Un Alfred da compagnia!

di Road_sama
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1-Request ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2- Cleaning ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3- Fight ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4- Shopping ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5- Just Dance! ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6- Bath ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 -Revelation ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8- I haven't told you ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1-Request ***


Allarme, potrebbe essere una cavolata xD No, dai, diciamo solo che è una breve long fic che non potevo fare a meno di pubblicare. Come ho detto non ho intenzione di farla molto lunga e i prossimi capitoli saranno più lunghi di questo :) Sinceramente, non ha un senso la storia  (almeno secondo me) e non sono nemmeno sicura di concluderla in certo modo…comunque, spero che questa “chicca” vi piaccia ;)
Fatemi sapere cosa ne pensate e…Buona Lettura!^^

 
 

Un Alfred da compagnia
 
 
 

-Hello? Qui parla l’hero! Se siete belle gnocche in pericolo premete uno hahaha scherzo! Che c’è Iggy?-
-Perché ogni volta devi fare questi teatrini idioti?-
-E se ci fosse sul serio un bisognoso? Saprebbe che ha fatto il numero giusto!-
-Sei una causa persa…senti, non vorrei chiederti questa cosa ma sono a corto di personale o meglio…non mi vengono idee migliori e poi-
-Inghilterra che c’è?-
-E’ un problema per te venire da me una settimana?-
Silenzio.
-America ci sei?-
-Y-Yeah… ma come mai?-
-Non so se hai ascoltato il tg, beh penso di no visto che passi tutto il giorno a fare feste stupide, anyway per una piccola “disputa” civile mi sono rotto il braccio destro e forse una o due costole e…il dottore dice che ho bisogno di qualcuno che mi prepari da mangiare e mi prepari le dosi per le medicazioni.-
Alfred si schiarì la voce.
-Francis non può?-
-Non gliel’ho nemmeno chiesto…non mi va di avere pervertiti in casa e sapere di non potermi difendere. Se non vuoi va bene, insomma troverò qualcun altro come ho sempre fatto in questi ultimi secoli, non è un problema era solo per chieder-
-Well! Verrò. Anche se non sei una bella gnocca mi accontento. E poi dove c’è qualche bisognoso l’hero ci deve essere!- una rumorosa risata.
-Arrivo subito! Bye!-
-Va ben…ha messo giù. Ho fatto bene a chiedere proprio a lui?- Arthur si passò la mano sinistra sulla faccia.
-Sarà un settimana difficile me lo sento.-

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Capitolo 2
*** Capitolo 2- Cleaning ***


Ed eccomi ritornata con il secondo capitolo tanto atteso (e più lungo :D) di questa assurda, ma per questo non pucciosa (?) storia. Siamo alle prese con il primo straziante giorno (per Alfred) di convivenza. No, tranquille non si sono ancora ammazzati a vicenda xD
Ringrazio tutte quelle che hanno messo la storiella tra le preferite e tra le seguite. Spero che anche questo capitolo vi soddisfi :)
Buona lettura! :D



Un Alfred da compagnia!
 
 


Day 1
-Yo Iggy! L’hero è arrivato!- rise Alfred lasciando cadere l’enorme borsone che entrando in contatto con il pavimento provocò un rumore sordo.
Stranamente quel giorno c’era una bella giornata e il sole era particolarmente violento. Appena Inghilterra aprì il portone di legno non solo i raggi gli avevano dato un incredibile fastidio, ma pure le urla di America gli avevano ucciso le orecchie.
-Puoi parlare un po’ più piano? Ti ricordo che sono ancora convalescente.- con un gesto del capo fece segno all’americano di entrare.
-Ma è così buio qua dentro! Perché tieni le imposte chiuse?-
-Sto bene nell’oscurità.-
-Io no quindi…- America cominciò ad aprire tutte le imposte comprese finestre.
-Ma sei impazzito! Mi farai scoppiare la testa con tutta questa luce. – Inghilterra cominciò a girovagare per il salotto e la cucina in uno stato confusionale. Sembrava un cagnolino in gabbia.
-Ehi, ehi! Mi sembri una trottola!- America lo prese per le spalle e lo fece sedere con forza sul divano.
-Well! Ora prendo io il controllo della situazione…- si guardò un po’ intorno. Fece una smorfia.- tu sdraiati qui e prendi il sole, sei pallido, io faccio un po’ di pulizia!-
Inghilterra si ritrovò sdraiato sul divano con il suo cuscinetto ricamato appoggiato dietro la nuca. Il sole che gli che gli accarezzava la pelle e America che canticchiava la sigla di Smallville. Era stato parecchio gentile ad offrirsi di fare le pulizie e proprio appena arrivato. Arthur non se l’aspettava proprio da uno come Alfred. Era fermamente convinto che per fargli pulire la casa avrebbe dovuto ricattarlo, ad esempio due hamburger per centimetro quadrato splendente e tre happy meal per il bagno.
In questi secoli, forse era finalmente cresciuto.
Nel giro di pochi minuti si addormentò. Sognava di unicorni, fatine e folletti. Di lui che viveva in un mondo perfetto, lontano da dolore, ricordi e dalla terribile realtà. E stava li, a scorrazzare per prati stracolmi di fiori quando una rumorosa ed irritante musica lo riportò al suo divanetto di velluto verde. Il sole era completamente calato ed era stato sostituito da un profondo cielo stellato.
Si alzò in piedi lentamente cercando di mettere a fuoco il suo salotto. Si diresse piano verso la cucina e la ritrovò mutata in un fast food: ketchup, senape e majonese al posto del vasetto con le sue bustine di tè e pane da hamburger sparpagliato ovunque. Gli stava per venire un infarto. La sua respirazione accelerò. Andò alla ricerca del suo tè e si accorse che il freezer era semi aperto. Cercò di chiuderlo ma era bloccato. Non era andato a fare la spesa strano che dentro al suo frigo ci fosse così tanta roba. Aprì la porticina in legno e quello che vide lo fece impallidire. Carne. Chili e chili di carne surgelata.
SI voltò di scatto, se quello era un incubo era il peggiore che avesse mai fatto.
Quella musica assordante e il suo mal di testa dicevano il contrario. Uscì la cucina e seguì una lunga scia di cartine di cioccolato.
Si diresse dal punto da cui proveniva la musica: la camera degli ospiti. Socchiuse la porta. Al muro non c’era più la vernice smeraldina, ma solo bandiere americane, o meglio Alfred stava appendendo bandiere americane ovunque. Il letto era disfatto e per terra c’erano già vestiti sparpagliati.
Ma quanto aveva dormito?! Alfred era una macchina da guerra.
 
-La ringrazio di tutto sir, se non fosse stato per lei non so come avrei fatto!-
-non si preoccupi è il mio dovere in quanto suo dottore. Veda di rimettersi in sesto, tra una settimana venga da me e togliamo il gesso.- l’uomo gli sorrise.
-Good!- il ragazzo dai capelli biondi si rimise il giubbotto e fece per andarsene.
-Ah! Mr.Kirkland! Quasi dimenticavo… In questi giorni si rilassi, ha molte ferite e se dovesse essere sotto stress è pericoloso per la guarigione.- il medico sorrise.
-Of course. Farò come dice. La ringrazio ancora! Have a nice day.-
 
-Alfreeeeed!!!!- l’americano sobbalzò e si piantò la forbice con cui tagliava i pezzi di scotch per le bandiere su un dito.
-Ai!- si portò l’indice alla bocca.
-England! Mi hai fatto spaventare!- l’americano lo fissava. Inghilterra non diceva niente.
-Come mai ti sei svegliato?- Inghilterra ancora non diceva niente, però un sopracciglio aveva preso a muoversi in una specie di tic isterico.
-Poco male. I’m hungry. I gonna  prepare dinner.- l’americano fece per superare l’inglese, ma quest’ultimo gli afferrò un orecchio con il braccio integro.
-Ti sei ammattito tutto in un colpo?!-
America lo fissò sorpreso.
-What? Mi molli l'orecchio per favore?-
-Mi chiedi anche “what”!!- Inghilterra chiuse per un attimo gli occhi.
Tirò l’orecchio dell’altro fino a farlo arrivare alla sua altezza. Socchiuse gli occhi.
-Per caso…ma solo per caso…sai cosa vuol dire “do the cleaning?”-
Alfred ci pensò veramente.
-Fare pulizia…-
-Quindi…?-
America sbuffò.
-Ah come faccio a spiegarlo…mmh…pulire!-
Inghilterra lasciò l’orecchio dell’americano.
-allora te lo spiegherò io, solo una volta però quindi ascolta bene: pulire vuol dire far luccicare le cose, fare in modo che siano tali e quali a come le hai trovate.-
-Yeah…this is the meaning.-
-Allora dimmi…cosa ne hai fatto della mia cucina?! E delle mie scale?! Per fortuna non hai toccato il salotto, per fortuna!-
-No…ehm, il salotto…-sussurrò America distogliendo lo sguardo.
-“No…ehm, il salotto…”cosa?!- disse Inghilterra intensificando la forza del suo sguardo sull’altro.
-Non è niente di grave…ho solo…- abbassò il tono della voce e accelerò il ritmo con cui diceva le parole. -apportato alcune modifiche al televisore…-
-Cos’hai detto?- aggrottò le sopracciglia l’inglese tirando l’altro per il ciuffetto in modo da riuscire a guardarsi.
-Ho fatto delle modifiche alla televisione!- urlò riappropiandosi del suo adorato ciuffo all'insù.
-Quali di grazia?- abbassò il tono l’inglese, ma senza togliere la nota di irritazione dalla sua voce.
-Che poi non sono nemmeno modifiche…- borbottò l’americano distogliendo di nuovo lo sguardo.
-Allora?! Vuoi dirmi che hai fatto?!- si vedeva chiaramente che Inghilterra stava perdendo la pazienza.
-Ho attaccato la mia wii, x-box e ps 3.- disse tutto d’un fiato.
L’inglese lo fissò per un attimo come se non avesse sentito la risposta, fece un respiro profondo e si voltò.
-Tutto qua?- disse America sorpreso.
Arthur non rispose e ripercorse i suoi passi. Alfred si affacciò dalla porta di camera sua interrogativo. Osservò l’inglese mentre percorreva il corridoio, scendeva le scale e infine entrava in cucina chiudendosi dietro la porta.
Alfred lo seguì in cucina. Era strana un reazione così…poco reattiva. Aprì la porta e lo ritrovò seduto sul tavolino rotondo con un sorriso omicida. Sopra il tavolo di legno marrone scuro c’era ogni tipo di spugna, pezza o scopino.
-Ti aspettavo.- disse con un ghigno. -Visto che devi rimanere qui una settimana, ti insegnerò a fare le pulizie!-
-Oh...evviva…- esultò Alfred con sarcasmo. 
 
Erano quasi le nove e Alfred non aveva ancora toccato nulla da mangiare. In compenso aveva fatto la conoscenza di detersivi e sgrassatori di ogni genere. Per non parlare del suoi amici preferiti: lord spazzolone e lord secchio.
Inghilterra era diventato uno schiavista in quegli anni. Un normale paziente ammalato deve essere stanco o perlomeno tranquillo…perché Inghilterra era tutto l’opposto? Pensare che doveva durare una settimana e gli veniva già il mal di stomaco.
 -Quel fornello deve venire splendente!-
-Ma England! I’m hungry!- protestò America spruzzando dell’altro sgrassatore. Inghilterra si avvicinò, arrivando a pochi centimetri dalla sua guancia.
-Beh, penso che per oggi possa bastare. Per premiarti…-America si sfilò i guanti di gomma gialla e già cominciò ad esultare. Gli occhi gli si illuminarono e il suo sorriso era talmente grande che sembrava partisse da un orecchio e terminasse nell’altro.
-Per premiarti…mangerai gli scones che avevo preparato per me sta sera. Sei stato così obbediente che te li meriti tutti!- il sorriso smagliante mutò in una smorfia.
-Oh, really thank you.-
Per la prima volta America sperò che la sua fame superasse il senso del gusto.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3- Fight ***


Sono in mega ritardo! Scusateee! E' che sono stata abbastanza impegnata e poi nei momenti liberi non avevo molta voglia di mettermi a scrivere^^ Comunque...chiedo scusa lo stesso!  In questo capitolo vedrete  un accenno di UsUk, ma ancora niente di serio tranquille u.u Vi lascio valutare ;)
Buona Lettura!^^




Un Alfred da compagnia



Day 2
-America.-
-Americanotto.-
-Americanaccio.-
-Americanetto.-
-Americanino.-
-A-Alfred.-
L’inglese sospirò. Ma perché Alfred doveva avere un sonno così maledettamente pesante?!
Cominciò a scuoterlo più forte di quello che non avesse già fatto. Niente.
Gli si mise sopra e cominciò a tirargli sberlette sulla faccia. Di tutta risposta l’americano si voltò dall’altra parte facendo scivolare l’inglese giù dal letto. Si alzò cercando di rimettersi un po’ a posto il pigiama.
Aveva una fame tremenda e non era in grado di prepararsi la colazione; per non parlare del mettersi e togliersi il pigiama…
Prese bicchiere d’acqua nel bagno personale della stanza per gli ospiti. Si sedette al fianco di America e rimase un momento a fissarlo. Anche se era cresciuto di qualche anno aveva sempre la stessa espressione da bambino…e lo stesso sorriso.
Aveva esitato prima di chiamarlo perché lo temeva. Aveva paura della sua presenza. Aveva paura che potesse fargli male quella vicinanza. Era spaventato dal fatto che avere America di nuovo sotto lo stesso tetto potesse rievocargli molti, troppi ricordi che avrebbe già dovuto dimenticare.
La sua mano agì per lui e verso il bicchiere d’acqua direttamente nella sua faccia infantile.
-What the Fuuuuuuck!- esclamò Alfred alzandosi di scatto.
-Buon giorno bell’addormentato, non nel bosco ma nel mio letto.- ghignò Inghilterra.
-Ma ti sei bevuto il cervello?- Alfred osservò l’ora.
8:30
-Ma sei matto a svegliarmi nel bel mezzo della notte?!-
Inghilterra lo guardò storto.
-Notte?- chiese pensando di non aver capito bene.
America si distese.
-Ho un sonno tremendo!- sbiascicò tra uno sbadiglio e l’altro.
Inghilterra stava ancora pensando se fosse stato lui ad assumere qualche droga strana o fosse Alfred ad essere malato.
-Senti America…lo sai che non mi piace chiedere favori alla gente soprattutto se questa gente non ha voglia di fare niente, ma…- l’americano gli piantò gli occhi addosso. Arthur evitò il suo sguardo cominciando a guardare un punto impreciso del pavimento.
-Ma…il fatto è che…- America gli si avvicinò pericolosamente e lo osservò con sguardo indagatore.
-Ma…?- incalzò con un sorrisetto ebete stampato in faccia.
-Devi aiutarmi a togliermi il pigiama.- Alfred rimase per un attimo senza parole.
-E poi mi devi preparare la colazione perché ho una fame tremenda, idiotttt!- urlò l’inglese fuori di se.
L’americano scoppiò a ridere.
-Ah stupido America!- questa volta fu l’inglese a mettere il broncio.
-Va bene, va bene dammi un attimo che mi sveglio un po’.-
 
-Non si fa così.-
-E com-
-Devi prima far bollire l’acqua.-
-Attento! Potrebbero bruciarsi le uova! Forza girale!-
-E com-
-Prendi la spatola.-
-Prima si spremere le arance, America, devi tagliarle! Altrimenti mi spacchi lo spremi agrumi!-
-E com-
-Con questo coltello e a metà.-
Dopo svariate ore e con qualche uova bruciata o attaccata al soffitto (si America aveva provato a girare le uovo come gli chef in tv) riuscirono ad avere una colazione quasi decente. L’odore di bruciato inondava la cucina così, America prima di sedersi aprì la finestra. Il cielo era grigio e cupo, poteva cominciare a piovere da un momento all’altro.
-Sono più distrutto di ieri sera! Secondo me tu ci godi a vedermi lavorare, schiavista!- affermò America sorseggiando un po’ di caffè bollente.
-Nono sono uno schiavista! E’ che tu sei abituato al fast food ed è troppo facile.-
-Beh, è facile e buono!-
-Tsk! E’ una schifezza che ti rovina lo stomaco!-
-Non è vero!- America ci pensò un po’ su. –Oggi per pranzo ti faccio un hamburger!- disse raggiante alla fine.
-Non ci pensare neanche! Per oggi c’è il mio brodo.-
America lo guardò scioccato.
-Cosa?! Quando l’hai preparato?!-
-Mi ero preparato del brodo ancora prima di essere “ferito”, sapevo che chiunque fosse venuto qui mi avrebbe propinato qualche schifezza!-
Alfred posò la tazza nel lavandino.
-Beh te lo mangi, allora!- disse disgustato.
-Sarebbe ora che mangiassi sano anche tu! Oggi mangi brodo con me.
-Mi sono portato panini per una settimana! Non ci penso nemmeno a mangiare il tuo brodo!-
America fece per andarsene ma lo bloccò l’alzarsi di Inghilterra.
Arthur si avvicinò al freezer e afferrò con rabbia tutta la carne surgelata che aveva portato l’americano.
-Che vuoi fare ora?!- chiese America allarmato.
Inghilterra lo fissò severo e ad uno ad uno buttò tutta la carne fuori dalla finestra. Lo fece molto in frettain modo che l’altro non lo potesse fermare.
-Englaaaaand! What’re you doin’?!-
-Sto “pulendo” la mia cucina!- l’inglese aveva buttato fuori dalla finestra tutta la carne surgelata di America.
Alfred lo prese per il braccio sano.
-Are you crazy?! E’ la mia carne! Come farò a preparare il pranzo?-
-Te l’ho già detto, questa è la mia cucina e decido io cosa fare. Tutta quella carne non ti servirà, non ho intenzione di mangiare hamburger dalla mattina alla sera. Domani andiamo a fare la spesa. Oggi mangeremo il brodo.-
America sembrava sull’orlo del pianto.
-M-Ma…- tutto quello sembrava un maledetto déjà-vu, se n’erano accorti entrambi. –Go to Hell, England- disse America con tono piatto. Uscì dalla cucina sbattendo la porta.
 
-Inghilterra, il mio popolo non riesce a pagare le tasse. Devi assolutamente abbassarle.-
L’inglese alzò la testa dalle sue carte per un istante. I suoi occhi erano vuoti. Arthur era cambiato da quando era diventato suo tutore. Sorrideva di rado e ancora meno spesso uscivano insieme. E ora c’era anche la storia delle tasse. Cominciava ad essere una minaccia vivere sotto di lui.
-Non ti intromettere in queste faccende, America. So io quante tasse mettere queste sono più che accettabili.-
-Ma stanno morendo di fame perché non riescono a pagare.-
Inghilterra tornò alle sue carte.
-Vedrai se la caveranno in qualche modo.-
-Perché non vuoi abbassarle? Ti chiedo solo per un breve periodo!- urlò l’americano.
Inghilterra appoggiò la penna sulla scrivania con fare scocciato.
-Le tasse restano così come sono non si discute.-
America strinse i pugni.
-Vedremo se non se ne discuterà, England.-
 
Con molta fatica Inghilterra era riuscito a scaldarsi quel maledetto brodo. Ora se ne stava li, nel suo tavolino rotondo a fissare la sedia davanti a sé. La sedia che doveva essere occupata da America era ormai vuota da ore. Ad Arthur era passata perfino la fame.
Appoggiò il piatto ancora pieno di fianco al lavandino della cucina.
Aprì il frigo ed estrasse un pezzo di carne circolare. Non era riuscito a buttarli fuori tutti.
 
Aveva una fame tremenda, ma non sarebbe andato a supplicarlo di preparargli da mangiare. Di mangiare il brodo poi!
Aveva perso completamente la cognizione del tempo. Appena uscito dalla cucina era subito andato in camera sua e aveva preso a fissare il soffitto. Potevano essere passate ore come pochi minuti.
Era stato tentato di andarsene. Per un attimo gli era passato per la mente l’idea di riprendersi tutte le sue cose e ritornarsene a casa sua. Gli faceva tremendamente male litigare con lui. Non sapevo di preciso la ragione del suo “dolore”, solo non voleva litigare con Inghilterra. Non voleva ricordare quella maledetta guerra.
Qualcuno bussò alla porta.
-A-America…posso entrare?-
Silenzio.
-Vieni…-
Dalla porta di legno sbucò un Inghilterra piuttosto pallido con un piatto in mano. No, non c’era il brodo. C’era un hamburger alto dieci centimetri. Alfred si illuminò e afferrò l’hamburger senza il minimo ritegno. Inghilterra sorrise debolmente e poi si sedette sul letto insieme all’altra Nazione.
-Thanks  England!-
-Non pensare che l’abbia fatto per te!- disse acidamente.
-Ho solo bisogno di un favore…-
-Oh!Ma quanti favori mi chiedi oggi!- l’inglese lo ignorò e porse gli una cassettina del pronto soccorso arrossendo lievemente.
-H-Ho bisogno di qualcuno che mi medichi le ferite…-
A momenti America sputava fuori tutto l’hamburger. Appoggiò il piatto sul comodino e andò a lavarsi le mani. Appena tornato si rimboccò le maniche.
-Well, you need the hero, quindi…dove sono?-
Inghilterra si alzò in piedi e si sfilò il maglioncino color crema.
-Potresti togliermi la camicia?-
-W-What?- America era sempre più imbarazzato si vedeva anche lontano un miglio.
Alfred si alzò in piedi e cominciò a sbottonare la camicia bianca la quale scoprì una pelle chiara e incredibilmente liscia. America deglutì. Ora riusciva ad intravedere i cerotti giganti però, riuscì a vedere anche molte altre cicatrici, molte delle quali provenivano dall’epoca in cui Inghilterra era un corsaro. Ne vide un’altra, una che conosceva bene, proprio sul fianco sinistro. Risaliva alla Seconda Guerra Mondiale. Erano gli attacchi di Germania ed era stato proprio lui a salvarlo da una resistenza disperata.
-I-Io…che devo fare?- chiese America rosso in faccia. Arthur si sfilò del tutto la camicia e si distese sul letto.
-Per prima cosa devi togliere questi cerottoni, poi apri la cassetta e troverai una boccetta scura, è il disinfettante, versalo su quelle garze circolari.-
Alfred eseguì il primo ordine, sfiorando appena la pelle dell’inglese. Dio da quanto tempo non stavano così vicini? Un rossore spontaneo gli ricoprì le guance. Cercò di non farsi vedere dall’inglese voltando la testa dalla parte della cassettina del pronto soccorso. Versò il disinfettante e si voltò interrogativo verso l’inglese.
-Bene, ora passalo sulle ferite, poi prendi i cerotti nuovi.-
America appoggiò la garza su di una ferita. L’inglese gemette.
-Fai piano idiota.- ringhiò.
-Sorry.- 
America gli medicò tutte le ferite con precisione e delicatezza. Lui l’aveva chiamata una “disputa civile” ma quel braccio rotto e quelle ferite dicevano tutt’altro. Di tanto in tanto guardava il viso di Inghilterra che sembrava meno dolorante di prima.
-Sembri rilassato Inghilterra. Di’ che ti piace farti medicare da bei ragazzi!- lo provocò.
Arthur si voltò verso di lui rivelando un’espressione tra l’imbarazzato e l’altamente incazzato.
-Ma che cavolate dici?!-
America scoppiò a ridere.
-E poi saresti tu il bel ragazzo? Pff, perfino quel tuo Tony è più bello di te!-
-What?- L’americano appiccicò l’ultimo cerotto.
-Forse sei tu che in realtà vuoi fare l’infermiere.- ghignò Inghilterra rimettendosi, quanto poteva, la camicia.
-Certo! Sono nato per fare l’infermiere cosa credi! E il mio aiutante sarebbe Francis, mentre il mio paziente preferito saresti proprio tu.- sorrise maligno.
-Oh, you bloody pervert!-

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Capitolo 4
*** Capitolo 4- Shopping ***


Chiedo moltotanto perdono per il ritardo! Credo sia passato circa un mese dall’ultima volta che ho aggiornato questa fic, ma causa vacanze non ho continuato! Scusateeee! Spero che con questo capitoletto a tratti divertente e a tratti accattivante (?) riusciate a perdonare questa povera autrice troppo rilassata xD
Ringrazio tutti quelli che seguono la storia e spero che continuate a seguirla anche dopo questa mia allegra scampagnata di un mese xD
Buona Lettura! :3
 

 

Un Alfred da Compagnia!



Day 3
 

Arthur aprì gli occhi lentamente, tutto quel buio gli faceva quasi male. Immediatamente un forte odore di frittelle gli investì le narici. Fece leva su un gomito e rimase parzialmente sollevato. Cercò di capire perché quel profumo così insolito aleggiasse tra le pareti di casa sua, poi si ricordò di America. Però era strano. Alfred che cucinava era molto strano.
Si mise a sedere sul bordo del letto stropicciandosi gli occhi. Si alzò e aprì le tendine color smeraldo.  Luce del sole gli violentò gli occhi, ma fu solo per un istante. Anche oggi pareva una bella giornata.
Scese le scale in legno senza nemmeno mettersi le pantofole. Gli era sempre piaciuto sentire il freddo a massaggiargli i piedi.
Appena arrivato in cucina vide quello che temeva: America ai fornelli. Indossava una t-shirt a mezze maniche azzurra con lo stemma di superman e dei jeans piuttosto malridotti.
Anche lui era a piedi scalzi.
Inghilterra incrociò le braccia al petto e appoggiò una spalla allo stipite della porta. L’espressione del suo viso si distese in un mezzo sorriso. Lo osservò per un po’. Non sapeva perché si stesse soffermato così tanto tempo a guardare quel volto concentrato o quel profilo marcato oppure quel buffo ciuffo che aveva sempre avuto o ancora quella sua figura così alta. Gli era capitato ancora, durante i meeting di fissarlo in quel modo.
Forse era perché non aveva avuto modo di accorgersi della sua maturazione. Quel giorno era successo tutto così in fretta che non si era soffermato a guardarlo, quel giorno vedeva solo armi e soldati.
La verità era che considerava America la cosa più bella che la sua esistenza di Nazione avesse mai creato.
Molte volte si dava dello sciocco a pensare sentimenti così umani, a sentirsi così come…un padre. Ma non poteva negare che tra loro due, Inghilterra e America, ci fosse un legame speciale. Un legame che poche Nazioni hanno.
-Ah Iggy! Good Morning!-
Arthur non sentì quelle parole era ancora perso nelle sue meditazioni.
-Cos’è quella posizione da figo datato?- rise America portando in tavola la padella con quello che dovevano essere frittelle.
-Senti mi sono preso la libertà di usare la cucina per preparare la colazione. Sai non volevo rischiare il tuo brodo!-
Finalmente Inghilterra si scosse. Il suo brodo cosa?
-Hey che vorr-
-Ho preparato le frittelle con lo sciroppo d’acero. E’ una ricetta che mi ha insegnato Matthew.- disse il più giovane sorridendo. Il suo tono di voce e la sua espressione erano tutto sommato conciliante. Non voleva litigare e Inghilterra l’avrebbe rispettato…più o meno.
L’inglese si accomodò davanti all’americano e, con espressione giudiziosa, si fece servire. Appena lo vide sedersi ingoiò una frittella.
America aveva un sacco di difetti tra cui adorare quei cibi così grassi del fastfood o avere strane e insistenti manie di protagonismo. Ma non era tutto da buttare: quando si metteva in testa qualcosa riusciva a farla…e molto bene.
-E’ molto buona Al-America.- ammise Inghilterra sorseggiando un po’ di tè alla mela verde.
Alfred rise.
-Grazie Iggy. Sai farli allora i complimenti!-
-Vorresti dire che non ne faccio?-
-Più o meno…però penso che sia il tuo orgoglio ad impedirtelo. In un certo senso non è colpa tua.-
-Hei stai attento a come parli con me moccios-
-Comunque sia..- interruppe di nuovo l’americano. –Penso che…- abbassò il tono della voce.
Inghilterra attendeva impaziente.
-Solo che…per preparare ho…-
Silenzio.
-Per preparare hai fatto cosa?- chiese Arthur sull’orlo di una crisi di nervi.
Quando abbassava il tono della voce e non lo guardava in faccia voleva dire solo una cosa: guai.
-Ho esaurito tutto quello che ti era rimasto in dispensa.-
L’inglese aveva già finito tutta la colazione, purtroppo. Appoggiò il tovagliolo candido ripiegato a triangolo sul tavolo e incrociò le dita delle mani davanti al viso in modo da coprire le labbra.
-T-Tutte…?- disse con un filo di voce.
-Diciamo che…prima di riuscire a fare qualcosa di buono…ho provato.- una ven si ingrossò a vista d’occhio sulla fronte dell’inglese.
-Matt la fa semplice, ma è difficile! E poi.-
Inghilterra fece schioccare la lingua per farlo stare zitto. PARE CHE Alfred si fosse appena accorto della suo espressione…arrabbiata.
-Tu…tu…! Tu ed io oggi andremo a fare compere.- disse alzandosi e lasciando l’americano spiazzato. Non sapeva di preciso quale forza occulta l’avesse frenato dallo sfoggiare il suo vasto vocabolario di imprecazioni…solo oggi non voleva arrabbiarsi. Forse.
-Come? Anche io?!- domandò America disperato.
-Of course!- sibilò l’inglese prima di uscire dalla stanza.
-Oh no…ed ora che cosa dirò a Russia?-
 
Qualche ora prima…
Il cellulare di America vibrò sotto il cuscino svegliando il malcapitato. Alfred sbadigliò afferrando lentamente il cellulare per fare smettere quella dannata vibrazione. Avrebbe seriamente premuto il tasto rosso se non avesse letto il nome di colui che lo stava chiamando.
“Ivan”
-Hi…?- disse a bassa voce.
-Buon Giorno Al.-
-Russia che vuoi?-
-Oh che cattivo l’americanino, ti ho svegliato per caso?-
-Ovvio-
-Scusami non intendevo svegliarti.- disse realmente dispiaciuto il russo.
America sospirò.
-Perdonato. Dimmi che c’è?-
Ivan stette zitto per qualche secondo.
-Voglio vederti.- America sorrise divertito mettendosi a sedere sul letto.
-Ci siamo visti due giorni fa!-
-Non è abbastanza. Lo sai.-
-Te l’ho detto che sono impegnato questa settimana..-
-Non me ne frega.- Alfred rimase sorpreso.
-Che c’è, ora sono diventato una droga per te?-
-Il tuo corpo, non di certo tu.- America sapeva che non la pensava veramente così. Se Ivan gli stava facendo una richiesta del genere voleva dire solo che si era innamorato di lui. E questo non andava bene perché…perché…America era in una situazione complicata, ecco.
-Non so come andarmene da qui. Dovrai aspettare ancora cinque giorni e poi verrò io.-
-Non posso. Ti voglio ora.- Alfred si morse il labbro. Lo sapeva che non doveva fare quella voce e dirgli quelle cose.
-Troverò un modo.-
-Vieni da me alle undici.-
-Ok.-
 
-Dai Inghilterra! Non era mia intenzione finire tutto! Sapevo che avrei dovuto prepararti la colazione in qualunque caso! Non potremo aspettare oggi pomeriggio?- disse lamentoso America mentre infilava il maglioncino color crema ad Arthur.
-Saremo andati comunque a fare la spesa, che ti piaccia o no tra cinque minuti partiamo.-
-Ma non puoi andarci da solo?-
-Ricordi che ho solo un braccio? Come potrei portare la spesa da solo?-
Alfred rimase con la bocca socchiusa incapace di replicare. In questo modo sarebbe stato costretto ad andare con Arthur e dare buca ad Ivan.
E Ivan non ne sarebbe stato molto contento.
 
Non aveva dubbi sul fatto che Inghilterra  fosse uno schiavista, ma trattarlo come un mulo da soma non rientrava esattamente nei suoi piani. Erano appena arrivati nei pressi di un mercatino poco distante dal centro di Londra e già Arthur aveva cominciato a caricare America di borsette e vasi di fiori. Inutile dire che quell’attività assomigliava molto a quella di una vecchietta il giorno del mercato nella sua cittadina.
-Arthur! Ma cosa gli è capitato a quel braccio?- disse una signora molto magra da dietro al bancone della frutta.
-Ah! Non è niente di grave, stia tranquilla.- la rassicurò il biondo.
-Se vuoi ti chiamo mio marito che ti dia una mano con la spesa!- affermò di nuovo la signora con una voce più irritante di quella dello stesso americano.
-Ho portato qualcuno ad aiutarmi!- Inghilterra indicò il già sommerso di borse, America.
La signora si avvicinò con sguardo indagatore al ragazzo e dopo averlo guardato da capo a piedi per qualche volta fece un ampio sorriso.
-Hai scelto proprio quello giusto figliolo! E’ un bel fusto!- urlò a gran voce la donna attirando l’attenzione di tutto l’intero mercato. In quel momento Alfred avrebbe tanto voluto scavarsi una fossa e buttarcisi dentro a pesce per poi farsi sotterrare in pace, ma a quanto pareva non era l’unico a volersi suicidare visto il colorito viola sulla faccia dell’inglese.
-E’ solo un amico Margaret niente di più!- cercò di giustificarsi Arthur.
Si fece avanti un’altra signora con un carrellino colmo di carne.
-Arthur caro, ho abbastanza esperienza da poterti dire che all’inizio sono tutti amici e poi-
-Ma non è così July!- la interruppe l’inglese.
-Non aver paura dei tuoi sentimenti, Arthur!- si affiancò al ragazzo un’altra donna.
-Non sto nascondendo proprio niente Cathrina!-
America non riusciva a capire più niente. Era la sua immaginazione o Inghilterra conosceva tutte le donne di quel mercato? Era allibito da quante comari si stessero facendo avanti per confermare i “sentimenti” di Arthur. Per non parlare del fatto che tutti lo stavano ignorando.
-E’ molto difficile ammetterlo riesco a capirlo, ma non vorrai fare la stessa fine di Elisabeth!-
-Che è successo ad Elisabeth?- domandò l’inglese.
-Gira voce da qualche giorno che il cognato della suocera della sorella di Jonathan sia andato a letto con la cugina di Mary per fare ingelosire Agnis! Ma in realtà Agnis è sempre stata innamorata di Colin che aveva appena chiesto ad Elisabeth di sposarlo!-
-E quindi che è successo?- chiese Arthur che nel frattempo si era seduto su una panchina vicino ad altre signore.
- Elisa aveva paura di sposarsi e l’ha rifiutato!- delle donne aprirono i loro ventagli e cominciarono a sussurrare qualcosa tra di loro.
-Colin era disperato così è andato ad una festa e da quello che mi ha detto Angel ha conosciuto un ragazzo, un certo Bredley e ora si sono messi insieme! Ma ora Agnis sta male e ha cominciato a bere mentre il cognato della suocera della sorella di Jonathan fa coppia fissa con la cugina di Mery!- un coro di “Oh my God!” si levò dalla folla di donne.
Ora Alfred era più convinto che quel mercato non era altro che una rivista di gossip. Fortunatamente si era fatto dare la lista della spesa da Arthur quindi avrebbe concluso le faccende da solo evitando qualsiasi contatto con qualche Cathrina assatanata o Margaret in cerca di un giovane ragazzo da schiavizzare.
La macelleria era la prossima tappa.
-Buon giorno signora dovrei compr-
-Signorina.-
-Come scusa?-  Si ritrovava davanti ad una donna sulla sessantina e non poteva chiamarla…signora?
-Io sono una signorina infante!-
-Signorina? Infante?- o quella era una donna millenaria o tutta Londra era completamente impazzita.
-Devi portare rispetto a quelli più saggi e avanti con l’età di te.-
-Molto più avanti con l’età…!- si lasciò scappare l’americano.
-Cos’hai detto?- lo minacciò la signora con un coltello da macellaio. America cominciò a sudare freddo.
-Oh Alfred sei qui allora!- Non era mai stato così felice di sentire la voce di Inghilterra.
-Ma che stai combinando con Kristen?- la donna ritrasse il coltello.
-Conosci questo ragazzino impertinente?- disse acidamente la macellaia.
-Mi aiuta con la spesa Kristen.-
-Mi ha chiamato signora! Una ragazza giovane come me! Non ha per niente rispetto per i più saggi!-
Arthur si appoggiò al bancone.
-E’ quello che gli dico sempre anche io, Kristen! Ma sai anche tu come sono fatti i giovani d’oggi. Impertinenti e irrispettosi. Perdonalo, cercherò di raddrizzarlo io!- i due risero.
-Mi fido di te Arthur! Dimmi che cosa posso fare per te?-
Alfred ormai non si stupiva più. In quella città erano tutti psicopatici!
 
-Bene! Abbiamo preso tutto!- sospirò al settimo cielo Inghilterra. America non l’aveva mai visto così felice.
-Sono anche le due del pomeriggio! Ho una fame incontenibile!- si lamentò il più giovane mentre si dirigevano verso casa.
-Sei stato un bravo ragazzo oggi, quindi potrei portarti al KFC che hanno aperto qui vicino. Mettiamo giù la spesa e andiamo.- Gli occhi dell’americano si illuminarono.
-Amazing!!- urlò accelerando il passo.
-Forza Iggy! Muoviti che sto morendo di fame!- Inghilterra rise e afferrò le chiavi del cancello, a momenti sarebbero arrivati davanti casa e se non si fosse sbrigato ad aprire tutto America avrebbe di sicuro forzato porta e cancelletto con la forza che si ritrovava. Aveva imparato a conoscere i “bisogni” di Alfred, anche se erano insieme solo da due giorni l’aveva cresciuto lui, quindi sapeva quanto stupido diventasse America senza cibo.
Il cellulare di Americo vibrò nella sua tasca. Appena ebbe appoggiato le borse sul pavimento in marmo chiaro della cucina Inghilterra, lesse il messaggio:
 
“Non sei venuto oggi. Mi ricorderò che hai messo lui al di sopra di me.
Ci vediamo presto America.
Ivan”
Spense lo schermo e infilò di nuovo il cellulare in tasca. Decise di ignorarlo, ma non era sicuro che quello fosse la cosa giusta.
Era di Russia di cui si stava parlando.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5- Just Dance! ***


Salve compagnia!
Beh…Quante volte devo scrivere scusa per farmi perdonare? Ecco, lo so, sono passati quasi due mesi dall’ultimo capitolo, scusate! E’ solo che ho avuto problemi con la scuola e con l’ispirazione per questo capitolo (tanto che ho già scritto da un pezzo quello che viene dopo e ho appena finito questo -.-)
Comunque sia, spero che continuate a seguirla nonostante tutto^^
Buona Lettura! :3

 

Un Alfred da Compagnia!

Day 4
 
-America!! Perché io sono sveglio e affamato e la colazione non è ancora pronta?- Arthur aprì la porta della camera strofinandosi gli occhi, ancora assonnato.
Si stupì di quello che vide: il letto era perfettamente apposto.
-America..?- l’inglese chiuse la porta della camera e sbirciò in bagno. Nulla.
Guardò nella stanza libri e ancora nulla. Decise di scendere e controllare in cucina, ma da come avevano sentito le sue narici, Alfred e soprattutto la colazione non c’erano.
-Ameeeeerica!- cominciò a battere i piedi sul pavimento di legno come un bambino a cui è stato sottratto il proprio giocattolo. Quel dannato mostriciattolo di un americano se l’era svignata! Aveva aspettato che si addormentasse per scappare da qualche parte. Quel maledetto…!
La sua ira venne interrotta da alcuni rumori sospetti provenienti dal salotto. Aprì l’ennesima porta e quello che riuscì a vedere lo sconvolse. La stanza era completamente buia, imposte abbassate e luci spente, l’unica eccezione era per la televisione, accesa. Lo schermo era acceso su un fucile e uno scenario di zombie mezzi morti. Ma quello che lo fece rabbrividire fu America. Aveva due profonde occhiaie sotto gli occhi, i capelli completamente arruffati e le cuffie nere non contribuivano certo a migliorare il suo aspetto. Se ne stava seduto su di un cuscinetto del suo divano a un metro e mezzo dalla tv, intorno a lui solo qualche sacchetto vuoto di patatine.
Si schiarì la voce per farsi notare.
Ma il volume del gioco era troppo alto.
Cominciò a ticchettare il piede sul pavimento.
Ma ancora niente, America sembrava in trans.
Inghilterra si avvicinò stizzito al più giovane e con poca grazia gli tolse le cuffie.
-Idiota di un Americaaaaa! Dov’è la mia colazione?!-
Finalmente Alfred reagì ma non era esattamente ciò che Arthur si aspettava; infatti il biondo, molto probabilmente per lo spavento e le ore di videogiochi, era caduto dalla parte opposta rispetto all’inglese e se ne stava con gli occhi sbarrati a fissare lo schermo.
-Non dirmi che sei stato qui tutta la notte, ragazzino masochista..!- riprese con un tono più pacato l’inglese.
Alfred annuì brevemente.
Arthur sospirò cercando di recuperare la sua calma da gentleman, a passi spediti si diresse verso le finestre e le aprì. Sentì l’altro mugolare un “Che male agli occhi..!” ma se ne fregò altamente. La brezza mattutina cominciò a fluire all’interno della stanza che ormai aveva preso un odore di patatine al formaggio. Appena il profumo si ristabilizzò spense con un gesto secco il televisore.
-Dimmi.- intervenne Inghilterra sedendosi sul divano.
-Cosa?- disse, con voce estremamente roca e molto più bassa del suo solito tono, America.
-Perché?!-
-Perché cosa?- sospirò l’americano prima di girarsi.
-Perché sei rimasto tutta la notte a giocare a quei stupidi videogiochi.-
Alfred fece spallucce.
-Sai, ci sono persone, me non compreso ovviamente, che si sfogano sull’alchool. Altri sul gioco d’azzardo e altri ancora con l’allenamento fisico. Ti conosco abbastanza da poter dire che tu lo fai con il gioco.-
-Non ti seguo.-
-Certo, il tuo cervello è ristretto.- sbuffò Inghilterra.
-Che ti sta succedendo? Cosa c’è che non va?- chiese infine l’inglese.
America non rispose.
-P-Per caso…è la mia presenza..? Sai, ti capisco, in fondo in passat-
-Non sei tu.- rispose secco l’americano. Arthur rimase in attesa.
-E’-E’ solo che ho un casino in testa…- Inghilterra non riusciva a capire perché si comportasse così, come Nazione ne aveva visti tanti di comportamenti strani, ma Alfred rimaneva un enigma. Non riusciva mai a comprenderlo veramente, non riusciva a capire se il problema era realmente lui stesso o un’altra persona. Quando America non era uno stupido America, beh, poteva essere paragonato ad un romanzo giallo: quando tutto ti fa credere che l’assassino sia una certa persona, poi cambia tutto e comunque tutto torna irrimediabilmente.
-Ma non voglio fartelo pesare, insomma già sei un vecchiaccio con un braccio rotto, ti mancano solo i miei problemi!- rise lo statunitense alzandosi da terra e stiracchiandosi.
-Chi hai chiamato vecchiaccio con un braccio rotto, yankee?!-
 
-Inghilteeeeerraaaaa!-
Arthur era tranquillamente seduto sul divanetto della sua sala-libreria a leggere quando sentì l’irritante voce della sua ex-colonia chiamarlo dal piano di sotto. Appoggiò molto lentamente la tazza di tè sul tavolino-porta-tè e chiuse il libro.
-Englaaaaand!-
-Che vuoi?!- sbraitò il biondo scendendo le scale molto irritato.
-Fuori piove…!- Alfred aveva lo sguardo incollato fuori dalla finestra.
-Vedo; e non mi stupisce visto che ci sono state delle buone giornate fino ad oggi. Un po’ di pioggia è normale.-
-Fuori diluvia! Come fai a dire che è poca pioggia!-
-E’ sempre pioggia…diamine!- sibilò Arthur girandosi per tornarsene al suo libro. Quell’idiota l’aveva chiamato solo per distrarlo, sembrava che si divertisse a rompergli l’anima fino allo sfinimento.
-Io volevo andare fuori!- piagnucolò a questo punto lo statunitense.
-Trova qualcos’altro da fare, perbacco!-
-Ma non ho niente da fare!-
Inghilterra si bloccò e sospirò coprendosi gli occhi con entrambe le mani.
-Tsk, ti do il permesso di giocare ai videogiochi.- disse rassegnato.
-Ma sta notte ho già finito tre volte quelli ad un solo giocatore, ora rimangono solo quelli a multi giocatore!-
-Multi giocatore..? Wait, mi stai dicendo che ti serve un partner?-
America annuì con occhi furbi.
-No, no, no. Ricordi? Io ho un braccio rotto e molte altre ferite, no, no, no.-
-Dai, Iggy! Sei migliorato un sacco da quando sono arrivato! Le ferite sono anche guarite!-
-Sta di fatto che io sono un incapace con queste cose! Lascia perdere e gioca da solo.-
-En-gla-nd, please! Solo un ora, poi puoi fare quello che vuoi!-
Arthur sospirò per l’ennesima volta.
-Va…bene, ma solo un’or-
-Yeah! The hero wins!-
 
 
-Allora, devi tenere il controller così.-
-Così..?-
-No, al contrario.-
-Ora va bene?!-
-Si, perfetto.-
-Che devo fare?-
-C’è un omino in basso a destra che ti indica le posizioni che devi fare, tu ovviamente devi muovere la mano con il controller.-
-Ok, penso di aver capito…e poi?-
-Bene, si comincia!-
 
-A-Aiuto! Questo ballo è impossibile! E la musica è troppo veloce! E poi cosa ci fa un tipo sopra un camioncino?! Sembra la versione mora di Francia!-
America rise. Inghilterra si spostò come stava facendo il tizio nella tv, ma sbagliò parte quindi diede una spallata all’americano che per poco non perse l’equilibrio, anche se la vera vittima era la spalla di Arthur vista la consistenza dell’ameicano.
-Hey non venirmi addosso sennò mi fai perdere!-
-Non so giocare a questa cosa!- disse con il fiatone Arthur.
-Hai già guadagnato una stella! Sei bravissimo!-
-Non fare dell’ironia con me, idiota. Ma come cazzo devo muoverle le gambe?!-
Alfred rise spostandosi per non essere colpito da una manata dell’inglese.
-Chissà quante volte ci hai giocato tu! Maledizione…!-
-Non sei proprio capace di ballare, eh?-
-Io so ballare!- Inghilterra prese fiato. –Solo qualcosa di più classico come il valzer. Non queste…queste cose da marmocchi della tua età!-
America non poté fare a meno di ridere.
-Il valzer! Oh my God, mi ricordo quando tentavi di insegnarmelo!-
Appena “Vita Loca” finì Arthur si buttò a peso morto sul divano e, non serve nemmeno dirlo, America stracciò Inghilterra.
-Allora te lo ricordi ancora, eh?- disse con il fiato corto l’inglese.
-Sure! Mi rompevi così tanto! A me non è mai piaciuta quella schifezza di ballo!-
-Non è una schifezza!- anche Alfred si sedette sul divano.
-E poi, mi mettevo sopra i tuoi piedi e lasciavo ballare te al posto mio.- sul viso di America si intravide un sorriso, che Inghilterra non tardò a cogliere.
-Non avevi voglia di far niente nemmeno da piccolo.- questa volta fu l’inglese a ridere.
-Hey, io sono un eroe come fai a dire che non voglio fare niente?!-
-Dimenticavo! L’eroe!-
-Visto che stai diventando anziano e non ti ricordi molto bene le cose, ti ricordo che questo eroe, ti ha salvato la vita più di una volta!- sbuffò l’americano.
-Tsk, nessuno te l’aveva chiesto.-
-Beh,- America si fece pensieroso –in effetti volevo aiutarti. Era un po’ perché- si zittì di colpo.
-Perché?- chiese Arthur piantando i suoi occhi verdi su quelli di Alfred.
-Non volevo che morissi, accidenti.- borbottò l’americano.
Inghilterra si sentì come colpito da una freccia dritto al cuore, ma non era una freccia che faceva male. Era come se tutto se stesso stesse aspettando quelle parole.
Lui, aveva creduto per tutto quel tempo che ad Alfred non importasse più nulla di lui.
-I-Io, non sapevo che la pensassi c-così.- balbettò l’inglese.
-B-Beh…! E che pensavi allora?- America arrossì leggermente.
-P-Pensavo che…non ti importasse di me dall’Indipendenza.-
America si portò una mano dietro alla nuca e cominciò a tormentarsi i capelli con le dita.
-M-Ma si che mi importa di te, England..-
Entrambi si guardarono negli occhi per molti istanti senza dire una parola.
-E visto che mi importa- l’americano si alzò in piedi –dovresti imparare a ballare!- rise.
-Ora che hai ripreso fiato che ne dici di ballare su una tua canzone?-
Inghilterra lo guardò con un’espressione tra l’interrogativo e l’irritato.
-What Makes you Beautiful, di quel tuo gruppetto inglese! Magari visto che sono loro balli meglio!- America rise.
-Ahg! Cosa vorresti dire con questo fucking bloody idiot?!-
-Just dance, England!-

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Capitolo 6
*** Capitolo 6- Bath ***


Salve a tutte! Come promesso eccomi qua con un nuovo capitolo! :D
Finalmente, e posso dire sul serio finalmente, UsUk! So che questo capitolo lo state aspettando (e anche io non vedevo l'ora di scriverlo eheh) dal primo quindi sarò breve ;) il prossimo non ho proprio idea di quando lo scriverò causa ovviamente scuola, per cui fatevi bastare questo per un po' xD
Buona Lettura ;)


Un Alfred da Compagnia!


Day 5


Alfred sbadigliò cercando a tentoni il cellulare. Vibrava un po’ troppo per essere solo la sveglia.  Guardò attentamente lo schermo, poi premette il tasto rosso. Ivan era un stalker invadente e possessivo. Gliel’aveva anche detto che quella settimana aveva da fare con Inghilterra! Quell’invadenza o dipendenza non la sopportava. Che rottura.
Oltre ad occuparsi di Inghilterra ora avrebbe dovuto tenere sotto controllo anche quello psicopatico del sovietico.
Sbuffò contrariato alzandosi dal letto. Aprì le imposte e scese le scale. Arthur era già in salotto a leggere uno di quei suoi noiosissimi gialli. Strano, di solito aspettava a letto fino a che la colazione non era quasi pronta.
-Mornin’- borbottò Alfred.
Arthur non lo guardò nemmeno. Strano, di solito lo apostrofava sull’uso della “g” in inglese: era “Morning” non “Mornin’ ”.
-Buon giorno..?- ripeté America, ma nemmeno questa volta l’inglese rispose. Ancora più strano.
L’americano si avvicinò al biondo e abbassò scocciato il libro che aveva in mano.
-Terra chiama Arthur: Ci sei?-
L’inglese puntò su America uno sguardo spiazzato e confuso.
-S-Si, ben svegliato..- balbettò.
Alfred arricciò il naso.
-Che hai?-
Inghilterra rimase per qualche istante in silenzio, poi chiuse il libro e lo appoggiò sul tavolino di vetro davanti alla sua poltrona. Sospirò come se parlare gli pesasse.
-Ne parliamo a colazione.-
 
-Sono veramente buone queste uova…chi ti ha insegnato a farle così?- per tutta la durata del pasto Arthur non aveva fatto altro che fare domande su tutto, continuava a dire cose senza un’apparente filo logico e arrivava anche ad ignorare alcune domande dello stesso America.
 Sembrava volesse evitare a qualsiasi costo un argomento.
-Inghilterra mi dici che hai?- l’americano piantò i suoi azzurri sul volto di Arthur.
-C’è dell’altro succo di fr-
-Rispondimi adesso.- disse con una serietà non da America.
L’inglese appoggiò il tovagliolo che aveva sulle cosce sopra il tavolo, accanto al piatto e si appoggiò allo schienale.
-Allora?- insistette ancora, il più giovane.
-I-Io v-voglio…c-che tu faccia u-una c-cosa per me.- balbettò Arthur guardando un punto impreciso del tavolo.
America rimase stupito in un primo momento.
-Beh, se è per questo che sei così strano!- ridacchio –che cosa vuoi che faccia?-
Inghilterra divenne tutto d’un tratto rosso in faccia.
-I-Io…I-Io…-
Silenzio.
-Tu…?-
-I-Io…-
Silenzio.
-Tu cosa?!-
-I need a fucking bath!-
Calò di nuovo il silenzio su entrambi. Arthur che lo fissava rosso in volto e Alfred con la bocca mezza aperta.
-Ehm…- America si portò una mano sulla nuca cercando di non guardare l’inglese.
-E che sarà mai, ti preparo l’acqua e poi fai da solo…- ad un tratto la gola gli si era fatta secca.
-No!- sbottò Inghilterra.
-Cosa?-
-Cioè…non posso, insomma non ci riesco.- Arthur era bordeaux e Alfred lo stava seguendo a ruota.
-C-Cosa intendi c-con “non ci riesco”?-
-I-Io giuro, non vorrei chiedertelo…ma…ho bisogno che tu…m-mi faccia…un bagno.-
Di nuovo il silenzio calò nella stanza, ma questa volta era molto pesante. Ad entrambi mancava il respiro.
Il primo a trovare il coraggio di parlare fu America.
-M-Ma f-fare un bagno come..?- il rossore nel viso dell’inglese aumentò.
-N-Nel senso c-che m-mi devi…- ad Arthur mancò la voce per continuare la frase. Alfred deglutì.
-Perché dovevi ridurti a farti fare il bagno?!- proruppe imbarazzato il più giovane.
-Non ho deciso io di rompermi il braccio destro e costole! Scusami yankee!- rispose a tono l’altro.
Si fissarono per un attimo, poi Alfred sospirò. Si alzò e prese Inghilterra per il braccio sano, trascinandolo al piano di sopra.
-Muoviamoci allora.-
 
Alfred si tirò le maniche della maglia fino ai gomiti. Aveva preparato l’acqua in completo silenzio mentre Inghilterra lo osservava senza muoversi di un millimetro. Si voltò ad osservare l’inglese.
-Beh…non sarà poi così tanto difficile…una volta me lo facevi anche tu il bagno, no?- gli sbottonò la camicia rapidamente.
-Tsk…Idiota! Eri un marmocchio all’epoca.- disse acido Arthur mentre si sfilava le ciabatte.
America ridacchiò.
-Beh ora cosa cambia?- sfibbiò la cintura e gli sbottonò i pantaloni.
Inghilterra gli bloccò la mano.
-Sai bene cos’è cambiato.- disse seriamente mentre i pantaloni gli ricadevano sulle caviglie.
Finalmente America comprese. Da quando lui era arrivato a casa di Arthur qualcosa era cambiato. Qualcosa nei loro comportamenti era diverso rispetto a come si comportavano in passato o a semplici meeting. E aveva una paura tremenda di ammetterlo perché erano casini, tutta la sua testa era un casino a partire da Ivan e ora anche con Arthur.
Però non poteva fare a meno di ammettere che…beh, che quello che stava per fare lo aspettava da un sacco di tempo.
-S-Se v-vuoi e-esco e, che ne s-so, chiamo qualcuno…-
L’inglese lo guardò intensamente negli occhi.
-No. Resta.- la voce era ferma. Voleva veramente che America restasse.
Alfred non sapeva che fare. Non riusciva a muoversi e non riusciva a pensare. Aveva sentito quello che gli aveva detto Inghilterra, ma non riusciva a capire come interpretare quelle parole.
Arthur abbassò lo sguardo verso la mano dell’americano, prese dapprima l’indice delicatamente e poi salì con altrettanta leggerezza fino al polso. Lentamente guidò quella mano, così calda, così grande fino al suo ventre. Appoggiò la mano sul suo fianco destro. Rabbrividì involontariamente.
America ancora non parlava.
Inghilterra lasciò la mano dell’altro e quello non si mosse. Lo guardò negli occhi in cerca di un segnale, alla ricerca di un sentimento.
Alfred non ci pensò un minuto di più: quello era un invito esplicito e lui non avrebbe rifiutato. Lo baciò senza pudore avvertendo chiaramente la sua stessa voglia in Arthur.
Si staccarono appena per riprendere fiato, dopo interminabili secondi.
Una seconda volta Inghilterra guidò la mano di Alfred e in pochi secondi i boxer si sovrapposero ai pantaloni.
-C-Che ne dici di fare anche tu un bagno?- sussurrò appena Arthur con una voce fin troppo sensuale.
America si sentì improvvisamente la gola secca e annuì lievemente con la testa. Inghilterra entrò nella vasca e senza staccare gli occhi di dosso da quelli di Alfred lo accompagnò all’interno.
-Farà molto caldo.-
 
 
-Angleterre! Mon amour! Aprimi la porta!-
Francis cominciò a ticchettare il piede sul pavimento.
-Angleterre! Aprimi sono venuto a vedere come stai…e chissà magari faremo anch-
La porta si aprì.
-Yo Francy!-
Il francese rimase basito: al posto di un inglese sexy si ritrovava davanti un americano stupido intento ad asciugarsi i capelli con un asciugamano color crema.
-Che ci fai qui tu?!- gracchiò Francis.
-Io son-
-America! Ti ho detto di non aprire la porta! Sei a casa m-
Al fianco di Alfred arrivò Inghilterra. Anche lui con i capelli bagnati.
-Rana che fai qui…con quella rosa?- chiese sorpreso l’inglese.
-Ma…ma…!-  ancora qualche secondo e Francia si sarebbe messo a piangere.
-Voi avete fatto un….- non riuscì a concludere la frase.
-Voi state ins…?- nemmeno questa frase riuscì a finire.
-No-
-Si-
-Alfred!-
Francis corse via abbandonando la rosa sullo zerbino.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 -Revelation ***


Hello guysss! La Road è tornata dopo un mesetto bello e buono con questa storia! Ebbene siamo agli sgoccioli perché, beh è ilsesto giorno, la settimana è finita! Ma non per questo ci sarà da tranquillizzarsi, anzi!  Diciamo che forse questo è il penultimo capitolo...nel senso che visto che siamo sotto natale potrei fare un capitolo speciale solo per voi :')
L'ho scritto abbastanza in fretta perché, ahimè, è il periodo delle pagelle e non si sa mai che strani piani avrà in mente mia madre per il mio computer xD quindi se trovate errori scrivetelo e spero che questo capitolo vi piaccia lo stesso! :)
Buona Lettura! :D



Un Alfred da Compagnia!
 

Day 6

America si sentiva pesante, molto pesante. Respirava a fatica e con la stessa fatica muoveva braccia e gambe. Socchiuse gli occhi e la tenue luce che penetrava dalle tende gli rivelò che quello che provava non era l’inizio di un’influenza, ma solo Inghilterra.
Era tutto molto strano, a partire da loro che dormivano insieme…di nuovo. Certo, come aveva detto l’inglese, ora era diverso. Nonostante questo preoccupasse molto America, non riusciva a fare a meno di quello. E solo ora si rendeva conto di quanto gli fosse mancato.
Gli era mancato intrecciare le dita con i suoi capelli morbidi, gli era mancato stringerlo a se, gli erano mancate le attenzioni dell’inglese.
Si abbassò e gli poggiò un breve bacio sulla fronte. Lo sentì borbottare qualcosa, poi i loro occhi, seppur nella penombra si incrociarono. America non riusciva a vedere l’espressione dell’altro, ma era sicuro che stesse sorridendo.
Anche se per poco.
-Mi hai svegliato, accidenti…!- l biondo sbadigliò, stiracchiandosi debolmente.
-S-Stavo pensando…- disse tra il sorpreso e l’assorto, America.
-Oh, pensi anche…-
-che mi sei mancato..-
L’ironia pessima dell’inglese si bloccò a quell’affermazione.
-C-Cosa?-
America, come avesse dato voce ad un suo pensiero, si riscosse e fissò Inghilterra interrogativo.
-Cosa “Cosa”?-
-Quello che hai appena detto!-
-Non ricordo…-
-Ah, idiot.- America rise rumorosamente.
-Tsk, al posto di ridere perché non mi cambi e vai a prepararmi la colazione?!-
-Zubito, padrone!- ripetè il più piccolo imitando la voce dell’altro.
-Non farmi il verso, maledetto yankee!- Alfred, che nel frattempo si era alzato, uscì dalla stanza con un rumoroso e irriverente “bla, bla, bla”.
In fin dei conti il loro rapporto non era stato compromesso, facevano le stesse cose che facevano sempre. Perché preoccuparsi?
Inghilterra si mise in piedi e sistemò un po’ il letto. Era da una vita che non dormiva così bene e così in pace. Ancora non ci credeva a ciò che aveva fatto il giorno prima. A dirla tutta, era stato lui a far entrare America nella vasca da bagno, quindi quello che avevano fatto dopo era stato in parte colpa sua…però era stato così dannatamente bello. Non si ricordava nemmeno quando l’avesse fatta una scopata così…se mai l’avesse fatta. Ora si chiedeva dove America avesse imparato a muoversi così bene. Insomma, a suo tempo lui gli aveva insegnato come si fa tra un uomo e una donna, ma mai tra due uomini.
-Oh my God…- sussurrò non appena si rese conto che molto probabilmente c’era stato già qualcuno prima di lui. Diventò rosso di rabbia. America era sempre stato suo. Non aveva mai pensato che Alfred avesse potuto essere di un altro.
-Aaaaaaartie, è pronto! Muoviti!-
-Non mi chiamare così, idiot!- respirò a fondo. Beh, era normale. Anche lui aveva avuto qualcuno. Era normale. Certo, moriva dalla voglia di sapere chi fosse, ma allo stesso tempo era convinto di non poterlo chiedere ad Alfred…almeno non direttamente.
E aveva già in mente a chi chiedere.
 
Compose il numero di Lituania sudando freddo, se America l’avesse scoperto sarebbe stato fritto e non avrebbe avuto modo di giustificarsi in nessun modo.
La curiosità questa volta superava il suo buon senso di inglese.
-Pronto? Qui Lituania.-
-Ehy, che ci fai ancora qui? Devo proprio prenderti in braccio come una donzella?-
-No idiota, no sono al telefono lasciami!-
-Pronto? Chi parla?- chiese il lituano.
-Con chi?- domandò America.
-Lascia stare!- Inghilterra riattaccò pur di non farsi scoprire.
 
Alla fine l’inglese non era riuscito a scoprire nulla. Aveva comunque una fitta rete di spionaggio, quindi non sarebbe stato molto difficile scoprirlo. Tutto a suo tempo.
-Come sono le crépes?-
-Mmm…accettabili…- disse con aria di sufficienza Arthur.
-e…?- chiese con gli occhi luccicanti l’americano.
-E…buone.- affermò rassegnato il biondo. America non aspettava altro e prese subito a blaterare cose come “queste cose sono fondamentali per un eroe” e “devo farmele più spesso per colazione al posto di andare al Burger King più vicino”.
-Ehi Artie?- disse ad un certo punto il biondo.
-Cosa?- disse mescolando lo zucchero nel suo tè, l’inglese.
-Maa…cosa ci faceva Francis con una rosa davanti a casa tua?-
Ecco un altro pregio di America: la perspicacia. Anche se certe volte era proprio un difetto. La mattinata era andata così bene, perché doveva rovinarla in quel modo tirando fuori Francia? Però glielo doveva…insomma, gli doveva delle spiegazioni. Non gli avrebbe mai detto che Francis era il suo “passatempo”, ma gli avrebbe detto parte di verità.
-Era venuto per vedere come stavo..-
-Con una rosa?-
-In realtà, io e Francia ci “vedevamo”, ogni tanto, così, quando qualcosa andava storto.-
-Uhm…- Alfred si fece pensieroso. –E’ il tuo scopa-amico?-
Dannazione. Perché era così perspicacie e…sfacciatamente diretto?!
-Più o meno…però non è nulla di serio, insomma, io odio Francia e qualche volta…quando riusciva ad ubriacarmi mi fregava.-
-Ieri era dispiaciuto- disse America posando i piatti della colazione nel lavandino.
-Perché si illude che io possa mai starci con lui. Tsk, figurati se quella rana venisse a vivere qua, o peggio, se io andassi la!-
America ridacchiò.
-Si sapeva tutto di voi ai meeting.- Inghilterra ingurgitò il tè per non urlare un “come cazzo facevate a saperlo?!”. Non appena appoggiò sul tavolo la tazza però, si trovò Alfred vicinissimo al viso.
-Però non si può resistere al fascino dell’hero, eheh- l’americano gli poggiò un bacio sulle labbra senza preavviso. Poi, con altrettanta velocità con la quale l’aveva baciato si staccò e appoggiò il resto delle stoviglie sul lavandino.
-Sei solo un’idiota, ecco cosa.- sbuffò l’inglese alzandosi scocciato. America ridacchiò, lo raggiunse e lo baciò di nuovo. Questa volta con più dolcezza e trasporto. Arthur apprezzò.
-E tu?- domandò l’inglese staccandosi appena.
-Io cosa?- sorrise noncurante il più alto.
-Tu…ti vedevi con qualcuno? Insomma…quello che è successo ieri non era previsto e…era più che comprensibile essere già “occupati”.- disse Inghilterra con un falso sorriso sulle labbra. Non avrebbe mai ammesso che se America avesse avuto qualcuno si sarebbe incazzato come una iena e avesse perseguitato chiunque questo fosse.
Dal canto suo Alfred non sapeva che rispondere. Non sapeva quale reazione sarebbe stata quella di Arthur se gli avesse detto di Russia. Magari, non l’avrebbe più voluto. E questo gli avrebbe fatto molto male. Non voleva allontanarsi da lui ancora.
Ma soprattutto non voleva farlo soffrire…ancora.
-No…non avevo nessuno.- rise –Sei stato fortunato!-
 
-Cosa facciamo oggi?- chiese impaziente America.
-Non so…non avevo nulla di particolare in mente…- Alfred gli sbottonò la camicia del pigiama con una smorfia.
-Andiamo al parco?- Arthur arrossì.
-Sei pazzo?!-
-Perché?- disse sorpreso l’americano togliendogli completamente la maglietta e lasciando completamente scoperto il petto.
-Così sembriamo…una coppietta!-
Il biondo rise, poi senza preavviso si abbassò a baciare la pelle liscia e calda della scapola dell’inglese.
-C-Che fai…idiota?- disse con voce leggermente tremante Arthur. America alzò di poco il viso, quello che bastava per riuscire a vederlo in faccia. Dal canto suo l’inglese si vedeva fissare da due intensi occhi azzurri. Inutile dire che qualsiasi cosa avrebbe detto e fatto Alfred, lui l’avrebbe assecondato senza pensarci due volte.
-Forse ho trovato un modo per impiegare la mattinata…- disse con lascivia e leccandosi accuratamente le labbra. La gola dell’inglese si fece improvvisamente secca.
-O-Ok…- riuscì a dire soltanto. Dopo secoli e secoli di esperienza l’unica cosa che riusciva a fare davanti ad Alfred era dire “Ok”.
 
-Sai che io sono in convalescenza, vero?-
-Si.-
-E sai anche che ti sei appena approfittato della mia momentanea debolezza, vero?-
-Si. Anche se mi pare che tu abbia apprezzato.- ridacchiò America.
-N-Non è vero! Cioè…non del tutto…ah, che affermazione era?!-
-Aspetta…mi sembrava dicessi proprio “Ahhh Alfred, così!”- disse l’americano imitando la voce di Arthur.
-Non è vero idiota!- Inghilterra arrossì fino alla punta dei capelli. America non doveva fare così…era imbarazzante, accidenti!
-Ehi Arthur…?- disse ad un tratto America.
-Che vuoi ora?- Alfred si mise sopra di lui.
-Sei pronto per il secondo round?- Inghilterra sgranò gli occhi. Scherzava?
-Mi stai prendendo per il culo?-
-No…più o meno…-
-Ma sei instancabile?-
-Dai dopo vado a preparare il pranzo!-
-Ma la mia schiena!- disse lagnandosi Inghilterra.
-Daiii! L’ultima!- disse con tono ancora più lagnoso America.
-Lo so io che ti vizio troppo!- disse infine rassegnato l’inglese baciando senza ritegno l’altro.
 
Era già scuro fuori anche se erano solo le cinque e il freddo era pungente. Sembrava che da un momento all’altro si stesse per scatenare una tempesta di neve. Poco male, Alfred era dentro in casa, al caldo, con il suo Arthur e niente avrebbe potuto rompere quell’equilibrio. Avevano passato una giornata quasi normale a parte per le prime ore del mattino. Sembravano quasi…una coppia normale.
-Che film guardiamo, Al?-
-Mmm, che ne dici di Hunger Games 2?-
-Non lo so…che ne dici di Lo Hobbit?-
-Nah! Hunger Games! Please, England!- Inghilterra sospirò.
Qualcuno bussò alla porta. All’interno risuonavano solo tonfi ovattati per nulla frettolosi o innervositi.
-Va bene, vada per Hunger Games. Vai ad aprire che io metto il film!-
-Yeeees!-
Il sorriso di America si spense non appena aprì la porta.
-Privet America!-
 
Arthur controllò che tutto fosse apposto. Doveva essere una bella serata, perché lui non aveva voglia di arrabbiarsi, ma voleva solo farsi coccolare. Non gli dispiaceva per niente passare le giornate così. Si sedette, ma America non arrivava. Chi poteva essere?
-Al chi è?-
Nessuna risposta. Aspettò ancora un po’ per poi si alzò.
-America chi diavolo…-
-Ciao anche a te Inghilterra!-
 
-I-Ivan?-
-Si, te l’avevo detto che ci saremo visti presto, no?- il russo sorrise.
-Tu..! Che cazzo ci fai qui? Se Inghilterra ti vede sono morto!-
-Che problema c’è? Magari mi invita a restare, così potrò rapirti.-
-Non hai capito. Io non vengo da nessuna parte! E tu non mi rapirai!-
-Se gli dico che voglio solo scopare ti lascerà andare?-
-Tu non hai capito una minchia. Tu non devi dire niente ad Inghilterra di noi due, capito?!-
-Oh, oh! Come mai?- America strinse i denti.
-Lui…non deve sapere…non ora fuck..-
-Ciao anche a te Inghilterra!- disse Ivan con il medesimo sorriso che aveva avuto per tutta la durata della conversazione con Alfred.
-Che ci fai qui Russia?- disse l’inglese avvicinandosi alla porta.
Ivan sorrise, poi prese l’americano per il polso e lo alzò per mostrarlo ad Inghilterra.
-Sono venuto per portarmi via America!-
-Che diavolo dici?- Arthur cercò di sfilare il polso di Alfred dalla mano dell’altro, ma era troppo forte.
-Tranquillo te lo riporto tra qualche ora, sennò ci presti una camera da letto e facciamo anche prima.- l’inglese guardava confuso prima lo sguardo violaceo di Ivan, poi quello azzurro di Alfred, ma non capiva cosa stava succedendo.
-Non dire cazzate! America forza liberati e sbattilo fuori di casa…!-
-I-Ivan per favore non fare stronzate…ti prego, vai via..- sussurrò America fissando il pavimento. Non aveva il coraggio di guardare gli occhi di Arthur.
Russia ghignò poi prese il mento dell’americano con una mano e lo baciò con la lingua, mostrando chiaramente ogni singolo movimento. Il biondo cercava di divincolarsi, ma ad un tratto la presa sulle sue guance si fece così forte che la sua bocca si aprì e la lingua così fredda dell’altro scivolò all’interno delle sue labbra senza trovare più alcun ostacolo. Era confuso, tremendamente confuso. Gli piacevano i baci di Russia, ma gli piacevano ancora di più quelli di Inghilterra. Dannazione perché doveva essere così indeciso?! Non appena Ivan lo lasciò guardò Inghilterra con sguardo freddo.
-Come…non te l’ha detto? Lui è mio.- America non reagiva, non riusciva a reagire. Non riusciva a guardare in faccia Arthur, aveva paura di quello che avrebbe visto.
-A-Alfred c-che sta dicendo?- l’americano aprì la bocca e la richiuse senza trovare il coraggio di parlare.
-Guardami dannazione!- urlò Arthur. Finalmente Alfred riuscì a guardarlo e, come aveva previsto, gli fece male. Inghilterra aveva gli occhi semi lucidi e lo guardava incredulo, sconvolto.
-T-Tu mi hai mentito.- disse tra i denti. –Stai veramente con lui…è per questo che non mi rispondi…!-
-E-England io non sapevo come avresti reagito, insomma…non so nemmeno io a cosa pensare.. non ci capisco più nulla.- mormorò Alfred cercando di limitare i danni.
-P-Per favore vattene.-
-Ma Inghilterra…-
-Esci.-
America lo fissava, gli occhi spenti, il cervello scollegato per non dover pensare a tutto quello. Alla fine ci era riuscito a far soffrire di nuovo Inghilterra. Come poteva definirsi “eroe” dopo tutto quello?
Alfred pese la sua giacca di pelle, osservò per l’ultima volta Arthur, poi si chiuse la porta alle spalle immergendosi nel freddo pungente delle prime sere di Novembre.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8- I haven't told you ***


E finalmente ho finito questa long! Yaaaaay! E pensare che doveva essere corta e inutile! E inceve! xD
Beh, innanzitutto vorrei ringraziare tutte le persone che hanno recensito, messo tra i preferiti, ricordati e seguitei la mia fic per avermi seguito fino a questo punto. Ringrazio la SnowBlizard che supporta i miei scleri sempre e comunque e che condivide la "passione" per l'usuk! Grazie anche alla AndrewLaTeinomane che mi parla ancora dopo tanto tempo che non entro su facebbok e EFP. Grazie alla BriciolaFINE93 con la quale ho sclerato per molto tempo sulla RusAme.
Ancora, grazie a tutti e chissà magari tornerò con uno speciale! ;)
E come al solito....Buona Letturaaaa! :D 



Un Alfred da compagnia!


America si strinse nelle spalle e ficcò le mani in tasca. Faceva davvero freddo.
Scese le scalette di casa di Inghilterra, molto lentamente. Sperava di sentire chiamare il suo nome dalla voce dolce e al contempo pungente di Arthur, ma era solo una bugia che raccontava a se stesso per non affrontare la realtà. Quella porta non si sarebbe riaperta.
-Perché non mi hai detto che ti facevi anche Inghilterra?- disse serio Russia che lo aspettava sul vialetto.
-E perché tu sei venuto qui?!- urlò Alfred improvvisamente arrabbiato.
-Rispondi alla mia domanda prima.- affermò con freddezza Ivan puntando i suoi occhi violacei su i suoi. Era incredibile quanto potere avesse quello sguardo su di lui.
America sbuffò, prendendo a camminare lungo i marciapiedi di Londra. Il russo prese posto di fianco a lui sincronizzando la sua andatura.
-E’ successo appena ieri. Prima tra me e lui non c’era niente. I-Io pensavo di amare te..- mormorò creando piccole nuvolette di vapore. Sentì Ivan irrigidirsi vicino a lui.
-Amore è una parola grossa, Amerika. Se sei andato anche con lui quello che provi per me non è amore. Magari nemmeno quello che senti per Inghilterra lo è.-
Alfred si immobilizzò e prese a fissarlo stupito da quelle parole. Anche Russia si fermò e ricambiò il suo sguardo sebbene, ormai, a separarli fosse qualche passo. Sorrise. Con quel suo inquietante sorriso che trasformava il suo viso pallido in una maschera impenetrabile, quel sorriso che a lui causava un brivido sulla schiena, quel sorriso che non aveva nulla di felice.
-Sei un bambino che non sa quello che vuole e non sa quello che vogliono gli altri. Sei proprio un coglione.- Russia sembrava aver perso un po’ di quella calma glaciale anche se l’espressione era sempre la stessa.
-Agisci sempre in modo avventato, senza pensare alle conseguenze. Non capisci che a seconda delle tue scellerate azioni, le persone attorno a te possano soffrire. Sei egocentrico e stupido ed egoista. Vuoi tutto per te senza mai dare niente in cambio.- disse tutto d’un fiato non smettendo un secondo di fissare il più giovane. Ora America se ne rendeva conto. Quello che intendeva dirgli Ivan era che non dicendo rispettivamente di Russia ad Inghilterra e ad Inghilterra di Russia, aveva agito d’istinto non calcolando quella situazione. Anche se Russia era un monolite, freddo e impassibile aveva dei sentimenti. Lui, America doveva saperlo più di chiunque altro. L’aveva ferito, perché Russia al contrario di lui, qualcosa oltre al semplice sesso lo provava.
-I-Io non pensavo…- Che frase patetica che dice. Negli ultimi giorni, in fin dei conti, quante cazzate ha sparato?  Ma che poteva dire? Mi dispiace? Scusa?
Erano tutte  bugie e per quella serata era meglio smettere di mentire. Magari per sempre.
-E sai qual è il bello Amerika, da? Fai sempre la vittima della situazione. Guardi gli altri con quello sguardo da cane bastonato facendoglielo pesare, come se fosse un loro errore e invece sei tu quello che dovrebbe avere i sensi di colpa. Giuro prima o poi ti ammazzo, Amerika…!- la sua voce si era fatta più flebile e tremolante. Sembrava sul limite del pianto. Lui, Ivan Braginski.
Alfred si sentiva tremendamente in colpa. Nessuna delle due Nazioni che aveva visto quella sera lo avrebbe mai ammesso, ma stavano male per lui. L’amore che quello stupido americano aveva suscitato in loro era radicato nella parte più profonda dei loro cuori esercitando una pressione tale che, se questo sentimento non fosse stato ricambiato, avrebbero potuto spezzarsi in mille pezzi.
Tutto questo dipendeva da Alfred F Jones. Colui che si faceva chiamare eroe e alla fine portava solo dolore.
 
Day 7: I haven't told you
Arthur schiuse le palpebre a fatica, le sentiva dannatamente pesanti. Che ora era?
Si alzò sulle gambe che sembravano rifiutarsi di reggerlo. Mosse qualche passo incerto verso la finestra, poi aprì appena le tende. Non c’era sole, si rivelava una delle tipiche giornate uggiose e fredde di casa sua. Quella casa che rispecchiava appieno il suo umore.
Si vestì lentamente, ormai non gli facevano più male le ossa, la pelle non gli tirava più all’altezza delle ferite. Ora sentiva solo una dolorosa fitta alla testa e al petto. Sapeva che in quello stato, alla vista di qualcosa che gli ricordava lui sarebbe scoppiato a piangere come d’altra parte aveva fatto per tutta la sera precedente e parte della notte.
Uscì dalla stanza senza fare il letto o aprire le finestre. Tutto quello sembrava un deja-vu. Sembrava che si stesse ripetendo tutto sebbene a distanza di secoli. Lui che si affezionava ad America, America che lo abbandonava, che lo faceva soffrire.
Perché quello stupido americano doveva essere al centro dell’Universo?! Perché gli faceva così male non saperlo vicino? Perché lo odiava e lo amava allo stesso tempo?
Osservò il legno della camera davanti alla sua, la stanza degli ospiti. Sapeva che al di la della porta in legno c’era ancora la roba di America. Voleva aprire quella porta e vedere le bandiere, voleva prendere i suoi vestiti e annusarne il profumo per sentirlo ancora vicino, e poi si sarebbe messo a piangere a contatto con la stoffa di una sua felpa immaginando che quella fosse addosso ad America e al posto di maniche vuote ci fossero le sue braccia in modo che potesse piangere abbracciato a lui. Lo sapeva perché l’aveva già fatto.
Scese velocemente le scale non degnando di uno sguardo il soggiorno che era ancora come la sera prima, poi arrivò in cucina e cominciò a scaldare l’acqua per un tè. Preparò la tazza, del suo preziosissimo servizio da tè in porcella bianca e rifiniture azzurrine. Aprì un mobile a parete per prendere le bustine di erbe e il suo sguardo si posò su una scatola di plastica rossa. Sulla parte alta del contenitore c’era scritto “coffee”. Spense il fornellino con l’acqua e prese il contenitore con la polverina nera.
Forse per oggi era meglio un caffè.
 
Aveva finito di bere il caffè da più di venti minuti, ma era ancora seduto a tavola a fissare un punto impreciso del pavimento perso a rievocare la settimana appena passata. Difficile ammetterlo, ma nonostante la storia di Russia, quella era stata la settimana più bella della sua vita.
Qualcuno bussò alla porta riscuotendolo. Non si mosse di un millimetro.
Di nuovo qualcuno bussò alla porta. Inghilterra si alzò faticosamente  e con altrettanta fatica si trascinò fino all’ingresso guadagnandosi un'altra bussata alla porta più veloce e innervosita. Aprì e quasi non si stupì della persona che vide. Quello che più lo colpiva di lui erano le sue occhiaie profonde sotto gli spessi occhiali e i capelli fin troppo arruffati.
-C-cosa vuoi?- la sua voce risuonò più roca di quello che volesse.
-Dirti tante cose.-
-Non l’hai già fatto? Ieri sera ti ricordi? Anche se è stato Russia a parlare.- disse freddamente.
-Mi fai entrare?- chiese America all’improvviso serio. Inghilterra fece cenno di no con la testa, anzi chiuse un po’ di più la porta. Alfred si mosse il labbro e si strofinò le mani.
-Va bene non importa, posso parlare anche da qui. Allora…beh…- si grattò la testa. – Da che parte posso cominciare?- sorrise debolmente cercando di alleviare la tensione. Inghilterra sembrò non apprezzare.
-Non lo so, magari non cominciare nemmeno, non so se ho ancora voglia di ascoltarti.- cercò di chiudere la porta, ma Alfred ci ficcò un piede in mezzo. L’inglese schiacciò la scarpa dell’americano tra lo stipite e la porta, poi quando sentì un leggero gemito di dolore allentò la presa e riaprì la porta.
-Va bene, non hai voglia di preamboli, va bene.- America prese a tormentarsi le mani. – Allora, intanto voglio dirti che sono stato un’idiota, ma uno di quelli proprio tosti, uno di quelli che gli parli e non capiscono nulla, ok? Bene, voglio dirti che sta notte sono stato lontano da te e, sono stato malissimo.
-Non eri con Ivan?-
-No. Lui se n’è andato. Gli ho detto quello che sento, o forse l’ha capito da solo.-
-Cosa?- chiese in un soffio Inghilterra. America arrossì.
-Che ti amo- Inghilterra sussultò. –Ti devo dire un sacco di cose che non ti ho detto, per esempio che sono solo un egoista che pensa a se stesso, anzi no, che dico, io non penso proprio a niente altrimenti avrei capito che dovevo dirti di Ivan. Il fatto è che avevo paura di poterti perdere e alla fine è successo sul serio. Non ti ho detto che mi sono reso conto di amare tutto di te a partire dal tuo profumo di scones e di bruciato fino ad arrivare ai tuoi sbalzi d’umore. Non ti ho detto che il sesso che abbiamo fatto nella vasca è stato bellissimo.  Non ti ho detto che anche se sono tutti così strani, qui, mi piacciono le persone che frequenti. Non ti ho detto che odio litigare con te perché ti faccio soffrire di nuovo. Non ti ho detto che qualche volta ho fatto finta di non saper fare delle cose solo per ascoltare di nuovo i tuoi insegnamenti. Non ti ho detto che quel giorno, una settimana fa, quando mi hai chiesto di venirti ad aiutare era da una vita che aspettavo  un’occasione del genere perché in questi anni mi sei sembrato incredibilmente lontano, perché l’Oceano che ci separa non mi è mai sembrato così immenso. Non ti ho detto che un vero eroe ha una spalla che lo aiuta a superare le sue crisi, sai come Batman e Robin, e vorrei sul serio che quella persona fossi, l’ho sempre voluto.- Inghilterra aveva le lacrime agli occhi di nuovo. –Non ti ho detto che...mi dispiace per quello che è successo e che non riuscirei sul serio ad andare avanti se tu ora mi chiudessi la porta in faccia.-
America prese fiato perché tutto il discorso che aveva fatto l’aveva fatto tutto d’un fiato.
-P-Perché dovrei…? P-Perché dovrei perdonarti? I-Io non so se ce la faccio…- singhiozzò Arthur stringendo il legno della porta. America sembrava sconvolto, si sentiva improvvisamente stanco. Si aspettava che dopo quel discorso Inghilterra gli sarebbe saltato addosso e avrebbero fatto pace, ma per quanto l’avesse provato non ci era riuscito.
-I-Io non voglio più farti soffrire…non voglio più che tu ti senta abbandonato. Non voglio chiedere un’altra volta l’indipendenza.-
Qualcosa dentro ad Inghilterra si sciolse causando l’aumento delle lacrime sul suo viso. Lasciò il legno della porta e le sospinse in avanti come se fosse un bambino che aspetta di essere preso in braccio. America non aspettò un secondo di più e se lo strinse a sé, respirando a pieni polmoni il suo profumo e affondando le dita tra i suoi morbidi capelli biondi.
Dio quanto gli era mancato.
Lo sentì singhiozzare per lunghi minuti tra le sue braccia e non lo lasciò nemmeno per un secondo, ora c’era e ci sarebbe stato per sempre.
-N-Non ti ho detto che ti ho sempre amato e per quanto io ti avessi odiato per questo- Arthur tirò su con il naso –non avrei mai smesso.-
-I really really love you, America.-
-I really really love you too, England.-

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