sguardo segnò il vero inizio dell’anno scolastico.
«Buongiorno raggio di sole!» la salutò una volta che l’ebbe individuata. Per Federica, Veronica e Serena erano sempre stati “i suoi raggi di sole”, nessuno sapeva se era perché erano entrambe bionde o perché la rendevano contenta, ma alle de dirette interessate la cosa aveva sempre fatto ridere moltissimo.
«Ehi Fede! Vieni sta sera da Sere?» le chiese Veronica, togliendo la borsa dal sedile a fianco al suo per farla sedere.
«Certo! Ho una chicca tutta per voi!» gli occhi di Federica avevano una luce strana.
«Eh no, tesoro, ora devi dirmi tutto!» esclamò Veronica spalancando gli occhi e scoppiando a ridere. “Federica deve togliersi questo vizio di mettere la pulce nell’orecchio!”
«Non se ne parla, Serena probabilmente non me lo perdonerebbe mai.» anche Federica stava ridendo ora.
«Tu lo sai che ti detesto vero?» le chiese la bionda guardandola con gli occhi ridotti a due fessure e le orecchie fumanti di rabbia.
«Oh certo!» Federica alzò gli occhi al soffitto e di comune, tacito accordo cambiarono argomento: probabilmente Serena sarebbe davvero diventata una furia se Federica non avesse conservato la sua “chicca” per il pigiama party.
 

***

 
La campanella della ricreazione fu il suono più bello che moltissimi di loro avessero mai sentito in tutta la vita. La prima ora era trascorsa decisamente bene: il professor Marchioli di arte, o meglio “quel gran figo del professor Marchioli di arte”, aveva trascorso l’ora con il suo delizioso fondoschiena appoggiato allo spigolo della cattedra e le gambe stese incrociate, così come le braccia (donando alle sue alunne la possibilità di poterle contemplare, ben visibili attraverso il sottile tessuto teso della camicia che indossava), a chiacchierare del più e del meno con i ragazzi, dato che le ragazze erano… troppo, troppo impegnate a sbavare. Tutte le persone di sesso anche solo vagamente femminile del liceo avevano avuto almeno un pensierino sul professor Marchioli. Le sue alunne decisamente più di uno.
Era sulla trentina, capelli ramati e come perennemente mossi dal vento in onde sensuali (si, perfino le onde dei suoi capelli erano sexy!), occhi marrone cioccolato e fisico asciutto e, per quello che erano riuscite ad intravedere, discretamente scolpito. E poi c’era il modo in cui parlava della storia dell’arte: con una passione che ti faceva venire voglia di saltargli addosso all’istante. Dulcis in fundo, era un pittore. E questo mandava gli ultimi neuroni di tutte le ragazzine a farsi benedire.
L’idillio creato della sua presenza nella classe era stato spezzato dell’ingresso di Truni che, per quanto adorabile (al punto da guadagnarsi presso gli alunni il soprannome di Trudi, come i peluches), insegnava pur sempre matematica e fisica. Per un’ora aveva cercato di fare conversazione, ma poi si era ritrovato a secco di argomenti ed aveva impiegato la seconda ora ad iniziare la spiegazione del primo argomento di matematica dell’anno, cosa che aveva distrutto psicologicamente i suoi alunni: la scuola era iniziata davvero.
Veronica, Serena e Federica scesero in cortile assieme ai ragazzi.
«Oggi Marchioli era più bello del solito.» disse Serena con aria pensosa come se fosse stata una cosa su cui aveva riflettuto moltissimo.
«Si, è vero.» confermò Veronica, spalleggiata dall’annuire di Federica.
«Io sono senza parole.» fu il commento di un rassegnato Stefano.
«Avanti ragazze, è un vecchiaccio!» esclamò Filippo ridendo ed interrompendo la conversazione che stava avendo con Lorenzo, il quale dedicò loro appena un’occhiata prima di allontanarsi verso Giulio accendendosi una sigaretta. Veronica lo seguì con lo sguardo.
«Quindi non sono solo io ad avere una chicca da raccontare questa sera.» disse allora Federica con sguardo malizioso guardando Veronica arrossire e attirandosi addosso gli sguardi perplessi di Stefano, Filippo e Luca e quello curioso di Serena.
«Non capisco di cosa tu stia parlando.» disse Veronica distogliendo subito lo sguardo e puntandolo sull’amica. Non riuscì a reggere i suoi occhi indagatori per molto così si concentrò nell’osservare le sue converse.
«Oh, certo che no.» annuì Federica con sarcastica convinzione.
«Voi due non me la raccontate giusta.» Fu il commento sospettoso di Serena prima che i ragazzi decidessero di lasciar perdere i loro vaneggiamenti e parlare di qualcos’altro.
«Ronnie, da quando Lore ha ripreso a fumare?» le chiese Stefano, guardandolo allontanarsi.
“Da quando mi ha chiesto di fare sesso e non ci siamo più parlati.”
«Non lo so.» rispose Veronica, continuando imperterrita a guardarsi le scarpe. Seguì un silenzio di quelli quando nessuno sa bene cosa dire, prima che Luca se ne uscisse con una delle sue.
«Non trovate che le primine di quest’anno non siamo poi tutte pessime?» chiese infatti guardandosi intorno e guadagnandosi un sonoro scappellotto da parte di Stefano ed una risatina di Filippo.
«Luca» si fermò un attimo, come se stesse cercando le parole. «vediamo se riesco a trovare un modo per far arrivare a ciò che rimane del tuo cervello quello che voglio dirti.» altra pausa. «loro.» indicò con un dito un gruppetto di ragazzine, parlando come se si stesse rivolgendo ad un bambino di due anni. «Sono minorenni.» poi parve ripensarci. «no anzi, molto più che minorenni.» poi abbassò il dito e indicò prima Luca e poi se stesso. «Noi siamo maggiorenni,» continuò, scandendo bene le parole. «il che vuol dire che tu» questa volta indicò solo Luca. «potresti passare per un maniaco anche solo a parlarci con quelle.» dopo aver finito, Stefano abbassò di nuovo le braccia lungo i fianchi e guardò l’espressione divertita di Luca come se dubitasse fortemente di aver avuto un qualche effetto sull’amico.
«Non preoccuparti Ste.» si intromise allora Serena guardando Luca con un sorriso che non prometteva davvero nulla di buono. «Ho la sensazione che non avrà ne il tempo e ne la voglia di pensare a nessuna quattordicenne.» concluse ravvivandosi i lunghi capelli biondi e prendendo le sue due amiche sottobraccio, prima di allontanarsi con loro ancheggiando.
«Che strano,» cominciò Luca, a voce abbastanza alta da essere sicuro che le ragazze riuscissero a sentirlo. «anche io ho la stessa sensazione.»
Quando Serena si voltò vide che Luca la stava guardando con quello sguardo a metà fra il famelico ed il tenero che riservava solo a lei.
«È assolutamente adorabile.» fu il commento di Veronica.
«Oh, stai zitta!» replicò l’amica, ma il sorriso che aveva stampato sul volto mostrava chiaramente che era del suo stesso avviso.
 

***

 
«Abbiamo tutte e tre bisogno di un vestito per il compleanno di Filippo.» disse Serena, una volta che ebbero finito di mangiare alla solita pizzeria in centro, con un tono che non ammetteva repliche. Infatti non ce ne furono. Veronica aveva pensato di indossare una gonna ed un top, ma poi Filippo aveva annunciato che avrebbe festeggiato i suoi diciotto anni in discoteca, e quindi si era reso necessario acquistare un vestitino adatto all’occasione. Non che Veronica amasse mettersi in ghingheri solo per andare a bere qualcosa, ma ogni tanto le piaceva darsi una sistemata seria per una sera, ed in quel momento aveva proprio voglia di sentirsi bella. Infondo, seno a parte, non aveva affatto un brutto fisico e le piaceva fare shopping, perché poteva permettersi di provare pressappoco qualunque cosa.
«Solo se poi, la sera della festa, ci sistemiamo tutte insieme.» disse allora. Serena era davvero brava in quelle cose e comprare un vestito, se poi non si aveva intenzione di sistemare anche tutto il resto, non aveva senso.
«Sono d’accordo! Non ho nessuna voglia di piastrarmi i capelli da sola!» la appoggiò Federica.
«Oh avanti ragazze, questo era ovvio!» rispose Serena alzando gli occhi al cielo e scoppiando a ridere, seguita dalle sue due amiche.
Si alzarono dal tavolo e si diressero verso il corso. Avrebbero scandagliato da cima a fondo tutti i negozi per trovare il vestito perfetto, come al solito.
Lo shopping tra ragazze è senza dubbio tra le cose più belle del mondo. Insomma, provare vestiti su vestiti, anche quelli che non si indosserebbero mai in pubblico, con le proprie migliori amiche, dovrebbe essere brevettata come cura ad ogni tipo di depressione. Per tutto il pomeriggio Veronica non pensò nemmeno una volta a Lorenzo ed al loro litigio. Alla fine, verso le otto, Federica aveva trovato un adorabile vestito in tulle nero con dei brillantini e la gonna leggermente ampia, Serena un tubino senza spalline beige con una fascia dorata appena sotto il seno ed un fiocco non troppo grande dietro la schiena e Veronica un abito aderente verde petrolio molto semplice. Erano soddisfatte e pronte a dedicarsi alla loro serata.
Andarono a casa di Serena in autobus. Aveva una villetta a schiera in uno dei quartieri residenziali più famosi della città. La casa era molto grande, forse anche troppo, e così Serena adorava invitare le sue amiche.
Appena arrivate sistemarono le loro cose in camera di Serena e si misero all’opera per preparare la maschera al radicchio. Serena aveva ragione, non era difficile. Frullarono il radicchio ed il cetriolo e poi li passarono per separare la polpa dal liquido, infine aggiunsero a quest’ultima un po’ di farina e passarono alla parte più divertente: impiastricciarsi a faccia. Fatto questo si buttarono sul divano davanti alla TV e… guardarono per l’ennesima volta Pretty Woman. Erano da sempre follemente innamorate di Richard Gere. D’altronde chi non lo è? Ma arrivate quasi alla fine Veronica iniziò a sentirsi a disagio.
«Voglio la favola.» stava dicendo Julia Roberts dallo schermo, quando Veronica si alzò con stizza dirigendosi verso il bagno e borbottando.
«Vado a lavarmi la faccia.»
Serena e Federica si guardarono per un attimo, poi la seguirono.
«Cosa…?» provò ad iniziare a chiederle Federica sedendosi sul bordo della vasca, mentre Serena andava a sistemarsi sul water, ma Veronica la interruppe.
«Lei ha ragione, ok?» esclamò, poi vedendo le espressioni perplesse delle sue amiche si strinse nelle spalle e si voltò verso lo specchio del lavandino iniziando a sciacquarsi. «Insomma, ogni ragazza merita la favola, no? Non una proposta di sesso; una favola! Gianluca è più vicino ad essere la mia favola, cavolo! Voglio Gianluca. È sempre così gentile e premuroso e dolce e attento! Lui non mi comprerebbe un appartamento per potermi venire a trovare quando torna in città ed ha voglia di una scopata, lui è il tipo che non ci penserebbe nemmeno ad una cosa del genere*. Lui mi rispetta. Invece…» Veronica si girò di scatto verso le sue amiche con la faccia ancora sporca. «Ieri sera Gianluca mi ha chiesto se voglio iniziare a frequentarlo e io gli ho detto di si e sono tanto, tanto felice.» disse Veronica con voce piatta e affatto entusiasta.
«Ah si, si vede.» commentò infatti Serena con sarcasmo inarcando un sopracciglio.
Federica le lanciò uno sguardo di fuoco per poi prendere la parola prima che Veronica avesse il tempo di ribattere.
«Raggio di sole, tu lo sai che Gianluca ci piace, però se non sei sicura di quello che provi per lui e per… insomma, se hai così tanti dubbi, non credo che dovresti illuderlo, cioè lui ci sta sotto e ci rimarrebbe male se poi tu ti accorgessi che…» il discorso di Federica non aveva molto senso, ma aveva perfettamente centrato il punto della questione: e se Veronica poi si fosse accorta che…?
«Non c’è nulla di cui accorgersi. Voglio frequentarlo, è una brava persona e mi piace.» esclamò lei, con tono deciso.
Poi Serena pronunciò il nome che tutte e tre stavano pensando «E Lorenzo?» guadagnandosi una seconda occhiata di fuoco da parte di Federica.
«Cosa c’entra Lorenzo?» chiese Veronica, voltandosi di nuovo verso lo specchio e riprendendo a pulirsi. Poteva comunque vedere la bionda alzare gli occhi al soffitto.
«Questa tua decisione di frequentare Gianluca non riguarda il fatto che Lorenzo ti stia ignorando ostinatamente vero?» chiese, diretta come solo lei riusciva ad essere.
«No.» rispose l’altra, secca come solo lei riusciva ad essere.
«Ronnie,» il tono di Serena si addolcì. «Lorenzo ti manca, ce ne siamo accorte. Se Gianluca ti piace e vuoi provare a vedere se con lui le cose funzionano noi ti appoggiamo, lo sai, sono mesi che lo diciamo, ma pensaci bene. Tutto qui.» concluse con un’alzata di spalle.
«Gianluca non c’entra niente con quello che è successo. Io e Lorenzo eravamo solo amici, ed ora nemmeno più quello, nonostante ciò che voi continuate a ripetere da anni. Non mi interessa in quel senso e dubito che torneremo ad avere lo stesso rapporto che avevamo prima.» fece una pausa, prima di sganciare la bomba. «Ieri sera è venuto al ristorante con la sua famiglia, non gli avevo detto che cercavo lavoro  ne che l’avevo trovato e mi ha aspettata all’uscita fino a fine turno.» altra pausa. «Stava fumando.» e tutte sapevano cosa significava: era nervoso. Ci fu un’altra pausa, più lunga della precedente.
«Hai intenzione di raccontarci cosa vi siete detti o dobbiamo cavarti fuori le parole con un cucchiaino?» sbottò Federica con gli occhi verdi sbarrati. Serena scoppiò a ridere ma si interruppe quasi subito per tornare a fissare Veronica.
«Lui… Mi ha chiesto da quando lavoro li e perché e poi… abbiamo parlato di quello che è successo.» le sue amiche continuavano a guardarla per incoraggiarla a continuare. «Ha detto che ci è rimasto molto male perché ho lasciato che una “sciocchezza”» mimò le virgolette con le dita voltandosi verso le amiche per guardarle. «ci allontanasse.» lasciò cadere le braccia lungo i fianchi.
«Tiene molto a te.» Fu il semplice commento di Federica.
«Lasciamo perdere!» esclamò dopo una pausa Veronica scuotendo il capo come a voler far uscire quei pensieri dalla sua testa. «Tu piuttosto cosa volevi raccontarci?» chiese quando sembrò riuscirci, rivolgendosi a Federica.
Lei per tutta risposta iniziò a saltellare per il bagno battendo le mani come una bambina, sotto lo sguardo sconvolto delle sue due migliori amiche.
«Tesoro calmati e racconta.» cercò di placarla Serena, la cui curiosità era pari solo al suo sex appeal.
«Ok, ieri sera ero su facebook e, ad un certo punto, indovinate chi mi ha scritto?» chiese sorridendo tutta contenta e risedendosi sul bordo della vasca.
Veronica e Serena alzarono gli occhi al soffitto: poteva essere solo una persona.
«Giuseppe.» dissero infatti all’unisono e Federica iniziò subito ad annuire come se fosse stata una di quelle bamboline con la testa mobile che non smette mai di dondolare.
L’estate tra il terzo ed il quarto liceo Federica era andata in vacanza in Sardegna con i suoi ed aveva conosciuto un certo Giuseppe, con cui aveva legato subito. Finita la vacanza avevano iniziato a sentirsi su facebook e l’anno successivo Federica aveva implorato i suoi di tornare in Sardegna, così si erano rivisti ad avevano… approfondito la loro conoscenza. Niente più di baci e qualche carezza, ma da quel momento Federica non riusciva a fare a meno di pensare a lui e, ogni volta che le scriveva, tornava ad essere una quattordicenne alla sua prima cotta.
«Mi ha detto che i suoi hanno deciso di trasferirsi qui!» la moretta aveva gli occhi talmente luccicanti di felicità che probabilmente, se avessero spento la luce del bagno, quelli avrebbero continuato a brillare di luce propria. Questa volta, però, la sua eccitazione coinvolse anche Serena e Veronica, che subito le si fecero più vicine ed iniziarono a porle domande a raffica sul come, sul quando e sul perché.
«L’azienda dove lavora suo padre ha deciso di metterlo a capo di una succursale che apriranno qui!» iniziò, quasi squittendo.
«Si ok, ma quando?» esclamò allora Serena, che odiava perdersi in chiacchiere.
«Tra due settimane!» esclamò Federica seguita dall’ «Oh mio Dio, è fantastico!» di Veronica e dall’urletto stridulo di Serena. Quello che accadde dopo sarebbe rimasto per sempre negli annali: le due amiche, quasi si fossero messe d’accordo, saltarono al collo di Federica per abbracciarla e quest’ultima perse l’equilibrio facendo cadere tutte e tre nell’enorme vasca del bagno di Serena (qualcuno avrebbe dovuto avvisare anche loro di rimanere dove si toccava**), ma non era finita li: cadendo il gomito di Veronica aveva, non si sapeva bene come, aperto l’acqua fredda del rubinetto e tutte e tre erano finite zuppe a contorcersi per cercare di liberarsi da quell’intreccio di gambe e braccia. Tutto quel trambusto aveva messo in allarme la mamma di Serena, che spalancò la porta del bagno.
«Ma cosa succede?» era evidente che cercava di trattenersi dal ridere, mentre le tre ragazze non riuscivano a smettere di farlo nemmeno per respirare.
«Giuseppe si trasferisce qui!» esclamò Serena, alzando la testa (o meglio provandoci) per guardare sua madre.
«Wow, è fantastico!» esclamò sorridendo. «E chi è questo Giuseppe?» chiese allora inarcando un sopracciglio.
«Ma come, mamma, è il futuro ragazzo di Fede!» Serena lo disse come se stesse constatando l’ovvio, quando finalmente riuscirono a rimettersi in piedi ed a chiudere l’acqua del rubinetto.
La madre di Serena scosse il capo, sorridendo con rassegnazione e uscendo dalla stanza con un’unica raccomandazione, quella di non distruggere il bagno.
Ovviamente le tre ragazze tornarono ad emettere versetti striduli abbracciandosi, ma facendo attenzione a rimanere ben lontane dalla vasca.
Quando il momento di ilarità fu concluso, Veronica fece la domanda del secolo.
«Sere, perché tu e Luca non vi siete ancora messi insieme?» poi la guardò con aria perplessa quando lei abbassò lo sguardo sulle sue pantofole a forma di coniglietto.
«Lui… non me l’ha chiesto.» rispose con un’alzata di spalle, tornando a guardarle. «Evidentemente gli va bene così.» Serena sorrise.
«E a te va bene così?» chiese allora Federica. Il sorriso di Serena si affievolì un po’.
«Infondo è come se stessimo insieme.» Fece una piccola pausa, poi riprese. «Solo che non è ufficiale.» altra alzata di spalle.
«E a te va bene così?» questa volta fu Veronica a parlare. Il sorriso di Serena si spense definitivamente.
«Abbiamo una relazione aperta,» pausa. «cioè lui ha detto che siamo liberi di frequentare chi vogliamo.»
«Serena.» Federica la interruppe. «A te va bene così?»
«Lui mi piace molto…» per un momento sembrò che stesse per dire qualcos’altro, ma poi riprese a guardare le sue pantofole.
«Quindi a te non va bene così.» constatò Veronica con semplicità.
«Devi dirglielo.» disse allora Federica.
«No!» la interruppe subito Serena. «Non se ne parla!» gli occhi nocciola della bionda si spalancarono. «Ragazze, dico sul serio, a me va bene cosi.» disse cercando di essere più convincente possibile, con scarsi risultati.
«Sere…» iniziò Veronica, ma l’amica la interruppe subito.
«No Ronnie, sul serio, questa cosa non deve uscire da qui.» guardò anche la moretta, che aveva ripreso il suo posto sul bordo della vasca. «Dico anche a te. Io sono felice!» fece una pausa guardandole con un sorriso malizioso. «Facciamo del sesso fantastico.» le sue due migliori amiche ebbero solo il tempo di alzare gli occhi al soffitto, prima che lei riprendesse a parlare. «Scherzi a parte.» Serena regalò loro uno dei suoi sorrisi migliori e dolcissimi. «Per il momento posso accontentarmi, quando la situazione diventerà insostenibile,  giuro» si pose una mano sul petto e alzò l’altra. «Che gliene parlerò.»
Federica e Veronica la guardarono dubbiose, poi si scambiarono uno sguardo di intesa e decisero di lasciar cadere l’argomento.
«Non vi ho raccontato la parte finale della serata di ieri!» Disse allora Veronica per alleggerire l’atmosfera che si era venuta a creare.
«Cosa?!» Esclamarono le altre due spalancando gli occhi. «E cosa diavolo aspetti?!» aggiunse Serena, scostandosi una ciocca di capelli dal viso.
«Ok, hemm» Veronica si interruppe: non sapeva se dire loro proprio tutto, tutto. «Ecco, ieri sera, dopo aver parlato con Lorenzo, io e Gianluca siamo usciti con Sara, la mia collega, ed il suo ragazzo.»
«Wohoooo! La prima uscita!» Esclamò allora Serena.
«Meglio in quattro che voi due da soli, ah?» disse invece Federica, leggendo come al solito nel pensiero dell’amica.
«Ma vattene! Sarebbe stato molto meglio da soli!» commentò Serena, pensandola come al solito in maniera diametralmente opposta rispetto alle altre due.
«Lasciamo perdere.» Federica rise, tornando a dedicare la sua attenzione a Veronica. «Allora com’è andata?» entrambe le sue amiche avevano un sorriso da un orecchio all’altro e Veronica tornò con la mente alla sera precedente.
“Già, com’è andata?” pensò.
 
Dopo essersi allontanata da Lorenzo, Veronica si era diretta verso Gianluca, che la aspettava a fianco alla KTM*** e le aveva passato il casco.
«Che voleva quello?» le aveva chiesto, vedendo che aveva gli occhi lucidi.
«Niente.» aveva risposto lei, senza sbilanciarsi troppo.
«A me non sembra che non sia successo niente.» aveva insistito lui, prendendole gentilmente il mento tra le dita per scrutarla meglio.
«Davvero, non è niente, era solo un vecchio amico.» lei si era divincolata e, voltandosi verso gli altri due, aveva chiesto «Dove andiamo?»
Sara l’aveva guadata per qualche istante, poi aveva risposto «Al Virgin.»
Era il pub più frequentato dai ragazzi, e non era molto lontano dall’hotel dove lavoravano, quindi ci erano già stati diverse volte. La serata era trascorsa in modo molto piacevole, si erano divertiti e avevano bevuto poco. Il ragazzo di Sara era simpatico quasi quanto lei: si somigliavano un sacco, erano entrambi aperti, allegri e davvero gentili. Verso le tre Gianluca l’aveva riaccompagnata a casa e…
 
«E…?» la incalzò Federica.
«Oddio ti prego, dimmi che ti ha sbattuta contro il portone e ti ha infilato la lingua in bocca!» esclamò invece Serena.
«Serena!» Federica le lanciò una spugna che si trovava nella vasca.
«No» fu l’unico commento di Veronica.
«È gay!» se lo sguardo di Serena era stato sognante fino ad un attimo prima, ora trasudava paura, no anzi, terrore.
«Santo cielo, no!» questa volta fu il turno di Veronica di lanciarle qualcosa, e la scelta ricadde su un asciugamano. Ad ogni modo non aggiunse altro e le sue amiche la lasciarono ai suoi pensieri, sapendo bene che, quando fosse stata pronta, avrebbe raccontato loro la fine della serata.
Più tardi, nella calma del letto su cui dormiva in camera di Serena, ripensò alla notte precedente.
 
… e una volta arrivati davanti al palazzo l’aveva fatta scendere ed aveva messo il cavalletto alla moto per accompagnarla fino al portone.
«È stata davvero una bella serata.» aveva detto lui, guardandola negli occhi.
Veronica poteva perdersi in quel nero.
«Si.» aveva detto solo, in risposta.
Proprio non le riusciva di perdercisi, ma magari con il tempo…
«Ci vediamo domani?» Gianluca aveva preso una ciocca dei capelli biondi di lei tra le dita e l’aveva spostata dietro il suo orecchio, poi si era attardato sulla sua guancia.
«Va bene.» aveva risposto lei con un sorriso.
Poi era successo: lui aveva iniziato a chinarsi verso il suo viso e lei aveva dischiuso le labbra, alzandolo. Erano ad un soffio, lei poteva sentire la carezza delicata del suo respiro sulle guance arrossate. Lui aveva inclinato la testa e lei aveva chiuso gli occhi. Le loro bocche si erano sfiorate per una frazione di secondo.
Poi lei si era scostata improvvisamente, tenendo lo sguardo basso.
«Buonanotte Gianni.» aveva detto senza guardarlo, poi gli aveva dato un fugace bacio su una guancia prima di aprire rapidamente la porta e correre per le scale a perdifiato, lasciandolo li.
 
“Perché?” si chiese, girandosi nel letto per l’ennesima volta ed attorcigliandosi ancora di più le coperte attorno al corpo. “Sono una stupida, ora basta!”
Prese il telefono dal pavimento e scrisse il messaggio.
Ti va se domani ci vediamo un po’ prima di iniziare il turno, così magari ci facciamo un giro ;)
La risposta non tardò ad arrivare.
Certo bellissima, a domani! Buonanotte, sognami :*
“Ecco fatto, è andata!” Pensò rimettendo il telefono per terra. “Dannazione Veronica, impegnati di più!”
Si rigirò di nuovo e si addormentò sorridendo.
 
 
Ok, chiedo umilmente perdono per il ritardo! Ma ho un buon motivo: sto passando più tempo possibile con un’amica che abita all’estero prima che riparta. Ad ogni modo, veniamo al capitolo. Come avevo previsto è stato difficile da scrivere, volevo davvero che venisse bene perché ci tenevo a descrivere bene il rapporto tra Veronica, Serena e Federica e spero di esserci riuscita (ma questo dovrete dirmelo voi!). È venuto più lungo di quanto pensassi, ma non volevo tralasciare niente. Abbiamo visto il nostro (o quanto meno “mio”) adorato Lorenzo davvero poco, ma difficilmente vedremo lui e Gianluca vicini, perfino nella narrazione. Che ne pensate di lui, a proposito? È un tenerone, non si discute. La festa di Filippo inizierà nel prossimo capitolo, ma verrà descritta sostanzialmente nel sesto. Sarà… spumeggiante, ecco hahahahahah. Credo di aver detto tutto. Giuro che cercherò di aggiornare entrò martedì prossimo, con un capitolo leggermente più corto di questo.
Ringrazio tantissimo Luciiias che ha aggiunto la mia storia tra le seguite, ma anche tutti coloro che la stanno leggendo! Un grazie enorme a cardie9980 che mi recensisce sempre!! :’)
Al prossimo capitolo, bacioni!!
 
*Nel caso non abbiate mai visto Pretty Woman (e dovreste farlo) più o meno verso la fine Vivian (Julia Roberts) dice a Edward (Richard Gere) che vuole un uomo che la faccia sentire una principessa e non uno che vuole sistemarla in un appartamento perché possa essere solo la sua puttana quando è in città, come invece le propone lui. Veronica, guardando quella scena, fa un parallelo tra Edward e Lorenzo e tra il ragazzo ideale di Vivian e Gianluca.
 
**Altro riferimento a Pretty Woman: Edward è molto ricco e nell’hotel in cui alloggia ha una vasca da bagno immensa e fa una battuta a Vivian dicendole di “rimanere dove si tocca”.
 
***la KTM è una marca di moto… la Duke da un’aria da cattivo ragazzo, provate ad andarla a vedere se vi capita hahahahaha.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Per ora. ***









I risvegli a casa di Serena erano sempre paradisiaci: la donna delle pulizie entrava ad aprire le tende e scendendo le scale si iniziava già a sentire l’odore del caffè appena fatto e delle paste proveniente dalla cucina, dove le attendevano una tavola imbandita (manco fosse la mattina di Natale) ed i genitori di Serena intenti a fare colazione in perfetto stile “famiglia del mulino bianco” con tanto di occhi dolci e sorrisi zuccherosi; dopo aver mangiato andavano a lavarsi in uno dei tre bagni della casa (volendo avrebbero potuto farlo contemporaneamente utilizzando un bagno ciascuna, ma preferivano affollare tutte e tre insieme il bagno con la vasca/piscina); infine, dopo essersi vestite, un autista era pronto a loro disposizione per portarle a scuola. La famiglia di Serena era molto facoltosa, il padre, infatti, gestiva lo studio legale di famiglia, che permetteva alla madre di dedicarsi ai loro investimenti (vestiti, mobili, eccetera…).
Quella mattina a scuola la giornata era decisamente tranquilla: alla prima ora avevano inglese. La professoressa Sciscia (il cui nome faceva ridere gli alunni da generazioni e generazioni) era una di quelle donne con le “balls”, come amava definire lei le ragazze che mettevano passione in quello che facevano e si battevano per quello in cui credevano, e lei era esattamente così: amava insegnare inglese (soprattutto la letteratura) ai suoi alunni, perché era consapevole che stava regalando loro una marcia in più per la vita, ed era sempre disposta a battersi quando sentiva anche solo vagamente l’odore di un’ingiustizia nei loro confronti. Era una di quelle professoresse che finchè non erano riuscite a farti amare la loro materia non erano contente, faceva quasi un lavoro ad personam. In questo modo le sue lezioni risultavano sempre molto interessanti: tendeva a spiegare le trame delle opere che dovevano studiare come se stesse raccontando ciò che era successo nell’ultima puntata della sua fiction preferita, cosa che teneva vivo l’interesse e lasciava qualche traccia nelle giovani menti dei suoi pigrissimi ragazzi. Nelle interrogazioni era però implacabile: dava molto, ma pretendeva anche molto in cambio. Fortunatamente erano ancora al terzo giorno di scuola, quindi durante quell’ora avrebbe spiegato.
La seconda e la terza ora avevano educazione fisica il che significava dieci minuti di corsa e un’ora e cinquanta di puro cazzeggio per le ragazze e di calcio per i ragazzi. Scesero in cortile e si diressero verso gli “spogliatoi”. In realtà la loro scuola non aveva una palestra e i ragazzi utilizzavano due classi in disuso per cambiarsi. Dopo essersi cambiate alla velocità della luce, Veronica, Federica e Serena fuggirono dallo “spogliatoio”, prima che quelle ochette delle loro compagne di classe iniziassero a parlare delle solite stronzate, e cominciarono a correre svogliatamente attorno al campetto da calcio.
«Oddio…» fu Serena ad emettere quel versetto estasiato: Luca stava correndo dall’altra parte del campo affianco a Stefano. Effettivamente indossava un paio di pantaloncini ed una canotta che lasciava davvero poco all’immaginazione.
«Il solito sborone.» fu però il commento divertito di Veronica, che provocò una risata immediata da parte di Federica.
«Ah, ma che volete capire voi!» Serena alzò gli occhi al cielo per poi aggiungersi alla loro risata.
«Certo però che anche Lorenzo…» Federica lasciò la frase in sospeso guardando Veronica di sottecchi.
«Non so voi ma io lo trovo decisamente migliorato.» aggiunse allora Serena, aggiungendo altra carne al fuoco che sembrava ormai divampare sulla faccia di Veronica. «Non che prima fosse brutto, però mi pare più…» qui fece una pausa come se stesse riflettendo su quale parola usare.
«Si, ok, ora basta.» Veronica pose fine a quel discorso che era ormai in procinto di bruciarla viva. «Credo anche io che abbia fatto palestra quest’estate.» disse, sperando di porre fine al discorso, ma ovviamente erano solo all’inizio.
Quando il professore fece loro capire che potevano smettere di correre, Federica e Serena si avviarono verso gli spalti che si trovavano ad un lato del campetto da calcio.
«Ma dove andate?» chiese loro Veronica.
«Ho una gran voglia di vedere la partita oggi.» Fu Serena a rispondere, con un sorriso malizioso. Così si sedettero ed aspettarono che i ragazzi formassero le squadre. Come al solito il risultato era “Disadattati” contro “Bravi Ragazzi”.
Sarebbero stati i 110 minuti più lunghi della vita di Veronica, ne erano coscienti tutte e tre.
Lorenzo era sempre stato bravo a calcio, quando erano piccoli voleva fare il calciatore e suo padre non gli aveva mai impedito di seguire quel sogno, nonostante sperasse che suo figlio avrebbe preso in mano le redini dell’azienda di famiglia. Alla fine era stato così. Lorenzo aveva smesso di correre dietro ad un pallone ed aveva iniziato ad interessarsi ad un futuro più stabile. Era stata una cosa naturale per lui: nessuna costrizione, nessuna delusione, nessun litigio; aveva semplicemente capito che voleva rendere suo padre e suo nonno orgogliosi di lui e, sebbene sapesse che lo sarebbero stati in ogni caso, quello era il modo migliore per non buttare alle ortiche un impresa che coltivavano da anni e di cui era l’unico erede.
Chiunque l’avesse visto giocare a pallone, però, avrebbe visto che era nel suo elemento: i suoi movimenti erano fluidi, i suoi tiri precisi, il suo sguardo concentrato; ed era bellissimo. E sexy. Come Serena non potè fare a meno di notare.
«Ancora non riesco a credere che tu non sia voluta andare al letto con lui!» disse senza staccare gli occhi dal campo, con uno sbuffo di frustrazione.
«Sere, era il mio migliore amico e mi ha trattata come una qualunque.» Veronica fece una pausa. Le sue due amiche non parlarono, aspettando qualcosa che sapevano sarebbe arrivato. «e poi il sesso cambia sempre tutto.» e, se c’era una cosa che Veronica non voleva cambiasse, era la sua amicizia con Lorenzo.
«Raggio di sole, posso dirti una cosa?» Federica fu la prima a staccare gli occhi dal campo e a guardare verso l’amica. Che in quel momento stava annuendo, mesta. «Per lui non sarebbe mai stato solo sesso.»
Gli occhi azzurri di Veronica si spalancarono nel voltarsi del suo viso verso l’amica.
«Lui non è innamorato di me.» era un’idea che, nonostante tutto, nonostante il loro rapporto, non le era mai passata per la testa, e nemmeno Federica e Serena ne avevano mai fatto parola.
«No, Ronnie, Fede non dice questo.» ora anche Serena la guardava e Veronica tornò a guardare il campo senza vederlo. «Non è innamorato di te.» la bionda fece una pausa come se fosse indecisa se far uscire o no le parole che le si erano incastrate in gola. «Per ora.» quelle sei lettere, alla fine, uscirono dalle sue labbra mischiate ad un sospiro. «Ma non sarebbe mai stato solo sesso.»
Veronica non rispose, continuò a guardare dritto davanti a se. Lui le mancava, lo sentiva anche nelle ossa: le mancavano i suoi abbracci, il modo in cui le scompigliava i capelli perché sapeva quanto tempo lei impiegasse a sistemarli la mattina, i suoi sorrisi, i loro scherzi; ma tutto solo ed esclusivamente con un amico, il migliore, ma pur sempre un amico. Ne era certa. Come era certa che lui l’avesse sempre vista solo ed esclusivamente come una sorellina più piccola con cui giocare, a cui fare i dispetti e da proteggere. Era sempre stato così e a loro era sempre andata bene.
In quel momento Lorenzo guardo in direzione degli spalti e le vide, i volti seri e gli sguardi puntati su di lui. Non ridevano. Serena, Federica e Veronica avevano la capacità di ridere sempre quando erano insieme, lo sapevano tutti, ma non ridevano.
I suoi occhi grigi incontrarono quelli azzurri di Veronica solo per una frazione di secondo. Poi lei si alzò.
«Io…» iniziò, per poi voltarsi verso le amiche. «non lo so.» fece una piccola pausa, poi il suo viso si aprì in un sorriso timido. «Ma dubito che ormai abbia più importanza: se le cose devono sistemarsi, si sistemeranno da sole.» anche le sue amiche sorrisero, un po’ più convinte.
«Immagino di si.» disse Serena con un’alzata di spalle
«Siete sempre voi due, andrà bene.» le diede man forte Federica.
«Ragazze, vado un attimo in bagno.» Veronica permise al suo sorriso di aprirsi un po’ di più. «Voi rimanete pure qui a commentare la scopabilità di Luca, io torno subito.» concluse ridendo, leggendo praticamente nel pensiero a Serena. Non che fosse poi difficile. Anche le altre due risero.
Veronica si diresse verso i bagni. Doveva andarci davvero, stranamente, nonostante ormai li usasse come uscita di emergenza da qualunque situazione imbarazzante. Ma con Serena e Federica non c’erano situazioni imbarazzanti. Avevano ragione, su tutta la linea. Lorenzo non si sarebbe mai comportato con lei come si comportava con tutte le altre, l’aveva detto anche lui e lei lo sapeva. Non perché fossero innamorati, non lo erano, ma perché erano loro, erano sempre stati solo loro, e lei non avrebbe dovuto prendere quella proposta per un’offesa, ma solo per quello che effettivamente era: una proposta. Non aveva voluto accettare perché aveva una dannata paura dei cambiamenti, ma era consapevole che lui sarebbe comunque rimasto lui, sempre.
E in quel momento si decise: non si sarebbe più opposta a tentativi di riavvicinamento da parte sua.
Stava pensando proprio questo, mentre si lavava le mani dopo essere uscita dal bagno, quando, alzato lo sguardo nello specchio, vide qualcuno alle sue spalle. Come nei migliori film horror si mise ad urlare, voltandosi immediatamente, prima di realizzare che era solo lui, come sempre.
«Scusa.» iniziò lui, cercando di trattenere una risata.
«Si certo, ridi! Intanto mi hai quasi uccisa.» lo rimbeccò lei, tenendosi una mano sul petto ed aspettando che il battito tornasse regolare dopo quello spavento.
«Volevo solo chiederti scusa per l’altra sera.» disse lui con un’alzata di spalle, che voleva farlo apparire sicuro di se, ma serviva solo a nascondere il suo nervosismo.
«E io volevo chiederti scusa per come mi sono comportata.» disse allora lei, guardandolo negli occhi. «Io…» fece un pausa per riordinare le idee. «Credo di aver sempre saputo che non mi avresti trattata come una qualunque delle tue puttanelle.» qui lo sguardo di lei divenne di giocoso rimprovero, come ogni volta che parlavano della vita sessuale di lui. «Ma, insomma, il sesso cambia tutto.» fu il suo turno di stringersi nelle spalle. « e immagino di aver pensato che se le cose fossero cambiate tra di noi, io ti avrei perso.» concluse, distogliendo lo sguardo prima di avere il tempo di vederlo sorridere.
«Lo so.» disse lui, prima di continuare. «Cioè ora mi sembra la cosa più logica del mondo, conoscendoti: sei una gran fifona quando si tratta di cambiamenti.» disse avvicinandosi e sorridendole, ma dandole anche la possibilità di colpirlo con un pugno su un braccio, per lui sicuramente impercettibile. «Ma non sarebbe cambiato niente.» riprese lui, tornando serio. «Non ti libererai di me così facilmente.» di nuovo un sorriso sghembo apparve sul volto di lui: era senza dubbio il più bello del suo repertorio.
«È una minaccia?» chiese lei alzando un sopracciglio.
«Ovviamente.» rispose lui, con ovvietà.
Poi annullò la distanza che c’era tra loro e la abbracciò. Non si abbracciavano da tre mesi. Fu come tornare a casa.
«Mi sei mancata, Ronnie.» sussurrò tra i suoi capelli, prima di allontanarsi e scompigliarglieli. «Questa segnatela, dubito che me lo sentirai dire mai più!» concluse lui ridendo.
Le vennero quasi le lacrime agli occhi per quanto le era mancato quel gesto, al punto da non arrabbiarsi neppure. Si limitò a prenderlo sotto braccio ed a dirigersi verso la porta del bagno sorridendo.
«Anche tu segnatela» disse lei nell’uscire. «è l’ultima volta che mi spettini senza doverti preoccupare delle conseguenze.» lo guardò di sottecchi, minacciosa.
Lui per tutta risposta scoppiò a ridere.
«Sto tremando!» rispose lui sarcasticamente, dedicandole un sorriso di scherno.
«Dovresti.» Veronica continuò a guardare davanti a se, con fare altezzoso.
Non c’era bisogno di accordarsi, avevano semplicemente deciso di ricominciare da prima di quella sera, come se nulla fosse successo.
Per ora.
 

***

 
Veronica passeggiava avanti e indietro nel loro salotto/cucina/studio/ingresso/sala-da-pranzo ormai da una buona mezzora. Doveva vedersi con Gianluca alle cinque. Era arrivata a casa alle due come al solite e, dopo un pranzo veloce con Samanta, si era precipitata al computer ed aveva iniziato una videochiamata su Skype con Serena e Federica che erano andate a “studiare” da quest’ultima. Si era cambiata una quantità infinita di volte, sfilando davanti alla webcam per avere un parere dalle amiche, prima di optare per una gonna nera con collant sottili e ballerine dello stesso colore ed un maglioncino con scollo a V di un azzurro cielo che si intonava perfettamente ai suoi occhi. Aveva piastrato i capelli e li aveva acconciati in una treccia morbida che concedeva a diverse ciocche la libertà di accarezzarle il volto, per poi stendere un velo di trucco appena accennato.
Poi aveva iniziato a passeggiare avanti e indietro davanti alla scrivania dalla quale le sue due migliori amiche la osservavano attraverso lo schermo antico del computer.
«A che ora hai detto che arriva il tuo cavaliere?» Serena interruppe quel silenzio che, per lei, abituata a parlare di continuo, anche dicendo la prima cosa che le passava per la testa e che si rivelava spesso essere la peggiore possibile, era durato fin troppo.
«Alle cinque.» rispose Veronica senza smettere di camminare. Mancavano cinque minuti e le si era annodato tutto l’annodabile: gola, intestino e chi più ne ha, più ne metta. Era assurdo che fosse così nervosa, insomma era il Gianluca di sempre, tanto più dato che era da tempo che si era accorta delle attenzioni che le riservava, eppure non riusciva ad essere tranquilla, nonostante avesse deciso lei di incontrarlo prima del turno.
Era la prima volta che uscivano da solo in quel senso.
Proprio allora suonarono al citofono.
«Oddio.» commentò Veronica fermandosi improvvisamente, ma non accennando a voler andare ad aprire.
«Ronnie.» cercò di svegliarla Serena. «se non ti muovi vengo li e ti faccio del male.»
Sempre molto soave. Ma servì allo scopo.
Veronica si riscosse ed avvicinò il ricevitore all’orecchio.
«Si?» chiese, anche se sapeva perfettamente chi fosse.
«Sono io.» rispose l’allegra voce di Gianluca. Veronica non potè fare a meno di sorridere.
«Arrivo subito.» rispose, riattaccando.
«Ragazze è lui!» annunciò riavvicinandosi al computer per chiudere la conversazione. «Vi chiamo sta sera, dopo il turno, d’accordo?».
Dopo aver ricevuto un entusiasta cenno d’assenso da parte di entrambe, chiuse Skype e, presa la borsa, uscì con un «Sam, io esco e poi vado direttamente al lavoro. A dopo!» urlato perché la sorella la sentisse.
Scese le scale correndo a perdifiato, non sapeva nemmeno lei il perché, e, una volta uscita dal portone gli si gettò al collo, respirando il suo profumo virile fino all’inverosimile, forse per rassicurarlo dopo il saluto freddo dell’ultima volta.
«Hei bellissima!» la salutò lui, sorridendole da dietro i ricci scuri che gli ricadevano sulla fronte.
«Ciao!» rispose lei, staccandosi e dandogli modo di respirare.
Era una visione. Appoggiato alla moto con le braccia conserte, posa che ne metteva in evidenza i muscoli, la guardava in quel suo modo dolce. Era bello. Era sexy?
«Barbie!» una voce ben conosciuta interruppe i suoi pensieri (proprio al momento giusto?), richiamando la sua attenzione con quel nomignolo che lei odiava tanto. Possibile che avesse una sfortuna così enorme con i soprannomi? Chiunque volesse insultarla poteva sfruttare la sua somiglianza fisica con Barbie per darle della bambola senza cervello; i suoi amici continuavano a chiamarla Ronnie, insistendo sul fatto che fosse molto affettuoso, mentre lei riusciva a notare solo la preoccupante assonanza con “rognoso”; e poi c’era Federica, che aveva affibbiato a lei e Serena quel nome da hippie che, per quanto divertente, era sicuramente assurdo.
Ad ogni modo Veronica si voltò verso la zona da cui proveniva la voce e vide che Lorenzo (chi sennò?) e Filippo si stavano dirigendo verso la macchina del primo poco più avanti, ma nel vederla avevano cambiato idea e le si erano avvicinati.
«Ciao ragà.» li salutò Veronica, poi procedette con le presentazioni. «Loro sono Filippo e Lorenzo, due miei compagni di classe, forse ricordi Filippo: lui e gli altri sono venuti a prendermi un sacco di volte al lavoro quest’estate.» disse rivolta a Gianluca, che annuì sorridendo. «Lui invece è Gianluca. Noi…» fece una pausa. Che dire? «Ci stiamo frequentando.» concluse alla fine.
«Molto lieto di conoscerti, allora.» Lorenzo allungò la mano, prima di aggiungere un «Coraggioso, il tipo!» rivolto a Filippo, che non riuscì a trattenere del tutto una risata.
Gianluca gli strinse la mano senza dire nulla.
«Davvero molto divertente, Lollo.» commentò Veronica alzando gli occhi al cielo ed usando volutamente quel soprannome infantile che lui detestava.
Lui rispose con quel suo sorriso unilaterale che gli riusciva così bene.
«Gianluca, mi stavo chiedendo se avessi programmi per sabato prossimo.» chiese Filippo d’un tratto, sistemandosi il ciuffo che gli era ricaduto sull’occhio come al solito e guadagnandosi un’occhiata piacevolmente sorpresa da parte di Veronica ed una assolutamente esterrefatta da Lorenzo.
«Non mi guardate così, faccio diciotto anni una volta sola: devono esserci tutti.» si difese allora il biondo, rivolgendo di nuovo la sua attenzione a Gianluca.
«In realtà no.» rispose allora quest’ultimo, circospetto.
«Bene, ora invece si! Festeggio il mio compleanno al King. La festa inizia intorno alle undici, ci conto eh.» Filippo si voltò facendo un cenno di saluto a Veronica e trascinandosi dietro l’amico.
«Credevo che tu e Lorenzo aveste litigato.» le disse Gianluca dopo una pausa silenziosa, continuando a guardare il punto dove poco prima si trovava la macchina del ragazzo chiamato in causa.
«Abbiamo parlato oggi.» iniziò lei, sperando che quelle poche parole bastassero come spiegazione. Ovviamente non era così visto che lui si ostinava a non guardarla. «E ci siamo chiariti. Siamo amici da troppo tempo per farci dividere da una cosa del genere.» nel dire queste parole abbassò lo sguardo, perché sapeva quale sarebbe stata la sua obiezione.
«Avevo capito che per te non fosse una cosa da niente.» disse infatti il moro, sondando il suo volto con quelle sue pozze di petrolio.
«Questo era prima di capire che non sarebbe stato solo sesso.» replicò lei, tornando a guardarlo e reggendo quello sguardo che voleva reggerle l’anima.
«Sei innamorata di lui?»
«No.»
«È innamorato di te?»
«No.»
«E allora cosa…?» iniziò lui, ma lei lo interruppe.
«Siamo lui ed io. Non poteva essere solo sesso, è il mio migliore amico.» cercò di spiegare, poi optò per un chiarimento definitivo. «La questione è archiviata: non farò mai sesso con Lorenzo.»
«Quel ragazzo non mi piace.» disse allora Gianluca.
«È il mio migliore amico.» era tutto quello che Veronica poteva dire.
Per tutta risposta lui le passò il casco e salì sulla moto, dopo aver messo il suo, senza guardarla.
Non riusciva a capire.
“Cominciamo bene!” pensò Veronica, salendo dietro di lui.
Ma poteva anche lasciar perdere il “rapporto” tra il suo quasi ragazzo ed il suo migliore amico.
Per ora.
 

***

 
Non ricordava l’ultima volta che si era sentita così stanca.
Gianluca, Sara ed il suo ragazzo le avevano proposto di replicare un’uscita a quattro come quella di lunedì ma lei proprio non ce l’aveva fatta, così Gianl… il suo ragazzo l’aveva riaccompagnata a casa. Il solo pensiero di dover accendere il computer per iniziare una chiamata con Serena e Federica la distruggeva, ma se non l’avesse fatto probabilmente l’avrebbero distrutta le sue amiche il giorno successivo.
Cercando di fare meno rumore possibile, si mise il pigiama, mentre quel pezzo da collezione del loro computer si avviava, con tutta la calma del mondo. Quando si sedette davanti alla scrivania non era nemmeno a metà dell’opera, così si dispose ad aspettare.
Le sue due amiche risposero quasi subito, a testimonianza del fatto che la stessero aspettando. Si mise le cuffie ma non c’era bisogno di accendere la luce perché, essendo tre i partecipanti alla conversazione, non potevano fare un videochiamata ma solo una chiamata normale.
«Ciao raggio di sole!» la salutò subito Federica, allegra e pimpante come al solito.
“Ma non dorme mai?” si chiese Veronica, riuscendo a tenere gli occhi aperti a stento.
«Ciao belle.» disse la voce di Serena, vagamente impastata dal sonno.
«È proprio necessaria questa cosa?» chiese Veronica, sbadigliando.
Era l’una e mezza del mattino e lei aveva appena terminato il turno più faticoso della sua vita.
«Certo! Ma stai scherzando?! Avanti, parla.» le rispose Serena, svegliatasi in un attimo.
Veronica emise un sonoro sbuffo, preparandosi a raccontare del pomeriggio.
“Via il dente, via il dolore.” Pensò, rassegnata.
 
Il pomeriggio era trascorso tranquillamente: avevano scherzato, riso e parlato e, come al solito, Veronica si era trovata molto bene con lui. Quando era giunto il momento di avviarsi verso l’hotel, lei aveva capito di dover fare la sua mossa.
Dopo essere stato scansato la prima volta, sicuramente lui non ci avrebbe riprovato, credendo che lei avesse bisogno del suo tempo per abituarsi all’idea di loro due, eccetera. Era fatto così.
Così quando le aveva porto il casco, lei aveva preso il suo braccio e l’aveva usato per avvicinare il volto del ragazzo al suo, facendo combaciare le loro labbra. Era stato solo un bacio stampo, poi lui si era allontanato, lasciandole l’incombenza di dover immergere le mani nei suoi ricci, per pretendere qualcosa di più. Forse questo lo aveva fatto sentire più sicuro perché a quel punto lui si era fatto vagamente più audace, arrivando addirittura a farla indietreggiare fino ad appoggiarsi alla moto, sovrastandola e cingendole la vita con il braccio che non reggeva il casco. Era stato un bacio lungo: le loro lingue si erano rincorse fino a quando, spinti dalla necessità di prendere aria, avevano iniziato a scambiarsi brevi baci frenetici a fior di labbra, per poi decidere che poteva bastare ed approfondire di nuovo il contatto. Quando Gianluca si era staccato da lei per controllare l’orario e tornare padrone di se stesso, avevano entrambi il fiato corto.
«Sono le sei e un quarto, siamo in ritardo.» aveva annunciato Gianluca, senza mostrare il minimo segno di dispiacere e sorridendole. «Bigiamo?» a quel punto lui le aveva propinato uno sguardo da cucciolo a cui era stato davvero difficile dire di no, ma non potevano non presentarsi al lavoro: rischiavano di perdere il posto e non potevano permetterselo.
«Magari possiamo bigiare la scuola un giorno di questi.» aveva iniziato lei, sperando di comprarlo con quella promessa ed un sorriso. «Ma al lavoro dobbiamo proprio andarci.»
Lui aveva tirato fuori un broncio adorabile, prima di annuire sconsolato, sapendo che lei aveva ragione.
«D’accordo.» aveva concesso alla fine della sua lotta interiore. «Tanto abbiamo tutto il tempo che vogliamo per stare insieme.» il sorriso che si era aperto sul suo volto dopo quella frase era qualcosa di indescrivibilmente bello.
E lei non aveva potuto fare a meno di ricambiarlo.
«Beh si, immagino che le coppie passino molto tempo insieme.»
Quella di Veronica era stata volutamente una risposta alla domanda inespressa che galleggiava negli occhi di Gianluca: erano una coppia, stavano insieme, lei era la sua ragazza e lui era il suo ragazzo.
Lui le aveva dato un altro casto bacio sulle labbra, prima di porgerle di nuovo il casco, che questa volta lei aaveva accettato, ed indossare il suo.
 
«Che carini!» aveva commentato subito Federica alla fine del racconto.
«Il tipo è timido, quindi?» era stata invece la domanda di Serena.
«Si, abbastanza.» aveva riposto Veronica. «Cioè non credo sia una questione di timidezza, diciamo che mi rispetta.» si era corretta.
«Insomma è un verginello.» aveva concluso la bionda.
Veronica quasi riusciva a vedere il suo stringersi nelle spalle.
«No! Non è un verginello!» rispose allora alzando gli occhi al cielo.
«Come vi siete salutati poco fa, quando ti ha riaccompagnata a casa?» chiese allora Serena, con il tono di chi sapeva di avere la prova decisiva a sostegno della propria tesi.
 
Lui era sceso dalla moto per accompagnarla al portone, come la volta precedente.
Si erano ritrovati uno di fronte all’altro, come la volta precedente.
Il viso di lui si era avvicinato, come la volta precedente.
Ma lei si era sporta verso di lui, quella volta.
Lei aveva fatto poggiato le mani su suo petto per non perdere l’equilibrio mentre si alzava sulle punte per baciarlo, quella volta.
Lui le aveva inclinato la testa con una mano fino a fargliela poggiare sulla sua spalla per poterla baciare meglio, quella volta.
 
«Ci siamo salutati per bene.» rispose Veronica, sorridendo al pensiero della mano di lui che le accarezzava i capelli della nuca, mentre sfiorava la sua lingua con la propria.
«Mmm» mugugnò Serena. «Vedremo, chi ha ragione.»
«Ma dici che Fede si è addormentata?» chiese a quel punto Veronica, con un accenno di risata nella voce.
«No, no! Sono sveglia!» esclamò in quello momento la diretta interessata. «Stavo solo pensando.» concluse a mo’ di spiegazione.
«A cosa?» le chiese Veronica, curiosa.
«State insieme quindi adesso?»
«Si.»
Ci fu una pausa, poi, nemmeno si fossero messe d’accordo, Serena e Federica esplosero nella migliore dimostrazione di euforia nella quale si esibivano da diverso tempo: urletti acuti e battiti di mani presero il sopravvento.
«Non vi ho detto ancora tutto!» le interruppe Veronica ridendo.
«Cosa può esserci ancora?» le chiese Federica riprendendo fiato.
«Io lo so!» esclamò allora Serena con voce maliziosa.
Veronica alzò gli occhi al cielo e fu certa che anche Federica stesse facendo lo stesso.
«No.» commentò solo la bionda, ponendo fine ai film mentali che sicuramente si stava facendo l’amica su lei e Gianluca che lo facevano nell’androne del suo palazzo. «Semplicemente Filippo ha invitato anche Gianluca al suo compleanno sabato.» rispose, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Ovviamente non lo era.
«Cosa?!» chiesero all’unisono le sue due amica. «Quando?» aggiunse Federica.
«Oggi pomeriggio, quando Gianluca è passato a prendermi, Filippo e Lorenzo stavano uscendo dalla casa del mio adorabile vicino e si sono avvicinati. Io ho presentato Gianluca come il ragazzo con cui mi stavo frequentando e lui l’ha invitato.»
Ci fu un momento di silenzio.
«Cioè Gianluca e Lorenzo si sono incontrati.» chiese Federica.
«Si.»
«E Lorenzo sa che voi due vi state frequentando?»
«Si.»
«E Gianluca è ancora vivo?» si intromise a quel punto Serena, guadagnandosi una risata da parte della mora ed uno sbuffo dalla bionda.
«Ma smettila!» fu l’unica risposta di Veronica.
«Tesoro scusami, ma da quello che ho potuto registrare l’ultima volta che ho visto Gianluca, se si dovesse arrivare alle mani, Lorenzo lo farebbe a pezzi.» commentò l’altra bionda.
«Lasciamo perdere, è un discorso completamente senza senso.» borbottò Veronica. «Piuttosto Gianluca non riesce a perdonare a Lorenzo la proposta che mi ha fatto, e non capisce il motivo per cui io invece l’ho fatto.»
«Raggio di sole, vedrai che quando vi vedrà insieme capirà che non potete non essere amici.» la rincuorò Federica con quella voce dolce che riservava alle sue amiche quando doveva convincerle che tutto sarebbe andato bene.
«Lo spero.» fu l’unico commento di Veronica.
«Anche perché se prova ad opporsi alla vostra amicizia, allora si che Lorenzo avrà tutto il diritto di spaccargli il muso.» fu invece quello di Serena, positiva come al solito.
«Bastaaa!» la voce di Veronica venne coperta dalla risata cristallina di Federica, cui poi si aggiunsero quelle delle altre due amiche.
Forse aveva Ragione Federica: tutto stava iniziando a trovare il suo posto nella vita di Veronica.
Per ora.
 
 
 
Capitolo che preparare un po’ la situazione che si verrà a creare nel prossimo, dove tutti questi “per ora” staranno un po’ stretti alla nostra Veronica. Alla fine ho deciso di descrivere la festa tutta nel prossimo capito, per non spezzarla e dedicare un po’ di tempo a Gianluca… ed a Lorenzo. Non avevo in programma di farli riappacificare così in fretta, ma Lorenzo ha praticamente vita propria ormai ed ha fatto quasi tutto da solo. Inoltre ci saranno presto nuovi scontri e non volevo avessero troppe questioni irrisolte su cui discutere. Quindi spero che questo capitolo vi sia piaciuto e mi farebbe davvero piacere ricevere i vostro commenti! :D spero di aggiornare entro domenica prossima e di non fare un altro ritardo del genere, scusate ancora!! Grazie a Fra1107 ed a Sonia88 che hanno aggiunto la storia alle seguite ed alle da ricordare!
Un bacione! Al prossimo capitolo!!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Fuochi d'artificio ***









Veronica era decisamente soddisfatta del risultato sortito dai numerosi sforzi di Serena. I suoi capelli, normalmente abbandonati al loro destino selvaggio, le ricadevano sul seno in ordinati boccoli che le davano un’aria angelica, anche grazie ad i suoi occhi azzurri, messi in risalto da un trucco leggero e dal colore del vestito, ed alle vaghe lentiggini che le davano un’aria sufficientemente sbarazzina. Non era certa di riuscire a contenere le urla dei suoi piedi, strizzati in un paio di decoltè nere in pelle dal tacco vertiginoso, ma avrebbe fatto in modo di coprirli con dei colpi di tosse all’occorrenza.
Anche le sue due amiche erano davvero splendide.
Serena, nel suo tubino beige, che le sottolineava le curve mozzafiato, aveva deciso di utilizzare un trucco un po’ più elaborato in modo da rendere i suoi occhioni nocciola in tutto e per tutto identici a quelli di un adorabile cerbiatta.
Federica non amava agghindarsi, quindi aveva deciso di lasciare tutto nelle mani di Serena…
«Ma sei impazzita!»
…e ovviamente la bionda ne aveva approfittato per sbizzarrirsi.
«Sembro un panda!» Federica continuava ad esprimere il suo dissenso a pieni polmoni, facendo sì che Serena non potesse davvero smettere di alzare gli occhi al cielo, come se la sua amica fosse stata ormai per lei un caso disperato.
«Dai Fede» Si intromise allora Veronica, sogghignando, «Non farla tanto lunga! Sei bellissima.»
L’effetto-panda che non andava a genio a Federica, consisteva in uno smokey eyes appena accennato, decorato con dei brillantini per richiamare la parte in tulle del suo vestito. L’effetto non era davvero niente male, rendeva i suoi occhi verdi magnetici, ma la mora continuava ad osservare dubbiosa la sua immagine riflessa.
«Non lo so.» disse ad un tratto, arricciando le labbra.
«E dai non rompere!» la interruppe Serena, gettando un ennesima occhiata al soffitto e sbuffando sonoramente. «Anche perché non abbiamo proprio il tempo di ricominciare tutto da capo» la guardò iniziando a battere il piede sul pavimento per farle capire quanto fosse vicina al perdere la pazienza e guardandola con disapprovazione. «va bene arrivare tardi perché tutti quelli che contano non sono mai puntuali, ma sono già le undici e mezza e non siamo ancora nemmeno uscite da qui.»
Questa volta fu il turno di Federica di sbuffare e dirigersi con passo strascicato fuori dal bagno per recuperare le sue scarpe nere dal tacco decorato con piccole borchiette argentate.
Veronica aveva chiesto a Gianluca di passare a prenderle in macchina, visto che i ragazzi erano con Filippo sin dal pomeriggio e si sarebbero recati al locale con lui, e non era il caso di farsi accompagnare dai genitori di Serena, per quanto la loro macchina fosse di tutto rispetto.
«Siete davvero bellissime!» esclamò Gianluca, vedendole uscire dal cancello della villetta di Serena. «Soprattutto tu. Senza offesa!» aggiunse all’indirizzo di Veronica, con un sorriso caldo che si apriva sul suo viso rassicurante.
«Nessuna offesa» rispose Federica, sorridendo.
«No, figurati» intervenne Serena sovrappensiero «Devo ammettere che ho fatto proprio un bel lavoro.» commento in fine, scoppiando poi in una risata cristallina e trascinando con se anche gli altri tre.
Anche Gianluca non era niente male. Indossava un paio di jeans ed una camicia nera che, assieme ad i ricci che gli ricadevano sugli occhi. gli dava un'aria da bello e dannato. Nonostante fosse tutto l'opposto di ciò che era realmente, l'atteggiamento gli donava, rivestendolo di un'aura di mistero che non gli era propria.
 
***
 
L’ingresso del King era gremito di gente nonostante la festa fosse iniziata ormai da un bel pezzo.
«Allora non scherzava il tuo amico quando ha detto che ci sarebbero stati tutti.» esclamò Gianluca uscendo dall’abitacolo della sua utilitaria.
«Filippo non scherza mai su queste cose.» rispose Federica al posto di Veronica, scuotendo il capo con un sorriso rassegnato.
«Questa sera ci sarà da divertirsi!» fu l’unico commento di Serena, prima di dirigersi ancheggiando verso l’entrata.
Le sue due amiche risero nel seguirla.
L’interno era ancora più affollato di quanto si aspettassero. Sembrava proprio che Filippo avesse invitato tutta la città
«Non lo troveremo mai.» strillò Veronica, avvicinandosi all’orecchio di Federica e strillando per farsi sentire al di sopra della musica assordante. L’altra annui di rimando.
Gianluca le prese la mano sorridendo e coinvolgendola nel suo sorriso.
«Bleah!» Strillò Federica guardandoli. «Mi farete venire il diabete. Io vado a prendermi da bere e poi a cercare quella ninfomane di Serena.» si voltò, ma poi sembrò ripensarci e tornò sui suoi passi. «Voi trovatevi un angolo buoi e appartato, si?» questa volta si allontanò davvero, dopo aver loro dedicato un sorrisone a trentadue denti con tanto di pollici all’insù a circondarle il viso.
Veronica e Gianluca si diressero invece verso uno dei divanetti disposti lungo il perimetro della pista.
Durante il tragitto a Veronica sembrò di scorgere una zazzera di capelli scompigliati decisamente familiare e si diresse in quella direzione, trascinandosi dietro Gianluca.
Al bancone si trovavano Filippo, Stefano, Giulio e Lorenzo, intenti a buttare giù alla calata un cicchetto di certo altamente alcolico, a giudicare dalle loro facce.
«Auguri!» esclamò Veronica, gettando le braccia al collo a Filippo e schioccandogli quello che, fuori da quel locale, sarebbe risultato un sonoro bacio sulla guancia. Filippo la strinse affettuosamente, ringraziandola.
Dopo che anche Gianluca ebbe avuto modo di fare i dovuti auguri al neo-maggiorenne, Lorenzo ordinò da bere per lui e Veronica.
«Due Blu Fresh per me e la principessa.» disse rivolto al barista per poi rivolgerle un sorriso sghembo.
Quando il ragazzo poggiò i due bicchierini sul bancone Lorenzo li prese e ne porse uno alla bionda. Veronica annusò il contenuto del suo, riconoscendo all’istante il pungente odore di menta: Lorenzo sapeva perfettamente quanto lei la amasse.
«Alle amicizie ricucite» esclamò Lorenzo alzando lo shot nella sua direzione. Veronica se lo portò alle labbra sorridendo e gettò la testa all’indietro nel mandarlo giù, sentendo subito una scia di fuoco consumarle la gola. Sbatterono il bicchierino sul bancone quasi contemporaneamente, per poi tornare alla conversazione con gli altri.
Veronica notò che Lorenzo rideva spesso, molto più del solito e si avvicinò a Giulio cercando di non farsi notare. Aveva visto la macchina del suo migliore amico parcheggiata fuori ed aveva un pessimo presentimento.
«Senti, ma come tornerete a casa?» chiese, rivolgendosi al ragazzo.
«Sta tranquilla» la rassicurò lui sorridendo «Siamo arrivati qui con la macchina di Lore, ma li riporto tutti a casa io, ho lasciato la mia macchina sotto casa tua.»
Veronica tirò un sospiro di sollievo e sorrise, tornando poi ad avvicinarsi a Gianluca. Non voleva lasciarlo troppo da solo con i suoi amici, in fondo li conosceva poco, anche se sembravano essersi trovati subito sulla stessa lunghezza d’onda. Questo le fece nascere un sorriso spontaneo e commosso che doveva farla sembrare davvero strana agli occhi dei suoi amici: i “Disadattati” erano ormai parte della sua famiglia e per lei era importante che andassero d’accordo con il suo ragazzo. La situazione non era troppo catastrofica nemmeno con Lorenzo, al contrario di quanto preannunciato dalle sue amiche. In realtà era da un po’ che lui continuava a fissarla con una certa intensità, cosa che, a lunga andare, fece comparire un timido rossore sulle guance di lei.
Quella sera era davvero bello. Indossava una T-shirt grigia che metteva in risalto i suoi occhi color del metallo fuso con sopra una giacca nera, elegante, che creava un contrasto della serie "Mi sono buttato addosso la prima cosa che ho trovato perchè non ho tempo per queste cazzate, tanto sono comunque il più figo in questa sala" e per finire dei jeans scuri che delineavano perfettamente, anche più del necessario, le gambe tornite. Ma la cosa più bella erano sicuramente i capelli: perfettamente spettinati, sembravano voler invogliare chiunque li guardasse a passarvi in mezzo le dita per saggiarne la consistenza. Il rossore sul viso di Veronica si accentuò inesorabilmente.
"Sto impazzendo" pensò, distogliendo lo sguardo e tornando a puntarlo sugli altri ragazzi.
 
***
 
Delle mani familiari stavano percorrendo la pelle infuocata delle sue cosce e la ragazza era praticamente in estasi. Di certo la lingua che continuava a stuzzicare la sua per poi accarezzarla, lasciva, non aiutava a mantenere la concentrazione. Le carezze sempre più audaci di quelle mani la costrinsero ad abbandonare la testa all’indietro, mentre il ragazzo davanti a lei andava a mordicchiarle il collo. Quando la bionda fu sazia di quelle attenzioni decise di prendere in mano la situazione e, trattenendo il moro per il bavero della giacca, lo costrinse ad alzare la testa dal suo collo, intrufolando poi la sua lingua curiosa tra quelle labbra perfette.
Le sue mani delicate erano ovunque, tanto che il ragazzo si lasciò sfuggire un gemito sulla sua bocca per poi artigliarle le cosce con le mani.
Era sempre così tra loro: una continua lotta a chi riusciva per primo a far perdere la testa all’altro.
Ed il risultato era sempre lo stesso.
La loro vicinanza era inversamente proporzionale alla loro sanità mentale.
Bastava un cubicolo di un bagno pubblico ed erano sempre pronti a fare scintille.
Si divoravano, si consumavano, fino ad averne abbastanza l’una del corpo dell’altro per resistere senza mangiarsi troppo con gli occhi fino al loro incontro successivo.
«Luca…» ansimò Serena quando le fu chiaro che non poteva, ne voleva, aspettare ancora.
E fu perfetto, come sempre.
I loro corpi si contrassero all’unisono fino a trovare il tanto agognato rilassamento negli angoli più reconditi dell’intenso piacere che li sommerse, insieme.
Luca, la fronte appoggiata al muro affianco al viso di lei, le accarezzo una guancia con una mano, cercando regolarizzare il respiro, per poi scendere fino al solco tra i seni e bearsi di quel cuore che continuava a lavorare ad un ritmo forzato, quasi a voler pompare più sangue possibile prima di arrendersi all’intensità di ciò che era appena successo e soccombere.
«Forse dovremmo tornare dagli altri» fu Serena a rompere il silenzio che si era venuto a creare, seppur con la voce ancora spezzata dal respiro affannato.
Luca sorrise per poi staccarsi dal muro e guardarla negli occhi con un sorriso malizioso a decorargli il viso bellissimo. Si allontanò da lei solo lo stretto necessario per darle la possibilità di muoversi.
Si rivestirono con calma, scambiandosi di tanto in tanto qualche occhiata complice ma rimanendo in silenzio.
«Senti Sere» quando si furono resi presentabili uscirono dal cubicolo e lui la osservò mentre si risistemava il trucco allo specchio, con i fianchi appoggiati al lavandino le braccia incrociate.
«Dimmi» rispose Serena, guardandolo solo di sfuggita, troppo concentrata sull’operazione che stava compiendo.
«Cosa sta succedendo tra Veronica e Lorenzo?»
Questa volta Serena si prese del tempo per rispondere: richiuse il mascara che stava utilizzando e lo ripose di nuovo nella borsetta, poi rimase qualche momento poggiata al lavandino con lo sguardo fisso sul suo riflesso, valutando cosa fosse il caso di dirgli e cosa no.
Luca, pensando che il suo silenzio fosse un modo per fargli capire che non aveva intenzione di dirgli nulla, le si avvicinò, per portarsi alle sue spalle e poggio anche lui le mani sul lavandino ai lati di quelle della ragazza.
«No vuoi dirmelo?» le chiese abbassandosi verso la sua spalla con le labbra, ma continuando a tenere gli occhi fissi nei suoi attraverso lo specchio. Ragion per cui fu in grado di vederla quando lei alzò gli occhi al soffitto sorridendo, prima di voltarsi verso di lui e poggiarsi al lavandino con il fondoschiena.
«Certo che voi ragazzi siete proprio ottusi» esclamò una volta che si furono trovati faccia a faccia, continuando a sorridere.
Per tutta risposta lui la guardò interrogativo, mentre una delle sue folte sopracciglia svettava verso l’alto.
La bionda sbuffò prima di accingersi ad impartire a Luca una di quelle lezioni sul mondo femminile che tutti gli adolescenti dovrebbero seguire prima di immergervisi, del tutto impreparati come erano soliti fare.
«Luca, non è difficile.» si interruppe non riuscendo a trattenersi dall’accarezzargli una guancia. Sentì sotto i polpastrelli la ruvidità della barba che iniziava a rispuntare prepotente attraverso quella pelle la cui consistenza avrebbe potuto riconoscere con precisione tra altre migliaia. Il suo sorriso si fece più dolce quando salì con le dita fino all’inizio della ruga di concentrazione che gli solcava orizzontalmente la fronte, come stesse ascoltando davvero la spiegazione di un qualche argomento astruso ed incomprensibile. «Sono innamorati.» disse con semplicità stringendosi nelle spalle.
Il moro spalancò gli occhi.
«Lore?!» chiese, per poi scoppiare in una risata che sfumò in un’espressione dubbiosa. «Tu non lo conosci! Lui non si innamora, è fatto così.» la ruga sulla sua fronte era diventata ancora più pronunciata.
Serena scosse la testa. «Io e Fede sospettiamo che lo siano da sempre. Lo so, lo so» lo interruppe prima che potesse intromettersi. «Dicono di essere solo amici. Ma tu e lei siete amici, lei e Stefano, lei e Giulio, lei e Filippo lo sono. Veronica e Lorenzo sono qualcos’altro.» si interruppe per circondargli il viso con le sue mani, troppo piccole e deboli per trattenerlo davvero. «Non li vedi, sul serio non li vedi? Loro hanno qualcosa. Lei, quando è con lui, è la vera Veronica, quella che normalmente mostra solo a me e Fede. E quando una ragazza si comporta allo stesso modo con un ragazzo e con le sue migliori amiche, beh…» si interruppe per staccare le mani da quel corpo caldo e poggiarle sul lavandino vicino ai suoi fianchi ed a quelle di lui. «Allora non può essere altro che amore.»
Luca la guardò basito, staccando le mani dal lavandino come se si fosse scottato.
«Credi che Lorenzo sia innamorato di Veronica?» le chiese ad ulteriore conferma. Lei non riuscì a trattenere una risatina e gli rispose a tono.
«Buongiorno!» per poi abbandonarsi ad una risata vera.
«Si certo, sfotti!» lui la guardò con rimprovero scuotendo il capo e fingendo di essersi offeso.
Poi il suo viso tornò improvvisamente serio.
«Mi sembra così strano.» affermò il ragazzo, pensieroso. «Insomma, io e Lore siamo uguali. Forse non ai livelli di Filippo, però ci piace divertirci» il suo sguardo verdissimo era perso nel vuoto come se si stesse rendendo conto solo in quel momento della realtà che si era venuta a creare. «E ora lui vuole mettere la testa a posto!» aggiunse con una smorfia.
La ragazza di fronte a lui scoppiò nell’ennesima risata, avviandosi verso la porta ancheggiando. Poco prima di uscire si voltò con un sorriso birichino a piegare le labbra carnose, lucide di gloss. «Benvenuto nel mondo reale, ragazzone!» lo prese in giro, affrettandosi a scappare ridendo nel momento in cui lo vide scattare nella sua direzione per afferrarla e, probabilmente, soffocarla a colpi di solletico.
Loro avevano ancora tempo prima di essere costretti a crescere.
 
***
 
La musica era davvero assordante. La sala, dal soffitto alto, era rettangolare ed il bancone del bar occupava tutta la parete a destra dell’ingresso. Federica stava giocherellando con la cannuccia del suo cocktail senza dare l’idea di volersi decidere a berlo.
«Cerchi compagnia? Ti va se ci troviamo un angolo?» sentì una voce alle sue spalle ed un forte odore di alcol, subito seguiti da una mano che si poggiava pesante sulla sua schiena. Si voltò di scatto con aria disgustata. Mentre la sua mano si alzava per stamparsi contro la guancia del ragazzo, riconobbe un volto sorridente dietro le spalle di quest’ultimo.
«Evapora Simò» disse Filippo allontanando il disturbatore dalla ragazza con uno strattone alla spalla ed avvicinandoglisi con volto minaccioso, senza però smettere di sorridere. L’altro gli diede una pacca sulla spalla e si diresse verso la pista, non senza gettare un’ultima occhiata a Federica.
«Grazie» disse questa all’indirizzo del biondo, gettandogli poi le braccia al collo per fargli gli auguri.
«Figurati Fede» rispose quello, una volta che si furono sciolti dall’abbraccio, scrollando le spalle con un sorriso. «Stai davvero molto bene questa sera» aggiunse poi titubante, sistemandosi il ciuffo che gli era ricaduto sull’occhio.
«Ma come siamo gentili!» scherzò lei ridendo, senza prenderlo affatto sul serio.
Anche lui rise, per poi avvicinarsi al suo orecchio per farsi sentire. «Ti va di accompagnarmi fuori a fumare una sigaretta?» le chiese.
Lei annuì e si alzò dallo sgabello per uscire, camminando dietro quella schiena ampia che le apriva la strada in mezzo alla calca.
Ritrovarsi all’aria aperta dopo tutto quel tempo passato a contendersi l’ossigeno perlomeno con un altro centinaio di persone fu davvero un sollievo. Si riempì i polmoni di quell’aria fresca e frizzante socchiudendo gli occhi per godere meglio di quel sollievo che la invase assieme alle profonde boccate. Si voltò verso l’amico, che si attaccava alla sigaretta con lo stesso trasporto che lei provava verso tutto quell’ossigeno completamente a sua disposizione.
Filippo la fissò con quei suoi occhi chiarissimi, sistemandosi poi il ciuffo con la mano sinistra e sorridendo.
«Sei strana sta sera» le disse lui, socchiudendo gli occhi per scrutarla con attenzione attraverso il fumo. «Sembri diversa.» continuava a fissarla in maniera insistente, come a cercare di carpire quel dettaglio che gli sfuggiva ma che le donava quel non so che di attraente.
Lei, a disagio per quell’indagine così accurata, abbassò lo sguardo verso le sue scarpe prima di rispondere.
«Serena si è messa in testa di volerci preparare, a me e Veronica, per questa sera.» iniziò con un sorriso rassegnato. «ed io ho fatto il grande errore di darle carta bianca.» scosse il capo, per poi tornare a guardare il ragazzo affianco a lei. «non uso mai un trucco così pesante, sembro un panda vero?» gli chiese con una smorfia, alla fine.
«No, no ma che dici?! Non era questo quello che volevo dire! Trovo che tu stia bene.» si affrettò a rispondere sbarrando gli occhi che sembrarono a quel punto ancora più chiari. «Sei diversa, ma sei bella.» aggiunse, sorridendo per rassicurarla. «Più donna.» fu il suo ultimo commento, espresso con fare esperto ed altezzoso, da grande intenditore.
Federica si mise a ridere, subito seguita anche da Filippo.
In quel momento un brezza leggera scompigliò i capelli di entrambi e provocò un brivido nella ragazza, che non passò affatto inosservato. Si trovavano a metà settembre, ma le temperature iniziavano già parzialmente ad abbassarsi, almeno di sera.
«Dai vieni qui.» le disse Filippo, tendendo verso di lei il braccio che non era intento ad avvicinare la sigaretta alle sue labbra. Poi, vedendo che lei non accennava a muoversi, aggiunse «Fede, non mi sembra corretto farti prendere freddo solo perché io avevo voglia di fumare.»
«Quanto la fai lunga, non ho freddo!» esclamò lei con un’alzata di spalle ed un sorriso.
«Devo dedurre che il brivido di poco fa fosse dovuto alla mia presenza e non al freddo?» la incalzò allora lui con un sorriso malizioso.
Lei sbuffò alzando gli occhi al cielo, prima di rispondergli per le rime «Si certo, la verità è che ogni volta che ti vedo il mio cuore esplode»
«Tranquilla» il tono del ragazzo voleva essere rassicurante ma il suo sguardo era troppo intenso per risultarlo davvero. «Faccio questo effetto a molte.» concluse la frase in bellezza con un’alzata di spalle.
«Ma smettila!» lo prese in giro lei, spintonandolo e ovviamente non riuscendo a smuoverlo nemmeno di un solo millimetro.
Il silenzio che seguì non fu di quelli imbarazzanti, tra amici non esistono silenzi imbarazzanti, fu piuttosto una sorta di pausa, nella quale entrambi si chiesero se fosse il caso di tornare dentro, visto che Filippo aveva finito la sua sigaretta, oppure se potessero permettersi ancora qualche minuto di calma, prima di doversi immergere di nuovo nella cofusione che regnava da sovrana del locale.
《Ci sono davvero tutti!》 Esclamò Federica ridendo.
《Mi piace fare le cose in grande, lo sai.》 Rispose allora l'altro stringendosi nelle spalle larghe e sorridendo.
《Certo, non si può dire che tu non ci sappia fare!》
A quella frase, detta senza malizia, il biondo rispose con uno sguardo ironico ed un sorriso sghembo. 《Decisamente non lo si può dire.》 Proferì, inumidendosi poi le labbra con la punta della lingua.
La ragazza di rimando alzò gli occhi al cielo e scoppiò in una fragorosa risata, subito seguita dall'amico.
《Sei proprio uno scemo!》 Lo riprese, senza riuscire a smettere di ridere.
《Avanti, me l'hai servita su un piatto d'argento!》 Replicò lui, piccato.
《Non c'è speranza di redenzione per te》 lo rimbottò lei con finta disapprovazione.
《Dici?》 Lui la guardò con un sorriso sghembo e le mani affondate nelle tasche.
Qualunque ragazza al mondo lo avrebbe trovato una visione, con quegli occhi talmente chiari da risultare trasparenti, quei capelli dorati e setosi che sembravano ancora più morbidi quando lui vi passava in mezzo le dita per ravvivarli, quelle spalle ampie e quelle braccia possenti messi in risalto dalla camicia che li fasciava perfettamente e quel torace ampio che si intravedeva dalla camicia più aperta del necessario, forse a causa di qualche ragazza troppo intrapendente. Federica si scoprì a fissarlo e, nel momento in cui rialzò lo sguardo, piantandolo nel suo, capì che lui ne ea perfettamente consapevole. Aprì la bocca, come per dire qualcosa, ma la richiuse quando si rese conto che non aveva nulla da dire.
E poi accadde.
Lui le si avvicinò ad ampie falcate e, quando si trovarono ad un passo l'uno dall'altra, le sollevò il viso con una mano dietro la nuca e sfiorò le sue labbra con le proprie.
Fu solo uno sfregamento, così delicato che, quando lui si fu allontanato, lei si ritrovò a dubitare che fosse avvenuto sul serio. Ma gli occhi spalancati di lui parlavano chiaro, ed anche il tono affrettato con cui le si rivolse《Forse dovremmo tornare dentro》 per poi avviarsi, quasi fuggire, appena la vide annuire.
 
***
 
Veronica si guardò intorno per rendersi conto che erano rimasti ormai in pochi: Federica e Serena le aveva perse all'inizio della serata e da un po' sembravano essersi dileguati anche Filippo e Luca. Così si erano ritrovati lei, Gianluca, Stefano, Giulio e Lorenzo, stravaccati su uno paio di divanetti, intenti a chiacchierare del più e del meno.
Ad un certo punto si avvicinò al loro gruppo una ragazza dai fiammeggianti capelli rossi, quasi quanto il suo viso.
«Hemm» iniziò titubante «Mi chiedevo» aveva l'aria di una che sarebbe svenuta da un momento all'altro, senza riuscire mai a riferire ciò che la tormentava in quel modo. «Bezzi...» si interruppe per prendere fiato «tiandrebbediballareconme?»
Rimasero tutti a guardarla dubbiosi, poi fu il diretto interessato a prendere la parola.
«Come scusa?»
"Sempre molto acuto, sul serio." si ritrovò a pensare Veronica, alzando un sopracciglio nella sua direzione.
«Si ecco» ricominciò allora la rossa, questa volta leggermente più calma. «Non è che avresti voglia di... hemm... ballare con me?»
A questo punto lui sorrise e si alzò, incamminandosi verso di lei con passo leggermente traballante.
«Certo, perchè no.»
Si diressero entrambi verso la pista sotto lo sguardo ilare degli amici del ragazzo.
Proprio in quel momento si fece largo tra la folla una federica decisamente scossa. Veronica si alzò, andandole in contro con la fronte aggrottata. «Ma cosa...?» la mora però non la lasciò terminare, prendendola per un braccio e trascinandola verso l'altra parte della sala.
il loro spostamento non passò inosservato ad un paio di occhi grigi appannati ma pur sempre vigili.
Un quarto d'ora e parecchi spintoni dopo si chiusero la porta del bagno alla spalle.
«Vuoi dirmi che è successo?» chiese la bionda mentre una ruga di preoccupazione veniva a crearsi tra le sue sopracciglia.
Federica si volto verso di lei prima di sganciare la bomba.
«Filippo mi ha baciata»
«Che cosa?!» le iridi celesti di Veronica si spalancarono tanto da dare l'idea che non si sarebbero mai più riuscite a chiudere di nuovo.
Ovviamente la reazione dell'amica era stata esattamente quella che si era aspettata.
«Per quale motivo?!» chiese ancora, incalzando la mora che si ostinava nel suo mutismo. «Voleva fare sesso con te?!»
«No!» rispose subito a quel punto «Lui... Boh non lo so!» si passo una mano tra i capelli, cercando di riordinare le idee. «Eravamo usciti perchè lui voleva fumare... poi... non lo so come è successo... non è stato nemmeno un bacio vero!» il racconto era stato frastagliato e solo alla fine Federica alzò gli occhi verso Veronica come a volerle chiede cosa significasse quel gesto.
«Cosa intendi con "Non è stato un bacio vero"?» le chiese diffidente.
«Non è stato un bacio bacio... è stato un bacio...» si interruppe, come a voler cercare il termine adatto. «da bambini delle elementari» concluse alla fine.
«Oh mio Dio» fece allora Veronica, coprendosi la bocca spalancata con una mano. L'altra annuì.
Se una bacio tra loro due era assurdo, un bacio da bambini delle elementari era praticamente fuori da ogni logica possibile.
Rimasero qualche tempo in silenzio, come a voler rielaborare i fatti.
«Torniamo di la?» chiese d'un tratto Federica, riscuotendosi. Poi si avviarono verso la porta, armandosi di coraggio per affrontare di nuovo quella marmaglia di gente che si frapponeva fra loro ed i "Disadattati".
Federica si fece largo quasi a gomitate, fino ad individuare la coda riccia di Stefano.
«Hei ragazzi, eccoci!» esclamò sorridendo.
Tutti si voltarono verso di lei, che vide gli occhi di Gianluca diventare subito dubbiosi.
«Veronica?» le chiese, scrutando alle sue spalle. Federica allora si voltò e si rese conto che effettivamente la sua amica non era più dietro di lei.
«L'avrò persa per strada in tutto questo casino.» disse ridendo nel voltarsi.
Ma il moro non sembrava convinto. «Vado a cercarla.» disse, prima di sparire tra la folla.
Federica lo guardò, per poi scrollare le spalle e rivolgere di nuovo la sua attenzione ai "Disadattati".
«Allora,» chiese «chi mi offre da bere?»
 
***
 
Si sentì trascinare per un polso mentre usciva dal bagno per dirigersi verso i divani dove aveva lasciato gli altri.
Quando si ritrovò con le spalle al muro ed un colpo caldo ed imponente premuto contro il suo, alzò lo sguardo ad incrociare ciò che temeva, ma in fondo si aspettava.
Due occhi grigi la fissavano dall’alto con quello sguardo che lei non sapeva ben definire e che aveva notato anche prima, vicino al bancone, e due braccia dall’aria dannatamente forte non le lasciavano alcuna via di fuga ancorandosi alla parete ai lati del suo viso.
«Lore dai,» cercò di scherzare lei, costringendo le sue labbra a piegarsi in un sorriso forzato. «Sei ubriaco»
Le sue mani strinsero la sua camicia, cercando di spingerlo via e risultando davvero esili, a confronto con quel torace ampio.
Lorenzo non rispose, limitandosi a poggiare la fronte contro quella di lei.
Era in trappola.
Era in trappola?
Prima che avesse il tempo di trovare una risposta una mano del ragazzo si staccò dal muro per accarezzarle il fianco sinistro e lui prese ad disegnare dei ghirigori immaginari sulla sua guancia destra con la punta del naso, fino ad arrivare alla pelle sensibile dietro l’orecchio e depositare li un bacio a fior di labbra. Il corpo della ragazza, completamente incapace di qualunque movimento, fu scosso da un brivido mentre Lorenzo continuava la sua discesa sul suo collo, questa volta sostituendo il naso con le labbra morbide. Contemporaneamente la mano poggiata sul suo fianco aveva iniziato una lenta e quasi impercettibile risalita, tanto che un pollice era arrivato a sfiorarle lateralmente un seno senza che quasi lei se ne accorgesse. Le mani di lei stringevano convulsamente la camicia sul petto indecise se avvicinarlo o continuare a respingerlo, finché lui tornò ad incrociare lo sguardo di Veronica. Lei si perse nelle iridi nebulose dell’amico, aveva paura anche solo di respirare e turbare così quella quiete che, se lo sentiva, poteva precedere solo una tempesta difficile da dimenticare, tanto da non accorgersi di quelle labbra ad un soffio dalle sue, così vicine da poter sentire il profumo di vodka alla menta che sprigionavano.
Un attimo prima che si toccassero il ragazzo si ritrasse guardandola sbalordito, come se si fosse appena svegliato da un sogno.
«Mi sono perso qualcosa?».



Mi scuso per il notevole e *cof cof*vergognoso*cof cof* ritardo... cercherò di non assentarmi più per tutto questo tempo! In realtà il prossimo capito è già pronto per metà, quindi non dovrei metterci molto a finirlo, studio permettendo. Vi anticipo che introdurrò un'altro personaggio, l'ultimo, e sarà fondamentale!
Bene, passiamo a questo capito decisamente... Denso. Dovevo pur farmi perdonare in qualche modo! Vi sprono come sempre a recensire per dirmi cosa ne pensate perchè per me sarebbe davvero d'aiuto! Un grazie calorossissimo anche a tutti i lettori silenziosi!
Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Novità ***









Grazie a Dalilah per questo Banner stupendo.
Grazie a Letmebemyself__ e nialller22 che hanno aggiunto alle preferite.
Grazie a cleofex, tadr96, so91bi, thebest89, sunny93, DeliveredMe e Psjco che hanno aggiunto alle seguite.
Grazie a Cardie9980, freakout, Letmebemyself__, Harriet_, Nidham, Parabates, Touen, tadr96, Lord Burton e Psjco che hanno recensito.
Ma grazie anche a tutti i lettori silenziosi, siamo arrivati alle 746 visualizzazioni! :')
Beh ora basta, vi lascio al capitolo.
 
 
 
 
Domani alle 17.00 a Le Cravatte, dobbiamo parlare.
《Cazzo.》 Un ragazzo dai capelli impossibilmente scompigliati lasciò cadere sul letto il braccio che aveva sollevato per leggere il messaggio e si passò una mano sul volto assonnato 《Bel casino.》
 
***
 
In una ventosa domenica mattina di settembre, Lorenzo mise piede fuori casa deciso a trovare una volta per tutte le parole da usare con Veronica quando il giorno dopo si sarebbero incontrati ed avrebbero finalmente potuto parlare di tutta quella faccenda.
Più volte era stato sul punto di desistere dal cercarle. Affidarsi all’improvvisazione era meno angoscioso; si sarebbe regolato al momento, in base a quello che lei avesse detto o non detto, oppure in base alle sensazioni che gli avrebbe dato vederla.
Parlare non era mai stato il suo forte e costringerlo a doverlo fare, da parte della sua migliore amica che lo conosceva così bene, aveva marcato un ulteriore punto di distanza tra loro.
Ancora non se ne capacitava.
Proprio per schiarirsi le idee quella mattina aveva deciso di andare a correre, cosa che ormai non faceva più da quando aveva fatto l’abbonamento in palestra, perché sperava che sentire l’aria fresca di settembre colpirgli la faccia lo avrebbe svegliato da quello stato assurdo nel quale versava da mesi: quel ragazzo non era lui, ormai nemmeno si riconosceva più.
Quello che non immaginava era di incontrarla fuori dalla porta di casa intenta ad uscire. Lo salutò con un «ciao» appena sussurrato senza nemmeno guardarlo.
Non riconosceva più neanche lei.
Era assurdo che avesse organizzato il loro incontro del giorno seguente, semplicemente perché loro non organizzavano il loro incontri: se uno dei due aveva voglia di vedere l’altro, bastava che uscisse di casa e suonasse un cazzo di citofono. Il loro era sempre stato un rapporto spontaneo, sebbene strano per lui. Lorenzo era abituato a relazionarsi in un solo modo con le ragazze che lo circondavano: due chiacchiere e qualche moina per farle contente, il “rapporto” vero e proprio e poi tanti saluti. Con Veronica non era mai stato così semplice. No, con Veronica semplicemente non era mai stato. Se n’era uscita con l’idea assurda di voler essere sua amica. Così erano diventati Lorenzo e Veronica. E lui si era trovato a dover fare i conti con tutto ciò che comporta l’essere amico di una ragazza: si insomma, sopportare i frequenti sbalzi d’umore e l’acidità improvvisa, “ascoltarla” mentre sproloquiava su cose che per lui non avevano nè una parvenza di senso, nè la minima importanza. Questo poteva definirsi davvero strano per uno che non si fossilizzava su nessuna ragazza e non aveva ossessioni ma solo passatempi nemmeno troppo interessanti. Insomma, era un ragazzo che voleva divertirsi. E invece si trovava ingarbugliato in un’amicizia con una di loro, e delle più difficili per giunta. Il problema però era che a lungo andare non aveva potuto fare a meno di accorgersi che Veronica era diventata una gran bella ragazza e non capitava di rado che, mentre erano sul letto di uno dei due a chiacchierare e lui iniziava una delle loro interminabili lotte di solletico, si ritrovasse con il suo amico ai piani bassi ben alzato sull’attenti e la sua unica salvezza era che ormai Veronica, nonostante tutti i racconti che le propinava sui suoi fine settimana, lo considerava talmente asessuato da non pensare nemmeno lontanamente che la vista di lei accaldata e con i capelli in disordine per il troppo solletico potesse avere su di lui un qualche effetto.
Alla fine però l’aveva fatto il passo falso. La sera dell’uscita dei quadri di quarto liceo. E da quel momento le cose erano degenerate. Avrebbe dovuto immaginare che Veronica non avrebbe mai accettato una cosa del genere. Lei era il tipo da ragazzo fisso e non da una botta e via con il suo migliore amico, e lui lo sapeva perfettamente. Ma doveva tentare, quella sera non aveva potuto farne a meno: era così bella nel suo vestitino bianco, con quei tacchi, mentre rideva e si divertiva, che evitare di dare voce ai suoi pensieri avrebbe costituito una vera e propria violenza su se stesso. A volte gli era saltata in mente l’idea che lei potesse essere quella che l’avrebbe finalmente convinto a legarsi, esattamente come l’aveva praticamente costretto a quella loro amicizia. Ma poi si ripeteva che erano sempre stati amici e lei non voleva nulla di più. Tutto sommato anche a lui andava bene così: lui, Luca e Filippo avevano prestato solenne giuramento di non fidanzarsi prima dei venticinque anni e non sarebbe stato lui il primo a disattendere la parola data. La scusa ufficiale era che doveva conoscere bene il mondo femminile prima di decidere cosa gli piaceva, ma la verità era che aveva una paura nera. Era bombardato da storie di ragazzi che non facevano altro che soffrire e lamentarsi per le loro pene d’amore e lui era intimamente terrorizzato all’idea di diventare come loro. Ma forse, senza nemmeno rendersene conto, lo era già da molto tempo perché la situazione nella quale si trovavano lui e Veronica lo faceva star male. Per quanto non avrebbe mai permesso a se stesso o, peggio, a qualcun altro, tantomeno a lei, di accorgersene. Non era semplice mettere ordine tra tutte le sensazioni che provava, ma quella prevalente era sicuramente la rabbia. Era arrabbiato perché tra loro non erano mai esistiti veli o argomenti tabù: parlavano di qualunque cosa e nessuno dei due si era mai posto problemi sul comunicare all’altro ogni pensiero nel momento esatto in cui l’avesse pensato mentre invece ora lui lo stava facendo. Lo faceva dal giorno in cui era successo il fattaccio. Non faceva altro: pensava a frasi da dirle per poi scartarle e ricominciare da capo. Era arrabbiato perché lei aveva permesso che quello stesso rapporto di amicizia, che aveva definito più volte come la sua ancora di salvezza, venisse stroncato dalle poche parole pronunciate nella sua macchina quella sera. E il dubbio che in realtà lui non fosse davvero così importante per Veronica come credeva, beh, anche quello lo faceva arrabbiare.
Forse non era rabbia quella che provava, era solo delusione, perché infondo, nonostante fosse una vera rottura, si era affezionato a quella ragazzina, alle loro serate a casa di uno dei due a guardare film stupidi o vomitevolmente romantici ed a mangiare schifezze.
In quel momento imboccò di nuovo la sua strada. Arrivato all’altezza delle loro due case gli sembrò di sentire delle voci ed alzò gli occhi. Gli si parò davanti la scena di Veronica che invitava Gianluca ad affrettarsi ad entrare visto che sua madre aveva già apparecchiato la tavola per il pranzo. Lei si chiuse la porta alle spalle senza degnarsi di salutarlo e lui entrò nel suo palazzo per poi sbattere la porta del suo appartamento con più violenza del normale. Fantastico, avrebbe dovuto rinunciare anche ai pranzi a casa di Veronica! Salutò con un grugnito sua madre e corse a farsi una doccia prima che potesse iniziare a tartassarlo di domande sul perché non fosse andato a pranzo dalla sua migliore amica quella domenica come faceva di solito.
A conti fatti il risultato della mattinata era abbastanza deludente: non aveva ancora nemmeno la più pallida idea su cosa avrebbe detto a Veronica la mattina successiva, ma di certo non si sarebbe scusato per aver preso a pugni il suo ragazzo.
 
《Mi sono perso qualcosa?
La voce che aveva interrotto il loro momento, quel loro momento, li aveva fatti sobbalzare.
Veronica era stata la prima a voltarsi, al contrario Lorenzo era rimasto con lo sguardo fisso sul suo volto per osservarlo meglio mentre il senso di colpa si faceva spazio tra quei lineamenti semplicemente bellissimi.
《Gianni...》 la biondina era evidentemente in difficoltà, non sapeva che dire.
In realtà non c'era nulla da dire, non avevano fatto nulla.
Più o meno.
《Senti...》 Lorenzo si era interrotto, aggrottando le sopracciglia, poi aveva rinunciato a qualunque cosa stesse pensando. 《Coso》 si era allontanato da Veronica per avvicinarsi al moro, cercando di sembrare meno minaccioso possibile. 《Non è successo niente ok? Stavamo solo... Chiarendo alcune cose, ecco.》
《Avete uno strano modo di chiarire.》 Aveva replicato l'altro 《Tanto per sapere, chiarite sempre così?》
《Non stava succedendo niente...》 aveva provato ad intervenire Veronica con voce flebile, senza però riuscire a muovere nemmeno un solo passo, utilizzando ormai il muro al quale era rimasta appoggiata come unico sostegno, un po' perchè il suo cuore non aveva ancora ripreso a battere ad un ritmo normale dopo l'insolita vicinanza con Lorenzo ed un po' perchè non aveva mai visto Gianluca così arrabbiato.
《Ok, allora facciamo così.》 L'aveva interrotta il biondo, passandosi una mano tra i capelli. 《Qualunque cosa tu abbia visto è stata colpa mia. L'ho colta di sorpresa e le ho impedito di seguire Fede, l'ho inchiodata e mi sono avvicinato troppo.》
《Ti diverti vero?》 Aveva chiesto allora Gianluca, guardandolo con tanto astio che aveva sentito Veronica dietro di lui inspirare bruscamente.
《Come scusa?》 Gli aveva chiesto allora Lorenzo di rimando, sgranando leggermente gli occhi.
Lo sguardo di Gianluca era diventato, se possibile, ancora più freddo, poi aveva ripreso a parlare, avvicinandosi fino ad occupare con i suoi occhi tutto il campo visivo del biondo. 《Tratti le ragazze come se fossero dei giocattoli, come se tutto il mondo fosse una tua proprietà, comprese loro. Ma non ti permetto》 nel pronunciare queste parole gli aveva puntato un dito contro il petto. 《Di trattare la mia ragazza come una qualunque delle troiette che ti porti al letto.》
《Tu non sai niente di me e Veronica.》 Aveva risposto allora l'altro scandendo bene le parole e scansando con un gesto brusco la mano che lo stava indicando per avvicinarsi ancora di più, questa volta con fare decisamente minaccioso.
《So quello che mi ha detto lei e mi è bastato.》
《Ti è bastato per cosa, esattamente?》
《Per capire che sei solo un ragazzino viziato che pensa di avere il mondo intero ai suoi piedi.》 Dopo questo commento il moro sembrava aver recuperato un po' del suo contegno e si era allontanato. 《Ti comporti in questo modo perchè pensi che ti dia un qualche potere sulle ragazze, cosa che ti fa sentire adulto e desiderabile, ma la verità è che loro, di quelli come te, nemmeno si ricordano. E questo ti rende solo un piccolo illuso perchè per te finirà sempre così: arriverà ogni volta qualcuno come me che mostrerà alla ragazza del momento che razza di persona sei.》
Lorenzo era rimasto a guardarlo per qualche momento stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche e sentire le unghie conficcarsi nei palmi. Se gli occhi fossero stati capaci di uccidere, Gianluca sarebbe già crollato steso per terra, immobile.
《Stai parlando di cose che non conosci.》 Aveva replicato Lorenzo, con la voce che tremava dalla rabbia.
《Invece quelli come te li cono...》 il moro aveva provato a dire qualcosa, ma era stato bruscamente interrotto dall'altro, che lo aveva preso per il colletto della camicia.
《Tu. Non. Sai. Come. Sono. Io.》 Aveva quasi gridato. 《Ora ti spiego cosa farai: smetterai di fare lo psicologo di merda e mi dirai velocemente cosa cazzo vuoi da me, a parte rompermi le palle, perchè non ho tempo da perdere.》 Poi lo aveva scrollato, continuando a tenerlo per la camicia.
《Sta' lontano da lei.》 Quella breve frase, detta da Gianluca con semplicità, era bastata.
È così che era successo.
Lorenzo l'aveva lasciato bruscamente allontanandosi un poco con una risata gelida appena accennata per poi caricare il braccio destro e mandarlo a colpire con quanta più violenza possibile la mandibola del ragazzo davanti a lui, che si concesse qualche istante chino su se stesso per assorbire il colpo, prima di raddrizzare la schiena e tornare a fronteggiare l'avversario.
A quel punto Veronica si era avvicinata ai due, frapponendosi fra loro e guardando l'amico con gli occhi simili a scheggie di un cielo in fiamme.
《Lascialo in pace.》 Aveva sibillato, cercando di spostarlo con uno spintone che il ragazzo quasi non aveva sentito.
《Vaffanculo. Ti basta come risposta?》 Aveva chiesto Lorenzo a Gianluca, ignorando il dolore lancinante alla mano, per guardarlo negli occhi senza alcun segno di debolezza, e anche la ragazza che gli si era parata davanti.
Gianluca a quel punto si era spostato davanti a Veronica, come a volerle fare scudo con il proprio corpo da un immaginario nemico invisibile, che sicuramente, a giudizio di Lorenzo, non poteva essere lui.
《Non me la porterai via.》 Aveva risposto Gianluca ostentando una sicurezza tradita solo dall'inquietudine che gli si leggeva negli occhi.
《Non è mai stata tua.》 Il tono di Lorenzo era risultato più deciso.
Era sempre stato bravo a dissimulare.
《Lorenzo stanne fuori.》 Aveva provato ad intervenire Veronica da dietro le spalle del suo ragazzo.
《Forse no, ma almeno io sto provando a farla mia nel modo giusto.》 Aveva replicato invece Gianluca.
 
***
 
Il nome della birra dice molto sul suo proprietario. E' un po' come quando si parla delle scarpe per le donne.
Giulio prendeva sempre la Ceres, non è ne troppo alcolica, ne troppo amara, insomma una birra leggera, per chi non è abituato a bere e non predilige i sapori troppo forti.
Stefano amava la Nastro azzurro, forse perchè, pur non essendo troppo amara, ha un grado alcolico discreto, che non guasta ed è accompagnato da un gusto gradevole.
Luca era l'unico che beveva la birra alla spina dato che non riusciva a fare a meno della Heineken, che in bottiglia è troppo gasata, mentre al bicchiere raggiungeva "il perfetto numero di bollicine" a suo parere.
Nessuno di loro, amanti dei sapori non troppo pungenti, era ancora riuscito a comprendere come facesse Filippo a bere la Beck's, una di quelle birre che, se non sei abituato, al primo sorso ti fa strizzare occhi e labbra ed il cui retrogusto permane parecchio tempo sulla lingua, interferendo con qualunque altra cosa.
L'unico che riusciva a capire Filippo era Lorenzo con la sua Tennet's rigorosamente ghiacciata, forse non amara quanto la beck's ma quasi e con un'elevata gradazione alcolica.
Erano seduti al solito tavolo, nel solito pub, il "Jaison's", a sorseggiare la solita birra. D'altronde era domenica sera, ormai quella della birra di domenica sera era diventata una tradizione, tant'è che sul tavolo di legno del pub avevano inciso con una chiave la parola "Disadattati".
《Veronica ha detto che vuole parlarmi.》 esordì Lorenzo.
La tradizione della birra della domenica sera non era una cosa da uomini. O meglio, era una cosa da donne travestita da cosa da uomini. Era un pigiama-party senza pigiama e senza party ma con tutti gli annessi e connessi: le confidenze.
《Parlarti?》 replicò Luca con una smorfia.
《Si Lu', sai quando una ragazza smette di pomiciare ed inizia ad utilizzare la bocca per fare altro?》 Giulio lo guardò con scherno, prendendolo in giro.
《Io quello non lo chiamo parlare.》 rispose Luca con una scrollata di spalle ed un sorriso malizioso.
Gli altri quattro scoppiarono a ridere.
《Dai, non intendevo quello!》 riuscì finalmente a dire Giulio, tra le risate.
《Le ragazze sono proprio fissate con questa cosa delle parole, eh?》 si intromise a quel punto Stefano sarcastico, scuotendo il capo con rassegnazione al pensiero dei suoi amici-scimmioni che non sarebbero riusciti a fare un discorso serio e sensato nemmeno volendo.
《Lo so!》 esclamò Lorenzo sbarrando gli occhi come se davvero non capisse cosa ci trovassero le ragazze di così attraente in tutti quei discorsi.
《Lasciamo perdere.》 rinunciò Stefano con una breve risata.《Possiamo sapere come mai vuole parlarti?》
《Ecco》 Iniziò Lorenzo guardando la birra poggiata sul tavolo e stretta tra le sue mani. Prima di ricominciare a parlare ne prese un lungo sorso e si passò la lingua sulle labbra, poi, con un sospiro, lo disse.《Diciamo che potrei aver accidentalmentetirato un pugno piccolo, piccolo a quel Gianluca.》
《Il che tradotto significa che gli hai fracassato la mandibola, probabilmente.》 lo corresse Giulio, guardandolo attraverso le lenti degli occhiali con un certo rimprovero.
《Mi ha fatto incazzare, ok?》 Lorenzo alzò lo sguardo infuocato dal tavolo per puntarlo sui suoi amici.《Ha cominciato a sparare stronzate sul fatto che sono un ragazzino viziato e che tratto Veronica come un oggetto... Veronica capite? Lui voleva proteggere la mia Ronnie da me! Lei è l'unica che io non abbia mai... L'unica che possa... Lei è lei!》 concluse esasperato sbattendo una mano sul tavolo per poi passarle entrambe tra i capelli.
《Arguto.》 lo prese in giro Stefano, alzando la birra nella sua direzione, come a voler brindare alla sua loquacità.
《Cazzo.》 disse invece Luca.
《Che c'è?》 Gli chiese Lorenzo con voce roca, decidendo di lanciare all'altro solo un' occhiata in tralice.
《Niente, niente》 si affrettò a rispondere Luca.《Stavo solo pensando.》 liquidò la faccenda con un gesto della mano, prendendo un sorso di birra.
《Comunque.》 Lorenzo si arrese davanti all'impossibilità di capire i suoi amici e decise di tornare al problema principale. 《Cosa le dico?》 Chiese passandosi una mano tra i capelli, per l'ennesima volta, e prendendo un sorso di birra.
《Perchè l'hai picchiato?》 Gli chiese Giulio.
《Ma non mi ascolti?! Lui stava...》 iniziò il ragazzo ma venne interrotto.
《E allora dille quello che hai detto a noi.》 Disse con semplicità come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
《Cioè dovrei semplicemente dire la verità...》 si ritrovò a riflettere Lorenzo, tornando ad osservare con sguardo pensieroso la bottiglia.
Stefano si passo una mano sul viso pero poi girarsi verso Giulio e sussurrargli 《Questo qui non è mica tanto normale》, frase alla quale l'altro rispose scuotendo il capo, afflitto.
《Filì ma che hai? Sei silenzioso.》 Luca interruppe il silenzio che si era venuto a creare guardando l'amico, dubbioso.
Il biondo si sistemò il ciuffo con una mano, prese un altro sorso di birra e poi spostò lo guardo da Luca a Giulio.
《Ho baciato Federica.》 Disse solo, con voce atona.
Ma lo sguardo no, quello sguardo non era affatto piatto, era quanto di più tormentoso i suoi amici avessero mai visto: i suoi occhi chiarissimi erano socchiusi in un espressione sofferente e le pupille erano quelle dilatate di un animale braccato.
Voleva bene a Giulio.
Tutti loro si volevano bene, anche se non stavano li a ripeterlo come erano solite fare le ragazzine, ma tutti loro si consideravano fratelli.
E quello era palesemente un atto di alto tradimento.
《Giulio...》 quello alzo una mano, come a volerlo far smettere, ma l'amico continuò, imperterrito. 《Mi dispiace, io...》 il biondo non sapeva che altro dire, non esistevano parole sufficienti per scusarsi, così lasciò la frase in sospeso.
《Non ha importanza, sul serio, va bene così.》 Replicò allora l'altro con un sorriso tirato, interrompendo quel silenzio che iniziava a farsi pesante.
《No che non va bene!》 La voce di Filippo, da quel flebile sussurro che non gli appareneva con cui aveva cercato di scusarsi, diventò un ringhio basso e arrabbiato, di una rabbia rivolta solo ed esclusivamente a se stesso.
Perchè Federica era da sempre off-limits per tutti.
Perchè non si desidera la donna di un fratello.
E lui lo sapeva.
Terminò la sua birra con un ultimo, lungo sorso e si alzò dalla sedia con un movimento brusco.
Poi abbandonò il pub senza una parola, incurante degli amici che gli intimavano di tornare indietro.
il silenzio che seguì non piacque a nessuno.
《Ragazzi》 disse finalmente Giulio, alzandosi dal tavolo.《Io vado a casa. Stè, mi dispiace...》 disse con lo sguardo basso.
《Non preoccuparti, lo riaccompagno io.》 Si intromise Lorenzo, resuscitando dal letargo che era seguito all'illuminazione del secolo.
《Si, certo, non preoccuparti, non c'è problema.》 Rispose invece Stefano, tenendo gli occhi preoccupati fissi sul moro.
Questi annuì per poi salutarli con un gesto della mano e sparire.
Non c'erano mai stati così tanti momenti di silenzio nelle loro serate, nonostante le innumerevoli confidenze, alcune davvero assurde.
E Luca non era decisamente il tipo che poteva gradire il silenzio.
《Ma solo io mi sono limitato a fare sesso ieri sera?》
L'unico commento di Filippo fu un'amara risata.
《Alla tua allora.》 disse invece Lorenzo, alzando la bottiglia verso l'amico.
 
***
 
《Sere, ma dove sei? Sarà mezz'ora che ti aspetto!》 Federica era seduta su quella panchina, a suo parere, da così tanto tempo che ormai poteva tranquillamente confondersi con gli alberi del parco.
《Giuro che sto arrivando!》 Rispose l'altra, dall'altro capo della cornetta.
《Lo spero per te perchè, se non porti la tua chioma bionda qui subito, appena ti vedo ti faccio male.》 il tono della mora si era fatto piuttosto minaccioso.
《Tu dove sei?》 chiese Serena ignorando completamente la sua minaccia.
《Ma come dove sono?! Al parco!》
《Si va bene, ma in che parte del parco?》
Federica si guardò attorno, cercando dei punti di riferimento, ma vedeva solo alberi.《Aspetta, al momento sono su una panchina in mezzo al nulla. Vado vicino alla fontana al centro così mi vedi sicuro.》 Quasi non riuscì a terminare la frase che l'altra la interruppe, frettolosa.
《Rimani in linea, ho un'altra chiamata.》
《Cosa? No, no, no! Serena, concentrati! Devi prepararti e venire qui.》
Ma l'amica aveva già sospeso la comunicazione ed il suo orecchio era già stato invaso dalla fastidiosa musichetta di attesa.
Non le chiuse il telefono in faccia solo perchè voleva avere la possibilità di insultarla per bene una volta che avessero ripreso la conversazione.
《Ok, girati.》 Improvvisamente la musica si era interrotta e la voce di Serena aveva di nuovo attirato la sua attenzione.
《Oh final...》 iniziò a dire con rabbia, voltandosi ed alzando vistosamente gli occhi al cielo.
I suoi occhi però non si scontrarono con la figura della sua migliore amica ma con quella di qualcuno che mai si sarebbe aspettata di incontrare in quel parco.
《Sorpresaaaaaa!》 Aveva esclamato Serena, percependo il silenzio dall'altra parte ed interpretandolo come la conferma che i due dovevano essersi incontrati.
Federica fu capace solo di chiudere la chiamata e riporre il telefono nella tasca della giacca.
Poi sul suo viso esplose un sorriso di quelli che non si dimenticano facilmente.
L'espressione del ragazzo davanti a lei era lo specchio della sua.
Quando aprì le braccia in un silenzioso invito lei vi si fiondò senza alcuna remora, come se il tempo dal loro ultimo incontro non fosse mai trascorso.
《Pensavo saresti arrivato solo tra una decina di giorni.》 Disse, quando il suo cuore ebbe ripreso a battere ad un ritmo normale.
《Infatti. Diciamo che i miei sono venuti a sistemare alcune cose per la casa e io ho pensato di farti un'improvvisata.》 La voce di Giuseppe era calda e profonda come la ricordava, il suo abbraccio avvolgente e sicuro come era sempre stato. 《Sei contenta?》 Le chiese, scostandosi da lei solo per guarare quel volto che sembrava stato creato per adattarsi perfettamente alle grosse mani che in quel momento finalmente potevano circondarlo.
In tutto avevano passato insieme due settimane.
Si erano visti solo due volte perchè lui abitava in Sardegna mentre lei in una piccola citta sulla costa Adriatica e quindi per due liceali era piuttosto difficile da coprire come distanza, così avevano sopperito a questa mancanza con ore ed ore passate su Skype ed al telefono, senza però davvero ufficializzare mai la loro relazione.
Ma Federica era convinta che fosse come se si conoscessero a sempre.
Di certo lui sapeva tutto di lei.
È risaputo che da sempre è molto più facile aprirsi con persone che non fanno parte della nostra vita quotidiana. In rete si istaurano rapporti spesso più veritieri di quelli che saremmo portati a chiamare reali. Rimane semplice dire tutta la verità su ciò che proviamo a persone che non ci possono giudicare perchè non ci conoscono. Lo schermo del computer o del cellulare ci protegge, ci permette di esporci senza davvero esporci, di dire ciò che pensiamo realmente senza preoccuparci delle conseguenze perchè tanto in qualche modo non siamo davvero noi, eppure allo stesso tempo lo siamo più del solito. È come se fosse una seconda vita, ma una vita che abbiamo costruito noi da zero e che quindi corrisponde alla vita che vorremmo.
Una vita in cui non dobbiamo più fingere di essere ciò che gli altri vogliono che siamo.
Ma non è una finzione anche questa? Non stiamo convincendo noi stessi di essere migliori e più coraggiosi di quanto non siamo in realtà?
Allora la domanda sarrebbe: è meglio fingere con gli altri o con se stessi?
Non c'è una terza possibilitá? Non si potrebbe semplicemente essere noi stessi ed esserlo per davvero?
Federica non era ancora arrivata ad una risposta, ma aveva deciso di fidarsi di Giuseppe e questo, per il momento le bastava.
Per questo alzò il volto verso quello del ragazzo e disse: 《Certo che sono contenta!》 con la voce tremante dall'emozione, nel vedere di nuovo dal vivo quegli occhi grandi e castani, quei capelli lisci e corvini, quelle labbra sottili ma tanto, tanto calde, quella mandibola squadrata e forte, quei lineamenti che ormai da due anni addolcivano i suoi sogni.
《Che dici, ti va se ci andiamo a prendere una cioccolata calda?》 Chiese lui con un sorriso, prendendola per mano ed avviandosi verso l'uscita del parco.
Lei non si mosse pur continuando a tenergli la mano per trattenerlo.
《Giusy!》 Lo richiamò, usando quel soprannome che sapeva quanto lui detestasse.
Infatti Giuseppe si stava voltando con una bella espressione di finto rimprovero quando fu investito da qualcosa di decisamente soffice.
Quando le loro labbra si toccarono Federica sentì una serie di brividi percorrerle tutto il corpo. L'elettricità, da sempre presente tra di loro, non si era affatto sopita, anzi.
《Allora, questa cioccolata?》 Chiese lei con un sorriso smagliante appena si furono allontanati.
Lui la prese di nuovo per mano scuotendo il capo e sorridendo, per avviarsi verso il bar più vicino.
 
《Allora, ti piace il mio mondo?》 Chiese Federica d'un tratto.
Erano in uno dei bar migliori della citta, davanti a ciò che restava di due cioccolate calde ed una serie di biscottini squisiti, ed avevano passato l'ultima ora ridere e scherzare, chiacchierando del più e del meno.
《In realtà non ho ancora avuto modo di visitare la città.》 Rispose Giuseppe, finendo la sua cioccolata.
《Questo non va per niente bene!》 Esclamò allora Federica 《si da il caso, però, che io sia un'ottima quida turistica e che quindi tu sia un ragazzo davvero fortunato.》 Concluse con un'espressione soddisfatta, alzandosi dalla sedia ed indossando la giacca.
《Dove andiamo?》 Le chiese lui, guardandola divertito ed iniziando anche lui a ricomporsi.
《Vedrai!》 Rispose lei con un sorriso furbo.

Lo aveva portato a visitare tutti quei luoghi della città che avevano avuto un ruolo fondamentale nella sua vita.
La zona pedonale dove aveva imparato ad usare la bicicletta.
La scuola di danza dove aveva passato moltissimi pomeriggi della sua infanzia a sognare di diventare ballerina.
Il bar dove lei, Serena e Veronica avevano fatto le loro prime, lunghissime chiacchierate.
La panchina sul lungomare dove, tremante dall'emozione, aveva dato il suo primo bacio.
La scuola elementare dove aveva passato momenti indimenticabili, ancora ignara di quanto "il mondo dei grandi" fosse difficile.
Giuseppe l'aveva abbracciata, l'aveva tenuta per mano, l'aveva ascoltata e le aveva parlato di se.
Le aveva detto che si sarebbe davvero divertito a vederla da bambina mentre, imbranata, imparava a pedalare.
Che se fosse diventata una ballerina famosa, anche a costo di fare le elemosina, non si sarebbe perso nemmeno uno dei suoi spettacoli.
Che non vedeva l'ora di conoscere Veronica e Serena, sapendo quanto fossero importanti per lei.
Che avrebbe dato qualunque cosa per poter tornare in dietro nel tempo ed essere lui il primo a conoscere le sue labbra.
Che con lui sarebbe stata sempre al sicuro, lui avrebbe fatto di tutto per renderle "il mondo dei grandi" anche solo un po' meno difficile.
E lei gli aveva creduto, si era aggrappata alle sue parole tanto quanto alle sue spalle quando, una volta arrivati davanti a casa di lei, si erano baciati per un tempo che le era parso infinito.
Solo dopo, quando fu nel suo letto, Federica si permise di pensare a ciò che era successo la sera precedente.
Doveva dirlo a Giuseppe?
Quel pomeriggio si erano comportati esattamente come se stessero insieme, ma non riusciva a capire se ciò che era successo con Filippo potesse considerarsi un tradimento.
Continuava a rigirarsi tra le coperte, ormai aggrovigliate quasi quanto i suoi pensieri, senza riuscire a venirne a capo.
Ma la realtà era che nel profondo di se stessa, in quella parte del suo cuore che odiava, quella che moriva al pensiero di perderlo, aveva già deciso che la festa sarebbe presto finita nel dimenticatoio.
E' strano il modo in cui i frammenti della nostra vita che ci risultano scomodi trovino spesso il loro posto in quel luogo non ben definito ma decisamente gigantesco, per poi riaffiorare nel momento meno opportuno, proprio quando pensavamo di averli ormai rimossi.
Nessun istante viene davvero dimenticato, ognuno di loro rimane lì ad osservarci, in attesa di adempiere alla sua funzione.
 
 
 
Ho abbandonato la mia Veronica in questo capitolo per concentrarmi su Lorenzo, ma anche su Federica, Filippo, Giulio e... Giuseppe! Ta-daaaaaaan! E' arrivato in città signore e (se ci sono) signori! E darà a Filippo davvero del filo da torcere, anche se probabilmente non come immaginate voi.
Come sempre spero che mi farete sapere cosa pensate della storia!
Un bacione, alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Ricordi. ***









Grazie a elismilepepapiggracevelynleonedifuocoAbigayleWoodcascata_di_luceMarleneGinger__TrueColorwarriorprincessIta rbhemmomarryme_xx che hanno aggiunto la storia alle seguite;
Grazie a Evelyne13 che ha aggiunto la storia alle ricordate;
Grazie a deeeeeeeo che ha aggiunto la storia alle preferite;
Grazie a Letmebemyself__Gracevelyn (alla quale sono dedicati i flashback di questo capitolo su Veronica e Lorenzo!), AbigayleWood__SilTrueColorIta rbAthena Nike Parthenos che hanno recensito.
 
 
 
25 Dicembre 2013
Non amava il Natale. O meglio, aveva amato il lato commerciale della festa, i regali, Babbo Natale, le luci, l'albero, la famiglia riunita, i pranzi, le cene. Ma non considerava il 25 Dicembre come il compleanno di Gesù ormai da qualche tempo.
Da quando suo padre era scappato, però, del Natale che amava non era rimasto nulla. In realtà del Natale in generale non era rimasto nulla.
Era diventato un giorno come un altro, un normale pranzo con i parenti.
Dopo il Natale del 2011 poi, non aveva voluto partecipare nemmeno più ai fintissimi pranzi di famiglia, trascorsi assieme a persone che vedeva a malapena una volta l'anno e che la trattava come se fosse da sempre la loro bambina.
Veronica si ritrovò a sbuffare sonoramente seduta a braccia conserte sul divano di casa sua, davanti ad una ciotola di pop corn e l'ennesima riproposizione di "Mamma ho perso l'aereo" che detestava da morire ma si ritrovava a guardare di nuovo ogni anno.
《Oddio, ma questo coso ogni anno che passa fa più schifo!》 esclamò Samanta abbandonando il capo all'indietro sullo schienale del divano.
Veronica prese ad annuire con foga.
Erano le dieci di sera ed entrambe le sorelle si ritrovavano stravaccate sul divano, mentre Stefania lavava i piatti.
《Beh io mi vado a vestire!》 Disse d'un tratto Veronica, alzandosi finalmente da quel divano che ormai aveva preso la forma del suo corpo.
《Esci?!》
《Chi sei tu?!》
Esclamarono rispettivamente Sefania e Samanta guardandola ad occhi sbarrati.
Se c'era una tradizione di Natale che Veronica aveva inaugurato da quando si era rifiutata di partecipare ai pranzi di famiglia era quella di rimanere tutto il giorno a casa ad oziare in pigiama.
Vedendo lo stupore di sua madre e sua sorella, alzò vistosamente gli occhi al cielo con un sorriso.
《Si esco, mi vedo con Gianluca.》 disse, avviandosi verso camera loro. Si voltò prima di uscire dal salotto/cucina/studio/ingresso/sala-da-pranzo, per vedere Stefania vicino al lavandino con le mani a coprirle la bocca non del tutto chiusa e Samanta che sussurrava un 《Oh mio Dio!》.
《Oh eddai! Non fatela tanto lunga!》 uscì dalla stanza ridendo e trascinando nella sua ilarità anche le altre due.
Indossò un paio di jeans con un maglioncino grigio ed un paio di stivaletti neri e buttò nella borsa tutto quello che le capitava sotto mano, prima di imbacuccarsi per bene e afferrare le chiavi.
《Torno presto.》 disse alle altre, chiudendosi la porta alle spalle.
Fuori dal portone c'era Gianluca ad attenderla, appoggiato alla moto con un sorriso smagliante sul volto.
《Hei splendore.》 la salutò, staccandosi dalla sella per andarle in contro. L'avvolse in un abbraccio prima di sussurrarle all'orecchio i suoi auguri, ai quali lei rispose con qualcosa di molto simile ad un grugnito e con una smorfia.《Ah gia!》 esclamò Gianluca allontanandosi per guardarla in volto.《Tu sei il Grinch.》 constatò con naturalezza, scrollando le spalle e scoppiando, poi, a ridere.
Veronica, per tutta risposta socchiuse gli occhi tentando di incenerirlo con lo sguardo.《Non sono il Grinch! Prima mi piaceva il Natale...》 iniziò, poi si rese conto che un'affermazione del genere avrebbe portato ad una serie infinita di domande scomode, allora decise di chiudere l'argomento sul nascere.《Poi ho capito che è una stupidata colossale!》 lo prese in giro, con una risata appena più flebile del solito.
Lui allora scosse il capo sorridendo e le porse il casco, prima di indossare il suo e salire sulla moto, togliendo il cavalletto.
Veronica salì dietro di lui.
《Dove andiamo?》 gli chiese, cercando di farsi sentire attraverso il casco.
《Lo vedrai.》 rispose lui, voltandosi appena verso di lei. Riuscì a sentire il suo sorriso anche se non poteva vedere le sue labbra.
Lui sorrideva sempre.
Lei invece?
Anche lei un tempo sorrideva sempre senza doverci nemmeno pensare, ma poi era diventato più difficile ed ora c'erano dei momenti in cui doveva davvero concentrarsi per mantenere la piega della sua bocca.
All'inizio era stato più difficile, poi aveva incontrato quelle persone speciali che erano i suoi amici e che avevano trovato il modo per mantenere la tristezza lontana dal suo viso ed anche dal suo cuore.
Riusciva ancora a ricordare il primo Natale senza suo padre.
 
24 Dicembre 2000
Erano passati parecchi giorni da quando papà se n'era andato. Samanta aveva appena due anni e sicuramente non lo ricordava ma Veronica ne aveva cinque e sapeva che quella sera erano andati a cena per la prima volta dai vicini.
Avevano una casa davvero bellissima, molto luminosa, a maggior ragione visto che le luci di Natale sbucavano da ogni dove. Il loro albero era gigantesco e la casa era strapiena di gente elegante e distinta. La mamma aveva messo il suo vestito migliore, quello lungo con una sola manica e gli sbrilluccichini intorno al collo.
《Stefania ciao! Che bello che siete venute!》 le aveva accolte così la signora Bezzi, con un sorriso incantevole, facendo loro strada per entrare.《Le tue bambine sono davvero adorabili!》 aveva detto quando aveva sfilato Samanta dalle braccia della mamma per permetterle di togliere il cappotto.
《Ti ringrazio. Lei è Samanta.》 aveva risposto la mamma, sorridendo alla bambina che la signora Bezzi teneva tra le braccia.《Mentre lei è Veronica.》 aveva aggiunto accarezzando il capo di quest'utlima con una dolcezza infinita.
《Ma che bella principessa. Quanti anni hai, tesoro?》 le aveva chiesto allora quella donna bellissima, chinandosi alla sua altezza, dopo aver restituito Samanta alla mamma con un sorriso, per guardarla meglio.
《Cinque.》 aveva risposto Veronica con voce incerta, alzando anche la manina aperta, per chiarire meglio il concetto.
《Davvero?》 il volto della donna sembrava essersi illuminato.《Ma lo sai che anche il mio bambino ha cinque anni? Vuoi conoscerlo?》 le aveva chiesto.
Veronica aveva abbassato lo sguardo, timida, poi aveva afferrato con la sua manina quella morbida della signora Bezzi e si era lasciata guidare.
《Lorenzo! Ti ho portato una bambina che ha la tua stessa età, si chiama Veronica!》
Gli occhi azzurri di Veronica si erano posati su un bambino che stava giocando con delle macchinine sul tappeto davanti al camino. Aveva tanti capelli biondi e quando aveva alzato gli occhi sulla mamma aveva potuto notare che erano di uno strano grigio.
《La farai giocare con te?》 gli aveva chiesto la signora Bezzi, lasciando la mano di Veronica per spingerla delicatamente verso il tappeto.
Il bambino aveva annuito, guardando finalmente la bambina che si stava sedendo sul tappeto davanti a lui.
《Puoi giocare con una delle mie macchinine se vuoi. Però non romperle che poi il mio papà si arrabbia.》 le aveva detto per poi continuare a fissarla, come in attesa di qualcosa.
Erano rimasti in silenzio per un paio di minuti, a scrutarsi, poi la bambina aveva iniziato a tirare su con il nasino mentre dei grossi lacrimoni si staccavano dai suoi occhi per precipitare sul vestitino.
《Che c'è? Stai male?》 le aveva chiesto il bambino avvicinandosi.
Lei aveva scosso la testa, facendo ondeggiare i piccoli boccoli biondi.
《Se vuoi puoi giocare anche con tutte le mie macchinine, io ci ho giocato tutto il tempo.》 le aveva detto allora lui, credendo che fosse quello il problema e spingendo i suoi giocattoli verso di lei.
Lei aveva scosso di nuovo la testa.
《Perchè piangi? Non piangere, oggi arriva Babbo Natale, lui non vuole che i bambini piangono.》 aveva tentato di nuovo, per poi aggiungere.《E nemmeno io.》
《Il mio papà non mi vuole bene. Lui è andato via. Non ha salutato me e Sam.》
Lorenzo la guardò, stringendosi nelle spallucce.《Non importa. Ti voglio bene io, allora.》
Veronica lo aveva guardato e aveva sorriso della sua espressione seria e buffa.《Non è la stessa cosa! Tu sei piccolo.》aveva detto, continuando a sorridere, mentre le ultime lacrime scivolavano dal suo volto morbido.
《Io non sono piccolo!》 aveva replicato Lorenzo, diventando ancora più serio e facendo ridere la sua nuova amica ancora di più.《Tu non lo sai, ma io sono un super eroe.》 aveva detto, alzandosi in piedi con i pugnetti sui fianchi ed annuendo con convinzione.《E' per questo che ti voglio bene: i super eroi proteggono quelli che piangono, me l'ha detto la mamma, e tu piangevi, ma adesso non piangi più perchè ci sono io, quindi per proteggerti e non farti piangere devo stare con te e farti ridere.》 le  aveva spiegato, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
E lei aveva sorriso.
 
25 Dicembre 2013
Era stato Lorenzo il primo a farla sorridere, dopo che suo padre era dovuto scappare chissà dove a causa dei debiti che aveva contratto in città.
Ed ora tutto stava precipitando.
Erano passati tre mesi dall'ultima volta che avevano parlato, quel famoso lunedì pomeriggio, dopo che aveva colpito Gianluca alla festa di Filippo. Da allora avevano continuato a vedersi, durante le uscite con i ragazzi, ma non si erano più scambiati neanche una sola parola.
Era stata una conversazione difficile, l'ultima.
 
Veronica aspettava al bar in fondo alla loro strada, sorseggiando il cappuccino bollente.
Lui era entrato, bello come sempre, nella sua giacca di pelle, con tanto di occhiali da sole. Si era guardato intorno, togliendoli, ed i suoi occhi si erano posati su di lei per un istante, prima di avvicinarsi.
《Ciao.》 si era seduto senza guardarla, chiamando una cameriera per ordinare.
Lei lo aveva guardato in silenzio compiere quei gesti con una naturalezza estrema. La cameriera si era avvicinata subito, ovviamente.
《Hei Lore! Che ti porto?》 Gli aveva chiesto, allegra, sorridendo più del necessario.
《Il solito.》 aveva risposto, sorridendo anche lui.
Pochi secondi di puro silenzio dopo, la ragazza aveva poggiato la Tennet's gelata sul tavolo.《Che fai questa sera? Io stacco alle otto.》 Gli aveva detto, voltandosi quasi interamente nella sua direzione.
《Buon per te.》 Era stato tutto ciò che Lorenzo aveva replicato, con un sorriso stanco, alzando la bottiglia verso di lei, che si era allontanata con una smorfia stizzita, senza degnare Veronica nemmeno di uno sguardo.
Quando la ragazza era scomparsa dal loro campo visivo, il ragazzo si era deciso a voltarsi completamente verso Veronica, poggiando le braccia sul tavolo e tenendo la birra tra le mani.
《Allora?》 Le aveva chiesto, senza guardarla, prendendo un sorso dalla bottiglia, come a voler prendere tempo.
《Allora...》 aveva esordito lei, spostando finalmente lo sguardo dalle altre persone sedute al bar. 《Voglio che tu stia lontano da Gianluca.》
Si erano guarati negli occhi per qualche istante: l'azzurro del cielo contro il grigio della tempesta.
《Non c'è problema, è tutto?》 Aveva detto lui, facendo per alzarsi.
《No.》 Veronica aveva iniziato a torurarsi le mani sul tavolo.
Lorenzo si era rimesso comodo, prendendo un sorso di birra e facendole segno di continuare.
《Non avevi nessun motivo per picchiarlo. È normale che lui sia geloso, è il mio ragazzo.》
《Veronica, io non l'ho picchiato perchè stava facendo il ragazzino geloso, l'ho picchiato perchè mi ha detto di stare lontano da te e qualcuno doveva fargli capire che stava dicendo una stronzata.》 Si strinse nelle spalle. 《Beh, tu non mi sembravi intenzionata a farlo, quindi ci ho pensato io.》 Lorenzo a quel punto si era appoggiato con la schiena alla sedia, sorseggiando tranquillamente la sua Tennet's.
《Perchè aveva ragione!》 Aveva esclamato lei, alzando solo leggermente il tono di voce.
《Cosa significa che aveva ragione?》 Le aveva chiesto lui, senza lasciarle però il tempo di rispondere.《Anche tu vuoi che io stia lontano da te?》 si era passato una mano sui capelli sussurrando un《Cristo.》
《Tu mi stavi...》 Veronica si era interrotta, non riuscendo a trovare le parole.
《Ti stavo cosa? Ti stavo accarezzando? Si è vero. Ti stavo ammirando? Ancora giusto.》
Questa volta era stato il turno di Veronica di interromperlo.《Stavi per baciarmi.》
《Si, d'accordo, volevo farlo.》 Lorenzo aveva risposto esasperato, aprendo le braccia.《Non so perchè, ok?》
《No, non è ok! Io sto con Gianluca ed io e te siamo solo amici!》 Aveva esclamato Veronica, cercando di convincerlo di qualcosa che sembrava dover essere così senza alcuna ragione.
《E proprio per questo non l'ho fatto!》
Entrambi avevano fatto una pausa per riprendersi da quel botta e risposta che, a conti fatti, non aveva portato a niente.
Era stato Lorenzo a rompere il silenzio che si era venuto a creare.《Perchè so che tu... Non sei pronta per un cambiamento del genere.》
《Non sono...?》 Veronica si era interrotta, guardandolo con occhi sbarrati.《Credo di essermi persa qualcosa o forse stai delirando. Eppure mi sembrava che tu fossi in grado di reggerla una birra.》
Lorenzo a quella provocazione aveva sorriso, un sorriso che non arrivava ad illuminargli gli occhi.
《Ascoltami. Gianluca si è comportato, l'altra sera, come se tu dovessi essere difesa da me, come se io potessi e volessi farti del male, e tu ora non stai facendo altro che dargli ragione, come se non mi conoscessi.》 Lorenzo aveva fatto una pausa, come a scegliere bene le parole da usare per esprimere al meglio ciò che gli si agitava dentro.《Io ti voglio bene. Te ne vorrò sempre. Ma credo che non dovremmo frequentarci per un po'.》 si era fermato con una risata tirata.《Cazzo, sembra che ti stia chiedendo di prenderci una pausa.》
《Cosa stai cercando di dirmi?》 Gli aveva chiesto allora lei, guardandolo con le sopracciglia aggrottate.
《Sto cercando di dirti che è un gran casino e che se vogliamo rimettere un po' di ordine dobbiamo stare per un po' ognuno per conto proprio, senza avvicinarci troppo e senza litigare.》 Aveva finto la sua birra in un sorso, prima di continuare.《Tu starai con Gianluca ed io farò quello che faccio di solito. Poi si vedrà.》 Aveva detto, alzandosi dal tavolo.
 
Così aveva detto, ma lei in tre mesi non aveva ancora visto niente.
Intanto, mentre lei era ancora persa nelle sue riflessioni, Gianluca fermò la moto in pieno centro ed iniziò a slacciarsi il casco, aspettando che lei scendesse per farlo a sua volta. 
《Ma questa non è una sorpresa! E' solo il centro.》 esclamò Veronica, ridendo.
《Non lo vedi?》 le chiese allora Gianluca, posizionandosi dietro di lei e tenendola per le spalle, come a volerle mostrare uno spettacolo dal quale non poteva assolutamente distogliere gli occhi.
Davanti a lei si stagliava un albero di natale enorme, decorato alla buona ma decisamente luminoso, circondato da una moltitudine di persone sorridenti e spensierate, che passeggiavano con i loro figli e le braccia stracolme di pacchetti e buste di regali.
《Hemm...》 mugugnò allora, aggrottando le sopracciglia.《Mi pare difficile non vederlo, è enorme.》
Gianluca rise.
《Non parlo dell'albero, sciocca!》 la riprese, dandole un leggero colpetto alla spalla, seguito subito da un bacio.《Mi riferisco allo spirito del Natale! Come fai a non amare tutto questo?》
Veronica scoppiò in una risata fragorosa.《Ma che per caso sei il fantasma del Natale presente?*》
《Si, e sono qui per tormentarti.》 Rispose lui, tentando di fingere una voce spettrale, per poi girarla tra le sue braccia verso di lui e stamparle un sonoro bacio a stampo sulle labbra screpolate dal freddo.《Sul serio, il Natale è bello, siamo tutti più buoni, ci vogliamo tutti più bene. Come si fa a non amarlo?》
《Non sono mai stata fortunata con il Natale.》 Rispose lei con un sorriso triste.
 
25 Dicembre 2011
Il corridoio era asettico.
Il pavimento era freddo.
Il mondo era sbagliato.
E nulla di tutto questo poteva essere cambiato.
《Dove sei?》
《Come dove sono? È Natale.》
《Vieni qui.》
《Io... non posso, sono a pranzo con la famiglia, lo sai.》
《Sta morendo.》
Silenzio.
《Dammi dieci minuti.》
Ne erano bastati otto.
Si era precipitata per strada, la sua famiglia conosceva la situazione e non aveva avuto nulla da ridire.
Si era ritrovata a correre per i corridoi semi deserti finchè non lo aveva visto, seduto per terra, con la testa poggiata sulle ginocchia e le gambe tra le braccia. Sembrava un bambino, troppo piccolo per affrontare ciò che lo aspettava.
Lei non aveva detto una parola, si era inginocchiata davanti a lui e lo aveva abbracciato. Stava piangendo, non se lo sarebbe mai dimenticata. In quel momento aveva provato il desiderio implacabile di proteggerlo da tutto.
《Hei... shhh》 gli aveva sussurrato accarezzandogli i capelli, già allora ribelli. 《Andrà tutto bene... ci sono io con te adesso.》
《Mi dispiace... non dovresti essere qui... ma non sapevo... chi altro chiamare.》 Le aveva detto con voce roca.
《Non vado da nessuna parte, ok? Aspettiamo qui insieme.》
Avevano davvero aspettato insieme di avere notizie. Lei aveva continuato ad abbracciarlo, cercando di tranquillizzarlo, dicendogli che Gesù era nato quella mattina e non avrebbe permesso che lui morisse.
Quella era stata la sera in cui Veronica aveva rinunciato a credere in Dio.
Quella era stata la sera in cui Lorenzo aveva comprato il primo pacchetto di sigarette dopo un anno da quando aveva smesso.
 
25 Dicembre 2013
Aveva deciso che quel giorno, il secondo anniversario della morte di suo nonno che era stato così importante per lui, la solita birra non sarebbe bastata, così abbracciò i superalcolici. Stava buttando giù proprio uno shottino di vodka, quando la ragazza gli si avvicinò.
《Vuoi compagnia?》 Gli chiese con un sorriso malizioso, sedendosi sullo sgabello accanto al suo senza aspettare una risposta.
Lui si prese qualche istante per osservarla: era sexy. Capelli neri lunghi e voluminosi, labbra carnose tinte di rosso, occhi scuri contornati di nero, un paio di gambe lunghe, vita stretta, una buona quarta di seno.
Se ne poteva parlare.
《Perchè no.》 Disse allora lui, alzandosi dallo sgabello e prendendo il cappotto.《Dove si va?》 chiese stampandosi sul viso una brutta copia, comunque sensuale, di quel sorriso sghembo che piaceva tanto alle ragazze.
Lei lo guardò per un attimo interdetta, sbattendo le lunghe ciglia, poi si riprese e rispose.《Mi piacciono i ragazzi che vanno dritti al punto.》
Lui non riuscì a trattenere una risata.《Tesoro, io non vado affatto dritto al punto, vedrai.》 Le disse avvicinando il suo viso a quello di lei.
E infatti andò così: ci girò così tanto attorno, al punto, che alla fine uscì dall'appartamento di lei senza esserci nemmeno davvero arrivato.
Entrò con tutti i buoni propositi, senza lasciarle nemmeno il tempo di poggiare le chiavi prima di voltarla verso di se e baciarla con foga. La spinse contro il muro dell'ingresso, schiacciandola con il suo corpo come a non volerle dare alcuna via di fuga. Lei sicuramente non ne voleva. Arrivarono in camera da letto senza sapere nemmeno bene come, già seminudi. I loro movimenti erano frenetici, sebbene per ragioni ben diverse: lei voleva arrivare al punto, mentre lui cercava volerlo, quel punto. Perchè la verità era che non lo voleva, si stava costringendo a volerlo perchè era fatto così e lo sapevano tutti, ma quella sera in realtà non si sentiva in vena.
Non era in vena da parecchio, a dirla tutta.
Ma non aveva importanza. Continuò a concentrarsi su quel corpo che non gli interessava diventasse suo. Quando però giunsero ad un passo da quel punto, dovette guardare in faccia la realtà ed accettare che non ci era riuscito: non la voleva.
《Senti.》 Le disse staccandosi dalle sue labbra e sollevandosi sui gomiti per guardare meglio quel corpo sotto il suo. Si osservarono per qualche istante in silenzio, poi lui rotolò via da lei e si sedette sul bordo del letto recuperando i pantaloni e le scarpe.
Proprio mentre le stava allacciando, la ragazza gli abbraccio le spalle da dietro, sussurrandogli all'orecchio《Ti capita spesso? Oppure oggi non ci sei con la testa?》
《Insomma non ti ha nemmeno sfiorata l'idea di non essere abbastanza attraente?》
《No.》 rispose lei con semplicità, scrollando le spalle.
Lui si lasciò sfuggire una risata amara, alzandosi dal letto.
《Per tua informazione》 Iniziò, indicandola perentorio con un indice mentre se ne stava ancora seduta nuda sul letto《No, non mi succede mai.》
Questa volta fu lei a ridere, ma fu una risata molto più spensierata.《Certo che no!》
《Parlo sul serio!》 Fece lui, uscendo per recuperare anche la maglietta e la giacca.
《Ed io ti credo sul serio.》 replicò lei, seguendolo in corridoio, ancora nuda, e guardandolo mentre si vestiva.
Anche lui sollevò lo sguardo su di lei, alzando un sopracciglio.《Davvero?》
《Si, davvero.》 rispose lei con naturalezza.《Non hai la faccia di uno che fa cilecca.》
《Infatti!》
Ci fu un momento di silenzio, interrotto da lui.《Beh allora ciao. Ci si vede in giro.》 disse e la salutò alzando una mano, con un mezzo sorriso, poi si voltò e si avviò verso la porta dell'appartamento.
《Lei sta con un altro o semplicemente non ti calcola?》 gli chiese lei, un attimo prima che lui afferrasse la maniglia, raggelandolo.
Lui sorrise di un sorriso stanco, senza voltarsi.《Un poco dell'una ed un poco dell'altra.》 disse solo.
《Buona fortuna, allora!》 esclamò allora lei, congedandolo con una risata amara.
Lorenzo uscì sul pianerottolo e si chiuse la porta alle spalle.
 
***
 
Federica amava le feste, le mettevano allegria.
Amava soprattutto il Natale.
Quel Natale lo tracorse con la sua famiglia e Giuseppe. Lo aveva invitato perchè, sebbene i suoi lo avessero conosciuto durante le vacanze in Sardegna, non sapevano che si era traferito nè che oramai loro erano una coppia.
Il pranzo fu molto tranquillo e si tenne proprio a casa di Federica, abbastanza grande da accogliere i nonni e gli zii con i rispettivi figli. La sua famiglia si informò su quella di Giuseppe come era ovvio e fu tutto un profondere di sorrisi, complimenti ed elogi. Quando anche l'ultimo ospite si fu congedato i due ragazzi si rintanarono in camera di lei per trascorrere un po' di tempo da soli.
《Beh, che te ne pare della mia famiglia?》 Gli chiese lei, abbandonandosi a peso morto sul suo letto ad una piazza e mezza.
《Non è tanto quello che penso di loro che dovrebbe preoccuparti, ma quello che loro pensano di me.》 Rispose lui, sedendolesi affianco e prendendo ad accarezzarle la schiena.
《No! Loro ti adoreranno sicuramente.》 Replicò lei con un'alzata di spalle, sorridendogli dolcemente.
《Certo!》 Esclamò lui, non riuscendo a nascondere del tutto il suo scetticismo dietro alla risata nella quale si esibì.
《Non fare lo scemo!》 Lo riprese lei, colpendolo alla spalla giocosamente.
Per tutta risposta Giuseppe atteggiò la sua bocca ad un sorriso malizioso prima di avvicinarla a quella di lei, per imprigionarla in un bacio dapprima lento e profondo, poi mano a mano più impetuoso e passionale. Lentamente la fece stendere sul letto, coprendola con il suo corpo, iniziando ad accarezzarla e baciarla ovunque con una foga ed una lussuriache lei mai aveva visto così predominanti nei suoi movimenti. In poco tempo lei si ritrovò seminuda e questa consapevolezza la fece tornare con i piedi per terra, nonostante le attenzioni sempre più audaci che lui le stava dedicando.
《Amore aspetta, ci sono i miei dillà.》 Sussurrò lei, cercando di allontanargli la mano dal suo corpo, mentre Giuseppe si concentrava sul suo collo.
《Dai piccola, non arriverà nessuno, facciamolo.》 Le disse lui, la voce resa roca dall'eccitazione.
《Io... No, non voglio che sia così...》 cercò di protestare debolmente.
《Sarà con me, non ti basta?》 Le sussurrò lui, vicino ad un orecchio, stringendole un seno in una mano e gemendo per il contatto dei loro corpi, che si era accidentalmente approfondito a causa del dimenarsi di Federica. 《Ti voglio da morire.》 Le confessò, premendola ancora di più contro il materasso.
Lei a quel punto tentò di spingerlo via debolmente, sentendo l'aria mancarle. 《Oggi non mi va e poi è... è presto, io... non sono pronta.》 Cercò di difendersi timidamente, dando voce ai suoi dubbi.
《Mi stai dicendo che non mi ami?》 Le chiese lui dopo averla lasciata improvvisamente libera dal suo peso, tornando a sedersi sul materasso.
《No, certo che no! Dico solo che... ho bisogno di...》
《Di cosa Federica? Ho fatto tutto il necessario, ti sono stato appiccicato per mesi, ho sopportato la tua famiglia e tutto questo per niente?》 La interruppe, alzando sensibilmente il tono della voce.
《Non per niente... io...》 tentò ancora lei, mettendosi seduta.
《Ah certo! Non per niente, solo per scoprire che in realtà tutto quello che mi hai detto è un mucchio di stronzate.》 E detto questo si alzò, come se non riuscisse a sopportare la sua vicinanza.
《Ti sbagli... vorrei solo...》 il suo tono era sempre più sommesso, proprio come quello di lui era sempre più duro ed aspro.
《Cosa vuoi? Cos'altro vuoi ancora?》 Le chiese, oramai stava praticamente gridando.
《Giuseppe abbassa la voce, i miei ti sentiranno.》 Cercò di calmarlo lei, ma le sue parole furono perfettamente inutili.
《Che ascoltino pure! Dovrebbero sapere che la loro figlia è una bugiarda.》 Replicò lui quasi con disprezzo. 《Dici di amarmi ma mi costringi ad accontentarmi di qualche bacio!》
《Ma io ti amo!》 Proferì lei, con ardore.
《Dimostramelo allora.》 Fu l'unica cosa che disse lui, rimanendo poi a fissarla.
E lei lo fece.
Lo amò, in tutti i modi che lui pretendeva.
Lo venerò, come lui si aspettava che facesse.
Sbarrò gli occhi, quando lui la fece sua come voleva che fosse.
Ma aspettò che lui se ne fosse andato per nascondersi agli occhi del mondo, sparendo tra le coperte di quel letto, unico testimone di un amore rubato in fretta.
Non pianse nemmeno una lacrima però: non ve n'era alcuna ragione.
Lei lo amava.
 
 
 
Beh che dire, ammetto che questo capitolo si è  fatto attendere, scusatemi! Ma purtroppo ho avuto dei problemi con la connessione a casa e sebbene fosse pronto, non c'è stato modo di pubblicarlo prima, come AbigayleWood ben sa (l'ho avvisata appena il capitolo è stato pronto, così potevamo disperarci in due hahaha).
Ad ogni modo eccolo qui! Il flashback di Lorenzo riguarda la morte del nonno a cui avevo accennato nel capitolo Confronti, forse non ve lo ricordavate quindi meglio precisare haha. Inoltre sta iniziando a delinearsi uno dei filoni principali della storia, gli altri li vedremo quasi tutti nel prossimo capitolo, che tra l'altro sarà incentrato su... udite, udite... capodanno! Quindi insomma, ne vedremo delle belle! Detto questo vi saluto con un grande abbraccio e vi ringrazio, anche a voi lettrici silenziose! Siamo arrivati a ben 1290 visualizzazioni *si commuove*.
Quindi alla prossima! Prometto di non farvi attendere molto!
 
Vi comunico che questo è l'account di facebook che ho creato come autrice su efp, dove potete aggiungermi tutti, liberamente: https://m.facebook.com/delilah.efp?__user=100007262972212
Mentre questa è una storia Fantasy che sta iniziando a pubblicare una mia amica e vi garantisco, io che so gia come andrà a finire *risata malvagia*, che vale la pena di andare a dare un occhiata! http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=2325572
 
Tantissimi auguri di feste passate! Un bacio a tutte, o tutti (chissà)!
 
 
 
*Riferimento a "Canto di Natale" di Dickens.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1944055