Arianna

di Il giardino dei misteri
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vita quotidiana ***
Capitolo 2: *** Un ragazzo nuovo ***
Capitolo 3: *** E vendetta fu! ***
Capitolo 4: *** Incontro ravvicinato ***
Capitolo 5: *** Il bacio ***
Capitolo 6: *** Diverbi ***
Capitolo 7: *** Diverbi e consigli ***
Capitolo 8: *** Lavoro di gruppo! ***
Capitolo 9: *** Delusioni inaspettate ***
Capitolo 10: *** Il bacio- parte seconda ***
Capitolo 11: *** Dilemmi d'amore ***
Capitolo 12: *** Salvata! ***
Capitolo 13: *** Si può morire di felicità? - ***



Capitolo 1
*** Vita quotidiana ***


Erano le sette di mattina. Il sole era già alto ed passando attraverso le fessure delle finestre mi aveva svegliata.

<< Fantastico>> pensai. << Oggi è lunedì!>>

Poi mi girai nel letto, tentando di dormire di nuovo.

<< Speriamo che non mi chiama, speriamo che non mi chiama.>> Pregai affinché mia madre non mi chiamasse. Ma, poco dopo, puntuale come sempre sentii la sua voce.

<< Tesooooro, tesooooro, è ora di alzarsi.>>

<< Come non detto>> pensai.

Mi alzai svogliatamente dal letto, sbadigliando ancora, prima che mia madre venisse a scoprirmi e strattonarmi a forza fino al bagno. E, credetemi, non c’è cosa peggiore.

 

Mi chiamo Arianna e ho sedici anni. Sono alta, magra, occhi castani, capelli castani lunghissimi, che sono la mia unica consolazione. Per il resto sono una cessa sfigata, che va in giro sempre con i soliti vestiti e scarpe e con il cellulare dell’età della pietra e non ho il motorino. Anzi, ce l’ho. Ma, l’ha sempre e solo guidato mio fratello. Quel deficiente.

 Frequento il liceo scientifico,  e sia i prof che gli alunni della mia scuola sono inguardabili. Sono tutti una massa di drogati e alcolizzati che fanno ricadere su di me le loro colpe. Io sono la più sfigata della scuola e nessuno mi calcola. Sono sempre sola e andare a scuola per me è un tormento. I miei compagni di classe mi rivolgono la parola solo per suggerire, passare i compiti, copiare e tutto quello che riguarda l’ambito scolastico. Se si deve uscire non chiamano certo me.

 

<< Buongiorno, cara>> disse mia madre. << Vedo che ti sei alzata, stavo per …>>

Non le diedi il tempo di finire.

<< Ti ho risparmiato la fatica.>>

Sulla soglia del bagno si presentò mio fratello.

<< Che vuoi?>> gli chiesi.

<< Sto andando a scuola.>>

<< Di già? Dai, aspetta che vengo con te con il motorino.>>

<< No, è troppo tardi. Te l’ho detto che devi prepararti  in tempo. E poi anche se fossi pronta non ti porterei. Devo accompagnare Alex.>>

<< Va’ all’inferno>> gli dissi.

 

Questo è uno dei nostri modi migliori per iniziare la giornata. Mio fratello, Federico, due anni più grande di me, è una di quelle persone create apposta dall’universo per essere odiate. E’ alto, magro, ha i capelli biondicci, gli occhi color nocciola e un fisico da paura e frequenta il mio stesso istituto. E’ sempre stato uno dei ragazzi più ambiti della scuola e ha fatto perdere la testa a parecchie ragazze, a differenza di me che sono sfigata e secchiona. Noi siamo come due universi inconciliabili, che camminano su scie diverse. Nonostante i miei sforzi per non odiarlo, non ci riesco. E’ più forte di me. Dopo due secondi l’ho già mandato al diavolo. E infatti, le nostre conversazioni sono brevi ed intense.

Nostra madre ha sempre cercato di tenerci uniti e in pace, ma credo che abbia fallito completamente. Nostro padre è morto tanti anni fa a causa di una brutta malattia. Io avevo solo nove anni, ma il ricordo di quello che è successo è vivo in me come il primo giorno. Non ho scordato le corse in ospedale, la lunga malattia, le visite dei parenti e il giorno in cui mia madre mi ha detto che non avevo più un padre. Il dolore mi ha fatto diventare una persona nuova. Ho tirato fuori una forza nascosta dentro di me e ho iniziato ad essere scontrosa, a difendermi, ad essere più forte. Non ne parlo mai con nessuno, ma la verità è che mio padre mi manca tantissimo. 

 

 

Entrai in bagno, mi lavai la faccia, mi vestii con dei jeans strettissimi, una t-shirt celeste e le mie adorate converse  bianche e verdi. Poi, mi passai un filo di  matita nera sotto gli occhi e misi una goccia del mio profumo: PLAYBOY

Feci colazione con latte e cereali. Guardai l’orologio: erano le otto meno dieci.

<< Mammaaaaa>>  mi misi ad urlare. << Sei pronta? Dai che è tardi!!!>>

Mia madre come al solito non era pronta. E questo mi faceva saltare i  nervi ogni volta perché mi faceva arrivare tardi, col rischio di farmi chiudere fuori dal cancello.

<< Mamma, ti vuoi sbrigare che è tardi?>>

<< Che tormento che sei!>> sbuffò mia madre.

<< Ti ricordo che è tardi e potrebbero chiudermi fuori.>>

Lei mi lanciò un ‘occhiata, poi mise in moto.

Cinque minuti dopo ero nella mia adorata, si fa per dire, scuola. C’era la solita confusione: autobus, automobili, motorini e … studenti. Il bidello stava per chiudere il cancello e io feci una corsa. Andai dritta verso l’ingresso, mentre altri ragazzi e ragazze, come me, si apprestavano ad entrare. Tutti parlavano, ridevano, scherzavano … io ero la solita sfigata. Percorsi il lungo corridoio del mio corso, mentre tutti i ragazzi delle altre classi erano fuori nel corridoio a chiacchierare. Poi, arrivai nell’aula in fondo. La

3 A.

Presi posto. Vicino a me erano sedute le più care amiche che avevo: Maria da un lato, Anna dall’altro. Poco dopo entrò la prof di storia e filosofia. Era una donna un po’ anziana, sulla sessantina. Aveva i capelli lunghi e neri, legati in uno chignon ed indossava sempre gioielli molti costosi. Fece l’appello.

<< Ragazzi, oggi interroghiamo>> disse.

La solita frase che gli studenti sperano di non sentir mai pronunciare.

<< C’è qualche volontario?>> chiese insistente.

Si, come se ce ne fossero. Ognuno era lì nel proprio banco, zitto e muto, con lo sguardo fisso sul libro.

<< Bene. Rossetti vuoi venire tu?>> disse poi lei.

Io iniziai a sudare leggermente, poi realizzai che mi aveva appena chiamata.

<< Cavolo>> pensai.

<> dissi.

<< Ci sono altri che di cognome fanno Rossetti, forse?>>

<< No.>>

<< Vieni o no?>>

A malincuore dovetti accettare, altrimenti avrei preso due. E non era proprio il caso.

<< Parlami delle Signorie, Principati dell’Italia e della famiglia de’ Medici.>>

Io annuii. Non avevo ripassato, ma qualcosa mi ricordavo. Così mi bastò leggere il titolo di ogni paragrafo per ricordare. E devo dire che feci un ‘ottima interrogazione. La mia capacità di “imbrogliare”, anche quando sapevo ben poco, era sorprendente.

All’uscita da scuola trovai mio fratello, con i suoi amici, appoggiati al motorino. Passai dritta, perché sapevo che non mi avrebbe dato un passaggio.

<< Rossetti … >>

Mi voltai: era Alex, il suo amico.

<< Che vuoi?>>

<< Non essere così scontrosa. Non con me!>>

 << E tu chi saresti?>>

<< Un amico>> disse facendomi l’occhiolino.

<< Comunque puoi tornare a casa con tuo fratello, ti lascio il posto.>>

Io salii.

<< Potresti almeno ringraziarmi>> disse lui.

<< Per una volta che mi fai andare … ti sei sprecato.>>

<< Va beh. Ciao Fede>> disse lui.

Mi fece l’occhiolino.

 

MY SPACE…

Spero che la storia vi piaccia. E’ in parte ispirata alla mia vita e Arianna … sono io. Mi somiglia moltissimo!!!!  Per questo l’ho resa simile  a me, così sarei riuscita a scrivere quello che sento e provo.

Beh, ora basta parlare. Leggete la storia e se vi piace, non aspettate a recensire.

 

 

 

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Capitolo 2
*** Un ragazzo nuovo ***


II.

 

Di solito la scuola era sempre affollata, ma quella mattina in modo particolare. Sembrava che fosse successo qualcosa. C’era una folla di ragazze accerchiate che sembravano aspettare qualcosa, mentre i ragazzi se ne stavano quasi tutti in disparte a commentare. Intravidi tra la folla le mie amiche, Anna e Maria. Mi avvicinai a loro.

<< Ehi, ragazze che succede?>> chiesi io curiosa.

<< Ma come non lo sai ?>> disse Anna, guardandomi con aria interrogativa.

<< Cosa? Cosa dovrei sapere?>> dissi io.

<< E’ arrivato un ragazzo  nuovo>> disse Maria.

<< Cosa? Tutte queste scene per un semplice ragazzo che si è trasferito nella nostra scuola? Ma è assurdo!>> dissi io perplessa.

<< Non un ragazzo, quel ragazzo!>>precisò Anna.

<< Fatemi capire. Che ha questo ragazzo di tanto speciale?>>

<< Si chiama Marco ed è il figlio del preside>> disse Maria.

<< E con ciò?>> dissi io, che ancora stentavo a capire.

<< Il nostro preside, come sai, è stato trasferito qui quest’anno e all’inizio è arrivato da solo, lasciando la famiglia nella sua città. Adesso anche la sua famiglia si è trasferita qui e il suo figlio maggiore, Marco, si è iscritto nella nostra scuola>> precisò Anna.

<< Ma perché scalpitano tanto?>> dissi io.

<< Ma non hai ancora capito, Ari?>> disse Maria. << Non solo è figlio del preside, ma è anche un figo da paura  e probabilmente verrà in classe con noi.>>

<< E con ciò?>> dissi io. << Voglio proprio vederlo questo qui. Sarà il classico figlio di papà, arrogante, furbo, dispettoso, che si approfitterà della nostra bontà.>>

<< Possibile che non sei per niente attratta e curiosa?>> mi disse Anna.

<< Oggi non è giornata>> dissi io. << E poi non sono affatto curiosa perché sarà un ragazzo come tutti gli altri. Non ha niente di speciale.>>

 

Poco dopo arrivò il preside e la folla di ragazzine urlanti si spostò. Il preside tenne una specie di discorso all’aria aperta su suo figlio, sulla sua preparazione, sulla sua educazione e sulla sua bravura e una serie di altre cose che puntavano ad  elogiarlo.

<< Si tutte balle!>> pensai io. << Una volta in classe, da perfetto angioletto si trasformerà in diavolo!>>

 

Ancora, però, non ero riuscita a vederlo e neanche a intravederlo. Non  che la cosa mi interessasse più di tanto, ma avrei voluto sapere più o meno che faccia avesse. E poi, io spesso dalla faccia capivo se era una persona di cui ci si poteva fidare o no.

Quando il preside finì di fare “L’elogio a Marco”, le ragazze che si trovavano davanti a me si spostarono sulla sinistra e io riuscii a vederlo. Lo vidi. Era alto, altissimo. Magro. Con i capelli sparati in aria col gel e due occhi blu, così profondi che parevano colpirti. E un sorriso, un sorriso perfetto.

<< Allora che ne pensi?>> disse Anna tirandomi una gomitata.

<< Si, è belloccio. Un ragazzo come tanti altri.>>

<< Possibile che non ti piaccia?>>

<< Non  ho detto questo.>> << Ho solo detto che ci sono altri ragazzi ancora più belli.>>

 

Con questi commenti ci avviammo in classe. Io mi sedetti al solito posto, in prima fila, insieme a Maria ed Anna. Marco entrò per ultimo e si sedette nell’ultima fila. Tutti erano come ipnotizzati da lui: le femmine erano così attente a guardarlo che per poco non gli colava la bava dalla bocca, i maschi volevano subito fare amicizia con lui e gli insegnanti si dimostravano gentili e affettuosi, iniziando a fare un sacco di moine solo perché era figlio del loro capo. L’unica che non si scomponeva ero io. Io ero quella di sempre e lo sarei rimasta. Questo ragazzo non mi avrebbe cambiato la vita.

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** E vendetta fu! ***


III.

 

Quella mattina era iniziata nel peggiore dei modi. La sveglia non era suonata, non avevo fatto colazione, mio fratello mi aveva lasciata a piedi e fino ad arrivare a scuola avevano chiuso il cancello. Così sarei stata costretta ad entrare alla seconda ora. Mi trovavo nell’aula dei professori, con  una decina di ragazzi. E intanto sbuffavo e maledicevo quel demente di mio fratello Federico.

<< Questa me la pagherai Federico Rossetti. Oh, si che me la pagherai.>>

Io ero seduta a un lato della stanza, sola come sempre, e nessuno mi calcolava, mentre i ragazzi parlavano di calcio e le femmine di fidanzati, smalti, trucchi, motorino. Le invidiavo un po’, ma loro non facevano certamente caso a me. Per tutti ero solo “il genio della 3 A “ e nessuno pensava che anche io potessi avere dei sentimenti.

Nonostante questo, quella snervante ora di attesa passò e alle nove entrai in classe. Avevo la prof di scienze. Forse era l’unica in quella scuola di matti a salvarsi, ma evidentemente anche lei quel giorno era in uno di quei giorni NO. O forse era in menopausa.

<< Rossetti, a quest’ora si entra?>> mi attaccò appena entrai.

<< Scusi, prof, ma stamattina …>>

<< Non voglio giustificazioni. La mattina si viene puntuali>> urlò ancora.

<< Oh, grazie tante. Grazie. Come se non lo sapessi. Ma non è colpa mia se ho un fratello deficiente>> pensai.

<< Mi dispiace>> mormorai.

<< Mi dispiace un corno. Cerca di essere puntuale>>

Dietro di me, sentivo le risate dei miei compagni e soprattutto di quelle tre scimmiette di Debora, Sara e Giusi. Ogni volta era buona per prendermi in giro. Non le sopportavo proprio. Erano solo delle oche. Vestivano tutte uguali e con abiti firmati costosissimi, si truccavano pesantemente, studiavano poco e fumavano.

Dopo che la prof mi ebbe umiliata davanti a tutta la classe, iniziammo la lezione di biologia.

<< Grazie per l’umiliazione. Mi mancava proprio alla mia collezione di figure di merda>> pensai.

 

Quando uscii trovai mio fratello, con  una delle sue tante ragazze, appoggiati al motorino che si scambiavano tenere effusioni.

<< Grazie tante>> gli dissi.

<< Che vuoi?>>

<< No, grazie. >>

<< Spiegami che ti manca, ora>> disse lui.

<< Non solo mi hai fatta arrivare tardi a scuola, ma mi sono presa anche una sgridata dalla prof.>>

<< Oh, e che sarà mai per una genia come te?>>

<< Grrr … io ti odio. Ti odio. Non sai fare altro che scoparti una ragazza dietro l’altra. Ma questa me la pagherai. Me la pagherai.>>

Me ne andai via urlando. Stavolta, ero veramente decisa a farla pagare a mio fratello. Non so cosa avrei fatto, ma lui l’avrebbe pagata.

 

Quando tornai a casa mi misi quasi subito a studiare. L’indomani avrei dovuto affrontare due interrogazioni. Verso le le cinque di pomeriggio sentii un baccano, delle urla. Poco dopo, mio fratello si precipitò da me.

<< Sei stata tu. Come hai potuto? Come hai potuto? Io ti ammazzo>> disse e si gettò contro di me schiaffeggiandomi.

Io dal canto mio gli tirai un pugno.

<< E tu come hai potuto lasciarmi a piedi? Ogni volta che ti chiedo un passaggio, tu hai sempre qualcun altro da portare. O Alex o qualcuna delle tue ochette, ma mai me.>>

<< E’ la cosa più cara che ho, lo capisci? Come hai potuto rovinarmi il motorino? Adesso non  servirà più a niente!>>

<< Adesso, siamo pari>> dissi io compiaciuta.

<< Io ti ammazzo.>>

<< Te lo avevo detto che te la avrei fatta pagare.>>

Mio fratello se ne andò infuriato. Urlando e imprecando contro di me. Ma, per una volta, mi sentii soddisfatta e felice.

 

 

L’ANGOLO DELLO SCRITTORE :D

Salve gente … che ve ne pare questo terzo capitolo?

E’ abbastanza intrigante per essere seguito e magari recensito? :D Cosa farà adesso la nostra piccola Arianna?

Cosa succederà?

 

Se passate di qui e la storia vi è piaciuta, recensite se vi va! Io ricambio recensendo le vostre storie :D 

 

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Capitolo 4
*** Incontro ravvicinato ***


Odio il lunedì. Si, io faccio parte del 99, 9 % di persone che odia il lunedì. E quella mattina poi, non fui da meno. Come si fa a non odiare il lunedì quando ti alzi per andare, non in una scuola, ma in una gabbia di matti? E quando hai dei compagni deficienti che adorano insultarti? O quando hai un fratello che preferisce portare a scuola la sgualdrina di turno, piuttosto che sua sorella? E anche quando hai tre interrogazioni su cinque da sostenere? Si, io odio il lunedì. Io odio profondamente il lunedì.  Quella mattina, poi, sentivo che lo avrei odiato profondamente.

 

Per prima cosa mi aveva svegliata mia madre. Dio ce ne liberi! Stavo dormendo nel mio adorato lettino, quando mi sono sentita urlare, tirare e strattonare da tutte le parti. Addio, sogni felici!

Mi sono vestita in fretta e furia con la prima cosa che mi è capitata tra le mani. Tanto, neanche se avessi messo delle Hogan, pure false, i miei compagni mi avrebbero calcolata.

Mio fratello era già a scuola con la sgualdrina di turno e, dato che mia madre non  poteva accompagnarmi, mi toccò andare a piedi. Arrivai giusto in tempo. Il cancello era a metà e io mi fiondai in extremis.

Arrivata in classe trovo: la prof che urla di prima mattina per riscaldare bene le corde vocali, le mie compagne che sbavano ancora dietro quell’imbecille di Marco e i maschi che ascoltano musica a tutto volume con l’ mp3 nelle orecchie.

Io presi posto vicino a Maria ed Anna, scioccate quanto me della scena che ci si presentava davanti.

Questa era una vera e propria gabbia di matti!

Il nuovo arrivato, Marco, che mi stava … ( dove tutti voi sapete), si era ambientato. O meglio, lui era sempre a suo agio. Un altro motivo per cui odiavo il lunedì. Perché l’avrei rivisto!

Lui era sempre placido, calmo, sempre con quel sorrisino da ebete sulle labbra e sempre pronto a soccorrerti (manco fosse Superman), tanto per ingraziarsi ai tuoi occhi. I suoi modi di agire avevano sempre un secondo fine. Era un individuo subdolo.

Io e lui  non avevamo scambiato ancora neanche una parola. Anzi, si. Una volta. Si trattava di compiti, come al solito. Ormai me ne ero fatta un ‘abitudine. Se capitava che qualcuno all’infuori di Maria ed Anna, le mie due migliori amiche, si rivolgesse a me, era solo ed esclusivamente per le lezioni e per copiare. E questo mi dava molto sui nervi. Evidentemente anche lui aveva capito che io ero una sfigata e presto si sarebbe approfittato di me. Ma, non gliela avrei fatta passare liscia.

Lo odiavo. Mi dava fastidio. Tutti a scuola lo veneravano come se fosse un santo e si prodigavano per lui. Tutti erano carini, simpatici, disponibili e lui sembrava così a suo agio in mezzo a tutte quelle facce lavate. Io non osavo guardarlo neanche in faccia. E pensavo che non gli avrei mai rivolto la parola. Ma, su questo mi sbagliavo.

 

Dopo che quelle terribili cinque ore finirono e sostenni tre interrogazioni, mi fermai all’uscita da scuola ad aspettare mia madre, in ritardo come al solito. Il che mi faceva saltare i nervi dopo già due secondi. Mio fratello, invece, era già a casa, grazie al motorino, che aveva riparato. Altro motivo per cui stavo “bestemmiando” in tutte le lingue, guardando nervosamente l’orologio. D’un tratto vidi un’ombra vicino a me. Mi voltai. Era lui. Marco. Non lo degnai di uno sguardo e continuai a fissare il mio orologio, sperando che se ne andasse.

<< Stai aspettando tua madre?>> mi chiese.

Io lo ignorai.

<< Anch’io aspetto mio padre.>> Seguì una pausa, poi disse: << E’ dura essere figlio del preside.>>

Io mi voltai e lo guardai con uno sguardo misto tra perplessità e ripugnanza,ma non dissi nulla.

<< Come se lo pensasse veramente!>> pensai io. << E fa pure quell’odioso sorrisino di compiacimento e pietà.>>

 

Mai come allora avrei voluto che mia madre arrivasse, ma evidentemente stava badando a qualche altra cosa. Lei aveva sempre qualcosa da fare quando doveva venire a prendermi.

 

<< Tu non sei una che parla molto?>> continuò lui.

<< Solo quando serve. Anzi, solo quando vi servo.>>

<< Che vuoi dire?>> disse lui.

<< Come se non avesse capito!>> pensai.

<< Non fare il finto tonto, lo sai benissimo. Tu sei come tutti gli altri.>>

<< Ti riferisci ai compiti?>>

<< Si>> dissi io in tono seccato.

<< Infatti ho notato che …>>

Non lo lasciai finire.

<< Beh, si. Vuoi approfittare anche tu? Dai, fatti avanti, come fanno tutti. Tanto tu sei il figlio del preside e …>>

Vidi che lui aveva iniziato ad assumere un ‘espressione di rabbia, di odio e mi guardava quasi con disprezzo.

In un attimo, mi afferrò per un braccio e si avvicinò a me. Fu tanto vicino che sentii il su respiro sul mio e quegli immensi occhi azzurri oceano puntati sui miei, scuri come la notte. Sentii il suo profumo, il suo odore e mi sentii a disagio. Il mio cuore iniziò a battere sempre di più, sempre più forte, tanto che pensavo che anche lui potesse udirlo.

<< Stammi bene a sentire. Io non sono come credi tu. Non sono il classico figlio di papà che crede di avere tutto servito. E soprattutto non mi approfitto dei compagni.>>

<< Strano>> dissi io. << E’ proprio quello che stai facendo. Tutti ti venerano, ti idolatrano, ti corrono dietro e tu sei sempre impeccabile con quel sorrisino falso. >>

<< Lo sto facendo solo per mio padre.>>

<< Balle>> dissi io.

<< Io non ci volevo nemmeno venire qui. L’ ho fatto per mio padre. Mi ha detto di comportarmi bene, di non fare casini, di rispettare i miei compagni.>>

<< Certo, certo. Il primo giorno ti ha presentato come un dio, iniziando a tessere elogi di ogni tipo.>>

<< Credi che a me abbia fatto piacere?>> disse lui urlandomi in faccia e stringendo ancora di più il mio polso.

<< Certo. Tu lo guardavi compiaciuto con quel sorriso da ebete che hai ancora stampato sulle labbra.>> << E comunque lasciami che mi fai male. Lasciami.>> dissi urlando.

Lui mollò la presa.

<< Tu non hai capito niente.>>

<< Non sei tu che non hai capito niente. Io non ti ho chiesto niente e non  voglio avere a che fare con uno come te. Anzi, penso che questa sia la prima e l’ultima volta che ci rivolgiamo la parola. I tipi come te mi fanno solo schifo.>>

Lui se ne andò infuriato.

Due minuti dopo arrivò mia madre.

 

Allora che ne pensate di questo capitolo? Le cose si fanno piuttosto “bollenti”.

 Dai, ditemi che ne pensate. Vi aspetto :D Bacioni e grazie soprattutto a chi segue questa storia e recensisce. Per me è molto importante!!!!!!!!

 

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Capitolo 5
*** Il bacio ***


IV.

 

Erano le quattro del pomeriggio e io stavo studiando. Suonarono alla porta.

<< Chi diavolo sarà, adesso?>> dissi sbuffando.

Mi toccò andare ad aprire: mia madre era al lavoro e mio fratello era uscito, come sempre. Lui tornava a casa per mangiare, dormire e rompermi le scatole.

Speravo che fosse almeno qualcuno per cui valesse la pena andare ad aprire e non il solito rappresentante di prodotti che alle quattro di pomeriggio rompe. Se fosse stato uno di quelli gli avrei sbattuto direttamente la porta in faccia, al diavolo l’educazione!

Andai ad aprire. Mi trovai di fronte Alex. Alex era il migliore amico di mio fratello Federico, fin dalle elementari. Ci conoscevamo praticamente da sempre e, ci volevamo bene. Lo avevo sempre e solo considerato un amico, anche se lui spesso faceva battute pungenti su di me. Era un ragazzo alto, magro, moro, due occhi color nocciola, il naso piccolo e aveva un tatuaggio sul collo. A scuola non era mai stato un genio, come mio fratello del resto.

<<  Ah, sei tu>> dissi io facendolo entrare.

<< Che c’è Rossetti? Non mi vuoi?>>

<< No, è che stavo studiando e …>>

<< Non mi dire che ti disturbo?>>

<< Domani ho compito di latino e stavo cercando di ripassare. Non ho fatto niente ancora>> dissi con un’espressione disperata, tipica degli studenti quando sono sull’orlo di un precipizio.

<< Sempre che studi! Ma riposati una buona volta!>> disse lui.

<< So, quando devo riposare.>>

<< Non credo proprio, invece. Guarda me, io riposo sempre. Perché non dovrei farlo? Cosa c’è di meglio che godersi la vita senza faticare?>>

<< Il tuo ideale di vita, mi commuove sempre>> dissi io sarcastica. <>

<< E dov’è?>>

<< Che ne so!>>

<< Diamine, sei sua sorella!>>

<< E con ciò? Non sono mica la sua balia. E’ grande e vaccinato, anzi quando non è nei paraggi mi fa un grande favore. Meno è a casa, più sto in pace.>>

<< Va beh. Allora vorrà dire che aspetterò qui con te e ti terrò compagnia.

<< Scordatelo>> dissi decisa.

Non mi piaceva affatto l’idea di rimanere sola con lui. Mi imbarazzava e poi Alex era pericoloso, poteva farsi venire strane idee.

<< Perché? Sei sola, ti faccio compagnia.>>

<< Non ho bisogno della tua compagnia.>>

<< E dai, Rossetti. Sii più gentile. Io voglio esserti amico e tu mi tratti sempre male. Non è giusto!>>

<< Non ti tratto male è che ho da fare … devo studiare.>>

<< E dai, per una volta non studi.>>

<< Impossibile.>>

<< Certo, mi dimenticavo che per te lo studio viene prima di tutto.>>

<< Forse è per questo che non amici, o forse perché, effettivamente sono toppo acida.>>

<< Che ti importa degli amici? Tu hai me!>>

<< E questo dovrebbe consolarmi?>> dissi io.

<< Certo.>>

 

Alla fine Alex, tanto fece, tanto parlò e tanto insistette che riuscì a convincermi a farlo rimanere là con me. Col risultato che non ripassai niente. Facemmo di tutto tranne che studiare. Mangiammo, bevemmo, ridemmo a crepapelle o meglio io risi, per le assurdità che quel deficiente sparava. Eravamo seduti l’uno di fronte all’altra.  Io avevo le gambe incrociate nella mia solita posizione, e il cuscino sull’addome, che usavo come arma di difesa contro Alex. Se per caso si fosse fatto venire qualche strana idea.

<< Visto come ci siamo divertiti, Rossetti? Tu devi avere più fiducia in me.>>

<< Ma va’. Non mi hai mai ispirato fiducia e non succederà ora!>> dissi io.

Ridemmo un po’, io arrossì leggermente e lui si avvicinò ancora di più verso di me. Mi sentivo leggermente agitata, col cuore che iniziava a pulsare sempre di più.

 

Sentivo il suo respiro sul mio,il suo alito fresco, il suo profumo e  mi lasciai trasportare, chiudendo gli occhi. Sentii le sue labbra morbide appoggiarsi sulle mie. Dolcemente, delicatamente. Era come una magia, un sogno da cui non riuscivo più a svegliarmi. Era come una sensazione di benessere, ma allo stesso tempo non mi piaceva.

Ad un tratto sentimmo la porta: era mio fratello.

Per fortuna tra la porta e il divano della cucina c’è molto spazio, altrimenti mio fratello ci avrebbe scoperti.

Io mi scostai bruscamente e quando lui ci raggiunse,  ero tutto rossa in viso e visibilmente agitata.

<< Che ci fai a casa mia?>> disse mio fratello ad Alex.

<< Ero venuto a cercarti, ma non c’eri.>>

<< Sapevi dov’ero.>>

<< Qual è il problema, ora?>> disse Alex.

<< Non voglio che vieni a casa quando c’è mia sorella!>>

<< Neanche lo sapevo che fosse sola. Le ho tenuto un po’ di compagnia, cosa credi che abbia fatto?>>

<< Fratello, da quando hai questo istinto protettivo nei miei confronti?>> gli dissi.

<< Non è istinto protettivo.>>

<< E cosa, allora?>>

<< E’ che sei piccola, ancora.>>

<< Guarda che mi so difendere benissimo da sola, e poi, mi pare che tu non ti sia mai preoccupato della mia vita. Non vorrei che cominciassi a farlo ora. >>

<< Andiamo va>> disse mio fratello ad Alex con la sua solita aria seccata.

Io li guardai allontanarsi, mentre ero ancora sconvolta.

 

 

E allora?????? Che ne dite, vi è piaciuto il capitolo?

Alex e Arianna si sono baciati, ma adesso che succederà?

Come si metteranno le cose?

 

Vi avverto che da ora in poi, i capitoli parleranno una volta di Marco e Arianna e una volta di Alex e Arianna, quindi adesso Alex comparirà nel VII capitolo.

 

Avanti, fatemi sapere che ne pensate di questo capitoletto. Recensite numerosi. Vi aspetto :***

 

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Capitolo 6
*** Diverbi ***


 

VI.

 

<< Che cosa vuoi?>> dissi io scontrosa.

<< I- io … chiederti scusa.>>

Io non risposi. Stavo percorrendo il lungo marciapiede che porta a casa mia, e Marco mi veniva dietro. Non so perché lo faceva.

<< Non mi sono comportato bene con te, l’ultima volta e … mi sono pentito. Perdonami.>>

<< Senti,>> dissi io voltandomi per guardarlo negli occhi, << hai bisogno di qualcosa? Che ti manca?>>

<< Niente … ma perché?>>

<< Perché, nel caso non ti sia accorto non ho bisogno delle tue moine. Se hai bisogno di qualcosa dimmelo in faccia, dimmelo … se ne hai il coraggio.>>

Lui scosse la testa.

<< E io che mi illudevo. Mi illudevo che eri una persona diversa, Arianna. Ero venuto a chiederti scusa. Ma, a quanto pare, non hai bisogno delle mie scuse. Sei sempre così prevenuta nei confronti delle persone. Pensi sempre che ti vogliano fare male, che tutti siano cattivi. E io che mi dispiacevo quando a scuola ti vedevo isolata dal resto della classe. Fanno bene gli altri a lasciarti sola. Tu non meriti l’affetto di nessuno. Questa volta abbiamo chiuso, e per sempre. >>

Se ne andò visibilmente deluso e io, rimasi a fissarlo, finché non divenne un puntino nell’orizzonte. 

 

Non so perché, ma per la prima volta mi sentivo ferita. Se mi avesse tirato uno schiaffo, probabilmente avrei sentito lo stesso dolore. Le sue parole mi avevano colpita e ferita profondamente.

Cercai di scacciarle via dai miei pensieri, ma fu tutto inutile. Il pensiero tornava sempre a lui.

<< Dopotutto che mi importa di quello che ha detto? >> mi dissi. << Di uno che non sa niente della mia vita? Che cosa ne può sapere lui? Che ne sa? E chi è per giudicarmi?>>

 Ma, mi sbagliavo.  Dopotutto perché biasimarlo? Lui aveva detto la verità. Io non  meritavo l’affetto di nessuno. Io non ero nessuno.

<< Tu non meriti l’affetto di nessuno … mi ero illuso che eri una persona diversa, Arianna … >>

Le sue parole forti, mi risuonavano ancora nella mente. E facevano male.

Mi sentii uno schifo. Io non lo conoscevo e mi ero permessa di giudicarlo, di criticarlo. Ma, forse lui, aveva delle buone ragioni. Lui era sincero. Ma io non  lo avevo capito. Perché ero sempre pronta a difendermi, sempre pronta a pensare male delle persone, a dubitare della loro bontà, della loro sincerità, che non mi accorgevo chi era veramente buono. Chi aveva delle buone intenzioni.

Ero veramente pentita. Stavolta sarei stata io a fare il primo passo. Sarei stata io a chiedere scusa. Io avevo un carattere troppo orgoglioso, ma stavolta l’orgoglio doveva essere messo da parte.

Decisi che il giorno dopo a scuola gli avrei chiesto scusa.

 

La mattina dopo, animata dalle migliori intenzioni, andai a scuola. Marco, non mi degnò di uno sguardo e si sedette al suo solito posto. Ogni volta che i nostri sguardi si incrociavano io, abbassavo lo sguardo imbarazzata e lui fingeva di non guardarmi. Alla fine delle lezioni, dopo cinque ore di sguardi fugaci, la campanella, suonò. Marco fu il primo ad uscire, come sempre. E io lo seguii. Mi feci coraggio e mi avvicinai.

<< Marco, Marco, aspetta …>> gli dissi chiamandolo.

<< Che cosa vuoi? Non abbiamo più niente da dirci>> disse lui acido.

<< Questo è quello che pensi tu!>> risposi io.

<< Mi pare che ci siamo detti tutto. Che c’è? Ti sei dimenticata di dirmi qualche altra parola gentile? Risparmiatela, per favore.>>

<< No, non mi sono dimenticata proprio un bel niente!>> dissi io sgarbata, dimenticandomi delle buone intenzioni.

<< E allora che cosa vuoi? Lasciami in pace. Io non vado appresso alle ragazzine che non vogliono capire …>>

<< Grr … >> sbottai io. << Che razza di insolente!>> << Ero venuta a chiederti scusa.>>

Lui scoppiò in una fragorosa risata.

<< Tu, che vieni a chiedere perdono a me? Questa mi suona nuova, Rossetti!>> << Non sapevo che conoscessi il significato della parola “ perdonare”>>

<< Ah ah ah, che ridere. >> << Non sei divertente Rossi.>>

<< Neanche tu, con i tuoi scherzi di carnevale o lo possiamo considerare un pesce d’aprile? Dimmi tu.>>

<< Nessuno dei due. Sono sincera!>>

<< Guarda caso, anche io ero sincero l’altro giorno. Peccato che tu non mi abbia creduto.>>

<< Va beh senti, mi dispiace. Mi sono pentita. Ora possiamo fare pace?>> dissi tendendogli la mano.

<< E chi ti dice che io abbia voglia di fare pace con te?>> disse lui ridacchiando.

<< Grr … >> << Lo stai facendo apposta, Rossi. E non è per niente divertente >> sbuffai io.

<< Oh, si che lo è, invece. Non sai quanto!>> esclamò lui. << E poi mi devo pur vendicare, in qualche modo!>>

 Io allora, persi la pazienza. Cosa che non mi riusciva molto difficile. Ero piuttosto incline all’ira.

<< Benissimo, non vuoi il mio perdono? Tolgo subito il disturbo!>>

<< Mi pare che sia stata tu per prima a rifiutare il mio di perdono. Ora non venire a farmi la predica. E poi te ne puoi benissimo andare. Quando non ci sei tu, si respira aria pulita.>>

<< Ah, ah dovrei ridere, forse?>> << Semmai quando ci sei tu si sta bene e non il contrario.>>

<< Pensala come ti pare. Adesso, scusami ma ho altro da fare che perdere tempo con te e le tue stupidaggini.>>

Mise il casco in testa e partì col suo motorino.

<< Si, si vai pure Marco Rossi … vai all’inferno!>> dissi io scocciata.

 

 

 

 

 

 

Salve gente!!!!

 

Lo so, lo so che Arianna è troppo fredda e insensibile, ma è colpa delle delusioni passate e del fatto che si senta un po’ sfigata.

Spero che questo capitolo sarà apprezzato da voi, che spero recensirete!!!

A dire la verità, mi è risultato piuttosto difficile scrivere questo capitolo, perché non avevo la giusta ispirazione e cancellavo e scancellavo qualsiasi parola. Però, mi piaceva il fatto di farli litigare un’altra volta. Quindi adesso ho bisogno di sentire dei pareri, siano essi positivi o negativi. Insomma sbizzarritevi. Buona lettura!!!!!!!!!!

 

 

 

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Capitolo 7
*** Diverbi e consigli ***


VII.

 

Guardai l’orologio.

<< Oh, no. Ancora le undici e mezza sono!>> dissi sospirando.

Non ne potevo più. Quella lezione di matematica iniziava a diventare insopportabile. Non è che la matematica non mi piacesse, al contrario era il prof che la faceva sembrare noiosa. E ogni volta non passava mai il tempo. Oltretutto poi, ero al primo banco quindi non avrei potuto distrarmi, perché il professore si sarebbe accorto.

Dio mio, com’era noioso!

Il mio prof di matematica era un “tipo” piuttosto stravagante e ogni volta entrava in classe facendo delle battute squallide che facevano tremare anche i muri. Era uno tutto casa, scuola e matematica, uno di quelle persone colte ed estremamente noiose. Che ti faceva venire gli incubi persino la notte. Oh, signore! Poi, quando avevamo due ore, mi sentivo male. Ogni volta mi ci volevano DUE “flebo” per riprendermi! Ogni volta era un’immolazione! Quanto poteva essere noioso!

Tuttavia, quelle due ore di sonno ebbero fine per fortuna. Non ne potevo più di parabole, iperbole, logaritmi e altre stupidaggini varie.  Uscii il più in fretta possibile da quell’aula infernale, “scortata” da Anna e Maria.

<< Mamma mia, ragazze, mi era venuto un sonno!>> dissi io. << Non ho sentito una sola parola!>>

<< A chi lo dici!>> disse Anna.

<< Si, infatti>> disse Maria, sbadigliando.

<< Ma, dico io, possibile che le nostre maledizioni non abbiamo mai l’ effetto sperato?>> continuai io.

<< E’ immune a qualsiasi cosa, quello>> disse Anna.

 

Intanto eravamo uscite dal cancello e ci stavamo dirigendo dritte verso casa. Infatti, noi tre abitavamo più o meno vicine e percorrevamo tutte le mattine le stessa strada. All’andata e al ritorno. Ma, ad un tratto mi sentii chiamare.

<< Rossetti …>>

Riconobbi quella voce. E mi venne la pelle d’oca.

<< A- Alex>> dissi io voltandomi.

<< Che c’è Rossetti non mi calcoli più?>> disse lui mentre sedeva su suo motorino.

<< Oh, scusami non ti avevo visto>> mentii.

<< Va beh, allora noi andiamo>> dissero in coro Anna e Maria.

Io cercai di trattenerle dicendogli di non abbandonarmi in una situazione di così estremo pericolo, ma loro lo fecero apposta. E se ne andarono.

<< E allora Rossetti?>> disse Alex avvicinandosi.

Io cercai di scostarmi, ma lui tornò alla carica.

<< Non mi avevi visto o hai fatto finta di non vedermi?>>

<< N- non ti avevo visto>> dissi in preda all’agitazione.

<< E la prossima volta apri gli occhi, allora >> disse lui facendomi l’occhiolino.

Io arrossì e mi sentii profondamente imbarazzata.  Che situazione!

<< Va beh, io vado allora>> gli dissi.

<< Aspetta,>> disse lui afferrandomi per un braccio. << Dove vai?>>

<< A casa.>>

<< Ho l’impressione che tu mi stia sfuggendo, Rossetti.>>

<< Ma che dici?>> replicai io.

<< Non ti fai più vedere, né sentire, scappi quando mi vedi, fai finta di non vedermi …>> << Che cazzo ti succede?>>

<< Niente, niente>> dissi io cercando di liberarmi dalla presa di Alex.

<< Si, si niente. Spiegami che ti succede. Mi pare che quando ti abbia baciata tu non abbia detto di no o sbaglio? Ora che diavolo hai?>>

<< Meglio lasciare stare la storia del bacio>> dissi io, cercando di andarmene.

<< No, ora mi spieghi.>> << Che c’è due giorni prima mi baci e due giorni dopo manco mi saluti?>>

<< Alex, ma perché non capisci?>> dissi io scocciata.

<< Che c’è da capire? Eh? Dimmelo.>>

<< Quel bacio era finto. Era tutto finto.>>

<< Ah, era finto? E così che la pensi?>>

<< Dai, Alex, aspetta. Ragioniamo.>>

<< Ragionare? Non c’è proprio niente da ragionare.>>

<< Ma perché non vuoi ascoltarmi? Io ti posso spiegare. >>

<< Non voglio sentire una sola parola. Dopo che mia hai baciato ti tiri indietro?>>

<< Sei stato tu a baciarmi.>>

<< Ma tu non hai detto di no.>>

<< Infatti, e me ne sono pentita.>>

<< Fammi capire hai un altro?>>

<< E anche se ce l’avessi? Tu che vuoi dalla mia vita? Ti sei attaccato solo perché ci siamo baciati una volta. Le cose non sono cambiate tra di noi, Alex. Solo perché c’è stato un inutile bacio, che non doveva manco esserci. Noi due restiamo sempre amici. Come lo eravamo prima. >>

<< Questo è quello che pensi tu! E’ facile per te. Sei così brava.>>

<< Ma che c’è di così complicato?>> dissi io.

<< C’è che ti conosco da quando siamo nani, Arianna, e ti amo. Ti ho sempre amata>> disse lui urlandomi in faccia.

Io rimasi sconvolta da quella rivelazione.

<< T- tu …>>

<< Si, Arianna. Io ti amo e speravo che anche tu contraccambiassi, ma a quanto pare mi illudevo. Sei solo una puttana. E mi fai schifo.>>

Preso dalla rabbia,partì col motorino e mi piantò lì.

 

Io rimasi per due o tre minuti senza riuscire a dire una parola. Ero sconvolta. Alex, mi amava? Alex, proprio lui? Avevamo condiviso tanti bei momenti, tante risate, tanti pianti. Alex, c’era sempre stato per me. E io ancora una volta mi ero dimostrata ingrata, insensibile, egoista.

<< Che scema che sono!>> mi dissi tornando a casa. << Alex ha fatto tanto per me e io gli ho spezzato il cuore e l’ho deluso.>>

<< Bene, ho deluso anche lui>> pensai. <>

Era la seconda volta che mi sentivo umiliata.

<< Come avevo potuto essere così? Comportarmi così con Alex? Proprio con lui. >>

Le persone si aspettavano sempre tanto da me. Peccato che io non sapevo ricambiare nel migliore dei modi queste aspettative e sapevo solo farle soffrire. Marco aveva ragione. Non merito nessuno al mio fianco. Io devo stare sola, perché è sola che so stare. Ogni volta, cerco di fare tanto per dimostrarmi disponibile, a non prendere in giro le persone, a non illuderle. Perché so quanto può far male. Ma ogni volta finisco per fare l’esatto contrario e risultare una persona falsa.

 

Presa da questi pensieri, percorsi il lungo viale che porta a casa mia. E arrivai a casa. Dissi a mia madre che non volevo mangiare e mi chiusi in camera mia, nel mio mondo, ad ascoltare musica. Almeno quella mia avrebbe consolata! Poco dopo, entrò mia madre.

<< Ehi, tesoro! Tutto bene?>> chiese lei.

<< Si, una meraviglia, mamma>> replicai io.

<< Se ne vuoi parlare, lo sai che io ci sono>> disse con quel sorriso rassicurante che aveva sempre quando mi consolava.

 

Era il sorriso che mi piaceva, era quello che io adoravo. Perché sapevo che qualsiasi cosa sarebbe successa, quel sorriso su quelle labbra rosee ci sarebbe sempre stato. Ed era sempre pronto ad accogliermi e a consolarmi.

Mia madre, era la donna che adoravo, il mio esempio di vita, una donna magnifica, che non si abbatteva mai, e che aveva una grande forza interiore. La ammiravo, soprattutto per il fatto che, dopo la morte prematura di mio padre, lei si era presa cura di noi e non ci aveva mai fatto pesare quella assenza. Ci aveva cresciuto con molte difficoltà, ma senza farci mai mancare il sorriso. La nostra era una vita semplice, non navigavamo certo nell’oro. Ma, nostra madre ci aveva insegnato che la felicità non risiede nei soldi o nel potere. Queste sono realtà effimere e frivole, la vera felicità risiede nello stare bene tra di noi, nell’essere uniti. E nonostante, io e mio fratello, apparentemente ci ammazzavamo, in fondo ci volevamo molto bene.

 

<< Qualcosa mi dice che il cuoricino del mio piccolo tesoro, sta soffrendo. Non è così?>> disse mia madre, sedendosi sul mio letto.

Io annui, mentre una piccola lacrima mi rigava il volto.

<< Ne vuoi parlare?>> disse lei in tono dolce e materno.

Io inspirai profondamente,  poi le raccontai tutta la storia. Di Alex, del bacio, di averlo deluso e di come mi sentivo.

Lei parve riflettere un po’, poi disse:

<< Tesoro, io non ti posso dire cosa devi fare, perché la vita è tua, ma, ti posso dare solo un sconsiglio, sarai tu a decidere cosa fare. Io penso che Alex, sia un bravo ragazzo, un po’ come tuo fratello. Noi lo conosciamo da sempre e sappiamo che ha una solida famiglia alle spalle, è ben educato e non ci ha mai causato problemi, ma vedi, io penso che lui non sia adatto a te. Voi, due siete troppo simili: tutte e due testardi, ostinati, determinati, irascibili. Troppe cose in comune. E alla lunga questo vi porterà a dividervi.>>

Seguì una pausa, poi disse:

<< Pensaci bene, su. >>

E se ne andò sempre con quel sorriso sulle labbra.

 

Ehi , che ne pensate?

Ho curato questo capitolo con molta attenzione e penso che mi sia venuto discretamente. Ma, dovrete essere voi a giudicare. Dai, su, recensite!

Baci.

 

 

 

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Capitolo 8
*** Lavoro di gruppo! ***


VIII.

 

Appena misi i piedi fuori dal letto, sentii che quella sarebbe stata una mattinaccia. E, infatti, il mio sesto senso, non sbagliava mai.

Tanto per cambiare arrivai in ritardo. Il preside ormai si era pure stancato di vedermi entrare alla seconda ora. Ma come potevo spiegargli che avevo un fratello deficiente che mi lasciava tutte le mattine a piedi e una mamma più lenta di una lumaca? Così ogni volta mi toccava inventare una scusa più o meno credibile o ascoltare in silenzio le parole gentili che lui mi dedicava.

Anche quella mattina, dovetti ascoltare i suoi gentili discorsi, cercando di inventare una balla qualunque da fargli bere.

 

Appena suonò la campanella, entrai in classe. Erano le nove e c’era già la prof di storia, seduta in cattedra.

<< Buongiorno>> dissi io.

<< Rossetti sempre tu?>>

<< Mi dispiace, ma …>>

<< Che scusa ti inventerai stavolta?>> disse lei.

Preferii non risponderle e andai a sedermi al mio solito posto.

<< Ragazzi ho da comunicarvi una cosa … >> disse la professoressa, dopo che ebbi preso posto. << Quest’anno il programma di storia è moto vasto e confusionario, quindi ho deciso di dividervi per gruppi per svolgere una relazione sui vari argomenti che vi assegnerò.>>

 

Trasalii.

Ogni volta, ogni maledetta volta che ai professori veniva in mente di dividerci per gruppi, io capitavo sempre nei gruppi peggiori e mi toccava sempre fare tutto da sola. Pregai di capitare con Maria e Anna, le mie migliori amiche. Ma, a quanto pare, quella mattina la Fortuna era andata in vacanza.

I gruppi erano di tre, massimo quattro persone. Anna e Maria erano capitate insieme per fortuna, ma di me non c’era traccia in mezzo a loro. E a questo punto, un altro dubbio si insinuò nella mia mente.

Che fossi capitata con Marco?

Non ebbi il tempo neanche di pensarlo. Due minuti dopo questa frase fu pronunciata dalla mia professoressa.

<< … E infine come ultimo gruppo, Arianna Rossetti, Marco Rossi e Amelia Riva>>

<< Oh, no. Non può essere, non può assolutamente essere. Io e Marco non possiamo lavorare insieme.>>

 

<< Professoressa, io mi oppongo>> disse una voce in fondo all’aula. Era quella di Marco.

<< Anch’io>> dissi alzando la mano.

<< Beh, non mi importa niente. Ormai i gruppi sono stati fatti così e tali resteranno, non voglio sentire una parola di più. Anzi, la vostra compagna, Riva, non potrà partecipare al lavoro di gruppo in quanto è malata e non rientrerà prima di quindici giorni. Quindi voi due dovrete fare da soli. Voglio un lavoro completo e ben fatto. Vi giocate il voto del primo quadrimestre. >>

 

<< Oh, no! Non ci posso credere?!? Io e Marco soli? No, quello era un incubo, il peggiore dei miei incubi. Dovevo svegliarmi, dovevo assolutamente svegliarmi>> mi dissi.

Ma, i pizzicotti non servirono, perché quella era la pura realtà.

<< Che cosa ne sarebbe venuto fuori da quel lavoro? Altri litigi? A che sarebbe servito? Io non volevo avere a che fare con Marco, invece, adesso me lo ritrovavo fra i piedi. Che razza di sfortuna!>>

 

Anche per quel giorno la scuola ebbe fine. E fu una fortuna perché quel giorno la Dea Bendata si era nascosta, o forse si era stancata di venirmi appresso! Non sapevo cos’altro potesse capitarmi!

Mi stavo dirigendo al cancello scocciata, quando sentii la voce di Marco e i suoi profondi occhi azzurri puntati su di me.

<< Rossetti, aspetta … >>

<< Che vuoi?>> dissi io con il mio solito tono amorevole.

<< Non ho intenzione di lavorare con te.>>

<< Mmh, fammi pensare … >> << ma va, neanche io ne ho voglia, chissà come mai!>>

<>

<< E quindi cosa proporresti, fammi capire?>>

<< Dato che tu sei la genia della classe farai tutto tu e io mi limiterò a mettere una firmetta. >>

<< Mmh, fammi pensare … scordatelo!>> dissi lanciandogli un’occhiataccia.

<< Non ho intenzione di lavorare con te!>>

<< E cosa credi, che io lo voglia? Ma dobbiamo farlo, perché non abbiamo alternative. Io da sola non faccio niente! Mettitelo bene in testa, non sono la serva di nessuno!>>

Lui parve riflettere un po’, poi disse:

<< Dove ci vediamo?>>

<< Per me è uguale, fai tu.>>

<< Ti aspetto a casa mia alle quattro. Vedi di essere puntuale e di portare tutto>> disse.

<< Ci sarò>>

 

Alle quattro mi presentai alla sua porta. Mi sentivo una sfigata, un’eterna sfigata. Come se fosse una novità!

Suonai il campanello e mi trovai di fronte lui.

<< Ah, ciao.>>

<< Ciao. Sono stata puntualissima>> dissi con un sorriso alquanto scemo sulle labbra.

<< Entra>> disse chiudendo la porta alle mie spalle.

<< Sei solo?>>

<< Si>>

<< Ad essere sincera, non sapevo molto di lui. Era il figlio del preside, si, ma non sapevo altro. Aveva una madre? Dei fratelli? Un cane? Che faceva nel tempo libero? Cosa gli piaceva? Chi era veramente Marco Rossi? Solo un normale figlio di papà?>>

 

Mi fece entrare nella sua stanza.

<< Sistemati dove vuoi. E’ un po’ in disordine …>>

<< Oh, non importa. Ci sono abituata con un fratello tra i piedi …>>

La sua stanza era piccola. C’era spazio a malapena per il letto, una piccola scrivania e uno specchio.

<< Sono tuoi?>> dissi indicando dei fumetti vecchi di Topolino.

Lui divenne rosso per un attimo. Poi annui.

<< Li leggevo anch’io da piccola. Me li comprava mio padre … poi ho smesso>> dissi con lieve tono malinconico.

Seguì una pausa, come se tutti e due fossimo assorti nei nostri pensieri, poi lui disse:

<< Allora? Prima iniziamo, meglio è.>>

 

Ci mettemmo sulla scrivania, con i libri e iniziammo a studiare, evidenziare, leggere e scrivere appunti. Anzi, io sottolineavo e lui scriveva. Come al solito il lavoro difficile, toccava a me!

Mi sentivo in imbarazzo. In un imbarazzo profondo. E sentivo il suo sguardo sul mio. Ero abbastanza agitata, tanto che mi mordicchiavo il labbro inferiore e muovevo i  piedi sotto il tavolo, in una sorta di tic nervoso. Lo facevo sempre quando ero nervosa o agitata per qualcosa, oppure mi rosicchiavo le unghie fino all’osso.

 

<< Ti va se facciamo una pausa?>> disse lui ad un tratto.

<< In effetti, si, sono un po’ stanca. Per me va bene.>>

Poco dopo tornò con un vassoio, pieno di cose da mangiare. Il vassoio era colmo di frutta, merendine, pizza, cornetti e un sacco di altre porcherie.

<< E’ tutto quello che ho trovato. >>

Io presi una mela rossa e la morsi.

<< Ti posso fare una domanda?>> dissi ad un tratto io.

<< Si, dimmi.>>

<< Ma tu vivi con tuo padre?>>

Il cuore iniziò ad agitarsi nel petto, all’improvviso.

<< Oddio. Ma che razza di domanda è?Perché devo essere sempre così banale e fare sempre figure di merda? Razza di boccaccia che non si tappa mai, quando dovrebbe!>>

Lui arrossii. Poi, rispose.

<< Si. Mia madre è morta quando ero troppo piccolo per ricordarla e sono figlio unico.>>

Il mio cuore si agitò ancora di più.

<< Oh, scusami non volevo essere così indiscreta, perdonami. Mi dispiace tanto per tua madre.>>

<< Cristo santo! Ma perché continuo ad essere ridicola!>> << E’banale dire mi dispiace!>>

<< E’ quello che dicono tutti. >>

<< Sai anch’io ho perso mio padre.>>

<< L’avevo detto? Glielo avevo detto? Io gli avevo detto che mio padre era morto? >>

Non lo facevo quasi mai con gli sconosciuti, era una cosa di cui non amavo parlare perché mi faceva stare troppo male.

Lui mi guardò dritto negli occhi.

<< Avevo nove anni>> dissi io. << E non potrò mai dimenticarlo.>>

Poco dopo, sentii una mano esile e fredda poggiarsi sulla mia e stringerla forte: era la sua.

 

 

 

Allora come vi sembra questo ottavo capitolo?

Voglio sentire i vostri pareri, le vostre opinioni. Dai, ditemi che ne pensate. Se passate di qui, lasciate una recensione! Qualsiasi cosa!

Ci conto :***

 

 

 

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Capitolo 9
*** Delusioni inaspettate ***


IX.

 

<< Allora, Ari?>> mi chiese quel giorno Anna.

<< Allora che?>> dissi io ancora addormentata.

<< La avete fatta la ricerca voi due? Insomma tu e Marco.>>

<< Intanto non era ricerca, ma relazione>> dissi io.

<< Va beh! Come sei pignola!>>

<< E poi cosa vuoi che ti dica? Abbiamo fatto quello che dovevamo fare.>>

<< Sicura?>> disse lei maliziosa.

<< Si>> risposi un po’ seccata. << Ma non è questo che mi preoccupa ora.>>

<< E cosa?>>

<< Alex.>>

<< Alex? E perché?>>

<< Perché abbiamo litigato e ora non mi vuole più vedere>> dissi sbuffando. << Non so che fare!>>

<< Beh, parlaci, no?>> disse lei strizzandomi l’occhio.

<< Tanto facile per te! Tanto non lo devi fare mica tu!>>

<< E va beh, che sarà mai?>>

<< E’ che non so cosa digli!>>

<< Chiedigli scusa>>

La guardai storto.

<< Oh, grazie tante! Come se non lo sapessi! >>

<< E che vuoi dirgli?>>

<< E’ questo il punto! Non lo so neanche io!>>

<< Intanto ti avvicini, poi le parole vengono sole …>>

<< Avrei qualche dubbio …>> dissi perplessa. << Cosa gli dico? Sai Alex non ti volevo baciare, ma dato che mi sono lasciata trasportare, volevo chiederti scusa. Possiamo rimanere amici?>> << Già gliel’ ho detto e si è incavolato, la prossima volta mi manda a fan culo.>>

<< Va beh, ma se tu neanche ci provi?>>

<< E’ tutta colpa mia, sono stata io a rovinare tutto!>> dissi mettendomi le mani nei capelli, disperata.

<< Va beh, ma lui che problemi ha?>>

<< Che problemi ha? Non hai capito che ha detto che mi ama, da quando siamo piccoli, per giunta!>>

<< Caspita! Hai un certo fascino!>>

<< Ma, smettila. Non è momento di fare spirito.>>

<< E quindi?>>

<< E quindi? Quindi le cose si complicano ulteriormente, perché lui ora non mi vuole più come amica!>>

<< Ma tuo fratello lo sa?>>

<< No, per carità. Solo lui mi manca.>>

<< Quindi, stavi dicendo …>>

<< Stavo dicendo che lui mi ama e io …>>

<< … E tu? >>

<< Io non lo so. Sono confusa. Gli voglio bene, ma non so se il mio è amore.>> << Però, mi dà fastidio che lui mi eviti. Perché siamo amici da tanto tempo!>>

<< Ma possibile che ti faccia tutti i problemi di questo mondo?>>

<< Va beh, grazie per essermi stata di aiuto, Anna. Veramente, non sai quanto ti voglio bene!>> dissi sarcastica.

<< Cosa volevi che ti dicessi? Io non mi sarei fatta tutti questi problemi o perlomeno non mi ci sarei cacciata dentro!>>

<< Grazie, per avermi ricordato che è colpa mia!>>

Lei sbuffò.

<< Uffa, Arianna, oggi sei insopportabile.>>

Poi, entrò il professore di matematica e la nostra conversazione si interruppe. Durante la lezione non seguii neanche mezza parola, perché il mio pensiero era rivolto solo ad Alex. Non riuscivo a smettere di pensarlo, di pensare a noi. Gli volevo bene e  non volevo perderlo. Ma, allo stesso tempo ero consapevole che tra noi due non poteva esserci qualcosa, perché noi due siamo sempre e solo stati amici. E poi, avevamo due caratteri troppo simili.

Dovevo parlargli. Anche a costo di fare qualche brutta figura ( cose del tutto normali per me! Ne facevo una praticamente al minuto), anche a costo di essere umiliata o trattata male. Ma, non potevo assolutamente lasciarlo andare. Alex era troppo importante! La mia vita non sarebbe stata più la stesa senza di lui, sarebbe stata vuota. Niente più scherzi e risate, niente più Alex. E io dovevo impedirlo.

 

Appena suonò la campanella, mi catapultai fuori, correndo a perdifiato. Mi facevo spazio tra tutti i ragazzi, spingendo e sorpassando tutti, che nel frattempo mi maledicevano. Scesi le scale del mio piano a due alla volta. Non so come non mi ammazzai o come non mi ammazzarono! Ma, alla fine fui fuori!

Lo vidi. Alto, magro, capelli castani un po’ spettinati. Era pronto a infilarsi il casco. Ed io ero pronta ad entrare in azione. ( Manco fossi 007!)

Ma, qualcosa mi fermò.

C’era qualcuno con lui. Dapprima non lo distinsi, per il sole che mi veniva negli occhi. Poi, riuscii a vedere nitidamente. Non era qualcuno, era qualcuna.

Una ragazza stava parlando con lui.

Stava ridendo con lui.

Stava scherzando con lui.

Stava salendo sul suo motorino.

Lo stava toccando.

Lo stava abbracciando.

Lo stava stringendo.

Lo stava baciando.

Mentre io ero lì, davanti a loro.  Non sapevo cosa fare, né cosa dire. Volevo scappare, correre da Alex e abbracciarlo forte, stringerlo. Ma, non lo feci. Rimasi incantata in mezzo alla strada. E non mi importava niente, se tutti mi guadavano o mi prendevano in giro o ridevano di me. In quel momento non mi importava niente. Mi importava solo di Alex. C’eravamo solo io e lui. O quasi. Io, lui e la sgualdrina. Per una attimo pensai che ci sarei potuta e dovuta essere io, al posto di quella stronza! Erano così felici insieme, mentre io mi sentivo a pezzi. E le lacrime scendevano giù, senza fermarsi. Li vidi allontanarsi e non volli vedere oltre. Mi bastava.

Così mi voltai per andarmene. E ad un tratto, mi sentii chiamare.

<< Rossetti, Rossetti … >>

Mi girai: era Marco.

<< Marco? Che ci fai qui?>>

<< E’ tre ore che ti chiamo, sembravi incantata, che stavi guardando?>>

<< Nulla. Cosa volevi?>> dissi cercando di apparire calma e felice.

<< Vuoi un passaggio? Non ti ricordi che oggi dobbiamo studiare insieme?>>

<< Ah, scusami, Marco. Me ne ero scordata completamente.>>

<< Dai, salta su.>>

Salii sul suo motorino. Ma, non riuscivo a pensare ad altro che Alex insieme a lei. E fu il mio pensiero costante tutto il giorno.

 

ANGOLO AUTRICE

 

Cosa ne pensate di questo IX capitolo? L’ ho scritto così di getto, senza pensarci. Arianna sta affrontando un percorso e si sente confusa e triste. Non sa cosa fare, è sempre più indecisa, sempre più divisa. Prima dice di non volere Alex, ma poi lo cerca, lo segue, lo insegue e si dispiace quando lo vede con un’altra. Che le sta succedendo? Allora, non è vero che non ci tiene ad Alex! Seguite e lo scoprirete ^^ Ho già in mente delle cosette interessanti per il prossimo capitolo :)  

Vi ringrazio sempre per le recensioni che lasciate. Recensite, se leggete e vi piace J Grazie. Baci :***

 

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Capitolo 10
*** Il bacio- parte seconda ***


X.

 

Non riuscivo a pensare ad altro. Non riuscivo a togliermelo dalla testa. Era un pensiero fisso, costante e non c’era nulla che potesse farmelo dimenticare. Il pensiero che qualcun’altra potesse toccare e abbracciare Alex,  non mi fece dormire la notte. Non riuscivo a darmi una spiegazione. Eppure lui cambiava sempre ragazze. Come mio fratello. Ma, stavolta era diverso. Non lo so perché, ma per la prima volta, vederlo tra le braccia di qualcun’altra mi fece stare male. Ero delusa, ma anche arrabbiata. Diceva di amarmi e poi? Poi, mi dimenticava così, troppo in fretta e il giorno dopo si faceva vedere con la prima sgualdrina di turno.  La maledissi tutto il tempo, e maledissi anche me.

E mentre pensavo a tutto ciò, mi trovavo a casa di  Marco.

<< Rossetti, Rossetti, mi vuoi ascoltare? Che hai oggi, sembri sulle nuvole!>>

<< Scusami, Marco. Pensieri.>>

 Poverino Marco! Era così gentile con me! Ma, quel pomeriggio ero troppo occupata per pensare alla sua gentilezza!

<< Allora che stavamo dicendo?>>

<< Stavamo parlando di Firenze, al tempo dei de Medici. Anzi, stavo parlando, perché tu non mi ascolti, oggi.>>

<< Scusami, sono troppo stanca. Smettiamo per oggi?>>

<< Stanca? Arianna Rossetti che si stanca? Mi suona nuova. Tu che sei sempre perfetta e impeccabile!>>

<< Sono pur sempre un essere umana!>>

<< No, tu sei un’aliena!>>

<< Ah, ah meno spirito, Rossi.>>

<< E dai, stavo scherzando!>>

<< Mah, come vuoi.>>

<< Oggi, non me la racconti giusta. Tu hai qualcosa Arianna Rossetti! Non rispondi alle mie provocazioni, dici di essere stanca, non ti arrabbi, non  urli … non sei più la stessa.>>

<< Se non mi lasci in pace, ci metto un secondo a tornare quella che ero, a tuo rischio e pericolo!>>

<< No, non ci credo proprio. Tu oggi hai qualcosa. E chi meglio di un amico può capirti?>> disse lui malizioso.

<< Perché, chi ha detto che sei mio amico?>>

<< Io.>>

<< Questa me la ero persa, Rossi. Fammi capire.>>

<< Che c’è da capire! Io e te siamo amici.>>

<< E da quando?>>

<< Da ora.>>

<< Capisco.>>

<< Dimmi cos’hai. >>

<< E chi ti dice che ne abbia voglia?>>

<< Il mio buon senso.>>

<< E se avessi un problema che non potrei raccontarti?>>

<< No, non credo. >>

<< Se fossi un buon amico, dovresti farmi passare la malinconia, non chiedermi che ho o perché!>>

<< Ok, allora facciamo merenda! Quella ti rianimerà sicuro!>>

Mi fece sorridere.

Poco dopo comparve con il suo solito vassoio, colmo di pizza, patatine frutta, nutella, biscotti.

<< Ecco qua! Serviti pure!>>

<< Certo che sei proprio un maiale! Pizza e nutella, dolce e salato, insieme?>>

<< Certo, si deve mangiare tutto … e poi i giovani hanno sempre lo stomaco più forte.>> << Lo diceva la mia mamma>> aggiunse malinconicamente.

<< Te la ricordi?>> dissi mentre prendevo dal vassoio dei biscotti alla nutella.

<< I ricordi sembrano che svaniscano ogni giorno e si facciano più lontani, ma me la ricordo. E soprattutto mi ricordo il suo sorriso. >>

<< E’ vero, anche per me è la stessa cosa. Era bella?>>

<< Si. In casa non mancava mai il sorriso, la felicità, la semplicità. Entrando si avvertiva sempre una sensazione di pace.>>

<< Mi sarebbe piaciuto conoscerla, allora.>>

<< Certo che ti sarebbe piaciuto, mia madre era una donna speciale.>>

<< So, cosa vuol dire …>>

<< E tuo padre?>>

<< Fa ancora molto male parlarne, ma lo ricordo come una persona sempre allegra, generosa, gentile e ho impressa nella mente l’immagine di lui  seduto sulla poltrona a fumare.>>

<< Mi dispiace molto, Ari.>>

Arrossi un po’. Era la prima volta che mi chiamava per nome!

<< Dispiace tanto anche a me. Ma, adesso va un po’ meglio>> dissi facendogli  un sorriso.

<< Sei sempre solo qui?>> gli chiesi.

<< Quasi sempre. Mio padre è sempre impegnato e quando torna la sera è stanco.>>

<< Devi sentirti molto solo, allora.>>

<< Ci sono gli amici. >>

<< Non è la stessa cosa.>>

<< Lo so, ma non ho un buon rapporto con mio padre.>>

<< Perché? >> << Sempre se vuoi dirmelo.>>

<< Da quando è morta mia madre, si dedica continuamente al lavoro e noi litighiamo spesso. Lui non mi capisce e mi impone le sue regole.>>

<< Anche venire qui è stata una sua “regola”?>>

<< Si>> disse abbassando il capo. << Io non volevo lasciare la mia città, non volevo venire qui, lasciare la mia casa. La casa dove sono cresciuto. Mi ricordava la mamma. Adesso che non sono in quella casa, invece, i ricordi mi sembrano tutti poco chiari, come se la ricordassi a malapena. >>

<< Non è la casa, Marco, a far affievolire i ricordi. E’ il tempo.>>

<< Che dici?>>

<< Io ho vissuto in quella casa da quando sono nata e ho continuato a viverci anche quando mio padre è morto, ma anche a me, spesso  succede di non ricordare qualcosa di lui. E’ normale, è del tutto normale.>>

<< Ma a te piace esserti dimenticata di lui?>>

<< No, ma io so che lui sarà nel mio cuore, sempre e per sempre. >>

Lui mi sorrise.

 

Eravamo seduti l’uno di fronte all’altra. I suoi occhi sui miei. I  miei sui suoi.

 Quel momento mi ricordava qualcosa. Fu come un flash nella mia mente. Mi ricordò quando Alex venne a casa mia.

 

Dio, quanto era  bello! Con i capelli sempre spettinati dal casco, le labbra rosee, gli occhi ambrati, il sorriso sempre sulle labbra. Adoravo il suo sorriso, il suo modo di parlare, il suo modo di scherzare, la sua simpatia. Adoravo tutto di lui. Lo adoravo.

 

Chiusi gli occhi e mi avvicinai di più a Marco.

Lo sentivo vicino, vicinissimo.

Sentii di nuovo quel profumo inebriante, il suo odore, il suo corpo più vicino.

Non capii più nulla. Ero confusa.

Sentii il suo volto farsi vicino.

Gli accarezzai i capelli.

Gli presi la faccia tra le mani. La accarezzai.

Ora sentivo le sue labbra vicine.

Sentivo che stavano sfiorando delicatamente le mie.

Poi si avvicinavano di più, sempre di più, ma  piano, delicatamente.

Finché ci fu un bacio.

Un bacio vero e proprio.

Un bacio di quelli che ti tolgono il fiato.

Un bacio passionale.

Non capivo più nulla.

Ero di nuovo confusa, come inebriata da quel bacio.

Mi lasciavo condurre.

Non mi sentivo più padrona del mio corpo.

Era come se non riuscissi a comandarlo.

E continuavo a baciare quelle dolci e morbide labbra.

Volevo allontanarmi, ma non ci riuscivo.

Non ci riuscivo.

E continuavo a baciare, baciare, baciare  …

 

Finché non suonò il telefono. Allora mi scossi. Ero di nuovo confusa, come se stessi perdendo il controllo di me. Ero agitata. Così agitata che mi tremavano le mani e a stento riuscì a rispondere al telefono.

<< P- pronto?>> dissi con le mani ancora tremanti.

<< Arianna, ma dove sei?>>

<< M- mamma? Sono a casa di Marco,  tra poco sarò lì.>>

<>

<< Ok.>>

Riagganciai.

<< D- devo andare>> dissi a Marco.

<< Aspetta, Arianna. Dove vai? Noi due …>>

Non gli diedi il tempo di finire la frase. Scappai via. Mi sentivo ancora  confusa e agitata. Non capivo più niente. E adesso ero ancora più confusa di prima.

 

ANGOLO AUTRICE

 

Ehi!!! Allora? Che ne pensate di questo decimo capitolo? Lo so che vi sto facendo perdere la testa. Marco o Alex? Alex o Marco? Non si capisce più niente. Arianna prima bacia Alex, poi lo molla, poi lo vede con un ‘altra e si ingelosisce, lo pensa costantemente. Ma, c’è Marco. Prima lo odia. Non lo può tollerare. Ma, poi deve studiarci insieme. Allora, lì nasce una bella amicizia. Ma, adesso, dulcis in fundo c’è il bacio tra Marco e Arianna.

Le cose si fanno interessanti! Lo so che vi sto facendo impazzire, ma dovete pazientare solo qualche capitoletto e poi scopriremo come andrà a finire ^^

Intanto ditemi che ne pensate. Grazie J

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Capitolo 11
*** Dilemmi d'amore ***


XI.

 

<< Spiegami che stai facendo, Ari>> mi disse quella mattina, Anna, con la quale mi confidavo più spesso che con Maria.

<< Uffa, Anna, non lo so neanche io.>>

<< Fammi capire: pensi ad Alex e baci Marco? Vedi che il chiodo scaccia chiodo non funziona, te lo posso assicurare.>>

<< Ti giuro che non so cosa mi sia preso! Eravamo seduti l’uno di fronte all’altra e mi è ritornato in mente il pomeriggio in cui io ed Alex ci siamo baciati. Poi, mi sono avvicinata sempre di più a Marco e ... ed è successo quello che è successo. Ma non so cosa mi sia preso, era una sensazione strana. Non riuscivo più a controllarmi e mi lasciavo condurre. >>

<< E poi che hai fatto?>>

<< Per fortuna è squillato il telefono, e poi me ne sono andata.>>

<< E non avete più parlato? Con Marco, intendo.>>

<< No. E il guaio grosso è che oggi pomeriggio devo ritornare a casa sua.>>

<< E cosa pensi di fare?>>

<< Mi fingerò malata o inventerò qualcosa, ma a casa sua non ci vado.>>

<< Mi chiedo perché scappi sempre. Affronta le cose. Non lo sai fare?>>

<< E’ tutto così difficile. Mi sento troppo confusa!>>

<< Sei con un piede in due staffe!  Devi scegliere: o  Alex o Marco.>>

<< Sono così dissimili fra di loro. Non lo so, io voglio bene a tutti e due …>>

<< Ma devi scegliere uno.>>

<< Oh, Dio! Non lo so, non lo so proprio>> dissi passandomi nervosamente  le mani fra i capelli.

<< Ma scusami ci deve essere qualcuno che ami di più?>>

<< Non lo so, credimi. E’ una confusione di emozioni, sentimenti, passioni che non auguro a nessuno di provare. Mi sento in fondo ad un tunnel senza via d’uscita.>>

<< I tunnel hanno sempre una via d’uscita>> disse lei facendomi un sorriso.

Io sbuffai, poco convinta di quella risposta.

<< Odio dover scegliere. >>

<< Si, lo so che le scelte non sono mai state il tuo forte.>>

<< Uffa, così non mi incoraggi.>>

Seguì una pausa, poi io iniziai a tormentarla con le domande.

<< Secondo te, perché quella sensazione quando l’ho baciato?>>

<< A chi?>> chiese  Anna un po’ confusa.

<< A  Marco.>>

<< Uffa, non ci sto capendo più niente.>>

<< Scusami, ti ho stancata.>>

<< Lo sai che per qualsiasi cosa io ci sono, ma secondo me, ti stai facendo troppi dilemmi. Il vero amore si distingue. Riuscirai a decidere tra i due, fidati.>>

<< Io veramente non l’ho ancora distinto. Come si fa?>> chiesi come se fossi una bambina inesperta.

<< Beh, il vero amore è facile da distinguere, perché quando sei con la persona giusta sai che non  hai bisogno di nient’altro per sentirti felice e non desideri nessuna persona al tuo fianco all’infuori di essa. E’ magia!>>

Io la guardai e sorrisi.

<< Grazie, amica mia>> dissi dandole un bacio sulla guancia.

<< E ora che ti è preso?>>

<< Forse inizio a vedere le cose diversamente …>>

<< Speriamo>> disse lei alzando le mani al cielo.

 

Dopo aver salutato e ringraziato Anna, presi un’altra direzione. Mi diressi verso la casa di Alex. Anche stavolta avvertii la sensazione di non essere io a guidare il mio corpo. Ma, ero tanto decisa ad affrontare Alex che non mi interessava nulla. Avevo paura, si, ma volevo affrontarlo, parlargli, dirgli quanto mi mancava. Da quando io e lui avevamo smesso di frequentarci, io avevo perso la mia felicità! Con mio fratello continuavano a frequentarsi, ma Alex non veniva più a casa mia, per evitare di incontrarmi. Si vedevano sempre fuori.

In realtà non so cosa sapeva di preciso mio fratello su noi due, ma di certo sapeva che non eravamo più amici come prima.

E anche la mia vita non era più la stessa. Mi chiedevo sempre cosa stesse facendo Alex, se mi pensava o se si stesse divertendo con la sua sgualdrina. Forse non gli fregava più niente di me. In fondo, perché biasimarlo? Aveva ragione, Alex. Due giorni prima lo avevo baciato e due giorni dopo ero scappata. Che stupida! Faceva bene a non rivolgermi più la parola. Al suo posto io avrei fatto lo stesso, perché se il nostro rapporto si era deteriorato era solo per colpa mia! 

Mentre pensavo queste cose, arrivai alla porta di casa sua. Ero ferma sul davanzale, indecisa se suonare o meno, quando il portone si aprì. Era lui.

Io arrossii fino alle radici dei capelli e sentii improvvisamente caldo. Iniziai ad agitarmi e a balbettare, come al solito.

<< E tu che ci fai qui?>>

<< E- ero venuta a parlarti>> dissi.

<< Oh, no ci risiamo. Arianna, stai calma. Stai calma. Inspira. Espira. Non devi balbettare. Non balbettare. Keep calm. >> mi ripetei nella mente, ma non funzionò molto.

<< Non abbiamo niente da dirci. Vattene>> disse scontroso.

<< S- sono venuta a chiederti scusa.>>

<< Me ne infischio delle tue scuse>> disse lui. << E ora, se mi vuoi lasciare passare … devo uscire.>>

<< Prego. Vai, vai dalla tua sgualdrina>> dissi perdendo la pazienza.

<< E anche se fosse? Ti devo dare conto, fammi capire?>>

Io lo guardai dritto nei occhi.

<< No, era solo un’osservazione.>>

<< Fammi capire, Arianna. Che cazzo vuoi dalla mia vita, eh? Dimmelo?>> disse urlandomi in faccia.

<< No, sono io che te lo chiedo! Sei tu che hai rovinato tutto. Perché non hai lasciato le cose com’erano un tempo?>>

<< Ah, adesso è colpa mia? Ma, lasciami in pace, Arianna, mi hai stancato>> disse lui mettendosi il casco per partire.

Io lo afferrai forte per un braccio.

<< No, adesso mi senti.>>

<< Non voglio ascoltarti.>>

<< Devi.>>

<< Ma, che cosa vuoi ancora da me?>>

<< Sono venuta a chiederti scusa. Mi sono comportata come una stronza>> dissi tendendogli la mano e facendogli un sorriso.

Lui parve esitare, poi disse:

<< Le scuse non bastano perché sei stata una vera stronza!>>

Io rimasi pietrificata.

<< Non mi vuoi perdonare?>>

<< Non voglio le tue scuse. Ormai, non mi importa più niente di te, Arianna. Credevo che fossi diversa, invece sei come tutte le altre. Mi hai deluso e  non mi aspetto più niente da te. >>

Una piccola lacrima iniziò a scendere lungo le gote e  rigarmi il viso roseo. Era come se mi avevano appena tirato uno schiaffo. Uno schiaffo che faceva male, troppo male!

<< M- ma Alex, aspetta …>>

<< Non abbiamo più niente da dirci …>>

E se ne andò.

 

Piansi tutte le lacrime che avevo in corpo. Piansi come non avevo mai fatto in vita mia. Le parole di Alex mi risuonavano ancora nella mente. Ormai non c’era più nulla da fare. Lo avevo perso per sempre! Tante volte avevamo litigato noi due, ma eravamo sempre tornati amici come prima, anzi, più di prima. Ma, stavolta sentivo che non sarebbe stata la stessa cosa. Avevo perso per sempre Alex. E questo mi faceva stare molto male, perché  era tutta colpa mia!

Mi sentivo triste e non desideravo altro che stringere Alex tra le mie braccia! Stringerlo forte e sapere che fosse mio. Solo mio. Nient’altro che mio. Ma, sentivo che questo non sarebbe successo. Alex, stavolta, non mi avrebbe perdonata! E questo io, non lo potevo sopportare!

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Oh, salve! Beh, devo dire che Alex manca molto ad Arianna. Lei si sente persa senza di lui. Non sa cosa fare ed è abbastanza triste. In realtà, questo è più che altro un capitolo di transizione, non molto importante, come quello precedente. Lo so, lo so che siete trepidanti per sapere cosa succederà alla nostra piccola Arianna, ma vi chiedo di pazientare ancora un po’. Tutti i nodi, verranno al pettine!!!!!! xD

 

P.S. Ringrazio tutti quanti stanno seguendo questa storia e quanti recensiscono e dimostrano interesse. Sono veramente orgogliosa!!!!!!!!!!  Mi date delle grandi soddisfazioni!!!!!!!!

Bacioni, alla prossima :*

 

 

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Capitolo 12
*** Salvata! ***


XII.

 

Quel pomeriggio non andai da Marco, neanche quello dopo e quello dopo ancora. A scuola cercavo di evitarlo, di evitare i suoi dolci sguardi, di parlargli, di rispondergli, di entrare in contatto diretto con lui. Ed evitavo anche di rispondere ai suoi messaggi. Non mi andava di vederlo. Mi avrebbe confuso ancora di più. Più di quanto già lo fossi!

Gli riferii tramite Anna, che non mi sentivo molto bene ed evitai di andare a studiare a casa sua.

Sperai che almeno lui non si offendesse, perché non potevo fare altrimenti in quel momento. Ma, lui, proprio come temevo, non prese molto bene la cosa. Una mattina, infatti, mi affrontò.

<< Rossetti, Rossetti …>> mi chiamò, correndomi dietro.

Cercai di accelerare il passo, di fare finta di non aver sentito, ma lui, insistette. Non si dava per vinto. Finché non si avvicinò, mi prese per un braccio e mi costrinse a voltarmi.

<< Sono tre ore che ti chiamo …>>

<< Scusami>> dissi con un espressione piuttosto triste. << N- non ti avevo sentito>> mentii con la prima scusa che mi venne in mente.

<< O forse non volevi sentire?>>

Io arrossii leggermente e non risposi.

<< Cos’è questa storia?>> mi chiese lui.

<< Q- quale storia?>>

<< Non fare la finta tonta! Sai benissimo quale storia. Sono tre giorni che non vieni a studiare da me. Non rispondi ai miei messaggi, mi eviti, non mi rivolgi più la parola. Credi che non l’abbia capito che mi stai evitando? Dopo che mi hai baciato!>>

<< Lo so
benissimo, ma avevo bisogno di stare da sola a riflettere. Cerca di capirmi!>>

<< No, non ti capisco e non voglio provare a farlo. >>

<< Ecco, lo vedi? Tu non puoi capire. Nessuno può capire.>>

<< Che c’è da capire?>>

<< Non so cosa voglio, Marco.>>

<< Mi stai lasciando?>>

<< Noi due non siamo mai stati insieme.>>

<< Credevo che significasse qualcosa per te, quel bacio.>>

<< Quel bacio ha confuso le mie idee.>>

<< Sei stata tu, a baciarmi.>>

<< Lo so>> dissi abbassando lo sguardo.

<< Io non ti capisco. Prima mi baci e poi mi lasci. Che cosa vuoi Arianna? Cosa vuoi? Perché sono stanco di provare a capirlo!>> disse lui alzando la voce  al culmine dell’ira.

<< Non lo so, Marco. Non lo so>> dissi scoppiando a piangere.

<< Tu mi hai illuso, tu mi hai solo illuso. Era questo che volevi.>>

<< No, non è vero! Era l’ultima cosa che avrei voluto fare.>>

<< Non venire a raccontarmi balle. E’ così e basta.>>

<< No, non è così>> dissi con le lacrime che scendevano lungo il viso.

<< Risparmiati le lacrime, stronza.>>

<< Marco, aspetta …>>

<< Non ho più niente da dirti. Mi dovevo fidare della mia prima impressione. Tu sei solo una stronza e nient’altro. Non voglio più vederti, né sentirti. E non mi interessa niente del nostro lavoro di gruppo, te lo puoi fare anche sola!>>

<< Ti prego,Marco. Ti prego, aspetta.>>

Lui indossò il casco e partì.

<< Mi hai già deluso la prima volta e anche una seconda. Ma, non succederà più. Stronza.>>

 

Mi lasciò sola, sul ciglio della strada. Come la volta in cui litigammo. Mi ritornò in mente e non potei far altro che piangere. Mi chiedevo perché. Perché sbagliavo sempre tutto? Perché riuscivo solo a deludere le persone? Perché non facevo altro che illuderle? Facevo uno sbaglio dietro l’altro. Un errore dopo l’altro. Volevo fare del bene, e invece, finiva sempre che facessi tutto il contrario. Col risultato che tutti  mi odiassero!

Quanti sbagli avevo fatto? Quante persone avevo deluso? Quante ne avevo fatto soffrire? Tutti soffrivano a causa mia, perché avevo una testa di cavolo! Era sempre e solo colpa mia.

Avrei rischiato di perdere anche quei pochi amici che avevo, se avessi continuato ad agire così! Ora anche Marco si era stancato di me! Come Alex. Non potevo biasimarli. Non potevo certo farlo, né tanto meno giudicarli. Anzi, li capivo. Prima li avevo baciati, li avevo illusi e poi non mi ero fatta più viva, cercando di evitarli. Avevo tenuto il medesimo comportamento con ambedue. Un comportamento da stronza e figlia di puttana! Un comportamento imperdonabile, per una come me. Ma, nessuno avrebbe potuto capire la confusione che albergava nella mia testa! Dio Santo! Io volevo bene ad entrambi. Alex lo conoscevo praticamente da quando ero nata. Aveva sempre fatto parte della mia vita. Avevamo passato tante avventure da piccoli e anche da grandi. Lui c’era sempre stato per me, e ora che si era allontanato mi sentivo vuota, persa, come se la mia vita non avesse più alcun senso! Marco, invece, era buono, dolce, gentile, contrariamente a quanto mi aspettassi all’inizio. Era molto sensibile, e proprio adesso che eravamo diventati amici, lo avevo perso. Io non volevo che nessuno dei due uscisse dalla mia vita, ma ero consapevole che avrei dovuto scegliere uno di loro. Ma, non sapevo chi. Perché era tutto troppo difficile. E questo iniziava a preoccuparmi. Perché avrei dovuto prendere una decisione. Una decisione che avrebbe potuto cambiare la mia vita. Per sempre.

Probabilmente, il mio cuore già sapeva cosa fare, ma la mia testa no. Ed ero ignara che qualcosa, un avvenimento forse,  mi avrebbe spinta a fare la decisione giusta. La decisione della mia vita.

 

Mentre, facevo questi pensieri, mi ero incamminata per ritornare a casa. Quel giorno, però, vicino casa mia c’erano dei lavori in corso e la strada principale era chiusa. Per tornare a casa, avrei dovuto percorrere una strada secondaria praticamente deserta e poco praticata. Una specie di strada di campagna, con pochissime case, la maggior parte delle quali abbandonate.  Ma, non avevo altra scelta. Dovevo pur tornare a casa!

<< Stai tranquilla, Arianna. Tanto questa strada è deserta, no? Quindi non passa nessuno di qui. E non può succederti nulla di male, vero?>>

Camminavo a passo svelto, proprio per arrivare il prima possibile a casa mia, nel mio morbido letto a distendermi e a scacciare via ogni pensiero.

Ma, non ebbi il tempo di finire la frase.

Mentre camminavo ebbi l’impressione di essere seguita, di essere spiata.

Mi voltai indietro, guardando in modo furtivo. Ma, non vidi nulla.

Mi dissi che magari era una mia impressione. Che magari ero troppo spaventata. Che magari mia madre mi aveva messa in apprensione con le sue raccomandazioni. Pensai a tutte le ipotesi possibili. E per un po’ fui pure persuasa da qualcuna di queste. Ma, ebbi quell’impressione una seconda e una terza volta. Tirai dritto e a passo spedito, cercando di anticipare il prima possibile il mio ritorno a casa. Ormai mancava poco. Ma, ad un tratto mi accorsi che quelle non erano solo sensazioni. Vidi un’ombra e sentii una voce, dietro di me. Una voce forte, che mi fece sobbalzare.

<< Dove va questa bella ragazzina tutta sola?>>

Io mi girai, di scatto.

Avevo paura. Stavo morendo di paura. Il cuore mi batteva forte nel petto ed io iniziai a sudare. A sudare freddo.

<< Che cosa vuoi da me? >> dissi cercando di mantenere un tono calmo.

<< Niente, volevo solo sapere dove vai. >>

<< Non mi sembra che siano fatti che ti riguardino.>>

<< Ah, no?>>

 

Era un ragazzo poco più grande di me, all’incirca sulla ventina. Era alto, magro, con i muscoli ben in vista e con molti tatuaggi , aveva uno sguardo torvo, da far paura e un’espressione tutt’altro che simpatica, anzi proprio antipatica. I suoi occhi scuri erano puntati su di me. Facevano paura. Parevano gli occhi d’un cieco, fissi, senza movimento, gelidi. Mi fecero rabbrividire. I lineamenti del viso erano marcati e decisi e la prima impressione che mi fece non fu proprio bella.

Si avvicinò sempre di più, mentre io cercai di allontanarmi, facendo dei piccoli passi indietro. Ero consapevole che non sarei potuta andare lontano, ma tentai. Forse qualcuno mi avrebbe sentita. O forse avrei avuto un colpo di fortuna. Erano delle ipotesi improbabili, ma non volli mollare. Volli tentare. Feci qualche piccolo passo all’indietro, come i gamberi, quando sentii che le ginocchia stavano per cedermi. All’inizio non capii perché mi stessi lasciando andare, perché stessi per cadere, perché non avessi più un appoggio solido sotto i miei piedi. Quando fui per terra, capii. Ero inciampata in un maledetto sasso. Immediatamente, sentii un dolore lancinante alla caviglia destra e non riuscivo più ad alzarmi. Iniziai ad agitarmi, mentre credei che il cuore sarebbe scoppiato nel petto. Provai e riprovai ad alzarmi, ma non ci riuscii. Sentivo troppo dolore.

E lui ne approfittò. Non ci pensò minimamente ad aiutarmi. Quando capii che non ce l’avrei fatta si avventò su di me. Fece un fischio e vennero anche due suoi amici. Brutti come lui.

<< Stai calma, piccolina>> disse lui, il capobanda.

Io mi agitai ancora, mi dimenai, cercai di urlare. Ma, mi fu impedito di fare qualsiasi cosa.

<< Stai calma e non ti succederà niente. Ci divertiremo solo un po’, tu non vuoi divertirti?>>

Io tentai ancora di dimenarmi, ma non valse a nulla.  E quando capii le loro intenzioni, non potevo fare  più niente. Chi mi avrebbe sentita in quel silenzio? Chi mi avrebbe salvata? Chi poteva aiutarmi? Ero sola. Come sempre.  

Avevo paura, tanta, troppa paura. Il cuore non cessava di battere. Volevo scappare via e tornare a casa, dalla mia mamma. Abbracciarla forte e sapere che non mi avrebbe abbandonata. Ma, non potevo farlo. Iniziai a piangere. Una lacrima dopo l’altra scendevano sul mio viso, mentre io continuavo a piangere silenziosamente. Avevo paura non solo per quello che mi avrebbero fatto, ma anche perché se mi fossi opposta,avrei potuto fare una brutta fine. Mi portarono con loro, in una casa semideserta e fatiscente. Per loro sarebbe stato pericoloso farsi vedere in mezzo alla strada.

Mi feci prendere ancora di più dal panico. Non sapevo cosa fare. Cercai di mostrarmi buona, calma. Pensai che forse avrebbero capito. Pensai che ancora avessero un cuore e che non fossero così spietati e crudeli.

<>

<< Sta’ zitta>> disse un complice dandomi un forte schiaffo sulla guancia.

<< Io mi sono solo persa. Ditemi dove sono>> dissi mentendo e sperando che magari mi lasciassero andare.

<< Non ce ne fotte un cazzo>> disse l’altro.

<< Ma, dove mi avete portata?>>

<< Questa è una baracca non lo vedi?>>

<> gli disse il capo. << Dobbiamo agire. Prima lo facciamo meglio è. >>

<< Vi prego, no>> dissi io, una seconda volta.

<< Sta’ zitta. Vuoi che tutto vada bene? >> mi disse lui, il capo.

Io annui, tra le lacrime.

<< Allora devi stare zitta. ZITTA. E fare quello che ti diciamo noi.>>

Io annuii una seconda volta, ancora spaventata, mentre continuavo a piangere in silenzio, con gli occhi chiusi e pensando che per me non ci sarebbe stato più scampo. Nessuno mi avrebbe salvata e io sarei rimasta in balia di quei porci. Non avevo più via di fuga. Ed incominciai ad avere più paura di prima. Io non volevo, non volevo assolutamente che loro abusassero di me. Mi facevano schifo. Li odiavo. Sentii le loro mani su di me. Dappertutto. Mi venne la pelle d’oca. Sentivo che la mia morte era vicina o meglio che la mia fine era vicina, che non ci sarebbe più stato niente da fare per me. Quando successe qualcosa. Ad un tratto sentii una voce. Una voce che mi suonava familiare.

<< Che state facendo qui, eh?>>

<< E tu chi sei? Che cazzo vuoi, eh? Vai a rompere da una altra parte, idiota!>>

<< Io non mi muovo di qui se non la lasciate andare!>>

<< E chi saresti tu? Suo padre o il suo angelo custode?>> disse il capo banda, mentre i suoi amici ridevano.

Io continuavo a non capire.

<< Lasciatela andare, ho detto>> sentii la voce dello sconosciuto, urlare.

<< Ma tu che cazzo vuoi, eh? Ti ho detto di andare a rompere da un’altra parte. Lo capisci l’italiano?>>

<< E io ti ho detto di lasciarla andare.>>

<< Perché, sentiamo? >> disse il mio “sequestratore”.

<< Perché state abusando di lei senza il suo consenso.>>

I tre ragazzi scoppiarono in una fragorosa risata.

<< E con ciò? Tu chi saresti? Che ce ne frega se lei non vuole, noi dobbiamo solo divertirci.>>

<< Lasciatela stare. Basta!>> urlò quello.

<< Perché ti importa così tanto di questa ragazza, eh? Dimmelo.>> disse il capo, dandogli uno spintone.

<< Perché …>> lo sconosciuto esitò. << Perché … è la mia ragazza.>>

Sobbalzai.

<< Ma che stava dicendo quello? Io non ero la ragazza di nessuno?! Che si stava inventando? Chi era poi? E perché voleva così tanto liberarmi?>>

Furono degli attimi incredibili, in cui io non capii più nulla. Non capivo chi stesse parlando e non capivo perché lo stesse facendo. Perché voleva salvarmi? Perché?

Quella voce mi pareva familiare, ma io ero così stordita che non riuscivo più a capire. Vedevo solo un’ombra. Non riuscivo a mettere a fuoco la sua immagine. Ero confusa. E più volte credei che stessi sognando.

Poi, vidi i tre uomini e lo  sconosciuto uscire fuori dal casolare.

Li sentii parlare, discutere, forse anche fare a botte. Poi, sentii delle urla e delle imprecazioni contro il ragazzo che mi aveva salvato, mentre loro si stavano allontanando. Io ero rimasta dentro e avevo ancora paura. Il pericolo ormai era passato, ma la paura rimase. E forse sarebbe rimasta per sempre. Forse questa esperienza mi avrebbe segnato per il resto della mia vita. Mi portai una mano alla bocca e piansi. Piansi disperatamente.

Poi, di fronte a me, vidi un’ombra. E fu allora che mi ricordai di colui che mi aveva salvata. Continuai a ripetermi perché lo avesse fatto e perché avesse detto che fossi la sua ragazza. Mi tornarono in mente le sue parole e la sua voce mi era molto familiare. Io la ricordavo, ma non riuscivo a capire. Era come se ci fosse qualcosa che mi sfuggisse. Eppure, io conoscevo quella voce.

Riapri cautamente gli occhi. La luce mi investì in pieno. Vidi la sagoma di un ragazzo. Era alto, magro, imponente, con i cappelli sparati in aria dal gel. Ma, non riuscivo ancora  a metterlo a fuoco.

Quando aprii completamente gli occhi e mi abituai alla luce, lo vidi e capii.

I miei occhi si spalancarono e io impallidii. Non riuscivo a spiccicare una parola. Avrei voluto dire tante cose, ma la mia bocca era come serrata, incapace di emettere qualsiasi suono. Io volevo parlare, ma non riuscivo. Piansi ancora, mentre vidi la figura che si avvicinava a me teneramente e mi avvolgeva con il suo morbido abbraccio. Quando, finalmente, mi calmai, la voce mi ritornò.

<< M- marco …>> furono le uniche parole che riuscii a dire.  

 

 

ANGOLO AUTRICE

In primis,  mi scuso per la prolungata assenza, ma ho avuto dei problemi con il mio pc, che mi ha fatto sudare le proverbiali sette camicie prima di poter vedere pubblicato sto capitolo. Mi dispiace molto, davvero. Soprattutto di avervi fatto attendere a lungo per il proseguimento della storia. Non è stata colpa mia, ma cause di forza maggiore. Cercate di perdonarmi, se potete :D  

 

In secundis, vi devo dire che ho faticato assai a scrivere questo capitolo. Sia perché inizialmente non sapevo cosa scrivere, sia perché  quando mi è venuta l’ispirazione, sono morta per scrivere la scena in cui Arianna viene quasi violentata. Poi, alla fine quando ho avuto finalmente chiaro in testa ciò che volevo scrivere, sono partita a razzo. Vi ho fatto un po’ attendere per sapere chi fosse questo misterioso salvatore. Ma, alla fine l’ho svelato! :D

Insomma, questo a dispetto del precedente capitolo è veramente un capitolo chiave, importantissimo. Arianna ha quasi chiaro quello che vuole e vedremo insieme come si risolverà la storia. Siamo quasi giunti alla fine, anzi questo è il penultimo capitolo. :’(

Spero che vi piaccia, e vi esorto a recensire per sapere la vostra opinione e magari se vi va, darmi dei consigli per l’ultimo capitolo che è in fase di scrittura *--------* .

Baci :***

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** Si può morire di felicità? - ***


XIII.

 

<< M- marco …>> dissi tra le lacrime.

Lui era in piedi vicino a me. Era immobile, fisso come una statua.

Poi, parse destarsi e mi venne incontro. Io mi gettai tra le sue braccia. Non mi ero mai comportata così con un ragazzo. Ma, quella volta non potei fare a meno di abbracciarlo e stringerlo forte a me, dopo tutto il pericolo e la paura che avevo provato.

Restammo per più di cinque minuti abbracciati. Io ero ancora spaventata e tremavo un po’ e lui mi rassicurò in ogni modo: abbracciandomi, stringendomi forte a sé, asciugandomi le lacrime . E io, quel giorno, tra le sue braccia mi sentivo al sicuro. Lui mi dava un senso di calma, tranquillità, pacatezza e io mi sentivo protetta. Non desideravo altro. Non mi serviva niente di più per essere felice. E allora capii. Quel pomeriggio in quel buio casolare, capii. Capii tante cose, ma soprattutto che Marco era sempre stato nel mio cuore e che io avevo confuso la grande amicizia di Alex, per amore. Quel pomeriggio finalmente, riuscii a fare chiarezza e per la prima volta vidi tutto al suo posto. Tutti i tasselli avevano trovato una giusta collocazione. Ed io non ero più confusa. Ora sapevo tutto.

Ero ancora immersa in quel caldo e dolce abbraccio, quando pensai queste cose. Mi spostai un po’. Ora io e Marco eravamo faccia a faccia.

<< Dio, quanto era bello!>> non potei fare ameno di pensare.

I suoi occhi azzurri erano così profondi, così sinceri. E il suo sguardo così dolce! Il mio cuore si agitò di nuovo. Non la smetteva di battere come un martello!

Continuai a guardarlo negli occhi.

<< C- come hai fatto a trovarmi?>> dissi ancora agitata.

<< Stavo venendo da te>> disse lui sorridendomi.

<< Che significa?>> dissi io perplessa.

<< Stavo venendo da te, perché …>> Marco esitò ancora. << Volevo fare pace, sono stato proprio uno stupido.>>

<< M- ma come hai fatto a …?>>

<< Mandarli via?>>

Io annuii.

<< Non è importante questo, ora. L’importante è che tu stia bene>> disse sorridendo.

Io lo abbracciai ancora, piangendo.

<< I- io stavo camminando quando ho visto un ragazzo che mi seguiva e … ho avuto tanta paura e …>> dissi tra i singhiozzi.

<< Lo so, lo so … sta’ tranquilla, adesso>> disse lui asciugandomi le lacrime , affettuosamente.

<< I- io ti devo ringraziare, Marco. Senza di te non ce l’avrei mai fatta. Per fortuna sei arrivato in tempo, prima che mi violentassero.  Grazie.>>

Lui si era alzato in piedi e mi aveva girato le spalle, evitando il mio sguardo.

<< Andiamo, ora. Tua madre si preoccuperà non vedendoti arrivare>> disse dandomi la mano.

Io appoggiai la mia mano tra le sue, morbide e bianche.

<< A- aspetta …>> dissi io col cuore che mi stava scoppiando nel petto.

Lui si voltò.

<< Dio mio, com’era bello! >>

<< Avanti, diglielo>> mi dissi. << Ora o mai più, Arianna. Devi dirglielo. Diglielo. >>

 

<< Allora, che c’è?>>

Io feci un respiro profondo.

<< Senti, Marco, mi dispiace … mi dispiace per come mi sono comportata con te. Sono stata una vera stronza, un’ingrata, una cretina e non meritavo di essere salvata da te. Tu mi hai sempre aiutata, io invece … Ti prego di perdonarmi se puoi. Se tu non vorrai , fa’ lo stesso. Ma, sappi che io ti voglio bene. Un bene dell’anima.>>

Lui mi guardò. Era in piedi, di fronte a me. Aveva dipinta sul volto una espressione indecifrabile e non sapevo se avere paura o gioire. Mi lasciò col fiato sospeso per un po’ di minuti, mentre il mio cuore non la smetteva di picchiare contro il petto.

Poi, si sedette vicino a me. Sul materasso.

Mi guardò. I suoi profondi occhi azzurri erano fissi su di me, pareva che ridessero e fossero felici. Erano così profondi e chiari, che non potei far a meno di esserne affascinata e sentirmi in soggezione. Abbassai lo sguardo, mentre aspettavo trepidante la sua risposta.

Lui non la smetteva di guardarmi.

Mi prese la faccia tra le mani e io fui costretta ad alzare lo sguardo e guardarlo.

<< Mi sei mancata>> disse lui.

<< Anche tu e mi dispiace per … >>

Lui mi zittì.

<< Ormai non ha più importanza. Anche io ho esagerato, ma ero fuori di me, non riuscivo a pensare che tu mi avessi scaricato così …>>

<< Mi dispiace, ma ero confusa. Ho baciato te, mentre pensavo ad un’altra persona .>>

<< E adesso ti è passata la confusione?>> disse sorridendomi.

Io annui e sorrisi.

Ridemmo tutti e due e non ci accorgevamo che ora eravamo più vicini. Molto vicini.

Lui si avvicinò. Io mi avvicinai.

Chiusi gli occhi. Non sentii più nulla. Solo il mio cuore che continuava a martellarmi nel petto. Ma, non mi interessava niente. Niente di niente. Ero felice.

Anna aveva ragione. Il vero amore lo riconosci. Non puoi fare a meno di riconoscerlo. E’ qualcosa di magico, di irreale. E io, in quel momento, sentii che tutto ciò che ci circondava non aveva senso e non mi interessava perché ora c’eravamo io e lui. Solo io e lui. Noi due. Marco e Arianna.

Le nostre labbra si stavano avvicinando, prima delicatamente, dolcemente, poi si cercavano sempre di più.

Fu un bacio lungo, sospirato, atteso, agognato e finalmente avuto.

Sentivo di nuovo il suo profumo inebriante.

Sentivo che, come la prima volta, mi stavo lasciando condurre.

Il suo profumo mi trasportava.

Il suo respiro mi trasportava.

Le sue labbra mi trasportavano.

L’amore verso di lui mi trasportava.

Mentre lo baciavo si affacciarono in me una miriade di sensazioni: felicità, amore, contentezza, passione.

Mi sembrava tutto così magico e irreale.

Tutto così irrazionale.

Tutto troppo bello.

Provai delle sensazioni nuove, che mai in tutta la mia vita avevo provato.

Mi venne quasi la pelle d’oca.

Quel bacio era così bello e indescrivibile.

Non riuscivamo più a smettere di baciarci.

E io avrei voluto che durasse ore, giorni, mesi e anni.

Sembrava non finisse mai.

Poi, ci staccammo lentamente, leggermente, come se avessimo paura di farci male o di rovinare quel momento così atteso!

Quando il nostro bacio terminò, non  potei fare a meno di guardarlo negli occhi , abbracciarlo e stringerlo forte.

Sapere che fosse mio, mio e di nessun’altra!

Anna aveva ragione! Era tutto così magico, perfetto, dolce, romantico.

Ma si poteva morire di felicità? Probabilmente io, avrei risposto di si, in quel momento. Tanta era la mia gioia!

 

Lui si alzò.

<< Andiamo, adesso. O tua madre ci concerà per le feste!>>

Io sorrisi, mentre salii sul suo motorino.

Lo strinsi forte a me. Ora la paura non c’era più.

Ero stata così sciocca e cretina, da non capire quanto Marco mi amasse. Avevo confuso tutto. Io volevo bene ad Alex, era come un secondo fratello per me. Ma, lui non era e non sarebbe mai stato il tipo di persona adatto a me! Tutti e due eravamo fin troppo scontrosi. Ma adesso che avevo ritrovato Marco, avrei dovuto ritrovare Alex. Dovevo parlargli. Forse mi avrebbe cacciata via un’altra volta, ma non importava. Dovevo farlo.

<> mi dissi.

Arrivammo a casa che erano le otto spaccate. Io scesi dal motorino.

<< Grazie di tutto, Marco. >>

Lui mi guardò e sorrise.

<< L’avrei fatto comunque perché ti amo.>>

Io sorrisi a mia volta.

<< Ti amo anche io>> dissi dandogli un bacio sulle labbra.

Poi lo salutai.

Quando raggiunsi il portone di casa, vidi che mia madre mi stava guardando dalla finestra. Non potei fare a meno di sorriderle, perché ero certa che lei aveva capito già tutto! Tra noi due non c’era bisogno di parole, bastava un semplice sguardo. E lei capiva subito. Era questo che adoravo di mia madre! Anche stavolta, con i suoi dolci consigli mi aveva aiutata e forse, lei per prima aveva capito che sarebbe andata a finire così!

Trascorsi una notte stupenda. Non riuscii a dormire per quanto ero felice! Pensavo e ripensavo al nostro bacio e non vedevo l’ora di rivedere Marco, di abbracciarlo ancora, baciarlo. Sentivo per la prima volta in vita mia di provare un sentimento mai provato prima. Era un sentimento forte. Io lo amavo.

 

 

La mattina dopo Marco passò a prendermi. Questo era uno dei tanti vantaggi ad avere un fidanzato. Ti scorazzava di qua e di là e  ti portava anche a scuola, senza pericolo di fare tardi!

Le lezioni passarono in fretta, nonostante non avessi una gran voglia di studiare. Io e Marco passammo tutte e cinque le ore a guardarci e sorriderci, col rischio di venire beccati dai professori. Ma, non ci importava nulla. Perché eravamo innamorati, molto innamorati. Quando Marco era arrivato nella nostra scuola, pensavo che il suo arrivo non avrebbe minimamente cambiato la mia vita. E invece, mi sbagliavo! La sua vita e la mia si erano intrecciate per non separarsi più! Ora eravamo una cosa sola!

<< Ma, insomma cos’è che avete voi due , oggi?>> disse Maria ad un tratto.

<< Sono tre ore che vi fissate …>> aggiunse Anna.

Io sorrisi in modo beffardo.

<< No, non mi dire che … >> disse Anna.

<< … che stiamo insieme>> aggiunsi io, completando la frase.

Maria e Anna si guardarono quasi allibite, poi tornarono a fissarmi e scoppiarono in una sonora risata. Io ci restai quasi male.

<< Beh, che avete da ridere?>>

<< N- noi, noi credevamo che tu e Alex steste insieme.>>

Sorrisi.

<< No, ho capito che Marco è tutto per me e poi Alex e io abbiamo due caratteri molto simili. Non potremmo mai andare d’accordo e ogni giorno sarebbe una guerra. Anche se, non sono disposta a perderlo.>>

<< Che vuoi dire?>> fece Anna.

<< Che oggi dopo la scuola voglio parlargli e voglio chiedergli scusa.>>

<< Marco lo sa?>> disse Maria.

<< Lo saprà presto.>>

<< Beh, siamo contente per voi>> dissero in coro.

<< Grazie>> dissi io. << Ma è grazie a te , se io ho capito quanto tenevo a Marco>> dissi rivolgendomi ad Anna.

<< Io non ho fatto niente>> disse lei modesta.

<< Oh, si tu … voi, avete fatto più di quello che dovevate. Voi siete le uniche e vere amiche che ho. Voi siete tutto per me. E non sono disposta a dividervi con nessuno. >>

Ridemmo tutte e tre in coro, mentre ci abbracciavamo forte. In quel momento capii che qualunque cosa fosse successa, bella o brutta, loro non mi avrebbero lasciata mai. Come avevano fatto fino a quel momento. E io le adoravo così com’erano, con i loro pregi e i loro difetti!

 

Appena la campanella suonò, io e Marco ci catapultammo fuori. Cercai con lo sguardo Alex, ma non lo vidi. Spiegai a Marco ciò che dovevo fare e lo pregai di aspettarmi. Lui sembrò un po’ scontento, ma mi assicurò che lo avrebbe fatto.

Cercai disperatamente Alex. Finché non lo vidi. Era di nuovo con la “ sgualdrina” , come la chiamavo io. Non volevo proprio disturbarli, ma dovevo farlo. Dovevo tentare. Mi avvicinai piano, piano con passo felpato.

Quando Alex mi vide, alzò gli occhi da terra. Sembrò assai sorpreso, ma non tanto scontento di vedermi. Abbozzò un mezzo sorriso. Io, invece, feci un gran sorriso, mostrando i miei denti allineanti uno in fila all’altro.

Mi avvicinai, ancora.

<< Ti posso parlare un attimo?>> gli dissi.

Lui sussurrò qualcosa a quella ragazza e si avvicinò. 

<< Ciao>> mi disse mettendosi le mani in tasca.

<< Ciao>> ribattei io.

<< Allora?>>

Esitai un po’. Non sapevo come iniziare a introdurre il discorso. Non sapevo che dire.

<< I- io sono venuta nuovamente a chiederti scusa. Non lo so se a te farà piacere o se tu vorrai, ma io devo farlo perché da quando io e te ci siamo allontanati, io ho ritrovato a stento il sorriso. >>

Lui rimase un po’ in silenzio, come se stesse riflettendo.

<< La stessa cosa vale per me. Anzi, sono io che ti devo chiedere scusa per averti trattata male. Ma, ero furioso con te. Sono stato proprio un cretino, ti ho cacciata via in un modo orribile e me ne pento amaramente.>>

<< Beh, non mi ha fatto certo piacere. Ma, non voglio biasimarti o rimproverarti, sono qui solo per fare pace. Cancella i rancori che ci sono stati tra di noi e torniamo ad essere amici. Se tu lo vuoi. >>

<< Si, si che lo voglio perché mi sei mancata troppo, Arianna. Non facevo altro che pensarti. I nostri pomeriggi passati insieme, le nostre risate mi sono mancati non poco. >>

<< Anche io ti pensavo e mi struggevo la vita. Per me sei come un fratello, Alex. Solo un fratello. E un amico, un amico sul quale poter contrare. E non perché ho qualcosa contro di te, Alex, anzi. Ma, perché  noi due siamo così simili che a lungo andare finiremmo per litigare. E questo rovinerà per sempre il nostro rapporto.>>

<< Hai ragione, Arianna. Io non volevo capire , perché ero convinto che tu saresti dovuta essere l’unica donna della mia vita. L’unica che mi avrebbe potuto rendere felice. Ma tu avevi ragione. Non siamo fatti per stare insieme ed amarci. La nostra era solo un’infatuazione passeggera e il tempo ci ha dato ragione. Tu hai trovato il tuo vero amore ed io ho trovato il mio.>>

<< A volte, quando due persone sono così  amiche succede che scambiano la forte amicizia per amore. Sono contenta per te, Alex. Davvero.>> dissi sorridendo.

Lui ricambiò il mio sorriso e ci abbracciamo forte, come si fa tra vecchi amici.

<< Quindi nessun rancore?>> dissi io tendendogli la mano.

<< Nessun rancore>> disse lui sorridendo e stringendomi la mano.

Io sorrisi a mia volta e non potei fare a meno di essere felice. Certo, magari adesso Alex non sarebbe stato molto presente come prima nella mia vita,ma perlomeno saremmo rimasti amici. Ed era questo ciò che contava di più.

<< Ora vado>> dissi. << C’è qualcuno che mi aspetta>> indicai Marco.

Lui mi sorrise.

 

Marco era ancora là ad aspettarmi, come un compagno fedele. Mentre  lo guardavo non potevo fare a meno di sorridere. Tutto si era risolto per il meglio. Io avevo trovato l’amore, la mia confusione era passata e con Alex avevo fatto pace. Non potevo desiderare niente di più.

<< Tutto a posto?>> mi disse quando salii sul motorino.

Io feci segno di si con la testa.

<< Dove vuoi che ti porto dolcezza?>> disse scherzando.

Avrei voluto rispondergli: << verso la felicità!>>, per quanto ero felice.

Sorrisi. Poi dissi:

<< Faccia lei, mio dolce  e fedele Cavaliere>> e gli schioccai un bacio sulla guancia, mentre partimmo a tutta velocità in sella al suo motorino.

 

 

 

ANGOLO AUTRICE 

Salve a tutti! Come vi avevo già accennato la volta scorsa, questo è l’ultimo capitolo. E, dovete credermi se dico che  sono emozionatissima. Ho iniziato questa storia più per gioco che per altro, poco convinta a continuarla, ma siete stati voi con le vostre recensioni, i vostri commenti, le  vostre opinioni a farmi cambiare idea. Ogni volta che pubblicavo, era una gioia per me vedere aumentare il numero delle recensioni. Mai e poi mai avrei pensato che sarebbero state così tante! A tal proposito devo ringraziare TUTTI, ma proprio TUTTI, nessuno escluso, quelli che hanno recensito, commentato e che hanno inserito la storia tra le loro preferite/ricordate/ seguite. Ma, in particolar modo, consentitemi di fare un ringraziamento speciale ad alcune persone:

- HisLovelyVoice perché ha sempre seguito con costanza la storia e ha recensito praticamente ogni capitolo. Infatti ogni volta che pubblicavo, aspettavo impaziente la sua recensione. Mi ha sempre riempita di complimenti, recensioni scherzose e buffe, che io conserverò sempre nel cuore. Adoro questa ragazza, anzi vi esorto a seguirla perché scrive delle storie fantastiche. *--*

- __Arianna:___ , l’altra mia fervente e accanita lettrice, che è anche l’omonima della mia protagonista. Le sue recensioni mi sono sempre state utili per migliorare, crescere, perfezionarmi e far maturare i personaggi. Ricordo ancora la “strigliata” che mi diede al quinto capitolo e io la ringrazio molto. Ogni volta aspettavo la sua recensione, per sapere cosa ne pensasse e la ringrazio infinitamente per i consigli che mi ha dato, perché è anche grazie a lei che sono migliorata.

Ah, vi raccomando, seguite anche lei, perché scrive delle storie molto intelligenti e sempre piene di riflessioni! :D

- Inoltre voglio ringraziare YellowFlowers e Cris99, che non hanno recensito sempre, ma so che mi hanno seguito con costanza e mi hanno dato qualche consiglio.

E poi, voglio ringraziare tutte quelle persone che pur non avendo recensito sempre, sono passate a leggere il proseguimento o aspettassero con ansia che aggiornassi. Non posso elencarle tutte perché sono numerose, ma anche chi ha lasciato solo una recensione, sappi che lo ringrazio infinitamente, immensamente e sono felice che abbia seguito la storia.

Inutile dirvi, che da domani Arianna mi mancherà. E non solo lei, ma tutti i suoi protagonisti, perché ormai erano diventati come una seconda famiglia, come degli amici. Ricorderò per sempre questa storia e porterò per sempre nel cuore le vostre recensioni, che mi hanno regalato grandi soddisfazioni. Ma, come ogni storia che si rispetti, tutto ha una fine. Spero che questo finale vi piacerà, anche se vi ho fatto penare fino all’ultimo, e vi esorto per l’ultima volta a recensire, perché saranno le vostre ultime recensioni.

Con questo mi congedo. Pubblicherò certamente altre storie, che sono già in fase di preparazione, ma mi dedicherò anche a qualche giorno di riposo, perché questa storia ha assorbito praticamente tutte le mie forze ed energie.

Vi bacio tutti e vi ringrazio ancora una volta

Con affetto, Il giardino dei misteri

:’(

 

 

 

 

 

 

P.S. ho appena pubblicato un nuovo romanzo. E' di carattere storico. Sevi va, passate, per favore. Ci conto.

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