Un Lietofine Per Romeo E Giulietta.

di ilprofumodelliris
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione. ***
Capitolo 2: *** One Shoot. ***



Capitolo 1
*** Prefazione. ***


Sappiamo tutti come andò a finire la tragedia più famosa del mondo.
Anche chi non l’ha mai letta ne ha sentito parlare, e persino i non lettori ne sono consapevoli.
Ogni persona civilizzata al mondo conosce i nomi di Romeo e Giulietta.
Erano giovani, si sono conosciuti, si sono amati, e sono morti di questo amore.

Romeo si era intrufolato al ballo in maschera dei Capuleti per sfuggire alla malinconia, per scordare Rosalina, la donna che non lo ricambiava. Incontrò Giulietta per puro caso, e fu amore a prima vista, per entrambi. Si baciarono, si cercarono. Furono consumati dal desiderio. Si sposarono in segreto, e appena un giorno dopo l’avvenuta unione, Romeo venne cacciato da Verona. Si era macchiato di una colpa definitiva, aveva vendicato la morte dell’amico Mercuzio, macchiandosi del sangue di Tebaldo Capuleti.
Dopo un’ultima notte con la sua amata fu costretto a partire per Mantova.
Giulietta pianse a dirotto, piegata in due dal dolore. Tutti credettero che stesse piangendo la morte del cugino, nessuno seppe mai vedere la vera motivazione. Attirò l’attenzione della famiglia, che decise di darla in sposa a Paride. La fanciulla tentennò, cercò di declinare, ma il padre la trattò in malo modo e decretò che le nozze ci sarebbero state comunque. La disperazione della bella Giulietta crebbe tanto che si recò da frate Lorenzo minacciando di uccidersi,  se una soluzione per scampare a quelle nozze indesiderate non fosse esistita. Frate Lorenzo le fornì una scappatoia, le diede un siero che le avrebbe provocato una morte apparente, per poi dopo quarantadue ore risvegliarsi e fuggire col suo Romeo. Ma come sappiamo, le cose non andarono come previsto. Il messaggero inviato a Romeo per informarlo degli ultimi fatti non arrivò mai, e lui credette che la sua Giulietta fosse morta davvero. Raggiunse il sepolcro in cui era stata riposta, le diede un ultimo baco e si avvelenò. Al suo risveglio, Giulietta trovò il cadavere di Romeo ai suoi piedi, ed ebbe ben chiaro qual era l’unica scappatoia alla dannazione eterna: la morte. Si trafisse con una pugnalata al cuore, e giacque con il suo amore per sempre.

Giulietta scelse di inscenare la sua morte per uscirne.
E’ stata la sua scelta concatenare gli eventi che portarono la storia a diventare un dramma.
Ma cosa sarebbe successo se Giulietta fosse stata un po’ più scaltra e coraggiosa e Romeo più intraprendente? Cosa sarebbe successo se quella sera Giulietta non si fosse recata da frate Lorenzo, ed esso non le avesse consigliato quella soluzione tanto ardua che spinse l’ignaro Romeo al suicidio?

Cosa sarebbe successo se Giulietta avesse onorato le suo parole, se avesse davvero smesso di essere una Capuleti e fosse fuggita a Mantova?

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Capitolo 2
*** One Shoot. ***


La nutrice era stata chiara.
Avrei dovuto chinare la testa e sposare Paride come mio padre mi aveva ordinato. Quello stesso padre che poco prima mi aveva barbaramente insultata, mi aveva definita una concubina, aveva minacciato di rinnegarmi se solo la mia scelta fosse stata diversa da quella che mi imponeva.
No, non sarebbe finita così.
Se rifiuti il marito ch’io ti destino, va’ a pascolare dove vuoi, ma sotto il mio tetto non abiterai più.
Le ultime parole di mio padre mi tornarono alla mente con un’intensità atroce. Credeva di incutermi paura, ma non aveva idea di quanto avesse alimentato il mio desiderio di fuggire. Un tempo forse mi sarei tirata indietro, ma la vecchia Giulietta era morta e sepolta.
Parti, vieni da me. Liberati, fuggiamo insieme. Ti aspetterò, Giulietta.
Le ultime parole di Romeo balenarono in me con molta più dolcezza.
Era ora di prendere una decisione, di prendere in mano la mia vita una volta per tutte. Me ne sarei andata. Mi sarei gettata tutto alle spalle e sarei partita alla volta del mio Romeo. Non c’era più nulla che mi legasse a quel posto, anche mia madre mi aveva voltato le spalle. La mia casa aveva cessato di esistere nel momento in cui Romeo era arrivato nella mia vita. Adesso era lui l’unica cosa di cui avevo bisogno. Ce lo eravamo giurato, avremmo trovato il modo di stare insieme, anche a costo di fuggire fino in oriente.
Mantova non era lontana da Verona, se fossi partita subito sarei giunta a destinazione quella stessa notte. Mi avvicinai alla tolette ed estrassi un pugnale d’argento dal primo cassetto. Giulietta Capuleti doveva morire in quel luogo, in quello stesso momento. Afferrai il coltello con forte pressione e recisi completamente tutti i miei capelli. La massa informe si depositò ai miei piedi con un leggero fruscio. Mi guardai allo specchio e realizzai per la prima volta quanto i capelli caratterizzassero una ragazza. Ora avrei potuto passare molto più inosservata. Mi sfilai con foga il corsetto e la lunga gonna, per poi muovere pochi passi verso l’armadio.
L’abito regale del trapassato Tebaldo fuoriusciva leggermente dall’anta destra. L’avevo fatto portare nelle mie stanze pochi giorni prima, per odorarne l’essenza, sentire se l’anima di Tebaldo era ancora impregnata in quelle stoffe. Per far sembrar credibile il motivo dei miei pianti, che in realtà coincideva con tutt’altra cosa. Estrassi i suoi alti stivali dal fondo dell’armadio e sfilai dalla giacca l’ampio mantello scuro. Poi mi precipitai all’altro capo della stanza per frugare nel mio baule. All’inizio non sapevo cos’avrei fatto, ma mi ero preoccupata di procurarmi dei vestiti da servo, tanto imminente sentivo la notizia dell’immorale matrimonio. Mi infilai la camicia rovinata e i calzoni da popolano con la massima cura, per poi passare agli stivali. Mi calai il mantello sulle spalle facendolo ruotare, sferzando l’aria. Infine mi misi il pugnale nella cintola, e Giulietta Capuleti era ufficialmente morta. Tornai a guardarmi allo specchio e stentai a riconoscermi. Se la nutrice fosse entrata in quel momento probabilmente avrebbe visto soltanto un bandito, e avrebbe chiamato subito soccorso.
Di colpo mi venne un’idea, un lampo di genio, il biglietto d’accesso alla mia libertà. Inscenare il mio rapimento. Così facendo, i miei genitori mi avrebbero dato per dispersa e la sparizione degli indumenti che avevo con me sarebbe potuta passare per furto. Un brivido di eccitazione mi passò lungo la schiena e la mia testa inneggiò un unico nome, quello di Romeo. Presto avrei potuto rivederlo.
Presi il vaso coi fiori dal comodino e lo colpii violentemente con il pugnale. Il rumore fu attutito dal grande letto soffice sul quale avevo compiuto l’operazione, e mi misi a spargere il pezzi di coccio in giro per la stanza. Buttai per terra tutti gli oggetti che trovai qua e là, tanto per rendere il tutto più credibile. Raccolsi una ciocca di capelli dal groviglio ancora a terra, e la adagiai vicino al frammento di coccio più grande. Poi presi quel che ne restava dei capelli tagliati e li nascosi nella bisaccia che avrei portato con me; me ne sarei disfatta durante il tragitto per Mantova. Sul mio comodino c’era ancora la colazione che avevo rifiutato quella mattina. Presi tutto il cibo sul vassoio, feci un involto con un panno e lo misi nella sacca.
Ero pronta. Tirai fuori la corda che avevo nascosto il giorno prima quando Romeo era venuto a darmi il suo addio, e l’assicurai bene al balcone. Dopo aver stretto il nodo saldamente, afferrai la fune con tutta la mia forza e cominciai a calarmi giù. Fu più facile di quanto mi aspettassi e una volta che i miei piedi toccarono terra mi sentii libera come mai prima. Cominciai a correre lungo il giardino dei Capuleti fino a raggiungere il muro di cinta. Con un po’ di fatica, riuscii ad issarmi su di esso e ad oltrepassarlo.
ll vento soffiava prepotente e mi sentivo inebriata dall’aria
sferzante che mi accarezzava il viso.
Avrei voluto alzarmi in piedi e gridare tutto l’amore che avevo in corpo. Che amavo un Montecchi. Che non esistevano più Motecchi e Capuleti, ma c’era solo l’amore. Avevamo abbattuto quelle barriere. C’eravamo solo noi.
Fui a terra, e mi guardai intorno in modo schivo. Un umile carro era posteggiato di fronte a me, inerme e privo di sorveglianza. Non ci pensai due volte e mi misi alle redini. Lo schioccare delle briglie sul dorso del cavallo mi fece tirare un respiro di sollievo.
Me ne stavo andando, o meglio, stavo tornando a casa.
Da Romeo.
Il mio cuore batteva come una mitragliatrice dando voce a tutti sentimenti che mi consumavano dall’interno.
Il petto che si alzava e si abbassava violentemente e la sensazione di non riuscire a respirare erano solo ricordi lontani.
Ci saremmo sempre ritrovati. Perché eravamo qualcosa di imprevedibile, di sconfinato, e soprattutto di eterno.
 

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