City Hunter: passi avanti, passi indietro

di Fujikofran
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il cuore di una sweeper ***
Capitolo 2: *** Il cuore di uno sweeper ***
Capitolo 3: *** Due cuori ***



Capitolo 1
*** Il cuore di una sweeper ***


 photo l_city_hunter_13nJyPTIbDzj.jpg Shinjuku (Tokyo), ottobre 1989

Erano tornati a casa stremati, Ryo e Kaori, dopo l’ennesima vittoria su alcuni criminali che minacciavano una loro cliente: Pahi – in Wang, osso duro della mala cinese, il quale aveva minacciato di morte Hui –yen Bing, rampolla taiwanese a Tokyo per un dottorato di ricerca, era stato arrestato insieme ai suoi complici dalla squadra di Saeko Nogami. Shinjuku era stata messa a ferro e fuoco per colpa di quel malvivente, poi era tornata la calma, sebbene piena di ferite.

-Uff, che stanchezza…scusami, Kaori, non ho la forza nemmeno di mangiare. Non preparare nulla, per me- disse Ryo, mentre la sua collega era pensierosa.

“Ryo ha ancora una volta dimostrato di volermi bene, salvandomi dopo il mio ennesimo rapimento” pensò Kaori tra sé e sé “e come sempre mi sono sentita una rovina, per lui, che rischia ogni giorno la vita anche per me…e il suo abbraccio, quell’abbraccio…” La donna non riusciva a smettere di ricordare il momento in cui lui l’aveva stretta a sé, per rassicurarla che tutto era finito, che la loro missione era stata compiuta, ancora una volta. Voleva parlare a quell’uomo che tanto teneva a lei, ma se ne era andato a dormire. Kaori comprendeva la sua stanchezza, ma, come lei veniva salvata ogni volta nei momenti di difficoltà, così, alla fine, Ryo si allontanava sempre e non era capace di proseguire gli attimi di dolcezza che dedicava alla donna anche per un solo attimo che, però, sembrava eterno. “Ti amo tanto, Ryo, te lo direi subito e in continuazione, ma tu saresti capace di far la stessa cosa nei miei confronti?” continuava a pensare Kaori, mentre cenava da sola e in silenzio, per paura di svegliare il suo socio anche con la sola tv accesa per un notiziario breve.

I giorni trascorrevano piuttosto serenamente in casa Saeba/Makimura, gli ultimi incarichi avevano fruttato un po’ di soldi da poter permettere a Ryo e Kaori di prendersi una piccola pausa. Lui aveva deciso di fare un po’ di sport all’aria aperta, stanco di dover allenarsi nella palestra che aveva in garage, accanto al poligono di tiro a cui tanto era affezionato; Kaori, invece, aveva ripreso a studiare, voleva dare un esame e così si recava spesso all’università. Per colpa del suo lavoro particolare era rimasta molto indietro con gli studi, ma non voleva rinunciare a laurearsi e, caparbiamente, voleva farcela.  Studiare le avrebbe anche fatto pensare di meno a Ryo; in fondo, non ne valeva la pena, dato che lui non le mostrava mai i suoi sentimenti. Un giorno, mentre era nella biblioteca universitaria a studiare, un giovane le si avvicinò per chiederle dove fosse lo schedario della facoltà di economia, dato che non riusciva a trovarlo. Perché lo aveva chiesto proprio a lei, con tanta gente che era lì? Kaori lo osservò bene: aveva i capelli castano rame, occhi verde scuro, folti baffi chiari e un viso leggermente rotondo. Non era giapponese, ovviamente, ma tedesco, dato che si presentò subito a lei.

-Piacere, io sono Karl, sono tedesco, sto in Giappone per fare ricerche, sono da poco diventato professore universitario e in Germania siamo sempre stati molto attratti dal vostro sistema finanziario ed economico. Ecco perché sono qui. Mi do da fare molto per essere all’altezza del mio lavoro, all’università di Colonia-

Tante parole in un brevissimo lasso di tempo e l’espressione gentile del viso, avevano fatto venire a Kaori il cosiddetto “tuffo al cuore”. “Che persona dolce…” pensava lei, che non aveva il coraggio di chiedergli il numero di telefono: non voleva perderlo di vista. Fu lui, invece, a ottenerlo, dopo averle promesso un caffè insieme.

-Arrivederci, Kaori, non vorrei distoglierti dallo studio…ci vediamo presto, promesso-
Kaori si domandava se fosse quello il giusto modo di comportarsi di chi ci sa fare con le donne, gentile e determinato allo stesso tempo. Tutto il contrario di Ryo…Da quel momento la donna fu ancora più contenta di aver ripreso a studiare.
 

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Capitolo 2
*** Il cuore di uno sweeper ***


Ryo tornò dalla stazione di Shinjuku, era andato lui a leggere gli annunci di lavoro  sulla lavagna e aveva trovato una richiesta di aiuto da parte di un uomo, ma la ignorò. Kaori, invece, studiava nel soggiorno e, quando domandò a Ryo se ci fossero novità, questi le rispose che non erano stati contattati da nessuno.

-Non ti credo…era un uomo, vero?- domandò Kaori, in procinto di tirargli un libro addosso.

-Uhm, va beh, sì…lo sai che la mia etica mi impone di avere come clienti solo le belle donne…e poi abbiamo abbastanza soldi, per questo periodo. Allora, che mi prepari da mangiare?-

-Mi dispiace, io non resto a pranzo, ho un appuntamento. Pensaci tu!-

Non era una scusa per attirare l’attenzione su di sé: Kaori doveva uscire davvero e mostrava un’espressione raggiante. Ryo rimase perplesso e si domandò se la sua socia stesse architettando qualcosa. Quando lei uscì la seguì, convinto che sarebbe andata a pranzo con qualche amica o che si sarebbe recata all’università. Era improbabile che dovesse incontrare un uomo…invece no, si era data appuntamento con un bel giovane! Ryo, appoggiato al volante della sua Mini, osservava i due perplesso, sentendo una strana morsa allo stomaco. “Sarà la fame” pensò. Non era fame, quella era gelosia, ma lo negava a se stesso. Kaori era strana da un mesetto, molto calma e il motivo, quindi, non era l’aver ripreso a studiare in santa pace. Ryo seguì i due giovani e li vide pranzare insieme, mentre si guardavano come innamorati e si prendevano per mano, scambiandosi schermaglie. Poi vide la scena che non avrebbe immaginato: il giovane baciava Kaori, che sembrava contentissima. D’un tratto Ryo sentì il sangue ribollire e avvertì un forte mal di testa, come se gli fosse piovuta un’incudine dal cielo. Corse al Cat’s Eye e si fece versare del whisky da Umibozu. Miki, invece, al quinto mese di gravidanza, riposava a casa.

-Che hai, Ryo? Parli poco e non mi prendi in giro- domandò l’omone dagli occhiali da sole e la testa lucida

-Passami un altro whisky, questa volta riesco a pagarti tutto-

-Sì, ma non mi hai risposto-

-Kaori sta con un altro-

-Un altro? Scusami, ma prima stava con qualcuno? Non mi pare- domandò Umibozu con fare maliziosamente curioso

-No, non stava con nessuno, solo che…-

-…che si sarà stufata di aspettarti; è comprensibile-

-Aspettare chi? Me? Figuriamoci…quando mai avrebbe dovuto pensare che io volessi lei, eh? Ma l’hai vista, quel mezzo uomo?-

Ryo pagò e uscì di fretta, senza proferir parola. Quel giorno rimase solo fino a sera nonché la notte, dato che Kaori non era rincasata. Le era forse successo qualcosa? L’avevano rapita? Eppure in quel periodo nessuno ce l’aveva con lui. Per un attimo un brivido attraversò Ryo dalla testa ai piedi: l’aveva rapita quel giovane, di sicuro. Era meglio che fosse finita in mano a un malvivente piuttosto che a quell’europeo. La gelosia di quel momento era più forte di quella che nutriva per Mick Angel, il suo amico sweeper americano che andava dietro a Kaori. Non chiuse occhio, poi, quasi all’alba, uscì per cercare la compagnia di una di quelle donnine che lo allietavano durante le sue innumerevoli scorribande notturne, quando la sua socia lo aspettava a casa di malumore. In tante furono disposte ad andare con lui, ma le lasciò perdere tutte.
Kaori tornò a casa la mattina, aveva un’aria serena, salutò Ryo, prese i libri e gli disse che sarebbe andata all’università.

-Ah, vai pure, non sai quanto mi stia divertendo in questo periodo senza sentire le tue lagne da acida- le disse Ryo.

-Ti secca non avere la serva, vero? Bye bye e buon proseguimento-
 
Erano ormai tre mesi che Kaori stava in casa pochissimo e la vita di Ryo era diventata un inferno, per via della solitudine in cui era piombato. Gli rimanevano la compagnia di Umibozu e il lavoro, che svolgeva senza la sua socia, che gli aveva detto di voler prendersi una pausa dal mondo pericoloso a cui il suo socio l’aveva obbligata. Infatti, oltre ad aver accettato di lavorare part time in un ufficio, Kaori iniziò a presentare Karl a tutte le sue amicizie, portandolo persino al Cat’s Eye.

-Complimenti, signora, cosa sarà il bimbo, un maschietto?- domandò un giorno il tedesco a Miki, che annuì con un sorriso pieno di gioia.

Kaori e Karl si erano, poi, seduti a un tavolo del bar e avevano ordinato una cioccolata con panna. In quel momento entrò Ryo, che salutò a stento la neocoppia e si sedette al banco, affermando a voce sostenuta che forse aveva trovato una donna con cui passare la notte.

-E tu non ne hai nessuna voglia, vero Ryo? Il mokkori mi sa che non ti interessa in questo periodo, di’ la verità- gli mormorò Miki furbescamente.

L’uomo non le rispose, pagò il conto e uscì, dopo aver chiesto a Kaori se sarebbe tornata per mangiare.

-Stasera no, però domani Karl verrà a cena da noi. Se ti andrà potresti aggregarti!- gli rispose la donna senza esitazione.
Ryo annuì, ma non disse altro. La sera successiva avrebbe dovuto “reggere le candele”, questa era la verità e doveva farsene una ragione.
 
Per Saeba la cena fu l’occasione per conoscere meglio Karl, che si mostrò piacevole e di compagnia, per lui, dato che, mentre mangiavano, affrontavano molti argomenti interessanti (nascondendo la verità sul fatto che Ryo e Kaori fossero “City Hunter”). Il giovane parlava apertamente del suo amore sincero nei confronti della donna e delle intenzioni serie che aveva verso di lei, sebbene fosse passato poco tempo da quando si erano messi insieme. Quando si toccava l’argomento “Kaori” Ryo si incupiva e si mostrava meno aperto verso Karl, che in alcuni momenti mostrava un certo disagio, sentendo su di sé lo sguardo torvo e indagatore del collega della sua ragazza. Ma in generale il tedesco provava imbarazzo, specie quando si trovava in piedi accanto allo sweeper, di diversi cm più alto, nonostante Karl non fosse affatto basso. Probabilmente, secondo quest’ultimo, i due non erano semplici soci o forse non lo erano stati; c’era una strana elettricità tra loro, talmente percettibile da non permettere che i conti tornassero. A una certa ora, per non fare troppo tardi, Karl decise di tornare a casa, dato che la mattina dopo avrebbe avuto da fare. Kaori andò a dormire, anche lei sarebbe stata impegnata, il giorno successivo: avrebbe incontrato il suo ragazzo all’università intorno alle nove, per poi andare a studiare in biblioteca. Ryo sembrava intenzionato a rimanere in piedi per parlare un po’, ma…nulla da fare: la sua socia si era messa a letto.
 
Non riusciva a prendere sonno, Ryo, si girava e rigirava nel letto, era notte fonda e decise di entrare nella stanza di Kaori. Voleva semplicemente guardarla mentre dormiva e, avvicinandosi a lei, la trovava più bella del solito. Sorridendole, le accarezzò i capelli e, con delicatezza, per timore che si svegliasse, la baciò sulle labbra, mormorandole un “ti amo”. La giovane dormiva profondamente, lui continuava a guardarla estasiato, ma a un certo punto la vide agitarsi.

-Ryo, perché?- diceva a mezza voce

Stava sognando lui…e Karl? Forse stava avendo solo un incubo di cui il suo socio era protagonista.

-Ryo…sei uno stupido…io…ti amo tanto…- continuava a dire, ma era sempre un sogno (o un incubo)

Ryo rimase di stucco e decise di tornare nella sua stanza. Quasi ogni notte, tranne quando si intratteneva con le signorine dei night, entrava nella stanza di Kaori, sperando che le sue parole dette nel sonno gli rivelassero, una volta per tutte, i sentimenti verso di lui. Ma dopo quella volta non era più accaduto. Forse perché non avevano più cenato loro tre insieme? Ma il motivo per cui era diventata per lui abitudine entrare nella camera della sua collega non era solo quello: guardarla e accarezzarla mentre dormiva era qualcosa di sempre più fondamentalmente vitale, l’unico momento in cui poteva toccare con trasporto la donna che da anni viveva con lui e di cui era innamorato perso. Le altre volte non poteva o, meglio, non voleva, per non renderla vulnerabile e per non indebolirsi lui, che non doveva smettere di essere vigile nel suo lavoro di sweeper. L’amore, per Ryo, era debolezza e ora che Kaori stava con un altro –ma lo amava davvero?- doveva mettersi l’animo in pace; di sicuro sarebbe stato più semplice non doversi dichiarare alla sua socia. Invece no, perché l’uomo soffriva più di prima, messo in secondo piano per colpa di uno straniero. 

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Capitolo 3
*** Due cuori ***


Karl era tornato per un breve periodo a Colonia e Kaori aveva trovato del tempo per rimettersi in carreggiata col lavoro di sweeper, dopo essere riuscita a dare ben due esami. Il duo “City Hunter” funzionava alla perfezione e non c’erano intoppi, specie perché non esistevano più martellate né scenate di gelosia da parte di Kaori in presenza delle clienti più belle. Forse perché Ryo non ci provava con le clienti o, per lo meno, se accadeva, queste erano disposte ad accettare di ricompensarlo in natura. Del resto la sua fama di “stallone di Shinjuku” era ben vista da molte donne, specie quando venivano a conoscenza delle dimensioni di una parte di sé. Durante i giorni di assenza di Karl, Ryo aveva invitato, una sera, la sua socia a cenare in un bel ristorante costoso sulla baia di Tokyo, per festeggiare una paga cospicua ricevuta dopo un incarico che arrivava dritto da Saeko.

-Mamma mia, che meraviglia, Ryo! Questo posto è incantevole, che regalone ci siamo fatti!- esclamò Kaori, mentre finivano di consumare il secondo

-Tutto buonissimo, infatti…il dessert lo prendi? Con lo champagne sarà ottimo- le disse Ryo, facendole l’occhiolino

Quando brindarono i loro sguardi brillavano più delle bollicine dello champagne e Ryo pensava a come potersi dichiararsi alla sua collega, in barba al fatto che fosse fidanzata con un altro. Usciti fuori andarono sul molo, guardando il paesaggio e le mastodontiche navi ferme per farsi ammirare. Nel cielo non c’erano nuvole, ma solo un timido spicchio di luna, messo da parte da stelle ben più luccicanti.

-Stasera sei una favola, Kaori e non mi riferisco alla Cenerentola metropolitana architettata dalla tua amica Eriko. Ti ricordi? Ci aveva rifatto il look e ci aveva fatti incontrare…quanto la sapeva lunga, quella tipa!-

-Dici che sto bene così?- domandò la donna, girando su se stessa per far notare meglio il vestito al suo socio, che, invece, indossava un completo grigio elettrico e una camicia bianca, che mettevano in risalto la sua originale bellezza statuaria -eppure mi avevi riconosciuta senza dirmi nulla, perché non lo avevi fatto? Perché poi ti avrebbe infastidito l’idea di proseguire la serata con la tua partner di lavoro, vero?-

-Non pensiamoci più, quella serata fa parte del passato. A me interessa vivermi questa, sto benissimo…e siccome tu non sei Cenerentola non è detto che tu debba scappare a mezzanotte- rispose Ryo, che si avvicinò alla donna come se volesse baciarla, ma poi si allontanò di corsa per vomitare.

-Allora è vero che ti ho sempre fatto schifo, ti sei avvicinato troppo e sei scappato per vomitare!- Kaori sbraitò, tirando fuori un martello da 50 t.

La Mini era lì vicino e Ryo preferì entrarci dentro, dato che si sentiva debole. Anche Kaori si sedette e osservò l’uomo, il cui volto, che si intravvedeva a malapena per via del buio della notte, sembrava mostrare un’espressione pensierosa.

-Perdonami, ho bevuto troppo e il fresco della sera deve avermi dato fastidio. Cose che capitano-

-Tutto ok, ora?-

-No, sono un po’ nervoso…Andiamo via!-

 -Ma se non ti senti bene aspettiamo un att…-

Kaori non fece in tempo a finire di parlare che le sue labbra furono chiuse da un bacio

-Non sono corso a vomitare, facevo per finta e non mi sento male. Ho solo avuto paura di baciarti-

Ci fu un altro bacio, più lungo e Kaori, scherzosamente, affermò che le atmosfere da Cenerentola metropolitana avevano su di lui uno strano effetto. L’uomo le stava quasi addosso, accarezzava le sue forme, era fisicamente eccitato e la sua socia aveva paura di cedere.

-Fermati, Ryo, ti prego…c’è una cosa che devo dirti, ma forse è meglio andare a casa-

-No, dimmela ora! Non resisto-

Ryo era impaziente, convinto che Kaori si sarebbe dichiarata, come stava facendo lui

-Vedi, quando tornerà Karl verrà a prendere le ultime sue cose e tornerà in Germania definitivamente…io andrò con lui! Dopodomani sarà qui e il giorno dopo partiremo. Questa serata è stata bellissima, Ryo, non potevamo darci un addio migliore.  Scusami se in questi anni ti sono stata più di impiccio che di aiuto, però ho bisogno di vivere come una donna normale, del resto me lo hai sempre detto anche tu-

Ryo non riuscì a replicare e per tutto il tragitto fino a casa tra i due ci fu il più totale silenzio. Una volta arrivati, Kaori si mise a letto quasi subito e qualche timida lacrima aveva fatto capolino. Lui, invece, salì sul terrazzo, come faceva ogni volta che voleva rimanere solo per riflettere. Poggiato sul parapetto, se ne stava immobile, con i grattacieli intorno che sembravano contemplarlo in tutta la sua bellezza. L’unica cosa in movimento erano le lacrime che, scorrendo copiose, rendevano ancora più bello il suo volto. “Tu non andrai da nessuna parte, Kaori!” disse fra sé e sé, con una rabbia che non lo attraversava da tempo.
 
Il giorno della partenza di Kaori si era avvicinato e Ryo doveva accompagnarla all’aeroporto, dove l’avrebbe aspettata Karl. Negli ultimi due giorni c’era una calma apparente, tra i due sweeper, Ryo aveva bevuto di più e la sera prima era quasi andato a letto con Reika Nogami, che non lo aveva mai disdegnato e che era contenta quando ci provava con lei.  All’aeroporto i due trovarono subito Karl, che si stava sbracciando per farsi vedere. Ryo aiutò Kaori a tirare giù i bagagli dall’auto e non riusciva a parlare, per la rabbia. Quando il tedesco si avvicinò a loro, lo sweeper, dopo averlo salutato, gli diede una pacca su una spalla, mostrando un sorriso a trentadue denti.

-Fai buon viaggio, Karl!- esclamò Ryo, abbracciando il giovane e tirandogli amichevolmente i baffi. Questi gli sorrise e, mentre stava per prendere per mano Kaori, aspettando che salutasse il suo socio, quest’ultimo gli afferrò un polso, intimandogli di fermarsi.

-Io saluto te, Karl, non Kaori…-

-Ryo, ti capisco se non vuoi salutarm…- affermò Kaori, che non poté finire di parlare

-No no, cara, stai tranquilla. Karl, forse non hai capito: tu tornerai in Germania, ma senza Kaori!-

-Ma…- Karl era quasi spaventato dall’atteggiamento spavaldo di Ryo.

-Amico, l’Europa è bellissima, Kaori la visiterà presto, ma con me. Ora smamma, bello, su…smamma, hai capito? Vattene, lei non verrà con te, resterà qui, perché la sua vita è qui-

-Ah, no, chi ti credi di essere? Pensi che lei sia tua, che ti appartenga, eh?- replicò Karl, che stava iniziando a scaldarsi, lui che era un tipo di indole mite.

-Mia? No caro, sono io che appartengo a lei, sono io quello che negli anni, pur avendola sempre amata, si è comportato come un cretino, fingendo che non mi interessasse. L’ho
amata quasi fin dai primi tempi che ci conoscevamo e sto rischiando di perderla per una faccia di c**** come la tua. Le appartengo perché sono io che devo chiederle scusa per averla fatta soffrire tutto questo tempo, con il dubbio che non possa amarmi più, da quando ha conosciuto te. Kaori, non mi interessa di fare una figuraccia, ma se tu non sarai mai la mia donna, io sono il tuo uomo lo stesso. Non ti chiedo perdono, ma di non lasciarmi solo. TI AMO!”
Kaori non riuscì a parlare, ma scoppiò a piangere, gettandosi tra le braccia di Ryo, che osservò Karl andarsene trascinandosi i bagagli goffamente e girandosi di tanto in tanto per mandare i due a quel Paese. Colonia avrebbe aspettato solo lui.
 
Tornati a casa, oltre a disfare le valigie, Ryo e Kaori ripercorrevano un po’ di ricordi e aneddoti sul loro legame, anche quelli più buffi, riflettendo poi su come fossero sempre stati una coppia strana e timorosa di mettere in mostra i sentimenti reciproci. Ma ora non c’era più nessuna barriera emotiva tra i due, che potevano finalmente amarsi senza remore.

-Ristorante italiano oppure francese?- se ne uscì a un certo punto Ryo

-Stasera? Ho una stanchezza, mi sento crollare, cerca di capirmi, un po’ mi dispiace per Karl. Comunque…ristorante italiano…Evviva!- gli rispose Kaori, dandogli uno schiaffetto sul braccio

-Ok, allora facciamo così: cena al ristorante italiano, passeggiata al molo stile Cenerentola di Eriko, ritorno a casa e…mokkori!-

-Cosa? Ma sarò distrutta! Sarebbe un pessimo inizio di fidanzamento un mokkori proprio stasera-

-Fidanzamento? E chi ti ha detto che siamo fidanzati? Dobbiamo solo recuperare un po’ di arretrati. Ho una voglia...mmmmmm...-

-Ah, ma allora non ti smentisci mai? Maniaco!-

Kaori gli assestò una martellata, ma poi lo baciò, sentendo, in cuor suo, una gioia che non provava da quando era entrata nella famiglia adottiva dei Makimura. La felicità, infatti, era pronta ad abbracciare lei e il suo compagno, come un genitore  quando ha davanti a sé i propri figli.  
 
   
Fujikofran (c) 2013

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