Scenery

di dana_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Image and video hosting by TinyPic Prologo

"Hai notato che ormai nessuno lavora più ma tutti fanno qualcosa di artistico?".
Dice cosi il protagonista del film "This must be the place", con aria estremamente ironica.
Ma di certo, non voglio che la mia vita sia cosi. Un futuro basato sull'ironia. Una grande ironia della vita stessa.
No.
Non io.
Non io che desidero lavorare con l'arte.
Non io, che desidero far amare agli altri il teatro.
Non io che desidero diventare un'attrice. Profeta dell'arte.


Ma, si sa, a diciotto anni, nella maggior parte dei casi, tutto ciò che si può avere sono sogni, progetti.
E, per ora, il mio di progetto si ferma qui, davanti ad una insulsa porta di una vecchia scuola, pochi minuti prima di iniziare un banale corso scolastico di teatro.
E pronta ad entrare io, troppo semplice e silenziosa per essere in qualche modo notata, ripenso alle recite scolastiche e ai rullini consumati di una macchina usa e getta che poteva in qualche modo cercare di bloccare e salvare i ricordi.
Quando ho capito che io, Emily, volevo fare l'attrice.
Dove è nata la passione.

E devo riuscirci. Per lui. Per far sì che lui sia orgoglioso di me.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Image and video hosting by TinyPic Capitolo 1

-Tu! ... Si si, tu, con gli occhiali. Si. Vai a prendere un microfono dietro il palco, altrimenti qui non mi ascolta nessuno.-
Se devo essere sincera, il nostro professore e regista dello spettacolo che metteremo in scena a fine anno mi incute non poco terrore: così estremamente alto e magro, vestito interamente di nero, dalla voce bassa e con uno sguardo da far venire i brividi. Scruta ogni centimetro di ognuno di noi: guarda quasi sconvolto la ragazza interamente vestita di nero con piercing sparsi per il volto, scettico la ragazza in minigonna e top e squadra anche me, ma non riesco a decifrare il suo sguardo.

Se non fosse per la presenza al mio fianco della mia migliore e forse unica amica Katherine oltre ad essere in soggezione a causa di quest’uomo sarei anche in imbarazzo non conoscendo nessuno in questa sala.

Hanno detto che questo non sarà un banale corso che avrà come unico scopo la recita di fine anno, o meglio, uno spettacolo ci sarà, ma per tre o quattro lezioni proveremo a fare esercizi che, in qualche modo, potranno dare a chi è del tutto principiante una base.

-Allora, saltando i convenevoli avendo molto lavoro da fare,iniziamo subito. Ci ritroveremo qui tre volte a settimana dopo la pausa pranzo. E vi dico già da ora, così che possiate prepararvi psicologicamente, che io e alcuni vostri insegnanti abbiamo deciso che l’opera che metterete in scena è “La sposa cadavere”, tratto dall’omonimo film di Tim Burton.- immediatamente un brusio si solleva nella stanza. Sono piacevolmente sorpresa da questa scelta. Non è mai stata messa in scena una cosa del genere e poi, personalmente, amo quel film.

-Silenzio! Iniziamo proprio male qui.- il Prof-senza-nome mi incute ancora più terrore di prima. –Mi rendo conto che non potrà mai venir fuori uno spettacolo come si deve, ma mi impegnerò affinché voi possiate lo stesso ricevere abbastanza applausi dal pubblico. E ora, iniziamo.-

Certo, non vedo l’ora di iniziare questo stupido corso che non migliorerà per niente le mie capacità con un professore di cui ancora non conosco il nome e che in più manda l’autostima di una persona letteralmente a quel paese.
Ma è l’unica cosa che posso fare ora. Un corso teatrale in grado di dare una preparazione completa costa troppo. Forse finito il liceo, pagando i corsi con i soldi messi da parte in questi anni, ne avrò la possibilità. Ma ora no. Quindi, mi accontento di questo Prof-senza-nome-pessimo-incoraggiatore.

-I ruoli vi saranno assegnati la settimana prossima, voglio prima rendermi conto delle vostre capacità in queste poche prime lezioni di preparazione ed esercizio.- continua il suddetto professore – se siete cosi poco preparati da non conoscere nemmeno la trama di ciò che andremo a mettere in scena, usate tutte quelle cose tecnologiche che avete voi oggi, almeno ne farete un buon uso.-

Stanca di questo atteggiamento, non posso fare a meno di ruotare gli occhi sbuffando silenziosamente, ma evidentemente questo professore ha un ottimo udito, dato che si volta immediatamente verso di me riservandomi un’occhiata truce.

Porca miseria.

-Signorina...-
-Emily-
-Il cognome, non mi importa il nome. -
Ed ecco che in un attico ho gli occhi di tutti i ragazzi presenti puntati su di me.
-Tunner. –
- Cos’ha? Già stanca?-
-No professore. –
- Lo spero. Non ammetto certi comportamenti. –
- Scusi. –
Dio mio, che figura. Il primo giorno poi!
- Vada a riportare il microfono dietro le quinte. E faccia attenzione a non inciampare. –
Vuole fare dell’ironia per caso?

Comunque, cercando di evitare gli sguardi dei presenti mi dirigo dietro il piccolo palco appositamente allestito per il corso.
Ma solo ora mi rendo conto che la frase del prof non era ironica. Effettivamente qui è pieno di scatole, scale, fili, ed è quasi inevitabile cadere, per una maldestra come me poi! Ci fosse almeno un po’ più di luce.
Ho finalmente raggiunto lo scaffale senza essermi rotto nulla.

-Cerchi qualcosa?- una voce maschile, dal tono basso, mi fa spaventare provocando un mio sussulto e, di conseguenza, una mia caduta in mezzo ad alcuni fili e, come se non bastasse, cercando di aggrapparmi a qualcosa, faccio cadere alcune scatole.

Peggio di cosi non può andare.

Immediatamente sento una presenza accanto a me e due mani che mi aiutano a sollevarmi e, quando mi giro, riesco a vedere bene il ragazzo di prima. Ma ciò che noto subito sono i suoi occhi.
No, non sono occhi. Sono due zaffiri. Due parti di oceano. Due parti di cielo. No, nemmeno. Sono tutte definizioni troppo banali per descriverli.

- Va tutto bene? Scusa, non volevo spaventarti.- ha una voce profonda. Capace di incantarti.
- Si.. No.. si, tutto ok. Tranquillo.- e continuo a guardarli, quelli occhi, fissi nei miei.
-Che succede qui?- la voce del mio “amato” professore suona dura e alta nello spazio e mi sveglia dalla trance in cui ero caduta e mi rendo conto che quegli occhi non sono più cosi vicini ai miei come prima.
-No scusi è che...- e ora?
- E’ colpa mia professore, cercavo dei teli da poter aggiungere alla scenografia ma sono inciampato e questa ragazza mi stava solo aiutando.-
- Va bene, ma stia attento la prossima volta, non vorrei cacciarla a causa della sua goffaggine.-

Mi ha letteralmente salvata. Uno sconosciuto mi ha salvata.

Prima di ritornare accanto a Katherine mi volto per rivolgergli un sorriso di gratitudine, ma lui è già andato via diventando un’ombra sottile.

***

La lezione passa velocemente nel migliore dei modi, anche se ogni tanto il mio sguardo è rivolto al palco, quasi come volessi vedere cosa, o chi, c’è dietro di esso.

Uscite dalla sala, Katherine viene immediatamente raggiunta dal suo storico ragazzo Matt. Storico perché sono insieme ormai dal primo anno di liceo.

Prese le mie cose dall’armadietto, sono decisa ad andare da una persona. Non sono mai stata una persona coraggiosa, ma questa volta è diverso. Voglio rivedere quel ragazzo. E i suoi occhi. E voglio ringraziarlo. E sapere perché era lì dietro quel palco.

-Emily, vieni con noi? Andiamo a fare un giro e poi magari passiamo al locale nuovo che hanno aperto. Dai, prometto che non faremo tardi! – questa è Katherine: una ragazza che ama le feste, divertirsi e non stare mai a casa. L’opposto di me.
-No grazie, sono stanca. Preferisco andare a casa,devo finire di leggere un libro. E poi devo tornare in sala di recitazione, ho dimenticato una cosa. Voi andate! –
-Ok, allora. A domani. Ciao Emily. –
-Ciao Matt! – gli rivolgo un sorriso sincero. Mi piace quel ragazzo, fa stare bene Katherine e questo è l’importante.
-Non mi nascondi niente vero?- lo sguardo accusatorio della mia amica mi fa sorridere.
- No, tranquilla, se ci sarà qualcosa da raccontare te la racconterò. Ti chiamo. –

Dopo averla salutata con un bacio sulla guancia, mi dirigo verso il mio obbiettivo, sperando che quel ragazzo non se ne sia già andato.

Quando arrivo vicino la sala noto un bidello intento a lavare a terra cosi, per evitare domande o un rimprovero, senza farmi notare entro silenziosamente. Nella stanza le luci sono tutte spente, vedo solo uno spiraglio di luce provenire proprio da dietro il palco.
Con cautela e trattenendo più volte il respiro per fare meno rumore possibile, arrivo dove proviene la luce facendo attenzione ai dannati fili e scatole sparsi qui in mezzo.

Ed ecco lui. E’ impegnato a riporre sugli scaffali delle scatole. Prendo coraggio e parlo.
-Scusami?- è più un sussurro, ma lui lo sente benissimo.
Una scatola cade a terra provocando non poco rumore. E lui si volta, allarmato, dandomi la possibilità di rivedere quei suoi occhi indescrivibili.
Mi guarda quasi arrabbiato per ciò che ho provocato.
-Perdonami, davvero! Aspetta, ti aiuto.- mi avvicino per raccogliere le scatole ma mi ferma.
-No tranquilla, faccio io. -
-Come mai sei ancora qui? Dopo sette ore di scuola dovresti correre a casa. – continua lui con un tono fin troppo lineare.
-Si, ma volevo prima ringraziarti.-
-Ringraziarmi? – si solleva lasciando la scatola a terra e posizionandosi di fronte a me. E mi guarda negli occhi. Sento le mie gote iniziare a colorarsi di rosso.
-Si... Sai, per prima... Mi hai letteralmente salvata davanti al professore prendendoti la colpa di tutto. Per una sconosciuta poi.-
-Figurati. E’ stato un piacere.-
-Grazie. Ma posso chiederti che ci fai qui? Sembri un po’ grande per essere un alunno.- cavolo, sto facendo la figura della ficcanaso. Ma tanto non ho niente da perdere.
-No, infatti. Sarò lo scenografo del vostro spettacolo.- non è di molte parole.
-Emily Tunner, comunque.- dico tendendogli la mano. Se mi vedesse Katherine non mi riconoscerebbe per questa mia improvvisa spavalderia.
-Victor Allen.- assurdo come riesca a non far trapelare nemmeno un’emozione.
-Allen? Come Woody Allen!- esclamo sorpresa.
-Si, esatto. Lo conosci?-
-Certo, è uno dei miei registi e attori preferiti. Sorpreso?-
Vedo un angolo della sua -stupenda- bocca sollevarsi. Era un sorriso quello?
-E’ stato un piacere conoscerti Emily.- e va via così, lasciandomi dietro quel palco, da sola, a farmi compagnia solo il fischiettio del bidello all’entrata della sala.




Salve a tutti!
Allora, che dire? Ecco il primo vero capitolo! E’ la prima storia che scrivo usando questo profilo e spero davvero che questo primo capitolo via sia piaciuto. Non so quando sarà il prossimo aggiornamento, forse ci metterò un pochino, ma arriverà! ;) DEDICO QUESTO CAPITOLO A 'APRILIA', E' ANCHE GRAZIE A LEI SE ORA POTETE LEGGERE QUESTI CAPITOLI.Ringrazio di cuore le persone che hanno recensito e chi ha inserito la storia nelle seguite e/o nelle preferite. Davvero, grazie!

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Image and video hosting by TinyPic A Diletta, perché senza di lei avrei abbandonato già un bel po’ di tempo fa questa mia folle idea.>



Capitolo 2.




La notte porta consiglio. No. La notte porta solo pensieri.
I pensieri che cerchi di evitare e di non far entrare nella tua mente durante il giorno, la notte riemergono tutti insieme, privandoti del sonno. E tu non puoi fare nulla per impedirlo.

Mi volto guardando la mia sveglia. Sono le 4.23 del mattino.
Cambio posizione mettendomi supina.
Inizio ad osservare il soffitto, notando solo ora una piccola crepa all’angolo. Ed ecco che accanto ad essa appaiono immediatamente due zaffiri, due gocce, due occhi.
I suoi.
Nervosa, mi alzo dal letto con la mia solita poca grazia, cosa che mi procura un forte capogiro. Solo quando ho il pieno controllo dei miei arti, inizio a dirigermi in cucina in punta di piedi, cercando di evitare di svegliare mia madre, consapevole del fatto che ormai non mi addormenterò.
Devo ingannare il tempo aspettando che si facciano almeno le sette, così accendo la tv regolando il volume al minimo, inizio a preparare una tazza di the e, una volta pronta, lascio che il sapore di limone mi invada la bocca.


Apro gli occhi di scatto, come colpita da un secchio d’acqua gelida.
Mi ci vuole un po’ prima di rendermi conto di essermi addormentata in cucina con le braccia a farmi da cuscino, la tv ancora accesa. La spengo e metto la tazza nella lavastoviglie. Sono le 6:42.
Mia madre dorme ancora.
In religioso silenzio vado in bagno per prepararmi e passo dalla camera di mia madre: il lenzuolo ormai le è scivolato via dal corpo, coprendole solo parte delle gambe, il volto teso nonostante il sonno e il letto vuoto per metà.
Letto adatto a due persone, non ad una sola.
Finisco di prepararmi. Nonostante sia fine settembre, la temperatura è ancora piuttosto alta.
Mancano una decina di minuti prima che Katherine arrivi per darmi un passaggio in auto a scuola, allora ne approfitto: vado in camera mia e, prendendo il mio semplice e anonimo diario accuratamente nascosto, inizio a scrivere, ne ho bisogno.

Ciao papà.
Avrei voluto scriverti in questi giorni, mi dispiace, ma non è facile gestirsi tra teatro ed esami e tu mi conosci, sai quanta è scarsa la mia capacità di organizzazione.
La settimana scorsa ti ho parlato di un ragazzo, ricordi? Non sono più riuscita a vederlo. Ma i suoi occhi, la sua figura, mi sono entrati dentro, non riesco più a cancellarli dalla mia testa. Assurdo vero?
Non ne ho parlato nemmeno con Kat, forse perché in realtà non c’è molto di cui parlare.
Scusa, ora devo andare, è tardi e ho anche il corso di teatro, oggi verranno assegnati i ruoli. Mi auguro che non mi faranno interpretare un oggetto di scena.

Spero di rivederlo.

Ricorda che ti voglio bene.

E.


***


Quando arriviamo a scuola entro subito, a testa bassa, facendomi come mio solito notare il meno possibile, lasciando Katherine e Matt liberi di baciarsi in modo molto poco casto.
Sistemate le mie cose nell’armadietto, mi dirigo verso la mia aula, pregando il tempo di scorrere quanto più velocemente possibile.

Voglio solo andare a quel dannato corso.




Ci troviamo tutti qui, seduti in cerchio, attenti a sentire il professore accomodatosi al centro, con i copioni freschi di stampa tra le mani.E’ una delle cose più belle del lavoro dell’attore: leggere tutti insieme il copione aspettando con ansia di sapere quale personaggio si dovrà interpretare.
Ed è ciò che sta facendo il famoso Prof-senza-nome in questo momento.

-La signorina Dust interpreterà Victoria.- esclama sistemandosi gli occhi sul naso.
Caroline Dust. Abbiamo frequentato la scuola dell’infanzia insieme ed ora ci troviamo insieme al liceo, ma in classi distinte. E’ una brava ragazza, tranquilla e da quel poco che ho potuto vedere in questa settimana non è male a recitare.

-Il signorino Lanter interpreterà il protagonista maschile, Victor.- quel nome mi porta immediatamente a pensare a una persona.
Edward Lanter. Non mi sembra molto sorpreso. Ci aspettavamo tutti che la scelta sarebbe ricaduta su di lui. E’ l’unico fisicamente adatto a questo ruolo: alto, magrissimo, capelli neri, pallido. Affascinante, oserei dire.
A Kat è stato assegnato il ruolo della balia di Victoria. Non è un ruolo molto importante in realtà, ma a lei non interessa questo tipo di arte. Ha deciso di partecipare a questo corso solo per me e per avere una scusa valida per non studiare.

-Signorina Tunner.- appena sento il mio nome il flusso dei miei pensieri viene automaticamente interrotto. Le due ore di sonno non aiutano nemmeno tanto a mantenere alto il livello di concentrazione.
Quando sollevo il capo di scatto trovo tutti gli occhi puntati su di me.
-E’ contenta signorina? Stia attenta però, è un ruolo impegnativo e le ho voluto dare fiducia.- non sto capendo nulla.
-C...Come?-
-La protagonista. Sarà lei. Non lo aveva capito?- spalanco gli occhi dalla sorpresa e un sorriso si dipinge sul mio volto.
-Che coincidenza che lei e la sposa cadavere abbiate lo stesso nome, Emily.- sono ancora scossa e felice per la notizia.
Il mio primo ruolo da protagonista
.
Ceeto, è un corso scolastico, ma per me è una cosa importante, ci tengo davvero.
E poi non mi dispiace nemmeno recitare a stretto contatto con Edward, dopotutto non ci deve essere nessun tipo di approccio ‘intimo’, nemmeno un bacio, cosa che mi tranquillizza.

-Dunque, assegnati i ruoli, vi spiego in breve la trama:si apre tutto con l’imminente matrimonio combinato tra Victor Van Dort e Victoria Everglot. Nonostante il matrimonio sia solo una questione di affari, al loro primo incontro i due si innamorano. Durante le prove del matrimonio però Victor è così nervoso e impacciato da sbagliare ogni gesto e parola del giuramento, ma deciso a sposare Victoria corre via frastornato nella foresta e inizia a provare. Mentre immagina il momento dello scambio degli anelli, infila la fede in un ramo che si rivela essere però il dito di una sposa cadavere, Emily,giovane sposa con una tragica storia alle spalle che, convinta a causa del gesto di Victor di essere divenuta la moglie di quest’ultimo, lo trascina con sé nel mondo dei morti. Lei si innamora di lui e anche se Victor inizi a provare affetto per lei, è comunque innamorato di Victoria.
Essendo questo un riadattamento, nel copione mancano molte scene. La storia si conclude quindi con Victor e Victoria insieme ed Emily che dice ‘addio’ al suo amato, divenendo libera.-

Ecco perché è il mio film preferito.



La lezione finisce dopo la lettura del copione. Tutti corrono via fuori dalla sala, Katherine compresa, troppo occupata ad andare verso Matt.
Mi muovo con una calma eccessiva mentre prendo la mia borsa, cosi da permettere agli altri di uscire e di rimanere sola.
Più volte durante la lezione mi sono voltata nella speranza anche solo di intravedere Victor dietro quel palco ma senza un buon risultato, come da una settimana a questa parte.
Sono pertanto intenzionata ad andare a controllare di persona o a chiedere al professore che, tra l’altro, non ha ancora accennato ad alcun tipo di collaboratore esterno.
Poi però la parte razionale prende il soppravvento in me: chi sono io e che diritto ho di andare a disturbare il suo lavoro? Per cosa poi? Con quale scusa?
Decido pertanto di andarmene dandomi della ‘stupida adolescente’ ma non faccio in tempo a varcare la soglia poiché interrotta da una voce.
Quella voce.

-Sei stata brava.-
-Victor.- il mio è più un sussurro pronunciato mentre mi volto. Ho la gola secca e la voce fatica ad uscire.
-Sei la protagonista.- continua avvicinandosi ancora ma mantenendo sempre una certa distanza. –Sei stata brava.- Sento le gambe venir meno. Mi soffermo a guardarlo: indossa dei jeans e una semplice maglia nera sporchi entrambi di polvere, ed è meraviglioso.
-Come lo sai?-
-Vi ho spiati da dietro il palco. Ero curioso di sapere quale ruolo ti avrebbero assegnato.- le mie guance si colorano di rosso. Il suo tono è meno lineare della prima volta.
Lui ha assistito alla lezione per me?
-Bè, grazie.- questa volta lo guardo negli occhi.
Quegli occhi che in questa settimana ho disperatamente cercato qui, a lezione, fuori e tra le mura della mia casa. Occhi indescrivibili.
- Ci vediamo dopodomani allora.- accenna un sorriso e si allontana, lasciandomi di nuovo sola a fissare quel palco.
Proprio non riesco a capire il suo atteggiamento.
Ma almeno questa volta sono certa di rivederlo.






Note d’autrice.
Salve! Mi scuso per il mostruoso ritardo, ma le vacanze mi fanno questo effetto, purtroppo!
Allora, questo capitolo non mi convince per niente, ma ho deciso comunque di aggiornare... Spero non vi faccia troppo schifo!
Dunque, il bel Victor ha fatto un certo effetto sulla nostra Emily, compare ancora poco e ha un comportamento piuttosto strano, me ne rendo conto, ma nei prossimi capitoli le cose cambieranno! Ho anche voluto scrivere la trama dello spettacolo, perchè tornerà utile saperlo in futuro.
Ringrazio di cuore chi ha recensito e chi ha inserito la storia tra le liste. GRAZIE!
Ok, ho finito il mio sproloquio!
Alla prossima!

dana_

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


 




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Capitolo 3.
 

Ennesima notte insonne.

Ennesima giornata da dimenticare.

Ennesimo pessimo risveglio.

Sono passate cosi le mie ultime quarantotto ore. Quarantotto ore che sono passate dall’ultimo strano e inaspettato incontro con Victor. Quarantotto ore passate dal suo sguardo impenetrabile, dalla sua voce inimitabile e dal suo modo di fare unico.
E finalmente queste quarantotto ore di attesa sono finite.
Quarantotto ore vissute come un ostacolo, un ostacolo da superare, un ostacolo ora superato.
Anche se ancora non riesco a capire come una persona qualunque incontrata per caso mi sia entrata cosi tanto dentro.

-Emily, mi stai ascoltando?- sobbalzo sentendo il mio nome.
-Si scusa Kat, stavo solo pensando.- cerco di chiudere cosi la discussione, prima di sistemare come posso i  capelli per l’ imbarazzo accingendomi poi ad abbassare la maniglia per la porta della sala di recitazione.
-No mia cara, ti conosco da sempre e so che c’è qualcosa che non va. - cosi dicendo mi strattona per un braccio portandomi in un angolo abbastanza isolato.
-Katherine ma che cavolo ti prende?!Dobbiamo andare in sala o faremo tardi alla lezione!-
-Innanzitutto evita di urlare prima che ci senta tutto l’istituto. Seconda cosa, mi spieghi che sta succedendo? In questi giorni sei strana. Perché se c’è qualche problema non ne parli con me? Sei la mia migliore amica o sbaglio?- il suo sguardo dolce. Non lo vedevo da tempo.
Prendo un respiro profondo cercando di tenere i nervi saldi.
-Dobbiamo andare a lezione.- e vedo gli occhi della mia amica illuminarsi.
-Ti sei presa una cotta per Victor, vero?-  Ma come...?
Spalanco gli occhi e cerco di respirare mentre sento che la saliva impedisce all’aria di passare, di conseguenza inizio a tossire ripetutamente.
-Ma che dici?! E poi tu come fai a conoscerlo?-
-Bè sai, è il protagonista dello spettacolo, mi pare ovvio che lo conosco. Quindi? Ti piace lui? Effettivamente non è male, anche se un po’ troppo magrolino.- come sempre è partita in quarta e io sollevata elimino tutta l’aria che solo ora mi sono resa conto di aver trattenuto.
-Katherine, ti sei sbagliata. Non mi interessa nessuno di quel corso, tranquilla. E poi il suo personaggio si chiama Victor, il suo nome è Edward. E per quanto il suo atteggiamento sia affascinante, non mi potrà mai piacere.-
-Potrà anche non essere lui, ma c’è sicuramente qualcosa che ti turba. –
-Sto bene, Katherine. E ora, se vuoi scusarmi, devo, anzi, dobbiamo andare in sala perché abbiamo uno spettacolo di trentadue pagine da provare.- e Victor.

Cosi dicendo mi sistemo la tracolla in spalla e mi dirigo finalmente verso la sala, prima che qualcosa, o meglio, la mano di Kat, mi blocchi di nuovo.
-Perché non parli più di ciò che ti capita con me?- perché non riesci a capire?
-Kat lasciami dai, andiamo.-
- No. –
Va bene, allora.

- Vuoi davvero sapere la verità? Bè forse perché nell’ultimo periodo  passi la tua vita alternando il letto di Matt alla sua bocca e ai suoi messaggi rivolgendomi attenzione solo durante le ore di pausa tra un’ora e l’altra e solo se lui è occupato?!
 Ogni volta che provo a chiamarti il cellulare è spento o occupato e poi non richiami. Non vieni a casa mia da settimane nonostante sai che la situazione a casa è difficile e che ho bisogno di te e solo perché sei sempre impegnata. Parliamo solo quando lui non può usare il cellulare a causa di qualche allenamento.
 Mi dispiace, ma anche volendo non ho il tempo e il modo di parlarti!- prendo un respiro profondo e poi butto fuori tutta l’aria.

Mi sorprendo di me stessa per il tono di voce che ho usato, ma è troppo tempo che dovevo parlare di questo. Noto un gruppetto di ragazzi che si è fermato a guardare la scena e noto anche l’espressione sorpresa di Kat. Dovevo dirle che mi sento trascurata soprattuto da lei.

Non riuscendo a guardarla negli occhi, entro nella sala correndo  con quasi dieci minuti di ritardo, aspettandomi una ramanzina da parte del professore e invece, non appena entro, sento che sto per cadere a causa di ciò che vedo davanti a me.

-Signorina Emily, salve. Stavo presentando alla classe i collaboratori di questo spettacolo, coloro che ci stanno dando un grande aiuto nella messa in scena di questo copione e che ci tenevo che voi ringraziaste. Dunque, vi presento il signor George Peterson, un mio amico nonché professore di letteratura di alcuni di voi che si è occupato, insieme a me, del riadattamento della storia e della stesura del copione; alla mia destra  il tecnico delle luci, il signor Paul Dowson, chiamato dalla nostra scuola appositamente per questo spettacolo e infine, ma non meno importante, il giovane quanto talentuoso tirocinante scenografo Victor Allen. – udendo quel nome tutte le ragazze presenti iniziano ad applaudire, ovviamente solo perchè il suo aspetto fisico non passa inosservato. 
E al tempo stesso io sobbalzo per poi essere costretta ad appoggiarmi al muro dietro di me, cominciando a sentirmi debole.

E’ li, al centro della sala in tutta la sua semplice ed indescrivibile bellezza, le mani tenute rilassate lungo i fianchi che tradiscono però la sua espressione seria e  gli occhi puntati su di me e i miei fissi nei suoi, ma sembra che nessuno dei presenti se ne renda conto.
-Ora, i signori Peterson e Dowson verranno talvolta  a farci visita, mentre il signor Allen lavorerà alle scenografie dietro le quinte. Il suo è un lavoro faticoso e inoltre è solo, quindi ha bisogno di tempo.-
I commenti delle ragazze non tardano ad arrivare e a me non importa. Sono troppo occupata a cercare di respirare con regolarità senza dare a vedere al resto della classe il mio stato emotivo.

Finalmente tutti tornano al proprio posto e mentre io, a sguardo basso, inizio ad avvicinarmi al centro della sala per poi salire sul palco, vedo Victor che, dopo un lasso di tempo interminabile, si dirige lentamente dietro il palcoscenico.
 
 
 
-No signorina Emily! NO! In questa scena lei ha appena scoperto che l’uomo di cui si è innamorata è in realtà innamorato di un’altra donna e l’ha usata solo per avvicinarsi di nuovo a lei. Dovrebbe essere distrutta dal dolore, o quantomeno mostrare a noi, al pubblico, quanto lei sia affranta per questo comportamento.
E’ già la tredicesima volta che proviamo questa scena, se ne rende conto? E non è la prima volta che capita che abbiamo difficoltà con scene dove è lei presente.
Io ho voluto darle fiducia, mi sembrava la più adatta a questo ruolo, sia per l’aspetto fisico sia per le sue capacità che ho notato durante gli esercizi. Ma forse ho commesso un errore.-
 
Continuo a tenere gli occhi bassi e le mani strette al copione, come se questo fosse la mia ancora di salvezza. Mi sento imbarazzata, umiliata quasi, ma forse il professore ha ragione. Sono un fallimento.
 
-Emily – dice dopo aver espirato pesantemente – vai a prendere una copia del copione dietro le quinte, ho lasciato il mio a casa. So che uno è sulle scale per salire sul palco. Prendilo e cerchiamo di lavorare come si deve. – non faccio nemmeno caso al fatto che mi abbia dato del “tu”.

Mi dirigo come un robot dove mi è stato detto. E sono cosi immersa nei pensieri che neanche mi ricordo che Victor è qui dietro, che sicuramente ha sentito tutto.

E mentre prendo il copione con una lentezza quasi inumana, solo per ritardare il mio ingresso in sala, sento una mano che si posa delicatamente sulla mia spalla.
-Lascialo stare, Emily. Vedo e sento che ami fare quello che fai. Sei un’attrice eccezionale.-
Mi sussurra tutto questo all’orecchio ed io cerco di non fare caso ai brividi sulla schiena.
Mi giro lentamente verso di lui e mi ritrovo i suoi occhi nei miei, in un modo che è tutto suo, modo che in una settimana ho imparato a riconoscere.
-Perché mi dici questo? Tu neanche mi conosci.

-No, ma vuoi sapere la verità? Grazie alle poche volte che ci siamo incontrati e alle varie volte che ti ho osservata so abbastanza per dire che tu sei una ragazza diversa da tutte le altre presenti in questo liceo e soprattutto in questo corso.
So abbastanza per poter dichiarare fermamente che la tua passione è vera.
 So abbastanza da poter dire che ciò che vedo negli occhi ogni volta che ti guardo è tristezza, quel tipo di tristezza che una persona si porta dietro da anni e che non ha mai la possibilità di condividere.
So abbastanza per dire che quella tristezza scompare ogni qual volta sali quel palco o ogni qual volta hai un copione tra queste – prende una brevissima pausa, il tempo necessario per prendere delicatamente la mia mano destra e accarezzarne delicatamente le dita con il pollice- delicate dita.
E quando finisce e lascia andare la mia mano,sento la testa vuota, come se avessi premuto il tasto del “Reset” non sapendo più nemmeno cosa dire.
E mi rendo conto di quanto un ragazzo che si, mi ha colpita sin dall’inizio ma che posso tranquillamente definire uno sconosciuto, mi conosca più di quanto io conosca me stessa.
Le sue parole continuano a ruotarmi nella testa durante quel lungo momento di silenzio che si è venuto a creare.
Non sento più il battito del mio cuore per quanto batte velocemente.
Che sia uno stalker? Che sia questo il motivo per cui mi conosce cosi bene? Ormai non so più cosa pensare.
 
Ma, come se non avesse detto quelle parole un paio di minuti fa, si rivolge a me con un tono del tutto amichevole. Che sia bipolare? O che voglia quasi farmi dimenticare, di proposito, ciò che ha detto?
-Quanti anni hai, Emily?-
- Diciotto, diciannove tra un mese... Perché?-
-Curiosità. Sembri più piccola.- dice con tono di scherno e questo mi fa ridere.
- Non è vero! E tu quanti anni avresti, Signor. Allen?-
-Ventisei.-
-Sembri più vecchio.- uso lo stesso tono nel dirlo e lui accenna un sorriso. E questa volta non l’ho immaginato.
Non lo conosco. Ma lui conosce me. E stare con lui mi fa stare bene.
 Continuiamo a guardarci negli occhi sorridendo, ma, si sa, i momenti belli durano poco.
-Faccia con comodo Miss. Tunner, non si preoccupi, abbiamo solo perso un’ora e mezzo per la sua inesperienza e un’altra mezzora ad attendere il suo arrivo con il mio dannato copione. Ma tranquilla, può flirtare con il signorino tutto il tempo che vuole.- inutile precisare quanto il suo fosse un tono del tutto ironico.
-Mi scusi professore, davvero, ma...-
-Ma l’ho trattenuta io. Ho iniziato io a parlare con lei e sono stato io a continuare a farle domande.-

E’ la seconda volta che mi salva. La seconda volta che mi faccio salvare.

Ma questa volta so che non me la caverò.
-Victor, secondo lei sono cosi stupido? So benissimo che il suo è solo un modo di difenderla  e non provi a contraddirmi. Sa che non è un problema chiamare la sua università e rispedirla da dove è venuto.
Quanto a lei, Emily, è una brava ragazza, ma non posso più tollerare questo atteggiamento: ritardi, assoluta difficoltà nell’apprendimento del copione e della messa in scena, disastri combinati qui dietro a causa del suo “poco equilibro”, chiamiamolo cosi e ora questo. Io prendo queste cose sul serio e se in una sola settimana lei mi ha creato tutti questi problemi, non oso immaginare andando oltre.
Quindi, mi dispiace, ma assegnerò il ruolo a qualcun altro. – conclude con tono solenne, sistemando gli occhiali sul naso.
-Professore...-
-Basta signor Victor! Facciamo cosi: dato che lei, Emily, è davvero appassionata a questo copione, il signorino qui presente ha bisogno di aiuto e noto un buon feeling tra di voi, perché non lavora con lui alla scenografia?-

Cosa?! No, anche se la sua non è una domanda perché la sua decisione l’ha già presa, questa volta non starò a subire in silenzio.

-No. Sono venuta qui per recitare, è questo che desidero fare. Perché non mi assegna un nuovo personaggio? O perché, se proprio non mi vuole per delle stupidaggini, non mi manda via dal corso?- noto che persino Victor è rimasto sbalordito dal mio tono.
-Innanzitutto abbassi la voce. I personaggi sono assegnati. Punto. Il suo posto verrà presa dalla ragazza che prima era Victoria e Victoria da una ragazza che aveva un qualche ruolo inferiore. Ci si adatterà. E no, non la mando via, rischierei di fare una figuraccia con i colleghi.
Non si scaldi troppo, è solo un corso. Lavorerà come aiuto scenografo e questa sua attività contribuirà comunque con i suoi risultati di fine anno.
E mi ringrazi per non averle fatto questa scenata davanti ai suoi compagni.-

Lo odio.

-Grazie.- sussurro a denti stretti, prima di correre via verso il bagno delle donne, accorgendomi che tutti mi guardano andare via.

Lo odio.

E mi sento uno schifo.

Apro con forza la porta e mi chiudo a chiave in uno spazio piccolissimo, dove è presente solo il water.
Sedendomi su di esso, inizio a piangere pensando al fatto che ho perso l’unica cosa in cui credevo ancora, per non parlare di Katherine.
E tra un singhiozzo e l’altro sento qualcuno che mi chiama.
 Lui. Victor.
-Vattene, per favore. – un singhiozzo.
-No.-
-Ti prego, Victor!- un altro singhiozzo.
-Spero tu sia in condizioni accettabili!-
-Come?-
E poi lo vedo saltare giù dal muro che divide il piccolo bagno dove mi trovo da quello accanto.
-Tu sei pazzo.-
-Basta salire sul water accanto e fare un salto.-
Sbuffo.  Ma le lacrime ricominciano a scendere. E mi rendo conto che lui è l’unico che mi sta aiutando. Non io, non Katherine, ma lui.
-Lascialo perdere. E’ un bastardo.
-Non dovresti essere qui.
-Lo so. Ma non mi importa.
Allora? Perchè stai così? Ti da così fastidio l'idea di lavorare con me?-
-No.-
-So capire quando una persona mente. E tu stai mentendo.-
Mi guarda come se volesse leggermi dentro.-
-Il fatto è che ora ho perso il ruolo. E poi mi sono iscritta qui per recitare. Non fare l'aiuto scenografo.-


Con il pollice mi toglie dal viso l'ultima lacrima.
-Ti assicuro che non sarà così terribile.

 



Angolo personale!

Salve a tutti! Mi scuso per il ritardo, ma la scuola è iniziata ed è difficile scrivere...
Dunque, notiamo come i nostri protagonisti si stanno avvicinando. Fatto positivo, no? Personalmente amo Victor **
Spero davvero che questo capitolo vi piaccia e, se volete ditemi cosa ne pensate. Avere pareri e opinioni nuove aiutano e poi, se positive, gratificano :)
Mi scuso per eventuali errori!
Ringrazio le persone che leggono, inseriscono la storia tra le seguite, preferite o ricordate e chi recensisce. Grazie.
E grazie a chi continua a starmi vicino e a chi mi sprona ad andare avanti con la storia. (Si Diletta, si!)
Alla prossima!
A presto!
dana_

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