Chester's Fair

di Aki_anyway
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I will find you ***
Capitolo 2: *** Freddo come il Ghiaccio ***
Capitolo 3: *** Back to Life ***
Capitolo 4: *** Voci nel buio ***
Capitolo 5: *** Never in a Milion Years ***
Capitolo 6: *** Hopeless Wanderer ***
Capitolo 7: *** AVVISO ***



Capitolo 1
*** I will find you ***


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Chester, Cheshire, Nord Inghilterra.
Anno Domini 1257



_I will find you_


 

La luce del mattino entrò debole tra le spesse tende che coprivano la finestra.
Un raggio tiepido colpì il volto di Harry che, mugugnando, si voltò dalla parte opposta mentre qualche ciocca dei capelli ricci gli scivolava sul volto.
Un rumore sordo gli giunse dalla porta, probabilmente qualcuno stava bussando con insistenza, ma il ragazzo decise di ignorarlo. Pochi secondi dopo una figura femminile entrò con irruenza nella camera senza troppe cerimonie.
“Harold, alza quel culo sodo dal letto, tra poco hai lezione di canto!”
Il giovane boffonchiò qualcosa di incomprensibile e si alzò a fatica a sedere sul letto strofinandosi gli occhi. La donna dai capelli argentei si diresse a passo svelto verso la finestra e aprì di scatto i tendaggi lasciando penetrare con forza la radiazione solare.
Harry dovette coprirsi gli occhi con la mano per qualche secondo prima di iniziare a distinguere le forme sfocate della stanza che gli si paravano davanti. Un attimo dopo una tunica pregiata gli arrivo diritto in faccia.
“Ouch” sbuffò il giovane “Lou, lo sai che potrei farti tagliare la testa per questo?” disse poi sghignazzando.
“Se avessi voluto realmente farlo lo avresti già fatto da tempo” rispose lei di rimando con un sorriso.
Lou era stata la nutrice di Harry e della sorella tempo addietro, li aveva accuditi fin dalla più tenera età e ora loro la consideravano come parte della famiglia. Era una donna irriverente e sfrontata ma Harry la adorava anche per questo, in più era l’unica a cui era consentito tenere un comportamento del genere nei confronti del giovane, dato che questi era l’unico figlio maschio di Lord Des Styles, signore della cittadina di Chester, nel Cheshire.
Gli occhi grigi di Lou lo guardavano in attesa, ormai spazientiti.
“Ehi, esci subito! Non posso cambiarmi se mi fissi a quel modo!” disse lui con un finto sguardo corrucciato.
Lou sbuffò. “Ti ho visto nudo tante di quelle volte che neanche puoi immaginare”.
“Ma ero solo un bambino!”
“E ora cosa sei?” disse lei avvicinandosi con un sorriso di scherno.
Harry la spinse indietro giocosamente e lei si avviò verso l’uscita.
“Vai a mangiare qualcosa in cucina quando sei pronto, hanno fatto il pasticcio” e così dicendo si chiuse la porta alle spalle.

Harry si alzò piano rabbrividendo nella grande stanza fredda dalle pareti di pietra massicce ricoperte di ricchi arazzi. Una volta cambiato si guardò nello specchio che dominava la parete alla parte opposta della stanza.
 I nobili natali del ragazzo erano solo uno dei motivi per cui Harold Styles era tra i ragazzi più desiderati del contado, infatti egli era bellissimo, aveva grandi occhi verdi, morbidi ricci castani, un viso da angelo e quando sorrideva due magnifiche fossette gli incorniciavano il viso ancora fanciullesco.

Al riccio però non interessavano le ragazze e le dame di corte che lottavano per le sue attenzioni, anzi, le trovava terribilmente irritanti e soffocanti. Non gli interessava neanche l’amore, non gli interessava sposarsi per ereditare un giorno le ricchezze del padre. Tutto quello che a Harry importava era cantare e godersi i fino in fondo i suoi 17 anni. Ovviamente al padre tutto questo non era mai piaciuto, e il ragazzo riceveva spesso punizioni per la sua disobbedienza e per le sue scappatelle di nascosto per giocare coi ragazzi nelle strade della cittadella.
Nell’ultimo periodo però si era ritrovato a essere più responsabile.

Come ogni cinque anni si stava avvicinando il periodo in cui si svolgeva l’attesissima fiera di Chester, un evento che richiamava gente da tutta l’Inghilterra del Nord. L’evento più importante che si teneva allora era il famoso Torneo organizzato dal Signore della città a cui partecipavano i cavalieri di tutte le contee circostanti, il vincitore avrebbe ottenuto una lauta ricompensa monetaria, oltre che ai favori del Re d’Inghilterra in persona. Ma a Harry non interessava questo, lui voleva partecipare al torneo e vincerlo solo per riconquistare la fiducia del padre, erano cinque anni che si allenava duramente per farcela.

Sovrappensiero aprì la finestra per far entrare il caldo sole primaverile. Il sole gli illuminò il viso e Harry chiuse gli occhi dolcemente per godersi il tepore di uno dei rari giorni inglesi senza nuvole.
Davanti alla finestra si stendevano per chilometri le ampie distese verdi delle campagne inglesi e in lontananza poteva scorgere le fertili colline del Galles. Proprio sotto la sua finestra si stendeva l’ampia spianata in cui i laboriosi operai stavano finendo di montare l’arena provvisoria che avrebbe dovuto ospitare il torneo. Sotto di lui sentiva il vociare allegro proveniente dalle strade gremite di gente proveniente da tutta l’Inghilterra. Erano giorni che mercanti e cavalieri continuavano ad arrivare numerosissimi portando nuova vita della piccola cittadina. Poteva intravedere dei ragazzi in lontananza correre dietro a un pallone rudimentale ridendo e scherzando come fosse il divertimento più grande del mondo. Harry si sentiva vivo affacciato a quella finestra che dominava il mondo, poteva sentire tutta la vitalità e la gioia delle strade che gli fluivano nelle vene.
Preso dalle emozioni il giovane cominciò a cantare con trasporto una delle sue canzoni preferite insegnatagli dal maestro che lo seguiva. Narrava di una giovane dama che grazie all’amore che provava per l’amato riusciva a scappare alla tirannia del padre e inseguiva il suo sogno, Harry non sapeva perché ma se ne sentiva particolarmente legato.

Fu allora che accadde.
Alla sua voce se ne unì un’altra, molto più leggera e cristallina. Era una voce bellissima e aggraziata, ma forse troppo bassa per appartenere a una ragazza. Harry pensò che dovesse trattarsi di un giovane, così si fermò per un attimo di cantare per sporgersi dalla finestra e cercare con lo sguardo da dove provenisse la voce. Purtroppo le spesse mura del castello gli impedivano una buona vista ed Harry non riuscì a individuarne la fonte.
La voce non aveva interrotto la canzone, così decise di ricominciare a cantare all’unisono con questa e si rese presto conto che le due voci, unite nella grazia di un accordo, erano uno spettacolo unico. Quella del riccio era bassa e roca e copriva le note più basse, l’altra era alta e dolce e assieme creavano un’armonizzazione che fece rabbrividire Harry. Il suo cuore aumentò leggermente i battiti.
Qualcuno bussò alla porta dietro di lui riportandolo alla realtà. ”Arrivo!” gridò voltandosi e poi tornò alla finestra dove l’altro giovane aveva smesso di cantare. Harry sospirò dispiaciuto e si voltò per andarsene.
“Ti troverò ragazzo!” sentì gridare dalla voce.
Il cuore di Harry perse un battito e si trovò a sorridere come un ebete verso la finestra illuminata. Poi si voltò e uscì dalla stanza, senza riuscire a smettere di sorridere.
 





 

In quel momento un giovane irlandese biondo, vestito di una umile tunica si spostava noncurante tra le vie piene di banchetti accuratamente sistemati di Chester. Su questi vi erano disposti i più svariati prodotti di artigianato e alimentari, provenienti da tutta l’Inghilterra e non solo, pronti a essere venduti e trattati. La via principale era affollatissima, ragazzini correvano da tutte le parti, le madri comperavano cibo e prodotti utili per la casa, i commercianti sgobbavano indaffarati. Il ragazzo alzò lo sguardo in lontananza, verso la piazza della città. Le case a graticcio si stendevano per tutta la lunghezza della via, addossate l’una all’altra e davano un effetto pittoresco e piuttosto affascinante. Le botteghe dei negozi in quel punto si stendevano su due piani nei caratteristici Rows di Chester.

Niall però era in cerca di qualcosa di diverso dai prodotti esposti per la via. Senza dare troppo nell’occhio strava osservando attentamente ogni mossa dei commercianti presenti.
L’irlandese era sempre stato un ragazzo povero: nato e cresciuto per la strada aveva dovuto imparare l’arte dell’arrangiarsi . Pian piano aveva iniziato a rubare e poi aveva affinato la sua tecnica mettendo a punto vere e proprie truffe grazie alle quali sopravviveva.
Si fermò d’improvviso quando trovò quello che stava cercando.

Un giovane artigiano dai capelli corvini e la pelle olivastra stava accuratamente intagliando una statuetta lignea raffigurante un pastore.
L’irlandese si avvicinò mostrando curiosità.
“Wow, che bella, è opera interamente tua?” esordì  con un ampio sorriso e un tono fin troppo smielato.
L’altro alzò lo sguardo. Due occhi nocciola cangianti sul verde incontrarono quelli blu mare di Niall che ne rimase per un momento incantato.
Il ragazzo era sicuramente di origini orientali. Aveva una corta barba ispida che gli copriva parte del volto, i tratti aggraziati, un naso impeccabilmente rettilineo e due folte sopracciglia nere che gli incorniciavano gli occhi.
“Certo, mi guadagno da vivere così” disse lui senza un accenno di sorriso, tornando poi a concentrarsi sul suo lavoro.
Evidentemente non era un tipo particolarmente amichevole.
“Vieni da oriente?” azzardò Niall.
L’altro si interruppe di nuovo con aria scocciata. “Si, sono venuto in Inghilterra a guadagnarmi da vivere con le mie opere, per mostrare che le nostre terre non sono fatte di barbarie come voi pensate.”
L’irlandese alzò un sopracciglio. “Quindi hai viaggiato da solo?”
“Si” rispose l’altro.
Era quello che Niall voleva sentire, un commerciante solo era una facile preda.
“E tu invece? Nemmeno tu sei di qui a quanto sento.” il ragazzo biondo si sorprese che al moro interessasse la sua provenienza.
“Esatto” gli sorrise gentilmente “sono irlandese e sto facendo un pellegrinaggio verso Santiago de Compostela. Ho sentito molto parlare della fiera di Chester durante il percorso, così ho deciso di fermarmi per dare un’occhiata”
“Wow” commentò l’altro con tono piatto “Un uomo di Dio quindi?” terminò con una punta ironica nella voce.
Niall non aveva pensato al fatto che il moro probabilmente professava una qualche religione pagana, ma non gli importava molto di aver ferito in un qualche modo la sua fede. Decise quindi di sorvolare sull’argomento.
“Posso vedere cosa vendi?” chiese quindi.
L’altro gli rispose con un cenno della testa indicando il banco pieno di statuine li vicino. “E’ tutto esposto lì”
“Davvero? Sai, sei piuttosto bravo, hai per caso dei pezzi particolari che ti sono particolarmente cari? Sono molto curioso.” L’irlandese sorrise dolcemente “Se non sono troppo indiscreto però.” Completò.
Il moro alzò lo sguardo guardandolo torvo attraverso le lunghe ciglia nere come la pece. Niall pensò che non gli avrebbe risposto.
“In realtà..” fece invece e l’irlandese esultò interiormente. Come al solito il suo intuito aveva visto giusto. “Un attimo” disse voltandosi per avviarsi verso una grossa cassa che si trovava alle sue spalle.

Era il momento di agire.
Niall mosse lo sguardo per la bancarella e individuò in breve la piccola sacchetta in cui erano contenuti i guadagni del giovane: era ben nascosta in un angolo sotto al bancone. Col tempo era diventato un esperto e conosceva a memoria tutti i luoghi in cui i commercianti erano soliti a tenerli.
Allungò la mano furtivamente e si sporse per raccoglierla, il tutto in una frazione di secondo.
“Per favore metti giù i soldi che ho guadagnato con fatica”
Niall si raggelò. Come diavolo aveva fatto a scoprirlo? Era stato fulmineo come al solito, nessuno lo aveva mai beccato. Alzò lo sguardo e vide che il moro gli stava ancora dando le spalle. Non si è nemmeno voltato.

Il moro tornò tranquillamente a sedersi al banco con una piccola statuina tra le mani come nulla fosse accaduto. L’irlandese si accorse di essere ancora nella stessa posizione in cui era stato beccato e si tirò su svelto.
“Ma come?...” non riuscì a terminare la frase.
“O andiamo ragazzo, con tutta la strada che ho fatto pensi davvero che non abbia mai incontrato dei ladruncoli e che non sappia riconoscerli a prima vista?” puntò gli occhi scuri in quelli dell’altro, il quale rabbrividì per un attimo. “Non hai affatto l’aspetto di un pellegrino, sei troppo ben nutrito e curato per esserlo, oltretutto era ovvio che non ti interessasse di quello che faccio.”
Niall rimase sconcertato, la pacatezza del moro oltretutto gli metteva timore, mai nessuno aveva reagito così le poche volte in cui era stato colto sul fatto.
“Questa figura rappresenta mia madre, gliela regalai quando era ancora viva”
“Eh?” Il biondo lo guardò stranito. Di che stava parlando?
“Mi hai chiesto se avevo un pezzo non in vendita a cui ero legato e ti sto rispondendo” disse tranquillamente. “Da quando è morta la porto sempre con me, è l’unico ricordo che mi rimane della mia famiglia” sospirò alla fine.
Niall in quel momento notò la profonda sofferenza di quel giovane che girava il mondo da solo, senza una casa in cui tornare, e si sentì in sintonia con lui per un momento.
“Come ti chiami?” L’irlandese chiese senza pensare. Un attimo dopo si chiese che diavolo stesse facendo, da quando attaccava discorso con qualcuno che l’aveva colto sul fatto?
“Zayn, e tu?”
“Niall” rispose solo l’irlandese. “Mi denuncerai alle guardie?”
“Non credo, mi sei simpatico” e per la prima volta Zayn sorrise al giovane biondo e questi sentì una strana sensazione nello stomaco, qualcosa che non pensava di aver mai provato prima.


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Visto che ho ricevuto critiche specifico:
La storia NON vuole essere un trattato storico, è ambientata nel medioevo e segue in generale le caratteristiche del periodo storico, mi sono presa però qualche piccola 'licenza' storica per far funzionare al meglio la storia, spero non ne abbiate a male e che possa piacervi e appassionarvi comunque.

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Ciao belle!
questa è la mia prima long, è un po’ un esperimento dato che non ne ho mai scritta una.
E’ ambientata nel medioevo a Chester, una cittadina non lontano da Holmes Chapel che ho visitato quando a Marzo sono andata a Liverpool per il concerto dei 1D.

Vi starete probabilmente chiedendo cosa sono i Rows che cito: sono delle botteghe su due piani a cui si può accedere tramite un ballatoio al piano superiore, sono veramente caratteristici e particolari, se passate per il Nord England vi consiglio davvero di passare da Chester!
Detto questo spero che la storia possa piacervi. Dal prossimo capitolo ci sarà anche il nostro Liam, non lo lascio fuori. (:

-Erika 

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Capitolo 2
*** Freddo come il Ghiaccio ***


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_Freddo come il Ghiaccio_



Finita la lezione di canto Harry fu convocato dal padre nella sala di rappresentanza. Non se ne era chiesto il motivo, lo sapeva fin troppo bene.
Era finalmente giunto il momento di sapere il verdetto finale: avrebbe rappresentato la casata Styles nell’arena?
Il ragazzo stava sperando davvero per il meglio, ma purtroppo in cuor suo temeva solo il peggio. E se tutti quegli anni di duro allenamento fossero stati vani? Era pienamente consapevole di non essere il più bravo dei cavalieri della città, ma sperava in uno dei rari gesti di fiducia nei suoi confronti che Lord Styles poteva offrirgli.

Uscì dalla sala della musica con passo incerto e i pugni stretti, concentrato sulla strada più veloce da percorrere per non perdersi nei meandri del castello.
Mentre si muoveva per i lunghi corridoi Harry iniziò a sudare freddo, erano anni che non era così in ansia per qualcosa.

“Lord Harold! Lord Harold!” Una voce stridula richiamò la sua attenzione e Harry non ebbe bisogno di voltarsi per capire a chi appartenesse.
“Eleanor, mi dica.” Disse voltandosi con un sorriso tirato, cercando di nascondere la sua irritazione nel vederla.
Eleanor Calder era la bellissima erede dei Calder, una delle famiglie più ricche di Chester. Agli occhi del riccio era solo una giovane scalatrice sociale che provava in tutti i modi a guadagnarsi le attenzioni del giovane Harold e le simpatie dei suoi genitori.

Nonostante Harry dovesse ammettere che fosse una ragazza molto affascinante, egli non aveva mai provato alcun tipo di interesse dei suoi confronti, soprattutto dopo aver capito il suo gioco e dopo aver capito quanto fossero falsi i suoi sorrisi. A Eleanor non interessava minimamente del riccio come persona, come era vero il contrario, solo che lei non voleva lasciarlo perdere a causa del suo rango nobiliare.
Purtroppo per Harry era riuscita con le sue falsità a guadagnarsi le simpatie del padre, ma, per sua fortuna, non quelle della Madre e della sorella Lady Gemma. Quest’ultima provava un profondo odio nei suoi confronti e aveva sempre aiutato Harry a tenersela lontano, ma da quando Gemma si era sposata e trasferita nella contea di Liverpool ora il ragazzo doveva cavarsela da solo.

“Vostra grazia, come forse avrà saputo mia sorella sta per sposarsi e darà una grande festa il prossimo mese, volevo sapere se le andrebbe di farmi da cavaliere.” Esordì lei con un piccolo inchino, il tono fin troppo smielato e un sorriso palesemente falso.
Venire a un matrimonio con te? Dovrei essere impazzito. Pensò Harry continuando a mostrare un sorriso tirato ma impassibile.
“In questo periodo ho un gran numero di impegni e incombenze, vedrò di farle sapere al più presto.” Disse poi, cercando di risultare il più gentile possibile.
 Nonostante non provasse simpatia nei suoi confronti, al giovane non piaceva trattare male le altre persone, non ne aveva mai avuto la forza. Probabilmente quello era uno dei tanti motivi per cui riusciva a ottenere solo il disprezzo del padre. Egli era convinto che Harry avrebbe distrutto la sua città, il suo castello e che non sarebbe mai stato in grado di governare con la giusta fermezza, ma in cuor suo il ragazzo sapeva che il padre fosse solo in torto.
“Va bene, allora attendo una risposta al più presto.” Sorrise lei, ma una nota di delusione trasparì dal suo tono di voce. Dopodiché girò i tacchi e si dileguò.
Harry tirò un sospiro di sollievo, ma la tensione tornò a farsi sentire quando gli tornò alla mente dove si stava dirigendo.
 
Poco dopo il giovane aprì timidamente la porta della sala di rappresentanza.
Era una grande sala riccamente arredata che solitamente presentava un lungo tavolo per le riunioni al centro, ma che ora era stata sgomberata per lasciare spazio a tutti i cavalieri che avrebbero dovuto entrarvi.
Harry fece correre lo sguardo per la sala quasi vuota. Notò qualche gruppetto di giovani che parlottavano tra loro in un angolo mentre sua madre era in piedi vicino al padre e scambiava parole con una ancella. Lord Styles era, come di consueto, l’unico seduto al centro della sala sul modesto trono e si guardava attorno annoiato.
Il giovane deglutì rumorosamente e prese il coraggio per dirigersi diritto verso il padre.
“Mi avevate convocato, padre?” Chiese Harry con un piccolo inchino, anche se conosceva già la risposta.
“Harold.” La voce bassa del padre, così simile alla sua rimbombò cupa nella stanza. “Avvicinati per favore.”
Il riccio stava tremando appena ma obbedì. Era incredibile quanta soggezione gli mettesse il padre. Nel frattempo sentiva lo sguardo preoccupato della madre bruciare su di lui, ma non vi fece caso.
“Come sai oggi è stato deciso il cavaliere che rappresenterà la casata, lo annuncerò più tardi davanti a tutti i partecipanti, come da tradizione, ma avevo bisogno di parlare con te prima. Devi essere informato sulla nostra decisione.”
Pausa.
Harry sudava freddo. Il giudizio stava arrivando.
“Infatti devi sapere che abbiamo deciso che a rappresentare la casata sarà…”
Altra pausa.
Harry tremava leggermente, non sapeva per quanto avrebbe retto.
“…sarà Liam Payne.”
Vuoto.
Nel cuore di Harry arrivò diritta la consapevolezza di aver fallito. Di nuovo.
Aveva deluso il padre ancora una volta. Sentiva una sensazione soffocante, come se una spada gli stesse trafiggendo il petto togliendogli il respiro. Gli occhi cominciarono a bruciare.
Ma avrebbe trattenuto le lacrime, non avrebbe potuto mostrarsi debole, non più, il padre non doveva capire che il suo cuore si stava lacerando.
“Ma padre!” Quasi  gridò con la voce rotta. “Ho lavorato sodo per…”
“Harold, non voglio sentire altro, il discorso finisce qui. Sai benissimo di non essere un portento nei tornei, sei goffo e impacciato. Sai anche che a Chester ci sono molti cavalieri più bravi di te.”
“Ma..” provò a ribattere il piccolo che aveva ormai la vista annebbiata per le lacrime che cercavano a forza una via d’uscita. La consapevolezza della sua nullità e incapacità lo colse in tutta la sua irruenza.
“Niente ma, non hai mai messo abbastanza dedizione negli allenamenti, rimarrai sugli spalti accanto a noi. Fine della storia.”
Harry si voltò di scatto per scappare da quella sensazione opprimente, sapeva che non avrebbe rattenuto le lacrime ancora a lungo, ma una mando delicata lo fermò.
“Harold per favore rimani, è tuo dovere.” Sua madre glielo disse dolcemente, probabilmente anche questa volta era dalla parte del figlio piuttosto che da quella del marito.
“Madre non ce la faccio, tutta la corte riderà di me.” Sputò il riccio con voce rotta.
“Nessuno riderà di te. Sei bravo e forte, avrai occasione di rifarti tra cinque anni e sarai in gradi di vincere il torneo.” Lady Anne gli sorrise dolcemente cercando di confortarlo.
Harry rispose al sorriso un po’ forzatamente, ma sapeva che sua madre aveva ragione, il suo posto era lì, nella sala di rappresentanza, da dove in futuro avrebbe amministrato la contea.
 “E va bene” sbuffò e seguì la donna posizionandosi vicino alla seduta del padre in attesa che tutti i cavalieri giungessero.
 
Dopo poco la sala fu piena, Harry non pensava che avrebbe partecipato così tanta gente. Erano tutti giovani, alcuni anche di bell’aspetto, il più vecchio avrà avuto si e no 35 anni.
Lord Styles cominciò il classico noiosissimo discorso inaugurale, intanto Harry, che nel frattempo si era un po’ calmato, si guardava in giro notando alcuni dei cavalieri parlottare tra loro. Dopo poco Des Styles annunciò che il cavaliere che avrebbe rappresentato la casata sarebbe stato Liam Payne di Wolverhampton e un brusio si sollevò per la sala, mentre il ricco arrossiva e cercava di nascondere lo sguardo. In quel momento avrebbe voluto solo sotterrarsi.
Quando suo padre richiamò la corte al silenzio si decise ad alzare gli occhi. Qualcuno lo stava ancora fissando, ma per fortuna non tutti sapevano che Des Styles avesse un figlio e soprattutto non conoscevano il suo aspetto o la sua età.
Mentre si guardava attorno un po’ in apprensione incrociò lo sguardo dolce di Liam Payne, che gli lanciò un’occhiata dispiaciuta. Harry non potè che ricambiare con un sorriso genuino.
 Il riccio era sempre andato d’accordo con Liam, era un ragazzo dolce e sincero. Aveva diciotto anni ed era di bell’aspetto, alto e muscoloso e dai tratti del viso fieri e decisi. Era arrivato a corte parecchi anni prima per allenarsi nell’arte della scherma, essendo Chester una delle città più famose nell’insegnamento di questa disciplina. I due avevano fatto amicizia quasi subito, era una delle poche persone in quella corte che il più piccolo riusciva a sopportare.
Anche in questo caso Liam aveva dimostrato tutto il suo buon cuore, era appena stato scelto per un ruolo così importante e invece di festeggiare si stava preoccupando della delusione di Harry. Sapeva quanto il piccolo ci tenesse e si fosse impegnato.
Il riccio gli fece un segno a indicare che non doveva preoccuparsi, che era tutto a posto. Probabilmente Liam, che lo conosceva bene, aveva già capito che Harry non stava affatto bene, ma d’altronde il più piccolo era anche felice che ad avere quel prestigio fosse proprio il suo amico.

Un paio di voci non tanto distanti lo riscossero dai suoi pensieri.
Poco più in la due ragazzi, uno molto alto coi capelli tirati malamente all’insù e uno più basso e appena più muscoloso, stavano ridacchiando a bassa voce tra le fila dei cavalieri.
Harry si avvicinò con noncuranza cercando di captare qualche parola del discorso e, per sua sfortuna, ci riuscì.
“E così il figlio degli Styles non parteciperà, deve essere proprio incapace perché il padre abbia scelto un altro non della famiglia al suo posto. Ha già 17 anni!” stava dicendo il più alto.
“Davvero? Che vergogna. Probabilmente aveva troppa paura per partecipare, avrà avuto fifa di farsi del male. Odio la gente così viziata” sputò con rabbia il più piccolo con uno scatto della testa con cui scostò leggermente i capelli castani lisci dalla fronte.
Harry strinse forte i pugni affondando le unghie nelle proprie mani. Si chiese come potesse un estraneo parlare a quel modo senza nemmeno conoscerlo, era assurdo.
“Io ho sentito dire che è un vero incapace, è goffo nei movimenti e durante gli allenamenti cadeva spesso da cavallo” disse il più alto provocando la risata dell’altro.
Il riccio dovette appellare a tutte le sue forze per non andare a spaccare la faccia a quei due. Stava letteralmente ribollendo.
 Puntò gli occhi iracondi nella schiena di quello più basso, che gli stava dando le spalle, sperando con tutto il cuore che si voltasse per lacerarlo con gli occhi.
“Sai chi è?” chiese il tappetto con disprezzo “voglio vedere che faccia ha.”
L’altro gli fece un cenno nella direzione di Harry e il più basso si voltò. Due sottili occhi colore del ghiaccio si scontrarono improvvisamente con quelli iniettati di sangue del riccio. Quegli occhi così freddi, pensò Harry, rappresentavano benissimo la persona glaciale e meschina che doveva essere quel nanetto.
Quest’ultimo fu inizialmente sorpreso che il figlio di Lord Styles lo stesse guardando, poi quando captò l’odio intenso di quello sguardo collegò immediatamente al fatto che avesse sentito tutto e non tardò a ricambiarlo con un’occhiata sottile e tagliente come un’affilata lama d’acciaio.
Un brivido percorse la schiena di Harry. No seppe mai se fu per la paura che gli aveva procurato o se fosse per la strana aurea di fascino che quel giovane dagli occhi di ghiaccio proiettava, in quel momento il riccio era solamente impegnato a caricare il suo sguardo di più disprezzo possibile.

Le parole terminali del discorso di Lord Styles interruppero quel gioco sadico di sguardi e Harry riportò l’attenzione al padre. Un applauso si levò in tutta la sala mentre il padre di Harry si alzava a fatica abbandonando la sala.
I cavalieri si avviarono pian piano verso l’uscita.
Harry sentì una mano afferrargli la spalla che fece lo sussultare, si voltò di scatto per capire chi fosse.

Il sorriso dolce di Liam lo tranquillizzò.
“Ah, sei tu” ricambiò il sorriso Harry.
“Harold, mi dispiace molto per la decisione di tuo padre, ma sai, se avessi rifiutato sarebbe stato come insultarlo direttamente e…” Disse il giovane dai capelli quasi rasati tutto d’un fiato, senza scandire le parole.
“Liam! Tranquillo!” Il riccio rise leggermente all’ansia dell’amico e gli regalò un sorriso che mostrò le sue magnifiche fossette. Questi tirò un sospiro di sollievo e sembrò tranquillizzarsi un poco.
“Pensavo mi avresti odiato per sempre” in uno slancio di affetto Liam si gettò tra le braccia del più piccolo in un caldo abbraccio.
 
“Wow, lo stai per caso ringraziando per aver preso il tuo posto nell’arena? Troppo cagasotto per affrontare il torneo?”
Una voce gelida li interruppe , squarciando la dolcezza di quel momento.
Harry si voltò di scatto e un’ondata glaciale percorse interamente il suo corpo quando rincontrò di nuovo gli occhi del ragazzo basso. La sua voce acuta non poteva che combaciare perfettamente con il suo sguardo.
Un moto di rabbia riscosse Harry da quegli occhi che lo avevano per un attimo pietrificato.
Non poteva. Non poteva beffarsi di lui a quel modo, era troppo. Non si era nemmeno avvicinato al motivo per cui Harry non aveva partecipato. Erano tutte calunnie, nient’altro.
“Sta zitto! Tu non sai proprio un cazzo del perché non parteciperò a quello schifoso torneo!” Harry urlò avvicinandosi di scatto al ragazzo e sovrastandolo con tutta la sua altezza. Sentiva le vene pulsargli sul collo e sulle tempie.
L’altro però non fece una piega, non si smosse, anzi, tirò fuori un sorriso beffardo, come se avesse ottenuto proprio la reazione che sperava. Dovette alzare gli occhi per poter sostenere lo sguardo del riccio.
“Oh, ma davvero? E allora per quale motivo? Forse eri troppo impegnato a fare la checca col tuo amico per allenarti seriamente?” sputò il ragazzo dai capelli lisci a pochi centimetri dal volto di Harry.
Quest’ultimo non ci vide più. Caricò velocemente un pugno dietro la schiena per spaccare quel bel visino che si ritrovava l’altro. Si sarebbe finalmente tolto quel sorrisetto bastardo dalla faccia.
Qualcosa però bloccò i suoi intenti. Si voltò leggermente e vide Liam e che gli tratteneva il polso e lo fissava con sguardo ammonitore.
“Ah, ecco che ti fai salvare di nuovo dal tuo amicone.” Soffiò il basso con una risata glaciale. “Le persone come te mi fanno schifo.”
Disse quest’ultima frase con un disprezzo tale che Harry non potè che sentirsi debole, impotente e meschino. Come poteva quel ragazzo intaccare così le sue difese, fargli perdere così in fretta il controllo, come non gli era mai successo? Come poteva portarsi dentro così tanto odio e rancore da gettare gratuitamente sul riccio? Come?
Harry rimase fermo lì, impietrito mentre l’altro spariva dietro la porta della grande sala.

“Harold, che ti prende?” chiese Liam preoccupato, non ti avevo mai visto così.
Bella domanda. Pensò Harry.
“Non lo so.” Disse soltanto con voce flebile, quasi un sussurro, e gli occhi puntati a terra.
“Devi stargli lontano Harold, hai capito?” lo sguardo di Liam si fece improvvisamente più duro.
“Perché?” Harry alzò lo sguardo puntando gli occhi in quelli color miele del più grande.
“Perché lui è uno dei più forti e spietati cavalieri del Nord Inghilterra, non farti ingannare dalla sua altezza. E’ incredibilmente bravo a gareggiare, si dice che abbia perso ben poche gare, nonostante sia solo un anno che il suo nome si è diffuso tra le corti inglesi”.
“Un solo anno?” Harry deglutì rumorosamente. “E come si chiama?”
“Louis William Tomlinson, figlio di una delle famiglie più ricche di Doncaster.”
Harold in quel momento sapeva che quel nome non sarebbe uscito facilmente dalla sua vita.





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Eccomi qui con il secondo capitolo.
Vorrei ringraziare chi segue già la storia e in particolare le due ragazze che hanno recensito, è molto importante sapere cosa ne pensate essendo la prima long che scrivo.
Spero che vi piaccia come si sta evolvendo la storia, nel prossimo capitolo torneranno anche i nostri Niall e Zayn. (:
Se volete seguirmi su twitter sono @Aki_To_Love

-Erika

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Capitolo 3
*** Back to Life ***


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“How does it feel?
How does it feel?
To be without a home?
Like a complete unknown?
Like a rolling stone?”

Bob Dylan- Like a Rollin’ stone



 

_Back To Life_
 

 
Il sole stava ormai tramontando. Seguiva con lentezza il suo percorso, come ogni sera, andando a nascondersi dietro le alte torri del castello. Le pittoresche case a graticcio della cittadina si stavano pian piano colorando di rosso e una leggera brezza si stava alzando da nord.
I commercianti nei Rows stavano cominciando a chiudere le botteghe per la notte e i bambini si apprestavano a rientrare richiamati a gran voce dalle madri, ormai per la maggior parte esasperate.
Zayn guardava la vita correre veloce attorno a sè e come al solito vi si lasciava trasportare.
Ogni giornata era uguale alla precedente. Si alzava, apriva la bottega, lavorava sodo e vendeva poco, mangiava qualche avanzo e alla sera chiudeva bottega stanco morto. Tutto uguale, ogni singolo giorno da qualche anno a questa parte. Cambiava solo la città in cui svolgeva questa routine.
Il giovane moro cominciava a essere stanco, non aveva più voglia di continuare a quel modo. Ma soprattutto cominciava a sentirsi solo, terribilmente solo, forse per la prima volta in vita sua.
La sua mente cominciò a vagare agli inizi del suo viaggio, quando tutto era nuovo, tutto era diverso, tutto era eccitante e tutto gli dava speranze per un futuro migliore. Aveva vissuto l’infanzia in un piccolo paese, non più di trecento anime, lì tutti si conoscevano tra loro, si trovavano nelle strade e nelle piazze a chiacchierare delle giornate trascorse, sempre i soliti discorsi.
Così faceva anche la madre di Zayn, la sua unica parentela rimasta, ma non lui. Se ne stava chiuso in casa a osservare il mondo attraverso la finestra, con gli occhi di un narratore esterno che conosce tutto ma di cui nessuno sa nulla. Era sempre stato un tipo introverso e non amava il contatto personale, non amava parlare, o forse più semplicemente stava bene nella sua solitudine, con i suoi pensieri e con le sue statuine in cui metteva tutto il suo amore.
Quando sua madre morì scomparve l’unica ragione che tratteneva Zayn a restare in quel posto, come scomparve l’unico legame affettivo del ragazzo.
Fu così che appena sedicenne decise di partire alla volta dell’occidente, dove sperava di iniziare una nuova vita, magari di cambiare e trovare una bella donna con cui formare una famiglia.
 
Le cose non andarono come il moro sperava, dopo anni era ancora solo, intrappolato nella monotonia della sua vita.
Ma qualcosa era successo due giorni prima. Già, qualcosa, perché nemmeno lui sapeva come definirlo.
Questa cosa aveva le sembianze di due profondi occhi blu e un sorriso da togliere il fiato. Dopo anni Zayn si sentiva riscosso dal suo torpore, aveva finalmente voglia di conoscere qualcuno, e non un qualcuno qualunque, ma quell’irlandese. Voleva conoscere ogni sfumatura del suo essere, ogni motivo per cui si era ridotto a guadagnarsi da vivere in modo così meschino, ogni dettaglio più o meno doloroso che si nascondesse dietro la sua giovane storia.
L’irlandese dagli occhi color del cielo però non si era più presentato al banco di Zayn, non che a lui dispiacesse il fatto che non avesse provato a derubarlo nuovamente, ma sperava almeno di vederlo passare per le polverose vie della cittadina.
Era strano che non fosse passato di lì nemmeno per caso, forse temeva di incontrarlo? Temeva che Zayn lo denunciasse alle guardie? O forse semplicemente aveva già lasciato Chester?
Un brivido gli percorse la schiena.
Quest’ultima opzione era improbabile però, era appena iniziata la fiera e le occasioni da sfruttare erano tante per lui.
 
Raccattò velocemente le sculture esposte sulla bancarella e ripose con cura tutto in bottega. Chiuse accuratamente il portone e si inoltrò tra la folla con un solo obiettivo: ritrovare il ladruncolo di strada che aveva provato a derubarlo il giorno prima. Zayn rise tra se e se, a ben pensarci la faccenda aveva dell’assurdo.
Man mano che camminava le strade della città si facevano sempre più buie e sempre meno affollate, si intravedeva solo qualche lume provenire dall’interno delle abitazioni e delle taverne piene, ma di Niall non vi era traccia e il moro stava iniziando a perdere la speranza.
 
Un attimo dopo un movimento dietro un angolo attirò la sua attenzione. Vide finalmente in lontananza il ciuffo di capelli biondi che si muovevano al ritmo del passo cadenzato dell’irlandese.
Un grosso sorriso si aprì sul volto di Zayn che accelerò il passo per raggiungerlo il prima possibile, quando fu abbastanza vicino aprì la bocca per richiamare il biondo, ma qualcosa glielo impedì.
Una mano uscita da chissà dove gli tappò la bocca strattonandolo di lato e trascinandolo in un vicolo stretto e buio.
Gli ci volle un momento per capire cosa stesse succedendo. Si ritrovò completamente schiacciato contro un muro gelido e cominciò a respirare a fatica a causa di una mano che gli stringeva con forza la gola. Un puzzo incredibile che raggiungeva le sue narici contribuì ad aumentare il suo disorientamento.
Quando Zayn riuscì ad aprire gli occhi vide un uomo incappucciato che gli stava di fronte e che lo fissava con uno sguardo truce. Aveva una mano che gli premeva la gola e l’altra che reggeva una fredda lama artigianale puntata diritto contro la sua giugulare.
“Dammi i tuoi averi e ti risparmierò la vita” sibilò questo a un palmo dal suo naso. Un forte odore di alcool invase le narici del moro.
Finalmente Zayn si rese conto della situazione. Un attacco di panico lo assalì e il suo cuore cominciò a battere come se dovesse scoppiargli la cassa toracica.
Merda! Si ricordò di aver lasciato la sacca coi soldi in bottega. Una mossa che ora avrebbe pagato cara, dato che quel tipo non si sarebbe accontentato di un semplice ‘no’.
“N-non ho nulla con me, controlla pure” Zayn riuscì a soffiare a fatica, stava tremando sconnessamente e in più l’aria cominciava a mancargli.
“Non dire stronzate, tira fuori i soldi!” per tutta risposta la presa sulla gola del ragazzo si fece più stretta e Zayn potè sentire la lama premere pericolosamente più a fondo contro la sua gola.
Stavolta è la fine. Fu il suo ultimo pensiero prima di sentire un tonfo sordo, qualcosa si era abbattuto sulla sua testa gettandolo a terra. Rumori confusi provenivano dalle sue spalle, tutto girava, sempre più vorticosamente. Un attimo dopo tutto fu buio.





 


Una fitta alla tempia.

Faceva male, maledettamente.

Che era successo?

Ahia, che dolore.

Provò a fatica ad aprire un occhio.

Una stanza sconosciuta. Dove sono?

Un flash di un ricordo gli attraversò la mente: una lama fredda puntata alla sua gola.

 Con uno scatto repentino si mise a sedere sul letto, il cuore batteva a mille. Sentiva ancora chiaramente l’odore del pericolo e della paura, ma non riusciva a ricollegare i fatti accaduti.

Cosa succede? Cosa?

Ma non c’era nessuno che poteva rispondere alle sue domande, c’era solo una stanza da letto vuota immersa nella penombra,  con un piccolo armadio e un comodino su cui erano posati una candela e una ciotola di thè caldo.
Una stanza di una locanda forse, ma come ci era finito?

“Ciao, come stai?” una voce dolce arrivò dalla parte in ombra della stanza.
Zayn quasi stramazzò a terra per lo spavento.
“Chi cazzo sei?!” Urlò ritraendosi contro la testata del letto, come se questa potesse fornirgli una via di fuga da quella situazione assurda.
“Ehi ehi, scusa non volevo spaventarti, tranquillo qui sei al sicuro ti ho aiutato io in quel vicolo” L’ombra parlò tutto d’un fiato scandendo a malapena le parole tra loro.
Il moro si tranquillizzò un poco. “Quindi chi sei?” riuscì a chiedere con lanciandogli un’occhiata sottecchi.
“Mi chiamo Liam Payne” disse l’ombra avvicinandosi alla luce “sono uno dei cavalieri che vive alla corte di Lord Styles”.
La figura uscì finalmente dal buio. Un ragazzo alto e dal fisico perfetto, con abiti troppo eleganti per quell’umile stanza, comparve davanti a Zayn e gli occhi color miele di questo incontrarono delicatamente i suoi. Nella penombra di quella stanza pareva quasi una visione angelica.
Il moro deglutì a fatica. Aveva sentito più volte parlare di Payne, un cavaliere dal comportamento impeccabile e dal grande fascino, da far invidia a molti principi. Ed era arrivato a salvare proprio lui.
“I-io sono Zayn. Che cosa mi è successo?”
“Un ladruncolo stava cercando di derubarti, purtroppo quando sono intervenuto si è spaventato e ti ha colpito in testa facendoti svenire. Non sono riuscito a prenderlo, ma ti prometto che non la passerà liscia.”
Uno strano sguardo si dipinse nei suoi occhi, sembrava quasi un misto di rabbia, voglia di vendetta e preoccupazione. Quale ne fosse il motivo Zayn non lo sapeva, dato che a Liam quel tizio non aveva fatto proprio un bel niente.
 “Sai, non dovresti frequentare quei quartieri di notte, è molto pericoloso, ma per fortuna sono arrivato prima che potesse capitarti qualcosa di spiacevole.”  Sospirò.  “Visto che poi non sapevo che fare o dove portarti ho pagato questa camera per la notte, purtroppo ai popolani non è ammesso l’accesso al castello. Credo che nemmeno uno scultore… “
Zayn lo interruppe: “Scultore? Aspetta, come sai chi sono?”
Liam sbarrò gli occhi, forse rendendosi conto di quello che aveva appena detto. Abbassò svelto lo sguardo verso il pavimento di assi di legno della stanza.
“Io… beh.. ecco…”
 Il cuore del moro aumentò leggermente il battito. Come faceva Liam Payne, il sogno proibito di mezzo reame, a sapere chi fosse Zayn? Lui era uno dei tanti commercianti, un nessuno, un’anima persa per le strette vie di Chester.
“Beh, semplicemente girando per la città ti ho notato lavorare a quelle magnifiche sculture e…”
“Non ti ho mai notato” lo interruppe il moro visibilmente stranito.
Un velo di delusione percorse per un attimo gli occhi di Liam.
“Beh, effettivamente non mi sono mai fermato a parlarti” Liam sembrava sempre più in imbarazzo. Possibile che un cavaliere della sua fama con tutte quelle dame che lo corteggiavano fosse in imbarazzo proprio davanti a lui?
“Grazie, comunque” Zayn decise di troncare la conversazione.
“Di nulla.” Liam regalò un sorriso a trentadue denti al moro, il quale si ritrovò a chiedersi per quale motivo stesse arrossendo per quel semplice gesto del cavaliere.
“Allora, visto che stai bene vado.”
No, rimani. Avrebbe voluto dire Zayn, ma tutte le emozioni che stava provando in quel momento lo stavano sopraffacendo all’unisono. Ora aveva solo bisogno di tranquillità per riordinare le idee, solo quello.
“Ciao allora, e grazie ancora, ci vedremo in giro probabilmente.” Il moro sorrise dolcemente all’altro. “E chissà, magari un giorno potrò ricambiare il favore.”
Zayn poté giurare di aver visto gli occhi di Liam illuminarsi per un secondo prima che la grossa porta massiccia si chiudesse alle sue spalle.
 
Zayn si risdraiò a letto rimuginando.
Che gli stava succedendo? Non aveva mai provato così tante emozioni contrastanti come negli ultimi giorni. Era tanto tempo che non desiderava più compagnia, erano anni che non si interessava a qualcuno, a chiunque, che non fosse se stesso o sua madre, e ora…
 
Il moro forse lo sapeva e lo sperava assieme.
La vita stava finalmente tornando a sorridergli, la fitta nebbia del suo mondo era stata trafitta dai raggi di un timido sole primaverile che non vedeva l’ora di mutare la sua forza e diventare un caldo e vitale sole estivo.
 
Zayn sapeva che stava pian piano ritornando a vivere e la cosa gli piaceva maledettamente.

 
 
 




 
 
 

 
 
Il destino è come un fiume in piena che ti travolge con la sua portata. Il destino ti lascia senza scampo, senza uscita, senza una via di fuga. E’ qualcosa di tremendamente crudele e violento, ma allo stesso tempo può diventare fonte di vita e di amore. Tutto accade per un motivo, con uno scopo preciso, tutto ci riconduce svolta dopo svolta a un traguardo che è solo nostro. Questo può essere gioia così come dolore, non lo puoi sapere, non lo potrai dire fino a che non lo avrai raggiunto, ma solo una cosa è certa: tu non puoi decidere.
 
Liam aveva sempre creduto profondamente nel destino.  Sapeva che c’era un motivo  per ogni scelta e ogni fatto compiuto, anche per il più inconsueto.
Sapeva quindi che c’era un motivo se, dopo tanto tempo, proprio quella sera aveva deciso di seguire il bel moro dopo la chiusura della bancarella. Sapeva che c’era un motivo se Zayn si era inoltrato con noncuranza tra le vie più malfamate del paesino. Sapeva che c’era un motivo se quello stronzo incappucciato aveva tentato di rapinare lo scultore.
Tutto era volto al solo scopo di portare il giovane cavaliere ad avere finalmente un’occasione. Aveva ottenuto una scusa per parlargli, per entrare nella vita del giovane dalla pelle olivastra che aveva catturato il suo sguardo fin dal primo istante e lo aveva inconsapevolmente fatto suo.
Erano mesi che Liam cercava solo quella scusa, quella piccola scintilla che lo portasse finalmente nella realtà dell’altro.
 
Era novembre dell’anno precedente. Un vento gelido spazzava le strade quasi deserte di Chester e Liam si stava dirigendo verso il castello, tenendosi ben stretto nella sua pelliccia.
Come al solito prese la via delle botteghe per arrivare al castello, era la più corta che lo collegava al fabbro della città. Era una via che frequentava spesso e ormai conosceva il viso di tutti i commercianti a memoria, così come ogni singolo prodotto esposto nelle botteghe. Fu proprio per quel motivo che qualcosa di diverso attirò la sua attenzione.
Circa a metà della strada una piccola bottega che era abbandonata da anni aveva la porta spalancata.
Liam incuriosito rallentò il passo.  Un vecchio cocchiere stava aiutando un ragazzo moro dalla pelle scura a scaricare alcune casse di legno da un carro marcescente.
Il cavaliere si fermò proprio dalla parte opposta della strada di fronte alla bottega, giusto a pochi metri dal carro. Stava per avvicinarsi per dare una mano, quando si rese conto che i due avevano appena finito e il cocchiere si apprestava a ripartire. Mosse lo sguardo verso la porta ancora aperta e si accorse che l’altro ragazzo lo stava guardando.
Liam lo salutò educatamente con un sorriso e questi rispose sorridendo distrattamente a sua volta, distogliendo poi lo sguardo in modo schivo. Un attimo dopo scomparve senza una parola dietro la porta della sua nuova bottega.

Il cavaliere non si rese conto immediatamente dell’effetto che quel ragazzo ebbe sul suo animo,  solo col passare dei giorni capì che la voglia di rivedere quegli occhi scuri e quel sorriso si stava facendo pian piano più insistente.
Ma più il desiderio di parlargli aumentava, più paure di varia natura lo tormentavano  e lo trattenevano in uno stato di immobilità sempre più dolorosa e soffocante.
Sapeva che non era giusto essere attratti a quel modo da un uomo, era chiaramente scritto nei sacri testi, e come se non bastasse era sicuro che il moro lo avrebbe rifiutato a prescindere, proprio a causa del suo sesso. Liam si convinse che l’unica soluzione che poteva rimanergli per farlo entrare nella sua vita era quella di trovare un modo per diventargli amico, potendo ottenere da lui soltanto quello e nulla più. Non voleva però sembrare appiccicoso, non voleva dargli l’impressione di attaccare bottone solo per poi portarselo a letto.

La sua mente cominciò a corrucciarsi giorno dopo giorno, alla ricerca di un solo appiglio, una scusa valida per parlargli, ma tutto gli sembrava sempre particolarmente scontato o volgare. Nulla era mai adatto.
Fu così fino a quella sera, quando il destino aveva deciso di correre in suo soccorso, dando la spinta finale all’eterno indeciso.
 
Fu per questa serie di motivi che non appena si chiuse la porta della locanda alle spalle il suo cuore sembrò voler esplodere di gioia.
 Lo stomaco gli si stava attorcigliando per le emozioni, aveva voglia di cantare e ballare, di urlare al mondo la sua gioia di quell’istante. Si sentiva felice come non lo era da tanti anni ormai, felice come quelle ragazzine che andavano in giro urlando di come il bellissimo Lord Harold avesse donato loro un fiore o un sorriso.
Preso dall’impeto del momento si mise a correre a più non posso verso il castello, accompagnato da un sorriso ebete stampato sulla sua faccia.
 
In pochi minuti arrivò davanti alla porta chiusa della stanza del suo caro amico Lord Harold. Era ormai notte inoltrata e sperava che il riccio non stesse già dormendo, aveva assolutamente bisogno di parlargli di quello che era appena successo.
Fece per alzare la mano e bussare alla porta, ma qualcosa lo bloccò. Da dentro la stanza provenivano dei rumori, così decise di avvicinare l’orecchio alla porta per riuscire a sentire qualcosa.
Gli pareva davvero strano che, nonostante fosse tardi e stesse rischiando di svegliare tutto il castello, Harold stesse… cantando.

 
 
 

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Rieccomi qua ragazze!

Inizio col dirvi che spero che il capitolo vi sia piaciuto e spero di non deludere le vostre aspettative. Fin’ora c’è stata una parte di introduzione generale ai personaggi, la trama pian piano viene fuori, ma dal prossimo capitolo ci sarà finalmente un po’ più di azione.
Volevo ringraziare chi segue la storia, ma soprattutto volevo ringraziare Still Alive per il supporto che mi sta dando per scrivere questa long (passate a leggere le sue storie, sono davvero belle!) e Pomodori_and_zucchine per la bellissima e utilissima recensione che mi ha lasciato.
A presto!

-Erika

(mio twitter: @aki_to_love)

P.S. Ho appena scoperto che a Chester si teneva effettivamente un'importante fiera nel medioevo, sono un genio inconsapevolmente ahahahah

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Capitolo 4
*** Voci nel buio ***


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_Voci nel buio_

 
L’aria gelida della notte entrava con un soffio dalla finestra aperta, ma Harry non era troppo impegnato per curarsene.
Il riccio era pienamente concentrato a modulare con cura la voce a ogni nota in un canto melodioso, era attento alla perfezione, a non sbagliare nemmeno un dettaglio. Il suo sguardo accarezzava le colline scure che si stendevano dinnanzi a lui, la le luna illuminava e le colorava di toni grigiastri che si riflettevano nelle iridi verdi del ragazzo.
Un silenzio che sapeva di morte avvolgeva la sua voce profonda che andava disperdendosi nel buio, accompagnata solo dal canto solitario di un assiolo.

Ormai la speranza di Harry stava svanendo.
Nessuna voce si sarebbe unita alla sua nemmeno quella notte.
Erano ormai tre giorni che sperava, che provava, che si distruggeva la mente per ricavare dai ricordi qualche informazione che potesse aiutarlo a trovare il giovane a cui appartenesse la voce che gli aveva rapito il cuore. Per la prima volta si era sentito completo, anche se per un solo istante, parte di qualcosa di unico e indistruttibile.

Ma nulla, attorno a lui solo il silenzio della campagna inglese. Harry fece un lungo sospiro, fermandosi un attimo di cantare.
Il giovane stava passando davvero un brutto periodo, avrebbe solo voluto sprofondare in una fossa e riemergere dopo che tutto lo schifo che la Fiera di Chester stava portando fosse svanito. Non ne poteva più degli sguardi inquisitori a corte, delle voci di corridoio, di passare le notti insonni  a chiedersi cosa aveva sbagliato, a chiedersi del perché non fosse mai all’altezza. Inoltre a volte si svegliava di soprassalto pensando di udire quella voce così leggera entrare dalla finestra, ma ogni volta era solo uno stupido sogno. Nulla di più.
Certe volte il sogno era così reale che Harry finiva per crederci davvero e questo rendeva ancora più brusco il risveglio.
Era strano, ma anche in quel momento gli sembrava che un soffio di vento più gelido degli altri trasportasse insicuro la voce delicata all’interno della sua stanza.
Harry tese l’orecchio e un attimo dopo un brivido gli percorse la schiena provocandogli un tremito, ma non a causa del freddo.

Si rese conto che questa volta la voce era reale, incredibilmente reale, proprio come la prima volta che l’aveva udita.
Istintivamente si avvicinò di più alla finestra, appoggiandosi sul davanzale, e un ampio sorriso gli si disegnò immediatamente sul volto, facendo comparire le due piccole fossette ai lati della bocca.
Rimase un attimo incantato ad ascoltare la melodia delicata che gli giungeva alle orecchie. Chiuse gli occhi per percepire ogni sua singola sfumatura, per essere avvolto da ogni singola emozione che gli stava procurando e tutti i brutti pensieri scomparvero in un secondo.
Decise di riunire finalmente le loro tonalità in un coro che parlava di perfezione, un’ottava più alta e una più  bassa, di nuovo a fondersi assieme come fossero sempre state una cosa unica, inscindibile.
Harry non poteva credere che  una voce senza volto fosse riuscita a rubargli un piccolo angolo di cuore, ma ancora di più faticava a credere che esistesse una voce che potesse combaciare così perfettamente con la sua. Forse a cantare era il suo angelo custode, doveva per forza essere così, solo in questo modo si potevano spiegare i forti brividi che lo stavano attraversando in quel momento.

A un certo punto dei rumori provenienti da fuori interruppero la voce leggera dell’altro ragazzo, ponendo fine così anche ai pensieri di Harry.
“Scusa, devo andare!” la voce sottile e delicata gli arrivò diretta, sgretolando la magia di quel momento e in un secondo lasciò spazio al terrore di non risentirla mai più.
Devo fare qualcosa prima che sia tardi.
“Ci sarai domani alla sfilata inaugurale?!” Harry chiese in un gesto disperato, un ultimo appiglio alla speranza di incontrarlo.
Un attimo di silenzio.
“Ci sarò! Ciao!” fu la risposta frettolosa, poi solo il rumore dei passi che si allontanavano in fretta.

Il cuore di Harry si riempì per un attimo di gioia nel sentire la risposta, ma questa si smorzò notevolmente quando si rese conto che non aveva idea di come lo avrebbe riconosciuto.

Qualche tonfo sordo provenne dalla porta facendolo scattare in piedi.
Solo allora si rese conto di quanto il tempo fosse passato veloce, era veramente tardi e forse i rumori avevano svegliato qualcuno nel castello.
E se mi hanno sentito? O peggio, se CI hanno sentito?
Il terrore si impadronì di Harry all’idea che il padre potesse venire a sapere che di notte cantava di nascosto con un ragazzo, avrebbe di sicuro preso qualche provvedimento che il riccio non voleva nemmeno immaginare.

“C-chi è?” balbettò chiudendo la finestra in fretta come se stesse nascondendo la prova del delitto.
“Harold, sono Liam, posso entrare?”
Il riccio tirò un sospiro si sollievo e si rilassò appoggiandosi alla parete dietro di lui. Liam aprì la porta massiccia senza far rumore e si intrufolò nella grande stanza.
“Mi avevi spaventato”  disse Harry con un sospiro.
“Mi dispiace. Ma… posso sapere con chi stavi parlando e soprattutto perché cantavi a quest’ora?” il cavaliere alzò un sopracciglio con aria interrogativa, mentre si andava a sedere su una sedia in legno scuro, come era solito fare quando si trovava lì.
“Ehi, sarei io che dovrei chiederti cosa ci fai nella mia stanza a notte fonda!” Harry cercò di ribaltare il discorso, non aveva proprio voglia di parlare di quella voce con nessuno, nemmeno con Liam.
La tattica parve funzionare.
Il volto di Liam si illuminò in un sorriso raggiante, mentre il suo sguardo sognante vagava per la stanza. Harry intuì quale sarebbe stato l’oggetto del discorso. L’amico infatti assumeva quell’espressione imbambolata solamente quando parlava di una persona: il giovane scultore moro che lavorava nella via delle botteghe.
Nonostante a Harry fosse palese, Liam continuava a negare l’evidenza di avere una cotta per lui. Il riccio sapeva bene quanto l’amico fosse stato indottrinato e quanto credesse che la sodomia potesse portare diritto all’inferno. Non riusciva nemmeno a immaginare in che lotta interiore si sarebbe trovato, una volta che fosse riuscito ad ammettere a se stesso di essersi infatuato di un ragazzo.
“Quindi? Hai avvistato il moretto per strada?” Chiese Harry ironicamente notando che l’altro non accennava ad aprire bocca.
Se fosse stato possibile il sorriso di Liam sarebbe arrivato da un orecchio all’altro a quelle parole, gli occhi gli brillavano un modo assurdo seguendo chissà quali pensieri. Harry capì di aver fatto centro.
“Non crederai a quello che è successo stasera” sputò l’altro d’un fiato.
Il giovane cavaliere cominciò a raccontare i fatti e, come accadeva di solito quando era agitato, infilò tutte le parole una dietro l’altra, sempre senza pause, tanto che Harry dovette più volte riprenderlo e dirgli di rallentare o non ci avrebbe capito nulla.

“Gli è andata davvero bene che ci fossi tu lì.” Harry non pensava che Liam sarebbe mai riuscito a parlare da solo a quel ragazzo, la fortuna gli aveva dato decisamente una grande spinta.
“Comunque… Finalmente!” gridò Harry saltando in piedi per abbracciare l’amico. “Ora la finirai di stressarmi con questa storia. Anche se avrei preferito che ti fossi fatto avanti tu, cioè, se Zayn non fosse mai andato in quel posto saremmo ancora al punto di partenza.” Lo ammonì con uno sguardo scherzoso.
Liam abbassò lo sguardo arrossendo appena.
“Assurdo vero? Liam Payne, uno dei cavalieri migliori di Chester che ha paura di parlare a un ragazzo.” Disse sorridendo amaramente.
A quelle parole Harry si mise a ridere di gusto, ricordando quante volte se le era dette tra sé e sé.
“Ehi, tu hai poco da ridere, mi devi ancora dire perché stavi cantando!”
A quelle parole il riccio tornò improvvisamente serio.
Maledetto Payne, lui e la sua memoria.
“Harold, tutto a posto?” Liam sembrava preoccupato dal repentino cambio d’umore.
“Si, e che…” prese un respiro “stavo cantando con un ragazzo.”
Liam lo guardò stranito e si voltò ispezionando la stanza, come immaginava era deserta. “Ragazzo? E dov’è?”
“Era sotto la mia finestra” Harry parlava torturandosi le mani a testa bassa, mentre i ricci ribelli gli cadevano sul volto.
Liam ci stava capendo sempre meno. Alzò una mano per grattarsi la testa tra i capelli cortissimi.
“Fuori? E chi era?”
“E’ quello che voglio scoprire.” Sospirò tristemente Harry.
“Ok, Harold, facciamo così, adesso parti con calma dall’inizio e mi spieghi per bene questa storia, altrimenti ne esco matto.

Il riccio raccontò brevemente dei due brevi incontri, della sintonia, delle emozioni, delle strane sensazioni che una sola voce era riuscita a provocare in un modo così inaspettato.
“Quindi mi stai dicendo” prese parola Liam alla fine cercando di trattenere senza buoni risultati le risate che cercavano di uscire “che hai preso una cotta per una ‘voce’? E poi hai anche il coraggio di prendere in giro me?” detto questo scoppiò in una fragorosa risata.
“Idiota!”  urlò giocosamente Harry prendendo uno dei grandi e pesanti guanciali del letto e scagliandolo con forza contro Liam, il quale cadde malamente dalla sedia ma senza riuscire a smettere di ridere.
“E io che pensavo fossi asessuato, almeno sono contento di sentire che qualcosa ha fatto breccia nel tuo cuore di pietra” disse il cavaliere riprendendo fiato, mentre il suono delle sue risate andava  disperdendosi nella stanza. “Come pensi di fare per trovarlo domani sera?”
Lo sguardo di Harry andò a disperdersi nel vuoto. “Non lo so” disse con un sussurro.
“Vedrai, lo troveremo un modo, farò il possibile” Disse Liam dolcemente.
“Grazie” rispose il riccio portando lo sguardo in quello dell’amico e sorridendo dolcemente.


 
 


 
La sera successiva Harry si stava preparando nella sua stanza con i vestiti più eleganti  e pregiati che aveva, Lou lo stava aiutando con fatica ad allacciare i complicati stivali che avrebbe dovuto indossare.
La sfilata prima dell’inizio del torneo era un’importante tradizione per la fiera, i cavalieri che avrebbero partecipato al torneo percorrevano le strade della cittadina portando lo stendardo della casata per cui avrebbero gareggiato, dietro di loro tutti i nobili delle varie casate sopraggiunte per l’occasione. Liam sarebbe stato in prima fila, esattamente dietro a Lord e Lady Styles, essendo il rappresentante della casata. Harry invece sarebbe stato dietro, tra i nobili, mischiato alla massa dei tanti senza il talento necessario per partecipare.
L’unica cosa che consolava il riccio era che una volta alla fine del percorso, all’arena, ci sarebbero stati grandi banchetti, musica, danze a cui era invitata tutta la cittadinanza. Lì Harry avrebbe avuto una qualche possibilità di incontrare la famosa ‘voce’ che lo aveva rapito e, se fosse andata male, avrebbe almeno potuto ubriacarsi con del buon vino dalla penisola italica.

“Ahia!” uno strattone di Lou lo fece sussultare.
“Piantala di lamentarti, non hai più cinque anni!” sbuffò Lou e per tutta risposta strinse il laccio ancora di più.
“Guarda che devo andare a sfilare in un corteo, non sto cercando di farmi amputare una gamba. ” Sbottò ironicamente il riccio alzando gli occhi al cielo.
In quel momento qualcuno cominciò a bussare freneticamente alla porta.
“Entra pure” disse Harry, immaginando già chi potesse essere così agitato a quell’ora.

Un Liam Payne in preda a una crisi isterica entrò dalla corsa gesticolando freneticamente e farfugliando parole incomprensibili.
Harry cercò di rimanere il più serio possibile, nonostante la situazione fosse piuttosto ridicola.
Si divincolò dalla stretta di Lou e si avviò verso l’amico.
“Liam, respira!” disse dopo avergli poggiato le mani sulle spalle. L’altro lo guardò negli occhi e la tranquillità di Harry lo aiutò a ritrovare un po’ di calma. “Qual è il problema?”
“O-oggi ci sarà di sicuro Zayn e-e se non gli piacessi? Cioè, se gli stessi antipatico? E se facessi una figuraccia davanti a lui? E se non volesse parlarmi? E-“
“Liam piantala!” Harry cominciò a scuotere le spalle dell’amico per farlo tacere. “Andrà tutto bene, lo sai. Sei Liam Payne, come potresti non piacergli?” Il riccio regalò all’amico un sorriso sincero che questi ricambiò un attimo dopo.
Liam fece un respiro profondo.
 “Lo spero, grazie. Tu sei pronto?”


Un attimo dopo si ritrovarono per le strade affollatissime della cittadina.
Un clima di festa li avvolse completamente mentre si dirigevano verso porta nelle mura sovrastata dal grande orologio. Le strade erano gremite di gente vestita degli abiti migliori che rideva e scherzava. C’era chi beveva, chi suonava, chi danzava a tempo e chi si lasciava semplicemente trascinare dal flusso di persone che scorreva per le vie.
Tutte le finestre delle case erano illuminate e allegri festoni decoravano il percorso che la sfilata avrebbe seguito. In questi momenti Harry si sentiva di nuovo bambino, poteva sentire un sincero stupore provocato dall’attesa della festa scorrergli nelle vene, contagiato dalla trepidazione della gente accanto a lui.
Anche Liam sembrava aver messo per un momento da parte i pensieri della serata, dato che un sorriso genuino gli illuminava il volto facendogli brillare gli occhi.

A ritmo di musica i due ragazzi arrivarono al luogo di partenza del corteo, lì la confusione era pressoché totale.
Grida e schiamazzi giungevano da ogni parte, c’erano donne che correvano dietro a bambini sporchi di fango che non volevano lasciarsi infilare gli scomodi vestiti eleganti, c’erano anziani che impartivano ordini sulla migliore disposizione da assumere durante la sfilata, c’erano ragazzi che scherzavano pericolosamente con le torce che tenevano in mano e c’erano anche un paio di cani che si contendevano un pezzo di carne che qualcuno gli aveva lanciato.
Harry e Liam si misero in un angolo aspettando che la situazione si calmasse.
“Devo trovare il ragazzo con lo stendardo della casata! Sono il primo ad aprire la sfilata!” La solita agitazione di Liam stava di nuovo tornando a farsi sentire per nulla, così Harry si limitò a ignorarlo facendo correre lo sguardo tra la folla.
La sua attenzione fu attirata da un giovane che gli dava le spalle, aveva un vestito ricamato finemente che aderiva al suo corpo talmente bene da sembrare essergli stato cucito addosso. Il tessuto sottolineava ogni curva del suo bel fisico, lasciando poco all’immaginazione.
Fu solo quando il giovane voltò leggermente il viso di lato che il riccio lo riconobbe. Si sentì piuttosto deluso quando capì che il bel ragazzo era, in realtà, lo stesso schizzato Louis Tomlinson con cui aveva avuto quella disputa apparentemente immotivata pochi giorni prima. La scorsa volta, però, non aveva avuto il tempo di soffermarsi sul suo aspetto tanto era preso dalle emozioni.
Guardandolo bene quel ragazzo era davvero di bell’aspetto, i tratti del suo viso erano aggraziati, il naso e le labbra erano fini e delicati, gli occhi erano sottili e il tutto dava un’armonia che poteva risultare addirittura femminile.
In quel momento Louis stava ridendo spensieratamente con un ragazzo e l’espressione del suo viso era davvero lontana dall’odio con cui si era presentato a Harry e dal gelo che gli aveva mandato con il solo sguardo. Se il riccio l’avesse incontrato per la prima volta in quell’istante magari avrebbe anche potuto provare interesse a conoscerlo.
Peccato le cose fossero andate diversamente e che ora trovasse la sua sola presenza estremamente irritante.

“Peccato che Tomlinson sia mezzo matto, è proprio un bel ragazzo” disse senza pensare, ma se ne pentì immediatamente quando vide l’espressione scioccata di Liam.
“Ma che stai dicendo?! Non ti piacerà quel tizio, vero?”
“Ma secondo te! Era solo un commento casuale. Anche se devo ammettere che il suo caratteraccio lo rende davvero affascinante” sghignazzò ironicamente Harry  cercando di sdrammatizzare, ma l’amico sembrò non trovarlo molto divertente.
“Senti, ti ho già detto di stargli lontano, quel tipo non mi convince.” Sbuffò nervoso. “Non mi parli mai di cose del genere e ora te ne esci con un commento proprio sull’ultima persona che dovresti commentare, un ragazzo per giunta.”
Liam alzò gli occhi al cielo.
Quelle parole fecero riflettere Harry. Il riccio non era solito a fare commenti di quel genere, neanche sulle donne, di solito qualsiasi parvenza di attrazione fisica scompariva dopo aver conosciuto l’interessato.
Probabilmente era perché trovava estremamente noiose tutte le attenzioni che gli davano in continuazione, tutti lo desideravano, tutti che provavano a farselo amico, erano solo falsità e nient’altro. Chi lo voleva conoscere aveva sempre con un secondo fine.
Tutto questo lo aveva portato ad allontanare chiunque gli si avvicinasse,  tutti a parte Liam. In lui vedeva solo la semplicità e la genuinità che lo caratterizzavano, niente doppi giochi, niente segreti.
Harry non glielo aveva mai detto ma qualche anno prima era stato infatuato di lui, forse per i suoi modi di fare, forse per il suo affetto disinteressato, o forse per la grande ammirazione che il riccio provava per lui. Liam era infatti un ragazzo semplice e dolce nella vita quotidiana, ma una volta in combattimento si trasformava, diventava un’altra persona, capace di una calma innaturale e di un controllo unici, capace di avere il sangue freddo per ribaltare un combattimento che lo dava per svantaggiato. Qualcosa di cui Harry non era mai stato capace.
Il riccio si era però presto reso conto che si trattasse solo di una semplice cotta adolescenziale, nulla di più, e per fortuna col tempo erano rimasti buoni amici.

“Eccolo!” un gridolino emozionato di Liam attirò l’attenzione del riccio. “La c’è il garzone con lo stendardo!”
Così dicendo si inoltrò tra la folla facendosi perdere di vista.
Harry non provò a seguirlo, tanto sapeva che si sarebbero rivisti alla festa  giù all’arena, così si avviò verso la sua posizione nel corteo che aveva cominciato a formarsi. Non si rese però conto che due occhi di ghiaccio stavano bruciando su di lui.





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Rieccomi qua!
Sono finalmente riuscita a aggiornare. Questo capitolo è tutto sommato abbastanza tranquillo, speravo di mettere anche il corteo e il banchetto assieme ma sarebbe diventato un poema, quindi dovrete aspettare il prossimo capitolo.

Volevo ringraziare tutti quelli che seguono la storia e che l’hanno tra i preferiti, non me lo aspettavo ma sono già una trentina, per alcuni non sarà molto ma a me sembra un bel risultato! :D
Ora apro una parentesi: ho iniziato a fare un fumetto Larry! Ebbene si!
La storia non è mia ma è “Don’t let me go” di Still Alive, probabilmente molti la conoscono già, se no andatela a leggere, ne vale la pena. Vi lascio il link al mio blog se vi ho incuriosito: http://aki-anyway.tumblr.com/ComicITA
Per il resto sto sclerando perché non vedo l’ora di vedere come sarà Louis nel video di BSE, amo TROPPO Leeroy e Marcel per ora! Anche la canzone non è affatto male e la sto ascoltando in loop da ieri. Lol.
Ok, mi dileguo.
A presto,
 
-Erika

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Capitolo 5
*** Never in a Milion Years ***


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_Never in a milion years_


 

 

Il corteo era ormai iniziato e Niall decise che era ora di mettersi all’opera.
Con un sorrisetto stampato sulle labbra cominciò a sgusciare tra le persone accalcate per le strade che stavano cercando di guadagnarsi una vista migliore della sfilata. Quelle situazioni erano quelle che più adorava, borseggiare in quelle condizioni era un gioco da ragazzi, nessuno si accorgeva delle sue mani svelte che slacciavano le sacchette coi soldi attaccate in vita, nessuno si preoccupava di un contatto di troppo e, anche se qualcuno si fosse accorto di qualcosa, Niall avrebbe fatto di sicuro in tempo a sparire nella folla.
Ormai l’irlandese era diventato talmente esperto che avrebbe tranquillamente potuto  vivere con quello che riusciva a racimolare da tasche e botteghe. Ogni tanto, addirittura, aveva svolto dei furti con scasso in case di benestanti. Con quei soldi avrebbe potuto anche comprare una casa e stabilirsi in una qualche cittadina, avrebbe potuto comprare del terreno e assumere dei braccianti per lavorarlo e venderne i frutti.
Sarebbe stato tutto più semplice, la sua vita sarebbe stata più tranquilla e sicura, eppure il ragazzo aveva sviluppato una specie di dipendenza da quella routine. Quando un colpo gli riusciva si sentiva finalmente vivo, potente, l’adrenalina scorreva nelle vene e la paura che provava gli ricordavano che si vive una volta sola.
Era l’unica cosa che sapeva fare, quella che gli riusciva meglio. Migliorarsi e rubare somme sempre più grandi erano gli unici scopi che aveva nella vita. Tutto ruotava attorno a quello, niente avrebbe potuto distrarlo.

Si scontrò con fare casuale con un signore benvestito che portava al collo un sacchetto che sembrava contenere qualcosa di molto prezioso. Niall tirò fuori senza farsi vedere un coltellino dalla tasca e lo nascose con cura nella manica. Finse poi di scusarsi con l’uomo, avvicinando le mani per risistemargli il colletto.
In quel preciso istante l’irlandese sapeva già di aver vinto. Senza che l’uomo se ne accorgesse estrasse il coltellino e, mentre fingeva di sistemargli il soprabito, tagliò il sottile filo che ancora teneva unito il sacchetto al collo dell’uomo.
Un secondo dopo era già sparito in mezzo alla folla facendo perdere le sue tracce.

Una volta al sicuro tirò fuori dalla tasca la sacchetta per scoprire il bottino, quando in lontananza sentì avvicinarsi sempre più i tamburi che accompagnavano l’inizio della sfilata. Incuriosito alzò lo sguardo per vedere i cavalieri sfilare.
Il suo sguardo venne però attirato da un ragazzo tra la folla, qualcuno che aveva già visto qualche giorno prima.
Era lo scultore moro che lo aveva colto sul fatto mentre provava a derubarlo e stava guardando ansiosamente in direzione del corteo, come se aspettasse qualcosa.
Niall stava per distogliere l’attenzione per tornare a dedicarsi al suo maltolto, quando sul volto di Zayn, se così si chiamava, si dipinse un sorriso purissimo, genuino, uno di quelli che puoi vedere sui volti dei bambini quando ricevono in regalo qualcosa che desiderano tanto.

Una strana sensazione prese spazio nel suo petto.
Quando aveva incontrato per la prima volta lo sguardo di quel ragazzo, quando lo aveva guardato negli occhi, aveva rivisto in lui tutta la solitudine e la tristezza a cui l’irlandese era abituato. Si era in pratica riconosciuto in quel commerciante solo, lontano dalla sua terra.
Ora però sembrava diverso, la gioia che mostrava in quel momento era un sentimento completamente sconosciuto  all’irlandese da ormai troppo tempo. Qualcosa di simile all’invidia pervase Niall, portandolo a uscire di nuovo tra la folla per capire quale potesse essere la causa di quel suo sorriso.
Quando fu abbastanza vicino seguì lo sguardo del moro.
Gli occhi di Niall trovarono alla fine della traiettoria un giovane dai capelli cortissimi, probabilmente un cavaliere a giudicare dal vestiario e dallo stendardo che reggeva in mano. Alzò gli occhi per vederne la casata.
Lo stemma degli Styles sventolava al vento sorretto dal giovane che, nel frattempo, si era accorto del sorriso che Zayn gli stava rivolgendo e che, con grande stupore di Niall, lo ricambiò dolcemente.
Solo pochi giorni fa il moro era sembrato all’irlandese solo al mondo e ora invece lo vedeva sorridere a nientemeno che Liam Payne.
Anche se solo con poche parole in lui aveva rivisto la sua situazione, lo aveva in un qualche modo sentito vicino e pensava che avesse potuto provare le sue stesse emozioni. Ma si era sbagliato, nemmeno lui sarebbe stato in grado di capirlo.
Una strano fastidio colpì improvvisamente il suo stomaco e una lieve nausea lo colse in breve. Forse era a causa  dell’idromele che aveva bevuto per cena, doveva essere di sicuro così, perché Niall Horan non poteva di certo essere invidioso della felicità di un qualsiasi ragazzo che conosceva appena.
Perché improvvisamente si ritrovava a desiderare che qualcuno gli sorridesse a quel modo?
No, non gli importava, non doveva importargliene, Niall era solo, lo era sempre stato ed era sempre stato bene con se stesso. Nulla sarebbe dovuto cambiare, nulla.
Seguendo il contorto corso dei suoi pensieri l’irlandese si voltò dando le spalle al patetico quadretto e si dileguò tra la folla.
 
 
 


In breve tempo il corteo raggiunse l’arena colma di spettatori urlanti e emozionati che inneggiavano alle casate di appartenenza.
Uno per uno tutti i cavalieri, incluso Liam, prestarono il giuramento di partecipazione al torneo nel completo rispetto delle regole e dell’onore e poi furono tutti condotti al grande banchetto, organizzato con la presenza di tutta la nobiltà e delle ricche famiglie della cittadina.
Da poco lontano giungeva la musica di flauti, liuti e tamburi che suonavano attorno al grande falò dove il resto delle popolazione si trovava a danzare e chiacchierare.
Liam si sedette lungo la grande tavolata accanto a Harry che aveva già preso posto e gli diede una leggera pacca sulla spalla, questi sorrise in risposta e si avvicinò alla bocca un grosso bicchiere di vino che tracannò in breve.
“Hei Harold, vacci piano, la serata è appena iniziata” Lo ammonì Liam mentre, emozionato, si apprestava a raccontargli dello scambio di sorrisi con lo scultore. Ma l’amico lo interruppe.
“Questo è un periodaccio Liam, lo sai bene, sta andando tutto storto. Oltretutto qua in giro ci sarà di sicuro il ragazzo a cui appartiene quella voce e io non potrò riconoscerlo. La vita fa schifo.” Sospirò con aria abbattuta.
Liam aggrottò la fronte e gli rispose con una gomitata. “Non dire queste cazzate, la vita non fa schifo, vedrai che tra poco si sistemerà tutto.”
“Dici così solo perché a te va tutto a meraviglia! Tu sei Payne, il bravo e affascinante cavaliere, un gentiluomo con le donne,  tutti ti adorano e ti idolatrano! Lasciami stare e tornatene dal tuo bel moro, non voglio parlare con te.” Harry alzò la voce e scattò in piedi prima che l’amico potesse reagire, andandosi a sedere dall’altra parte del tavolo.
Liam sentì lo stomaco stringersi a quelle parole, non avrebbe mai pensato che Harry provasse certi rancori sopiti. Quello che più faceva male era sapere quale idea sbagliata si fosse fatto l’amico sulla sua vita.
Per il giovane cavaliere non era sempre stato tutto rose e fiori, aveva avuto un sacco di nemici e difficoltà negli anni, però a lui non piaceva far pesare i suoi problemi sugli altri, odiava piangersi addosso, a differenza di Harry. Le difficoltà si incontrano sempre, sono nascoste dietro a ogni angolo, la verità bisogna solo avere la forza di affrontarle e andare avanti.
A Harry invece piaceva restare a crogiolarsi nel suo dolore, convincendosi che il mondo fosse suo nemico e  a volte Liam pensava che desiderasse solo fare la vittima per avere un po’ di commiserazione.
Decise di calmarsi e di lasciarlo da solo, gli avrebbe sicuramente parlato quando fosse stato più sobrio.
Così si mise ad ascoltare distrattamente le chiacchiere di due cavalieri seduti lì vicino, gli parve che uno si chiamasse Josh, ma non ci prestò molta attenzione era troppo preso da altri pensieri.

Per tutta la durata della cena tirò qualche occhiata a Harry per accertarsi che non facesse cavolate e, soprattutto, che non bevesse troppo, anche se forse era ormai tardi per quello.
A un certo punto si accorse che Harry stava fissando qualcosa, o meglio qualcuno.
Poco lontano da lui Louis Tomlinson stava chiacchierando amabilmente con Eleanor, lanciandole ogni tanto sguardi ammiccanti. Le occhiate che gli lanciava Harry, palesemente ubriaco a questo punto, erano indefinibili, Liam non riusciva a capirne lo scopo e l’unica cosa che notava era che l’amico non la smetteva di puntargli gli occhi addosso.
Poco dopo però Louis si accorse degli sguardi insistenti del riccio e di sicuro non li prese bene, a giudicare da come lo ricambiò. Quegli occhi di ghiaccio parlavano di odio, di un rancore represso per anni, di qualcosa di profondo e radicato, che a Liam non piacque per nulla. Doveva andare a tirare via Harry da quella situazione e subito.

“Liam? Liam Payne?” Una voce lo richiamò proprio mentre stava per alzarsi.
“Si?” rispose scocciato.
Il ragazzo accanto a lui aveva deciso, proprio in quel momento, di rivolgergli la parola.
“Sono Josh Devine, parteciperò con te al torneo.” Disse sorridendo cortesemente.
Devine. Finalmente Liam scoprì il volto di quello che sarebbe stato uno degli avversari più duri da battere, assieme a Tomlinson, al torneo.
“E’ un piacere conoscerti, ho sentito molto parlare di te, sarai un buon avversario scommetto” Liam gli tese la mano distrattamente mentre con lo sguardo cercava Harry. Con suo grande terrore scoprì che non era più al suo posto e, quel che è peggio, pure Louis era scomparso.

 
 
 

In quel momento Zayn era seduto goffamente sull’erba vicino all’enorme falò. Con una mano segnava il tempo di musica mentre con l’altra si sorreggeva la testa poggiata stancamente sopra.
Era solo, come al solito. Tutto attorno a lui viveva ma lui se ne stava in un angolo a commiserarsi su quanto fosse insignificante la sua presenza.

“Ehi… ciao Zayn” il moro, sorpreso, alzò di scatto lo sguardo da terra sentendo nominare il suo nome.
La figura ben posata di Liam gli comparve davanti in tutta la sua altezza e Zayn si alzò svelto per portare gli occhi al livello dei suoi e sorrise imbarazzato. Si accorse però che c’era qualcosa che non andava, Liam si guardava in giro ansiosamente come in cerca di qualcuno.
“Ciao Liam… va tutto bene?” chiese alzando un sopracciglio.
“No, a dire la verità sto cercando Lord Harold, lo hai visto?”
“Lord Harold? Non so che viso abbia mi dispiace, è successo qualcosa?” rispose chiedendosi perché Liam stesse cercando il figlio del Lord, forse era successo qualcosa di grave.
“Non ancora, ma diciamo che ho paura per la sua incolumità. E’ un mio caro amico.”
Zayn annuì, si stava per offrire per dargli una mano, quando una figura famigliare dietro Liam attirò la sua attenzione. Gli ci volle un attimo per riconoscere il giovane irlandese incontrato qualche giorno prima che stava camminando scrutando attentamente chiunque gli passasse accanto. Se non l’avesse fermato ora forse non ci sarebbe stata un’altra occasione.
“Scusa Liam, ti aiuterei, ma ora devo proprio andare. Ti auguro buona fortuna per trovare il tuo amico!” il moro si congedò  con un sorriso frettoloso, sperando con tutto il cuore di non perdere Niall di vista e scomparve tra la gente.

Liam sospirò tristemente, non si aspettava che l’altro scappasse a quel modo. Certo, ancora non lo conosceva, ma sperava veramente di poter parlare un altro po’ con lui.
Pensandoci bene, però, in tutto il tempo in cui lo aveva osservato da lontano Zayn non aveva mai avuto stretti contatti con nessuno, era sempre solo. Cosa faceva sperare al cavaliere di avere anche una minima possibilità di diventargli amico? Che aveva da offrirgli? Tutti i suoi dubbi e paure riapparvero in un secondo.
Nulla. Non aveva nulla di speciale da dargli di diverso da chiunque altro.
 
 
 
 
 
Harry faticava a stare dietro al passo svelto di Louis, nonostante anche l’altro fosse piuttosto ubriaco era molto più stabile del riccio che invece inciampava sui propri piedi ogni due o tre passi.
La mano del giovane dagli occhi di ghiaccio gli stringeva con forza il braccio, quasi fino a fare male, ma i sensi di Harry erano attenuati dall’alcool e questo rendeva tutto più sopportabile.

Non aveva idea di dove lo stesse trascinando, sapeva solo che le luci e i rumori si facevano sempre più lontani. Non capiva bene come si fosse trovato a seguire Tomlinson nel buio. Poco prima era seduto al tavolo che fissava  i suoi tratti delicati, che il troppo vino aveva reso stranamente attraenti, mentre lui parlava con quella piattola di Eleanor, ma la situazione era degenerata appena si era reso conto che Harry lo stesse fissando. Si era alzato congedandosi dalla ragazza e gli era andato in contro sussurrandogli un minaccioso “Vieni con me, ora”, congelandolo con una sola occhiata.

Finalmente Louis arrestò la sua corsa dietro un carro carico di botti. Lì nessuno li poteva vedere né sentire, anche se avesse gridato aiuto la musica avrebbe coperto le sue urla, oltretutto i sensi del riccio erano annebbiati dall’alcool e questo lo spaventò ancora di più. Avrebbe seriamente dovuto dare ascolto a Liam questa volta e non infastidire quel ragazzo.

Il cavaliere lo sbattè con forza con la schiena contro il carro togliendogli il respiro.
“Cosa cazzo vuoi da me?” sibilò duro a pochi centimetri dal suo viso “Perché mi stavi fissando? Mi stai sfidando?”
Un brivido percorse la schiena del riccio mentre la mano di Louis si portava a stringere con forza il collo del suo abito.
Purtroppo per Harry, però, a rispondere al posto suo fu tutto il vino che aveva bevuto quella sera:
“No che non ti sto sfidando, solo è difficile togliere gli occhi dal bel culo che ti ritrovi” disse Harry con un ghigno.
Nonostante il buio Harry potè notare gli occhi di Louis spalancarsi di botto e un secondo dopo sentì qualcosa colpirlo con forza ad altezza dello stomaco contringendolo a piegarsi in due.
“Prova a ripeterlo se hai il coraggio. Non pensare che mi tratterrò dal massacrarti di botte solo perché sei figlio di Lord Styles, non mi faccio prendere per il culo da uno come te, chiaro?” quasi urlò a pochissima distanza dal suo orecchio.
Uno come te.
Louis probabilmente non si aspettava una reazione immediata dopo il pugno che gli aveva sferrato, ma uno scatto d’ira si impadronì inaspettatamente del corpo di Harry che con un movimento rapido approfittò della distrazione dell’altro e riuscì a ribaltare le posizioni. Ora era Louis ad avere le spalle al muro.
“Si può sapere che diavolo ti ho fatto?” gridò quasi disperatamente Harry spingendolo con forza contro la parete di legno “Perché mi odi se nemmeno mi conosci? Dimmelo, cazzo!” gli occhi cominciavano a bruciare per le lacrime che cercavano di uscire. Il riccio era stanco, veramente stanco, di tutto l’odio che gli veniva lanciato contro gratuitamente, solo per la sua posizione di spicco.
“Odio quelli come te, quelli che hanno tutto e non è mai abbastanza, quelli che vogliono sempre di più, solo perché sono sempre stati abituati ad averlo, senza sforzi e senza lottare. Tutto è sempre stato facile per uno come te. Soldi, donne, hai tutto quello che si possa desiderare. E dopo una vita negli agi, che fai? Invece di tenere alto l’onore della tua casata nell’arena te ne scappi con la coda tra le gambe a nasconderti dietro il tuo paparino. Mi fai schifo.” Pronunciò quel discorso con talmente tanto rancore che Harry non potè che sentirsi debole, ferito e amareggiato. Quelle parole parlavano di odi sepolti e di una vita fatta di sfide e sofferenza. Un attimo dopo però la rabbia per tutte le falsità che l’altro credeva e che venivano dette in giro su di lui prese il sopravvento.
Spinse con forza il corpo del cavaliere contro il carro, aiutato dalla propria altezza che lo sovrastava.
“Perché?! Perché mi giudichi senza conoscermi? Tu non sai nulla di me, te l’ho già detto! Io morirei per scendere in quell’arena domani, per provare a guadagnarmi un po’ di rispetto da mio padre. Mi sono allenato duramente per questo, ma tutto ciò che faccio non è abbastanza, non lo è mai.” La voce di Harry si fece quasi un sussurro sul volto di Louis “Sono solo un fallimento, e basta.”
Qualche lacrima cominciò a rigargli il volto. Le asciugò in fretta sperando che l’altro non le avesse viste, si stava mostrando debole davanti a lui ed era l’ultima cosa che avrebbe voluto.
La reazione di Louis non fu quella che si aspettava Harry. Pensava gli avrebbe urlato contro ancora una volta di quanto facesse schifo e invece rimase in silenzio, ancora schiacciato dal suo peso contro il carro.
Il riccio poteva sentire il suo corpo vicino, forse troppo. Il  respiro accelerato dell'altro gli sfiorava il volto ed Harry chiuse gli occhi, mentre alcuni brividi cominciarono a percorrergli tutto il corpo. In breve cominciò a sentirsi stranamente a disagio in quella posizione.
Senza preavviso Louis di divincolò dalla sua presa, e Harry si alzò di scatto in allerta, pronto a una sua reazione, ma questi di limitò a sussurrargli: “Piantala di frignare, solo le ragazze lo fanno. Tira fuori le palle e prenditi quello che desideri.” Ecco il disprezzo che riappariva, anche se questa volta più che odio gratuito gli sembrava più un consiglio. Si voltò e fece per andarsene.
Prenditi quello che desideri.
“Tomlinson” questi si fermò di scatto.
“Che vuoi ancora?” Louis si voltò lentamente. Nonostante il buio Il riccio potè notare la sua faccia sbigottita quando si accorse che il ragazzo che lo aveva chiamato si era avvicinato fin troppo, rimanendo a un solo palmo dal suo viso.
Gli occhi del più basso si spalancarono e da quella distanza Harry riuscì a distinguere alcune delle fredde sfumature color ghiaccio che andavano a mescolarsi con il caldo rosso delle fiaccole in una danza di colori estremamente affascinante e pericolosa. 
“Seguirò il tuo consiglio” gli soffiò in faccia diminuendo ancora la distanza “Sai, in questo momento c’è solo una cosa che desidero…”
Forse fu l’alcool, forse fu la pazzia giovanile, forse fu l'aurea di mistero che emanava l'altro, ma Harry lo fece.

Con un piccolo scatto attirò a sè il corpo più basso ma più muscoloso di Louis e annullò la distanza tra le loro labbra.
Il riccio sentì il proprio corpo fremere con un brivido a quel contatto, le sue mani potevano percepire la pelle calda dell’altro sotto al tessuto del suo abito, riusciva a sentire i muscoli tesi di quel corpo perfetto. Il suo cuore e il suo respiro accelerarono all’unisono. Era incredibile che, tra tutti, fosse proprio l’unico che lo odiava gratuitamente a provocargli quelle emozioni.

Louis rimase immobile un attimo, probabilmente troppo scioccato per fare qualsiasi cosa.
Appena si riprese allontanò Harry con uno spintone facendogli mollare la presa.
“Non provare a rifarlo mai più” sputò con violenza lasciando Harry ancora più stordito. “Uno come te non mi avrà mai, mettitelo in testa. Nemmeno tra un milione d’anni.”
Così dicendo girò i tacchi e sparì nella notte.
 






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Hi boys! *Voce da Leeroy*

sono riuscita a postare questo capitolo che ho continuato a cambiare milioni di volte perché non mi soddisfaceva mai, ma spero che vi piaccia. Finalmente succede qualcosa di interessante, no?

Tra l’altro stavo girovagando su tumblr quando ho trovato questo: http://ziall-will-you-larry-me.tumblr.com/post/56698546372/callmebootss-harry-and-louis-duet-in-truly
Le loro voci assieme, oddio, sono davvero perfette, lasciatemi  morire qui.
Ok, me ne torno a vedere il video di BSE che ormai è in loop da giorni, lo adoro giuro.
A presto!

Erika

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Capitolo 6
*** Hopeless Wanderer ***


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“Don’t hold a glass over the flame
Don’t let your heart grow cold
I will call you by name
I will share your road
Hold me fast, Hold me fast
Cuz I’m a hopeless wanderer
Hold me fast, Hold me fast
Cuz I’m a hopeless wanderer
I will learn, I will learn to love the skies I’m under
I will learn, I will learn to love the skies I’m under
The skies I’m under”
Mumford and sons – Hopeless Wanderer
 
 
_Hopeless Wanderer_
 


“Niall, fermati!”  L’irlandese si bloccò di scatto tra la folla. C’era solo una persona in quella città che conosceva il suo nome, ma non si aspettava che l’avrebbe mai pronunciato.
Si voltò lentamente e vide il moro farsi strada a fatica tra la folla per raggiungerlo. Che poteva volere da lui?
“Zayn, hai bisogno?” chiese il biondo stranito.
“A dire la verità no, solo…” il moro sembrò esitare, come per cercare una risposta che non aveva pronta “volevo sapere come va.”
Sapere come va la mia vita? Un delinquente qualunque?
Forse diede fin troppo peso alla quella domanda apparentemente semplice, a cui la maggior parte delle persone avrebbe risposto di getto, senza pensare.
Ma non vi era nulla di semplice per uno come Niall, abituato a non essere degnato più di uno sguardo o di una parola, abituato a non essere nulla più che un elemento per gli altri ragazzi di strada da sfruttare per guadagnare un po’ di soldi in più. Erano passati tanti, forse fin troppi anni da quando qualcuno si era solo minimamente interessato al biondo, ed era così assurdo che ora un completo sconosciuto lo stesse facendo proprio ora.

“Come pensi possa andare la vita a un ladro di strada?” rispose forse troppo bruscamente e l’altro, di reazione, aggrottò le sopracciglia, confuso.
“Non volevo essere indelicato, mi spiace” si scusò abbassando lo sguardo con fare colpevole.
Zayn  sembrava seriamente dispiaciuto e Niall si pentì subito della risposta inutilmente dura.
“Scusami, solo… non è una cosa che mi chiedono spesso, la gente non si interessa alla mia vita.” Esitò un po’ a pronunciare quelle parole. Non era abituato a essere trattato in modo gentile e ancora meno era abituato a esserlo. Tutta quella situazione era strana, nient’altro, e l’irlandese si stava chiedendo dove il moro sarebbe andato a parare.
Zayn annuì lentamente, il sguardo sembrò ardere per un secondo negli occhi di Niall.
“Ti… ti andrebbe di andare a ballare attorno al fuoco? Sembra che tutti si stiano divertendo un mondo”  gli chiese il moro con un sorriso timido nella penombra, aspettandosi di sicuro un rifiuto.
Niall lo fissò alcuni istanti, seriamente sorpreso, e in quel momento percepì una strana sensazione che si faceva spazio nel suo stomaco alla consapevolezza che quel ragazzo stava chiedendo la sua compagnia, non quella di qualcun altro, non quella di Liam Payne. Se ne stava chiedendo sinceramente il motivo ma a questo non riusciva a trovare risposta.
“Va bene” Decise di accettare, anche se non comprendeva i gesti del moro, anche se era incapace di prevederne le conseguenze.
A queste parole il volto di Zayn si distese in un sorriso genuino e Niall provò quella strana sensazione allo stomaco, come quando lo aveva incontrato la prima volta.
“Ma perché? Non mi conosci nemmeno.” si sentì in dovere di chiedergli, cercando di dissipare qualche dubbio.
“Beh, è proprio quello che voglio fare” rispose lui avviandosi versò il grande falò.

Ci fu un attimo di silenzio.
Niall stava cercando di comprendere i doppi fini del ragazzo, non era assolutamente possibile che qualcuno fosse interessato a lui e alla sua vita. Assurdo.
Lui era solo un ladruncolo di strada, nulla di più, nulla che potesse suscitare interesse verso qualcuno che non fossero le guardie o il boia. La sua vita si svolgeva nel peccato e nella menzogna, perché avrebbe mai dovuto, o meglio, voluto parlare di sé a un estraneo?

Eppure tutti quei dubbi non lo trattennero dal seguirlo.
Forse a spingerlo era la curiosità di scoprire le intenzioni del moro e si trovò a chiedersi se, magari, il suo fosse solo un modo contorto per vendicarsi del tentato furto.
Quando finalmente raggiunse Zayn nei pressi del falò questi sembrò comprendere il suo sguardo preoccupato, perché se ne uscì con un: “Tranquillo, non ho strane vendette in mente.”
L’irlandese non potè che credere a quelle parole quando lesse lo sguardo sincero e il sorriso genuino che attraversarono il volto magro di Zayn.

Di rado qualcuno aveva rivolto a Niall sorrisi così dolci e spontanei e il biondo fu colto alla sprovvista. Sentì uno strano calore invaderlo pian piano, penetrandogli nell’anima, giù, fino in fondo al suo cuore. Li si trovava una barriera invisibile, una crosta di freddo ghiaccio che si era inspessita negli anni, sempre più, grazie a un gocciolare incessante di acqua che, goccia dopo goccia, lo aveva protetto dalle maggiori sofferenze di quella vita precaria.
Niall non sapeva più come fosse avere qualcuno che gli volesse bene, che credesse in lui e che avesse voglia della sua compagnia ed era da questa mancanza che il ghiaccio lo stava proteggendo. Si stava solo difendendo dal dolore che lo circondava, per poter andare avanti, per poter sopravvivere.
Ma in quel momento si sentì un piccolo crack in quello spessa barriera. Solo una piccola fenditura, un piccolo segno superficie liscia, ma pronto a espandersi pericolosamente per far crollare tutto.

Attorno a loro la gente stava ballando in gruppo a ritmo di musica, tutti concitati nella gioia della serata.
Senza preavviso il moro prese per un braccio Niall, lo trascinò tra la folla e cominciò a muoversi a tempo di musica. Era piuttosto impacciato, l’irlandese doveva ammetterlo, ma il suo viso era rilassato e sorridente, mentre con lo sguardo invitava Niall a fare lo stesso. L’irlandese si fece coraggio e cominciò a muoversi facendo del suo meglio.
Inutile dire che il risultato dovesse essere piuttosto imbarazzante, anche a giudicare dalle risate che il moro stava cercando di trattenere con scarsi risultati.
Fu allora che un timido sorriso si fece strada sul volto dell’irlandese e il cuore di Zayn perse un battito.
 
 


Un’ondata di emozioni diverse sommerse Zayn in un secondo. Il sorriso di Niall era dolce e luminoso, e il moro ne fu colto alla sprovvista.
Era un ladro, viveva per strada, eppure la sua espressione quasi fanciullesca creava un contrasto che lasciò Zayn letteralmente affascinato, oltre che incuriosito. Il moro si ritrovò a desiderare ardentemente di conoscere la sua storia.
Ma c’era un altro sentimento che si stava facendo strada pian piano nel cuore di Zayn, e si trattava di orgoglio.
Sembrerà strano, ma il fatto di essere riuscito a portare il sorriso sul volto dell’irlandese lo portava al settimo cielo.
Era stato lontano dalla gente per anni, aveva evitato i rapporti sociali e tutti i problemi che ne derivano, ma fino ad allora non si era mai reso conto dell’importanza di far sorridere qualcuno. Fu qualcosa che gli riempì il cuore e, dopo tanto tempo, Zayn sentì che nel mondo avrebbe potuto esserci un posto anche per lui.


Continuarono a ballare per ore, ridendo e scherzando, il mondo fuori da loro sembrava non esistere più,  c’erano solo i loro sorrisi, le risate e i loro sguardi che difficilmente riuscivano a staccarsi l’uno dall’altro.
Erano anni che entrambi non si sentivano così vivi e spensierati.
A un certo punto Zayn dovette allontanarsi dalla folla per riprendere fiato. Stava ancora ridendo al commento ironico di Niall su una signora non proprio attraente quando sentì mancare l’aria tra la gente accalcata e decise di allontanarsi un poco, l’irlandese appena dietro di lui.
Il moro si sdraiò sul lieve pendio di una piccola collina lì accanto, lasciando che Niall prendesse posto al suo fianco.
“Erano secoli che non ridevo così tanto” commentò Zayn con un soffio, mentre il su respiro si regolarizzava. Il suo sorriso non aveva intenzione di abbandonare la sua faccia. Girò appena la testa verso Niall per osservare la sua reazione.
Questi stava guardando la volta stellata con il viso rilassato e l’ombra di un sorriso ad attraversargli il volto.
“Nemmeno io, era da quando…”
Non terminò la frase, il volto gli si rabbuiò improvvisamente. Forse il suo commento aveva riportato alla luce brutti ricordi e Zayn si maledisse mentalmente.
“Tutto a posto?” Chiese preoccupato.
“Certo, certo, non è nulla” si voltò verso Zayn e un sorriso flebile era tornato sul suo volto.
Il moro avrebbe tanto voluto chiedere all’altro la sua storia, era curioso, semplicemente. Voleva chiedergli se si pentiva di quello che faceva o se era felice, ma non ne aveva il coraggio. Aveva paura di ferirlo, o che scappasse via. Non sembrava molto propenso a parlare della sua vita.
Così il moro, che non era un gran interlocutore, si trovò a chiedersi un modo per intavolare un discorso, per scoprire qualcosa su di lui senza chiederlo direttamente. Percepiva un filo di imbarazzo nel silenzio calato tra i due ma, per sua fortuna, fu l’altro a parlare.
“Posso chiederti una cosa?” chiese con aria pensante.
“Dimmi pure”
“Anche se non hai più una famiglia non ti mancano la tua casa, i tuoi amici, le tue tradizioni? Io… Io avrei sempre voluto un posto da poter chiamare casa, ma non ho mai avuto nulla del genere…” disse lasciando la frasi in sospeso con un sospiro.
Zayn si voltò lentamente verso il biondo.
La pelle diafana brillava riflessa dalla luce della luna e il chiarore rendeva i suoi occhi color del mare ancora più profondi e misteriosi. Quei colori lo rendevano quasi astratto, irreale, sembrava un angelo.
Ma non un angelo qualunque, uno corrotto, caduto dai cieli e condannato a una vita di sofferenza e di peccato, lontano dai suoi cari, lontano dall’amore dei tuoi simili. Era incredibile quanto quei due fossero così opposti e pure così simili.
Niall aveva l’aspetto dell’angelo ma la vita del peccatore, mentre Zayn, dagli occhi nocciola, i capelli corvini, la pelle mulatta aveva l’aspetto del peccato, della tentazione, ma l’animo casto e puro.
Erano opposti, forse addirittura complementari.

“Zayn?”
La voce delicata del biondo gli ricordò che effettivamente non aveva ancora risposto alla domanda e, anzi, si era imbambolato a fissarlo. Distolse immediatamente lo sguardo e sperò che il buio nascondesse il rossore sulle sue guance.
“A dire la verità non ho molto che mi lega al mio paese d’origine” cominciò con voce esitante “ero un ragazzo piuttosto solitario, non c’era nulla che mi trattenesse davvero in quel posto. Anzi, il più delle volte mi sentivo come uno straniero che tutti osservavano e si domandavano del perché fossi così schivo. Allora appena ho potuto ho cominciato a viaggiare, a cercare un posto che mi appartenesse, fino a che poco tempo qua sono finito qui.” Alzò gli occhi al cielo per osservare una nuvola scura che passava davanti alla luna, rifrangendone così la luce e creando un alone misterioso e affascinante. “Secondo me appartenere a un posto vuol dire avere qualcuno o qualcosa in grado di renderlo speciale, unico. Da quando mia madre è morta però ho perso anche l’ultimo legame che mi permettesse di chiamare casa quel luogo. E per ora non ho avuto molto successo nel trovarne un altro..”
Poteva sentire gli occhi di Niall puntati addosso.
“Alla fine non siamo così diversi” disse a bassa voce. Una curiosità morbosa tornò a sopraffare Zayn, ma ancora una volta dovette reprimerla per non creare fastidi all’altro.

Rimasero su quel prato ancora qualche ora, a parlare di frivolezze e dettagli alternati a lunghi momenti di silenzio, a conoscersi pian piano. Entrambi erano piuttosto riservati e alla fine si trovarono a proprio agio, anche quando calavano quei silenzi che diventavano pian piano meno imbarazzati e sempre più carichi di significati.


 
 
 
 
 
Urla.
Grida lontane e applausi giungevano alla sua finestra.
Rumori sordi. Metallo.
Altri applausi e grida.

Harry aprì a fatica un occhio. Una fitta lancinante gli arrivò diritta alla testa.
Cercò di richiamare alla mente i fatti della sera precedente ma non ci riuscì.
Come mai sto così male?

Altri applausi.
Il torneo! Liam!
In un secondo realizzò da dove provenissero quei rumori. Perché diavolo nessuno lo aveva svegliato? Lou non si era accorta della sua assenza?
Si vestì in fretta e furia e gettò un occhio fuori dalla finestra. Il sole era già alto ormai, sapeva che l’incontro del suo amico sarebbe stato verso mezzogiorno e sperava di essere ancora in tempo.

Corse giù per le scale di pietra come un fulmine, uscì dal castello imboccando il viottolo sterrato e in un attimo si trovò accanto all’arena. Gli spalti erano completamente pieni di gente e qualcuno cercava da fuori di sbirciare, attraverso le aperture nella recinzione in legno.
Harry si diresse verso le stalle lì accanto, dove saprebbe avrebbe trovato Liam.

“HARRY!”
Ok, aveva trovato il suo amico.
“Dove diavolo ti eri cacciato? Ero preoccupato, pensavo che Tomlinson ti avesse fatto del male o qualcosa del genere! Ieri sera sono passato dalla tua stanza ma non c’eri, e…”
“Shh, Liam tranquillo sto bene. Ieri sera…”
Harry si interruppe bruscamente quando gli tornarono in mente i ricordi della sera prima.
Che aveva fatto? Come aveva potuto saltargli in mente un’idea così assurda?? Non avrebbe mai toccato un bicchiere di vino in tutta la sua vita. Quel che è peggio si trovava nella stalla del torneo, circondato dai partecipanti e lui sarebbe sicuramente stato nei paraggi.
“Che è successo?” Il tono dell’amico si fece improvvisamente più brusco e serio, probabilmente aveva avvertito la preoccupazione che attanagliava Harry.
“Nulla Payne, ne parliamo dopo, ora hai una gara da fare.” Disse Harry con più leggerezza, cercando di rassicurare l’amico, se Liam si fosse distratto e avesse perso a causa sua non se lo sarebbe mai perdonato. “Mi dispiace per quello che ti ho detto ieri alla cena, sai che non lo penso davvero.”
Lo sguardo del cavaliere si addolcì.
“Lo so Harold” gli sorrise dolcemente e Harry lo attirò in un piccolo abbraccio.
“Scusa ancora.” Si allontanò appena dall’abbraccio “contro chi ti scontrerai per primo?”
“Un cavaliere di Leeds, un certo Middleton , dovrebbe essere piuttosto semplice non ha molta esperienza.”
“Perfetto. Mi raccomando, resta concentrato e dai il massimo. Dovrai vincere questo torneo per me, intesi?” gli sorrise stringendogli con forza le spalle.
Lui annuì e ricambiò con una pacca sulla mia spalla e un sorriso fiero.

Un boato dall’arena attirò la loro attenzione. Si avvicinarono all’ingresso dell’arena per capire cosa stesse succedendo.
La gente stava applaudendo con forza al cavaliere in pista in quel momento.
“Chi è?” chiese Harry
“Josh Devine, della città di York, uno dei favoriti del torneo” Liam aveva lo sguardo corrucciato e concentrato, segno che stava studiando l’avversario in tutti i particolari.
“Io vado sugli spalti, ci vediamo dopo. Buona fortuna”
“Grazie” disse serio senza staccare gli occhi dall’arena, mentre Harry spariva tra la folla.
 
 
 
 
 

 

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Si…. Sono ancora viva.
Mi dispiace davvero molto di aver aspettato tanto a aggiornare, ma prima sono andata in vacanza, poi gli esami all’università e ora le lezioni sono ricominciate. Perdonatemi!
Non so davvero ogni quanto aggiornerò, spero solo di non farvi aspettare ancora così tanto.

Oggi però sono al settimo cielo perché sono riuscita a prendere un biglietto per il concerto a Milano! Sarà la prima volta che li vedo in Italia, sono troppo felice!!

Volevo ringraziare davvero tutti quelli che seguono la storia e che l’anno messa tra i preferiti, non sono tantissimi ma per me è comunque un grande risultato. Inoltre mi scuso se non ho risposto alle ultime recensioni, spero di riuscire a rimediare.
A presto! (spero lol)

Erika

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Capitolo 7
*** AVVISO ***


Ciao a tutte, mi dispiace dovervi avvisare che per questioni di tempo non riuscirò più a portare avanti questa storia. Ultimamente nel poco tempo libero che mi rimane preferisco cercare di migliorarmi più sul campo artistico, su cui punto per un eventuale sbocco professionale futuro. Mi scuso tantissimo con chi seguiva la storia, se troverò il tempo magari un giorno la porterò a termine (: -- Erika

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