Storia di un amore proibito di Mewpower (/viewuser.php?uid=46403)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dark Night ***
Capitolo 2: *** Spring ***
Capitolo 3: *** His death, her death ***
Capitolo 4: *** Their first unknown meeting ***
Capitolo 5: *** Cemetery ***
Capitolo 6: *** Suicide in the river ***
Capitolo 7: *** Saved! ***
Capitolo 8: *** Let me... ***
Capitolo 9: *** Red clouds ***
Capitolo 10: *** The death won't win ***
Capitolo 11: *** Bad boy or not? ***
Capitolo 12: *** Flight ***
Capitolo 13: *** My friend ***
Capitolo 14: *** Life ***
Capitolo 15: *** Has he changed life? ***
Capitolo 16: *** A slow rebirth ***
Capitolo 17: *** I can't forget you... ***
Capitolo 18: *** ...but I must do it! ***
Capitolo 19: *** Flying away ***
Capitolo 20: *** A new pain ***
Capitolo 21: *** Miracle... ***
Capitolo 22: *** Happy bithday ***
Capitolo 23: *** I need you... ***
Capitolo 24: *** Who are you...? ***
Capitolo 25: *** Because I want you... ***
Capitolo 26: *** Divine light ***
Capitolo 27: *** Feeling ***
Capitolo 28: *** I'm better now ***
Capitolo 29: *** I'm yours ***
Capitolo 30: *** Love ***
Capitolo 31: *** See you soon ***
Capitolo 32: *** Promise ***
Capitolo 33: *** The dress ***
Capitolo 34: *** Our bed of snow ***
Capitolo 35: *** My choice ***
Capitolo 36: *** My first and last kiss for you ***
Capitolo 37: *** Our happy ending ***
Capitolo 1 *** Dark Night ***
Dedicata alla
mia cara amica Diletta.
Auguri.
L’oscurità avvolgeva completamente il villaggio,
la notte più tenebrosa, la nottata più
nera…
Tacciono tutti, animali compresi. Dormono, senza emettere alcun rumore.
Neppure un mormorio…
Una strana malinconia e tetro terrore si era impossessato della
vegetazione sempreverde là intorno; mentre i primissimi
boccioli venivano soffocati dalla morsa notturna e li dipingeva di
nero...
Anzi no, un grigio perlaceo.
La notte è così. Non si può togliere
quell’ansia, quell’inquietudine che ti fa voltare
in continuazione quando percorri le cupe strade per nulla illuminate,
quella sensazione di paura infantile nascosta…come se il
lupo cattivo e famelico fosse pronto ad assalirti in qualsiasi
momento…
Aspetta solo te…
Basta un chiarore per risollevare l’animo impaurito. Una
piccola fiammella d’orata che splende, la luce di una
candela: infonde sicurezza, calore, allontana il male secondo
molti…
La piccolina voleva brillare il più possibile, far
risplendere tutta la stanza in cui si trovava…
Ma era rischioso.
Uno scricchiolio proveniente dal lungo corridoio nero fu ben avvertito
dalle orecchie di lei.
Era evidente che qualcuno era ancora sveglio e calpestava il pavimento
di legno molto lentamente, con passo leggero, ma il vecchio
rivestimento lo faceva sembrare pesante, secco, un passo chiaramente di
un uomo. Era logico: dentro quella casa non c’erano altro che
uomini.
Solo lei, era rimasta l’unica fanciulla.
L’unica signora…perché presto lo
sarebbe diventato…sarebbe diventata una vera donna.
La tradizione vuole che, quando ci si marita, la moglie si trasformi
nella “signora” della casata dello sposo.
Si destò dal letto tremando tutta. Le mani ancorate al
soffice materasso vibravano freneticamente alla ricerca di un appoggio,
di un sostegno… Temeva, sentiva il pericolo
avvicinarsi…Stavolta l’avrebbero scoperta. Il
passo però si faceva sempre meno percepibile, sempre
più lontano: chiunque stesse passeggiando a
quell’ora della notte, ora se ne era andato. Tirò
un respiro di sollievo profondo cercando con lo sguardo il motivo della
sua agitazione, colui che stava correndo il suo stesso rischio, che
azzardava come lei, ma che non ne era preoccupato. I suoi occhi erano
chiusi, dormiva…un meritato riposo reso più
gradevole da quelle lenzuola che profumavano di lei, della sua pelle
dolce e vellutata. La ragazza lo fissò intensamente,
scrutando le profonde occhiaie che marcavano il suo pallido viso, segni
che però non cancellavano la sua bellezza, la piacevolezza
della sua pelle… E scorrendo in giù osservava il
petto nudo, virile, la sua forza, la sua sensualità tutta
raccolta lì…su quel torace robusto, attraente
anche per i leggeri brividi che segnavano il suo corpo, dovuti alla
frescura di quella stanza… La primavera era alle porte, ma
non era ancora giunta. L’irresistibile voglia di poterlo
toccare prevalse sul suo animo innocente e candido e lentamente, quasi
con paura di svegliarlo si chinò su di lui e spostando poche
ciocche di capelli corvini dalla fronte la baciò teneramente
sfiorando con i polpastrelli gli addominali ben lavorati.
Al solo calore delle sue labbra lui aprì gli occhi
incontrando quelli di lei: due colori, uno chiaro e l’altro
scuro, due tonalità completamente diverse si fondevano ogni
volta che si fissavano a vicenda. Il nero degli occhi del ragazzo
avrebbero trasmesso timore a chiunque: troppo profondi, celavano troppo
mistero, sembravano essere in grado di scorgere tutto, anche
ciò di più velato. Ma gli occhi della fanciulla
riuscivano a riportare l’equilibrio: il suo chiarore, quel
misto tra il rosa e il lilla, due boccioli di fiori di ciliegio capaci
di illuminare qualunque cosa, anche i due tetri abissi del moro. Solo
unendoli si creava armonia, solo immergendo un colore
nell’altro si generava un’omogeneità
indissolubile, in questo modo l’uno diveniva
l’altro, l’uno era risucchiato
nell’altro, l’uno era completato
dall’altro…
Udire la sua voce poi lo rinvigoriva tutto, gli donava
un’incredibile pace interiore che credeva non sarebbe mai
più riuscito a raggiungere. Quella volta, però,
si trattava di parole di ammonizione, per la sua eccessiva calma,
indifferente a cosa sarebbe potuto capitare se lo avessero trovato
lì.
- Sai, qualcuno poco fa avrebbe potuto scoprirci…-
A dir la verità quella frase aveva più il tono di
un’affermazione piuttosto che di un rimprovero: lei non era
mai stata capace di rimproverare, tanto meno di arrabbiarsi. La sua
indole innocente l’aveva sempre contraddistinta, una
qualità che a lui piaceva moltissimo, una caratteristica
angelica che la rendeva irresistibile.
Per tutta risposta lui sorrise e le accarezzò una guancia.
Le ricordò che lui non aveva paura, non gliene importava
nulla, voleva continuare a correre quel rischio, aveva bisogno di stare
con lei… Dette quelle tenere parole si rizzò
leggermente dal letto per poter raggiungere la sua bocca e baciarla
dolcemente. La ragazza non rifiutò il gesto
d’affetto e si fece trasportare dalla seduzione di quelle
labbra finendo sopra di lui, entrando in contatto con sue gambe sinuose
che si infilavano con cura fra le sue e si massaggiavano insieme,
provando una sensazione di momentanea calura, ma di affabile piacere.
Solo in seguito il sonno prevalse nuovamente facendo addormentare lei
appoggiata al suo nudo petto.
Forse era stato il vento… All’inizio
pensò questo, vedendo la finestra della sua camera
spalancata e osservando come l’aria facesse muovere le fini
tendine di seta decorate. Ma poi scorse il sole, i cui raggi erano
ancora flebili, l’alba era sorta da poco. Si
strofinò gli occhi un po’ doloranti cercando lui,
sperando di trovarlo ancora…e invece no. Anche quella volta
se ne era andato, fuggito dalla finestra come al suo solito. Sapeva
bene che non poteva fare altrimenti, nessuno sapeva di quegli incontri
notturni, nessuno conosceva la verità e nessuno doveva
conoscerla, non adesso che stava per compiere quel passo importante. Si
trattava di una scelta compiuta dagli altri per lei, una decisione
troppo seria, ma riguardo la quale lei non era stata per nulla
consultata. Questo l’aveva fatta star male, resa
angosciata…lei non voleva sposarlo! Scosse la testa per
allontanare quella preoccupazione, avrebbe dovuto trovare una
soluzione, ma non sapeva se ne avrebbe avuto la forza…Almeno
in quel momento, però, non voleva pensarci, voleva avere la
testa altrove, libera, la mente occupata da altri
pensieri…come pochi anni prima, quando era ancora una genin,
quando andava ancora in missione, quando ancora c’era il suo
Naruto… Diventare maggiorenne le aveva procurato solo
dolori, eccessivi affanni, troppe lacrime…
Si alzò dal letto abbandonando le soffici lenzuola dalle
quali era coperta e si avvicinò alla finestra con
l’intento di chiuderla. Si accorse che nuovamente le aveva
lasciato un messaggio, un biglietto di carta avvolto intorno ad un
fiore, cosa che l’allietava e la faceva sorridere.
Srotolò il foglietto leggendo quelle parole di una promessa
fatta, di un giuramento fatto con il cuore:
“
Scusami se me ne vado ancora, ma tornerò presto e insieme
troveremo la soluzione per non separarci mai più. Non
piangere per me, perché io non ti
abbandonerò”
Strinse quel biglietto forte a sé, come per assorbirne ogni
singola parola e ripeté a voce bassa quella promessa che
l’aveva fatta commuovere tante volte e alla quale credeva,
sperava che si realizzasse…sì, sarebbero riusciti
a stare insieme.
Prese poi il fiore che le aveva lasciato: ancora una volta un giglio,
fiore dai mille ricordi, tristi e di tormento, ma pure di gioia e
d’affetto… Erano i sui fiori preferiti, lui lo
sapeva bene e dopotutto piacevano pure a
lui…perché gli ricordavano lei, pura e delicata
come i petali di quel fiore, il suo profumo inebriante, la lucentezza
del suo sorriso… Hinata.
La ragazza rimirò il fiore ancora una volta: era selvatico,
era uno dei primi di quella stagione, doveva averlo raccolto nei pressi
della foresta, in quel campo da entrambi conosciuto, da entrambi ben
ricordato… Si trattava di uno spazio di notevoli dimensioni,
ma comunque simile al suo giardino per quanto concerne la pianta
coltivata…Infatti il cortile di casa Hyuga era ancora
costellato solo dai primi boccioli, ma che si sarebbero schiusi presto,
appena in tempo per poter celebrare l’anniversario del loro
incontro, come anche la ricorrenza per un giorno alquanto
grigio…un giorno di vita e un giorno di morte.
La luce dei suoi occhi
si offuscò nuovamente al ricordo di un giorno buio,
quando l’amato
passerotto fuggì dalla sua gabbietta…
Iniziò
così la pena della povera principessa,
troppo grande da esser
sostenuta…
Salve a tutti! Per chi non mi conoscesse, io sono
Mewpower. Piacere.
Nonostante sia in corso la pubblicazone di un'altra mia fanfiction non
ho resistito a pubblicare il primo capitolo di questa nouova
storia...diciamo che si tratta di un regalo per un'amica che mi ha
fatto capire quanto fosse entusiasmante questo paring...Hinata and
Itachi. Grazie Diletta!
Anche da parte dei non amanti di questa coppia, mi auguro di ricevere
tante recensioni (me già immagina una massa di commenti
negativi, perché non sono affatto brava) e che dire se
non...buona lettura e ci vediamo presto!
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Capitolo 2 *** Spring ***
Giornata di primavera, giornata di vita e di profumi. I
primi boccioli che si schiudevano regalavano gioia a chiunque li
osservasse, simboli della rinascita di una natura creduta morta, segni
evidenti dell’opera di un buon Dio, un ciclo tanto grande
quanto meraviglioso che si ripeteva ogni anno. L’odore dei
germogli rinvigoriva gli animi stanchi e stressati dopo un lungo
inverno, un filtro inebriante di cui non si poteva fare a meno. E poi
tutti quei colori, dal rosso al viola, dal verde al
bianco…Tonalità vive, sgargianti, allietavano gli
occhi di coloro che fino ad allora avevano dovuto sopportare quei toni
cupi e orridi, quali il nero della fatica e il bronzo della terra
bagnata d’acqua e di pianto…
Quel giorno, il primo giorno primaverile doveva essere il
più bello, il più felice, il migliore…
Hinata si era appena svegliata e mirava con gli occhi semichiusi le
rondini posate sull’albero poco distante dalla finestra: gli
uccellini erano impazienti di darsi da fare, dovevano costruire il loro
nido, la loro bella casetta per trascorrerci tutta la
stagione… Fremevano alcune, svolazzavano qua e là
come per festeggiare il loro ritorno in un luogo già
conosciuto, desiderose di rivedere i loro vecchi amici, con i quali si
erano dati appuntamento proprio lì, nel Villaggio della
Foglia. Sorrise nell’osservare quelle docili bestiole
così entusiaste, riflettendo sul fatto che anche lei era
ansiosa come loro, desiderava rivedere una persona a lei molto cara.
Purtroppo era ancora in missione, quella volta gli avevano
affidato un compito assai duro e pericoloso; erano trascorsi diversi
mesi, un tempo troppo lungo da non essere preso in considerazione , ma
per il momento sembrava non voler tornare… Si stava facendo
prendere dall’agitazione di nuovo, quando pensava a lui tutto
il suo corpo entrava in subbuglio… Cercò di
allontanare la sua immagine dalla testa, ripetendosi nuovamente che
tutto sarebbe andato bene, lo avrebbe rivisto presto. Naruto aveva una
missione da compiere: riportare al villaggio l’amico che se
ne era andato, voleva ricondurlo a casa a tutti i costi, voleva
riuscirci, per questo non avrebbe mollato facilmente ed era per questo
che non aveva ancora fatto ritorno…non era un compito facile
rintracciare Sasuke.
Si stirò tutta allungandosi il più che
poté, portando la testa all’indietro ed espirando
tutta l’aria che aveva in corpo. Osservò per un
attimo il prato che fronteggiava la sua camera, prima di recarsi a fare
colazione: la buona stagione subentrata proprio quella mattina si era
già messa al lavoro, aiutando i primi boccoli di quel
cortile a sbocciare, infatti qualche giglio già faceva
capolino tra le prime candide gemme nate, infondendo un flebile odore
zuccherato all’aria fresca. Teneva molto a quei fiori,
candidi come lei, senza macchia,solo bianchi, un colore semplice, che
però amava.
Andava di fretta quel giorno, doveva sbrigare diverse commissioni e
doveva muoversi per non ritardare all’allenamento. Corse su e
giù per il villaggio senza mai fermarsi, finché
non riuscì a raggiungere il bosco nel quale era solita
incontrare i suoi compagni di squadra. Incurvò le ciglia e
si guardò intorno quando non vide nessuno. Stranamente non
c’era anima viva; che l’avessero aspettata a lungo?
Che si fossero arrabbiati? Non le sembrava possibile, dopotutto
dovevano allenarsi pure loro. Una misteriosa angoscia
cominciò a invadere il suo cuore, tanto da farlo battere
freneticamente, con una foga fuori dall’ordinario.
Deglutì con sforzo, la gola le si era seccata
all’improvviso e un leggero bruciore iniziò a
tormentarle la faringe. Si voltò, ma era davvero sola. Solo
qualche insetto le faceva compagnia. Pensò che la cosa
migliore da fare fosse andare a casa loro, magari li avrebbe trovati
lì. Scendendo dal bosco e rientrando così nella
zona abitata, notò un cambiamento: prima non ci aveva fatto
caso, ma in quel momento si rese conto che la gente che la circondava
era avvolta in un telo malinconico , qualcuno era davvero
giù di morale, altri parlavano mantenendo la voce bassa,
come se avessero paura, come se si trattasse di un segreto…
Cercò di ottenere una risposta di quel comportamento
fissando qualcuno negli occhi, gli specchi di ogni anima, ma tutti
schivavano il suo sguardo, nessuno sembrava voler mostrare i propri
pensieri agli altri, nessuno se la sentiva…
La ragazza era confusa, ma una cosa era chiara, il fatto che fosse
capitato un fatto grave, sconvolgente, troppo duro per poterne parlare
direttamente… La scelta migliore le parve quella di recarsi
da Sakura: lei era vicinissima all’Hokage, lei avrebbe saputo
darle una risposta. Tremolante, ma convinta di ciò che
doveva fare, si recò all’ospedale. Il bruciore
alla gola non le era per niente passato e più camminava
più sentiva le gambe cedere. Non stava bene, eppure non era
stanca… forse una reazione all’arrivo della nuova
stagione, oppure c’era qualcosa altro. Tremava, le mani
vibravano senza una ragione. Lei stessa era preoccupata, non capiva
cosa le stava succedendo, un comportamento insolito,
troppo…forse dovuto a quella stranissima sensazione che
ancora non l’aveva abbandonata, anzi cresceva sempre
più e sempre più aumentava il suo battito
cardiaco.
Pensò di accelerare il passo, vagando per i corridoi
dell’ospedale alla ricerca del ninja medico. Svoltando
l’angolo rimase un po’ sbigottita al vedere Kiba e
Shino che camminavano senza meta, con un’espressione buia,
per non dire…funeraria. Sorridendo si avvicinò
loro, chinando il capo in segno di scusa per non essersi presentata in
orario. Come risposta Kiba la afferrò immediatamente per un
braccio guardandola sconvolto:
- Hinata, cosa…sei qui per…?-
La ragazza rimase perplessa per quello strano comportamento, se non
turbata. Il ragazzo le stava facendo male, le unghie affilate quasi non
penetrarono la carne oltrepassando l’indumento che portava
addosso. Prontamente Shino afferrò per una spalla il
compagno, costringendolo a lasciare la presa. Lo fissò
attraverso i neri occhiali, con uno sguardo di rimprovero, talmente
intenso da poter valicare quelle lenti scure, che mai fino ad allora
avevano fatto trasalire l’espressività dei suoi
occhi. Kiba intuì di essere stato impulsivo, ma non era
pronto ad affrontare l’amica: fu per questo che decise di
allontanarsi da lei in fretta abbassando la testa, senza aggiungere
alcuna parola. L’altro si limitò a rivolgersi alla
ragazza così:
- Torna a casa…-
Mirò la sua ombra fino a che non si dissolse a causa della
forte luce solare che rifletteva sui lucidi pavimenti della clinica.
Hinata era nel panico: cosa era successo? Cosa doveva fare?
Perché… Con passo ancor tremolante
proseguì la ricerca della rosa, nonostante l’animo
continuasse a spingerla a seguire il consiglio di Shino: “Torna a
casa”
Quelle parole rimbombavano nella sua testa con forza, rendendola ancora
più nervosa, facendola sentire ancora peggio…
doveva essere capitato qualcosa…ma perché tenerla
all’oscuro?
Dopo vari minuti di ricerca la dolce Hyuga pensò di uscire
da quell’edificio, intriso di malinconia e dello zuccherato
sapore di medicine, che però non era affatto gradevole. Se
ne andò utilizzando la porta di servizio:
l’ingresso principale le sembrava talmente distante da
raggiungere e avvertiva l’assoluta necessità di
respirare, perché in quella gabbia di vetri e sale
operatorie non le era stato possibile, le pareva di non riuscire a
farlo, ciò che si respirava là dentro non era
aria, bensì qualcosa che invece sembrava appesantire
l’ inspirazione e bloccare l’espirazione.
L’aria di una prigione della sofferenza, l’aria
irrespirabile del dolore altrui; tutto quel bianco, nonostante fosse il
suo colore preferito, non le trasmetteva alcun raggio di speranza, di
vitalità…solo vuoto. Un infinito angosciante.
Già si sentì molto meglio scorgendo il sole in
parte nascosto dalle nubi e il vento leggero accarezzarle la pelle.
La quiete innanzi la tempesta…
Le brillarono gli occhi nel solo accorgersi di aver finalmente trovato
colei che cercava.
Ingenuamente andò incontrò alla
verità…
Sedeva su di una panchina in legno addossata ad un muro
dell’edifico. Isolata da tutto e da tutti, forse voleva star
sola. Ma il bisogno di chiederle spiegazioni, per quello strano clima,
per quelle chiacchiere come soffocate della popolazione, era troppo
forte…e lei sapeva bene che l’amica era in grado
di risponderle. Notò una stranezza, la posizione in cui era:
incurvata la schiena e rannicchiata in sé stessa, come per
rendersi il più piccola possibile e le gambe addossate
l’una all’altra come se avessero
freddo…tutto il suo corpo figurava infreddolito. Lo
percepì meglio quando le fu a due passi: i brividi sulle
braccia e sulle cosce scoperte in quel punto mostravano chiaramente
l’agitazione del suo animo, la turbolenza delle emozioni
l’aveva presa tutta rendendola rigida. Le mani sudate e
tremanti stringevano con brutalità i capelli rosei, quasi a
strapparseli, ma il volto rimaneva in gran parte coperto, impedendole
di mirare gli smeraldi che la contraddistinguevano. Le rivolse la
parola, con tono preoccupato, la sua vocina avrebbe rasserenato
chiunque, ma non in quel caso. Stava per peggiorare le cose.
L’inizio della fine.
La fanciulla tormentata
chiese aiuto,
continuando a domandare
alla sua anima il perché di quella fuga.
Giunse
l’ancella che la scena aveva veduta,
il passerotto non
sarebbe mai più tornato…
E rieccomi di nuovo con un altro capitolo tutto per voi!
Mi auguro sia stato di vostro gradimento.
Hinata è ritornata con la mente al passato…e sta
per scoprire una verità per nulla piacevole…Ma
non voglio anticiparvi nulla!!! Adesso vorrei passare ai
saluti:
_Faziooosa: Sono felice che la coppia Itachi e Hinata ti piaccia e
farò del mio meglio per continuare la storia nel migliore
dei modi. Baci.
_Keru: Ehi, ma ti trovo dappertutto o sbaglio? Eheh, scherzo
ovviamente, anzi mi fa molto piacere che abbia commentato anche questa
mia storia! Grazie mille per il sostegno e a prestissimo!
_sorelline xsv: Un ringraziamento super per aver recensito il primo
capitolo e mi auguro che non sia l’ultimo! Ciao, ciao!
_ thembra: Wow, che entusiasmo! Sono contenta che tu adori questa
coppia e mi raccomando…continua a sostenerla!!! Kisses.
Va bene, che dire se non alla prossima! (la scuola mi ruba tempo, ma
cercherò di fare il possibile per aggiornare presto ^__^) E
ancora un grazie per gli incoraggiamenti e i
complimenti!
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Capitolo 3 *** His death, her death ***
Sentiva la necessità di rincuorarla:
l’amica era afflitta, aspramente angosciata, aveva notato le
lacrime che erano cadute numerose, ma che si arrestarono di colpo al
solo pronunciare:
- Sakura-chan…-
La ragazza smise di tremare, il che rese ancor più timorosa
l’altra. Allentò la presa della chioma rosea
facendo scivolare le mani lungo le guance arrossate. Hinata la
osservò molto attentamente, shockata per il suo aspetto
abbattuto, con il cuore che batteva a mille.
- Cosa ti è successo…?-
Sakura continuava a tenere la testa bassa, non aveva il coraggio di
guardarla in faccia, si sentiva troppo male, non avrebbe retto e
avrebbe di sicuro ricominciato a piangere. La giovane Hyuga non sapeva
come comportarsi. Dove era finita la vitalità e la forza
della compagna? Non era lei.
Sobbalzò al solo vederla ritornare a versare lacrime,
accompagnate da singhiozzi che uscivano strozzati, tentativi di
resistenza contro quella pena che non sarebbe andata via
facilmente… L’Haruno non avrebbe mai voluto
mostrarsi così, ma la sofferenza che provava era eccessiva
anche per una personalità forte come la sua. Solo pochi
istanti dopo cominciò a placarsi stretta da un tenero
abbraccio della compagna, sedutale a fianco.
Lei ignorava tutto, ecco perché era calma. Se era
lì, significava solo una cosa: il destino aveva dato a lei
il compito di informarla, di trasmetterle così quel pesante
dolore, di renderla triste a vita, perché lei la conosceva
bene, ma soprattutto era al corrente di quanto tenesse a lui. Sapeva
quanto sarebbe stato duro e temeva che il suo cuoricino non avrebbe
retto…
Provò a cominciare la frase tenendo sempre il capo basso, ma
i singhiozzi smorzavano ogni suo sforzo. Si diede della stupida e
cercò di riprendere coraggio. Doveva avere la forza di
andare avanti. Si morse il labbro con ira e alzò di scatto
la testa mostrando il segno più marcato della sua
sofferenza: la luce dei suoi occhi era fioca e le lacrime offuscavano
chiaramente la sua vista; leggere occhiaie poi segnavano il viso, segni
del pianto eccessivo che mai fino a quel momento era riuscita ad
arrestare. Però, convinta di ciò che stava per
compiere, afferrò la mano della compagna stringendola con
energia, per infonderle più coraggio possibile.
Stranamente le nuvole cominciarono ad addensarsi, la luce solare venne
meno…
- I nostri compagni…non torneranno…-
A chi si riferiva? La confusione prese il sopravvento e
l’ansia iniziò a renderla nervosa.
- Naruto…-
Il pronunciare quel nome le fece spalancare gli occhi e la mano che
stringeva quella della rosa cominciò ad abbandonare la
presa. Le cose si stavano per chiarire.
-Il Team che è partito con Naruto per recuperare Sasuke...-
Il respiro si faceva affannoso, anche lei ora era cosparsa da brividi
freddi ovunque.
- Ce l’avevano fatta, stavano per riportarlo da
me…-
Stava facendo frasi disconnesse l’una dall’altra,
ma non riusciva a fare di meglio e ciò che era peggio non
riusciva ad arrivare al dunque. Hinata aprì leggermente pure
la bocca come ad aiutare la compagna a trovare le parole giuste.
Soffriva per l’agitazione…cosa doveva dirle? Cosa
era successo? La rosa stava per scoppiare nuovamente, ma se avrebbe
ricominciato avrebbe soltanto peggiorato la situazione.
Ora colei che soffriva di più era Hinata.
Con sforzo fece un respiro profondo e disse con forza, direttamente al
suo incredulo viso, il motivo della sua pena:
- Tutti! Sono morti tutti! Li ho visti! Li ho toccati con queste mani!-
Fiumi di lacrime tornarono a bagnarle il viso, ripensando ai loro
corpi, alla strage che era stata compiuta. Mai in una missione era
state riportate tante vittime. Ecco perché tutti ne
parlavano. Ecco il motivo di quella strana atmosfera. Si spiegava
tutto..
Stinse poi con entrambe le mani la mano candida della Hyuga, abbassando
di nuovo il capo, credendo di fare così solo del male alla
sensibilità della compagna, ma era più forte di
lei…aveva perso una caro amico e pure il suo più
grande amore… La piccola mano di Hinata sembrava morta al
tatto: fredda, molle, non un minimo segnale di movimento. Sakura
smorzò il suo pianto a fatica, quando avvertì un
mormorio proveniente dall’altra:
-…Cosa…?-
Spaesata e sbigottita, fissava il vuoto alla ricerca di un appiglio. I
piccoli occhi di Hinata si spalancarono talmente tanto da far quasi
impressione e nonostante la sua pallida carnagione il colpo infertole
la fece sbiancare ancor più, rendendola come esanime. Il
cuore smise di battere per un nanosecondo, frazione troppo minuta per
portare alla morte, eppure per lei interminabile: tutto ad un tratto si
sentì investire da una folata di aria gelida che la rese
rigida, immobile; i lineamenti del suo viso, ma pure l’intero
corpo, rimasti indeclinabili la rendevano una bambola di porcellana che
però non era affatto gradevole da guardare. Il trauma, il
terrore si leggeva bene in quegli occhi spenti e vaghi, la boccuccia
rosea divenuta leggermente violacea e lasciata semiaperta e le sue
membra avvilite, incapaci di reagire a qualsiasi stimolo
esterno…segni chiari che portarono Sakura a battere con una
mano la guancia dell’amica e ad incitarla a parlarle, a
rimanere in sé, vedendo bene gli inequivocabili presagi di
un immane mancamento. Al solo sentirsi percuotere la ragazza si mosse
di scatto, alzandosi dalla panchina, divenuta un rovere di spini e
l’esigenza di allontanarsi da lì era
irrefrenabile… La vicinanza dell’ospedale le dava
ribrezzo, voglia di rigurgitare tutto… Con uno scatto si
allontanò dalla compagna, da una parte stupita per quel
lampo di forza che aveva permesso alla Hyuga di reagire, ma
dall’altra afflitta più di prima per aver dovuto
dirle la verità…
I capelli corvini della ragazza dondolavano con impeto, sbattendo di
qua e di là contro il suo fragile corpo, ma rimanendo uniti
e compatti grazie al laccio che li teneva legati. La pesante felpa che
indossava affaticava ancor maggiormente la sua corsa verso
l’ignoto, una disperata fuga senza una meta. Anche quelle
larghe maniche ciondolavano a ritmo con la sua andatura, eppure non
facevano altro che ostacolarla, la rallentavano, un po’ le
davano noia, ma erano gli unici mezzi che le permettevano di
nascondersi. Solo così il suo corpo veniva ben coperto e
celato, tentava di occultare, cancellare le sue forme, ma la
pubertà è inarrestabile, impossibile bloccare
questo sviluppo, questo continuo crescere e modificare dei fianchi, del
seno, future prede dell’altro sesso, ambizioni per cui
avrebbero lottato…ma chissà chi avrebbe
vinto…
Si arrestò solo dopo essere sicura di non essere scorta. I
brividi freddi non se ne erano ancora andati, nonostante il sudore
gocciolasse da tutto il suo corpo e la forte umidità
penetrasse in tutti i pori della sua pelle e rendesse i capelli
lievemente mollicci. Curvò la schiena appoggiando le mani
tremanti sulle gambe che imploravano pietà; respirava
affannosamente, a volte il respiro le si bloccava in gola, ma
deglutendo fortemente riusciva a riprender fiato, artigli felini che
raschiavano la sua faringe con impeto, rendendola ancora più
bruciante di quanto non lo già fosse. Le sue membra stavano
per cedere, la sua mente era annebbiata dall’orrore di quelle
parole, morso dopo morso il suo cuore era stato quasi del tutto
consumato dalla disperazione e l’angoscia unita alla fatica
gravavano su di lei togliendole persino la parola…
Nuvole agghiaccianti e cariche di pioggia si preparavano a dare inizio
allo spettacolo…
Primavera non significa solo fiori e colori …
Gioia e festa…
Ma anche fatica di ricominciare, per poter andare avanti…
E la prima pioggia della stagione avviava questo percorso…
Fatto di sofferenza e colpe…
Contribuendo però a dare un minimo di sollievo…
A coloro che si vergognavano di piangere.
Perché la pioggia si sarebbe mescolata alle lacrime.
Hinata si drizzò tutta appena avvertì cadere
sopra di lei qualche goccia fresca. In contemporanea dal suo viso
scesero pesanti lacrime che contribuirono ad annaffiare
l’erba verdeggiante del bosco. Strinse i pugni e poi i denti.
Si morse le labbra cercando di resistere, di opporsi alla debolezza,
perché gli aveva promesso che sarebbe stata forte in
qualsiasi situazione…lei si era allenata duramente, il suo
corpo e la sua anima si erano irrobustite, ma niente poteva fermare
quel pianto. Trattenne i singhiozzi, ma faceva solo peggio.
Tentò di asciugare le lacrime, ma la pioggia rendeva tutto
più difficile. Non doveva, non voleva, ma era troppo per
lei. Stava affrontando un dolore troppo grande, il più
grande…al quale non era pronta…non poteva
vincerlo… Tenendo la testa bassa corse fino alla fine del
bosco, da dove si poteva scorgere tutto il villaggio
dall’alto. Fermandosi in quel punto, levò il capo
e tirò fuori tutta l’anima, tutta la sua
afflizione concentrata in una sola parola:
- NARUTO!!!-
Il suo urlo fu accompagnato dal rombo di un fulmine sceso poco prima
là vicino: un’accoppiata che metteva i brividi,
terrore e disperazione insieme, due forze straordinarie che avrebbero
fatto tremare chiunque, la natura e l’uomo riunite dal fato
come alle origini di tutto…
La ragazza stremata cadde in ginocchio sul suolo bagnato oscurando gli
occhi con le mani curvate dando libero sfogo a tutta sé
stessa. Non bloccò né le lacrime, né i
singhiozzi e neppure i lamenti che fuoriuscivano continuamente dalla
sua bocca. Invocò più di una volta il suo nome,
come fosse quello di un dio, sperando di richiamarlo, di poterlo
scorgere da lontano o solamente per rivederlo un’ultima volta
e confessargli tutto il suo amore. Lo amava più di prima, lo
desiderava con tutto il cuore, non poteva vivere senza di lui, non ce
l’avrebbe fatta…
E intanto la pioggia batteva sui tetti delle case, sugli alberi, sui
primi fiori sbocciati, sulle persone che rientravano di corsa nelle
loro case, sugli animali e sulle strade. Ma anche sulla povera Hinata,
distrutta da quel dolore, allietata in quel momento solo dallo
scrosciare di quella pioggia che pareva consolarla, versando pure lei
lacrime di disperazione.
La principessa al sol
sentir quelle parole corse lontano,
piangendo amaramente.
Soffriva, non voleva
veder nessuno,
voleva restar in
disparte con il suo dolore.
Ta-dan! Ecco un nuovo capitolo tutto per voi! Scusate se aggiorno solo
oggi, però il tempo che trovo per le mie fanfiction
è sempre meno! Ma impegni o non impegni farò il
possibile per aggiornare il prima possibile! Mille grazie vanno a
coloro che leggono la mia storia e in particolare a:
_Faziooosa
_Keru
_ masychan
_sonny
_sorelline xsv
_thembra
_ _videl_
Tengo in maniera particolare a questo capitolo e mi farebbe piacere
sapere quel che ne pensate ^ ^.
Bacioni a tutti e alla prossima!
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Capitolo 4 *** Their first unknown meeting ***
Dicono che i giorni passano talmente velocemente che nemmeno
ce ne rendiamo conto…sono gli anni che trascorrono lenti,
inesorabili, snervanti… A me sembra ieri, il ricordo di lui
su questa terra è ancora fresco, indissolubile…
Il suo sorriso, la sua allegria è ancora viva nel mio cuore
il cui battito si affievolisce ogni volta che ripenso alla sua
scomparsa… La felicità che mi trasmetteva ora
è divenuto vento…un’emozione che non
avverto più da molto…oramai la sola memoria di
quella vivacità non mi conforta più. Tutto
è finito con la usa scomparsa, quando la sua anima si
è staccata dalle membra, giovani, bellissime…una
grave perdita, troppo grande…soprattutto per me.
Ma la vita continua…
Tutti mi ripetono queste parole continuamente, notando
l’evidente tormento che mi perseguita, che non mi fa dormire
la notte, che pare non volermi lasciare.
Fatti forza…
E dove dovrei prenderla? Prima c’era una ragione per cui
lottavo, per diventare più forte. Me l’ero
ripromessa, un impegno al quale non avrei mai
rinunciato…lo facevo non tanto per me…ma per lui.
Non piangere…
Eppure il giorno dei funerali tutti
piangevano…perché io non dovrei farlo? Lacrime,
su lacrime. E poi la pioggia anche quel giorno, come se pure le nuvole
stessero male e si disperassero per tutte quelle vite innocenti. Povere
e infelici.
Dieci jonin, quattro chunin, un genin. Il migliore tra i genin. Non ha
avuto neanche il tempo di diventare chunin, il mio Naruto. Se ne andato
lasciando qui i suoi amici, i suoi sogni…amareggiato e
sconfortato.
Come ti senti…?
Sakura è gentile a chiedermelo a spesso. Eppure ogni volta
io mi sento ancor peggio. Cerco di star meglio, ma ripiombo subito
nella tristezza, in un baratro talmente profondo che risulta difficile
scavalcare. La luce che indica l’uscita mi sembra
così lontana…non ce la faccio proprio. Non ne ho
più forza, se non piangere… di nascosto do sfogo
a tutta me stessa. E piango, piango, giorno e notte, queste dannate
lacrime non sembrano finire mai. Mi inzuppano il viso e arrossiscono i
miei occhi, rendendoli chiari segnali del mio sconforto… Non
voglio far impensierire gli altri, solo perché soffro io non
è giusto che si preoccupino anche loro. Cerco di celare
queste lacrime, ma non è facile. Combattere la mia
debolezza, la mia sensibilità…oramai lo reputo
impossibile.
…Il fatto è che ho perso parte di me.
Lui era parte integrante del mio vivere. Era lui che mi sosteneva, che
mi incoraggiava ad andare avanti anche nelle condizioni
peggiori…è lui che mi ha insegnato ad affrontare
l’esistenza in maniera ottimista e mi ha sempre
confortata…bastava soltanto che mi sorrideva ed io prendevo
forza. Però ora ho scoperto che senza vederlo, senza sentire
la sua voce…tutta quella grinta e la fiducia in me stessa
che credevo di aver acquisito sfuma con lui, era la sua immagine, il
sapere che mi era vicino mi dava coraggio. Adesso lui non è
più accanto a me. Non lo sento. Non lo vedo. Dove
è il suo spirito? Veramente è lassù?
Esiste ancora da qualche parte…oppure è svanito
per sempre? Io non sono più convinta di niente.
Naruto, amore mio, io non ti sento.
Per questo piango.
Perché tutto di te ora non esiste più.
Mi manchi. Ti rivoglio. Ma se non puoi tornare voglio almeno sapere se
continui a vivere.
Qualcuno me lo dica
Perché se non vivi più allora non voglio vivere
neppure io.
La rugiada mattutina brillava su quei fiocchi cotonati, batuffoli di
nuvola, gigli da tempo sbocciati.
Sorridevano alle prime luci dell’alba, dondolando tra
l’erba di quel giardino profumato, un piccolo prato
costellato da gemme nivee, nobili di origini, degni di
un’alta casata. La residenza degli Hyuga appariva
così ancor più regale, sfoggiando quei gioielli
brillanti che quasi destavano invidia ed erano oggetto di desiderio dei
passanti. Erano bellissimi, graziosi e delicati, anche troppo per esser
considerati semplici fiori. Ornamenti di un’abitazione divina
che la coronavano e la aromatizzavano, come per prepararla ad un
incontro speciale…
Poteva sembrare uno spreco, un insulto, il solo cogliere quei fiori.
Sradicarli dal suolo fertile e sacro, via dal loro nutrimento, da
ciò che avrebbe loro permesso di vivere molto più
a lungo.
Eppure una ninfa dai lunghi capelli ne stava staccando uno ad uno, con
il viso impallidito dallo sconforto e dalla compassione, con il cuore
piangente per quei minuti corpicini che sottraeva dalla madre terra.
Però non era uno spiritello cattivo, era
un’appartenete a quella casata, costretta a far
ciò solo perché spinta da un fattore maggiore: il
dolore per una persona mancata, la rimembranza doveva essere celebrata
con il dono migliore, con le offerte più preziose, voleva
regalare ciò che amava di più, a cui si occupava
con profonda dedizione ogni giorno…
Era passato un anno e tutti sembravano aver dimenticato. Un anno
cosparso di ferite e di scie di sangue, di sofferenza e di tormento per
il suo animo, di conforti e singhiozzi trattenuti…
Accostò il mazzo niveo al petto, cullando quei piccolini che
guaivano per la lontananza dal luogo natio, consolandoli e
accarezzandoli sussurrando parole dolci, una melodia che usava per
placare pure l’angoscia che vacillava su e giù per
il suo corpo, deperito e stanco di tutto. La sua unica forza rimasta
gli permetteva di percorrere quel sentiero di ghiaia continuamente,
tutti i giorni, sempre da sola, sempre con quella fitta al torace
sinuoso che le toglieva il fiato. Ma quel dì, era
particolare. Ecco perché i fiori erano così
numerosi, ecco perché aveva colto i suoi
gigli…mai avrebbe ucciso i suoi bambini, se non per chi
amava con tutta sé stessa.
Per il suo angelo biondo dagli occhi color del cielo.
E durante quel lungo tragitto lei lo ricordava in tutto il suo
splendore, con quella luce di allegria che sempre gli contornava il
sorriso, con quell’ impacciato modo di svincolarsi dai
pericoli, con quella forte determinazione che un giorno gli avrebbe
permesso di coronare il suo sogno…
Levò lo sguardo fino allora tenuto basso al solo contatto
dei raggi solari sulla propria fronte. Gli alberi si erano diradati,
dando il benvenuto alla ninfa nella reggia della desolazione.
Aveva attraversato il bosco che separava la parte viva da quella morta,
il Villaggio dal cimitero dei ninja.
Con passo lento e solenne passò innanzi alle altre tombe,
sfilando con tutta la sua leggiadria e la sua compostezza
mentre pregava per quelle povere anime in pena. I petali più
delicati cadevano a terra segnando il suo cammino.
Per una volta non erano le lacrime che finivano al suolo. Doveva essere
forte.
Si avvicinava e il cuore si comprimeva tutto. Frustrato da quel
quotidiano stress che riceveva, desideroso di smettere di pompare
sangue. Il battito si affievoliva ogni qual volta scorgeva di lontano
quella nuda pietra, vuota di senso e di valore, se non per le incisioni
su di essa scolpite.
Arrivò poi lì, dove l’angelo dormiva
beato…o almeno questo era ciò che sperava.
Si accucciò posando con cura il mazzo floreale, un dono che
magari poteva allietarlo…
Baciò i polpastrelli della propria mano, con la bocca
tremolante per l’ ansia e per lo sconforto.
Toccò quindi quelle lettere che marcavano la lapide un
po’ annerita in alcuni punti. Le sfregò
affettuosamente seguendo ogni rilievo, ogni scanalatura, sentendo ogni
volta che si allontanava dai singoli caratteri una fitta acuta, come se
volessero punirla per quell’abbandono…non doveva
andarsene…non doveva fuggire da quel nome e lasciarlo
nuovamente solo…cosa che neppure lei avrebbe voluto. Ma
sarebbe tornata presto, diceva loro, li avrebbe rincontrati la mattina
seguente, prima di cominciare la giornata…perché
non sarebbe mai riuscita ad affrontare il giorno dopo senza prima
esserlo andato a trovare…quella era la sua unica gioia.
Un soffio improvviso di vento, caldo, carico di umidità,
investì la ragazza facendo smuovere con impeto i suoi
capelli dalle tonalità color blu e viola che brillavano,
facendosi notare. Con loro anche qualcos’altro si scosse con
violenza, un particolare che non era giunto agli occhi della Hyuga. Un
tessuto nero come la pece si dimenò aspramente, percuotendo
il suolo arido e polveroso, creando un leggero alone fastidioso che
però non fece distogliere lo sguardo alla ragazza.
Troppo concentrata a resistere al pianto.
Tante onde ribelli si crearono su quel telo scuro, tori in corsa che
scomparivano una volta giunti all’estremità
dell’abito.
Ma lei era raccolta in sé e provava a soffocare i singhiozzi.
Il movimento di quella veste si placò molto lentamente in
sincronia con la forza del vento, tornando ad essere piatto e muto,
come la persona che lo indossava e che sostava dinnanzi la lapide a
fianco di quella dell’Uzumaki.
Si morse il labbro con decisione, proprio non era capace di sopportare
quel peso.
La ragazza si portò una mano alla bocca, facendo tacere quei
minuti sussulti provenienti dal petto e che intendevano uscire
dall’interno, trasformati in lamenti. Le calde lacrime che
fuoriuscivano dai suoi occhi bagnavano quelle dita così
esili, infiltrandosi tra di esse e arrivando quindi anche al palmo,
inumidito dal respiro affannoso e carico di tensione. Sibilò
il nome dell’amato, ancora una volta, come oramai faceva
sempre ogni volta che lo andava a visitare, credendo forse di chiamarlo
in suo aiuto, sperando che giungesse sul posto per consolarla. Ma lui
non veniva e lei proseguiva a tormentarsi.
Una nuova raffica d’aria investì quel luogo,
scuotendo nuovamente i suoi capelli, facendo ancora muovere il mantello
di quel tizio che non si era mai mosso, sembrava non respirare, solo
quelle folate parevano conferirgli un po’ di
dinamicità.
I gigli lì distesi si agitarono con vigore, solo loro le
fecero distogliere l’attenzione dalla sua afflizione: qualche
petalo si staccò dalle splendide chiome volteggiando di
fronte al suo viso e poi volando via, verso l’alto, danzando
con eleganza, ma abbandonando il luogo dove era stato stabilito che
rimanessero. La Hyuga si rese conto del tentativo di fuga e quasi non
gridò contro di loro affinché tornassero
indietro… Poiché quando alzò il capo
incontrò la tunica funeraria di chi la fiancheggiava,
notando l’aura tetra e spettrale che avvolgeva quel tizio,
coperto interamente di nero. Sgranò per un attimo gli occhi,
intimorita da quella strana figura, ma dovette poi subito rannicchiarsi
di nuovo in sé, ricordandosi delle lacrime infuocate che le
marcavano chiaramente il viso. Stette ancora un altro minuto a
contemplare la lapide, però poi si rese conto di non poter
fare a meno di fuggire…quella figura le aveva messo una
strana inquietudine addosso, un amaro gusto di terrore che stava
rendendo il suo corpo tempestoso,cosparso di brividi e di ansia
sfrenata.
Si destò da terra non staccando gli occhi da quel letto
pietroso di morte, con una gran vergogna addosso per dover lasciare il
suo Naruto solo perché intimorita da una losca ombra, con
tanta tristezza nel cuore sapendo di dover aspettare una giornata
intera prima di poterlo rimirare, al farsi dell’alba del
giorno seguente…
Si voltò di scatto versando una scia cristallina e
luccicante che ancora non intendeva arrestarsi, scappando da quel posto
inanimato e dalla morte, rimasta imperturbabile a rimirare la tomba
dell’Uchiha scomparso, ora decorata da una rosa bianca in
più.
La principessa non
sapeva come comportarsi
di fronte a
quell’ animale.
Era nero, coperto da una
tetra pelliccia, mai visto…
Era un lupo, bestia del
bosco e quindi sconosciuta ai suoi occhi regali.
Ecco a voi il quarto capitolo! Mi auguro vi sia piaciuto. Consideratelo
il mio regalo di Natale! A proposito sfrutto questa occasione per fare
a tutti voi gli auguri di buone Feste (non so se riuscirò a
pubblicare un nuovo cappy per la fine dell’ anno) e un saluto
particolare a:
_Faziooosa
_Keru:
_sorelline xsv
_thembra
Grazie mille per le recensioni che lasciate!!! Quindi non mi resta che
dirvi…
Buone feste!^^
...e a prestissimo!
Mewpower
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Capitolo 5 *** Cemetery ***
Percorreva le strade del Villaggio come un vagabondo alla
ricerca di pane e acqua. Barcollava un po’ con il corpo
deperito e con gli occhi lucidi e privi di qualsiasi
vitalità. La gente cercava di non guardarla,
perché se ci avessero provato non sarebbero più
stati in grado di distogliere da lei lo sguardo. Era troppo spossata,
troppo debole, pareva un cadavere che tentava di continuare a vivere,
nonostante in verità fosse morto, senza alcuna speranza,
oramai incapace di proseguire nel cammino della vita… E
faceva loro pena, quella povera ragazza, che tanto aveva sofferto da
piccola, tanto aveva lottato e patito…ma mai come in quel
periodo. Era da circa un anno che non la vedevano più
sorridere…o scambiare una parola con qualcuno…
C’era solamente una persona con la quale sembrava
intrattenere un buon rapporto e anche in quell’occasione fu
lei a portarla via dall’attenzione di tutti, afferrandola per
un braccio, facendo finta di sorridere. La rosa la trascinò
per un buon tratto facendola poi sedere su di una panchina, fuori
dall’ospedale dove lavorava e dove sarebbe dovuta
essere…ma sapeva quale giorno fosse quello e poi conosceva
bene l’amica…
- Ehi, stai su!- tentava di sorridere il più che poteva,
mostrando la felicità che un tempo era capace di
trasmettere, ma ora non più, neppure lei si era totalmente
ripresa.
Hinata accennava un riso sperando di rincuorare il medico, ma la
tristezza quel giorno era più forte di lei…non
riusciva proprio a nascondere l’angoscia.
- Nessuno ti vuole vedere così, reagisci e sii forte!-
Facile a dirsi, ma lei non ci riusciva. E provava a sorridere
nuovamente, però le lacrime erano esattamente
sull’orlo di fuoriuscire…un altro movimento verso
l’alto delle gote e le avrebbero inondato il viso.
Sakura sapeva bene il dolore che stava provando, quel masso al petto lo
aveva pure lei e la convinzione di riuscire un giorno a toglierlo era
debole. Eppure tentava i tutti i modi di confortare l’amica,
di farla reagire…temeva che tutta quella sofferenza avrebbe
potuto portarla alla follia.
- Sei andata a portargli i fiori anche oggi…?- disse poco
dopo accarezzandole la testa per metterle a posto i capelli.
- Già…- fece un respiro profondo, parlare era
diventato un fenomeno inconsueto, raro e quindi riprendere a comunicare
risultava un po’ pesante – E tu non vai,
Sakura-chan?-
- Sì, più tardi vado anche io. Purtroppo il
lavoro mi assilla e non ho mai un attimo di tregua…anzi
ritorno subito in ospedale, se si accorgono che mi sono allontanata
ancora dovrò sorbirmi l’ennesima ramanzina!-
- Allora sbrigati…non voglio che tu perda tempo con
me…-
Si levò così da sedere seguita
dall’altra ragazza e mentre stava per voltarsi:
- Ehi, Hinata…- le sue braccia cinsero il collo della Hyuga
e i due petti entrarono in forte contatto, una stretta affettuosa che
trasmetteva un calore intensissimo – Ci sono sempre io
qui…non dimenticarlo-
- Grazie…- qualche goccia uscì birichina
sfuggendo al controllo di entrambe le amiche che stettero per un
po’ abbracciate, rincuorandosi a vicenda per la
grave perdita subita…
Le luci della residenza Hyuga si spensero l’una dopo
l’altra, a partire dai piani più alti, procedendo
fino a quelli inferiori. Un solo chiarore ancora rendeva luminosa una
delle numerose stanze di quell’abitazione, oramai tramutatasi
in una prigione dove trascorrere la nottata. Restare chiusa
all’interno di essa, la rendeva nervosa e angosciata.
C’era qualcosa nell’aria che non prometteva che
male, poteva avvertirne la vicinanza, ma non capiva di cosa potesse
trattarsi.
E rimaneva a sedere sul soffice letto profumato di fiori a ragionare su
quello strano presentimento, su quella morsa famelica che prima o poi
si sarebbe avventata su di lei e avvertiva un respiro umido che le
sfiorava il collo, l’alito di una belva che aspettava
soltanto il momento più propizio…
Scosse la testa rannicchiando le gambe al petto e appoggiando sulle
ginocchia fragili la testa divenuta pesante per quell’orrido
pensiero che ogni sera l’avvolgeva.
E sentiva il bisogno di vedere lui…
Non riusciva proprio a prendere sonno, oramai era diventata
un’abitudine passare la notte in bianco.
Aveva la necessità di sentirlo vicino, il desiderio pareva
irrefrenabile…
Si destò dal letto percorrendo il tratto che la separava
dalla finestra della sua camera. Mirò fuori; la luna
splendeva vivacemente…non avrebbe avuto problemi.
Indossò la prima cosa che si ritrovò fra le mani
e scavalcò la finestrella, finendo nel giardino.
Nessuno si sarebbe accorto di nulla, nessuno doveva scoprirla.
Diede il via ad una corsa esasperata, composta da tanta ansia per quel
gesto fuggitivo, come se si trattasse di un ladro evaso dal campo di
reclusione. Eppure vi era anche tanta gioia e soddisfazione,
perché avrebbe potuto stare con il suo amato, stargli vicino
per tutta la notte, avrebbe così forse trovato pure lei la
pace per dormire…almeno il minimo indispensabile per andare
avanti.
La luna mirava la folle scattare da una parte all’altra con
tutta la foga che l’animava, quell’ energia che le
permetteva a malapena di stare in piedi, che l’aiutava a
resistere al pianto, che la tratteneva a comportarsi da
scellerata… e tentare il peggio.
Dopotutto la vita le si stava scagliando contro con tutta la sua
crudeltà e con tutta la sua ingiustizia. Dopo la morte di
Naruto, Hinata aveva perso tutta la sua convinzione, la voglia di far
del proprio meglio per diventare più forte, la voglia di
combattere e di farsi valere. Ciò risultava evidente nelle
missioni che le venivano affidate, le quali si concludevano con un
fallimento o con perdite ingenti per i troppi errori
commessi… L’Hokage non poteva fare finta di niente
e non mancò di avvertirla che di quel passo avrebbe potuto
rischiare di perdere il suo titolo di chunin… uno dei pochi
obiettivi che era stata in grado di raggiungere, al quale teneva
particolarmente.
E questo non fece altro che avvilirla sempre più, a farle
perdere anche quel minimo raggio di ottimismo che le era rimasto, a
farla turbare anche nel sonno, a farle perdere
l’appetito…un’altra pena che proprio non
riusciva a tollerare, anche perché ve ne era
un’altra che l’opprimeva già fin
troppo…l’origine dei suoi pianti e dei fallimenti
che stava riportando.
Senza di lui era come una pianta senza più
radici…aveva perso l’unico sostegno che la
sorreggesse e che le desse nutrimento.
E correva spedita, ansimando e vedendo sempre più nero. Le
fronde più basse sbattevano addosso a lei e a volte i
capelli slegati si impigliavano tra i rami costringendola a rallentare.
Ma lei non si voleva fermare e strappava con forza le ciocche che
rimanevano avvolte, gemendo lievemente per il dolore, mantenendo
comunque la convinzione di agire in quel modo. Il cuore
cominciò a far segno di cedimento dopo aver scalato la
collinetta che separava il Villaggio dal cimitero: pompava sangue a
stento, adoperandosi il più che poteva, privando della
più piccola traccia rosea la sua pelle oramai cadaverica e
spossata.
Però aveva raggiunto la sua meta. Là, di fronte
alla sua presenza si mostrava il cancello
d’entrata, colorato di una scura
tonalità, ma che non poteva essere paragonata al buio tetro
di quella notte. Si innalzava verso il cielo, fine ed elegante, ma con
i chiari segni della vecchiaia addosso. Le estremità della
parte superiore erano punte aguzze decorate da un sottile strato di
muschio, secco e imbrunito, che cospargeva pure la parte più
inferiore dell’inferriata, donandole un leggero aroma che
richiamava la stagione invernale, oramai conclusa.
Sorrise soddisfatta e avanzò con le gambe tremolanti.
Superate le prime lapidi, sempre più vicina alla sua.
La voglia di vederlo cresceva ad ogni passo, ma la stanchezza le
impediva di accelerare.
Il solo buio la circondava, tutte le tombe parevano uguali nella loro
miseria e nella loro santità. Eppure secondo lei la sua era
l’unica che in quel momento brillava, l’avrebbe
riconosciuta tra mille, aveva quell’aura di lui, del suo viso
radioso, che la circondava tutta…sbagliarsi sarebbe stato
impossibile.
Lo salutò.
La terra pareva innevata, poiché cosparsa di tutti quei
gigli portatiglieli la mattina, ed era fredda, rigida come lo
è d’inverno. Le ginocchia furono assalite da
innumerevoli brividi al solo contatto, ma lei restò
inchinata comunque accostando le mani al mento, unendole per sussurrare
parole di preghiera. La debolezza la investì definitivamente
al solo provare a rialzarsi e pensò bene di rimanere
accucciata, così pure da poter rimanere più
vicina al suo amato, proprio stretta stretta, abbracciata a lui,
l’uno accanto all’altra.
Come l’amore è indissolubile pure dopo la morte.
Pose la sua testa a ridosso della lapide. Stava scomodissima, le
ginocchia erano congelate, la notte metteva paura, il cimitero
trasmetteva tanta malinconia…
Ma fu proprio in questa maniera che riuscì a trovare il
sonno, a socchiudere gli occhi e finalmente a riposare davvero. La
ragazza si addormentò accostata a quella durissima pietra,
infreddolita e un po’ affamata, sfinita da tutta quelle pene,
ma almeno in quel momento serena perché stava dormendo con
il suo Naruto, cosa che desiderava perdurasse…magari in
eterno.
Come un morto può smuovere la terra.
Può uno zombie percorrere tranquillamente le vie di un
cimitero?
Può farlo, certo. Ma non è questo il caso.
Si trattava di un’ombra, nulla di ultraterreno. Semplicemente
una figura, semi sbiadita che a notte fonda vaga per il campo santo
alla ricerca del riposo, di quella pace ottenibile solo una volta
morti. Ma lui ancora non lo era…
E si domandava il perché, quale fosse la
motivazione…
Magari era per carità di Iddio, per suo amore nei suoi
confronti, perché era una sua creatura… mph, ma a
chi voleva darla a bere…
E girovagava ancora, sempre più confuso, sempre
più amareggiato per quella diavolo di esistenza che era
costretto a vivere…
Era quella la sua punizione, credeva questo.
Si spostava lentamente, strisciando i pesanti piedi cosparsi di
stanchezza e ferite, strascinando quella lunga tonaca infernale, il suo
nascondiglio, ciò che lo rendeva tutt’uno con la
notte.
Lui era la notte.
Solo un’immagine di color contrastante risaltava su quello
sfondo di tenebre.
Bianca e fresca, chissà dove, chissà quando
l’aveva colta.
Una rosa candida pareva essere la sua lanterna, l’unica luce
che lo illuminava, unico elemento di purezza che lo legava ancora a
quel mondo, l’unico simbolo di umanità che gli
restava.
Lui era inumano.
E la teneva stretta, facendola sbucare fuori da quel mantello,
all’interno del quale di celava il suo corpo giovanile, ma
maturato dall’esperienza della guerra, irrobustito dalle
sofferenze della sua anima, afflitto da tutto quel dolore che aveva
sempre dovuto nascondere…
Sbatté un fianco su di una lapide, posta troppo in
là, ma senza lamentarsi.
Poco dopo un altro colpo, stavolta per nulla debole, sempre di un
fianco.
In questo caso borbottò qualcosa, ma non per il male, solo
per quella sua disgraziata e nuova incapacità, un handicap
nato da poco, un altro motivo per essere infuriati con il cielo,
un’altra ragione per desiderare di farla finita…
Essere privati di ciò che lo rendeva imbattibile.
Giunse al punto prefissato o almeno così credeva.
Se ne accertò.
Già, toccando la pietra scolpita tastò le esili
rientranze di quelle lettere che componevano il suo nome, percorrendone
una alla volta.
Sa…su…ke.
La persona che aveva preso il suo posto
nell’aldilà. Colui che doveva vivere.
E invece il destino aveva voluto il contrario. Aveva bisogno
dell’anima più giovane, necessitava di sangue
più fresco, di un animo meno imbrattato.
Maledisse la causa di quella morte così precoce, maledisse
la perdita di tutto il suo potere e di tutte le sue forze che gli aveva
impedito di agire in quel giorno di strage, che anche in quel momento
lo faceva sentire una nullità, una stupida presenza non
più umana che non aveva più una
finalità a quel mondo… Era per questo che si
sarebbe ammazzato, la mattinata seguente, se non quella notte stessa,
tanta era la voglia di raggiungere quella persona, infinito era il
desiderio di dar fine alle sue pene.
Piantò con forza il fiore nella terra, offrendogli
l’ultimo dono, ancora una rosa, un gesto d’amore
fraterno e di scusa profonda per non essere stato in grado di salvarlo,
per aver abbandonato l’unico che egli stesso voleva
sopravvivesse…
E ragionava al modo più rapido per farla finita, credendo
che forse le ferite e il sangue che perdurava a colare avrebbero
pensato a svolgere tutto il lavoro senza che lui si adoperasse in alcun
modo… No, doveva agire, non ce la faceva ad attendere
ancora. Quegli orrendi squarci che lo segnavano grondavano sangue da
tanto tempo, eppure non sembravano voler essere loro la causa della sua
fine. Improvvisi mal di testa lo prendevano di tanto in tanto, ma erano
solo segnali di cali di pressione e dell’abbandono lento
e pigro delle sue ultime energie. Aveva persino smesso di
mangiare ultimamente, ma il fisico era più che abituato ad
affrontare lunghi periodi di digiuno… lasciar fare alla
natura era stato un grosso sbaglio, doveva occuparsi lui del suo corpo,
nessun altra cosa sarebbe riuscita a portarlo alla morte, nessuno
poteva sconfiggerlo…se non lui medesimo, colui che possedeva
la chiave del suo spirito, della sua leggendaria fama, della sua
temibile scia di ricordi…
Fece per andarsene, non intendeva rimirare il sole di quel mattino,
voleva che tutto si concludesse nell’oscurità e
nel silenzio.
Intendeva poi lasciar riposare in pace la creatura che si era
appisolata lì di fianco, una bestiola crebbe che fosse, un
animale della foresta che inspiegabilmente aveva trovato comodo il
letto di morte di un defunto… Il suo respiro era troppo
leggero, troppo delicato per appartenere ad un uomo, eppure
c’era uno strano profumo nell’aria che si mescolava
all’intenso aroma floreale di quella moltitudine di fiori che
ricoprivano la lapide su cui riposava…
Qual motivazione aveva di accostarsi a quella massa? Banale
curiosità, caratteristica insolita in un tipo del
genere…egli stesso si meravigliò, eppure decise
di soddisfare quell’insensato ultimo desiderio di capire cosa
era…
Piegandosi lievemente cercò di sforzare ad aprire gli occhi.
Tentativo sciocco e inutile: sapeva benissimo che non ne era
più in grado…
Avvicinò il piede e tastò: grande, non si
trattava di un animaletto, si era sbagliato… che diavolo era
allora? Si abbassò reggendosi a stento sulle gambe oramai
destinate allo sfascio: viva era viva, dormicchiava con piacere, o
almeno così pareva.
Nuova ipotesi che andò in frantumi, quando il soggetto
analizzato cominciò a sussultare e a emetter strani gemiti.
Si destò all’istante.
Cavolo, era una donna.
Singhiozzava, tremava, sentì chiaramente che invocava un
nome, agitata, intimorita…
Che ci faceva ancora lì? Cosa gliene importava? Eppure si
avvicinò alla nuda pietra posta accanto e scoprì
che si rivolgeva a lui…
“Uzumaki…”
Sapeva quale era stata la sua sorte, ma non immaginava che fossero
stati seppelliti l’uno accanto all’altro…
“Questa donna piange per te…”
Fece scivolare la mano pesante dal masso grigiastro, invocando la pace
anche per quel ragazzo, nonostante tutto…
E si allontanò stavolta sul serio con tanta malinconia
nell’animo, impietosito da quella figura che non aveva potuto
scorgere, riflettendo sulla brutta sensazione che gli aveva trasmesso,
inebriato da quel profumo per nulla esagerato, attirato un
po’ dal fatto di volerne conoscere il viso…stupida
e insensata curiosità!
Il lupo la
annusò con un briciolo di curiosità,
non intendeva farle del
male.
Anzi si
allontanò subito dopo,
lasciandola nei suoi
incubi, senza che lei si accorgesse di nulla.
Ciao a tutti! Ecco un altro capitolo (davvero allegro :P) tutto per
voi! Fatemi sapere cosa ne pensate! Un saluto grandissimo a tutti
coloro che leggono la mia fanfiction e in particolare a:
faziooosa
fenix
of innocence
masychan
sonny
sorelline
xsv
thembra
Grazie mille! Siete troppo gentili. Comunque vi dico che Itachi e
Hinata si incontreranno molto presto! E chissà se non nel
prossimo capitolo... Bacioni.
Mewpower
|
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Capitolo 6 *** Suicide in the river ***
…Vago senza più una metà,
tentennando il corpo e tenendo lo sguardo fisso al suolo.
Mi chiedo da dove provenga questo barlume di energia che mi permette
ancora di stare in piedi e di percorrere questi sentieri…per
me bui e indefiniti. Non c’è più luce,
non la percepisco più. La mia vista se ne andata piano
piano, accompagnata dalle poche motivazioni che mi portavano a
continuare ad esistere. Ma alla fine dei conti la luce intorno a me non
vi è mai stata: non un minimo chiarore che mi allietasse,
che mi sostenesse…ma si è trattata di una mia
scelta, sono io che ho deciso quella via di morte e di male, si
è trattato di un gesto volontario, compiuto da me, con
questa testa…
Le tenebre mi sono sempre state accanto permettendomi di nascondere e
di attaccare di soprassalto, mi hanno facilitato i lavori
più sporchi e le missioni più pericolose, tutte
andate a buon fine, tutte conclusesi sempre con un versamento di
sangue.
Già, quella sostanza che riempie il nostro corpo rendendolo
una sacca molle, così plastica, talmente fragile, che
può essere bucata con un semplice gesto… E
fuoriesce tranquillo, veloce o lento, sotto gli occhi del morente o di
chi ne ha provocato la rottura…
Io ne ho visti tanti…di tonalità differenti che
andavano dal più chiaro al più scuro, da quello
che si coagulava più rapidamente a quello che permaneva
liquido per più tempo…ma non ho mai goduto la
loro vera lucentezza, anche perché mi capitava di osservarlo
solo di notte…
Quando tutto è opaco…
E ne rimembro l’odore, talmente nauseante da spingermi a
coprirmi il volto, quando nessuno mi era vicino, quando lavoravo da
solo… difficile nascondere una debolezza del genere di
fronte a quel colosso di un pesce, sempre invogliato a trucidare anche
quando non ce ne era la necessità…
Il sangue non mi è mai piaciuto, eppure è sempre
rimasto con me, addosso alla pelle, ai vestiti, nella
mente…nel cuore.
Compagno fastidioso della mia vita, che mai si è voluto
distaccare…neppure adesso…
Lo sento ancora e provo uno strano peso, come se si trattasse delle
tante anime di quelle vittime che ho eliminato e che continuano a
perseguitarmi, a tenersi ancorate alle mie caviglie, ai miei
fianchi, perché rivogliono indietro quelle macchie
di liquido che per lungo tempo mi hanno sporcato, ma che ora sono state
assorbite dall’epidermide diventando tutto uno con il mio di
sangue.
Ho cercato di togliere via questo orribile fetore di cadavere, ma non
ci sono mai riuscito, anche perché una volta conclusasi una
lotta, ne iniziava un’altra. E ancora una strage,
più sangue, più fetore.
Eppure quello che ora scorre dalle mie braccia e dal mio petto non mi
dà alcun fastidio. Anzi è piacevolissimo sentirlo
fluire, il massaggio che mi procura è veramente rilassante.
E sono felice, poiché persiste nel colare su queste mie
membra che sanno di putrido e di dolore, poiché rappresenta
un evidente segnale della riapertura dello squarcio alla spalla e
all’addome, un’emorragia che ha ricominciato la sua
attività dopo un periodo di blocco e che spero mi
porterà alla morte.
Quello che più aspetto.
Ma poi si ferma ancora, il sangue si arresta nuovamente, come se avesse
paura di uscire.
No, proprio non Vuole che muoia.
E mi accosto ad un tronco cercando di togliere il sangue già
coagulato intorno alla ferita.
Magari ricomincia a scorrere…
Un piccolo accenno di ripresa, ma poi si frena, lasciandomi amareggiato
ancora una volta…
Mi sarebbe piaciuto che fosse il ciclo naturale delle cose a provocare
la mia fine…
Avrei sofferto per molto…
La mia pena sarebbe stata lunga…
Solo così sarei riuscito a lasciare questo mondo con il
sorriso…
Ma proprio non deve essere così…
E da circa un anno che attendo pazientemente…
Che mi Voglia risparmiare?
Per quale motivo? Io…responsabile di tanti omicidi, devo
vivere?
…Io voglio soltanto raggiungere mio fratello e i miei
genitori…non chiedo altro.
Per questo farò a modo mio, accelererò la mia
fine con le mie stesse mani, ho deciso.
Finalmente lo sento: il fiumiciattolo che scorre. Le sue acque veloci
mi porteranno via…e una volta giunto alla cascata,
l’impatto sarà decisivo.
Le tempie hanno ricominciato a bruciare…che
stanchezza…ecco, sarà questo il mio letto, dove
riposerò in eterno…
Mph, ricorrere al suicidio non mi va giù…ma che
ci posso fare se ho la pellaccia
dura!
Il primo raggio solare che si fece avanti fu leggerissimo, quasi
impercettibile. Eppure lei sembrò risvegliarsi proprio per
quella delicatissima fonte di luce che le colpì la fronte
semicoperta dai capelli che componevano la frangetta. Si
stiracchiò con sforzo, rattrappita per la posizione scomoda
in cui era rimasta per tutta la nottata, un po’ infreddolita
per la frescura di prima mattina, ancora con le lacrime agli occhi dopo
un lungo e bruttissimo sogno…
Si massaggiò gli occhi indolenziti e desiderosi di godere un
vero sonno, cosa ritenuta oramai impossibile, alla quale aveva
rinunciato da tempo; si destò su e accarezzò con
cura la lapide dell’amato.
-Buongiorno…- sussurrò con dolcezza quella forma
di saluto, accennando un riso per farsi vedere lieta di fronte
all’immagine di lui che immaginava di vedere dietro a quel
rigido blocco di pietra. Ma subito dopo riemerse la malinconia, data
dal non scorgerlo concretamente, provocata da non ricevere una
risposta…causata dall’insensatezza di
quell’ esistenza che oramai non le trasmetteva più
alcuna allegria…
- Scusa, ma…devo andare-
Non era più nemmeno in grado di rivolgersi a lui senza far
riaffiorare le lacrime, tanto era la tensione che la affiggeva e lo
stress di quella vita senza più la sua presenza, priva del
motivo principale della sua gioia…
Partì spedita, chissà per quale luogo, ma
sicuramente non verso la sua abitazione. Non se la sentiva di
presentarsi in quello stato, scomposta, un po’ impolverata,
chiaramente abbattuta e con i segni del pianto ancora freschi.
Sicuramente si erano accorti della sua scomparsa, la sua fuga aveva
probabilmente fatto inquietare il padre che ora era in collera e che
l’attendeva per ammonirla…un duro rimprovero che
l’avrebbe fatta sentire solo peggio…aveva la
necessità di prendere tempo e di prepararsi alla punizione
che le sarebbe toccata…
Ma se non fosse più tornata…?
Si bloccò, lasciando fisso lo sguardo al suolo.
Se avesse abbandonato tutto, magari…
Si tastò una tempia che pulsava incredibilmente
così come anche il suo cuore al solo pensiero…
Se potesse troncarla lì, abbandonare la vita terrena potendo
così rivedere lui?
Alzò la testa al cielo come a cercare un pilastro che
reggesse quella sua ipotesi…
Naruto…
Ma avrebbe in questa maniera lasciato tutti i suoi amici, i suoi
familiari…cosa avrebbero pensato? Come avrebbero reagito?
Come poteva provocare un dolore del genere a chi realmente tenesse a
lei? …Se c’era qualcuno a cui veramente importava
qualcosa di lei…
Dopotutto era sempre stata causa di tante preoccupazioni, fonte di
problemi, matrice di guai nelle ultime missioni…
Sono solo un peso…
E immaginava la faccia del padre, marcata di stanchezza e di delusione
nei suoi confronti.
Per lui non sono niente…
Rimembrò il suo sguardo indifferente, che mai aveva visto
brillare di fierezza per i suoi miglioramenti…
Non valgo niente per lui…
Per quell’amore paterno mai avuto e che magari in quel
momento avrebbe tanto potuto aiutarla…
Basta! Non ce la faceva più a vedere quell’aria
cupa e insoddisfatta, tinteggiata di amarezza e di rimorso per aver
contribuito a generare una figlia talmente debole…
Per questo voglio farti felice…almeno una
volta…papà.
Trovò la motivazione. Avrebbe dato fine a tutto per lui,
perché sapeva che questo sarebbe stato un sollievo,
l’epilogo della vergogna per la casata Hyuga…ne
era convinta.
Nuove scie di pianto le solcarono il viso, ma non era triste
affatto… Anzi sorrideva coprendosi gli occhi per arrestare
quell’impeto di lacrime, pensando che quella fosse la scelta
giusta per frenare ciò che costituiva il supplizio per il
padre e anche per lei… Quella possibilità era
nata da tempo nella sua anima, ma mai fino a quel momento era stata
più viva e sicura…
Avrebbe ritrovato un affetto in cielo e ristabilito la pace in
terra…
Quale gioia maggiore…
E si incamminò con passo moderato verso il fiume che poco
distava dal cimitero, quel corso d’acqua fresca e limpida si
sarebbe trasformato nel suo letto di morte…ignorando che era
già stato predestinato da qualcun altro per rivestire la
stessa funzione.
La piccola principessa
era afflitta dal dolore
e la malinconia si era
oramai impossessata della sua mente.
Il passerotto fuggito le
aveva lasciato un vuoto
che il debole cuoricino
non poteva più sopportare.
Ciaooooooooooooo!!!! Finalmente sono riuscita a liberarmi da quella
montagna di libri che mi teneva rinchiusa in camera (...ma ci sono pure
ora!) Comunque mi auguro che la storia vi intrighi sempre
più e se vi va lasciate qualche commentino!
Saluti a tutti voi che mi seguite!!!!
Mewpower
|
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Capitolo 7 *** Saved! ***
Tentennava con il corpo e avanzava con passo incerto:
quell’idea suicida l’animava come non mai, eppure
temeva e si preoccupava. Un pensiero per nulla candido, un gesto che
avrebbe portato altra sofferenza…stava per compiere una
pazzia…la sua coscienza diceva bene, ma per una volta la
giovane faceva finta di non udire quella vocina e continuava a
percorrere quel sentiero seppur a stento, oppressa dalla stanchezza e
per la rigidità delle membra. Nuovamente nella sua mente
rimbombavano quelle parole di avvertimento, la parte di lei ancora in
se tentava di farla ragionare… e pareva riuscirci: Hinata si
fermò un paio di volte, ritornando a riflettere sulle
motivazioni che l’avevano portata a giungere a quella
conclusione, pensando a ciò che avrebbe comportato la sua
morte… riflettendo su come Sakura… Neji e i suoi
amici avrebbero potuto reagire.
Levò il capo al cielo di nuovo non più convinta
di quel che stava per fare…
Ma poi le tornò in mente lui…
L’amore nei suoi confronti era immenso, dannatamente
più forte di tutto e di tutti… Naruto era il suo
chiodo fisso, la persona per lei essenziale, l’unica in grado
di permettere alla sua anima di sorridere…
E lei voleva ritornare a farlo: non ce la faceva più a
soffrire, a non dormire la notte, a versare quotidianamente lacrime per
la sua assenza…non era più capace di gestire la
sua vita se non vi era lui che la tenesse per mano…lui era
come un padre…quel genitore che non ha mai avuto e il cui
ruolo, riusciva incredibilmente ad adempiere…
“Perdonatemi
tutti…”
Era un’egoista a pensare unicamente alla sua
felicità, ma allo stesso tempo credeva di far felici pure
gli altri…
“Così
non dovrete più preoccuparvi per me…”
Povera ingenua principessina…
Riprese il suo cammino con passo tremante e con tanti dubbi in corpo,
ma la presenza dell’amato si faceva sentire sempre di
più e il desiderio di rincontrarlo diventava di conseguenza
irrefrenabile.
Lo scorrere di quelle acque giunse all’orecchio attento della
chunin come evidente segnale del raggiungimento della meta. Si
guardò intorno, ma non vi era nessuno.
Respirò profondamente cercando di togliere la tensione che
opprimeva la sua anima, preoccupata per il fatto di compiere
quell’atto impuro.
Si recò sulla riva specchiandosi: il suo pallido viso si
mischiava con la limpidezza di quelle acque rendendolo parte integrante
di quello straordinario segno dell’incontaminato. Immerse la
mano, cancellando quell’immagine che non riconosceva, che
reputava orribile, non più guardabile dopo
l’azione che avrebbe commesso.
Ma fu a quel punto che l’acqua si fece rosata.
Con sorpresa e per impulsività ritirò la mano
contemplando ciò che stava osservando: venature rosee
sfilavano con leggiadria per quel fiume, erano fini eppure ben
visibili, inquietanti, quasi inverosimili. La ragazza stentò
nel credere che si trattasse veramente di ciò che balenava
per la sua mente…com’era possibile?
Temeva che qualcuno fosse in grave pericolo, il suo animo solidale e da
grande ninja le impedì di far finta di nulla:
cominciò così a percorrere la riva verso la
direzione in cui provenivano quegli strani segnali terrificanti,
mantenendo un passo accelerato, ma incapace di correre…
Era proprio sull’orlo di svenire…
Si bloccò istantaneamente e divaricò le gambe
come per estendere il piano di appoggio per le esili gambe tremanti,
che altrimenti sarebbero crollate al solo mirare la scena dinnanzi:
intorno ad un masso incastrato al centro del fiume, si era venuto a
formare un ellissi carminio che si diramava poi in varie direzioni
seguendo il ritmo dei piccoli vortici d’acqua, mulinelli che
giravano in senso orario ed altri in quello opposto.
L’intensa macchia aveva origine dalla massa nera, non chiara
da quella distanza, che si trovava accostata alla roccia. Hinata
strizzò gli occhi, assumendo un’espressione
angosciosa al solo riconoscere che si trattava di una persona. Con
prontezza si immerse senza pensarci: il livello delle acque arrivava
fino al suo naso e la violenza della corrente tentava di trascinare via
il suo corpicino, ma lei lottava con tutta sé, stringeva i
denti, mai e poi mai si sarebbe tirata indietro nel salvataggio di chi
era in difficoltà…
Vinse la natura, recuperando il corpo. Sputò acqua e fece
lunghi respiri inchinata a terra e con il capo chino. Solo dopo aver
preso il fiato sufficiente si voltò verso chi veramente
stava male: sgranò gli occhi nel momento in cui si rese
conto di chi aveva tratto in salvo: quella figura, la morte nera di
poco tempo prima, quell’ombra che in
quell’occasione l’aveva spinta a fuggire, tanto era
l’inquietudine e l’apprensione che le aveva
trasmesso… In quel momento, però, si
limitò a rimanere per qualche secondo a bocca aperta e poi
scuotere la testa dopo aver notato come invece fosse umano quel
personaggio: ovvero si convinse del fatto che lo fosse solo osservando
la mano, innaturalmente contorta, quasi raggrinzita,
irrigidita…apparentemente morta. Si destò
velocemente e seppur a stento lo tirò su portando un suo
braccio intorno al collo. Il cappuccio gli copriva il volto, ma la
ragazza non era interessata a vederlo in faccia. Intendeva solamente
portarlo in un posto sicuro, fare il possibile per aiutarlo, non poteva
lasciarlo morire…
Trascinò a lungo il suo corpo superficialmente esanime con
fatica, ma tanta era la volontà e il desiderio di fare
qualcosa… bastarono questi due elementi a darle forza.
Con sorpresa scorse un cespuglio che tentava di celare
qualcosa…un nascondiglio, una modesta caverna semi nascosta
dalla vegetazione, luogo più che adatto per prestare le
prime cure. Sorridendo nel cuore, lo pose sul terreno, cercando di
capire da dove provenisse quell’ondata rossastra che a stento
era visibile sulla veste scurissima. Con la vergogna che rifletteva sul
suo viso, ma con atto deciso ne strappò una parte scoprendo
il petto indossante una fine retina tipica del…
- Un ninja?-
Fu stupita per un attimo da quella rivelazione, ma ciò che
la fece sobbalzare fu altro: uno squarcio color terra e impregnato di
sangue solcava la spalla e il pettorale sinistri e tanti più
minuti graffi facevano da cornice a quella raccapricciante visione. Si
mise una mano di fronte alla bocca, patendo tanta sofferenza per lui,
motivandosi a mettersi sotto e a procedere.
“Non è una ferita fresca, eppure guarda come
sanguina…” e continuava a dolersi, immaginando il
dolore che doveva aver provato e quello che tutt’ora stava
provando…se ancora viveva…
“ No, no, deve farcela!” si ripeté
questo motivetto a lungo mentre tamponava la ferita con una lunga benda
ottenuta strappando parte dei suoi lunghi pantaloni…
“Non voglio che altre persone muoiano…La morte non
può vincere sempre…” oramai questo era
divenuto il suo chiodo fisso, dopo l’incubo di un anno
prima…
Fasciato il corpo con precisione, pose una mano sul petto e poi anche
l’altra: non sentiva il cuore, la rigidità del
busto e il freddo che trasmetteva la portarono a pensare al peggio.
- Per favore, no…- mormorò con un filo di pianto
e tanta amarezza in gola – Non…eh!-
sussultò all’improvviso spalancando gli occhioni
lucidi. Il busto del ragazzo si era mosso e un flebile respiro
affannato era giunto alle orecchie della Hyuga.
- Per fortuna…- poche gocce calde le uscirono lentamente
accompagnate da un sorriso di pura gioia. Ma subito dopo la sua
espressione mutò nuovamente al solo ammirare una novella
scia scarlatta macchiargli il viso: i suoi occhi serrati perdevano
sangue. Il ragazzo arricciò il naso e si morse il labbro:
bruciavano terribilmente, come carbone acceso, e il mal di testa che
seguiva a quell’usuale versamento pareva schiacciargli le
tempie che pulsavano freneticamente. Hinata capì che la
situazione era veramente seria, non era in grado di salvarlo da sola,
necessitava la presenza di vera medici. Perciò si
alzò immediatamente senza distogliere lo sguardo su quella
figura, sui suoi occhi, sulle sue mani che raschiavano con veemenza il
terreno arido…
Perché tanta
sofferenza?
Ma nel momento in cui fece per voltarsi sentì chiaramente
una presa, la sua caviglia era stata afferrata. Una voce maciullata
dalla stanchezza e roca dal continuo sputare sangue si rivolse a lei,
con atto di supplica:
- Ti prego… non…chiamare nessuno…-
La poverina rimase impietrita da una simile richiesta, confusa e
sorpresa da quanto fosse stato rapido nello spostarsi e nel riuscire ad
afferrarla.
- Perché non dovrei…?- domandò lei
intimorita
E lui rispose con l’ultimo filo di voce che aveva, per poi
riappoggiare la testa a terra e riprendere il sonno dal quale sperava
non risvegliarsi mai più…
- Voglio solo…morire…-
Un sussulto dal suo cuore guidò nell’aria quella
frase che rimbombò a lungo nella sua mente, trattandosi
dello stesso pensiero formulato da lei poco tempo prima…
Perché
c’è solo morte?
Immediatamente distese di nuovo il suo corpo al suolo, notando che di
già il sangue aveva iniziato a scorrere più
lentamente … Oramai però tutte le fasciature
erano intrise di rosso e non poteva di certo sperare che le emorragie
si fermassero da sé; il ragazzo aveva bisogno di aiuto e lei
lo avrebbe sostenuto…non poteva lasciarlo in preda alla
morte, neppure se quella fosse la sua volontà.
Fu a quel punto che prese una decisione: se veramente non voleva
nessuno, lei e solo lei si sarebbe occupata di lui, ma avrebbe fatto il
massimo, si sarebbe trasformata in una vera e proprio equipe medica,
avrebbe studiato medicina se fosse stato necessario, non avrebbe mai
permesso che un’altra anima abbandonasse quel
mondo… e neanche lei lo avrebbe fatto… prima
doveva occuparsi di quell’animaletto ferito,
perché lui non aveva alcun diritto di soccombere…
Sentiva che nascondeva qualcosa dentro di sé, una forza
strana che occultava tanta angoscia, tanto buio, ma anche tanto
amore… Era intenzionata dunque a difenderlo e soprattutto a
capire il perché voleva morire…perché
anche lui…
Perché
ti vedo come parte di me?
Si rizzò nuovamente e corse verso il centro della foresta
dove sapeva bene avrebbe trovato particolari erbe utili per la sua
guarigione, segno di speranza per lui, ma anche per lei.
Ascoltò il rumore dei suoi passi farsi sempre più
lontano e la sua presenza sparì dietro alla fitta
vegetazione. Itachi aveva ripreso il controllo dei sensi, ma il
movimento di tutti i suoi arti era bloccato dal peso greve della
malattia e dalle ferite, dalle quali oramai zampillavano le ultime
goccioline rossastre, decise ancora una volta ad arrestarsi
lì per poi riprendere in chissà quale momento.
Pure gli occhi sembravano aver smesso di piangere sangue e si
limitavano a pulsare leggermente procurando un dolore sopportabile. Il
ragazzo si chiedeva come diavolo era ancora in quel mondo, come era
riuscita quella lì a metterlo in salvo, ma soprattutto si
domandava sul perché lo avesse fatto…
“ Ci mancava soltanto l’eroina del
momento…”
E imprecava ancora contro il cielo sperando di ottenere la collera di
qualche dio, affinché la sua vendetta di riversasse sul suo
povero corpo che ormai era sull’orlo del precipizio.
- Dannazione… Ma per quale motivo…-
Un flebile spostamento d’aria permise al moro di avvertire un
aroma familiare, ma a cui non aveva fatto caso prima, troppo occupato a
tormentarsi del proprio dolore… Un aroma di fiori noto al
suo olfatto, delicato e leggero, soffice fragranza di quella notte al
cimitero.
- Era lei…-
Capì di aver ritrovato la bestiolina del giorno antecedente,
quell’esile creatura che pativa il freddo, che riposava a
stento addossata alla lapide del biondo defunto, colei che penava pure
nel sonno…
- Il suo profumo…-
La curiosità invase ancora la sua mente, una stranissima
attrazione verso quella presenza, quell’aura positiva, quasi
tendeva a rinvigorirlo…
- Perché mi ha salvato…-
E rimase con quel pensiero, solo come voleva, lontano da tutti, ma
sapendo che lei sarebbe tornata…
- Voglio solo morire in pace…-
La principessa
salvò il lupo dalle acque mortali,
ignorando il suo vero desiderio
e seppur avesse paura
decise che l'avrebbe accudito fino alla sua completa guarigione.
Ciao a tutti! Ecco qua un nuovo capitolo tutto per voi! Mi
auguro vi piaccia e se avete commenti, fate pure! Un saluto a tutti voi
che leggete questa mia fanfic e in particolar modo un salutone a:
_AliDiPiume
_faziooosa
_masychan
_sonny
_sorellinexsv
_thembra
Alla prossima!
Baci da...
Mewpower
|
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Capitolo 8 *** Let me... ***
Il sole primaverile iniziava a diventare sempre
più rovente al solo avvicinarsi del pomeriggio. Itachi
avvertiva bene lo scorrere inesorabile del tempo sulla propria pelle:
infatti dei minuti raggi solari riuscivano a filtrare tra le fessure di
quella caverna e piano piano si spostavano da una parte
all’altra del suo corpo, dal basso verso l’alto,
passando sopra ogni ferita. Quel tiepido calore lo allietava, ma
improvvisi brividi freddi poi giungevano in scena rovinando
quel momento di piacere. La febbre iniziava a farsi sentire ancora e
con lei pure quelle atroci emicranie che mai lo avevano lasciato
riposare un attimo in pace. Tentò di voltarsi su di un lato,
così da provare a prendere sonno, ma la fatica gravava su di
lui rendendolo paralitico.
Sospirò fortemente lasciando intuire al cielo una nuova
imprecazione che stavolta si limitò solo a pensare, stanco
di continuare a parlare ad un muro che tanto non lo stava ad ascoltare.
Il rotolare di un paio di sassolini fece si che la sua attenzione
ritornasse al mondo terreno.
“Tks, di nuovo lei…”
Il passo esile della ragazza giunse all’orecchio
dell’altro, che però fece finta di nulla e
ritornò nel suo cosmo fatto di dolore e di rimorso. Ma fu il
sentire di una voce che troncò nuovamente i suoi pensieri:
- Come va…?- un’interrogazione un po’
titubante, se non tremolante anche nel suo pronunciare.
Risposta di lui…nessuna.
Hinata si gli inginocchiò accanto, tirando fuori dalla sua
sacca una serie di erbe aromatiche.
- Ho…fatto come mi hai detto…non ho chiamato
nessuno-
Credeva che gliene sarebbe importato qualcosa? E poi quando si riferiva
al nessuno…intendeva pure lei!
- So che sei sveglio…- la voce tremava più che
mai…Aveva paura di lui?
Rifletté sull’idea, non capendo allora cosa la
spingesse a fare tutto quello. La sua meditazione in questo caso
filò dritta e senza interruzioni. Chissà, magari
si era finalmente arresa e aveva deciso di andarsene. Scelta saggia. Ma
dopo quel lungo silenzio eccola nuovamente:
- Non ti muovere…- e posizionò sopra i suoi occhi
una nuova benda intrisa di un liquido frutto della macinazione delle
spezie raccolte.
Avrebbe voluto ribellarsi e anche fuggire da quelle mani angeliche che
volevano tanto salvargli la vita, ma gli mancava la forza.
- Brucerà un po’, ma è una buona
cura…-
E desiderava tanto domandarle il perché di tutto quel
lavoro, di tutte quelle premure…ma questo non doveva
importargli. Il suo unico scopo era quello di scappare e di farla
finita una volta per tutte.
- Vai via…- il tono serio e cupo non impedì alla
ragazza di rispondere istantaneamente:
- Questo non lo posso fare – ritirò subito le mani
una volta concluso l’appoggio della pezza medica,
addossandole al petto, strette l’una all’altra.
- Se hai voglia di fare qualcosa di giusto è meglio che mi
lasci da solo – la sua voce era talmente ferma da gelarle il
sangue
- Perché dici così?- glielo domandò
flebilmente, mentre stringeva sempre più forte le sue tenere
mani per scaricare tutta la tensione – io…voglio
solo aiutarti…-
- E io non desidero che morire – di nuovo quel tema tanto
acuminato, fonte di legame tra lei e lui: entrambi bramavano a farla
finita, un sogno realizzabile e di cui erano convinti. Doveva proprio
avere un validissimo motivo per volerlo fare…forse doveva
permetterglielo…Ma non appena concluse quella frase il corpo
del moro sobbalzò di colpo lanciando un chiaro segno di
dolore, non espresso a parole, ma più che evidente da come
tentava di mascherarlo. Nuovo sangue cominciò a colare dai
suoi occhi, macchiando la novella fascia bianca appena posizionata e il
suo ventre iniziò a contorcersi su se stesso come se
qualcosa lo stesse raschiando dall’interno. La poverina
rimase per un attimo immobile a fissare impressionata, ma si
svegliò poco dopo e si avventò su quel corpo
malato tentando di risolvere quella strana reazione…
Dormiva ancora. Dopo quelle convulsioni era ripiombato in uno stato di
sonno, ma che non lo gratificava affatto. Pareva che fosse proprio in
quei momenti che il dolore si facesse sentire maggiormente,
però all’esterno questo non
appariva…era in grado di celare tutto, anche
l’emozione più alta, per lui, Itachi Uchiha,
questo era diventato un nonnulla. Lui non provava niente. Lui non ha
sentimenti… non ha più un cuore. Sì,
che batteva invece e anche chiaramente sotto quello strato di
cartilagine e di epidermide: il suo suono rimbombava con veemenza e
senza timore di farsi udire, forse un tentativo di far capire agli
altri che qualcosa di umano ancora c’era in
lui…eppure la sua mente, la sua fama, i suoi atteggiamenti
intendevano far intuire tutt’altro. Egli era un criminale,
paventato da tutti, senza un’anima e privo di scrupolo.
Il demonio che aveva sterminato tutto il proprio clan solo per brama e
dimostrazione di potenza.
Ovviamente nessuno conosceva la verità e si meravigliava di
come un bravo e gentile ragazzo come lui fosse diventato un mostro
degli inferi.
Però il suo obiettivo era proprio quello: farsi odiare e
disprezzare da tutti. Solo così avrebbe fatto del bene a suo
fratello, solo così si sarebbe sentito
appagato…meritava di essere rinnegato come essere umano.
Tentennò il capo sgranchendosi il collo. Doleva pure lui. Ma
nessuna smorfia di dolore, alcun segno della sua
debolezza…solo una nuova maledizione lanciata al firmamento,
che ancora non aveva intuito quale fosse la sua volontà.
Adesso che Sasuke non c’era più, ora che
l’Akatsuki era stata annientata, per quale motivo doveva
ancora rimanere in quel mondo?
Provò a rizzarsi inutilmente e a quel punto la benda sui
suoi occhi scivolò lentamente da una parte. Pochi secondi e
subito si sentì appoggiare nuovamente quel drappo a posto,
avvertendo un veloce tocco della fronte da parte di un qualcosa di
fresco…le sue mani.
- Sei ancora qui?- le rivolse ancora la parola con il tono piatto che
lo caratterizzava.
- Sì…- rispose lei, lieta di non avvertire
più alcun segnale di freddezza in quel che aveva detto.
- Non hai proprio intenzione di andartene, vero?- non era arrabbiato,
era semplicemente stanco e annoiato.
- Ti ho già detto che non voglio…-
Lui non disse niente altro e tacque da lì in poi fino a che
la giovane si accorse che si era veramente fatto tardi. Pomeriggio
inoltrato, aveva lasciato il villaggio la notte prima, suo padre doveva
essere infuriato…non poté far altro che alzarsi
all’istante, intenta a tornare indietro:
- Io devo andare…-
Come se gliene importasse qualcosa…
- Ma domani…spero di riuscire a venire -
A lui non interessava…
- Purtroppo devo tornare a casa…anche se preferirei partire
per sempre…- quell’ultima affermazione
colpì l’Uchiha, intuendo la gran tristezza che
animava quelle parole - …ma non lo farò. Voglio
almeno riuscire a salvare te…- e corse via trattenendo le
lacrime che volevano uscire, lasciando il ragazzo con un piccolo
quesito che lo faceva quasi sorridere:
“ Anche tu…?”
La principessina e il
lupo,
uno il curatore, l'altro il malato,
divisi dalla luce e dalle tenebre,
ma uniti dallo stesso desiderio.
Eccomi!!! Un nuovo capitolo per voi lettori! Scusate se pubblico la
storia sempre con un certo ritardo, ma gli impegni scolastici sono
infiniti! Va beh, un saluto a tutti coloro che hanno la mia fanfction
tra i preferiti:
1 - AliDiPiume
2 - arisa_14
3 - faziooosa
4 - masychan
5 - sonny
6 - sorelline xsv
7 - thembra
...e in particolare a:
_AliDiPiume: Eheh^_^"" Scusa se pubblico non molto spesso ma, come ho
già spiegato, la vita da studentessa grava su di me! Oddio,
sto per cedere...*vengo schiacciata* Ok, questa potevo
risparmiarmela... Comunque cercherò di fare il possibile e
grazie per i complimenti! Un ultima cosa: sinceramente la storia del
lupo e della principessa è frutto della mia testolina...ma
non so se qualcuno ci ha pensato prima di me...forse è
così, ma non so^^. Bye!
_ The fenix of innocence: Grazieeeeeeeee!!! Sono felice che questa
storiella ti piaccia! E mi auguro che sarà sempre
così! Ciao, ciao!
Mewpower
|
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Capitolo 9 *** Red clouds ***
Il tonfo rimbombò per un po’,
nonostante si trovassero in uno spazio aperto. Teneva il capo chino,
toccandosi la guancia colpita e leggermente arrossata. La sua
fragilità non le permetteva più nemmeno di
resistere ad uno schiaffo, ma si trattava di un colpo che racchiudeva
non solo collera, anche tanta delusione…come sempre.
Rimase a contemplare il duro parquet ancorata a terra, aspettando che
le dicesse qualcosa, il rimprovero che meritava. Ma l’uomo
preferì tacere e voltandosi si limitò a
sospirare, un lungo e profondo sospiro che chissà quale
significato avesse.
Hinata non aveva neanche potuto spiegarsi: appena tornata a casa aveva
incrociato lui.
Ma anche se non lo avesse immediatamente incontrato, forse non avrebbe
detto niente comunque. Le sue parole non erano niente per lui, semplice
suono che volteggiava nell’aria e che a volte scambiava per
quelle della defunta moglie, tanto simile erano le due…
Il capofamiglia sembrava quasi titubante, incerto se andarsene senza
aggiungere nulla, ma dopotutto era sua figlia, doveva conoscere il
motivo di quella fuga…eppure non lo fece e rimanendo girato
le rivolse contro un’ammonizione che sapeva di stanchezza e
tanta incomprensione.
Lui non riusciva a capirla.
- Non fare più una cosa del genere – e si mosse a
quel punto verso la porta più vicina scomparendo una volta
attraversata.
È normale che un padre si preoccupi per la figlia, quello
poteva dimostrarsi un normalissimo segno di affetto nei suoi confronti,
ma per la ragazza quello era sembrato tutto altro: a lui in
verità non importava niente… ingenua era stata a
pensare che forse la sua morte lo avrebbe reso triste…
sicuramente se si fosse uccisa avrebbe davvero fatto la cosa migliore
per entrambi…
Rimuginò su questo mentre continuava a massaggiare la
guancia dolorante rimanendo sempre a terra e con lo sguardo nel vuoto,
fin che si sentì oscurare da un’ombra che la
fronteggiava e alzando il capo la prima cosa che mirò fu la
sua mano:
- Ti aiuto…-
Neji era lì, pronto a sostenere quel corpo tanto fragile,
come un fratello, come un angelo che intendeva salvare
quell’anima sorella alla quale ora voleva bene.
Lei voleva sorridergli, ma i muscoli facciali parevano voler fare
l’inverso: si destò tenendo gli occhi bassi e la
bocca contratta per fermare i singhiozzi. Si vergognava di farsi vedere
in quello stato, credeva che il cugino stesse ridacchiando dentro di se
per l’insulso essere che era diventata, oppressa dal dolore e
incapace di reagire… e invece…
- Perché fai così…?- delicatamente le
pose quella domanda, con un tono che trasmetteva tutta la sua
apprensione.
Lei aveva allora alzato la testa e fissava i suoi
occhi…identici ai suoi, ma di una luce diversa.
- Naruto non vorrebbe questo…- aggiunse il ragazzo.
Fu così che capì quanto lei si sbagliasse: Neji
era preoccupato; allora forse c’era veramente qualcuno in
quella casa che si interessasse a lei… Ed era per questo
motivo che non doveva farsi vedere in quelle condizioni, non voleva
essere fonte di angoscia, cosa che più temeva.
- Non ti preoccupare…- e si allontanò pochi passi
da lui in direzione della sua stanza e prima di svoltare
l’angolo usufruì di tutte le sue forze per
lanciargli un sorriso - Io sto bene! – e svanì
procedendo a passo accelerato, valicando la porta della sua camera e
dando sfogo alle ultime lacrime che impregnavano il suo animo prima di
addormentarsi sulle soffici coperte bianche.
Passarono le ore, lente e pesanti sulle sue membra, aspettando
l’oscurità per allontanasi nuovamente da casa e
tornare dal trovatello ferito. Non poteva abbandonarlo, mai se lo
sarebbe permesso: lui non poteva morire, nessun essere umano anche se
tra i più malvagi e spietati aveva il diritto di troncare la
sua vita così, con la stessa semplicità di uno
schiocco di dita, tramite il suicidio. E neanche lei lo avrebbe
fatto…non intendeva dare l’ennesima soddisfazione
a quell’orco nero vestito di un tetro mantello, che spiava la
docile fanciulla pronto a portare via con se un’altra anima
nel suo regno…
Occorreva che fosse forte per salvare lei medesima e pure coloro che la
circondavano.
Spalancò la finestra della sua camera e un venticello le
andò contro smuovendo i lunghi capelli. La
oltrepassò finendo nel giardino di gigli che la salutarono
in coro piegandosi in avanti accarezzati dalla brezza primaverile. La
principessa sfilò di fronte a loro, ma non con la calma di
sempre: temeva di esser vista, pensava che le tenebre non fossero in
grado di nascondere quella nuova trasgressione tanto si sentiva
illuminata dalla luce lunare che quella sera pareva brillare
intensamente solo per intralciare i suoi piani.
E correva, correva come una lepre stringendo al petto un gracile corpo
bianco contenente ciò che le serviva per aiutare il lupo
lasciato riposare nella grotta.
Sorrise il suo cuore al solo vedere che era ancora
lì…o forse avrebbe dovuto piangere,
poiché tanto doveva essere il dolore che provava il suo
corpo non essendo riuscito a fuggire da colei che voleva troncare il
suo piano di suicidio.
Aprì la bocca, ma non fiatò: ci
ripensò all’ultimo minuto credendo di disturbare
il suo sonno leggero. Si accucciò accanto a lui srotolando
il rotolo di benda che aveva portato. Le fasciature agli occhi erano
più che necessarie e anche il torace aveva bisogno di nuove
garze. Si interrogava su come fosse stato in grado di ridursi in quello
stato:
“Non può che essere un
ninja…” e strinse più che poteva la
prima fascia inumidita intorno agli occhi “…deve
aver combattuto molto…”; gli toccò la
fronte sudata nonostante la temperatura per nulla mite “Ha
ancora la febbre”; come una mamma al suo piccolino
iniziò a tagliare in spicchi la mela con se portata
poggiandone uno ad uno sulle sue gambe.
-Ah, giusto, il ventre…- si ricordò di una parte
che aveva trascurato, ma anche essa ferita e bisognosa di soccorso.
Timidamente scostò da un lato il mantello nero che
costituiva il suo unico abbigliamento insieme ad un paio di pantaloni
dello stesso colore e una maglia a rete semi strappata che rivestiva il
suo petto; strappò la benda vecchia con i denti rimuovendola
con delicatezza; fissava il color vermiglio che aveva assunto mentre la
raccoglieva tra le sue mani tremolanti. Si apprestò a
fasciare la parte oramai non più sanguinante di quelle
membra rovinate dalla guerra, ma le occorreva scansare
un’altra parte di mantello.
- Oddio…- non c’era nulla per cui diventare rossa,
ma sì sa, Hinata è fatta
così… per questo in quell’operazione
tenne sempre il capo piegato fissando il soprabito nero di
quell’individuo…lo osservò, lo
fissò a lungo…si accorse di un particolare a cui
non aveva fatto caso prima… Un'altra tinta copriva quello
sfondo monocolore, una tonalità che le ricordava altro
sangue, ma che si fece più nitida una volta che
inquadrò la figura…
- U…una nuvola…?-
Tante nuvolette rosse componevano l’interno della veste.
- Ma queste…?- trattenne il fiato quando le
ritornò in mente ciò che Sakura le aveva
detto…
-L’Akatsuki…Se
non fosse stata per quella maledetta organizzazione ora forse
Naruto…Sasuke… sarebbero ancora qui…-
Si allontanò di pochi millimetri dal suo corpo…
- La signorina Tsunade
mi ha parlato di loro: si trattava di un gruppo di assassini che
intendevano riunire a sé tutti i cercoteri…hai
capito Hinata-chan? Pure Naruto aveva uno di loro dentro il proprio
corpo…-
Il suo sguardo era immobile a mirare quella nuvola che sapeva di
morte…
- Andavano vestiti tutti
alla stessa maniera… Mantello nero con tante nuvole color
rosso sangue…-
Fece strisciare la sua mano a terra alla ricerca di qualcosa…
- Sono deceduti tutti
dopo una violenta esplosione… L’aveva generata uno
di loro… Si sono uccisi con le loro stesse armi…-
Impugnò quel che cercava e l’avvicinò a
sé…
- O almeno spero che
siano veramente tutti morti… Come pure…quel
bastardo di un Uchiha…-
Hinata aveva capito. Tra le sue mani aveva un membro
dell’Akatsuki. All’inizio non aveva avuto
l’occasione di analizzare chi aveva di fronte, tanto era
impaurita e pronta a soccorrerlo… Era con uno di quelli che
in un modo o nell’altro avevano fatto sì che il
suo Naruto la abbandonasse… E il caso aveva proprio voluto
che si incontrasse con lui…con il peggiore di
tutti… lui non poteva che essere Itachi Uchiha.
La principessa
entrò nel panico
dopo
quell’immediata agnizione.
Non credeva che
esistesse realmente:
lui era proprio il lupo
cattivo delle fiabe.
Ed eccomi nuovamente qua! Allora che ne pensate di questo nuovo
capitolo? Ora che Hinata si è accorta di chi ha di fronte,
come pensate che reagirà? Beh, qualcosa è
già stato accennato *risatina maligna* ma sarà
veramente come sembra? Eh, eh le risposte sul prossimo cappy ^__^
Un grandissimo saluto va a tutti coloro che hanno inserito la mia
fanfiction fra i preferiti.
AliDiPiume
arisa_14
bella95
faziooosa
masychan
sonny
sorelline xsv
thembra
yury_chan
Inoltre un mega saluto va a:
_AliDiPiume: Wow!!! Mi piacciono un sacco i commenti che lasci!
Continua così perché mi fanno molto piacere
(Hinata che diventa “la spirale”…mi
sembra anche me che siamo connesse alla stessa frequenza XD) Comunque
mi auguro che questa storia rimarrà sempre tra le tue
preferite! Alla prossima!
Ps: No, Itachi non capisce che Hinata si vuole suicidare nel momento in
cui la incontra al cimitero (altrimenti farebbe il preveggente
^_°), ma solo alla fine del capitolo precedente!
Ok, ciao a tutti!!!
Mewpower
|
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Capitolo 10 *** The death won't win ***
Come se un masso le si fosse incastonato in gola, il suo
respiro era affannato e cercava di riprendere il normale ritmo
respiratorio deglutendo il maggior numero di volte possibile,
toccandosi il collo che aveva cominciato a sudare freddo. Hinata lo
fissava imperterrita, sconvolta, stralunata. Non poteva credere di
avere di fronte a lei uno di quegli assassini, coloro che tanta morte
avevano portato nei Villaggi, così come pure nel suo cuore.
Naruto non era più lì e la colpa era tutta la
loro. Pensava ancora al plurale…ma ora dinnanzi a lei vi era
solo uno di quelli…l’unico che doveva esser
rimasto… Ripercorrendo vecchi ricordi, sfilarono nella sua
mente immagini che credeva aver dimenticato, tanto era il terrore che
le avevano suscitato: le ricerche dei ninja di Konoa su quella
famigerata organizzazione, le impressionanti cifre di vittime a loro
ricollegate, le ricostruzioni degli aspetti fisici dei
componenti…e tra quelle c’era anche la sua.
Itachi Uchiha.
Come aveva fatto a non riconoscerlo prima? Si diede della stupida.
Forse sarà stato per gli occhi che era impossibilitato a
riaprire, quegli occhi tanto simili a quelli del fratello, tanto
profondi da far paura, iniettati di sangue dallo Sharingan…
Lei lo ricordava solo per aver visto i suoi occhi… il resto
era stato tutto cancellato.
Dal mantello poi fissò il viso di lui: già, lo
aveva proprio eliminato dalla sua mente, però ora era
riaffiorato e con lui pure l’ansia inspiegabile che il suo
sguardo aveva fatto sorgere quella volta, di pochi anni prima.
Deglutì e strinse ancor più ciò che
stava afferrando con la mano destra.
Era l’ora di pagare il conto.
Il battito cardiaco accelerava ogni secondo in più che
passava.
Lui era uno dei responsabili.
Impugnò il manico pure con l’altra mano.
Doveva soffrire come avevano sofferto pure i suoi compagni.
Chiuse gli occhi per fermare le lacrime e alzò la lama sopra
di sé.
Vendetta…voleva vendetta.
E mordendosi le soffici labbra abbassò con colpo secco il
coltello.
…
- Perché…?-
Il ragazzo era sveglio fin da quando era arrivata. E sapeva che ora lei
era a conoscenza della sua identità…
- Perché…tu…?-
La fanciulla piangeva ininterrottamente coprendosi il volto con
entrambe le mani. Tremava, tremava come se fosse stata lei vittima di
quel gesto assassino, ma giustificabile dal grande amore che provava
per il ninja defunto della Foglia.
- Perché non lo hai fatto?- il suo tono era stanco, ma
soprattutto rattristato. Credeva che quella fosse la volta buona.
- Perdonami…- tra le lacrime sibilò le prime
paroline – io non voglio…io non posso…-
ma tra i singhiozzi e il tremore non fu capace di dire altro.
Dovette passare qualche minuto prima che la ragazza riuscì a
tornare in sé. Asciugò le ultime gocce rimaste
ancorate alle ciglia restando con il capo basso, vergognandosi di
quell’atto di debolezza così vivo.
- Sai chi sono…?- stranamente fu lui il primo a parlare una
volta che capì che la ragazza si era calmata
- Fai parte…dell’Akatsuki-
Seguì un altro momento di silenzio in cui nessuno dei due
fiatò.
- Sei Uchiha Itachi, ho indovinato?-
Sbuffò:
- Questo nome…se sei un ninja è strano che tu non
mi abbia riconosciuto subito…-
- Come sai che…?-
- Portarmi in salvo da quella corrente e saper soccorrere in maniera
così rapida ed efficiente una persona, non è
abilità da tutti…-
Lei abbassò nuovamente il capo e si azzittì.
Ma lui non intendeva troncare il discorso a quel modo…voleva
conoscere il motivo…
- Perché…- nell’aria risuonò
ancora quell’interrogazione a cui lui non era stato in grado
di dare una risposta – eri così vicina al tuo
obiettivo…-
- Io…- la flebile voce di Hinata frenò quella di
lui – ti ho promesso che non saresti morto…nemmeno
se sei un ricercato di livello S…-
- Eppure devo aver commesso qualcosa che prima stava per farti cambiare
idea… – la stuzzicò credendo di
riportarla nuovamente sui suoi passi
- Ero confusa…- si giustificò timidamente come
una bambina presa con le mani del sacco dalla propria mamma –
e mi dispiace.-
- Avresti fatto la cosa migliore invece – e si
voltò di un lato usufruendo delle poche forze che era
riuscito a mettere da parte in quella nottata.
Lei si sentì in dovere di lasciarlo solo. Intuendo che era
capace di muoversi, seppur a stento, gli posò accanto gli
spicchi di mela che poco prima aveva preparato e si alzò.
- Ricorda solo una cosa: io non permetterò mai alla morte di
avere il sopravvento…-
Si avviò verso l’uscita, ma il suo cuore non era
in pace.
La notte era ormai finita per tutti, per le persone così
come anche per gli animali della foresta che cominciavano a muovere i
primi passi fuori dalle loro tane. I primi uccellini svegliatisi
cinguettavano freneticamente desiderosi di ricevere la colazione dalla
mamma che frettolosamente svolazzava da tutte le parti, intenta a
localizzare il cibo che essi richiedevano.
Hinata rientrò in camera sua superando la finestra, proprio
in tempo per poter rispondere al bussare alla sua porta:
- S…sì, sono sveglia!-
Neppure quella volta la principessina era stata in grado di dormire e
ancora più profondi diventavano i segni di quelle ore di
sonno perdute.
- Ehi, Hinata-chan… va tutto bene?- Sakura sapeva bene che
l’amica si trascurava e tentava di farglielo capire.
- Sono solo un po’ stanca…ma non è
nulla per cui devi preoccuparti-
Le due sedevano su di una panchina fuori dall’ospedale e
scambiavano quattro chiacchiere sfruttando l’ora di pausa del
ninja medico.
- Comunque ti vedo meglio rispetto a qualche giorno fa…- si
riferiva all’anniversario della tragedia, giorno che aveva
sempre passato con tanta tristezza e in solitudine -…sembri
anche più bella!- sorrise, credendo di farle piacere con
quel complimento.
- Ma cosa dici, Sakura-chan…- arrossì e si
alzò subito dicendo – però mi sento
davvero bene questa mattina…- e il motivo le era chiaro:
essere riuscita a controllare se stessa e a infliggere una prima
sconfitta alla sua nemica acerba la notte avanti. Eppure era solo un
piacere che sentiva essere destinato a scomparire presto, prestissimo.
- Sono felice per te! …e sono certa che anche Naruto lo
sia…-
La rosa non aggiunse altro; abbassò il capo e si
levò anche lei. Hinata intuì a cosa stesse
pensando, i suoi smeraldi non comunicavano altro, se non la gran
malinconia che a colpi rapidi e improvvisi la brandiva quando ripensava
ai loro corpi, quelli che lei stessa aveva dovuto visitare prima della
sepoltura.
“ So che stai soffrendo…” la giovane
Hyuga mascherò un sospiro di pietà per
l’amica e pure per se stessa “Se solo sapessi: mi
sto prendendo cura di colui che tu odi più di
tutti” e cercava di eliminare la fantasia che balenava nella
sua testa, la possibilità di un loro incontro “No,
che vado pensando”; a quel punto disse accorgendosi
dell’ora:
- Io devo andare adesso… ci vediamo!- e corse via, diretta a
casa.
- Ciao.- sussurrò l’Haruno e prima di ritornare
con la mente al suo lavoro un ultimo pensiero per l’amica
“ So che stai soffrendo…”.
La principessa non
riuscì ad abbandonare il lupo,
dopotutto non era detto
che fosse stato lui a mangiar il suo passerotto;
e combattendo contro
quel pregiudizio,
rafforzò in
sé il desio di aiutar il povero animaletto.
Un altro capitolo fresco fresco per voi! (me: ci voleva proprio con
questo caldo! ^_^ ; tutti: … =_=…; me: va beh!
occorreva una battutina per tirarvi su, dopo un nuovo capitolo
malinconico ^_^’’; tutti: …-__- ah!) Ok,
dopo questa sarà meglio passare ai saluti XD!
_AliDiPiume: Ehehe, in effetti se prendessimo in considerazione un
parametro di giustizia,come dici tu, Itachi sarebbe dovuto morire in
questo capitolo…ma così non è
accaduto. Hinata ha in mente una concezione diversa di giustizia, che
non è quella consistente nel farsi giustizia da sola.
Comunque la storia è ancora lunga e i dubbi sono
tanti… Aspetto con ansia un tuo prossimo commento! Ciao!!!
E poi un salutone anche tutti gli altri!!!
1
- AliDiPiume
2 - arisa_14
3 - bella95
4 - faziooosa
5 - masychan
6 - sonny
7 - sorelline xsv
8 - thembra
9 - yury_chan
Alla prossima!!!
Mewpower
|
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Capitolo 11 *** Bad boy or not? ***
Dieci, dodici, quindici… A casa Hyuga il tempo
sembrava non passare mai. Lo sguardo del padre a tavola congelava
qualsiasi tentativo di comunicazione, l’indifferenza della
sorella ghiacciava ogni prova di aprir bocca, solo la presenza del
cugino pareva mitigare quell’atmosfera da brivido che regnava
nella sala da pranzo. Strano a dirsi, ma colui che
all’origine era fondamento delle sue paure, in quel momento
era l’unico che le trasmettesse tranquillità.
L’ultima pietanza servita sancì la fine di
quell’incubo:
-Io ho finito…con permesso- la serietà
e la formalità di quegli atti rendevano l’idea di
una prigionia, una gabbia di cristallo che da fuori poteva sembrare
degna di lode, segno della regalità e della finezza di una
così alta casata, ma che in realtà necessitava di
essere demolita.
Nonostante la grandezza, pareva di soffocare…
Hinata sfilò di lato ad Hanabi fissando dritto, di fronte a
se, ma avvertì nettamente lo sguardo acuminato
dell’altra che trasmetteva un unico sentimento: odio. Il
perché le era sconosciuto, nulla capiva del comportamento
freddo dei suoi famigliari, ignorava l’eccessiva
rigidità che riversavano nei suoi confronti, ma oramai aveva
perso tutte le speranze di comprenderli.
“Sono una seccatura e
mi dispiace”
Chiuse la porta della sua camera e frettolosamente aprì la
finestra. L’ora di pranzo era giunta per tutti, pure per il
suo infermo che non poteva non aver fame.
“Chissà se avrà mangiato la mela di
ieri”
Stavolta comunque era riuscita ad accumulare di più, si era
organizzata meglio.
“Andiamo!” e con un balzò
finì nel suo bel giardino fiorito accolta dai candidi gigli
profumati “e poi si va da Naruto” pensò
guardandoli.
Era già di fronte alla grotta semicoperta dalla vegetazione.
Avanzò lentamente e incerta. Blocco totale. Il solo pensiero
del gesto impulsivo della notte prima la paralizzava. Non sapeva
neppure lei se si trattasse di vergogna o di paura di ricommettere una
follia simile, fatto sta che non aveva più una gran voglia
di entrare. Si mise a fissare i sandali un po’ anneriti dal
fango e rimase a riflettere per qualche minuto…
- Basta, Hinata!- dopo un altro schiaffo morale si fece avanti,
velocizzando il passo al solo sentir tossire - Ehi, tutto bene? -
- Sei di nuovo tu?- ancora non aveva capito…o meglio, non
voleva capire
- Certo, te l’ho già ripetuto più di
una volta che non ti avrei lasciato- posò i medicamenti e il
cibo a terra, si tirò su le maniche pronta al cambio di
fasciature – Come…hai passato la nottata? -
Lui non rispose. Esitò prima di porgli una seconda domanda:
- Hai sentito ancora dolore? -
Cercò di voltarsi da un lato, non voleva ascoltarla.
- Per sicurezza…ti applico nuove bende - il tono della sua
voce era sempre più debole, tanto era la paura di una sua
reazione.
Il ragazzo tentò di muoversi per ostacolare le mani
curatrici del ninja, ma la debolezza gli permise di fare ben poco
- Vedo che riesci a spostarti seppur poco –
accennò un sorriso, felice di vedere i frutti del suo lavoro
- con altre cure e un po’ di cibo sono sicura che ti
riprenderai – e afferrò la scatoletta contenente
qualche manicaretto – girati, ti ho portato del
riso…-
- Come posso convincerti a lasciarmi morire in pace?-
La domanda echeggiò crudelmente del tenero cuoricino della
Hyuga che si sentì scuotere tutta.
- Ho commesso un sacco di reati, saccheggiato villaggi, sterminato
persone, eppure sei ancora preoccupata a salvarmi la
vita…perché non la smetti?-
Si sentiva pietrificata dalla tonalità piatta e tetra della
sua voce, ma soprattutto per il ripetersi di quel quesito. Il motivo
glielo aveva già ben spiegato, ma lui sembrava voler
sentirsi dire qualcosa altro.
- Ammetti la verità – sembrò quasi
sogghignare – tu vuoi soltanto che io soffra-
L’affermazione la stroncò.
- C…cosa?-
Possibile che in realtà stesse facendo di tutto per
prolungare la sua agonia?
- Questo…è quel che penso -
Sentiva le tempie pulsare nervosamente.
Il suo inconscio in realtà voleva questo?
La confusione stava per prendere il sopravvento.
- Che ti succede…? Ho forse indovinato?- il moro
accennò un risolino che non fu però notato dalla
ragazza che oramai non vedeva più. Si sentiva persa nel
dubbio.
Veramente il suo scopo era quello?
Un nuovo, spettrale silenzio invase la grotta buia, seppur il sole
fosse alto. Il lupo stava rannicchiato aspettando di sentire la
risposta della principessina impaurita, ma questa sembrava non arrivare
mai. Solo dopo un singhiozzo chiaramente frenato, lei parlò:
- No…-
Tutta la sincerità raccolta in una parola. E lui la
avvertì nettamente.
- Ne sono convinta…- le semplici e pure lacrime che
sfiorarono la mano di lui erano una conferma – Lo faccio solo
per salvarti, faccio quello che non ho potuto fare con il mio Naruto
– riemerse così ancora il dolore di quella perdita
che per un breve lasso di tempo pareva essersi affievolito.
Aveva capito quanto lei tenesse al biondo ninja di Konoa a cui aveva
dovuto a lungo dare la caccia. Non si trattava di un comune affetto,
bensì di qualcosa di molto più grande.
- Ti riferisci a Uzumaki Naruto…- provò a
parlarle ancora così da frenare in qualche modo il suo pianto
- Già…- con rapido gesto si asciugò
gli occhi bagnati
- So cosa gli è successo… è stata una
strage…-
A quel punto Hinata si sentì di domandargli:
- Tu…in quell’occasione…non
c’eri?-
- Stavo per giungere sul posto per fermarlo…sapevo quali
erano le intenzioni di quel maniaco di esplosioni…-
- Ma perché lo ha fatto? –
- C’era pure Sasuke. Deidara voleva farlo fuori a tutti i
costi… non gli importava niente della presenza
dell’Uzumaki…e poi a noi…anzi a loro,
occorreva vivo-
- Hai detto…a loro?
- Io non ho mai fatto parte di
quell’organizzazione… il mio obiettivo era un
altro…non volevo che morisse nessuno -
Sembrava sincero alle orecchie della fanciulla che però
vedeva la faccenda ancora poco chiara. Era spinta a fargli altre
domande, ma fu lui a troncare il discorso:
- Il riso puoi lasciarlo pure lì…- e si
voltò nuovamente su di un lato, fingendo di prender sonno.
Hinata lo fissò ancora per qualche attimo prima di alzarsi e
di ritornare a casa: il breve racconto dell’Uchiha aveva
fatto nascere in lei un piccolo lumino che le sussurrava
un’idea su quel personaggio semisconosciuto:
“Allora, non sei così cattivo come tenti di
mostrare…”
La principessina era
quasi convinta:
non era stato lui a
mangiare il suo passerotto,
perché lui
non era cattivo…
questo era
ciò che sentiva.
Anf,anf! Eccomi! Anf,anf! Dopo una corsa stratosferica ho
pubblicato un nuovo capitolo! Ho il fiatone XD Comunque, mi auguro che
vi sia piaciuto e visto che la scuola è ormai agli sgoccioli
vi assicuro che aggiornerò più spesso (lettori:
sarà meglio per te! è___é ; me:
aiuto!*fugge* )
Dunque un saluto a coloro che hanno la mia fanfiction fra le storie
preferite:
AliDiPiume
arisa_14
bella95
faziooosa
masychan
sonny
sorelline xsv
The fenix
of innocence
thembra
yury_chan
e in particolare :
_AliDiPiume: Ciaooooo^__^ Eheheh, ok, cercherò di
sforzarmi a pubblicare più frequentemente…Il
fatto è che ho ancora una fanfiction da finire di pubblicare
(si sta per concludere T.T) e poi se pubblico troppo velocemente
succede che finisce subito…:P Comunque mille
grazie per i commenti che lasci (li adoro perché sono ben
fatti) e alla prossima!!!
Ancora
ciao a tutti!!!!!!
Mewpower
|
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Capitolo 12 *** Flight ***
Le giornate si allungavano, eppure i giorni parevano volare
veloci dinnanzi agli occhi della tenera Hinata, che più
convinta che mai, non esitava un solo giorno nel recarsi dal trovatello
ferito per portargli cibo, cure e qualche raggio di voglia di vivere.
Per quell’attività che la coinvolgeva tutta le
capitava di dedicare meno tempo allo svago, alla propria vita, ma lei
neanche se ne accorgeva: l’importante era riuscire a
dedicarsi a lui; e poi c’era anche il suo Naruto che non
poteva per alcun motivo lasciare in secondo piano. Anche quella mattina
si era recata al suo letto di morte con il solito mazzolino di gigli,
gli ultimi oramai…
- Ciao per adesso…- fece scivolare la sua mano lungo la
fredda lapide socchiudendo gli occhi per evitare che qualche lacrima
potesse uscire così, inaspettatamente.
Si allontanò di corsa tenendo stretto un fagottino
contenente il pranzo e le bende per l’animaletto malaticcio.
Il sole la fissava dall’alto, infuocandole i piedi e il corpo
pesantemente coperto da quegli abiti troppo ingombranti per la stagione
estiva che era alle porte. Rallentò una volta che intravide
l’antro, il quale fortunatamente manteneva una temperatura
fresca all’interno che avrebbe magari contribuito a far
soffrire di meno colui che vi abitava… ripensandoci bene in
quei giorni le condizioni del ragazzo non erano state delle migliori:
la ferita al ventre, ma soprattutto i suoi occhi avevano iniziato
nuovamente a sanguinare con veemenza, cosa che la stava facendo
preoccupare.
“Speriamo stia meglio oggi…” disse a
sé stessa la chunin che entrò nella grotta e
scorse subito il mantello dell’Uchiha -
Buongiorno…- lo salutò con un tono che cominciava
a non esser più tremolante – Come va
og…?!-
Il respiro le mancò improvvisamente, la bocca rimase semi
aperta per qualche secondo.
Fece un rapido scatto fino al punto in cui solitamente
l’Uchiha dormiva, ma lui non c’era più.
Solo il suo mantello nero con quelle sue spettrali nuvolette color
sangue giaceva a terra insieme al coprifronte, nascosto tra
l’indumento e la terra inumidita. La ragazza
afferrò con mano tremolante il mantello accostandolo a
sé, come se volesse esaminare più da vicino le
rosse decorazioni su di esso. In realtà era sconvolta, non
capiva come fosse potuto accadere…dopotutto era stanco,
spossato dalle ferite…era malato…in quelle
condizioni come era riuscito ad alzarsi? E poi
perché…? Un brivido le attraversò la
schiena con una rapidità tale da farle trattenere il fiato e
spalancare gli occhi: lei il motivo lo sapeva più che
bene…il suo desiderio di farla finita una volta per tutte le
era ben noto e non poteva affatto dimenticarlo… in fondo era
stato lo stesso anche per lei fino a poco tempo prima… Ma
come lei era stata in grado di trattenersi dal farlo, ora doveva
riuscire ad impedirlo anche a lui! Lasciò cadere
ciò che teneva in mano e corse fuori dalla grotta. Il sole
era fortissimo per i suoi occhi, ma non si arrestò per
questo. Si guardò intorno; non poteva essere andato molto
lontano; si diresse rapidamente presso il fiume; che si fosse buttato
là? Il pensiero se ne andò all’istante
quando scorse delle impronte fresche lungo la riva:
“ Ha camminato…” le seguì
continuando a spostarsi velocemente “deve essersi spostato
durante la notte…” le orme mostravano chiaramente
la pesantezza del corpo indebolito “speriamo che non sia
troppo tardi…” un singulto proveniente dal cuore
le fece accelerare il passo.
Non c’era, non si scorgeva da nessuna parte. La povera chunin
girava oramai da un po’, eppure ancora nessuna traccia.
Muoveva la testa da una parte all’altra in continuazione,
tanto è che i lunghi capelli iniziavano a scompigliarsi,
liberandosi dal candido nastro che li teneva uniti. Contorceva le mani
a ridosso del suo petto formoso, agitata, impaurita:
“Non so più dove cercare…”
ripeteva dentro di sé “non
so…non so…” e riprese la sua corsa al
solo balzar nella sua testa una nuova idea per quelle ricerche
“ti troverò…non posso permettere che
tu…” non poteva neppure pensarci.
Un leggero venticello fece spostare un ciuffo di capelli di fronte agli
occhi della ragazza. Con gesto lento e un po’ annoiato li
spostò, lanciando un lieve sospiro al cielo turchino. Sakura
era seduta da circa un quarto d’ora in attesa di incontrare
l’amica:
“Ma che cosa starà facendo, Hinata?” si
chiedeva oramai da un pezzo la rosa.
Eppure le era sembrato di essere stata chiara: quella stessa mattina si
sarebbero dovute incontrare davanti casa sua per recarsi insieme al
mercato del Villaggio…
“Forse se ne è scordata…” e
rifletteva su ciò ripensando alla situazione della giovane
“Povera Hinata…” e soffriva per le sue
condizioni, si struggeva al solo immedesimarsi in lei, ma alla fine non
c’era la necessità di immaginarsi nulla: anche lei
aveva sofferto tanto, aveva pianto per giorni interi, con le mani tra i
capelli, con le immagini dei suoi compagni di avventura nella sua
mente, i loro corpi stracciati da tanta forza distruttiva, quelle
lapidi così lugubri, ma così fresche…
Socchiuse le palpebre per un attimo, tentando di cancellare quei
ricordi terribili. Seguì un nuovo alito di vento,
più forte del precedente, che la spinse ad alzarsi da quel
muretto di muschio secco:
- Adesso vado a casa sua…- disse volgendosi in quella
direzione, ma non fece tempo ad affermare ciò che intravide
lui, il cugino – ah, Neji!- esclamò sollevando un
braccio per attirare la sua attenzione. Lo Hyuga deviò lo
sguardo su di lei, il suo solito sguardo vuoto:
- C’è qualcosa che posso fare per te? –
chiese con un tono quasi annoiato
- Ecco…hai per caso visto Hinata? Dovevamo incontrarci qui,
ma…- non terminò la frase, come volesse che
quest’ultima fosse continuata da lui.
- La troverai senz’altro al cimitero…- rispose
poco dopo con un sottile filo di rassegnazione, che giunse strano alla
rosa – come ogni mattina…-
Sakura non domandò altro:
- Ah, giusto. Probabilmente è come dici tu! – si
sforzò di sorridere e corse via salutandolo.
La presenza di Neji provocava dentro di lei uno stato di confusione
stranissimo, non sapeva mai come comportarsi di fronte
all’atteggiamento serio e schietto del ragazzo, si sentiva
sempre in imbarazzo, fuori luogo. Quell’incontro
generò in lei una nuova riflessione: la situazione della
famiglia Hyuga; di come Hinata fosse in grado di vivere con il cugino
nonostante il passato, nonostante quel suo comportamento
così gelido…e si rese conto che anche quel
contesto famigliare non poteva che peggiorare la sua condizione
interiore:
“ Ma forse mi sbaglio…” diceva a
sé stessa “possibile che…si comporti
sempre così?” tuttavia l’ipotesi
c’era e…sentiva di non sbagliarsi - Povera
Hinata…- mugugnò ancora una volta “mi
dispiace tanto per lei…” e si domandava se fosse
possibile aiutarla “Poverina…”.
Ansimava. Alla fatica si sovrapponeva l’ansia,
un’apprensione che le stava divorando il cuore, pezzo dopo
pezzo. Non poteva credere di aver perso le sue tracce, non poteva
essere andato lontano in quello stato, eppure ancora non lo aveva
trovato. Avrebbe voluto gridare il suo nome, quel nome da ricercato, ma
d’altronde comune; chi poteva immaginare che si trattasse del
famigerato Uchiha traditore? E poi chi mai avrebbe potuto udirla in
mezzo a quel bosco? Tuttavia sapeva che sarebbe stato inutile, lui non
le avrebbe risposto.
-No…- lo emise con tanta amarezza – non
può essere…- e a ciò si aggiunsero le
prime lacrime – che sciocca! Avrei dovuto essere
più previdente…-
Ma fu a quel punto che un rotolare di rocce la fece voltare di scatto:
lo aveva sentito distintamente, dietro alla folta vegetazione, un
rumore prolungato di qualcosa che ruzzolava. Si diresse immediatamente
in quel punto e scoprì un fossato artificiale per il
raccoglimento dell’acqua del fiume, però non
più utilizzato da tempo. Scese con una certa fretta,
impaziente di capire cosa fosse stato quel rumore e con una gran
speranza addosso:
- Fa che l’abbia trovato…- implorava il cielo
stringendo con forza con una mano la felpa che indossava e intanto
proseguiva l’esplorazione.
Fu alla prima diramazione terrosa che decise di accelerare il passo:
avrebbe potuto percorrere l’una o l’altra strada,
le possibilità erano fin troppe per lei e il tempo sempre di
meno… Però se il destino desidera che qualcosa si
realizzi, questo non può non accadere: sta di fatto che
presa la biforcatura sinistra, Hinata se lo ritrovò ai
piedi, disteso completamente con la testa rivolta ad un lato. Un
profondo sentimento di gioia le fece accelerare di colpo il cuore, ma
il solo vederlo in quello stato fece nascere in lei nuova
preoccupazione e la necessità di portarlo via
all’istante.
“Presto!” disse a se stessa mettendoselo in spalla.
Il tragitto che la separava dalla caverna sembrava essere divenuto
ancor più lungo di quanto non fosse: teneva la testa bassa,
concentrando tutte le sue forze unicamente al peso alla schiena, ma la
alzava frequentemente credendo di essere arrivata a destinazione,
però la sua convinzione spariva all’istante e
maturava dentro di sé l’illusione che quel
sentiero fosse stregato, che l’avrebbe fatta vagare per
l’eternità in quel bosco…quando si
è presi dall’agitazione si pensa di tutto!
Finalmente scorse un cespuglio amico, proprio quello che quasi
nascondeva interamente la caverna e con un ultimo sforzo lo
sorpassò ammirando con serenità la rientranza
rocciosa. Entrando sentì le tenebre divorarle la carne e uno
strano presentimento la fece tremare tutta mentre appoggiava il ragazzo
al suolo:
“Respira a fatica…” intinse un panno in
una bacinella d’acqua fresca “…e le
ferite hanno sanguinato ancora…” e poi glielo
posizionò sugli occhi chiusi “Se solo sapessi cosa
fare di preciso…” Hinata si sentiva impotente di
fronte al malato, dopotutto non aveva né la destrezza
né l’esperienza che possedeva un ninja-medico
“…se solo mi potessi far aiutare da
qualcuno…”.
Detto fatto.
- Hinata?- avvertì il suo nome echeggiare per quelle nudi
pareti pietrose – Sei tu, Hinata?- e quella voce era
familiare.
La giovane si alzò di scatto dirigendosi verso
l’entrata:
“E adesso?” pensò intravedendo colei che
la chiamava – S…Sakura!- esclamò senza
celare la sua sorpresa – cosa ci fai qui?-
- Vorrei farti la stessa domanda!- disse la rosa inarcando le ciglia
– Ti sei dimenticata che avevamo un appuntamento?-
La Hyuga accostò una mano alla bocca:
- Oh, è vero! Perdonami, ma ero così presa
dal…- si bloccò immediatamente.
Non poteva dirle nulla, non una parola: gli aveva promesso che non
avrebbe chiamato nessuno, non poteva proprio, dopotutto una promessa
era una promessa. Lui non voleva essere curato da alcun esperto; lei,
seppur conoscesse le sue intenzioni, non intendeva venir meno alla
parola data e poi, se lo avesse portato al villaggio…forse
ci avrebbe pensato la corte giudiziaria a porre fine alle sue
sofferenze…i crimini da lui commessi erano fin troppi. E
invece lei desiderava che continuasse a vivere, voleva infrangere il
sogno pazzoide del ragazzo e realizzare il suo: riuscire a sconfiggere
almeno in quell’occasione colei che le aveva portato via
ciò a cui teneva di più e magari,
così, trovare un minimo di pace interiore che il suo animo
necessitava da tempo.
- Comunque…- fu Sakura a interrompere quell’attimo
di silenzio appena creato – come mai sei qui? Neji mi aveva
detto che ti eri recata al cimitero…-
- Io…- ebbe qualche difficoltà, ma dovette per
forza mentire all’amica – passeggiavo…ma
tu mi sei venuta a cercare?-
- Beh, cosa avrei dovuto fare? Temevo che fosse successo qualcosa.
Mentre mi dirigevo al cimitero mi è caduto
l’occhio da questa parte intravedendo qualcuno da lontano, ma
non immaginavo che fossi veramente tu!-
Un rotolio di sassi echeggiò per quello sfondo buio e
desolato.
- Mh? Ma c’è qualcun altro con te?-
Hinata sbiancò:
- Ma no! Sono qui da sola!-
- Va beh, allora possiamo andare adesso!-
- Ecco…io…non posso…-
La faccenda si faceva poco chiara agli occhi del ninja-medico:
- ?...C’è qualcosa che devi dirmi?-
Un improvviso colpo di tosse proveniente dal buio fece gelare il sangue
alla mentitrice:
- Ma…allora c’è davvero qualcuno!- fece
istintivamente un passo in avanti, però a quel solo
movimento l’altra le si parò di fronte:
- No!- esclamò senza nemmeno pensarci
- Si può sapere cosa ti prende? Cosa mi nascondi?-
La giovane Hyuga non sapeva più cosa dire:
- Perdonami Sakura…- disse alfine con gli occhi bassi
– ma non puoi andare.-
- Perché?- domandò seria mettendo una mano sulla
spalla dell’altra
Non ce la fece più:
- Perché glielo ho promesso…-
La rosa la fissava stralunata, ma non chiese altro; si
limitò a discostare la mano da lei, continuando ad
osservarla. Aveva intuito che l’amica stava per confidarle
tutto.
Il lupo aveva
provato a ritornar della buia foresta,
ma
l’attenzione della principessina fece in modo di
sopprimere tale tentativo.
Sfortunatamente la
levatrice udì un suon sospetto nella camera regale
intuendo che la
fanciulla intendeva nasconder qualcosa all’interno.
Buongiorno a tutti voi! Tutto bene? Sicuramente sì, a coloro
che hanno terminato la scuola (un po’ meno per coloro che
hanno gli esami ^^) e che finalmente hanno potuto leggere un nuovo
capitolo di questa fanfiction! Scusate ancora il ritardo,
però ora non ho più scuse e continuerò
a pubblicare con regolarità!! Bene, fatemi sapere che ne
pensate di questo cappy… Come reagirà Sakura alla
confessione di Hinata? Ma soprattutto, Hinata le dirà la
verità sul serio?? Eheheh, lo scoprirete presto!
Saluti a:
AliDiPiume
arisa_14
bella95
faziooosa
masychan
sonny
sorelline xsv
The fenix
of innocence
thembra
yury_chan
Ma un bacione in particolare va a :
_AliDiPiume: La prego, non mi uccida! XD Ok, lo so , ho ritardato pure
questa volta, ma non accadrà più!!! Mi perdoni!
:P Va beh, adesso ritorno seria... Grazie mille per le recensioni e
volevo poi aggiungere che sono d’accordo con ciò
che tu pensi: una recensione dovrebbe essere ben formulata ed esprimere
chiaramente le emozioni provate dal lettore come pure le critiche che
di solito non vengono mai esposte…per questo mi fanno molto
piacere le tue! Mi sembra di essere sotto analisi di un esperto critico
letterario^^ Comunque devo dire che pure le recensioni
più semplici mi rendono allo stesso modo
felice…sono la prova che veramente i lettori sono
entusiasti, dunque non mi lamento. Però tu continua
così! Un abbraccio.
_The fenix of innocence: Graaaaaaaaaaazie! Non so più come
esprimermi! Sono felice che ti piaccia, ma se hai qualche critica da
fare, vai!!! Voglio che sia il massimo!^^ Baci.
Mewpower
|
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Capitolo 13 *** My friend ***
Il silenzio era tornato inesorabile all’interno di
quella grotta, tra quelle pareti oscure e lugubri. Solo qualche
spiraglio di luce riusciva ad entrare, seppur a fatica, ma in quel
momento vi erano altre due figure che in qualche modo erano in grado di
trasmette una certa luminosità a quell’ambiente
cupo non solo grazie ai vestiti di color chiaro, quasi interamente
candidi quelli di Hinata e una veste tra verde acqua e celeste quella
di Sakura, ma soprattutto per mezzo del loro respiro; il solo fatto che
respirassero era segno di vita, rappresentavano dunque le uniche forme
di vita in quel posto senza rumori e senza altri esseri
animati…d’altronde, però, ce
n’era anche un terzo, il cui respiro oramai era quasi
impercettibile, si stava a poco a poco affievolendo.
- Hinata…- fu nuovamente la rosa a spezzare
quell’atmosfera di calma assoluta – se
c’è qualche cosa che ti affligge, puoi confidarla
a me…siamo amiche, no?- il tono dolce e sincero fece alzare
lo sguardo dell’altra. Si sentiva in colpa per aver mentito
poco prima all’amica, ma non poteva far altrimenti. E poi se
avesse saputo che laggiù, in fondo, si nascondeva lui,
l’Uchiha traditore, nemico di Sasuke e su cui Sakura aveva
riversato tutto il proprio odio, forse sarebbe corsa subito al
villaggio sollecitando la giustizia a compiere il proprio dovere,
oppure, ancora peggio, si sarebbe fiondata verso il punto indicatole e
lo avrebbe ucciso in quello stesso momento, di fronte a lei, con le
proprie mani. L’idea le fece scuotere il capo e le
impedì di aprire bocca. Ma fu proprio in
quell’istante che un nuovo, più acuto del
precedente, colpo di tosse la fece sussultare tutta e a convincerla che
da sola non poteva farcela.
- Chi c’è là…?-
domandò ancora con tono serio mirando verso il fondo nero.
- Ascoltami, Sakura…- cominciò lei – mi
devi aiutare…-
Fece una piccola pausa per impostare le idee alla meglio e per cercare
di fare in modo che la rosa non capisse chi fosse in realtà
il soggetto del suo discorso:
- Ho salvato un ragazzo poco tempo fa…- fece un respiro
profondo –ma è in gravi condizioni ed io non so
cosa fare…-
- Ma perché non lo hai portato subito al villaggio?
– chiese senza capire
- Lui non vuole…-
- Che discorsi sono?! Avresti dovuto costringerlo…e poi per
quale assurdo motivo non vorrebbe?-
- Lui non può…- abbassò la testa e con
essa pure la voce – se lo portassi al villaggio lo
arresterebbero senz’altro…-
- Un criminale…- affermò Sakura capendo di aver
fatto già fin troppe domande – comunque
sia…è necessario portarlo all’ospedale,
se è vero che è malato…-
- Ma no! – levò il capo immediatamente –
Sakura… gli ho promesso che ci avrei pensato solo io a lui e
poi se lo portiamo a Konoa…-
- Capisco che tu voglia mantenere la parola data – le sorrise
ripensando al povero Naruto – questo è da vero
ninja…però se lo lasciassimo qui
morirebbe… –
- Se lo portiamo via, morirà!- disse di getto,
preoccupandosi solo pochi secondi dopo di che cosa avrebbe pensato la
rosa.
- Allora…è davvero un ricercato
pericoloso…- il cuore di Hinata tremava tutto, sentiva che
ora l’amica avrebbe senza ombra di dubbio chiamato qualcuno
per farlo portare via e lei non avrebbe potuto fare nulla. Un altro,
interminabile lasso di tempo trascorse senza che nessuna delle due
aprisse bocca. Era snervante tale situazione, appesantita ancora di
più dal pensiero del lupacchiotto morente, che dopo
quell’attacco di tosse aveva smesso di farsi sentire.
- Non vedo altre soluzioni…- disse Sakura facendo spalancare
gli occhi della Hyuga – ci penso io a visitarlo!-
Per un attimo il cuoricino di Hinata si sentì meglio al solo
avvertire cadere una delle tante lance che lo avevano colpito: Sakura
aveva per fortuna accantonato l’idea di far ricorso ai medici
del villaggio, però ora si presentava un altro problema. Se
le lo avesse visto, avrebbe senz’altro riconosciuto
immediatamente il fratello di Sasuke, la loro somiglianza era
abbastanza evidente e poi c’era il mantello
dell’Akatsuki, il coprifronte lacerato nel mezzo, tutti
segnali che le avrebbero permesso di chiarire la sua
identità…e la sua voglia di vendetta
l’avrebbe senza dubbio spinta all’omicidio.
- Forse…è meglio di no- intervenne
così Hinata – sai, potrebbe reagire in
chissà quale maniera…vedendo che io ho raccontato
a qualcuno di questa storia, potrebbe decidere di fuggire…o
magari…di farla finita sul serio…-
- Credi che ne sarebbe in grado? – domandò stupita
– Mi sembra un po’ esagerato… non credo
che desideri morire…- aggiunse quasi accennando un sorriso
per la follia di un tale pensiero.
Hinata fissò gli smeraldi dell’altra con
serietà, facendo trasudare la sua preoccupazione. Sakura
percepì cosa voleva dire con tale sguardo, ma
continuò ad insistere:
- Però devi capire che ha bisogno di una
visita…dopotutto lo hai detto pure tu che non sai cosa fare.
Io potrei medicarlo come si deve e capire quale sia il vero problema
e…- quelle parole fluttuavano nella mente della Hyuga con
una svogliatezza tale da farle venir voglia di tapparsi le orecchie: il
fatto era che conosceva benissimo la necessità che Itachi
aveva di farsi vedere da un esperto, la sua malattia sembrava troppo
grave, lei non ce l’avrebbe fatta…Insomma quelle
esortazioni che ora l’amica le faceva erano le stesse con le
quali la sua coscienza fino a poco tempo prima aveva cercato di
spingerla a portarlo in un centro specializzato e cosa c’era
di meglio che l’ospedale di Konoa? Ma lei, in quel momento
doveva far capire alla compagna che non poteva avvicinarsi a lui, le
doveva essere assolutamente vietato.
- Lo so, lo so…- disse annuendo – sta veramente
male: gli occhi sanguinano e così anche gli squarci al petto
e alle spalle…è orribile il solo
pensarci…però, Sakura, tu non…-
Un tonfo netto e improvviso fece voltare le due che rimasero immobili
per poco, inchiodate con gli occhi verso
l’oscurità totale.
- Accidenti!- pronunciando queste parole il ninja-medico
avanzò sorpassando l’amica con passo veloce, ma
improvvisamente, dopo qualche metro, si sentì afferrare il
braccio da dietro – Che fai, Hinata?-
La ragazza le teneva il braccio, guardandola supplichevolmente:
- Non…non è possibile…-
- Ma cosa ti prende? Lasciami! C’è il rischio che
stia davvero male! – la fiamma che l’animava ogni
qualvolta vi era qualche malato da soccorrere, o quando solo avvertiva
l’odore di sangue che a stento là dentro si
cominciava a fiutare, la stava bruciando e il dovere di medico la
chiamava insistentemente da quella parte; ma c’era quella
mano che la fermava:
- Ti ho detto che non si può...- riabbassò la
testa, mordendosi il labbro
- Vuoi che muoia? Andiamo!!- e si protesse in avanti per scappare da
quella presa, ma notò che il suo braccio veniva stretto
sempre di più e che cominciava a dolerle –
Hinata…?!- sussurrò il suo nome un po’
incredula per tale forza e anche, una volta girata, per lo stupore di
vederla piangere.
Già, piangeva continuando a reggerla e mantenendo lo sguardo
fisso a terra.
- Scusami…- mormorava lasciando cadere delle grosse lacrime
al suolo.
Sakura le toccò la mano che la stringeva e questo fece
sollevar il viso alla Hyuga. La guardava sorridendole gentilmente,
sperando di riuscire a calmarla.
- Scusami…- disse ancora asciugandosi gli occhi con quella
mano che aveva appena lasciato il braccio dell’amica
– ma non posso spiegarti nient’altro…-
Seguitò a sorriderle e annuendo lievemente disse:
- D’accordo. Spiegami quali sono i sintomi. -
Hinata cercò di nascondere la felicità per la
decisione presa dalla rosa e con precisione le descrisse i problemi
dell’Uchiha. Sakura annuiva ad ogni sua affermazione e dopo
una rapida riflessione, ricordandosi del tonfo preoccupante di poco
prima, le spiegò cosa doveva fare:
- Allora, adesso corri subito a vedere cosa è successo! Io,
intanto, vado subito all’ospedale a prendere qualcosa che
credo ti saranno utili! Vai, adesso!-
Le due corsero in direzioni opposte il più velocemente che
potevano.
Hinata giunse al fondo della caverna dove qualche foro al soffitto da
lei realizzato le permettevano di orientarsi meglio in quello spazio
buio:
- Ehi!- esclamò un po’ impaurita – Cosa
hai tentato di fare?- lo vide ancora disteso a terra, ma diversamente
da come lo aveva lasciato lei “Probabilmente ha tentato di
alzarsi” pensò accostandosi a lui.
Misurò i battiti; il respiro era affannato e toccandogli la
fronte capì che la febbre era ritornata. Gli
riposizionò un panno sopra gli occhi e si
rincuorò appena, accorgendosi che le ferite non sanguinavano
al momento…
Vari minuti dopo Sakura era tornata. La udì avvicinarsi e
per questo le corse incontro:
- Ecco: ti ho portato questi impacchi da fare per gli occhi e qualche
medicinale per disinfettare le ferite. Per ora ho potuto portarti solo
questo perché l’ospedale è sempre
controllato attentamente dalla sorveglianza, ma non temere: di notte la
faccenda si semplifica!-
- Io non so come sdebitarmi…questo poi è
pericoloso per la tua carriera…non vorrei che…-
- Ma no! Non ci pensare! Sono provvidente, io!- e le lanciò
un grande sorriso facendole capire che non c’era da
preoccuparsi – Ah, credo che avrai bisogno di qualche
lezioncina di infermieristica…non vorrei che facessi delle
fasciature sbagliate!
- Sì, senz’altro!- disse prontamente
- E poi dovrai informarmi quotidianamente dei miglioramenti e dei
peggioramenti del paziente...se ho intuito la situazione, non
sarà un lavoro molto leggero…Te la senti?-
- Non mi tirerò indietro! Farò di tutto!-
La determinazione e la voglia di fare dell’amica fece
rasserenare il cuore della rosa: era convinta che quella nuova
occupazione avrebbe fatto distrarre la ragazza dal peso della vita
familiare e dall’atroce perdita del suo amore più
grande, l’avrebbe fatta maturare e se fosse riuscito a
salvarlo, magari, avrebbe ritrovato la gioia di vivere che non brillava
più nei suoi occhioni lucidi.
- Ok, cominceremo da domani le lezioni!-
Prima di salutarsi, Hinata si scagliò su di Sakura
abbracciandola fortemente e trattenendo un nuovo pianto la
ringraziò:
- Grazie mille, Sakura! Senza il tuo aiuto, non ce l’avrei
fatta in futuro…-
Sakura la strinse a sé accarezzandole i capelli:
- Farei qualsiasi cosa per un’amica…- era lei una
delle ultime cose più preziose che le rimanevano e sentiva
che dopo quest’ultima esperienza la loro amicizia sarebbe
diventata indissolubile, nulla le avrebbe mai e poi mai divise
– ma ora vai da lui…Potrebbe aver bisogno di
qualcosa!-
Si separarono; mentre Hinata rientrò nella caverna, Sakura
rimase un altro po’ lì, a guardare
l’antro. Pensava ancora a quel suo bizzarro comportamento, al
perché le volesse impedire di incontrare quel tipo. La
faccenda era misteriosa, ma al momento non voleva preoccuparsene:
“Sarà come dice lei…però che
strano!” e si allontanò così, mirando
le nuvole immobili nel cielo.
La principessa
spiegò alla cara levatrice che aveva soccorso un animaletto,
ma non poteva
confessarle che di trattava di un lupo.
Perciò la
scongiurò di non entrare e di mantener il segreto;
suo padre non doveva
venirlo a sapere.
Un respiro di sollievo per la nostra principessa. Dopo tanta tensione
è riuscita ad impedire alla compagna di visitare il
malato...ma sarà davvero finita? Sakura riuscirà
poi ad aiutare l’amica con le cure? Ed ora che ha tentato la
fuga una volta...Itachi ci proverà ancora? O Hinata lo
convincerà definitivamente a non farlo mai più? A
voi scoprirlo!
Un saluto a tutti voi che mi seguite:
AliDiPiume
arisa_14
bella95
faziooosa
masychan
sonny
sorelline xsv
The fenix
of innocence
thembra
Ma in particolare vorrei ringraziare:
_AliDiPiume: Ehilà!!! Bene, anzi benissimo direi, visto e
considerando che condividiamo una stessa idea...la “poca
simpatia” per Sakura! Esatto, non è uno dei miei
personaggi preferiti e devo ammettere che mi da un po’ il
nervoso per la sua mania di “Andiamo a riprenderci
Sasuke!”. Non posso dire di odiarla, però non mi
va molto a genio... Ok, fammi sapere cosa ne pensi anche di questo
capitolo e...non perderti il prossimo! Ciaooooooooooooooooooooo^__^
_The fenix of innocence: Sigh! Me sempre più felice per il
solo fatto che questa fanfiction ti piaccia! E so perfettamente che non
vedi l’ora che Itachi e Hinata si mettano insieme...ma dovrai
ancora aspettare un po’ (Sai come è, mi piacciono
le storie complicate!). Dunque pazienta ancora un pochetto e...alla
prossima!
Mewpower
|
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Capitolo 14 *** Life ***
Dopo aver salutato l’amica, Hinata era
rientrata correndo nell’antro scuro. Ma prima di giungere
presso il ferito si era arrestata per un secondo, mettendosi a fissare
il terreno con sguardo perso nel vuoto: rifletteva sul suo tentativo di
fuga, ancora con le lacrime agli occhi, con il cuore agitato per la
tensione, con tanta voglia di convincerlo a lasciar perdere la strada
dell’autodistruzione…
Riprese il cammino verso di lui asciugandosi gli occhi. Il passo era
lento, ma deciso; non aveva più la stessa espressione di
poco prima, supplichevole e triste, bensì manifestava
qualcosa di diverso, una sicurezza che mai aveva avuta prima di
avvicinarsi alla bestia della grotta.
Eccolo lì, disteso su di un fianco; fingeva come al solito
di dormire.
- Perché…- domandò senza esitare
-…hai tentato di fuggire?-
Il ragazzo non intendeva rispondere. Odiava ripetere i medesimi
concetti.
- Perché non ti decidi di smetterla? Perché non
pensi ad altro che a morire?-
Sospirò; si girò mettendosi nuovamente con la
pancia rivolta verso l’alto:
- Non merito altro…- disse flebilmente
- Non…non è vero!- gli gridò lei
accostandosi a lui – Nessuno merita la morte…-
disse dolorosamente calmandosi di getto
- Ma questa prima o poi arriva…- stranamente sembrava voler
continuare il discorso – dunque, è inutile
ritardare i tempi.-
- Non mi pare che sia un ragionamento razionale…- gli si
inginocchiò a lato, sperando che da lì le sue
parole potessero essere recepite ancor meglio.
- Ma in fin dei conti è questa la verità.-
rispose lui subito dopo
- Sì, ma non dobbiamo essere noi stessi a decidere il
quando!-
Il buio e il nuovo silenzio creatosi dopo quell’ennesima
affermazione si diffondevano per quel luogo lentamente, infilandosi tra
i corpi dei due giovani, strisciando tra le rocce delle pareti,
invadendo pure i meandri della loro psiche. Il ricordo di Sasuke per
lui e quello di Naruto per lei li fecero ammutolire per un
po’: perché il destino aveva voluto questo?
Fu Hinata a riprendere la parola, con tono veramente angustiato:
- Là fuori – indicò con
l’indice l’uscita, seppur lui non potesse vederla
– ci sono tanti banditi che hanno commesso delitti,
saccheggi, violenze…eppure sono ancora in vita…-
Voleva fargli capire il vero concetto di vita umana, non poteva
accettare il fatto che egli la pensasse in quel modo.
- Questo è prova dell’ingiustizia…che
dilaga su questo mondo. - riprese l’Uchiha con tono fermo,
apparentemente - Meriterebbero tutti di essere decapitati
all’istante, o come minimo di essere puniti fino alla fine
dei loro giorni. Nessuno escluso e me compreso. E poi…-
…
Non proseguì. Il tempo in quel momento sembrava essersi
fermato. Si scoprì che un pipistrello viveva ormai da
qualche giorno in una fessura lì vicino: a quel suono aspro
il poverino non poté fare a meno di scappare, sbattendo con
rapidità le ali e andando incontro alla luce. La sua
più acerrima nemica, ma che in quel caso rappresentava
l’unica via di fuga.
Lei lo guardava con tanta disperazione negli occhi, quegli occhioni che
erano tornati di nuovo lucidi, però la sua espressione era
dura, arrabbiata. Ma presto ritornò
serena…soprattutto attonita. Lui aveva il viso girato verso
la sua destra; la benda prima saldamente posizionata sui suoi occhi era
nuovamente a terra. Lo schiocco aveva colpito entrambi: lui sulla
guancia e lei nel cuore.
- Scusa…- disse con un filo di voce, ma realmente
dispiaciuta.
Nessuno, mai nessuno prima di allora gli aveva dato uno
schiaffo…così diretto e pieno di foga. Non vi era
mai stato il bisogno, nemmeno nella sua infanzia: Itachi era sempre
stato un ragazzo ubbidiente, rispettoso degli altri; i suoi genitori
non ebbero mai un’occasione neanche per sgridarlo a parole.
Poi era cresciuto, era diventato un membro dell’Akatsuki; era
conosciuto e temuto da tutti, nessuno avrebbe mai osato sfiorarlo e i
suoi nemici non ne hanno mai avuto il tempo. Lei, una ninja, una
donna…anzi no, una ragazza quasi della sua stessa
età gli aveva inferto uno schiaffo…
-…Ma devi capire che ciò che dici è
folle…la vita è senz’altro il bene
più prezioso che ci è stato
offerto…non possiamo sprecarla, anzi occorre viverla
pienamente, sfruttare ogni minimo secondo…e tu puoi ancora
farlo…come…anche io…-
Abbassò il capo, cercando di non rattristarsi con quei
continui flash-back della sua vita insieme a Naruto. Attese un attimo
per sentire una risposta, ma lui pareva proprio non dire nulla. Se si
era arrabbiato era più che normale: non aveva alcun diritto
di mollargli uno schiaffo del genere! Per questo pensò bene
di andarsene:
- Sarà meglio che vada…- disse quasi con lamento.
Sperava in qualche sua parola mentre si dirigeva verso
l’uscita, ne sarebbe bastata una o due…
“Mi dispiace”, “Hai ragione”;
ecco, le bastavano affermazioni del genere, che dicessero che egli
aveva capito il messaggio di quel colpo, che rinunciava alla sua mania
suicida, che si sarebbe sforzato di vivere…seppur il rimorso
fosse tanto; sperava, sperava, ma era di già uscita dalla
grotta senza alcuna risposta udita. Si mirò intorno per poi
chinare ancora il capo. Uno scatto in avanti e già si era
inoltrata nella foresta che conduceva al villaggio.
Nella caverna Itachi aveva rigirato il viso. Aprì lievemente
la bocca per cercare di favorire la respirazione, con il naso
inspirava, con la bocca espirava… Era da qualche giorno che
aveva quel nuovo problema: il petto gli doleva in prossimità
del cuore e faticava a respirare. Le sue condizioni non andavano molto
migliorando, anche se si erano pressoché stabilizzate, ma in
certi momenti avvenivano ricadute come questa. Dopotutto non
c’era da meravigliarsi: cosa credeva di fare quella ninja da
sola? Come pensava di vincere contro gli effetti autodistruttivi dello Sharingan? Certo,
però, la determinazione non le mancava…
Alzò lievemente la spalla e con essa il braccio; fu dura, ma
ce la fece e pian piano riuscì ad afferrare la candida benda
cadutagli lì vicino. Con gesto lento la
riposizionò sugli occhi facendo poi scivolare con debolezza
la propria mano fin sulla fronte. Cominciò a riflettere
sulla sua situazione, l’incontro casuale con quella ragazza,
prima al cimitero e poi al fiume, le parole, i pensieri venuti a galla
e infine quello schiaffo… Non sapeva come reagire moralmente
a quel colpo così istantaneo; non gli era mai capitato di
assaggiarlo e di avvertire in quel solo attimo tutte le emozioni che
animavano la giovane… e che erano state in grado di
sfiorargli il cuore. Lei credeva veramente di riuscire a salvarlo e non
solo ne era convinta, ma lo desiderava ardentemente. Pareva tener
più a lui che a se stessa.
“Perché proprio lei…?” e si
rimembrò della sua medesima aspirazione a morire,
probabilmente dovuta alla perdita di colui che aveva di più
caro “Naruto Uzumaki…” ; non poteva
essere lui medesimo nuova causa di amarezza per la poverina “
quella ragazza ci teneva proprio a te…”; doveva
almeno tentare di farsene una ragione, sforzarsi di vivere -
Non sarà facile – mormorò per poi
provare a prendere sonno. Solo un ultimo sussurro prima di cadere preda
di un nuovo incubo:
- Possano perdonarmi tutti… - si riferiva non solo alle
vittime della sua furia omicida, ai genitori, al suo fratellino, ma
anche a tutti quei banditi che come lui erano ancora in vita e dei
quali aveva discusso con la Hyuga – non ho mai sperato nella
vostra fine e non lo farò mai…-
Non era mia successo
prima,
eppure quel giorno la
principessina sgridò l’animaletto,
atteggiamento insolito
per la sua regalità,
ma voleva veramente far
capire al lupo che tentar la fuga era sbagliato.
Eccomi!!! Scusate tanto se non ho aggiornato prima, ma anche la mia
testa è partita in vacanza! Insomma...me ne ero dimenticata!
(ma come si fa!?) Comunque, mi auguro che vi sia piaciuto e che tutto
in questo capitolo sia stato chiaro! Come avete letto, sembra proprio
che Itachi non sia il cattivo di turno, in verità non lo
è mai stato...Hinata ne è sempre stata convinta,
ma lui pare aver paura di mostrare il suo lato umano...ehehe, lo so,
non vedete l’ora che quei due inizino ad andare in giro
stretti l’uno all’altro, ma...l’amore
è un sentimento davvero complesso e che si matura un
po’ alla volta. Per rendere la storia più
veritiera possibile è necessario procedere un passo alla
volta, no? Vi consiglio quindi di attendere ancora un altro
po’ e sono certa (credo...) che non rimarrete delusi *.*. Ok,
saluti a tutti voi che mi seguite e che mi lasciate recensioni e tanti
tanti grazieeeeeeeeeeeee!!! Continuate a seguire questa
storia!
Mewpower
|
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Capitolo 15 *** Has he changed life? ***
Cimitero e poi subito dal lupo della caverna. Oramai era
diventato questo il tragitto quotidiano che percorreva tutte le mattine
la giovane Hyuga e anche quel giorno fece lo stesso. Non poteva farne a
meno, né di far visita al suo più caro cucciolo
addormentato, né di tornare presso l’altro
cucciolo col fine di impedirgli di non farlo cadere in quello stesso
sonno. L’ansia, ogni qualvolta si accostava a
quell’antro spettrale, le faceva sussultare il cuore: non si
sapeva spiegare una reazione del genere, forse l’aura cupa di
quel rifugio, forse il pensiero di trovarsi vicino ad un membro
dell’Alba… eppure credeva di aver superato quella
fase di smarrimento interiore, di aver accantonato quel pensiero che le
diceva di star lontana da un criminale… Ma come fidarsi di
qualcuno che brama la morte altrui? Già, probabilmente erano
state le parole del giorno avanti che le avevano rimesso in circolo
nella sua testa quella vena di timore. Tuttavia in quel momento era
più convinta che mai a rientrare nella grotta, di rivederlo
e di curarlo; la volontà può abbattere anche la
più dura paura.
Avanzò dunque, decisa a controbattere ancora le sue
affermazioni di odio verso il mondo intero, se solo le avesse risentite
e pronta a cercare nuovi mezzi per persuaderlo a cambiare idea.
“Sei veramente così crudele come tenti di
dimostrare?” e con quell’idea da tanto tempo insita
nella sua mente arrivò finalmente presso di lui. Al solo
rivederlo, là, a terra, la sopraffece un gran senso di
pietà e di voglia di aiutare.
- Stai bene?- nemmeno lo salutò quella volta tanto era
immenso il dolore che provava nel vederlo in quel modo.
- Non proprio…- rispose lui con stanchezza, rigirando la
testa verso l’alto dopo che aveva sonnecchiato con il capo
volto da un lato.
- Vediamo…- si avvicinò subito a lui toccandogli
la fronte – hai ancora la febbre – scottava ed era
chiaro che aveva passato una nottata infernale dal troppo sudore che
bagnava l’intero viso.
- Sei fredda…- mormorò mentre alternava lunghi
respiri profondi
Hinata rimase un po’ perplessa, non sapeva neppure lei il
perché, però quell’affermazione suonava
di un qualcosa di lieto, un’adorabile constatazione. Eppure
all’interno della caverna la temperatura era ottima, anzi
probabilmente un po’ troppo rigida (ma non di molto) e lui
aveva provato piacere per quel tatto fresco alla fronte. Forse
fraintendendo o forse per non aver capito il senso di quelle
parole tolse immediatamente la mano arrossendo lievemente.
- Io…ritorno fra poco.- e si destò di scatto per
non perdere altro tempo: doveva andare da Sakura poiché per
quel giorno l’amica le aveva promesso nuovi medicamenti e
soprattutto dovevano cominciare le lezioni di infermieristica, di
primaria importanza.
- Va bene…- sussurrò lui senza farsi sentire e
ascoltò i rumori dei passi della ninja fino a che non
scomparirono per l’aria.
Due ore e quaranta minuti. Era trascorso troppo tempo. Hinata credeva
che le lezioni non sarebbero durate più di tanto e invece si
sbagliava. Doveva correre, sì, sbrigarsi nel raggiungere il
malato che necessitava delle cure appropriate e con esse pure di cibo.
Si diede ancora una volta della stupida mentre sfrecciava tra gi alberi
sempreverdi della foresta. Prima di andare via doveva almeno portargli
qualcosa da mangiare! Come aveva potuto scordarsene? Ma finalmente
arrivò e senza perdere tempo si inginocchiò
subito di lato a lui quasi invocando venia per una grava colpa commessa:
- Mi dispiace per il ritardo! – disse ansando e facendo
trasudare tutto il suo dispiacere.
Lui si limitò a sospirare e mentre lei cercava
frettolosamente le nuove bende all’interno della sua borsa
bastò una sola parola di lui per bloccarla, per farle
riprendere il normale battito cardiaco:
- Calmati…- disse con tutta tranquillità.
Hinata lo mirò per qualche secondo immobile per poi tirar
fuori la scatoletta contenente la colazione e continuare la ricerca
delle bende, stavolta con ritmo più lento:
- Scusami ancora…- disse nuovamente riuscendo infine a
trovare ciò che cercava – Allora…ti
va…di mangiare qualcosa?- tremolava leggermente la voce, di
solito a quella domanda seguiva sempre la stessa risposta, ma in quel
caso fu diverso:
- D’accordo…-
Non poteva crederci. Restò perplessa, osservandolo con occhi
meravigliati come quando un bambino mira per la prima volta il mare.
Avvicinò la mano semichiusa al proprio petto avvertendo che
il cuore batteva più gioioso che mai. Lui voleva mangiare.
Fino a quel momento si era sempre rifiutato. Aveva sempre dovuto
costringerlo… Ma non doveva rimanere a riflettere,
imbambolata, proprio in quel momento! Il malato doveva mangiare!
- Pronto?- domandò lei proprio come una mamma al suo
piccolino stringendo le bacchette e accostandogli il cibo alla bocca.
Dopo una prima esitazione, Itachi aprì la bocca. Entrambi
erano leggermente imbarazzati: lui nel fare il bambino, lei nel fare la
mamma, lui nel sentirsi tornar fanciullo, lei
nell’immedesimarsi in una vera donna. Comunque i due giovani
ricoprirono perfettamente i loro nuovi ruoli, fino a che il cibo non
finì. Avrebbe voluto dirgli “Bravo!”, ma
si trattenne…anche se la sua felicità era sul
punto di sfociare rivelandosi in quel modo.
Pochi secondi dopo e Hinata si trovava già con le bende in
mano.
- Non hai perso sangue…però sarebbe meglio che
facessi nuove fasciature…-
Lui non ribatté.
Ancora con tanta dubbiosità addosso la ragazza tolse i
vecchi bendaggi e dopo aver disinfettato le ferite accuratamente,
passò alla fase successiva. Prima di concludere il lavoro fu
sorpresa da una nuova affermazione del giovane:
- Le hai strette da vero medico…- già, proprio
quella mattinata l’amica le aveva insegnato dei buoni metodi
di fasciatura… e l’allieva sembrava aver imparato.
Ma non poteva parlargli di Sakura, né tanto meno del fatto
che le aveva confidato tutto. O quasi.
- Beh, non esagerare…- disse lei guardando le proprie mani
al lavoro, ma sbirciando di tanto in tanto con la coda
dell’occhio il ferito. Proprio non sapeva cosa pensare.
Concluso il suo compito, pensò di ritornare a casa.
- A più tardi- esclamò con un semi sorriso,
però lui non rispose.
“Che strano…” pensò ancora
“anche se…che abbia riflettuto
su…?” e poi comparve l’idea di una sua
possibile “conversione”; aveva finalmente deciso di
cambiare? Non poteva esserne sicura, ma il solo pensiero le faceva
rasserenare il cuore “Chissà se è
veramente così…” e con quella speranza
nel profondo dell’animo si diresse in direzione della sua
reggia, la sua maestosa abitazione simbolo evidente della sua
appartenenza ad una famiglia importante; sempre adorna di fiori nel
cortile in primavera, ma oramai decorata principalmente da
arbusti verdeggianti, che esibivano le loro foglie di color intenso. I
caldi raggi solari tipici della stagione estiva cominciavano a farsi
sentire, sulle piante e sulle pelli umane. Hinata stessa poteva
avvertirlo bene nonostante si muovesse rapidamente, con scatti felini,
saltando da un punto ad un altro; pure nonostante il venticello che in
mezzo la foresta temporaneamente si levava. Insomma, il caldo non si
separava mai dal suo corpo; sentiva sempre il sole picchiarle forte in
testa…Lo stesso anche quando entrò nel Villaggio,
lo stesso pure una volta superata l’entrata di casa sua; ma
fu là, in mezzo al corridoio ligneo, il quale conduceva alla
sua stanza, che improvvisamente si gelò tutta: accanto alla
porta si ergeva il padre immobile, casualmente passato da quella parte,
il cui sguardo cadde verso la figlia appena arrivata. Quei suoi occhi,
che la fissavano stranamente con insistenza, sembravano volerle
comunicare qualcosa. Un messaggio per nulla
piacevole…un’ osservazione che in
quell’attimo trovò la sua conferma. Hinata
ignorava i pensieri del padre, ma avvertiva chiaramente un timore
appena nato; aveva una strana sensazione. E al solo muovere un passo
nella direzione da cui proveniva, il padre sussurrò:
- Cresci in fretta…- e si allontanò con lentezza,
lasciando la giovane Hyuga con un lieve turbamento addosso.
- Papà…- mormorò, poi, una volta che
la figura paterna scomparve tra le dure pareti di quella prigione
illusoria.
La principessa non era ancora del tutto certa
che il lupo avesse
imparato la lezione,
ma nel suo cuore
aleggiava un rassicurante pensiero.
Ma una
novità, ancora però lontana, stava per scuoterla
di nuovo
Piano, piano, ci
avviciniamo...già, Hinata sta andando incontro al suo
destino un passo alla volta e presto si troverà di fronte
alla realtà. Comunque, tutti noi ci auguriamo che l'amore
sbocci il più in fretta possibile^__^ (e io so quando *.*),
ma abbiate pazienza! Poi, visto che aggiornerò ogni
settimana, questa storia correrà più veloce (e
quindi finirà prima T^T) e quindi il momento che tutti
aspettano arriverà ancor prima! Con tutta la speranza che
questa fanfic vi emozioni sempre di più, mando un
saluto particolare a:
1 - AliDiPiume
2 - arisa_14
3 - bella95
4 - EroSennin425
5 - faziooosa
6 - masychan
7 - sonny
8 - sorelline xsv
9 - The fenix of
innocence
10 - thembra
...ma pure a tutti gli
altri che la leggono! XD
Mewpower
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Capitolo 16 *** A slow rebirth ***
La notte era di nuovo giunta, seppur con un lieve ritardo.
Ormai il sole faticava a tramontare presto dietro le armoniche colline
di Konoa: percorreva i visi in roccia dei cinque hokage del villaggio,
per poi scivolare lungo il resto della parete sassosa e poi accarezzare
casa per casa, persona per persona, animale per animale. Tutti
rientravano, tutti si sedevano a tavola, infine tutti si coricavano
dopo una faticosa giornata di lavoro. Anche ad Hinata sarebbe piaciuto
sdraiarsi sulle soffici lenzuola del suo letto, ma il suo lavoro doveva
ancora essere portato a termine: doveva ritornare da lui, minimo due
volte al giorno doveva andare in quella grotta, almeno per i pasti,
almeno per controllare nel migliore dei modi l’andamento
delle sue condizioni fisiche. E poi aveva un gran bisogno di vederlo.
Strano a dirsi, però era così. Dopo quelle due
parole, quelle due semplici constatazioni da lui fatte la mattina
stessa le avevano fatto piacere…Di solito era sempre
taciturno, apriva bocca solo per ritornare al discorso
dell’insignificante sua vita; del meritar o meno la
morte… parole lugubri, parole insensate… Invece
dopo quella diurna visita era tornata a casa con una stravagante
leggerezza nel cuore e un pensiero balenate in testa che diceva
“Ha cambiato idea…”. Non poteva esserne
sicura…ma poteva accertarsene quella notte stessa.
E di già, senza accorgersene nemmeno, aveva sorpassato il
giardino che si apriva fuori della sua stanza, purtroppo quasi del
tutto spoglio dei meravigliosi gigli che lo ornavano: dopotutto la
stagione di fioritura era pressoché terminata, i pochi
rimasti avevano perso i delicatissimi petali bianchi e la maggior parte
erano stati strappati dalla terra materna per continuare a vivere
accanto al letto di morte di Naruto.
E di già aveva attraversato la foresta fino a giungere al
rifugio segreto:
“ Dimmi che è come penso…”
mentre procedeva chiedeva aiuto al cielo, pregandolo
affinché il suo presentimento fosse giusto “Dimmi
che non vuole più morire…”
Giunse, alla fine, presso il suo corpo disteso che si mosse tutto al su
arrivo:
- Ciao - disse lei con un filo di voce, impregnato di una certa dolcezza
- Ciao…- rispose lui senza nascondere lo sfinimento che lo
ghermiva, a cui lei, però, non fece molto caso: era troppo
impegnata ad esultare all’interno di se, a festeggiare la
missione che aveva portato a termine, infliggendo una clamorosa
sconfitta alla nera nemica. Quel saluto era stata la conferma che
aspettava.
- Ti ho portato del cibo…- era sicura ora, sapeva che non le
avrebbe detto di no…
- Mh, io sono qui…- sbuffò con tono
piatto – purtroppo non posso quasi muovermi.-
- Ci sono io! – continuò lei sorridendo
– Ci sarò sempre io a darti una mano!- e
afferrò le bacchette prendendo un gran boccone di cibo.
Conclusosi il pasto:
- Hai sentito altro dolore oggi?-
Doveva parlarle di quel nuovo problema nella respirazione:
- Beh – cominciò con un po’ di
incertezza – a dire il vero, ultimamente faccio fatica a
respirare. E se mi sforzo mi assale un dolore in corrispondenza del
cuore…forse un po’ più a sinistra del
cuore…-
- Mh, vedrò cosa potrò fare…- e
sigillò quelle parole nella sua mente; il giorno seguente ne
avrebbe parlato a Sakura…
Ancora qualche minuto, poi giunse l’ora di ripartire. Per la
prima volta uscì dall’antro senza le lacrime agli
occhi, senza alcun dolore che la facesse soffrire, libera dalla
preoccupazione di una sua nuova fuga…ora lui si era avviato
verso la strada più corretta da seguire. Ma prima che
facesse in tempo ad allontanarsi di qualche passo, lui la
fermò… lui doveva sapere…
- Ehi!- la richiamò così, facendole percepire un
timbro di voce diverso dal solito – Non mi hai ancora detto
il tuo nome…-
- Il…mio nome? – chiese un po’
stralunata; ma dopotutto era vero: lui, il suo nome, non lo conosceva
– Mi chiamo Hinata!- disse poi lanciandogli un sorriso
-…piacere, Itachi!- e si mosse ancora con la stessa
espressione di gioia fino all’uscita, senza dimenticarsi di
augurargli la buona notte…
Lui era nuovamente solo, ma con qualcosa in più che gli
teneva compagnia: la voce della sua salvatrice sapeva di
felicità, era riuscito a recepirlo bene; quel senso di
malinconia che fino a qualche ora prima la possedeva sembrava essersi
in parte dissolto.
“Perspicace…” conosceva il motivo di
quel cambiamento, ne era lui stesso la causa “e anche di gran
cuore” impossibile pensarla diversamente… la
sensibilità e l’altruismo della ragazza non
potevano non essere oggetto di ammirazione…
“Hinata, ha detto…sa di fiori
primaverili” quel nome risuonava stranamente nei meandri
della sua testa, comunicandogli una dolcezza profonda che non provava
più da molto tempo, una serenità racchiusa in
quelle poche lettere che lo faceva rilassare…
- Tsk, ma che vado pensando – ma dopo che si rese conto di
quanto aveva detto a se stesso, sbuffò con rassegnazione
voltandosi da una parte – Almeno così è
contenta… almeno lei -. Era difficile andare avanti,
però non poteva tirarsi indietro.
…
Estate. Il solo nominarla pareva trasmettere a tutte le persone una
gran voglia di fare, di mettersi alla prova, di partire per
chissà quali luoghi, godendoseli completamente, sfruttando
le tipiche e bellissime giornate di sole, dunque, per rilassanti
passeggiate, gite sulle acque, esplorazioni in alta montagna, avventure
in mezzo alle più pericolose foreste… Si trattava
di un fenomeno strano, ma che da tempo Hinata aveva notato. Tutti gli
abitanti del villaggio venivano colpiti da questa stravagante mania di
viaggi alla ricerca di un’esperienza elettrizzante o di
semplice tranquillità… non solo ninja, ma
soprattutto intere famiglie decidevano, durante il periodo estivo, di
partire per posti semi sconosciuti…La spiegazione
probabilmente doveva essere una sola, ovvero il fatto che per Konoa si
era aperto una lunga fase di tregua, di pace assoluta con tutti gli
altri villaggi e questo non poteva essere che un bene. E gli abitanti
non potevano non sfruttare l’occasione di spostarsi e di
godersi qualche paradiso esotico magari neanche troppo distante, per
distrarsi dai problemi quotidiani e dal lavoro. Anche alla nostra ninja
sarebbe servito qualche giorno di pausa, di distacco dal continuo e
faticoso “lavoro” che svolgeva ogni dì,
però lei non ci pensava neppure. Mattina presto dal suo
Naruto, subito dopo da Itachi, poi da Sakura per le lezioncine di
infermieristica, ritorno a casa, poi ancora da Itachi… e
sempre la storia proseguiva così. Chiunque probabilmente si
sarebbe stancato, chiunque avrebbe desiderato di abbandonare almeno per
qualche tempo quella stressante routine; eppure Hinata era sempre
pronta e ogni giorno sempre più motivata a darsi da fare.
- Buongiorno – anche quella mattina lo salutò con
dolcezza, un sentimento che allo stesso tempo comunicava una certa
solarità
- Mh? Ciao…- e lui rispondeva sempre al suo saluto, con un
po’ di svogliatezza a volte…ma
l’importante per lei era almeno il sentirsi rispondere
- Hai fame?- le domandò già predisponendo la
colazione a fianco di lui
- Abbastanza –
- Come hai passato la nottata?
- Bene –
-E le ferite, ti hanno più fatto male?
- Non molto-
- Certo, che sei un tipo di poche parole… -
accostò la mano in prossimità della sua bocca
come per voler mascherare il tenue sorrisino che le si era disegnato
sul viso, gesto dopotutto inutile trovandosi di fronte ad un lupo
cieco, ma la timidezza che la caratterizzava la spingeva a gesti del
genere.
- Comunque adesso bisogna cambiare le fasciature…-
E dopo di ciò se ne andò come di consueto. Sakura
la aspettava.
- Ehilà, buongiorno, Hinata-chan!-
- Buongiorno –
Le due amiche si incontravano sempre davanti all’ospedale per
poi appartarsi in prossimità del bosco per procedere alle
lezioni.
- Come sta il malato?-
- Beh, ieri sera le ferite al torace avevano nuovamente ricominciato a
sanguinare. Però questa mattina mi è sembrato in
forma…-
- Forse bisognerebbe procedere anche con degli impacchi per quei
tagli…sì, mi sembra la cosa più
sensata da fare. Meglio non correre altri rischi…-
- Tu credi…che le sue condizioni stiano peggiorando?-
- No, non temere. È normale che continuino a perdere sangue
se si tratta di veri e propri squarci…occorrerebbe operare,
mettere dei punti per rimarginarle completamente… i
medicinali a cui lo stiamo sottoponendo aiuteranno la rigenerazione dei
tessuti e limiteranno anche le possibilità di
infezione…ma come sai occorre tanta meticolosità
e attenzione… se non si interviene rispettando i tempi la
faccenda potrebbe degenerare irreparabilmente-
Hinata deglutì. Conosceva i rischi, conosceva la sua grande
responsabilità. Dopotutto erano ormai passati circa quattro
mesi da quando aveva assunto l’incarico di occuparsi
dell’animaletto in fin di vita; eppure
l’apprensione che la scuoteva nel momento in cui sfiorava con
le sue mani quel corpo così debole, così malato,
non l’aveva ancora abbandonata. La paura vi era sempre.
- Non ti avrò mica intimorita? – chiese la rosa,
vedendo un po’ preoccupata l’altra – Lo
sai che non devi arrenderti…-
- E mai lo farò!- disse subito dopo Hinata, risvegliatasi da
quel minuscolo incubo che di tanto in tanto la trasportava in un'altra
dimensione – Io non mi faccio spaventare da nulla,
Sakura-chan. Non posso permettermelo.-
- Brava, così ti voglio- e le sorrise, mentre il suo cuore
ardiva di speranza e allo stesso tempo di convinzione: la sua amica
stava rinascendo, piano piano, ma stava rinascendo.
Alla principessa sembrò rinascere,
al solo notare che il
lupachiotto si stava addomesticando;
e con l’aiuto
della cara allevatrice
sperava veramente di
trasformarlo in un autentico animale di corte.
E termina così un altro capitolo! Più il tempo
passa, più la faccenda si farà problematica per
tutti i personaggi della storia e un esempio lo vedrete fin dal
prossimo capitolo...di cui non posso accennarvi niente! :P Mi
auguro che continuerete a seguire questa fanfiction fino
all’ultimo e che grazie ad essa possiate amare questo paring
ancor più! Vi saluto con un grande abbraccio!!!
Saluti particolari vanno a coloro che mi lasciano le loro recensioni
(grazie mille!!! T^T) e che hanno la mia storiella fra i preferiti o
fra le storie seguite!!
Mewpower
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Capitolo 17 *** I can't forget you... ***
Inverno. Da poco, ma era incominciato l’inverno.
Quasi non si era accorta la giovane Hinata di quanto fosse passato
veloce il tempo. Solo quella mattina, aprendo la finestra della sua
camera, si rese conto del suo giardino nudo, spoglio di quel candore
con il quale la bella stagione primaverile lo rivestiva per intero,
formato di un unico colore che racchiudeva, però, in
sé tante tonalità di verde diverso.
L’estate le era passata accanto senza sfiorarla minimamente;
si era forse fatta sentire nel corpo, ma non le aveva dato molto peso;
forse solo la sua psiche aveva percepito qualcosa di vago, la
sensazione che qualcosa fosse mutato, ma in verità
l’apprensione e l’interesse per quel corpo tanto
malato, quel lupo rinchiuso nella sua tana e impossibilitato a
muoversi, l’allontanavano dal mondo reale facendola immergere
in quel piccolo universo composto da lei, lui e la caverna.
Mirando il cielo grigio e brontolante, si convinse del fatto che il
freddo era arrivato, che la pioggia sarebbe giunta tra breve, che il
suo nuovo animaletto aveva bisogno di cibo e che era dunque giunto il
momento di avviarsi. Prese il fagottino che aveva preparato sopra il
letto dalle soffici lenzuola e uscì dalla sua camera.
Passò per il corridoio per recarsi alla porta
d’ingresso e le capitò di far caso ad un piccolo
calendario a cui non aveva mai fatto caso, ma che era là
oramai da tempo, un po’ sgualcito ai lati, appeso da
chissà chi…da chissà quando.
Batté gli occhi come se fosse stupita da quel che vide: una
x di color pece marcava un numero, la data del giorno avanti.
- Siamo già a dicembre…- mormorò la
ragazza sfilando di fronte a quel blocco di fogli attaccati al muro,
destinati ad esser tolti a breve, con l’arrivo del nuovo anno.
...
- Sei già qui?- sospirò il moro trasferendo con
sforzo la sua mano dalla terra umida alla fronte bagnata
- Già…- rispose lei accennando un sorriso
affettuoso – è mattino…-
Sospirò.
- Allora, non ho dormito per niente…- si rese conto di aver
passato la notte in bianco, con la testa in moto per tutta la notte,
che rifletteva e ricordava, e così il tempo era volato.
- Sei stanco?- gli domandò chiedendosi se fosse meglio
lasciarlo riposare.
- No…ora ho solo bisogno di qualcosa di fresco sulla fronte-
Con l’inverno al povero animale era tornata la febbre che gli
intorpidiva i sensi e lo rendeva ancora più debole. Hinata
ci aveva fatto caso: ogni qualvolta che vi era un miglioramento fisico,
sopraggiungeva qualcosa altro che lo sfiniva nuovamente. Ma lei non si
faceva intimorire e lottava, lottava insieme a lui.
- Ci penso io, adesso – si adoperò così
per riposizionargli una nuova fascia bagnata di acqua in fronte. E
mentre procedeva con le altre cure, cominciò a parlare,
rivolgendosi a lui, credendo di fargli del bene; dopotutto rimaneva da
solo per così tanto tempo nel corso della giornata, chiuso
in sé, nei suoi dolori fisici e psichici... dialogare lo
avrebbe aiutato, magari, anche a sfogarsi, cosa che però
fino ad allora non aveva mai fatto:
- Puoi soddisfare una mia curiosità?-
- …Di cosa si tratta?-
- Ecco…- ci pensò su: si trattava di una domanda
che le era cresciuta spontanea e così… - quale
è la tua età?-
- Quanti anni ho?- ridisse lui quasi non avesse capito – se
non ricordo male…- da tempo oramai aveva rinunciato a
contare i giorni, ritenendolo inutile, insensato; insomma non gliene
importava nulla - …ne ho quasi ventidue…- ci
rifletté su un attimo e poi – come mai questa
curiosità?-
All’inizio non sapeva cosa rispondere, non se la sentiva di
dirgli che era tutto un pretesto per farlo parlare, ma la risposta
venne fuori dopo un flash di pochi secondi relativo a lei, in casa sua
e insieme a quel calendario:
- Sai…domani è il mio compleanno…- con
tanta tenerezza pronunciò quelle parole, come quando una
bambina cerca indirettamente di farsi fare gli auguri in anticipo dal
suo amico più caro
- Davvero…?- l’interrogò non
abbandonando il tono spossato che lo caratterizzava in quei giorni
più che mai – Diciassette anni, dunque?-
- Sì…ma come fai a…? – non
finì la frase, intuendo in quell’attimo il motivo
per cui egli conosceva la sua età.
Naruto.
Probabilmente aveva dovuto studiare il ninja della Foglia, tutto su di
lui, non aveva potuto farne a meno. Dopotutto era la meta
più ambita dell’Akatsuki. Quindi gli era bastato
fare uno più uno: essendo compagni di avventure non potevano
non avere la medesima età.
Però quel pensiero, il nome di Naruto che le
riaffiorò in testa la fece sobbalzare dando
l’ultima stretta alla benda applicata.
- N…Naruto!- sbiancò ricordandosi del grave
sbaglio commesso –Me…ne sono dimenticata- e si
destò su di colpo fuggendo dal rifugio sassoso e buio,
lasciando l’animaletto dolorante un po’ attonito,
nuovamente da solo con se stesso e i suoi nuovi pensieri.
E lei correva, veloce, scattante, felina, senza pensare ad altro, se
non al suo nome.
Naruto,Naruto!
E stringeva gli occhi, chinava il capo e si spingeva più che
mai con le gambe, combattendo il vento contrario:
Arrivo!
Intanto il cielo continuava a rumoreggiare inquieto, stanco di
resistere a quel gran peso che aveva in corpo:
Perdonami, perdonami!
Hinata non ce la faceva più, ma la sua mente le diceva di
proseguire:
Non ti abbandonerò
mai!
La distanza si riduceva progressivamente, ma a lei pareva che quel
sentiero fosse eterno:
Come il suo amore per
lui…
E nel frattempo il lupo famelico ragionava su quella principessina
scappata, ancora troppo attaccata all’altro animaletto
fuggito, ancora troppo persa nell’oblio del suo
ricordo…
Lo ama più di
sé stessa…
Non riusciva a giudicarla malamente, anzi la ammirava:
ma così
finirà per distruggersi…
Non poteva non andare a finire diversamente:
Ha il cuore troppo
grande…
E si fermò,così, a quel pensiero, spostando con
lentezza la benda che aveva sugli occhi in una posizione migliore
È un animo troppo
buono…non merita di soffrire.
Ruggì. Lanciando un sonoro urlo verso il basso, il cielo
proclamò la sua resa. Le prime gocce di pioggia risultarono
essere le più grandi e si fecero ben sentire sugli aghi
degli alberi sempreverdi che componevano la foresta. Poi, a folle
velocità, sopraggiunsero le altre, più
fini e leggere, ma erano troppe, eccessive e con la loro potenza
sopraffacevano tutti gli esseri viventi, animali e uomini, che si
trovavano all’esterno, costringendoli a rientrare nelle loro
tane, nelle loro case. Ma lei non si fece intimorire, o meglio, non se
ne rese neanche conto. Quando il temporale era cominciato lei aveva
già superato il cancello ferroso ed era entrata nel cimitero
di Konoa. Come una statua si ergeva di fronte a tutte le lapidi che la
circondavano, rimanendo immobile con lo sguardo e con
l’intero corpo. Impassibili gli occhi, ma tremolante il
cuore, fece qualche passo e si ritrovò dinnanzi alla sua
tomba. Le bastò abbassare leggermente la testa per mirare il
suo nome e la pietra priva di fiori. Con la lentezza di un vecchio,
accostò una sua mano sul bordo curvo e più alto
della lapide. Tremava di freddo e di dolore, mentre le gocce la
rendevano sempre più zuppa e affaticata. Si
accucciò poi di fronte a lui e lo abbracciò
tutto, mettendo a contatto la sua guancia con le lettere del suo
cognome, sospirando qualcosa e poi…tornando a piangere. Era
distrutta, stanca di tutto e di tutti; quella gioia accumulatasi negli
ultimi mesi e quel vago allontanamento dal senso di dolore per la morte
dell’amato svanirono in quel frangente come vapore,
riprendendo la forma di un segreto sogno, di un desiderio nascosto.
- Scusami…- parole, parole, parole che un morto poteva forse
sentire?... – Non volevo…non so come sia potuto
accadere… - ...secondo lei, sì –
Naruto-kun…ritorna da me…-
Un lampo illuminò i due abbracciati. Pochi secondi dopo un
rombo devastò il campo santo facendo sobbalzare la fanciulla
avvilita dalla disperazione, ma non si levò subito, attese
ancora qualche minuto prima di ridire arrivederci al piccolo passerotto.
...
Mosse la testa prima portata da un lato. Ora era nuovamente puntata
verso l’alto. Itachi aveva udito dei passi confusi. Era lei;
il suo udito non poteva di certo sbagliare. Lui era pronto ad
affrontarla, ma lei lo sarebbe stata? Sì, doveva, altrimenti
la sua fine sarebbe giunta presto.
La morbidezza del pelo
del lupo
le fece ripiombare in
testa il ricordo delle sue piume bionde.
Tentò di
resistere alla malinconia,
ma l’affezione
nei confronti del passerotto perduto era ancora troppo viva in lei.
Bene...ok...ma no che dico!!?? La povera Hinata è nuovamente
sofferente a causa del suo passato amore...pare proprio che non riesca
a dimenticarsene. Ma ci penserà forse Itachi a convincerla
in qualche modo a non soffrire più? Il lupo ha proprio
iniziato a cambiare atteggiamento nei confronti della sua salvatrice,
animato dalla gratitudine. Ehehehehehehe, nei prossimi capitoli la
musica cambierà *.* e i colpi di scena, quindi, sono
assicurati!
Mille baci a tutti voi che mi seguite e che mi incoraggiate ad andare
avanti (e che avete pure pazienza!...Ma dovete sapere che mi piace
rendere le cose il più complicate possibili e...poi con un
po’ più di suspence la storia non è
resa più avvincente?^_^ ; Lettori: ...No!!!
è__é; me: Eheheh ^_^’)
E poi ancora mille grazie a coloro che mi lasciano recensioni! Mi fa
sempre piacere!
Allora, alla prossima!
Mewpower
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Capitolo 18 *** ...but I must do it! ***
Sostava a pochi metri di distanza dal corpo
dell’infermo e lo guardava. Gli occhi erano spenti e con essi
pure la luce di poco prima; causa: tornare dal suo Naruto.
Ciò l’aveva fatta affogare nuovamente
nell’incubo della sua morte, nella convinzione che ora la sua
vita non avrebbe più avuto un senso, in un pessimismo totale
che in quel momento la stava facendo dubitare: sarebbe davvero stata in
grado di salvarlo? Dunque continuava a fissarlo, cercando di trovare
una soluzione alla propria esistenza cupa, nera, priva oramai di
qualche possibilità di cambiamento e di ritorno alla pace.
Decise però di avvicinarsi al ferito, abbassando il capo,
osservando i singoli passi che compieva. Qualche goccia
schizzò dai suoi vestiti al petto seminudo di lui, ma
coperto in parte da una coperta color della terra.
- …Allora?- era il moro a parlare, stranamente…
- Eh?- lei sobbalzò aprendo leggermente la bocca e
ritornò nella dimensione terrena e facendosi sfuggire quella
minuta interrogazione con un filo di voce.
- Sei tornata dall’Uzumaki?-
Si limitò ad arrossire lievemente e a chinare il capo.
- Proprio non ce la fai…- continuò cercando pian
piano di incrociare le proprie braccia – a dimenticarlo, non
è vero?-
Strinse le labbra la poverina senza smuovere lo sguardo dal basso.
- Lo ami…troppo…- affermò con
delicatezza, cercando di sfiorarle appena il cuoricino sofferente per
non farla patire ancor più – è questo
il tuo problema…-
- Lo so…- dopo un po’ di titubanza prese anche lei
la parola – sono una sciocca secondo te… correre
dietro ad un morto…-
- La sofferenza è in grado di farci fare di
tutto…così come pure
l’amore…-
- Già…- sospirò cercando di
controllarsi
- Anche io ho amato tanto…- fu così che
sollevò un po’ alla volta la testa per poterlo
mirare nel dire quelle parole – ma tutto si è
rivoltato contro di me…-
- Non capisco…- strinse leggermente gli occhi come se una
presa improvvisa di infelicità avesse colpito pure loro:
sentiva che stava per raccontarle una storia dolorosa.
- Se solo non avessi pensato troppo al bene degli altri, ora tutta la
mia famiglia sarebbe qui, tutti i miei parenti, tutti i miei
amici…ma forse è meglio che non vada oltre-
- Perché dici questo…?- stava sull’orlo
di piangere, però non voleva…
- Altrimenti potresti finire per odiare tutto il tuo
Villaggio…-
- Questo è impossibile…- sentiva che dietro si
nascondeva qualcosa di veramente importante e serio
- Sei sicura di voler conoscere la mia storia?- il tono della sua voce
era terribilmente profonda, ma non si fece intimorire
- Sì…- era desiderosa di capire cosa lo avesse
spinto a provare tanto odio nei confronti di se stesso, al punto di
invocare la morte.
Sospirò. Ritornare ancora con la mente al passato,
significava farsi pugnalare dritto al petto, voleva dire riguastare
l’amaro sapore della collera del fratello, indicava provare
nuovamente su di sé il sangue caldo dei propri conoscenti.
Ma voleva comunicarle un insegnamento, sperava di riuscire a farla
rendere conto di quanto possa essere dannoso un sentimento che
è ritenuto dall’ umanità positivo, ma
che è in grado di tramutarsi in un qualcosa di mostruoso,
che è capace di degenerare nel completo opposto. Il giovane
raccontò così della riunione alla quale era stato
convocato insieme i più importanti uomini di Konoa; la
spiegazione di una possibile rivolta del clan Uchiha; la drastica
scelta che venne presa; l’incarico assegnato ad Itachi,
l’unico di cui si potessero fidare; la notte di sangue; la
fuga e ancor prima l’incontro con il fratello…
Tante frasi, tante scene, tante considerazioni e tanto tormento. Non
gli era mai capitato di narrare la sua vicenda a qualcuno e di esporla
con così tanta confidenza…quasi lei fosse
l’angelo assolvente di tutti i suoi peccati; colei che non
l’avrebbe mai detto a nessuno; colei che non giudicava, ma
ascoltava e basta. Però lui voleva trasmetterle un
messaggio. Amore non vuol dire attaccamento sfrenato,
un’emozione che fa perdere il senno… amore vuol
dire voler davvero bene, pensare alla felicità
dell’altro…come a quella propria.
Hinata aveva spalancato gli occhi e osservava la bocca di lui muoversi.
Non credeva che al Villaggio della Foglia si nascondesse un segreto
tanto grande; non avrebbe mai pensato che egli avesse avuto
un’esistenza talmente travagliata, piena di dure e folli
decisioni, ricca di affetto e di soddisfazioni e poi privata di tutto.
- Capisci, quanta sofferenza ho causato?-
- V…volevi…- respirò più
profondamente -...hai…hai risparmiato la vita di tuo
fratello…per…?- vibrava la voce e gli occhi non
erano più in grado di resistere
- Lui credeva che lo avessi risparmiato per un mio
capriccio…- accennò un sorrisino come per ridere
della propria falsità di quel momento lontano -
…così gli ho detto: devi diventare più
forte, devi avere i miei stessi occhi per ottenere vendetta…-
- E tutto questo…come…- le prime lacrime scesero
dal suo viso per la commozione e la sofferenza di lui che riusciva a
percepire in sé stessa -…come scusa per
risparmiare almeno la sua vita…-
- Non potevo uccidere pure lui…non il mio
fratellino…-
Hinata aveva ceduto alla disperazione, alla propria e quella
dell’altro. Queste due si erano unite in un duro abbraccio,
amalgamandosi insieme e costituendo un pesantissimo blocco
d’angoscia che le si incastonò tra il cuore e la
gola. Non aveva mai udito un racconto tanto drammatico, narrato con
così tanta rassegnazione; egli accettava, cioè,
quel che era successo celando il rimorso e la pena per un atto talmente
assurdo.
- Ehi…- intervenne subito dopo lui accennando un movimento
con la testa – non piangere…- non credeva che lei
avrebbe reagito in quella maniera…non così
pesantemente…
- Scusami…- si tappò la bocca per frenare i
singhiozzi che intendevano uscire lì sul momento
- Sono io che devo scusarmi. Forse sarei dovuto stare zitto-
- No…hai fatto bene invece…- si
asciugò le grosse lacrime con la manica della maglia
– è un buon modo questo anche per
sfogarsi…-
Tacquero entrambi, poi, dopo quell’ultima affermazione.
Mentre il clima malinconico venutosi a creare in quel posto cominciava
a scomparire poco alla volta, Itachi aveva rigirato leggermente il capo
su di un lato riflettendo sulle sue stesse parole. La giovane Hyuga,
ripreso il controllo, volle domandargli:
- Mi giuri che tutto ciò che mi hai
raccontato…sia vero?-
Il moro sentì echeggiare a lungo questa frase nella sua
testa avendo una strana impressione, come se quella fosse semplicemente
un’ulteriore conferma della convinzione della
ragazza…lei sentiva di potersi fidare di lui, ma aveva
comunque la necessità di porgli quel quesito.
- Sì, è la verità…- rispose
con lentezza, ma pure con decisione e fu a quel punto
che…-…e tu mi giuri che non cadrai nel mio stesso
errore?-
La ragazza avvertì un brivido improvviso che la fece destare
da terra e si voltò, mostrandogli le spalle:
- Credi che possa spingermi a far del male a qualcuno…?-
neppure lei capiva come il suo amore avrebbe potuto portarla al male,
al tradimento, all’omicidio…non aveva
senso…
- Sì…- disse poi il moro -…a te
stessa…-
Abbassò il capo stanco la piccola principessina dai capelli
ancora bagnati di pioggia: la sua vicenda non poteva affatto essere
paragonata a quella dall’Uchiha, questo pensava, eppure il
loro dolore pareva essere identico, della stessa misura…
- Io…- continuò dunque lei –
…te lo prometto…- e socchiudendo gli occhi
accennò qualche passo verso l’uscita e
inaspettatamente udì gridare il suo nome:
- Hinata!!- la chiamò con un timbro insolito e per la prima
volta umano – Ricordati di questa promessa…- e lei
si voltò lievemente – anche perché mi
avevi detto che non mi avresti mai abbandonato…-
Fu allora che spontaneamente le fuoriuscirono le ultime lacrime da
quegli occhioni spenti, sorpresa da quelle parole, definitivamente
convinta a mettersi d’impegno per guarire il povero
lupachiotto ferito:
- D’accordo…- sibilò lei facendo un
gran respiro – da oggi in poi sarai tu la mia unica
preoccupazione.- e scappò via, salutandolo, pronta a recarsi
dall’amica per le consuete lezioni giornaliere:
“ Devo smettere di soffrire…” e mentre
sfilava rapidamente sotto la pioggia si ripeteva il suo nuovo obiettivo
e la sua dura decisione “…e pensare principalmente
a lui…”. Intanto le nuvole iniziarono ad
allontanarsi le une dalle altre, mutando colore e perdendo la severa
espressione di cumuli temporaleschi:
“Naruto, amore mio…” si
arrestò accorgendosi che la pioggia era smessa
“…è difficile
ammetterlo…però non posso tornare da
te…”. Uno spiraglio di luce molto fioca si fece
avanti oltrepassando le nuvole grigiastre che fluttuavano con pigrizia
per il cielo della stessa tonalità:
“Devo accettare la realtà e non più
vivere nel dolore…” alzò la testa in
alto come se si volesse indirizzare a lui che stava lassù
“Ho fatto un giuramento non solo a lui, ma anche a me
stessa…” e a quel punto riprese a correre veloce,
con gli occhi chiusi, facendosi colpire freddamente dal vento
“Io ti amerò per sempre, ma devo iniziare a
distaccarmi da te e concentrarmi su di me stessa e sugli
altri”.
Sarebbe stato difficilissimo allontanarsi dall’amato,
però non poteva non essere così: doveva mantenere
la parola data, ovvero occuparsi maggiormente di sé,
occuparsi del malato e salvare così una vita in
più che pareva preoccuparsi per lei…
“ E poi, Naruto- kun” lo avvertiva chiaramente
“sono sicura che anche tu non voglia che io
soffra…” lo faceva dunque, pure per questo:
avrebbe lottato anche per la felicità del suo amato che
aveva sempre amato osservare la felicità nei visi dei suoi
cari.
Incoraggiata dal lupo,
dai suoi colpi di lingua
sul proprio viso,
la principessa si fece
forza
e giurò di
dedicarsi al nuovo animaletto con la stessa passione
dell’altro.
XD XD Scusate tanto! Nn mi ero proprio accorta di non aver copiato il
testo XD che vergogna (eppure è strano perché mi
era sembrato di aver fatto tutto come al solito...) Boh, va
beh^^ comunque scusate ancora l'errore e mi auguro che vi sia
paiciuto.... Ora la strada per Itachi è completamente
spianata e tutto sarà più semplice....a
partire dal prossimo cappy! Bye, bye a tutti e un saluto particolare va
a:
1 - AliDiPiume
2 - arisa_14
3 - bella95
4 - chandelora
5 - EroSennin425
6 - faziooosa
7 - masychan
8 - smivanetto
9 - sonny
10 - sorelline xsv
11 - The fenix of
innocence
12 - thembra
Mewpower
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Capitolo 19 *** Flying away ***
Il freddo si intensificava…I primi raggi
primaverili facevano capolino…ecco, era nuovamente giunta la
primavera con i suoi vari colori, con le bellissime giornate
soleggiate, con uno stravagante ottimismo che cresceva in tutti gli
abitanti del Villaggio. E sorrideva pure la nostra Hinata, in compagnia
dell’ amica infermiera, insieme all’uscita
dall’ospedale dopo una nuova lezioncina di infermieristica.
- Allora, sembra che il malato stia di giorno in giorno
migliorando…-
- Già, adesso muove perfettamente sia gli arti superiori che
quelli inferiori. Peccato che non riesca a staccare la schiena da terra
neppure di un millimetro…-
- Vedrai che un poco alla volta si riprenderà.-
- Speriamo-
Lanciò così un gran sorriso che la rosa non
intendeva dissolvere…eppure aveva anche la
necessità di domandarle:
- Sei già stata oggi al cimitero, Hinata-chan?-
Era, infatti di nuovo giunto il giorno dell’anniversario
della loro morte, i loro cari compagni…
- Non ancora…è da diverse settimane che non ci
vado più regolarmente… -
- Ti va…di andarci insieme più tardi?-
- Va bene…Ma ora scusami, il paziente mi aspetta.- e
fuggì di corsa, lasciando la rosa con un leggero dubbio in
corpo e con una speranza viva:
“Mi sembra che stia meglio… già il
fatto che non ci vada più tutte le mattine significa che
comincia a non averne più lo sfrenato
desiderio…ma ho paura che ancora…”
…
Era arrivata alla caverna e lì chiacchierava con il ragazzo
che intanto esercitava ad aprire e a chiudere la mano sinistra:
- Vedo che ormai la muovi bene-
- Pare di sì-
- E anche le ferite sono quasi interamente rimarginate. Ormai
è da un paio di mesi che non sanguinano più.-
- Perché sei ancora qua?- una domanda schietta, mirata
solamente verso di lei
- Perché dici questo?- era un po’ intimorita non
conoscendo il motivo di quell’interrogazione
- Sbaglio o oggi ricorre l’anniversario della sua
morte…-
Un battito più acuto degli altri si fece sentire nettamente.
- Sì, è vero…- istantaneamente
sembrò abbattersi, curvando un po’ la schiena e
abbassando il tono vocale.
- Strano che tu non ci sia ancora andata – curioso, era
insolito il modo in cui si rivolgeva a lei: voleva semplicemente fare
una constatazione o provocarla?
- Beh…adesso vado. Non c’è
fretta…- e si alzò lentamente ricordando al
ferito di finire il cibo che le aveva portato – Comunque fra
un’ora dovrei essere di ritorno…-
- Non ci sono problemi…- e si voltò su di un lato
fingendo di appisolarsi, ma subito dopo -Potresti…farmi un
favore?-
Lei neppure si girò:
- Non temere…- e si allontanò lasciando un
po’ stralunato il moro
Come non si potevano intuire i pensieri di un ragazzo desideroso di
andare a trovare il fratellino defunto?
“Mph, non c’è che dire…
è proprio perspicace”
Fatto sta che il tempo trascorse più veloce del previsto e
Itachi rimase quasi stupefatto nel rivedere la curatrice:
- Eccomi…- la sua voce era più dolce del solito,
probabilmente mitigata dall’atmosfera religiosa e di
contemplazione che aveva sovrastato le due ninja durante la loro visita
al cimitero.
- Non ti ci è voluto molto…-
- Dici? Eppure è passata più di un’ora
da quando ci siamo salutati prima.-
- Sarà…-
- Ti volevo dire che ho pensato anche ai fiori per Sasuke…-
Lui non disse nulla. Fu lei a continuare:
- Sai, adesso nel giardino di fronte alla mia stanza sono nati de
bellissimi gigli come ogni primavera… Sono i miei fiori
preferiti e come a lui li ho anche messi sulla lapide di
Naruto…-
Egli mosse, intanto, il proprio braccio per massaggiare l’
altro intorpidito:
- Il bianco mi ricorda lui…non so il
perché…-
Poi voltò il capo verso il viso di lei o meglio dove
avvertiva la voce della ragazza:
-Va beh, se non hai bisogno di altro io vado!- si levò da
terra e face per andarsene, lanciandogli un ultimo sorriso. Ma poi
dovette blocarsi, udendo la voce dell'altro:
- Hinata... – gli piaceva chiamarla per nome,
sì, doveva ammetterlo – te l’ho mai
detto che profumi di fiori?-
Lei non seppe come reagire e voltandosi solo a metà verso di
lui disse:
- S…saranno i gigli!- e se ne andò con un leggero
rossore alle gote.
Ascoltò i suoi passi rimbombanti per quel nascondiglio cupo,
buio quasi completamente pure in primavera. Itachi era rasserenato dal
comportamento della fanciulla, ma non poteva dirle apertamente
ciò che pensava: la sentiva tranquilla, finalmente in pace
con la realtà circostante, avvertiva il calore del suo
sorriso, modesto e a volte timido, avvertiva che la sua voce non
tremava più al solo nominare quel nome: Naruto. E la prova a
cui l’aveva sottoposta poco prima ne era stata una conferma:
“È serena…” pensò
“ma forse sono stato un po’
maldestro…” non intendeva farla ancora soffrire,
però aveva il bisogno di esserne certo “tsk, non
è da me agire
incautamente…” si riposizionò
per bene la benda sugli occhi prima di recuperare le ore di sonno perse
durante quella notte “però ora mi sento
soddisfatto…” e si fece vincere dalla debolezza e
dalle tenebre dell’antro roccioso.
Quando non si hanno
più preoccupazioni, quando si osserva il mondo con occhi non
più lucidi dal pianto, quando la calma e la pace animano il
cuore, la vita muta colore diventando rosata, diventando fresca e
fragrante. Pure Hinata cominciava a vederla in quel modo, ad odorarne
il profumo soave e a captarne la leggerezza… Ella sfilava
saltando da un punto ad un altro di quel giardino variopinto da fiori,
mirava il cielo turchino mentre qualche petalo floreale si staccava da
quei corpicini tentando di volare in alto, di toccare le
nuvole… Tutto appariva poco nitido, eppure la gioia che quel
paesaggio trasmetteva si faceva ben avvertire e la fanciulla rispondeva
con dei sorrisi indirizzati alla natura e al clima
piacevole… Un colpo di vento le fece muovere i capelli in
su, ma tornarono subito dopo a loro posto correttamente e anche le mani
si rimisero nella loro posizione d’origine, lungo il proprio
corpo, dopo essersi accostate al viso di lei quasi per timore
dell’aria violenta di poco prima… Stranamente non
si udivano suoni nei dintorni, non un fruscio di alberi, non uno
spostamento di animali, solo lei e il vuoto, solo i fiori e il
cielo… Ma poi risuonò una voce, angelica,
soprannaturale, in quanto echeggiò a lungo per
l’aere puro e pareva provenir dall’alto. E
quell’entità conosceva lei, già,
quell’esserino che correva laggiù in terra,
poiché la chiamò per nome:
Hinata…
Con calma, senza fretta,
scandendo ogni lettera di quel nome femminile che ben conosceva:
Hinata…
La ragazza si
guardò intorno, non credendo che ci potesse essere in mezzo
a lei una qualche divinità:
Ehi,
sono qui…
La voce era vicinissima,
ma lei non scorgeva niente:
Mi
riconosci?
Percepì poi
un alito familiare dietro di sé, una presenza che non
avrebbe mai potuto dimenticare:
No…non
è possibile…
La fanciulla si era
voltata e aveva veduto l’impensabile:
Naruto-kun…
Proprio così:
si ergeva sulle proprie gambe, nella sua magnificenza, nella sua
solarità l’amato principe azzurro, adorno di luce
intorno, un color oro che si confondeva con i biondi capelli da angelo:
Sei proprio tu?
Non ci credeva, non
poteva crederci…
Ti
vedo bene, Hinata, sono contento.
Sorrise. Quel sorriso
bellissimo che da tempo non aveva più visto
Anche
io, sono felice…
Tremava la voce e la
parola. La commozione stava per impossessarsi di lei e sentiva bene che
non sarebbe riuscita a placarla.
No,
non lo fare…
E fu a quel punto che il
ragazzo si avvicinò a lei, posizionando le proprie mani
sugli occhi lacrimanti:
Non
voglio vederti così e tu lo sai…
Lei si scosse tutta,
spalancando appena gli occhi gonfi di pianto:
Non
puoi star male per tutta la vita…
Questo lo sapeva bene,
ma:
Però
non so se sarò in grado di dimenticarti...non è
semplice…
E spostando il suo
sguardo dal basso verso il suo viso:
Mi
sarebbe piaciuto venir via con te…
Lui non poteva guardarla
con odio o con rimprovero:
Non
dire questo. Pensa a quanto avresti perso e quanto avresti fatto
perdere agli altri…
L’immagine
dell’amica medico e del nuovo animaletto preso in cura le
fecero nuovamente abbassare il capo. Però lui
continuò:
Io
sto bene.
Ecco, era questo che
voleva udire.
Siilo anche tu.
E così fece
scivolare le mani sulle guance della fanciulla accostando il suo viso
al proprio e baciandole la fronte:
Non
voglio lasciarti…
Mormorò lei
al minimo contatto delle sue labbra tiepide ancora versando qualche
lacrima:
Ma
è necessario, purtroppo…
Si concluse con
quell’ultima battuta il loro incontro, la loro storia, la
possibilità di una vita insieme:
Mi
dispiace, Naruto-kun…
Le mani del biondo
abbandonarono il viso dell’altra e con esse pure il calore
che il corpo illuminato emetteva. Egli si dissolse lentamente
nell’aria, mescolandosi con il profumo dei fiori di quel
giardino, mentre i suoi occhi si confondevano fra le nuvole del cielo
sereno. Intanto lei ammirava questo sensazionale spettacolo che sapeva
di fantasia e finzione, rimanendo piangente di fronte a quella figura
che svaniva nel paesaggio, lanciando un ultimo saluto dal
più profondo del cuore verso colui che aveva amato
più di sé stessa, l’unica persona che
aveva veramente amato…
Aprì gli occhi avvertendo uno strano liquido colarle dal
volto. Fece subito passare una manica della sua felpa sopra di essi
sgorganti di lacrime. Si rizzò a sedere, palpando con vigore
le soffici coperte appena cambiate. Era sul suo letto. Si
girò guardando la porta della sua camera chiusa. Era stato
un sogno. E poi mirò la finestra lasciata, invece,
spalancata, permettendo così a qualche fogliolina insieme a
qualche petalo colorato di entrare nella sua stanza. Seppur fosse stato
un sogno a lei era parso tutto reale: il cuore le palpitava ancora a
mille dall’emozione e il pianto sembrava voler non smettere.
Lo aveva visto, dopo tanto tempo aveva potuto rivedere il suo Naruto.
Mai le era capitato di sognarlo. Mai dopo quello sfortunato evento di
qualche anno prima. Mai il suo intelletto aveva osato riformulare
quell’immagine di lui e di riprodurla virtualmente nella sua
testa…Non ne aveva mai avuto la forza ed era convinta di non
averne ancora a sufficienza. Per questo non poteva credere che fosse
stato un sogno, una fantasia generatasi in pochi minuti di assopimento.
Doveva esserci qualche significato nascosto, qualche intervento
soprannaturale…sì, ne aveva avuto
l’impressione, quello non era stata una visione normale. Vi
era sotto qualcosa altro.
Si alzò dal letto e si avvicinò alla finestra. I
gigli candidi si chinarono tutti verso di lei accompagnati
dall’armonico venticello primaverile che faceva da sottofondo
a quel momento di riflessione. Avrebbe tanto voluto una conferma
dell’impressione che aveva avuto, della concretezza di
ciò che aveva sognato, del messaggio provvidenziale che
voleva esserle comunicato.
Naruto voleva che lei fosse felice…
Lei sapeva che Naruto stava bene…
Lei voleva ritornare a vivere…
L’altro non poteva vivere senza il suo aiuto…
Allargò le braccia inalando tutta l’aria che
poté. La ragazza si convinse definitivamente, si tolse
qualsiasi dubbio. Socchiuse le ante della finestra e tirò le
tendine. Il sole era troppo forte quel pomeriggio, meglio far
sì che la temperatura nella propria camera rimanesse
mite.
La principessina si svegliò da quel sogno
che le parve quasi reale
e fu così che
il suo animo si rasserenò definitivamente;
oramai il suo passerotto
era volato troppo lontano.
Eccomi!!!! Whaaaaaaaaaaaaaa, caro EFP quanto
mi sei mancato!!! Allora, chiedo perdono a tutti coloro che seguono
questa fanfiction e che per giorni e giorni non hanno potuto
leggere il seguito!! (Tutti: guarda che non abbiamo sentito affatto la
tua mancanza u.u) Eh...eh.. mi dispiace, ma ho avuto dei
problemi a casa, seguiti da problemi di connessione e poi... sono partita
per il mare! Ma ora sono qui *.* (tutti: E' una minaccia??
O.O)
Dunque, vi annuncio ufficialmente che da questo capitolo in poi
comincierà la parte forte.......quella che tutti volevano!!
beh, ora che Naruto se ne è andato definitivamente dalla
testolina della nostra Hinata, Itachi ha il campo completamente
spianato... ma andrà davvero tutto liscio? Leggete il
prossimo cappy se volete saperlo! ^^
Un caloroso saluto a tutti voi che seguite questa storia:
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Capitolo 20 *** A new pain ***
Parevano fratello e sorella. Strano a dirsi; impensabile da
parte di lui un paragone simile, eppure la ragazza sentiva che tra di
loro si era istaurato un legame piuttosto solido, fatto di fiducia
reciproca, di amicizia. Non sapeva se lui la pensasse allo stesso modo,
ma le bastava soltanto una cosa: vederlo discutere con lei senza alcun
timore, senza mostrare diffidenza. A volte era lei stessa a spingerlo,
a forzarlo su argomenti che magari lui avrebbe preferito non toccare,
discorsi relativi all’ infanzia, al proprio tempo libero;
però il moro non poteva dirle di no, non voleva spezzare
quel clima di familiarità che ormai da tempo non provava
più. E che gli piaceva davvero. Così si sforzava,
consapevole che in quel modo pure lei sarebbe stata contenta. Parlava
per distrarsi dal dolore del passato, parlava per far piacere
all’interlocutrice.
- Non immaginavo che fossi una Hyuga…- erano entrati sul
discorso della propria famiglia di appartenenza per caso, passando per
vie contorte senza che nessuno dei due se ne accorgesse – Si
tratta di una casata tra le più importanti del
Villaggio…-
- Già. … Ma anche il tuo clan a…aveva
una gran fama… -
- Gia…-
- Era…temuto…- sibilò lei
ricordando la confessione di lui di qualche tempo prima, senza
nascondere una vena di sconforto e il ragazzo intuì al volo
la situazione creatasi.
- Stai pensando alla mia storia di nuovo?-
- Io?- chiese con un pizzico di inquietudine per la domanda imprevista
- Ho svelato una verità non facile da accettare…-
si fermò levando la mano in alto per spostare la benda degli
occhi quasi del tutto asciutta. Pure lei si azzittì,
balenando un po’ tra le nuvole ripensando a quell’
inverno, al loro colloquio segnato dalle sue lacrime, ma anche al suo
racconto, alla sua drammaticità quasi irreale,
all’ipocrisia del consiglio di Konoa, alla loro
crudeltà…
- Mi hai creduto?- rimbombò il suo quesito in quello spazio
fatto di rocce, che trasmetteva ogni dì un’aurea
di eterno e sconfortante scorrere del tempo
- Eh?- ancora più sorpresa di prima lo guardò con
un po’ di ansia, inspiegabile, addosso
- Hai creduto veramente alla storia che ti ho raccontato?- stanco, il
suo tono era ritornato stanco e annoiato – So che non ti
è facile convincerti di questo, ma…-
- Io ti credo!- esclamò con sicurezza portando lo sguardo
sulla mano destra dell’altro che si muoveva per sgranchirsi.
E lui quasi un po’ sorridente:
- Perché sei così certa che io non ti abbia
mentito?-
- Sono…sono convinta e basta.- una risposta che
lasciò entrambi stralunati, ma con una particolare
leggerezza nel cuore – Mi voglio fidare – e gli
lanciò un sorriso, uno fra i mille che in quei mesi gli
aveva sempre indirizzato e che lui era sempre riuscito a captare,
seppur avesse gli occhi chiusi, però il suo cuore non era
cieco affatto.
…
Con una certa tristezza nel profondo dell’animo, la ragazza
si dirigeva a casa ammirando le prime foglie ingiallirsi e gli ultimi
fiori perdere i propri abiti colorati. Stare con l’animaletto
pareva far scorrere il tempo con doppia velocità, anche
quando non ci chiacchierava, anche quando lo fasciava o semplicemente
lo mirava dormire profondamente… Era bello stargli vicino,
le piaceva osservarlo respirare e sonnecchiare con serenità,
ora che pareva non provare più pene, ora che lo sentiva
più sollevato dal tormento corporale e interiore. Di lui
aveva notato molti particolari, poteva dire di conoscerlo piuttosto
bene. Era intelligente, era forte e astuto, ma allo stesso tempo era
sensibile, comprensivo e di cuore nobile. Sorrise di
quell’identikit che stava compiendo mentalmente. Comunque era
ormai giunta alla conclusione che lui non fosse affatto un animaletto
selvatico: fingeva, cercava in tutti i modi di apparirlo, aveva pensato
di crearsi quella nuova maschera per i suoi scopi, obiettivi che non
nascondevano nulla di malvagio, ma che, anzi, rispecchiavano il suo
animo candido e gentile. È vero, aveva agito male, aveva
fatto del male, ma tutto aveva un fine magnanimo…
Però come poter considerare un uomo che a lungo aveva
generato dolore e pianto, come una persona degna di essere lodata? Lui
era buono, poi si era trasformato in un mostro, ma più tardi
era tornato sulla via del bene originaria. Poteva forse accadere una
nuova possibile riconversione? Poteva ridiventare il demonio assalitore
di una volta? …Secondo lei no. Non aveva dubbi.
Superò l’entrata regale e attraversò il
giardino verdeggiante. Senza sandali, percorreva il corridoio ligneo
osservando i piedi nudi che cominciavano a presentare i primi brividi
per la frescura di quel pavimento. L’autunno era alle porte.
Dopo aver camminato un altro po’ si rese conto di qualcosa di
insolito: il vuoto sovrastava la sua testa e l’intera
abitazione. Sembrava che non vi fosse nessuno, tanto era silenzioso lo
spazio circostante. Tremò. Era anormale l’assenza
di tutti i membri della famiglia o del personale che ogni giorno
animava casa Hyuga. Almeno un fruscio, almeno un minimo ronzio le
sarebbe piaciuto udire. Nulla, invece, solo il nulla era percettibile.
Non le era mai capitato di rimanere sola in un luogo così
immenso e per questo si sentiva persa. Ma non aveva paura, era soltanto
un po’ smarrita. Una sensazione difficile da spiegare, ma
Hinata la provava fortemente e chiaramente.
Poi uno sbattere e tutto si concluse lì. La calma si
rimpossessò nuovamente di lei, distendendosi comodamente
sopra il suo cuore e invadendo la sua mente. Ne seguì un
sospiro. Si diresse verso il punto da cui proveniva il rumore e si
ritrovò di fronte ad una delle tante porte scorrevoli
rivestita di lino bianco. Dietro di essa due ombre leggere. Il tenue
lume da poco acceso le rendeva a malapena visibili.
- Siediti - disse uno. Hinata riconobbe la netta voce del padre. Dura,
inconfondibile.
L’altro si mise in ginocchio, a terra, di fronte a lui.
- Ti ho chiamato qui per una ragione importante…- la
faccenda doveva essere seria, Hinata lo aveva recepito bene dal suo
tono imperioso. Si mise, dunque di lato, per impedire di essere vista
attraverso la copertura in tessuto leggera.
- I giorni trascorrono talmente veloci che non mi sembra ancora vero di
doverti parlare di una questione così delicata. Si cresce,
si matura e alla fine arriva il momento…- palpitava sempre
più forte il cuoricino della Hyuga, senza capirne il motivo
– Tra circa tre mesi sarà il compleanno
di mia figlia. Hinata compirà 18 anni –
sbarrò gli occhi, rimanendo incredula. L’oggetto
del discorso sembrava essere lei:
- Sarà maggiorenne, sarà definitivamente una vera
donna…-
Dove voleva andare a parare? E poi con chi stava parlando?
- …e credo che non ci siano più motivi per cui
aspettare oltre. –
Non capiva, proprio non comprendeva quelle parole…
- È pronta al matrimonio –
Nero.
Un ultimo battito cardiaco segnò la fine del nuovo periodo
di tranquillità che le si prospettava davanti.
E poi vide nero.
Vide i muri vorticare brevemente e crebbe di cadere per lo shock. Ma si
limitò a scivolare lungo la parete finendo sul pavimento
liscio, ma rigido e freddo. Il cuore era incredibilmente rallentato, il
numero di palpitazioni al secondo era sceso incredibilmente e le vene
cercavano con sforzo di far riprendere la giovane, pulsando
più sangue possibile, tentando di evitare uno svenimento, un
crollo improvviso e così vibravano paurosamente.
- Ma io…- un filo di voce uscì fuori dalla
boccuccia della Hyuga, stremata dal nuovo turbamento, ma si
bloccò immediatamente, drizzando subito le orecchie una
volta riudita la voce paterna:
- Oramai è grande a sufficienza, è responsabile e
ho notato che ormai da tempo porta sempre a compimento le missioni che
l’Hokage le affida, anche le più difficili. Si
è finalmente ripresa ed è pronta per questo
passo…-
No, lei non lo era. Se lo sentiva, lo sapeva. Perché,
invece, lui pareva così convinto?
- E mi sono deciso, quindi, a convocarti e a parlartene,
perché sei tu colui che ho scelto…-
“Scelto?!”
Suo padre aveva scelto per lei…
“Un…matrimonio combinato…?”
come nel passato, come nell’antichità, come
avveniva presso le casate più nobili; la storia di Hinata
stava proprio trasformandosi in quella di una principessa costretta a
sposarsi con un principe di un regno lontano a lei sconosciuto, una
vicenda tipica delle favole più classiche, ma anche dei
racconti più tragici…
- Mi serve solo una tua risposta. Anche se già posso
immaginarla…-
“Come?”
Nel panico, Hinata era nel panico più totale. Ora era
tornata a vedere, ma la razionalità ancora non aveva ripreso
il controllo del suo io. Stava per agire impulsivamente, presa dalla
frenesia di una notizia così drastica e decisiva per il suo
futuro. Si sarebbe comportata come mai aveva fatto, mostrando la sua
opposizione con la parola, ma soprattutto con le lacrime. La
convinzione e il desiderio di ribellarsi era talmente forte che
già avvertiva il sapore del pianto e il tepore della pena
che stava per traboccare in un gesto disperato. Ma il tutto fu fermato
così:
- Sono onorato…- e in quel caso il cuore accelerò
paurosamente il suo ritmo, facendo nascere nella ragazza
l’impressone che stesse per esplodere
-…non pensavo che avreste dato a me questa fortuna.-
Era lui, era lui, lui, lui! Non ci credeva, no, no,no! Scosse la testa
ritenendo di aver udito male e mosse il capo leggermente contro la
parete per osservare meglio quell’ombra, più
minuta del padre, ma comunque virile, compatta, familiare…
“Lui, è lui…lui…!”
E lo vide chinarsi di fronte al capo, al suo maestro potremmo dire:
- Sono felice, figlio mio. Sono felice…-
Non poteva crederlo, la sua psiche non riusciva neppure a focalizzare
una possibilità del genere. Loro due insieme…no,
non potevano. Immediatamente dunque si levò da terra e con
il suo passo felpato si allontanò di corsa senza farsi
notare. Lontano da casa sua, lontano dal Villaggio, lontano da quella
nuova verità. Non immaginava che lo avrebbe nuovamente fatto
così presto, ripercorrere con quella tristezza soffocante di
poco tempo prima quella nera foresta, illuminata solo a tratti da
qualche raggio di sole durante il giorno, ma invasa interamente dal
buio nella notte. Un minimo di chiarore era forse possibile scorgere
tra quella fitta vegetazione anche al solo rimembrare la presenza di
quell’animale, del lupachiotto ferito…ed era
proprio lui in quel momento colui che le faceva da guida in quel
rischioso percorso nella semi oscurità, quello sprizzo di
luminosità che le indicava la salvezza e il conforto. Voleva
andare da lui. Solo lì avrebbe trovato la pace. In che modo
neppure lei lo sapeva, ma era convinta che una volta giunta a
destinazione il suo senso di pianto avrebbe trovato fine…
Arrivò.
Ansimava e sudava freddo.
Il viso infuocato fissava il basso.
E lui sorpreso:
- Ehi, cosa è successo?-
Si bloccò e chiuse la bocca ansante. Ma il corpo aveva
ancora bisogno di gettare via aria e di riprenderla con lo stesso
vigore. Il naso non poteva reggere e le lacrime neppure. Ne
seguì un colpo di tosse e la respirazione affannata
poté continuare, mentre le prime gocce di pianto facevano da
contorno alla sua bocca in parte coperta da una manina impallidita,
come il resto del volto.
- Io…sono disperata.- disse con un filo di voce tentando di
celare l’ennesimo suo cedimento
Un nuovo problema aveva colpito la fanciulla e cominciava a cibarsi del
suo animo e della pace che aveva appena raggiunto. Itachi avvertiva
chiaramente il dolore che trasudava da quel fragile corpo e le
vibrazioni del suo fisico che giungevano fino al suo facendolo scuotere
dalla suggestione:
- Ti va di parlarmene?- domandò quindi il giovane credendo
che fosse la cosa migliore.
Lei, infatti, ne aveva assolutamente bisogno, anzi sperava proprio in
una sua richiesta di tal genere…meglio ancora, aveva la
sicurezza che ciò sarebbe
accaduto…perché lui la comprendeva. Lui era
l’unico che riusciva a farlo. Lei si sentiva sicura solo
parlando con lui.
A quel punto si lasciò cadere accanto al moro, appoggiando
le mani strette a pugno sopra le proprie ginocchia e provando
a spiegargli il motivo di quel suo stato.
Ma la debolezza era tanta e lei non voleva più mostrargliela.
Tacque così per vari secondi cercando di ritrovare la calma
e l’equilibrio, però fu lui ad impedirglielo:
- Non trattenerti. Sfogati e basta…- il tono del ragazzo,
serio e allo stesso tempo affettuoso, fu la goccia che fece traboccare
il vaso, nel vero senso della parola. Una grossa lacrima
fuoriuscì rispettivamente da entrambi gli occhi limpidi
della Hyuga che corsero fino al mento e poi bagnarono la terra di quel
luogo austero. E pianse, pianse ancora, oramai incapace di
controllarsi, a tal punto da appoggiare la fronte sul petto di lui
mentre con le mani si sforzava ad arrestare i leggeri singhiozzi
nervosi, addossandole alla boccuccia.
Capiva che non era più in sé, capiva che non ce
la faceva più a soffrire. Ora che aveva contribuito a
frenare il suo tormento per l’amato scomparso, vedeva
presentarsi un’altra fonte di turbamento, nera e
assassina…chissà se al pari con quella precedente.
- Non può farmi sposare, non può!!-
iniziò dunque il suo sfogo fatto di frasi sconnesse,ma che
se unite davano chiarimenti su ciò che era accaduto
– Non posso, non con Neji!-
Continuò a lungo, pianse per molto. Itachi non riusciva
proprio a sentir piangere una donna, lo rattristava, lo rendeva
pietoso. E poi il solo fatto che dovesse maritarsi così,
senza una sua consultazione, senza che potesse decidere, senza alcuna
libertà di esprimersi lo rendeva furioso nei confronti del
padre e lo infuocava di giustizia… Già, si
arrabbiava al suo posto, perché lei non lo era veramente.
Era soltanto sconfortata, triste.
E lui non desiderava affatto che lo fosse.
Aveva un animo talmente gentile, buono, misericordioso…Le
doveva la vita soprattutto e gli sarebbe piaciuto ripagarla. Per questo
l’unica cosa che in quel momento fosse in grado di fare era
starle accanto e rincuorarla. Trasportato da un senso profondo di
solidarietà e fratellanza portò la sua mano fino
a sfiorare una mano di lei sussurrandole qualche parolina dal dolce
sapore:
- Va tutto bene…- come un fratello maggiore alla sorellina
che ha appena avuto un incubo – non avere paura e
reagisci…-
Lui sapeva che la ninja era forte: aveva combattuto a lungo
così tante volte contro la sua voglia suicida, il suo folle
amore che chissà a cosa avrebbe portato, contro lo stesso
desiderio di lui di porre fine alla propria esistenza…
Però aveva pure una grandissima sensibilità, un
cuore fuori dal normale, qualcuno potrebbe crederlo un difetto, altri
come un pregio… e lui in quella circostanza così
intima si rese definitivamente conto di cosa ne pensasse. A lui piaceva
il suo carattere. Come amava la sua forza, adorava pure la sua
sensibilità.
…Parevano fratello e sorella.
La principessina udì un giorno il padre parlare
con un servitore:
egli aveva intenzione di
regalarle un nuovo animale,
un gatto di buona razza
da tenere nella sua camera...
Ma ciò
sarebbe stato impossibile...e lei era l’unica a
saperlo.
Povera Hinataaaa!!! Mi dispiace tanto farla soffrire!!
Ma...dopotutto se la storia è questa...O.o...Va beh,
lasciamo perdere^^” Allora, come preannunciato qui a faccenda
va proprio degenerando...ma in compenso sono proprio queste situazioni
che sembrano permettere ad Itachi e Hinata di avvicinarsi... Mi auguro
che questa fanfiction vi intrighi sempre più e salutandovi
vi invito a leggere anche il prossimo capitolo! (ps:
muahahahahahahha, il prossimo cappy sarà....muahahaha *w*)
^^”
Tanti, tanti saluti a voi che seguite “Storia di un amore
proibito” e in particolare saluto coloro che di tanto in
tanto mi lasciano una recensione! Mi fanno piacere!!!
AliDiPiume
arisa_14
bella95
chandelora
EroSennin425
faziooosa
masychan
sabaku no sary
smivanetto
sonny
sorelline xsv
The fenix of
innocence
thembra
Baci a tutti voi e...alla prossima!!!
Mewpower
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Capitolo 21 *** Miracle... ***
Attendeva la sua venuta ormai da un paio d’ore, ma
ancora non udiva i suoi passi. Ciò era strano considerando
la sua precisione negli orari. Non si poteva non notare con quanta
meticolosità giungesse nell’antro ogni
dì, ogni sera alla stessa ora. Lui riusciva a capirlo
prendendo come riferimento il levarsi del sole, a seconda che fosse
più o meno alto… La solitudine di quelle giornate
non lo spingeva ad altro se non a contemplare lo scorrere delle ore o a
immergersi nel profondo abisso dei ricordi, scoprendo a volte che
ciò che aveva tentato di dimenticare era tornato a galla:
tante scene di violenza e di sangue, vissute nel periodo in cui era un
membro dell’Akatsuki disegnavano sul suo volto
un’espressione di ribrezzo e di pentimento:
- Sono stato un folle…- si ripeteva ascoltando con
attenzione l’eco della sua voce in quella grotta buia
– avrei dovuto agire diversamente…non
così da folle…-
Ma poi tentava di liberarsi da quei macabri pensieri e di ritornare al
presente e capitava di ragionare sul futuro, immaginandolo
più roseo e florido possibile…
“Già, devo decidermi…” si
diceva dentro di sé “Non posso continuare
più così…non più
adesso…” e alzava in alto la mano aprendola e
chiudendola senza più provare dolore.
Fatto sta che quella mattina il sole era già sorto da un
pezzo e lei ancora non si vedeva. Era inverno, questo è
vero, eppure il sole era ben percepibile in quanto i suoi raggi
filtravano attraverso qualche fessura della parete rocciosa e si
andavano a concentrare tutti insieme sopra il suo mantello scuro che lo
ricopriva fino alle spalle… la temperatura, infatti, era
piuttosto rigida, come è tipico della cattiva stagione.
Un leggero velo di preoccupazione lo avvolse all’improvviso
quasi a volerlo soffocare: il respiro iniziò a farsi lento e
incurvò le sopracciglia come se stesse male:
“Possibile che le sia successo qualcosa?”
rendendosi conto che si stava davvero impensierendo per la ragazza, mai
accaduto prima, scosse la testa “No…” e
si voltò su di un lato decidendo di pianificare
interiormente un’ idea che oramai balenava nella sua testa da
un po’ di tempo…
Era in pensiero. Non lo poteva negare. Ma cercava di celarlo a
sé stesso. E questo lo faceva ancor più
inquietare. Dopotutto, però, chiunque avesse ascoltato la
storia della povera Hinata e della sua casata, del loro passato e pure
di ciò che stava per accadere non poteva non essere in pena
per la fanciulla, che non solo aveva tanto dovuto patire
precedentemente alla sua pubertà, ma avrebbe dovuto
continuare a soffrire pure in seguito, anche dopo la
maturità… Sposare un uomo che non si ama, legarsi
per la vita con qualcuno senza il proprio volere, unirsi in matrimonio
con un membro della stessa famiglia…erano cugini e questo
bastava. Itachi compativa la ragazza e gli sarebbe proprio piaciuto
intervenire: un’ unione coniugale senza vero amore non poteva
avere senso, magari per il ragazzo sì, se davvero ne era
innamorato, ma per lei sarebbe stato solo un inferno, una nuova spinta
per disprezzare il fiore della vita, una nuova malattia che avrebbe
potuto portare a chissà quali conseguenze… Il
moro scosse di nuovo la testa; quelli non erano affari suoi; lui poteva
limitarsi a consolarla, ma tutto doveva finire lì; doveva
pensare ad altro, a quello che doveva essere il suo di futuro e
lasciare da parte quello della Hyuga…
“Però lei non merita di soffrire ancora”
e tornò dunque ai suoi progetti che prima o poi avrebbero
preso forma, senza mai abbandonare il pensiero della ragazza ancora non
arrivata.
Sapeva di essere in ritardo e una volta giunta all’ingresso
lo chiamò a gran voce senza celare il fiatone:
- Eccomi! Scusa il ritardo… Ti ho portato la
colazione…- si accasciò al suolo porgendogli il
cibo collocato minuziosamente in un contenitore reso fresco dalla
temperatura
Lui allungò le mani e lo prese. Non parlò subito,
ma dopo qualche boccone sentì la necessità di
domandarle:
- È successo qualcosa…?-
Hinata aprì un po’ la bocca, colpita
dall’inaspettata interrogazione:
- No…- e sorrise abbassando il capo – va tutto
bene…è colpa mia se ho ritardato…-
- Sicura?- pareva poco convinto e in effetti sentiva che
c’era ancora in mezzo la questione del matrimonio, che come
ritenevano entrambi, era una preoccupazione troppo grande da tentare di
ignorare e che ogni giorno tormentava lei e pure lui ne era
impensierito…poiché sapeva che lei ne era
straziata.
- Mh…- esitò, perché, allo stesso
tempo, lei non intendeva turbarlo con i suoi problemi
- Non aver paura di dar sfogo a quel che hai dentro…te
l’ho già detto, no?- e fu a quel punto che si
lasciò trasportare
- In verità, prima di venire qui ho tentato di parlare del
matrimonio…con mio padre…- si venne a creare
un’aurea di angoscia per quello spazio oscuro tanto forte da
sovrastare persino il ragazzo che abbassò la scodella con la
colazione sopra il suo ventre ricoperto –
però…- continuò – non ce
l’ho proprio fatta quando me lo sono ritrovato
davanti…- tratteneva il dolore e la voglia di piangere che
qualche tempo prima si sarebbero senz’altro riversati
istantaneamente sull’interlocutore, ma che in quel momento
erano perfettamente controllati dalla fanciulla, oramai divenuta
più forte rispetto al passato – Vorrei tanto
parlargli e spiegargli che ciò non mi sembra
giusto…ma è difficile… e
poi…prima vorrei che me lo dicesse lui, chiaramente voglio
sentirmi dire quel che ha in serbo per me…quel che lui ha
deciso…al posto mio –
- Certo…- sospirò l’Uchiha risollevando
ciò che aveva tra le mani e accennando un movimento con il
quale sollevare la propria schiena da terra –
…è meglio averne l’assoluta certezza.-
A quel punto Hinata lo aiutò mettendogli una mano sul dorso
per accompagnare quel gesto sforzato…senza sapere…
E con un bellissimo sorriso impregnato di una certa timidezza lo
ringraziò dicendo:
- Sei…sei gentile a preoccuparti per me.- e seppur lui non
rispose ricambiò il sorriso con un battito del cuore
più forte degli altri.
Poi non aggiunse dell’altro poiché avvertiva che
l’epiglottide intendeva farsi udire; la commozione pareva
voler avere ancora il sopravvento, andando contro la forza di
volontà della piccola Hyuga…e questo non poteva
accadere.
- Ora è tempo che vada…- riuscì a
sussurrare sollevandosi dal suolo – Ci vediamo
stasera…sai, ho una missione che mi terrà
impegnata tutta la giornata, ma per questa sera sono sicura che
sarò di ritorno… –
La ascoltava e nel frattempo continuava a programmare.
– Ti ho già preparato sia qualcosa da mangiare per
pranzo che per cena…te le lascio qui accanto.-
Perché lei ne era inconsapevole.
- Ci penseremo stasera alla medicazione…giusto disinfettare
le ferite più profonde…fortunatamente non rischi
più di avere emorragie, dunque non abbiamo da preoccuparci
se per quasi un giorno non ci possiamo vedere -
Ingenua, illusa…
- Allora…ciao - e lo salutò con delicatezza
fuggendo da lui e dal buio.
Il vento, pochi minuti dopo, iniziò a tirare più
forte e i raggi solari a farsi più deboli. Le nuvole,
infatti, venivano trasportate in massa per il cielo scolorito, coprendo
il tiepido sole, decolorato anche esso, rendendo dunque lo sfondo
nettamente invernale. Itachi, così, non avvertiva
più calore sul suo corpo, ma solo aliti freddi che a tratti
trovavano quiete per poi riprendere poco dopo…
L’aria si arrestò definitivamente soltanto nel
momento in cui l’umidità cominciò ad
impregnare le membra del nero animale che tentava di riposare invano e
le primissime gocce gelide colarono per le fessure della grotta
sfiorando il suo viso e a volte centrandolo in fronte.
Era dura quella pioggia, quel dì il cielo voleva davvero
sfogarsi e per questo batteva, batteva violentemente sopra il riparo
naturale del lupo, con una forza impressionabile che fece intimorire
tutti i minuscoli animaletti che si riunivano in quel luogo spingendoli
a trovare rifugio nelle piccolissime cavità interne che
facevano loro da casa.
Proseguiva la sua discesa comunque, senza badare alle piante o agli
uomini, scuotendo le fronde degli alberi, percuotendo i ninja costretti
ad andare avanti nel loro incarico fuori dal Villaggio. Troppo cattiva
stava diventando, tant’è che finì per
far straripare i fiumi più minuti e di far morire tante
pianticelle appena nate, affogandole nell’ acqua,
ricoprendole di fanghiglia.
Pure l’Uchiha criticava quel comportamento esagerato della
precipitazione, interrogandosi sul motivo per cui si era tramutata in
un mostro anche lei, cercando di capire se mirava a dar fastidio a lui
soltanto o alla povera ninja in missione… Senza dubbio a lui
stava dando molto fastidio: l’eccessiva quantità
d’acqua aveva impregnato le rocce della caverna e filtrava
con facilità, fuoriuscendo prima da un punto e poi
da un altro, scolando sotto forma di tante goccioline o come dei
piccoli ruscelli di alta montagna… insomma non intendeva
più rimanere là sotto a farsi inzuppare, faceva
freddo e tutta quell’acqua addosso gli avrebbe
senz’altro fatto prendere un malanno.
Non ora che era guarito…
Prima di spostarsi da lì, tolse con gesto istantaneo il
panno dagli occhi avvertendo chiaramente che si era impegnato di
pioggia e il liquido che non era riuscito ad assorbire gli si stava
riversando su tutto il viso, cosparso dei primi brividi. La teneva con
la mano destra, mentre con la sinistra si asciugò gli occhi,
chiusi, malati…
Allontanò la mano dal volto.
Stava per ricollocare al suo posto la garza, ma si bloccò.
Bruciavano nuovamente e istintivamente ne strofinò uno con
la mano opposta.
Li strinse e poi trattenne il respiro.
Perché aveva fatto una scoperta…
…di cui non si era mai accorto prima…
…perché il miracolo era avvenuto proprio in
quell’istante…
…di cui non aveva potuto accorgersi
precedentemente….
Ne rimase sbalordito…
…non poteva crederci…
…una speranza che aveva perso da tempo…
…e invece…
La bocca rimase semi aperta ancora per qualche secondo fino a quando
non se ne convinse definitivamente.
Sorrise. Era un sorriso strano, non si sa se di gioia o di
malignità, poco chiaro in cosa volesse significare, forse vi
era nascosto anche un pizzico di dispiacere, ma non lo sapeva neppure
lui. In quel momento solo un’ unica cosa era certa: Itachi
Uchiha risorgeva!
Il lupo era rimasto
nella cameretta regale insieme alla principessa che di già
dormiva.
Muoveva bene la coda, le
zampe e le orecchie,
convincendosi di essere
in grado di spostarsi come meglio voleva.
Era definitivamente
guarito e pronto alla fuga.
Eheheheh...bene gente, qui la faccenda pare vada risolvendosi...o
forse....va così peggiorando? O.o!? Per scoprire
davvero quel che accadrà non posso che dirvi di leggere il
prossimo capitolo! (Tutti: *.* spoiler, please!!! ; me:. ehm...devo
andare *fugge*)
Alla prossima! Ma prima (come al solito^^) voglio salutare tutti voi
che avete inserito la mia fanfiction fra preferiti (Non
finirò mai di ringraziarvi!!!)
1 -
AliDiPiume
2
- arisa_14
3
- bella95
4
- chandelora
5
- EroSennin425
6
- faziooosa
7
- masychan
8
- sabaku no sary
9
- smivanetto
10
- sonny
11
- sorelline xsv
12
- The fenix of innocence
13
- thembra
e un saluto particolare va a:
_Midblooorer_The_Joker: Ciao e grazie infinite per le fulminee, ma
intense recensioni che lasci XD ...Eh? (me rilegge ultima tua
recensione) Neji un pezzo di legno? ....mah, chissà!
X°D
_ chandelora: Ciao anche a te! Ma soprattutto thanks per la tua
recensione^^ ...Ps: Wow, non sapevo chh iIachi fosse
un’agente segreto! XD Che bello!
XD Ps2: ascolta,non prendermi per scema o pazza
(tutti: pazza lo sei!! XD) ma...stanotte ho sognato di parlare con
te...al telefono!! O_O Va beh, dopo questa ti avrò messo
paura e smetterai di seguire la mia storia....T^T Nuooooooo!!!
_faziooosa: Ma ciaooo!! E grazie anche a te per le tue
recensioni^^ Povera Hinata, lo so, soffro anche io per lei... Ma si
riprenderà! Questa è una promessa *w*
_AliDiPiume: Ehi, grazie anche a te per la tua nuova
recensione^^ Beh, in effetti metere de animali
così diversi e poco amichevoli l’uno contro
l’altro non sarebbe la cosa gusta da fare...ma quel che
accadrà è tutto un mistero *_* Ehehehe, alla
prossima!
Grazie per le vostre recensioni! Lunghe o corte che siano mi fanno
sempre piacere^^ Al prossimo appuntamento con “Storia di un
amore proibito”.
Mewpower
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Capitolo 22 *** Happy bithday ***
Brontolava, stanco pure lui di tutta quella pioggia. Aveva,
infatti, smesso il cielo di rigettare sulla terra tutta
quell’acqua, che aveva indebolito il suolo e la vegetazione
che lo ricopriva ed ora si limitava a rumoreggiare debolmente,
accennando a volte di voler dare inizio a qualche nuova precipitazione,
ma ciò si concludeva dopo un paio di gocce lasciate
distrattamente cadere. Non ne aveva più voglia, desiderava
solo trovar riposo.
Era notte dopotutto e come il sole si era ritirato dietro le colline
spoglie di verde, pure lui intendeva rilassarsi facendosi cullare dalle
piccolissime stelle e dal tepore lunare.
Anche Hinata non vedeva l’ora di riposarsi, di sdraiarsi
sopra il suo soffice letto merlettato e di godere della nottata dopo
una rapida, ma non semplice missione. Avanzava correndo, rallentando
per qualche breve tratto il passo, temendo di dar fastidio agli
animaletti della foresta, ai quali era veramente affezionata e una
volta superate le loro tane riscattava come una lepre in direzione
dell’abitazione di un altro animaletto.
Il suo preferito.
Giunse a destinazione intorno alle 24, lo intuì
dall’altezza della luna da poco comparsa in cielo. Le nubi,
infatti, si erano diradate da quel cerchio luminoso permettendo che il
cammino della ragazza potesse essere ben illuminato, ma erano di nuovo
pronte ad oscurarlo senza timore alcuno, non appena il vento avrebbe
ricominciato a tirare…
Anche le nuvole amavano il chiarore della luna…
Comunque lei non aveva da temere il tempo atmosferico poiché
era in possesso di un’abilità che le avrebbe
permesso di scrutare il nero più infimo e di ricercare
l’oggetto più minuto nelle tenebre più
infernali. Fu infatti spinta, poco dopo ad attivare il Byakugan che le
dava la possibilità di vedere, di leggere
nell’oscurità il minimo movimento.
Si ritrovò a breve all’entrata
dell’antro, ignorando che lui la aspettava,
l’attendeva ormai da diversi minuti; ma lei non poteva
saperlo, credeva piuttosto che stesse già profondamente
dormendo.
In realtà il lupo non dorme mai…
Dunque avanzò con lentezza, una tranquillità
quasi innaturale.
La principessina non aveva più timore della belva feroce,
ormai l’uno si fidava dell’altro.
Si avvicinava sempre di più, però ancora non lo
mirava.
Non aveva paura, se non del troppo buio.
Udì il rotolare di qualche sassolino; nulla di che,
sarà stato qualche animaletto oppure il forte vento che
avrà ripreso a scuotere il paesaggio con la sua veemenza.
E intanto lui attendeva.
Mentre lei si faceva sempre più avanti.
Un altro rotolio si ciottoli echeggiò nell’aura
della caverna senza destare preoccupazione. Infine arrivò e
poté averne la certezza.
Lui era là, questo pensava, di questo era convinta.
E invece non c’era più. Scomparso, dissolto nel
nulla.
Non rimaneva niente della sua presenza, nemmeno il suo mantello, la sua
veste, il suo coprifronte, neppure le sue impronte, nemmeno il suo
sangue.
Rimase bloccata a lungo, fissando il vuoto, cercando in esso un
appiglio, ma era impossibile. Fu poco dopo che scattò in
avanti osservando con incredulità il suolo, incredula di
fronte alla realtà, ritenendo che si stava sbagliando. Corse
verso l’uscita e si guardò intorno. Le tempie
pulsavano dall’apprensione, mentre le pupille scattavano da
una parte alla altra seguendo i movimenti del volto, voltato a destra e
a sinistra a lungo finché un ululato, un mostruoso ululato
la rese rigida, di ghiaccio.
“Un…lupo…” sorpresa persino
di udire il canto di richiamo di quel genere di animale; in effetti era
cosa insolita in quel periodo, veramente strano…e senza
alcun motivo si sentì in dovere di levare la testa al cielo
scuro. Trattenne per un attimo il respiro al solo squadrare la fonte di
luce che interrompeva quel tetro colore, il nero della notte, che,
però, non la fece calmare affatto, anzi fu causa di nuova
tensione e la confusione si impadronì definitivamente del
suo animo.
“Perché …?” si
interrogò dentro di sé spalancando più
che poté gli occhi per riuscire ad osservare uno spettacolo
talmente fuori dal comune: era davvero strano pure il mirare la luna di
un colore di quel tipo, rarissimo poterla osservare con quelle
tonalità vermiglie: era diversa da come solitamente di
presentava, in quanto in quell’occasione aveva tramutato il
suo candore angelico, in un rosso quasi infernale, un tono vermiglio
che non trasmetteva nulla di buono e a cui Hinata non era per nulla
abituata. Avrebbe dunque desiderato fuggire, avrebbe preferito
ritornare nella tetra caverna anziché continuare a fissare
quella sfera luminescente e appena tale idea le sfiorò la
mente udì un ennesimo ruzzolare di sassolini:
“Cosa è stato!?” a quel punto di
rigirò verso l’entrata e accedé senza
pensarci due volte. Correva, volava, senza nemmeno rendersene conto, ma
le si presentava dinnanzi sempre la stessa visione.
- No…- mugugnò rattristata – Uchiha!-
gridò poi a gran voce – Uchiha!!- urlava per
sfogare il dispiacere che provava, urlava affinché fosse la
gola a dilaniarsi in quell’occasione e non più gli
occhi, urlava perché voleva che la sentisse e che capisse
– Ancora non sei in forze!- e si ammutolì di botto
dopo quell’ultima affermazione avvertendo che la gola
bruciava di pianto e i singhiozzi stavano per riaffiorare.
…- Non lo fare -…
Poi la speranza divenne reale una volta che riaprì gli
occhi. L’urto contro la parete fu come il rumore della
sveglia che squilla per un tratto finché non viene spenta e
capendo che occorre svegliarsi si riaprono gli occhi. Pure lei li aveva
chiusi per un secondo avvertendo che era stata afferrata ad una spalla
e una volta subito l’impatto con la roccia li aprì
nuovamente con lentezza e con paura. Il ragazzo era di fronte a lei,
con la testa piegata a guardare i propri piedi, con una mano ben salda
al suo corpo, con il respiro affatto pesante, assolutamente rilassato.
- Non piangere – le mormorò a quel punto alzando
il capo lievemente ma senza giungere in corrispondenza del suo viso.
Lei non riusciva a smettere di tremare, un po’ in quanto
presa dall’ansia, un po’ dall’emozione di
ritrovarsi in quella posizione ed ancora incredula sorrideva nel
più profondo osservando che lui, il malato, era in piedi,
vestito per intero, aveva recuperato le forze e ora poteva
muoversi… Perciò diede ascoltò al suo
ordine e ritirò le lacrime che ancora però non
erano fuoriuscite, ma stavano per farlo.
- Itachi, tu stai bene…- riuscì alla fine a
sussurrare senza nascondere un forte deglutire.
- Da molto più tempo di quanto tu non pensi…- e
fu dopo quelle parole che drizzò definitivamente il capo
elevandolo più in alto di quello dell’altra,
mettendo in evidenza la differenza di statura, facendola rendere conto
di quanto fossero pericolosi i suoi occhi…
- Eh?! I tuoi occhi!?-
Sorrise e le disse addio.
Il moro li aveva aperti senza aggiungere altro mostrandole la loro
profondità e il loro colore sconcertante. Quel rosso, quelle
sfumature color del sangue dipinsero pure i suoi di occhi, macchiandoli
di una tonalità impropria, inadatta per un angelo.
Erano gli stessi occhi che lei tempo prima aveva avuto
l’occasione di vedere in foto, i quali le avevano
già trasmesso tante sensazioni raccapriccianti, spiacevoli,
lugubri. Aveva sperato con tutta sé stessa di non aver mai
più l’opportunità di mirarli, di
rivederli ancora, perché credeva che non sarebbe mai stata
in grado di reggerli una seconda volta.
Erano troppo inquietanti.
In quel caso se li era ritrovati proprio a pochissimi millimetri dai
propri, quasi a contatto con la propria pelle, quasi che quel mare di
sangue volesse tingere il suo cielo purissimo, tendente al candore
assoluto…e quel che era più strano era il fatto
che lei non riusciva a ribellarsi, ma ne era rimasta incantata,
imbambolata di fronte alla morte, arrendendosi dinnanzi a tale abisso
in quanto senza una fine.
Non poteva fuggire, era in suo potere.
Si sentì perduta, non era in grado di pensare a nulla e non
ce la faceva a muovere un muscolo. Accennò un lieve sorriso
anche lei, chissà per quale motivo, forse perché
aveva raggiunto il limite della sopportazione; e si lasciò
cadere lungo la parete ruvida finendo a sedere, accompagnata dalle mani
di lui, entrambe appoggiate sulle sue spalle. Allentò dunque
la presa e si drizzò in piedi. Rimase a contemplare quel
corpo gracile a terra, ragionando per un’ultima volta sulla
propria scelta. Ma era convinto, era la cosa più giusta da
fare. Seppur temeva che questo l’avrebbe fatta soffrire,
seppur intimorito dalla reazione della fanciulla, seppur alla fin fine
era gradevole la sua compagnia. Gli sarebbe piaciuto mirarla
più da vicino, scrutare finalmente con soddisfazione il viso
della sua salvatrice, però il tempo non glielo permetteva,
era venuto il momento di partire.
Si accertò di avere con sé il coprifronte e si
diresse verso l’uscita. Un ultimo sguardo alla bella
principessina addormentata e le ultime parole a lei rivolte:
- Buon compleanno…- disse con dolcezza voltandosi. Il
mantello volteggiò nell’aria sollevato dal vento
freddo che si stava nuovamente alzando e tiratosi su il cappuccio
invecchiato e sporco sparì nelle tenebre, accompagnato
solamente dal chiarore lunare che era ritornato color del latte,
candido come piaceva a lei.
Era il 27 dicembre e lui se ne andava.
Era il 27 dicembre anche il giorno del suo compleanno. La cara Hinata
era maggiorenne. La povera Hinata era diventata una donna pronta al
matrimonio.
La dormiente
principessina ignorava che il lupo,
finalmente guarito,
fosse riuscito ad
evadere dalla sua stanzetta.
Quando si sarebbe
svegliata, non lo avrebbe più trovato.
Nooooooooooo!!! Itachi resta qua!! >.< Non
andare!! Io voglio che tu resti!!! ....ehm... ok, lasciate perdere il
mio tentativo di.... Nooooo!!! Ti ho detto che devi rimanere!!!
...ehm..ok, mi riprendo^^ Eheh... Allora, pare che il nostro Uchiha
abbia proprio intenzione di andarsene e di lasciare la nostra Hinata
ancora da sola... Ci ripenserà? Scopritelo con il prossimo
capitolo!! Eheheh *_*
Saluti a tutti!
Mewpower
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Capitolo 23 *** I need you... ***
Un nuovo alito di vento e poi la quiete totale. Non
avvertendo più tale respiro la giovane si destò
dal letto distendendo le braccia intorpidite. Si strofinò
gli occhi pesanti, ancora annebbiati dalla dura notte passata, come era
solito in quel periodo. Infatti, un’ansia terrificante
l’ avvolgeva e si cibava della propria calma con un fare
assai violento e talmente rapido che ad ogni morso lei si scuoteva
tutta e rabbrividiva. Era maggiorenne da poco e la notizia del
matrimonio si faceva sempre più vicina; ne era certa, ma
allo stesso tempo non era sicura di quando tale comunicato le sarebbe
stato annunciato e questa apprensione era quel che più la
faceva star male. Non pensava ad altro, non aveva scelta, non
c’era niente altro che le permettesse di distrarsi, non vi
era nulla di più importante. Ora che pure il suo secondo
animaletto era fuggito non aveva nulla a cui pensare, di cui occuparsi
con cura, qualcosa di diverso che potesse renderla felice.
Perché quel lupo, seppur nero, selvatico, sporco, carnivoro,
le trasmetteva quotidianamente un gran senso di soddisfazione, di
tenerezza; le aveva permesso di sfogarsi, di dimenticare i suoi drammi
e di crescere insieme a lui. Ci si era affezionata; ma poi era fuggito,
l’aveva abbandonata… Ci aveva sofferto, tutta
quella sera, quella notte buia di fine dicembre, come pure i giorni
seguenti, però alla fine si era convinta che quello prima o
poi sarebbe dovuto accadere. Dopotutto lui era un animale della
foresta, un solitario, un ricercato…lui era Itachi Uchiha,
non poteva restare lì in eterno. E poi alla fin fine Hinata
era contenta poiché aveva portato a termine il suo lavoro,
aveva raggiunto la sua meta, cioè quella della guarigione,
della salvezza, era riuscita a dissuaderlo da qualsiasi nuovo tentativo
di suicidio…
“Ci sarò davvero riuscita?” Ma vi era
sempre un dubbio, anche se infimo, un’incertezza che le
contorceva il cuore e contribuiva ad accentuare quel senso
d’ansia che l’animava. Così sperava,
sperava, giorno e notte, affinché il suo obiettivo fosse
stato realmente raggiunto e pregava di rivederlo, solo per
accertarsene, voleva esserne certa, le sarebbe bastato intravederlo tra
la folla, o udire il suo nome per bocca altrui.
“Itachi…” ogni mattina, quando scendeva
dal letto, la sua mente era rivolta a lui, al nero lupo della caverna,
e come per cercare il suo viso apriva la finestra e mirava il cielo
“…non fare sciocchezze”.
Quel giorno il cielo era più limpido che mai, senza nubi, e
il vento aveva smesso di soffiare. La primavera era nuovamente giunta
senza che quasi nessuno se ne accorgesse, con i suoi primi profumi e i
primi canti dei passerotti, i quali festeggiavano tale evento intonando
inni di gioia. Già era vestita, già era pronta
per andare al villaggio. Hinata prese con sé lo zaino e
scappò di corsa senza ricordare a nessuno che quel
dì sarebbe partita per una missione che l’avrebbe
impegnata per un paio di giorni. Preferiva parlare il meno possibile
con i suoi famigliari, di sfuggire alla loro attenzione, ai loro
sguardi gelidi; voleva evadere da quella gabbia di cristallo troppo
fredda per la sua pelle, troppo luminosa per i suoi occhi, troppo dura
per il suo cuore. Eppure anche in quell’occasione le
capitò di incrociarlo, di scorgerlo seppur di poco e di
sentirsi trafiggere il cuore da quegli occhi vuoti, ma che in
realtà erano intrisi di messaggi occulti, tutti indirizzati
a lei, ma che si sforzava di non leggere, non voleva capire,
perché temeva, aveva timore di quel che voleva dirle.
Neji si limitò a esaminarla da capo a piedi, intuendo quali
erano i suoi piani e accennò con un movimento di capo un
assenso, facendole capire che si sarebbe occupato lui di parlare con il
padre. In questo modo lei cadeva in confusione, poiché
rifletteva su quei suoi gesti, sui suoi aiuti, sulle sue gentilezze
talmente toccanti, talmente fraterne… Quelle sue idee si
collegarono così ancora al ricordo del moro fuggito, ai suoi
atteggiamenti amorevoli, alla sua capacità di comprendere e
di consolare…
Scosse la testa. Che le prendeva? Si rese, infatti, conto che
quell’Uchiha balenava troppo frequentemente nella sua mente,
era diventato uno spirito che pareva non volersi più
allontanare da lei, che volesse seguirla all’infinito, che
volesse starle vicino. Tutte impressioni, lei pensava questo. Era
rimasta troppo scossa da quella sera, da quei suoi occhi, da come il
tutto era accaduto troppo rapidamente. “Sono una
sciocca”, si ripeteva e ragionava ancora qualche secondo
sulla sua situazione, sui suoi problemi, su come potesse andare avanti.
“L’importante è che stia
bene”, infine era questa l’ultima frase che
mormorava continuamente a bassa voce, temendo però sempre
sulla sua sorte, desiderando sempre di poter avere sue
notizie…solo per conoscere la sue condizioni fisiche, solo
per accertarsi che il suo lavoro fosse davvero stato portato a
termine…questo voleva…questo credeva…
Giunta al centro di Konoa con la sua squadra, la giovane Hyuga fu
sorpresa da un colpo su di una spalla:
- Ma…Ciao, Sakura!-
- Ehi, partite?- la rosa passava da quelle parti con un mazzolino di
gelsomini freschissimi
- Sì, ma staremo via per pochissimo. Si tratta di una
missione di livello C. Non ci metteremo molto-
- Fortunatamente la guerra è finita e l’Hokage non
ha più molti compiti da affidarvi.-
- Va bene, comunque. Ci accontentiamo. –
- Allora, mi raccomando: sbrigatevi a tornare, perché devi
tornare in tempo per la festa.-
- Mh? Quale festa?-
- Ma sì, il festival di primavera! Quello che si organizza
una volta l’anno per celebrare l’arrivo della nuova
stagione! Ti ricordi: ti ho sempre proposto di andarci insieme, ma per
una scusa o per un’altra mi sei sempre sfuggita! Ma
quest’anno…-
- Ok, ci sarò questa volta- e sorrise vedendo
l’amica con gli occhi di fiamma, per poi allontanarsi
facendole segno – Ci vediamo!-
- Ah! Hinata!!- strepitò correndole vicino – E per
il malato?- le sussurrò accostandosi ancora di
più.
Sakura ignorava cosa era accaduto e doveva continuare ad essere
così. Non se la sentiva proprio di raccontarle della sua
fuga, anche se le sarebbe piaciuto ringraziarla tanto per tutto il suo
aiuto e spiegarle che alla fine era stata in grado di guarirlo.
- Non ci sono problemi…- mascherò la sua angoscia
con un tenero sorrisino e si allontanò lentamente
– Non ha più bisogno della mie cure…e
per il cibo ci ho già pensato…- per infine
scomparire all’orizzonte.
........
- Ehi, Hinata-chan! Sono qui!-
Sakura chiamava l’amica muovendo energicamente il braccio
alzato a pochi metri di distanza da lei. Le due si erano date
appuntamento per recarsi insieme alla festa del villaggio, una
celebrazione tradizionale, piena di divertimento e di bancarelle.
- Scusa per il ritardo…- disse la Hyuga ansimando una volta
raggiunta la rosa – ma mi ero appisolata…-
- Non fa nulla. Dopotutto sei tornata dalla missione questa mattina.
È normale che tu sia stanca – le sorrise con
dolcezza facendole capire che non era per nulla arrabbiata, anzi era
più felice che mai nel vedere la compagna lì,
così bella, così diversa… - Wow, ma
sei fantastica!- esclamò prendendola per le mani –
Hai un kimono meraviglioso! E poi i capelli…ti sei persino
truccata!-
Hinata era totalmente in imbarazzo, sommersa da quella miriade di
complimenti, ed il suo viso si era colorito di un rosso vivo:
- Ma no…che dici? – aveva inoltre abbassato il
capo rimanendo inchiodata con lo sguardo ai suoi nuovi sandali.
Sakura non aveva tutti i torti. L’amica indossava davvero un
abito incantevole, impregnato quasi di un’aura di magia, di
fiaba: il colore bianco metteva in splendida luce i suoi capelli scuri
e la decorazione floreale cosparsa di tante piccole gemme in
corrispondenza di una delle maniche la faceva brillare, dando
l’impressione di trovarsi dinnanzi ad una sposa, una
principessa ai piedi di un altare. Ed era bastato un filo di trucco per
dare l’ultima pennellata a quel quadro già
stupendo di per sé, ad esaltare il suo tenero visino, a
renderla una vera donna.
- Tu sei fantastica, Sakura-chan! Il rosso ti dona proprio…
- poi la ragazza riuscì a spiccicare qualche parolina dopo
che la timidezza cominciò a venir meno.
- Grazie. Sai, questo kimono me lo sono fatto confezionare apposta per
l’occasione... Ma ora andiamo! Ci sono un sacco di cose
divertenti che potremmo fare!- e la trascinò in su per
quella salita la cui fine segnava l’ingresso del gran
festival di primavera.
Le due entrarono dunque nel clima dei festeggiamenti e della
spensieratezza che già animava gran parte della popolazione.
Tante bancarelle ai lati della via ornavano l’ambiente,
profumi di donne e leccornie fluttuavano nell’aria,
allietandola, mentre tante luci e colori la dipingevano rendendola
ancor più lieta e gradevole. Incrociarono amici, conoscenti,
tutti gli abitanti del Villaggio partecipavano e con loro pure gli
animali, gatti e cani randagi, che gironzolavano qua e là
alla ricerca di qualche patatina caduta o di qualche bibita versata.
Quadrupedi, come pure bipedi e tra di essi vi erano due corvi,
lassù, appollaiati su di un filo
dell’elettricità che collegava due chiostri tra di
loro. Non seppe neppure lei come fece a scorgerli, come fu in gradi di
udirli, nonostante tutto quel chiasso, quel rumore composto di gridi,
schiamazzi e risate, eppure li percepì chiaramente, sia il
loro sbattere d’ali che il loro posarsi su quella cordicella
piuttosto sopraelevata e una volta giratasi mirò quei due
con i loro gracili corpi, i loro occhi di sangue, il loro becco
affusolato. La fanciulla restò un attimo immobile a
contemplare i due volatili, con una leggera apprensione addosso, con
uno strano presentimento che le diceva di voltarsi e di proseguire in
quella direzione. Fu poi un loro starnazzare, accompagnato da uno
sbattere frenetico di ali, a persuaderla nell’andare avanti e
non se lo fece ripetere una seconda volta.
- Va tutto bene?- chiese poco dopo la rosa rendendosi conto
dell’espressione stralunata dell’amica
- Ah, sì! Va tutto bene. Solo che…
c’erano due corvi…- e accennò un
movimento del capo per essere sicura se si trovassero ancora dietro di
lei
- Mh?! Ma dove?- Sakura si era completamente girata notando il gesto
dell’altra – Non vedo corvi…- e in
effetti non c’erano più.
- Che strano – mormorò la giovane Hyuga avvertendo
che il cuore iniziava a battere più velocemente senza alcun
motivo – ma forse mi sono sbagliata!- esclamò alla
fine rivolgendosi alla compagna
- Forse hai le allucinazioni!- affermò scherzando e
afferrandole delicatamente una mano la incitò a procedere.
Eppure lei era in ansia. Come seguita, come pedinata. Si sentiva una
ladra, braccata da una squadra di agenti pronti a saltarle addosso non
appena avessero individuato il momento più opportuno, non
appena lei si fosse distratta o,chissà, una volta che si
fosse allontanata dalla sua amica. Girarono ancora per molto, fino ad
arrivare al punto in cui la sfilata di bancarelle aveva fine, in
corrispondenza dell’immensa entrata di Konoha. Da
lì in poi la strada proseguiva nel buio, le tenebre parevano
divorarla, ma in realtà il sentiero proseguiva verso la
foresta, il selvaggio non illuminato, in contrasto con le tante
lanterne appese in aria fra i vari banchi dei venditori ambulanti che
rischiaravano il villaggio. A quel punto:
- Ok, torniamo indietro, Hinata!-
- Sì…- le rispose flebilmente accennando un passo
in avanti. Ma in quell’istante si sentì mancare il
terreno da sotto i piedi, le gambe non risposero più. Il suo
braccio fu inspiegabilmente proteso all’indietro contro la
sua volontà e per tutta risposta lei voltò di
scatto la testa.
Quel momento le parve composto di tanti, piccolissimi e interminabili
istanti. Una scena che procedeva a rallentatore solo per la sorpresa
che la colpì e per lo stupore di incontrare il suo viso.
Quel frangente, invece, volò rapidissimo di fronte agli
occhi della rosa, che fece solamente in tempo ad avvertire uno
spostamento d’aria prima di osservare che l’amica
si stava allontanando da lei, trasportata da un fantasma nero,
un’ ombra che si confondeva troppo con il buio di quella
sera, ma che era comunque viva, in quanto mormorante qualche parola:
- Ho bisogno di te…-
E i due sparirono inghiottiti dalla fosca foresta, lasciando la ragazza
sola, nella luce, ma nella solitudine. Non ebbe però paura
di procedere senza di lei e non si preoccupò per quello
pseudo rapimento. La Hyuga doveva conoscere quel tipo, non poteva non
essere così. In quella frazione di secondo era stata in
grado di scorgere solamente i suoi occhi, il resto era coperto dal nero
più totale, un mantello probabilmente. E quegli occhi, non
avevano nulla di umano. Erano rossi, demoniaci quasi, strani per un
comune mortale.
A meno che…
Però erano dannatamente famigliari, li aveva già
visti, le era già capitato.
E quella voce. Non era uguale alla sua, però…
Sgranò gli occhi puntando nuovamente la testa verso il
sentiero aspro della foresta.
-Sasuke…- sibilò con incredulità
avvertendo che il suo cuore era sul punto di scoppiare.
La principessina si
meravigliò nello scorgere il lupachiotto
che aveva fatto ritorno
e presa alla sprovvista
intimò la levatrice, fuori dalla porta,
ad attendere prima di
entratre. E così glielo celò ancora.
Ciao a tutti!!!!! Eccomi tornata finalmente con un nuovo capitolo tutto
fresco per voi!! ^^
Scusate l'attesa, ma...potete immaginare le cause! U.U
Allora, non saprei da dove cominciare......mmm....va beh, facciamo che
stavolta non dico nulla XD
Mi limito solo a ringraziarvi ancora e a salutarvi per poterci rivedere
alla prossima! XD
Dunque un caloroso ringraziamento a coloro che hanno collocato la mia
storia fra i preferiti e cioé:
AliDiPiume
arisa_14
bella95
chandelora
EroSennin425
faziooosa
masychan
sabaku no sary
smivanetto
sonny
sorelline xsv
The fenix of
innocence
thembra
yury_chan
Hinata_S_I_TT 4EVER: Ciao^^ Sono felice che questa mia storia ti sia
piaciuta e mi auguro che continuerai a seguirla! Chiedo scusa per gli
errori di punteggiatura o altro, ma il fatto è che a volte
non rileggo i capitoli che scrivo perché sono di fretta!
Cercherò di fare più attenzione in futuro^^ Fammi
sapere, se ti va, che cosa ne pensi di questo nuovo capitolo!
chandelora: Ciau anche a te^^ Ehehe.....credo proprio che con quella
tua ultima recensione tu sia stata molto...convincente! xD Comunque
tante grazie per i complimenti e al prossimo capitolo!!
smivanetto: Hello!!!^.^ Sono felice che questa fanfiction sia di tuo
gradimento e non ti preoccupare, succede anche a me di non sapere cosa
scrivere agli autori delle storie che leggo^^ Sono davvero contenta,
però, che alla fine tu abbia lasciato un commentino! Thank
you and see you soon!
Mewpower
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Capitolo 24 *** Who are you...? ***
Avevano il fiatone entrambi dopo aver scalato tutta
d’un fiato la salita che li avrebbero condotti ancor
più lontano dal villaggio. Lasciandole la manica del
vestito, egli si accucciò a terra addossando la schiena ad
un tronco ricoperto da un muschio ormai secco. Lei, invece, rimase in
piedi sospirando continuamente per la fatica, tenendo il capo basso e i
pugni chiusi. Trascorsero pochi secondi e lui le rivolse la parola
dicendo:
- I miei occhi…- e la fanciulla levò lievemente
il capo mirando lo Sharingan di sangue – hanno ripreso a
sanguinare…da questo pomeriggio…- continuava a
scrutarlo per analizzarlo nei più minimi particolari, ora
che ne aveva il tempo e la forza – Puoi fare qualcosa?- le
domandò infine quasi con titubanza.
Hinata si allontanò comunicandogli di non muoversi e quando
ritornò aveva in mano una bacinella e una boccetta. Era
tornata a casa, aveva nuovamente fatto tutta quella strada solo per
lui, per il medicinale ed ora era lì, per nulla affaticata,
per nulla scompigliata, come se non si fosse mai mossa. Si
inginocchiò di fronte a lui e in pochi istanti il gioco era
fatto: il ragazzo portava un pezzo di tessuto intorno ad un occhio,
l’unico che ancora continuava a sanguinare e lei stava
rimettendo a posto il tappo della bottiglietta quando lui…
- Scusa…- alzò la testa dal suo lavoro, mentre
lui fissava il basso, il braccio della ninja – scusa per il
tuo kimono…- anche Hinata riabbassò lo sguardo
osservando la manica sporca di sangue, segni di quando
l’aveva afferrata e in parte strappata per poter ricavarne
una benda.
- Era necessario…- sospirò lei –
Purtroppo a casa non ho quasi più nulla per le medicazioni;
è stata una fortuna che…-
- Scusa ancora…- la interruppe il moro con tono profondo e
serio – Non voglio essere un problema – e si
destò da terra elevandosi sopra la kunoichi e accennando ad
andarsene.
- Uchiha!- anche il tono della Hyuga era grave, ma pure amareggiato
– Spiegami il perché…-
Itachi non ebbe bisogno che andasse avanti nella frase, aveva
già intuito cosa voleva sapere, il motivo della sua fuga
così improvvisa.
- Se eri in grado di muoverti… perché non me lo
hai detto? – sembrava che la sua voce stesse per tingersi di
tristezza.
Rispose così dopo un piccolo momento di silenzio:
- Non voglio che tu soffra…- la ragazza levò il
capo, sgranando gli occhi semi lucidi – Non voglio diventare
un peso, né un pericolo per te…- le voltava le
spalle cercando di farle capire che ormai era deciso ad andare per la
sua strada – Hai salvato un assassino e continui ancora a
farlo…potresti essere incriminata per questo…-
Fece una serie di passi in avanti, ma fu bloccato dalla sua voce.
- Itachi! – ora lo chiamava con il suo nome – Non
mi importa di quel che mi accadrà…-
quell’affermazione lo fece voltare lentamente mostrandole
metà del viso e l’unico occhio libero dalla benda
– L’importante è che tu stia
bene…mi voglio accertare di questo. Ogni essere umano ha
diritto a delle cure ed io voglio continuare a curarti!- la
sincerità e tutta l’affezione che provava per
quell’ animale malaticcio trasudarono da quelle parole in
maniera chiara e lucente.
- Grazie…- sospirò l’altro fissandola
intensamente. Anche lui in quel momento aveva
l’opportunità di scrutarla per intero, ammirandone
ogni particolare, seppur non eccessivamente bene a causa
dell’oscurità, ma bastò la luce lunare
a colorire quell’immagine, a mostrarla nella sua purezza e in
tutto il suo splendore. – Ma non merito tutte
queste attenzioni…- continuò poi la frase
rivoltando la testa, ma lei volle fargli una proposta:
- Posso domandarti di rimanere ancora qualche giorno qui?- quella
richiesta si librò sopra i due con una leggerezza e allo
stesso tempo con una rapidità allucinanti
–Solo…solo per avere una conferma delle tue
condizioni… credo che anche tu…vorrai esserne
sicuro…- voleva avere il cuore in pace e
accertarsi di persona della sua salute. Era il suo ultimo desiderio
prima di dirgli addio per sempre.
Itachi non sapeva cosa risponderle, ma intendeva farla felice, voleva
soddisfare quel suo ultimo sogno:
- Hai un cuore troppo grande…- affermazione che la fece
sobbalzare e accelerare ancor più il battito cardiaco -
…d’accordo…- mormorò poi
dopo qualche attimo e prima di scomparire nel buio, inoltrandosi nella
foresta, le disse: - Basta che ritornerai qua ad ogni
tramonto…poco prima che il sole cali…e mi
troverai.- e a quel punto la sua voce si dissolse nell’aria,
come pure la sua figura che si muoveva senza più tremare,
trasmettendo una gran stabilità, facendole capire che il suo
compito da curatrice era oramai giunto alla conclusione. Questo,
però, non la rendeva triste, perché mai
dopotutto? Era contenta di aver portato a termine la sua missione e di
aver visto con i suoi stessi occhi il frutto del proprio lavoro.
Mancava solo qualche ultima limatura e il capolavoro era completato.
Senza quasi accorgersene, si ritrovò nuovamente di fronte
all’entrata di casa sua, stanca e un po’ sporca, ma
vivacissima ancora nell’animo. Come se quel ragazzo le avesse
trasmesso un raggio di solarità nel cuore, sorrise non
appena si chiuse in camera, non appena scorse la luna in cielo, non
appena socchiuse le finestre dopo un ultimo sguardo ai primi gigli che
fiorivano nel cortile. Era felice, stranamente rallegrata per averlo
rivisto. Ma lei neppure se ne rese conto veramente, sapeva soltanto che
quella sera si sentiva serena, in pace con se stessa, senza
più problemi o preoccupazioni…le era bastato
rivederlo per ritrovare la tranquillità. Così,
con la testa vuota e immersa in un’aurea di calma assoluta,
si distese sul suo morbido letto innalzando in alto le braccia,
distendendo le gambe tese, socchiudendo gli occhi sovraccarichi di
sonno senza far in tempo ad udire un ultimo rumore, stridulo e poco
piacevole, un gracchiare di uccelli neri appollaiati nei pressi del
cancello di entrata alla residenza Hyuga.
…
Il giorno dopo Hinata si alzò dal letto di colpo
ricordandosi di una sua dimenticanza: la sera prima lei era scappata,
ovvero fatta trascinare di fretta e furia dall’Uchiha,
scordandosi di tranquillizzare l’amica, il medico dai capelli
rosa che era rimasta immobile e stralunata di fronte a quel
“rapimento” talmente fulmineo e
imprevisto… Non aveva avuto il tempo, né la
prontezza, di dirle nulla, non una parola che potesse farle comprendere
cosa stava succedendo.
“Chissà cosa avrà
pensato…” rifletteva la ragazza mentre si
strofinava gli occhi. Era comunque sicura del fatto che la compagna non
si fosse preoccupata per lei, insomma aveva capito che i due si
conoscevano, che il tizio “sequestratore” non era
un nemico, qualcuno di cui la mora doveva aver paura, eppure Hinata
aveva notato che Sakura ci era rimasta malissimo: era infatti restata
lì, impassibile, senza pronunciare una parola o muovere un
dito, con un’espressione quasi sconvolta, incredula di fronte
a ciò che stava accadendo…
A quel punto le venne un dubbio: Itachi potava un cappuccio, era ben
coperto, aveva solo mormorato una frase quasi
impercettibile…ma forse la rosa doveva aver intravisto
qualcosa del suo aspetto o riconosciuto qualche particolare che poteva
ricondurla a Sasuke. I due, dopotutto, si assomigliavano e dunque
quella possibilità c’era. Avvertì un
brivido e sentì la necessità di correre
immediatamente da lei, parlarle, scusarsi e capire… Voleva
accertarsi che lei non lo avesse riconosciuto (in fondo lo aveva
già visto pure lei in foto, seppur vario tempo prima), che
non si fosse resa conto di niente, intendeva impedire il peggio e
salvaguardare l’incolumità di lui, come anche la
sorte dell’amica. Fu così che fece una colazione
veloce e uscì di casa a passo rapido. Non faticò
molto prima di scovarla, in quanto la vide di fronte alla clinica di
Konoa, con il suo solito camice bianco, già con i guanti
infilati e con lo sguardo deciso e pronto ad affrontare
un’altra dura giornata di lavoro. Voleva parlarle subito,
togliersi quella piccola, ma fastidiosissima spina che le iniziava a
far male, un’ansia dettata da un dubbio atroce che si
ingigantiva a mano a mano; per questo levò in alto una mano
gridando il suo nome a perdifiato. A quel richiamo la rosa non
poté che voltarsi e la sua seria espressione
tramutò completamente, ma la Hyuga poté
accorgersene solo quando le fu vicinissima, troppo tardi per poter
tornare indietro. Infatti quando le fu presso si vide afferrare per le
spalle: Sakura la teneva ben ferma e la fissava nei chiari occhi con
sguardo ancora incredulo per ciò che era accaduto la notte
precedente:
- Hinata-chan…- eppure bisbigliava, il tono era ben
risoluto, ma nascondeva anche un non so che di timore e di profonda
angoscia – Era il ferito di cui ti prendi cura, quello di
ieri sera?-
La compagna sentendo il tono profondo di quel quesito e impaurita da
tale situazione stentò prima di rispondere:
- Sì…era lui…- e così, il
medico le tolse le mani di dosso, abbassando il capo terribilmente
sovraccarico di confusione
- Hinata-chan…- cominciò a balbettare poi,
rimanendo nella stessa posizione – io…sono
diventata pazza…- era inquieta, tremendamente rigida e
teneva i pugni talmente chiusi che iniziavano a tremare – mi
era sembrato…di rivedere Sasuke in faccia…-
La Hyuga deglutì sonoramente, cercando però di
celare la sua tensione:
- Non è possibile Sakura-chan…-
mormorò poi con voce vacillante, guardandola più
intensamente che poteva, come per ipnotizzarla e farle dimenticare quel
che era successo il giorno avanti. Non intendeva che soffrisse, non
voleva che fosse scoperta, si ribellava all’idea che
l’amica potesse farsi giustizia da sola una volta venuta a
conoscenza della verità, non poteva neppure immaginare cosa
ne sarebbe stato della loro amicizia dopo tutte quelle bugie.
- Ma…a me è sembrato proprio
così…- anche il suo timbro vocale cominciava a
farsi a poco a poco tremolante; era sul punto di gridare, non sapeva
neanche lei se per l’incredulità o per il terrore
di quella visione; lei era certa di aver intravisto sotto a quel
cappuccio color notte gli occhi del suo amore, perduto,
defunto…eppure quelli erano i suoi occhi, ne era troppo
sicura, irreparabilmente convinta.
- No, no…- Hinata aveva intuito che la rosa non avrebbe mai
potuto dimenticare quel che aveva scorto e che sarebbe stato molto
difficile farle cambiare opinione. Ora pensava che quello fosse Sasuke,
ma non ci avrebbe messo molto per ritornare in se e fare due
più due…l’incredibile somiglianza dei
loro occhi l’avrebbe portata a giungere alla conclusione che
quello non poteva che essere il fratello…colui che doveva
morire al posto dell’altro Uchiha.
- Non ho dubbi…era lui…sono sicura!- aveva appena
messo le mani tra i capelli e aveva iniziato a far dondolare la testa
da una parte e dall’altra come se fosse lei stessa a
cancellare quell’immagine dalla sua mente. Voleva
dimenticare, voleva annientare quel dolore atroce che la colpiva ogni
qualvolta pensava a lui, ogni qualvolta si ricordava di lui, ogni
qualvolta lo andava a trovare sul suo letto di morte.
- No, Sakura…- ora era lei ad afferrarla per entrambe le
spalle e a tenerla fortemente – Dimenticalo…devi
dimenticare…- e poi non poté trattenersi dallo
scongiurarla aggiungendo… - Ti prego, ti prego, amica
mia…- e piegò anche lei la testa assumendo
un’espressione tragica, addolorata per ciò che
stava facendo.
- Sai una cosa…- il tono della rosa pareva essere tornato
lineare e fluido, ma in realtà nascondeva ancora un filo di
desiderio di pianto -…mi piacerebbe davvero incontrarlo
questo malato- e alzò il capo incontrando la frangetta
dell’altra
Per tutta risposta la giovane Hyuga spostò il suo sguardo
immediatamente in corrispondenza con quello di lei sbarrando gli
occhioni annebbiati dalla tristezza
-…ma ciò non è possibile, no?-
continuò poi mirando altrove, lontano
dall’espressione attonita di Hinata.
Aveva capito per fortuna ed era tornata in se. Quei due non potevano
vedersi, come era impossibile che lei e il suo Sasuke potessero
rincontrarsi di nuovo, almeno non in quel mondo. Le due amiche rimasero
ancora per un po’ nel silenzio, ognuna fissata a contemplare
i propri pensieri, ma alla fine tutto si risolvette con un abbraccio
reciproco, un gesto di affetto che trasmise serenità e
calore ad entrambe.
- Mi dispiace…- sussurrò Hinata
all’amica afflitta da tanto dolore
- Non fa nulla- rispose l’altra mentre si allontanava dal
corpo formoso di lei -…dopotutto è impossibile,
come dici tu…-
Non pareva ancora molto convinta, ma l’importante era che
almeno non fosse giunta ad alcuna conclusione riguardante
Itachi…
-Ora vado. I miei pazienti mi aspettano...-
- Va bene…ti lascio andare…- le sorrise con
tenerezza, intanto che Sakura la salutava con una mano -… e
non ci pensare più, ok?- la rosa fece cenno di sì
con la testa mentre si voltava verso le lattiginose porte principali
dell’ospedale. In verità lei ci
rifletté ancora per molto nel corso della giornata,
sfiorando anche l’idea che quello in realtà fosse
il famigerato Uchiha traditore...
“...Anche perché in questo modo si spiegherebbero
molte cose...” però quel pensiero svanì
quasi all’istante dopo un violento scuotimento di testa
“No, Hinata non accetterebbe mai di curare un tipo come
quello...” e ripensava a tutte le sue colpe, a tutte le pene
che avrebbe dovuto ricevere, a tutto il dolore che aveva causato e che
avrebbe dovuto incassare di conseguenza come punizione per i suoi
misfatti “No...è impossibile”
continuava dunque a ripetere dentro se stessa “Hinata lo odia
tanto quanto me!”
Finalmente, sono di nuovo qui! *^* Ce l'ho fattaaaaaaaaaa!
(tutti: ma nooooo....-__- ; me: T.T sì, lo so, anche voi mi
siete mancati! ; tutti: o_O)
XD Comunque, rieccomi! Scusate tanto per l'attesa, ma...dire che
ultimamente sono stata impeganta, è dir poco.
Ecco, probabilmente molti di voi avranno perso il filo dopo tanto
tempo...ma mi auguro proprio di no, considerando che altrimenti sono
costretti a rileggersi un bel po' di capitoli XD
Va beh, che dire?
Hinata e Itachi si sono nuovamente rincontrati (non poteva
essere altrimenti!) e ora sembra che continueranno a vedersi per un
altro po'...ma quanto durerà?
Eheh, ci avviciniamo sempre più al punto clou...che emozione!
Hihi, ok, non dico niente!
Ci vediamo alla prossima e vi mando tanti "grazie" per il solo fatto che continuate a sopportarmi!
Ciaooooooooooooooooooooo!
Mewpower
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Capitolo 25 *** Because I want you... ***
Ritornò a casa intorno alle sei del pomeriggio,
sbrigando le proprie commissioni. Il tramonto sarebbe giunto presto,
dopotutto la primavera era cominciata da poco, e doveva essere pronta a
tornare da lui senza che nessuno se ne accorgesse, rincasando appena in
tempo per la cena, facendo sì che suo padre non si
inquietasse con lei. Già, il cielo iniziava a tinteggiarsi
delle prime sfumature rosee che gli conferivano una certa raffinatezza,
un’aura di leggiadria e di eleganza che sarebbe poi stata
completata dalle successive sfumature arancio che sarebbero comparse
solo una volta che la sera si sarebbe fatta più vicina.
Queste le contemplava la ragazza dai lunghi capelli, che camminava con
il viso rivolto verso l’alto, con un’espressione
piuttosto rilassata, ma non del tutto tranquilla. Quel senso di non
rilassatezza assoluta fu poi accentuata dall’ennesimo caso
strano, un fatto che l’aveva già colpita in
passato: all’entrata di casa sua vi erano una coppia di
corvi, neri, magri, evidentemente cattivi. Lo crebbe non appena ne
mirò gli occhi sanguinolenti, pronti ad individuare la preda
e a massacrarla con le proprie unghie, per poi cibarsene pungendola con
il becco a punta, color pece. I due la fissavano e lei si
sentì quasi intimorita. A dispetto della sera precedente,
ora i corvi erano due e parevano davvero infuriati, inquieti e pronti
ad attaccare chiunque, anche un essere umano delle dimensioni di quella
giovane. Eppure lei non li cacciò, dopotutto non potevano
far male a nessuno. Erano solo uccelli. Sorpassò dunque
l’ingresso accedendo definitivamente nella sua
proprietà, mentre quei due continuavano a scrutarla
attentamente. Si tolse le scarpe e salì sul parquet che
componeva il corridoio. Non passeggiava nessuno, in quanto non si
sentivano passi; forse era sola in casa, o forse erano tutti nelle
rispettive camere. Fatto sta che passeggiò a lungo senza
scorgere alcuno. Né il padre, né la sorella. Poi
incrociò un’inserviente. Le disse che in casa non
c’era più nessuno, a parte Neji nella propria
stanza. Lei annuì e si diresse presso la sua di stanza. Non
fece nemmeno a tempo ad entrare in essa che già si rese
conto che era già tempo di uscirne. Il sole era calato
velocemente e il tramonto era giunto con risolutezza, ma senza farsi
sentire. Dopo aver preparato tutto il possibile occorrente in caso di
peggioramento delle condizioni del ferito, uscì dalla camera
posando per un attimo il proprio fagottino a terra. Aveva intenzione di
comunicare a qualcuno che si sarebbe allontanata per qualche minuto,
non voleva peggiorare la sua situazione, non intendeva far arrabbiare
il padre... Così la fanciulla si avviò presso la
stanza del cugino, con passo felpato, temendo di disturbarlo.
Bussò alla porta e attese. Stranamente non rispose nessuno,
ma non poteva aspettare oltre e per questo decise di sbirciare, facendo
entrare la testa tra la porta per poi accedere con tutto il corpo.
- Neji – il suo nome rimbombò per
l’ampia stanza, ma vuota, ricca solamente dei suoi libri,
delle sue vesti e delle sue armi, tutto ben disposto e in ordine, tutto
ben pulito e impeccabile. Avanzò ancora rimanendo a
contemplare per un attimo ancora quello spazio a lei sconosciuto,
poiché non vi ci era mai entrata, nessuno poteva senza il
suo permesso. Ma non fece neppure in tempo a pensare che fosse tempo di
andare, che se lo ritrovò alle spalle con le braccia semi
conserte sulla soglia della porta – Oddio, scusami Neji!- era
imbarazzata, non intendeva mettere naso nelle sue cose, non voleva che
fraintendesse il motivo per cui era lì – Ero solo
venuta a cercarti...non volevo crearti disturbo!- accennò un
piegamento della testa in segno di scusa, prima una, poi due volte.
Lui era quasi più imbarazzato di lei di fronte a tante scuse
senza motivo:
-Non fa nulla...- sospirò con tono tra
l’impacciato e lo scocciato,ma lei sembrò notare
solo quest’ultimo
- Scusami ancora...- disse alla fine riprendendo il controllo, ma
continuando a rimanere rossa in volto -ero venuta solo per informarti
che mi sarei allontanata per qualche minuto prima dell’ora di
cena...- già, era di nuovo giunto il momento del pasto
serale e lui non se ne era neanche accorto -...e questo è
tutto- concluse la ninja avviandosi verso la porta con la testa bassa
per la vergogna.
Prima che potesse raggiungerlo e poi superare la fermò.
Voleva che restasse ancora qualche attimo, di fronte a lui, in quella
stanza, voleva parlarle...
-Devo dirti una cosa...- avviò quel nuovo discorso in
maniera improvvisa, senza che il suo tono di voce potesse sembrare
sgarbato o prepotente, e quando lei udì tali parole si
immobilizzò, divenne una pietra dura, un monumento femminile
che non trasmetteva altro che staticità e paura, tanta
paura, perché conosceva già i suoi pensieri,
sapeva molto bene quale doveva essere il tema che riguardava solo loro
due e nessun altro. Fu così che socchiuse la porta
sfiorandola con un piede e si spinse lentamente verso la giovane con
occhi fissi a terra e con un’aria dura e pronta a dirle tutto
ciò che sentiva.
- Tuo padre probabilmente ti avrebbe informata a breve...- ecco, stava
per parlarle di quel che temeva oramai da tanto tempo,
dell’incubo che non avrebbe mai avuto fine, del matrimonio
tra loro e della loro vita insieme... – Ma mi sembra
più giusto che sia io a...- notò subito che
l’altra aveva una strana espressione facciale, smarrita e
angosciata; le sue labbra tremolavano con poca forza e i suoi occhi
erano inchiodati al pavimento lucente, lievemente direzionati da una
parte. E rimase inizialmente meravigliato quando lei mormorò
qualche parolina, soffice e dondolante per il timore e il disagio; pure
lei stessa rimase quasi sorpresa di essere riuscita ad aprir bocca:
- Lo so...vi ho sentiti poco tempo fa...- levò pian piano il
capo dolorante e pesante per tutta quell’apprensione che lo
sormontava, mirando per un istante i suoi occhi terribilmente profondi,
veramente penetranti, ma pure troppo simili ai suoi. Solo un istante
passò dopo quella frase, dopo che i loro sguardi si
incrociarono, prima che Hinata si vide afferrare per le braccia e
buttare all’indietro con violenza, un atto brusco,
apparentemente crudo, ma che in realtà non fece provare
alcun dolore fisico alla ragazza, in quanto quella presa era risultata
soffice e la sua caduta ancora più morbida poiché
si ritrovò sul letto di lui con le spalle e
l’intera schiena appoggiate, mentre le gambe erano per di
più fuori dal comodo giaciglio dello Hyuga, semi
piegate,quindi, semi poggianti, ma fortemente rigide ed impaurite.
Neji, intanto, era lì con lei, si era lasciato cadere con la
cugina e la teneva, convinto, per le braccia in quel momento alzate,
ben distese, che non opponevano resistenza. Era sopra di lei e la
fissava con viso dolce e tanto, pazzamente innamorato. Hinata aveva, al
contrario, chiuso gli occhi, stretti, serrati, impossibile penetrare
all’interno senza la chiave, senza cioè la sua
volontà. Lei non intendeva guardarlo. Aveva davvero paura,
seppur lo sguardo del cugino non gli avesse mai trasmesso una vera
sensazione di sgomento atroce, però in quel momento lui
pareva essersi tramutato nell’orco maligno delle fiabe, un
mostro che non desiderava altro che impossessarsi di lei, di farla sua,
sposandola anche senza il suo volere, vivendo insieme a lei per sempre
una volta scambiata la promessa di rispetto reciproco, di amarsi per
l’eternità... O forse non intendeva aspettare
oltre, non ce la faceva più ad attendere quel giorno tanto
splendido, talmente sacro e allo stesso modo usuale: la desiderava,
bramava di stringerla e toccarla, la voleva ora, subito, senza spendere
altro tempo a contemplarla, a immaginarla fra le sue braccia. Ne aveva
avuto l’occasione e dunque si era buttato, per la prima volta
in tutta la sua esistenza aveva permesso che fosse il suo istinto ad
agire, la parte animale che giace assonnata in tutti gli animi umani, e
non la sua psiche, la sua intelligenza, la sua mente tutta ordine e
serietà; aveva dato ascolto alle sole emozioni e al grande
sogno che lo animava. Trascorsero diversi secondi, quando la fanciulla
aprì gli occhi con molta fatica. Se lo vide vicino,
vicinissimo, troppo vicino, smoderatamente vicino e si sentiva in
fiamme, le bruciava la gola e il viso, e prima di veder nuovamente nero
osservò che anche lui era arrossito, era la prima volta che
scrutava del rossore sulle sue guance, della vita su quel pallido viso
gelato dall’indifferenza. Sbarrò di nuovo gli
occhi non appena avvertì un suo movimento: si
destò, allentò la presa da lei e si diresse
subito verso la porta della sua camera. Era tornato in se, nel suo
guscio di freddezza e di poca confidenza con il mondo esterno. Pochi
sussurri prima di andarsene:
- Scusa...- aveva capito di aver agito come un folle, impulsivamente, e
ciò lo credeva stupido – Non accadrà
più... il matrimonio innanzitutto...- e svanì da
quel luogo chiuso, senza neppure permettere alla ragazza di
rispondergli o di mostrare le sue idee.
Tanto che differenza avrebbe fatto...
Hinata sentì che il cuore era impazzito: batteva con
veemenza, pulsava irregolarmente, si scuoteva tutto innaturalmente,
come mai aveva fatto. Fino a qualche attimo prima esso si era dovuto
fermare, aveva sentito il bisogno di arrestarsi in quanto era
consapevole che quella dura esperienza non sarebbe mai riuscito a
sopportarla. Avrebbe dovuto batter troppo velocemente, sarebbe dovuto
uscirle dal petto per poter pulsare come voleva lui, con colpi netti,
potenti e rapidi. Non se la sentiva proprio di sforzarsi in tale
maniera e così aveva preferito chiudere gli occhi pure lui e
di trattenere il respiro. Solo una volta che lo stressante episodio
ebbe fine egli si convinse a riprendere il suo ritmo, ma ovviamente la
tensione accumulatosi doveva trovare uno sfogo...
Insomma la giovane Hyuga si ritrovò ancor più
agitata, si sentì ancor più male, una volta che
lui si spostò da lei, dopo che se ne fu andato, quando il
cuore riprese a battere con gran sforzo. Si mise una mano sulla fronte,
respirando affannosamente: sudava freddo, mentre il calore del suo
corpo andava a mano a mano diminuendo. Non si mosse dal suo letto
ancora per qualche minuto, rivedendo nella sua mente quel tentativo,
quel gesto istantaneo e imprevisto, talmente sconosciuto e mai saggiato
su se stessa. Neji la desiderava sul serio...
Solo quando si accorse che l’oscurità iniziava a
incunearsi tra le pareti della stanza, si levò di botto
sbarrando gli occhi. Il suo animaletto la stava aspettando, anzi forse
non l’attendeva più. Era dannatamente tardi. Si
infilò i sandali, prese quel che doveva e si
lanciò fuori di casa a perdifiato. Lei correva, ansimava e
sudava ancor più di prima. Era seguita, non lo sapeva, e
comunque non poteva accorgersene: era troppo preoccupata, troppo persa
nei suoi pensieri, troppo addolorata e amareggiata. Era nel fitto
bosco, buio e selvaggio, nessuna luce poteva aiutarla o rincuorarla. Si
sentì quasi svenire una volta giunta a destinazione, lo
stesso luogo in cui si erano rincontrati dopo vari mesi di lontananza,
e non tanto per la stanchezza, ma soprattutto per la sua assenza.
Infatti, lui non c’era.
La principessina rimase
piuttosto colpita dalla reazione del suo gatto
che oramai soggiornava
nella sua stanza con l'altro animale.
Sembrava mostrar una
certa gelosia...
voleva avere le sue
coccole tutte per sé...
Eccomi tornata!!! Allora, un bel capitolo tutto per voi, che mi auguro
vi si piaciuto, prima della fine dell’anno!!
Tengo a questo capitolo perché il paring HinaxNeji non mi
dispiace affatto…ma sappiamo tutti che questa storia non
è di questo genere *W*
Comunque fatemi sapere cosa ne pensate e…buon Natale e
felice anno nuovo a tutti!!!
Un saluto speciale va a coloro che seguono la mia storia e che hanno
messo tra i preferiti ^.^
In particolare vorrei ringraziare SeleneLifeLong per aver incominciato
a leggere la mia fanfic e per i complimenti (troppo gentile y.y)
Continua a recensire!
Bene, baci a tutti e alla prossimaaaaaaa!!
Mewpower
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Capitolo 26 *** Divine light ***
Si voltò diverse volte, si guardò
intorno a lungo. Forse credeva che in tal modo lo avrebbe
senz’altro trovato per quell’infausta vegetazione,
in tutto quel verde che però in quel momento non era altro
che nero. Una gigantesca e lugubre macchia di pece che dipingeva lo
sfondo dietro alla fanciulla ansimante, ma che a brevi tratti era
rischiarata dalla luce lunare, lieve e dolce per gli occhi, la quale
donava a quell’impressionante chiazza scura svariate
sfumature di tonalità smeraldo. Quasi brillavano le
margheritine ai piedi di quegli altissimi arbusti, lanciando tanti
sprizzi di lucentezza e di calore. Parevano delle perle, tante piccole
perle perdute nei più profondi degli abissi, raccolte dalle
mani degli animali e chissà se un giorno sarebbero state
colte da mani umane...
La giovane Hyuga, però, non fece caso ai bellissimi fiori,
né all’aura di profondo terrore che il paesaggio
circostante emetteva. Era impegnata a cercarlo con la vista, ad
individuarlo in quello spazio eccessivamente vasto, a pregare
affinché non se ne fosse andato veramente,
affinché non le avesse mentito o si fosse arrabbiato. Smise
poco dopo di girare il capo da una parte all’altra come
un’esasperata, credendo che non ci fosse più nulla
da fare. La loro storia si era conclusa il giorno prima e non si
sarebbero più rivisti. Era dispiaciuta. Voleva almeno dirgli
addio. Sposto una piccola ciocca di capelli intorno
all’orecchio e mirò per un ultimo istante il
terreno incolto prima di girare i tacchi. Ma poi vi fu un fruscio
proveniente da un cespuglio là vicino. Fu così
che intravide un contorno umano, una figura che si fece a mano a mano
maggiormente nitida.
-Ti ho fatto paura?- lo riconobbe appena udì la prima nota
di quella domanda. Oramai aveva fissato tutto di lui nella sua testa.
Lui l’aveva vista piuttosto agitata e persa, si
sentiva in dovere di chiedere come stava.
-No, no, affatto- rispose con la voce un po’ tremolante, ma
allo stesso tempo convincente. Era felice in cuor suo di aver sbagliato
ancora e di vederlo di fronte a se. Avrebbe tanto voluto mostrargli il
suo sorriso di gioia e di esprimergli la sua contentezza per il solo
averlo incontrarlo un’altra volta... Ma crebbe che quella
reazione sarebbe stata esagerata e alla fine si convinse pure lei che
le sue emozioni fossero eccessivamente ingigantite...Perché
tutta quell’esultanza? Beh, non seppe darsi una risposta, se
non “...perché devo essermi affezionata!”
Le piaceva la sua presenza... la faceva sentire al sicuro...
– Mi dispiace, Itachi...- e si accorse definitivamente che il
suo nome le piaceva -...se ho fatto tardi. –
Il ragazzo era sempre di più meravigliato da come quella
ninja era in grado di trasmettere in così poche parole tutta
la miriade di sensazioni che aveva nel cuore in quel momento:
dispiacere, tristezza, come anche una strana felicità; e ne
rimaneva sbalordito, ragionando su quale fosse la sua vera natura o se
fosse una sua particolare abilità...
- Non temere, non ho fretta – la rincuorò
così e a lei infatti bastava quel poco per sentirsi subito
più sollevata – Mettiamoci alla luce,
sarà più facile per entrambi...- e le
indicò a pochi passi da loro un piccolo spazio privo di erba
sul suolo, ma comunque circondato da una serie di abeti oramai privi di
vera bellezza. Si sedettero entrambi: lui appoggiato di schiena ad uno
di quegli alberi e lei di fronte con tutto l’occorrente.
Disfece con cura la benda che portava solo intorno ad un occhio,
cercando di non sfiorargli mai i capelli, di toccarlo il meno
possibile, ne aveva sempre vergogna. Poi gli sorrise dolcemente non
appena osservò quella pezza sfilata:
-Non hai perso più sangue, per fortuna- e sospirò
fortemente per poi cadere di nuovo nell’imbarazzo
accorgendosi che aveva ancora agito forse in maniera troppo
accentuata...
- Certo che tu...- iniziò a parlare il bel moro fissandola
-...non ce la fai proprio a nascondere i tuoi sentimenti...- la Hyuga
rimase in bilico su quell’affermazione non sapendo se esserne
compiaciuta o meno – Sei diversa...- e a quel punto si
sentì ancora più confusa -...non sembri neanche
umana...-
- I...io?- era un po’ intimorita da quelle parole e non
capiva proprio a cosa volesse arrivare
- Sei come una creatura di un altro mondo che vuole portare il bene
qua, tra noi umani...- continuava a fissarla nei suoi occhioni
chiarissimi che brillavano ancor più sotto il chiarore
lunare – Potresti essere un angelo, chissà...-
giunse così un complimento che la fece sussultare e
arrossire lievemente, ma non con eccessività. Si sentiva
stranamente addolcita, rasserenata dopo quell’affermazione,
vagamente soddisfatta dopo aver udito quelle parole non da un uomo
qualunque, ma da Itachi Uchiha.
- Tu...esageri...- abbassò il capo mentre si adoperava a
ripiegare il panno leggermente sporco
- Eppure...- riprese il discorso subito, spingendo la ragazza ad
innalzare gli occhi verso i suoi -...gli angeli non dovrebbero
piangere...- Si sentì colpire il cuore e il viso coprirsi di
calore. Non sapeva neppure lei quel che le succedeva e si sentiva
veramente immersa in un lago di vergogna, nel quale rischiava di
affogare; ma arrivò subito lui che le porse una mano
mettendola in salvo:
- Continui a soffrire e a piangere...- lui la guardava con
intensità, sopraelevato a tutto e a tutti, mentre lei
persisteva nel rimanere con lo sguardo saldo a terra come se fosse
terribilmente attenta al suo lavoro con la benda medica, tutta piegata
in se stessa e in progressivo rimpicciolimento. Tentennò
prima di accennare pure lei qualche parolina:
- Non ce la faccio a smettere...c’è sempre
qualcosa che grava sopra di me...- lui non poteva ribattere nulla,
dopotutto sembrava davvero che i problemi si concentrassero tutti verso
la poverina, come fanno le farfalle una volta trovato il polline.
- Sei stata male pure questa sera...- non suonava affatto come domanda,
bensì come una vera e propria constatazione
- Sì...- alzò a quel punto la testolina, ma
cercando di deviare lo sguardo la maggior parte della volte che le fu
possibile fino a che lui non si protese verso di lei e le tocco la
fronte con una mano:
- Hai sudato freddo...- come era riuscito a notarlo? -...ma sei stata
forte e non hai pianto...- fece così allontanare la mano
dalla fonte solo appena inumidita, sfiorandole la leggera frangetta.
- Sei...tu ora quello particolare...- iniziò a commentare la
ragazza spostando dopo tanta indecisione lo sguardo verso di lui
–Riesci sempre a stupirmi in qualche modo...-
accennò un sorriso che l’altro non poté
far a meno di ricevere e ne avvertì tutta la simpatia che
lei aveva nei suoi confronti.
Un rapido soffio di vento permise a qualche fronda più alta
di spostarsi, permettendo alla luna di rischiarare ancor più
i loro visi e di illuminare la selvaggia boscaglia.
- Vorresti tornare a sorridere almeno per un momento, questa
sera?- le mormorò con un pizzico di tenerezza
l’Uchiha, facendola quasi preoccupare. Ma lei aveva una
strana fiducia nei suoi confronti e non esitò a fargli cenno
di sì con la testa. A quel gesto, Itachi accostò
due dita nei pressi della propria bocca socchiudendo gli occhi. Si
stava concentrando, stava radunando parte della sua forza su due sole
dita, per poi essere in grado di giungere al suo obiettivo e di
vederla, sperava, sorridere. Hinata poteva avvertire il suo chakra
seppur non avesse attivato il Byakugan, ne sentiva il calore e
l’incredibile quantità, la strabiliante potenza di
un solo individuo raggruppata tutta lì, chissà
per quale motivo... Ad un certo punto il moro riaprì gli
occhi e levò lentamente la mano al cielo. Un leggero soffio
di vento gli fece muovere i capelli che gli scivolavano lungo il viso e
dondolarono lievemente accarezzandogli le guance marcate da chiari
segni di rimpianto e stanchezza. Al solo terminare di quel piacevole
soffio, ebbe inizio un incantevole spettacolo naturale, diretto dal
ragazzo il quale non smise mai di osservare il cielo, fino a che non le
richiamò tutte...
Comparve dapprima solo una delle innumerevoli ballerine, forse lei in
quanto la più graziosa o la più abile in quella
danza. Portava uno splendido costumino color neve che tendeva a
brillare sotto il riflettore che non emetteva altro che una flebile
luce in quel momento, una luce candida come tutte loro, come tutte
quelle piccole danzatrici che si fecero avanti una alla volta, solo
quando, però, la prima ebbe a sufficienza volteggiato
intorno alla giovane Hyuga che rimase imbambolata di fronte a tanta
meraviglia, ad un’esibizione talmente incantevole.
Così seguitarono le altre, tantissime e bellissime, ma che
non potevano eguagliare la prima ballerina, che si fece sempre notare,
sempre distinguere dal gruppo seppur assomigliasse alle altre. Infatti
anche le ali delle seconde farfalle erano della stessa
tonalità, anzi alcune avevano perfino delle sfumature
colorate che risplendevano ancor più, in contrasto con tutto
quel bianco, che però Hinata apprezzava moltissimo, forse
maggiormente rispetto a quelle farfalline che avevano solamente qualche
schizzo di candore sulle loro ali e nulla di più. Erano una
decina, anzi no, non meno di venti farfalle, coloro che si libravano
nella fresca aria selvaggia e buia, in quello spazio dove la ragazza
non era altro che una semplice spettatrice, ma che godeva e si
immedesimava perfettamente in tutti quei piccolissimi corpi fino ad
avvertire lei stessa la loro leggerezza e l’incredibile gioia
di libertà che esse vivevano. Inoltre erano belle,
bellissime, tanti minuscoli cristalli che luccicavano senza alcun
timore, mostrando interamente il loro fascino senza celar nulla, senza
provar vergogna per quell’eccessivo esibizionismo. Anzi
parevano sorridere e tentavano di far sorridere pure lei che le mirava
ancora un po’ stralunata, che cercava di assorbire ogni
minima piroetta aerea e di immagazzinarla nel cuore, così da
aver qualcosa per cui provare gioia ed emozione, gli stessi sentimenti
che anche in quel momento si stavano diffondendo nel suo animo. Alla
fine, infatti, sorrise, mostrò il suo magnifico sorriso a
tutti quegli animaletti sopra di lei e rise dolcemente socchiudendo
pure un po’ gli occhioni lucidi, smisuratamente stupiti per
quello stupendo sfoggio di bellezza dedicato tutto a lei, tutto
realizzato per lei... Anche la Hyuga, seppur con timidezza
alzò una mano verso il cielo come se volesse toccarne una e
accarezzarla solo per dirle grazie per quella fantastica danza, per
essere venute tutte per rincuorarla, per essere lì solo per
farla star bene. Fu così che lei, la prima ballerina scese
con eleganza verso la fanciulla, che la fissava oramai da tempo, e
ancora girando su se stessa si esibì di fronte a lei e
standole più vicino Hinata si accorse che non era neppure
lei completamente bianca, anche lei aveva dei punti, non era
completamente pura, non era perfetta. Però quelle che
qualcuno poteva definire imperfezioni erano in realtà
ciò che la rendevano ancora più bella,
poiché differente dalle altre e comunque unica per quella
proprietà, anche se nel resto del gruppo poteva essercene
qualcun’altra con quella stessa caratteristica. Quella
farfallina aveva delle sfumature scure lungo i bordi delle sue ali che
ad una prima occhiata fecero star male la giovane spettatrice, in
quanto parevano rovinare il suo vestitino, ma istantaneamente
cancellò quel brutto pensiero dalla testa: le era piaciuta
fin dall’inizio, ne aveva apprezzato i movimenti e la grazia,
non doveva importarle un particolare del genere, anzi sentiva che
quella particolarità forse era ciò che
più apprezzava di lei e fu così che ne sorrise e
tentò di sfiorarla; però lei aveva paura che
quella mano potesse rovinale le ali, che si sarebbe fatta male e non
volle rischiare, non volle rinunciare a poter volare per sempre,
avrebbe tanto voluto allo stesso tempo carezzare la pelle umana,
saggiare un qualcosa di così nuovo e affascinante, ma
l’istinto e il terrore la fecero indietreggiare e
ritornò verso l’alto insieme alle altre compagne
che ora volavano a cerchio scintillando come mai avevano fatto, quella
sera volevano proprio esibire tutta la loro bellezza. E fu
così che il riflettore lunare emanò un chiarore
più forte rispetto all’atto precedente, dopo che
le pesanti nubi si discostarono da esso e in tale maniera fu in grado
di illuminarle tutte, di permettere che i loro abiti sfoggiassero i
loro colori, uniformati dal candore del tessuto di base, ma
diversificati poi dalle minuscole sfumature e dettagli che li ornavano:
strisce, puntini e piccole macchie dipingevano quelle vesti
apparentemente uguali e in questa maniera Hinata si rese conto del loro
vero charme e di quanto un piccolissimo animale potesse rivelare
così multiformi qualità. Improvvisamente una scia
brillante segno il cielo scuro, a mala pena illuminato dalle stelle:
era ancora la prima danzatrice, la più gentile e graziosa
che sfilava di fronte a tutte lasciando una polverina innocua per il
corpo umano, e visibile solo in notti tetre come quelle, ma di un
effetto strabiliante per il cuore, per la felicità di un
animo angosciato, e tutto dedicato a lei, all’unica che
applaudiva, la sola lì presente, ma in quel frangente non
più triste. Senza che lei se ne accorgesse, Itachi le si
accostò strisciando a terra, cercando di far il meno rumore
possibile per non disturbare le giovani ballerine e per non rovinare il
loro spettacolo. Doveva chiederle come stava, voleva sapere se
finalmente fosse riuscito a risollevarla...ancora una volta...come
anche lei aveva fatto più di un’occasione con
lui...e dunque le si mise accanto e le mormorò:
- Ti piace ?- lei non volle distogliere lo sguardo da quella
meravigliosa pioggia argentata, ma solo guardandolo negli occhi avrebbe
potuto veramente esprimergli ciò che provava:
- Non ho parole...è bellissimo...- lo mirò
intensamente e per la prima volta, dopo tutti i loro incontri, si
sentì lui in imbarazzo.
- Adesso, l’ultimo atto...- le prese una mano e la fanciulla
si voltò di scatto su di lui, presa
dall’agitazione – Ora concentra più che
puoi il chakra sulla tua mano...- lo fissò ancora un
po’ perplessa, ma il suo sguardo rassicurante le diede un
motivo in più per farlo. Si concentrò,
spostò il suo chakra lì, come le aveva detto. Non
fu difficile per lei, non poteva esserlo per uno Hyuga, e mantenne gli
occhi chiusi e il capo abbassato fino a quando...fino a quando non si
sentì accarezzare la mano, un bacino lasciato correndo, anzi
no, volando. Hinata riaprì gli occhi e alzò
nuovamente la testa, lassù dove il moro le aveva portato la
mano; vide lei, quella bellissima ballerina dal tutù semi
argentato che lei adorava, la quale svolazzava nelle sue vicinanze e le
aveva toccato il palmo della mano. Si riavvicinò ancora,
sfiorandole i capelli e poi il viso e alla fine non poté
proprio resistere e dovette posarsi sulla sua tenera mano e fermare le
ali, che dovevano ora riposarsi dopo tanti passi di danza. Hinata la
guardò contentissima e l’accostò al suo
viso. Come se le altre fossero un po’ gelose della compagna
si avvicinarono ai due giovani, ma non si fermarono come
l’amica, bensì perpetuarono a volteggiare, a
saltare per l’aria a fare inchini e segni di saluto per la
spettatrice così gentile che aveva assistito con gioia al
loro spettacolino. Pure la prima ballerina le fece un lieve inchino e a
quel punto dischiuse le ali, lasciando qualche traccia polverosa su
quella mano. Poi si levò in volo, con delicatezza ed
armonia, mostrando quella bravura che aveva faticosamente raggiunto e
richiamando a se le altre che la seguirono in fila. I due rimasero a
guardarle fino all’ultimo, fino a quando non scomparvero tra
la vegetazione e il candore lunare lasciandoli di nuovo soli, ma
entrambi cambiati, tutti e due erano finalmente soddisfatti e
rasserenati. Si guardò il palmo prima di voltarsi verso di
lui e ringraziarlo. Tante volte, tantissime volte doveva esprimergli la
sua gratitudine, il suo gesto era stato davvero tenero e gentile, la
sua sensibilità e la comprensione nei suoi confronti
l’aveva davvero colpita. Si voltò verso colui che
aveva di lato, già con il sorriso sulle labbra, solo per
dirgli un affettuoso “grazie”... ma non ce la fece,
almeno non subito. Incontrò dapprima i suoi capelli, neri
come la pece, ma che brillavano nell’oscurità,
avevano degli stani, però magnifici riflessi che la misero
in ansia... sentì che il cuore batteva più forte
del normale... pensò che quella non fosse altro che ansia.
Poi si girò anche lui verso di lei e non poté
così non incrociare pure i suoi occhi scuri, neri anche
loro, ma stranamente seducenti, incredibilmente profondi, nei quali ci
si poteva perdere. Lei pensava e lui pure. Si creò
così un imbarazzante silenzio che finì una volta
che le loro mani si sfiorarono per caso. Sobbalzò lei
arrossendo, mentre lui si discostò fingendo di averlo fatto
per alzarsi.
- Volevo...- balbettò levandosi pian piano pure lei da terra
-...ringraziarti...Sei stato davvero carino con me...Itachi!- e gli
sorrise tenendo il capo lievemente abbassato poiché sentiva
ancora le guance piuttosto arrossite.
- Di nulla...- si grattò la testa cercando di assumere
l’aria più seria che poteva –Io...volevo
soltanto vederti sorridere...- a quell’affermazione la
fanciulla avvertì un tuffo nel cuore, che la spinse a
guardarlo direttamente in viso, ma che accentuò ancor di
più il suo rossore –Cerca soltanto di resistere,
di essere più forte che puoi, di...affrontare tutto
ciò che c’è di più acre
nella tua vita- nel frattempo aveva già direzionato i piedi
in modo tale da far intuire che aveva intenzione di andarsene,
però continuò a parlare prima di avviarsi -...ma
soprattutto, non stare in pena per me...- Aprì la
bocca leggermente come se volesse dirgli qualcosa, in realtà
era solo emozionata, in preda allo strepitare del cuoricino –
Io sto bene...Hinata. – e per la prima volta (e si
domandò se sarebbe stata anche l’ultima) lui
sorrise, sì, fu un sorriso sincero dettato dalla
felicità del suo animo, dalla semplice sincerità
e da una vibrazione, un impulso d’affetto per
quell’angelo. Lei rimase congelata di fronte a lui e
spalancò così gli occhi, mentre la bocca era
ritornata chiusa e immobile. Il viso dell’Uchiha, per di
più, in quel momento era illuminato dalla luna, la quale non
poteva perdersi una scena del genere e rimase in quel momento
lì, in quella posizione, in quella traiettoria solo per
rischiarare quei due e rendere indiscutibile quali fossero le loro vere
emozioni in quell’attimo, mettendo in luce i loro occhi, i
loro volti, i loro corpi. Ma giunse il tempo di partire. Lui si
allontanò con passo moderato e lei non seppe cosa fare.
Sarebbe tornato il giorno seguente? Dovevano ritrovarsi in quello
stesso punto? C’era ancora qualcosa che doveva dirgli?
Avrebbe dovuto consigliargli un posto sicuro dove passare la nottata?
Non seppe muover muscolo e neppure aprir bocca. La sua mente era
completamente vuota, persa solamente in un mare di spensieratezza e di
momentanea pace. Continuò a fissarlo fino a quando non lo
vide più per la folta vegetazione, quando batté
nuovamente ciglio e tornò nella realtà.
Osservò a quel punto la propria mano, sporca un
po’ di terra e ancora semi tremolante.
L’accostò al petto, per poi mirare la luna,
mostrando all’amica lassù tutto il suo rossore e
quanto batticuore la scuotesse tutta in quel momento.
Lui, invece, camminò diversi metri prima di
arrestarsi e di riprendere coscienza della situazione. Si
passò una mano sul volto dandosi del folle e
cercò di tranquillizzarsi. Sentiva infatti, uno strano
calore sulle gote che non gli piaceva affatto e pensò che
gli fosse ritornata la febbre. Poi adocchiò
l’altra mano che teneva in parte stretta e sempre tenendo la
mano opposta sul viso la fissò,
l’analizzò, fino a che non avvertì uno
starnazzare: erano due uccelli, neri e cupi come lui. Sostavano su un
ramo non molto distante dal giovane e lo guardavano intensamente ed
immobili come se volessero sentirsi dire qualche cosa. Ad Itachi
bastò ruotare lo sguardo su di loro e mormorare qualcosa che
uno degli uccelli udì e con prontezza si levò nel
cielo, starnazzando e battendo le ali freneticamente come se provasse
dolore. Già, il dolore lo aveva provato, ed anche molto
forte, al solo mirare gli occhi nuovamente insanguinati del padrone,
agghiaccianti e penetranti, rossi di
Sharingan. L’altro non si era mosso, non
c’era bisogno che seguisse il compagno e per questo era
ritornato nella sua tana, nella sua casa, la più sicura del
mondo e che mai nessuno era riuscito ad usurpare. Infatti, si dissolse
in un vortice nero, tornando in un altro mondo, nel suo mondo, quello
illusorio dello Sharingan.
Il lupo spinse la
principessina fuori,
sul suo giardino,
fingendo di voler passeggiare...
Una bella sorpresa
aspettava la fanciulla:
tante e piccole lucciole
quella sera volevano danzare per lei.
Ciao a tuttiiiiiiiii!!! ^^ Come state?
Mi auguro che questo capitolo vi sia piaciuto...sinceramente tengo a
questo in maniera particolare perché è il primo e
vero episodio romantico fra Itachi e Hinata...
Beh, fatemi sapere che ne pensate!^^
Ringrazio di cuore tutti coloro che mi seguono e in particolare coloro
che lasciano recensioni...grazieeeeeeeeeeee!!
Mewpower
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Capitolo 27 *** Feeling ***
La mattina seguente Hinata non riusciva ad alzarsi dal
letto. Era stata in grado si alzarsi una prima volta, di lavarsi il
volto, di legarsi i capelli e di rifare il letto; ma poi, una volta
mirato il sole alto, già infuocato di prima mattina, le
venne un improvviso desiderio di tornare a sdraiarsi e di dormire. Non
era stanca, era semplicemente stufa. Non sopportava più
l’idea di dover convivere con quella pesantezza nel cuore
ancora, di dover temere il giorno in cui sarebbe toccato al padre
parlarle del grande passo matrimoniale ed era angosciata dal clima di
tensione che sovrastava lei ogniqualvolta aveva Neji a fianco,
conoscendo ciò che le aspettava con lui, e in più
ripensando alla spiacevole situazione del giorno prima. Si era quindi
distesa di nuovo sulle lenzuola profumate e fissava il muro. Cercava di
fantasticare, di pensare a qualcosa di positivo che potesse
rincuorarla: i gigli appena nati, i bei ricordi del passato con Naruto
e i suoi amici, l’inizio della bella stagione e poi...poi le
venne in mente lo stupendo spettacolo della sera avanti, la gioia e
l’incredibile piacere provati nell’osservare
quell’esibizione talmente meravigliosa e suggestiva, la luna
luccicante nel cielo...e il loro tocco di mani... Sobbalzò
destandosi subito dal letto e fuggendo dalla camera per andare a fare
colazione. Fu istantanea, rapidissima nei movimenti. Fino a che non
ebbe finito di mangiare e raccolti qualcuno dei primi gigli sbocciati,
non aprì mai bocca e la sua testa rimase vuota, priva di
pensieri, insomma bloccò qualsiasi tentativo di
comunicazione con l’interno e l’esterno di se
stessa.
- Io esco! Vado al cimitero! – gridò senza neppure
aspettare una risposta e corse via con il mazzolino candido fra le
braccia. Si arrestò solo qualche metro più tardi
credendo di essere impazzita:
“Ma che mi prende?” pensò mettendosi una
mano su una guancia, mentre con l’altra teneva i
suoi piccolini ben stretti a se. E fu così che si accorse di
aver uno strano calore sulle gote, di cui prima non si era accorta, ma
che probabilmente era stato il trampolino di lancio per
quell’improvvisa vampa di energia che si era impossessata di
lei poco fa, però ora stava pian piano svanendo.
Tutto era cominciato con il rimembrar colui che l’aveva fatta
sorridere dopo tanto dolore, tutta la sua vitalità
improvvisa era stata generata da un semplice ricordo, apparentemente
lontano, ma in realtà molto, molto
vicino...
Scosse comunque il capo credendo di essere una sciocca, fingendo di
capire quel che le era successo e continuò per la sua via,
verso la sua meta, verso un posto che non visitava ormai con la stessa
frequenza di una volta, ma dal quale non avrebbe mai potuto
allontanarsi perché lì giaceva il suo primo
amore, il suo più grande amore, il quale però
aveva necessariamente dovuto abbandonare per poter essere felice...per
far sì che anche lui fosse felice...per far felici pure chi
le stava intorno... Quel giorno tuttavia ricorreva
l’anniversario della sua scomparsa e come forma di rispetto
nei suoi confronti, ma anche per puro desiderio di riaverlo per un
attimo accanto dopo tanto tempo, volle ritornare sul suo letto di morte
e salutarlo.
Quando giunse lì, dinnanzi alla sua lapide, rimase
meravigliata e contenta in cuor suo di notare che già altri
prima di lei vi erano già stati là a rendergli
visita. Infatti, due mazzi di fiori di differenti e sgargianti colori
animavano quel punto così tetro e desolato, rallegrando chi
li osservava e chi li riceveva. Anche l’amico Uchiha aveva
ricevuto dei graziosissimi fiori e sicuramente ne sarebbero arrivati
altri sia per lui che per il biondo compagno di avventure... Ma quel
che notò la giovane Hyuga fu una tinta in particolare fra
quelle macchie di colore: era un colore che lei amava tanto, come pure
il fiore che ne era dipinto in quanto credeva che esso raccogliesse in
se tanti significati distinti e speciali, meravigliosi e profondi, che
nessun altro tipo di pianta sarebbe mai stata in grado di eguagliare.
Vide, infatti, una rosa che metteva in mostra i suoi petali eleganti e
morbidi, addolciti da un angelico candore il quale la rendeva ancor
più bella e regale e conferiva così a quelle dure
pietre un senso di importanza e di nobiltà mai avuti e che
senza di lei non avrebbero mai potuto sperimentare. La notò
là, ben in vista e posizionata di fronte agli altri compagni
floreali e alla base della lapide di Sasuke, ma la scorse anche
sull’altra pietra, quella di Naruto, messa perfettamente in
verticale, appoggiata ad un mazzolino anch’esso nella stessa
posizione. Erano identiche, perfette entrambe, nessuna batteva
l’altra, nessuna provava invidia o competizione verso la
sorella. Erano fantastiche e luccicanti, fresche di primavera e di vita
e sicuramente erano state portate dalla stessa mano, sì,
secondo lei era così. Ci rifletté su un attimo e
un improvviso flash le tornò alla mente. Sorrise con
tenerezza mentre appoggiava il suo dono contro la lapide del suo angelo
biondo e posizionando qualche fiorellino anche su quella
dell’Uchiha gli sorrise e lo accarezzò.
“Non sei mai
stato cattivo in verità...”
Il sole gli colpiva metà del busto e le gambe per intero.
Era sdraiato con le mani dietro la nuca e fissava le poche nuvole
lattiginose che si spostavano con lentezza nel cielo turchino. Stava
comodo seppur il terreno fosse pietroso ed era lieto di trovarsi
lì e di rilassarsi. Non pensava a nulla, o almeno tentava di
non pensarci, ma a volte la parte irrazionale di lui emergeva talmente
velocemente che non faceva in tempo ad agire e a bloccarla.
Così, qualche volta, tornava con la mente alla sera prima e
all’immagine di loro due insieme. La luna era stata perfetta
per lo spettacolo che aveva progettato in quel momento e le farfalle
erano state meravigliose. E lei brava a riuscire a toccarne una, ma per
una ninja non poteva essere complicato... Sospirò. Credeva
che forse non avrebbe dovuto aspettare oltre e che se ne sarebbe dovuto
andare subito. Anzi sentiva che doveva fuggire proprio in quel momento
senza aspettare oltre. Non temeva tanto per lui, quanto per
l’incolumità di quell’anima, che
profumava sempre di fresco e di fiori, come la sua mano...dopo quel
tocco, quell’istantaneo, ma sentito sfioramento di mani che
c’era stato; chissà come poi era successo, nessuno
dei due ne era il responsabile... Seppur minimo, seppur così
sfuggente il suo odore gli era rimasto impresso sulla pelle e lo
odorava ancora, anche se non accostasse la sua mano al naso...
“Il suo profumo...” ne era dannatamente incantato,
amava il suo profumo di primavera “...lo sento pure
ora...” e fissò la mano indurita, gravante di
tanto sangue versato, ma in quel caso purificata, ingentilita dal
sapore di fiori.
Fu disturbato quel momento di pace e di intensa contemplazione dal
suono della sua voce, delicata e soave come sempre:
- Me lo sentivo che non te ne eri andato...- gli sopraggiunse dinnanzi,
con le mani timidamente strette l’una all’altra,
con lo sguardo perso in chissà quale sogno.
- Come mi hai trovato?- le domandò nascondendo la sorpresa,
mantenendo rigido e immutabile la propria espressione
- Tornavo dal cimitero di Konoa...- spostò il capo verso il
lontano orizzonte come per indicargli la direzione -...e sentivo il
bisogno di tornare qui, presso questa grotta...- I due, infatti, non
erano altro che di fronte all’entrata di quella caverna che
era stata per tanto tempo luogo dei loro incontri, rifugio per lui,
speranza per lei, immagine di tanto dolore e pena, come pure
collaboratore dello schiocco di un importante relazione che si era
costruita pian piano.
- Come stai?- gli mormorò facendogli intuire la sua gioia
nel vederselo accanto
- Bene... – mai nessuna altra parola più breve e
coincisa poteva trasmetterle più sicurezza e
tranquillità nell’animo.
- Allora, oggi non hai bisogno di me...- sorrise lasciando semi
frastornato il moro. Non era abituato del tutto ad ammirarne il
riso...non alla piena luce solare. Rimase comunque per qualche secondo
ancora sdraiato a terra, ma poi provò una gran smania per la
sua presenza e per il solo vederla lì, sopraelevata a lui.
Sentiva l’irrefrenabile bisogno di discostarsi e di
abbandonarla lì il prima possibile. Quindi si
alzò, aiutandosi con una mano poggiata al suolo e
raccogliendo il lungo manto nero dell’Akatsuki accostato ad
un roccia fece per andarsene senza dir nulla.
- Parti?- chiese lei con un po’ di malinconia in fondo in
fondo a quella parola
- Non posso restare...- rispose accennando un’occhiata piena
di malavoglia, ma non aggiunse altro. Fu lei a continuare:
- Per quanto tempo rimarrai qui, al Villaggio?- nascondeva una vena di
inquietudine che a fatica si incuneava tra le sue corde vocali facendo
apparire la voce solo leggermente rattristata
- Forse ancora per qualche giorno... Devo prima occuparmi dei
rifornimenti e di abiti nuovi. Poi partirò...- si
allontanava sempre di più eppure gli pareva che la voce
della giovane fosse sempre più vicina alle sue orecchie.
- Dunque, non c’è necessità che ti
saluti oggi...- sorrise di nuovo, ma lui non volle vedere
quell’ennesimo gesto di tenerezza nei propri confronti
- Sarebbe meglio che tu non fossi qui...- un’ affermazione
che dava dispiacere, chissà a chi di più,
chissà perché... Hinata vide un fulmine che
istantaneamente divise lui da se stessa, un baglio che separava le loro
vite per sempre e che li rendeva nuovamente soli, entrambi. Non fece
trapelare nessuna emozione, non un gemito o un sospiro di sollievo,
solo un nuovo intervento, dettato dal cuore e dalla gratitudine.
- Per non rischiare, allora... voglio dirti grazie di nuovo!- Un grazie
davvero generalizzato, che poteva essere interpretato in tante maniere
differenti, poco chiaro, quindi, eppure carico di molteplici
significati. Lei intendeva proprio questo: ringraziarlo per qualsiasi
cosa, per ogni momento passato insieme, per ogni loro discussione, per
ogni piacevolezza, per ogni lacrima che le aveva aiutato ad asciugare,
per averle fatto capire, per aver contribuito a portar fine ad ogni suo
dolore, per esserle stato vicino anche se fosse in realtà
ancora troppo lontano... Ma quel “grazie” avrebbe
dovuto essere pronunciato da una persona diversa; toccava ad Itachi
dirle grazie, magari stringendole la mano, magari con un nuovo sorriso,
splendido e ricco di riconoscenza, bello come quello della sera
passata. Egli, però, cercò di mantenere il sangue
freddo, gelido, di troncarne quasi la circolazione, per impedire che il
suo gracile corpo potesse agire troppo umanamente, troppo
affettuosamente e lui non voleva illuderla. Non intendeva mostrarle
più i suoi sentimenti come era già capitato in
più di un’ occasione, non voleva più
che le porgesse la mano e che lo sostenesse, in quanto tutto questo
avrebbe implicato nuove preoccupazioni per la ragazza, nuovi problemi,
perché la vicinanza con un assassino non poteva che portare
sventura.
- Sei una sciocca...- si lasciò sfuggire, troncando il riso
dell’altra – Non sei tu quella che deve ringraziare
– era ritornato l’essere impassibile e demoniaco di
una volta, crudele e pieno di collera per se stesso, o almeno intendeva
farle credere così; lei non ci cascò.-Eppure in
cuor mio sentivo di dirtelo...- la sua espressione era mite e luccicava
di felicità.
Il ragazzo pensava che continuare a stare con lui non poteva che
originare più sconforto e apprensione per la piccola ninja,
però sembrava che lei fosse tutt’altro che
angosciata... Per questo non resistette, il desiderio di comunicarle
quel che aveva in mente pareva più forte di lui; forse un
altro potere di quella creatura angelica era la capacità di
rendere chi la circondava sincero e di spingerlo a togliersi qualsiasi
peso che portava addosso, per consegnarlo sulle sue docili spalle. Poi
ci avrebbero pensato le ali a purificare e ad eliminare
quell’ingombrante e fastidioso fardello:
- Io...voglio soltanto che tu non corra pericoli...- il cielo
tornò azzurro per la Hyuga; scomparvero infatti i fulmini e
le nubi di tempesta e un solare sorriso comparve ancora sul suo volto,
illuminando pure quello dell’altro
- Non devi stare in pena per me! Anzi per me è un piacere!-
si sentì colpito da un altro “grazie” la
cui luminosità lo spinse ad abbassare il capo. Si trovava di
fronte ad una creatura troppo buona e generosa.
“Non sorridere
per me...”
- Ti consiglio solo di fare attenzione – le girò
le spalle e scomparve con passo veloce “E non affezionarti a
me...” e poi giunse pure questo pensiero, seppur in ritardo e
che si sarebbe dovuto trasformare in parole poco prima, ma non ce la
fece proprio, era troppo anche per il suo cuore...
- Lo farò...- bisbiglio allora la giovane, aspettando di
vederlo definitivamente sparire.
La principessina
cercò di accostarsi al lupo
il quale continuava a
mostrare una certa diffidenza.
Eppure lei sapeva che
l'altro era buono e non ne aveva paura.
Anche
lui sapeva che l'altra non voleva fargli del male...però
temeva...temeva al suo posto.
Rieccomi tornata con un nuovo capitolo^^
Mi auguro sia stato di vostro
gradimento....muahah....muahahahahahahhaha! Non vedo l'ora di
pubblicare i prossimi...
Va beh, vi saluto e vi ringrazio tanto tanto per essere lettori di
questa fanfiction...a presto!!
Mewpower
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Capitolo 28 *** I'm better now ***
Uscì di casa lentamente, guardando sempre dritta
davanti a se. Hinata non aveva più avuto
l’occasione di vedere il lupachiotto in quegli ultimi cinque
giorni, il caso non li aveva fatti più incontrare, le loro
vie sembravano non desiderare più incrociarsi. Ma quel
pomeriggio, quell’afoso pomeriggio, la ninja aveva proprio il
desiderio di vederlo, le bastavano due parole, voleva solo parlargli un
attimo. Ne aveva bisogno. Non sapeva neppure lei se voleva sfogarsi o
se intendeva semplicemente parlare dell’accaduto con
qualcuno, comunque la prima persona che gli venne in mente e che le
sembrò più adatta fu proprio lui, il moro Uchiha
traditore. Impassibile, superò il cancello, la
rigidità della sua espressione pareva quasi inumana, ma alla
fine si sciolse, il sangue riprese a circolare e il fiato pure solo
quando avvertì un gracchiare inquietante dietro di lei:
“Ancora?” quei due corvi lucidati di nero parevano
aver fatto il nido proprio sopra il pilastro più alto che
componeva l’accesso della residenza Hyuga; erano insomma
sempre lì, con lo sguardo fisso su ogni passante, muti per
tutta la giornata, tranne quando usciva lei; ci aveva fatto caso e la
questione quasi le metteva timore. Non se la sentiva, tuttavia, di
cacciarli. Dopotutto non avevano fatto mai del male a nessuno, ma il
desiderio che se ne andassero un giorno di quelli non poteva non
svolazzare per la sua mente. Fatto sta che si allontanò
subito da loro, dirigendosi verso la foresta con
quell’irrefrenabile bramosia di poterlo incontrare. E come se
quella speranza proveniente dal cuore fosse giunta fino a lui se lo
ritrovò davanti, all’improvviso, a diversi metri
dal fiume che passava accanto alla sua ex tana.
- Ehi!- fu sorpreso quanto lei di incrociarla lì –
Che cosa hai?- aveva corso e la stanchezza era evidente
- Che sciocca! Mi sono messa a correre con questo caldo!- si rese conto
che tutta quella bramosia l’aveva portata ad agire senza
pensare. Ma la notizia era grande.
- C’è qualcosa che non va?- si sedette sulla riva
del fiume quasi in piena nonostante l’alta temperatura e il
fatto che non piovesse oramai da parecchio.
- Eh? No, no!- ora pareva in ansia e senza più il bisogno di
spiegargli che cosa la rendeva in quello stato – Anzi, credo
che oggi non potevo sentirmi meglio... mi sento così
leggera!- si era seduta pure lei nel frattempo, ma mentre pronunciava
quelle parole, Itachi si era accorto che quel che apparentemente poteva
sembrare un viso gioioso, era in verità solo uno schermo,
una maschera posizionata un po’ troppo storta e che non
riusciva a celare nel migliore dei modi quel che vi era sotto...O forse
era lui che aveva la vista aguzza, più magari della gente
comune.
- Se lo dici tu...- sospirò mirando le acque cristalline, ma
non seppe fingere oltre e notando che lei non apriva neanche bocca le
chiese con tono tendente allo scherzare – Mi è
sembrato strano che oggi tu non mi abbia chiesto come sto e
così mi era sorto un dubbio-. Si voltò
completamente verso di lei fissandola come se riuscisse con il solo
sguardo a darle un colpicino al cuore e a farla veramente sfogare.
- Sei acuto...- appoggiò il mento sulle proprie gambe
piegate e addossate al petto formoso; avvolgendo poi le braccia intorno
a quei solidi, ma apparentemente gracili arti inferiori
sospirò.
– Mi sento meglio , è vero...
però dovrei essere più disperata che mai...-
Itachi contemplava i suoi occhi divenuti bui direttamente, mentre lei
cercava di sfuggire da quel suo sguardo mirando di fronte:
- Sono riuscita a parlare con mio padre. Ne ho finalmente trovata la
forza...- la dura e triste storia di quel matrimonio folle ricomparve
nella mente dell’Uchiha che abbassò lo sguardo,
come se si fosse appesantito da quel indigesto ricordo – Gli
ho spiegato che ne ero già venuta a conoscenza e che volevo
parlare con lui prima della dichiarazione ufficiale... Temevo che non
me lo avrebbe mai detto in tempo...temevo di ritrovarmi la sera prima
del matrimonio a discutere sull’argomento...-
Itachi annuì riportando lo sguardo verso il viso della
giovane, evidentemente afflitto, ma che si sforzava ad essere il
più forte possibile:
- Volevo soltanto spiegare le mie ragioni, ma pure tentare di
convincerlo, di...non… costringermi...- Itachi
aprì leggermente la bocca per il timore, al solo vedere gli
occhi della Hyuga cominciar ad annebbiarsi; aveva cominciato a soffrire
pure lui, immedesimandosi in lei, aveva cominciato a capire come fosse
difficile starle vicino e soffrire insieme -...insomma, ognuno ha il
diritto di fare la propria scelta...sono grande ormai, no?- Voleva
intervenire, voleva rincuorarla, ma in quel momento era solo impietrito
di fronte a tanta tristezza – Però non mi ha
ascoltata comunque, perché secondo lui era questa la scelta
migliore... anzi perfetta, mi ha detto...- iniziava a tremolarle pure
la bocca, che a quel punto strinse fortemente facendola colorire di un
rosso venato di sfumature violacee.
- Purtroppo... capita che alla fine di una storia non sia sempre la
cosa più giusta ad avere la meglio...- le mormorò
cercando di starle con l’animo il più vicino
possibile – Bisogna solo cercare di andare avanti...e di
sforzarsi ad essere forti...-
Hinata levò la testa verso il cielo senza nubi facendo un
gran respiro profondo, ma che fu silenzioso e soffice, privo del minimo
accenno al pianto.
-Sono felice per questo...- disse allora rivolgendo lo sguardo di nuovo
sereno al suo interlocutore -...solo perché in questo caso
sono riuscita a dimostrami forte!- e accennò un sorriso che
non volle essere esagerato, ma che era allo stesso tempo deciso e
fermo, simbolo di quella piccola conquista, raggiunta...grazie a
lui.
-Mi dispiace per questa tua situazione... Personalmente la trovo
insensata e folle.- confessò accorgendosi che si era
nuovamente aperto verso di lei senza timore –Mi piacerebbe
aiutarti in qualche modo...- dopotutto avrebbe dovuto sdebitarsi con la
sua salvatrice in qualche maniera -...ma non credo che possa fare
qualcosa...- non si poteva combattere contro una decisione talmente
autorevole e importante.
Hinata scosse il capo, affermando che accettava quel che il padre
voleva:
- Sono sempre stato motivo di delusione per lui...anche se non ne ho
mai capito la ragione!- ridacchiò quasi, cercando di
sdrammatizzare – Se ciò lo rende felice...allora
non mi tiro indietro.- anche perché non aveva altra scelta.
Il moro si sentiva privo di forze e di mezzi utili per fare qualcosa.
Lei era sempre riuscita a risolvere ogni suo problema, ogni suo
tormento, a liberarlo da ogni freccia che gli aveva trafitto il cuore e
invece lui non poteva far nulla. Si sentiva inutile.
- E comunque, sei stato molto gentile a rimanere ad ascoltarmi...ancora
una volta, Itachi!- ma lei, in ogni occasione, in ogni caso, in ogni
situazione che lui si sentiva perduto e privo di speranza,
proprio lei, quella piccola ed innocente creaturina, era sempre in
grado di risollevarlo, di purificarlo
dall’oscurità, di farlo rivivere e
sorridere...come mai aveva fatto.
- Certo, che sei particolare... davvero particolare...- le disse per
poi distendersi completamente, provando a resistere per infine
lasciarsi sfuggire una risatina che durò per poco, ma che
echeggiò a lungo nel cuore della fanciulla, incantata a
guardare quell’abbagliante sorriso, più bello e
caloroso di quel sole, in quel giorno di calda primavera.
- Almeno, ti ho fatto sorridere!- ribatté riflettendo ancora
su quell’affermazione apparentemente normale, ma che in
realtà nascondeva un messaggio profondo. Però
subito dopo dovette passare ad un altro pensiero, quando lui
riaprì bocca:
- Tutta questa situazione però...- sibilò appena,
ritornando ad un tono di serietà e allo stesso tempo di
disperazione che Itachi crebbe di nascondere, ma che in
verità fu ben evidente alle orecchie della Hyuga che
sentì il cuore nuovamente in subbuglio. Lui si
alzò istantaneamente, mettendo quasi paura
all’altra per un movimento talmente rapido; il fatto era che
sembrava quasi arrabbiato, improvvisamente il suo umore era divenuto
nero e impossibile da modificare. Ne ebbe paura la principessina e
perciò non fiatò.
- Perdonami...- disse avvolgendo a sé il mantello messo ad
asciugare, ma ancor inumidito, sulle spalle -...ma devo scappare!- ora
la sua voce pareva tremare dalla frenesia di quella fuga, semi
ansimante, come quando un uomo ha appena commesso un omicidio e non
aspetta altro che andarsene e lavarsi del sangue dell’ucciso;
eppure per lei quel suono rimaneva sempre profondo e affascinante. Era
turbato, sì, ma non perdeva la sua attrattiva.
- Va bene...- disse quasi con lamento e tanta incomprensione,
lasciandoselo sfuggire di nuovo, senza l’occasione di
salutarlo.
Ad ogni passo della corsa dell’Uchiha, seppur sempre
più lontano, seppur attutito dall’erba che
lì cresceva vigorosa, Hinata si accorse che ogni battito del
suo cuore corrispondeva ad ognuno di essi; pareva che volesse seguirlo
ovunque, sembrava che volesse essere lì con lui
anziché ancora incastonato nel petto della ragazza, si
mostrava sempre agitato più che mai solo quando lui si
allontanava, solo quando temeva di non rivederlo più.
Il suo cuore pareva volersi legare al suo...
Ed ignorava che anche quello di lui batteva forte, più
vivamente che mai e non tanto per la corsa, non tanto per
quell’assurdo desiderio di scappare, ma per il fatto di
sentirsi assalire di nuovo da quel calore in viso, da
quell’improvvisa bramosia che lo punzecchiava sulle gote, e
da quel conseguente pensiero che gli faceva ogni volta scuotere il
capo. Si fermò nei pressi della grotta e vi si
appoggiò con una mano. Ansimava lievemente e si mutilava
interiormente, cercando di riprendere il controllo:
“Che ti prende,Itachi? Piantala!” si mise
l’altra mano sul volto, massaggiando poi gli occhi, mentre
avvertiva il calore aumentare e l’affanno proseguire
“Dannazione!” esclamò interiormente
sentendo che aveva permesso alle guance di colorarsi ancora, ma per
fortuna aveva evitato di farsi vedere “Non posso! Non devo!
Maledizione!” si malediceva e si contorceva tutto piegandosi
in avanti e fissando il suolo, ora tenendo entrambe le mani contro la
parete rocciosa. Il sole picchiava forte e il sudore cominciava a
grondare rapidamente dalla sua fronte: scendeva giù,
superando le guance e incuneandosi verso il collo, mentre qualche
goccia birichina andava ad oscurargli la vista, in quanto si buttava
direttamente contro i suoi occhi, facendoglieli bruciare e appannare.
Solo dopo qualche attimo, dopo essersi placato, dopo che il respiro
riprese la sua normale corsa, egli si levò, con lentezza e
con potenza, come se fosse un grande imperatore, come se avesse
concentrato nelle sue mani tutto il potere di quel mondo, come se si
sentisse finalmente padrone di tutto e di tutti; era sicuro di
sé, controllato e placido. “Questo è
stato il nostro ultimo incontro...” si disse senza provare
alcun sentimento, né gioia, né
infelicità “...abbi cura di te...”.
Doveva dire a lei quelle parole, ma volle invece dirle al suo animo,
per farlo rassegnare, per fargli definitivamente capire che era giunta
l’ora di farla finita. Sapeva, inoltre, che lei non avrebbe
sofferto oltre per lui, in quanto era consapevole, ne era certissima
che lui era in gran forma, sapeva che non aveva più bisogno
di nulla.
-Tu non hai bisogno di me...- sospirò all’aria
pulita e aromatica di fiori, mirando il cielo dove iniziavano ad
entrare in scena le primissime nuvolette color neve, ma intanto sentiva
lo sterno dolersi tutto, avvolgersi e domandare pietà verso
quel signore-padrone che fingeva al cielo e a se stesso.
La principessina permise
all’animale di uscire,
sì, di
tornare all’aria aperta decretando che oramai era guarito.
Credeva che sarebbe
tornato però, pensava che oramai si fosse abituato alla sua
cameretta.
…In
realtà il lupo non intendeva più far ritorno. Lui
non era un animale domestico.
Rieccomiiiiiii!!! Pardon il ritardo >.< *si inchina
ripetutamente*
Ma ecco per voi un nuovo capitolo....hihihi *w* ( per una volta faccio
uno "spoiler": ...preparatevi al prossimo! XD Lo so non è un
gran che, però...XD)
Bene, vi ringrazio ancora per il vostor sostegno (continuate a
recensire) e vi saluto augurandovi poi buona Pasquaaaaaaaaaa!
Baci
Mewpower
|
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Capitolo 29 *** I'm yours ***
Primo giorno d’estate. Mai stato più
gelido. In realtà la temperatura era davvero alta, sia di
giorno che di notte, per molti intollerabile, per altri quasi
impercettibile. Tra questi ultimi vi era la giovane Hinata che a tutto
pensava fuorché il caldo afoso di quella stagione, troppo
persa nei suoi problemi e nelle sue ansie. Da molti giorni non vedeva
più il suo animaletto, il caro lupacchiotto di cui si era
occupata a lungo, ma che ora se ne era andato per sempre, senza neppure
salutarla, solo dicendole scusa per doversi allontanare così
di getto...una richiesta di perdono che in verità celava
molto di più: una fuga definitiva e le tante preoccupazioni
che aveva generato in lei. La ragazza non si era mai sentita oppressa
da quel lavoro, da quelle cure, anzi erano ciò che lei amava
di più fare: aiutare il prossimo, dare soccorso a chi
è ferito...nulla di più bello. Ne rimpiangeva la
partenza, ma non poteva non succedere. Se lo ripeteva tutti i giorni:
“Non poteva non andare a finire così...”
Quindi cercava di andare avanti e di esser forte, come del resto, lui
l’ aveva sempre spinta a fare. Però era
senz’altro dura e la fatica si faceva sentire sul debole
corpicino della Hyuga che giorno dopo giorno avvertiva sempre
più prossima la data delle nozze. Lei dopotutto cresceva,
diveniva ancor più matura, si trasformava passo dopo passo
in una vera donna, pronta al grande passo e avvertiva gli occhi del
padre e del cugino fortemente puntati su di lei, terribili, infuocati e
bramosi di veder realizzato il proprio sogno. Sapeva che entrambi non
vedevano l’ora, conosceva i loro più infimi
pensieri seppur non fosse capace di leggere le menti delle persone e
per questo, quel giorno, si chiese per quale motivo dovesse ancora
farli aspettare. Se il suo destino doveva essere quello, tanto valeva
accelerare i tempi. Prima si sarebbe consegnata allo sposo, prima
avrebbe potuto imparare ad amarlo. Prima si sarebbe sposata, prima
avrebbe fatto felice il padre.
Sospirò scorgendo la luna piena di quella sera. Non soffiava
per nulla il vento, solo pace e qualche grillo che fischiettava una
melodia all’amata per i gigli fioriti nel suo giardino:
“Hai scelto proprio un bel posticino dove portare la tua
amica...” pensò con tenerezza la fanciulla
ammirando il meraviglioso mare candido che quei tanti fiorellini erano
in grado di formare; poi mosse nuovamente gli occhi verso la luna,
stupenda e luminosa come non mai, un gioiello della natura che non
brillava altro che per lei e ne era lieta. Si chinò sul
davanzale della finestra appoggiando i gomiti per poi posizionare il
mento sulle mani che profumavano di fresco e di fiori, come sempre, ma
in quell’occasione di più, essendosi da poco fatta
la doccia, essendosi lavata con cura e a lungo, dovendo indossare la
veste più bella e delicata che possedeva, pura e regale, che
non doveva assolutamente essere portata da chi non fosse limpido fuori
e dentro. Era una camicia da notte, meticolosamente confezionata dalla
povera madre di Hinata. Prima di sposarsi aveva deciso di realizzarla,
perché voleva che la prima figlia, semmai nata, la
indossasse per la prima notte di nozze, per la prime dolci effusioni
con il suo lui, un caro e amabile dono che voleva immediatamente
realizzare, sentendosi già abbastanza debole, temendo di non
poter mai veder sposare la propria figliola, preoccupandosi che la
morte che avvertiva oramai prossima potesse colpirla
all’improvviso e troppo presto. Doveva essere un ricordo di
lei e un tenero augurio di felicità con il suo sposo. E
Hinata, quindi, la voleva indossare quella notte stessa, seppur non
fosse ancora sposata, però quella era la serata ideale,
quella con la luna chiarissima in cielo, quella illuminata
dall’incantevole Via lattea nel suo più immenso
splendore, quella era la notte del primo giorno d’estate, il
giorno in cui intendeva donarsi a Neji, al suo futuro marito. Era stata
una difficile decisione, dettata da continui ripensamenti e tanta,
tantissima voglia di fuggire, però alla fine si era data per
vinta e aveva deciso di accettare la sua sorte. Sarebbe stata con Neji
quella sera, sarebbero stati l’intera notte insieme. Si
allontanò dalla finestrella decorata dalle tendine appena
cambiate e sfilando per la sua stanza, raggiunse la porta; la
aprì e diede un’ultima occhiata al suo letto,
niveo e puro.
Da quel giorno in poi non lo sarebbe più stato...
Passeggiò per il corridoio in direzione della sua stanza.
Era notte; chissà se dormiva, chissà se qualcuno
era ancora sveglio; chissà se in questo modo andava contro
il padre o le tradizioni; sicuramente quello era un gesto contro se
stessa e sapeva che sarebbe stata questa consapevolezza a farle
più male.
Intanto un’
ombra sostava nei pressi della residenza regale e scrutava con fare
sospetto l’entrata offuscata dalle tenebre. Doveva essere
quella la sua meta e quel che vi era dentro...
Giunse alla sua porta e il cuor iniziò a batterle
rumorosamente. I piedi tremavano e fremevano per ritornare indietro,
speravano di tornare a toccare un altro tipo di pavimento ligneo,
comunque lontano dal gelo che avvertivano in quel punto. Ma la mente di
Hinata era tutta propensa nell’entrare e a non dare ascolto a
nessuna spinta che l’avrebbe allontanata da quella che era la
cosa più giusta da fare; lei doveva incontrarlo. Non
bussò, ma entrò con paura e lentezza, facendo
prima avanzare la testolina e in seguito l’intero corpo con
il quale poi richiuse la porta dandole una spintarella leggerissima
ricadendo all’indietro, quasi uno svenimento non riuscito e
che invece la ragazza avrebbe sotto sotto desiderato che accadesse. Non
fece neanche in tempo ad avanzare, non un passo, in quanto al minimo
accostamento della porta lo Hyuga aveva di già aperto gli
occhi, però senza alcuna fretta. Aveva avvertito in quella
stanza una presenza nuova, estranea, ma non per questo pericolosa, anzi
ne avvertiva l’assoluta leggerezza e dolcezza, intuendo poco
dopo che non poteva che trattarsi della giovane parente,
poiché al suo naso giunse il suo meraviglioso profumo, un
odore che era assolutamente naturale e che l’aveva
contraddistinta fin dalla nascita. Gli sorrise il cuore avvertendolo,
ma si stupì al solo vederla davvero lì,
più bella che mai, vestita di un abito intimo talmente fine
e raffinato. Le domandò se aveva un problema, con un tono
sereno e veramente dolce, che arrivò strano alle orecchie
dell’altra che fu indotta a pensare che il suo umore non
poteva essere che buono, forse addolcito da quella stupenda luna
argentata che illuminava con intensità la sua camera da
letto, o che forse s fosse allietato all’istante, una volta
vista la donna che amava e che presto sarebbe stata solo sua. Non
udendo risposta e fortemente attratto da quella figura di
alzò dal letto, scostando un leggero lenzuolo dalle sue
gambe, e si avvicinò a lei con fare deciso. Rimase immobile
a fissarle i capelli, non potendole guardare il viso che teneva basso e
fermo, mentre la sua testa vibrava a mala pena, fino a quando non si
arrestò, insieme al respiro, una volta che fu in grado di
aprire bocca e di levare il capo:
- Neji, io...- ora era la boccuccia a tremolare tutta e il respiro che
le si era troncato in gola, le fece assumere un’espressione
ancor più mortificata e dolorante
–io...vorrei...che tu...- balbettava senza riuscire ad
esprimersi; ma non sapeva neppure lei cosa dire. Il suo scopo era
semplicemente quello di buttarsi fra le sue braccia, o spingere lui ad
afferrarla; doveva lasciarsi andare, doveva consegnarsi a lui, ma di
farlo spontaneamente proprio non ci riusciva, non aveva abbastanza
coraggio. Quindi attese qualche attimo prima di essere in grado di
ritrovare il fiato perduto e di riaprir bocca, però fu lui
stavolta ad impedirglielo, riuscendo pazzescamente ad intuire cosa
nascondeva tra le sue labbra e il suo cuore. Le toccò le
guance arrossate dal timore più che dalla vergogna e
spostò il suo viso verso il proprio. Hinata aveva serrato
immediatamente gli occhi non appena si era sentita premere le gote e
ciò gli impedì di comprendere quale fosse il vero
fine del ragazzo. Egli pose le sue labbra a contatto con la fronte
della giovane, trasmettendole tutto il calore della sua passione, della
sua voglia irresistibile di sentirla vicino; tuttavia non
durò a lungo e la discostò da se senza lasciare
la presa, solo per impedirle di deviare lo sguardo dai suoi occhi:
- Non ancora, Hinata...- lo diceva con tanta tenerezza, con un tono
talmente soffice da offuscare il desiderio carnale che lo stuzzicava
non poco, ma che era necessario placare, almeno fino al giorno delle
nozze. Fu dopo quella affermazione che lasciò scivolare via
il suo viso dalle proprie mani, sfiorandole quei capelli lunghi che le
facevano da cornice perfetta e le aprì la porta verso
l’uscita, di nuovo verso quel corridoio freddo e oscuro, ma
che apparve agli occhi della giovane per la prima volta luminoso e
accogliente. Lo sbattere lieve della soglia sancì la fine
del batticuore frenetico di lei che riprese a respirare regolarmente,
mentre le prime gocce di sudore provocate dall’ansia della
situazione precedente cominciavano a scenderle per il collo, rapide e
calorosissime.
Ma nel frattempo,
l’ombra aveva già individuato l’entrata,
la più comoda e la più facile, in quanto
l’avrebbe portata direttamente ai piedi del bocconcino
pregustato che ,si accorse, non era ancora rientrato, ma
dei passi morbidi erano percepibili a poca distanza da
lì e le sue orecchie li captarono con prontezza e
permisero alla macchia tetra di mettersi in posizione.
Hinata aveva sentito la necessità di dirigersi con prontezza
nella sua stanza, senza aspettare, per impedire di essere vista da
qualcuno, ed entrò in camera sua, sbarrando la sua porta con
entrambe le mani tremolanti. Affannata era la sua respirazione, come se
avesse corso con foga e il cuoricino aveva ricominciato a battere
rumorosamente, oppresso ancor più di prima da
un’ansia indescrivibile e da uno strano presentimento. Al sol
sentire una folata di vento alle sue spalle si voltò verso
la finestra che aveva dimenticato di chiudere, pensando:
“La finestra!”
Fu un movimento che le apparve inspiegabilmente lento e che invece
sarebbe dovuto essere istantaneo, immediato. Forse era il suo cervello
che non voleva materializzare quel che la fronteggiava, che non
intendeva credere lui stesso di quel che la giovane stesse osservando.
Vide, pensando di sognare. Non poteva essere veramente lì,
tutto ciò non avrebbe avuto senso. E invece, un’
ombra famelica, con due occhi iniettati di sangue, la fronteggiava
tutta rannicchiata, posizionata come un vecchio gufo malato e stanco
sulla cima del ramo più alto fra tutti, e la fissava con
forza, minacciosa apparentemente. Lei rabbrividì per quegli
occhi tanto agghiaccianti, ma non poté non avvertire un gran
soffio di felicità sulla sua pelle, rivedendo colui che
doveva essersene andato per sempre. Provò a sorridere, ma la
tensione e l’avvilente terrore che l’attanagliava
la facevano solo tremolare e continuare ad illudersi dentro di se che
ciò che vedeva non era altro che un’illusione.
Solo quando quel volatile nero scese dal davanzale e tornò a
terra dispiegando le ali, la fanciulla fu in grado di parlargli e di
trasmettergli tutta la sua sorpresa:
- Come hai fatto a trovarmi...?- non riusciva proprio ad arrestare quel
fremito che la sovrastava e si sentiva debole, confusa e stupida.
L’agitazione aumentò nel momento in cui
udì un gracchiare familiare, di corvi, che vide poco dopo
posarsi in prossimità della finestra. Erano loro due, quegli
uccelli che da tempo svolazzavano e scrutavano la sua abitazione, quasi
a volerla analizzare o quasi per farle la guardia e vedendoli insieme,
loro e lui, le parve che si assomigliassero, avevano lo stesso colore
nero e gli stessi occhi paurosi.
“Sono forse i suoi...” considerò allora,
cercando di allontanare dalla sua mente l’ipotesi che quelli
fossero veramente suoi compagni...o sue spie. Intanto si accorse che il
moro non aveva ancora fiatato e che proseguiva a mirare dritto, di
fronte a lui: guardava lei. Deglutì e attese ancora.
Quell’inquietante silenzio non faceva altro che peggiorare la
situazione e la luna, semi nascosta fra quelle poche nubi innocue,
rendeva tutto più difficile e imbarazzante in quanto neppure
un raggio riusciva a penetrare in quelle quattro mura, non un minimo
chiarore che potesse rincuorarla. Era nero, tutto nero;
l’oscurità era la vincitrice. E quel senso di
sconfitta, la metteva ancor maggiormente paura, incentivato pochi
secondi dopo da un suo passo.
La principessa
passò giorni interi pensando a lui,
a quella bestiola che
l’aveva ferita e fatto male con la sua fuga.
Eppure lei sperava
ancora in un suo ritorno
e la sua speranza
stavolta non fu delusa.
Whaaaaaaaaaa >-< Pardon, sorry, entschuldigung,
scusate!! ...per il ritardo.
Mi dispiace davvero di non aver potuto pubblicare prima
questo capitolo, ma...la storia è sempre quella!
Con la promessa di essere moooooooolto più rapida e di non
farvi aspettare così tanto, ci vediamo alla prossima!
Please, fatemi sapere cosa pensate nel nuovo capitolo (come dico sempre
le recensioni positive o meno sono sempre ben
accette!) Mi raccomando ^^
Ciaociao
Mewpower
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Capitolo 30 *** Love ***
Il ragazzo aveva iniziato ad avanzare, pian piano, con
calma, senza mai staccare il suo sguardo ipnotizzante da lei, senza che
l’altra reagisse, in quanto pietrificata da
quell’espressione, congelata dal freddo della tensione. No,
non poteva essere lui, non era il suo animaletto, non era il lupo da
lei curato, doveva essere qualcun altro, qualcuno che gli assomigliava,
una copia, una...illusione. I suoi pensieri si sciolsero ed evaporarono
nell’aria come neve al sole non appena la cara luna si fece
avanti per aiutare l’amica, la piccola umana terrorizzata:
scavalcando quelle cattivelle nubi giocherellone, ritornò ad
occupare lei il centro del cielo e a riprendere il controllo sulla
notte buia che voleva rubarle la scena. Splendente come non mai,
riprese ad illuminare la fitta foresta, poi le case del villaggio ed
infine la stanza della Hyuga dove nel frattempo l’Uchiha si
era fermato a pochi centimetri da lei e proseguiva
nell’osservarla senza batter ciglio. La luce lunare
rischiarò dapprima il viso di lui e poi quello di lei che
ammirò con ancor più stupore il volto del
ragazzo, riconoscendoci il lupo.
Era lui, era davvero lui.
E continuando quell’interminabile gioco di sguardi, si
accorse che la serietà che marcava la faccia se ne stava
andando poco a poco, fino a che non raggiunse un’espressione
rammaricata, quasi supplichevole, come se stesse per implorare il suo
perdono.
E la sua impressione poté essere confermata poco dopo,
appena egli aprì bocca:
- Mi dispiace...- sospirò facendo sbarrare gli occhi
all’altra – Io non dovrei essere qui...- e fu a
quel punto che il suo viso mutò nuovamente, facendo venir
fuori quel che teneva celato; in quell’attimo le
comunicò cosa sentiva, quale fosse la sua più
forte emozione, quale fosse la potenza di quel pensiero che vagava da
tempo nella sua testa e nel suo cuore, le fece provare quanta
bramosia doveva essere sfogata in quel momento senza più
aspettare, senza titubare.
Ora o mai più.
Se avesse continuato a portarlo dentro sarebbe esploso. Almeno questo
credeva e a volte aveva il timore che le conseguenze sarebbero state
ancora più distruttive. Quindi si gettò. Quindi
si espresse, seppur sapeva che non avrebbe mai dovuto farlo...
- Mi dispiace – le mormorò ancora e lei
provò uno strano brivido freddo solo dopo aver fatto un
istintivo passo all’indietro inquieta per
quell’ennesima scusa, quando si rese conto di trovarsi
addossata alla porta della sua camera, con le spalle al muro e lui
davanti, vicino, attaccato...
Itachi non fece a tempo a socchiudere le labbra per quelle parole che
dovette distenderle nuovamente. Infilò una mano fra i
capelli di Hinata che le discendevano lungo il viso, stringendoli con
leggera forza e così toccò pure la sua guancia
arrossata e ancora tremolante. L’altra non ebbe
l’opportunità di usarla: ci pensò una
sua gamba a impedirle di muoversi, la gamba sinistra per la precisione,
la quale fu posizionata un po’ per sbieco, ma comunque
infilata a dovere in mezzo alle gambe di lei. Avvicinando
così a sé il suo volto la baciò con
passione, facendo entrare in contatto il più che poteva le
sue labbra con le sue; forse poteva apparire come un gesto troppo
feroce ed egoistico, ma non poteva più resistere, non poteva
attendere qualche altro secondo in più, altrimenti il
desiderio di quel contatto l’avrebbe fatto diventare folle,
se non stroncargli il cuore. Quindi aveva agito in tale maniera solo
per gustarsi una volta per tutte quel momento, un bacio che doveva
rimanergli nell’animo per sempre e che sarebbe stata la sua
linfa di vita, ciò che gli avrebbe permesso di tirare avanti
e di ripensare alla dolcezza di quell’evento, quando lei non
sarebbe più stata al suo fianco, quando lui sarebbe partito
lontano, quando lei lo avrebbe odiato per quell’interminabile
bacio rubato. Sapeva perfettamente di essersi comportato male, da vero
prepotente, ignorando i sentimenti dell’altra, pensando che
in quel modo avrebbe fatto star bene lui, ma avrebbe fatto soffrire due
volte lei: oltre quel bacio, pure la sua immediata fuga. Ripensandoci
su in quel frangente, non poté non staccarsi da lei,
rimanendo con una mano ancorata alla sua guancia, restando ancora a
contemplarla da vicino per qualche secondo, prima di togliere quella
sua gamba fra le sue e di lasciarla libera. Notò che aveva
tenuto gli occhi chiusi, serrati strettissimi, e aveva il viso in
fiamme, accalorato, segnato da qualche goccia di sudore. Le
sembrò impaurita, terribilmente scossa e preoccupata e per
questo si sentì un verme. La sua natura animale aveva preso
il sopravvento e quel dannato istinto aveva portato nuova amarezza a
quel giovane angelo, che l’aveva sempre aiutato, che le era
sempre stato accanto. Quel bacio doveva essere stata una vera pugnalata
a pieno petto per quella sensibile e pura fanciulla, che si era vista
sporcare dalle labbra di un assassino. Si sentì male e si
pentì di aver dato retta alla sua smania di piacere.
- Perdonami...- le ripeté con voce rattristata,
allontanandosi pian piano tenendo la testa bassa per poi
proseguire a fissarla fino a quando non giunse ai piedi della finestra,
camminando all'indietro. Hinata sentiva il cuore che pulsava
paurosamente. La sua principale preoccupazione era quel ritmo
pericoloso, mai saggiato prima. Teneva il capo basso e scrutava con gli
occhi che bruciavano il pavimento ligneo come per trovare in lui una
spiegazione di quell’irregolare acceleramento. Era emozionata
e deliziosamente compiaciuta e per ciò si
meravigliò lei stessa. Le guance colorite iniziarono a
spegnersi a poco a poco, mentre la sua testolina rifletteva e
cominciava a comprendere. Non ne era rimasta scossa, non aveva avuto
paura. Quel che si era impossessata di lei in quel frangente di
passione era tanta commozione e incredulità. Quel gesto
voleva dire tante cose e quelle scuse pure.
Si toccò la bocca, pure lei non più tremolante,
come tutto il suo corpo e sentendone il calore e il sentimento lasciato
dal moro, si convinse definitivamente. Seppur le pareva incredibile...
- I...Itachi...- volle chiederglielo -...perchè mi hai
baciata...? – voleva sentirlo dalla sua voce.
Il ragazzo, che stava per sorpassare la finestra, si bloccò
fulmineamente, voltandosi verso la ragazza al solo udir quel quesito
con tanta calma e profondità:
- Io...- Itachi si rese conto di non aver mai provato un sentimento
talmente grande, di non aver mai potuto assaggiare un bacio
così piacevole, di non aver mai pronunciato quelle parole
che gli innamorati si sussurrano nelle orecchie ogni volta che si
incontrano. Era imbarazzato e per la prima volta in tutta la sua vita
avvertiva il cuore che non procedeva con regolarità:
singhiozzava, per poi accelerare, poi si fermava bruscamente per
riprendere a ritmo spedito. Ma oltre all’imbarazzo lui, il
più temuto tra tutti gli Uchiha, aveva paura. Sì,
tremava di fronte ad una reazione di lei, ad un suo
“no”, ad un suo rifiuto, ad un sua reazione
infuriata che lo avrebbe definitivamente cacciato da quella casa e
dalla sua vita. Ma dopotutto se lo sarebbe meritato, dopotutto poi non
aveva nulla da perdere e alla fine si decise a parlare dopo qualche
attimo di esitazione.
- Non intendevo procurarti un altro fastidio così...- si era
completamente girato verso di lei e teneva i pugni chiusi, fermo con il
corpo, ma non del tutto con la voce -...Ma volevo soltanto che tu
sapessi...- Lei lo guardò con aria quasi infelice mentre
osservava i lineamenti del suo volto che si contorcevano dal senso di
colpa -...che ti sono debitore...Mi hai salvato la vita e con le tue
attenzioni...mi sono sentito rinascere.-
Vagava con gli occhi alla ricerca di qualcosa a terra, però
quando sentì di avvicinarsi a ciò che vi era di
più importante in tutto quel discorso, destò gli
occhi verso quelli della ragazza, che lo ascoltava con attenzione,
senza abbandonare quegli strani segni sul suo viso che indicavano
sconforto:
-...Poi con il tempo tutto è degenerato...ma non potevo
permettermelo, non potevo fare nulla...- tali parole avrebbero potuto
suonare in maniera incomprensibile alle orecchie di un estraneo, ma per
Hinata tutto era ben limpido e le pareva quasi di sognare, considerando
chi aveva di fronte -...Ho sempre cercato di nascondermi da te, seppur
tu mi eri sempre più vicino...e ciò anche se mi
faceva piacere, non poteva che essere un male per te...e io non...non
volevo che tu rischiassi, non volevo metterti in pericolo! –.
Il suo timbro di voce salì di colpo, come volesse sfogare
quel pensiero di preoccupazione e di attaccamento verso la ninja, ma
ritornò basso subito, non appena si ricordò dove
si trovavano. – Ma...quando mi hai aiutato anche quella sera
di inizio primavera, dopo che ero fuggito, dopo che ti avevo lasciata
sola...ho consolidato dentro di me quel pensiero che avevo sempre
controllato e tenuto buono...Era diventato intollerabile e in questi
ultimi nostri incontri è continuato a crescere e a diventare
sempre più difficile da arrestare...- i loro sguardi
cominciarono a fondersi pian piano senza che nessuno dei due se ne
accorgesse – Hinata... volevo dirti...che mi sono innamorato
di te.-
Cadde inesorabilmente sulle sue docili membra, tale affermazione
così toccante e profonda. La fanciulla di sentì
scuotere completamente e i suoi occhioni iniziarono a riempirsi di
nuove lacrime, che non caddero subito, bensì rimasero a
lungo sui bordi, sostenute dalle ciglia sottostanti. Il moro
notò quella reazione e gli sarebbe dannatamente piaciuto
avvicinarsi a lei per poi asciugargliele con le proprie mani e poi
abbracciarla, sentirla ancora a contatto con se stesso, odorarne il
profumo e magari baciarla nuovamente sentendosi dire lo stesso... Ma
sognare non era tipico dell’Uchiha e perciò
tornò immediatamente con i piedi per terra, rimanendo
immobile a fissarla, stavolta tutta, dalla testa ai piedi, per
bloccarsi qualche attimo in più su quella magnifica camicia
da notte, così ben ricamata e preziosa ad una prima
occhiata, rimanendo incantato da come quegli esili merletti brillassero
sotto la tenue luce lunare, a dispetto di lei, Hinata, che era
perennemente lucente, durante l’intera giornata, anche quando
la notte tentava di assalirla; pure quando era triste, anche quando si
sentiva a pezzi, lei appariva sempre bellissima, sempre dolce, sempre
un prezioso merletto ricamato a mano. E poi il tessuto talmente fine
metteva finalmente in mostra il suo corpo, le sue stupende forme, la
sua esilità, il suo portamento, la sua regalità.
Intanto lei rimaneva immobile, senza sapere come dovesse reagire. Uno
strano miscuglio di emozioni si scontravano nel suo petto, facendole
tornare rosso il viso e facendola sentire impotente, confusa,
nuovamente debole ed era sull’orlo di piangere. Il ragazzo
non voleva che piangesse, non sopportava vederla soffrire e
così pensò che la soluzione migliore fosse quella
di scappare per scomparire definitivamente dalla sua vita.
Ignorandone i sentimenti...o forse facendo finta di non vedere per non
peggiorare le cose...
Fatto sta che le girò di nuovo le spalle mormorandole un
“Addio” che sapeva di lacrime e di tanta, tanta
disperazione. Ma la loro storia non avrebbe mai potuto funzionare,
anche se lei avesse ricambiato i suoi sentimenti, anche se lui avesse
tentato di convincere il padre a non farla sposare; tutto era
già stato scritto e loro due non potevano far altro che
seguire il loro destino. Crebbe davvero che fosse finita e che fosse
giunta l’ora di lasciare Konoha per sempre, ma un tuffo dal
più profondo del cuore lo fece arrestare immediatamente e lo
lasciò senza fiato. Sgranò gli occhi senza avere
il coraggio di guardare. Era bastato un semplice tocco, anzi una presa,
per fermare il battito dell’Uchiha, una toccata sofficissima,
ma allo stesso tempo ben sentita, sicura. Era incredulo e credeva che
avrebbe fatto meglio a non girarsi per non illudersi; non poteva essere
lei...Ma altrimenti chi? Rimase voltato ancora, guardando la finestra
spalancata che avrebbe segnato la sua uscita di scena e nel momento in
cui si decise a fare un altro passo in quella direzione udì
la sua voce e la netta stretta al proprio braccio:
- Non...non andare via...- cercò di essere più
lucida possibile in quella situazione, riuscendo abilmente a non far
tremare la voce seppur le lacrime avevano iniziato a solcarle il
faccino sconfortato – ...per favore, Itachi.-
Il cuore gli si strinse in una morsa soffocante che gli
impedì per qualche secondo di reagire. Lei gli aveva chiesto
di restare nonostante quello che lui credeva un disonore per una
fanciulla del suo genere, nonostante tutto il dolore che anche in quel
momento pareva provare...però in realtà lei non
era triste, era semplicemente tanto, terribilmente felice di vederlo
lì, talmente contenta di aver sentito quelle parole,
veramente commossa per l’immensa sensibilità del
giovane...
Hinata ad un certo punto allentò la presa dal suo braccio:
sapeva che non poteva costringerlo, sapeva che se aveva fatto una
scelta occorreva rispettarla; era finalmente consapevole dei propri
sentimenti, ma sapeva anche che non sarebbe riuscita ad esprimersi, non
almeno in quel momento: l’agitazione, lo stupore, la gioia
erano talmente amalgamate l’una con l’altra da
creare tanti singhiozzi nella sua gola al punto da bloccare l'uscita
della voce e la timidezza, che la contraddistingueva, avrebbe poi
contribuito ad impedirle di raggiungere la sua meta. Quindi rimase
zitta non appena lasciò il guinzaglio che legava
l’animale a lei e tenendo il capo basso fu solo in grado di
sussurrargli qualche parolina:
- Non voglio che tu te ne vada...- tanto pianto celavano quelle parole,
ma furono talmente ben scandite e affatto balbettanti, che sembravano
fuoriuscire dalla sua bocca con naturalezza e leggiadria, nonostante in
verità moltissime lacrime le scendevano dagli occhi. Il moro
parve udire quel che l’animo della fanciulla volesse
gridargli: lo avvertì seppur il suono era piuttosto lontano,
ma non gli parve che fosse un’allucinazione, sembrava davvero
la sua voce. Non esitò allora, pensò che solo
guardandola avrebbe capito. Si girò senza fretta e
incontrò quei chiari fiumi disperati. Egli assunse
un’aria ancor più triste e come trasportato dal
vento aprì bocca e aprì il suo cuore senza
finalmente alcun dubbio:
- Non voglio vederti piangere...- dolce, fu dolce come il miele
quell’affermazione dell’Uchiha e dannatamente
profonda, appassionata e attraente. Tutto l’attraeva di lui,
già, ne fu certa solo una volta vederlo nuovamente
così vicino, veramente accostato a lei, di nuovo tendente
verso la sua bocca... Itachi si chinò su di lei ed ella
rimase ferma a contemplarlo mentre scendeva verso le sue labbra. Non
ebbe bisogno di reggerla, di tenerla ferma, di costringerla a rimanere
lì, di fronte a lui; la ragazza era immobile, era pronta ed
era desiderosa di riceverlo ancora; non temeva un nuovo bacio, in
realtà non lo aveva mai temuto. Le loro labbra vennero
nuovamente in contatto e uno splendido calore avvolse entrambi, facendo
strepitare i loro cuori, spingendoli l’uno contro
l’altra. Fu a quel punto che Itachi ebbe l’assoluta
brama di ritoccarle il volto; gli bastava sfiorarlo, gli sarebbe
bastato quello, ma poi il caldo che si era impossessato di loro aumento
terribilmente e anziché allontanarlo, lo portò
ancor più ad accostarsi a lei e a toccarle un fianco. La
fanciulla avvertiva il suo respiro su di se, sentiva il sapore delle
labbra e ciò faceva nascere in lei una passione che non
credeva possibile, inimmaginabile conoscendosi. Fu lei comunque a
staccarsi da lui dopo quel bacio interminabile e mirò i suoi
tetri occhi che non le comunicavano più paura, ma solo
tanto, tanto ignoto che voleva imparare a conoscere.
- Itachi, io...- mentre sussurrava quelle parole con tante lacrime e
tanto rossore, lui si riavvicinò alle sue labbra, girando
intorno a loro con desiderio, ma attese, attese quel che doveva dirgli,
sperando con tutto se stesso di venir ricambiato -...io ti amo...- fu
fatale quel colpo che spinse l’Uchiha a lasciarsi andare e a
baciarla con passione, un atto d’amore che non sapeva di
brutale né di eccessivo, era solo segno di tanto, tantissimo
affetto represso nell’animo e che ora doveva trovare sfogo,
ora ne aveva l’occasione. Hinata non credeva che sarebbe mai
riuscita a baciare qualcuno con tanto sentimento e non immaginava
quanto potesse essere bello essere baciati con altrettanta tenerezza.
Erano candidi entrambi, si scambiavano effusioni amorose con una
delicatezza indescrivibili; furono due baci, l’uno dietro
l’altro, veramente densi di significato, davvero ricchi di
amore. Non riusciva a staccare le labbra da lei, erano troppo
invogliate a continuare quel contatto, voleva che si impregnassero del
profumo di lei, voleva pensare a lei ogni qualvolta se le passasse con
la lingua e desiderava che anche per l’altra fosse identico.
Si separarono un attimo, giusto per riprendere il respiro, ma poi la
temperatura salì di nuovo e l’attrattiva riprese
con forza spingendo ciascun corpo verso l’altro senza alcuna
esitazione. Itachi la prese per i fianchi, mentre lei fece scivolare
con timidezza le sue braccia intorno al suo collo. Il moro
avanzò di qualche passo verso di lei e la giovane, ogni
qualvolta sentiva il suo corpo addossarsi al proprio, pareva volersi
ritirare, pareva voler scappare da tanta bramosia di contatto fra i
loro ventri, ma quando giunse al bordo del proprio letto, non
poté più tirarsi indietro ed un nuovo tentativo
del ragazzo di farsi avanti la costrinse ad inciampare e a cadere
sdraiata insieme a lui sulle soffici coperte. Non aveva più
vie di fuga, non poteva fuggire oltre. Ancora con le braccia ancorate
al suo collo lo fissò negli occhi addolciti da tanto amore e
lui affogando negli occhi limpidi dell’altra si fece
trasportare definitivamente con lei, finendole sopra con morbidezza.
Prima di un nuovo bacio, prima di un seguito appassionato, Itachi volle
dirle la stessa frase che aveva pronunciato, superando
l’emozione, poco prima:
- Hinata...- sospirò quel nome trasmettendo il grandissimo
sogno che aveva di poterlo pronunciare sempre, per tutta la vita,
quando richiamava a se la sua amata -...ti amo...- un tenero verbo
fatto di tantissima voglia e profondità, un mormorio
percettibile dalle orecchie di lei appena in tempo prima di dissolversi
per l’aria afosa di quella sera, ma sarebbe durato fino alla
fine, oltre quella notte, oltre quel momento, oltre quei loro sguardi.
La baciò nuovamente accarezzandole i capelli con la stessa
intensità di quell’appoggio di labbra e la nottata
continuò a quel ritmo, con schiocchi di morbidi
baci e di sospiri d’amore.
Piena di timore per le
sue zanne,
ma troppo lieta per
averlo di nuovo con sé,
la principessina non
poté che riaccoglierlo con tanto affetto,
quel lupo che intendeva
voler rimanere con la sua salvatrice.
...Sìììììììììììììììììììììììììì!!
>.<
Scusate, ma...finalmente il mio capitolo preferito è giunto!
Mi auguro sia stato di vostro gradimento e...aspetto i vostri commenti.
Ciao ciao e a presto con il prossimo capitolo!!
Mewpower
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Capitolo 31 *** See you soon ***
Era sorto il sole: caldo e amorevole, brillava ancora con
leggiadria quella mattinata, stuzzicando i ramoscelli e i fili
d’erba freschi di rugiada, allietando il risveglio dei primi
uccellini e dei primi contadini, i quali, nonostante ci fossero
abituati, facevano comunque fatica a svegliarsi così presto
e ad abbandonare i morbidi letti, non potendosi godere un
minimo di rilassamento neppure nella bella stagione, quando il sole era
appena nato e il venticello di prima mattina lo coccolava con
tenerezza. Era senz’altro quella la parte migliore della
giornata, quando ancora quella stella non ardeva con tutta la sua
forza, quando ancora era semi addormentata e non del tutto riposata, in
quanto quell’ultima notte era passata rapida, fulminea
quasi...
Il tempo vola quando si è in piacevole compagnia...
Fu più che altro il venticello a far aprire gli occhi a
quella ragazza che dormiva sopra il suo letto complessivamente ben
fatto, eccetto qualche piega qua e là che andava rovinare
quel candido mare di lenzuola. Aprì gli occhi con poca
voglia e si alzò a sedere strofinandoli. Aveva avvertito
l’aria sfiorarle la schiena, coperta dalla leggerissima
camicia da notte un po’ raggrinzita, e la sua frescura
l’aveva cosparsa di brividi che si moltiplicavano poco a
poco. Si rese conto di aver lasciato la finestra aperta tutta la notte,
ma ad un primo momento crebbe che fosse stata una sua svista. Poi,
però, voltando la testa da una parte, sobbalzò
arrossendo fortemente. Si mise una mano di fronte alla propria bocca
coma per esprimere tutto il suo stupore, l’incredibile
sorpresa di avere un uomo accanto a lei. Ne focalizzò
l’immagine e tutto fu chiaro. Lei quella notte
l’aveva passata con lui.
L’impossibilità, l’irrealtà
di un avvenimento come quello era sembrato talmente assurdo alla
giovane Hyuga che lo aveva ritenuto un sogno, pensava che quel che
aveva visto, quel che aveva provato fosse stata solo una pazzesca
illusione creata dalla sua testolina appena fuggita da un incontro
notturno col cugino... Lo shock e l’emozione provata,
riteneva, dovevano averla portata ad immaginare tutto...Invece, lui era
davvero lì, sdraiato sopra le sue lenzuola, intento a
godersi un dolce riposo in compagnia della donna che amava.
“È vero...lui ieri sera era
lì...” rifletté mirando la finestra e
le tendine che si muovevano con poca energia. Era ancora un
po’ confusa e si sentiva strana, con una vorticosa percezione
al livello del petto. Rimanendo ancora seduta sul suo letto, si
toccò il seno, alzando lievemente la fine veste per cercare
di coprirlo il più che poteva, avvertendo ancora in viso
molto rossore, provando tanto, tanto imbarazzo. Mentre, poi, tentava di
ripercorrere attimo per attimo, tutti i loro passi di quella nottata,
si sentì sfiorare i capelli, per poi passare ad un vero e
proprio contatto in corrispondenza di un braccio. Si girò
senza fretta e incontrò i suoi occhi, perdendosi nuovamente
in essi:
- Buongiorno...- le mormorò con tono limpido e con un
pizzico di sensualità.
- B...buongiorno!- gli rispose con la faccia completamente avvolta
dalle fiamme.
Lui le sorrise e quel calore parve spegnersi lentamente, come se quello
fosse stato un getto di acqua fresca su di lei. Era dannatamente bello,
i suoi occhi color pece non le incutevano più il minimo
timore, i capelli della stessa tonalità le sembravano sempre
al loro posto seppur in quel momento fossero un po’
scarmigliati, ma quei piccoli ciuffi birichini non facevano altro che
renderlo ancora più misterioso e ancor più
affascinante. Si era incantata a fissarlo e per questo lui rise di
nuovo.
- Che c’è? Sei sorpresa di vedermi qui?- in
verità lo era ancora, però pian piano si stava
convincendo di quel che era stata in grado di fare
- Hai...hai dormito qui, tutta la notte?- le chiese notando le sue
scarpe ai piedi del letto insieme al mantello
- Certo. Avevi dubbi?- le domandò senza abbandonare quel
riso che gli decorava il volto. Lui sapeva oramai quasi tutto del
carattere di quella fanciulla; la sua sensibilità e
timidezza era forse la parte che più adorava di lei e ci
giocherellava, divertito da quella sua espressione frastornata e
impacciata. Lei, contemporaneamente, cercava di capire quel suo
inusuale sorriso, come se fosse contento di tutta quella situazione.
Raramente aveva potuto vederlo sorridere, perciò era nel
profondo del suo animo rallegrata da quel segno di felicità,
ma per esso era anche in preda all’agitazione per quella
semplicità nel risponderle e per quella situazione che aveva
sconvolto solo lei.
- Oddio, che vergogna!- gli diede le spalle, tenendosi le guance
fermamente, nonostante tutto il rossore se ne fosse già
andato e fissava il pavimento ligneo con gli occhioni ancora stupiti.
Si destò pure lui a sedere sul letto, mettendosi
così a fianco di lei. Era felice, per una volta dopo
tantissimo tempo di tormento e incubi aveva ritrovato la
serenità e la gioia nel vivere. Poi aveva ritrovato
l’amore, dopo aver perso quello della famiglia, il suo cuore
era riuscito ad ancorarsi ad un’altra figura,
un’estranea, una persona così differente da
sé, così pura e candida, ma che era stata
disposta comunque ad aiutarlo e a macchiarsi di lui, a sporcarsi di
nero, senza provar ribrezzo, senza rimaner contaminata da tanto
desiderio di morire. Aveva scoperto un amore profondissimo, fatto di
tanto tormento interiore e di insopportabilità, che alla
fine era dovuto farsi avanti e sfociare in tutta la sua potenza, seppur
con il timore di non essere mai ricambiato. Il cielo, però,
aveva voluto che lui, il tetro lupo della foresta, fosse finalmente
liberato da quel peso e che dopo tantissimo tempo potesse ricominciare
ad amare e ad essere amato.
Le si accostò col viso, baciandole una guancia semi nascosta
fra i capelli e lei, dopo un po’ di esitazione, tolse le
proprie mani dal viso per poi voltarsi a guardarlo. Si era svegliata
dal sogno che li teneva lontani ed era tornata in quel mondo fatto solo
di lui e di lei, retto dalla consapevolezza che il loro amore era
reciproco e indissolubile. Ma vi era pure quella piaga, quel
fastidiosissimo impedimento che faceva male a tutti e due, difficile da
ignorare, impossibile da eliminare. Ripensando al suo problema, Hinata
assunse un’espressione addolorata e i suoi occhi iniziarono
ad offuscarsi. Itachi parve sobbalzare, afflitto da quella visione che
lo rendeva paralizzato dal dispiacere, per subito dopo farlo rendere
conto che quel loro gesto era stato folle. Lui aveva sempre lottato
contro quel dannato pensiero passionale, quell’amore che
cresceva di giorno in giorno, perché sapeva quale era la
situazione della ragazza, conosceva inoltre la propria, era consapevole
di quali conseguenze tutto ciò avrebbe potuto
comportare...Ma alla fine non aveva saputo resistere e le aveva
confessato tutto, ignorando che anche per lei fosse lo stesso.
Già, se lei lo avesse cacciato, lui se ne sarebbe andato e
non avrebbe creato problemi...
- Itachi...- la fanciulla bisbigliò il suo nome, osservando
il suo viso sconvolto, preoccupandosi di quello sguardo perso
nell’oblio. Lui all’udire la sua voce
spalancò gli occhi come se si fosse appena svegliato da un
incubo e si grattò il capo con lentezza.
- Che diavolo ho combinato?- disse, mostrando i lineamenti del volto
rigidi e lo sguardo cupo. Con quell’interrogazione pareva
colpevolizzarsi con tutto sé stesso, si sentiva
profondamente turbato e non provava altro che tanta amarezza per quello
sfrenato desiderio che alla fine era riuscito a soddisfare.
Sì, ma dopo cosa sarebbe cambiato? Nulla. Il problema
persisteva ugualmente: la ragazza si sarebbe dovuta maritare lo stesso
e lui sarebbe dovuto fuggire comunque. Per questo, per il fatto che
nulla era stato cambiato, si sentiva nauseato e nuovamente addolorato
per quell’illusione di amore eterno, per quel piacere
momentaneo, per quella nottata d’affetto che era volata via
in un lampo –Perdonami...- le disse mentre spostava la mano
dalla testa al viso -...così...non ho proprio risolto
niente...-.
Lei lo guardava rattristata, mentre razionalizzava che lei non sarebbe
mai stata sua, che nonostante quella notte lui non era ancora suo; non
sarebbe mai diventata la sua donna e vedeva dai suoi due abissi neri
l’irrefrenabile volontà di averla per
sé, leggeva chiaramente dalla contrazione della sue labbra
che Itachi avrebbe tanto desiderato baciarla di nuovo, di dormire con
lei nello stesso letto,di fare l’amore con lei per
sempre... ma che per voler del destino ciò non sarebbe mai
potuto divenire realtà. Entrambi ne erano consapevoli, tutti
e due rimpiangevano la loro sfortuna, eppure la sera prima avevano
accantonato questa faccenda, avevano chiuso gli occhi entrambi
nonostante tanto timore all’inizio e si erano lasciati
andare, non sopportando più quelle catene che li tenevano
inchiodati a due muri l’uno opposto all’altro,
impedendo loro di toccarsi... neppure potevano sfiorarsi...
- Io sono stata bene...- disse ad un certo punto la Hyuga tenendo il
capo chino -...io non mi pento di nulla...-. Il moro spostò
lo sguardo sul suo tenero visino colorito, non più
annebbiato dalla tristezza, ma semplicemente lieto e tanto innamorata.
Trasudava evidente l’affezione che la principessina aveva nei
suoi confronti, bastava notarlo dalle gote o dal puro sguardo che
brillava ogni qualvolta indirizzava una timida occhiata su di lui.
- Lo sai anche tu che questo non potrà che crearti problemi
in seguito...- disse allora il ragazzo fissandola intensamente e lei
annuì con la testa
– Ma non me ne importa...perché io sono felice
solo quando sto con te...- quelle parole dolci e delicate come una
nuvola di zucchero gli giunsero fino al cuore, facendolo tornare a
sorridere.
- Davvero?- glielo chiese quasi con le lacrime agli occhi, ancora
incredulo che quell’angelo così puro fosse
veramente innamorato di lui. E lei le rispose sorridendogli. Il loro
cuori battevano all’impazzata tornando ad essere impazienti
di sentire l’uno il calore dell’altro, possibile
solo se avessero nuovamente riaccostato i loro petti, solo se si
fossero lasciati andare ancora; ma il sole iniziava a farsi sentire e
il venticello fresco di poco prima stava mutando in un’aspra
e afosa aria quasi insopportabile. Il ragazzo si rese improvvisamente
conto che non poteva più restare là, doveva
scappare. Si levò dalle lenzuola senza dire una parola. Non
ce ne fu bisogno poiché lei capì immediatamente.
- Itachi!- fece echeggiare il suo nome per la camera senza temere che
qualcuno la sentisse – Torna, ti prego...- istantaneamente i
suoi occhi erano tornati nuvolosi
- Non ti preoccupare... vedrai troveremo la soluzione per rimanere
insieme per sempre...per non separarci mai più...-
due lacrime birichine fuoriuscirono dai suoi specchi annebbiati mentre
lui le sfiorò il mento con una mano -...aspettami...e non
piangere per me...- non sopportava proprio vederla piangere, vederla in
quello stato lo faceva sentire una nullità,
perché era lui il motivo di quel pianto. Prese rapidamente
il mantello coprendosi interamente e lanciandole un ultimo sguardo
intenso scomparve nel giardino in un batter d’occhio. Hinata
si asciugò le lacrime e si accostò alla finestra
per chiuderla. Aveva lasciato un segno scuro sul davanzale, era la
terra delle sue scarpe. Ne osservò l’impronta con
attenzione, ma non la cancellò. Voleva che restasse in
quella camera un segno di lui, un piccolo segnale che le ricordasse che
da lì era entrato ed uscito. Quella doveva essere sempre il
suo ingresso, doveva perciò sempre restare aperta.
Così si convinse ad avvicinare un’anta sola e di
lasciare l’altra spalancata. Sarebbe bastata una semplice
folata di vento per aprirla, sarebbe bastato un suo nuovo ingresso per
renderla nuovamente felice.
Così il lupo
tornò ad essere il suo animale da compagnia
e all'insaputa di tutti
tornò ad occupare la sua cameretta.
Il suo ritorno,
comunque, non aveva cambiato nulla,
il loro sarebbe
continuato essere un pericoloso e proibito gioco.
Ecco per voi un altro capitolo,
seppur più di transizione che di altro... eheh ^^
Mi auguro comunque che vi sia piaciuto e che vi tenga compagnia durante
l'attesa per il prossimo!
Un saluto a tutti voi e alla prossima!!
Mewpower
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Capitolo 32 *** Promise ***
Passò l’intera giornata e
volò rapidamente la notte. Già un giorno era
passato dal loro ultimo incontro, da quell’intensa nottata
fatta di dichiarazioni ed effusioni d’amore; già
era svanito dalla sua camera da letto il suo profumo, ma
l’impronta terrosa alla finestra no. Hinata mirava quelle
magnifiche sfumature color cobalto che fluttuavano verso
l’orizzonte, spostando lo sguardo di tanto in tanto su quelle
piccole nuvolette a pecorella che saltellavano per il cielo.
Erano graziosi quei batuffoli di goccioline di pioggia, però
al tempo stesso davano l’impressione di non essere
lì per trasmettere allegria, bensì per combinare
qualche bello scherzetto, magari proprio per quella stessa sera che si
faceva vicinissima. Suonò, infatti, il pendolo posizionato
in un angolo di casa Hyuga alle ventidue esatte e le prime gocce
d’acqua cominciarono a cadere sui gigli in fiore con ritmo,
ma con un’iniziale leggerezza. La ragazza era appena andata
nella sua stanza quando si rese conto della pioggia e rimase un
po’ incantata nell’osservarla, meravigliata che il
suo presentimento si era trasformato in qualcosa di concreto.
Aprì definitivamente la finestra sporgendosi lievemente: era
fine, delicata sulla pelle e così si rasserenò al
pensiero che i suoi fiori non avrebbero sofferto, ma anzi tutta
quell’acqua li avrebbe senz’altro allietati dopo
un’altra dura e afosa giornata estiva. Rimise la testolina
all’interno della cameretta e per sbaglio i suoi occhi furono
deviati verso l’alto, oramai scuro. Per un attimo perplessa,
li sgranò immediatamente una volta vista la luna che
nonostante tutte quelle nuvole si faceva largo per il cielo, con una
grinta e luminescenza quasi innaturale. Ma la Hyuga era principalmente
stupefatta dalla lucentezza, un colore inusuale, ma di cui di tanto in
tanto si dipingeva: era rossa anche quella sera, segnata da lunghi fili
vermigli che la facevano apparire quasi rugosa, ma non per questo meno
bella, soltanto leggermente inquietante. Pareva essere arrabbiata;
quelle venature sembravano le grinze che si formano sul viso ogni
qualvolta si è infuriati, quando si sta per urlare; insomma,
la luna in quella occasione pareva tutt’altra cosa, non era
più il dolce e tenero cerchietto luminoso che coccolava la
fanciulla e i suoi gigli ogni notte.
Deglutì. E poi strizzò gli occhi. Solo
perché aveva cambiato chiarore ciò non
significava che non fosse più lei. Le voleva bene,
l’apprezzava davvero molto e non poteva provarne ribrezzo o
cercare di evitarla. Perciò la guardo con molta
intensità e si accorse che tutte le sue convinzioni su
quell’apparente terrore che le aveva comunicato non era altro
che una bugia, una falsità materializzata nella sua mente
senza un fondo di sensatezza. Ne sorrise, pensando che quella tenue
paura doveva essere legata a qualche ricordo dell’infanzia o
forse a qualche tetra storiella che le era stata raccontata tanto tempo
fa... Chinando la schiena, appoggiò il mento tra le proprie
mani guardando quel singolare fuoco lassù in alto con
un’espressione mutata e un vago pensiero iniziò a
svolazzare fra i meandri della sua testa:
“Mi sembra di vedere i suoi occhi...” la mente era
tutta indirizzata verso di lui che non era lì vicino a lei,
ma di cui avvertiva la presenza; non sapeva dove di preciso,
però non era di sicuro lontano, non di molto e credendo di
fissare lo Sharingan del suo amato si rivolse all’amica luna:
- Non ho più alcun timore di quel sangue...- e
addolcì lo sguardo come a voler dire che in
realtà ora era forse quel rosso vivo ciò che
più bramava.
Si alzò un lieve venticello che fece piegare i fragili
fiorellini della residenza e per goderne tutta la frescura la giovane
socchiude gli occhi e respirò a pieni polmoni. Quando li
riaprì rimase quasi a bocca aperta accorgendosi che la
pioggia non cadeva più e che di fronte a lei era appena
apparsa un’ombra nera che era a poco più di un
metro di distanza dalla sua finestra. Non fece nemmeno in tempo a
drizzarsi che già quella figura le era vicina e la
salutò con leggero imbarazzo levando una mano:
- Itachi...- sgranò gli occhi per poi spalancare la bocca e
mostrare il suo sorriso
- Come stai...?- le mormorò grattandosi il capo quasi si
vergognasse di essere lì
- Bene...- sussurrò lei arrossendo lievemente.
Quei due, l’uno davanti all’altro parevano due
sconosciuti al loro primo appuntamento, entrambi emozionati e persi
nell’ascoltate il proprio battito che accelera ogni secondo
di più. Bastò, comunque qualche attimo di
silenzio per ridare ad tutti e due la possibilità di
riprendere il controllo e di tornare sé stessi.
- Visto...te l’avevo detto che sarei tornato...- le disse con
tenerezza rispondendo al sorriso di poco prima
- Sì...e ti ringrazio!- rimasero a contemplare quella serata
di luce rossastra ancora per qualche minuto, lui in piedi sul prato
bagnato e lei appoggiata al davanzale, fino a quando non fu la stessa
Hinata ad aprire bocca:
- Vuoi entrare...?- deviando lo sguardo verso l’interno, gli
sibilò quella domanda massaggiando un braccio per scaricarci
sopra l’agitazione.
A lui bastò fare un cenno di assenso per mascherare
l’ansia di quel nuovo incontro notturno e il desiderio di
poter starsene da solo con lei di nuovo. Stettero sul lettone candido
per molto parlando e parlando della loro giornata, dei loro pensieri e
del loro amore:
- Ci sono novità?- le chiese ad un certo punto
indirizzandole un’occhiata sofferente. Lei sapeva bene a cosa
si riferiva e scosse la testa aggiungendo:
- Non mi ha detto più nulla. Né lui e neppure mio
padre...- fissava sconsolata i suoi occhi color pece cercando di
immergersi completamente in essi solamente per distogliere la sua
psiche da tutto quell’affanno, da tutta la realtà.
Il moro la guardava allo stesso modo, con
un’intensità passionale che aveva sempre posseduto
e di cui forse non si era mai reso conto; e fu proprio quello a far
scattare una piccola molla la quale spinse la Hyuga ad avvicinarsi di
più a lui, mentre l’altro rimaneva immobile ancora
preso da quegli occhioni inumiditi:
- Troveremo un piano...qualcosa per convincerlo...- si rivolgeva
all’altra con tono calmo e convinto di quel che affermava,
seppur nel frattempo il suo cuore si scuoteva con forza e
iniziò a vibrare al solo veder accostare a sé la
ragazza. Intanto lei raggrinziva le labbra e dondolava il capo con
stanchezza e rassegnazione ritenendo che oramai era impossibile
cambiare quel che era stato deciso, sarebbe stato assurdo il solo
tentare; conosceva il padre e la sua autorità non le avrebbe
permesso di aprir bocca. Quando la scorse talmente avvilita le fece
forza toccandole una guancia e poggiando il pollice sulle labbra
tremolanti:
- Invece ti dico che possiamo...basta solo farsi avanti...- e dicendole
così si protesse verso di lei, tenendo quella mano salda sul
suo visino, e la baciò con affetto, con amorevole dolcezza,
ma poi quel bacio mutò in qualcosa di più,
trasformandosi in una stretta del fianco da parte di lui e un appoggio
del petto formoso di lei su quello dell’altro.
Quell’atto d’amore si trasformò presto
in un segno di accesa passione, bastava osservare le labbra accalorate
e i corpi dei due amanti che si scuotevano, eccitati da brividi di
desiderio nascosto e tenuto a bada da entrambi. Le afferrò
le mani stingendole alle sue e la fece distendere sulle coperte non
più immacolate, non più limpide da qualsiasi
impurità; era stata la notte prima a sporcarle e ora
ritornavano ad essere inzuppate di eros, di tanta, tanta
sensualità.
Solo dopo vari minuti, quel frenetico strisciare di corpi
l’uno sull’altro fu bloccato da un sospetto rumore,
una sorta di scricchiolio proveniente da fuori di quella stanza, che li
fece arrestare e rimanere immobili, fissi ognuno sullo sguardo
dell’altro in maniera da far rabbrividire tutti e due, tanto
era lo spavento per quello cigolio che avrebbe potuto segnare la fine
per entrambi. Attese un secondo rumore dello stesso tipo prima di
decidersi ad alzarsi: Hinata era in quel momento seduta sul letto e
mirava con gli occhi sgranati la porta in legno. Itachi le teneva una
mano, mentre fissava l’ingresso di quella stanza, anche lui
seduto. Si alzò, alla fine, la fanciulla con passo
tremolante e dischiuse la porta con lentezza, mostrando a mala pena il
faccino, sbirciando con un occhio se vi fosse qualcuno.
Analizzò la situazione e scorse una donna,
un’anziana signora che si dirigeva verso l’uscita
della residenza con la sua sacca in mano e ancora con il grembiule
sporco della cena di quella sera. Ella si accorse del topolino che
aveva messo il muso fuori dalla sua tana e dunque non poté
non fare a meno di salutarla:
- Signorina Hinata, io vado...- le disse con tono basso la donna che si
occupava frequentemente dei pasti e delle pulizie in quella casa.
- D’accordo...va bene...- le disse la ragazza con voce un
po’ vacillante
- Ma state bene, signorina...?- l’ anziana
raggrinzò le ciglia, osservando l’interlocutrice
con un po’ di fiatone e leggermente tremolante, per poi
decidere di avvicinarsi maggiormente per capire se avesse qualcosa che
non andava
- Sì...sì. Il fatto è che sono solo un
po’ stanca.- le mostrò un sorrisino che non
avrebbe convinto mai nessuno della verità di quelle parole,
ma la vecchia signora era molto affaticava e non desiderava altro che
andare a casa
- Ah, allora vi consiglio di andare subito a letto...Avete uno strano
colorito.- con quell’ultima affermazione e con mezzo inchino
partì da lei piano piano. La fanciulla sospirò e
rimise il viso all’interno della sua stanza solo quando vide
sparire definitivamente quell’ombra in mezzo alle
altre di quel lugubre corridoio buio. Chiuse la porta
addossando il suo corpo contro di essa e poi spostò lo
sguardo sul ragazzo che era rimasto seduto, ancora visibilmente
inquieto per quell’inaspettata visita notturna.
- Ehi...- le mormorò guardando il suo viso bagnato di sudore
freddo ed arrossato, ma senza poter aggiungere niente altro
- Sì, sto bene...- gli disse sorridendo con timidezza e con
ancora un po’ di ansia -...ma per un attimo ho temuto che ti
avrebbe visto...-
Lui abbassò il capo ripetendosi nuovamente che quella che
stavano facendo era una follia, però si ricordò
immediatamente delle parole che lui stesso aveva pronunciato poco prima
e si decise a farsi la croce sul cuore, di giurarle apertamente che lui
avrebbe fatto di tutto, avrebbe trovato un’idea per fare in
modo di poter vedere realizzato il loro amore:
- Non devi preoccuparti, perché presto o tardi riusciremo a
trovare il modo di rimanere insieme senza più doverci
nascondere...- suggellò quella promessa sulla sua stessa
anima, mentre la fissava con sguardo convinto e pronto a qualsiasi
difficoltà e lei si limitò ad annuire con
debolezza, credendo a quella promessa, sperando che potesse alla fine
concretizzarsi, ma ciò che più
l’animava in quel momento era soltanto tanta malinconia e un
velato pessimismo che la stava mortificando.
- Spero che sarà così...- abbassò le
palpebre in preda ad una gran voglia di piangere, ma celò le
lacrime per non far star male l’altro, sapeva che lui non
voleva vederla soffrire...
Dopo una breve
passeggiata i due tornarono nella camera;
era ora di dormire.
Bastò un
rumore fuori dalla stanza, comunque, a far tremolare entrambi.
Tant'è
che preferirono riposare l'uno accanto all'altra per il resto della
nottata.
Ecco, a voi un altro capitolo da gustare....da
soli o in compagnia XD ahah
Ok, vi esorto ancora a lasciare vostri commentini e a seguire questa
storia che...ormai è agli sgoccioli!
Prima di salutarvi, rispondo rapidamente ad un' osservazione che
è stata fatta la volta passata: già, a
volte Itachi può apparire un po' OOC... però io
lo immagino così! Penso che il lato "buono", quello opposto
al lato da membro dell'Akatsuki sia proprio così! (o forse
è Hinata a trasformarlo!) E' l'impressione che ho
avuto dal manga...ma non dico nulla o faccio spoiler >.<
Però se a volte esagero (e scusatemi perchè non
ci faccio caso >__<) fatemelo notare, mi raccomado.....
ah, e grazie per i complimenti che fate, ma siete troppo buoni <3
Allora, alla prossima!!!
Mewpower
|
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Capitolo 33 *** The dress ***
Dopo quella sera, i due innamorati avevano deciso di
incontrarsi il meno possibile nei pressi di casa Hyuga, per fuggire
dagli sguardi e dalle orecchie sospettose della famiglia e di possibili
individui girovaghi in quei dintorni. Avevano così ripreso a
vedersi nel bosco, in quella foresta dove avevano passato il tempo
insieme in varie occasioni; però la loro gratitudine e la
loro affezione era principalmente rivolta a quella grotta seminascosta
tra i cespugli e i rovi di quella stessa selva, quella situata non
molto distante da quello che era stato destinato come “letto
di morte” da parte di entrambi, il fiume di Konoha, ma che
poi era divenuto tutto altro: era stato colui che aveva incrociato i
loro destini e che li aveva fatti incontrare. Quindi i due ragazzi
avevano ripreso a frequentare quel rifugio che a lungo aveva ospitato
il lupo malaticcio e nonostante fosse stato in diverse occasioni troppo
freddo o troppo buio, ora era fortemente amato da entrambi, adoravano
rimanere lì al fresco e contemplare le nuvole
all’entrata. Quella mattina si erano dati
l’ennesimo appuntamento e Itachi l’attendeva
sdraiato a terra con le mani dietro la nuca. Fissava il cielo, con le
gambe accavallate, e ad ogni fischiettio degli ultimi uccellini che
giravano da quelle parti muoveva a ritmo il piede. Durante
quell’ esame attento dello spostamento delle nubi, si
meravigliò di come il tempo volasse rapido:
l’autunno era appena cominciato, dunque quei due si
frequentavano oramai da un po’ senza che nessuno se ne fosse
accorto, ma nonostante tutto quel tempo lui non aveva ancora trovato la
soluzione che ricercava, quella che avrebbe loro permesso di vivere
felicemente insieme per sempre. Borbottava e malediceva la propria
condizione; non aveva ancora trovato nulla che potesse andar bene.
Però dopo aver riflettuto per circa una ventina di minuti
sulla sua tragica situazione, parve come svegliarsi e tornare con la
mente rivolta verso la sua amata: perché ancora non
arrivava? Era sempre stata un tipo preciso...possibile che se ne fosse
scordata? Gli balenò subito per la testa l’idea di
recarsi a vedere se c’era qualcosa che non andava e le gambe
non attesero molto prima di rizzarsi e di correre verso il villaggio,
dove nel frattempo Hinata era occupata, un imprevisto richiamo
l’aveva costretta a lasciare da parte il suo animaletto per
concentrarsi unicamente su se stessa e su quello che in quel momento
aveva di fronte...
Pochi minuti prima dell’ora che era stata programmata dai due
per incontrarsi, il padre si era parato dinnanzi alla fanciulla con il
suo solito sguardo imperioso e cupo; affianco a lui c’era la
figlia, la sorella della nostra Hinata, che impassibile e fredda
rivolgeva un’occhiata alla maggiore. Tale padre, tale figlia;
quei due si assomigliavano in una maniera raccapricciante da far gelare
il sangue. Hinata sembrava, se accosta al padre, un’estranea
o forse una parente, ma occorreva lavorar di immaginazione...Lei era
più simile alla madre, i loro capelli e il loro visino era
pressoché uguale.
- Hanabi...- seppur continuasse a guardare l’altra figlia,
l’uomo si indirizzò alla minore con tono solenne
-...conduci tua sorella in quella stanza dove siamo appena stati.-
Hinata rimase immobile a quelle parole e pure quando l’altra
ragazza si mosse nella direzione opposta alla loro con passo moderato;
non appena anche il padre fece un passo, ma verso la Hyuga maggiore,
lei parve destarsi dal suo mondo, sebbene crebbe di sognare quando vide
dipingere sul volto del genitore un mite sorriso:
- Vai, io vi raggiungo dopo-
La ragazza si trattenne dallo sgranare gli occhi per lo stupore; vedere
il padre sorridere era piuttosto inconsueto e in verità,
neanche lei si ricordava se in tutta la sua esistenza aveva mai visto
sorridere il padre in quel modo. Tanto è che non volle
indugiare oltre e con un cenno del capo si avviò,
allontanandosi da quel riso che le gettò inquietudine, solo
timore e niente di più.
La sorella si fermò ad un certo punto di fronte ad una porta
che da molto tempo era rimasta sbarrata e di cui la giovane si era
quasi dimenticata l’origine, come pure la
funzionalità della stanza che quella aveva sigillato. Stava
per rivolgersi alla ragazzina per domandarle spiegazioni, ma non fece
in tempo a tirar fuori il fiato: di già Hanabi aveva
spalancato con un leggero sforzo quell’ingresso cigolante che
nascondeva un’ampia camera buia, piena di polvere e di
ragnatele. L’odore di chiuso e di vecchio inondò
le due che a stento riuscivano a sopportarlo; solo dopo aver aperto le
ante della finestra semi arrugginita dagli anni e dalla pioggia
filtrata, le ragazze poterono tirare un respiro di sollievo: Hinata lo
fece apertamente, l’altra solo dentro di sé...non
le piaceva mostrarsi umana alla presenza della sorella. Fu
così che anche la luce entrò, rendendo tutto meno
spettrale e più accogliente. Vi erano una moltitudine di
mobili accostati su di un lato della stanza e dietro di loro lo
scheletro di un letto, fornito ancora della rete per appoggiarsi il
materasso, ma sennò completamente spoglio e arrugginito
anche esso. Doveva trattarsi di un letto a baldacchino, antico e
impreziosito da rifiniture precise e ben lavorate, ma che pian piano
era andato rovinandosi, in quanto nessuno se ne era più
preso cura. L’attenzione della maggiore di casa Hyuga rimase
principalmente rivolta a quel monumento di bellezza purtroppo
deteriorato; però ci pensò la minore a
disturbarla e a farle comprendere il motivo di quella chiamata:
- Guarda, è questo...- Hinata non si era ancora voltata
completamente verso di lei quando Hanabi scoprì un manichino
color muffa da un lungo telo: uno scintillio quasi divino la
ipnotizzò subito e la shockò allo stesso tempo;
sbarrò gli occhi e distese il viso in maniera
impressionante, tanto è che le sue guance scomparvero,
mentre un biancore preoccupante le dipinse il volto. Aveva dinnanzi a
sé un meraviglioso abito da sposa, niveo, ma forse ancor
più della neve, lunghissimo e pieno di merletti finissimi
che luccicavano stranamente alla luce solare; dotato di un velo
altrettanto lungo che però aveva una tonalità
meno appariscente, il suo bianco si avvicinava di più al
colore della panna, ma non per questo era meno apprezzabile e meno
bello. Era talmente incantevole che non poté ricevere tutti
i complimenti possibili dall’incredula Hinata e ne fu
così emozionata che quasi si commosse di fronte a quella
veste da sogno; però l’evento a cui era collegato
non le permise di piangere dalla gioia e neppure di arrossire dalla
trepidazione, anzi avvertiva ad ogni occhiata in più che gli
rivolgeva una nuova e fitta pugnalata che le stava facendo sanguinare
il cuore. Chiuse la bocca attonita cercando di non farla tremare dal
pianto e rivolse lo sguardo verso la sorella come per cercare un
appoggio a tutta quella massacrante e avvilente situazione. Ma
l’altra non fece nulla che potesse risollevarle
l’animo, anzi le indirizzò un’occhiata
gelida e odiosa che trasmetteva tutta la sua ira e la sua
invidia...perchè lei non era che invidiosa, gelosa di quella
sorella incapace che nonostante tutti i suoi difetti, tutta la
debolezza e la sua inutilità era riuscita ad ottenere il
cuore dello Hyuga più forte, più bello e
perfetto...a dispetto di lei. Immediatamente le girò le
spalle e con tono indifferente a quell’evidente tristezza che
l’attanagliava, se ne andò dicendole:
- Papà vuole che lo provi e devi dirgli se ti sta...-
La lasciò sola, socchiudendo la porta. La fanciulla non si
mosse da quella stanza per qualche minuto, impietrita
nell’osservare quella camera sconosciuta...ma vagamente le
sembrava di rimembrare qualcosa...; tuttavia sapeva che non poteva
disubbidire e che quindi avrebbe dovuto provarlo, ma non lì,
in camera propria, davanti al suo specchio, davanti ai suoi figlioletti
coltivati con cura, davanti alla vera luce e all’odore del
presente.
Scivolò per il corridoio con quel manto candido, reggendolo
con una delicatezza quasi si trattasse delle ali di un angelo e giunse
alla meta con il batticuore e con qualche goccia
d’apprensione sul mento. Esitò a lungo, guardando
il vestito appena disteso sul letto; camminò di su e in
giù senza mai togliergli gli occhi di dosso, per infine
decidere di aspettare qualche minuto in più, ricordandosi
del suo appuntamento ormai dissoltosi nel vento; aveva tempo per
provarlo, anche poco prima dell’ora di pranzo, tanto oramai
Itachi doveva essersene andato e probabilmente era partito alla ricerca
di qualcosa da mangiare... Invece non dovette aspettare oltre per
avvertirne la presenza alle spalle, ansimante e ritto
aspettò che si voltasse prima di aprire bocca e
così...:
- Ehi...cosa è successo?- sussurrò talmente piano
che la ragazza non riuscì neppure a sentirlo, ma lui
proseguì nonostante lei non gli avesse risposto –
Pensavo che fosse successo qualcosa...- l’aria spaventata
dell’Uchiha fece fremere il suo piccolo cuoricino abbattuto e
la gran voglia di buttarsi da un precipizio per porre fine a
quell’incubo la spinse a gettarsi fra le sue
braccia:
- Itachi...aiutami....- fu in grado solo di mormorare questo;
il tremore delle labbra le impedirono di aggiungere altro. Il moro ne
avverti subito l’oscillazione del suo petto, un movimento che
proseguiva senza mai cambiar velocità e ciò lo
preoccupava.
- Calmati...- le baciò la fronte mentre la stringeva il
più forte che poteva contro di sé cercando in
quella presa di trasmetterle più fiducia e
tranquillità possibile -...ci sono io qui...-
Rimasero a lungo in quella posizione fino a quando lei non si
rilassò del tutto e riprese l’autocontrollo. Il
calore che gli trasmetteva l’aveva rincuorata e la sua
presenza in quel momento la stava rinvigorendo lentamente, facendole
riacquistare tanta speranza per un futuro con lui sempre
l’uno vicino all’altro. Pure lui avvertì
che quel tremolio si era oramai placato e si tranquillizzò
anche egli sentendole il respiro non più affannato; ma
voltando il capo per sbaglio notò quel candore che si
distingueva dalle lenzuola nivee, seppur bianchissime; il brillio dei
pizzi era ammagliante e quasi non arrossì pensando che
quella veste era dell’amata; un pensiero che fu annerito poco
dopo non appena ritornò alla realtà, non appena
ricordò che colei che stringeva fra le braccia non era sua,
era di un altro; lei non gli sarebbe mai appartenuta veramente, a meno
che non l’avesse rapita o avesse eliminato colui che la
voleva tutta per sé...
- Grazie per essermi sempre vicino...- durante quegli ultimi pensieri
lei aveva alzato il viso dal suo petto e lo guardava con riconoscenza.
Lui le sorrise e scosse il capo lentamente:
- Ci sarò sempre...- le disse con tenerezza e non
poté far a meno di baciarla per ritrovare in quella maniera
anche lui il controllo e di cancellare così
l’assurda idea di spargere altro sangue innocente.
La fanciulla era ansiosa
e preoccupata
Il gatto pareva voler
fare da padrone, minacciava il lupo ed occupava i suoi spazi con
presunzione.
La situazione si stava
facendo intollerabile,
chissà se
presto tra i due animali sarebbe scoppiata una lotta inarrestabile...
Eccomi arrivare alla velocità della luce!!!
>_< chiedo perdono per il ritardo...temo di avervi fatto
attendere troppo a lungo...
Ma è anche vero che ci stiamo avvicinando alla fine, siamo
proprio agli sgoccioli.
Hinata è sempre più vicina al matrimonio ed
Itachi sembra essere destinato ad uscire dalla sua vita... cosa
succederà?
Scopritelo con il prossimo capitolo!
Vi chiedo ancora perdono per la lentezza, ma vedrò di
velocizzarmi... e visto che anche oggi vado di corsa, vorrei che
perdonaste la presenza di errorini per questo capitolo (lo avevo
riletto tempo fa, ma di solito lo ricontrollo sempre più
volte...)
Allora, che dire se non commentate se potete >.< e ci
vediamo alla prossima!
Mewpower
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Capitolo 34 *** Our bed of snow ***
In quella fresca giornata primaverile, Hinata si
svegliò con uno strano formicolio al petto che la rendeva
inquieta. Si guardò intorno un attimo mentre tentando di
trovare lo stranissimo e angustiante motivo di quel malumore insensato,
ma la risposta non era lì e neppure dentro di sé.
Si levò dal letto con fatica e si diresse ai piedi del
grande specchio: rimase fissa a contemplare la sua immagine, toccandosi
e ritoccandosi il viso che sembrava smorto, dandosi a volte qualche
pizzicotto per ridare colore alle gote; eppure nulla, quella mattina
pareva non essere proprio in forze. Prese la spazzola appoggiata
lì a fianco e iniziò a pettinare i lunghi capelli
sciolti e pesanti, tirandoli controvoglia e sospirando nel frattempo.
Vestita e oramai completamente sveglia, fece per partire: doveva andare
da Itachi perché glielo aveva promesso; si sarebbero
incontrati ancora nei pressi dell’antro dai mille ricordi, il
loro rifugio d’amore, e lì sarebbero potuti
rimanere insieme l’intera mattinata, tanto né lei
né lui avevano nulla da fare... Seppur stesse per vederlo,
anche se sapeva che il moro le avrebbe fatto compagnia a lungo, lei si
sentiva piuttosto avvilita e tanta malinconia la ghermiva con forza e
la spingeva quasi a buttarsi di nuovo sul suo lettone e piangere,
piangere finché le lacrime non fossero finite,o fino a
quando non fosse giunto il suo salvatore... Però, non poteva
tirarsi indietro proprio in quel momento, poiché lui
l’attendeva; poiché lei era forte e quindi doveva
andare avanti; perché quella tristezza avrebbe presto
trovato fine e lei doveva resistere. Un’ultima occhiata allo
specchio e uscì di corsa, scordandosi di fare colazione,
dimenticandosi addirittura di dar da bere ai suoi candidi fiorellini
che iniziavano a farsi vedere tra l’erba bassa del suo
cortile, mostrando i boccioli innocenti e delicati.
Fu un lampo a raggiungere la sua meta, ma non lo fu altrettanto ad
entrare. Quella strana pesantezza addosso era ripiombata
all’improvviso una volta avvicinatasi all’entrata e
le stava dando fastidio; le seccava terribilmente il farsi sottomettere
da un presentimento! Quello non poteva essere un dolore fisico o
psichico, si trattava di una sorta di intuizione, nata
chissà come, che la faceva contorcere
dall’angustia e che le faceva sanguinare il petto. Scosse ad
un certo punto il capo, credendo di impazzire e con un po’ di
sudore che le scendeva dal collo si avventurò fra le tenebre
della grotta, non scorgendo il suo amato proprio
all’ingresso. Camminò e camminò,
chiamandolo con una leggera angoscia che trasudava da quelle note
vocali così deboli; senza riuscire a vederlo, senza
percepire la sua presenza, ma ad un certo punto mirò una
forte luce proveniente oramai dalla fine della caverna e corse
laggiù per riuscire a capire cosa fosse: si rese conto che
si era creato uno squarcio gigantesco che aveva fatto crollare quella
parte della parete rocciosa, permettendo alla luce solare di accedere
in quel luogo buio e di rischiararlo con la sua energia. Il buco
permetteva perfettamente ad una persona normale di passare verso
l’esterno e Hinata non esitò a farlo, pensando che
il lupo potesse trovarsi proprio là fuori. Rimase sbigottita
quando non si trovò ai suoi piedi il coprifronte
dell’Uchiha, quello con il simbolo della Foglia tagliato in
due, quello che aveva sancito il suo addio al villaggio natio, quello
dal quale non si sarebbe mai separato perché gli ricordava
il suo più grande sbaglio e tutta l’amarezza del
sangue dei suoi parenti uccisi per amor di patria. Dunque, con gli
occhi sgranati, la fanciulla lo raccolse osservandolo attentamente,
quasi non volesse riconoscerlo, per poi deviare lo sguardo verso il
paesaggio che gli presentava di fronte: tutto verde, tutti pini e abeti
smorti, alberi in fiore e ricchi di frutti, la vegetazione del bosco di
Konoa; insomma quella non poteva essere altro che una seconda parte di
quella foresta che lei credeva aver esplorato tutta e Itachi non poteva
che trovarsi lì, recatosi in quel luogo per un motivo a lei
ignoto, ma con tutta probabilità che fosse in brutta
compagnia...ecco come poteva spiegare quella strana sensazione!
Comunque non volle perdere tempo e si gettò spedita in mezzo
a quel verde, facendo piegare le piante che le erano
d’impiccio, evitando le buche e i tronchi caduti a terra per
i fulmini o per l’uomo, cercando di non pensare al peggio, ma
preparandosi a fronteggiare chiunque provasse a far del male al suo
ninja.
Si fermò quando si accorse che il terreno sprofondava verso
il basso ed insieme ad esso pure gli arbusti, alcuni dei quali erano
riusciti comunque a crescere lungo quella ripida discesa, ma si
trattava di alberelli scheletrici, raccapriccianti, i cui rami parevano
braccia di bambini sofferenti che chiedevano aiuto verso
l’alto, che imploravano pietà, che cercavano di
raggiungere la luce della salvezza...senza però riuscirci.
Tuttavia Hinata non poté non distogliere subito lo sguardo
da quegli strani alberi, attirata da un chiarore ancor più
stravagante, ancora più ipnotizzante, che emergeva dal fondo
di quella pendenza. Quel biancore l’attraeva fortemente,
tanto da farla quasi tremare dall’ansia di capire cosa
veramente fosse e perché la chiamasse. Scivolò
con abilità lungo quel pendio irto pure esso di ostacoli di
ogni tipo e frenando alla fine con una mano, cominciò a
camminare con passo lento verso quel fenomeno sconosciuto, fino a che
non arrivò proprio ai piedi di tutto quel manto niveo:
fiori, stupendi fiori color latte brillavano sotto il sole allegro e
riscaldante, dondolando ad ogni minima folata di venticello e
sorridendo all’umana accorsa a vederli, tanto le erano grati
e felici di avere un’anima simile a loro là,
accanto a tutti quanti. La ragazza era rimasta a bocca aperta per
quello spettacolo che le si presentava: non aveva mai visto un giardino
di quelle dimensioni completamente decorato da tanti angioletti
bianchi; neppure il suo cortile di gigli era così ben curato
e rigoglioso a primavera...e si domandava il motivo di
quell’eccessiva grazia e bellezza, in quanto era sempre stata
dell’idea che i fiori selvatici non avrebbero mai potuto
eguagliare la magnificenza di quelli che erano coltivati dagli uomini,
credeva che senza una buona cura e attenzione da parte delle mani umane
le corolle non avrebbero mai potuto mantenersi così lucenti,
gli steli non avrebbero mai potuto crescere talmente dritti e forti e
le foglioline ad essi attaccate non sarebbero mai riuscite a
sopravvivere indenne a causa dei piccoli insetti affamati... Quel
giorno si rese conto che si era sempre sbagliata: selvaggio non voleva
dire imperfetto, anzi quel che nasceva e si sviluppava naturalmente era
ciò che di più bello e perfetto poteva esistere,
era quel che di meglio poteva esserci. Tutti quei fiori erano segno
evidente della grandezza e della potenza della natura che non poteva
essere uguagliata o riprodotta artificialmente, poiché
l’uomo non è mai stato,non è e non
sarà mai in grado di raggiunge la potenza della Natura, un
mondo che la ragazza credeva di conoscere per intero, tanto era esperta
in floricoltura, ma in quel momento si accorse che in realtà
non ne sapeva ancora abbastanza...nessuno l’avrebbe mai
capita per intero...
Fece qualche altro passo entrando in quel mare candido e luccicante che
le stava facendo brillare gli occhi. Si muoveva con calma, temeva di
far loro del male, di rovinare quelle magnifiche forme di vita che le
parevano talmente docili e delicate che un lieve colpetto del suo corpo
avrebbe potuto ferirli, strapparli dal terreno materno, ucciderli...
Non lo voleva e perciò si accucciò ad un certo
punto accarezzando i fiorellini a lei più vicini, sorridendo
loro come una mamma benevola, sussurrando parole dolci e amorevoli...
Erano così simili ai suoi, parevano dei veri gigli, avevano
lo stesso colore, lo stesso profumo, ma i loro petali erano
più spessi, più grandicelli; erano diversi, era
vero, eppure sentiva che non potevano essere di una varietà
molto distante da quella dei suoi piccolini e così fece loro
conoscenza e il loro ricordo lo racchiuse nel suo cuore. Tutta presa da
quella meravigliosa visione non si accorse di quel che la circondava,
di tutto il resto, di quell’ombra che si stava facendo avanti
nel prato e che l’ afferrò per i fianchi facendola
sobbalzare dalla sorpresa: girò la testa in indietro e vide
quel che più di qualsiasi altra cosa avrebbe voluto scorgere
in quel momento, ciò che l’aveva messa in pena
fino a poco prima e che in quegli istanti le stava facendo piangere il
cuore per la contentezza:
-Mai abbassare la guardia – le disse sorridendole con
un’irresistibile tenerezza
Lei lo guardò con tanto amore e con un velato senso di
angustia:
- Mi hai fatto paura...- non si riferiva tanto a quel momento,
bensì a quell’improvvisa scomparsa dal luogo
prefissato per l’incontro, all’abbandono del suo
coprifronte, a tutti quei segnali che non preannunciavano nulla di
buono e che l’avevano messa in ansia.
- Scusami...- ne fu rattristato, intuendo a cosa si riferissero davvero
quelle parole.
Hinata già non ci pensava più comunque e gli
sorrideva teneramente, mentre lui osservava con la sua stessa luce
negli occhi quel fantastico giardino:
- L’ho scoperto per caso: avevo notato una leggera crepa nel
muro di roccia e scorgendo della luce mi sono domandato cosa ci fosse
al di là... Visto che ritardavi credevo che avessi avuto un
contrattempo e che forse non saresti venuta, ma per sicurezza ho
lasciato il mio coprifronte a terra...per farti intuire la strada...-
- Capisco...- spostò anche lei lo sguardo verso quella
meraviglia e inondata da un ulteriore senso di leggiadria tolse le
proprie mani da quelle dell’altro, afferrategliele con una
certa forza quando si era sentita prendere -...dimmi la
verità: ti piacciono?-
Itachi mosse gli occhi verso colei che brandiva e la fanciulla fece lo
stesso, avvertendo il respiro del ragazzo più vicino al suo
collo:
- Sì, mi piacciono molto...non so bene il motivo...forse
perché piacciono pure a te...- la sua voce si faceva sempre
più penetrante e il tono scendeva dolcemente come quando un
bambino si addormenta pian piano senza però smettere di
parlare alla propria mamma -...ma forse credo che la ragione sia
un’altra...- allo stesso tempo si accostava verso le sue
labbra con una lentezza tale da permettergli di terminare la frase, ma
con un fare dannatamente attraente che spinse la Hyuga a fare lo stesso
-...forse perché il loro candore mi spinge sempre a pensare
a te.-
Si baciarono con una grazia tale da far quasi invidia a quei fiorellini
ondeggianti a causa del mite venticello. I due innamorati rubarono, in
quel modo, la scena a tutte quelle corolle bellissime la cui
piacevolezza non era mai stata battuta da alcuno, la cui delicatezza
nei movimenti nessuno era riuscito ad imitare; ma quei due umani, quel
ragazzo e quella ragazza insieme erano un’esplosione di
solarità e di buoni sentimenti impossibili da debellare e da
dividere.
Lei si voltò frontalmente verso di lui e si
lasciò andare per intero in quel bacio che divenne
appassionato e che finì per far scivolare le membra di
entrambi a terra. Il loro corpi furono accolti da quei gigli selvatici
che si disposero a formare un letto, simile a quello della
nostra ninja poiché quotidianamente niveo e morbido come
tutti quei petali. Il moro riaprì gli occhi una volta
lasciata la sua bocca e prendendola per una mano la fece distendere
completamente senza mai perdere di vista i suoi occhi, quasi volesse
ipnotizzarla e spingerla a sdraiarsi per intero. E lei, senza neanche
accorgersi di aver fatto piegare sotto di sé tutto quello
splendore bianco, che fino a poco prima aveva cercato di difendere, si
sdraiò come lui voleva, come pure lei voleva e facendo
entrare in contatto il suo seno con il petto dell’altro gli
concesse un nuovo bacio, ancora più bello, ancor
più sensuale del precedente. Restarono a lungo
là, tanto erano pieni di passione e quando si fece ora di
andare, lui non riusciva proprio a lasciarle la mano e la
baciò nuovamente accarezzandole il capo morbido. La giovane
lo convinse alla fine con la sua vocina d’angelo a lasciarla
andare, seppur anche lei non avesse voglia di ritornare nella sua
reggia fredda e piena di ombre; e avvertendo un gran desiderio di
sentirsi scaldare lo invitò quella sera, quella notte a
passarla con lei, di nuovo dopo tanto tempo. Era da molto che non si
sdraiavano più insieme sulle soffici coperte del suo lettone
e Hinata proprio quella stessa notte voleva ritornare a farlo, come la
prima volta che si erano baciati. A lui bastò uno sguardo
per farle ricordare quante volte avevano rischiato in quella maniera,
ma oramai aveva già deciso e tra le tenebre di quella
giornata che se ne andava stettero insieme, nella camera della Hyuga,
stretti stretti, sudati e bramanti l’uno
dell’altro, intimoriti nel più profondo di venir
scoperti, ma eccessivamente vogliosi di fare l’amore come una
vera
coppia.
Dopo una lunga
passeggiata,
si fermarono nel mezzo
dello splendido giardino reale.
Lì, si misero
a giocare
per poi lasciarsi
trasportare dalla stanchezza e dal sonno.
Pistaaaaaaaa!!!! >__<
1) Chiedo infinitamente perdono per la mia lentezza atroce!
(cercherò di non farlo più
ç-ç)
2) Considerando che anche oggi vado di corsa...
ç-ç chiedo ancora perdono se troverete
imprecisioni di battitura o simili (non l'ho ricontrollato a dovere...)
3) ...mi auguro che questo capitolo "d'intermezzo" sia stato di vostro
gradimento! *_*
4) Commenti e critiche sono sempre ben accette! Quindi non esitate!
Alla prossimaaaaaaaaa
Mewpower
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Capitolo 35 *** My choice ***
Camminando per quell’agghiacciante corridoio
ligneo, la giovane teneva stretto al suo petto quel fiore candido che
l’amato le aveva lasciato, fantasticando sulla sua figura, su
quel contatto rassicurante e piacevole dei loro corpi, su quelle labbra
morbide e leggere che le lasciavano sempre un dolce sapore in bocca.
Era rossa in volto, ma non poteva saperlo e quando il cugino la scorse,
nel punto in cui si accedeva alla sala da pranzo l’
interrogò:
- Stai bene?- non la salutò neppure; la curiosità
e la meraviglia erano tali da spingerlo a fare immediatamente quella
domanda. La ragazza, scendendo bruscamente dalle nuvole,
arrossì ancor più e salutandolo alla sfuggita lo
rassicurò:
- Sì, sì...certo!- sfilò con
rapidità di fronte i suoi occhi, cupi e attraenti che si
straziavano nel vedere quell’esile figura ancora libera,
leggera e candida, ancora senza un vero padrone e questo lo spingeva a
bramarla ancor più, a desiderarla con tutto se stesso, a
immaginarla già vestita da sposa e già distesa
sul suo letto.
...
Fatta colazione la fanciulla si diresse verso la grotta, sapendo
che il suo lupacchiotto non poteva non trovarsi lì
e con il sorriso che le splendeva sul viso fresco arrivò
all’entrata dove si distingueva un’ombra fra tutte
le altre:
- Ehi!- lo salutò lei, alzando un braccio
-Hinata...- lui si levò da terra, dove fino a quel momento
era rimasto sdraiato intendo a fissare le nuvole –
buongiorno...- le disse guardandola con intensità
-Buongiorno...- il suo sguardo comunicava la stessa tenerezza
dell’altro e quel fiore addossato al suo seno conferiva
maggior dolcezza a quel momento. Ma quell’atmosfera amorevole
cominciò pian piano a sgretolarsi al solo imbrunire dei suoi
occhi:
-Cosa c’è...?- dalla boccuccia di Hinata quelle
parole filarono lisce e delicate, ma pure dannatamente intrise di
preoccupazione.
Sospirò; il moro mandò via
quell’improvvisa amarezza che attanagliava la sua anima con
un semplice fiato, ma non dovette attendere oltre affinché
tornasse...
- Ascoltami, Hinata...- il suo tono era serio, intriso di una
malinconia pura che a stento riusciva a regolare dinnanzi a lei -...ho
ragionato molto su di noi...e sono giunto alla conclusione che il
rimedio a questa nostra storia non può che essere uno
solo...-
La fanciulla trattenne il respiro, mentre continuava a guardare il suo
viso, terribilmente angustiato. Egli soffriva per lei,
perché sapeva che quel loro rapporto non danneggiava altri
che colei che lo fronteggiava, lei e lei soltanto e questo lo faceva
dannatamente stare in pena, lo faceva sentire un egoista...era lei che
pativa, lei e solo lei! - Purtroppo è
così...dovresti abbandonare il Villaggio, per poter stare
con me...-
Fu a quel punto che la Hyuga sgranò gli occhi, seppur
sentisse già dentro di sé quale doveva essere la
sua risposta...
- Lasciare...il Villaggio...- non poteva che essere così
dopotutto; doveva abbandonare tutto e tutti, la sua famiglia, i suoi
amici, la sua casa, i suoi fiori... rinunciare a tutto quello per poter
stare con lui, il più grande amore della sua vita. In quel
momento Hinata aveva abbassato il capo e contemplava le proprie mani
contorcersi e sudare dall’apprensione, mentre il suo cuore
iniziava a battere sempre più forte, in quanto consapevole
che quella decisione doveva essere presa presto, molto presto...o
magari anche subito...
- Hinata...- mormorò a quel punto Itachi
togliendole un ciuffo di capelli che le copriva il volto, capendo come
si dovesse sentire in quell' attimo -...ascoltami, io non voglio che tu
stia male per me e che soprattutto tu rinunci a tutto quel che hai...-
quelle sue stesse parole gli stavano maciullando il petto a poco a
poco, però non poteva fare diversamente; anche se gli
sarebbe piaciuto molto portarla via, strapparla da quel padre padrone e
dal suo futuro sposo, poterla stringere forte a sé e
sentirla solo sua...e di nessun altro...però lui non aveva
alcun diritto di farlo, ma in più non ci sarebbe mai
riuscito, sapendo poi che lei non sarebbe stata felice...
– Sappi quindi...- riprese allora -...che io ti
starò sempre accanto, non ti abbandonerò
mai...anche se dovessi rischiare di farmi prendere e...uccidere dal tuo
stesso sposo...- strinse i pugni fissando anche lui il basso senza
accorgersi che l’altra, invece, aveva rialzato il capo e lo
guardava con le lacrime agli occhi.
Il moro fece un respiro profondo cercando però di non farsi
udire da lei e riflettendo su quelle parole appena pronunciate volle
ricordarle:
- Però se tu non vorrai, io smetterò di esistere
per te...- a quel punto Hinata aprì lievemente la bocca,
come se volesse controbatterlo, ma in realtà stette in quel
modo per qualche secondo ad aspettare che continuasse
– Non voglio crearti problemi, te ne ho creati fin
troppi...quindi se tu vorrai sposarti e vivere solo con lui, io
andrò via e ti lascerò in pace...- ora teneva lo
sguardo piantato da una parte, lontano da lei il più
possibile, temendo forse che quei suoi occhi rammaricati le facessero
pietà e la portassero a fare una scelta errata e avventata.
- Io...- disse allora la Hyuga cercando con la sua voce di
farlo tornare a guardarla -...come potrei separarmi da te?- strinse le
labbra tremolanti e tentò di resistere al pianto smettendo
di parlare.
“Non piangere, ti prego” avrebbe tanto voluto
dirgli l’Uchiha che fingeva di non udirla, aspettando che
aggiungesse qualcosa; infatti poi lei proseguì:
- Come potrei...stare con qualcuno che non amo davvero?- rivolgeva
quelle domande a se stessa, non soltanto a lui, cercando di trovare il
perché di quell’assurda situazione famigliare
creatasi – Non ci posso proprio pensare...- si
ammutolì di nuovo generando un silenzio inadeguato che
incuteva solo più angoscia ad entrambi. Perpetuò
a lungo, senza che nessuno si facesse avanti: lui provava a trovare
parole rassicuranti per l’amata, lei invece aveva la mente
completamente vuota e ricercava la maniera con la quale fuoriuscire da
quel dramma, ritrovando la vera felicità e la pace.
Cinguettarono un paio di uccellini là, vicino alla caverna,
e parvero salutare proprio quei due innamorati, passando loro accanto
con qualche semplice battito d’ali; essi però non
risposero al saluto, bensì rimasero rigidi,
immobili a contemplare quel silenzio interminabile, oppressi dai loro
tormenti e dalla loro sfortunata vicenda...
-Vengo con te-
Fu un fulmine a ciel sereno. Bastò una sola frase per creare
un terribile acceleramento del battito cardiaco dell’Uchiha
che fissò la ragazza con paura, quasi, ma quei suoi occhi
spalancati in realtà indicavano solo meraviglia,
un’ incredibile meraviglia. Pensò di aver udito
male all’inizio, ma poi si disse di no. Lo aveva detto,
quella era la sua voce; seppur nel momento in cui aveva aperto bocca
lui non la stava guardando, aveva ben ascoltato quel timbro vocale,
quel suo tipico e lievissimo tremore, quella dolcezza e innocenza che
le sue parole trasmettevano sempre... Hinata era disposta ad
andare con lui, a stargli vicino, ad allontanarsi da casa sua per
sempre.
Allora volle esserne sicuro al cento per cento, vedere le sue labbra
muoversi ancora per pronunciare la medesima frase, così da
convincersi che non fosse stata un'allucinazione.
-Hinata...- mormorò il suo nome, posandole una mano sulla
spalla; lui non volle, comunque, aggiungere nulla, spingerla a
ripeterglielo, poiché se era davvero certa di fare quel che
aveva detto, allora avrebbe trovato il coraggio di affermarlo di
nuovo... o magari, per la prima volta, era l'Uchiha a non avere il
coraggio di parlare...
-Sì...- la voce le tremolava con maggior forza e una
lacrima, ma solamente una, le scivolò lungo una guancia; si
vedeva chiaramente quanto volesse trattenersi dal piangere -Vengo
insieme a te...- e senza più riuscire a muovere le labbra,
si scagliò contro il suo petto, abbracciandolo forte.
Il moro stette in un primo momento impalato a fissare il suolo, a
sbirciare i suoi capelli lunghi e la vibrazione del suo corpo.
Incredulo, commosso lui stesso, era pietrificato dinnanzi alla sua
decisione, che aveva sempre mentalmente sognato, che aveva sempre
desiderato con tutto se stesso, ma che non aveva mai osato pregare,
affinché si avverasse, per non tornare a mostrarsi l'uomo
egoista come aveva cercato di diventare in tutti quegli anni.
In seguito però avvertì i suoi singhiozzi,
sentì i sussulti del cuore che batteva irregolarmente e le
sue mani nel frattempo si inumidivano delle lacrime della ragazza che
piangeva a dirotto, ma che tenace e sicura provava a calmarsi da sola,
a vincere la sua debolezza, come lui le aveva insegnato.
-Hinata...- sospirò ancora il suo nome, ma gli piaceva
così tanto da non riuscire a smettere.
Le cinse un fianco con un braccio e adoperò l'altra mano per
appoggiarla sulla sua testolina, che accarezzò con affetto e
tanta condivisione, perché capiva il suo stato, sapeva cosa
significasse abbandonare tutto, era conscio del fatto che tornare
sarebbe stato quasi impossibile e che comunque nulla sarebbe
più stato come prima.
Appoggiò dunque il suo capo su quello della compagna e
sospirò per un'ultima volta, socchiudendo i due abissi che
aveva come occhi.
Il tempo trascorse rapidissimo mentre i due si abbracciavano, ma le
gocce di tristezza e già di nostalgia per il passato
cadevano lentamente ed abbondanti sia su lei che su di lui, entrambi
uniti nell'amore come pure nella pena.
Accoccolati l'uno
accanto all'altra nel suo giardino fiorito,
la principessa
osservò il lupo alzarsi da terra.
Lui la fissò
intensamente per cercare di parlarle, indicandole col muso la
foresta...
Lei sorrise tranquilla,
capendo molto di più rispetto a quanto avesse tentato di
comunicare.
...Sì, lo so.......... sono in un assolutissimo e
ingiustificabilissimo ritardooooooooo! Perdono, perdono
perdono!! Non mi ero scordata di voi...e neppure di questa
fanfiction, che è già bella e completa nel mio
pc, ma il problema è che...argh, non ho scuse se
non sempre ed unicamente le stesse .__. Purtroppo gli impegni sono
tanti e il tempo che passo in rete è sempre meno...tuttavia,
oggi mi sono decisa di rimettermi sotto, mi sono riletta i capitoli per
correggere eventuali errori e...ho pubblicato un nuovo capitolo!! Sono
felice e mi auguro che anche voi lo siate... chiedo ancora perdono!
Sicuramente a causa di questa mia negligenza avrete perso il filo o
magari vi siete rassegnati e avete lasciato perdere la storia... avete
tutte le ragioni del mondo >__< sigh sigh
Mi auguro comunque che dopo questo nuovo cappy a qualcuno sia ripresa
voglia di scoprire gli ultimi passi della storia sentimentale tra
Hinata ed Itachi...
Siamo agli sgoccioli, ma ancora non è detto che sia
finita...uh uh chissà!
Vi lascio quindi (ma stavolta provvederò a prendermi
l'impegno di finire di postare tutti gli ultimi capitoli!) augurando a
tutti voi un felice 2012!! Baci
Mewpower
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Capitolo 36 *** My first and last kiss for you ***
Socchiuse la finestra, facendo sì che ancora qualche lieve
spruzzo di freschezza mattutina potesse rendere più
gradevole l'ambiente della sua stanza. Si voltò a
contemplare lo spazio che la circondava: il letto, l'armadio, le
tendine e l'abito da sposa appoggiato ad una sedia; lo aveva tirato
fuori non appena sveglia e vi ci aveva appoggiato sopra una busta color
panna, con le sue iniziali, quelle che avrebbe portato comunque anche
se lontana...
Una giovane che aveva sudato e sputato sangue pur di farsi accettare
come figlia del capo, una ragazza di soli 19 anni costretta a fare di
tutto, anche a sacrificare ogni altra forma di amore per accoglierne
una inesistente dentro di lei, una Hyuga che non avrebbe più
fatto parte del prestigioso clan di Konoha per sua scelta... avrebbe
buttato via tutto, avrebbe abbandonato ogni ricordo, ogni oggetto, ogni
parentela, avrebbe sacrificato tutto, forse stoltamente, magari
illudendosi, agendo come la signorina Hinata non avrebbe mai osato
comportarsi; perché dopotutto lei era fatta così:
seria, riservata, composta ed ubbidiente. Non si sarebbe mai
comportata, per tutti questi motivi, come un'impulsiva ed egoista
ragazzina di ricca famiglia... ora, però,voleva esserlo, ora
voleva mettersi in gioco mostrando una parte di lei che non aveva mai
sfoderato, che nessuno credeva esistesse...e che forse non esisteva
davvero; ma pur di poter fuggire da quell'incubo, pur di non lasciarsi
sottomettere ancora, a costo di dover soffrire e veder tutto
frantumarsi davanti ai suoi occhi, la piccola Hinata voleva fare di
testa propria, voleva finalmente prendere in mano le redini della sua
vita, intendeva liberarsi dalla morsa di quella reggia e poter correre
libera, insieme al suo cucciolo di lupo, insieme al suo vero amore.
Ammetteva di essere incerta ncora, aveva paura.
Sebbene la sua sacca fosse già stata riempita
dell'indispensabile, pensava di rimettere tutto in ordine e di chiedere
perdono per quel che ancora non aveva compiuto...era dura, durissima
dover dire addio a quel luogo e a tutte quelle persone che lei non
aveva mai disprezzato, nonostante l'avessero fatta soffrire in
così tante occasioni. Eppure lei li continuava ad amare
tutti. Profondamente.
Dopotutto lì c'era ancora suo padre, sua sorella, il cugino
che la desiderava a tal punto da volerla in sposa; c'era la sua
amica-medico di sempre, i suoi compagni di missioni, i suoi vicini, i
suoi gigli in fiore; e poi c'era sua madre, il suo abito luminoso e
chiaro come una stella e il suo Naruto, con la sua tomba, che tanto
l'aveva aiutata e che per tanto tempo le aveva permesso di sorridere
anche quando avrebbe dovuto piangere...
Ma lei era fuori dalla camera, fuori dalla sua casa, fuori dal mondo.
Perché ad aspettarla c'era lui, Itachi, un Uchiha, un uomo
che come lei aveva abbandonato tutto, aveva sacrificato tutto quello
che aveva per amore di suo fratello, colui che adorava a tal punto da
finire per sterminare un intero clan, ammazzare la sua intera famiglia
e condannare l'anima all'eterno dolore.
Le loro vite erano differenti per certi versi, ma unite da un
sottilissimo filo rosso, fatto d'angoscia e di tormento inappagabili,
incommensurabili, ma che sarebbero riusciti a colmare solo attraverso
lo stare insieme, solo se fossero stati vicini e se avessero potuto
scambiarsi tra loro l'infinito amore che provavano l'uno per l'altra.
Era indescrivibile, era un sentimento più forte di qualsiasi
pensiero savio che li avrebbe potuti riportare sulla retta via, facendo
capire loro che una fuga d'amore non era del tutto
conveniente...per la Hyuga.
Ma per loro la decisione era stata presa, non ci sarebbe stato nulla o
nessuno ad ostacolarli.
E così, lei si fece avanti, tenendo stretta a sé
la sacca riempita di oggetti vari.
L'alba le illuminava metà volto e la frescura le aveva
cosparso le mani di piccoli brividi; lui stava rigido a pochi metri da
lei, a lato del cancello d'accesso all'abitazione. Coperto dell'usuale
mantello nero, aveva il viso completamente coperto dall'ombra, come
pure il resto del suo corpo, tanto da sembrare un triste mietitore
davanti alla sua vittima.
La fissava, in effetti, assorto nei suoi pensieri, ancora rintontito
per la stupenda visione che gli veniva incontro e sconvolto per
l'incredibilità del suo gesto.
Era felice, ma la sua bocca sapeva ancora d'amaro; era finalmente dopo
tanto tempo sereno, ma sentiva già il senso di colpa
tormentargli il petto ed incitarlo a desistere, a fuggire.
Tuttavia la fanciulla era sempre più vicina e lui si sentiva
sempre più ardere dal desiderio di poterla avere al suo
fianco.
Peccato che ci fosse anche qualcun altro bramoso quanto lui. Un animale
diverso dal lupo nero, un essere senz'altro più adatto ad
una fanciulla, in quanto nobile e più semplice da tenere con
sé; una bestia domestica tanto bella e piena d'affetto per
la giovane quanto lo era lui; peccato solo che tra i due vi fosse una
certa differenza di razza e carattere.
-Hinata.- la chiamò, secco, ma non imperioso.
Voleva solo che lo sentisse e che si voltasse; e in effetti ottenne
tutto ciò.
La Hyuga si girò di scatto, udendo il cuore perdere un
battito.
Era come vedersi ad uno specchio: vide i suoi medesimi occhi, i suoi
stessi lunghi capelli, la sua stessa espressione confusa e persa.
Non mosse muscolo, né pensiero, la sua testa non ragionava
più.
-Neji...- il suo nome le uscì di bocca spontaneo, quasi come
dovesse essere quello il suo ultimo respiro.
I capelli ancora sciolti del ninja gli ricadevano sulle spalle insieme
a qualche ciuffo, che correvano lungo le sue guance pallide; il respiro
pareva quasi sforzato, come se la sua gola fosse bloccata da qualcosa
che rendeva dura la circolazione dell'aria.
Ferma verso di lui, non aveva la forza neppure di guardarlo. Aveva,
infatti, spostato i suoi occhi da un lato, mortificata, ma non meno
convinta di ciò che stava per fare.
Il ragazzo, intanto, la contemplava pensieroso, ma neppure lui era in
grado di fiatare. Aveva visto bene quell'ombra, quella lugubre presenza
che come lui distanziava da Hinata di qualche passo. Non fu in grado di
riconoscerne i lineamenti, non poté nemmeno vederne gli
occhi e da lì capire veramente le sue intenzioni, ma
ciò che era certo era che si trattava di un uomo, simile a
lui.
Teneva i pugni stretti, ma la compostezza e la fermezza innate dello
Hyuga gli permettevano di apparire molto più tranquillo e
conscio dei fatti di quanto in verità non fosse.
Tentennò, rischiando quasi di abbassare lo sguardo anche
lui, ma lui non era tipo da lasciarsi imbarazzare da una situazione del
genere.
-Cosa credevi di fare?- le rivolse così le prime parole, una
domanda, dal cui tono si poteva intuire, che pretendeva una risposta.
Inchiodata a terra da una forza superiore, avvertiva le corde vocali
farsi di ghiaccio, rigide di fronte al cugino, il quale invece
cominciò a sentirsi rivestire dalla calma, da capo a piedi,
un poco alla volta.
Il silenzio infatti della ragazza lo spinse a fare il bonario,
intenerito dalla sua debolezza.
-E' ancora presto, puoi anche permetterti di riposare un po'
più.-
La voce assomigliava a quella di un padre affettuoso, tanto che Hinata
trovò allora l'energia per rizzare il viso, giusto per
guardarlo mormorare tali parole...
-Dai, andiamo...- e come se nulla fosse accaduto, come se preferisse
ignorare il palese e strano tentativo di fuga della Hyuga,
compì i primi passi in avanti, lenti, ma sicuri di volerla
raggiungere per poi prenderla con
sé.
Fatto sta che dinnanzi ad un simile tentativo Itachi fu portato a
compiere pure lui dei passi in avanti istintivamente; sentì
che doveva essere lui a prendere le mani della giovane e portarla dalla
parte opposta.
Però ci fu qualcosa che lo bloccò, che gli
permise di riacquistare l'autocontrollo e di arrestarsi, di tornare ad
essere una statua di ombre e di attenderla, poiché sapeva
che sarebbe giunta con i suoi stessi piedi da lui.
-No...- sibilò Hinata al contatto della mano dello Hyuga e
la ritirò delicatamente a ridosso del petto.
Un breve silenzio, giusto il necessario per vedere gli occhi sgranati
del cugino e per prendere un respiro, separò i due, prima
della verità.
-Perdonami, Neji... ma non tornerò indietro... con
te- seppur fosse commossa dinnanzi alla sua dichiarazione,
dal volto della Hyuga trasudava anche tanta sicurezza e
serietà. Quella era stata una scelta importante, ben
ragionata, perciò immodificabile.
-Io vado con lui – e si voltò a guardarlo, a
ricercare i suoi meravigliosi occhi neri, a ritrovare tutti i motivi
che l'attraevano verso l'esterno di quella vita e a crearne un'altra,
ma con lui.
Ora, dopo tanto tempo, era Neji a fissare la terra, non più
la piccola Hinata.
Il turbinio di sentimenti nel suo cuore era iniziato e oltre alla
sorpresa, la confusione del momento lo faceva sentire fuori luogo,
quasi insignificante dinnanzi ai due.
Era ovvio che non si sarebbe lasciato convincere, era naturale che non
potesse permettersi di lasciarla scappare con un perfetto
sconosciuto... infatti, chi era quel tipo? Come si era conosciuti? Che
cosa li univa; cosa li aveva persuasi a prendere una decisione del
genere?
Dire che non fosse preoccupato e che non fosse arrabbiato,
rispettivamente con la cugina e lo sconosciuto, sarebbe stata la sua
prima e più grande bugia.
Ecco, ora avrebbe chiarito tutto, avrebbe spiegato anche con le maniere
forti all'uomo che non poteva fare una cosa del genere; avrebbe
riportato la ragazza sulla retta via, verso quella di casa, facendosi
spiegare il perché e il come di tutta quell'assurda
faccenda; tutto sarebbe tornato sereno, come voleva lui.
Forse si rifiutava di capire quel che poteva essere già
chiaro.
Magari era consapevole di ciò che si nascondeva dietro a
tanta forza di reagire della ninja. Probabilmente conosceva cosa si
celasse al di là del suo rossore...
Ma di certo sapeva che quella fuga era per causa sua...anche per causa
sua.
Tuttavia lui sarebbe stato colui che avrebbe riportato l'ordine, che
avrebbe ricondotto la pecorella al suo ovile e che l'avrebbe allevata
con cura e amore...perché lui l'amava, la voleva
egoisticamente e spudoratamente; non l'avrebbe lasciata, nemmeno se
fosse stata lei a chiederglielo.
Era il suo sogno, il suo nuovo sogno e voleva che divenisse
realtà, che entrasse nella sua vita interamente.
Aprì bocca per farle sapere cosa fosse veramente giusto, per
educarla e convincerla, per esortarla e sgridarla, per imporle il suo
sentimento e per scongiurarla di amarlo.
-Tu non puoi. Non posso permettertelo.- cominciò, quindi,
trattenendo quel che un cuore innamorato avrebbe rischiato di lasciar
andare: instabilità e debolezza.
-Siamo una famiglia, lo siamo fin da quando siamo nati. Non puoi
spezzare un legame così forte e sacro.- deglutì,
seppur impercettibilmente, per cui dovette fare un'altra pausa.
-Non ce la faresti neppure sforzandoti, neppure fuggendo. Sei una Hyuga
e basta. Entrambi lo siamo, volenti o meno.-
Riallungò una mano, porgendogliela dapprima...
-Tutto ciò che è mio è
tuo...- ...finendo, poi, per portarla verso una sua guancia,
che nel frattempo si era tinta di fiamme – ma per diritto,
anche ciò che è tuo, deve essere mio.-
Tremolò appena, avvertendo come quella mano le
passò dolcemente fino alla base del volto, scontrandosi
amaramente con le parole così autoritarie del cugino.
Proprio come suo padre... non era altri che un'altra figura imperiosa
pronta a tutto per sé, per il suo di bene...ma per quello
del resto del mondo? Per il suo? Quanto gli importava davvero della sua
più pura felicità?
Tante cose avrebbe voluto chiedergli, tantissime, però
qualcosa la bloccava nel profondo e per una volta nella sua vita non
era timore per quel ninja abilissimo, bensì si trattava di
un sentimento che mai avrebbe pensato di poter provare per una
personalità come la sua.
Con grande coraggio portò anche lei una mano verso di
sé, finendo per prendere quella di Neji e con altrettanta
delicatezza la discostò senza smettere di fissarlo.
La compassione la scuoteva dall'interno quasi a volerle suggerirle di
lasciar perdere l'amore, quello vero, e di vivere quella vita che le
era stata imposta fin dalla maggiore età, patendo e
sopportando come sua madre aveva fatto, ma in compenso portando sempre
alto l'onore e l'integrità di quella casata.
-Non posso. Non potrei mai rinunciare a tutto ciò che ho e
consegnarlo nelle mani di un'unica persona.- d'un
fiato, ma senza correre, la Hyuga fu in grado di ribattere.
Finalmente, dopo tanto tempo, aveva l'opportunità di farlo.
-Posso donarne un po', quasi tutto se vuoi... ma non è
umano, non è giusto rinunciare completamente alla
libertà di vivere la vita che si vorrebbe... solo per
un'unica persona...soprattutto se così si è
destinati ad un'esistenza fatta d'inferno...-
Se non fosse stato per il visetto triste, afflitto di Hinata, Neji
avrebbe pensato che quelle parole provenissero da tutt'altra persona,
un'entità arrabbiata, incattivita dai soprusi di una
famiglia che mai l'aveva apprezzata davvero...ma ciò che
poteva leggere da quella espressione era... pietà? Provava
pietà per lui?
-Forse hai ragione tu... non...non ho la forza per sfuggire dalle mie
origini...però come futuro capo di questa famiglia... non mi
puoi chiedere di smettere di vivere... perché...una vita con
te, sarebbe solo una fine e non un inizio.- chinò quindi il
capo, non riuscendo più a scrutare colui che stava colpendo
con così tanta pseudo-grinta, vergognandosi di
sé, della sua anima ribelle.
La sua natura era sempre stata pacifica, stentava ad emergere come una
combattente e forse era per quella sua vocina sempre educata e
rispettosa che la Hyuga credeva di non aver fatto molta presa
sull'animo del cugino, nonostante in cuor suo lo sperasse tanto,
Itachi, invece, a pochi metri da loro, ascoltando tutto ciò
che era riuscita a dirgli, si sentiva orgoglioso del solo fatto di
conoscerla e di poterla avere al suo fianco.
Non era necessario usare la violenza nelle parole, anzi credeva che con
tutta quella dolcezza, intrisa però di convinzioni e
sicurezza, il cuore dell'altro ragazzo doveva esserne rimasto trafitto.
Se la conosceva veramente, ma soprattutto se la desiderava come aveva
appena detto, non poteva non aver capito che le sue intenzioni erano
serie e che nulla avrebbe potuto fermarla; nemmeno la sua forza da
grande ninja o la sua autorità da capo di un clan.
In effetti la reazione dello Hyuga fu inaspettata.
Chi avrebbe potuto immaginare che lui, l'incrollabile Neji avrebbe
tentennato di fronte a quel capo chino, di lunghi capelli?
Teneva le labbra semi aperte, pronto a sormontare il suo tentativo di
ribellione come sempre aveva fatto in tutta la sua vita: superare chi
per debolezza non sapeva stare al suo passo, scalare ogni cima che
credeva di essere più imponente di lui, oltrepassare e se
necessario calpestare chiunque avesse cercato di ostacolarlo o, peggio
ancora, fargli del male... ma in quell'istante la presunzione e
l'abilità fisica non sarebbero serviti a niente.
Non poteva fare nulla contro quella testolina di già
inclinata sotto il peso di anni ed anni di sottomissione, di dolore,
eppure così fermamente sicura, immobile e potente al di
sopra del suo imperativo.
Gli parve degno di ammirazione il suo comportamento; era stata
coraggiosa, nonostante non condividesse la sua decisione.
-Sei veramente certa di quel che stai facendo? -
Allorché due fiamme al posto degli occhi si unirono a quelli
di ghiaccio del giovane che fronteggiava la fonte di tanto calore:
Hinata lo fissava con una convinzione tale, seppur stesse in silenzio,
da non rendere necessario che lui provasse a fare dell'altro.
Con quegli occhi, solo con la loro potenza, era riuscita a
sconfiggerlo, almeno per una volta, ma in un incontro talmente decisivo
che le conseguenze si sarebbero fatte sentire a lungo, per molto tempo,
sul corpo dello Hyuga.
Sospirò in silenzio, allungando appena il collo verso il
punto in cui l'altro spettatore se ne stava in attesa e dove l'entrata
della residenza sanciva anche l'uscita da quel mondo della persona da
lui amata, per sempre.
-Non potrai più tornare...te ne rendi conto?-
Sperava ancora nella possibilità di spegnere il suo
entusiasmo per il punto conquistato, ma oramai la vittoria era
già sua.
-Lo so. -
Era stato sconfitto sul serio purtroppo.
Per cui umilmente, come mai lo era stato, chinò il capo e la
lasciò andare.
Itachi l'osservò giungere fino a lui, dopodiché
l'accompagnò con una mano, indirizzandola verso la fine del
viale.
Entrambi tacevano, entrambi guardavano lontano dai rispettivi sguardi.
Preferivano rimanere soli, con il proprio turbine di pensieri ed
emozioni; soli per un solo attimo, giusto quel che bastava
per riflettere un'ultima volta sulle loro scelte, sui rispettivi
comportamenti, su parole dette o meno.
Hinata non credeva di riuscire a fare quel che invece aveva fatto e
neppure le parve possibile di essere riuscita a superare il confine di
casa propria, senza nemmeno un ultimo saluto, o quanto meno un'ultima
parola d'amore per quello che doveva essere suo marito, o verso suo
padre, sua sorella, o sua madre...almeno lei avrebbe dovuto salutare
per un'ultima volta con una carezza, o un fiore su quella fredda
lapide...
Rinunciando alla sua vita futura là, aveva rinunciato pure
alle sue origini, al suo passato.
Non sarebbe stata più una Hyuga, non sarebbe stata
più nessuno, come Itachi del resto.
Tuttavia ora poteva sperare in qualcosa di vero, ad una vita nuova
e...viva. Un'esistenza fatta di una vera soddisfazione: quella di
donare amore per riceverne non un poco, non tanto quanto bastava,
bensì tanto, tantissimo e chissà probabilmente
anche di più rispetto a quel che immaginava.
Non sapeva cosa l'aspettava ma qualcosa in sé le assicurava
che sarebbe stato molto migliore, rispetto a ciò che le
sarebbe aspettato tra quelle quattro e nobili mura.
Però...
-Credi...che sia stata troppo crudele?- con un soffio,
riuscì a muovere la prima parola dopo chilometri e
chilometri di distanza dal suo villaggio d'appartenenza.
Si arrestarono entrambi; lei ancora fissava il vuoto, mentre lui era
tornato a guardarla.
In lei vedeva quella luce che poteva salvarlo ogni volta dai suoi
incubi, dal buio che lo circondava; ed in quel momento tale luce seppur
fioca per la tristezza e il senso di colpa, sembrava più
viva che mai.
Ora spettava a lui essere la sua luce, doveva farla uscire da quel
vicolo oscuro nel quale si era perduta per colpa della sua anima troppo
gentile. Ci sarebbe voluto del tempo forse, ma prima o poi sarebbe
guarita da quel tormentoso sentimento che per lui era fin troppo noto:
essere un traditore, probabilmente così si sentiva...
-No.- rispose allora lui sinceramente, scostandole una ciocca da
davanti il viso e contemporaneamente accarezzandola.
Hinata si sentì obbligata ad alzare gli occhi plumbei e
sconsolati verso il suo consolatore, quanto meno per ringraziarlo di
esserle così vicina, nonostante fosse sciocco continuare a
preoccuparsi anche ora che tutto aveva avuto fine...
-Ti sei comportata nella maniera più dolce e cara che
potevi...e penso che mai nessuno al tuo posto, sarebbe riuscito a farlo
così. - concluse facendo scivolare la mano fino alla fine
del suo volto, abbandonandolo quindi col tatto, ma non con lo sguardo.
Itachi continuò a fissarla a lungo, sperando che quel visino
tenero tornasse a sorridere, rinvigorito dalle sue parole; ma la
fanciulla non aveva ancora voglia di inarcare le labbra.
Sperava solo che le sue parole fossero vere e che il gesto rivolto al
cugino avesse potuto esprimere molto di più rispetto a
ciò che non era riuscita a fare con la voce.
Vedendola riabbassare la testa, il moro pensò che l'unica
cosa necessaria in quel momento fosse aspettare.
Solo il tempo l'avrebbe aiutata a dimenticare, o meglio, ad allontanare
le brutte sensazioni e i cattivi ricordi.
L'accompagnò verso la retta via, appoggiandole una mano alla
schiena; lei, per inerzia, si lasciò condurre.
Quel pensiero restò fisso nella mente della Hyuga ancora a
lungo, per ore, per giorni.
Il fatto era che temeva di aver commesso un nuovo errore salutando suo
cugino a quel modo...
Le parve che con quel bacio sulla guancia, fuggitivo e freddo, gli
avesse fatto più male, terribilmente male, nulla in
confronto alle sue semplici parole d'addio.
Seguendolo nella
foresta, la principessa avrebbe perduto tutto:
il suo castello, i suoi
abiti, il suo animaletto felino...
Si arrestò un
attimo, scoprendo di avere paura di ciò che le si presentava
dinnanzi.
Tuttavia vi era una
luce, scintillante in quel buio, che le diede coraggio e le permise di
proseguire.
Eccoci!! Finalmente un nuovo capitolo! Mi auguro che sia stato di
vostro gradimento...
Oddio, non posso credere che sia finita, eppure in parte è
così...dico in parte perché in verità
questo non è l'ultimo capitolo seppur possa sembrare ;)
Per questo, vi invito ad aspettare un nuovo capitolo...che
sarà pubblicato il più presto possibile!
Commenti, recensioni di qualsiasi tipo sono sempre ben accette!
Soprattutto adesso che Itachi e Hinata sembrano essere riusciti a
coronare il loro sogno... che carini! >.<
E così, vi saluto!! Alla prossima!!
|
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Capitolo 37 *** Our happy ending ***
Prima di iniziare a leggere:
WAAAAAAAAAAAAA >O< chiedervi perdono ancora e ancora non
servirebbe a nulla....ma lo faccio comunque: vi chiedo perdono!
Sì perché chiunque di voi abbia seguito questa
storia fin dall'inzio probabilmente ora, con questo ultimo capitolo,
non capirà più nulla...forse...dato che è da molto che non pubblico più nulla!
Il tempo per scrivere per me è sempre meno... ma nonostante
questo sono riusciuta a chiudere la storia con questo capitolo. Mi
auguro che sia di vostro gradimento, che tutta la storia lo sia stato!!
Così la vostra Mewpower vi saluta...e vi prometto che, se
mai scriverò qualche nuova fanfiction, lo farò con
regolarità...perché sennò è
solo una sofferenza per voi aspettare ed una sofferenza per me non
trovare il modo di andare avanti con il racconto!!
>______<
Grazie a tutti quelli che mi hanno seguito e...commentate se volete!!
<3 kiss
Sotto un cielo sereno d'estate, la natura viveva e passava il tempo in
compagnia degli amici animali che si divertivano a correre spensierati
tra erba e terra oppure a riposare sotto l'ombra fresca degli alberi
più alti e ricci di foglie.
Il sole si limitava ad assistere alle loro allegre esistenze, immobile
e scintillante sopra tutte quelle testoline pelose o meno che
decoravano quel paesaggio fatto di sola pace e tranquillità.
Era da molto tempo che non si aveva una stagione del genere: il vento
mitigava il clima permettendo agli esseri viventi di qualunque specie
di non soffrire per il caldo; l'abbondante pioggia dell'inverno passato
e i saltuari, ma docili, temporali dei giorni precedenti
aveva permesso il buon riempimento dei fiumi principali, i quali
garantivano risorse d'acqua per gli animali ed i villaggi
più sperduti tra quelle terre.
In aperta campagna, non si poteva desiderare nulla di
più per i propri campi e i propri bestiami;
l'immagine,quindi, che si presentava dinnanzi agli occhi di un
qualsiasi spettatore risultava quasi idilliaca, come da favola.
Così, in effetti, sembrava anche per quelle poche persone
che, ricercando in quei luoghi serenità e calma, si
stabilivano là provvisoriamente o per sempre.
Era frequente notare delle coppie fermarsi per picnic pomeridiani
all'aperto, oppure vecchi che con i loro bastoni amavano passeggiare
per ore e ore in quei posti dimenticati da tutti, perché
vuoti di case, di uffici o di botteghe che nel loro complesso finivano
per trasformarsi in un villaggio.
Per raggiungerne uno sarebbero occorse ore e ore di cammino; per cui la
gente che occasionalmente si scorgeva tra quelle lande floride, ma
desolate, erano eremiti, o anziani che pur di non abbandonare la terra
natia avevano preferito restare nella propria baracca e passare
lì gli ultimi anni della loro esistenza, mentre figli e
nipoti se ne stavano nei villaggi lontani, con le loro fatiche e i loro
mestieri da portare avanti.
Chi voleva avere, quindi, una vita comune, oppure denaro, o trovare
fortuna, aveva necessariamente bisogno di trasferirsi nei centri
abitati; chi sperava invece in qualcosa di diverso, di pacato, della
pura pace estrinseca dalla frenesia di appartenere ad un gruppo, amava
rimanersene in solitudine, vivendo di quel che produceva la terra e il
cielo; senza però malumori o invidia per coloro che
credevano invece di aver trovato il branco di appartenenza.
Magari questo li faceva sentire migliori, o chissà forse
solo più sicuri di sé.
Lavorando insieme, sostenendosi a vicenda, il singolo (forse con la
propria famiglia) può sperare di sopravvivere ai troppi ed
imprevedibili fattori che dall'esterno potrebbero intaccare la propria
felicità...
Invece, coloro che vivevano isolati, fuori dal mondo, sembravano essere
molto più sicuri e lieti al confronto dei comuni abitanti di
quei villaggi lontani.
Forse non se ne rendevano conto davvero, forse alcuni di loro non
pensarono mai di fare un paragone con gente così distante
dalle loro scelte, ma se mai qualcuno arrivava a tale conclusione, di
essere più felici standone da soli, non era per
illudersi,né per stoltezza, né per
cecità.
Al contrario, essi lo costatavano direttamente, guardando i prodotti
che crescevano dal loro lavoro nei campi e nei boschi; osservando gli
animaletti che allevavano con cura; o i propri piccoli
“cuccioli”, i loro figli che crescevano spensierati
e belli, giocando e imparando dalla natura;o ancora fissando le proprie
mani sporche e la fatica pesante sul petto, ma sentendo al contempo il
cuore battere forte per la soddisfazione di avere tutto il cibo di cui
avevano bisogno, tutte le tegole necessarie e ben disposte sopra i loro
tetti come riparo e quell'unica compagna che nonostante tutto aveva
deciso di seguire quel “ lupo solitario”.
I lupi fanno così del resto: nascono in un gruppo, sono
allevati da quel gruppo e crescono in esso, ma se poi sentono la
necessità o l'obbligo di andarsene, non posso fare nulla
contro quel loro istinto individualista.
Ognuno lo fa per un motivo diverso; non sempre comunque per motivi
egoistici o futili.
Anzi, spesso si è pure cacciati dal branco, oppure si
è costretti per forze maggiori, magari ingiuste, ad
abbandonare quella vita che si amava.
I motivi possono essere molteplici, ma alla fine chi sa apprezzare
ciò che si può raccogliere anche da esperienze
così sconvolgenti, è colui che senz'altro
guadagna di più e può infine nuovamente sorridere.
Così era successo a lui, a quell'Uchiha dai capelli lunghi e
corvini che se ne stava in piedi, a braccia conserte, osservando i
gioielli del suo lavoro e del suo amore.
-Ci sei quasi.- disse rivolgendosi a quel cucciolo che, arrampicatosi
su quel pesco si sforzava con tutto sé pur di riuscire
nell'impresa di meravigliare chi lo stava osservando.
-Solo un piccolo sforzo...- commentò allora a bassa voce
credendo che ce l'avrebbe fatta a...
Ma qualcosa dovette andar storto, tant'è che l'esserino
lassù in cima finì per sbilanciarsi e con un
piccolo grido si ritrovò tra le braccia del ragazzo che lo
afferrò al volo, senza problemi.
-Tutto a posto?- chiese quindi; e il bambino mordendosi il labbro
rispose mostrando la pesca che aveva in mano.
-L'ho presa!- e ridacchiando contento sembrava aver dimenticato il volo
di qualche metro appena compiuto.
Allorché Itachi non poté non sorridere a sua
volta, contento di vederlo felice seppur con così poco.
-Bravo, non era facile arrampicarsi così in alto.- e
poggiandolo a terra gli scompigliò i capelli scuri.
-Mi raccomando, però, non dire alla mamma che ti ho permesso
di arrivare così in alto, mh?- aggiunse facendogli
l'occhiolino e il bambino annuì.
Un richiamo a diversi metri di lontananza fece voltare entrambi e senza
fiatare si apprestarono ad allontanarsi dal pescheto che ormai da
qualche anno era divenuto florido e ricco di quei frutti che piacevano
tanto a quel bimbo curioso.
-Dove eravate? Vi ho cercato ovunque.-
Hinata, anche lei col sorriso sulle labbra, portava con una mano un
cesto vuoto e nell'altra una manina più piccola della sua,
ma dotata dello stesso candore.
-Eravamo nel pescheto per controllare se ci fossero già
pesche da cogliere. Ce ne sono diverse già mature, non
è vero, Sasuke?-
Il piccolo fece di sì con la testa e porgendo il frutto alla
bambina che era con Hinata esclamò:
-Hai visto, Sakura? L'ho colta da solo, senza l'aiuto di
papà!-
Hinata sorrise appena, intenerita per l'entusiasmo del figliolo,
caratteristica comune dopotutto per tipetti della sua età.
La risposta di colei a cui si era rivolto fu più loquace del
previsto: si affrettò ad abbandonare la mano della mamma e
con rapidità afferrò il frutto sfilandolo dalla
presa del fratellino.
-Allora non ti dispiacerà coglierne
un'altra!- e ridacchiando allegra si mise a correre con
l'inevitabile seguito del fratello.
Ad un certo punto, comunque, i suoi occhi quasi cristallini si
rivolsero nuovamente all'indietro verso i genitori.
-Dai, papà!- gridò la bambina, non appena
raggiunse la staccionata che faceva da entrata al pescheto –
Voglio cogliere anche io una pesca! Anche io sono capace ad
arrampicarmi come fa lui!-
Seguirono così pure le parole dell'altro bambino, che
girò a sua volta il suo sguardo, differente di quello della
sorella, perché fatto di pece, ma non meno bello e luminoso:
-Sì, papà vieni! Cogliamone altre!-
Così entrambi si inoltrarono tra gli alberi verdeggianti,
festeggiando l'abbondanza anche per quell'anno di così tanti
frutti color dell'oro.
-Allora, sarà meglio che vada a “non dare una
mano”.- Itachi si rivolse alla Hyuga in questo
modo, prima di accennare un passo verso la loro stessa direzione...
-Itachi...- ma ella lo trattenne un attimo, il che fece subito pensare
al moro che il rimprovero fosse inevitabile. Non era stato saggio
permettergli di arrampicarsi così in alto...dopotutto aveva
solo cinque anni.
-Prendi questo. Vi servirà.- invece, lei non fece altro che
dargli il cesto che si era preoccupata di andare a prendere sapendo che
pure la piccola aveva intenzione di fare altrettanto insieme ai due
uomini della famiglia.
Lui sorrise prendendolo con sé, ma volle accostarsi un poco
per sfiorarle una guancia con le labbra.
-Sakura assomiglia sempre di più a te.-
Alché lei rispose al sorriso e con un lieve di rossore
aggiunse:
-No, direi che assomiglia più a te.-
Rimase un po' titubante prima di rispondere ancora...
-Mh, pensandoci però hai ragione... - ma infine
capì quel che voleva dire ed in effetti non poteva darle
torto. -E' testarda come suo padre... mentre Sasuke...
è spontaneo proprio come te.- e allora le sorrise
come mai fino a pochi anni prima sarebbe mai riuscito a fare e Hinata
fece altrettanto salutandolo più con gli occhi che le
brillavano piuttosto che con la voce.
Era compiaciuta delle sue parole, ma era evidente che ognuno di loro
vedeva qualcosa dell'altro in quelle piccole creature, i loro bambini.
Si strinse nelle proprie braccia, guardando l'amorevole scena del
papà che si apprestava a dare una mano prima ad uno, poi
all'altro gemellino a salire verso l'alto e a raccogliere quel frutto
tanto prelibato.
Ancora non le sembrava vero che tutto quello che stava osservando fosse
realtà e non più fantasia o illusione...
Dopo anni di sofferenza e di travaglio, erano riusciti a coronare un
sogno in comune, quello di trovare la tranquillità, lontani
dalla caoticità del villaggio e della guerra, la
gioia di avere nuovamente una famiglia e la speranza che tutto
ciò che stavano costruendo perdurasse nel tempo, all'insegna
del loro amore.
-Spero che tutto questo non finisca mai...- mormorò quasi a
sé stessa, quando invece il suo interlocutore risultava
essere qualcun altro.. . -era proprio come dicevi tu: l'importante
è non arrendersi mai...vero, Naruto-kun?-
I suoi occhi non erano rivolti verso il cielo, o verso una lapide come
usava fare un tempo... ora fissava le sue mani, appoggiate ad un ventre
rotondeggiante, gioioso nell'attesa di una nuova nascita imminente.
La principessa ora aveva
una nuova casa,
meno bella all'esterno,
ma piena di ricchezze affettive al suo interno.
Il lupo si era
trasformato in tutto ciò che aveva sempre desiderato:
un principe che l'amasse
e che le regalasse la gioia di diventare mamma.
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