La 'meravigliosa' avventura di bulmasanzo (/viewuser.php?uid=112155)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** panoramica ***
Capitolo 2: *** la casetta dei fantasmi ***
Capitolo 3: *** Yoshi ***
Capitolo 4: *** attacco dall'alto! ***
Capitolo 5: *** la scorciatoia che ti porta dal BOSS ***
Capitolo 6: *** un piano perfetto ***
Capitolo 7: *** il secondo tentativo? ***
Capitolo 8: *** sempre più vicini alla fine ***
Capitolo 9: *** scontri e fughe ***
Capitolo 10: *** piccole canaglie ***
Capitolo 11: *** dea ex machina ***
Capitolo 1 *** panoramica ***
Cap 1
Il diciannovesimo giorno,
il padretherno dei videogames creò il Regno dei Funghi.
Disponeva di uno
scarsissimo budget e quindi dovette risparmiare molto sulla grafica,
riciclare un vecchio personaggino già apparso da qualche
altra parte per fargli fare da protagonista e creare il suo
secondo dalla sua stessa base, senza cambiare altro che i colori. I
cespugli dovettero rassegnarsi a essere null'altro che nuvole verdi,
alcuni personaggi rinunciarono alle gambe e moltissimi altri elementi
dovettero essere lasciati all'immaginazione.
Si manteneva però
viva la speranza di guadagnare abbastanza da migliorare la grafica
nel mezzo secolo che sarebbe seguito.
Oggi, ecco come può
essere visto questo paradiso.
Il sole si leva alto
illuminando lo splendido panorama lussureggiante, verdeggiante di
freschezza. Sorride, splendente di salute e di positività,
alle simpatiche nuvolette di pixel che ricambiano il suo gioioso
saluto e alle collinette ridenti che gli fanno l'occhiolino.
Lentamente e senza che nessuno immagini che qualcosa possa andare
storto, comincia un nuovo giorno.
Basta guardarsi intorno
per rendersi conto immediatamente che non ci troviamo più nel
nostro mondo. Qui tutto è colorato allegro, vivo, ogni cosa ha
un'anima propria, ogni cosa ti parla, ti sorride, ti guarda, ti
ascolta, ti conforta. Qua e là, su e giù, a
destra e a manca, senza un ordine apparente, strani oggetti
cilindrici verdi, blu, gialli e cavi si ergono dal terreno. Alcuni
sembrano essere vuoti, altri dentro hanno una sorpresina. Una di
quelle sorprese che ti mangia se non stai attento, non una di quelle
dell'uovo di Pasqua.
Sono stati costruiti dei
muri a cavolo che circondano tutto il perimetro del parco, e per aria
invece possiamo veder galleggiare dei cubi. Nessuno sa per quale
razza di fenomeno di magnetismo 'sti cosi se ne restino sospesi a
mezz'aria. Bisogna solo credere ai propri occhi.
È un mondo
bizzarro e meraviglioso in cui raramente potresti incontrare un
elemento familiare che ti ricordi il mondo grigio, triste e pieno di
smog dal quale provieni.
Se sei particolarmente
fortunato, potresti perfino incontrare un piccolo dinosauro.
Di cosa stiamo parlando?
Semplicemente di un regno che si trova al di fuori della nostra
portata, impossibile, irraggiungibile eppure, irrazionalmente, siamo
qui. Ci siamo arrivati attraverso le tubature di una vasca da bagno
che ci si sono aperte sotto i piedi, pensate un po': quante
possibilità ci sono?
Ma andiamo per ordine:
gli abitanti di questo posto meravigliosamente psichedelico sono dei
tipi un po' strani: sono bassi, goffi, apparentemente senza naso e hanno un ombrello
a pallini colorati attaccato alla sommità della testa. Sono
praticamente dei funghi antropomorfi. No, non funghi allucinogeni,
anche se a giudicare da quello che vedi il dubbio ti viene...
Fondamentalmente poi,
questi funghi sono un po' idioti. Avevano a disposizione un mondo
bellissimo e incontaminato tutto per loro che non era umido e
ammuffito come quello sotterraneo dal quale venivano, in cui si sono
riprodotti tramite le spore generazioni or sono, e anziché
goderne per i fatti loro hanno pensato bene di farsi governare da un
re che non è nemmeno un re fungo come loro ma è un
umano, uno di quegli umani che vengono dal nostro mondo buio e
triste, con il rischio che combinasse un disastro e rovinasse questa
utopia, come tutti gli umani sono soliti fare con qualsiasi cosa che
sia bello e perfetto.
Per fortuna re George,
così si chiama, non ha voluto (leggasi: non è stato in
grado di) distruggerlo, anzi gli si deve riconoscere il merito di
averne saputo conservare la purezza e la semplicità che gli
sono caratteristiche. Certo, a parte il fatto che adesso i funghi
vivono in case più grandi e più comode delle loro
originarie capanne, che indossano degli abiti firmati, che
costruiscono le strade e che guidano le macchine, ma questi sono
comunque dei cambiamenti che possiamo considerare più o meno
benefici, per loro.
Re George ha una figlia
che si chiama Peach e che evidentemente ha preso molto sul serio il
suo nome, visto che nel suo disperato tentativo di assomigliare a una
pesca si è perfino tinta i capelli di biondo (prima li aveva
rossicci) e veste sempre e solo di rosa. Le pesche sono più
che altro arancioni, dite? Non nel Regno Dei Funghi.
A pochi chilometri di
distanza da questo posto idilliaco, comunque, ci sono svariati alti
regni. Uno di questi si chiama Sarasaland, un posto che si riesce a
definire solo come “assurdo”. Perché? In primo
luogo perché si trova in un luogo sospeso nel nulla, a metà
tra la Cina e l'Egitto e tutti noi sappiamo che questi due stati non
sono confinanti. Secondo poi per la sua conformazione: praticamente
si tratta di un deserto fiorito. Infatti, in primavera in mezzo alla
sabbia spuntano fiori dal nulla e l'effetto è paradossale e
anche un po' ridicolo. Anche questo regno, seppur abitato da esseri
fantastici che nel nostro mondo non esistono, è governato da
un re umano che si chiama Richard, pare proprio che si tratti di un
vizio. Evidentemente c'è una principessa anche qui. Questa si
chiama Daisy e lei al contrario di Peach non ha preso molto sul serio
il proprio nome, se no anche lei avrebbe dovuto farsi bionda e poi
indossare un abito bianco che evocasse le margherite... Invece si
veste di un bel giallo e sfoggia con orgoglio la sua chioma rossa. Ci
sono anche le margherite gialle, dite? Beh, non a Sarasaland.
Siccome tra il Regno dei
Funghi e Sarasaland c'è una specie di gemellaggio, Peach e
Daisy sono amiche del cuore, e meno male, se no sarebbero state lì
a litigare tutto il giorno su chi delle due sia la più bella.
Se le mettessero ai voti, io il mio lo darei alla seconda. Con ciò
non sto dicendo che Daisy sia più bella di Peach, ma non sto
nemmeno dicendo che sia meno bella di lei. Sono entrambe piuttosto
carine. Poi sono gusti.
Al di là di questi
spazi idilliaci, comunque, esiste un'altra terra chiamata
semplicemente la Terra dei Koopa. Cosa sono i Koopa? Una sorta di
draghi che però assomigliano più a delle tartarughe
giganti e piene di aculei sulla schiena. Cattivi? Dicono.
Forse i Koopa sono i più
intelligenti di tutti perché si sono messi a capo uno di loro.
Il re dei Koopa, lo sanno
tutti, si chiama Bowser, e non ho ancora capito se si pronunci come è
scritto o in un altro modo. È un cosone enorme, spaventoso,
che sputa fuoco. Tutti hanno giustamente paura di lui, ma non è
che in realtà lui sia poi così cattivo. Ha solamente
una storia travagliata. Ha otto figli che gli sono stati dati da
diverse mogli, tutte morte oppure scappate, volate via perché
per distrazione aveva lasciato la gabbietta aperta. Non è
felice, vorrebbe una stabilità, vorrebbe che qualcuno si
prendesse cura di lui, che si occupi di portare i bambini a scuola,
che gli cucini la pasta quando torna dal suo duro lavoro di re, che
lo aiuti a fare le pulizie di casa che finora si accolla sempre da
solo, che lo abbracci quando è triste, che dorma con lui nel
suo letto raggomitolata a cucchiaio e che la mattina lo svegli con un
bacio e che gli prepari il caffè. Sono tutti desideri
legittimi che nessuno ha mai saputo o voluto esaudire.
Ma al di là del
suo disperato bisogno di avere una moglie nuova per lenire il dolore
della perdita di quelle che ha già avuto ma che per motivi
vari ha dovuto lasciare, questo giovane mostruoso bellissimo
drago-tartaruga ha trovato il coraggio perfino di innamorarsi. E come
poteva non farlo? Lei è così bella, dolce, aggraziata,
gentile, buona, eccezionale. Ha una pelle bianca, nivea come un
giglio appena sbocciato, gli occhi profondissimi di un blu
inquietante, i capelli di un biondo miele morbidissimi e lucenti, le
labbra rosa a cuoricino e sotto dei denti bianchissimi, perfetti,
splendenti. L'ha vista per caso per un attimo e una volta sola,
eppure non ha più potuto fare a meno di lei. Non c'è da
stupirsi che l'abbia voluta egoisticamente tutta per sé, non
c'è da stupirsi se vuole almeno cinque figli da lei e non c'è
da stupirsi se, nonostante tutto, voglia farsi amare
da lei anche solo la metà di quanto lui la ama. Quello che lui
vorrebbe e che le chiede disperatamente non è un amore fisico,
lui non vuole semplicemente colmare quel vuoto che gli è stato
scavato dentro dalla vita che con lui è stata così
crudele, no, quello che vuole è il suo Amore, in ogni sua
possibile accezione e sfaccettatura.
Ma
torniamo nel Regno dei Funghi.
In
mezzo a una prateria si solleva un colossale tubo di metallo lucente
blu, dalle cui profondità emerge una figura snella e
slanciata. È Daisy, la principessa di Sarasaland. Ha
venticinque anni, è giovane, fresca e abbronzata. La sua
bellezza però in questo momento è compromessa
dall'affanno e dalla fretta.
Si
affanna a sbucar fuori e inciampa, evidentemente impacciata dal lungo
abito che lei odia. Il tacco della scarpetta le si rompe, ma lei non
si fa problemi, si toglie tutte e due le scarpe, le butta via, si
solleva la gonna che le da noia così può correre molto
più svelta. Si allontana disperatamente dal tubo dal quale ha
fatto la sua entrata e dal quale, dietro di lei, sbucano fuori due
enormi Koopa con un elmetto in testa.
La
stanno inseguendo e dalle loro facce non sembra che abbiano buone
intenzioni.
La
principessina inizia a stancarsi per la corsa, i due mostri sono più
veloci di lei, hanno le scarpe da ginnastica, stanno per
raggiungerla.
Guidata
dalla forza della disperazione, la piccola freccia gialla riesce a
raggiungere gli alberi in fondo, si attacca al primo ramo che riesce
a prendere e si mette a pregare che i Koopa non sappiano arrampicarsi
e che desistano. Ma capisce subito di essere in errore.
Quelli
si guardano e sogghignano tra loro. Si è messa in trappola da
sola.
La
principessa sa di non avere scampo e dandosi della stupida fa l'unica
cosa che possa fare: inizia a chiamare aiuto, anche se nei paraggi
non si vede nessuno che possa aiutarla.
Ma in
realtà qualcuno c'è.
Dall'altra
parte del bosco, due uomini sono impegnati in una passeggiata
rinvigorente.
Il
più anziano dei due ha una trentina d'anni. È un po'
basso e ha una corporatura piuttosto robusta ma non si può
dire che sia proprio 'grasso'. Anzi, sembra molto atletico e
allenato, per la verità. Indossa una tuta blu... una maglia
rossa e un cappellino dello stesso colore. Oh, e porta i guanti
bianchi, chissà perché.
Ha
una gran massa di capelli castani ricciuti, due occhi azzurri come il
mare e un buffo nasone tondo sotto cui svettano due meravigliosi
mustacchi scuri. Ha un viso simpatico e divertito. E ha lo sguardo
fiero. Tutte queste caratteristiche gli conferiscono un aspetto
buffo, ma nel complesso, è un bell'uomo.
Il
suo compagno -che è anche suo fratello- è un po' più
giovane, visibilmente più alto e più magro, anche lui
ha gli occhi azzurri, anche se a volte sembrano verdi, il naso tondo
e i baffi, i suoi capelli invece sono lisci e più scuri di
quelli dell'altro, ed è vestito più o meno allo stesso
modo, salvo il fatto che anziché rossi la sua maglia e il suo
cappellino sono verdi. Ha un'aria perennemente spaesata e, a dirla
tutta, anche un po' patetica e insignificante, come se non sapesse
mai bene dove si trova, a differenza di suo fratello che invece
sembra essere tranquillissimo e a proprio agio ovunque vada.
Nonostante i due si somiglino fisicamente molto, basta guardarli per
capire subito chi tra loro due è il capo.
Avete
già intuito chi sono questi due?
Nel
momento in cui la principessa ha urlato, i due stavano facendo una
conversazione piuttosto importante, ma l'hanno interrotta per sentire
meglio.
“Cos'è
stato?” chiede il più giovane, dimostrando di non avere
fantasia.
“Sembrava
la tipica donzella in pericolo.” risponde l'altro come
se fosse ovvio.
“La
tipica che?”
“Ma
dai, non lo sai? Non hai imparato niente?” Lui sarà
anche simpatico, ma ha questo vizio. Dà sempre tutto per
scontato.
“Scusa”
fa il Fratellino con un sorriso, stando attento a controllare il tono
della voce per non far trapelare il fatto che sia seccato “Tu
ne sai più di me.”
“Puoi
dirlo forte.”
Ridono,
poi tornano subito seri.
“Non
facciamola attendere.”
E si
inoltrano nel bosco, seguendo la direzione da cui sembra provenire la
voce.
Per
un attimo credono di averla persa perché c'è silenzio,
ma poi la principessa urla di nuovo e stavolta sentono scandire
chiaramente la parola “aiuto.”
Sbucano
fuori dal fitto degli alberi e a una trentina di passi vedono i due
energumeni che scuotono l'albero e fanno precipitare la ragazza come
un frutto maturo. Subito la agguantano.
“Te
lo dicevo che era una ragazza...” fa il maggiore avanzando, poi
si rivolge ai due Koopa dicendo qualche frase che si dice in queste
circostanze, qualcosa come “In due contro una ragazza! Vi
sembra corretto? Lasciatela stare altrimenti... ”
Quelli
si girano e con la faccia antipatica tipica dei cattivi che sono
sicuri di se stessi si mettono a ridere dell'uomo che li sfida. E
quindi, naturalmente, l'uomo che li sfida parte con un pugno potente
e li smonta. Anzi solo uno, mica può smontarne due con un
colpo solo! Sarà bravo, ma non fino a questo punto.
Il
Koopa colpito si tiene il muso che sanguina, mentre l'altro fa un
passo indietro trascinando con sé la principessa. Ma a
quest'altro ci pensa il Fratellino, che comparendogli all'improvviso
di fronte lo smonta con un cazzottone e lo butta a terra, poi tende
la mano alla ragazza che senza pensarci due volte la afferra e si
lascia trarre in salvo.
Capendo
che questi due nuovi arrivati sono più forti di loro, i due
Koopa tirano fuori le armi pesanti, alias si mettono a tirare
martelli. Infatti loro, se non l'avevate capito, sono i Fratelli
Martello.
Ovviamente
i nostri sono così veloci che non si fanno beccare dai
martelli, ché altrimenti si spaccherebbero la testa, e
saltando ripetutamente sul guscio che i Koopa hanno sulla schiena li
costringono a deporre le armi. Ma quelli hanno la pellaccia dura e si
impegnano nella lotta anche a mani nude. E danno giù anche di
parolacce e insulti.
Alla
fine sono tutti e quattro esausti e non vogliono più
combattere.
Allora
Daisy si intromette nella questione da uomini e decide che la
diatriba sarà risolta con una gara di bevute. Sarà
anche bella, ma a volte ha delle idee strambe.
“Se
vincete voi” sentenzia indicando i Koopa “Mi porterete
via. Se invece vincono loro” e indica i due umani “Ve ne
andrete e mi lascerete in pace.”
I
quattro naturalmente la prendono per matta, ma non hanno capito che
si tratta di una scusa.
Nel
momento in cui i due Koopa si rotolano a terra dal ridere per
l'assurdità della proposta, lei afferra i martelli che hanno
lasciato per terra e li colpisce a ripetizione sulla capoccia. Quelli
non se lo aspettano e si rintanano nel guscio.
Allora
i due uomini, che hanno capito il giuoco come diceva Pirandello, li
prendono e li usano come palle da bowling, salvo il fatto che i
birilli sono gli alberi e che di sicuro non vanno a terra.
I due
Koopa quindi sono svenuti e i tre umani si allontanano insieme.
“Lascia
che ti accompagniamo... Tutto bene?” si preoccupa il maggiore.
“Sto
alla grande!” lo rassicura lei facendo una grande risata che le
viene dal cuore. Evidentemente è contenta di quello che ha
fatto.
“Sei
una tipa strana, tu.” dice il Fratellino guardando la ragazza
con ammirazione.
“Lo
prendo come un complimento.” fa Daisy allegra “Comunque
grazie, senza di voi non ce l'avrei fatta. Con chi ho il piacere?”
“Io
sono Mario” fa il maggiore presentandosi “E lui si chiama
Luigi.”
“Ciao.”
fa Luigi arrossendo subito. Si mette sempre un po' in ombra da solo,
ma non lo fa apposta.
“Molto
piacere. Io sono Daisy.”
“E
cosa ci fai qui?”
Daisy
lo guarda male.
“Mio
fratello intendeva dire: Perché quelli ti stavano inseguendo?”
“Volevano
catturarmi. Come hanno già catturato la mia amica, la
principessa Peach.”
I due
rimangono un po' intontiti. Hanno già sentito parlare della
principessa Peach, naturalmente, ma non hanno mai incontrato nessuno
che la conoscesse.
“Come
sarebbe?”
E
Daisy inizia a raccontare.
“Io
sono la principessa di Sarasaland. Ero qui in visita per festeggiare
il compleanno della mia amica. Ha fatto ventisei anni, e come ogni
anno s'è trattato di un evento in grande. A tutti è
stato permesso di partecipare. Un gruppo di Koopa, però, è
entrato nel castello da nonsiècapitodove e ha portato a
sorpresa una torta altissima, bellissima, favolosa. Erano tutti
entusiasti e nessuno ha sospettato niente. Però poi, al
momento del taglio, la torta è esplosa. Ed è uscito un
mostro! Un Koopa grossissimo, enorme. Ha detto “tanti auguri”,
ha acchiappato Peach e poi è saltato dalla finestra. I Koopa
che avevano portato la torta quindi si sono dati alla pazza gioia e
hanno aggredito gli invitati. E tra gli invitati c'ero anche io. Quei
due di prima se la sono presa con me, dicevano “c'è
un'altra principessa! Acchiappiamola!” ma io gli sono sfuggita,
mi sono infilata nel primo tubo che ho trovato, ma loro mi hanno
seguito. Il resto lo avete visto con i vostri occhi.”
Detto
questo la principessa ha perso un po' della sua vivacità, ha
abbassato la voce, è come se si rendesse conto solo adesso
della gravità della situazione.
“Ti
rendi conto di quello che vuol dire, Luigi?”
“No,
che vuol dire?”
“Ma
cavolo, è chiaro! Dobbiamo aiutare questa povera creatura.”
Luigi
non ha capito, odia che suo fratello dia SEMPRE tutto per scontato.
“Questa
povera creatura chi?”
“La
principessa Peach, idiota!”
“Ah,
no.” Luigi si ferma di botto “Che cosa ti sei messo in
testa?”
“Lo
fareste? Voi?” fa Daisy guardando Mario con gli occhi da
cucciolo.
“Ho
una certa esperienza nel settore.”
“Davvero?
Sei... una specie di supereroe?”
“No,
sono un idraulico, però fa lo stesso.”
“Ha
salvato una ragazza da un gorilla gigante che l'aveva portata sulla
cima di un palazzo...” si intromette Luigi con aria annoiata “È
finito sui giornali e gli è piaciuto, quindi si crede un eroe.
Ma la verità è che ha avuto fortuna.”
“Sei
solo invidioso.” dice Mario con una linguaccia.
“No,
per niente.”
“Beh,
non so nulla di questo, non leggo i giornali.” ammette Daisy.
“Oh,
ma non è successo qui, è successo dall'altra parte.”
“Uhm,
da quale altra parte? Non siete di qui?”
I due
fratelli si guardano e sorridono.
“Veniamo
dal 'mondo reale'.”
“Perché
questo è finto, giusto?”
“Un
pochino. Dalle nostre parti gli oggetti inanimati non hanno gli
occhi, ma questo è ovvio.”
“Quindi
voi non conoscete niente di questo regno?”
“No,
non molto. Ci siamo arrivati per caso e prima di venire ad aiutare te
discutevamo proprio se ci convenisse tornare a casa o stabilirci qui
definitivamente.”
Daisy
sorride a sua volta. Infila una mano dentro una tasca della gonna e
tira fuori un libricino. Sulla copertina c'è scritto il
titolo: Guida al Regno dei Funghi – tutto quello che dovete
sapere: le vie, i percorsi segreti, gli abitanti, i power up.
Comodo,
no?
Spazio
autrice:
Sono
arcisicura che qualcuno che abbia letto questo capitolo deve aver
pensato: “Ma non è così che si sono
incontrati!”... Beh, sappiate che se volete continuare a
leggere la storia dovete dimenticare tutto il resto. Spero che
qualcuno mi lasci un commento, sulla storia in generale, ma vorrei
anche qualche critica sullo stile di scrittura. Detto questo,
arrivederci.
|
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Capitolo 2 *** la casetta dei fantasmi ***
Cap
2
Immaginiamo
di essere già andati più avanti. Siamo a un nuovo
capitolo di questa appassionantissima storia. Dopo quello precedente,
i nostri eroi, dopo essersi presi la benedizione e le raccomandazioni
accorate di quella gran simpaticona di Daisy, la quale ha dichiarato
che non sarebbe andata con loro per certe misteriose 'questioni da
principessa', salvo poi promettere di raggiungerli appena avesse
finito, hanno ufficialmente accettato la missione di salvataggio e
cominciato il loro lungo viaggio verso il lontanissimo castello di re
Bowser Koopa, nonostante sia palesemente un suicidio.
Naturalmente,
hanno incontrato già da subito tante difficoltà, a
cominciare dal fatto che hanno dovuto combattere contro dei nemici
orrendi, tra cui i brutti Goomba e gli ancor più brutti
Troopa. Per essere precisi, dovremmo dire che è stato Mario a
combatterli saltando sulle loro teste, Luigi li ha più che
altro evitati. Ma ancora ne hanno di strada da fare e per lui ci sarà
sicuramente il tempo di rifarsi.
Come
i migliori principi dalla balda cavalcatura, dovranno superare
torridi deserti e gelidi ghiacciai... no, meglio non pretendere
troppo, stavo solo esagerando per cercare di rendere la lettura più
interessante... chiedo scusa.
Adesso
facciamo un breve salto non temporale ma 'spaziale' alla loro meta,
cui ancora ovviamente non sono arrivati se no sarebbe il videogioco
più veloce della Storia. Pardon, la storia, la storia
più veloce della Storia, scusate l'apparente tautologia.
Troviamo
la nostra principessa che si sta rompendo le scatole e piange di
rabbia perché è costretta a respingere in continuazione
le avances del dannato drago che senza se e senza ma se l'è
portata a casa come un trofeo che mai aveva vinto rovinandole per
sempre il giorno del suo compleanno.
In
questo momento la vediamo rinchiusa a chiave in una segreta molto
segreta del castello inaccessibile, seduta a terra che si abbraccia
le gambe, con la testa sprofondata nell'abisso della propria
disperazione.
Ha
l'abito stracciato e dei ceppi alle caviglie, glieli hanno messi dopo
che è saltata addosso al suo carceriere e l'ha morsicato in
faccia nel vano tentativo di scappare. La gamba le sanguina, ma
tranquilli che è solo escoriata, non c'è infezione.
Accanto
a lei c'è un vassoio pieno di un cibo delizioso che le è
stato offerto e che non ha assolutamente voluto toccare per protesta
contro il trattamento decisamente poco dignitoso che ha ricevuto.
Ha
messo su un broncetto graziosissimo che pur mortificandola non rovina
per niente la sua perfetta bellezza.
La
cella è quanto di peggio ci si possa aspettare: buia, fredda,
bagnata, muffosa e puzzolente. Per fortuna il delicato nasino della
principessa s'è rassegnato ad abituarsi al lezzo di
putrefazione tipico delle prigioni che le penetra e le pervade
l'anima.
La
porta della cella si spalanca all'improvviso, fa il suo ingresso un
enorme, furioso, magnifico Bowser Koopa portandosi dietro una scia
profumata della sua migliore acqua di colonia.
Vedendo
in che stato versa la principessa, che non appena è entrato ha
alzato la testa e lo fissa ammutolita e tremante, si arrabbia. Non
con lei, ma con il Troopa che fa da secondino. Lo prende per il
bavero, se i Troopa hanno un bavero, e la sua foga è tanta che
lo solleva da terra.
“Vorrei
sapere” ringhia fissandolo con i suoi terribili occhi rossi
“Quand'è che avrei ordinato di incatenare questa
povera creatura.”
“Lo
abbiamo fatto perché ha cercato di scappare, sire.”
balbetta il poveretto terrorizzato.
“Non
avevate il mio permesso! Voglio che sia trattata con rispetto.”
si volta trascinando con sé il malcapitato e lancia alla
piccola uno sguardo dolce e inaspettato che ha il potere di far sì
che improvvisamente non si senta più spaventata “Lei
deve a tutti gli effetti essere trattata come la mia ospite.”
aggiunge sottolineando in modo infinitamente evocativo quest'ultima
parola.
Butta
il secondino a terra con una brutalità che cozza con il tono
gentile che la sua voce ha assunto quando s'è riferito alla
principessa, che adesso ha cambiato il suo terrore con una pura e
innocente curiosità, e si precipita a spezzare con un colpo di
coda la catena che le dilania la caviglia.
Peach
tenta di rialzarsi rivolgendo al mostro due enormi occhi pieni di
gratitudine, la catena le ha fatto gonfiare la pelle che in quel
punto le è diventata viola e le brucia, ma ancora non dice una
parola. Non si fida, non capisce, non sa come comportarsi.
Il
bel mostro le fa un profondo inchino e le dice di perdonare il
pessimo comportamento del suo sottoposto che lui, non manca di
evidenziarlo, non ha assolutamente approvato.
Poi
si gira ancora una volta verso il secondino che è ancora a
terra e lo apostrofa: “Alzati e smettila di fare quella faccia
da ebete.”
Il
Troopa si affretta a obbedire al suo re, anche se per la sua faccia
non può fare molto.
A
questo punto il re avanza le proprie richieste facendo bene
attenzione a far risuonare la propria voce, in modo che tutti la
possano sentire senza equivocare le sue intenzioni.
“Voglio
che tu trasferisca la principessa nella camera degli ospiti, voglio
che stia comoda e che non abbia da lamentarsi in alcun modo, voglio
che le siano forniti dei vestiti puliti, voglio che si possa lavare e
che ci sia sempre qualcuno che sia a sua completa disposizione, per
qualsiasi richiesta.”
Il
pensiero di Peach a queste ultime parole è insolitamente
ironico: “Se la mia richiesta fosse quella di lasciarmi
libera...?”
Torniamo
ai due fratelli.
Dopo
una lunga giornata di viaggio, è arrivato il momento in cui
anche quel furbacchione del sole se ne va a dormire dietro le nuvole
e dietro le montagne.
“È
già quasi notte.” dice il più giovane.
“Ma
davvero?” dice il più grande con gli occhi fissi sul
tramonto.
“A
questo punto potremmo anche fermarci.” continua lui ignorando
il suo tono canzonatorio “Io sono stanco e tu?”
“Ho
un gran male ai piedi. Dove vuoi che ci fermiamo?” fa l'altro
girando gli occhi.
“Sarebbe
divertente fare una specie di campeggio. Potremmo accendere un falò.”
“Bello”
si entusiasma Mario “Ho un fiore di fuoco.”
“E
lo devi sprecare per questo?” ha già preso in mano due
bastoncini e inizia a sfregarli l'uno contro l'altro...
“Ma
così ci metti un secolo...” osserva Mario. Poi prende il
fiore e, divertito dal fatto che il suo cappello è diventato
bianco, lo accende in un attimo. Ovviamente Luigi lo guarda male.
Nella
scena che vi siete persi mentre eravamo da Peach, Mario s'è
divertito un sacco a sperimentare i poteri che gli vengono dai power
up, diventare più alto (sì, diventare più
alto! A Mario piace un sacco questo elemento!), cambiarsi d'abito
(che qui equivale a diventare più potenti e acquisire la
capacità di lanciare fiamme dalle dita o, come alcuni credono,
dal naso), saltare qua e là e spaccare mattoni con il pugno
(o, come qualcuno si impunta ancora di credere, con la testa). Se lo
avesse fatto nel 'suo' mondo si sarebbe distrutto le mani (o, come
qualcuno si impunta ancora di credere, la testa).
Poco
più tardi, i due fratelli hanno esaurito le parole, ché
già avevano parlato abbastanza, e sono crollati, esausti dopo
essersi costruiti alla bell'e meglio un discretamente soffice
giaciglio d'erba e foglie secche tra le più morbide che hanno
potuto trovare.
Se
escludiamo funghetti e fiori che si sono arrostiti per calmare la
fame, sono stati costretti ad andare, come si dice, a letto senza
cena. Il Regno dei Funghi sarà anche bello e accogliente ma in
quanto a selvaggina non offre un granché. E considerando
quanto stereotipicamente gli italiani siano amanti della buona
cucina, si può facilmente intuire che la cosa non li abbia
soddisfatti minimamente.
Di
mettersi a catturare Goomba non se ne parla nemmeno, sono orrendi e
fanno impressione solo a guardarli, e poi non sembra nemmeno giusto,
in fondo pare che si tratti di esseri dotati di una certa, seppur
scarsa, intelligenza. E non è che siano esattamente cattivi da
meritarsi la morte. Alcuni, ha letto Luigi nel libro che gli è
stato prestato da Daisy, sanno anche parlare, e si organizzano in
vere e proprie piccole città a misura di Goomba...
Il
silenzio e il buio fitto della notte, comunque, non vengono
squarciati all'improvviso dal brontolio insistente dello stomaco di
Mario che non è certo abituato a non mangiare quasi niente
prima di andare a dormire, ma da un verso strano, strascicato, che
assomiglia a un misto tra un latrato, una risata sadica di un
super-cattivo che ha appena battuto il suo acerrimo nemico super-eroe
giocando a scala quaranta, lo gnaulio isterico di un gatto impazzito
e un lento e sommesso ululato.
L'irripetibile,
indefinibile e terrificante rumore fa svegliare Luigi di soprassalto.
Il
giovane si rizza subito a sedere, si stropiccia gli occhi con fare
assonnato e si chiede se per caso non abbia sognato.
Un
secondo rumore assurdo, del tutto identico a quello di prima, gli
toglie di colpo tutti i residui di sonno che gli sono rimasti in
corpo.
Tende
le orecchie ma ciò che sente è solo il silenzio.
Bussa
piano sulla spalla di suo fratello e gli sussurra:
“Hai
sentito?”
Mario,
che però se ne sta beato nel regno dei sogni davanti a un
gustoso e meraviglioso piatto di lasagne purtroppo inesistente che
infatti solo a vederlo pensi che sia troppo bello per essere vero, si
gira dall'altra parte infastidito, senza neppure prendersi la briga
di svegliarsi.
Luigi,
allora, cerca di rimettersi placidamente a dormire, ma quella sorta
di assurdo rumore non tarda a farsi risentire, solo che stavolta non
sembra più disarticolato, anzi sembra che voglia imitare delle
parole vere. Anzi, una parola sola: vieni...
Così,
per pura impazienza, il nostro 'eroe' si alza tutto nervoso e decide
di andare a ricercare la fonte di quel richiamo.
Non
fa però un centinaio di metri che si pente della propria
decisione.
A
ogni passo sembra che la luce della luna che fino a quel momento gli
ha rischiarato il cammino si affievolisca sempre più.
Quando
i suoi occhi si abituano all'oscurità, Luigi scorge davanti a
sé qualcosa.
Non
capisce cosa sia, nota soltanto che è piuttosto imponente e a
lui le cose imponenti fanno venire la pelle d'oca.
Tremando,
si chiede se si tratti del castello di Bowser, ma sarebbe impossibile
essere già arrivati.
Allora
la paura lo vince e sta già meditando di tornare indietro, ma
ecco che esplode di fronte ai suoi occhi una forte luce che lo
acceca.
Impiega,
per forza di cose, qualche secondo per riprendersi da questo choc,
dopo si accorge che la luce proviene da un lampione che s'è
appena acceso automaticamente, dietro il quale svetta una enorme
costruzione grigia, pare che sia in mattoni o in cemento armato, non
saprei, sta di fatto che ha un aspetto pauroso. Per di più, è
circondata da un giardino secco e completamente morto, sul quale si
trovano dei tronchi d'albero scheletrici e senza vita, che danno al
tutto un'aria ancor più inquietante.
Una
porta aperta è un invito a entrare, ma Luigi non ne ha la
minima intenzione.
Lo
vediamo fare una cosa un po' scontata: fa dietrofront e inizia a
correre.
Poi
però dopo qualche metro si ferma. C'è qualcosa che non
va.
Una
forza irresistibile lo induce a voltarsi di nuovo. Quello che vede lo
inchioda sul posto.
Non
si è affatto lasciato la casa dietro le spalle, è
ancora lì, esattamente alla stessa distanza in cui stava prima
che tentasse di andarsene. È come se gli fosse andata dietro.
Si
gira di nuovo e corre più veloce e più a lungo. Per
fortuna ha delle gambe agili che non si stancano facilmente, nemmeno
dopo una giornata come questa.
La
scena di poco prima si ripete: si ferma, si volta e constata che la
casa lo ha seguito di nuovo.
Il
nostro piccolo eroe inizia a spaventarsi sul serio.
Riprova
ancora una volta e ancora viene seguito. Allora pensa di cambiare
approccio. Chiude gli occhi e va incontro alla casa. Quando li riapre
è scomparsa. Resta attonito per un momento, poi il suo
cervello gli dice che va bene così.
Invece
di andare avanti, però, si gira e guarda dietro di sé
...e rieccola di nuovo lì, alla medesima distanza di prima,
gli ha girato intorno.
“Grandioso”
pensa mentre lo spavento viene sostituito da una sensazione di mero
fastidio “Ora pure le case mi prendono in giro.”
Essendosi
finalmente arreso, decide di entrare.
Nel
varcare la soglia, la casa schiocca la lingua e gode qualche secondo
in estasi, con fare goloso.
Al
suo interno, il nostro bravo eroe resta basito. Se già vista
da fuori sembrava grande, adesso vista da dentro pare addirittura
sconfinata, sia in altezza che in profondità.
Non
si riesce quasi a vedere la cima delle due grandi scalinate che
conducono ai diversi piani sui quali innumerevoli stanze, troppe per
poter essere contate, si trovano dislocate. Il tutto è
magicamente rischiarato da migliaia di piccole candele disposte su
ogni singolo gradino, sul pavimento polveroso, attaccate ai muri e
che galleggiano per aria.
Prima
ancora che l'idea di tornare indietro e darsela a gambe possa passare
per l'anticamera del cervello del nostro idraulico, la porta dalla
quale è entrato non soltanto si chiude ma si trasforma
istantaneamente in un vero muro. È in trappola. Non può
far altro che andare avanti.
Il
pavimento a scacchi bianchi e rossi sembra piuttosto malmesso,
instabile in svariati punti.
Il
primo passo da muovere è sicuramente verso la scalinata in
marmo. Il corrimano è ricoperto da un dito di polvere, mentre
la cera delle candele sembra intenzionata a non esaurirsi mai.
Affrontando
la salita ci si accorge immediatamente che il primo gradino è
largo appena quanto basta per ospitare un piede, e i successivi si
restringono passo dopo passo. Bisogna salire in punta di piedi e
arrivati al primo piano già risulta impossibile andare avanti,
perché il resto della falsa scalinata è pressoché
completamente liscio, ci vorrebbe uno sherpa per compiere questa
inutile scalata.
L'attenzione
di Luigi viene attirata da un gemito che sembra provenire dalla
seconda stanza sul lato destro del piano. La sua idea è quella
di bussare e l'effetto è quello di far calare il silenzio.
Subito
dopo si sente girare la maniglia dall'interno.
La
porta si apre e quello che fa capolino è una testa bianca e
gialla a forma di ombrello, piuttosto grandicella.
Si
tratta di uno di quei funghetti antropomorfi descritti prima, che
Luigi ha già avuto modo di prendere in antipatia, ma questo è
in lacrime e ha un'aria talmente sconsolata da far tenerezza.
Vedendo
Luigi, però, il suo faccino si illumina di gioia.
“Pensavo
fossi un altro fantasma venuto a spaventarmi!” esclama con una
vocetta gracchiante e sgraziata.
“Fantasma?”
ripete Luigi assorto. Ma le parole che in realtà l'hanno
colpito di più sono state “un altro”.
“Non
li hai visti?” fa il piccoletto allargando le braccia “Sono
enormi, tondi, trasparenti e terrificanti! Ti si acquattano alle
spalle e quando meno te lo aspetti... Buh!” segue una pantomima
piuttosto espressiva di qualcuno che salta su per lo spavento.
La
prospettiva che un fantasma possa venire a spaventarti non piace per
niente a Luigi, però in tutto ciò c'è qualcosa
che non quadra, qualcosa che ha a che fare con il fatto che un
fantasma naturalmente è morto, e quindi in che modo potrebbe
fare del male a un vivo?
Luigi
decide di non pensarci e si presenta. Il fungo decide di farlo a sua
volta, dice di chiamarsi Wolley e di essere bloccato in quella casa
da ore.
“Aiutami
se hai un briciolo di cuore” piange il piccoletto “Ero
venuto a fare un picnic romantico nel bosco... con il mio amico
Yvan... ma poi mi sono allontanato... è stata la casa
infestata a trovarmi e a intrappolarmi.”
“Un
picnic nel bosco? Ma non lo sai che è pericoloso? È
pieno di cattivi.”
“Lo
so adesso che me lo hai detto.” spalanca gli occhi il cosino.
Luigi
lo guarda assorto. È proprio grazioso, e il suo istinto è
di rassicurarlo. Ma poi deve ammettere che anche lui è
intrappolato lì.
“Possiamo
solo cercare di uscire da una finestra, visto che la porta è
sparita.” riflette l'idraulico.
Non
appena ne apre una però, viene investito da una marea di
pipistrelli che lo respingono indietro.
Il
suo istintivo urlo attira un fantasma, che spunta dal nulla facendo
“Bleeeeah”.
“Oh,
no! Scappiamo!” strilla Wolley.
Luigi
non se lo fa ripetere, prende il suo nuovo 'amico' per mano e si
precipitano giù dalle scale. Senza rendersi conto che gli
stanno solo dando le spalle.
Dopo
un lungo e sfiancante inseguimento, i due sono bloccati all'angolo.
Uno dei Boo (perché si chiamano così, Luigi lo aveva
letto nel libro di Daisy, solo che sperava di non incontrarne mai
uno), si avventa sui due e li solleva in aria, poi li lascia cadere
da un'altezza considerevole.
Il
funghetto rimbalza sulla sua capoccia molle, ma Luigi invece si fa
piuttosto male, per fortuna non batte la testa se no sarebbe kaputt.
Nel
posticino dove lo abbiamo lasciato, Mario sente conficcarsi nelle
carni un bastoncino appuntito e si sveglia di soprassalto. “Chi
è che mi 'azzicca' come un marshmallow?” si spaventa.
Poi vede che a pungolarlo è un cosetto rotondo blu e bianco.
Siccome è ancora mezzo addormentato, lo ha scambiato per un
enorme pallone da calcio. “Non dirmi che è già
iniziata la Uefa” biascica scompigliandosi i capelli con fare
assonnato.
Mette
a fuoco e si accorge che si tratta di un funghetto. “Ciao”
gli dice “Chi sei?”
Il
piccoletto mette via il bastone. “Allora sei vivo, amico.”
“Perché,
ti parevo morto?”
“Hai
visto un fungo come me ma con i pallini gialli?” dice lui “Non
lo trovo da nessuna parte!”
“No,
mi dispiace...” dice Mario, poi si guarda intorno e si accorge
che non c'è più suo fratello.
“Tu
hai visto un... uomo come me ma con il cappellino verde?”
“No.”
dice il fungo.
“Bene.”
dice Mario cominciando a pensare che ci sia qualcosa di inquietante
“Possiamo andarli a cercare insieme, se vuoi.”
“Ok,
Jumpman.” sorride il funghetto.
Mario
resta colpito “Come mi hai chiamato?”
Il
funghetto allarga il suo sorriso. “Ti chiamano tutti così
nel Regno dei Funghi.”
“E
perché?”
“Perché
fai certi salti...” scoppia a ridere divertito, ma Mario non lo
trova molto divertente.
“Non
chiamarmi così. Mi chiamo Mario.”
“Lo
so. Io mi chiamo Yvan.” si presenta lui con un inchino.
“Ah,
lo sapevi, eh?”
“Ne
parlano tutti. Mario e Luigi, i due Jumpmen che si sono accollati il
salvataggio della nostra principessa.”
“Accollati?”
ripete Mario. Si sente un po' preso in giro.
“Ma
sì, sì, avanti... Non credete di essere stati un po'
pazzi pensando di poterla salvare voi due da soli?”
Mario
comincia a irritarsi “Ma che ne vuoi sapere tu!” sbotta
“Io so quello che faccio.”
“Calmati,
calmati. Non ti volevo offendere. Andiamo a cercare quelli che ci
siamo persi.” taglia corto lui.
I due
si avviano insieme.
Mentre
camminano Yvan racconta di essere una delle guardie del palazzo del
re Toadstool. Dopo l'attacco e il rapimento della principessa,
nessuno aveva badato al fatto che lui s'era concesso una giornata di
vacanza senza dire niente a nessuno. Così era andato con un
suo amico a fare un picnic ma nel corso della notte quel suo amico
s'era perso.
“Questo
si chiama karma.” dice Mario “Colpa tua che hai
pensato a te stesso anziché alla principessa.”
“Ormai
è andata.” sospira il funghetto.
Il
buio si stava facendo fitto, ma ecco che in lontananza i due
avvistano una luce.
“Toh,
una casa.”
“Quella
è la casetta dei fantasmi” dice Yvan “Giriamo al
largo.”
“Certo,
perché tu credi che esistano i fantasmi?” lo prende in
giro Mario.
“E
tu credevi che esistessero dei funghi parlanti?” lo rimbecca
Yvan.
I due
si scambiano uno sguardo di antipatia reciproca, ma poi dalla casa
stessa si sentono delle grida che risuonano nel vuoto della notte.
“Cielo...”
dice Mario riconoscendo la voce di suo fratello “Non ci posso
credere.”
“Non
ci posso credere.” ripete Yvan riconoscendo a sua volta la voce
del suo amico.
I due
si avviano senza pensarci verso la casa, solo per scoprire che non
esiste alcun ingresso.
“Spacchiamo
il muro.” dice Mario senza scomporsi.
“Certo,
dagli una testata.” commenta ironico il toad.
“Scherza,
scherza” fa Mario, poi dà un pugno alla parete e l'unico
risultato è che s'è fatto un male tremendo.
“Che
volevi fare?” dice Yvan.
“Con
gli altri mattoni a cavolo che ci sono in giro funziona...”
risponde lui massaggiandosi le dita.
“Ti
direi di entrare da una finestra” dice Yvan “Ma tu
penseresti che sia un'idea stupida.”
“Non
esistono idee stupide.” dice l'idraulico.
“A
parte le tue.” conclude il funghetto.
Resistendo
alla voglia di strangolarlo, Mario si avvicina a una delle finestre e
si accorge che non ci arriva. “Vieni qua” dice “Fammi
lo scalino con le mani.”
“Agli
ordini, padrone.” scherza Yvan incrociando le mani. Mario ci
mette su i piedi e si issa sul davanzale.
Ovviamente
la finestra è chiusa. Con un pugno, ne spacca il vetro.
E
viene investito da una folata di aria gelida.
“Ma
dovrebbe venire da fuori, non da dentro...” pensa mentre si
cala all'interno della casa con tutta la discrezione possibile.
Quello
che lo sta aspettando non se lo poteva nemmeno immaginare.
Il
pavimento sembra ricoperto dalle sabbie mobili, e lui ci è
finito a piombo.
“Che
scherzo del cavolo!” esclama arrabbiato mentre affonda fino
alla vita.
Qualche
muro più in là, Luigi sta correndo a rotta di collo,
agitandosi come se gli avessero infilato dei roditori dentro le
mutande.
Apre
la prima porta che gli capita e gli si schiantano addosso una scopa,
un rastrello, un'asse da stiro e un aspirapolvere. Tra tutte quelle
che c'erano, ha beccato giusto-giusto quella dello sgabuzzino! Vede
le stelle per un po', ma sfortunatamente non sono quelle che gli
interesserebbe ottenere.
“Luigi,
non lasciarmi qui!” strilla Wolley che è stato di nuovo
chiuso in un angolo. Il Boo gli si avvicina con la lingua di fuori e
lui non riesce a guardarlo per la paura. S'è raggomitolato
tutto e tiene gli occhi chiusi, trema e batte i denti come una
scimmietta con i piatti impazzita.
“Aspetta”
dice Luigi scrollandosi di dosso le cose che gli sono finite di
sopra. Ricaccia tutto dentro lo sgabuzzino ma non riesce a rimettere
in piedi l'aspirapolvere, che gli crolla di nuovo addosso
conficcandoglisi nello stomaco. Mormorando “La mia povera
milza...” Luigi si gira a guardare il povero Wolley che grida
terrorizzato. Poi guarda il fantasma che gli va incontro facendogli
le boccacce. Guarda l'aspirapolvere che ha in mano. Guarda di nuovo
Wolley che grida e strepita. Guarda di nuovo il fantasma che fa le
boccacce e le pernacchie. Guarda di nuovo l'aspirapolvere. Guarda
Wolley che grida, strepita e piange. Guarda il fantasma che fa le
boccacce e le pernacchie e che dice “Bleblebleah”.
Guarda di nuovo l'aspirapolvere. La spina è inserita. Ha
l'impressione che gli stia facendo l'occhiolino.
All'improvviso,
e con all'improvviso intendo dire che la sua testa ha fatto
avanti e indietro per almeno mezzo minuto, gli viene un'ispirazione.
Saltando
su come una molla, punta il tubo dell'aspirapolvere contro le spalle
del fantasma e urlando come un forsennato le parole “Alé,
ghostbusters!” lo accende.
Ora,
vorrei che rifletteste un momento. Vi ricordate dove ci troviamo?
Siamo in una casa infestata. Da fantasmi. Abitata da fantasmi. Gente
morta secoli fa. Perché mai in una casa infestata da fantasmi
dovrebbe esserci un aspirapolvere funzionante perfino con la spina
inserita?
Nel
momento in cui Luigi preme il tasto di accensione, l'elettrodomestico
esplode tra le sue mani.
Il
Boo lo aveva messo lì apposta per fargli uno scherzo, e adesso
è lì che 'rimuore' dalle risate.
“Ah
ah ah... come sei ridicolo!” dice con le lacrime agli occhi.
Tutto
grigio e ricoperto di polvere dai piedi fino alla punta del cappello,
Luigi non può fare a meno di arrabbiarsi di brutto.
Dimenticandosi
che due minuti prima aveva paura di lui, gli si avventa contro con
aria minacciosa. Lo agguanta per la codina portandoselo all'altezza
degli occhi e, fissandolo con un'aria furente da pazzo maniaco, con
una voce cavernosa urla “Ti senti SPIRITOSO?”.
Il
fantasmino si fa piccolo piccolo. Non può sostenere uno
sguardo così diretto e si copre subito gli occhi con una
manina. Un gesto che fa sentire Luigi superiore.
Lo
scaraventa a terra con disgusto, poi prende la mano di Wolley e dice
“Andiamo.”
Wolley
resta a bocca aperta mentre Luigi lo trascina via.
(continua...)
un
paio di note:
Per
chi non lo sapesse, Yvan e Wolley non sono due nomi a caso, sono i
nomi non ufficiali che
sono stati dati dai 'fan' al Toad Blu e al Toad Giallo che appaiono
in New Super Mario Bros Wii.
Avevo intenzione di usarli, così ho dovuto inventarmi per lo
meno i loro caratteri.
Per
chi se lo fosse chiesto, Jumpan è
stato semplicemente il primo nome di Mario, letteralmente dovrebbe
significare l'uomo che salta.
Detto
ciò, ringrazio tutti quelli che hanno letto e commentato. Un saluto.
|
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Capitolo 3 *** Yoshi ***
Cap 3
Avevamo lasciato Mario a dibattersi mentre affondava inesorabilmente
in un improbabile, traballante pavimento ricoperto dalle sabbie
mobili.
Probabilmente, vi sarete chiesti se alla fine sia riuscito a salvarsi
o no.
Ho deciso di togliervi subito il dubbio. Non c'è riuscito.
Esatto, lui ci ha provato a tirarsene fuori, s'è aggrappato
dove poteva, ma i muri erano lisci, i fantasmi erano cattivi, il buio
era opprimente, l'attenzione del lettore era stata dirottata e va
beh, semplicemente non c'è riuscito ed è stato
risucchiato dritto nello scantinato.
Sopra di lui, le sabbie mobili, avendo esaurito il loro compito, si
sono ritirate e il pavimento è tornato a essere un normale,
instabile, vecchio e scricchiolante pavimento di legno dilaniato dai
tarli. Trattandosi di una casa abitata da
fantasmi, non è troppo strano che non si siano mai preoccupati
di rinforzarne la struttura.
Dall'altra parte del muro, sotto la finestra da
cui era entrato Mario, Yvan lo ha sentito lamentarsi e ha pensato che
doveva essere successo qualcosa. Così ha iniziato a fare dei
saltelli per tentare di raggiungere a sua volta il davanzale. Poi ha
capito che gli serviva un power up ed è andato a
cercarsi un cubo.
Dentro ai cubi, si sa, si trovano svariati
oggettini interessanti. A volte solo monete, altre addirittura una
vita extra. I più rari sono proprio questi ultimi, lo sapete
che una vita in più costa ben cento monete?
Yvan è stato fortunato, c'era un cubo
che però non s'è fatto schiacciare subito perché
dondolava nel vuoto. Comunque, dopo avergli sbraitato contro di
starsene fermo ed esser stato bellamente ignorato, è arrivato
a prenderlo. Dentro ci ha trovato una Super Foglia Tanooki.
'Tanooki' significa procione. Si chiama così
perché se la mangi diventi qualcosa di simile a un procione...
sì, a un procione volante. Vi prego, non tentate di
trovare una logica in tutto questo, vi fareste solo venire il mal di
testa. Ricordatevi solo che siamo in un mondo magico e che quindi
dovete prendere tutto quanto per buono.
Dopo aver volato attraversando la finestra
spaccata, nella stessa stanza fanno il loro ingresso Luigi e Wolley.
Evidentemente, si illudevano di trovare l'uscita.
Non appena Wolley vede il suo amico, salta su e
inizia a strepitare con la sua vocetta acuta e gli corre incontro.
Incontratisi a metà strada, i due funghetti si abbracciano e
si baciano. Sì, si baciano, avete capito bene, sulle labbra,
ammesso che i funghi abbiano le labbra.
“Yvan, non mi ricordavo che fossi così
bello.” dice Wolley profondamente commosso “E quanto è
bella la tua coda, mi è sempre piaciuta ma non mi ricordavo
che fosse così bella... aspetta, ma tu non hai mai avuto una
coda... sei un Saiyan!” si stupisce.
“Certo che lo sono... è tutto come
dici tu.” gli dice il toad blu facendogli pat-pat sulla
testolina.
“Ma a cosa ti serve?”
“A fare da elica.”
“E le orecchie?”
“Eh, non posso mica stare qua a spiegarti
tutto nei minimi particolari!” sbotta il toad blu infastidito,
che in realtà non ha la più pallida idea di quale sia
la funzione di quelle orecchie. Poi si rivolge a Luigi. “Tu
devi essere il secondo Jumpman.”
“Chi l'ha deciso che sono il secondo?”
chiede l'idraulico alzando un sopracciglio.
“Il padretherno!” esclama Yvan
convinto, e si fa in fretta il segno della triforza.
Poi chiede se siano lì a parlare con lui
perché Mario li ha già salvati e loro rispondono di non
aver visto Mario e lui racconta che erano arrivati lì insieme.
“Si perde sempre qualcuno per strada.”
sbotta Luigi “Prima la principessa... poi Wolley, poi io, ora
pure Mario...”
“Beh, due su quattro sono stati
ritrovati.” commenta Yvan segretamente orgoglioso di essere
l'unico che ancora non s'è perso.
Wolley si nasconde dietro di lui perché
nella stanza sono appena entrati tre fantasmi.
Luigi, che li aveva già affrontati e
aveva miracolosamente capito come comportarsi con loro, dice che li
devono guardare negli occhi perché così loro se li
coprono visto che sono timidi.
Funziona finché non raggiungono il
centro della stanza. Poi Wolley non resiste, dà loro le spalle
e inizia a correre.
“Non farlo...” cercano di avvisarlo
ma è troppo tardi, i Boo lo stanno già inseguendo.
Yvan allora dà un gran colpo di coda, si
libra nell'aria e colpisce il fantasma più vicino eseguendo
un'elegante piroetta che gli varrebbe dieci punto cinque in una gara
di pattinaggio artistico.
In questo modo lo manda a sbattere contro il
muro, ma perde immediatamente il potere della foglia, perché
basta un tocco insidioso... e i fantasmi di certo non muoiono.
Luigi si tuffa e lo prende al volo prima che
tocchi terra, ma gli altri due fantasmi gli sono saltati addosso. I
nostri tre eroi si ritrovano in men che non si pensi a doverli
respingere come possono, agitando stupidamente le mani sopra le loro
teste.
Tutto sembra ormai destinato a finire
tragicamente, le speranze sono perdute, la principessa sembra
irraggiungibile...
Ma avendo sentito la sincera fede di Yvan nella
triforza, l'etherna Provvidenza decide di entrare in gioco facendo in
modo che divampi all'istante un incendio. O forse, è tutta
colpa di Mario Furens che, come vi ricorderete sicuramente, aveva
ancora il potenziamento di un fiore di fuoco.
Al centro del pavimento (anche se per Mario
corrisponde al soffitto), bruciato e ormai tutto rosicchiato, si apre
uno squarcio nel quale Luigi e i due toad precipitano.
Quando la polvere si posa, i tre sono un po'
ammaccati ma si accorgono subito che lì, tra un topo e uno
scarafaggio che fuggono terrorizzati, c'è Mario che li
aspettava fumando... fumando!?
“Buona sera, ragazzi.” dice in tono
teatrale con una nuvoletta di fumo che gli sfugge dalle labbra “Non
vi spaventate, era tutto calcolato.”
Infatti, i tre sono finiti sopra un cumulo di
stracci che Mario aveva messo lì per attutire la caduta.
L'idraulico dal berretto rosso
che-per-adesso-è-bianco sputa per terra, getta via il sigaro e
lo schiaccia con il piede, facendo una smorfia di disgusto. Lo aveva
trovato lì, era vecchio e aveva un saporaccio, quindi,
bambini, non imitatelo. Fumate solo roba di qualità.
Poi si avvicina a Luigi e gli tira deciso i
baffi.
“Questo è per esserti allontanato
senza di me.” dichiara.
Luigi cerca di sorridere, anche se s'è
fatto male e il suo istinto sarebbe di dare un cazzotto a Mario, è
troppo contento di rivederlo per prendersela. Decide però di
prenderlo in giro.
“Ti sei preoccupato.” gli dice
guardandolo con aria furba.
“Seh, ti piacerebbe.” salta subito
sulla difensiva il fratello maggiore.
“Uh, uh, sì, invece eri
preoccupato... se no non venivi a cercarmi.”
“No invece, sta' zitto, sei un
bambino!” Mario si scalda un po'.
“Oh, ragazzi, non litigate, per piacere.”
si intromette Wolley timidamente senza capire che per loro quello non
è affatto un litigio “Non si può sempre andare
tutti d'accordo, lo so che è difficile, soprattutto tra
fratelli, ma dovete sforzarvi di mettere da parte le vostre
divergenze e di venirvi incontro per dare l'esempio a chi vi circonda
e poter vivere in pace e in armonia con l'intero universo, a
cominciare dal vostro vicino più prossimo...”
“Grazie, Wolley.” lo ferma Yvan
prima che inizi a lanciare ghirlande di fiori in aria e a inneggiare
alla pace mondiale.
È più o meno a questo punto che i
nostri si ricordano dei fantasmi, ma solo perché hanno
attirato la loro attenzione fluttuando verso di loro attraverso lo
squarcio nel soffitto.
“Che antipatici, noi vi volevamo
semplicemente spaventare e voi ci avete bruciato casa...” si
lagna uno di loro mettendo su il broncio.
“Capita quando ti metti contro gli...
irriducibili... super fratelli Mario!” dice Mario in tono
solenne guardandoli con sdegno.
“E... i loro amici Toad.” aggiunge
Yvan emulando lo stesso tono e beccandosi un'occhiata di sbieco.
Più tardi, è mattino e la casetta
dei fantasmi, illuminandosi dei riflessi del sole, non fa più
tanta paura, anzi, se non si considerano la muffa, la polvere, le
ragnatele, i topi, gli scarafaggi e i fantasmi stessi, si può
rivelare un posticino piuttosto accogliente. Per lo meno, sempre
meglio che dormire per terra.
I nostri hanno fatto la pace con i Boo e Mario,
per scusarsi, ha insistito per riparare il pavimento e la finestra
che aveva rotto. In realtà non ce n'era bisogno perché
cosa gliene frega ai fantasmi di rimettere tutto a posto? Sono morti!
Non soffrono il freddo! Non rischiano di farsi male se cadono! Però
Mario ha voluto dimostrare di essere bravo. Infatti, se non lo
sapete, prima di fare l'idraulico, faceva il carpentiere. Per essere
completi, dovremmo dire che fa anche il guardiano dello zoo, il
dottore, il golfista, il pilota di go-kart e il giocatore
d'azzardo... ma queste sono altre storie che non c'entrano molto con
la nostra.
“Ho riflettuto su quello che mi hai detto
prima, Mario.” dice Yvan improvvisamente “Cioè che
su di me avrebbe agito il karma.”
“Era una cosa detta così per
dire...” minimizza Mario.
“Penso che avessi ragione.” lo
contraddice.
“Ah, allora dicevo sul serio.”
“Piantala.” il toad lo guarda
seccato, poi continua in fretta “Sono stato egoista a lasciare
la principessa al suo destino, mi sono coperto di vergogna presso i
miei colleghi, le guardie del castello, e ho... fatto perdere il mio
compagno. Ma mi voglio riscattare.”
“Bravo.” fa Mario evitando il punto
della questione.
“Mi accollerò anche io la vostra
missione.” dichiara Yvan con una luce particolare negli occhi.
“In parole povere, vieni insieme a noi a
salvare la principessa.” dice Mario finendo di inchiodare
l'ultima asse.
“In parole povere.” ripete il toad.
“Se proprio devi. Due mani in più
possono solo farci comodo.” Mario finge indifferenza ma in
realtà l'idea gli piace e sa già che potrebbero
diventare ottimi amici.
“Quattro sono ancora meglio!”
strilla Wolley attaccandosi al braccino del suo compagno.
Yvan si volta verso Wolley e nota la sua aria
insolitamente determinata.
“Proprio così” quasi lo
aggredisce questi “Non ti sognerai di andartene con loro e di
lasciarmi da solo. Non ci pensare nemmeno. Scordatelo. Se vai con
loro vengo anche io.” il funghetto giallo è arrossito e
senza fiato e ha il tono di chi non ammette repliche.
Yvan tenta vanamente di protestare. Non è che non lo voglia, è
solo che sa che non è proprio un esempio di coraggio leonino,
ma Wolley insiste. Nemmeno Luigi lo è.
“Ehi, ti ho salvato le chiappe dai fantasmi!”
protesta il baffetto verde sentendosi chiamato in causa.
“E te ne sarò grato per sempre, così tanto che
non ti lascerò mai, mai più!” grida Wolley
saltandogli in braccio senza preavviso.
Yvan fissa il suo amico con una faccia inespressiva, poi lo strattona
per un braccio tirandolo giù dalle braccia di Luigi e se lo
porta via in un'altra stanza per riservare alle sue chiappe ben altro
trattamento...
Mario scoppia a ridere assistendo alla scena, mentre Luigi è
sconvolto.
Ora
facciamo
un salto in avanti nel tempo se no non finiremmo più di
descrivere le interminabili scarpinate sotto il sole e sotto la
pioggia dei nostri quattro eroi, le incredibili notti passate
all'addiaccio, le cacce improvvisate, i nemici affrontati, le suole
consunte, i posti meravigliosi ma insidiosi che visitano, mentre il
castello di Bowser si fa lentamente, ma inesorabilmente, sempre più
vicino.
“Avevate mai visto quei cosi?” chiede Mario ai
suoi due nuovi amichetti funghi.
“No” risponde Yvan “Sono strani.”
“Devono essere venuti da qualche altra parte perché non
ci sono nel libro di Daisy” commenta Luigi sfogliandolo come se
fosse una bibbia.
I quattro stanno attraversando una specie di foresta e hanno appena
incontrato degli esseri enormi, con le gambe arcuate e la testa
minuscola a forma di pallina da golf arancione, restandone molto
impressionati.
“Magari quel libro è un'edizione passata.” dice
Wolley stringendosi nel suo gilet giallo di Armani.
“Non ti azzardare a ripeterlo.” si arrabbia
inaspettatamente Luigi “Daisy non può avermi dato
un'edizione passata.”
“Ehi calma, era solo un'ipotesi.” dice il funghetto
giallo. Poi aggiunge: “Davano i brividi.”
“Perché te la prendi tanto?” si interessa Mario.
“Niente” farfuglia Luigi arrossendo “È solo
che non mi sembra possibile...”
“Oh, certo, non tocchiamogli Daisy se no si arrabbia.”
dice Yvan.
Gli altri due si mettono a ridacchiare mentre Luigi lo guarda di
sbieco.
Andando avanti, mentre i suoi occhi si fanno tristi, mormora “Siamo
in marcia da settimane, chissà se raggiungeremo mai la
nostra meta.”
“Ho un ottimo presentimento a riguardo.” dice Mario anche
se in realtà anche lui si stava chiedendo la stessa cosa.
“Anche riguardo a quelli?” sussurra Wolley indicando di
fronte a loro.
Gli altri guardano dove ha indicato e si accorgono di una cosa
strana. Il terreno si è fatto morbido e variopinto. Ci sono
delle colline altissime che sembrano letteralmente ricoperte da un
fungo gigante che cresce come se fosse un manto erboso.
Luigi, a dispetto dalla sua volontà di voler cambiare
discorso, riprende in mano il libro di Daisy e va al capitolo
Conformazione del paesaggio e si immerge nella lettura.
“Fermi tutti” grida poi accorgendosi che i suoi compagni
sono andati avanti “Qui è pericoloso.”
“Perché pericoloso? Non sembrano esserci nemici, non si
vede niente di strano.” dice Mario.
“Qui dice che quando il terreno ha questo aspetto, gli alberi
crescono in un attimo dal nulla come... beh, come dei funghi. Quindi
dobbiamo stare attenti...”
Non finisce nemmeno la frase che succede esattamente ciò che
ha detto. Un alberello spunta dal terreno a pochi centimetri da dov'è
Wolley, il quale fa un passo indietro urlando.
“È solo un albero.” dice Yvan prendendolo per le
spalle.
“Andiamocene.” piagnucola il toad giallo “Non
voglio essere impalato.”
“Non possiamo andarcene, se vogliamo arrivare al castello di
Bowser Koopa” dice Mario “Questa è l'unica via, la
terra dei dinosauri...”
“Dinosauri?” ripete Luigi spaventandosi un pochino “Tipo
T-rex e cose così?”
Mario si stringe nelle spalle. “Tu ce l'hai il libro, non io.”
“Tranquillo, Luigi, i dinosauri qui non sono così grossi
come pensi.” dice Yvan “La cosa di cui ti devi
preoccupare è la loro lunga lingua.”
Invece di tranquillizzarsi, Luigi si spaventa ancora di più.
Riapre il libro e cerca il capitolo sui dinosauri. Se si conosce il
nemico lo si può affrontare meglio.
Mario invece sta concentrando la sua attenzione sull'alberello, che
cresce in fretta. Sulla cima stanno spuntando dei grossi frutti
succosi che maturano a vista d'occhio e che sembrano (e sono) delle
bacche molle. “Ho un gran languore.” dichiara allungando
una mano per prenderne una.
“Non toccarle.” lo avverte Luigi ma Mario l'ha già
agguantata e ne ha staccato un morso.
“Sono morbidissime e deliziose, perché non devo...”
ma non finisce la frase a bocca piena che arriva dal nulla un oggetto
oblungo rosa che si attacca istantaneamente alla sua mano.
“Per questo...” dice Luigi mentre fa la sua apparizione
un dinosauro alto quanto lui, con un grosso muso verde e bianco.
L'oggetto rosa era la sua lingua, e Mario in un secondo sparisce
dentro la sua bocca, quantunque sia palesemente troppo piccola per
contenerlo.
La bacca ricade ai piedi del dinosauro e tutti possono chiaramente
vedere che porta delle scarpe da ginnastica arancioni (il dinosauro,
non la bacca).
“Aiuto.” si sente da dentro la bocca del 'mostro'.
“Sputalo subito fuori o ti faccio vedere io!” dice Yvan
in tono minaccioso.
Per tutta risposta, il piccolo dinosauro dà loro le spalle e
si dà alla fuga.
“Aiuto!” si sente di nuovo dal fondo del suo gargarozzo
dilatato.
Yvan incita i suoi compagni gridando “Prendiamolo!”.
Segue un breve inseguimento.
Yvan si trova bloccato da un altro alberello che gli spunta a un
centimetro dal naso (Sì, esatto, i toad hanno un naso, ma è
così piccolo che non si vede...) e Wolley, invece, inciampa in
una radice del medesimo alberello e finisce a pancia a terra. Meno
male che il terreno è morbido.
Ma Luigi ha il libro, il libro delle risposte.
Prende la mira e lo lancia in testa al dinosauro che viene colpito
con precisione, crolla e apre la bocca sputando così Mario.
“Ho fatto un viaggio interessante!” esclama questi
rialzandosi e ripulendosi dalla bava come se non fosse successo
niente “Ma non lo rifarei.” ammette.
Il dinosauretto viene tirato su da un minaccioso Yvan.
“No, no!” strilla spaventato agitandosi per sfuggire alla
sua presa “Yoshi solo vuole frutta. Frutta mia! Mia!”
protesta.
“Mi sembra legittimo, ma non è un buon pretesto per
mangiarti il mio amico.” dice Yvan abbassando il pugno e
lasciandolo andare. Non voleva veramente colpirlo, solo spaventarlo.
“Guarda cosa mi ha fatto fare...” sbotta Luigi
recuperando il libro di Daisy. Lo spolvera e lo esamina per
verificare che non si sia rovinato. “Scusa” gli mormora
accarezzandone e baciandone la copertina.
Il dinosauro lo guarda con tanto d'occhi e Yvan fa roteare l'indice
sfiorandosi il lato della tempia.
Mario si avvicina a suo fratello e sbircia tra le pagine. “Vediamo
cosa dice quel tuo prezioso libro sui dinosauri...”
“Oltre al fatto che hanno una digestione super-veloce?”
dice Luigi per impressionarlo, ma Mario non abbocca.
Nella pagina c'è un ritratto piuttosto fedele di Yoshi (visto
che si chiama così), e sotto c'è una vistosa
didascalia:
Nome:
Yoshisauro,
Reptilia
Dinosauria
Mongoliensis
Diffusione: Regno
dei funghi, Yoshi's Island
Descrizione:
Sebbene non se ne conoscano le cause, si tratta dell'unico tipo di
dinosauro al mondo a essere sopravvissuto all'estinzione e a
essersi evoluto. Presenta corpo robusto, testa larga, occhi molto
grandi, colorazione estremamente variabile. Vive principalmente in
branchi numerosi e si adatta ai più diversi habitat.
Onnivoro, predatore di animali anche più grandi di lui, ma di
carattere piuttosto pigro e di indole amichevole e pacifica. Si nutre
principalmente di frutta, tra cui bacche e mele, di Tantatalpe,
Torcibruchi e Tipi Timidi. A seconda di quello che mangia, può
ottenere un potenziamento. Grazie alla piccola sella che ha posta
sulla schiena può essere utilizzato come un'ottima
cavalcatura. Le uova sono deposte indifferentemente sia dal maschio
che dalla femmina, ma spesso quelle del maschio, anziché una
nuova creatura, contengono un power
up.
“Oh, questo sì che è interessante!”
commenta Mario il quale ha scorso tutto molto velocemente e s'è
fermato alla parola cavalcatura.
“Scusa se Yoshi mangiato te.” dice Yoshi con la lunga
lingua che gli impasta le parole. Gli si era avvicinato in silenzio e
lui trasalisce al suono della sua voce.
“Scuse accettate, ma non lo fare più.” dice Mario
riprendendosi. Si riferisce sia al fatto di averlo mangiato che al
fatto di avergli appena fatto venire un mezzo infarto.
Poi gli accarezza la testa e Yoshi se ne mostra piuttosto contento.
Invece Luigi sembra molto contrariato. “In nome del cielo!”
esclama esasperato “Come puoi accarezzarlo dopo quello che ti
ha fatto?”
“Ma mi ha chiesto scusa.” dice Mario con gli occhi che
gli brillano.
“Ma ti ha mangiato! Non ti dovrebbe fare almeno un po' di
paura?”
“Via, via, non esageriamo.” minimizza lui “Non mi
ha mica digerito. E poi io non ho paura di niente, sei tu
quello che si spaventa di tutto.” aggiunge dandosi delle arie.
“Sto buttando parole al vento...” sospira Luigi.
“Ma dopo averlo conosciuto, è piuttosto grazioso.”
“Me Yoshi!” si presenta. “Tu Jumpman. Tu salva
principessa.”
“'Sto Regno dei Funghi è peggio di un paesello, i
pettegolezzi volano alla velocità della luce.” commenta
Mario.
“Del suono.” lo corregge Luigi con una certa logicità.
“Mi chiamo Mario, ficcati in testa il mio nome!” dice
Mario a Yoshi ignorando la precisazione di Luigi.
“Mario.” ripete Yoshi e scoppia a ridere. “Yoshi
aiutare Mario. Ma prima, Yoshi fame!”
Detto questo, il dinosauretto ripulisce la chioma degli alberelli
dalle bacche con delle linguate molto decise.
“Non ce ne offre nemmeno una.” commenta Yvan “Che
maleducato.”
Ma non è finita, Yoshi inizia a percuotere ripetutamente il
terreno con la coda. Per un po' non accade nulla... poi si vede la
terra smuoversi sotto il manto fungoso e fare capolino dal suolo un
muso marrone. Disturbato da quei colpi, il mammifero soricomorfo cui
quel muso peloso appartiene ha sentito l'istinto di scavare tanto e
in fretta verso la superficie, e adesso che l'ha raggiunta non si
sente più la terra sopra la testa.
“È una talpa!” grida Wolley, riconoscendola “Che
bellina, guardatela, che musetto dolce...”
Non finisce la sua sviolinata che l'animale compie un salto molto
agile e inizia a correre alla cieca, in realtà perché
cieca lo è per davvero. Ed eccola che si schianta a tutta
birra contro lo stomaco di Luigi.
“Ma perché tutti ci tengono così tanto a farmi
uscire le viscere!” grida l'idraulico mentre si accascia senza
più fiato, comprimendosi la pancia.
Prontamente, Yoshi srotola la lunga lingua e acchiappa la bestiola
prima che si scontri contro qualcun altro. Proprio come era successo
prima con Mario, la si vede sparire dentro la sua bocca. Il dinosauro
ingoia soddisfatto senza nemmeno masticare.
Wolley, che era rimasto deliziato da quella creaturina, adesso sta
strillando: “Nooo. Povera piccina! Perchéeeee? Cos'aveva
fatto di male al mondoooo?”.
“Ha fatto bene.” approva Luigi che, anche se è
ancora inginocchiato a terra, ha immancabilmente ficcato il naso tra
le pagine del libro “ È colpa loro se il terreno è
così conformato.”
“Perchéeeee?” dice Wolley con un residuo di
isteria.
“Perché lo devastano.” spiega Luigi “Scavando,
spingono i tronchi sotterranei accelerandone il processo di crescita.
E i dinosauri sono costretti a stare attenti a non restare
infilzati...”
“Non è comunque giusto, però, loro mangiano le
bacche di quegli alberi.” osserva Wolley “Perché
invece non diventano amici? Perché non imparano a
vivere in un rapporto simbiotico? Perché non convivono
in armonia collaborando per rendere il mondo migliore per
tutti?”
“Tesoro, molla quel mughetto...” lo rimprovera Yvan.
Mario era rimasto in silenzio ma all'improvviso esplode di gioia.
“Ragazzi, se Yoshi è disposto ad aiutarci, non possiamo
perdere, anzi abbiamo già vinto!” grida.
“Perché ne sei così convinto?” chiede Yvan
dubbioso.
“Perché qualsiasi nemico incontreremo, se lo mangerà!”
esclama tutto contento.“Senza contare il fatto che andremo
molto più veloci e avremo una scorta di power-up”.
“È una cosa veramente abominevole!” strilla
Wolley disgustato.
“No, invece è la prima cosa sensata che dice.” lo
contraddice Yvan
Mario lo guarda male, poi va da Yoshi. “Cavalcatura?”
dice avendo capito che con lui può permettersi di limitare il
discorso alle parole-chiave. Yoshi annuisce sorridendo e Mario lo
abbraccia, contento, facendo sbuffare Luigi. “Ma solo tu?”
gli chiede poi, essendosi ricordato che ci sono anche altri tre
individui con lui.
Yoshi fa segno di diniego ed ecco che alle sue spalle compaiono altri
tre dinosauri come lui, tutti di colori diversi.
“Loro miei fratelli” biascica Yoshi. “Loro aiuta
voi.”
“Boshi!” grida quello blu.
“Poshi!” strilla quello rosa.
“Woshi!” urla quello giallo.
Si sono presentati.
“Ma sono adorabili!” strepita Wolley giungendo le
mani sotto il mento “Io voglio quello rosa!” e corre ad
abbracciarlo “Quello rosa è mio!” ripete se per
caso qualcuno non avesse capito.
“E non avevamo dubbi...” dice Yvan roteando gli occhi “Io
invece voglio quello blu.”
“Non puoi avere quello blu, tu sei blu.” gli fa
notare Mario.
“Così mi mimetizzo.”
“E tu quale vuoi?” chiede Wolley a Luigi.
“Ovviamente lui vuole quello giallo perché Yoshi è
mio.” risponde per lui Mario.
“Ma il verde è il mio colore.” cerca di protestare
Luigi.
“Ma è il mio complementare.” dice Mario come se la
cosa fosse indiscutibile.
“Eccolo che ricomincia! Il tuo che?”
“Santo cielo, ma non sai proprio un cacchio! Io sono vestito di
rosso, il verde fa contrasto, ci sta bene.” esclama
Mario esasperato dall'ignoranza del fratellino, e si appropria di
Yoshi saltandogli in sella prima che qualcun altro glielo soffi.
“Ma mica è una cravatta... Beh, però ha buon
gusto...” commenta Wolley.
Da un cespuglietto rosso fa capolino anche un dinosauretto molto più
piccolo e nero.
“Bloshi!” si presenta “Bloshi viene con voi!”
dice con una vocetta idiota e girando da tutte le parti gli occhi
strabici.
Tutti lo guardano imbarazzati e distolgono lo sguardo.
“Scusa, non è per cattiveria, eh, ma... non ci servi...”
dice Luigi in tono mortificato.
Sembra quasi che il cucciolo voglia mettersi a piangere. “Razzisti.”
mormora sconsolato.
“No, loro no razzisti.” interviene a salvare la
situazione Yoshi “Bloshi sta qua perché Bloshi nuovo
re!”
Allora il nuovo arrivato si mette a gongolare e se ne va tutto
contento.
“Moccioso.” aggiunge Yoshi senza farsi sentire, mentre lo
guarda allontanarsi.
Poi i quattro amici si rimettono in marcia, ognuno a cavallo del suo
dinosauro.
“Andiamo per davvero più veloci!” esclama Wolley
dimenticandosi che prima non gli piaceva l'idea di sfruttare un
povero animale per attraversare la foresta.
“Un applauso per Wolley.” dice Yvan “Se li abbiamo
presi apposta per questo!”
“Ma statti zitto...” replica inaspettatamente il toad
giallo.
Yvan si gira sorpreso verso di lui. “Ma che c'è?”
gli chiede.
“Mi prendi sempre in giro.” dice lui, offeso.
“Io prendo in giro tutti, tesoro mio...”
“E smettila di farlo.”
Luigi e Mario si scambiano un'occhiata imbarazzata.
“Guardate, cos'è quello?” dice Mario per spezzare
il disagio, indicando un'altissima colonna di palle di cactus che si
erge di fronte a loro, che mostra loro una faccia tutta sorridente.
“Marghibruco.” dice Yoshi “Molto gustoso.”
Sembra che la strana creatura lo abbia sentito, perché inizia
a strisciare sul terreno allontanandosi in fretta da loro, senza però
smettere di sorridere.
Ma i dinosauri accelerano l'andatura per raggiungerla e, allungate le
loro lingue, in pochi secondi la divorano, una palla per volta. Su
quella che sta in cima, fa mostra di sé una bellissima
margherita.
Luigi la vede ed esclama: “Quella cosa là mi serve! Non
ve la mangiate!” senza che nessuno capisca cosa voglia dire.
Woshi la raccoglie e gliela porge con la lingua e lui la mette in
mezzo alle pagine del libro. Tutti lo guardano.
“Perché mi guardate?” chiede Luigi “Mi
serviva un segnalibro.”
Spazio
autrice:
Ci
tengo a precisare che i riferimenti alla triforza e alla fede non
vogliono deridere nessuna religione e nemmeno i patiti dei
videogiochi di Zelda. Si tratta solo di una battuta ironica e se
qualcuno se ne è sentito offeso, gli chiedo scusa.
Questo
capitolo è stato decisamente difficile da scrivere e penso che
avrò serie difficoltà anche con il prossimo, ma mi
impegnerò. La storia è tutta nella mia testa, ma non
sono sicura di riuscire a buttarla giù. Ringrazio chiunque mi
abbia accompagnato fino a qui, quelli che hanno commentato e quelli
che leggono in silenzio. Un saluto,
Bulmasanzo
|
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Capitolo 4 *** attacco dall'alto! ***
Devo avvisarvi che, nel seguente capitolo, alcuni
personaggi potrebbero forse risultare OOC. Me ne scuso.
Cap
4
“Guardale e piangi!” dice Peach buttando le sue carte sul
tavolo.
“Due coppie di regine? Siete fortunata.” esclama
nascondendo la propria irritazione il koopa secondino. È la
terza partita di fila che perde e sta iniziando a stufarsi, ma gli è
stato ordinato dal suo re in persona di tenere compagnia alla
principessa, quindi non può rifiutarsi.
“Era ovvio che lo fossi, al gioco, perché in amore
faccio schifo.” commenta la principessa attirando a sé
le fiches.
“Oh, non disperate.” dice il koopa senza pensarci “Siete
giovane e bella e ricca... di certo troverete presto qualcuno da
accalappiare... cioè, da sposare.” si corregge.
“Questa sì che è bella!” sbotta Peach
mentre rimescola le carte per una nuova partita “Sono
prigioniera di un drago che mi fa la corte e io penso ancora
all'amore.”
“Beh, non è detto che riuscirà a portarvi
all'altare.” fa il koopa vago.
“Misericordia! Sono proprio lo stereotipo disneyano della
principessa sognatrice!” esclama Peach sconcertata “Ci
manca solo che mi metta a pulire questo castello insieme ai cerbiatti
e a cantare che il mio amore un dì verrà... Come
sono felice, sono sola in una casetta nel bosco e faccio una torta di
mele...”
Il koopa sorride a quell'allusione “Biancaneve lo abbiamo visto
tutti.” pensa.
“Ma a che serve illudersi!” esplode improvvisamente Peach
mescolando le carte sempre più in fretta “Queste inutili
chiacchiere sul principe azzurro, sul cavaliere che ti salva e ti
porta via sul cavallo bianco non sono altro che le fantasie malate di
adolescenti represse! Baggianate allo stato grezzo! Il principe
azzurro non esiste e se anche esistesse, non arriverà mai. E
tu puoi essere la principessa più favolosa, più bella,
più leggiadra e più delicata dell'universo, e puoi
starlo ad aspettare per un secolo... e intanto lui si sarà già
trovato la sua bella gnocca mora, alta e con le tette trasbordanti
che fa subito per lui quello che tu ti sogneresti di fare solo dopo
anni... e anni... e anni di matrimonio!”
“Cioè, a cosa vi riferite?” chiede il koopa che in
realtà ha paura di chiederlo.
“Al fatto di farlo fumare in casa!” grida la principessa
facendo volare le carte da tutte le parti “Ma ovviamente solo
se c'è la finestra aperta e solo se in quella stanza non ci
stanno i bambini... i bambini!” esclama poi presa da un altro
pensiero “Chissà, se mi dovessi veramente sposare con
quel mostro, che bambini brutti che mi verrebbero! Avranno anche loro
le corna e la coda e gli spuntoni sulla schiena!” Peach lascia
perdere completamente le carte e si copre gli occhi, affranta “Non
riuscirei nemmeno a tenerli in braccio.” continua “Daisy
mi verrà a fare visita per mostrarmi la sua vita perfetta, il
suo sposo stupendo e i suoi bellissimi pargoli con le guanciotte
rosse e io non potrò fare a meno di invidiarla perché i
miei invece avranno le squame e sputeranno fuoco!” la
prigioniera tace e si raggomitola, sull'orlo di una crisi.
Mentre lei parlava, il koopa si è affrettato a raggiungere in
silenzio la porta, per allontanarsi da lei. Sa che potrebbe diventare
isterica e non vuole un altro morso in faccia, quello di prima gli ha
lasciato un segno vivido sulla pelle che non s'è ancora
rimarginato.
Però, Peach si riscuote prima che esca “Aspetta, non
lasciarmi di nuovo da sola!” lo implora “Vieni qui,
facciamo un'altra partita, ti farò vincere.”
“Credo che per oggi basti, grazie...” rifiuta il koopa
“Volete che vi porti da mangiare?” aggiunge cercando
disperatamente una scusa per svignarsela.
“Sì! Portami ostriche, caviale e champagne!” grida
la principessa tirandogli un cuscino in faccia “Festeggiamo la
mia prigionia!”
Il koopa esce immediatamente dalla stanza e la chiude a chiave.
Peach continua il suo sclero rovesciando il tavolo da gioco con un
calcio. Si guarda nello specchio che Bowser ha fatto mettere lì
per lei e rimane immobile ad ammirare la propria immagine.
Il lungo abito nero da 'Regina delle Tenebre' che le è stato
fornito le sta troppo largo, le scivola e, per tenerlo su, ha dovuto
stringersi una fascia viola intorno alla vita.
“Non sembro una pesca, sembro una cazzo di prugna rinsecchita!”
piagnucola mentre se la scioglie.
La stoffa crolla attorno a lei, che se ne libera con un calcio
restando in sottoveste, anch'essa nera. “Rosa, voglio un
vestito rosa! È così difficile avere un cazzo di
vestito rosa?” strilla.
“Non ti voglio più vedere!” urla rivolta al
vestito che giace per terra, al quale tira un altro calcio “Anche
se sei di Gucci e costi una cifra da capogiro! Ti odio! Mi fai
schifo!”
Poi si sfila una scarpetta nera dal piede e manda in frantumi lo
specchio lanciandogliela contro. Raccoglie un grosso pezzo di vetro e
lo usa per strappare l'abito in tante striscioline sottili. Alla fine
le lancia in aria come se fossero coriandoli. Si strappa via l'altra
scarpa, la sottoveste e l'intimo finché non rimane
completamente nuda. Riduce a brandelli anche la sottoveste, il
reggiseno e gli slip e lancia anche questi per aria.
Poi si butta sul letto e trafigge il materasso con un altro pezzo di
specchio. Continua a colpirlo ossessivamente finché non ne fa
uscire fuori tutta l'ovatta contenuta, devastandolo.
Una volta che non ha più niente da distruggere, scoppia
finalmente in lacrime.
“Sire, temo che la vostra futura sposa sia un tantino
esaurita.” dice il koopa con un tono a metà tra il
preoccupato e il seccato entrando nella sala del trono.
Bowser si gira appena, infastidito. È seduto di fronte a un
maxi-schermo e ha in mano una grande ciotola di pop corn. Accanto a
lui c'è una giovane koopa con il guscio rosa, un fiocco in
testa rosa a pois bianchi, una collana di perle rosse al collo, due
grossi bracciali d'oro ai polsi, scarpette rosa con un mini tacco ai
piedi. È sua figlia Wendy, l'unica femmina. Si sta asciugando
gli enormi occhi azzurri con un fazzoletto, rapita dallo show in TV.
“Quante volte te lo devo dire? Io e la mia Cucci-Pucci stiamo
guardando la nostra soap opera, lo sai che non devi
disturbarci mentre guardiamo la nostra soap opera!”
“Chiedo scusa. Non volevo, ma... temo per la sanità
mentale della principessa.”
“Ti ha di nuovo morso?” fa il re in tono scocciato.
“Non gliene ho dato il tempo ma, comunque, pare che stia
distruggendo la sua stanza.”
“State zitti!” si lamenta la ragazzina “Patty sta
per dire a Matiàs che lo ama, non mi posso perdere questa
scena.”
“Ti lasciamo un secondo da sola, tesoro. Poi mi racconti...”
dice Bowser intenerito dalle esigenze della sua 'piccola' che in
realtà ha già quindici anni.
“Non importa, paparino reale, conosco bene i tuoi impegni.”
dice lei annoiata ficcandosi in bocca una manciata di pop corn.
“Ti voglio bene, Cucci-Pucci.”
“Io ti voglio bene un milione di più!” fa lei
zuccherosamente, almeno in apparenza.
Bowser le soffia un bacio, poi si apparta con il koopa.
“Sta distruggendo la sua stanza?” ripete a bassa voce.
“Sì, non sentite questo fracasso?”annuisce lui
“Quella donna mi terrorizza!”
Bowser ridacchia soddisfatto. Gli piace che la sua prigioniera dia i
primi segni di pazzia, vuol dire che sta per cedere.
“Potrebbe arrivare a farsi del male da sola.” dice il
koopa riportandolo alla realtà.
Bowser si allarma “Non l'avrai lasciata con qualche oggetto
appuntito, spero!”
“No, però c'è lo specchio...”
“Va' immediatamente a toglierglielo!” ordina il re.
Il secondino non è proprio al settimo cielo, ma va a eseguire
l'ordine.
Bowser si stira le membra, ma subito nella sala irrompe un paratroopa
con un'ala ferita.
“Non c'è un attimo di pace!” esclama il re
“Cos'altro è successo, ancora?”
“Sire, è terribile!” urla trafelato il nuovo
arrivato.
“Zitti!” grida ancora Wendy arrabbiandosi “Non
sento niente!”
“Scusi, principessina.” mormora il soldato, crollando a
terra.
Bowser lo raccoglie tra le braccia e stavolta lo porta direttamente
fuori.
“Devi annunciarti, come te lo devo dire, in turco?” lo
rimprovera, ma viene sorprendentemente ignorato. “Sire, le
porto cattive notizie” dice il soldato con un filo di voce “Ci
sono due jumpmen che sono in viaggio verso il vostro castello per
liberare la principessa Peach.”
“E che cacchio sarebbe un jumpman?” sbotta il re.
“Non ne siamo sicuri, ma le assicuro che sono forti e che hanno
già sbaragliato molte delle nostre truppe!”
“Che cosa! Ma se le nostre truppe sono numerosissime... e tu
hai detto che sono solo in due...”
“Per la verità, in tutto sono in quattro, con loro ci
sono anche due toad... e si servono di dinosauri che ci divorano.
Hanno già mangiato metà del nostro esercito!”
singhiozza il poveretto.
Bowser impallidisce di fronte all'enormità della cosa.
“Ma non è possibile, in quattro contro un esercito! Mi
prendi in giro?”
“Non l'avrei disturbata se non fosse stato importante. Non
riusciamo a fermarli. La prego, sire, ci dica cosa dobbiamo fare. Ci
stanno sterminando!”
Bowser assume un'aria grave. “Dove si trovano, in questo
momento, dov'è che sono arrivati?”
“Attualmente, stanno attraversando la terra dei Torcibruchi. Ma
procedono velocemente.”
“La terra dei Torcibruchi!” ripete il re sbiancando
ancora di più “Ma è a due passi da qui! E i
Torcibruchi non li fermano?”
“Macché! Se li mangiano i loro dinosauri!” dice il
soldato sentendosi addosso i brividi.
“Dovete fermarli assolutamente!”
“Ci stiamo provando, ci stiamo provando... ma sembrano dei
diavoli venuti dall'inferno!” esagera il sottoposto “Ce
n'è uno con il cappello rosso che fa dei salti assurdi, sembra
un dannatissimo grillo.”
“Con il cappello rosso?” ripete Bowser “Vuoi
dire l'elmo! Dev'essere un guerriero spietato, una bestia!”
“Lo è, spacca tutto quello che tocca! Vede questa
ferita?” aggiunge poi mostrandogli l'ala insanguinata.
“È stato lui?” chiede il re dei koopa.
“Mi è saltato addosso e me l'ha ricacciata dentro al
guscio. Poi mi ha lanciato come una palla da bowling contro i miei
stessi compagni!”
Bowser immagina la scena e vede i suoi fedelissimi crollare come
tanti birilli. Una tragedia! Si ritrova a passeggiare nervosamente
per il corridoio, cercando disperatamente una soluzione. Poi si
blocca. “Se non li potete fermare, deviate il loro percorso.”
dice “Mandategli contro l'aviazione.”
“L'aviazione? Intende dire Lakitù?”
“Sì, era quello che intendevo.” risponde
sbrigativamente il re “Ora va' in infermeria e fatti curare
quell'ala.” lo congeda. Il paratroopa fa il gesto di obbedire e
si allontana.
Bowser si prende il maestoso mento tra gli artigli e si chiude nei
suoi pensieri funesti. “Chi saranno mai questi jumpmen?”
si chiede. “Ci scommetto la coda che deve essere stato re
George Toadstool a mandarmeli dietro! Quel vecchio ne sa una più
del demonio! Ma certo, deve aver fatto una selezione accuratissima
per scegliere i cavalieri migliori a cui affidare la missione di
recuperare sua figlia. Avrà indetto un torneo, promettendo al
vincitore la sua mano... Sì, sicuramente è andata
così.” Poi si riscuote e manda a chiamare un altro
soldato. “Telecamere!” ordina “Piazzatene ovunque.
Voglio a tutti i costi vedere l'aspetto di questi pazzi che osano
sfidare il mio esercito.” Il soldato si avvia in fretta.
Pensando di aver temporaneamente sistemato le cose, il re incrocia le
braccia sul possente petto, dà uno sguardo all'orologio e si
ricorda improvvisamente che, dopo Wendy, ha ancora altri tre figli a
cui deve fare la visita quotidiana. La sua abitudine è di
dividersi la giornata dedicando un tot di minuti a ognuno di essi,
seguendoli uno alla volta, dal più grande al più
piccolo. Lui, essendo un padre single, cerca di fare il meglio che
può, ma stavolta sa di essere in ritardo.
Si precipita in camera di Morton, suo figlio di dodici anni, e la
trova vuota. Impreca, non è la prima volta che il ragazzino si
stufa di aspettarlo e se ne va. È un tipo molto inquieto.
“Non possiamo continuare così!” pensa mentre
automaticamente i suoi piedi lo portano nella cameretta di Larry, il
suo penultimo figlio di dieci “Quando la cara Peach si deciderà
a sposarmi, ce li divideremo meglio.” decide “A giorni
alterni. Così nessuno di loro si sentirà ancora meno
importante degli altri, finiranno tutte le gelosie, le litigate per
accaparrarsi un briciolo della mia attenzione...” Bowser, in
particolare, si preoccupa che suo figlio più piccolo, Bowser
Junior, di quattro anni, cresca viziato, com'è già
successo a Wendy, un'adolescente che a volte riesce a rendersi
davvero impossibile, anche se nella vita ha sempre avuto tutto... ma
magari non proprio tutto.
“Sistemerò le cose.” continua, convinto “Però,
prima devo assicurarmi che tutto vada secondo i piani.”
Entrato in camera di Larry, lo trova seduto a giocare ai videogames e
sospira, sollevato, constatando che insieme a lui c'è anche
Morton. “Grazie al cielo!” pensa “Così ne
prendo due con una visita sola e recupero un po' di tempo.”
“Ciao, ragazzi.” dice in tono gioviale.
Larry emette una specie di mugugno incerto e batte le palpebre, gli
occhi stanchi per la prolungata esposizione alla luce diretta dello
schermo del televisorino nella penombra della stanza.
“Ciao pa' come stai, come mai così tardi, scusa se non
ti ho aspettato, pensavo che avevi saltato il mio turno ma va beh, io
e Larry ti abbiamo aspettato insieme, tanto lo sapevo che dovevi
passare qui, anche se perdevi tempo, scusa se non ti diamo troppa
confidenza ma siamo nel livello più difficile di tutti e
dobbiamo ammazzare ancora un sacchissimo di zombie, non ci devi
distrarre, a me mi hanno già ammazzato cinquantamila volte,
sono ostinati, non vogliono morire, però Larry è in
gamba, è più forte di me, li ammazza tutti, e dire che
gliel'ho 'imparato' io a giocare, questi fratelli, questi allievi che
superano i maestri, non si dice mica per scherzare, no, no, è
una cosa che è vera, te la spiego io, credimi a me, vero
Larry, diglielo a papà che è vero, è la prova
vivente che è vero!” dice Morton tutto di un fiato.
Larry bofonchia qualcos'altro di indecifrabile senza staccare gli
occhi dal personaggino sullo schermo che mena fendenti con la sua
spada e mozza in continuazione le teste dei suoi nemici.
Bowser è rimasto sconcertato, come sempre, di fronte al fiume
di parole sgrammaticate riversatogli addosso da Morton e, nel
contempo, perplesso per il perenne e rabbioso mutismo di
Larry. Gli guarda il ciuffo blu tutto ingellato e sbuffa. Non lo
sopporta, gli sta troppo ritto sulla testa e lo fa assomigliare a un
gallo. Glielo va a scompigliare deciso con una mano e il bambino fa
un gesto esasperato allontanando il padre. È ancora in quella
fase del 'Non-mi-toccare'. A Bowser questa cosa non darebbe tanto
fastidio se suo figlio, pur respingendolo, si degnasse per lo meno di
parlargli, anche solo per dirglielo chiaramente che non vuole essere
toccato. Ma il bambino non vuole in nessun modo aprire bocca quando
c'è lui, e questo suo ignorarlo e concentrarsi solo ed
esclusivamente in quel suo dannato, violentissimo videogioco,
comincia seriamente a preoccuparlo. Come vorrebbe non averglielo mai
comprato! Lo usa come una scusa, vi si rifugia per evitare qualsiasi
forma di dialogo. Forse, si comporta in questo modo perché,
inconsciamente, vede nel padre la causa della fuga della propria
madre, una fuga che gli è costata tanta, troppa infelicità,
gli ha lasciato dentro una sensazione perenne di vuoto, lo ha fatto
sentire rifiutato e abbandonato, come se lei non lo avesse mai
voluto, come se la sua nascita fosse stata un errore. La cosa
peggiore e più triste è, per Bowser, rendersi conto che
non sa come aiutarlo e doversi accorgere di aver fatto e di
continuare a fare sempre gli stessi errori con tutti quanti i suoi
figli. È anche per questo motivo che gli serve una moglie!
“Ahhh sono morto di nuovo!” grida Morton mentre il suo
personaggino perde letteralmente la testa “Ma nel prossimo
turno glielo faccio vedere io a quello zombie chi è che
comanda qua, sì che glielo faccio vedere, gliela faccio
passare la voglia di tagliarmi la testa!” continuando a
borbottare, il ragazzino si alza sulle sue zampette tozze e va da suo
padre. Di colpo, diventa serio. “Hai convinto la principessa a
diventare la nostra mamma?” gli chiede sbattendo le sue lunghe
ciglia.
“Quasi.” risponde Bowser, mentendo.
“Quasi significa no, giusto?” dice lui sconsolato
e a bassa voce “Lo sapevo, ci avevo sperato troppo, ma che mi
pensavo, era impossibile...”.
A Bowser dispiace sentirgli dire queste cose, sa bene quanto
tremendamente gli manchi una figura materna, riconosce perfettamente
quanto sia improbabile che Peach accetti di rinunciare alla propria
principesca vita per combinare un matrimonio con lui e, soprattutto,
di ricoprire il ruolo di madre per ben otto ragazzi. Ma sa
anche che non vuole in nessun modo deludere quelli che per lui sono
solamente i suoi bambini, quindi ci proverà in tutti i
modi, a convincerla.
Mette una mano sulla spalla del ragazzino e lo costringe ad alzare
gli occhi per guardarlo. “Quasi significa quasi! Non
significa no!” gli assicura.
“Ma quasi sì... o quasi no?” insiste
Morton.
Bowser non sa cosa rispondere e gli strofina la stellina tatuata
sull'occhio sinistro. Il ragazzino la prende come una coccola e
capisce che deve smettere di fare domande.
Dopo aver passato il suo quarto d'ora con i due, tra le grida
isteriche di Morton che muore sempre nel gioco e gli impenetrabili
silenzi di Larry, Bowser si congeda e si reca nella cameretta del suo
ultimo figlio, ma prima si assicura di avere con sé un enorme
lecca-lecca da portargli.
Si mette il pince-nez sul muso enorme, si siede sulla sua
poltrona e apre il grosso libro di favole che era stato lasciato
sulla scrivania.
“Allora, signorino, dov'è che eravamo rimasti?”
dice a voce alta per stanarlo.
Da sotto le coperte del letto, tutto imbacuccato, fa capolino la
testolina cornuta di un minuscolo koopa con un ciuffetto ribelle di
capelli scarlatti e due occhietti vispi. Assomiglia terribilmente a
Bowser ed è per questo che è stato chiamato allo stesso
modo. Il piccolo guarda il padre con attenzione e mette su il
broncio.
“Sei in ritardo.” lo accusa.
“Lo so, scusami, non è stata colpa mia, lo sai che prima
devo andare dai tuoi fratelli.” si giustifica il re.
“Sei sempre in ritardo.” continua il bambino,
facendo sentire Bowser in colpa “Pensavo che non venivi più!”
“Scherzi?” dice il koopa “E come facevo, dobbiamo
ancora leggere la fine della storia! Se no, poi come faccio a dormire
se non mi levo il dubbio!... Non vuoi scoprire come va a finire?”
Il piccolo si gira dall'altra parte. Bowser si abbassa su di lui.
“E dai, 'Jun, lo sai che sono impegnato, faccio il re, mica mi
giro i pollici!”
“Sei sempre impegnato!” ripete Bowser Junior con
lo stesso tono di rimprovero di prima.
Bowser riesce a rubargli un bacino sulla guanciotta e lui se la
sfrega con la zampina.
“Guarda cos'ho per te!” dice Bowser tirando fuori il
lecca-lecca. Era la sua arma segreta e con quella sì che il
piccolo finalmente si volta, interessato. Bowser sa perfettamente che
è sbagliato attirarlo in questo modo, ma per il momento gli
viene più comodo fare così, rimandando il momento del
pentimento. Quando tende la manina minuscola per prenderlo, glielo
allontana. “Prima dai un bacino a papà.” lo esorta
indicando con un artiglio la propria guancia. Junior decide di
perdonare il padre e, con una smorfia, vi appoggia leggermente le
labbra. Poi, ottenuto il suo dolce premio, cambia subito umore e
inizia a saltellare sul letto, tutto contento.
“Sta' giù, se no non ti leggo più niente.”
lo minaccia Bowser senza però saper nascondere il suo tono
divertito.
“No, no, faccio il bravo.” promette il bambino “Papà,
mi sei mancato!” esclama poi abbracciandolo inaspettatamente. A
Bowser si scioglie il cuore per questo gesto.
Junior, eccitato, rimbalza sul materasso. “Storia!”
grida.
“Vediamo...” comincia Bowser nascondendo l'imbarazzante
rossore delle sue guance dietro l'enorme volume “Però
sta' buono!”
Il piccolo si acquieta, ubbidiente, e rimane ad ascoltare la storia
succhiandosi il suo lecca-lecca gigante. Non lo finisce, si
addormenta cullato dal suono della voce del padre, il quale,
interrompendo la favola, gli rimbocca le coperte e gli lascia un
altro veloce bacio sulla fronte.
Uscito dalla stanza, il grande koopa sospira.
“È dura.” mormora con lo sguardo perso nel nulla.
Poi si distrae, quando gli tornano in mente i suoi doveri di re e
ricomincia a malincuore a pensare ai suoi nemici. “Allora,
queste telecamere?” grida in direzione dei suoi servitori.
Lasciamolo da solo ad arrovellarsi, tanto non ci arriverà mai
che quelli di cui si sta preoccupando sono dei semplici idraulici, né
ci crederebbe mai se glielo dicessero. Torniamo dai nostri veri
protagonisti.
Dunque, nella terra dei torcibruchi.
“Torcibruco buono, Yoshi mangia torcibruco!”
“Di questo passo estingueranno la specie.” esclama
preoccupato Wolley mentre guarda i dinosauri che divorano in
continuazione ogni singolo brucone rosso che incontrano.
“Nah, tranquillo che questi sono come le zanzare.” lo
rassicura Luigi “Ce ne sono fin troppi.”
“Tutti gli animali hanno diritto alla vita, anche le zanzare.”
dice indispettito il toad giallo “Ecco perché sono
vegetariano.”
“Sei vegetariano perché sei un fungo.” gli dice
Yvan.
“Questo sterminio è completamente gratuito!”
gracchia Wolley ignorandolo.
“Sei venuto con noi per farci sentire in colpa o per salvare la
principessa?” sbotta Mario scocciato dalle sue prediche. “È
una guerra, non si può pretendere che nessuno si faccia male.”
“E poi, se non ci sgombrassimo la strada come potremmo andare
avanti?” aggiunge Yvan “Non arriveremmo più!”
“Non dico che non sia così, però... questi
dinosauri non fanno altro che mangiare e cagare!”
“Ma cagano potenziamenti!” dice Mario che ha sulle spalle
un sacco pieno di uova di Yoshi “È per questo che li
adoro.”
Mentre ancora discutono, una nuvoletta bianca sorridente sembra
scendere dal cielo e venire loro incontro.
“Vuole mettersi a piovere.” dice Yvan anche per cambiare
discorso, ma ecco che da quella nube arriva qualcosa che non è
affatto pioggia, né neve, né grandine, ma una palla
spinosa che lo becca in testa.
“Un uovo di koopaspino!” dice Luigi che, per via del
libro di Daisy, si sente molto erudito e crede di avere il diritto di
definire tutto quello che riesce a riconoscere.
Boshi si spaventa, disarciona Yvan e inizia a scappar via.
“Ma dove vai!” gli urla dietro il toad blu, inutilmente
perché è già sparito. “Meno uno!” si
sente dalla nuvola. Toccando terra, l'uovo si 'apre' e gli spuntano
le zampine.
Yvan salta su per il disgusto. “Cosa diavolo è questo
affare!” strilla mentre quello gli sale di sopra.
“Un koopaspino, te l'ho detto!” dice Luigi. Non ha ancora
capito quanto questo suo definire risulti irritante per i suoi amici.
“Aiutalo in un altro modo.” lo rimprovera Mario, poi dà
un colpo di tallone a Yoshi il quale raccatta il mostriciattolo con
la lingua, ma non riesce a trattenerlo in bocca e lo deve sputare.
Quello prende a rotolare e gli altri devono saltare per evitarlo. Ma
dalla nuvola ne cadono altri, in successione, e la stessa scena si
ripete.
“Mettiamoci al riparo!” strilla Wolley. Non erano
preparati per un attacco dall'alto. Luigi prende Yvan per mano e lo
porta in salvo facendolo salire con lui sul suo Woshi prima che venga
colpito ancora.
Poi Mario sente una risata, si accorge che la nuvoletta è
molto bassa e si insospettisce. Così scende dalla groppa di
Yoshi e salta su un cubo. Da lì, si dà lo slancio per
saltare ancora e raggiunge la nuvola. Quasi non ci crede quando
riesce ad aggrapparvisi.
“Questo non l'avevi previsto, vero?” dice al koopa con
gli occhiali che vi si nascondeva sopra. Ha un aspetto buffo che
nasconde la sua aria feroce, e Mario fa l'errore di sottovalutarlo.
“Chi ti credi di essere per startene su una nuvola con quella
faccia cattiva, il re scimmia?” lo provoca. Issatosi a bordo,
cerca subito di buttarlo giù con una spallata. Il koopa però
lo schiva e, senza preavviso, reagisce mollandogli un uovo di
koopaspino in faccia. Colto di sorpresa, Mario crolla all'indietro,
ma il nemico lo acchiappa dalla maglietta e si attacca a lui.
In un secondo, Mario si trova immobilizzato, schiacciato sul fondo
della nuvola con un braccio del koopa che gli stringe il collo. Il
suo potenziamento svanisce e lui si sente subito più debole e
non riesce a reagire a sua volta. “Chi sei?” grida con
voce strozzata.
“Mi chiamano Lakitù.” risponde il koopa
freddamente. Poi tira una leva nascosta e la nuvola si innalza nel
cielo.
“Mario!” grida Luigi spaventandosi quando la vede
allontanarsi. Lascia Yvan alla guida di Woshi e cerca di seguire il
fratello, ma non riesce a raggiungerlo perché ormai è
salita troppo in alto. Le corre dietro disperatamente, ma i
koopaspini lo attaccano e lui è costretto a difendersi.
“Mario!” grida di nuovo, più debolmente tendendo
una mano guantata verso di lui, poi cade e Yoshi lo acchiappa con la
lingua mettendoselo in groppa.
La inseguono insieme, ma sulla loro strada c'è un tubo dal
quale esce fuori una pianta piranha che azzanna Luigi a un braccio
facendolo urlare per il dolore e facendogli perdere il potenziamento.
Yoshi la ingoia in fretta, ma ormai la nuvola è sparita dal
cielo e non si vede più.
Su di essa, Mario sta lottando, o per lo meno ci prova. Lakitù
gli s'è seduto di sopra, gli comprime lo stomaco e lui non
riesce a muoversi.
“Com'è che sei così pesante?” gli grida
senza fiato.
“Ho rinforzato il mio guscio con l'acciaio.” si vanta il
koopa.
“Lasciami stare, dove mi stai portando?” chiede
l'idraulico spaventandosi per il suo tono.
“In un luogo dal quale non potrai tornare.” replica
Lakitù con una risata crudele. Le lenti ingrandiscono a
dismisura l'immagine dei suoi già grandi occhi, conferendogli
un aspetto da pazzoide.
La nuvola si dirige dolcemente verso una collinetta, sulla cima della
quale c'è un grosso cannone.
Quando Mario capisce quello che vuole fare, si dibatte furiosamente,
ma Lakitù lo tiene giù senza sforzo.
“Se avessi i miei power up...” mormora, ma li ha
lasciati a ingombrare la sella di Yoshi.
Lakitù lo caccia a forza dentro la bocca del cannone, poi vola
ad accendere la miccia prima che possa uscire. A nulla valgono le sue
proteste. Il cannone spara, il suo corpo viene proiettato in alto.
Mario riesce a sentire solo un fischio assordante che gli intasa le
orecchie e la polvere da sparo che gli entra nei polmoni
soffocandolo. Eppure non prova un dolore eccessivo, gli sembra che la
sua pelle si tiri tutta e che si schiacci contro le ossa. Poi
atterra, anche se in realtà non si può dire che
'atterri', perché non è che finisce a terra, ma nel
cielo. Non capisce su cosa è finito, ma non ha nemmeno il
tempo di chiederselo perché l'impatto è così
violento che sviene.
Nel momento in cui ha realizzato che non avrebbe più potuto
fare niente per raggiungere suo fratello, Luigi è crollato a
terra e si è ritrovato a piangere e a picchiare i pugni contro
il suolo per la rabbia. Yoshi cerca di farlo calmare battendogli
incoraggiante una mano sulla spalla e gli lecca teneramente la ferita
al braccio. Ma Luigi ormai non riesce a sentire più alcun
dolore fisico, perché la perdita di Mario ha assorbito tutte
le sue emozioni.
Dopo questo iniziale, comprensibilissimo momento di sconforto, Luigi
decide di raccattare i pezzi e di proseguire.
In un certo senso, ciò che è successo gli è
servito da lezione. Nonostante tutto, era risultato incredibilmente
semplice arrivare fino a quel punto e lui, volente o nolente, era
stato contagiato dall'ottimismo di suo fratello. Avevano pensato di
essere inarrestabili. Ci avevano creduto davvero, di poter arrivare
fino al castello di Bowser, fino alla principessa.
Luigi sa perfettamente il motivo per cui hanno deciso di separarli da
Mario. Lui è un leader naturale e sperano che, ora che non è
più con loro, si scoraggino e abbandonino la missione.
Ma si tratta pur sempre di una principessa rapita e di un'altra
che conta su di loro per salvarla. Non può deludere
nessuna delle due. Se Mario fosse stato al suo posto non si sarebbe
mai sognato di abbandonarle. “Nossignore, Mario è un
uomo di parola, preferirebbe morire piuttosto che deludere qualcuno
cui ha promesso qualcosa. E io devo prendere esempio da lui.”
si dice Luigi “Non mi perdonerebbe mai se mi arrendessi. Non
posso farlo. Devo continuare, per lui.”
Fino a questo momento della sua vita, Luigi è sempre rimasto
alla sua ombra, sempre cinque passi dietro di lui. Adesso, tocca
finalmente a lui prendere il comando. Dove arriverebbero i suoi amici
toad se non ci fosse più nessuno a guidarli? Si sono uniti a
loro spontaneamente, pur sapendo che non avevano nessunissima
garanzia di arrivare, né tanto meno di vincere. Fermarsi
adesso significherebbe tradirli, non può e non deve farlo.
Deve continuare anche per loro.
Stringendo i denti, asciugandosi le lacrime e tenendosi il braccio
ferito, Luigi torna mesto mesto sui suoi passi insieme a Yoshi che non
dice mezza parola.
Yvan e Wolley che intanto lo aspettavano, dopo aver fermato l'attacco
dei koopaspini, lo guardano sconsolati.
“Che avete da guardare con quelle facce da ebeti?”
li apostrofa Luigi nascondendo la propria angoscia “Continuiamo.”
“Luigi, credi di stare bene?” si preoccupa Yvan indicando
il sangue che gli impregna la maglietta.
“Sì, è solo una ferita superficiale.”
risponde lui sbrigativamente. Mente, in realtà è
piuttosto profonda.
“Prendi un fungo 1-up.” lo esorta il toad “Dovrebbe
bastare per risanarla.”
Luigi annuisce e fruga nel sacco dei power-up e tira fuori un
preziosissimo fungo verde. Si sente una specie di musichetta (Sì,
quella!) e il suo braccio torna come nuovo e anche lui si sente
meglio, anche se solo fisicamente.
“Ma dov'è Mario?” chiede Wolley in tono incerto.
Luigi si rabbuia in viso “È andato.” dice
semplicemente “Ma non crederanno di averci fermati per questo.”
aggiunge.
“Che vuol dire che è andato?” insiste il toad
giallo prima che Yvan gli dia un pizzicotto per farlo stare zitto. Ha
visto l'espressione di Luigi, ha sentito la sua tensione, ha capito.
“Risali su Poshi.” mormora al suo compagno che lo guarda
senza capire. Lui stesso monta sul dinosauro giallo, tornare indietro
a cercare quello smarrito sarebbe inutile. Bisogna accettare la
realtà, sono rimasti solo in tre.
…..........................................…...…...
Quando Mario si risveglia, prova la spiacevole sensazione di essere
finito a faccia in giù sopra una durissima lastra di ghiaccio.
Dato che è rimasto svenuto per qualche ora, la temperatura del
suo corpo si è notevolmente abbassata, e lui ha l'impressione
di essere mezzo assiderato.
Nel tentativo di rialzarsi, si accorge che la guancia gli è
rimasta appiccicata alla superficie, per staccarla deve farsi leva
con le mani e ciò gli costa un gridolino di dolore, ma non c'è
più fiato in lui, non lo sente nessuno anche perché non
c'è nessuno, sembra essere completamente in solitaria.
Costretto a rimanere in ginocchio, si abbraccia da sé in cerca
di un po' di calore, ma non ne trova così si strofina le
braccia cercando di fare un po' di attrito. Rabbrividendo, si guarda
intorno, spaesato, e tutto ciò che gli si presenta agli occhi
è un bianco opprimente, più opprimente del buio, gli
sembra di essere finito al polo sud.
Poi si ricorda di colpo tutto quello che è successo e la
rabbia che gli viene da dentro è tale da scaldarlo e
rimetterlo in piedi. “No, ora dovrò ricominciare tutto
daccapo.” pensa impallidendo al solo pensiero “Ma
da che parte devo andare?”
Ma le sue gambe stanno per cedere, un dolore acuto lo pervade
rapidamente, non riesce a fare più di un paio di passi che
cade e deve fare uno sforzo per tenersi in equilibrio e non finire di
nuovo lungo disteso a terra.
Poi si sente una sorta di sibilo che attira la sua attenzione.
Da lontano, scorge un puntino arancione che spicca benissimo in mezzo
a tutto quel bianco. Il puntino si avvicina repentinamente fino a
rivelare quello che è. Mario rimane senza parole quando
capisce di stare guardando il becco di un enorme pinguino imperatore.
L'uccello gli si sta avvicinando a grande velocità slittando
sul suo ventre.
Mario aspetta che gli arrivi a due centimetri di distanza prima di
spostarsi di lato per non essere investito dalla sua carica.
Sorpreso di averlo mancato, il pinguino blocca la sua lunghissima
scivolata, si rizza in piedi e, dondolando goffamente, gli va
incontro lanciandogli addosso un “Quack!” rabbioso.
Mario non ha alcun potenziamento, quando si accorge che l'animale
vuole beccarlo, si costringe a dargli le spalle e a correre. Sarà
anche ridicolo scappare di fronte a un pinguino, ma Mario non ha
alcuna intenzione di fare la conoscenza di quel becco.
Il pinguino ricomincia a scivolare e a caricare e Mario è
costretto ancora a scansarsi.
Ma ecco che il terreno scivoloso vuole fare uno scherzo a Mario, il
quale prova a fingere di avere ai piedi un paio di sci, ma
inesorabilmente cade e sbatte il sedere per terra.
Il pinguino non demorde e gli è quasi addosso.
Nel rialzarsi, Mario si accorge di essersi aggrappato a quello che
gli era sembrato un ciuffo d'erba, ma, guardandolo meglio, nota che
si tratta di un vero fiore. È come quello di fuoco, ma è
blu, e lo guarda con i suoi occhietti microscopici.
Dopo averlo solo toccato, Mario si è subito sentito
rinforzato, mentre il suo berretto da rosso è diventato
celeste. “Ma è un power up nuovo!” pensa
tutto contento della sua scoperta. Non era mai uscito fuori né
dalle uova di Yoshi né dai cubi volanti.
Poi Mario punta il braccio e dalla sua mano (o, se credete, dal suo
naso) esce fuori una specie di palla di neve. Il pinguino si ritrova
istantaneamente intrappolato in un blocco di ghiaccio, ma si muove
ancora, seppur debolmente.
Mario decide di non volere stare lì a vedere quanto tempo ci
vorrà prima che si scongeli o che si liberi. Le sue scarpe
sembrano un po' più salde, così sceglie di fare la cosa
che gli viene meglio, comincia ad avanzare a forza di saltelli,
sempre più lunghi e sempre più alti, finché non
si accorge che sta facendo dei veri e propri salti mortali.
Il tratto scivoloso e insidioso è terminato, adesso inizia il
vero sentiero. Mario è molto sollevato di sentirsi finalmente
stabile. Ma il suolo ha una consistenza strana, è
insolitamente gommoso, a starvi sopra troppo pesantemente vi rimane
impressa l'impronta della scarpa.
In lontananza, Mario scorge finalmente qualcuno, qualcuno di molto
luminoso.
Siccome non ha una direzione, in barba al luogo comune secondo cui i
maschietti non vogliono mai chiedere indicazioni, si prende di buona
volontà e gli va incontro.
“Buon uomo!” grida, pur dubitando che quella cosa sia
veramente un uomo “Scusi, sa da che parte devo andare per
raggiungere il castello di Bowser?”
“Il castello di Bowser?” risponde lui dando subito dopo
in una risata calda, irresistibile “Dubito che se continui per
di qua lo potrai mai raggiungere.”
La nebbiolina che riempie l'aria si dirada un po' e l'idraulico
riesce a vedere con chi sta parlando.
Non è un uomo, senza dubbio. Sembra proprio essere una stella,
ma non una stella come quelle che lo rendono invincibile per due
secondi, una stellina bianca, paffutella e con un faccino dolce
dolce...
Nel guardarla, Mario non può fare a meno di provare
istantaneamente un innato senso di tenerezza.
“Ma come sei sfavillante!” gli dice, quasi
ipnotizzato dalla sua dolcezza.
“Per forza, sono uno Sfavillotto.” dice lo sconosciuto
notando la sua espressione estasiata e lo saluta agitando una delle
sue punte ridacchiando “E tu, invece, chi sei?”
“Sono Mario!” risponde lui “Mi chiamano... il
Jumpman... Com'è che non mi conosci? Pensavo che ormai mi
conoscessero tutti!”
“Le notizie di sotto qui non arrivano.” spiega la stella.
“Scusami, cosa intendi dire quando dici 'notizie di sotto'?”
chiede Mario.
“Beh, hai idea di dove ti trovi?”
“Effettivamente no... Mi stai dicendo che non sono più
nel Regno dei Funghi?”
“Tu cosa ne dici?” fa la stella aprendo le braccia e
indicando l'atmosfera gelida intorno a lui.
“Per quello che ne so, potrebbe anche essere l'Antartide.”
ammette Mario.
“Nemmeno. Ci troviamo nel pianeta Starline.”
A questa rivelazione, Mario si fa prendere dall'angoscia “Un
pianeta? Sono addirittura finito su un altro pianeta?!”
grida “Sono stato esiliato su un altro pianeta!”
“È una cosa brutta?” fa la stella guardandolo
preoccupata.
“È una disgrazia! Come posso salvare la principessa
Peach se sono su un altro pianeta?” Mario deve fare uno sforzo
per non strapparsi i capelli “E Luigi! E Yvan e Wolley! Come
faranno da soli?!”
“Ti porterò dalla mia mamma!” dice la stellina nel
tentativo di rincuorarlo.
“Dalla tua mamma?” ripete l'idraulico come inebetito.
“Lei saprà come aiutarti!” esclama convinta la
stellina.
“Sarà una stella gigante?” si chiede Mario tra sé
“E come potrebbe mai aiutarmi?”
Ma non ha molte alternative, e inizia a seguire la stella che si è
già alzata in volo e gli indica la strada, ma quando si
accorge che sta uscendo fuori dall'atmosfera si mette a
gridargli dietro.
La stellina torna da lui e gli si infila sotto il cappello. I piedi
di Mario si sollevano da terra. “Sto volando!” esclama
incredulo.
Il suo corpo viene proiettato in avanti, ma stavolta molto
dolcemente, oltre l'atmosfera, oltre il cosmo, oltre lo spazio e il
non-spazio, verso l'Osservatorio Cometa, dove vive la principessa
Rosalinda.
(continua... forse! Datemi una spinta per continuare... ah, già LO SO che quelli che tira Lakitù si chiamano Koopistrici, ma a me è venuto di chiamarli koopaspini e l'ho lasciato così xD chiedo scusa ai pignoli.)
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Capitolo 5 *** la scorciatoia che ti porta dal BOSS ***
Cap 5:
È notte inoltrata.
La luna piena si gode, illuminandola, la dolce scena del riposo dei
viaggiatori.
Stanno attraversando questa specie di selva da alcuni giorni senza
poterne vedere la fine, sono tutti molto, molto stanchi, ma non
vogliono arrendersi.
I tre dinosauri si sono accucciati dolcemente sul terreno soffice e
dormono beati. Si sono addormentati senza un lamento, come se passare
la notte all'addiaccio per loro fosse la norma.
Yvan e Wolley sono accoccolati insieme su un mucchio di foglie. Il
toad giallo s'è lasciato prendere dal sonno solamente dopo
essere stato cullato per mezz'ora dal suo amante il quale, invece, è
ancora sveglio e non può fare a meno di guardare Luigi.
L'idraulico s'è appoggiato con la schiena contro un tronco e
se ne sta semi-sdraiato con le braccia conserte e il berretto calcato
sugli occhi. Da lui non si sente emettere un fiato, non c'è
alcun segno che riveli che si sia accorto di essere guardato. Yvan
non saprebbe dire se stia dormendo oppure no. Si sente agitato.
Da quando Mario è scomparso, rapito, forse ucciso, Luigi ha
adottato nei loro confronti una linea di condotta dura. Se non fosse
per la mezza esitazione che ha avuto all'inizio, non ha per nulla
ceduto alla disperazione, come si sarebbe aspettato da lui, si è
dato un contegno.
Yvan sa che lo sta facendo per reazione, per tenere la sua mente
occupata, concentrata sulla missione che devono compiere e per non
pensare al peggio.
Luigi non ha più accennato a Mario, non ha più parlato
di lui, s'è dedicato solamente e completamente al modo più
facile e più breve per seguire la via che dovranno percorrere.
Ha dato loro ordini. Rendendosi anche fin troppo rude, ha assunto un
ruolo di comando.
Li ha anche stupiti, quando ha affrontato i gruppi di koopa sparsi
che ogni tanto cercano ancora di attaccarli e di fermarli.
Ma soprattutto, e questo è quello che più di ogni altra
cosa preoccupa Yvan, Luigi non sorride più.
Prima sorrideva sempre, anche quando lo prendevano in giro, ed era
proprio per questo che prenderlo in giro risultava divertente, perché
sapeva stare allo scherzo.
Ora si potrebbe addirittura pensare che sia una persona diversa,
nuova.
È come se si fosse accorto solo adesso che il tempo di
scherzare è finito.
Sembra che qualcuno, una misteriosa forza aliena, lo abbia
completamente svuotato dei suoi sentimenti, e Yvan si sente
tremendamente dispiaciuto per questo, pur sapendo benissimo che si
tratta di una maschera.
Viaggiando insieme, si era fatto di lui un'idea che adesso non può
far altro che ritenere sbagliata. Si vergogna di averlo, in un primo
momento, giudicato un debole, una ridicola e quasi del tutto inutile
spalla, messa accanto all'eroe giusto per far risaltare il suo
valore. Un po' quello che -pur amandolo, deve ammetterlo- Wolley è
per lui. Ma adesso -da un po', a dire il vero- si è accorto
che Luigi è una persona vera, di un certo spessore. Il
suo unico, vero problema è la timidezza. Sotto quell'aria
insignificante, c'è un animo da vero leader.
Ma, a dirla tutta, questo suo cambio di atteggiamento lo spaventa.
Ammettendolo a se stesso (e solo a se stesso), il toad blu sa di
avere una tremenda paura di lui.
Perso nelle sue considerazioni, Yvan non si è accorto che la
notte è passata in silenzio e che iniziano a spuntare le prime
luci dell'aurora.
Wolley si rigira dolcemente tra le sue braccia, infastidito dalla
luce. Yvan si scosta discretamente da lui per non svegliarlo, si alza
e va al fiume presso il quale hanno deciso di fermarsi, intenzionato
a lavarsi la faccia.
In verità, i toad non amano molto l'acqua, perché la
loro pelle fibrosa tende ad assorbirla come una spugna, facendoli
diventare mollicci. Ma Yvan se ne frega. Non avendo dormito per
niente tutta la notte, ha bisogno di tenersi sveglio e fresco.
È mentre che si sta per chinare sull'acqua che vede, riflesso
sulla sua superficie, il brutto muso peloso del gorilla.
La sua apparizione è tanto improvvisa e inaspettata che Yvan
non riesce a impedirsi di gridare per la sorpresa e lo spavento. Il
poveretto si ritrova a indietreggiare strisciando per terra,
terrorizzato.
“Yvan! Cosa succede?” Urla Luigi arrivando di corsa dopo
essersi svegliato di soprassalto. Era in un sonno leggerissimo ed è
saltato su immediatamente al grido dell'amico, pronto a combattere
nel caso in cui dovesse essere stato attaccato.
Ma, alla vista del nuovo arrivato, non può fare a meno di
restare come paralizzato per un momento.
Il fungo blu lo indica, senza parole.
Il gorilla è anziano, quasi decrepito, ingobbito e
claudicante, si appoggia a un nodoso bastone da passeggio e ha una
lunga e incolta barba bianca. Nonostante l'età lo abbia
segnato profondamente, Luigi non può fare a meno di
riconoscere in lui quel cattivone che anni or sono era scappato dallo
zoo portando con sé la graziosa e giovane guardiana dello
stesso.
Non ci sarebbe nemmeno bisogno di dirlo, ma l'ha terrorizzata. Si
trattava di Pauline, allora fidanzata di Mario, il quale aveva sudato
sette camicie per inseguirlo mentre si arrampicava su per i
grattacieli di New York, nemmeno fossero sul set di un film d'azione,
schivando barili e svitando bulloni per fargli crollare il sostegno,
solo per vedere poi il suo cucciolo arrivare dalla giungla per
liberarlo, dopo che lo aveva così faticosamente imprigionato.
“Donkey Kong!” esclama, quasi come se si trattasse di
un'accusa.
“No, non mi chiamo più così.” dice
lo scimmione con una voce lamentosa e malinconica. Sorride poi,
mentre numerose e profonde rughe gli increspano gli occhi vispi e le
labbra. “Adesso sono soltanto il vecchio Cranky. Il mio nome
l'ho tramandato alla mia generazione.”
“Che fai qui?” chiede Luigi tenendosi sulla difensiva,
mentre Yvan corre a nasconderglisi dietro, facendo un giro largo per
evitare il gorilla “Sei qui per attaccarci anche tu?”
“No!” esclama subito il vecchio “Sono venuto ad
aiutarvi.”
“Davvero? E che ci guadagni?” incalza Luigi in tono
sospettoso.
“Si dà il caso che anche il mio regno sia stato
invaso dalle forze armate di Bowser.” racconta la scimmia “Mio
nipote, Donkey Kong Junior-Junior, figlio di mio figlio, Donkey Kong
Junior, ha provato a resistergli, ed è stato imprigionato.
Esattamente come la principessa Peach, anzi peggio, perché
qui almeno è rimasto il re Toadstool a governare, mentre
Donkey stesso è il re di Donkey Kong Country, la nostra
bellissima giungla, e non ha eredi. Non ancora, almeno...”
“Arriva al sodo.” sbotta Luigi.
“Sono venuto a darvi una dritta. In cambio, oltre a sconfiggere
Bowser, voi dovreste liberare anche lui, contribuendo così a
salvare il nostro paradiso, ecco cosa ci guadagno.”
Luigi si fa un momento pensieroso. “Che intendi con 'darci una
dritta'?”chiede.
Il gorilla si raddrizza sul suo bastone. “State sbagliando
strada.” si azzarda a dire.
“Questo non è possibile!” si arrabbia Luigi, punto
sul vivo “Casomai sei tu che vuoi farci sbagliare
strada. Noi stiamo seguendo la giusta direzione, non ci siamo mai
allontanati dal percorso segnato sulla nostra mappa!” nel dire
questo, la sua mano va involontariamente a tastare il libriccino che
tiene in tasca, come una reliquia.
Il vecchio tossisce e la sua voce assume un tono aspro “Non è
questo il motivo per cui vi siete persi. Voi sapete
dove vi trovate?”
“Sì che lo sappia...” inizia timidamente Yvan, ma
subito viene interrotto.
“No, invece non lo sapete! Perché questa terra in cui vi
trovate è la terra delle illusioni. Voi credete di
essere sempre sulla strada giusta, ma fino a ora, ne avete forse
visto la fine?”
Luigi deglutisce. È vero, stanno continuando da un bel po' di
tempo ad andare avanti e sembra sempre che siano nello stesso
punto...
“State girando in tondo senza accorgervene. Ma vi condurrò
io al punto di congiunzione con la strada che avete smarrito.”
dichiara Cranky.
“Come faccio a fidarmi?” Luigi si ostina a non volerci
credere “Magari vuoi portarci a un'imboscata. In fondo, tu sei
cattivo.”
“Io non sono mai stato cattivo!” si infuria
inaspettatamente l'anziano gorilla, facendo trasalire sia Luigi che
Yvan. “Ero semplicemente un giovanotto scalmanato che cercava
di fuggire da una vita in gabbia alla quale era stato condannato
senza nessun motivo!... Sì, è vero, ho anche rapito
quella ragazza, ma voi non avete idea di cosa voglia dire essere
costretto a vivere in un maledetto zoo! E comunque, in questi anni
sono cambiate tante cose...” il suo tono si abbassa un po'.
Luigi incrocia le braccia al petto e lo guarda, seccato e triste allo
stesso tempo. Ecco perché ha scelto di chiamarsi Cranky!
Perché è irascibile.
Lui sospira. “Senti, se non vuoi fidarti non farlo. Io però
non posso materialmente farti nulla, nemmeno costringerti.
Sono da solo e sono uno sp... un vecchio, mentre voi siete
giovani e siete in otto...”
“Siamo in sei, veramente.” lo corregge
Wolley che è sopraggiunto in questo momento.
Il piccolo toad ha lo sguardo
serio e l'aria dura mentre fissa il suo compagno che lo sta
implorando con gli occhi di non toccare questo tasto.
“Abbiamo perso due dei
nostri compagni.” continua ignorandolo, dal suo tono è
chiaro con chi sta parlando.
Luigi si gira verso di lui
guardandolo dall'alto verso il basso.
Il fungo giallo sostiene il suo
sguardo assottigliando gli occhietti e rendendoli ancora più
piccoli di quello che sono, quasi arrabbiato.
“...Sì, è vero, Mario e Boshi non sono più
con noi.” conferma l'idraulico aggrottando le sopracciglia e
voltando subito dopo la faccia dall'altro lato per nascondere
un'espressione triste che gli è venuta nel pronunciare il nome
del fratello.
“Mi spiace molto” dice Cranky “Ma se lo libererete,
Donkey potrebbe aiutarvi. Lui ricambia sempre i favori.”
Wolley guarda di nuovo Yvan e si accorge che la sua espressione,
prima allarmata, ora è mutata. Non si può dire che stia
sorridendo, ma adesso ha uno sguardo un po' più tenero, è
come se gli avesse voluto rimproverare di aver parlato ma poi avesse
cambiato idea, avendo visto che Luigi, comunque, ha risposto bene e
non se l'è presa.
Gli rivolge un gesto innocente e torna a guardare Luigi, il quale sta
prendendo la giusta decisione.
“Facci strada.” dice semplicemente.
Il gorilla scopre le gengive, visto che non ha più denti con
cui sorridere, poi, con un'agilità che da una creatura
apparentemente fragile come questa non ci si aspetterebbe, fa un
salto e si arrampica su di un albero, restando appeso per un solo
braccio a uno dei rami più alti. Dopodiché lo perdono
di vista. Subito dopo, chissà come, lo vedono ricomparire
dall'altra parte del fiume. Lancia loro degli sguardi molto
significativi.
Wolley corre a svegliare i tre piccoli dinosauri che li aiutano ad
affrontare il guado.
Cranky li conduce a suon di balzi fuori dalla selva. Sembra che
conosca molto bene questo posto, perché si muove con sicurezza
e con naturalezza, è come se avesse un navigatore satellitare
dentro la testa. Va anche piuttosto veloce per uno zoppo della sua
età, non pare nemmeno che stia camminando, pare che fluttui...
Quando, alla fine, sono fuori dalla macchia d'alberi, sembra che
ricominci il sentiero che avevano perduto. Ma, senza preavviso,
Cranky non si ferma lì, cambia bruscamente direzione
continuando ad avanzare. I nostri lo seguono dopo essersi guardati
per un secondo in faccia a vicenda, incerti, chiedendosi se non li
stia portando di nuovo nel posto sbagliato.
Infine, si ritrovano a ridosso di una montagna, in un vicolo cieco.
“E ora, da che parte?” chiede Yvan perplesso mentre Luigi
si allarma. Perché li avrebbe portati in un posto in cui non
c'è nulla e non si può avanzare? Deve trattarsi di una
trappola! Ma non c'è nemmeno bisogno che manifesti ad alta
voce il suo pensiero perché questo venga smentito.
Ecco che il gorilla inizia a comportarsi dall'animale che è.
Sotto gli occhi un po' sconvolti, ma a dire la verità non
tanto, dei nostri eroi, lancia un urlo disarticolato e scimmiesco e
inizia a picchiare con forza i suoi pugni sulla parete di roccia,
vibrando tutto come se fosse stato morso da una tarantola.
“Si farà prendere un ictus!” grida Wolley
spaventato dalla sua agitazione esagerata.
“Cosa fa?” dice Yoshi guardandolo in confusione,
inclinando la testolina di lato.
“Dev'essere la demenza senile...” mormora Yvan
sconsolato.
Ma, incredibilmente, sotto i colpi del primate, la roccia cede,
rivelando un passaggio segreto. La qual cosa mette tutti a tacere.
I nostri vengono preceduti all'interno di una piccola grotta dove, ad
aspettarli, trovano due grossi tubi blu.
“Eccoci!” finalmente, Cranky ha ritrovato la voce, anche
se sembra stanco “Se volete arrivare al castello di Bowser,
potete prendere la scorciatoia che vedete di fronte.”
“Una scorciatoia!” esclama Wolley “Intendi dire che
basta infilarci in uno di questi tubi e saremo arrivati?”
“Sì, ma badate, non so quale sia il tubo giusto. So solo
che uno di questi potrebbe perfino farvi tornare indietro. Scegliete
con cura.” detto ciò il vecchio gorilla si alza a fatica
reggendosi sul suo bastone... e svanisce.
Wolley ha un sussulto, si copre la bocca per soffocare uno strillo
“Era un fantasma!” si sente che dice.
“In quale ci dobbiamo infilare, allora?” chiede il toad
blu fissando i due tubi.
“Direi che abbiamo il cinquanta per cento di probabilità.”
fa Luigi con uno sguardo impassibile, impenetrabile, ma dentro di lui
c'è un conflitto, un'idea dolorosa gli è appena
venuta... “Le potremmo provare entrambe...”
“Che intendi dire, con questo?” chiede Wolley che non ha
realmente capito a cosa si riferisca.
“Vuole dire che ci dobbiamo dividere.” spiega Yvan che
invece ha capito benissimo, sussultando ed esclamando poi: “No,
non esiste!”
“No, immagino di no.” dice con calma Luigi “Io
vorrei provare quello di sinistra. Ho l'impressione che sia quella la
direzione giusta...”
“E cosa te lo fa dire?”
“Non saprei, ma Mario mi direbbe di seguire il mio istinto.
Però, mi potrei anche benissimo sbagliare... quindi, se ci
dividessimo, almeno qualcuno di noi potrebbe arrivare sicuramente
alla meta...”
“Non avrebbe senso separarsi, più che mai adesso
che stiamo per raggiungerla, dobbiamo restare insieme!” esclama
Wolley, sconcertato da quella proposta.
“Sei pazzo se credi che ti lasceremmo da solo!” esclama a
sua volta Yvan con foga, guardandolo direttamente. Luigi gli rivolge
un sorriso triste, il primo che Yvan gli vede fare da tempo.
“Tenteremo la sorte! E se dovessimo davvero tornare indietro,
pazienza. Ripercorreremo il tubo al contrario.” continua Yvan,
il suo tono è quello di chi non ammette repliche.
Leggendo nei loro occhietti una determinazione infinita, Luigi pensa,
con ammirazione, che stiano affrontando la situazione con coraggio e
maturità. Ormai questi due strani esseri micotici gli si sono
inevitabilmente legati, lo seguirebbero anche se si gettasse nel
fuoco. E annuisce, rendendosi conto di quanto sinceramente voglia
loro bene.
“E poi io non voglio che ci separiamo!” riprende Wolley
senza poter fare a meno di piagnucolare un pochino. Ha uno slancio
inaspettato anche per lui. Si getta addosso a Luigi, lo abbraccia
forte e ricaccia indietro le lacrime di commozione che lottano per
venire fuori quando sente che anche l'idraulico sta ricambiando la
stretta.
“Non ci separiamo.” gli promette questi dandogli un
buffetto affettuoso che lo fa arrossire.
Poi Yoshi, con Luigi in groppa, si arrampica sul bordo del tubo di
sinistra, per poi abbassarsi di colpo, presto imitato dagli altri due
dinosauri, a turno.
I nostri scivolano giù per un lungo abisso che sembra
destinato a non finire mai...
L'intuizione di Luigi si rivela (per fortuna!) esatta.
Hanno raggiunto la meta.
La prima cosa che notano, una volta all'aperto, è il
cambiamento climatico. Solo dopo, il nuovo scenario che si presenta a
loro. Il cielo non è più azzurro e pieno di nuvolette
sorridenti, bensì scuro, di un nero opprimente, è come
se fosse attraversato per intero da una nube tossica che nasconde il
sole, che imprigiona la luce. L'erbetta fresca e verde che prima
ricopriva quasi del tutto il suolo ha lasciato spazio a un terreno
completamente bruciato. L'atmosfera stessa sembra infuocata. La causa
di questa impressione è forse lo sconfinato fiume di lava che
circonda il titanico castello che da solo domina il paesaggio, alla
vista del quale i loro cuori perdono veramente un battito.
Finalmente, i nostri possono farsi un'idea del loro famoso nemico che
sono venuti a combattere. Infatti, sulla facciata della costruzione,
c'è un elemento impossibile da non notare, un grande,
minaccioso ritratto in pietra del padrone del castello, il viso di un
koopa che li fissa con aria feroce, occhi cattivi, fauci spalancate,
quasi volesse invitarli a entrare per divorarli. La sua stessa bocca
è l'ingresso.
“Un po' presuntuoso.” commenta Yoshi, stupendo tutti.
Wolley è molto spaventato, si lascia perfino sfuggire un
lamento e vorrebbe coprirsi gli occhi con le mani, ma resiste a
questa tentazione.
“Ragazzi, ci siamo, siamo nella terra dei Koopa.” esclama
Luigi che l'ha riconosciuta dalla descrizione che ne è stata
fatta nel libro. Se ci fosse stato Mario gli avrebbe dato del Capitan
Ovvio. Le sue battute gli mancano. Nonostante si sforzi di mantenere
ferma la sua voce, si sente lo stomaco completamente ribaltato e le
gambe molli, meno male che Yoshi lo sta tenendo su.
“Siamo dove volevamo essere. Allora perché mi sento così
agitato?” dice Yvan, nemmeno lui è immune al terribile
fascino di quel luogo, ma si impone di smettere di tremare. La vista
di questo castello ha spiazzato un po' tutti. Non si immaginavano che
potesse essere così imponente. Al suo confronto, la
casetta dei fantasmi pareva il cottage dei sogni di Barbie...
“Paura!” esclamano all'unisono Woshi e Poshi. “Anche
voi paura?”
Luigi sta per dire, mentendo, che no, lui non ha paura, quando
all'improvviso Yoshi srotola la sua lunga lingua catturando qualcosa
che si rivela essere un paragoomba di pattuglia, alias un goomba con
le ali.
“Non ingoiarlo!” esclama Luigi istintivamente, ma Yoshi
purtroppo lo ha già fatto e sputa solo una scatolina di ferro
che l'essere aveva attaccata sopra la testa.
“Una videocamera?” fa Yvan stranito.
“Spia!” dice Yoshi calpestandola e mandandola in
frantumi.
“Ma certo! Ci devono aver tenuti d'occhio.” riflette
Luigi “Avevano intuito dove andavamo e ci hanno deviati, ecco
perché eravamo finiti in quella selva delle illusioni o cosa
diavolo era!”
“È probabile anche che sappiano già che ne siamo
usciti.” dice Yvan.
“Allora ci conviene entrare.” conclude rassegnato Wolley.
Come se, una volta arrivati lì, ci si potesse ritirare!
“Quanto vorrei che Mario fosse qui insieme a noi.” pensa,
senza dirlo ad alta voce, Luigi, mentre distribuisce a ciascuno di
loro un fiore di fuoco.
Dato che s'erano aspettati attacchi da tutte le parti, i nostri si
sentono quasi delusi quando si accorgono che l'ingresso non è
impedito in alcun modo.
La cosa strana è che il fiume di lava che c'è fuori
continua anche dentro al castello. Nonostante ciò l'interno è
molto meno spaventoso dell'esterno, perché è arredato
con un certo gusto. Sul fondo del salotto in cui sono entrati, si
vede un bellissimo pianoforte a coda di un legno nero, lucido e
splendente.
Ma Yoshi nota qualcos'altro di molto interessante...
“Merendine!” grida eccitato. Tutti si voltano a vedere
cos'ha provocato la sua reazione. E sono felici di notare che c'è
davvero un distributore, all'angolo della stanza. Capirete che, dopo
tutta la strada che hanno fatto e tutte le cose allucinanti che sono
successe loro, i nostri ragazzi abbiano anche voglia di fare un
minimo di colazione.
“Che diavolo ci fa un distributore nel castello di un re
malvagio?” dice Luigi che non si fida mai di niente.
“Anche i re malvagi possono aver voglia di un po' di
cioccolato, ogni tanto.” dice Wolley fissando l'oggetto mentre
si rende conto di aver fame. “Qualcuno ha una moneta? Vorrei
tanto un butterfinger!”
“Abbiamo un milione di monete, ma non prendere niente, è
una trappola.” lo avvisa il suo amante “Magari te lo
prendi e al posto del burro di arachidi ci trovi il veleno!”
Wolley riconosce che potrebbe essere vero “Voglio solo
guardare.” dice, smontando da Poshi. Sta per avvicinarsi ma
Luigi sente improvvisamente pericolo e, sceso anche lui da Yoshi, ha
uno scatto fulmineo e lo acchiappa per il colletto del gilet,
tirandolo indietro un momento prima che un colossale blocco di
granito crolli addosso al distributore, il quale esplode facendo
schizzare le barrette che contiene da tutte le parti.
Il piccolo fungo è rimasto come traumatizzato, s'è
visto passare davanti in un solo attimo tutta la sua vita da hippy.
Gli è sembrata così orribilmente vuota! Non è
mai veramente riuscito a salvare le balene.
“Per poco non restavi scafazzato sul pavimento, ma ti
sembra un buon motivo per scoppiare a piangere?” gli dice Yvan
correndo da lui nel tentativo, un po' goffo, di rincuorarlo.
“Sono un idiota.” mormora il funghetto “Luigi, mi
hai salvato la vita e ti sarò debitore per sempre.”
“Ma va là.” dice l'idraulico girando gli occhi.
Poi si sente provenire dalle loro spalle una frase strana: “Vi
ho mancato, per fortuna!”
I nostri eroi si girano di colpo.
Circondato da una spirale di fuoco, è comparso un koopa che,
stranamente, ha un'aria triste.
È un po' troppo giovane per essere Bowser, a dire il vero. Ha
una chioma di capelli blu, pettinati in due ciocche tirate all'insù,
curvate come se fossero delle corna, la pelle gialla e la testa
verde, due occhi piccoli sormontati da due sottili sopracciglia blu,
un guscio sempre blu pieno di spuntoni sulle spalle e un piccolo
pizzetto sul mento. Una cosa che si nota molto è un unico,
grande incisivo appuntito al centro della bocca.
“Tu sei Bowser?” fa dubbioso Luigi, anche se sa già
la risposta.
“Sono il figlio primogenito di Bowser, Ludwig Von
Koopa.” si presenta lui allargando le braccia “Futuro
duca della Terra oscura. E questo è il mio castello!”
“Pensavamo fosse il castello di Bowser!” dice Yvan “Quel
gorilla ci ha mentito.”
“Non proprio. Quel gorilla è vecchio e stupido ed è
pure uno spettro. Mio padre ha un sacco di castelli. Questo lo
ha regalato a me e ora è mio.”
“Allora ce ne andiamo subito.” dice Wolley già
spaventato, ma Luigi gli tiene una mano sulla spalla per non farlo
disertare.
“Ve lo lascerei anche fare.” dice gentilmente il koopa
tirando fuori da chissà dove una specie di bacchetta sulla cui
punta svetta un diamante “Però voi dovreste promettermi
che, invece di continuare per la vostra strada, ve ne tornerete
indietro dimenticandovi della vostra missione... e io so che non lo
farete.”
Luigi è colpito dal suo tono. È così
malinconico, è come se davvero non volesse far loro niente di
male... Luigi si chiede perché sembri così triste. Ma
i suoi gesti, presto lo contraddicono.
“...Quindi vi ucciderò.” conclude cambiando
repentinamente espressione, arrabbiandosi senza ragione,
incattivendosi. Dalla bacchetta è scaturito una specie di
fulmine che viene scagliato immediatamente su di loro.
Ma Luigi non è arrivato fino a questo punto per farsi
uccidere.
Tirando con sé Wolley, si tuffa di lato evitando il colpo,
mentre Yvan fa lo stesso scatto dall'altra parte. Il fulmine si
scontra contro il muro dilaniando la carta da parati rossa.
Ludwig impreca a bassa voce dicendo di nuovo: “Mancati, per
fortuna”. Tutti e tre reagiscono scagliandogli addosso
delle palle di fuoco.
Senza che se ne siano accorti, sono già nel vivo della
battaglia.
Ludwig non si scansa minimamente, i colpi lo raggiungono senza fargli
male, anzi pare quasi che il suo corpo li assorba.
“Cerchiamo di non rovinare la mobilia, ok?” dice solo
infastidito mentre punta in alto l'asticciola.
Dal diamante stavolta esce fuori un anello luminescente. Sembra che
il koopa lo diriga con la sua bacchetta, fa dei movimenti armonici
come un direttore d'orchestra.
L'anello si espande e si restringe continuamente, volando per la
stanza e dando la caccia alle sue prede.
Mentre si ritrovano a dover scappare per non farsi prendere, Luigi
nota che il principe sta attento soprattutto a non colpire il
pianoforte. Deve tenerci molto, quindi gli viene l'idea di dirigersi
proprio verso di esso, per farglielo distruggere. Così, per
ripicca.
Ma, prima che possa avvicinarvisi, viene beccato dall'anello che gli
si stringe attorno comprimendogli le braccia contro il busto.
Ludwig ghigna ma non esulta, lanciandone subito un altro per beccare
uno dei toad.
“Andate sul pianoforte.” dice Luigi mentre viene
sollevato in aria. Poi però urla di dolore, perché il
potenziamento che aveva è svanito e la luce contenuta
nell'anello lo sta friggendo vivo.
“Oh, no che non ci andate, state alla larga dal mio piano!”
dice Ludwig con rabbia.
Yvan salta sulla groppa di Woshi e lo sprona a correre verso di lui,
mentre Wolley scappa su Poshi nella direzione opposta, inseguito
dall'anello che lo vuole acchiappare.
Vedendosi arrivare addosso il dinosauro giallo, il koopa sfrutta la
sua capacità di teletrasportarsi per comparire alle sue spalle
e afferrargli la coda, frenando la sua corsa.
Per il contraccolpo, Yvan viene sbalzato all'indietro finendo tra le
braccia del suo nemico. I due iniziano a lottare.
Intanto, Poshi e Wolley hanno raggiunto il pianoforte, ci sono
saltati sopra e hanno lasciato che l'anello, ormai non più
controllato da Ludwig, andasse a sbattere, sfracellandola, contro una
delle gambe di esso. L'innocente strumento si schianta a terra in
un'esplosione di schegge.
Ludwig lancia un vero ruggito di rabbia, il suo naso fuma e vuole
vendicarsi. Così svita in fretta con gli artigli la parte
superiore della bacchetta. Viene rivelata la presenza di un pugnale,
nascosto al suo interno. Senza perdere tempo e senza badare all'aria
stravolta del suo nemico, cerca di conficcargli in petto la lama
dell'arma, ma lui si difende sparandogli una palla di fuoco negli
occhi, in modo da accecarlo temporaneamente e da potergli sfuggire.
Viene raggiunto da Wolley, che lo conduce con sé portandolo a
ripararsi dietro un altro mobile, mentre Poshi si occupa di
recuperare Luigi, accalappiandolo con la lingua e tirandolo giù.
I due toad afferrano l'anello alle due estremità e lo tirano
con forza riuscendo a spezzarlo, liberando così il loro amico.
Luigi crolla a terra, si sente debilitato. In qualche modo, l'anello
ha assorbito le sue energie e gli servirà un minuto o due per
riprendersi. Un minuto (o due) che però non hanno.
Yvan e Wolley hanno capito che non può aiutarli, perché
quando lo hanno toccato, anche loro hanno perso il potenziamento che
avevano.
I tre chiamano Yoshi per farsi dare dei power up, ma lui non
può accontentarli perché è stato bloccato in un
angolo da Ludwig. Il dinosauretto verde non sa dove andare e guarda
impaurito il koopa che troneggia su di lui pronto a schiacciarlo.
A cercare di salvarlo è Woshi che gli scippa la bacchetta
dalle mani, ma solo per farsi caricare.
I due toad sono costretti a intervenire senza potenziamenti e questo
è un problema perché il loro nemico è più
grosso di loro.
Tentano di sfruttare così la superiorità numerica, con
un attacco combinato cui si aggiunge, anche se disperatamente, Luigi.
Wolley si attacca al braccio destro, Yvan si attacca al braccio
sinistro, Luigi si arrampica alla sua schiena.
Ludwig si libera facilmente di tutti e tre, ma si scorda di Yoshi che
ne approfitta per svignarsela e lanciare a Luigi il primo
potenziamento che gli capita a tiro.
Fortuna vuole che si tratti di una stella.
Grato, Luigi l'afferra al volo ed è invincibile. Ma sa che
durerà poco, dunque, senza star lì a godersi la
sensazione di rinvigorimento, carica il principe. Viene però
preso per le braccia e lanciato contro una porta. Il potere della
stella gliela fa sfondare.
Così, Luigi si ritrova letteralmente fiondato in un'altra
stanza.
Qualcuno sotto di lui, qualcuno che è vivo, su cui è
atterrato senza volerlo, dà in un “AHI!”
lamentoso.
Luigi si rialza un po' stordito e gli prende un colpo quando si
accorge di essere finito addosso a un altro gorilla, molto più
grosso e giovane di quello di prima. Una cravatta rossa con le
iniziali ricamate gli pende dal collo, identificandolo. Non è
nientedimeno che Donkey Kong.
“Anzi, Donkey Kong Junior-Junior” pensa Luigi
ricordandosi delle parole di Cranky. Ha trovato il luogo dove lo
tengono rinchiuso. È un colpo di fortuna o il vecchio aveva
previsto tutto?
Il colosso lo guarda in cagnesco. Giustamente, essendosi trovato
Luigi addosso, non sa se deve accoglierlo come un amico o come un
nemico.
“Sono qui per liberarti.” lo rassicura utilizzando
l'ultimo residuo di potere che gli è rimasto per spezzare le
catene che lo tengono inchiodato al muro.
Luigi vede comparirgli sul volto un sogghigno feroce e quasi si pente
di averlo liberato.
“No! Che hai fatto!” grida una voce spaventata che
proviene dalla porta.
Ludwig è ricomparso. Ha i capelli tutti scombinati e gli è
tornata l'aria afflitta di prima, ma nel contempo, nel suo sguardo
c'è il terrore.
Con uno scatto e una brutalità sorprendenti, Donkey sposta da
una parte Luigi e salta addosso al giovane koopa, il quale prova a
difendersi spalancando le fauci e sparando una fiammata.
Come se fosse insensibile al dolore, assetato di vendetta, il gorilla
lo investe e lo spalma per terra.
Il principe è costretto a rintanarsi nel suo guscio spinoso
perché sa che Donkey è troppo pesante per lui e che lo
schiaccerebbe inesorabilmente.
Luigi si sente turbato dalle sue grida disperate. E ne prova
compassione. Vorrebbe chiedere al gorilla di risparmiarlo. Ma si
becca una gomitata in faccia.
Con ferocia inaudita, il primate vuole la sua rivincita e non è
intenzionato a rinunciarvi.
“Fermo...” mormora Luigi tenendosi una mano a coppa sul
labbro che gli sanguina, ma non riesce a impedire la specie di mossa
di wrestling che il Kong esegue sul Koopa. Una sorta di six-one-nine:
fa un salto, rotea per aria e si butta di lato addosso al suo nemico,
concentrando tutto il proprio peso su un fianco. Comprimendogli il
guscio lo fa letteralmente schizzare via, annientandolo
completamente.
Ludwig tende un braccio verso il soffitto e poi lo lascia ricadere.
Chiude gli occhi mentre sotto di lui si allarga una pozzanghera di
sangue. Donkey gli poggia sul petto una mano posteriore, in segno di
vittoria.
Luigi assiste alla scena impotente e stravolto. Sa bene che quella
creatura che giace agonizzante ha tentato di uccidere lui e i suoi
compagni, ma non si aspettava e di sicuro non avrebbe mai voluto che
venisse usata una simile brutalità contro di lui. Il motivo di
ciò è che, banalmente, Luigi è fondamentalmente
una persona buona.
Ed è lo stesso motivo per cui non esita a prendere la
decisione di salvarlo.
Gli altri sono sopraggiunti in questo momento dalla porta distrutta.
“Yoshi!” dice Luigi mostrandogli il proprio sangue. Il
dinosauro pensa che sia ferito e gli lancia subito un fungo 1-Up
perché si rigeneri. Invece, lui lo afferra al volo e, prima
che qualcuno lo possa fermare, ne stacca un pezzetto e lo inserisce
tra le labbra del koopa. Non è molto, ma basta perché
spalanchi gli occhi e non cada in un pericoloso stato di incoscienza.
Donkey Kong fa un gesto disgustato, come se non capisse il motivo per
cui dovrebbe aiutarlo e si allontana da lui. Yvan e Wolley, invece,
non hanno niente da ridire. Preferiscono fare prigionieri piuttosto
che uccidere.
Adesso ci sarebbe da chiedersi quale sarà la sua reazione.
Potrebbe mostrarsi riconoscente nei confronti di chi ha avuto pietà
di lui, ma potrebbe anche arrabbiarsi per lo stesso motivo.
Nessuna delle due.
Lo sguardo del giovane koopa torna improvvisamente a farsi triste
quando capisce di essere stato battuto. “Ecco qua.” dice
tirandosi su a sedere “Ci mancava!” La sua fronte viene
attraversata da una piccola ruga per via di una fitta improvvisa.
Luigi intuisce che sta per arrendersi. Vincendo il suo desiderio di
scappare, si va a inginocchiare accanto a lui, però sempre
tenendosi a una certa distanza nel caso di un attacco.
“Signor Koopa, credo che lei sia stato sconfitto. Ora dovrà
dirci dove si trova la principessa.” è praticamente una
minaccia implicita, ma viene detta in un tono che voleva essere il
più possibile gentile.
Ludwig lo guarda assottigliando i suoi occhietti da rettile. Esita
per un momento, ma poi capisce di non essere più nella
condizione di mentire. “Non è qui. Non più.”
“Quindi l'hanno spostata? E dove?”
“In un altro castello!” risponde al suo posto Wolley,
scusandosi subito dopo “Non potevo resistere.”
“Quando ha saputo che stavate arrivando, mio padre ha preso la
principessa e i miei fratelli e si è andato a ritirare da
un'altra parte. Io sono rimasto qui apposta per accogliervi.”
aggiunge con una certa ironia.
“Che padre è uno che lascia il proprio figlio da solo?!”
si scandalizza Wolley.
“Gliel'ho chiesto io! Sono il maggiore, quindi pensavo di
potermela cavare.” protesta il koopa “Ma non ho
considerato quello.” aggiunge indicando il Kong, il
quale gli rivolge un sorriso crudele.
Ora, immaginatevi tutto ciò che avete appena visto come se
fosse avvenuto racchiuso all'interno di una cornice quadrata.
Potreste pensare allo schermo del vostro computer, ma forse sarebbe
meglio pensare a quello della vostra televisione.
In fondo, una TV non è altro che una scatola, ciò che
c'è dentro sembra lontanissimo da noi, eppure, qualsiasi cosa
stiate vedendo, sapete che, da qualche altra parte del mondo, sta
accadendo sul serio.
Non prendetemi però alla lettera.
Se si tratta di un film, ciò che accade è la
recitazione, se si tratta di un cartoon, ciò che accade
è l'animazione, il doppiaggio...
Non c'è dunque da stupirsi se vi dico che la principessa
Peach, dall'alto del palazzo di riserva di re Bowser, ha osservato,
proprio come noi, tutto quello che è avvenuto, come se fosse
il migliore dei reality show. È proprio il paragone migliore,
considerando che il castello era pieno di telecamere nascoste.
Anzi, oserei dire che è ancora meglio di un reality, dato che
qui non è stato programmato niente.
Non pensate però che possa essere rimasta impassibile alla
vergognosa sconfitta di Ludwig.
Capisce che per Bowser potrà essere stata dolorosa.
E infatti, da sotto, dove il re Koopa sta guardando la stessa cosa,
arrivano alte grida di delusione e di rabbia.
Peach è colpita dal fatto che Luigi gli abbia risparmiato la
vita e, attraverso lo schermo, gli manda tutte le sue benedizioni.
Poi, vede finalmente arrivare i soccorsi.
Non giudicate male Bowser. Lui non avrebbe mai voluto lasciare uno
dei suoi figli da solo, ma stavolta è una situazione diversa,
perché è stato lui stesso a chiedergli di intervenire
solo in caso estremo. E l'essere sconfitto era compreso in uno di
quei casi.
I koopa infermieri si riversano nella sala, prelevano il principe e
lo portano via. Luigi e i suoi amici lo lasciano fare. Perfino Donkey
Kong li lascia fare. Non senza prima aver ottenuto informazioni su
come dovranno raggiungere il castello di riserva, su quello che
ancora li aspetta.
Peach guarda un primo piano di Luigi e pensa che sia carino, oltre
che coraggioso.
E non ha ancora visto Mario.
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Spazio
autrice:
Dopo
duemila anni, ce l'ho fatta! Non avete idea di quanta fatica
mi ci sia voluta per completare questo capitolo. Adesso sta a voi
giudicare se si tratta di un parto riuscito o di un aborto.
Recensite numerosi! (Sì, come no...)
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Capitolo 6 *** un piano perfetto ***
Appena dietro il castello di Koopa, una bandiera nera, con su stampato il simbolo stilizzato in rosso del faccione ringhiante di Bowser, se ne sta su di un'altissima asta a sventolare allegramente, ignara che i nostri 'eroi' si divertiranno a tirarla giù aggrappandosi all'asta, scivolando giù per essa come se fosse la pertica dei pompieri.
Il castello è stato conquistato!
Ma il prigioniero liberato non era certo una bellissima principessa... era un gorilla, un essere un po' bruttino per gli standard umani...
Vi ricordate quando ho descritto il regno di Sarasaland? Avevo detto che aveva un aspetto insolito perché assomigliava a una specie di deserto fiorito.
Bene, se lo guardate adesso noterete che non è proprio così, per adesso sembra un semplice deserto. Il cielo sembra un po' arancione, ma è solo un effetto del riflesso della sabbia che si alza trasportata dal vento.
Forse, vi sarete domandati come sia possibile che un deserto si possa ricoprire di fiori. O forse, più presumibilmente, non ve lo siete domandati. E chi vi biasima, di sicuro non è un problema che vi potrebbe togliere il sonno. Però io, comunque, proverò a spiegarvelo.
Prima che qualcuno decidesse di andarvisi a stabilire, era solo un deserto come tutti gli altri. L'aspetto che ha assunto in seguito è proprio merito degli abitanti, i quali hanno sviluppato, ai fini dell'adattamento, una capacità particolare, un potere legato alla terra che sfruttano per far crescere dei bulbi, da cui poi nascono delle piante. Ciò non sarebbe possibile se sul fondo, ma anche molto in fondo, non ci fosse uno spazio fertile. E per fortuna, Sarasaland, sotto il deserto è praticamente tutta steppa.
I regnanti di Sarasaland sono quelli che hanno sviluppato meglio di tutti gli altri questa capacità. Di generazione in generazione, sono sempre stati loro quelli che si sono occupati di rendere fiorito il panorama.
Non si tratta solo di una questione estetica, è un vero problema di sopravvivenza. Se non ci fossero le piante, non si riuscirebbe più ad andare avanti e bisognerebbe traslocare.
Il matrimonio tra re Richard e la regina Lillian è stato combinato proprio per ottimizzare, nella discendenza reale, questa capacità. Un po' come si fa per i cavalli, no?
Il risultato è che Daisy, la principessa, è la persona più potente che sia mai nata fino a oggi, anche se, se fosse nata maschio, sarebbe stata ancora più forte. Ma, per disgrazia o per fortuna, è nata femmina. E non ha fratelli. Ed è già stata promessa in sposa a uno dei più facoltosi abitanti di tutto il regno.
Ma lei, a dirla tutta, non ha mai preso sul serio il suo ruolo. Né il suo fidanzamento.
In questo momento, vediamo la regina Lillian che sta disperatamente cercando di insegnarle a sfruttare al massimo il suo potere. Ma l'unico effetto che ottiene è il suo totale disinteresse.
In realtà, Daisy ha già venticinque anni, dunque è adulta e sua madre non capisce proprio perché non voglia assumersi questo compito, mentre per lei dovrebbe essere la cosa più naturale, ciò per cui l'ha preparata da una vita.
Ma non è proprio così.
“Tutto ciò è assolutamente ridicolo.” sbuffa Daisy conficcando a fondo gli odiatissimi tacchi nella sabbia, mentre le pianticelle che attorniano i suoi piedi, anziché crescere come dovrebbero fare, iniziano a rinsecchirsi per empatia.
“Concentrati, cara.” la sprona la regina madre. A differenza di quelle che sua figlia ha appena ucciso, le piante attorno alle sue caviglie aumentano di vigore, raggiungendo le sue spalle. Le foglioline inverdiscono mentre i boccioli si schiudono rivelando i loro magnifici colori. Questione di anni di pratica, ma lei spera che la giovane impari in fretta.
“Questo rito della rifioritura è molto importante” spiega. “È l'ultimo sprazzo di normalità che ci rimane in mezzo a tutto questo caos.”
Daisy sbuffa di nuovo “Secondo me è inutile.”
“Una principessa non sbuffa.”
“Una principessa non sbuffa. Gne-gne” le fa il verso la ragazza arricciando il naso. “Ho una certa età, ormai credo di riuscire a capire quali sono le cose utili e quali sono le stupidaggini!”
“Non usare questo tono!” la avvisa la regina.
“Si può sapere che cosa ci faccio qui con te, mentre la mia amica Peach è nei guai?” salta su lei, mentre le pianticelle, ormai morte, si infiammano “Io sarei dovuta andare a salvarla, insieme a quei due idraulici così coraggiosi!”
“Oh, non essere sciocca, cara.” fa la donna rabbrividendo “Una principessa che si unisce a un gruppo di villici. Che orrore!”
“Non li chiamare così. Sono delle brave persone, mi hanno anche salvata!” protesta la giovane.
“E dunque salveranno anche la tua amica, sempre che non sia stata solo fortuna, quando si è trattato di te.” commenta in tono amaro la madre “Ma, per quanto mi dispiaccia per ciò che le è accaduto, non possiamo permetterci di perdere tempo preoccupandoci di questo, abbiamo delle responsabilità, dobbiamo aiutare il nostro regno a prosperare.”
“Ah, secondo te questo non è perdere tempo!”
“Non lo è.” risponde la donna con calma.
“Sei proprio una terribile snob! Ma come puoi essere mia madre?” la accusa la fanciulla sconcertata dandole subito dopo le spalle per sottolineare il suo sdegno.
“Daisy!” la apostrofa la regina con una fredda nota di minaccia nella voce, ma la giovane è in preda ai suoi bollenti spiriti e sta già disertando. È così disgustata che a ogni suo passo c'è un fiore che appassisce.
La ragazza attraversa tutto il giardino, rientra nel suo castello e si va a chiudere in camera. La sua irritazione riesce a placarsi solo quando si trova addossata al bordo del balcone a guardare, con malinconia, il panorama sconvolto del suo regno desertico.
Sa che, se non si darà da fare, non potrà più arrivare la primavera, ma in questo momento non si sente proprio nella disposizione d'animo giusta per farlo fiorire.
Preferisce distogliere lo sguardo da quell'immagine devastata e alzare il collo per fissare in alto.
C'è un bel freschetto che l'aiuta a calmarsi e a riflettere.
Mentre si sta godendo lo spettacolo sempre magnifico del sole che tramonta, nota che in cielo è appena apparsa una nuovissima costellazione, dalla forma indefinita che ricorda il viso di una fata.
Poi, la placidezza e la tranquillità della sera vengono squarciate da un lampo improvviso che sembra letteralmente lacerare il firmamento.
Daisy aguzza la vista e si rende conto che quello che sembra un gigantesco meteorite sta per precipitarle addosso a tutta velocità.
“Il cielo crolla!” riesce a dire con voce strozzata -proprio come quel pulcino in quella vecchia favola dal finale tragico- e decide all'ultimo secondo di tuffarsi di lato, evitandolo per un soffio.
La cosa, che lascia dietro di sé una scia iperluminosa, si schianta sul suo balcone a due metri da lei, provocando un boato quasi assordante. Ma per fortuna non c'è nessuno a sentirlo a parte Daisy la quale, poverina, quando si rialza è ancora un po' sotto choc.
Ma un attimo dopo s'è già del tutto ripresa ed esplode in un urlo di gioia. Ha riconosciuto Mario!
L'idraulico si risolleva anche lui, miracolosamente per niente ferito nell'urto, si spolvera gli abiti e tossisce nella polvere che s'è alzata. Ma non fa in tempo a rimettere in piedi il suo mezzo che viene stritolato in un abbraccio dalla principessa di Sarasaland. Dalla sua espressione, è chiaro che anche per lui è una sorpresa averla incrociata.
“Super Mario!” grida lei tutta contenta.
“Quando ho smesso di essere Jumpman?” fa Mario imbarazzato sciogliendosi dal suo abbraccio soffocante. Comunque, apprezza il soprannome che ha usato.
“Ma che ci fai qui?” chiede lei, ridendo.
“Ecco, penso di essermi perso...” fa lui.
“Ma guarda! E io che pensavo fossi venuto a farmi visita perché ti mancavo!”
“Perché? Siamo nel tuo regno?” dice lui sorpreso mentre si guarda intorno.
“Bingo. Sei lontano un bel po' da dove dovresti essere...”
“Beh, per lo meno sono ritornato sulla Terra.”
“E fino a ora dov'eri stato?”
“Non potrai mai crederci, a vagare per il cosmo!”
“Allucinante!” commenta lei “E questo trabiccolo arrabattato che cosa dovrebbe essere?” chiede indicando quella specie di tavola con il quale l'uomo le è quasi finito addosso.
“Oh, questo qua è solo il windsurf stellare che mi ha fornito la bella signora che vive nelle stelle...”
“La bella signora... Hai battuto forte la testa, non è vero?”
“Nooo... Ecco, guarda.” si leva il cappello e spunta fuori lo Sfavillotto. S'è beccato un bernoccolo ma è comunque ancora bello pimpante.
“Che bellino.” Daisy cerca di acchiappare giocosamente la creaturina che si mette a girarle intorno.
“Già...” commenta Mario raccattando la tavola e cercando di metterla orizzontale.
“Dato che sei qui, vuoi che ti offro qualcosa?” Daisy si premura di fare gli onori di casa.
“No, no, grazie, per carità, Rosalinda mi ha riempito di biscotti alle astroschegge.” rifiuta Mario mostrandole un sacchetto pieno di dolcetti dalle forme e dai colori molto insoliti.
“Che sono una leccornia.”
“Insomma. Te ne intendi?”
“Quasi per niente. Ma so che hanno proprietà magiche.”
“Buono a sapersi. Anche lei aveva accennato qualcosa, ma io non sono certo di aver capito...”
“C'è qualcosa che potrebbe servirti?” lo interrompe Daisy.
“Qualche power up mi farebbe comodo... ne hai?”
“Ci penso io a rifornirti di fiori di fuoco.” promette la ragazza facendone subito crescere qualcuno dal vasetto che tiene sul davanzale. Mario è impressionato.
“Senti, ma hai intenzione di raccontarmi quello che è successo o te lo devo chiedere per forza?” sbotta lei cambiando discorso mentre li raccoglie per lui “Tuo fratello che fine ha fatto?”
Mario assume un'aria afflitta “Oh, lui... Stavo cercando di raggiungerlo, ma ho scoperto che non sono per niente bravo a governare questo affare.” dice accennando al surf. “Sono stato allontanato dal sentiero che stavamo percorrendo insieme per arrivare alla Terra Oscura.”
“Vuoi dire... che lo hai lasciato da solo?” dice lei spalancando gli occhi, senza sapere perché si senta improvvisamente in ansia.
“Ma mica l'ho fatto apposta. E poi, non è da solo, abbiamo altri compagni di viaggio.” la rassicura senza però essere rassicurato lui stesso.
Velocemente, le fa un resoconto sommario di ciò che è successo fino al momento in cui Lakitù lo ha sparato dal cannone. Poi racconta di come abbia incontrato lo Sfavillotto e di come questi lo abbia portato dalla Pusa che gli ha fornito il mezzo per 'bere' le stelle...
“Che vuol dire 'bere' le stelle?”
“Io l'ho interpretato come 'andare molto veloce' scivolandoci su...”
“Roba da pazzi!” Daisy si mette a ridere di gusto.
A questo punto Mario vuole congedarsi “Devo andare, adesso, è stato un piacere rivederti. Mi devo rimettere sulla via giusta....” borbotta risalendo sul windsurf.
“Aspetta!” lo ferma lei.
Senza il minimo imbarazzo, lì davanti a lui, la principessa si sfila il vestito elegante che indossa e lo butta a terra, rivelando che sotto porta dei pantaloncini corti a jeans e un top bianco. Si libera delle scarpette con il tacco e si infila delle scarpe da tennis Converse nere che teneva nascoste sotto la gonna, allacciate alla vita per mezzo di una cinturina.
“Portami con te.” dice. Non è una richiesta, è un ordine.
“Davvero?”
“Non scherzo! Sono stufa di star qui a non fare niente, voglio venire con te a salvare Peach.”
“Sei sicura? Insomma, sei...”
“Cosa?” fa lei assumendo di colpo un'aria scocciata perché si immagina già quello che stava per dire.
Mario sceglie saggiamente di tacere. È rimasto colpito ma anche divertito dalla sua totale mancanza di pudore e di grazia femminile, ma si riscuote. È un vero maschiaccio. Non è sicuramente il suo tipo di donna ideale, ma gli piace.
“Niente.” sorridendole, le fa posto.
Daisy monta dietro di lui e si aggrappa alla sua schiena. Lo Sfavillotto torna sotto il cappello di Mario, la sua energia fa risollevare in aria il mezzo.
“Ti vesti sempre così? A strati?” le chiede incuriosito mentre cominciano a prendere velocità.
“Pensa a guidare 'sto coso...” dice la ragazza, stringendosi a lui.
Dopodiché i due se ne volano via insieme partendo a razzo e attraversano l'intero regno a una velocità iperbolica.
...Finché non vengono abbattuti da una specie di cannonata.
E adesso, voliamocene anche noi (per i fatti nostri) nella Terra Oscura.
Nella nuova camera che le è stata riservata, troviamo la principessa Peach, la quale non ha per niente l'aria triste e depressa che una prigioniera dovrebbe avere. Almeno, non in questo momento.
In questo momento, la nostra bella si sta ammirando allo specchio ed è contenta di quello che vede. Qualcosa che si avvicina alla totale perfezione.
Non sa veramente se godere del proprio corpo possa essere considerato come un gesto peccaminoso, ma le piace, l'appaga.
L'abito che indossa è decisamente quello dei suoi sogni. Di una tonalità né troppo forte, né troppo pallida, a metà tra il rosa confetto e il fucsia. Scollato. Con manichette a sbuffo scivolate sulle spalle. Pieno di perline ordinate a motivi geometrici, in file sulle pieghe e sull'orlo della gonna.
Ed è della sua misura, stavolta.
Lo adora. È proprio come lo aveva immaginato quando lo aveva chiesto.
Dopo quel suo imbarazzante momento di frustrazione che si era tradotto in violenza verso il vecchio abito, nel trovarla completamente nuda, il suo 'koopa di compagnia' si era offerto di fargliene avere uno nuovo che rispondesse meglio alle sue esigenze. E ha fatto centro.
Ci è voluto così poco per accontentarla.
La principessa si sente bella, proprio come una pesca. Delicata.
E succosa.
Almeno, questo è ciò che pensa il grande koopa che la sta sbirciando attraverso la fessura della porta.
Non osa entrare semplicemente perché non si sente adeguatamente preparato a quella che per lui è una vera apparizione.
Si sente un po' emozionato per quello che ha intenzione di fare.
Ricontrolla per l'ennesima volta di avere in tasca l'anello di fidanzamento che vuole offrirle.
Stamattina il re si sente particolarmente ispirato e tutto ciò, che ci crediate o no, grazie a suo figlio minore, Bowser Junior.
La sera prima, il piccolo aveva insistito perché il padre gli leggesse una storia nuova, che non fosse tratta, come al solito, da Le mille e una notte.
Per qualche assurda ragione, aveva chiesto una fiaba francese. Già solo questa particolarità lo aveva irritato. Il nome dell'autrice era risultato addirittura impronunciabile.
Madame Gabrielle-Suzanne Barbot de Villeneuve.
Che robaccia era? Sarebbe stata sicuramente una noia mortale, magari si sarebbe addormentato ancora prima di suo figlio...
Poi però aveva iniziato a leggere e non era più riuscito a fermarsi. Aveva continuato da solo anche quando Junior era crollato, fino a raggiungere l'ultima pagina.
Che storia meravigliosa, una bella e incantevole ragazza che si innamora del mostro spaventoso che l'ha rapita.
Ha pensato di essere lui il protagonista, ha avuto la presunzione di credere che questa madame Villeneuve si fosse ispirata alla sua storia... Sì, peccato che sia vissuta nel 1700.
Comunque sia, si sente determinato. Se la Bestia ha avuto fortuna con la sua Bella, perché lui non dovrebbe averne altrettanta?
In fondo, l'ha portata qui proprio per questo motivo.
Armatosi di un meraviglioso mazzo di petunie rosa –a quanto pare, è il suo colore preferito- il koopa bussa discretamente alla porta, facendo finta di non averla mai schiusa.
Aspetta di sentire la soave voce di lei che lo invita a entrare. Ha scoperto che è una cosa che fa sempre, ma non stavolta.
Bussa di nuovo, più forte. Ma l'unica cosa che risponde è il silenzio.
Come può non sentirlo? Cosa le può impedire di rispondere educatamente, com'è solita fare?
Basta un minimo sospetto ad allarmarlo.
Dimentico dei modi gentili che si era ripromesso di adottare, spalanca furiosamente la porta.
La bella se ne sta seduta in modo composto ed elegante sulla seggiolina che le è stata fornita e sta mangiando uno dei cioccolatini che ha preso dalla scatola a forma di cuore che le aveva fatto consegnare.
“Zucchero mio. Perché non rispondevi?” le chiede, sollevato di averla trovata ancora lì dentro “Ho bussato per ben due volte.”
Lei ingoia dopo aver masticato senza alcuna fretta “Hai ragione, scusa. Non avevo intenzione di ignorarti. Ma non è mia abitudine rispondere con la bocca piena.”
Bowser intuisce vagamente che si tratta di una provocazione, ma il suo cervello prende per buona quella scusa. Soprattutto perché il sorriso con cui l'ha accompagnata è talmente dolce che lo fa sciogliere.
Tira fuori da dietro la schiena i fiori e glieli porge nascondendovisi dietro. “Questi sono per te, mia cara.”
“Oh, come sono belli. Grazie!” esclama la ragazza con fare civettuolo andandoli subito a prendere. Li annusa con trasporto chiudendo gli occhi.
“Tesoro.” fa lui, sorpreso che li abbia accettati subito “Non ti so davvero dire quanto tu sia bella, stamani.”
Lei fa un giro su se stessa “È questo abito stupendo a rendermi così bella, non è così?”
“No, non credo che c'entri il vestito... Sei tu...”
“Sembro molto luminosa, non credi?”
“Sei fantastica.” conferma Bowser cercando di non fissare come un maniaco le sue curve perfette e la nuvola di capelli dorati “E io ti amo e vorrei che tu mi sposassi.”aggiunge, stupendosi della sua audacia.
Lei smette di colpo di volteggiare. Spalanca gli occhi, interdetta. Non che non lo sapesse già che lui aveva queste mire, ma sentirsi fare una richiesta così esplicita l'ha un po' spiazzata. Sperava di poter giocare un altro po'...
Approfittando del momento, il re si inginocchia e fa comparire tra i suoi artigli il piccolo scrigno. Lo apre sotto al naso della principessa. “Se mi facessi questo onore” dice con gli occhi scarlatti che brillano “Mi renderesti enormemente felice. Più felice di quanto potrebbe essere qualsiasi drago che sposasse una principessa.”
La ragazza fissa il minuscolo ma brillantissimo diamante. Per un secondo, sembra tentata. Ma immediatamente dopo, assume un'aria affranta.
“Mi dispiace.” dice in un tono che suona veramente triste “Non posso accettare.”
Bowser percepisce nelle sue parole un dispiacere autentico.
I suoi occhi si sollevano all'altezza dello specchio su cui prima lei si stava rimirando. Dalla posizione in cui è messo, riflette entrambi. Il divario tra loro due è evidente.
“È per via del mio aspetto mostruoso?” chiede. Anche la Bella ha avuto difficoltà a innamorarsi della Bestia, all'inizio.
Lei ha un'esitazione che lui prende come una conferma.
“Devi andare oltre queste piccolezze, mio tesoro.” dice “L'amore è qualcosa di più profondo, che va oltre il semplice aspetto fisico...”
“Non è questo il motivo.” lo interrompe lei malinconicamente “Veniamo da due mondi diversi e apparteniamo a due specie diverse... noi... siamo incompatibili.”
Bowser si rende conto che ha ragione, ma è troppo cocciuto per ammetterlo, anche a se stesso.
“Quindi se non ci fosse questa barriera invisibile a separarci noi due potremmo sposarci senza nessun problema.” dichiara, con una logica inoppugnabile.
“Sì...” fa lei, come sovrappensiero “Cioè... non proprio...”
“Ebbene!” grida lui improvvisamente, facendola trasalire “Si dà il caso che io disponga della magia di più di cento magikoopa. Sono certo che loro troveranno sicuramente il modo di trasformarti!”
“Trasformarmi?” ripete lei, allibita. Ma lui è così preso che non se ne avvede
“Ti farò diventare come me!” esclama “Una bellissima koopa!”
Se la Bestia è diventata umana per amore, perché la Bella non potrebbe a sua volta cambiarsi in un mostro?
“Così potremmo sposarci! Sarebbe tutto perfetto e i miei bambini avrebbero di nuovo una mamma. Soprattutto, una che può materialmente prenderli in braccio.” continua guardando le braccine esili della principessa.
“Ma... ma io non...” cerca di protestare Peach, ma viene interrotta da un ditaccio del koopa che si posa leggermente sulle sue labbra morbidissime.
“Non aggiungere nient'altro, fiore mio.” dice in tono amorevole “So che può sembrarti un'idea spaventosa. Ma ti prometto che sarai ugualmente bellissima. Intanto prendi questo. Poi mi occuperò di fartelo allargare.” e le deposita tra le mani l'anello.
Poi corre via, lasciandola a dir poco stravolta.
Si gira verso lo specchio e fissa atterrita la propria immagine.
“Oh, santo cielo.” mormora sfiorandosi una guancia perfettamente rosea.
Poi ha uno scatto con il quale va ad accendere la televisione a circuito chiuso.
Sullo schermo compare un mezzobusto di Luigi che, evidentemente, qualcuno sta filmando di nascosto.
Lo guarda disorientata. “Ti prego.” lo implora “Vieni a prendermi.”
Ma naturalmente lui non può sentirla. E, anche se potesse, in questo momento la sua attenzione è concentrata su qualcos'altro.
Bowser sta correndo dai magikoopa, intenzionato a chiedere loro di mettersi all'opera per realizzare il suo sogno d'amore, ma a metà strada si incrocia con suo figlio Larry che sta attraversando il corridoio.
“Piccolo mio, dove vai?” gli chiede, sperando in una sua risposta. Ma si becca un'occhiata tagliente. “Stiamo andando a trovare Ludwig.”
A rispondere non è stato Larry -sarebbe un miracolo- ma suo figlio Roy. Lui e Morton erano insieme al fratello più giovane, ma Bowser non li aveva notati. Roy è il terzogenito, ha una corporatura massiccia e un carattere rude che gli sono valsi il soprannome di Bully.
“Ah, già.” Bowser si è ricordato solo in questo momento che suo figlio maggiore è rimasto ferito. Ma non dovete pensare che sia stato per cattiveria o per negligenza. Lui ha questo carattere, quando è preso da qualcosa si dimentica di tutto il resto.
Però se ne sente colpevole. Così decide di accantonare per il momento quello che voleva fare.
“Stavo giusto andando a trovarlo anche io” mente “Andiamoci insieme.”
Larry fa un lieve sospiro, come se la cosa lo disturbasse, ma non dice niente. Roy invece si stringe nelle spalle, indifferente. Morton è l'unico che sembra contento. Sorride e va a prenderlo per mano. Inutile dire che inizia a chiacchierare e non la smette più finché non arrivano alla meta.
Nella sua stanza, il principe si sta godendo le attenzioni dei suoi fratellini che si sono radunati tutti quanti attorno a lui.
Essi non avevano ritenuto la visione della sua impresa abbastanza interessante da preferirla a qualche altro programma televisivo. Ma quando poi hanno saputo che aveva perso, non c'è stato gioco a premi/televendita/film d'azione/video musicale/cartone animato che tenesse.
Quando arriva anche suo padre interrompe il racconto glorioso -e, a dire il vero, molto colorato- della vicenda. Abbassa gli occhi, come se si vergognasse.
“Come va?” gli chiede Bowser. Vorrebbe tanto non mostrare a suo figlio di essere rimasto deluso dal fatto che sia stato sconfitto, ma non ne può fare a meno.
“Meglio. Molto meglio.” dice Ludwig evitando uno sguardo diretto.
Bowser sente il suo disagio e improvvisamente si mette a ghignare.
“Scommetto” dice con fare complice “Che tu ti sei fatto battere apposta. Perché, in realtà, volevi lasciare che fossi io a sterminare quel gruppetto di eroi.”, la parola eroi è chiaramente detta in tono ironico.
Ludwig gira gli occhi. “Senz'altro, papà reale, era esattamente ciò che stavo per dire.”
“Bravo il mio ragazzo!” esclama il re, poi parte con un cazzotto giocoso sul braccio del suo primogenito. Non gli fa male, ma nemmeno bene.
“Vi porto una notizia importantissima, ragazzi” continua Bowser rivolgendosi stavolta a tutti “Ho deciso di trasformare la principessa nella vostra mamma.”
“Questo lo sapevamo già.” dice Wendy, piccata “Peccato che lei non ti vuole.”
“Non dire quello che non sai, signorina!” fa il re severamente “Non ho parlato per metafore, quando ho detto trasformarla intendo proprio trasformarla. Con una magia.”
“Questo è il nostro papà reale, che crede di risolvere tutto con la magia!”, è il commento sarcastico che segue.
Il grande re si sente leggermente preso in giro dai suoi figli, ma gli basta lanciare in aria una delle sue vampate di fuoco per ridurli istantaneamente al silenzio.
Commenti dell'autrice: non sono certa di continuare a scrivere questa storia, sto passando un periodo in cui non riesco ad andare avanti, ma non voglio cancellare niente... perché mi è già capitato... per il momento, accontentiamoci di questo capitolo.
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Capitolo 7 *** il secondo tentativo? ***
Luigi s'è sollevato completamente sulle punte dei piedi, come riesca a stare in equilibrio senza cadere lo sa solo lui. Guarda in alto, verso il cielo.
Donkey Kong ha appena scagliato in aria un enorme masso, e per giustificare questo gesto assurdo ha dichiarato di dover abbattere qualcosa.
In realtà, non gli crede molto, lo sta più che altro assecondando. Provateci voi, a contraddire un gorilla gigante che ha tutta l'aria di poter essere in grado di frantumarvi la testa con un pugno.
Il fatto è che, dopo la sua liberazione, ha fatto capire loro di avere intenzione di aiutarli.
Anche se nemmeno lui sembra essere molto entusiasta di questo. Pare che lo faccia solo per una questione di onore. O meglio, per obbedire al volere del nonno.
Dopo essere usciti dal falso castello di Bowser, è infatti ricomparso lo spettro di Cranky, il quale ha ricordato al suo 'scalmanato nipote' di essere indispensabile per loro, perché si ricongiungessero con ciò che avevano perduto.
Donkey ha borbottato qualcosa a proposito di una presunta capacità di preveggenza dei fantasmi, ma Luigi non ha capito molto bene a che cosa si riferisse.
Di sicuro, non si sarebbe mai aspettato di assistere a una scena del genere.
Il mastodontico gorilla ha finto di calcolare la direzione del vento inumidendo l'indice della mano superiore con fare esperto, ha teso l'orecchio, in ascolto di chissà che cosa e, infine, ha afferrato una grossa pietra, l'ha sollevata come se fosse leggerissima come una farfalla e l'ha lanciata nel cielo con tutte le sue forze.
Per averne un'idea, immaginatevi un giocatore di baseball che lancia dal diamante, ma uno grande e grosso, muscolosissimo, allenatissimo, magari pure abbronzatissimo... tutto ricoperto da un fitto pelo scuro.
Questa 'palla' (che è in realtà una pietra, e non l'hai fatta tu, Luigi!) è stata vista diventare sempre più piccola finché non è sparita nel cielo.
E, dopo pochi secondi, s'è sentita la lontanissima eco di uno schianto. Come se avesse colpito un satellite.
Ed ecco che qualcosa è precipitato, aprendo un cratere proprio di fronte a loro, alzando un polverone impossibile da definire.
Quel qualcosa non è altro, o meglio, non era altro che il mezzo volante di Mario.
È chiaro che, quando si rialza, miracolosamente illeso, è un po' frastornato.
“Ecco fatto.” commenta Donkey soddisfatto spolverandosi le mani “Tutto a posto.”
Dire che Luigi è rimasto basito sarebbe un eufemismo. Diciamo che potrebbe avere la mandibola al suolo.
Ma poi, naturalmente, è costretto a considerare che, in quel mondo, ha assistito a robe ancora più assurde di questa. Ha visto cose che voi umani...
In realtà, il sospetto che gli nasce è che si sia trattato di nient'altro che di un colpo di fortuna. Ma ci passa sopra.
Prima che Mario possa riprendersi del tutto, viene investito dalla carica di Yvan, di Wolley, di Yoshi, che gli sono letteralmente saltati addosso per la felicità di riaverlo indietro sano e salvo.
Lo schiacciano a terra, gli fanno tante feste, ridono, piangono, fanno un bel po' di confusione.
E ovviamente Mario si ritrova ad abbracciarli uno per uno. Anche lui è felice di rivederli. Hanno tante cose da raccontarsi.
“Sì, mi siete mancati anche voi.” dice ridendo spensieratamente e presenta a tutti lo Sfavillotto, che ormai ha perso la sua carica e deve riprendersi.
Una volta che l'esaltazione iniziale si esaurisce, Mario si accorge che manca qualcuno.
“Ehi.” dice quando lo individua, dopo una rapida ispezione con lo sguardo “Non vieni a salutare il tuo fratellone?”
Luigi è rimasto indietro.
Anche lui aveva avuto l'impulso di corrergli incontro, eppure s'è accorto dell'improvvisa comparsa di qualcosa che ha bloccato il suo entusiasmo.
Una sensazione strana, una sorta di malessere che gli ha paralizzato le gambe e che lo costringe a restarsene fermo e impalato come uno stoccafisso.
Il leggero sospiro e il “Bentornato”, detto senza muoversi e in un tono quasi freddo, che Mario si vede presentare come risposta lo straniscono. S'è accorto subito del suo distacco. Sembra quasi che non sia contento di rivederlo.
“Grazie” dice, perplesso per il suo comportamento. Poi, per coprire l'imbarazzante e inaspettato silenzio che si sta creando tra loro aggiunge: “Sai che ho incontrato la principessa più bella della Galassia?”
“E l'hai portata qui.” sussurra Luigi con aria completamente inespressiva, fissando un punto alle sue spalle.
Mario sta per negare la sua strana affermazione, poi si ricorda che con sé aveva un passeggero.
Dietro di lui, infatti, c'è Daisy, ancora spalmata per terra. Le sue gambe si sono allargate sotto il suo corpo, lasciandola bloccata in una specie di dolorosa spaccata.
“No, eh.” la si sente sbottare in tono seccatissimo ma al contempo affannato “Non vi disturbate ad aiutarmi, faccio da sola...”
È Donkey Kong ad allungare un braccio per tirarla su. E questo gesto provoca in Mario una specie di dejà vu. Ha rivisto il Donkey originale rapire la sua storica fidanzata... che poi ha fatto la fine che tutti noi non sappiamo... Ma non sa mica che adesso ha cambiato nome ed è diventato un irritabile spettro scorbutico.
“Io ti conosco?” dice in tono istintivamente minaccioso.
Ma lo scimmione ha già lasciato andare la ragazza, completamente disinteressato, e se ne saltella via, pronunciando due uniche parole di congedo: “Ci rivedremo.”
Mario non può fare a meno di fare uno scatto per corrergli dietro e inseguirlo, proprio come faceva una volta con suo nonno.
È Yvan a sbarrargli il passo. “Non è lo stesso che pensi tu.” gli dice.
E mentre Mario lo guarda senza capire e attende spiegazioni, Luigi ha mosso un passo, seppur esitante, verso Daisy.
“Te lo dicevo che sarei tornata per darvi una mano.” fa la ragazza allegramente, poi lo sorprende con un abbraccio caloroso. “Che strano.” aggiunge poi “Come te la sei passata?”
“Piuttosto bene.” scandisce lui molto chiaramente “Ma non saremmo mai arrivati qui senza il tuo aiuto. E a proposito...” mette una mano nella tasca della salopette e tira fuori il famoso libro “Questo è tuo.” dice, porgendoglielo fieramente.
“Ah.” fa lei, del tutto dimentica di quel particolare “Lo hai conservato tutto intero.”
“Ovviamente.” risponde lui serrando le palpebre.
“E questo che cos'è?” chiede lei aprendolo distrattamente e trovando nel mezzo delle pagine un grosso fiore “Un regalo?”
“È soltanto un segnalibro...”
“È la margherita del Marghibruco!” esclama riconoscendola. I suoi occhi si accendono di interesse.
“Già. Pare.”
“Dalle mie parti non se ne vedono molti. Potrei prelevarne un seme per far contenta mia madre...” comincia, ma poi si interrompe bruscamente, come se si fosse lasciata scappare una brutta parolaccia.
“Puoi farlo, certo...” risponde Luigi sorridendo in modo incerto, senza comprendere a pieno l'attenzione che la principessa riserva a quell'oggetto.
“Sai cosa?” fa lei dopo un po' “Penso che potresti tenerlo tu, per il momento. Potrebbe ancora servirti.” gli porge il libro.
“Beh, non ne sono tanto sicuro...”
“A me non serve. So già tutto ciò che devo sapere!” esclama lei in tono vispo “Anzi sono così buona che te lo regalo.”
La sua allegria lo contagia, lo mette a suo agio.
“Va bene.” acconsente ridendo mentre si rende conto, con orgoglio, di essere riuscito a dominarsi alla perfezione.
Mario decide di passare in mezzo ai due appositamente per interromperli, mentre pronuncia una serie di parole in uno strettissimo dialetto napoletano -che mi astengo dal riportare qui, visto che io non sono napoletana ma lui sì- coronate da un comico “Yamme-ya!” conclusivo, che risultano, alle orecchie di Daisy, buffe tuttavia incomprensibili.
“Che cos'ha detto?” chiede la fanciulla innocentemente.
Ma Luigi è arrossito e ha pensato che, in fondo, non sarebbe stato male essere figlio unico.
Nello stesso momento, Bowser li sta guardando, ormai è quasi assuefatto allo show da non potervi rinunciare.
Ha riconosciuto con rabbia e disgusto il jumpman redivivo e si immagina solo vagamente chi possa essere la ragazza. Ancora una volta, non vi riporto qui quello che pensa di loro, ma posso dirvi che non è molto gentile.
Un troopa guardiano chiede la parola.
“Stanno per arrivare.” dice, quando gli viene concessa “Volete che mandiamo loro incontro qualche altra ondata di soldati?”
Il re si dondola sul suo trono a dondolo, cogitabondo.
“Sarebbe un inutile spreco di risorse.” riflette “Fino a ora nessuno è stato in grado di fermarli. Non è servito farli perdere nel bosco così come non è servito separarli. Visto che sono praticamente alle porte del nostro castello, lasciamoli entrare. Giocheremo in casa.”
Il troopa non è particolarmente convinto, ma non osa obbiettare allo sguardo fiammeggiante del suo padrone.
“Piuttosto” riprende il re “Perché non vai a vedere a che punto sono i magikoopa con la formula?”
Il troopa non risponde nemmeno, va e basta.
Dimenticandosi di non essere solo nella sala, Bowser si lascia prendere dalla rabbia, che decide di scaricare in un colossale pugno che fa letteralmente esplodere il povero televisore.
Sente un'esclamazione soffocata e solo in questo istante si ricorda che nella stanza ci sono due dei suoi figli. Sono Lemmy e Iggy, rispettivamente il secondogenito e il quartogenito.
“Ehilà” dice loro il re, forzando un tono spensierato, ancora con il pugno ficcato in mezzo allo schermo, che ormai è ridotto a un cumulo di taglienti schegge di vetro.
I due lo stanno fissando, mostrando due emozioni diverse.
Il più giovane sembra spaventato e i suoi occhi azzurri sono sgranati dietro la spessa montatura nera. “Tutto a posto, paparino?” dice, un po' preoccupato.
“Evviva!” esulta invece il più grande, che sembra divertito “Finalmente papà da i numeri!”
“Ne abbiamo duemila.” si giustifica l'adulto staccando la mano dalla gabbia nera.
“Non era per il televisore, era per i tuoi nervi.” dice Iggy.
“Spaccare cose è un toccasana per rilassarsi.” assicura Lemmy in tono allegro.
In quanto ad aspetto fisico, posso dirvi che Iggy sembra più grande di Lemmy, in quanto quest'ultimo è molto piccolo di statura, ma è anche vero che Iggy è il più alto fra tutti i Bowserotti, e ciò soprattutto a causa del pennacchio verde di capelli che gli si dirama dalla testa, dunque non sono sicura che faccia testo.
Segue un silenzio.
“Volevate dirmi qualcosa?” dice Bowser più per romperlo che per altro.
“Sì, Iggy ha fatto una cosa per te.” afferma Lemmy tutto contento.
“In che senso?” chiede il re.
“Nel senso... che ha fatto una cosa per te.” ripete Lemmy con un certo sforzo, probabilmente senza che si sia accorto di non aver aggiunto niente.
“Ho aggiustato il tuo veicolo volante.” si affretta a spiegare Iggy.
“Perché, si era rotto?”
Iggy guarda suo fratello ”Non glielo avevi detto che si era rotto?” gli chiede.
“Ma che glielo dicevo a fare, non è naturale che quando una palla di una tonnellata rimbalza sopra qualcosa, quel qualcosa si scassi?!” dice Lemmy ridacchiando e roteando i suoi occhi strabici, senza abbandonare la sua eterna aria di felicità.
“Che cosa hai appena detto?”
“È stato un incidente.” interviene Iggy notando il cipiglio del padre. “Però è stata una buona occasione per migliorarlo. Ora va più veloce di un razzo. Ti potrà essere utile, nello scontro finale.”
Bowser si calma subito e guarda suo figlio, che sorride un po' imbarazzato, con un'aria carica di attesa.
Sa che è un genio della meccanica e lo ha sempre apprezzato per questo motivo.
È stato lui a installare nel castello tutte quelle indispensabili diavolerie tecnologiche difensive e offensive, ha predisposto lui il sistema di telecamere a circuito chiuso con cui tiene d'occhio i suoi nemici ed è lui l'unico in tutta la Terra Oscura a preferire nettamente la scienza alla magia, oltre a essere l'unico a saper programmare il videoregistratore.
I suoi servigi, le sue conoscenze e il suo intuito si sono sempre rivelati molto utili, anche solo per migliorare le loro condizioni di vita, e soprattutto quando si è trattato di rendere il castello ignifugo nonostante la presenza della lava che altrimenti lo avrebbe sciolto inesorabilmente, lasciandoli tutti quanti senza una casa.
Si rende conto improvvisamente di averlo sempre dato per scontato quel suo ragazzo, anche se è ancora molto giovane, così pensa che questo possa essere il momento giusto per ringraziarlo.
“Bravo. Tu sei il mio orgoglio.” dichiara con molta sincerità.
“Grazie.” esclama Iggy, sorpreso. In realtà, tutti i Bowserotti (tranne Larry) si sono sempre contesi le attenzioni del loro papà reale, dunque lui non sa nascondere quanto questo complimento lo abbia reso contento.
“No, grazie a te.” dice Bowser seriamente “Se non ci fossi tu a rimediare ai danni di tuo fratello!” indica Lemmy, il quale ha perso interesse e sta facendo l'equilibrista su uno dei suoi adorati palloni, ma è appena caduto e, per la sua stessa sbadataggine, è scoppiato a ridere da solo.
Avrete capito che questo poveretto non è del tutto sano di mente. Nessuno sa se sia veramente un po' stupido di suo o se in realtà faccia finta per attirare l'attenzione su di sé.
“Santo cielo.” disapprova il padre a bassa voce, esasperandosi “Perché non può essere normale?”
“Da piccolo deve essere caduto dal passeggino e aver battuto la capoccia.” dice Iggy, ma senza cattiveria. Lui e Lemmy sono sempre andati molto d'accordo, perché la genialità di uno compensa la stravaganza dell'altro. Ne accarezza affettuosamente la testa multicolore, segretamente orgoglioso di sé. Lemmy pigola come un uccelletto affamato.
“Ora, perché non me lo mostrate?” interrompe la scena il re.
“Cosa?” chiede Iggy riscuotendosi.
“Il veicolo! Se è davvero più veloce di prima, me lo devi far provare, in modo che non ne perda il controllo.”
Iggy fa una faccia contentissima, che suo padre non si sarebbe mai aspettato di vedere (e che è felicissimo di vedere), lo prende per un braccio e lo conduce fuori dalla sala.
E mentre la nostra allegra famigliola prosegue con le sue cerimonie, noi ce ne torniamo zitti zitti dai nostri eroi, per scoprire che sono già più vicini di quanto ci potessimo aspettare.
“Non sono sicuro che sia proprio quello lì, il castello di Bowser.” sussurra Wolley con una punta di timore nella voce.
“E di chi altri potrebbe essere?” chiede Yvan in tono serio.
“Siamo nella Terra Oscura, è difficile trovare qualcosa che non sia di proprietà dei koopa.” osserva con noncuranza Daisy portando le mani strette a pugno sui fianchi.
Il gruppetto si avvicina al ponte di semplice corda sospeso sull'abisso ripieno di lava ribollente che lo separa dalla pantagruelica costruzione che si estende in altezza e che sembra ricoperta da gusci spinosi, ma che in realtà non sono altro che degli elaborati elementi architettonici.
Luigi esita, mirandone la bellezza, che affascina e respinge a un tempo, anche se non è nuovo a questo genere di cose.
Con la coda dell'occhio si accorge che Daisy lo sta guardando e allora cerca invano di nasconderle il lieve tremore che gli ha preso le ginocchia.
Al che la ragazza gli chiede se sia tutto a posto, immaginandosi che possa avere la febbre.
Lui annuisce incerto, poi si nasconde dietro un sorriso e le fa un gesto di invito.
“Prima le signore?” suggerisce, sperando che accetti.
Lei scoppia a ridere, pensando di essere presa in giro, ma non sa di sbagliarsi.
“Non ci sono più foglie tanooki?”
L'idraulico si stringe nelle spalle. Quella pare essere l'unica via.
“Vado io per primo.” dichiara intrepidamente Yvan.
Wolley lo guarda preoccupato “Non avrò mai il coraggio di seguirti!” esclama.
“Ti ricordo che io sono un soldato, sono addestrato per queste cose.” ribatte il fungo blu. Poi, senza ulteriori indugi, afferra il suo compagno sollevandolo sopra la testa e lo trasporta sul ponte.
L'asse di legno scricchiola quando ci appoggia il piede, ciò fa allarmare Mario.
“Sarebbe meglio avanzare uno alla volta in fila indiana.” dice, ma mentre sta parlando, Yvan è già a metà del percorso, avanza velocemente ma senza fretta.
“Resiste.” dice senza mostrare alcuna emozione. Per compensarlo, Wolley si lascia andare a una risata un po' isterica, ma resta immobile fino a che non hanno raggiunto sani e salvi l'altra parte.
“Ora a chi tocca?” fa Mario, voltandosi verso gli altri compagni. I tre dinosauri fanno un passo indietro, sono rimasti già colpiti dal precedente assalto a un castello e l'idea di dover ripetere l'impresa li spaventa moltissimo.
“Non veniamo.” dice Yoshi.
“Non vi avrei costretto.” fa Mario, che in verità se lo aspettava “Siete già stati dei campioni per averci accompagnati fino a qui. Adesso se volete potete andare.”
Yoshi batte le palpebre e sorride di un sorriso dolcissimo.
“Vi aspettiamo.” dice semplicemente. Mario gli da un bacio veloce sul muso, poi si volta per affrontare l'avanzata. Ai primi passi gli sembra facilissima, ma improvvisamente sente la necessità di sbrigarsi. Perché anche un cuore di leone può vacillare quando il pericolo lo perseguita con il suo sentore putrido di morte.
E il pericolo si manifesta nella presenza dei Fiammetto, delle vere e proprie lingue di fuoco con gli occhi, che mettendosi a saltellare intorno al viaggiatore lo fanno un po' confondere.
“Non andare così veloce!” gli urla Yvan rendendosi conto che il fragile ponte dondola pericolosamente, rischiando di fargli perdere l'equilibrio.
Ma Mario si è già avviato e non si può fermare. Quando arriva di fronte ai due toad con un ultimo, estremo salto, le corde sfinite si incendiano e cedono e il povero ponte finisce irreparabilmente nel lago di magma, incenerendosi in un attimo.
“Bravo!” lo rimprovera il fungo incavolato e indica Luigi e Daisy che sono rimasti indietro “Ora spiegami come fanno a passare.”
L'italiano non sa fare altro che stringersi nelle spalle.
“Ok, non facciamoci scoraggiare!” esclama la principessa “Ci deve essere una strada secondaria, c'è sempre una strada secondaria.”
Con un gesto quasi automatico, Luigi tira fuori il libro.
“In effetti” dice, con una calma che stupisce perfino lui “Qui c'è scritto che c'è, ma si deve fare un giro un po' largo.”
“Allora non perdere un minuto di più.” ordina Daisy mettendosi immediatamente in marcia.
“Aspettami. La via non è sicura.” grida Luigi inseguendola.
“Sempre meglio che saltare nella lava e provare a nuotarci dentro...”
“Ma non sai nemmeno da che parte devi andare.”
“E dimmelo.” fa la ragazza seccata.
“Di qua.”
“È dove andavo io.”
“Tutta fortuna.”
Dall'altra parte, Mario li osserva allontanarsi. “Non importa.” minimizza “Ci raggiungono dopo. Per il momento entriamo, così gli spianiamo la strada.”
“Interessante.” fa la vocina spaventata di Wolley, che spera di poter ritardare la visita al castello il più possibile “Aspettarli no?”
“Ma non ti pare che abbiamo già perso abbastanza tempo aspettando questo provolone qui?” sbotta Yvan accennando a Mario, il quale mette su una faccia quasi offesa “La principessa è là dentro da qualche parte, spaventata, sola...”
In realtà, la vera preoccupazione del funghetto blu è quella di sfidare una seconda volta il karma.
“E come facciamo a dire che non si trovi in un altro castello?” domanda Wolley timidamente.
“Un altro?” fa Mario quasi casualmente.
“Ah, giusto, tu prima non c'eri... siamo già stati in un castello e non l'abbiamo trovata.”
“Beh, non è che ci sono molte alternative, entriamo e scopriamolo.”
Il povero toad giallo sa di non poter più obbiettare niente, ma si attacca al braccino del suo amato mentre segue il suo destino.
L'interno del castello non è molto dissimile da quello in cui siamo già stati. Lava e mostriciattoli ossuti, simili a scheletri viventi di tartaruga, con orbite orrendamente vuote e con annesso un enorme guscio calcificato, dentato, puntuto, e le cui ossa a ogni movimento sbattono le une contro le altre emettendo un inquietante suono come di uno xilofono. Ma la vera, grande novità è la carrucola-ascensore al centro della grande sala, con la quale si può salire al piano superiore...
Detto così, magari non è molto chiaro di che cosa si tratti. Immaginatevi una specie di altalena, sospesa ma sorretta da due corde, attaccate da uno e dall'altro lato. Basta tirarle e si va su. Molto intuitivo, user friendly, oserei dire.
I nostri tre fanno esattamente ciò che ho appena detto ed è tutto abbastanza semplice, salvo la grande seccatura per cui non appena hanno macinato un paio di metri in verticale, dal soffitto iniziano a piovere sulle loro testoline dei corpi estranei, piccoli, neri, sferici e, come Yvan può ben accorgersi quando uno di essi gli rimbalza sulla capoccia molle, duri come dei sassi.
Riconoscendoli, Mario se ne mostra molto infastidito.
“Le bob-ombe sono la cosa che odio di più.” sbotta scacciandone un paio con un pugno “A parte ovviamente i koopa.”
Wolley all'improvviso viene preso dal panico.
“Ne ho una in mano!” strilla “Mi è saltata in mano! E s'è accesa!”
“Buttala di sotto!” gli intima Yvan.
Wolley agita le mani e sul suo viso compare un'espressione terrorizzata “S'è incollata alle dita.” mormora.
E prima che si possa trovare un solvente, esplode. Come un petardo.
Yvan sbianca e resta con lo sguardo fisso mentre un milione di piccole spore gialle gli si spiaccicano sul volto.
Mario tira freneticamente la corda e non appena sono arrivati al nuovo piano afferra il polso del funghetto e lo trascina via prima che altre bombe gli finiscano addosso.
Yvan si lascia condurre mollemente, inerme, segue il compagno per pura inerzia.
Ha avuto una fitta al cuore che gli altera le percezioni, gli dà le vertigini, la nausea, gli ingroppa la gola.
Mario lo prende per le spalle.
“Wolley aveva una vita extra?” è una domanda che suona come un'affermazione.
Yvan resta con lo sguardo vacuo e istintivamente si ripulisce la faccia imbrattata con il pollice.
Mario ripete lentamente la domanda.
“Non lo so.” risponde il toad, poi si riscuote dal torpore e fa uno sforzo per ricordare, per non pensare al peggio “Ne avevamo divisa una perché ne erano rimaste pochissime e non volevamo esaurire la scorta inutilmente.”
“Come fate a sapere se ha funzionato?”
La prospettiva che mezza vita possa non bastare ha l'effetto di atterrire ulteriormente il povero toad blu.
“Deve aver funzionato!” esclama con una nuova angoscia che traspare cristallina dalla voce rotta.
Mario non sa cosa rispondere.
Intanto, qualcuno sopra di loro sghignazza. “Che mira perfetta! Avete visto come l'ho fatto saltare in aria? E avete visto la sua faccia? Impagabile...”
“Beh, però è stato un po' sleale.” ammette Iggy.
“Avresti voluto farlo tu, vero?” riprende Lemmy facendo una linguaccia al fratello.
“No.” protesta Iggy.
“Invece sì.”
“Non litigate.” li avvisa Bowser. E conduce via il veicolo volante.
“Guardate un po', cos'è quella cosa che sale in alto?” Lo interrompe Lemmy. Gli altri seguono il suo sguardo curiosamente sollevato e vedono come una bolla di sapone che fluttua nell'aria.
Lemmy fa un salto dal veicolo e cerca di aggrapparvisi sopra, come fa spesso con il suo pallone, ma una volta che la riesce a ghermire, la fa scoppiare.
Il funghetto che c'era al suo interno precipita nel vuoto con uno strillo.
“Chi diavolo era?” chiede confusamente il koopa dai mille colori mentre Bowser lo acchiappa con una mano per non far cadere anche lui.
“Che importa!” esclama questi osservandolo sparire sotto di loro. “Sarà pappa per vermi.”
Note autrice: La morte di Wolley in realtà era prevista per il capitolo cinque, ma allora mi era sembrato troppo presto, così l'ho posticipata. Se c'è qualcuno che sta leggendo lo ringrazio, ma questo è un appello: per favore, commenta! Anche solo per dirmi che fa schifo! Io ne ho bisogno e a te non costa nulla. Grazie...
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Capitolo 8 *** sempre più vicini alla fine ***
La parola Game Over troneggia al centro dello schermo.
Il koopa dal guscio azzurro preme il tasto di spegnimento della console e si arroga il diritto di finirsi le ultime patatine al gusto di ketchup che sono rimaste in fondo al sacchetto.
“Ho vinto io, stavolta!” esclama il giovane koopa nero accanto a lui. “Sapevo che, prima o poi, con la perseveranza, con la pratica, se non mi arrendevo mai, se mi impegnavo, alla fine ce la facevo. Hai visto che punteggio alto che ho fatto? Hai visto che anche io sono bravo? E tu che dicevi che non ce la facevo mai nemmeno per sogno, che mi illudevo, che eri sempre tu il più forte...”
“Ma sta' un po' zitto!” sbotta il primo “Hai vinto solo perché hai guadagnato punti extra per aver dato il colpo di grazia al boss, dopo che io lo avevo sfiancato...”
“Uffa! Ma sei cattivo” protesta l'altro “Finalmente dopo una vita che vinci sempre solo ed esclusivamente tu, per una volta vinco io e mi devi rovinare il momento di gloria! Ma quanto sei antipatico!”
Larry sbuffa, ma poi si mette a ridere di fronte alla faccia a un tempo fiera e risentita di Morton.
“Va bene, diciamo che hai raggiunto lo scopo della tua vita. Ora che facciamo?”
“Boh, io ho fame... brutto ingordo, ti sei finito le patatine?”
“Ma se me ne hai lasciate quattro! Se ti sbafavi tutto il sacchetto, mentre io ammazzavo gli zombie.”
Ma Morton non presta attenzione all'accusa. Sembra ispirato.
“Vado a chiedere a papà se per cena ci prepara qualcosa di sfizioso ma di vegetariano. Sì, vegetariano, non mi guardare in quel modo! Se no va a finire che lui ci fa sempre la solita bistecca di manzo, ma dobbiamo cambiare menù ogni tanto, ho letto da qualche parte che se mangi troppa carne e se poi se non ne trovi più diventi cannibale perché il tuo corpo non accetta più le verdure e nessun'altra alternativa alimentare... non è assurdo? Ma magari era semplicemente una di quelle notizie false di carnevale, ne dicono di scemenze quelli pur di vendere una copia di giornale in più...”
“Che diavolo c'entra?” lo interrompe Larry, in realtà infastidito più dal fatto che Morton abbia nominato il padre che dal cambio di argomento.
Ma suo fratello s'è alzato sui suoi piedi tozzi e sorride incoraggiante. “Vieni?” dice.
“Incredibile! Hai detto una parola sola e ti sei fermato!” fa Larry esasperato “No, vacci solo...”
Morton sbatte le sue lunghe ciglia “Per quanto ancora ce l'avrai con lui?”
La domanda, così inaspettata e diretta, coglie il giovane koopa del tutto di sorpresa. Volta la testa e serra gli occhi. “Per quanto mi pare.”
“Però lui non ti ha fatto niente di male!” insiste il piccolo nero “Anzi sta facendo di tutto per accontentarti e tu lo respingi sempre! Lo sai che ha portato qui la principessa principalmente per te.”
“Ne hai dette di stupidaggini, ma questa...”
“È la verità, perché non glielo chiedi?”
“Mi rifiuto di parlare con lui.” ruggisce il koopa con la cresta azzurra che gli si rizza in testa per la rabbia “E comunque non sono fatti tuoi.”
“Non sono fatti di nessuno, sono fatti di tutti!” ribatte il koopa nero incrociando le braccia sul petto.
Per tutta risposta, Larry spalanca la porta della stanza ed esce, sbattendola poi per sottolineare il suo sdegno.
Corre, attraversando il corridoio e pesta i piedi incavolato, qualcuno se lo vede passare di fronte e lo segue in silenzio.
Giunge, senza sapere perché, di fronte alla camera di Peach, la cui porta scopre essere socchiusa.
Sente ridere e parlare.
Così si apposta e sbircia dentro.
Scorge la principessa semi-sdraiata sul letto. La sua attenzione sembra tutta concentrata su un foglio di carta, che qualcuno che si trova evidentemente da qualche parte davanti a lei sta tenendo in mano, sul quale indica qualcosa sfiorandola con un'unghia del dito perfettamente smaltata, naturalmente di rosa.
“E cos'è questo adorabile batuffolino?” la sente dire con la sua voce soave.
“Non è un batuffolo!” strilla un'acuta, inconfondibile voce infantile “Quello sono io!”
“Sì, è vero, è proprio identico a te, infatti!” si affretta a dire la bella ragazza senza abbandonare il sorriso che sfoggia.
Stando attento a non far rumore, Larry apre un po' di più la porta e infila il muso nella fessura, per poter osservare meglio la scena.
Bowser Junior indica qualcos'altro nel foglio (lo tiene sollevato di fronte alla luce e, in trasparenza, Larry vede solo una macchiolina rosa che risulta striminzita rispetto a tutto il resto) e dice tutto allegro: “Questa sei tu.”
“Sei un vero artista.” lo loda Peach “Quasi stento a distinguerlo dal riflesso di uno specchio!”
Il piccolo koopa fa una risata dolcissima piena di eccitamento infantile che fa sciogliere anche Larry, il quale si accorge di non aver saputo trattenere un sorriso. La scena non gli sembra per niente sdolcinata, anzi molto graziosa, perfettamente godibile.
Bowser Junior è quello che si dice il piccolino di casa, quello che tutti amano amare. È arrivato nel periodo migliore, quando Larry, a sei anni, non era ancora né troppo giovane per provare gelosia, né troppo grande per non degnarlo di interesse.
È vero che lui passa molto più tempo con Morton, che d'età gli è più vicino, però il cucciolo s'è guadagnato anche la sua simpatia e le sue coccole.
Nonostante le attenzioni che il piccolo riceve dal padre e da tutti i suoi fratelli maggiori, oltre che dalla servitù e dalle svariate baby sitter che ha avuto, le quali segretamente lo hanno sempre viziato, concedendogli magari qualche gioco e qualche dolcetto fuori dalle regole, anche lui deve aver sentito la devastante mancanza di una figura materna.
E quindi non si stupisce di trovarlo di fronte alla persona che più ci si dovrebbe avvicinare, scelta proprio per questo motivo.
Tanto più che la principessa sembra anche abbastanza predisposta nei suoi confronti.
“E questo qui, grande e grosso, è il tuo papà?” cinguetta quest'ultima.
Larry si sente afferrare brutalmente per il guscio da qualcuno dietro di lui. Cerca di scrollarselo di dosso, chiunque sia, ma il suo braccio viene bloccato da una stretta ferrea. Al sentirsi strofinare i capelli contro la testa, ringhia contrariato.
“Ti senti tanto bravo a spiare la principessa?” dice la voce già cavernosa di Roy.
La porta si apre del tutto e i due fratelli cadono l'uno sopra l'altro all'interno della camera, scivolando attraverso la soglia, proprio di fronte a Peach e al piccolo Bowser Junior che si voltano entrambi stupiti a guardarli. Larry tenta di rialzarsi, ma si accorge subito che il peso del suo avversario lo schiaccia.
“Lasciami in pace!” grida.
“Non hai sentito cos'ha detto papà? Devi aver rispetto per la nostra futura mamma!”
“Non la stavo spiando!” protesta Larry.
“Invece a me sembrava proprio di sì.”
Larry inveisce urlando qualcosa di confuso che viene sovrastato da una semplice enunciazione, detta però in modo inaspettatamente energico dalla principessa: “Voi due! Finitela!”
Roy e Larry si irrigidiscono istintivamente, colpiti da questo tono autoritario che tanto contrasta con quello infinitamente zuccheroso cui sono abituati.
Poi Roy lascia andare il fratello minore e fa un goffo inchino.
“Non sei per niente giustificato.” gli dice freddamente Peach guardandolo di sbieco.
Sentendosi rimproverare, Bully abbassa gli occhi.
Peach si rivolge a Larry. “Eri venuto per dirmi qualcosa?” lo incoraggia.
Larry scuote lentamente la testa. Non vorrebbe farle capire che ha provato una leggerissima invidia al vederla interessata ai disegni orribili del fratellino. Non vorrebbe ammettere che, effettivamente, una madre servirebbe anche a lui, anche se immagina che lei già lo sappia. Non vorrebbe ammettere che l'idea di suo padre non gli è dispiaciuta.
Però una cosa che vorrebbe fare c'è, le vorrebbe chiedere se lei sia veramente pronta per questo.
Anziché chiederglielo, Larry la fissa senza parlare, è abbacinato dalla sua bellezza perfetta a cui presto sarà costretta a rinunciare.
Il suo cervello formula facilmente un pensiero:
Non è giusto.
Ma come potrebbe funzionare, altrimenti?
Peach nota che il giovane koopa è a disagio. Di conseguenza, anche lei si sente triste, per empatia.
Sa che questi ragazzi in fondo non hanno colpa per il suo sequestro. È stato qualcosa che ha deciso di fare il re loro padre. E quindi, a pelle, per loro, come per il secondino che le ha portato l'abito nuovo, anche se prima lo aveva morso, prova una discreta simpatia, che però sta crescendo inaspettatamente.
Il sorriso che gli rivolge è stupendo e favoloso, cerca in qualche modo di contagiarlo e di rassicurarlo.
Non sono tua nemica, è il messaggio che gli sta trasmettendo.
E Larry sembra pronto ad accoglierlo.
Ma si distrae, per colpa di Bully che, scordatosi del rimprovero appena subito, gli dà un boffettino dietro la testa.
“Ti ha fatto una domanda, rispondi, sii educato!” gli intima.
“Idiota, stavamo comunicando con gli sguardi.” si arrabbia Larry.
“Come due teneri innamorati che fanno picci picci?” lo schernisce Roy “Non sapevo che avessi un debole per le signore più grandi.” e si mette a ridere della sua battuta demente con una risata secondo Larry così fastidiosa che potrebbe far bestemmiare una suora.
Lo guarda come se volesse prenderlo a pugni, ma dato che Roy ha la corporatura da giocatore di football e la stazza di un boxeur, non ne sarebbe sicuramente in grado.
Comunque lui ci prova.
Deve intervenire una seconda volta la principessa, stavolta per separarli fisicamente.
Un pugno parte senza preavviso e la colpisce su un occhio.
Bully si sente subito in colpa, visto che era il suo. “Scusa, mamma!” esclama.
“Non sono la tua mamma.” fa Peach tenendosi una mano sulla faccia “Non ancora. Quando lo sarò, vedrai le legnate che ti beccherai.” lo minaccia.
Roy deglutisce e non sa che fare, così scappa via.
Larry assiste con una certa soddisfazione alla fuga rocambolesca del fratello, poi fa un cenno a Bowser Junior, il quale, poveretto, sembra terrorizzato, e, infine, guarda la principessa.
“Ti sei fatta male?” le chiede, sinceramente preoccupato.
“Una cosa da niente.” fa lei, improvvisamente allegra. Toglie la mano dal viso e mostra quasi in modo orgoglioso quello che tra poco diventerà un bel livido.
Larry si becca un buffetto affettuoso che non si aspettava minimamente.
“Forse non saresti così male, come mamma, dopotutto.” dice, continuando a guardarla.
Adesso, bambini, seguitemi, in fila indiana e senza spingere, mi raccomando, così ce ne andiamo a ricapitolare quello che intanto sta combinando Luigi con la sua nuova inaspettata compagna di viaggio.
Avete presente il gioco degli scacchi?
Se non lo avete presente, dov'è che avete vissuto, negli ultimi secoli?!
Seguendo la via secondaria tanto auspicata da Daisy, la nostra bizzarra coppia s'è ritrovata in un terreno che ricorda una scacchiera, dunque formato da quadrati bianchi e neri alternati.
Ma ognuno di quelli bianchi ha sopra una nota musicale e chi conosce il videogioco, voglio dire, chi ha letto il libro, saprà che salendoci sopra si rimbalza incontrollabilmente, pure con il rischio di farsi male e di rompersi la testa. Quindi, bisogna fare in modo di andare soltanto in quelli neri.
Il vero problema è che sono troppo grossi e, paradossalmente, bisogna saltare per evitare di saltare.
Ma vi ricordo che Luigi è stato soprannominato il secondo Jumpman, anche se, se il metro di misura fossero le altezze potenzialmente raggiungibili, dovrebbe essere considerato il primo.
Ma Daisy non è altrettanto brava, lei preferisce camminare sui fiori, e si apre la via con un prato fiorito.
E immaginatevi come possa ridursi questa povera scacchiera se, a ogni intercapedine, si mettessero a crescere dei bei narcisi.
Insomma, alla fine sembrerebbe un vero giardinetto all'inglese.
Tuttavia, ci troviamo pur sempre nella Terra Oscura, ai piedi di un vulcano, in un luogo arido, pieno di lava e lapilli che svolazzano pigramente nell'aria... la secchezza è in agguato e, come vi potrete ben immaginare, non è proprio l'ideale per questi poveri fiorellini.
E il giallo si spompa e diventa grigio.
E la nostra Daisy perde l'equilibrio che già non era molto stabile di suo.
E Luigi, che vuole fare il galante, la sorregge.
“Ma non erano meglio i fiori di fuoco?” le suggerisce.
“Ma sì, hai ragione!” esclama la ragazza, poi si risente perché Luigi la sta aiutando secondo lei senza motivo e lei vuole essere in grado di cavarsela da sola “Grazie, ma non c'è bisogno che mi tieni.” sorride, scansandosi.
“Prego.” replica gentilmente Luigi “Se lo preferisci, la prossima volta ti lascerò cadere.” aggiunge.
Daisy lo guarda stupefatta per questa risposta inattesa, vuole contro battere in qualche altra maniera carina, ma vede una mano gialla attaccata a un braccio muscoloso che spunta dietro di lei dalla sua sinistra e che afferra il suo polso destro.
Si trova a fare un volteggio su se stessa e si trova faccia a faccia con il mostro.
Certo, perché un mostro non poteva non esserci, è la regola di tutti i fine livello.
Ed è uno di quei koopa grandi e grossi con il corpo sproporzionatamente piccolo rispetto alle braccia giganti, il Boom-boom, nome sia proprio che comune per tutti gli appartenenti di genere maschile di questa specie. Almeno, questo è ciò che stava riportato nel libro di Daisy.
La principessa allontana di scatto il braccio e non ha il tempo di dire alcunché che Luigi ha già preso di mira il nemico e gli salta sulla testa.
Daisy lo guarda attentamente mentre sta lottando, le sembra che il suo viso sia affatto privo di espressione, come se tutta la freddezza del mondo si fosse concentrata dentro i suoi occhi.
Però non fa paura. Daisy se ne scopre leggermente interessata, ha qualcosa di indefinibile che la attira.
Ma non è che riesca a godersi appieno la scena.
Boom-boom si strappa Luigi di dosso come se fosse un cerotto e lo spinge in uno dei quadrati bianchi.
Si ha un gran bel sprofondare, poi si vola, con il risultato che il berretto verde perde la sua stoica aderenza alla testa castana del nostro eroe.
“Quello è il mio cappello!” grida Luigi, arrabbiato “Nessuno tocca il mio cappello! Se lo perdo saranno cavoli amari mangiati a colazione!”
Con il suo spirito di adattamento maturato nel corso di questo lungo viaggio, sa come sfruttare il rimbalzo.
E dunque, quando atterra, lo fa agilmente, a piedi uniti contro la testa del mostro, il quale a propria volta finisce in un quadrato bianco. Ma anche lui ne sfrutta il molleggio per saltare.
Come due moderni Icaro senza ali, Luigi e Boom-boom si scontrano a mezz'aria e cozzano l'uno contro l'altro con un urto terribile che li respinge entrambi all'indietro.
Per fortuna, l'idraulico becca un quadrato nero e si ferma.
Dunque è raggiunto da Daisy che gli porge un fiore di fuoco.
“Spaccagli il culo!” lo incita, senza minimamente preoccuparsi di risultare scurrile.
Lui afferra il potenziamento e si tira in piedi mentre la sua salopette biancheggia.
Inizia a lanciare palle di fuoco, ma dato che il suo avversario sta rimbalzando su e giù, è piuttosto difficile centrarlo. Quando spara in alto, lui sta in basso e schiva e gli fa marameo, e viceversa, e viceversa, e viceversa.
Luigi si sta stancando di inseguirlo. “Sta' un po' fermo, dannazione” sbraita.
“Non mirare dov'è!” sbotta Daisy con il tono di una moglie che dal posto passeggero indica al marito dove deve andare “Mira dove credi che sarà!”
Luigi sceglie di seguire il consiglio, così quando vede il nemico in basso, mira un po' più in alto.
Credetemi, è una cosa che funzionava sempre, quando giocavo a Duck Hunt.
E così, abbattuto come un'anatra durante la stagione di caccia, Boom-boom precipita su di un quadrato nero e lì rimane, spalmato, in attesa di un certo cagnone ridanciano che non arriverà mai.
“Pareva tanto bravo e invece era un inetto.” si concede Luigi “O magari sono io che sono diventato bravo.”
Daisy gli calca da dietro il berretto sulla capa e lo guarda mentre diventa bianco.
“Ora non ti montare.” gli dice “Se non c'ero io, stavi ancora lì a sperare di colpirlo per miracolo.”
“E tanti saluti ai miei cinque minuti di gloria.” sospira Luigi.
In pochi minuti, i due sono fuori dalla zona 'minata' e hanno raggiunto l'ingresso sul retro del castello di Bowser.
La porta però sembra sbarrata.
“Che faccio, busso?” fa Luigi.
Daisy gli rivolge un sorriso ironico.
Dopo due secondi, la porta è stata sfondata.
La prima cosa che i due si trovano di fronte è un ennesimo fiume di lava.
“Che originalità.” fa Daisy.
Sopra il suddetto fiume infuocato, a una certa distanza l'uno dall'altro, in sequenza, galleggiano dei cubi, ognuno dei quali sempre più in alto del precedente. Pare siano gli unici elementi possibili da sfruttare come guado, ma ci sono i Fiammetto che sbucano da sotto e fanno su e giù.
“Posso farcela.” Luigi flette le ginocchia e subito dopo, come una rana, è già saltato sul primo cubo.
Si volta verso la sua compagna. “Vieni.” la esorta allungando le braccia verso di lei.
“Non sono abbastanza grossi da sostenerci entrambi.” nota Daisy, cercando di non dare a vedere la sua preoccupazione.
“Ti prendo io, stai tranquilla.” dice lui. “Salta.”
“Se puoi farcela tu, posso farcela anche io.” si rassegna Daisy, poi prende una piccola rincorsa e si butta.
Le mani di Luigi si chiudono intorno alla sua vita, la ragazza è leggerissima e lui la sostiene senza compiere nessuno sforzo.
“Ora ti lancio sull'altro cubo.” la informa e prima che lei possa protestare sta già volando.
Sorpresa, si aggrappa con le unghie smangiate, ma storce il collo per guardare il Fiammetto che le ha appena sfiorato la caviglia e si tira su.
“E ora?” chiede spaventata.
“Ora fa' la stessa cosa che hai fatto prima, salta su quello che viene dopo.” le dice Luigi “Ma stai attenta a non cadere.” aggiunge.
“Io sto sempre attenta.”
Non ha nemmeno iniziato a prepararsi che, sotto di lei, improvvisamente compare qualcosa di enorme che emerge dalla lava e colpisce il cubo sul quale si sta reggendo.
La povera principessa casca sul dorso del mostro, che non è altro che una tartaruga gigante che nuota tranquillamente in mezzo a quelle 'acque' fatali.
“Luigi!” esclama, mettendosi a ridere senza motivo “Credo di aver trovato una barca.”
L'italiano la osserva allontanarsi stupito, poi la raggiunge con un altro balzo.
“Naviga naviga, sul mare rosso fumante bruciante...” si mette a canticchiare, in modo totalmente incoerente con la situazione, la principessa degli svitati.
Luigi si accorge che, dopotutto, ha una bella voce ed è intonata, ma non può fare a meno di rimproverarla: “Tu lo sai che se questo colosso decide di immergersi nel 'mare rosso fumante bruciante' noi due finiamo arrostiti?”
“Sto solo cercando di sdrammatizzare.” si difende lei “Perché sei così teso? Rilassati un po'!”
Il ragazzo si siede raccogliendo le gambe “Giuro che se mi spieghi come riuscire a rilassarmi in queste condizioni, lo faccio.”
La ragazza è colpita dal suo tono esasperato “Condizioni?” ripete stupidamente andando a sedersi accanto a lui.
“Più ci avviciniamo, peggio mi sento...”
Daisy si accorge della ruga di apprensione che gli si è disegnata in mezzo alla fronte e si trova a chiedersi se non abbia esagerato.
“Non volevo.” si scusa “Hai ragione, è una cosa seria.”
Luigi sospira pesantemente e si gira dall'altra parte.
“Tu sei arrivata adesso, non hai idea di quanto sia stato faticoso, difficile e spaventoso affrontare questo viaggio...” risponde debolmente, sempre senza guardarla “Abbiamo rischiato più volte di morire e su questo non c'è assolutamente niente da ridere.”
Lei riconosce che ha ragione. “Però preoccuparsi non serve a molto...” cerca di dirgli con cautela.
Luigi salta su improvvisamente, ciò che ha appena visto è terrificante.
Il fiume di lava si interrompe bruscamente di fronte a loro e crolla giù per una vera e propria cascata.
La tartaruga sul cui dorso si sono accomodati sta finendo risucchiata dalla corrente stranamente fluida e sembra che non ci sia verso di fermarla.
Luigi e Daisy si guardano per un terribile momento, senza sapere cosa fare.
Poi lui alza gli occhi e vede il nuovo cubo, posto lì a mezz'aria come se li aspettasse per permettere loro di salvarsi. Senza che dica niente, Daisy gli si aggrappa.
Luigi spicca un altro salto ma è naturalmente appesantito dalla principessa e non lo raggiunge.
“Come prima.” le dice. Quindi la solleva e la lancia contro il cubo.
Lei vi si arrampica e nel salirci sopra lo schiaccia in qualche modo.
Da lì dentro esce fuori una piuma che si mette a volteggiare.
Anche se non ha idea se si tratti di qualcosa di utile, decide di acchiapparla e di lanciarla al suo amico che è praticamente a un passo dall'orlo della cascata, ma si tuffa e riesce a prenderla.
Poi non vede più niente, la tartaruga è sprofondata giù per l'abisso.
Riapre lentamente gli occhi e scruta intimorita attorno a sé, individuando subito quello che cercava.
Sulle spalle di Luigi è comparso un mantello come quello di Superman, ma giallo.
Il ragazzo sta volando, dopo essersi salvato per un pelo.
Daisy lo guarda affascinata e gli tende una mano, lui la prende e la porta via da qualche parte.
Come vi ricorderete, là dentro, da qualche altra parte, ci abbiamo lasciato Mario, lo Sfavillotto e Yvan.
Quest'ultimo ha appena subito un lutto, dunque non può essere molto felice.
Non ha pianto, ma dovrebbe farlo, per evitare che la tristezza lo avveleni dall'interno.
Mario lo guarda, provando una terribile pena.
Si ritrova a chiedersi come si sentirebbe se fosse al suo posto, che cosa proverebbe se -non sia mai!- dovesse perdere qualcuno di molto caro. Ma una cosa così orribile non gli è mai capitata prima e non riesce nemmeno a immaginarsela.
Senza alcuna ragione apparente, gli viene in mente che, in un certo senso, suo fratello deve aver provato qualcosa di simile, quando lui era stato allontanato.
Si rinnova così il senso di colpa. Mentre lui se la spassava con Rosalinda, Luigi doveva essere preoccupatissimo.
Ecco che così capisce il suo distacco.
“Dove ho sbagliato?” mormora sconsolato Yvan fissando il vuoto.
“Da nessuna parte, sono cose che possono succedere...” cerca di confortarlo Mario, ma si rende conto che non lo sta ascoltando.
“Cos'è che è andato storto? Non capisco.” continua, pare proprio che parli a se stesso “Eppure mi ero rimesso sulla strada giusta...”
“Di cosa stai parlando?” gli chiede cautamente Mario.
“Del karma!” esplode Yvan “Quando ho abbandonato la principessa, tutto mi è andato male, ma poi vi avevo posto rimedio, e le cose stavano migliorando.”
Mario preferisce non ricordargli la pseudo-disavventura che ha avuto lui con il Lakitù.
“Credo che tu la stia prendendo troppo sul serio, 'sta storia del karma...”
Ma Yvan non lo ascolta “Ho fatto un altro passo falso?”continua “Perché allora...” si interrompe, Mario lo ha appena schiacciato contro la parete per fargli evitare la carica di uno dei Tartossi.
Quasi annoiato, gli dà un pugno in testa e lo fracassa, ma sa che presto si ricomporrà da solo e tornerà alla carica.
“Adesso non pensarci.” dice sbrigativo mentre la sua mano va al sacchetto pieno di biscotti alle astroschegge che porta alla vita.
“Prendi uno di questi.” dice mostrandogliene uno “Ti sentirai meglio.”
Yvan lo guarda come a dire: Mi prendi in giro?
Ma lui insiste. “Fidati.”
Non appena lo apre, viene investito da un flashback che ora vi riporterò.
C'era una ragazza alta e magrissima, con un abito celestiale e dai capelli di platino, una cui ciocca le ricadeva elegantemente sopra un occhio, che si infilava un paio di variopinti guanti da cucina, coprendo così le sue lunghe dita affusolate e curatissime, e che tirava fuori dal forno una teglia fumante.
Un profumino niente male si diffondeva allora nella piccola stanza.
“Sono molto contenta che tu sia venuto a farmi visita, Mario.” ripeteva tipo per la quattordicesima volta in due minuti.
“Come ti ho già detto, questa non è una vera e propria visita” rispondeva lui in imbarazzo, ma lei ascoltava soltanto ciò che voleva ascoltare.
Come una mamma amorevole, poneva sul tavolo di cristallo, che forse era di diamante perché sbrilluccicava fino al punto di far dolere gli occhi, due tazze colme di lattuccio bollente.
“Bevetelo, finché è ancora caldo.” gli sorrideva.
Mario si sentiva ancora intirizzito dal gelo. In fondo, nonostante il rinforzo ottenuto dal power up, veniva da un pianeta di ghiaccio e aveva attraversato il non-spazio a nuoto, e lì di sicuro mancava il riscaldamento.
Lo sfavillotto amico suo si era già ingoiato la sua tazza e lo invitava a seguire il suo esempio.
Assaggiato un sorso di latte, scopriva che aveva un gusto a dir poco paradisiaco, che non sembrava latte ma chissà quale strano elisir...
Subito si sentiva arzillo e pieno di vita e finiva il resto in un altro paio di sorsi.
“Prendi un biscotto.” gli ordinava la principessa.
Lui obbediva e, dopo un solo morso, tutto gli sembrava più bello, più positivo, più conquistabile.
La dolcissima e riconoscibilissima aria del Valzer dei Fiori di Tchaikovsky si diffondeva per la sala, o forse, in realtà, era soltanto nella sua testa.
Allora, colto da un desiderio irrefrenabile, prendeva per mano la bella donna e le sfilava i guanti per toccarle le sue bianche mani opalescenti. Lui stesso, a sua volta, si toglieva i guanti per sentire al tatto se erano veramente così morbide come apparivano.
Ormai non sentiva più freddo, il suo cuore ardeva di una fiamma viva, inestinguibile.
In un attimo, erano impegnati in una danza stupefacente.
Ora, non è che Mario sia un gran ballerino.
Ma con Rosalinda, tutto sembrava meravigliosamente semplice.
Lei volteggiava leggiadra come una farfalla e lui seguiva i suoi movimenti con naturalezza.
Erano perfettamente in sintonia e si guardavano negli occhi, celeste contro celeste, come due anime gemelle che si fossero a lungo inseguite e che per la prima volta, soltanto in quell'istante, si scorgessero a vicenda.
“Sono sempre così sola.” mormorava la Pusa in tono estremamente malinconico, e solo allora Mario si accorgeva della tristezza ancorata al suo bel viso, che ne alterava crudelmente i connotati perfetti.
E si accorgeva anche dei numerosi barattoli di gelato vuoti sul ripiano della piccola cucina.
“Rimani insieme a me, questa notte.” gli proponeva irragionevolmente.
E, prima che potesse riprendersi dallo choc, gli stampava sulle labbra un bacio superbo, dolcissimo, tenerissimo e molto, molto soddisfacente, appagante e irresistibile.
Il suo cuore prendeva a tamburare come mai aveva fatto prima.
Il ricordo di quella bionda gallina zoofila di Pauline non avrebbe mai potuto competere con questo.
Ne voleva ancora e ancora, e non c'era bisogno di pretenderli, perché lei glieli concedeva senza alcuna remora.
Lui le rispondeva aprendo docilmente la bocca, lasciandovi penetrare la sua impaziente lingua.
“È una vita che ti aspetto.” diceva lei, con il cuore in mano.
La sua reazione era immediata.
Il passaggio dalla sala da ballo alla camera da letto avveniva in un lampo, come se si fossero teletrasportati.
E alla fine, puntualissimo, arrivava il malessere che segue sempre l'amore, ma lo combattevano allacciandosi in un abbraccio, discordante preludio dell'imminente separazione.
“Sei stato buono con me.” gli sussurrava lei, felice, regalandogli uno dei suoi luminosi sorrisi “E io ti ricambierò. Ti darò quello che chiunque vorrebbe. Disegnerò le nostre facce nel cielo con le stelle e ti fornirò un mezzo per berle.”
Poi taceva, ma il suo sguardo parlava per lei, non aveva bisogno di esprimere a parole il proprio desiderio.
Così a Mario sembrava di sciogliersi per quella bella sconosciuta che gli aveva scaldato il cuore.
Non aveva mai avuto un'amante del genere e sapeva che trovane una migliore sarebbe stato molto improbabile.
“Tornerò da te.” le assicurava, anche se non aveva idea di come avrebbe fatto, ma suggellava la sua promessa con un ultimo, fugace bacio su quelle labbra lunari...
“Che cavolo hai da ridere?” lo sveglia Yvan, spazientito.
Questo per nulla imbarazzante flashback, anche se a voi sarà sembrato interminabile e ci avrete messo qualche minuto per leggerlo, è passato nella testa di Mario tutto in circa quattro secondi, e gli ha lasciato un sorriso indelebile sulle labbra.
Per tutta risposta, Mario gli ficca in bocca un biscotto.
Il piccolo boleto sgrana gli occhi che così gli diventano talmente grandi da riempirgli quasi tutta la faccia. E diciamo che fanno un po' impressione.
“Come va?” si informa Mario, un po' spaventato.
Yvan non risponde, ma alza il pugno in un gesto molto teatrale “Che diavolo stiamo facendo ancora qui, perché ancora perdiamo tempo? Andiamo a prendere a calci Bowser!” esclama. Detto ciò, si mette a camminare tutto impettito.
Mario e lo Sfavillotto si scambiano uno sguardo incerto.
“Beh, ha ragione.” osserva la stellina sorridendo “Lo seguiamo?”
Mario tira fuori dal sacchetto altri due biscotti. “Roba potente.” mormora mentre ne offre uno al suo amico, che ci si fionda contentissimo e se lo rosicchia tutto...
Dopo aver riletto questo capitolo mi sono resa conto di aver detto tutto... e di non aver detto niente. La scena della conoscenza di Mario e Rosalinda, in realtà avrebbe dovuto essere contenuta nel capitolo sei, ma allora non ero riuscita a buttarla giù, anche perché ammetto che mi imbarazzava un pochino... così ho optato per un flashback. Come avrete capito, nel corso della scrittura ho cambiato alcune cose dal mio progetto originale. Però se pensate che abbia fatto una cazzata ditemelo. O comunque sia, commentate! Vi PREGO!
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Capitolo 9 *** scontri e fughe ***
Cap 9
La
principessa stende le mani lisciando il tessuto dell'ampia gonna rosa
del suo abito.
Si
guarda allo specchio e manda all'indietro i suoi vaporosi capelli
dorati che però già hanno una microscopica traccia di
ricrescita rossa alla base.
I
suoi occhioni dolci le restituiscono uno sguardo languido.
Pensa
che questa potrebbe essere una delle ultime volte in cui potrà
ammirare questo suo aspetto e le viene un moto di nostalgia
anticipata che scaccia. Non vuole rovinare quell'immagine con le
lacrime, ché già ci pensa l'occhio nero che s'è
procurata.
Certo,
dovrebbe essere l'ultima cosa di cui preoccuparsi, ma suo malgrado i
suoi pensieri ritornano sempre lì.
Cerca
di immaginare come sarà dopo la trasformazione, ma la sua
fantasia pare limitata, proprio non ne ha idea, proprio non ci
riesce.
I
koopa da lei incontrati fino a ora sono quasi tutti maschi. C'è
un'unica ragazza. Quando l'ha vista, ha pensato che, per gli standard
di quella specie, dovrebbe essere piuttosto carina.
Ma
c'è una cosa che non ha potuto fare a meno di notare del suo
aspetto, e si tratta della mancanza dei capelli. Un dubbio l'assale.
Forse solo i koopa di sesso maschile ce li hanno...
“Non
è detto.” viene contestata.
Peach
apre leggermente la bocca per lo stupore e si volta a guardarla.
“Come?”
“Non
è detto che li perderai.” ripete la ragazzina,
impassibile.
Peach
tira fuori le dita che ha inconsciamente infilato nella chioma e
assume un'aria colpevole.
“Ho
parlato ad alta voce?” domanda, sinceramente confusa.
“Era
chiaro che pensassi a quello. Te l'ho letto in faccia.”
Si
stacca dalla parete con studiata lentezza e tutti nella stanza si
mettono a ridere.
“Non
pensare che ti giudichi negativamente.” cerca di riprendersi
l'umana “Secondo me tu sei bellissima...”
“Oh,
certo, lo sono.” annuisce Wendy “E anche se non
diventerai bella quanto me, non invidiarmi troppo."
"Tutti
siamo belli, a modo nostro.” sorride la principessa “Però
io spero di assomigliarti almeno un pochino, dopo la
trasformazione...”
“Non
ci sarà nessuna trasformazione!”
Entrambe
si voltano sorprese verso colui che ha parlato.
“Perché
hai detto così?” chiede Wendy.
“Perché
non è giusto.” continua Larry in tono insolitamente
deciso “La principessa non deve cambiare aspetto per
noi. Lei non vuole e noi non glielo possiamo imporre.”
Peach
lo guarda attentamente, segretamente grata, e gli rivolge un sorriso
che lui ricambia.
“Ma
papà ha già dato l'ordine!” esclama Morton,
rompendo l'incanto “E i magikoopa a quest'ora hanno finito di
mettere a punto la pozione. Tra poco la vengono a prendere.”
“E
allora?” riprende Larry testardamente “Non ce l'abbiamo
un poco di autorità? Cavolo, siamo i principi, i futuri duchi
di queste terre. Devono darci retta!”
“Tu
sei pazzo!” lo accusa “E secondo te quelli
disobbedirebbero a un ordine di papà, che è il re?”
Larry
si volta a guardare suo fratello direttamente “Forse no... ma a
noi cosa diavolo ci serve una mamma che sarà infelice per
tutta la vita?”
“Beh,
però...” la voce di Peach è esitante, flebile,
quasi spaventata “Ci sono altre cose, al di là
dell'aspetto fisico...”
Larry
le si avvicina con tutta la disinvoltura dei bambini, le prende una
mano e la guarda senza celare la profonda ammirazione che prova per
lei.
“Tu
sei troppo buona e bella per essere la nostra mamma.” le dice.
“Che
cos'hai in mente?” gli chiede Wendy.
“Ho
in mente di aiutarla a scappare.” dice semplicemente il koopa
azzurro “I suoi salvatori sono già nel castello, al
primo livello. Noi potremmo agevolarli mandandogliela incontro.”
“Vuoi
metterti contro papà?” grida Morton sconcertato.
“Non
perderei mai un'occasione per farlo, Dentolino.” borbotta lui
grattandosi la stellina blu tatuata sulla guancia.
“Scusa,
ma sei fuori di testa, sei svitato, sei folle, sei...”
“Lo
faresti sul serio?” grida Peach speranzosa, non ha proprio
saputo trattenersi.
“Sì,
principessa. Lo farei sul serio.” conferma Larry fissandola “E
anche i miei fratelli lo farebbero, non è così?”
aggiunge, buttando un occhio alle proprie spalle.
“Non
siamo d'accordo.” dice Wendy.
“È
rischioso...” esita Morton.
“Ma
sinceramente a me dà fastidio pensare che papà si sposi
con questa qui.” ammette Wendy fulminandola con gli occhi. E
qui Peach ha la vaghissima impressione di non esserle molto
simpatica.
“Mica
ti possiamo lasciare da solo con la principessa, chissà cosa
combini!” concorda Morton.
“Grazie
per la fiducia.” sbuffa Larry incrociando le braccia.
“Ma
io non voglio che se ne va!” strilla improvvisamente Bowser
Junior correndo ad attaccarsi alle sue gonne “Papà ha
detto che lei è la mamma! Perché volete mandar via la
mamma?”
Peach
guarda tristemente il più piccolo dei bowserotti e non sa cosa
dire.
“Non
è la mamma, Jun.” la precede Wendy.
“Papà
ha detto di sì, quindi sì!” strepita il bimbo
stringendo convulsamente il tessuto roseo.
“Era
una bugia, Junior!” incalza Morton.
“No!”
piagnucola il piccolo “Non era una bugia. Papà non le
dice le bugie.”
“Qualche
volta sì.” sospira Wendy. Ha l'aria seccata, ma sembra
addolcirsi mentre lo prende in braccio e lo stacca dalla gonna di
Peach. Gli sussurra qualche cosa per tentare di calmarlo.
Per
tutta risposta il piccolo scoppia in vere lacrime, da spezzare il
cuore.
Wendy
è inadatta a questo ruolo, riflette Peach, è troppo
giovane, ma sta cercando di comportarsi come se fosse lei quella
mamma che tanto manca sia a lei che ai suoi fratellini. E si sente
minacciata da lei.
Si
sorprende a provare per tutti loro una pena infinita e a chiedersi se
non sia egoista a pensare soltanto al proprio aspetto e alla propria
libertà, mentre loro continuano a soffrire senza speranze. Se
esistesse un'altra via d'uscita, se potesse aiutarli in qualche altro
modo lo farebbe con tutto il cuore. Ma la sola idea di accettare di
sposare il drago loro padre continua a farle orrore, tutto quanto
continua a essere semplicemente sbagliato.
Non
è pronta a cambiare vita e la consapevolezza di ciò la
fa sentire male, impotente.
Si
inginocchia sul piccolo e cerca le parole che non esistono per farlo
smettere di piangere, naturalmente senza risultato.
Alla
fine, è Larry a prendere in mano la situazione, ed è
buffo che sia proprio il più giovane a riuscirci.
“Scusa,
piccolo, capirai quando sarai più grande... Lo sai che ti
vogliamo bene.” gli dice spingendolo sul fondo della stanza
mentre gli altri ne escono.
E
poi chiude la porta a chiave, lasciandola infilata nella serratura,
in modo che lo si possa liberare facilmente.
“Non
si farà male?” chiede Peach, preoccupata che un bimbo di
quattro anni sia stato lasciato da solo, ma anche emozionata per
l'inaspettata prospettiva di fuga.
“Tra
un po' i magikoopa sarebbero venuti a prendere te.” dice
sbrigativamente Larry “Ci penseranno loro a farlo uscire.
Adesso pensiamo a noi, dobbiamo fare in fretta.”
“Dove
ci troviamo?” chiede la principessa.
“Questo
castello è articolato per livelli.” spiega Morton con
aria da cicerone “Che sono sette in tutto, e noi stiamo
nell'ultimo, che è il settimo, che è quello che sta più
in alto, che è il primo da sopra. L'uscita invece sta nel
livello più in basso, che è il primo, che è il
piano terra, che è l'ultimo da sopra...”
“Come
li attraversiamo senza che ci scoprano?” lo interrompe Peach
con una certa urgenza nella voce.
“Come
tutti i castelli che si rispettino, è pieno di passaggi
segreti.” svela Wendy “Adesso ci infiliamo dentro questa
parete e gli passiamo sotto al naso.”
Mentre
lo dice, agisce. Sfiora un tasto pressoché invisibile nel muro
e quello si apre arrotolandosi su se stesso come una serranda,
facendo un gran fracasso.
“L'ingranaggio
andrebbe oliato.” osserva la koopa perplessa.
Il
rumore deve aver messo qualcuno in allarme, perché dal fondo
del corridoio si alzano delle voci.
I
tre bowserotti e la principessa si infilano in tutta fretta nel buco
e richiudono l'apertura, cercando di fare più in silenzio
possibile.
Dietro
di loro si apre un corridoio buio.
Wendy
lancia una palla di fuoco dalle labbra per illuminarlo e subito
scorgono sul fondo una scalinata in pietra.
“Se
vostro padre vi scopre finirete nei guai.” li avverte Peach
“Fatemi andare da sola.”
“Nemmeno
per sogno, non sai dove devi andare.” dice Larry a bassa voce.
“Potrebbero
ricatturarti e avremmo fatto tutto per niente.” aggiunge
acidamente Wendy.
“Ti
scortiamo.” aggiunge Morton entusiasmandosi “Come se
fossimo le tue guardie del corpo.”
Peach
non sa veramente cosa dire, così li segue in silenzio e con
l'adrenalina in circolo.
Ma
loro non sono gli unici ad avere avuto questa brillante idea.
I
lampi intermittenti -rossi, gialli e verdi- che brillano a distanza
di un centinaio di metri di fronte a lui si stanno rivelando
un'ottima guida per uscire dal buio del passaggio segreto in cui s'è
infilato, che ha pensato di utilizzare per prendere di sorpresa i
suoi nemici.
Si
tratta di un corridoio stretto che a stento contiene la sua mole. Ma,
per fortuna, man mano che avanza, si allarga.
Quello
che non capisce di preciso è da dove, o da chi,
effettivamente, provenga quella luce.
Ha
qualcosa di insolito, qualcosa di diverso dal normale potenziamento
di una stella.
Ha
qualcosa di vivo, di pulsante, di attraente, in qualche modo.
Quando
raggiunge la falsa parete, in realtà composta da sottilissima
tela che lascia filtrare la luce, piazza un occhio all'altezza del
microscopico buco, da lui stesso praticato a guisa di occhiello, e
controlla la situazione.
Il
primo a passare a una spanna da lui, così vicino che se
volesse lo potrebbe benissimo acchiappare è l'insignificante
toad dalla capoccia bianca e blu, il superstite.
Ne
hanno sottomessi a mille di questi, sono insulsi, inetti e meschini.
Formiche, di fronte a lui.
Eppure,
questo in particolare è stato baciato da chissà quale
dea bendata ed è arrivato al castello tutto intero, sano e
salvo.
Ancora
per poco. Farà la fine del suo amico giallo, è solo
questione di tempo.
Ma
quello cui è veramente interessato adesso è l'umano.
Quando
lo ha visto per la prima volta, lo ha odiato. Ha odiato tutto
di lui. Ha odiato il suo aspetto misero e ingannevole. Ha odiato la
sua determinazione. Ha odiato la sua sorprendente forza fisica. Ha
odiato la sua abilità nel salto. Ha odiato la sua fortuna
sfacciata. Ha odiato la sua perseveranza.
E
adesso odia dover credere che, se si scontrassero, molto
probabilmente, nonostante l'evidente disparità di stazza,
sarebbero alla pari.
Se
vuole disorientarlo e fargli perdere il vantaggio che ha su di lui
deve agire con calma e senza fretta. Deve aspettare il momento
propizio per colpirlo di nascosto.
Sfortunatamente,
la pazienza non è esattamente una delle sue virtù.
Quando
lo vede finalmente arrivare non ce la fa più, è
accecato da quell'odio devastante.
Non
immagina di dover ancora fare attenzione, non capisce di star facendo
lo sbaglio di lasciarsi trasportare dalla furia.
Vuole
solo vedere il suo sangue giovane e delizioso che si allarga sotto il
suo corpo straziato, vuole eliminare per sempre la prospettiva di un
allontanamento forzato dalla sua sospirata principessa.
Allora
balza fuori, lacera la tela.
Salta
addosso al suo obbiettivo con un rabbioso ruggito di furore.
Solo
quando ormai ha chiuso i suoi terribili artigli su di lui si rende
conto del proprio tremendo errore.
Ma
non ha nemmeno il tempo di darsi dello stupido né di
rimediare.
Una
sorta di scossa elettrica lo attraversa completamente, dalla punta
delle unghie fino a quella della coda.
L'onda
d'urto che si sprigiona da quel piccolo corpo umano è talmente
improvvisa e potente da rivelarsi in grado di scaraventare lontano
anche un corpo gigantesco qual è il suo.
Sottosopra,
guarda stupito il suo nemico il quale non si aspettava un attacco. Ma
nemmeno lui si aspettava una tale resistenza.
La
luce che ha visto e che lo ha condotto fin lì proviene proprio
da lui, è come se nascesse dai più profondi meandri del
suo cuore e, da lì, si diffondesse a tutte le sue membra.
Lo
trasfigura, gli rende l'aura meravigliosamente brillante come se
fosse stata lavata con un potentissimo detersivo smacchia-anime. Lo
fa apparire splendido, come un qualche dio. Apollo, probabilmente.
Ma
la cosa strana e che non si spiega è che anche sul suo viso
vede dipinto, capovolto per via della prospettiva, il medesimo
stupore. Non per lui, Bowser, ma per se stesso.
Tutto
ciò lo scorge solo per un millesimo di secondo circa.
Poi
si crolla addosso e non riesce più a vederlo, ingombrato dalla
sua stessa massa corporea.
Si
rialza un po' malconcio e già teme che sia fuggito.
Gli
ha dato involontariamente quello stesso vantaggio che aveva tentato
di strappargli via, e che potrebbe benissimo sfruttare.
Invece,
lui è ancora lì, immobile, come se lo sfidasse.
Nella
sua faccia ora c'è una chiara espressione quasi divertita.
Bowser
serra gli occhi fiammanti, come osa quell'essere inferiore sia
per specie che per rango rivolgergli un simile sguardo?
Dovrebbe
avere paura di lui. Dovrebbe tremare al suo cospetto. Dovrebbe temere
per la sua incolumità, per la salvezza sua e dei suoi amici.
Dovrebbe farsela nei pantaloni.
“Tu
chi sei?” gli chiede invece Mario.
Lo
guarda congiungendo le sopracciglia, formando un'unica, cavernosa
linea curva, rossa e pelosa, cercando di trasmettergli tutto l'odio
che prova per lui.
“Tu,
misero umano.” gli dice sprezzante “Osi davvero chiedere
a me chi sono?”
“Perché
non dovrei osare?” lo accoglie inaspettatamente lui “Se
sei chi credo io, hai ben poco di cui vantarti.”
“A
parte un regno sconfinato, un esercito immenso, una schiera infinita
di servitori...”
“Che
non mi hanno impedito di raggiungerti, dunque non è che ti
siano serviti poi a molto.” osserva quello sfacciatamente.
Bowser
si arrabbia a questa insinuazione “Non interrompermi!”
sbraita, e una serie di palle di fuoco esplode dalle sue fauci
spalancate insieme al suo grido rabbioso.
Mario
prima si abbassa, poi si trova a scappare. Sì, come un
vigliacco!
L'ultima
lo prende alla schiena e riesce a perforare la barriera luminosa. Il
fuoco consuma il tessuto bruciandogli la pelle e arresta la sua
corsa.
Approfittando
di questo istante, quasi non si rende conto di essersi lanciato alla
carica.
Vuole
incornarlo, ma naturalmente quello sgorbio panciuto, a dispetto di
tutto, riesce a evitarlo con uno dei suoi proverbiali salti.
Come
un ragnetto luminoso, si aggrappa al muro e lui, Bowser, lo sfonda,
mancandolo di pochissimo. Ma quando cade a pera lo prende tra gli
artigli. Lo sente ardere anche sotto tutti quegli strati spessi di
pelle che lo fasciano.
“Sei
intoccabile.” gli grida, ma non ha intenzione di lasciarlo
cadere.
Il
suo braccio squamoso si stende di netto e lo colpisce in piena
faccia.
Stavolta
fa centro, vede il sangue che tanto aveva bramato di vedere uscir
fuori dalla sua bocca.
Che
però si arriccia in un sorriso indecifrabile.
I
suoi occhi celesti si sollevano costringendolo suo malgrado a
seguirli.
Lo
Sfavillotto compare dal nulla come un fantasma.
La
sua apparizione è decisamente inaspettata, ma ha il potere di
fargli comprendere.
Capisce
come ha fatto ad atterrarlo. Capisce perché brilli a tal
punto. Capisce chi lo ha aiutato.
E
capisce anche che è stata colpa sua, perché lo
ha fatto mandare lui da lei.
Ha
plasmato lui stesso il mostro che lo ucciderà.
Ciò
che lo sfiora, inaspettatamente freddo da raggelarlo, è
davvero un brivido di paura?
Lo
Sfavillotto si pone sul petto di Mario trasmettendogli la sua energia
luminosa.
Un
fascio di luce accecante li avvolge.
Ne
scaturiscono cinque raggi ben distinti che fondono entrambe le loro
sagome in quella di un'unica, enorme stella, finché ogni
traccia dell'uomo è scomparsa e non restano soltanto quelle
punte lucenti a segnalare la sua presenza.
Per
contrastarla, la incenerisce con una fiammata che si rivela del tutto
inefficace.
La
stella aumenta di volume e la luce diventa talmente intensa da
costringerlo a socchiudere gli occhi per non rimanere cecato.
Ciò
che segue è qualcosa di indescrivibile, pare che tutto ciò
che gli sta intorno sia destinato a disintegrarsi, ad
auto-annullarsi.
Ma
questo è il suo castello!
Non
può accettarlo, la colpisce alla cieca.
Sente
il suo artiglio spezzarsi.
Cade
all'indietro, come se avesse appena preso la scossa.
Poi,
così com'è iniziata, passa.
Torna
a intravvedersi l'uomo, ha lo sguardo affranto.
Lo
Sfavillotto è tra le sue mani raccolte a coppa, quasi del
tutto spento, sfinito, con l'unghione di Bowser che gli ha sfondato
il minuscolo petto.
Una
sorta di fluido argenteo scaturisce dalla sua ferita, cola denso come
sciroppo.
“Ho
esaurito la mia luce.” dice con un filo di voce e respirando a
fatica “L'ho trasferita tutta su di te. Fanne buon uso.”
Chiude
gli occhietti minuscoli e si accascia.
“Aspetta!”
gli urla Mario “Resisti!”
Ma
la buona stellina s'è ormai eclissata. Per sempre.
“No!”
grida Mario, incredulo, ma poi deve difendersi dal nuovo attacco, per
sua fortuna infruttuoso, del suo nemico.
Non
tantissimo tempo era passato da quando s'erano incontrati, ma in
quella stella, dopotutto, Mario aveva trovato un amico, l'unico che
in qualche modo gli ricordasse la principessa dei suoi sogni.
Potete
immaginarvi come si sia sentito nel vederselo perire così
miseramente davanti.
Come
probabilmente deve sentirsi Yvan da quando...
A
proposito, ma perché Yvan non lo sta aiutando?
Si
fa scivolare il corpicino della creatura dentro la tasca della
salopette, certo non è molto, ma non può certo
abbandonarlo per terra. Penserà dopo a dove
seppellirlo.
Mentre
si trova impegnato nella lotta, si accorge di aver compreso qualcosa
del suo nemico.
Forse
inconsciamente, tende spesso a coprirlo, a bloccargli la fuga verso
l'alto.
Questo,
evidentemente, a causa della sua tendenza a saltellar via su cui
oramai s'è fatto un (sopran)nome.
Può
sorprenderlo, è piccolo e agile mentre il drago è
grande e grosso.
Così
gli scivola in mezzo alle gambe...
Ma
non ha tenuto conto della coda.
Il
colpo di frusta che si becca in pieno volto gli fa vedere gli
uccellini che fanno il girotondo attorno alla sua testa.
Viene
ributtato indietro, in tempo per vedere le terribili zanne che si
chiudono su di lui.
Si
gira su un fianco e il morso lo raggiunge nel braccio.
Sente
le carni che gli vengono strappate con brutalità ed è
impressionante constatare quanto la cosa non gli faccia male.
“È
per via della luce che mi hai donato, mio piccolo amico?” si
chiede da solo, affascinato “Giuro sulla mia vita che ti
vendicherò.”
E
dopo aver promesso ciò, per niente intimidito dal suo
avversario né indebolito dal suo attacco, si alza in piedi e
salta via, sgusciando letteralmente sotto il suo naso.
Si
esamina la spalla dilaniata e sbuffa. “Immagino che domani mi
farà un po' male.” biascica, ma poi viene colto da una
strana sensazione di benessere, di calore.
Bowser
gli si butta di sopra, lui lo schiva e una volta che s'è
raddrizzato scopre, attraverso il tessuto lacerato della manica, che
la ferita s'è appena auto-rimarginata senza lasciare neppure
una minima cicatrice sulla pelle.
Doppio
è lo stupore.
“Com'è
possibile? Nemmeno il fungo 1-Up fa un lavoro così accurato.”
si chiede mentre piomba a propria volta addosso al re per ripagarlo.
Il
koopa si drizza per scrollarselo via, Mario si aggrappa ai suoi
capelli folti sulla nuca. Scivola e gliene resta una manciata in
mano, finendo aggrappato al grande guscio verde.
Gli
spuntoni sul suo dorso gli bucano le scarpe ma non lo feriscono.
Una
specie di senso di onnipotenza lo pervade.
Ora
sa per certo che la Luce è dentro di lui ed è in
qualche modo alimentata dal sacrificio dello Sfavillotto come anche
dal ricordo sublime di Rosalinda.
Si
sente quasi invincibile, invulnerabile, incandescente.
Ma
è proprio quando si è più sicuri che si abbassa
la guardia.
Non
capisce quello che succede, sente soltanto un grande intorpidimento, nessun
dolore.
Vede
tutti i colori dello spettro mescolati insieme che vorticano a
velocità folle, gli danno la nausea.
Viene
sbalzato contro il suolo e solo allora realizza di essere stato
colpito.
Quando
riapre gli occhi vede un ghigno terrificante comparire nella faccia
del suo nemico.
Un
braccio è teso in un gesto trionfale, e tra gli artigli
stringe il sacchettino coi biscotti che gli ha appena sfilato dalla
cintura.
“Te
li ha dati lei, non è vero?” chiede, pur
conoscendo già la risposta.
Mario
resta per un momento sbalordito che il suo nemico sappia di
Rosalinda, ma poi decide che non deve stupirsene. In fondo, è
lui il forestiero in questo mondo.
“Quella
sgualdrina intergalattica!” esclama il koopa e Mario si risente
per questo epiteto poco rispettoso a dir poco.
“Se
hanno saputo renderti così forte, aspetta che mi rimetta in
pari con te.”
Mentre
ancora parla, si caccia il sacchetto in bocca tutto per intero. Mario
lo guarda impotente mentre ingoia pure la plastica.
Tutto
ciò che quella rispettabilissima donna gli ha lasciato è
andato così perduto. Praticamente, è quasi come se il
suo ricordo fosse svanito, come se fosse morta.
Quando,
dal centro del suo ventre, si comincia a intravvedere lo scintillio
stellare, inizia ad allarmarsi e si rende conto del vero pericolo.
Non
vuole sapere quello che succederà adesso, preferisce voltarsi
e iniziare a correre, a scappare.
Perché
se ora Bowser diventasse Super Bowser o qualcosa di simile, Mario
saprebbe di non poter vincere, di essere condannato. E ricordiamoci
che lui non può certo lasciarsi battere. Non adesso,
non dopo tutto quello che ha affrontato.
Deve
salvare la principessa Peach a tutti i costi, ha promesso di farlo,
anche se non la conosce nemmeno e anche se in effetti non l'ha mai
vista.
Per
farlo, deve perlomeno essere vivo.
Mentre
Mario fugge, noi faremo un passo indietro e spiegheremo che cos'è
capitato nel frattempo a Yvan. Non crediate che non sia intervenuto
ad aiutare Mario per paura.
Dopo
aver mangiato quel biscotto miracoloso, ma prima che Mario e Bowser
si affrontassero, Yvan aveva continuato ad andare diritto, a
camminare spedito, a marciare come un soldatino.
In
effetti, lui è un soldato, ma in quel momento se l'era
scordato.
S'era
scordato di ogni cosa, non avrebbe più saputo dire nemmeno il
proprio nome, se glielo avessero domandato.
S'era
scordato della presenza del suo amico Mario, s'era lasciato alle
spalle Luigi e Daisy, che sono rimasti indietro, aveva completamente
dimenticato Yoshi e gli altri, che li aspettano fuori, e non gli
importava neanche più della principessa Peach, che è
prigioniera da qualche parte.
Non
gli interessava più niente di niente, l'unica cosa che per lui
avesse un senso in quel momento si concretizzava nell'unica esigenza
di andare avanti, di trovare colui che gli aveva strappato dalle mani
il suo ragazzo, di ripagarlo con la stessa moneta.
Wolley
era praticamente l'unica persona di cui, per molti anni, gli fosse
veramente importato.
Avevano
fatto i salti mortali per stare insieme, la loro storia d'amore era
stata molto contrastata, soprattutto dalla famiglia di Wolley che non
si rassegnava, che avrebbe voluto combinargli un matrimonio con una
certa Kinopio, una ragazza toad ricca e bella che Yvan aveva visto
una sola volta e che aveva, nonostante tutto, preso in simpatia.
Fedele
come un cane, il giallo lo aveva seguito e s'era sciolto dall'impegno
con la sua dopotutto incolpevole fidanzata, con tutto ciò che
questo comportava.
Eterno
fautore dell'amore libero, era stato diseredato per le sue idee e per
la sua decisione di andarsene insieme a uno del suo stesso sesso, ma
non gli era importato.
Si
erano amati sinceramente.
E
adesso, lui era morto nell'inseguimento del proprio sogno, se n'era
andato in un modo così improvviso e ingiusto che non sembrava
nemmeno possibile.
Se
fosse esistita anche una sola, microscopica speranza di riaverlo
indietro, di farselo restituire, o per lo meno di farla pagare a chi
l'aveva ucciso, l'avrebbe alimentata con tutto il suo cuore.
Una
persona più fragile di lui si sarebbe arresa subito, sarebbe
precipitata nel baratro, ma lui no, lui era forte, lui avrebbe
continuato a provare quell'illusoria ma quantomai confortante
sensazione che non riusciva nemmeno a definire bene, ma che gli
ispirava la fiducia per cui tutto quanto, alla fine, si sarebbe
concluso nel migliore dei modi, per lui, per loro.
Forse
derivava dal semplice fatto che ancora non riusciva a crederci.
Non
poteva accettare che la fortuna che gli aveva arriso fino a quel
momento lo avesse definitivamente abbandonato.
Non
sapeva ammettere a se stesso che tutto fosse semplicemente finito,
che niente sarebbe mai stato come prima e che non sarebbe mai potuto
tornare indietro.
Mentre
così meditava e perseguiva la sua meta, qualcuno lo ha colto
di sorpresa.
Dopo
essersi separati dal padre, Iggy e Lemmy hanno preso i comandi del
veicolo volante e gli sono planati dietro, di soppiatto, seguendolo
in silenzio, guidati dal suo strano brillare.
Poi,
quando si sono portati esattamente sopra di lui, ognuno di loro lo ha
preso per un braccio.
L'intenzione
era di portarselo via per combinargli qualche brutto scherzetto, non
necessariamente finalizzato alla sua eliminazione fisica, magari
speravano soltanto di divertirsi un po'.
Ma
Iggy ha subito mollato la presa, s'è scottato.
Lemmy
ha grugnito ma ha resistito.
Il
toad così s'è trovato appeso per un braccio soltanto.
E
ha gridato, ma il veicolo s'è alzato in volo e allora lui,
sentendosi mancare la terra sotto i piedi, ha pensato bene di
aggrapparsi alla mano del suo rapitore e s'è issato a bordo di
questo bizzarro mezzo volante simile alla faccia eternamente
sorridente di un clown triste.
E
il conducente stesso sembra un pagliaccio, con questi capelli tutti
colorati e sparati in testa e gli occhi spiritati da folle che vanno
da tutte le parti.
Si
stupisce di sovrastarlo, è minuscolo, sembra un nano, ma si
accorge che comunque è sicuramente più giovane di lui,
non avrà più di venti, ventidue anni... cosa che,
comunque sia, non giustifica la sua altezza, resa ancor più
insignificante da quella considerevolmente maggiore del fratello
minore che gli sta accanto. E scusate il gioco di parole.
“Allora?
Che cosa volete da me?” chiede il toad intrepidamente.
“Perché
brilli così?” gli fa il tappo “E perché non
ti si può toccare?”
“Non
ti hanno insegnato che non si risponde alle domande con altre
domande?” lo rimprovera Yvan.
“Perché,
tu cos'hai appena fatto?” abbaia Lemmy.
Lo
guarda con puro e semplice odio, che viene ricambiato con entusiasmo.
Si
mettono in posizione d'attacco e incominciano a scannarsi, ma non è
mica semplice muoversi all'interno di questa sorta di tazza, anche se
non si può negare che sia abbastanza capiente.
Dopo
pochi vani tentativi di tenerlo a bada, i due fratelli koopa tirano
fuori le loro personali bacchette magiche, che ogni bowserotto riceve
in regalo dai magikoopa per il diciottesimo compleanno.
Se
vi ricordate -ma se non ricordate vi rinfresco io la memoria- avevamo
detto che sulla punta di quella di Ludwig, il primogenito, c'era un
diamante puro. Beh, invece quella di Lemmy porta incastonato uno
zaffiro giallo a taglio ovale e quella di Iggy uno smeraldo squadrato
che è nuovissimo, visto che lui diciotto anni li ha appena
compiuti. Tanto per la cronaca, Roy ha un rubino. La pietra è
indispensabile, perché catalizza il pizzico di magia che la
bacchetta racchiude, impedendole di scaturire incontrollabilmente.
Le
puntano alla gola del loro nemico e sparano in sincrono un
incantesimo che viene letteralmente assorbito dalla sua pelle.
Non
dico che non abbia nessun effetto, ma di sicuro non è
devastante al punto che s'erano augurati.
“Che
cosa avrebbe dovuto farmi questo?” chiede il toad riacquistando
l'equilibrio perduto.
“Avrebbe
dovuto annientarti!” dice Iggy mostrando una certa confusione
nel constatare che non abbia funzionato.
“Già,
invece ha soltanto scalfito la tua corazza.” osserva Lemmy, e
quando lo dice sembra quasi felice, eccitato.
“Quindi
non è più così impenetrabile.” riflette
Iggy.
E
subito le due pietre vengono di nuovo puntate su Yvan.
Ma
stavolta, prima che possano sparare, lui salta in piedi sul bordo del
mezzo volante e i due incantesimi si scontrano, causando una piccola
esplosione che fa tremare tutto.
Yvan
scivola all'indietro e rimane attaccato al bordo per le sole braccia
con il corpo a penzoloni nel vuoto, trovandosi paradossalmente nella
situazione che poco prima era riuscito a evitare.
Sbuca
fuori la cresta multicolore del piccolo koopa. La sua risata è
sguaiata, assomiglia a quella di una iena. Sopra la testa solleva minacciosamente un grosso pallone arancione.
Poi
Yvan sente le sue dita che vengono crudelmente schiacciate ed è
costretto suo malgrado a mollare la presa.
Mentre
precipita incontro alla morte inevitabile, fa la sconvolgente scoperta di non averne nessuna paura.
Molti
dicono che quando si sta per morire si riveda tutta la propria vita.
L'unica
cosa che a Yvan torna in mente e che gli pare anzi di vedere è
Wolley che lo raggiunge e lo avvolge nelle sue ali in un abbraccio
protettivo e disperato.
Tende
le mani per ricambiarlo o almeno sfiorarlo.
Ma
non lo raggiunge e le lacrime rischiano di affogarlo.
Poi
c'è l'impatto, violentissimo, con il suolo e tutto il mondo
scompare mentre l'eco della risata di Lemmy Koopa si perde nell'aria
sopra di lui.
Per
alcuni lunghissimi minuti, Yvan è lasciato a se stesso,
sperduto in una landa buia e senza la minima ombra di vita.
Un
tocco delicato su una guancia lo riporta indietro.
Schiude
gli occhi e cerca di dire qualcosa, ma un dolore acutissimo alla
schiena gli toglie il fiato.
Due
grandi occhi blu gli restituiscono uno sguardo preoccupato.
“Si
deve essere rotto qualcosa.” mormora una voce femminile che
sembra lontanissima.
“Sfido,
cadere da un'altezza simile.” risponde un'altra voce che
riconosce come quella di Luigi “Per lo meno non sono tornati a
dargli il colpo di grazia. Aiutami a sollevarlo.”
E
si sente prendere da sotto le spalle.
Nello
spostamento, un fiotto di sangue scuro erutta dalle sue labbra.
“Diavolo!”
impreca Luigi “Guarda dov'è andato a finire!” e
sfiora con un dito qualcosa di acuminato che s'è conficcato a
fondo nelle sue carni e che non appena viene rimosso gli provoca
un'altra volta un dolore fisico insopportabile.
“Cosa
dobbiamo fare?” chiede Daisy, spaventata dalla quantità
di sangue che si sta allargando sotto il povero toad.
“Devo
avere ancora un pezzetto di fungo verde.” bofonchia Luigi
frugandosi nelle tasche “Per le emergenze.”
“E
più emergenza di questa!”
Yvan
si sente aprire le labbra a forza, ma quando sente il corpo estraneo
dentro la propria bocca non ce la fa a ingoiare, deve essere aiutato
da Luigi che gli spinge delicatamente la gola con i polpastrelli.
“Non
basterà!” geme Daisy e, non ci si crede, una lacrima si
affaccia su una delle sue guance bianche.
Per
fortuna, invece, basta per richiudere la ferita, anche se sulla pelle
rimane un segno vivido.
Anche
se Yvan non si sente per niente meglio, con un supremo sforzo di
volontà si risolleva e si mette a sedere.
“Grazie.”
la sua voce è debolissima, un sussurro “Dove eravate
finiti? A imboscarvi?” cerca di sorridere.
“Sì...”
borbotta Luigi e cambia subito argomento “Che fine hanno fatto
gli altri?”
“Di
Mario non so nulla, quando quelli mi hanno preso era dietro di me e
poi non l'ho più visto...” comincia Yvan.
Luigi
sta per chiedere di Wolley ma si frena appena in tempo, quando si
accorge che Yvan ha smesso di parlare e che i suoi occhi piccoli e
neri sono diventati all'improvviso vitrei e colmi di tristezza.
Batte
le palpebre un paio di volte. Intuisce che dev'essere capitato
qualcosa di sconvolgente.
Lo
accoglie tra le braccia e lo stringe come se fosse un bambino e lui,
in risposta, scoppia a piangere, così finalmente si sfoga.
Daisy
li guarda senza sapere cosa dire o cosa fare. Anche se a lei le cose
troppo stucchevoli non piacciono, vuole rispettare quel momento e
resta zitta.
Ma
poco dopo si sente un boato che proviene decisamente da sotto i loro
piedi e che scuote il pavimento.
Yvan
si asciuga gli occhi e guarda confusamente i suoi compagni.
“Cos'è
stato?” chiede, come se loro gli possano rispondere.
“Andiamo
a vedere?” suggerisce Daisy stringendosi nelle spalle.
Poco
distante c'è una di quelle carrucole con cui Mario e Yvan
avevano scalato il castello.
Stavolta,
loro tre la usano alla rovescia, cioè per scendere di nuovo al
livello inferiore.
E
incontrano subito Mario che sta fortuitamente correndo proprio verso
di loro.
“Mario!”
lo chiama suo fratello “Da cos'è che stai scappando?”
L'idraulico
li raggiunge sulla piattaforma “Non vorresti saperlo, te lo
spiego dopo, adesso saliamo su, saliamo su, presto!” grida
affannatissimo smanettando con la corda.
Riescono
a sollevarsi prima che una spessa lingua di fuoco li circondi.
“Santo
cielo!” esclama Luigi guardando sotto di sé.
Due
grosse corna bianche come l'avorio sono spuntate al seguito della
vampata.
“Vigliacco!”
grida Bowser ergendosi fieramente nella sua nuova statura “Tanto
non mi sfuggirai per sempre, sto giocando in casa!” e sparisce.
In
realtà, sono loro che sono spariti, sfuggendogli, con il
pavimento che s'è chiuso sotto di loro.
“Era
proprio lui!” urla Daisy non appena si trovano al sicuro
“Quello che ha rapito Peach il giorno del suo compleanno! L'ho
riconosciuto, l'ho visto con i miei occhi...”
“Beh,
non ne dubitavamo.” dice Mario.
“Ma
prima non era così grosso!” continua la ragazza
“Come è successo, come ha fatto a diventare così?”
Mario
esita. “Forse ho commesso un piccolissimo errore. Ha ottenuto
un potenziamento che era destinato a me... anzi... diciamo pure che
ne ha ottenuti più di uno.”
“Mario!”
esclama Luigi in tono stizzito “Ma che combini?”
“Sta'
zitto, lo Sfavillotto ha pagato caro questo sbaglio.” sbotta
lui.
Se
lo toglie di tasca per mostrarlo tristemente a Daisy che quando lo
vede prorompe in un “Oh, poverino!”
Yvan
assume un'aria afflitta “No, ancora...” bisbiglia.
“Luigi,
non hai altri di quei cosi...?” chiede la principessa.
“Quello
che ho dato a Yvan era l'ultimo.” risponde bruscamente Luigi “E
comunque, ormai è tardi.”
Mario
ripone la stellina con dolcezza.
Poi
guarda tutti con sguardo fermo, quasi freddo.
“Sentite.
Se non vogliamo che le morti dei nostri compagni siano vane, dobbiamo
trovare la principessa e portarla in salvo. Forza, ormai siamo a un
passo!” li sprona.
Ma
quando annuiscono, nessuno di loro lo sta guardando.
Angolo
autrice:
Sin
da quando ho iniziato a scrivere la storia, avevo una voglia matta di
arrivare a questo capitolo in particolare. Mi sono divertita un mondo
a buttarlo giù e mi sono stupita quando poi, rileggendolo, ho
constatato che era venuto esattamente come lo avevo immaginato
all'inizio... Vorrei invitare l'utente KrystalRocker
a recensire, nonché ringraziarla per avere inserito la storia
nei suoi preferiti. (Non è che ti voglio mettere in
difficoltà, è solo per sapere cos'è che ti ha
incuriosita :) è un vero sollievo sapere che esiste qualcun
altro che per lo meno si interessa a questo mio lavoro!)
Spero
che tutti voi abbiate passato delle buone vacanze.
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Capitolo 10 *** piccole canaglie ***
Cap 10
...Credo di aver esasperato l'aspetto semiserio in questo capitolo... enjoy it.
“Ancora qualche metro in questo sudicio, puzzolente e angusto corridoio e poi usciremo fuori verso la libertà!” si dice Peach per farsi forza mentre avanza dietro ai suoi tre piccoli inaspettati alleati.
Libertà! Sembra una parola fantastica, irraggiungibile, inarrivabile, eppure si trova al di là di questo muro.
Nonostante sia ciò a cui aspira di più, mentre si impolverava le scarpe lì dentro, ha avuto anche il tempo per ripensare a tante piccole e grandi cose che ha lasciato e che vorrebbe ritrovare.
Come se la starà passando il suo caro Regno mentre lei è via? Ci sarà il caos? L'anarchia? La rivoluzione?
E come se la starà cavando il povero re suo padre a governare senza di lei? Sarà riuscito a sopportare la sua assenza? Starà in pena? Gli si sarà forse spezzato il cuore?
E, fisicamente, starà bene? È anziano e sciupato, pieno di acciacchi, con la gotta che quasi gli impedisce di camminare, tra qualche anno le sue condizioni di salute potrebbero portarlo a ritirarsi dalla reggenza...
Ma se lei non c'è, a chi cavolo la passerà, la carica?!
Sarà meglio affrettarsi a tornare a casa, allora, per poter ridare una gioia a quell'adorabile pover uomo.
Si sta accorgendo soltanto adesso di quanto le manchi.
Già, durante la sua prigionia non è che abbia pensato molto a lui, è stata egoista, ha preteso che il mondo le girasse intorno, che tutti quanti si gravassero del sacrosanto dovere di salvarla.
Non sa e non immagina nemmeno quello che abbiano dovuto passare i suoi salvatori pur di arrivare da lei, ma non deve essere certo stata una passeggiata.
Deve trovare il modo più adeguato per ringraziarli. Sempre che arrivino, sempre che la portino fuori di lì prima che venga di nuovo catturata.
La paura di essere scoperta e riacciuffata le dà un brivido che anziché paralizzarla la sprona a continuare.
Si sente congestionata in un posto piuttosto intimo e freme di impazienza.
“Quanto è lungo questo corridoio!” commenta a bassa voce.
Ed ecco che la fine dello stesso la smentisce subito.
“La mia solita fortuna.” pensa, quasi delusa.
“Siamo arrivati al primo step.” annuncia Larry.
Si appoggia deciso alla parete di roccia e spinge qualcosa di praticamente invisibile.
Viene rivelata una porta mimetizzata nel muro, ma non la apre subito.
“Nasconditi dietro di noi!” sibila “Dobbiamo verificare che ci sia campo libero.”
Peach obbedisce tenendosi in disparte.
La luce le ferisce gli occhi e lei si rintana nell'ombra più che può.
Larry fa un passo oltre la soglia e guarda a destra, poi a sinistra.
Sembra non ci sia nessuno, ma “La prudenza non è mai troppa!” diceva qualcuno che si ricorda vagamente e che gli manca tantissimo.
Una parete gli blocca la visuale.
Esce del tutto per ispezionarla e vede, sul fondo, l'ombra di una coda e sente un vocio confuso, ma il timbro è abbastanza -anche troppo- familiare.
Si appiattisce contro il muro.
“Proprio lui!” geme in silenzio.
Si avvicina di soppiatto per accertarsene, si liscia come può la cresta sulla testa, si azzarda a sbirciare e vede un odioso guscio rosso, ma non solo.
Roy e Ludwig sono piazzati lì, immersi in una discussione animata, e bloccano così il passaggio.
Il primo gli dà le spalle, sembra arrabbiato, come lo è sempre, mentre l'altro tenta di farlo ragionare, come fa sempre.
Coglie un frammento di conversazione, ma non ci fa molto caso, non è che gli interessi.
Pensa solo alla brutta figura che gli ha fatto fare prima, per la quale si aspetta, sicura come la morte, una ritorsione.
Dietro i due, scorge il quadro appeso che cela il passaggio in cui si dovrebbero infilare se vogliono arrivare al livello inferiore.
Torna indietro a informare gli altri.
“Aspettiamo che se ne vanno?” bisbiglia Morton.
“Sì, chissà quanto tempo perderanno quelli!” sbotta Wendy in un tono acido, come sempre “E così intanto i magikoopa ci avranno già scoperti e ci staranno cercando...”
“Li dobbiamo distrarre.” dice Larry in tono neutro.
“Ma come facciamo, uno di noi deve andare là e farli sloggiare come ci riusciamo non è che ci ascoltano noi siamo piccoli e loro ci possono pure benissimo ridere in faccia se ci proviamo.” osserva Morton, senza mai prendere fiato.
“Ci penso io.” lo rassicura Larry “Mentre li distraggo, voi affrettatevi a passargli dietro senza farvi vedere.”
“No, se ci vai tu, Bully ti prende a pugni!” si agita Wendy “Lo sai che ne è capace!”
“C'è anche Ludwig, lì.” le rammenta il fratello.
Il fatto è che la calma è una virtù rara tra i koopa, e ne abbiamo già avuto prova, ma Ludwig è forse l'unico tra di loro che riesce a mantenerla per più tempo, anche se soltanto quando lo decide lui.
Confidando sul suo buonsenso e anche su un generoso pizzico di fortuna, Larry decide di rischiare. Ma prima di andare, senza preavviso, cinge la vita della principessa Peach e affonda per un momento il viso nelle sue vesti odorose di fiori freschi.
“Buona fortuna.” le sussurra, con la voce soffocata dal tessuto.
Poi, senza aspettare la sua risposta, si stacca da lei e, prima che lo fermino, è lì, allo scoperto.
Il fratello più grande lo scorge per primo e gli rivolge un distratto cenno di saluto. Larry nota una certa malinconia nei suoi occhi, ma non può soffermarcisi troppo perché la reazione che ha avuto Roy al vederlo è completamente opposta.
“Ah, sei qui, brutto...” il resto di quello che dice è una confusa accozzaglia di paroloni per niente gentili e mentre sbraita, furioso, si scaglia già su di lui.
Larry non può certo dire di non esserselo aspettato.
Ha però un attimo di terrore e si copre la faccia, ma il pugno non gli arriva.
Spia tra le dita e si accorge che Ludwig ha superato se stesso, ha addirittura bloccato la mano di Roy, in un gesto quasi annoiato.
“Sei sempre così impulsivo.” borbotta “Che cosa ti avrà fatto, questa volta?”
“Cosa mi ha fatto? Mi ha fatto passare per ridicolo proprio di fronte alla principessa!” lo accusa lui.
Considerando quanto sia irascibile, Larry si convince che questa sia una buona occasione e decide di rischiare.
“Bully, tu sei ridicolo e non hai certo bisogno di me per fare le figuracce!” dice a denti stretti, e subito è costretto a fare un passo indietro per schivare il nuovo colpo che stavolta Ludwig non è riuscito a impedirgli di scagliare.
“Che cos'hai detto, piccola peste?” ruggisce “Stai cercando di provocarmi?”
“Esatto. Non l'avevi capito? Avrai pure un cervello pesante, ma se non funziona non serve a nulla!” lo prende in giro “Sei una testa di cavolo, una faccia da triglia, un piscialletto!” continua con tutte le immagini più poetiche e fantasiose che la sua innocente condizione di decenne gli ispira.
“Ti faccio un culo così!” grida il prevedibilissimo Roy.
“Quanto me lo fai?” continua lui “Fammelo grosso come il tuo, così poi contiamo quanti satelliti ci gireranno intorno...”
“Smettila o ti ammazzo.”
“Non mi prenderai mai, le tue zampe sono tozze e piene di grasso come quelle di un ippopotamo, e pesi altrettanto!” lo canzona, girandosi nel contempo dall'altra parte e iniziando a correre.
“Maledetto.” Roy si mette a inseguirlo, proprio come pensava che avrebbe fatto.
“Dai, è un bambino...” cerca di placarlo Ludwig “Non devi metterti al suo livello.”
“Ma se sono più furbo di lui.” pensa Larry divertito mentre continua a urlare insulti vari e si preoccupa di correre più veloce, perché dopotutto è consapevole del fatto che, se verrà raggiunto, suo fratello non si farà scrupoli a riempirlo di botte, anche se ha il doppio dei suoi anni.
Mentre lui si dà da fare, Wendy esce con discrezione dal passaggio e va a controllare se la via sia libera.
Trasalisce quando si rende conto che Ludwig è rimasto lì, ma si preoccupa in realtà più per Larry, che si troverà senza nessuno a proteggerlo dalla furia di Bully.
“Salve, sorella.” le dice in tono cortese, senza girarsi a guardarla direttamente.
Wendy si accorge che il suo sguardo è avvilito, smarrito.
“Ciao, Kookie.” dice, usando il vezzeggiativo che usavano quando era più piccolo.
Ludwig non si muove, ma il suo occhio rotea verso di lei.
“Porta i miei saluti alla principessa.” aggiunge senza preavviso, spiazzandola.
Poi le dà le spalle e se ne va per i fatti suoi.
Wendy lo fissa allontanarsi, si chiede se non abbia capito...
Ma Morton la richiama insistentemente: “Possiamo passare, ora?”
“Sì, muoviamoci!” esclama.
Peach si fa il corridoio di corsa, timorosa di poter perdere quel vantaggio appena guadagnato.
Wendy sposta il quadro e apre un'altra parete e l'umana ha solo pochi secondi per prepararsi psicologicamente a un'altra penosa attraversata.
Svariati metri sotto di loro, un'intera sala è invasa dalle fiamme.
Mario, Luigi, Yvan e Daisy corrono come dei disperati per sfuggire alla morte. Si tengono tutti per mano, in quest'ordine, per non lasciare nessuno indietro.
Il mantello di Luigi s'è sgonfiato per via della scarsità d'ossigeno cosicché non può più essere sfruttato per volare, Mario brilla ancora un po' ma non abbastanza da spiccare in mezzo a tutto questo rosso causato dal fuoco, Yvan ha perso qualsiasi potenziamento e le capacità di Daisy non è che servano a molto, in questo momento.
Bowser era già grande e grosso di suo, ma adesso è diventato notevolmente più alto e le sfere di fuoco che lancia dalla bocca nel tentativo di raggiungere i nostri eroi sono, naturalmente, enormi e mille volte più fatali.
I quattro devono assolutamente trovare un posto in cui rifugiarsi se non vogliono finire arrosto.
L'angoscia è palpabile, si potrebbe tagliarla con il coltello.
Attraversano una porta andandosi a incastrare per un momento sulla soglia.
Sbucano in un corridoio che appare loro come una tomba.
“Non porta da nessuna parte! Siamo in trappola!” si angustia Luigi con il sudore che si condensa agli angoli del viso.
Ma Mario si dimostra ancora una volta un acuto osservatore nello scorgere una porta argentata, quasi impossibile da notare, così dissimulata dal riflesso delle fiamme. Sembra essere l'unica salvezza possibile.
“Infiliamoci lì dentro!” grida forte straziandosi la gola.
Il gruppo si scioglie, ognuno corre per sé, come in una maratona, una gara che abbia in palio la sopravvivenza.
Luigi la raggiunge per primo, la maniglia è talmente rovente da arrivare a consumargli il guanto, ma lui la spalanca tenendola aperta per far passare gli altri.
Daisy e Yvan si catapultano dentro una dopo l'altro, ma Mario ha perso terreno.
“Sbrigati!” gli intima suo fratello.
L'uomo non fa in tempo, il fuoco lo investe. Ma non si ferma, e quando arriva è praticamente una torcia umana.
Senza perdere tempo, Luigi si sfila il mantello che ha sulle spalle e glielo butta addosso per soffocare le fiamme che lo hanno brandito, poi ce lo avvolge dentro e lo prende di peso, infilandosi immediatamente nella stanza con un tuffo.
Yvan spranga la porta di ferro.
“A che temperatura fonde il metallo?” chiede guardandola con orrore mentre diventa rossa arroventata e incandescente.
Mario fa capolino dall'involto.
“Mi hai fatto prendere un colpo!” gli grida Luigi mentre si rialza per evitare di schiacciarlo.
“Non ho provato alcun dolore.” gli assicura lui sorridendo, ma non viene ricambiato.
“Dove siamo?” chiede ad alta voce Daisy, ansimante e smarrita.
“Probabilmente si tratta della cambusa.” ipotizza Yvan indicando il tavolo, sempre di ferro, su cui troneggia una montagna di pesche rosa “E la porta di ferro serve a mantenere la temperatura...”
“Perché, ci siamo infilati dentro il freezer?” fa Luigi confuso. Viene guardato male. “Ho detto una scemenza, su...”
“Chi lo avrebbe detto? I koopa mangiano la frutta?” commenta la ragazza per cambiare discorso.
“Sono onnivori.” conferma Luigi, indovinate dove lo ha letto.
Mario si avvicina e ne prende una in mano. Sembra matura e magari anche molto dolce e saporita.
“Se ci fosse, Yoshi sarebbe felicissimo...” mormora.
“C'è!” strilla qualcuno sbucando letteralmente fuori dal cumulo di pesche, facendo saltare su tutti quanti per lo spavento.
“Yoshi!” urla Mario stupito “Non avevi detto di avere troppa paura per entrare?”
“Più paura a stare fuori.” gongola il dinosauro dondolandosi e slinguazzando di qua e di là, continuando a darsi alla crapula come se nulla fosse, è in paradiso “Yoshi segue dall'altra parte.”
“E gli altri due non sono venuti?”
“Troppo fifoni.” biascica Yoshi masticando rumorosamente “Ma non è da solo.”
“E chi c'è con te?”
“Lui.” con un cenno del capo, Yoshi indica una piccola, timida figura che se ne è rimasta fino a ora in disparte, nascosta dal cibo.
Il toad blu si sporge appena per scorgerla e ci manca davvero poco che non gli prenda un colpo!
Che sia rimasto a dir poco agghiacciato, nel riconoscere un certo fungo, con la capoccetta a pois gialli e con l'aria intimidita, è un eufemismo.
Ora, non è che Yvan sia propriamente una persona passionale nel vero senso del termine, ma ecco che un'unica, travolgente emozione si installa completamente nella sua intera persona, lo pervade e lo immobilizza. Si sente come tramutare in un blocco di marmo che però si va sciogliendo in fretta, come cera sul fuoco, come zucchero nell'acqua, come un gelato all'equatore, come qualsiasi cosa si sciolga...
Allora decide di mandare tutto quanto a quel paese e gli corre incontro, raggiante e commosso.
Wolley apre le braccia e lui ci si fionda con un impeto tale da rischiare di buttarlo a terra.
Per un unico, fugace e meraviglioso istante, non importa che siano braccati, non importa che tutto potrebbe finire quel giorno stesso. La gioia di ritrovarsi è troppa. E, se saranno destinati a perire, l'unica cosa che abbia importanza è che possano condividere quella sorte, non affrontarla da soli.
“Pensavo fossi morto.” riesce a dire, seppur con la voce spezzata.
“Infatti non ti sbagliavi. Il mio corpo è saltato in aria. In un miliardo di pezzettini!” trilla il funghetto. Yvan ricorda le spore giallastre che gli si erano spiaccicate sulla faccia quando è successo questo fattaccio e gli viene la pelle d'oca. Istintivamente e ossessivamente, si ripulisce la faccia, anche se non ce n'è il minimo bisogno.
“Ma ti ricordi di quella vita extra che ci eravamo divisi?” continua Wolley “Mi ha permesso di ricompormi all'interno di una specie di bolla. Poi quello stronzo di un koopa me l'ha bucata. Sono precipitato e non avrei avuto speranze se Yoshi non mi avesse preso al volo con la sua formidabile lingua.”
“Ho quasi ingoiato!” dice l'interessato arrossendo.
“Mi ha salvato la vita.” lo loda Wolley.
“Ma come mai non vi siete fatti vivi prima?” chiede Luigi.
“Perché ci siamo dovuti nascondere!” spiega Wolley “Ma non l'avete visto quel mostro? Ma quant'è alto! E spaventoso!” rabbrividisce visibilmente e Yvan ne approfitta per cingerlo affettuosamente senza motivo, al che lui non muove alcuna protesta.
“E con tutti i posti che c'erano, siete finiti giusto giusto qui dentro?” fa Mario con una punta di ironia.
“Perché, non è quello che avete fatto anche voi?” osserva il boleto giallo.
“Yoshi segue l'olfatto.” dice Yoshi “Non sbaglia mai.”
“E adesso abbiamo anche guadagnato un vantaggio!” esclama Mario, improvvisamente di nuovo pieno di ottimismo.
“Non direi. Siamo intrappolati qui dentro e la porta si potrebbe squagliare da un momento all'altro...” lo contraddice Luigi.
“Ma Yoshi s'è appena fatto una bella scorpacciata e ci sommergerà con una valanga di power ups, non è così?”
Per tutta risposta, Yoshi continua a masticare, triturare, sminuzzare... e poi avviene l'Evento, e una serie di uova tutte colorate gli esce fuori dal posteriore.
Stavolta sono in formato viaggio, è più comodo così, ma vedrete che funzioneranno ugualmente.
Qualche minuto più tardi, il tempo di organizzarsi, la porta si spalanca o, per meglio dire, è Luigi che, con un potenziamento temporaneo -che è altamente improbabile che lo renda ignifugo- e con un misterioso fungo rapa in tasca, la sfonda con un calcio e si getta tra le fiamme urlando: “Non asfissiatemi!”
La prima parte di lui su cui il fuoco fa presa sono le sopracciglia, prima castane, ora rosse, ora si carbonizzano. La seconda sono i baffi, già prima scuri, ora proprio neri, ora si accartocciano, ora si arricciano. Poi tocca alla salopette, alla maglia, al berretto, prima blu, verdi, ora grigi, inceneriti, polverizzati.
Quello che supera infine la barriera infuocata non è più definibile come un uomo, è un omuncolo ustionato, un accumulo di resti umani palpitanti e in posizione eretta, uno scheletro sfibrato, tutt'ossa, privo di carne, privo di occhi, privo di capelli, privo di qualsiasi connotato fisico che lo renda riconoscibile quale creatura ancora vivente, tanto meno quale Luigi.
Se poteste vederlo, ne avreste paura.
Eppure Bowser ride di lui, del suo aspetto devastato, del suo parecchio inutile e parecchio patetico tentativo.
La figura indefinibile si accascia, cade in ginocchio, e il fungo rapa fa, in extremis, il suo dovere.
La poltiglia umanoide si tira e si allunga come un cannocchiale.
Lo stesso Bowser non ha parole nel trovarsi di fronte questo gigante oblungo in perfetta salute che sfiora il soffitto con la testa.
Cos'è successo?
Da una delle uova di Yoshi, di cui abbiamo parlato qualche istante fa, ha fatto la sua comparsa questo power up nuovo, appunto, il fungo rapa, molto grosso, di un colore giallo/arancione a pois rossi, e con due microscopici occhi neri, che Luigi ha istantaneamente classificato come il Megafungo, o qualcosa del genere.
Mega-Bowser e Mega-Luigi adesso hanno più o meno la stessa altezza, Bowser potrebbe raggiungere forse qualche altro centimetro, per via delle corna, ma dato che il guscio sulla schiena gli pesa un po', tende a curvarsi leggermente in avanti, annullando quel minimo privilegio.
Nonostante ciò, Luigi si trova a guardarlo negli occhi fiammeggianti e a provare un certo timore. Non ha mai visto dei denti così appuntiti e lucenti, e Bowser non si sforza certo di nasconderli, anzi ne va fiero, così come si vanta del sangue scuro che li imbratta. Che, vi ricordo, è ancora quello di Mario.
Ma lui non sembra felice.
“Non tu!” esclama, risentito “Dov'è quell'altro tipo, quello vestito di rosso?”
Luigi serra gli occhi, stupendosi segretamente di sentirsi offeso che il suo avversario stia cercando qualcun altro. Il suo scatto è così fulmineo e rabbioso che Bowser non si accorge nemmeno di essere stato beccato dritto nell'addome finché non si sente squarciare la corazza.
Ma siamo soltanto all'inizio e non crederete che sia sconfitto per così poco!
In mezzo ai due giganti, come pulci, saltellano via gli altri cinque.
Si sono organizzati in questo modo: Daisy e Wolley cavalcano insieme Yoshi al quale, dopo l'abbuffata colossale che s'è concesso, sono addirittura spuntate le ali, mentre Mario, con indosso la sua fenomenale tuta da pinguino, scivola sul ventre lungo il pavimento che viene intanto reso ghiacciato da Yvan il quale, ottenuto un fiore di ghiaccio, in equilibrio sulla sua schiena, vi lancia incessantemente contro delle palle di neve.
Due piccoli convogli che Bowser, impegnato nella lotta contro Luigi, non nota minimamente sfrecciargli in mezzo alle zampe.
Ma il diversivo non potrà impegnarlo per sempre.
In un primo momento, Mario si era mostrato restio a mandare il suo unico fratello a fare da esca, perché immagina che possa non essere in grado di trattenerlo troppo a lungo. E, infatti, ha ragione, ma il tempo per decidere chi si dovesse sacrificare era inesistente e alla fine non c'era nessun altro che potesse correre questo rischio.
Yvan e Wolley, dopo essersi ritrovati, non si sarebbero voluti separare più, Yoshi non avrebbe retto al potenziamento e Daisy... beh, chi manderebbe una ragazza, anche se è in realtà un maschiaccio, da sola contro un mostro?
Si era proposto lui stesso, ma Luigi ha insistito che lui dovesse guidare gli altri.
Lo ha sorpreso. Ha avuto fegato e Mario lo ha apprezzato per questo. Pensa che stia maturando, che si stia evolvendo. Un anno fa non si sarebbe mai offerto volontario, avrebbe avuto troppa paura, avrebbe cercato una soluzione che non comportasse l'esporsi in prima persona, avrebbe lasciato che qualcun altro andasse avanti al posto suo.
Pare che nessuno si sia mai ancora accorto dell'intrinseco eroismo di questo piccolo individuo.
Sarà anche un po' pauroso, è vero, avrà l'aria d'essere sempre fuori posto, magari è vero, forse in un primo momento Mario ha dovuto incoraggiarlo a buttarsi in un'impresa inconcludente, pericolosa e forse mortale, può darsi che qualche volta abbia tentennato, o che abbia rimpianto di non essere rimasto a casa a condurre una vita noiosa e prevedibile ma sicuramente molto meno rischiosa, a sgorgare lavandini, nelle case delle vecchiette mezze sorde che vivono da sole e si lamentano che i loro figli non vengono mai a trovarle, intasati dai peli dei loro cento gatti, lasciando correre quando fingono di non capire e ti lasciano meno di quanto devono, per non mortificarle e per non essere accusati di essere dei ladri e di sottrarre loro la pensione... Però, al contempo, c'è da riconoscere che ha dimostrato di avere un grande cuore, che può essere assimilato al coraggio.
Mario non lo ha mai costretto a seguirlo, è stato lui a scegliere di farlo, a misurarsi contro mostri più grossi di lui e a dirigere la sua piccola squadra di tenaci condottieri alla ribalta.
Lo avete mai visto fuggire senza nemmeno provarci, lo avete mai visto non assumersi le sue responsabilità, o abbandonare un amico in difficoltà?
Pare se la sia cavata bene, fino a ora, ed è per questo che Mario ha deciso di dargli fiducia.
Ma, dopotutto, continua ad avere molta paura per lui.
Adesso, però, deve evitare di pensarci e di perdere tempo, deve andare a prendere Peach.
Peccato che non abbia la minima idea di dove trovarla!
Ma non c'è da disperarsi, l'unica cosa che sembrerebbe discretamente sensata da fare sarebbe ispezionare il castello piano per piano, anche se ci impiegherebbero una quantità spropositata di tempo.
Mario cerca di riflettere.
Durante il viaggio, li hanno spiati con delle telecamere, dunque ci deve essere da qualche parte una sala con dei televisori, degli schermi di sorveglianza a cui queste telecamere siano collegate... E se hanno tenuto d'occhio loro, non è abbastanza plausibile pensare che tengano d'occhio anche la prigioniera?
Si convince che trovare questa sala sia il primo passo, per potere almeno avere un'idea di dove andarla a cercare.
Così cominciano a salire, ma non sanno che la stessa Peach che vogliono raggiungere sta scendendo.
Intanto, Larry Koopa sta correndo come un pazzo, anzi no, che dico, sta planando, sta spiccando il volo, tanto che tra poco qualcuno lo vedrà veramente tuffarsi a pancia nel cielo e, indicandolo freneticamente con un dito accusatore, dirà la classica e banale frase che tutti dicono in queste occasioni: è un uccello, no, è un aereo, macché, è superman!
Sì, va beh, però mica siamo usciti dal castello, sempre qua dentro stiamo!
Perciò, il massimo che gli possiamo vedere raggiungere è il soffitto, altro che cielo.
E come c'è salito sul soffitto, vi chiederete voi?
Beh, immagino che tutti a casa nostra abbiamo le tende alle finestre, quelle che di solito sceglie la nostra mamma e che sono sempre immancabilmente orripilanti, ma che un bel dì, all'improvviso, dopo tipo diciassette anni che le abbiamo avute sempre uguali e che ci siamo ormai rassegnati a doverle vedere ogni giorno finché non abbandoneremo il nido materno, lei impazzisce e inizia a vederci attaccate sopra tarme inesistenti e si fa prendere dalla fregola di cambiarle e tu speri che per lo meno le scelga più belle... macché, fanno più schifo di quelle di prima!
E perché un koopa non dovrebbe avere un minimo di gusto in più di nostra mamma -che, se ci pensiamo, non è che ci voglia poi molto- e mettersi le tende in casa sua?
Quindi, tutto 'sto brodo era per dire che è appunto su queste tende che Larry s'è arrampicato fino a raggiungere il cassettone, sapete, quello di avvolgimento della serranda. E secondo voi perché l'ha fatto?
Ma naturalmente perché suo fratello Bully ha il culo flaccido ed è troppo pesante e troppo poco agile per arrampicarglisi dietro e inseguirlo, e se anche ci riuscisse, per miracolo, il suo peso farebbe crollare tutto.
E poi, per precauzione, quel furbastro se le è pure tirate su, ed è così che ha trovato il suo scampo, e ce lo ha trovato così tante volte che ci si potrebbe fare un cocktail.
Quindi, non dovrebbe risultare troppo difficile immaginare in basso un Roy molto incavolato che saltella e pesta i piedi e agita i pugni e strepita minacce incomprensibili, mentre il piccolo Larry se ne sta in alto a dondolarsi e a farsi delle crasse risate e a prendersi gioco del fratello così grande e grosso ma anche, ai suoi occhi, così stupido.
“Odio, ripeto, odio quando te ne sali lì sopra!” grugnisce il bullo “Mi fai sbiellare!”
Larry gli rivolge un sorriso sornione che sparisce immediatamente dopo, quando si sente accusare in un modo molto amaro, che non si aspettava.
“Hai chiuso Bowser junior a chiave nella stanza della principessa! Lo hai lasciato da solo! Così piccolo! Da solo!”
Larry trasalisce. “Come fai a saperlo?”
“Lo so perché lo ha detto lui. I magikoopa l'hanno tirato fuori da lì in lacrime!” continua spietatamente Roy “L'ho sentito dire qualcosa che non vorresti mai sentire da un bambino di quattro anni...”
Larry si trova suo malgrado a deglutire, mentre sente un brivido corrergli giù per la schiena e poi la vocina della sua coscienza che gli sussurra all'orecchio: Sei un pessimo fratello maggiore!
“Ho avuto degli ottimi maestri...” borbotta Larry, ma questo non lo dice ad alta voce, si sentirebbe un po' stupido e poi si sente già un po' in colpa “Non avevo scelta.” si difende invece “Non sapevo in che altro modo farlo smettere di...”
“Scendi giù così ne parliamo meglio.” lo interrompe Roy, in tono sempre arrabbiato ma giusto un pelino più conciliante di prima.
“Ah, no, fossi matto!” si mette subito sulla difensiva lui “Tu vuoi uccidermi.”
“No, razza di scimunito, se scendi di tua volontà non ti uccido...”
“Non ci penso nemmeno.” si ostina.
“Che palle.” il tono ritorna esattamente quello di prima “Ti devo tirare giù per forza con la forza.”
E, in risposta, l'ormai irrecuperabile canaglia, ignorando quell'insistente vocina che lo implora di non esagerare troppo, gli esce la lingua.
Ma il broncio di Roy si trasforma in un ghigno quando decide improvvisamente di tirar fuori la sua bacchetta magica personale, quella che si usa contro i nemici, quella che non alzeresti mai contro tuo fratello, se fossi una persona normale.
“Sei impazzito?” salta su infatti Larry quando si rende conto che l'incantesimo l'ha sfiorato “E comunque hai una mira disastrosa.” aggiunge disorientato, salvo poi tapparsi inutilmente la bocca con le sue stesse mani. L'hai detto e non puoi più rimangiartelo, lo avvisa il grillo parlante, ora sono cavoli tuoi, se ti becchi le legnate sappi che te le sei volute.
Ma Bully non aveva intenzione di colpirlo, solo di confonderlo, e infatti c'è riuscito. Ed eccolo lì che scuote il muro a suon di pugni.
Larry cerca di aggrapparsi più che può, ma perde l'equilibrio e casca come un frutto dall'albero e intanto si rassegna di aver toccato il fondo e che risalire sarà piuttosto difficile.
“Mannaggia alla mia lingua lunga, però... era da così tanto che non parlavo più che ci avevo ripreso gusto... mi son fatto contagiare da Dentolino.” pensa, un attimo prima che suo fratello gli si avventi contro come una furia.
Decide di chiudere gli occhi, non tanto per la paura ma perché immagina che le botte che si è decisamente meritato saranno sicuramente troppo forti da mandarlo all'ospedale se non direttamente al camposanto.
Nel mezzo deliquio che segue, sente qualcuno esclamare: “We, ca' violènz!”
Riapre gli occhi e si accorge che Bully non c'è più. Al suo posto è comparso un dinosauro verde con le ali e con le guance gonfie come quelle di uno scoiattolo che ha fatto le scorte per l'inverno. Dietro di esso, fanno capolino due figure umane e altre due non propriamente umane, potremmo dire umanoidi o, meglio, micotiche.
Non se lo aspettava. Per il suo cervello, che a causa del terrore momentaneo stenta a connettere, queste apparizioni non hanno il minimo senso e, prima che lo possano fermare, lancia un urlo disumano.
“Calma, guagliò.” riprende in tono allarmato l'uomo basso che aveva parlato prima. La tuta da pinguino che indossa lo rende decisamente buffo, così come il suo accento, ma Larry è troppo sconvolto per mettersi a ridere.
“Non vogliamo mica farti del male.” aggiunge gentilmente la ragazza dai capelli rossi che lo accompagna.
Larry fissa il gruppetto che gli si rivolge e pensa che, dopotutto, quelle che vede gli sembrino delle facce amichevoli.
Poi vede il dinosauro -a vederlo bene, non fa paura, anzi è grazioso- che sputa fuori dalla bocca un Roy tutto insalivato che quando si rialza tremando pare decisamente scosso.
“All'armi! Sono arrivati!” urla, come una sentinella in tempo di guerra. E, di colpo, si para di fronte a lui, come se volesse nasconderlo, come se volesse proteggerlo, non senza confonderlo leggermente. “Ma se poco fa mi stavi per ammazzare...” si stupisce.
“Macché dici, non è vero.” si risente Bully senza spostarsi “Dopotutto ci tengo a te.”
A Larry viene in mente un pensiero che non aveva forse mai fatto prima, e arrossisce: “Già, forse, in fondo molto in fondo, mi considera sempre il suo fratellino e mi vuole bene, anche se me lo potrebbe dimostrare meglio...”
“Allontanatevi da noi, altrimenti vi trasformo in... qualcosa di ripugnante.” ringhia minacciosamente Roy, ma la bacchetta che sta cercando è rotolata via.
Si scoprirà in seguito che l'ha raccattata Daisy.
Il dinosauro abbassa le palpebre per un momento, poi Roy sparisce di nuovo dentro la sua bocca. Da lì, lo si ode bofonchiare qualche cosa che, per fortuna, non si capisce molto bene.
“Zitto.” gli intima tranquillamente l'uomo “Altrimenti Yoshi ti ingoia!”
Questa scena risulta inaspettatamente comica e Larry non può impedirsi di scoppiare in una sonora e accorata risata.
“Ah, ti diverti?” fa uno dei due toad, quello con la testa a pois blu e il giacchetto smanicato blu navy alla marinara che intanto sta stringendo a sé, in un modo piuttosto possessivo e senza nessuna vergogna, quell'altro con la testa a pois gialli con il foulardino rosa carico al collo e il gilet giallo firmato imbottito.
“Voi siete quelli che devono salvare Peach, non è vero?” domanda candidamente il piccolo koopa.
“Esatto.” conferma l'uomo “Stiamo cercando indizi per trovarla, anzi, se ci potessi indicare dove sta la sala mainframe te ne saremmo grati...”
“La sala... che?” chiede Larry che ancora si strica per terra dal ridere.
“Insomma, quella dove stanno gli schermi...”
“A che vi serve? Non sarebbe più semplice chiedermi direttamente dov'è lei?”
“Vuoi dire che tu sai dov'è?” gli chiede la fanciulla mostrandosi stupita.
“Oh, sì. Veramente, ve l'ho mandata dietro io stesso, tramite un passaggio segreto... quindi se voi siete qua, mi sa che per incocciarla dovete ridiscendere al piano di sotto.” spiega lui stringendosi nelle spalle.
A questa rivelazione, Mario sgrana gli occhi e si gira verso Daisy che s'è portata una mano alle labbra, come se fosse sconvolta, mentre Yvan e Wolley continuano ad abbracciarsi convulsamente senza dire una parola.
Poi la ragazza caccia un grido molto acuto, gira sui tacchi e inizia a correre nella stessa direzione da cui sono arrivati, sembra disperata.
Mario le va dietro a ruota.
Yoshi sputa fuori una seconda volta Roy, che si spalma a terra, e li insegue a sua volta.
Larry resta colpito da tale reazione. “Ho fatto qualcosa di sbagliato?” chiede, sinceramente confuso guardando i due funghi, con una faccia che quasi quasi assume la forma di un punto interrogativo, ma anche loro si stanno affrettando.
Rimangono da soli, lui e Roy.
Quest'ultimo alza la testa a passo di lumaca.
“Non ho la minima idea di cosa sia appena successo!” ammette alzando le sopracciglia.
Ha perso gli occhiali da sole che si mette sempre sul naso e ha un'aria a dir poco sperduta. Tutta la sua rabbia è evaporata.
Larry lo aiuta a rialzarsi e insieme se ne vanno nella stessa direzione in cui è sparito il gruppetto.
Nel frattempo, potete ben immaginare quanto le zanne di Bowser si stiano insudiciando, dello scempio che stia combinando.
Perché Luigi può anche essere diventato grande e grosso, ma le sue uniche vere armi sono quelle estensioni naturali che Dio ha posto all'estremità degli arti di ogni uomo, mentre Bowser sta messo molto meglio, dispone di fuoco, di denti acuminati, di una forza sicuramente superiore a quella di un umano, sia esso una pertica o un nanerottolo, e di una brutalità innata.
In poche parole, non c'è partita!
Ma torniamo a Peach.
Dire che i ruggiti del suddetto Bowser scuotano le mura del castello può sembrare veramente ridicolo, ma la principessa ha la pelle d'oca al solo sentirli.
“Smettila di tremare, sembri un chihuahua con la febbre!” le intima Wendy.
Peach cerca di giustificare quel riflesso involontario delle proprie membra.
“Fa freddino.” bisbiglia, e non è che stia esattamente mentendo.
La koopa sembra impermalita per qualche ragione e ne approfitta per inveire. “Certo, come no! Freddino! Nella Terra dei Koopa! Alla base di un vulcano!” sbotta “Appena la finiamo, tanti saluti e chi s'è visto s'è visto!”
Quello che la nostra futura duchessina non sa, o che magari -chissà- si rifiuta di riconoscere, è che lei è, dopotutto, un rettile, a sangue freddo come gli squali, e pertanto risulta meno sensibile alle temperature di quella delicatissima principessa umana, che alle volte pare che basti soltanto sfiorarla con un fiore perché si faccia male, soprattutto se quel fiore che utilizzi per sfiorarla è un carciofo.
Peach rotea gli occhi senza farsi vedere. “Eccola che ricomincia.” non può evitare di pensare “Non ha smesso un attimo di fare l'antipatica, chissà a chi pensa!”
“Dimentichi che di qua partono i condotti per il raffreddamento che ha installato Iggy!” la contraddice inaspettatamente Morton.
“Sì?” fa la principessa, che oramai ha ben capito con quale dei due bowserotti si possa discutere senza il rischio di venire aggredita verbalmente.
“Sono fondamentalissimi se no il castello si scioglie e poi ci dobbiamo trasferire!” continua allegramente il koopacchiotto nero.
“Come funzionano?” si informa lei.
“È praticamente come una specie di grosso freezer che s'appiccia alle pareti e le tiene alla temperatura giusta controbilanciando il calore che arriva da fuori.” spiega lui tutto contento che gli sia stato chiesto di dire qualche cosa.
“Ma non è pericoloso?” si allarma Peach.
“Nooo, perché nostro fratello è tipo una specie di genio e ha sistemato le valvole alla perfezione anche se prima ha dovuto fare tipo un centomigliaio di prove e infatti ha già scassato altri tre castelli prima di trovare la 'dosazione' giusta, pensa che si spaccavano tutti e abbiamo rischiato che ci cascassero in testa ma però noi ci abbiamo la pellaccia dura e ci pieghiamo e non ci spezziamo e però papà l'ha mazziato e poi l'ha perdonato solo quando ce le ha regolate in modo da attaccarci l'aria condizionata che girava anche dentro e fuori dalle nostre stanze solo che poi la ventola è impazzita ed è partita come un motoscafo e ha fatto un bucone nel muro e s'è sgretolato tutto tutto dovevi vedere che faccia ha fatto era tutto rosso e tra un poco gli uscivano gli occhi dalla faccia.”
Morton riprende fiato, ma la principessa l'ha ascoltato soltanto per metà.
Un topo le è appena passato a un centimetro dalla scarpetta sinistra, l'ha sfiorata e lei ha dovuto fare uno sforzo per non mettersi a strillare per lo schifo.
Non vede decisamente l'ora di uscire fuori da quel maledetto buco, tra un po' le verrà un attacco di claustrofobia.
Il suo pensiero va a Larry, quel piccolo koopa che s'è rivelato tanto gentile nei suoi confronti, e si chiede se sia riuscito a scampare alle botte di suo fratello.
Questi ragazzi hanno un problema serio, riflette, è come se fossero fuori controllo, si distruggono tra di loro, vanno perfino contro l'autorità del padre, ognuno di loro, a modo suo, cerca disperatamente di affermare la propria individualità.
“Come possiamo aiutarli? Come li rimetteremo sulla giusta via?” si chiede, rendendosi conto soltanto dopo aver formulato questo pensiero di avere inconsciamente utilizzato il plurale.
Domande senza risposta...
Quando la tanto agognata porta che segna la fine del passaggio segreto si para di fronte a lei, Morton sta ancora chiacchierando e Wendy sta ancora tenendo il muso.
Nessuno dei tre si muove per un attimo, poi è la stessa Peach a prendere l'iniziativa.
È stanca, tanto stanca di tutto quanto, vuole solo tornarsene a casa al più presto possibile.
Cerca il tasto per aprirla, lo trova, lo attiva.
Non sembra che la porta si apra, sembra che, letteralmente, scompaia.
Un risucchio improvviso li scaraventa tutti e tre fuori mandandoli a spiattellarsi contro la parete. È bollente, si accorge la principessa, a confronto con quelle della galleria in cui è appena stata.
Un altro rugghio si fa sentire, molto più forte dei precedenti, la donna capisce con un sussulto che Bowser deve essere vicinissimo.
Stringe i denti e sente il cuore che vuole imitare con i suoi battiti un assolo di bongo.
“A che piano ci troviamo?” chiede, con un certo affanno.
“Ne abbiamo scesi un bel pochettino.” le risponde il ragazzino “Dovremmo essere al secondo.”
Peach sta per aggiungere qualcosa, ma si interrompe quando sente un grido indiscutibilmente umano riempire il vuoto lasciato dal fragore di poco prima.
“Qualcuno è in pericolo!” esclama, spaventata.
Si alza in piedi e corre nella direzione da cui l'ha sentito provenire.
Mentre lo fa, si rende perfettamente conto che si tratta di un gesto stupido, che potrebbe vanificare tutto ciò che ha fatto finora e compromettere la sua fuga. Ma se Bowser sta per far fuori qualcuno per causa sua, deve almeno tentare di fermarlo.
È questo un istinto piuttosto eroico e disperato che la confonde, ma che ha il sopravvento.
Sbuca fuori da un corridoio e, di fronte a lei, vede un gran cornicione.
Si affaccia imprudentemente dalla ringhiera e guarda stravolta sotto di sé le fiamme che devastano tutto e che provengono niente di meno che dalle fauci di Mega-Bowser, luminoso e magnifico come un albero di Natale.
Si sporge al punto da rischiare di cadere di sotto, affascinata da quello spettacolo malgrado tutto stupefacente. Assiste a uno scontro che le mozza per un attimo il respiro, oppure sarà tutto questo fumo che pervade la sala?
Riconosce il jumpman dal berretto verde che ha tanto implorato perché venisse a salvarla. Ma è alto, troppo alto, molto più alto di quanto si aspettasse. Non meno alto è Bowser, strano, non si ricordava che fosse così alto.
Se ne scopre affascinata, seppur sia chiaro chi dei due stia avendo la meglio.
In fondo, Bowser s'è dimostrato piuttosto buono e comprensivo, per lo meno con lei. Magari potrebbe tentare di farlo ragionare, di calmarlo...
Ma si sente come paralizzata mentre lo osserva schiantarsi sul suo nemico con una a dir poco atroce cattiveria concentrata negli occhi vermigli.
C'è in lui qualcosa di meravigliosamente selvaggio, è come se si guardasse un leone che attacca una zebra, ha una grazia innata nel muoversi, nell'aggredire, nel divorare, e ciò si rivela orrendamente spaventoso ma soprattutto, a modo suo, è bellissimo.
L'incantesimo però si spezza quando le terribili zanne del mostro si chiudono sul collo dell'uomo e il sangue inonda a fiumi il pavimento dell'arena, ne invade le pareti, ne tinge addirittura il soffitto.
Sotto quel terribile colpo, Luigi perde clamorosamente in un attimo il suo potenziamento, torna alle sue dimensioni originali, precipita prima nel palmo aperto del suo avversario, poi scivola a terra.
Il koopa re non si preoccupa se sia vivo o morto, ma solleva il colossale piede per calpestarlo come un misero insetto.
Peach si accorge di avere la nausea e porta le mani alla bocca. Urlerebbe anche di orrore, ma si sente qualcosa in gola che le impedisce di emettere qualsiasi suono.
Poi si sente tirare all'indietro.
“Dico, ma sei cretina?!” sibila la voce irritatissima di Wendy “Stavi per farti scoprire come un'imbecille, dopo tutto quello che abbiamo fatto!”
“Ma io non posso...” tenta di protestare.
“Zitta! Non hai idea di quanto siano fini i sensi di mio padre quando assume quella forma.” sussurra la koopa stravolta “Dev'essere molto concentrato nello scontro per non essersi accorto di te.”
Peach si rialza e nel guardare i due bowserotti, entrambi sinceramente spaventati, è come se tornasse in sé.
“Avete ragione. Scusatemi, vi ringrazio tantissimo.” mormora mortificata “Avete fatto tanto per me e non lo dimenticherò mai.”
Sta per avviarsi, ma non sempre le cose vanno come ci si aspetta.
Una specie di scossa di terremoto fa vibrare tutto il balconcino.
La principessa rimbalza all'indietro ed è costretta ad aggrapparsi alla ringhiera per non finire giù.
Bowser è appena caduto, ed è stata la sua mole a provocare questo scompiglio.
A causare tale caduta è stato lo stesso Luigi che, iridato grazie a una stella che doveva aver nascosto in tasca insieme al fungo rapa, lungi dal farsi schiacciare, s'è drizzato sotto il suo piede.
“Brutto figlio di una troia sifilitica!” brontola in modo per niente simpatico Bowser rialzandosi, poi di colpo percepisce una zaffata di profumo e si volta di scatto verso la sua fonte.
Non appena la individua, sembra che la sua rabbia si plachi, che si addolcisca.
“Principessa, tesoro.” dice “Cosa ci fai qui? Come sei riuscita a uscire?”
Lei si sente morire, si sente spacciata, condannata. Qualcosa, o qualcuno, strilla disperatamente nella sua testa. Si rialza lentamente e poi rimane immobile a fissarlo senza rispondere.
Privi del tutto di tempismo, Wendy e Morton le compaiono al fianco.
“Cucci-Pucci! Dentolino!” esclama Bowser, confuso, nel riconoscerli “Ma cosa succede?”
La loro aria colpevole e l'insolito silenzio di entrambi gli fanno improvvisamente sorgere un dubbio spaventoso.
Sente odore di tradimento. I suoi occhi scarlatti sembrano adombrarsi.
“Voi due...” comincia, incredulo.
Poi lo stupore iniziale si tramuta in rabbia.
Allora una delle sue mastodontiche zampe ha uno scatto e, in un attimo, prima che possa compiere qualsiasi tentativo di fuga, la principessa si trova imprigionata dentro il suo grosso pugno che stringe, ma sempre in qualche modo gentilmente, per non rischiare di acciaccarla.
“Come vi siete permessi di farla uscire?” rimprovera i due bambini con il fumo che gli svampa dalle narici “Sarete puniti per questo.”
“No!” strilla Peach, colta da un istinto protettivo “È stata colpa mia!”
Bowser se la porta davanti al naso.
“Come può essere colpa tua, mia cara?”
Sulla faccia di Peach si dipinge il terrore, ma tenta di nasconderlo.
“È una storia vecchia come il mondo, mio tesoro.” sputacchia il re “Devi fare la brava. Devi tornare indietro per farti trasformare...”
“Non voglio!” grida lei “Non mi puoi costringere!”
Al che Bowser serra paurosamente gli occhi.
“Scommettiamo che invece ti costringo?” ruggisce e, mentre parla, la stretta intorno alla vita della principessa aumenta gradatamente.
Ma ci siamo forse dimenticati di Luigi?
Come avrete potuto immaginare, negli ultimi tempi nell'animo e nell'orgoglio dell'uomo ha gradatamente ma inesorabilmente messo radici un processo di cambiamento, e se una volta passare inosservato gli sarebbe andato più che bene, adesso gli brucia da pazzi.
Sì, ma brucia soprattutto fisicamente, e manda lampi e tra poco anche saette.
Vi chiederete cosa mai potrà fare un povero ometto che, al confronto con il suo pantagruelico mostruoso nemico, definiremmo microscopico. Me lo domando anche io.
In un caso critico come questo, la forza non basta.
Ciò che ci vuole è un bel colpo di astuzia.
Alla vista di Peach, Luigi ha capito che Mario è andato nella direzione sbagliata.
Non ha garanzie che si accorga del suo errore e che torni indietro, ma se lo augura.
Tutto quello di cui ha bisogno è guadagnare tempo.
Stringe in una tasca la sua scorta di mini uova di Yoshi già etichettate, di power ups tutti diversi.
E poi gli viene l'idea pazza di combinarne gli effetti.
Un fiore blu e le sue mani gelide si stringono intorno alla coda di Bowser.
Lui nemmeno se ne accorge, ma pian piano il ghiaccio si diffonde internamente al suo corpo fino a raggiungere la mano che stringe la principessa in ostaggio.
Un fiore rosso e una vampata di fuoco schizza fuori dalle sue dita e vi si schianta contro.
L'effetto di questo contrasto improvviso, freddo-caldo, è insolito e interessante, le squame che ricoprono quel quadrato di pelle saltano via come tappi di champagne.
Naturalmente, fa male, più o meno come una puntura di scorpione.
E Bowser salta su strillando di dolore, nonostante sia molto grosso e refrattario ai morsi degli aracnidi.
E la sua mano si apre involontariamente con uno scatto.
E la principessa scivola giù.
L'altra mano del drago si protende per acchiapparla prima che finisca per terra e si spacchi la testa.
Ovviamente, Luigi è più piccolo, più agile e quindi più veloce.
Un balzo e l'ha presa al volo, la tiene tra le braccia come una bambina e la allontana dal mostro.
Che ora, giustamente, s'è incavolato.
Peach ha una faccia stravolta dal susseguirsi così repentino degli eventi, ma Luigi non la guarda, pensa solo a quanto sia difficile correre con questo nuovo peso da trasportare.
Gli si avvinghia senza dire niente, intimidita, e pensa che, dopotutto, alla fine sia arrivato il suo principe azzurro.
E sì che aveva dubitato che esistesse. E invece, adesso è lì che la stringe tra le sue braccia poderose, che la protegge con il suo corpo, che la incoraggia a recuperare la speranza che aveva ormai quasi perduto.
In lui c'è qualcosa di rassicurante, un calore che la conforta, che le dà in qualche modo la sensazione di non essere veramente rimasta da sola, la certezza quasi matematica di avere ancora qualcosa da aspettarsi, qualcosa che le impedirà di autoannullarsi, qualcosa che la spronerà a continuare a vivere.
Si scuote dalle sue fantasticherie scolastiche quando si rende conto d'essere in pericolo mortale.
Infatti, Bowser li insegue, il suolo viene scosso a ogni suo passo, producendo un rimbombo inquietante, da fare invidia a jurassic park.
“Sta arrivando!” esclama angosciata nonostante abbia l'impressione di esser finita sull'espresso per la libertà.
“Avrei bisogno di qualcuno che mi copra le spalle” mormora il 'principe' mentre le sue lunghe gambe procedono in avanti, inarrestabili e svelte come le ruote di un treno “Sei disposta a farlo tu?” le chiede allungandole uno strano ovetto a pois verdi.
La principessa lo prende e non riesce quasi a credere ai suoi occhi quando ne vede uscire, anziché un pulcino o un dinosauro, nientedimeno che un ombrello giallo, con le rifiniture celesti e due occhietti vispi e pieni di vita.
La sua funzione è piuttosto chiara.
La principessa trova naturale aprirlo dietro la schiena del suo liberatore, in modo che entrambi vengano protetti dalle palle di fuoco che Bowser, ormai pazzo, lancia loro contro.
“Ma non teme di bruciare anche me?” si chiede Peach in mezzo al fumo che le fa lacrimare gli occhi.
Poi, senza preavviso, si sente rimettere bruscamente in piedi.
Si rende conto di trovarsi su una pedana.
“Tieni l'ombrello dritto così.” le ordina Luigi mentre tira una delle corde che la sostiene.
La pedana inizia a sollevarsi in aria, ma le fiamme, se anche non raggiungono loro, bruciano le corde.
Il meccanismo si blocca, la carrucola resta a penzolare a metà.
La principessa e Luigi scivolano, per il contraccolpo si trovano a rotolare a terra.
“Ora la smetterete di rovinarmi la festa.” sbraita Bowser piombando su di loro.
Luigi le fa scudo con il proprio corpo, ma Peach lo imita a sua volta e brandisce l'ombrello come un'arma.
“Ehi, sono io che devo salvare te, non il contrario!” dice Luigi, colpito.
“Lascialo in pace.” grida la principessa, rivolta al drago “Non hai bisogno di ucciderlo per avermi!”
Luigi si rende conto che mentre parla sta piangendo. Ma Bowser s'è fermato.
“Vuoi farmi credere che alla fine ti sacrifichi per questo mezzo imbecille che non è nemmeno stato in grado di portarti fuori da qui?” dice con la sua voce cavernosa “Ma non mi fare ridere!”
La mano scatta per prenderla.
E Luigi vi lancia contro a tradimento un getto d'acqua bollente che lo ustiona.
“Scappa!” geme mentre Bowser grugnendo si vendica a modo proprio, abbassando le fauci per ingoiarlo tutto intero.
La principessa invece rimane ferma dov'è, con i denti stretti e gli occhi spalancati.
Con una carica di adrenalina che mai si sarebbe sognata di sentirsi scorrere in corpo, prende in un attimo la mira e conficca decisa la punta dell'ombrello dentro l'occhio scarlatto di Bowser.
L'urlo che il mostro caccia è terrorizzante, sconvolgente, stratosferico, sembra che tutto il mondo e tutti gli universi debbano esserne rasi al suolo.
Luigi si sente afferrare. Peach si sente afferrare.
Un tubo si apre di fronte a loro, vengono spinti bruscamente dentro.
Scivolano per un abisso oscuro che sembra senza fondo.
La nausea che li prende sembra voler svuotare i loro visceri da qualunque cosa abbiano mangiato in tutta la loro vita.
Angolo autrice:
Cari ragazzi, mi scuso per l'ennesimo ritardo, ma spero che mi comprenderete... questo capitolo proprio non voleva venire fuori... spero che alla fine vi sia piaciuto e che l'attesa sia stata ripagata. Ringrazio tutti quelli che hanno avuto la pazienza e il cuore di leggerlo. Non ci metto la mano sul fuoco, ma il prossimo dovrebbe essere l'ultimo. Vi rinnovo il mio invito a recensire e lo 'inoltro' in particolare agli utenti marzia ds e Franciesco td che hanno messo la storia nelle seguite... Se ci sei, batti un colpo (di tastiera). E dopo questa battutaccia, me ne vado sperando che non seguiate il mio esempio. Ciao ciao! |
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Capitolo 11 *** dea ex machina ***
Attenzione: questo capitolo conclusivo è lunghissimo. Cercate di leggerlo in un'unica tirata, se potete.
“Meno male che non ho tenuto su quelle odiose scarpette con il tacco!” pensa Daisy mentre percorre a ritroso il corridoio, verso il mostro da cui sono appena scappati.
Sente il cuore che le pulsa, ha il fiatone ed è tutta scarmigliata, ma il timore che s'è accorta di provare le impedisce di fermarsi.
Quando è di nuovo nella sala, assiste terrorizzata a una scena impensabile.
Vede Peach -sì è proprio lei, com'è sciupata!- che fronteggia Bowser che le ringhia contro.
Lo affronta con un ombrello.
Arma un po' ridicola, sicuramente molto femminile, ma da lei non se lo aspettava di certo. Allora non è proprio quel tipo di principessa che le ha sempre rimproverato d'essere...
Dietro di lei, Luigi ha la faccia di chi è sul punto di cedere. Per via del 'sovradosaggio' di power ups, non si riesce più a capire di che accidenti di colore sia il suo cappello, tende a una sorta di beige-marroncino-cacchina. Lui perde copiosamente sangue da una tempia, santo cielo, ma si erge fieramente in piedi, com'è resistente nonostante tutto.
Il cuore le si acquieta per il sollievo di vederli entrambi vivi, ma il drago che li minaccia sembra voler rendere temporanea questa situazione.
Mentre sta andando loro incontro, quel maledetto di Bowser ruggisce di dolore e l'ombrello è sparito dalle mani di Peach...
Sembra che il tempo si sia rallentato.
Il boato che riempie l'aria sembra volerle distruggere le orecchie. Con esso, parte anche una vampata di fuoco e fumo che rende la suddetta aria in breve irrespirabile.
Daisy non ha la minima idea di come si usi questa stupida bacchetta che ha fregato poco fa a uno dei figli di Koopa, ma deve farne qualcosa, senza dubbio.
La punta, pregando di non ucciderli.
Ed è come se osservasse qualcun altro e non se stessa dall'esterno quando lancia un raggio rossissimo, lucentissimo e potentissimo sui due.
Che si sollevano in aria e vengono attratti come da una calamita, come se un lazo da cowboy li avesse acchiappati al volo e tirati indietro.
Bowser, mezzo cieco e con il sangue che gli sgorga a fiotti dall'occhio trafitto, caccia un altro rugghio rabbioso, tenta di prenderli, ma gli sfuggono per un soffio.
Daisy percepisce la presenza di Mario accanto a sé. L'idraulico le tocca un braccio, facendole intendere che è pronto a riceverli.
Ma, sarà l'emozione o la sua scarsa esperienza, il raggio che li attira si dissolve con una piccola scossa che la raggiunge, la scotta e le fa saltare la bacchetta di mano.
La pietra preziosa sulla sua punta si incrina quando tocca il suolo e la magia comincia a fuoriuscire impazzita.
Ed ecco che si apre, spuntando dal terreno, la bocca di un gigantesco tubo non concreto ma evanescente, materializzatosi dal nulla.
Peach e Luigi ci finiscono spietatamente dentro, ma Mario fa un salto e riesce in extremis ad afferrare il polso della principessa.
Daisy fa lo stesso, o almeno ci tenta. Prende la mano di Luigi, ma prima che possa muoversi ancora si vede arrivare addosso, a grandi passi, un furente, accecato e incazzatissimo Bowser.
Un colpo di coda le sferza la guancia.
Strillando suo malgrado di dolore, Daisy si accascia e viene tirata inesorabilmente giù dal peso del ragazzo che ha cercato di salvare dritta nel dirupo, da cui Mario ha appena tirato fuori Peach.
Ha perso coscienza, poveretta, forse le è mancato il respiro, e così Mario è costretto a caricarsela proprio a peso morto.
“Rieccoti qua, piccolo Jumpman rosso!” esclama il drago “Per quello che mi riguarda, tu e tuo fratello vi siete semplicemente dati il cambio. Io vi riserverò lo stesso identico trattamento.” Con il rischio di tirarsi dietro pure il bulbo oculare, si strappa via il diabolico ombrello che l'insospettabile principessa gli ha conficcato dentro l'orbita. Lo scaglia via, tutto insanguinato, creando una macchia scura sul pavimento, non senza un grugnito di dolore.
La cosa fa impressione e risulta quasi una minaccia.
Mario lancia un'occhiata disperata al vortice in cui sono scomparsi suo fratello e Daisy. Non ha idea di dove conduca, può solo sperare che non si tratti di un posto pericoloso.
Comunque sia, non è disposto a rischiare. Anche perché la bacchetta è stata appena distrutta dal piede di Bowser, la voragine è sparita e con essa anche tutto ciò che c'è caduto dentro, rendendone improbabile il reperimento.
“Yvan!” chiama, mentre interrompe la carica del mostro sparandogli contro un mucchio di fiocchi di neve.
“Eccomi.” dice il fedelissimo toad comparendogli al fianco.
“Portate la principessa al sicuro ché qui ci penso io...” gliela passa, ma ovviamente per lui è troppo grande perché possa tenerla in braccio, così Wolley lo aiuta prendendola per le gambe. Insieme la caricano sulla sella di Yoshi per portarla via.
“Non vi azzardate!” grida Bowser vedendoli sparire e scioglie con le fiamme la barriera di ghiaccio che gli ha momentaneamente paralizzato le gambe “Lasciatela a me, lasciatela a me!” ripete.
“Ti ha ficcato un ombrello dentro un occhio! Non lo consideri una risposta abbastanza chiara? Lei non ti vuole!” gli grida contro Mario.
“Chi non ha mai avuto qualche screzio con la propria donna?” minimizza il drago “La perdono. Con voi non ha futuro. Lasciatela a me e io la renderò la mia regina.”
“È già destinata a essere regina. Non ha certo bisogno di te. ”
“Puah.” Bowser sputa per terra (inondando il pavimento) “E di cos'altro? Di quei ridicoli cosi con cui ci potrei fare l'insalata? Starebbe molto meglio come madre dei miei figli.”
Mario era partito per dare una poderosa testata dritta nello stomaco del koopa, ma s'è fermato e ha iniziato a riflettere su una nuova possibilità mai presa in considerazione prima. Madre dei suoi figli?
“Già, chi di lei potrebbe essere più adatta?” continua il re con aria quasi sognante “Già come umana è meravigliosa, come koopa sarà ancora migliore. E gliene farò fare altri...”
“Altri?” esclama scandalizzato Mario senza riuscire a trattenersi.
“Sì, almeno altri due.” conferma in tono convintissimo il drago “Sono convinto che grazie a lei verranno su benissimo. Ragazzi robusti e forti. Che mi aiuteranno nella mia opera di conquista.”
“Mi era sembrato di capire che ne avessi già abbastanza...”
Bowser si arrabbia per questa insinuazione, un pugno si abbatte sull'idraulico ma lo manca per un soffio.
“Abbastanza?” stavolta è lui a ripetere “Credi che possano essere abbastanza?”
“Quanti sono?”
“Otto.”
“E quindi?”
Bowser guarda il suo nemico per un momento con aria assorta, poi scuote la testa, come se si trovasse di fronte a un bambino ingenuo che ha appena fatto un'osservazione molto stupida.
“E quindi tu non puoi capire, perché sei un uomo e ragioni come un uomo!” dice sprezzantemente, come se si trattasse dell'accusa peggiore che si possa muovere a qualcuno “La specie deve progredire. Con nuove creature, la specie cresce, si perfeziona. Maggiori sono i figli, migliore sarà la discendenza. Solo assicurandosi un futuro si avranno buone possibilità di progresso.”
Mario si stupisce di aver seguito perfettamente il suo discorso. Fila tutto, eppure a parlare è un drago pazzo e orribile che rapisce le principesse bellissime per trasformarle in orridi mostri...
“Basta parlare, prendiamoci a pugni.” propone, e gli regala la testata che prima s'era trattenuto dal consegnargli.
Mentre se la giocano, noi dobbiamo allontanarci un momento da questa scena così tanto carina e insieme così tanto terrificante per introdurre un elemento che non possiamo definire del tutto nuovo.
Vi ricordate di Donkey Kong?
Eccovi là, come avevo previsto, siete tutti lì che pensate: ma che c'entra?!
È vero, di lui non s'era più parlato, -e voi eravate sicuramente felicissimi per questo- ma vi devo purtroppo ricordare che quando lasciò il nostro gruppo di eroi, li salutò con la promessa di rifarsi vivo. Non erano parole a vanvera, pensate che se ne sia dimenticato? Pensavate che se ne fosse tornato nel suo bel regno a farsi i cavoli suoi? E pensate che quel vecchio burbero spettro rompiscatole di suo nonno gli abbia permesso di farlo?
In una parola, in virtù del suo grande cuore scimmiesco, il grande gorilla ha accantonato la sua immensa natura di menefreghista e se n'è andato a reclutare.
Il fatto è che Koopa ha un gran bell'esercito, contrastarlo è difficile per degli esseri deboli (e per lo più stupidi, salvo eccezioni) come i toad.
Ma, una volta che costui ha rapito la loro principessa, è praticamente come se avesse dichiarato guerra all'intero Regno dei Funghi.
Eroi o non eroi, che comunque, ricordiamoci, non avevano nessuna garanzia di ritorno dall'impresa, i toad si sono resi conto (e finalmente, direi!) che se volevano recuperare la loro dolce e amatissima sovrana si dovevano dare essi stessi una mossa.
Nessuno poteva sopportare una simile atrocità, anche perché il povero re George Toadstool ne sarebbe sicuramente morto.
Ma avevano bisogno di rinforzi. Donkey e i suoi sono proprio cascati ad asino.
“Grande entrata in grande stile, mi raccomando, ragazzi!” esclama a voce alta proprio lui battendosi il petto possente per spronare il suo esercito di scimmie, ma anche uomini, toad, yoshisauri e simili “Facciamogli vedere i porci verdi!”
“Due cose, capitano.” prende la parola una goomba bionda dalla carnagione rosata e la mente acuta “Uno, semmai faremmo vedere loro i sorci, non i porci verdi. Due, il ponte che conduce all'ingresso è finito dentro la lava. Ergo: come facciamo a passare?”
“A tutte le autorità!” grida allora il gorilla, anche ironicamente “Cambiare rotta! Dirigersi verso la porta sul retro del castello, ripeto, la porta sul retro! Dietro front, avanti march! Su, che non è difficile!”
Dopo un gran giro (e occhi che roteano a destra e a manca) la truppa è arrivata alla suddetta porta che, si scopre, è scardinata.
“Bene, la resistenza di questi bastardi è minore di quanto ci aspettassimo. Tutti dentro!”
Ed è così che una fiumana inarrestabile di creature urlanti fa irruzione dentro il castello di Bowser.
Toad che si ribellano perché non si vogliono sottomettere ai soprusi, che scelgono di agire in prima persona per cambiare lo stato delle cose, il che se vogliamo è un'ottima metafora di rivoluzione.
I koopa sono stati talmente presi da Mario e compagnia bella che non si sono nemmeno immaginati che potesse succedere una cosa simile.
Un'insurrezione, un attacco, un blitz, addirittura!
La calca invade tutti gli spazi disponibili, come un gas letale diffuso nell'aria.
Ci sono perfino alcuni goomba che fanno da ponte umano, che si uniscono salendo l'uno sull'altro per permettere al resto della ciurma di attraversare il fiume di lava che scorre all'interno del castello.
Tra gli yoshisauri ci sono, naturalmente, anche Poshi e Woshi. Con loro, anche Boshi, tornato più cazzuto di prima in cerca di riscatto dopo la sua vergognosa fuga, e il piccolo re Bloshi che ha fatto onore al suo (immeritato ma pur sempre suo) titolo radunando tutti i dinosauri dell'isola sulla quale ha preso il comando.
Ogni nemico che incontrano viene travolto, sepolto, calpestato, trinciato, anche mangiato; le pareti vengono sfondate, sfasciate, travolte; ogni porta spalancata, sfondata, schiantata; ogni corridoio invaso, conquistato, devastato, occupato, riempito.
In testa a questa masnada c'è Donkey Kong, il generalissimo, con in spalla il generale semplice Goombella. Si è buttato in una corsa folle a quattro mani.
Nessuno gli ha detto che nel castello ci siano dei bambini, ma in realtà lo sospettava, e la cosa gli suscita dei pensieri non esattamente pacifici.
Quando vede Larry Koopa, indubbiamente figlio dell'odiatissimo Bowser che lo ha imprigionato come la bestia da circo che suo nonno gli ha sempre demonizzato d'essere stato in gioventù, gli viene su un sorriso crudele.
Ripensa alla sua penosa cattività che gli ha quasi distrutto la reputazione.
E siccome quel santone di Luigi ha reso vano il suo gesto di vendetta nei confronti di Ludwig, il desiderio di questa torna più forte e irresistibile di prima.
Depone a terra Goombella e si fionda su di lui.
Un urlo spaventato, quasi isterico, strazia la gola del piccolo ignaro Koopa che si è voltato all'ultimo secondo, ma non abbastanza in tempo da sfuggire alla carica della scimmia.
Bowser sbatte le palpebre incredulo nel riconoscere la voce del proprio settimogenito, una voce che praticamente non ha più sentito da un bel po' di tempo, da quando gli è stata ingiustamente tolta la parola. In realtà, gli è capitato di captare a volte una frase o due, origliando dietro una porta chiusa, ma non gli è certo bastata. E in tali occasioni si era sentito un ladro e non sapeva cosa avrebbe detto o fatto per essere lui il suo interlocutore, per poter avviare con il suo bambino una sana, innocente conversazione padre-figlio.
Spinge con noncuranza Mario da una parte e, per il momento dimentico della principessa, si precipita a salvare Larry, perché adesso è lui la cosa più importante.
“Non pensarci minimamente, brutto figlio di uno scimmione!” ruggisce “Nessuno si deve azzardare a toccare i miei figli!”
Donkey Kong e Bowser un tempo condividevano più o meno la stessa stazza.
Adesso, se esagerassimo un pochettino, il primo, anziché un gorilla qual è, a confronto con il secondo potrebbe risultare al massimo una sea monkey...
Non lo sapeva e non se lo aspettava nemmeno.
Vedendoselo arrivare addosso, ruggente e soprattutto gelosissimo, gli viene in mente che forse farebbe meglio a lasciar andare la sua preda... o magari a tenersela stretta.
Con un salto da scimmia vola lontano dal mostro nerboruto, sfuggendogli, e va ad appiccicarsi come una mosca fastidiosa nel muro in fondo, a strapiombo sul lago di lava, con il koopottolo che pende inerte da un suo braccio, tenuto in bilico con la mano aperta sotto il collo.
Donkey pensa così di avere la situazione sotto controllo, Bowser non lo attaccherà.
Ma non ha pensato che Larry, seppur sia piccolino, è pur sempre un Koopa e pertanto non possiede dei dentini da latte innocui come tutti gli altri pischelli, bensì è dotato di vere e proprie zanne aguzze adatte a sbranare e maciullare. Le quali, naturalmente, lo mozzicano senza pietà penetrandogli nella carne.
E fa male. Non può far altro che scaraventarlo lontano da sé.
Bowser così osserva con orrore attraverso il suo unico occhio il bambino che casca a piombo. E sotto di lui, in attesa di un'altra vittima, c'è il magma imparziale e feroce.
Il verso che il re emette è gutturale, animalesco, primitivo. Un urlo che diventa rapidamente così acuto e stridulo da straziargli la gola.
La distanza sembra infinita, lo spazio inattraversabile.
Un razzo rosso passa di fronte ai suoi occhi, Bowser immagina di avere le traveggole, di sognare, di essere precipitato dentro un incubo fiammeggiante.
Ha l'immagine, realtà o fantasia che possa essere, della testa di suo figlio spiaccicata come un pomodoro lanciato dall'ultimo piano di un palazzo, con tutto il succo che viene fuori a imbrattare l'asfalto e rabbrividisce al solo pensiero.
E poi la caduta libera del piccolo viene frenata come da una mano invisibile.
Ma in realtà è stato Mario.
Ha smesso la tuta da pinguino e ne ha indossata una nuova, tutta rossa, con un'elica sulla testa che gli ha permesso di compiere un salto molto più lungo del normale.
Ha afferrato Larry, portandolo al sicuro prima che fosse ghermito dalla lava che ora ribolle d'odio per non essere riuscita nemmeno stavolta a papparsi qualcuno.
Bowser rimane interdetto, fissa il suo nemico che ha salvato suo figlio da morte certa e non capisce perché lo abbia fatto, non lo concepisce.
I figli so piezz e core.
Poi il bambino stupisce entrambi quando, con un gesto rabbioso e quasi selvaggio, si svincola dalla stretta del suo salvatore, corre come una furia verso il padre ma ne evita agilmente la mano protesa, aggirandolo senza toccarlo per poi fuggire via con un trepestio frettoloso dei piedi.
Bowser rotea sul dorso nel voltarsi a fissarlo. Sembra voler fuggire da lui. Si chiede se non siano lacrime quelle che gli ha visto brillare agli angoli degli occhi.
Poi Donkey Kong gli si butta temerariamente addosso, scavalcando con un unico fenomenale balzo sia il fiume di lava che lo stesso Mario. Che interviene senza nemmeno rifletterci.
Bowser non s'è ingannato, Larry sta veramente piangendo.
Non per la paura, non per la vergogna. Ma perché ha visto qualcosa in suo padre, qualcosa di commovente, qualcosa di angosciante, qualcosa che gli ha causato un atroce senso di colpa che suo malgrado gli ha attanagliato le budella.
Questo qualcosa si riduceva a null'altro che a uno sguardo, ma uno sguardo molto particolare. Di apprensione, di affetto sconfinato, di puro e semplice amore che gli ha gratuitamente rivolto, che gli ha regalato senza pretese, uno sguardo più eloquente di un miliardo di parole, uno sguardo che nasconde un enorme significato, uno sguardo con il quale gli ha detto che ha sempre continuato a volergli bene, nonostante lui lo abbia ostinatamente trattato male per anni.
Tutta la sua famiglia, conscia di questo astio che senza ragione s'era creato tra loro -ma che adesso comincia lentamente a sgretolarsi e a disperdersi come la sabbia nel deserto-, ha continuato a volergli bene.
E lui sa benissimo di aver sbagliato e crede di non meritarselo affatto.
Forse preferirebbe essere odiato o, meglio, essere trattato con indifferenza.
Sarebbe più facile. E si sentirebbe meno colpevole per ciò che sta per fare.
Si tratta di qualcosa di distruttivo per cui potrebbe perdere la stima di tutti quelli che un tempo lo hanno amato, compreso suo padre che tanto ha sperato in un suo riavvicinamento.
Ma il castello è assediato, le persone che ha voluto favorire rischiano di non vincere la sfida e il futuro della principessa, la dolcissima pesca rosa che non potrà mai essere la sua mamma però magari potrebbe diventare qualcosa di ancora meglio, è in dubbio.
Larry fila e non dà retta alle creature che incontra nel suo cammino, che lo cercano, che nella sua mente vogliono ghermirlo, fermarlo, impedirlo, ma che in realtà vogliono solo parlargli pacificamente.
Ma lui scaccia tutti, senza preoccuparsi di cosa vogliano realmente.
L'affanno è tale che si fa venire il fiatone finché non sopraggiunge il dolore alla milza.
Arriva proprio sotto la ringhiera mezza crollata sulla quale pochi minuti fa s'è affacciata Peach e guarda sconsolato in alto, incapace di salire.
Poi qualcuno gli appare di fronte, facendolo trasalire e preoccupare per un attimo, gli poggia dolcemente una mano sulla spalla e si teletrasporta via insieme a lui.
Ricompaiono insieme sulla ringhiera.
“Grazie per il passaggio, fratellone.” si strofina gli occhi sbalordito anche per asciugarli dalle lacrime, riconoscendo Ludwig.
“Non puoi stare laggiù.” dice in tono severo il koopa più grande. “Ti potrebbero travolgere.”
“Devo fare una cosa...” borbotta come se non lo avesse sentito. Cerca di superarlo, ma viene trattenuto.
“No, tu non farai niente, hai già fatto abbastanza! Adesso dobbiamo portarvi alla larga dalla zona pericolosa. Mi hai capito, ragazzo?” Nel suo modo di rivolgerglisi, Larry ha sentito un tono di rimprovero appena velato di minaccia, e annuisce in silenzio.
Dietro Ludwig compaiono, scortati da Lemmy e Iggy, Wendy e Morton. La prima ha le mani sui fianchi ed è imbronciata come al solito, il secondo si morde le labbra, come se volesse trattenersi dall'inveire. Ma entrambi hanno addosso quell'aria sconfortata dei carcerati costretti a tornare in cella dopo la tanto sospirata e sempre troppo breve ora d'aria quotidiana.
Vengono raggiunti da Roy che arriva a completare il quadro tutto trafelato e contrariato che non lo abbiano aspettato.
Larry deglutisce. “Ce l'avete con noi?” chiede esitante.
Lemmy soffia come un gatto e socchiude gli occhi in modo rabbioso ma non proferisce parola.
Larry lo guarda spaventato, sembra che possa saltargli selvaggiamente addosso da un momento all'altro.
“Non ce l'abbiamo con voi.” dice tranquillamente Ludwig. “Ma non si può dire che siate stati molto prudenti. Certo, siamo noi ad avere una certa responsabilità nei vostri confronti, ma voi non dovreste comportarvi in questo modo.”
“Mi dispiace.” mormora Larry scoprendosi sinceramente a disagio, ma non per il rimprovero.
“Non importa, siamo ancora abbastanza giovani per capirvi.” rivela in tono inaspettatamente complice il koopa blu “Ma non lo fate mai più!” precisa. E Larry si sorprende a ricambiargli un mezzo sorriso.
I quattro bowserotti adulti si apprestano a condurre via i tre fratelli più giovani.
Passando di fronte al passaggio segreto di cui si erano serviti prima, Larry pensa alle valvole di raffreddamento del castello e rabbrividisce, afferrando appieno soltanto adesso quali sarebbero state le conseguenze del gesto che aveva pensato di compiere.
Aveva pensato di svitarle, di farle impazzire, di renderle inservibili, distruggendo conseguentemente il castello per costringere suo padre a ritirarsi e lasciare andare la principessa.
Come se solo ora qualcuno gli avesse aperto a forza gli occhi, si rende conto di che razza di disastro avrebbe causato.
Si ficca sotto il braccio confortante di Ludwig che sorprendentemente risponde senza indugi alla sua improvvisa ricerca disperata di affetto.
Gli viene da piangere, per molti motivi.
Per tutti gli errori che gli sembra di aver fatto nella sua breve vita, per le cose orribili che voleva ancora fare, per la punizione meritatissima cui è scampato quando era stato preso da quel gorilla spaventoso, per essere fuggito ancora una volta, come un vigliacco senza onore, dall'abbraccio di suo padre.
Ma vuole riscattarsi, così fa una promessa a se stesso.
Farsi perdonare da suo padre quando tutto questo sarà finito, in qualunque modo finisca.
Gli sembra il minimo.
Ma torniamo a dove eravamo rimasti prima.
Se Super Mario ha una prerogativa, è quella di inseguire e ingabbiare gli scimmioni.
Può darsi che Donkey Kong lo abbia aiutato a ritrovarsi con i suoi compagni, può darsi che, nonostante il suo caratteraccio, sia dalla parte dei buoni, ma non gli piace proprio che si attacchino dei bambini, nemmeno quando si tratta dei figli di Koopa.
Afferrata la grande mano del primate, con una mossa di taekwondo o altra simile disciplina lo fa finire chissà come a terra.
Naturalmente, il possente gorilla inizia ad avere dei dubbi sul suo 'alleato'.
"Si può sapere da che parte stai?" gli chiede.
“Da quella di chi ha bisogno.” risponde l'uomo sinceramente, ma la sua aura è nera.
“Non è possibile, tu sei pazzo!” lo accusa disgustato, sbiancando sotto il pelame scuro. “Lo sapevo, la storia dell'Evoluzione dev'essere solo una puttanata. Mi rifiuto di credere che dei cugini nostri siano diventati così stupidi.”
“È il vostro comportamento che non conosce giustizia.” ribatte lui.
Sta per lanciarsi nei discorsi più filosoficamente politically correct, sulla misericordia, sulla vera vittoria che sta anche nel lasciare in vita il nemico, sull'odio che genera odio e sul fatto che prendersela con i più deboli equivalga a un atto di debolezza ben maggiore, ma poi non può più dire niente. S'è trovato tra due fuochi, tra due carogne.
“Questo era per te, volevo dartelo da molto tempo!” ruggisce il re trionfante.
Mario non capisce immediatamente cosa sia capitato, ma le parole gli si sono strozzate in gola e la schiena inizia a fare un male pazzesco spazzando via ogni residuo di luce stellare rimasto in fondo al suo essere.
L'elica sulla sua testa si spezza e cade ai suoi piedi.
Abbassati gli occhi, si rende conto che nel mezzo del suo petto c'è qualcosa che spunta orrendamente fuori e che evidentemente non può appartenere a lui.
“Le parole sono troppo sopravvalutate.” mente Bowser con gli occhi sempre più grandi, sempre più furiosi e sempre più lucidi, ma intanto il suo corpo sta visibilmente perdendo volume, sta rimpicciolendosi. Il mega se stesso ritorna alle sue vere dimensioni e la forza si dimezza. Di conseguenza, anche l'artiglio che ha appena trafitto Mario alla schiena non è più così grosso e si ritira, lasciandovi su però un considerevole squarcio.
Su di esso si pone una mano rosea e vellutata.
Gli occhi di Mario seguono il braccio avvolto in una manica celeste di seta lucente e raggiungono il petto non eccessivamente prosperoso ma comunque armonico, infine il viso, l'angelico e meraviglioso viso di una stupenda ragazza dai profondissimi occhi blu seminascosti da lunghi e fluenti capelli argentati.
“La mia sposa!” esulta il piccolo idraulico, piccolo perché tutto ciò che lo circonda è così immenso da farlo sprofondare. Ma la marea di pece nera che lo ha avvolto si ritira lasciandogli addosso un senso innaturale di tranquillità.
Mario riapre gli occhi e la terribile ferita che lo strazia gli sembra improvvisamente una roba di poco conto, insignificante ed estremamente superabile.
“Che diavolo è successo?” si meraviglia, ma di fronte a questo miracolo ogni logica, ogni ragionamento perde di significato.
Anche Donkey sembra affascinato dalla fuggevole apparizione della Pusa e rimane immobile a fissarla.
Come casualmente, Mario si accorge della discreta mancanza di un peso che aveva addosso.
Il corpo dello Sfavillotto è sparito dalla sua tasca ed è ricomparso tra le braccia della donna.
Lei sorride, ma anche la stellina sorride e gli occhiettini minuscoli le brillano, sembra che sia tornata in vita, alla faccia dell'attacco brutale che l'aveva portata alla morte, ed è quantomai bizzarro che Mario non se ne stupisca affatto.
La fata di platino irradia una sorta di influenza benefica che sembra rafforzare e rinvigorire grazie a solo uno sguardo.
E le stelle sono fatte di energia pura.
Lo Sfavillotto resuscitato fa una capriola in aria, poi si esibisce in una specie d'inchino e sparisce in una nuvoletta di polvere stellare dorata, che finisce sul naso di Mario e lo fa starnutire e poi ridacchiare deliziato.
Ma non tutti si godono la scena.
Seppur 'normalizzato', Bowser è ancora seriamente pericoloso.
Lui e Mario si fissano per un istante interminabile, entrambi sognano la fine dell'altro ma nessuno di loro sarà accontentato.
Rosalinda ne sembra profondamente consapevole e, per la prima volta, sentiamo la sua voce, una voce molto profonda, calda e nel contempo melodiosa, diversissima da quella zuccherosa e soave di Peach, ma altrettanto magnetica.
Pronuncia un'unica parola che basta a sintetizzare il seguito degli eventi. La parola in questione è: Pace.
Significa: basta con questa guerra inutile e inconcludente, significa la fine di questa lotta insensata, significa la conclusione dei conflitti, dell'odio, dell'ingiustizia, il trionfo della ragione sulla violenza, significa il ritorno dell'ordine che si impone sul caos.
Ma Bowser è refrattario a questa ipnotica presenza, così come al suo messaggio, semplicemente perché lui ha un'altra donna dentro la testa che gli rode il cervello come un tarlo, gli consuma l'anima.
Non ha la minima intenzione di lasciar cadere tutto così, senza ragione, solo perché qualcun altro crede in ciò che sarebbe meglio ma che nel suo mondo non esiste, non è mai esistito ed è impensabile che possa esistere.
Lui è ostinato, lui è perseverante e, soprattutto, lui è 'sinceramente' infatuato di Peach e vuole combattere fino all'ultimo per ottenerla, per farla sua, per darla come madre ai suoi figli, anche se alcuni di loro hanno dimostrato di essere gelosi e di non volerla, ma è solo perché non la conoscono, se la faranno piacere perché non esiste nessun'altra al mondo che potrebbe ricoprire quel ruolo meglio di lei.
Tutto passa attraverso queste tre parole: Rosalinda deve morire.
Bowser se ne sta fregando d'essere tornato se stesso, di non essere più un gigante, e come una palla da bowling vivente sta caricando i birilli per sterminarli e fare strike.
Adesso, ché Mario è ferito.
Adesso, ché Donkey Kong è imbambolato.
Adesso, ché Rosalinda è così sicura di sé.
L'urto è shockante, supera perfino la barriera del suono.
Ma non per niente Mario è stato chiamato Super, e non è più una principessa qualsiasi, ma è la sua donna quella in pericolo e quindi non gli importa di essere schiacciato, se la cosa può servire a salvarla.
In parole povere, Bowser raspa il pavimento con il piede, arcua fieramente la schiena e punta a incornare l'ospite indesiderata.
Ma Mario, galantemente, decide che sarebbe bene mettersi in mezzo per farle da scudo e proteggerla.
La carica però è così energica che lui non ce la fa a mantenersi saldo sui piedi e crolla all'indietro.
Doppiamente ferito, si trova a sputar sangue, ma ecco che Rosalinda accorre in suo aiuto e lo copre con il proprio corpo che diventa etereo ed evanescente e inconsistente e impalpabile. Come quello di un fantasma.
Nessuno saprà mai come o perché, ma Bowser viene respinto lasciando così libero il povero Mario che ormai è però decisamente conciato male.
Bowser si ribalta sul guscio.
E la folla, che non vedeva l'ora, lo investe.
Infatti, ve l'ho detto che Donkey Kong non è arrivato al castello da solo.
Il generale Goombella ha fatto un'entrata epocale, seguita ovviamente da tutti i suoi soldati assetati di vendetta nei confronti del mostro. Che gli saltano addosso e si impadroniscono di lui.
Alcuni arrivano perfino con le corde per inchiodarlo a terra stile Lillipuziani contro Gulliver.
Il re protesta, ruggisce in modo profondo, ne arrostisce un bel po' sparando fiammate dalla bocca. Ma non basta per fermare la giusta furia del popolo in rivolta.
Anche Donkey si (ri)unisce ai festeggiamenti e ora dirige le sue truppe come se non si fosse mai staccato dal comando delle stesse.
Nel parapiglia che segue, Rosalinda ha tutto il tempo per prendere Mario per mano e lui, a dispetto delle condizioni pietose in cui versa, si alza e la segue, claudicante ma istintivamente fiducioso.
Portatolo leggermente fuori dalla calca, la fata si accorge che il suo sposo non si regge più in piedi ed è sul punto di svenire, si comprime le ferite senza poter fermare il sangue che scorre troppo in fretta, come fosse acqua.
“Sei stato molto coraggioso. Non dimenticarti di tornare da me.” così dicendo lo bacia sulle labbra, in un contatto che fa esplodere l'Esistenza in un big bang di luce accecante.
Quando Mario riapre gli occhi, le ferite sono risanate, ma anche Rosalinda è sparita.
Dopo esser rimasto qualche secondo a cercarla sperando che non sia andata via ed essersi rassegnato all'evidenza, si ricorda improvvisamente di Peach.
“Yvan!” chiama il suo amico a cui l'aveva affidata, ma non lo trova e così inizia a cercarlo.
Quasi per caso, ricapita dove gli infuriati popolani stanno sottomettendo tutti da soli Bowser.
Il re ha un'aria furibonda ma nel contempo spaventata, non era mai successa una cosa simile e non aveva mai considerato possibile trovarsi in una tale posizione di inferiorità.
Ludwig compare all'improvviso dal nulla di fronte al padre, seguito a ruota da Lemmy, Iggy e Roy.
I quattro Bowserotti adulti, circondati da una dozzina di Magikoopa, brandiscono le bacchette (Roy ne ha ottenuta una provvisoria di riserva) e le puntano verso il popolo, minacciandolo.
“Allontanatevi dal nostro papà reale!” intimano e, per sottolineare le loro intenzioni, sparano qualche raggio fulminando chi si avvicina troppo.
È iniziata la resistenza.
Mario corre lì in mezzo, senza pensarci.
“Fate come vi dicono!” urla. “Ripiegate!”
Donkey Kong lo sente e mostra i denti con disprezzo, ma Mario gli salta addosso e a sorpresa gli dà un cazzotto in piena faccia. E ne gode, ma non lo ammetterebbe mai.
“Ascoltate!” grida salendogli perfino di sopra per farsi più alto. “La principessa è stata liberata! Non avete bisogno di vendicarvi del re, lasciatelo nel suo castello e tornate nelle vostre case! Non potrete mai vincere contro la magia dei Magikoopa, sarebbe uno sterminio inutile, perciò vi prego di ritirarvi, è meglio così! Credetemi!”
Mario sente delle voci contrariate ma non saprà mai se il suo saggio consiglio verrà seguito perché un Magikoopa lo prende in pieno con un incantesimo che lo schianta.
Prima di finire in un tubo che spunta dalla parete, scorge lo sguardo di Bowser, uno sguardo che non si può definire esattamente di odio, piuttosto è rabbia mista a... una specie di gratitudine, sì. O magari è soltanto una bizzarra impressione data dall'euforia del momento.
Il tubo è però inutilizzato da anni ed è stato di conseguenza, come ha occasione di constatare, ostruito da una gran bolla di sudiciume depositatosi lì dentro nel corso del tempo e allora Mario, da bravo idraulico qual è, si improvvisa sturalavandini umano e lo sgorga facendo ventosa con il proprio corpo.
Con uno sgraziatissimo gorgoglio di risucchio che gli sfrigola nelle orecchie, lascia dunque definitivamente il luogo della battaglia.
La spiacevole sensazione di essere zuppo non è prodotta dall'immaginazione.
Con un sobbalzo di disgusto, Mario si accorge che quello che sta attraversando non è che il tubo di scarico e di essersi perciò ritrovato completamente immerso nell'acqua lurida.
Ma la condizione poco salubre dell'ambiente non impedisce ai Pesci Smack, dalle grandi labbra carnose che sembrano siliconate e le altrettanto grandi file di quelli che sono più dei palettoni di avorio acuminati che dei veri denti, di tentare accanitamente di azzannargli il didietro.
Il nostro caro eroe non si perde certo d'animo e percorre in tutta fretta la conduttura nel senso della corrente, con i mostruosi esseri alle calcagna.
Il tubo però dovrà pur condurre da qualche parte!
Mentre lui lo scopre, torniamo con calma dai nostri altri eroi, e sto parlando di Yvan e Wolley e del fido Yoshi.
I nostri tre piccoli coraggiosi hanno incontrato la folla incalzante che non li ha fatti andare molto lontano, e loro, per evitare problemi, hanno preferito infilarsi in uno squarcio aperto dalla stessa coda di Bowser in una delle pareti e cercare scampo al di là di esso, difendendo la principessa alla meno peggio, in attesa che si decidano le sorti della battaglia.
"Credo che siamo alla fine." mormora Yvan assumendo un'aria assorta, da veggente, e tenendo sollevata la testa della povera principessa che ancora non s'è ripresa.
"Sì, ma la domanda è 'come' finirà?" chiede Wolley più a se stesso.
Il piccoletto sembra sconfortato.
Ne hanno passate tante, sia insieme sia separati, sono andati entrambi a un passo dalla morte e Yvan intuisce benissimo come si deve sentire.
Farsi carico della principessa per lui è un compito decisamente oneroso, una grave responsabilità.
Per fortuna, sembra che sia abbastanza resistente e che non abbia ancora ceduto, ma è evidente che stia iniziando ad accusare una lieve ma penetrante stanchezza che intacca anche inevitabilmente il buonumore e la tranquillità d'animo che lo hanno sempre accompagnato nonostante le brutte esperienze e il disprezzo che gli hanno ingiustamente dimostrato.
È come se chiedesse in silenzio una tregua.
Non potendogli promettere alcunché, si limita a concedergli un buffetto di affetto sincero sulla guancia che poi si trasforma in una vera, profonda carezza.
Lo vede abbandonarvisi chiudendo gli occhi e gli sembra un atteggiamento talmente dolce e spontaneo che, nonostante il suo riserbo e la grande paura inespressa che sta provando in questo terribile momento, il valoroso toad si scioglie veramente e riesce anche a trovare, da qualche parte nella parte più profonda di sé, lo spirito per sorridere al proprio compagno.
"Finirà bene." gli assicura, anche se, a essere sinceri, nemmeno lui è tanto sicuro di quello che dice "Otterremo la nostra ricompensa e ci accoglieranno da eroi. Cambieranno completamente il loro punto di vista... E saranno fieri di noi."
Non si sta sbilanciando più di tanto, però Wolley sa perfettamente a chi si stia riferendo. Non gli crede per niente e ovviamente non glielo dirà mai. Ma apprezza incalcolabilmente il suo tentativo.
Le loro dita si intrecciano, poi succede lo stesso alle loro lingue.
Ma Yvan si accorge subito che c'è qualcosa che non va, la bocca di Wolley è secca, asciutta come la sabbia del deserto. Gli viene voglia di scostarsene ma non lo fa per paura di mortificarlo.
In tutto questo, Yoshi li guarda e ride sotto i baffi, ma non di loro, no. Aspetta che abbiano finito prima di parlare, attirando così la loro attenzione.
“Se attraversiamo questo passaggio possiamo trovare un riparo migliore.” dice fluentemente indicando il corridoio che si apre al di là dello spiazzo sul quale si sono fermati, e si ferma ad ansimare per lo sforzo di aver articolato una frase completa di senso compiuto.
“Ma sembra pericoloso!” osserva Yvan.
Gli sembra di essere in un campo minato. A ogni passo potrebbe scatenarsi un disastro.
Yvan vede Wolley aggrottare la fronte per un momento, come se non si sentisse sicuro, ma poi è proprio lui il primo a muoversi, seppur con cautela.
Ha appena il tempo di formulare un pensiero tenero sul suo aspetto innocente e sulla sua andatura esitante che lo vede mettersi a correre a zig zag, quasi temesse seriamente di trovarsi una bomba sotto i piedi.
Il pericolo però non è celato dal pavimento.
Né dal soffitto, bensì dalle pareti laterali che lo chiudono claustrofobicamente in un cubo di cemento.
Mancano pochi passi, basterebbe una spinta per condurre felicemente a buon fine l'attraversamento ed ecco che invece arriva un siluro che le sfonda con un assordante crepitio come di una serie infinita di petardi tutti legati insieme con lo scotch.
Yvan aveva condotto Yoshi, con la principessa esanime accomodata sulla sella, al centro del corridoio, ma è costretto a fare un passo indietro per non finire coinvolto nell'esplosione.
Un polverone con un che di tossico si alza nell'aria e gli entra negli occhi, nel naso e nella bocca che ha malauguratamente aperto per dare in un'esclamazione di sorpresa.
Non vede nulla, soffoca e inizia a tossire e non capisce più cosa diamine sia successo, si sente avvolgere da un corpo gommoso e viscido che poi gli passa anche furiosamente sopra le palpebre e sotto le narici e sulle labbra.
Riapre gli occhi poi quando si calma e si accorge che non si trattava di altri che di Yoshi che gli ha ripulito per bene la faccia dalla polvere usando la lingua, e lo capisce più che altro per via della sua faccia schifata per il saporaccio che deve avere in bocca.
Accarezza sulla testa il piccolo gentilissimo dinosauro per ringraziarlo, poi si guarda intorno per capire.
C'è un grande foro perfettamente circolare nel muro, forse è stato un Pallottolo Bill ad aver spaccato anche quello di fronte.
Le urla al di là di essi sono diventate decisamente più forti, sembrano quasi da stadio, ma più che altro da ultrà. Se avevano ancora dubbi sulla battaglia furiosa che si sta scatenando, ora non ci saranno più.
Wolley torna indietro dal suo compagno con un volteggio leggero da ballerino.
“Ehi, hai visto che botto?” dice quasi allegramente.
“Lo dicevo che era pericoloso...” si lagna leggermente Yvan, solo sollevato che non siano rimasti feriti.
Ma il sorriso di Wolley muore all'improvviso, la testa si solleva e gli occhietti si spalancano.
Punta un dito alle spalle di Yvan. “La principessa!” strilla allarmato.
Yoshi trasalisce nel constatare di non averla più sulla schiena.
Yvan ha solo il tempo di voltarsi per vedere un gigantesco e obeso martelkoopa che fugge tenendo la poveretta bloccata sotto uno dei suoi enormi bracci taurini.
La bella fanciulla ha la testa rovesciata, la bocca leggermente aperta e i capelli scompostamente buttati all'indietro che le svolazzano turbinando selvaggiamente, completamente inerme e indifesa.
Il cuore del toad blu si gela più di un campo da hockey.
Come ha fatto a non accorgersi -ma anche a non immaginarsi nemmeno- che qualcuno li aveva seguiti? Qualcuno che ha malignamente approfittato dell'unico momento in cui si sono distratti.
“No! Fermati!” gli intima, ma in un tono purtroppo spaventatissimo che non lo scuote nemmeno.
Anzi, lo induce a lanciargli pure contro un certo oggetto a forma di virgola che lo centra dritto nel mezzo della fronte e lì rimane conficcato dopo aver attraversato la pelle morbida come un marshmallow.
“Tesoro, ti ha fatto male?” accorre il toad giallo a soccorrerlo premurosamente.
“No...” borbotta Yvan mezzo accecato dal sangue.
Wolley afferra saldamente l'affare e glielo stacca con uno strattone deciso ma che in qualche modo riesce anche a essere addolcito, anche se gli strappa un gemito e il getto di sangue che ne sprizza fuori si ingrossa.
“Attenti, scappa!” li avverte Yoshi. Ma nemmeno finisce di parlare che li ha già presi entrambi sulla sua groppa e si è buttato all'inseguimento.
“Come corre veloce, per essere così grosso!” commenta Wolley.
“Non è grosso, è grasso” lo corregge Yvan irritato tentando di fermare con la mano la lieve emorragia.
A dispetto della sua stazza, il martelkoopa compie un breve salto e, quando ricade giù, l'impatto è talmente forte da far tremare tutto il pavimento e Yoshi rimane momentaneamente paralizzato.
Intanto quello trascina la ragazza in fondo, gira l'angolo e sparisce.
Senza dire nulla, Yvan salta giù dalla sua cavalcatura e si infila dietro di lui.
Si stupisce di vedere che quella specie di sumo si sia fermato di fronte a un tubo.
Accortosi del toad, svelto, spicca un altro salto, di nuovo per scuotere il suolo.
Yvan non riesce a evitarlo e le vibrazioni lo mandano in ginocchio lasciando anche lui bloccato com'è appena successo a Yoshi.
Impotente, vede il nemico sollevare la principessa e ficcarla nella bocca del tubo tappandolo subito dopo con una specie di grossa pietra. Poi, brandendo un nuovo boomerang a mo' di manganello, il grassone salta addosso a lui.
Ma una frazione di secondo prima che lo raggiunga e gli fracassi il cappello, viene raggiunto da una palla di fuoco che lo respinge.
Il boomerang gli scappa di mano e rotea all'indietro.
“Dannato!” ruggisce Wolley furioso e a denti stretti, ancora con il braccio teso “Lascialo in pace!” poi gliene spara tipo un altro centinaio costringendolo a darsi alla fuga.
Yvan si rialza con le ginocchia ancora malferme e guarda il suo compagno. Non l'ha mai visto così esagitato e la cosa lo turba, ma allo stesso tempo lo fa anche sentire euforico.
“L'ha messa lì dentro...” indica il tubo.
I due miceti cercano di smuovere il sasso che lo ostruisce ma naturalmente è troppo pesante. Provano e riprovano ma è incastrato per benino.
“Ci vorrebbero Mario e Luigi!” sospira Wolley pesantemente nel lasciarsi cadere seduto in terra, e di colpo appare sfinito e depresso.
Questo cambiamento di umore è così repentino da spiazzare Yvan.
Le sue sottilissime sopracciglia si sono congiunte al centro della faccia creando una curva che è quasi una retta mentre il labbro inferiore trema.
Yvan si allarma, sembra l'espressione che assume quando è molto rattristato.
Nemmeno due secondi dopo, infatti, il piccolo boleto è scoppiato in lacrime.
“Dai, non esagerare adesso...” tenta di consolarlo, ma si accorge di aver valutato male.
Non piange per lo sconforto, ma per la rabbia.
“Proprio adesso doveva succedere...” singhiozza il piccoletto, ma con una voce insolitamente potente. “Adesso che avevamo raggiunto la meta del viaggio, a un passo dalla fine!”
“Veramente era Yoshi ad averla...”
“Avevamo in custodia la cosa più preziosa e ce la siamo fatta togliere dalle mani!” lo interrompe Wolley.
“Ma non è stata colpa nostra, ci hanno imbrogliati.” accenna Yvan. Ora è decisamente spaventato dal tono di Wolley, ma lui non si calma.
“Siamo dei falliti, Yvan.” esplode. “Perdenti! Tu mi hai parlato di un cambiamento, ma la verità è che non avremo mai la capacità di cambiare le cose. Non ne siamo in grado e ce l'hanno appena dimostrato. Tutto quello che ti illudevi di raggiungere resterà soltanto un sogno.”
Yvan lo guarda con una tristezza sconfinata.
Dov'è finito il suo Wolley sempre così determinato e dolce nonostante la consapevolezza di essere effettivamente un pochino debole? Gli pare di vedere qualcun altro.
Vorrebbe contraddirlo, ma ha l'impressione che qualunque cosa dicesse non servirebbe a niente, o potrebbe addirittura peggiorare la situazione. E ciò non gli è mai capitato. E gli dà molto fastidio.
“Mario non si sarebbe fatto fregare in questo modo. Lui s'è fidato di noi e noi più che aiutarlo lo abbiamo intralciato. E ora lo abbiamo deluso.” continua Wolley. Parla a fatica, con la faccia ormai completamente bagnata di lacrime. “E ciò che è peggio è che la principessa è finita di nuovo chissà dove...”
“Già, dove sarà finita?” si chiede Yvan guardando il tubo. Dovrebbero snudarlo per capire dove conduce. E nemmeno così avrebbero la certezza di ritrovare ciò che hanno perso.
Realizza improvvisamente che è finita, ed è come un calcio nello stomaco.
Pare che non ci sia spazio per loro due nel mondo dorato degli eroi.
Ma i due toad non dovrebbero prendersela troppo.
Come si dice, non tutti i mali vengono per nuocere.
Ma ci arriveremo. Prima, andiamo a organizzare un breve spaccato per mostrarvi che fine hanno fatto gli altri due eroi della nostra storia, gli ultimi, Luigi e Daisy.
In realtà non si sono praticamente accorti di aver compiuto alcun viaggio, perché il loro è stato un attraversamento dimensionale istantaneo che li ha portati da un'altra parte in un battito di ciglia.
“Dove siamo finiti?” chiede Luigi spaesato notando un cielo azzurrissimo e chiarissimo che si staglia indisturbato proprio sopra il suo berretto. Pochi minuti fa mancava poco alla sera e ora sembra di nuovo mattina.
“Beh, a meno che questo non sia un miraggio, direi che siamo usciti dal castello.” suppone la ragazza, con un tono per qualche motivo acidulo e agitato.
“Oh!” esclama lui “Dobbiamo tornare indietro.”
“Pronto?! Allora vuoi davvero farti mangiare?”
“No, volevo soltanto fare un po' l'eroe...” mormora Luigi tristemente.
Una pausa. Poi...
“...Davvero vuoi ancora fare l'eroe? Non lo hai già fatto abbastanza? Pensi che Peach se lo meriti?”
Luigi si volta verso la donna che gli parla, pensando di aver capito male.
“Scusa, come hai detto?”
“Pensi che quello che avete fatto, tu e gli altri, lo avrebbe potuto fare chiunque?”
“No?” fa lui, inspiegabilmente agitato.
“Io credo di avere avuto una... fortuna sfacciata a incontrare proprio voi. Gente così si trova raramente, te lo dico io!”
Lui apre un po' di più gli occhi, non ci può credere: “Scusa? Hai appena cercato di farmi un complimento?”
“Figurati!” viene subito smentito “Dico soltanto che al tuo posto io sarei fiera di me e che non tenterei di fare più di quello che gli altri si meritano che io faccia.”
“Beh, grazie” sorride colpito lui, ma non del tutto convinto “Però alla fine non è che abbia fatto niente di grandioso per...”
“E non buttarti sempre giù, è così irritante!” viene inaspettatamente rimproverato.
“Irritante? Io?” ripete lui.
“Già. E parecchio direi.”
Luigi gira gli occhi. Stavolta è lui a essere irritato “Oh, mi scusi, principessa!” sbotta.
Daisy ridacchia “E questo cosa dovrebbe significare?”
“Dici che sono irritante? Lo dici tu che sei la persona più impertinente e presuntuosa che abbia mai incontrato!” sta arrossendo di non sa che cosa mentre lo dice ma non gliene frega niente.
“Ah, secondo te sarei presuntuosa?!” la principessa si mette le mani sui fianchi, ma sorride, non è arrabbiata.
“Intendo dire che potresti evitare di essere così pungente.”
“Credi sia un male?” il suo tono è innocente, disarmante, e lo mette in difficoltà.
“Non lo so se sia un male... Però c'è chi potrebbe odiarti per questo motivo.”
La ragazza si stringe nelle spalle “Non è che mi importi di essere per forza amata da tutti. Mi basta che esista almeno qualcuno che mi apprezza.”
“Già, ma come fai a capirlo? Attacchi sempre tutti...”
“Questo non è vero!” si risente lei “Ma insomma, io ti faccio... i complimenti e tu mi parli così...” inizia a offendersi un po'.
Luigi sospira pesantemente e si chiude in un loquacissimo silenzio. Lo sapeva, non doveva aprir bocca. S'è fatto fraintendere alla grande.
Lei gli si piazza di fronte.
“Io sto cercando di esserti amica.” gli dice senza giri di parole “Però così mi fai capire che non ti piaccio. Giusto?”
“Invece non hai capito niente.”
“Allora vuoi essere mio amico?”
Luigi scuote la testa non per negare, ma come per dire che non sarebbe abbastanza.
“Che altro vorresti?”
“Ecco...”
Luigi fa scattare la mano, afferra il braccio di Daisy e la spinge in basso, bloccandola in una specie di mezzo casquet.
“Ehi!” fa lei divertita e sorpresa, con i capelli che le si sono buttati tutti all'indietro “Sei diventato un furbone tutto a un tratto?”
“Vedi che lo rifai?” si lamenta lui arrossendo di nuovo, subito.
“Beh, ignorami.” dice lei ridendo, ma in tono serissimo.
Luigi si abbassa e contemporaneamente Daisy si solleva. Si scontrano, si crea una breve resistenza, poi è lui a cedere e assecondare il suo movimento raddrizzandosi sulle ginocchia, ma lo fa in un modo così impacciato che rischia di farla scivolare. Così lei si aggrappa a lui per non cadere. Si trovano così vicini che non resistono, anche se non sanno bene come sia andata a finire con tutto il resto.
Dopo un po', lei ridacchia.
“I tuoi baffi mi fanno solletico.”
“Vuoi che smetta?” si premura lui.
“Ma no, perché?”
E ricominciano, ma vengono interrotti.
“La volete piantare, voi due?”
Si voltano di scatto.
“Chi ha parlato?”
Si guardano intorno, ma non vedono nessuno.
“Quassù!”
Alzano le teste e vedono un sole con la faccia molto arrabbiata.
“Trovatevi una camera!” sbraita l'astro.
“Che problema c'hai?” chiede Luigi, irritato per il suo tono “Perché non pensi a far seccare le piante invece di seccare noi!”
Allora succede qualche cosa di decisamente nonsense, il sole scende sulla terra e punta i due come se volesse caricarli.
Daisy afferra la mano di Luigi e lo trascina via, ridendo di cuore mentre corre “Non lo sai che non devi provocarlo? C'è pure scritto, da qualche parte, nel libro che ti ho regalato...”
“Eh, che vuoi, avevo altro per la testa.”
Trovano un rifugio, in realtà è la tana di un Tipo timido che stava dormendo ma che s'è svegliato per lo scompiglio e che ora li guarda intimidito.
Gli fanno “Shhh” e lì si acquattano.
Il sole passa davanti a loro senza vederli.
“Roba da pazzi!” esplode Luigi “Nel mio mondo il Sole è molto più grande della Terra e non se ne va in giro così...”
“Mi piacerebbe visitarlo, questo 'tuo' mondo.” dice Daisy come sovrappensiero.
“Posso portartici, se vuoi.” le propone inaspettatamente Luigi.
“Stai dicendo sul serio? Perché, tu sai come ci si arriva?”
“Certo, basta infilarsi dentro il tubo giusto.”
“Beh, io non ne capisco molto di tubi.” ammette lei. Non ne capisco un tubo, pensa, ma non lo dice per non sembrare il tipo che fa battute squallide. Improvvisamente, le importa dell'opinione di qualcuno.
“Io sì, è il mio mestiere!” gonfia il petto in modo tronfio “E tanto ci sarei tornato comunque. Mario forse rimarrà qui, ma io ho troppa nostalgia di casa. Sul serio, vuoi venire? Ti piacerà...”
Daisy esita. Le vengono in mente tre cose. Sua madre, che vorrebbe educarla come la raffinata principessa che non è mai stata. Il suo promesso sposo, che ha visto giusto un paio di volte e verso il quale prova soltanto indifferenza. Il Regno che s'è lasciata indietro e che le appare per quello che è, cioè come una landa desertica e triste e torrida che attende invano di essere rinverdita.
Sospira. “Prima devo fare una cosa.” dice “Dammi un attimo il libro.”
Luigi la guarda strano, ma lei, apertolo, ne tira fuori la margherita-segnalibro, ormai secca, seppur ancora vagamente profumata. Ne estrae un preziosissimo semino “Questo lo porto alla mia mamma. Le sarà utile.” pensa intascandolo.
È un modo un po' squallido di pulirsi la coscienza, ma ha altri progetti per il proprio futuro.
“Dovrai accompagnarmi a Sarasaland.” lo informa “Poi verrò dove vorrai.”
“Sì? Però prima vediamo quello che è successo a Peach, va bene?”
“Ok...”
Si alza una vocina spaventata: “Scusate, dovete star qui ancora per molto?” È il Tipo timido che s'è preso un po' di coraggio.
“No, scusa, ci eravamo dimenticati. Grazie per la temporanea ospitalità.” dice in fretta Luigi alzandosi in piedi e tirando con sé la ragazza, che tenta una protesta, ma si interrompe subito dopo con un'aria beata sul viso.
Fine dello spaccato. Facciamoci una bella risata e torniamo a Peach.
Quando si riprende dallo stordimento, scopre di trovarsi stesa sul pavimento di una stanza che è stata quasi completamente riempita con svariati litri d'acqua che gravano sulla sua testa schiacciandogliela tra le scapole.
La cosa più interessante e assurda di cui chiunque si stupirebbe, è che si riesce a respirare benissimo, ma questa è soltanto l'ennesima negazione di una legge fisica che evidentemente non è poi tanto rigida come si potrebbe pensare.
Cerca di ricordarsi come abbia fatto a ritrovarsi lì dentro.
Nella sua mente si susseguono alcuni fotogrammi di memoria, a scatti.
Il mostro, la fuga, il principe, l'ombrello assurdamente uscito da un uovo, l'accecamento, l'urlo di dolore che ha straziato e scosso il mondo, la sensazione che s'è ripetuta almeno un'altra volta di essere spinta a forza dentro un tubo comparso dal nulla, la nausea devastante, il buio.
Sente una bussatina nella spalla, si volta, a rallentatore per via della resistenza dell'acqua, e vede il viso di qualcuno che le nuota accanto, la cui voce si disperde in un migliaio di bollicine: “Stai bene, principessa?”
Peach lo guarda mentre annuisce. È un uomo, è uno dei suoi salvatori, ma non è il suo principe.
“Cos'è successo?” domanda a stento, non è facile parlare con l'acqua che ti entra dentro la bocca “Devo essere svenuta...”
“Abbiamo pasticciato un po' con la magia, la situazione è precipitata, ma poi è andata liscia.”
Questa spiegazione non significa niente, ma è detta in un modo tale che sembra che il suo senso debba essere ovvio.
“Riesci a nuotare fin lassù?” le indica un tubo situato alcuni metri più in alto che spunta dal muro, da cui l'acqua viene risucchiata.
Peach tenta di rialzarsi, ma la pressione è tanto forte da impedirle la risalita.
L'uomo allora le tende la mano, Peach si lascia trasportare verso l'uscita.
Quando la raggiungono, vengono trascinati con brutalità, Peach riprova quasi la stessa orrenda sensazione di prima. Ma dura poco.
Vengono espulsi in fretta, come in uno scivolo all'aquapark. Sono all'aperto, ora.
Si rialza tossendo, nonostante tutto l'acqua le è entrata nei polmoni, ma la butta fuori tutta. È completamente zuppa e infreddolita.
Si scosta i capelli fradici dalla faccia.
E all'improvviso le viene da ridere.
Non gliene frega più niente che il suo vestito si sia del tutto rovinato -si poteva lavare solo a secco- perché dopo un'esperienza simile le importa solo di essere viva.
“Principessa, hai un occhio nero!” si accorge Mario con un sussulto.
Vederlo avvicinare le mani al suo volto la pone senza ragione sulla difensiva.
“Ehi, non ti mangio!” il tono usato è dolce, non offeso “Sono onorato di fare la tua conoscenza, il mio nome è Mario.”
“Il piacere è tutto mio, io sono Peach, ma lo sai già, vero?” dice lei vergognandosi terribilmente di avere avuto quel malaugurato scatto all'indietro. Gli prende le mani con calore, in un cortese gesto di gratitudine. Ha bisogno di ringraziare qualcuno. “Grazie per avermi liberata, grazie...”
“Non è stato merito mio.” la contraddice Mario un po' imbarazzato.
“Ma allora di chi è stato?”
“Soprattutto di Luigi e di...”
“Luigi?” esclama Peach e intanto pensa Il principe? “Benissimo, dov'è che lo ringrazio?”
Mario assume un'aria affranta e abbassa la testa “Non lo so.”
Le spiega in fretta quello che è si è persa e la principessa ne è turbata al punto che vede il mondo ruotarle vertiginosamente di fronte agli occhi e si sente come se dovesse svenire di nuovo da un momento all'altro...
Mario si allarma e accorre per sorreggerla. Teme che le emozioni siano state troppo forti per lei e in effetti non si sbaglia.
Ma quando lei si risolleva è impossibile non notare il suo bellissimo sorriso rincuorante che si trasforma presto in qualcos'altro.
Mario la guarda sorpreso e deliziato mentre lei perde la poca inutile dignità rimasta e prorompe in una vera e propria risata di pura gioia.
Il processo di mutamento profondo del suo essere in realtà era iniziato già dal momento in cui i koopa avevano deciso di incatenarla, di non riservarle il buon trattamento dignitoso che lei avrebbe continuato a pretendere da chiunque, anche dai suoi nemici, di contravvenire anche all'ordine dato dal loro re in persona fregandosene della sua taglia e dandole un vestito orribile.
Anche se poi avevano avuto pietà di lei e l'avevano accontentata e trattata un po' meglio, non era cambiato il loro atteggiamento e la conseguenza era stata di farla sentire non rispettata ma semplicemente compatita. E ciò l'aveva umiliata.
Peach potrebbe addirittura dire che prima di questa esperienza sia stata un'altra persona.
È consapevole di essere stata una principessa vanitosa che viveva in un mondo onirico, veramente incantato e perfetto.
Aveva tutto, aveva sempre avuto tutto e poteva tranquillamente continuare a credere che avrebbe per sempre avuto tutto.
Adesso si sta però rendendo conto che tutto quello che aveva era sì desiderabile da chiunque, ma vano, senza valore, inutile. La sua vita era sì comoda, lussuosa, ma piatta, i suoi interessi erano frivoli, le sue aspettative poco ambiziose, stava sprecando tempo, non sfruttava al meglio le sue vere capacità.
Faceva la sostenuta, ma sapeva che alla fine avrebbe ceduto al corteggiamento spietato che qualche principe di un regno vicino le muoveva da anni. Così, per pura mancanza di prospettive.
Ma guardare alle apparenze e conformarsi acriticamente all'etichetta e al protocollo reale era sempre stato del tutto naturale per lei.
Se avesse visto Mario allora -e, sembra incredibile, ma parliamo di pochissimo tempo fa- quando la sua vita era così fantasticamente monotona, lo avrebbe senz'altro giudicato nient'altro che uno dei suoi umili servitori e avrebbe avuto la sensazione che la sua totale sottomissione le fosse dovuta.
Adesso è cambiata ogni cosa, guarda tutto da un altro punto di vista e ha conosciuto un modo completamente nuovo di approcciarsi alla vita guadagnando un'irresistibile voglia di vivere che nonostante tutto ha sempre avuto ma che forse non aveva mai saputo di avere.
Ed è cambiata in un modo talmente diretto che non le sembra nemmeno possibile...
Le dispiace solo che sia dovuta passare attraverso un sequestro e una rivoluzione per capire finalmente cosa sia più importante.
Peach si china sull'uomo che la sta tenendo e lo abbraccia di slancio anche se non lo conosce, anche se non si sarebbe mai fidata di lui.
Sembra che il suo mondo sia cambiato, non le è mai sembrato così bello, così sereno.
“Qual è la cosa che vuoi di più al mondo? Dimmelo. Qualunque cosa sia, te lo concederò, ti darò tutto quello che vorrai...”
Mario alza lo sguardo e fissa il cielo sulla cui volta azzurra e screziata di rosa se ne sta invischiata una sottilissima falce di luna, ammiccante come il sorriso dello Stregatto.
Seppure sia uno spettacolo, il suo sguardo la scarta, cerca un altro punto luminoso, che individua poco più distante. Una stella o un pianeta.
Mario ha l'impressione che tutte le altre le si vadano a disporre tutt'intorno, seguendo un disegno preciso. Seguono i contorni di un viso umano e nel contempo angelico, un viso molto dolce, aggraziato, puro e familiare.
Mario si sente stringere il cuore mentre la sua mente inizia a vagare, a galleggiare nell'aria, a percorrere lo spazio, il non-spazio, l'atmosfera, il cosmo. Tutta la sua vita futura sembra confondersi in un atavico caos da otto bit. Si scruta attentamente il palmo della mano come se potesse trovarvi nel cavo una risposta. Ma la vera risposta a tutto non è altro che quella stessa a cui era arrivato all'inizio. Sa cosa fare, dove andare, chi vuole trovare, anche se in realtà, lo sapeva già da prima. Lo chiude lentamente.
Si volta verso la principessa Peach che aspetta una risposta.
Lei sorride cortesemente. “Cosa ne dici se ti facessi edificare un palazzo?” gli propone “Così potresti rimanere a vivere qui... per sempre.”
Mario si stupisce di vedere la ragazza arrossire mentre pronuncia le ultime parole.
Gli fa molta tenerezza.
Ma la sua principessa è in un altro castello, un castello che sta oltre le nuvole.
Le va incontro, le prende le mani e le rivolge un sorriso molto rassicurante.
“Non voglio niente.” le dice facendo spallucce "Non l'ho certo fatto per avere qualcosa in cambio. L'ho fatto semplicemente perché era giusto farlo."
Peach solleva le ciglia scoprendo i suoi limpidi e bellissimi occhi blu e li fissa in quelli altrettanto blu di Mario e improvvisamente sente un gran caldo che le fa avvampare le guance e un formicolio che le intorpidisce braccia e gambe.
La cosa la confonde, non le è mai capitato niente di simile.
“Allora, adesso e per sempre, avrai la mia amicizia. Almeno questo accettalo.” sorride.
Mario annuisce e poi sgrana impercettibilmente gli occhi.
S'è accorto della sua pelle d'oca, ma probabilmente è da attribuire al fatto che sia ancora tutta bagnata.
Si guarda intorno per cercare qualcosa con cui coprirla e l'unico elemento che scorge avvicinarsi a loro a gran corsa è Yoshi.
“Mario! Bravo, sei bravo! L'hai liberata da solo! Sei così tanto bravo!” grida questi felice mentre gli salta addosso buttandolo a terra.
“Rischio sempre d'essere stroncato dalle tue dimostrazioni d'affetto.” osserva Mario ridendo e ricambiandogli l'abbraccio.
Poi, di colpo, diventa serio. “Com'è finita la battaglia?” chiede.
Con poche elementari parole, il dinosauretto spiega che volevano buttare a terra il castello, ma che poi sono stati costretti a ritirarsi. Ma hanno comunque resistito più che potevano, dando così lo stesso una prova di coraggio abbastanza grande.
“Avendo visto quello che ha scatenato, magari Bowser ci penserà due volte, la prossima volta.” ipotizza Mario, pochissimo convinto in realtà.
Peach sembra molto colpita, è come se si fosse appena ricordata di qualcosa che non avrebbe mai dovuto farsi sfuggire dalla mente.
“Il mio popolo!” esclama infatti. “Mio padre, i miei sudditi! Oh, vi prego, riportatemi subito nel mio Regno!”
“Salta su.” le dice semplicemente Mario facendole segno di accomodarsi sulla sella di Yoshi.
La fanciulla esita. “Sali insieme a me?”
“C'è un posto soltanto.” le fa notare gentilmente l'idraulico.
Lei scuote la testa. “Ci stringiamo.” Ha un tono così convinto che gli fa capire che ci tiene seriamente.
Mario obbedisce e lei monta all'amazzone dietro di lui.
Lo cinge con le braccia.
E partono.
Dal retro del castello escono due funghetti che si tengono per mano.
Li guardano allontanarsi.
“Hai visto? La principessa sta bene.” la indica Yvan “Alla fine l'abbiamo salvata.”
“Ma non siamo stati noi due.” precisa Wolley. “Si ricorderà di Mario. Adesso che ci penso, lei a noi non ci ha nemmeno visti! Era svenuta!”
Yvan si stringe nelle spalle. “Che importanza ha? Ciò che conta è che sia libera. E poi non credo proprio che Mario si prenderà tutto il merito. Lui non è così...”
Wolley guarda il suo compagno in un silenzio assorto che ha un significato mica tanto nascosto.
“Senti, è vero, forse non sarà cambiata la nostra vita.” prova a spiegargli il fungo blu. “Ma io adesso mi sento in pace con me stesso. So di aver fatto del mio meglio e di essere riuscito a fare qualcosa di buono. E così, tu sei tornato da me...”
“Me ne ero andato?” chiede Wolley stranito.
Yvan si trattiene dal non scoppiare a ridere “Non hai fatto altro che andartene!”
“Oh.” fa il boleto giallo come se si rendesse conto “Ma io non volevo farlo.” quasi si vuole giustificare.
“Lo so, non ti stavo rimproverando.”
Lo abbraccia. S'era preoccupato quando s'era fatto prendere dallo sconforto, ma ora lo sta ritrovando, sta ritornando rapidamente quello di prima.
In fondo, ridargli serenità è un po' il suo compito.
È un favore che gli deve restituire.
E insieme, dimenticandosi di tutto quello che hanno vissuto ma con la consapevolezza di non poterlo mai dimenticare veramente, vanno via, un po' più ricchi e infinitamente più vicini.
Epilogo
Mario sta seduto su una piccola piattaforma morbida con le gambe a penzoloni sospese nel vuoto dello spazio siderale.
È intento a fissare sotto di sé le galassie e le costellazioni e ha un'aria molto malinconica.
Uno Sfavillotto rifulgente di luce bianca gli si è accoccolato sulle ginocchia e lui lo culla come se fosse un bambino appena nato.
Una donna in carne e ossa gli si avvicina silenziosamente.
Ne percepisce la presenza ancora prima che l'effluvio colpisca le sue fosse nasali e che la voce decisa arrivi alle sue orecchie per formulare una supplica.
“Non essere triste, sposo mio.”
Mario si volta a guardarla e batte le palpebre.
Lei gli si siede accanto e lui ode la propria voce che pronuncia tutta da sola alcune frasi che scaturiscono dal cuore.
“Non sono triste. Non potrei mai essere triste dopo essere tornato qui da te. Ho trovato il mio posto, la mia felicità... Ma non posso cancellare quello che c'è stato nella mia vita passata.”
La Pusa comprende il tormento del suo consorte.
“Chiedendoti di venire qui non ti ho chiesto una cosa facile, ma non avrei mai voluto che abbandonassi completamente la tua vita, il tuo mondo.”
“Era inevitabile...”
“Non devi avere rimpianti. E io non ti costringo a restare.”
“Ma sono io che voglio restare.” la rassicura Mario “Non credo di essere mai stato così sicuro di ciò che voglio nella mia vita.” esita prima di aggiungere a voce bassa: “Però mi manca qualcuno.”
Rosalinda sorride.
“Sai che ci troviamo in un osservatorio, vero?”
E con queste parole lo prende per mano e lo tira in piedi.
Mario solleva lo Sfavillotto assopito tra le braccia e si lascia condurre di fronte a quello che appare come un gigantesco schermo di computer.
“Da qui possiamo non soltanto vedere ma anche metterci in contatto con chiunque tu voglia.”
Mario fissa lo schermo senza fare o chiedere nulla, ed ecco che vi compare su un'immagine dapprima sgranatissima e sfocata, poi sempre più limpida e nitida.
“Quella è la mia casa!” non si trattiene dal pronunciare “Intendo la mia vecchia casa.”
La città di New York è impossibile da non riconoscere, e quello è proprio il quartiere di Brooklin, e quello è decisamente il palazzo in cui ha abitato per tanti anni insieme a suo fratello.
La 'telecamera' fa una zoomata ed è come se fosse lui stesso, in prima persona, ad attraversare il muro e a entrarvi dentro.
Viene inquadrata una cucina.
Un ragazzo è seduto al tavolo della colazione e sta guardando delle carte mentre sorbisce una tazza di caffè.
Ha i capelli scuri scoperti e scompigliati e indossa un pigiama a righe di un verde sbiadito, deve essersi appena svegliato eppure è già mentalmente attivo.
“Luigi!” lo chiama Mario senza aspettarsi che gli possa rispondere.
Invece lui alza la testa e si guarda intorno con aria spaesata e vagamente impaurita.
“Dove sei?” chiede “Non riesco a vederti.”
“Tranquillo, sono nell'osservatorio di Rosalinda.” lo informa gioiosamente Mario.
“Meno male!” esclama Luigi con evidente sollievo “Non sapevo più dove cercarti. Ma come riesci a parlarmi?”
“Non lo so, Rosie ha un congegno...”
“Come riusciamo a coprire le distanze è un mistero.” lo interrompe Luigi con aria assente “Peach è stata molto dispiaciuta della tua partenza. Quando siamo arrivati da lei te n'eri già andato. Perché questa fretta?”
“Non ce la facevo.” si giustifica Mario “Ero rimasto da solo, avevo compiuto la mia missione e non avevo più niente da fare lì. Ma ho promesso a Peach che se avrà ancora bisogno di me andrò di nuovo ad aiutarla.”
Luigi sorride. “È la stessa cosa che le ho promesso anch'io.”
L'idraulico più grande sorride a sua volta. Degno dei fratelli Mario.
Una porta si apre e compare una ragazza con una camicia da notte gialla di seta che le ricade dolcemente sui fianchi snelli.
“'Giorno.” fa stropicciandosi gli occhi con aria assonnata “Con chi stai parlando?” Poi lo guarda meglio. “Ah, ma non sei al telefono...”
“Credo si tratti di una comunicazione unilateralmente telepatica.” dice Luigi.
Mario sta guardando i due a occhi sbarrati.
“Che cosa ci fa lei a casa nostra?” balbetta.
“Ah, già, lui non lo sa. Ci siamo sposati.” dice Luigi come se fosse la cosa più ovvia del mondo, con lo stesso tono che aveva sempre usato lui. Una specie di ripicca che fa il suo effetto.
“Vi siete cosa?!” urla infatti Mario.
“Ti avremmo anche invitato se avessimo saputo dove spedire l'invito.” Luigi solleva la mano sinistra per mostrargli la fede d'oro che gli adorna l'anulare.
Daisy scoppia a ridere. “Era Mario? Sapevo che prima o poi si sarebbe rifatto vivo. Ciao cognato!” Saluta al nulla e anche la sua vera le brilla al dito.
“Non ne avevo idea! Avete davvero ottenuto il permesso?”
Daisy ride più forte. “Ma quale permesso! I miei genitori erano furibondi e mi hanno negato la corona.”
“Ah...” fa Mario, completamente sconvolto. “Mi spiace...”
“A me no.” dice Luigi alzando le spalle.
“Nemmeno a me.” aggiunge Daisy mentre si siede a tavola e si versa anche lei un po' di caffè in una tazza. Mario non aveva fatto caso che ce ne fossero due. “Tanto non ero mai stata tagliata per fare la principessa. Ma gli ho lasciato un allevamento di Marghibruchi per farsi ricordare di me...”
Mario non afferra, ma qualcosa gli dice che è meglio evitare di chiedere.
“Se hai voglia di tornare a trovarci, c'è sempre il tuo letto che ti aspetta.” lo invita Luigi e il suo tono non è per niente imbarazzato.
Mario guarda la stellina che ha in braccio e si accorge che s'è svegliata e lo guarda con occhietti curiosi.
“Dovrai metterne un altro...” dice.
“Certo, per la tua Rosie, giusto?” fa Luigi ridendo.
Mario lo guarda più attentamente.
C'è qualcosa di strano in lui, qualcosa che non riesce a definire.
È indubbiamente lo stesso di prima, ma al contempo non sembra più quello di una volta, il suo fratellino, quello verso cui sentiva un grandissimo istinto di protezione, è come se fosse cambiato in qualche modo, in positivo, come se fosse più grande, non fisicamente ma mentalmente, psicologicamente.
Dev'essere stata la lontananza da lui, che è sempre stato presente per aiutarlo nella vita, anche se non esattamente come un padre.
Forse era proprio quello che gli serviva, ciò di cui aveva bisogno. Un maggiore senso di responsabilità e un pizzico di indipendenza. Eppure...
“Mario?” chiede il ragazzo notando il silenzio “Sei andato di nuovo via?”
“Sono qui.” si affretta a dire “Luigi, ma quanto tempo è passato da quando ci siamo separati?”
Luigi si gira verso Daisy. “Quanto?” le chiede, come se fosse abituato ad affidarsi a lei per certe questioni.
“Un anno e mezzo circa.” risponde lei a colpo sicuro.
“Giusto.”
Mario sente una specie di tuffo al cuore.
“È un'eternità e non me ne sono accorto neanche...”
“Nemmeno noi. Perché quando si è felici il tempo vola.” osserva filosoficamente Luigi.
“E Yvan e Wolley che fine hanno fatto?” chiede Mario ricordandosi improvvisamente.
“Oh, anche loro sono partiti, ma non so di preciso dove siano andati... mi pare una cosa tipo l'Isola del Delfino, forse. Invece Yoshi è rimasto a corte con la principessa.”
Mario sospira. “Almeno non è rimasta da sola”, si sorprende a pensare. “Sono rimasto completamente fuori dal mondo. Letteralmente. Eppure non me ne è importato niente.”
Sente la mano delicata di Rosie posarglisi sulla spalla e vi appoggia su la testa.
Lascia Luigi e la sua fresca consorte ai loro affari, in futuro ci sarà tempo in abbondanza per ritrovarsi tutti insieme e ridere di avventure insensate affrontate in un mondo insensato e fuori dagli schemi tradizionali.
“Voglio vedere un'altra cosa.”
E nemmeno ha finito di pensarlo che già subito sullo schermo compare un altro luogo completamente diverso da New York city.
Il castello di Koopa.
Ha un aspetto molto meno minaccioso di quello che si ricordava, la lava che lo circonda c'è sempre, ma il cielo non è più oscuro e c'è un bellissimo sole che risplende illuminando completamente la valle alla base del vulcano.
Similmente a com'è successo prima, l'inquadratura attraversa la costruzione e compare la sala del trono.
Ma Bowser non è lì.
“Dov'è?” Mario percorre virtualmente i corridoi, sussegue le stanze, passa in rassegna ogni centimetro cubo del castello, ma pare proprio che sia deserto.
“Dove sono andati?” chiede ad alta voce mentre uno strano presentimento gli attorciglia i visceri.
Le immagini sullo schermo scompaiono senza motivo apparente, Mario capisce che è stata Rosalinda a spegnerlo.
La Pusa gli fa segno di seguirla.
Escono insieme dalla stanza dell'osservatorio e vanno fuori a osservare il vuoto.
Ed ecco comparire dal nulla una specie di nave oblunga di legno, un vero galeone come quello dei pirati che solca acque inesistenti galleggiando nello spazio. La nave-flagello.
Passa vicinissimo al pianeta in cui si trova Mario.
Da un oblò sbuca la faccia conoscente di un giovanissimo rettile con un pennacchio di capelli blu in testa. Fa ciao con la mano e ride di tutto cuore, una risata contenta, allegra e per nulla malvagia.
Dietro di lui appare il faccione inconfondibile di Bowser.
Tiene una mano sulla spalla di suo figlio in modo protettivo e anche piuttosto possessivo.
Non sembra né felice né arrabbiato, ma un po' seccato sì. E nel contempo però sogghigna con fare accattivante.
Mario e il suo antico nemico si fissano negli occhi, rosso scarlatto contro blu cielo, entrambi senza provare alcun odio l'uno per l'altro.
Ma tutto dura solo per un momento, perché la nave continua a procedere per la sua rotta perdendosi ben presto nel turbinio confuso delle stelle.
Rosalinda e Mario si guardano.
“Sono andati avanti.” dice lei, e non sta parlando della nave.
Cerca la sua mano come un conforto e Mario le concede più di questo, le cinge la vita con il braccio libero e mentre riporta lei e lo Sfavillotto nella loro casa si volta un'ultima volta a fissare il punto in cui è sparito Bowser con la sua prole.
Non che non creda a quello che ha detto Rosie, ma dopotutto continua ad avere l'impressione che prima o poi sentirà ancora parlare di loro.
E stranamente la cosa non gli dispiace affatto.
– – – – – –
Angolo autrice:
A quelli che hanno continuato a seguirmi dirò che li ringrazio.
A quelli che hanno commentato dirò che li adoro, posso dirvi che vi adoro?
A quelli che mi hanno abbandonato dirò solo che mi dispiace veramente, ma che non vi odio. Avrete avuto le vostre ragioni. Certo, mi è dispiaciuto, ma non sono morta senza di voi e voi non perdete sicuramente il sonno senza di me.
Questa storia s'è presa praticamente un anno della mia vita che nessuno mi ridarà mai indietro. È venuta com'è venuta, esattamente cento pagine. Si tratta della cosa più lunga che abbia mai scritto. È perfino più lunga della mia tesi di laurea. Ma ho amato scriverla anche se non tutti ne sono stati entusiasti. Anche se le recensioni scarseggiavano. Anche se a volte mi chiedevo perché cavolo continuassi a scriverla.
Se ci saranno mai dei nuovi lettori, vi prego di farvi sentire. Sarò ben felice di accogliere i vostri commenti e le vostre critiche, per il futuro.
Chiudo, come al solito, inserendo la disclaimer: Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e tutti i personaggi ivi presentati sono di proprietà della Nintendo Company Ltd.
Un saluto sincero da Bulmasanzo.
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